Cari amici ho voluto realizzare questo piccolo collage di ...

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Cari amici ho voluto realizzare questo piccolo collage di informazioni sul per noi nuovo mondo della pallavolo. Scusatemi se incontrerete errori ma è il frutto dei miei momenti di tempo libero (credetemi sono pochi), mi auguro che queste pagine possano aiutarci a capire meglio questo bellissimo sport. Inoltre ho trovato un software che sicuramente potrà tornarci utile le istruzione sull’installazione sono all’interno della cartella. Un grosso in bocca al lupo il vostro Ciccino!!!!!!!!!!!!!!!! PALLAVOLO Non conosci la pallavolo? TVolley ti presenta tutti gli aspetti che caratterizano la pallavolo, dalla sua nascità ai cambiamenti che ha subito. Un presentazione di tutto quello che è la pallavolo. La guida della pallavolo 1. INTRODUZIONE Piccola introduzione al mondo della Pallavolo. 2. STORIA PALLAVOLO il racconto della nascità della Pallavolo. 3. LA PALLAVOLO IN ITALIA Una breve storia della nascità della Pallavolo italiana. 4. LE MISURE DELLA PALLAVOLO tutte le misure della Pallavolo, il campo, la rete ecc. 5. LE REGOLE Le regole, nuove e vecchie della Pallavolo. 6. I RUOLI E LE POSIZIONI I ruoli e le posizioni in campo. 7. LA PALLAVOLO IERI E OGGI I vari cambiamenti della Pallavolo.

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Cari amici ho voluto realizzare questo piccolo collage di informazioni sul per noi nuovo mondo della pallavolo. Scusatemi se incontrerete errori ma è il frutto dei miei momenti di tempo libero (credetemi sono pochi), mi auguro che queste pagine possano aiutarci a capire meglio questo bellissimo sport. Inoltre ho trovato un software che sicuramente potrà tornarci utile le istruzione sull’installazione sono all’interno della cartella. Un grosso in bocca al lupo il vostro Ciccino!!!!!!!!!!!!!!!! PALLAVOLO

Non conosci la pallavolo? TVolley ti presenta tutti gli aspetti che caratterizano la pallavolo, dalla sua nascità ai cambiamenti che ha subito. Un presentazione di tutto quello che è la pallavolo.

La guida della pallavolo

1. INTRODUZIONE Piccola introduzione al mondo della Pallavolo. 2. STORIA PALLAVOLO il racconto della nascità della Pallavolo. 3. LA PALLAVOLO IN ITALIA Una breve storia della nascità della Pallavolo italiana. 4. LE MISURE DELLA PALLAVOLO tutte le misure della Pallavolo, il campo, la rete ecc. 5. LE REGOLE Le regole, nuove e vecchie della Pallavolo. 6. I RUOLI E LE POSIZIONI I ruoli e le posizioni in campo. 7. LA PALLAVOLO IERI E OGGI I vari cambiamenti della Pallavolo.

PALLAVOLO >> INTRODUZIONE

La Pallavolo o Volley è uno degli sport di squadra più difficili da imparare, insegnare e giocare, bisogna avere molta pazienza e amare la pallavolo per diventare un grande giocatore o naturalmente un grande allenatore. La Pallavolo è uno sport che si pratica fra due squadre di sei giocatori ciascuno su un campo di 18 metri di lunghezza e 9 di larghezza. Un incontro di volley si divide in set, e vince la partita chi riesce a vincere tre set. La partita inizia con la battuta, la palla deve essere respinta dalla squadra prima che tocchi terra, sono consentiti solo tre tocchi e ogni giocatore può colpire la palla con qualsiasi parte del corpo ma non due volte consecutivamente, inoltre il pallone deve essere colpito nettamente e mai accompagnato, spinto o portato e neppure mia trattenuto. Il compito delle due squadre è quello di spedire la palla a terra nella parte avversaria e pertanto con uno o due passaggi si cerca di preparare un'azione d'attacco, cioè una schiacciata (un violento colpo che proietti il pallone dall'alto verso il basso). Il gioco viene interrotto per qualsiasi errore: palla colpita irregolarmente, inviata fuori il campo, lasciata cadere per terra, invasione di piede o di mano nel campo avversario, quattro passaggi ecc. A ogni cambio di battuta i giocatori della squadra che l'ha conquistata devono modificare il proprio schieramento, una rotazione di una sola posizione in senso orario . Il Volley è un gioco sportivo e quindi sport di situazione, poiché le azioni che si propongono durante le fasi di gioco sono imprevedibili e molto variabili. Ma è anche uno sport statistico, per farti capire meglio il concetto useremo un banale esempio, che però ti aiuterà molto a capire il concetto da noi espresso. ESEMPIO Nel gioco del calcio il difensore cerca in tutti i modi di non far passare l'attaccante e quindi lo studia, vedendo che l'attaccante lo supera 9 volte dal lato destro e 1 volta da quello sinistro, il difensore molto intelligentemente si sposta più a destra quindi coprirà maggiormente il lato destro. Questo perché? Studiando l'attaccante si è accorto che per il 90% dei casi egli preferisce il lato destro quindi non gli interessa molto quel 10% che è un dato troppo basso a confronto al primo, quindi vedendo i dati gli conviene spostarsi più a destra. Adesso avete capito il concetto di sport statistico, sicuramente si. Con tutte le cose anche la Pallavolo ha le sue particolari caratteristiche che la caratterizzano, e possono essere racchiuse in 9 punti essenziali, vediamoli:

1. Abilità motorie aperte. 2. Implicazione decisiva dei processi psichici superiori. 3. Assenza del possesso palla. 4. Gran numero di contatti con il pallone non conclusivi. 5. Feed-back finali poco evidenti. 6. Importanza massimale del momento di gioco che si sta vivendo. 7. Durata indeterminata della gara. 8. Universalità dei giocatori. 9. E' uno sport aerobico e anaerobico.

Sono dei concetti un po' complicati che dovremmo spiegare, ma non lo facciamo, infatti sarete voi stessi a capire i vari punti, basta continuare a legge e........ risolverete tutto ;-)

PALLAVOLO >> STORIA PALLAVOLO

La Pallavolo, questo bellissimo sport, è stato inventato a "tavolino" negli Stati Uniti, alla fine del diciannovesimo secolo da William C.Morgan insegnante di educazione fisica presso l'Università di Hollyocu, nel Massachusset. Lo scopo del suo inventore era quello di tener allenati, durante il periodo invernale, i giocatori di baseball e di rugby. I giochi conosciuti a quel tempo erano il rugby, la pallamano, il calcio, il baseball e il tennis: di tutti questi sport solo il tennis era adatto ad essere praticato in palestra, ma risulto di scarsa efficacia in quanto si potevano impiegare solo quattro giocatori al massimo. Il professore Morgan provo allora con la pallacanestro ma il tentativo fu vano, infatti le numerose regole e la diversa interpretazione e applicazione non avevano soddisfatto gli atleti. Morgan allora volle inventare (Sembra che il prof. Morgan abbia americanizzato un gioco italiano praticato nel medioevo, dove a differenza del Volley-ball americano che prevedeva solo colpi al volo, veniva data la possibilità di lasciare rimbalzare al suolo il pallone, ma comunque le fonti non sono sicurissime) un gioco del tutto nuovo ispirandosi al tennis ma invece di usare le racchette venivano usate le mani, lo chiamò Volley-Ball. Utilizzò la stessa rete del tennis portandola a due metri dal suolo, naturalmente stabilì che la palla doveva essere presa con le mani e diede la possibilità di giocare a tutti purché divisi in due squadre di uguali

componenti. Le dimensioni del campo erano molto simili a quelle del campo di tennis cioè 10 metri e mezzo di larghezza e 18 metri e 30 centimetri di lunghezza, ma mancava un'altra cosa fondamentale, quasi indispensabili, il pallone. Inizialmente veniva usato quello di basket, ma come potete immaginare risultò troppo pesante: si ricorse allora all'uso della sola camera d'aria ma questa rallentava troppo il ritmo di gioco e falsava la direzione del colpo, dopo un po' di tempo si giunse finalmente a un pallone quasi simile a quello attuale le sue misure erano: da 61 a 68 centimetri di circonferenza a da 230 a 300 grammi di peso. Il gioco era molto simile al tennis e vagamente assomigliava alla pallavolo moderna, infatti la pallavolo si è evoluta col passare degli anni come accade ad ogni cosa veramente valida. Il gioco consisteva: nell'inviare il pallone, col solo uso delle mani, nel campo avversario tramite una battuta che doveva essere effettuata dietro la linea di fondo e c'era la possibilità di commettere un errore perché erano consentiti due tentativi di servizio come nel tennis e la battuta era considerata buona se cadeva oltre i tre metri dalla rete, inoltre il pallone non doveva assolutamente toccare la rete durante il gioco e il numero di tocchi era illimitato. Gli incontri venivano giocati in sets e la durata di ogni set dipendeva dal numero dei servizi corrispondenti al numero dei giocatori. In un secondo momento, per contenere la durata degli incontri si decisi di chiudere il set a 21 punti, cioè chi arrivava prima a 21 punti vinceva il set. Verso il 1917 il set veniva giocato a distanza di 15 punti e adesso a 25 punti con l'abolizione del cambio palla. Naturalmente lo scopo del gioco era di far cadere il maggior numero di volte possibili la palla a terra nel campo avversario e quindi cercare di conquistare più punti possibili fino ad arrivare al traguardo definito, ne nostro caso a 25. Riepiloghiamo le regole della pallavolo appena nata:

Veniva giocata in un campo di dimensioni simili al campo di tennis

Veniva usato il pallone di pallacanestro, ma poi pian piano si e cambiato

I tocchi del pallone per una squadra erano illimitati

La palla non doveva assolutamente toccare la rete durante il gioco

La battuta veniva considerata buona se cadeva a tre metri di distanza dalla rete

La partita veniva giocata in sets, e la durata di ogni set era legata al numero dei servizi corrispondenti al numero dei giocatori, ma col passare del tempo si cambiò

Particolari significati, che daranno vita a uno degli sport più belli e affascinanti di tutti, e oggi famoso in tutto il mondo. Ma continuiamo il nostro viaggio nella storia della pallavolo. Sfortunatamente agli inizi la pallavolo non si propagandò molto, il motivo è semplice, le regole variavano da nazione a nazione e questo frenò molto il propagandarsi della pallavolo agonistica. C'era chi fissava il numero di giocatori a cinque, a nove, a otto ecc. Chi fissava il numero di tocchi a quattro, a cinque, il limite massimo dei tocchi;cioè di tre, fu fissato per la prima volta nelle isole Filippine dove comparivano le prime vere schiacciate "bomba". Per cercare di unificare tutte le regole si creò una federazione: "Federazione Internazionale dei giochi con la mano" che aveva sede a Stoccolma. Però questa federazione trascurò la Pallavolo e così l'affermazione e i miglioramenti tecnici tardarono a venire. Ma comunque questo non fermò la Pallavolo infatti essa veniva giocata nelle spiagge, nelle fabbriche, nelle scuole e ciascuna nazione organizzava i campionati nazionali con regole proprie. La grande diffusione della Pallavolo è dovuta ai tecnici delle compagnie petrolifere, che furono i primi a praticare questo sport nei colleges, e in un secondo tempo anche ai soldati americani impegnati nella prima guerra mondiale. I primi popoli ad innamorarsi della Pallavolo, dopo gli americani, sono stati orientali e poi tutti gli europei dell'est e dell'ovest. Nel 1946 viene fondata a Praga la Federazione Internazionale di Pallavolo (FIVB) e nel 1947 a Parigi si convoca il primo congresso per eleggere i rappresentanti e per fare un regolamento internazionale. Nel 1948 viene effettuato a Roma il primo Campionato d'Europa, vinto dalla Cecoslovacchia, che sarà l'organizzatrice del primo Campionato Mondiale effettuato a Praga nel 1949. Grazie a queste competizioni la Pallavolo si afferma come sport agonistico di massa e viene giudicata dai membri del C.I.O uno degli sport più spettacolare. E nel 1964 la Pallavolo viene ammessa alle Olimpiadi di Tokio dove si corona il sogno di tutte quei seguaci della Pallavolo, infatti proprio a Tokio viene registrato un vero trionfo di pubblico e di critica.

THE END

Una bellissima storia vero? è la storia di un fenomeno che si chiama PALLAVOLO

PALLAVOLO >> LA PALLAVOLO IN ITALIA

Gli Italiani hanno conosciuto la pallavolo nella prima guerra mondiale grazie ai Francesi e specialmente per mezzo degli Americani, fondatori del volley. Infatti furono proprio i nostri soldati italiani, una volta tornati dal fronte, a trasmetterci questo nuovissimo gioco. In pochissimo tempo la pallavolo si diffuse in tutte le scuole, ma veniva giocata con regole molto approssimativa e di conseguenza si limitava molto il ritmo e il movimento, creando così un concetto errato circa il valore agonistico e motorio. Questo gioco veniva definito dai giornalisti statico o da "parrocchia", ma queste definizioni si riferivano al gioco effettuato nelle scuole italiane nel periodo che va dal 1920 al 1940. In campo agonistico la pallavolo fu lanciata dall'Opera Nazionale Dopolavoro e si incominciarono a svolgere così i primi incontri e tornei. Sempre ad opera dell'O.N.D vengono istituiti nel 1943 i primi campionati nazionali: quello maschile a Genova e quello femminile a Desenzano sul Garda. Ma a causa

degli eventi bellici ci fu una battuta di arresto. Sarà per opera dei dirigenti e dei giocatori formatisi attraverso l'O.N.D. che, nell'immediato dopoguerra, si avrà la continuazione e l'affermazione della pallavolo come sport agonistico fondando il 31 marzo 1946 a Bologna la FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo) e istituendo regolari campionati nazionali. Il 2 gennaio 1947 la FIPAV ottiene il riconoscimento di federazione aderente al CONI. Sempre nel 1947, a Parigi, l'Italia fa il suo esordio in campo internazionale perdendo contro la Francia per 3-0. L'Italia è presente al primo congresso della Federazione Internazionale di Volley-ball (FIVB) e ottiene il privilegio di organizzare il primo Campionato d'Europa che si effettuerà a Roma nel 1948, classificandosi terza dietro Francia e Cecoslovacchia. Nel 1949 l'Italia partecipa a Praga al primo Campionato del Mondo classificandosi ottava. Da questo momento in poi l'Italia sarà presente a tutte le manifestazioni internazionali. Nel 1955 la FIPAV diventa membro effettivo del CONI, ottenendo così il diritto di essere considerata alla pari delle altre Federazioni. Da "cenerentola" degli sport, la pallavolo è diventata, in pochi anni, il secondo sport nazionale.

PALLAVOLO >> LE MISURE DELLA PALLAVOLO

La Pallavolo è uno sport che si pratica fra due squadre di sei giocatori ciascuno (oltre altrettante riserve) su un campo di 18 metri di lunghezza e 9 di larghezza delimitato da linee tracciate da un minimo di un metro da ogni ostacolo in palestra e due metri nei campi all'aperto (anche se i campi all'aperto sono molto rari). Il campo è diviso a metà da una rete alta un metro e lunga 9,50 m e tesa a 2,43 m dal suolo per le gare maschili e 2,24 m per quelle femminili, essa è delimitata nello spazio da due asticelle chiamate Bande. Sul campo sono tracciate, una linea che divide in due quadrati il terreno di gioco e altre due parallele a questa che delimitano in ciascuna metà campo una zona di difesa di 6 m e una di attacco di 3 m. Originariamente le aree di battuta erano segnate da due tratti di 15x5 cm tracciati perpendicolarmente e alla distanza di 20 cm rispetto alla linea di fondo (uno sul prolungamento della linea laterale di destra, l'altra a 3 m a sinistra del primo), oggi non esiste più l' area di battuta. Il Pallone, di cuoio con camera d'aria, ha una circonferenza di 65-67 cm e un peso di 250-280 g.

Figura del Campo di Pallavolo

PALLAVOLO >> LE REGOLE

In Passato l'incontro si giocava su due o tre set vinti (sempre tre su cinque negli incontri internazionali), adesso la formula di 3 set su 5 è per tutte le gare, e si dovevano totalizzare 15 punti per ogni set con almeno due punti di scarto sugli avversari; in caso contrario il gioco procede (non è infatti ammesso il punteggio di 15-14), con le nuove regole quest' ultima citazione cambia, infatti oggi c'è il Rally point system, cioè si elimina il cambio palla e i set arrivano a 25 punti ad esclusione dell'ultimo che arriva a 15 punti. L'incontro è diretto da un collegio arbitrale formato dal primo e dal secondo arbitro, due giudici linea e un segna punti. La partita inizia con la battuta, assegnata per sorteggio. Nell'area avversari dovrà essere respinta prima che tocchi terra, può essere toccata solo tre volte e ogni giocatore può colpirla con qualsiasi parte del corpo ma non due volte consecutivamente. Il pallone deve essere colpito nettamente e mai accompagnato, spinto o portato e neppure mai trattenuto. Il compito delle due squadre è quello di far toccare la palla a terra nella parte avversaria e pertanto con uno o due passaggi si cerca di preparare un'azione d'attacco, cioè una "schiacciata" (un violento colpo che proietti il pallone dall'alto verso il basso). Il gioco viene interrotto per qualsiasi errore: palla colpita irregolarmente, inviata fuori dal campo, lasciata cadere a terra, invasione di piede o di mano nel campo avversario, quattro passaggi ecc. A ogni cambio di battuta i giocatori della squadra che la conquistata devono modificare il proprio schieramento, una rotazione di una sola posizione in senso orario. Massimo 6 sostituzioni in un set; i giocatori di 2° linea non possono effettuare muro e possono attaccare con i piedi a terra da tutte le posizioni e con i piedi alzati da dietro la 2° linea; non si può toccare la rete; il pallone deve passare entro le aste; la battuta può essere effettuata lungo la linea dei 3 metri, ma senza toccarla. E' fondamentale che, al momento della battuta, mantengano la posizione di rotazione, altrimenti si ha fallo di posizione. Da qualche anno è stato introdotto il ruolo de libero, questi ha una maglia differente da quella degli altri giocatori e può entrare ed uscire quando vuole al posto di un giocatore di seconda linea, solitamente il meno abile in ricezione e difesa (dato che il libero è specializzato in questo tipo di fondamentali), quando il giocatore che ha sostituito entra in posto 4 (prima linea) lui esce. Non può battere, non può attaccare né fare muro, non può alzare che con i piedi dietro la 2° linea.

PALLAVOLO >> I RUOLI E LE POSIZIONI

Una squadra di pallavolo e composta da 6 giocatori + il libero in campo e massimo 6 in panchina. Come in tutti gli sport di squadra anche nella pallavolo ci sono i ruoli, quindi ogni giocatore, che ricordiamo deve saper fare tutto, ha un determinato compito. i ruoli della pallavolo moderna sono 5:

Palleggiatore: questo è senza dubbio il ruolo più difficile e importante della pallavolo. Il palleggiatore è il regista della squadra, cioè quello che alza i palloni agli schiacciatori. Esso non deve solo saper palleggiare, ma deve anche avere una grande precisione, grande visione tecnico-tattica, una grande memoria, deve essere imprevedibile e naturalmente per essere imprevedibile deve avere una grande fantasia. Il palleggiatore in campo è quasi sempre uno

Schiacciatore o ala: sono presenti in campo due ali. il giocatore che occupa questo ruolo non deve soltanto attaccare ma deve anche ricevere, e molto spesso questo ruolo è quello determinante ai fini dell'incontro, infatti la maggior parte dei palloni vengono alzati dal palleggiatore proprio alle ali. i buoni schiacciatori sono detti "martelli" perché riescono a mettere quasi tutti i palloni a terra quindi per l'alzatore sono una garanzia.

Centrale: questo ruolo è il più faticoso, bisogna muoversi molto, ma il più delle volte fa la differenza. Il centrale deve essere molto rapido e anche molto alto. I pallavolisti che giocano in questo ruolo non sono forti ne in difesa, ne in ricezione e vengono quasi sempre sostituiti dal libero. in campo ci sono due centrali

Opposto: L'Opposto non riceve quasi mai ed è quello che attacca sia in prima linea che in seconda linea, di solito gli opposti sono molto alti e forti in attacco e naturalmente non sono fortissimi in ricezione, anche perché non ricevono, e in difesa. L'opposto deve anche saper palleggiare abbastanza bene.

Libero: Il libero è il re del reparto difensivo, quindi deve essere molto forte in ricezione e in difesa, non può attaccare e ne battere, fa solamente il giro in seconda linea e poi esce. Non c'è bisogno di sostituire nessuno infatti il libero è il settimo giocatore in campo che esce ed entra quando gli pare. I liberi di solito non sono molto alti perché avendo il baricentro più basso in difesa si muovono molto meglio. Il libero in campo è uno.

Essendoci i ruoli naturalmente ci sono anche le posizioni. Il campo di pallavolo viene diviso in 6 posizioni, posti o zone. Ecco una figura per farvi capire meglio.

Si batte dalla zona una e ogni volta che si conquista la battuta si fa un giro in senso orario, quindi il giocatore che in posto 1 passa in posto 6, il giocatore che sta in posto 5 passa nel posto 4 e cosi via. In fase di gioco le ali stanno sempre nei posti 4 e 5 i centrali nei posti 3 e 6 il palleggiatore sta in posto 2 o 1 a seconda se è in prima o in seconda linea e per l'opposto vale la stessa cosa dell'alzatore. Naturalmente in fase di ricezione tutti i giocatori stanno nei posti in cui sono, poi dopo la prima azione cambiano e si vanno a posizionare nei posti che gli competono.

PALLAVOLO >> LA PALLAVOLO IERI E OGGI

Come ogni cosa "vivente" anche la pallavolo si è evoluta. C'è un grande abisso tra la pallavolo degli anni '60 -'70 e la pallavolo di oggi. infatti la pallavolo antica era molto più tecnica, ogni tocco del pallone doveva avvenire in maniera dolce e più pulita possibile, un minimo errore costava il cambio palla o il punto. Addirittura solamente il palleggiatore poteva prendere il pallone in palleggio, se un altro giocatore provava a prendere il pallone in palleggio l'arbitro fischiava immediatamente anche se il tocco era corretto e pulito. Anche gli arbitri erano diversi, erano molto fiscali e chiamavano anche i falli più impercettibili. Invece adesso gli arbitri sono molto permissivi e sbagliano molto. La pallavolo moderna è molto meno tecnica ma di conseguenza è molto più spettacolare infatti grazie alla regola che nel primo tocco non esiste fallo si vedono recuperi incredibili e qundi uno scambio dura di più. Anche grazie al conteggio dei punti diverso la pallavolo moderna è molto più spettacolare di quella antica. Comunque la pallavolo vera è propria secondo noi è quella antica, ai giorni nostri si vedono giocatori che sono scarsissimi tecnicamente ma che però giocano nelle serie maggiori, forse questo è l'unico difetto che ha questo sport.

TECNICA E TATTICA

Qui troverai tutto quello che riguarda la tecnica e tattica, la sezione si divide in tanti argomenti, ogni argomento ha i suoi relativi articoli.

FONDAMENTALI: La battuta - Il bagher - Il palleggio - La schiacciata - Il muro

UNIONE FONDAMENTALI: La ricezione - La difesa - L'attacco

GLI ALLENAMENTI: Allenare la forza - Allenamento con i pesi

TECNICA E TATTICA >> LA BATTUTA

Si chiama "servizio" o "battuta" il colpo netto che mette in gioco la palla inviandola nel campo avversario. La

battuta può essere effettuata con una sola parte del corpo dalla cintola in su e la palla deve essere colpita "al

volo". Queste limitazioni sono state imposte per impedire che il pallone venga trattenuto da una o due mani

eseguendo dei lanci con effetti speciali. Nel gioco della pallavolo il servizio ha un'importanza capitale in quanto

è il solo modo valido di iniziare il gioco. Non è difficile dimostrare che le squadre più forti sono quelle che

battono meglio sia tecnicamente che tatticamente. L'obiettivo principale del battitore è quello di servire in

maniera tale che la propria squadra possa fare il punto mediante il muro o con il contrattacco (ovviamente se il

punto arriva direttamente dalla battuta, meglio ancora) perché l'avversario, ricevendo male, è stato costretto a

portare un attacco lento e prevedibile. In base a dove verrà colpita la palla si parlerà di battuta "al salto",

battuta "dall'alto" o battuta "dal basso" (quest'ultima obbligatoria fino alle categorie under 15).

Le proposte formulate attraverso gli esercizi tecnici presentati di seguito, rappresentano un primo livello di

base cui possono fare riferimento tutti gli operatori, sia per atleti esperti sia novizi. Le esercitazioni vogliono essere un'occasione di spunto per il lavoro in palestra. Esse sono di facile realizzazione e si prestano ad ulteriori variazioni e modifiche. Ogni insegnante o istruttore può apportare varianti in relazione alle proprie esigenze e al livello degli atleti che ha disposizione.

La battuta rappresenta il "fondamentale" con cui s'inizia il gioco ed è costituito a livello esecutivo da movimenti di preparazione e colpo sulla palla. Il giocatore occupa posto a fondo campo e si piazza nella zona dalla quale batterà e da cui dovrà entrare per difendere. La distanza dalla linea di fondo è relativa al tipo di battuta che si vuole realizzare. La palla va colpita il più in alto possibile ed anche nella variazione di battuta corta, va applicata solo una minor forza non cambiando la gestualità. La direzione è una componente del servizio legato alla precisione verso un bersaglio, la traiettoria, invece, dipende dal lancio più o meno arretrato o avanzato ed al relativo punto d'impatto. A seconda del punto in cui è impattata la palla, si realizzano traiettorie di tipo rotatorio o flottante. La battuta flottante viaggia nell'aria in modo instabile con un andamento di volo a volte imprevedibile ed alla palla deve essere applicato un impulso passante dal centro di gravità, più grande è la velocità maggiore sarà la sua instabilità. Nel servizio con rotazione (come ad esempio nella battuta in salto), invece, bisogna colpire la palla in modo che la linea di forza non passi per il centro di gravità, più lontano da questa si applica e maggiore sarà l'effetto rotatorio. La componente tecnica è riferita all'efficacia che realmente si può riscontrare in termini di pericolosità, imprecisione della ricezione o punti diretti acquisiti forzando e facendo pressione sulla ricezione avversaria, per indurla ad essere meno positiva possibile. Sviluppare le qualità tecniche del battitore significa far prevalere la componente tecnica su quella tattica. La palla deve viaggiare forte, "liberando" il braccio si cerca la velocità della palla, cioè si cerca che questa impieghi il minor tempo possibile per raggiungere il campo avversario. Cercando una traiettoria flottante, senza vincoli di precisione che limitano la capacità della battuta, si vuol mettere in difficoltà la ricezione avversaria. La componente tattica fa riferimento soprattutto alla precisione della traiettoria, al controllo sulla zona di caduta della palla, non cercando il punto diretto, ma accontentandosi di un obiettivo intermedio in attesa che il muro, la difesa e il contrattacco facciano il resto. La battuta invece di agire direttamente sulla qualità della ricezione può condizionare la squadra avversaria anche in caso di ricezione positiva, inducendola ad una distribuzione forzata, in alcuni casi obbligata e guidata verso zone in cui il muro potrà far azione di sbarramento.

Esercizio 1 La prima fase didattica è strutturata con esercizi in cui si arretra ad ogni battuta che oltrepassa la rete fino ad arrivare con sicurezza a servire da dietro la linea di fondo campo. Gli allievi posti uno di fianco all'altro in riga, battono in rapida successione e poi recuperano il pallone per eseguire un nuovo servizio avanzando di un passo verso la rete in caso d'errore o arretrando di un passo (fino a raggiungere la linea di fondo) se la palla oltrepassa la rete.

Esercizio 2

Per la battuta tesa, i battitori (B), servono nello spazio tra la rete e un filo tirato sopra di essa.

Esercizio 3

Il lavoro sulla precisione della traiettoria servizio va sensibilizzata sulla sua profondità e nelle zone di caduta. I battitori da fondo campo alternano battute corte e lunghe.

Esercizio 4

Lo sviluppo dell'esercizio, riguarda il controllo della traiettoria indirizzata nella metà destra e sinistra del campo, per colpire dei tappeti oppure le diverse zone del campo medesimo.

Esercizio 5

Gli atleti battono con l'intento di colpire lo spazio fra i bersagli.

La ricezione

La ricezione è la risposta al servizio avversario. E' il fondamentale da cui dipende la riuscita della costruzione del gioco d'attacco. La valutazione consiste nella corretta analisi della traiettoria della palla fin da prima che l'avversario batta, fissando la palla con lo sguardo ininterrottamente. La prima valutazione riguarda la componente laterale della traiettoria (se è indirizzata a destra o a sinistra), successivamente la componente antero - posteriore (se la palla cadrà corta o lunga). Alla valutazione segue uno spostamento, più o meno ampio, che può essere quindi in avanti-indietro, destra-sinistra, o in diagonale avanti o indietro verso destra o sinistra. Lo spostamento realizzabile per garantire una situazione di equilibrio su una battuta tecnicamente impegnativa è di 2 passi.

Esercizio 6 R5 e R1 sono rispettivamente in zona 5 e 1 pronti a ricevere. Appena parte il servizio, chi non riceve si porta a rete prima possibile per palleggiare al compagno che ha ricevuto. Poi entrambi tornano in coda alla fila incrociandosi e scambiandosi di zona per la ricezione successiva. Un'altra coppia di ricevitori nel frattempo entra per eseguire la medesima azione.

Esercizio 7

Due ricevitori si posizionano in zona 4 e 5. Il battitore batte corto su RA oppure lungo su RB (1). Chi dei due non è impegnato in ricezione, corre a rete e alza (3) per il compagno che riceve (2) e attacca (4) in parallela sul difensore che ha servito la palla. La stessa situazione la si può realizzare nell'altra metà campo coinvolgendo il giocatore di posto 2 e 1 (fig. 2).

Esercizio 8

In ricezione RA e RB ricevono nelle rispettive metà campo. Dopo il servizio, prima possibile, chi ritiene di dover ricevere chiama la palla e chi non riceve si porta dietro al compagno. Chi riceve esce e va in coda. RC entra nel posto lasciato libero mentre chi era corso dietro al compagno avanza ed entra in campo.

L'impatto avviene con la superficie degli avambracci supinati in modo da ottenere un piano di rimbalzo il più ampio possibile utilizzando se necessario diversi tipi di prese per congiungere le mani. Le spalle sono avanzate solo con tricipite e dorsale irrigiditi, estese a guidare la palla verso la zona bersaglio e la palla deve essere lontana dal corpo e non con i gomiti vicini al busto. Il contatto con la palla non deve essere troppo ravvicinato al corpo.

Battuta e ricezione: esercizi

Battuta e ricezione si allenano strutturando al livello organizzativo situazioni di lavoro (battitori, ricevitori) e di assistenza (bersaglio a rete, recupero e rifornimento palloni). I battitori devono solo servire e gli altri si preoccupano solo di non far mai fermare la loro azione con un lavoro coordinato. Il lavoro di battuta e ricezione può essere organizzato:

con esercizi a tempo o a numero ma sempre con un compito tattico (far spostare il ricevitore, solo lunghe o corte ecc.),

a efficacia (penalizzare o non l'errore, far ricevere male) o in forma di gara (battuta e ricezione che si sfidano con cambi di posto o penalità varie).

allenando la ricezione a efficacia, a percentuale o in forma di gara. Serie di servizi consecutivi possono servire per automatizzare e consolidare il movimento

Battuta e ricezione vanno esercitate tutti gli allenamenti oltre ad un eventuale lavoro in sedute specifiche. Nel corso della settimana, il lavoro delle prime sedute è più analitico, (spostamenti, lavoro individuale), mentre alla fine si allenano le situazioni collettive nelle rotazioni di squadra o combinandole con l'attacco. Se si vuole lavorare per la quantità, in modo mirato e specifico bisogna allenare battuta e ricezione svincolati dalle altre componenti del gioco.

Esercizio 9

I battitori eseguono servizi corti che i ricevitori passano a T che ferma la palla. Sulla battuta è meglio arrivare non a pedi paralleli ma in affondo, con le braccia molto basse, quasi parallele a terra e con un ginocchio in appoggio sul pavimento.

Esercizio 10

I giocatori battono lungo sui giocatori che partono avanzati e arretrano per ricevere.

Esercizio 11

Il servizio è indirizzato lateralmente. Il ricevitore parte centrale poi si sposta verso la palla. Il giocatore si muove verso la sua destra oppure verso sinistra. La ricerca della posizione corretta si realizza colpendo la palla nel cono delle gambe ma col busto orientato verso la zona bersaglio (T). Non bisogna orientare la frontalità (i piedi cioè) verso il palleggiatore perché la palla entrerebbe nel bagher non frontale ma obliqua.

Esercizio 12

R5 e R1 ricevono una battuta lunga e laterale in zona 5 e 1. La ricezione laterale si esegue colpendo la palla di fianco al piede avanzato e davanti a quello arretrato, con inclinazione laterale delle spalle assente nella battuta corta, a 45° circa su battuta a centrocampo, abbassando la spalla interna alla direzione che si vuol dare alla palla, e con la linea delle spalle quasi perpendicolare a terra su battuta molto lunga.

Esercizio 13

Il ricevitore parte dalla zona 5 poi si sposta in zona 1 e in zona 6 per giocare 3 palloni consecutivi. La stessa sequenza può essere ripetuta a ritroso (fig. 2) anche per più serie consecutive.

Esercizio 14

Un atleta riceve in posto 5 e 1, spostandosi dopo ogni ricezione da una zona all'altra da destra a sinistra rapidamente. La serie comprende 10-20 ricezioni.

Esercizio 15

Si riceve in coppia. Nella fig. 1 i due giocatori sono responsabili di tutti i palloni in campo. Nella fig. 2 e 3 invece si dividono le responsabilità della zona arretrata e avanzata di metà del campo, distinguendo le attribuzioni relative alla battuta corta o lunga. Serie da 10 ripetizioni danno l'idea degli errori e dell'efficacia in percentuale

Esercizio 16

La ricezione laterale, permettendo di stare più avanzati coi piedi, è maggiormente utilizzata da chi scende da rete e ha quindi l'esigenza di non allontanarsi troppo da rete dovendo poi attaccare. In questa situazione gli attaccanti che stanno in prima linea (zona 4 e 2) scendono da rete per schiacciare (s) dopo aver ricevuto. Dall'altra parte della rete due giocatori contrapposti murano. Nella fase successiva (fig. 2) chi ha murato passa a ricevere e viceversa. L'azione può essere fermata dopo l'attacco oppure può prevedere il gioco senza interruzione anche in forma di gara con il punteggio.

Esercizio 17

I giocatori ricevono su metà del campo, lasciando volutamente più scoperta una certa zona del loro campo, per "chiamare" la battuta in quel punto dove cercheranno di servire i battitori posti oltre la rete.

TECNICA E TATTICA >> IL BAGHER

Qui troverai tutti i vari tipi di bagher presenti nella Pallavolo.

1. INTRODUZIONE AL BAGHER Una piccola introduzione al bagher. 2. BAGHER FRONTALE Spiegazione della tecnica del bagher frontale. 3. BAGHER INDIETRO Spiegazione della tecnica del bagher indietro. 4. BAGHER LATERALE Spiegazione della tecnica del bagher laterale.

TECNICA E TATTICA >> IL BAGHER >> INTRODUZIONE AL BAGHER

Il bagher nella pallavolo è la tecnica fondamentale per respingere e indirizzare i palloni che arrivano con un traiettoria bassa, corta o con una velocità troppo elevata per poter essere intercettati da altre tecniche. Questo fondamentale ai giorni d'oggi è importantissimo ed è anche decisivo ai fini del risultato di una gara, in quanto costituisce quasi sempre il primo tocco di ogni azione, anche se adesso grazie alle nuove regole il primo tocco non è fallo e volendo si può anche prendere il pallone in palleggio ma il bagher rimane sempre la tecnica più efficace. La tecnica del bagher consiste nel respingere la palla con la parte radiale o con la parte interna delle braccia

Ecco come viene eseguito il bagher didattico, che è il primo approccio per poi imparare le altre tecniche: Gli arti inferiori sono leggermente divaricati e piegati in appoggio asimmetrico, il busto è un po' inclinato in avanti, le braccia sono distese in avanti. Gli avambracci sono paralleli e supinati con l'interno rivolto in avanti-alto. Le mani sono unite e flesse verso il basso per aumentare la tensione delle braccia. Prima dell'impatto col pallone tutto il corpo inizia ad estendersi verso l'avanti-alto. Il contatto con il pallone avviene nella parte mediana del corpo; il rinvio deve essere effettuato con una leggera azione delle braccia e con la temporanea distensione delle gambe.

TECNICA E TATTICA >> IL BAGHER >> BAGHER FRONTALE

Il bagher in avanti è il passaggio con le braccia che invia la palla davanti al corpo. L' esecuzione del bagher in avanti è naturalmente quasi uguale a quella del bagher didattico. Ma vediamo adesso come eseguire correttamente il bagher frontale: Si parte dalla posizione media con le gambe più larghe, il busto è flesso più in avanti e le braccia unite davanti il corpo. La palla viene respinta con il raddrizzamento delle gambe e con una piccola elevazione delle braccia. Bisogna comunque tener conto dei seguenti concetti: - Il movimento delle braccia e delle gambe è direttamente proporzionale alla lunghezza del passaggio - L'ampiezza del movimento è inversamente proporzionale alla velocità della palla - Il raddrizzamento delle gambe è universalmente proporzionale alla velocità con cui arriva la palla.

TECNICA E TATTICA >> IL BAGHER >> BAGHER INDIETRO

Il bagher indietro o rovesciato è quel passaggio, con le braccia, che invia la palla dietro il corpo. Esso viene usato in situazioni complicate o scomode come nel caso si debba salvare un pallone avendo le spalle rivolte alla rete. La tecnica del bagher rovesciato è quasi identica a quella del bagher frontale con la differenza che, se la palla è molto bassa, bisogna flettere gli avambracci al momento del colpo per accompagnare meglio la palla verso l'alto e indietro. Come avete visto non c'è molto da dire su questa tecnica, proprio perché e quasi identica alla tecnica del bagher in avanti, ma vi assicuriamo che è una tecnica importantissima da non sottovalutare.

TECNICA E TATTICA >> IL BAGHER >> BAGHER LATERALE

Il bagher laterale è quel passaggio con le braccia che invia la palla lateralmente al corpo. Questo bagher viene usato per salvare schiacciate che passano lateralmente al corpo e naturalmente per coprire una maggiore zona di campo durante la ricezione. Quando la palla tende a superarci lateralmente usiamo il bagher laterale, quindi bisogna spostare le braccia in avanti-fuori. Questa prevede l'abbassamento delle spalla corrispondente alla direzione in cui si vuole inviare la palla: si abbassa la spalla destra quando si riceve da sinistra a destra, mentre si abbassa la spalla sinistra quando si riceve da destra a sinistra. Adesso vediamo come deve essere eseguito il bagher laterale: Dalla posizione d'attesa, si allungano le braccia in fuori-avanti verso la palla; ci si muove con le gambe al fine di portarsi il più possibile di fronte a essa. Si mantiene il busto inclinato in avanti col petto incavato fra le braccia e poi si manda la palla nella direzione stabilita mediante il solo orientamento del piano d'appoggio.

L'uso del bagher è naturalmente legato alla ricezione e alla difesa. Conviene usare il bagher nei seguenti casi: - Per ricevere la battuta - Per ricevere la schiacciata - Per alzare una palla scomoda - Per salvare alcuni palloni - Per la copertura d'attacco Ecco qui elencati gli errori più comuni che vengono commessi dagli allievi: - Braccia non opportunamente tese - Braccia troppo vicine al corpo - Impatto del pallone sui polsi o su una zona troppo vicina ai gomiti - Spinta degli arti inferiori su un piano troppo arretrato - Avambracci non simmetrici, con conseguenza alterazione del piano di rimbalzo

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO

Qui troverai tutti i vari tipi di bagher presenti nella Pallavolo.

1. INTRODUZIONE AL PALLEGGIO Una piccola introduzione al palleggio. 2. PALLEGGIO IN AVANTI Spiegazione della tecnica del palleggio in avanti. 3. PALLEGGIO INDIETRO Spiegazione della tecnica del palleggio indietro. 4. PALLEGGIO LATERALE Spiegazione della tecnica del palleggio laterale. 5. PALLEGGIO IN SOSPENSIONE Spiegazione della tecnica del palleggio in sospensione. 6. PALLEGGIO IN RULLATA

Spiegazione della tecnica del palleggio in rullata. 7. PALLEGGIO CON UNA MANO Spiegazione della tecnica del palleggio con una mano. 8. PALLEGGIO D'ALZATA Spiegazione della tecnica del palleggio d'alzata. 9. CHIAMATE DEL PALLEGGIATORE I segni che fa il palleggiatore per chiamare uno schema.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> INTRODUZIONE AL PALLEGGIO

Per permettere a tutti coloro che si avvicinano per la prima volta alla pallavolo di poter giocare subito è necessario imparare rapidamente il palleggio. Per chi si avvicina per la prima volta a questo sport, il fondamentale del palleggio non va inteso come l'esasperazione del gesto tecnico perfetto, ma come fondamentale che permette di rimandare la palla nel campo avversario. Quando la necessità di rendere più difficile la risposta alla squadra avversaria sarà necessario impadronirsi di una tecnica più precisa. Il Palleggio è uno dei fondamentali più difficili d'acquisire ed eseguire, in quanto si tratta di un gesto innaturale; infatti la mano umana è stata creata per afferrare ma nella tecnica del palleggio il pallone deve essere accolto e successivamente respinto con un movimento fluido. In base alla direzione impressa al pallone rispetto al corpo si hanno diversi tipi di palleggio: palleggio in avanti, palleggio indietro e palleggio laterale.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO IN AVANTI

Il Palleggio in avanti è la tecnica base per poi acquisire le altre tecniche di palleggio. E' il passaggio con le mani che invia la palla davanti al corpo, è uno dei fondamentali più importanti, in quanto con esso si impostano quasi tutte le azioni di attacco e contrattacco. Per eseguire il palleggio in avanti si parte generalmente da una posizione alto-media con il tronco verticale rivolto alla palla e le spalle perpendicolari alla direzione del corpo. Gli arti inferiori sono disposti l'uno davanti all'altro e paralleli fra loro, quindi il peso è egualmente distribuito su entrambe le gambe

La scelta della gamba posizionata in avanti dipende dalla situazione. Il movimento del palleggio si ottiene con lavoro contemporaneo di gambe, tronco e braccia; si inizia con un molleggio delle braccia e delle gambe per dare la spinta necessaria, a questo punto le gambe spingono il peso del corpo verso la palla mentre le braccia si distendono in avanti-alto incontrandola davanti al viso (se le mani si aprissero la palla cadrebbe sulla fronte). Quando le braccia arrivano a contatto con la palla sono quasi distese, si contraggono leggermente per ammortizzare il corpo e si distendono nuovamente per rilanciare il pallone; Il colpo termina con l'estensione delle braccia che accompagnano il volo della palla. tutto il movimento è simile a quello di una molla. Le mani, con le dita aperte e con i polsi leggermente flessi all'indietro, formano un incavo adatto ad accogliere e avvolgere il pallone. In particolare durante il contatto col pallone il pollice e l'indice supportano la maggior parte della palla, mentre le altre tre dita sono prevalentemente direzionali. In breve la posizione corretta delle mani è tale da formare una semisfera.

L'impatto col pallone viene attutito con un ampio molleggio indietro delle mani e delle dita. In altre parole, il contatto con la palla dovrebbe essere dolce e fermo, unendo sofficità e durezza allo stesso tempo.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO INDIETRO

Quando si è in grado di gestire correttamente il palleggio in avanti si può acquisire facilmente la tecnica del palleggio indietro. Per effettuare al meglio un palleggio rovesciato il giocatore deve trovarsi sotto il pallone in modo che il corpo e le braccia non si distengano in avanti-alto come nel palleggio in avanti ma indietro-alto. La distensione del corpo avviene portando avanti il bacino e arretrando leggermente la testa. La spinta delle braccia non deve essere particolarmente accentuata per non imprimere una traiettoria troppo tesa al pallone. Il comportamento delle gambe e la frontalità del corpo sono identici a quelli del palleggio in avanti. Si usa il palleggio indietro o rovesciato per variare la direzione dell'alzata senza girare il corpo. Rendendo così imprevedibile all'avversario l'azione d'attacco. (il palleggio indietro va insegnato dopo il palleggio in avanti e il bagher). Ecco una piccola immagine dell'esecuzione del palleggio indietro.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO LATERALE

Questa tecnica di palleggio potrebbe risultare subordinata, ma vi assicuriamo che è molto importante. Si parte da una posizione alta o media, la mano del braccio opposta alla palla è posizionata quasi perpendicolarmente all'altra. Il braccio che si trova più in basso deve spingere maggiormente rispetto all'altro. Questo tipo di palleggio non è proprio laterale ma un po' obliquo verso l'avanti. Bisogna fare attenzione alla posizione delle mani perché usando questa tecnica è facile che il pallone finisca nel campo avversario. Il palleggio laterale si usa vicino la rete e per due motivi: a scopo di salvataggio, per alzare quando il pallone si trova troppo vicino la rete da non permettere un palleggio normale o a scopo tattico: palleggiando col dorso alla rete e il pallone viene colpito più in basso in modo da nasconderlo all'avversario fino all'ultimo momento.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO IN SOSPENSIONE

É l'ultima tecnica di palleggio che viene insegnata, proprio perché per eseguire questo tipo di palleggio bisogna saper effettuare bene le altre tecniche; il palleggio in avanti, quello indietro e quello laterale. Il palleggio in sospensione non è atro che un palleggio in salto e non è facile effettuarlo non solo perché bisogna avere una buona coordinazione e una buona tecnica di base ma bisogna anche prevedere in anticipo dove andrà a finire la palla ricevuta o difesa dai compagni, non sempre la palla arriva precisa al palleggiatore, per essere così nel posto e nel momento giusto per effettuare il palleggio in sospensione. Vi starete chiedendo sicuramente perché bisogna effettuare questa difficile tecnica? Semplice usando questo particolare palleggio si velocizza e si rende molto imprevedibile il gioco, infatti se il palleggio in sospensione viene eseguito correttamente è molto difficile capire le intenzioni dell'alzatore ed è anche molto difficile arrivare a murare in maniera corretta l'attaccante proprio perché grazie a questo palleggio si anticipa l'impatto con la palla e quindi il gioco viene notevolmente velocizzato. Come si esegue il palleggio in sospensione? L'esecuzione di questo palleggio è molto simile alle tecniche di palleggio effettuati stando a terra, infatti il principio per gli arti superiori è lo stesso la cosa che è molto diversa è l'uso degli arti inferiori. Stando a terra gli arti inferiori hanno due compiti fondamentali ammortizzare e di conseguenza spingere, invece nel palleggio in sospensione servono esclusivamente per saltare e raggiungere la palla nel punto più alto possibile e naturalmente imprimono anche una spinta, ma non ammortizzano l'impatto con il pallone, questo compito viene eseguito dagli arti superiori. Ci sono due tipi di salto nel palleggio in sospensione, il salto dal posto che va eseguito con entrambi gli arti inferiori e il salto con la ricorsa. La rincorsa è molto simile a quella che viene usata per effettuare la schiacciata ma non obbedisce al medesimo principio di stacco, infatti se la palla d'alzare si trova a destra, il palleggiatore salterà con uno stacco dei piedi sinistra-destra, se invece la palla si trova a sinistra staccherà con destro-sinistro. Piccoli Consigli per imparare il palleggio in sospensione provate a saltare dal posto senza palla oppure provate brevi spostamenti, arrestarsi e saltare dal posto, curando molto il movimento.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO IN RULLATA

Menzioniamo questa tecnica di palleggio anche se ormai fa parte della pallavolo antica ed è stata sostituita da tecniche di intervento più efficaci. Quando la traiettoria d'arrivo del pallone è ad un'altezza troppo bassa per consentire un palleggio normale si può usare il palleggio in rullata. La rullata laterale consiste nel portarsi con un affondo sotto il pallone e di intercettarlo estendendo le braccia mentre inizia lo sbilanciamento indietro e laterale. La rullata sui glutei e sui muscoli dorsali avviene dopo che la palla ha già lasciato le mani del giocatore. Ecco una piccola figura sull'esecuzione dell palleggio in rullata.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO CON UNA MANO

Menzioniamo questo palleggio anche se non si può definire palleggio, e tanto meno una tecnica di palleggio, ma comunque noi lo chiamiamo così. E' un gesto che viene usato raramente in circostanze disperante, infatti viene usato dal palleggiatore quando la palla è sopra la rete e sta per andare nel campo avversario. Il palleggio ad una mano assomiglia molto ad un pallonetto, ma eseguito al contrario. L'esecuzione di questo particolare "palleggio" è quasi identica all'esecuzione di un pallonetto. Quindi la mano deve essere molto rilassata e bisogna toccare la palla solamente con le dita e il tocco deve essere morbido è pulito, non deve sentirsi nessun rumore. La differenze tra il palleggio con una mano e il pallonetto con una mano è la direzione in cui viene inviata la palla e naturalmente la posizione del corpo e della mano. Anche se sembrerebbe una sciocchezza questo palleggio è molto importante anche se usato raramente.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> PALLEGGIO D'ALZATA

Il palleggio di alzata è l'insieme di tutte quelle cose che ha imparato l'alzatore e che poi mette in atto in partita. Intanto definiamo il concetto di alazata, si chiama alzata qualsiasi passaggio usato per attaccare. A secondo del passaggio si classificano le alzate in: alte, normali, medie e basse. Nel concetto di alzata alta o normale rientrano quei palloni che superano di almeno tre metri la rete; l'alzata media è quella che va da un metro a tre metri sopra la rete; l'alzata viene definita bassa quando non supera il metro di altezza sopra la rete. Nella pallavolo, le alzate si dividono in alte, normali, mezze tese o mezze veloci, tese o veloci. Naturalmente a seconda poi della maggiore o minore lunghezza della traiettoria (la traiettoria è la linea descritta nello spazio da un punto o da un corpo in movimento) l'alzata può essere corta, media o lunga. E' corta quando non supera i due metri di lunghezza, è media se va dai due ai quattro metri, è lunga quando supera i quattro metri. L'alzata può essere eseguita in avanti, indietro e lateralmente. Dopo aver fatto un breve excursus sull'alzata continuiamo dicendo che per essere un buon alzatore non basta eseguire bene le varie tecniche di palleggio ma bisogna avere qualche altra cosa in più, infatti il palleggiatore quando alza deve esaminare tutte le circostanze che si stanno verificando sul campo, cioè la palla che arriva, la rete, i compagni, gli avversari ecc. Adesso vi elencheremo le principali capacità che deve avere un Alzatore: - Deve avere una grande visione di gioco, del campo e degli avversari. - Deve essere imprevedibile cercando di variare l'alzata e di non far capire dove alza - Deve conoscere molto bene i suoi attaccanti e anche gli avversari. - Costruire il gioco d'attacco tenendo presenti i desideri degli schiacciatori. - Alzare con decisione, senza nessun timore, quindi deve essere sicuro di se. - Fare la prima alzata sempre all'attaccante più forte, così se passa crea un contraccolpo psicologico nella squadra avversari - Deve sempre chiamare il pallone - Chiamare il gioco o le combinazioni di attacco se gli schiacciatori hanno scarsa personalità. - l'alzatore non deve mai giocare per il pubblico ma per la squadra. Come avete visto il palleggio d'alzata è molto complesso e per essere eseguito correttamente ha bisogno anche di molta esperienza. In conclusione ecco i passi cruciali per diventare un grande palleggiatore:

PROGRESSIONE DIDATTICA

1. Palleggio in avanti. 2. Alzare in spostamento verso destra, sinistra, avanti e indietro. 3. Alzare con cambio di direzione. 4. Alzare da rete in avanti e indietro. 5. Alzare da rete lateralmente. 6. Alzare in diagonale su una lunga distanza. 7. Alzare in primo tempo. 8. Alzare in salto. 9. Alzare in salto in primo tempo. 10. Alzare in salto con un mano. 11. Finta dia alzata in salto, e pallonetto di seconda.

12. Alzare laterale in salto. 13. Finta di alzare in salto, e schiacciata di seconda. 14. Alzare con diversi tipi di finta.

TECNICA E TATTICA >> IL PALLEGGIO >> CHIAMATE DEL PALLEGGIATORE

Tutte i segni del palleggiatore per chiamare uno schema, usando le mani naturalmente.

Velone avanti: segno uno (con l'indice) Veloce dietro: segno due (indice e medio) Incrocio avanti: segno tre (indice, medio e anulare) Incrocio indietro: segno quattro (indice, medio, anulare e mignolo) Mezza in posto quattro: segno cinque (mano aperta) Mezza in posto due: segno sei (pollice alzato) Tesa a centro: segno sette (pollice e indice) incrocio fuoi dalla tesa: segno nove (pollice, indice, medio e anulare) Veloce spostata dietro: segno B (indice e medio curvi) Veloce spostata in avanti: segno C (indice curvo) Veloce più spostata in avanti: segno doppia C (indice curvo che si muove) Spinta in banda, posto due o quattro: segno super (pollice e mignolo) Veloce sopra la testa: segno in (indice e medio incrociati)

TECNICA E TATTICA >> LA SCHIACCIATA

Nel gioco della pallavolo, quando ci si riferisce all'attacco, si parla di colpi, in quanto ci si serve di tre tecniche

fondamentali: pallonetto, schiacciata e smorzata (o piazzata).

Pallonetto. Per pallonetto si intende un palleggio qualsiasi che sorprende l'avversario passando sopra

o lateralmente al muro. Può essere eseguito a due o a una sola mano. Rappresenta una delle varianti ai

colpi forti d'attacco nel caso di giocatori esperti, mentre costituisce la principale arma d'attacco nel

minivolley.

Schiacciata. È il colpo o lo "schiaffo" che si dà alla palla, con una sola mano, cercando generalmente

di colpire il più forte possibile affinché l'avversario non riesca a giocarla. Condizione necessaria perché

una schiacciata risuti efficace, è l'esecuzione della stessa in salto, in modo da colpire la palla quando si

trova più alta del piano superiore della rete. Si può saltare dal posto o con la rincorsa. Una volta

effettuato lo stacco si cerca di sfruttare al massimo l'elevazione per colpire il più in alto possibile la

palla onde evitare le mani del muro.

Smorzata. È il colpo che smorza il rimbalzo della palla provocando un volo cortissimo e una veloce

ricaduta al suolo.Viene utilizzata per sorprendere un difensore distante dalla rete preparato a ricevere

un attacco forte.

TECNICA E TATTICA >> IL MURO

Si chiama "muro" la parete formata dagli arti superiori che uno o più giocatori di prima linea possono innalzare

oltre la rete al fine di arrestare il colpo avversario. Al muro è concesso di oltrepassare o toccare la rete

(invadere) purché tocchi la palla dopo che è stata giocata dall'avversario. Il muro rappresenta, agli effetti del

gioco, uno dei fondamentali più importanti in quanto dà la possibilità, alla squadra che ha eseguito il servizio, di

guadagnare il punto senza attaccare. L'azione del muro, però, è una delle più difficili, in quanto per riuscire

bene occorre concentrazione massima, freddezza e una rapidità eccezionale. La difficoltà maggiore sta nel saper

attendere e saltare al momento opportuno, al fine di orientare positivamente le mani davanti al colpo

avversario.

TECNICA E TATTICA >> LA DIFESA 1/2

Per gioco di squadra in difesa si intende la disposizione dei giocatori in campo per far si che l'attacco dell'avversario si trasformi in possibilità di costruzione, quindi di attacco per la propria squadra. E' evidente l'importanza che riveste la preparazione di tale fondamentale in quanto richiede al giocatore non solo di intercettare l'attacco ma indirizzare la palla verso un preciso punto del campo dove si sposta il palleggiatore. I fattori che servono per dare un orientamento ai giocatori in difesa sono:

disposizione dei giocatori a muro;

tipo di gioco della squadra avversaria;

capacità di intuizione del tipo di alzata;

capacità di intuizione del colpo di attacco;

capacità di cooperazione con i compagni nello spostamento in una certa direzione;

capacita acrobatiche e difensive;

prontezza di riflessi.

I fondamentali che si effettuano in difesa sono: il muro, il bagher, la rullata e il tuffo. Il primo momento di difesa che una squadra oppone all'avversario e costituito dal muro. Le complessità delle azioni di attacco, che il muro deve essere in grado di risolvere, rende necessario che già nella fase iniziale dell'apprendimento non vengano trascurati gli aspetti tattici di questo importante fondamentale. L'allenamento della capacità di osservazione ed elaborazione tattica deve essere presente, quindi, sin dall'inizio perchè il fondamentale possa raggiungere alti livelli di prestazione. Il muro si caratterizza come la tecnica più difficile da insegnare, l'esito del muro dipende da diversi fattori; l'altezza del giocatore, la sua abilita nel saltare in tempo, la sua capacità di capire la traiettoria e la velocità della palla. Il tempo del salto a muro è in relazione all'alzata e quindi all'attacco avversario: su una alzata bassa e veloce si deve saltare insieme all'attaccante: su una alzata alta si deve saltare un po' più tardi dello schiacciatore perché questo effettua la rincorsa e inoltre alza un solo braccio saltando quindi più in alto del giocatore a muro. Chi invece alza entrambe le braccia devono perciò attendere il movimento di schiacciata dell'avversario. Nel momento antecedente allo spostamento, i giocatori devono stare in una posizione comoda con i piedi paralleli (ad una distanza naturale di solito della stessa apertura delle spalle), il peso del corpo cadrà sopra il piede opposto alla direzione prevista dal movimento. Le gambe si piegano sulle ginocchia, pronte ad effettuare il movimento. La spalla lievemente inclinata verso la rete. La testa sarà alzata, con gli occhi che seguono la traiettoria della palla, nel momento in cui questa entra nel campo visuale di chi mura. Le mani con le dita divaricate (in modo da offrire la maggiore superficie possibile) si pongono di fronte alle spalle, il giocatore prenderà posizione a mezzo metro dalla rete. La posizione delle mani durante lo spostamento e in fase di attesa prima del salto può essere alta o bassa. La grande varietà di combinazioni del gioco moderno rende, infatti, indispensabile la posizione alta delle mani per ridurre al minimo il tempo che intercorre tra il momento in cui avviene la decisione di saltare e il momento in cui le mani superano il bordo della rete (attacco di 1° e 2° tempo). La posizione delle mani è mantenuta alta durante lo spostamento solo se questo è breve e se le caratteristiche dell'attacco avversario lo richiedono. La posizione bassa delle mani oltre a favorire la traslocazione negli spostamenti lunghi viene utilizzata per ottenere una elevazione e un tempo di salto più collegato a quello dell'attacante (attacco di 3°tempo). Il giocatore a diverse possibilità di spostamento per arrivare con successo al momento del salto. Il più comune

è lo spostamento laterale e poi ci sono i passi speciali. I passi speciali possono essere introdotti quando lo spostamento laterale sia stato completamente automatizzato. Nello spostamento laterale il giocatore con i piedi paralleli e le punte perpendicolari alla rete, inizia il movimento con il piede più vicino alla direzione finale della palla, il peso del corpo cade lievemente sull'altro piede. Quando inizia lo spostamento, il giocatore fa un movimento laterale, il piede guida arriva sopra la parte esterna e la pianta al momento della presa di contatto con il suolo, subito dopo arriva l'altro piede, il peso del corpo dovrà stare sopra la parte interna del piede guida. I passi speciali sono tipi di traslocazione che consentono uno spostamento più rapido, conservando però la frontalità del muro. Abbiamo due tecniche di spostamento : uno con passo laterale seguito da un incrocio e l'altro con incrocio immediato. Nel passo laterale seguito da incrocio si esegue dapprima un passo laterale (il piede che si sposta, atterra leggermente arretrato rimanendo pressoché perpendicolare alla rete e non superando in ogni modo un angolo di 45°). Si muove quindi l'altro piede che incrocia e supera passandogli davanti l'arto inferiore che si è mosso per primo (quando atterra questo piede deve essere il più perpendicolare possibile alla rete). Il piede che si era mosso per primo si riaccosta all'altro passandogli dietro, o può portarsi più lontano e richiedere allora un ulteriore passo accostato. Nel passo con incrocio immediato il piede che comincia a muoversi per primo è quello opposto alla direzione di spostamento, l'incrocio è cioè immediato. Il secondo passo può essere breve e consentire quindi immediatamente un appoggio adatto allo stacco, oppure essere più lungo e richiedere un passo accostato di riavvicinamento da parte del piede che si è mosso per prima. Durante il salto al muro entrambi i piedi saranno poco divaricati, il giocatore effettua il caricamento accentuando il piegamento degli arti inferiori, inizia quindi a distendersi sino a staccarsi dal suolo. Il contatto con il terreno deve interrompersi soltanto quando tutto il corpo è in massima estensione. Le mani salgono in forma sincronizzata ed al momento di passare verso la parte più alta della rete, queste cominciano uno spostamento verso avanti, seguite dalle braccia, questo e il momento in cui riveste molta importanza l'uso dei muscoli del petto, le spalle devono estendersi verso sopra seguendo le braccia e questa è la fase in cui usiamo i muscoli deltoidi e il trapezio. In questo momento per compensare lo sbilanciamento in avanti della metà superiore del corpo sono proiettati contemporaneamente in avanti anche gli arti inferiori. Quindi, soltanto l'articolazione dell'anca rimane sulla verticale agendo come cerniera, mentre il segmento superiore e quello inferiore si chiudono in avanti. E importante che il giocatore dopo avere effettuato il muro deve ricadere nello stesso posto dove ha iniziato il salto. Un altro fondamentale della difesa è il bagher. La maggior parte delle azioni di attacco della squadra avversaria sono prese in bagher. Il giocatore deve difendere e nello stesso tempo deve indirizzare la palla in una posizione che sia agevole per il palleggiatore, impostare la fase di attacco. La posizione fondamentale di difesa e caratterizzata dal piegamento degli arti inferiori che si presentano mediamente divaricati, con i piedi in appoggio simmetrico e paralleli fra loro. Le articolazioni tibio-tarsiche devono consentire un piegamento delle gambe sul piede non inferiore a 35° in modo che, guardando il difensore di lato, le ginocchia siano più avanzate della punta dei piedi. Le cosce devono essere parallele o quasi al suolo, il busto è un poco inclinato in avanti (le anche sono leggermente ruotate in avanti), le braccia semiestese e divaricate. Il peso deve cadere sugli avampiedi mantenendo però i talloni a terra. Le capacità di intervento del difensore dipendono in gran parte, dalla sua capacità di mantenere a lungo la posizione fondamentale di difesa con uno sforzo limitato. Il collegamento muro-difesa a sempre come presupposto la ricerca da parte del difensore degli spazzi lasciati liberi dal muro.

TECNICA E TATTICA >> LA DIFESA 2/2

E' molto importante per il difensore la corretta gestione del muro a due che, gli permette di utilizzarlo come punto di riferimento, consentendogli di disporsi nelle zone di campo lasciate scoperte. Il piazzamento del giocatore che guida il muro è sempre in relazione al punto dello spazio, in cui si prevede avverrà l'impatto della mano dell'attaccante sul pallone e al fatto che chi colpisce sia destrimano o mancino. La previsione del punto di impatto si effettua osservando le caratteristiche della traiettoria di alzata (componente verticale, componente orizzontale, distanza da rete) e della rincorsa dell'avversario (angolo che la direzione di rincorsa forma con un piano parallelo alla rete). Per le alzate in cui la componente verticale è importante, il punto di impatto può essere calcolato in base alle caratteristiche della traiettoria in quanto la possibile variazione in senso orizzontale dal punto in cui può essere colpita la palla è molto piccola. Nel caso di alzate dove la componente orizzontale è nettamente prevalente su quella verticale (tese, mezzetese, ecc.), la previsione del punto di impatto è più difficile. La previsione si deve pertanto basare in maggior misura sulle caratteristiche della rincorsa dell'attaccante e non solo su quelle della traiettoria. Per la scelta del piazzamento, al punto di impatto è dato, come riferimento reale, la spalla dell'attaccante. Nel caso di attacchi su alzata alta dal lato destro o sinistro del fronte di attacco (nel caso del muro a due, e il giocatore esterno che guida il muro) si distinguono due situazioni in rapporto alla distanza da rete dell'alzata:

- traiettorie vicino alla rete; - traiettorie lontane dalla rete. Per le traiettorie vicine alla rete, la mano interna del giocatore che guida il muro si trova sulla proiezione della spalla. Per le traiettorie lontane, la mano esterna del giocatore che guida il muro si trova più o meno all'interno della proiezione della spalla a secondo la maggiore o minore distanza dalla rete e delle caratteristiche dell'attaccante. Alle varie possibilità di attacco, il difensore deve contrapporre, oltre una corretta motricità d'attesa, una sequenza di spostamenti anticipati che gli consentano di raggiungere posizioni preventive di difesa adeguate ad affrontare ognuna di tali possibilità. Come per il muro anche per la difesa è quindi necessario legare insieme osservazione, elaborazione, tattica e spostamento. In rapporto alle svariate possibilità di attacco, varierà, infatti, il tempo a disposizione dei difensori per raggiungere o modificare la posizione preventiva di difesa. Possiamo quindi distinguere: - posizioni preventive di 1° tempo: richiedono un piazzamento preventivo che viene scelto in rapporto ai piazzamenti preventivi del muro; - posizioni preventive di 2° tempo: rappresentano un adattamento del piazzamento preventivo di 1° tempo mediante uno spostamento limitato in relazione al punto di partenza dell'attacco e agli spazi lasciati liberi dal muro; - posizioni preventive di 3° tempo: consideriamo posizioni preventive di 3° tempo quelle necessarie ad affrontare traiettorie alte della palla e che consentono un adattamento completo in relazione all'attacco per il maggiore tempo a disposizione. Lo spostamento che precede l'intervento difensivo avviene in base alle osservazioni e alla scelta tattica del giocatore. In caso di palloni lontani da recuperare, il giocatore deve uscire dalla posizione di difesa e correre velocemente contro la palla per tentare di prenderla con un intervento in caduta, preceduto da un passo lungo e profondo in modo tale da consentire l'avvicinamento al suolo del baricentro, prima di sbilanciarsi in avanti o di lato. Le tecniche di intervento difensivo in caduta possono avvenire in due modi diversi: - ruotando sul proprio asse longitudinale a destra o sinistra e cadendo di lato dopo avere colpito la palla con una mano (rullata); - allungandosi in avanti o di lato, colpendo la palla con una o due mani e scivolando a terra con un tuffo L'intervento della rullata è effettuato sempre ad una mano. Il braccio che ha recuperato la palla si allunga al suolo strisciando sulla mano e sull'avambraccio. Facendo perno sul piede d'appoggio, i glutei vengono nel frattempo avvicinati al suolo e vi prendono contatto per rullare poi immediatamente sulla schiena e completare il movimento con la capovolta. La capovolta viene effettuata sulla spalla opposta a quella del braccio che ha eseguito l'intervento (quando si rulla a destra si ruota sulla spalla sinistra e viceversa). Il capo deve essere appoggiato sul braccio che si allunga al suolo. Le gambe sono raccolte al petto per arrotondare il dorso e permettergli di rullare sul terreno e di arrestare poi il movimento con i piedi (invece che con le ginocchia). L'intervento del tuffo può avvenire partendo da fermo o dopo uno spostamento più o meno ampio. In quest'ultimo caso è preceduto da un ultimo passo lungo e profondo che consente di avvicinare al suolo il baricentro prima di sbilanciarsi in avanti o di lato. La scivolata sarà naturalmente più lunga se il tuffo è preceduto da uno spostamento ampio e veloce. La palla è colpita mentre il piede dell'arto portante è in appoggio.

La difesa è la risposta tecnica che si esegue per impedire all'attacco avversario d'essere vincente. Nella difesa si sintetizzano molti aspetti caratteristici della pallavolo. La padronanza ed il dominio delle tecniche d'intervento sono aspetti sicuramente fondamentali nel controllo e nella gestione dei palloni, ma sono altrettanto importanti l'anticipazione, la valutazione dell'azione dell'attaccante e del proprio muro. La situazione di sfida con lo schiacciatore avversario carica questo fondamentale di alti significati agonistici e spesso dà la misura del livello di motivazione, volontà, combattività e determinazione di una squadra.

La tecnica

1. Le gambe sono in una posizione di divaricazione comoda, non eccessivamente aperta (per non rendere meno efficace la partenza negli spostamenti) e non troppo stretta (perché consente meno equilibrio). I piedi sono leggermente più larghi delle spalle, con il peso del corpo sugli avampiedi.

2. Il busto è inclinato in avanti con un angolo pari a quello esistente tra tibia e piede. 3. Le braccia sono flesse, rilassate, con le mani avanti, staccate ed orientate in alto, alla larghezza circa

delle ginocchia. La posizione deve consentire di colpire la palla in tutta la gamma dei possibili interventi. Le braccia non si muovono basculando ma cercano la palla davanti, estendendosi ed unendo le mani solo alla fine, appena prima dell'impatto. Un'azione corretta, inizia con l'avanzamento delle spalle rispetto alle anche, nell'andare incontro alla palla.

Didattica

A livello didattico la progressione può essere così cadenzata:

Esempio di circuito realizzabile:

1 Didattica della posizione d'attesa.

2 Spostamenti. Avanti, indietro, laterali ed incrociati.

3 Esercizi analitici per l'azione delle sole braccia, per il bagher frontale, per quello laterale o in caduta avanti.

4 Difesa dal posto, attraverso esercizi semplici con palloni facili e difesa controllabile ad intensità e difficoltà crescenti.

5 Difesa della palla laterale, corta, alta.

6 Difesa dopo uno spostamento.

7 Difesa acrobatica: cadute, rullate e tuffi, prima in forma analitica, poi tecnica con e senza palla. Esercizi di volontà difensiva.

8 Difesa in situazioni tipo, individuali e collettive.

9 Esercizi con lettura, anticipazione e struttura tattica.

10 Difesa in situazioni di gioco.

A livello metodologico, gli esercizi possono essere eseguiti, variamente organizzati, in relazione alle finalità che intendiamo raggiungere, al livello o alla categoria in cui si opera (giovanili, atleti di media, buona o alta qualificazione) o alle abilità e capacità dei giocatori. Dovendo decidere gli interventi specifici, si potranno considerare alcune variabili rispondenti, per le diverse esigenze, a domande quali:

...chi attacca?

1. Con attacco dell'allenatore, per avere maggior controllo; l'istruttore sa quale finalità ha l'esercizio, sa cosa vuol vedere eseguito dal difensore e dovrebbe essere in grado di mettere i giocatori nelle condizioni di lavorare in modo controllato.

2. Con attacco di un compagno, quando l'abilità tecnica lo consente, assolutamente il prima possibile.

...come ?

3. Con esercizi interrotti, quando per il tipo d'intervento (cadute), per la cura della tecnica o per facilitare un esercizio difficilmente gestibile in forma continuata, si ritenga che sia meglio fermare la palla tutte le volte.

4. Con esercizi eseguiti in forma continuata, in cui si richiedono doti di controllo della tecnica, della continuità, un'attenzione e concentrazione costante - con una componente anche di lavoro muscolare - e la resistenza specifica.

...da dove ?

5. Con attacco da terra, di facile controllo (poche interruzioni) anche se la risposta angolare non è molto realistica.

6. Con attacco da oltre la rete dal tavolo, con il vantaggio di realizzare un lavoro tecnico facilmente controllabile, con poche pause e in condizioni che riproducono la distanza e l'altezza di provenienza dell'attacco, in modo rispondente al gioco.

7. Su autoalzata dell'attaccante stesso in situazione più vicina alle condizioni di dinamicità e ritmo dell'azione difensiva. L'azione di lancio/attacco è per lo schiacciatore stesso, più impegnativa a livello coordinativo, tecnico e fisico.

8. Su alzata e attacco, in situazione più reale anche se più difficile a livello esecutivo (maggior numero di errori e interruzioni).

9. In modo misto, con azioni sia dal tavolo che da terra, o da terra e poi su alzata, ecc..

...la velocità della palla ?

10. con attacchi lenti per l'acquisizione della tecnica oppure quando la distanza della palla è maggiore. 11. Con attacchi medi e veloci: dal posto o leggermente spostati. 12. Con attacchi forti, quando si ha buona capacità di gestire la tecnica e nei casi di difesa della palla

addosso.

...con che organizzazione numerica ?

13. A coppie. Questa è la soluzione didatticamente più semplice all'inizio ed è vantaggiosa perché si realizza la quantità, cioè un alto numero di colpi, anche se si deve possedere un buon controllo del braccio. La continuità del lavoro di difesa a coppie, nelle categorie giovanili, è un presupposto irrinunciabile per passare alle esercitazioni più complesse.

14. A terzetti, in cui diminuisce il rapporto numerico dei colpi, ma s'inseriscono concetti d'assistenza e spostamenti.

15. A gruppi di cinque-sei giocatori, se si difende in situazione di gioco o di campo.

Le gambe, nel bagher laterale, giocano un ruolo importante sul bilanciamento e sulla distribuzione equilibrata del peso. Le braccia vanno portate come per eseguire un bagher frontale, con abbassamento della spalla interna. Sulla palla alta si può arretrare leggermente col piede esterno perché aiuta l'innalzamento delle spalle, se la palla non viaggia fortissima, e in caso si debba realizzare uno spostamento di uscita a destra o a sinistra.

Esercizio 1 Il giocatore a rete attacca con una palla piazzata che viene bloccata dal difensore posto a fondo campo (con un'azione simile a quella del portiere di calcio).

Esercizio 2 Il difensore sta seduto o in ginocchio su un tappetino e cerca di impedire che l'attaccante lo colpisca difendendosi dai palloni che gli vengono inviati, concentrandosi sull'azione degli arti superiori. Cambiando l'orientamento del tappeto (es. 2b) si differenzia anche l'azione difensiva.

Es. 2a.

Es. 2b

Esercizio 3 Fermando la palla dopo ogni azione, l'attaccante schiaccia non forte sul difensore che gli rimanda la palla in palleggio e successivamente, dopo attacco più potente, con un rimando di bagher.

Esercizio 4 L'attaccante schiaccia sul difensore che esegue un palleggio o bagher di controllo sopra la testa. Egli restituisce poi la palla all'attaccante in palleggio a S, che la ferma per poi iniziare una nuova azione.

Esercizio 5 Come nell'esercizio precedente, il difensore tiene la palla alta, spostando leggermente la direzione della sua difesa in avanti, indietro o lateralmente. In questo modo sarà obbligato ad adeguare la sua posizione per poter realizzare un passaggio preciso.

Esercizio 6 Sempre a coppie, si difendono palloni in arrivo leggermente a destra o a sinistra del corpo, oppure leggermente corti o alti, con una corretta azione delle spalle e bilanciamento sulle gambe.

Esercizio 7 L'azione difensiva può essere preceduta da uno spostamento avanti o indietro, con l'esigenza di colpire la palla in posizione stabile e da fermi. D si sposta in D1 difendendo l'attacco dopo uno spostamento indietro.

Esercizio 8 Allo stesso modo, utilizzando i movimenti a destra e sinistra, il difensore si sposta anticipatamente e riceve l'attacco del compagno.

Esercizio 9 Il difensore segue la "frontalità" dell'attaccante che si alza la palla e poi orienta il corpo nella direzione del colpo che intende eseguire. Il difensore cerca di "leggere" in anticipo se questi indirizzerà la palla a destra o a sinistra.

Esercizio 10 Una successione d'interventi non ripetitivi si verifica difendendo due o più palloni consecutivamente. S, con due palloni già pronti in mano, attacca e subito dopo lancia un pallone spostato al difensore che dovrà far pervenire entrambi i palloni al compagno che ha attaccato, per iniziare un'altra serie di due difese.

Variante Fermare la palla dopo ogni attacco è una soluzione facilitante. In questo modo si rende sicuramente più efficace la proposta tecnica. Un'azione consecutiva va ricercata quando possibile. La continuità dell'esercizio dà la misura della gestione tecnica in condizioni semplici, presupposto irrinunciabile per il passaggio a situazioni più complesse. Per ottenere un lavoro meno frammentato, è importante che vi sia un buon controllo nell'azione d'attacco e di difesa. Di conseguenza, tutti gli esercizi riportati fino ad ora possono essere eseguiti (inserendo in qualche caso anche la possibilità di usare il palleggio di controllo) in forma continuata.

Esercizio 11 Se i gruppi di lavoro sono formati da tre giocatori, il rapporto numerico dei colpi diminuisce, ma s'inseriscono i concetti d'assistenza e collaborazione. A gruppi di tre, due difensori stanno a fondo campo e un attaccante a rete. S attacca e chi dei due difensori non intercetta la palla avrà il compito di passarla allo schiacciatore posto a rete.

Esercizio 12 L'assistenza difensiva ai compagni trova applicazione in esercizi in cui la volontà e la tecnica si fondono, nel tentativo di rendere gli interventi efficaci e positivi. 2 giocatori difendono a tutto campo. Chi non difende passa la palla in posto 2 (sempre in diagonale) a C e C1.

Esercizio 13 Con l'attacco eseguito da terra, si realizzano poche interruzioni nel lavoro. In tali condizioni però, la risposta angolare è poco realistica. Con l'uso di un tavolo ad esempio, si ha il vantaggio di offrire delle proposte più vicine alle condizioni di gioco. S attacca dal tavolo in diagonale e in parallela sui difensori posti in zona 1 e 5.

Esercizio 14 Allenandosi nelle situazioni di campo, si propongono per i diversi ruoli le attribuzioni specifiche relative a ciascuna zona. Nell'es. A viene allenata la difesa della diagonale stretta in zona 4 mentre nell'es. B è la zona 2 ad essere interessata. Nell'es. C e D la diagonale del posto 5 e 1 viene difesa a turno dai giocatori che si alternano.

A

B

C

D

Esercizio 15 Partendo da una posizione di difesa in un primo tempo, con un leggero arretramento si difende la diagonale. Il pallone viene inviato verso la zona 3 a C.

Esercizio 16 La diagonale ora è presidiata da due giocatori. Difendendo, con un compagno vicino, si stabiliscono specifiche aree d'azione, secondo linee di responsabilità tali da evitare conflitti di competenza.

Esercizio 17 Allo stesso modo possono essere allenate le situazioni di difesa della parallela con attacco dal posto 4 o 2. Il giocatore che difende in 6 si sposta verso la linea laterale o rinforza la diagonale a seconda dei compiti tattici che gli sono affidati.

Esercizio 18 2 giocatori difendono la diagonale. Chi dei due non difende alza a S. Immediatamente dopo, entrambi escono e si portano dietro alla coppia che li segue e che ripeterà la medesima azione difensiva.

Esercizio 19 L'attacco, portato su alzata, contribuisce a migliorare il ritmo e il movimento di piazzamento con il compagno.

La difesa della parallela (campo A) o della diagonale (campo B) prevede un lavoro consecutivo inviando sempre la palla difesa verso l'alzatore.

Campo B Campo A

Esercizio 20 S attacca rapidamente i tre giocatori di difesa impegnandoli a turno con interventi sempre diversi, alternando palle forti dirette al corpo ed altre esterne. L'attacco può provenire dalla zona centrale (A) o esterna (B, C). Chi non difende rifornisce o recupera i palloni per S.

A

B

C

Esercizio 21 Negli esercizi a tre, i difensori devono maggiormente interagire con i compagni di difesa, nei rispettivi compiti e zone di competenza. Le proposte, eseguite in forma consecutiva, richiedono attenzione e concentrazione costanti, oltre ad un impegno fisico accentuato. L'esercizio prevede due passaggi: il giocatore che riceve la palla la invia ad uno dei due compagni che la alzerà a S per l'attacco successivo in forma continuata. Come nell'es. 20, l'attacco può provenire dalle tre zone di attacco.

A

B

C

Esercizio 22 Con l'aggiunta dell'alzata, le situazioni possono completarsi coinvolgendo gli atleti impegnati nell'azione d'attacco anche nella difesa della diagonale stretta. L'esecuzione di un attacco, che riproduce un primo tempo all'inizio d'ogni azione, rende gli adeguamenti difensivi più simili a quelli di gioco.

Esercizio 23 Gli attacchi possono provenire alternati da terra e da oltre la rete. S esegue alcuni attacchi consecutivi e poi passa a S1 piazzato oltre la rete, da cui attacca saltando.

A

B

C

Esercizio 24 Nel gioco tre contro tre, attaccando da dietro la linea dei tre metri, si migliora il controllo dell'arto colpitore e si difendono palloni, staccati da rete, in forma continuata. Il gioco può essere eseguito con diverse opzioni:

con o senza il servizio

ruotando dopo ogni colpo d'attacco (il palleggiatore prende il posto dell'attaccante e viceversa)

con o senza muro

ecc.

Esercizio 25 L'inserimento del muro rappresenta un elemento di valutazione fondamentale per la difesa. E' un segnale importante per la scelta del piazzamento a copertura delle zone del campo. Frammentando le situazioni di gioco e riproducendole in forma ripetuta, ci si avvicina alle condizioni reali della partita. In quest'esercizio si allena la difesa della diagonale con muro a uno, ruotando o con posizioni fisse, sempre giocando in modo continuato.

Esercizio 26 Il quattro contro quattro, giocato dalla seconda linea con le possibili variazioni (con o senza muro, ruotando dopo l'attacco o a posizioni fisse), rappresenta un'altra possibilità di esercitare la difesa in forma competitiva.

Esercizio 27 Il gioco quattro contro quattro, con due giocatori in prima linea e due in seconda, prevede il muro a uno e la difesa della diagonale, con due giocatori, e della parallela, con un solo difensore. L'allenatore mette in gioco un nuovo pallone ad ogni interruzione dell'azione.

Esercizio 28 Il gioco cinque contro cinque rappresenta un'ulteriore possibilità di giocare focalizzando l'attenzione principalmente sugli interventi difensivi. La presenza di un solo giocatore di muro enfatizza l'importanza della difesa. Il posto sei seguirà le indicazioni tattiche di rinforzare la parallela o la diagonale. La componente competitiva di questi giochi è una grande occasione per finalizzare il lavoro tecnico-tattico in situazione agonistica di partita. Variazioni:

gli atleti di posto uno e due, quattro e cinque si scambiano al volo di posto dopo l'attacco del compagno

dopo l'attacco tutti si ruota di un posto

Esercizio 29 Il gioco sei contro sei, in forma continuata a rotazioni bloccate, rappresenta un modo per affrontare le variabili che si presentano durante il gioco, puntualizzando l'attenzione solo sugli obiettivi considerati prioritari e principali. Si potrà pertanto giocare con il solo muro a uno o muro a due, impegnato a proteggere maggiormente la parallela o la diagonale, con tutta una serie di vincoli mirati relativi alle esigenze tecnico-tattiche della squadra. È importante che le scelte didattiche siano originate dal gioco e ad esso s'ispirino, riproducendone ritmo e situazioni

TECNICA E TATTICA >> L’ATTACCO

L'attacco rappresenta la sintesi dei processi valutativi, motori e coordinativi più complessi della pallavolo. La schiacciata è un'azione spettacolare che identifica nella sua forma più caratteristica il concetto di fondamentale offensivo.

Tecnicamente la schiacciata inizia con una fase di preparazione ed un'analisi della traiettoria dell'alzata nelle sue componenti: lunghezza, altezza, distanza da rete. Segue una rincorsa che rappresenta un ininterrotto movimento dinamico d'accelerazione verso la palla. Lo stacco avviene in rapida successione con un contatto a terra quasi contemporaneo del piede destro e sinistro. Dopo il salto le braccia sono elevate e il colpo sulla palla avviene in alto con la spalla iperestesa.

La tecnica

Analizziamo cronologicamente la sequenza in successione delle diverse fasi dell'azione di attacco

La preparazione avviene ponendosi leggermente fuori e dietro la linea dei 3m, col piede sinistro avanti ed orientati verso il proprio campo.

L'analisi della traiettoria si realizza valutando l'alzata nelle sue tre componenti: lunghezza, altezza, distanza da rete.

La rincorsa è costituita tecnicamente da tre passi di cui il primo è di approccio, il secondo più lungo e più veloce, il terzo molto lungo e rapido. La rincorsa non va mai interrotta o iniziata troppo presto per non perdere tutta l'azione dinamica di accelerazione. Un colpo per essere efficace deve essere potente, quindi, eseguito il più velocemente possibile.

Lo stacco avviene con una rapida successione a terra quasi contemporanea del piede destro e del sinistro che è leggermente avanzato ma non troppo ruotato all'interno. Dopo il salto entrambe le braccia sono portate in alto.

Il colpo si realizza a mano non troppo aperta (per non avere "dispersione" della forze che agiscono sulla palla) e con le dita naturalmente staccate e rilassate. L'impatto avviene con la spalla iperestesa al massimo della propria elevazione, in modo che l'apice della mano colpitrice sia il più possibile lontana dal piede opposto. Il pallone è leggermente davanti alla fronte, al centro del corpo, in un punto ideale dove utilizzare al meglio la forza, la visione periferica ed il controllo del gesto tecnico. Il movimento può essere semplicemente costituito dal solo innalzamento e arretramento del braccio, oppure strutturato in modo più complesso, con il giro di gomito che risulta maggiormente redditizio ma anche più difficile da gestire a livello coordinativo, richiedendo abilità e componenti fisiche più sviluppate. Dopo il colpo il braccio scende naturalmente nella direzione del colpo stesso, evitando soprattutto le extrarotazioni e abduzioni per preservare la spalla dai traumi, cercando di orientare sempre il corpo verso la diagonale nella fase di salto e poi da questa posizione correggere di braccio e spalla.

La ricaduta dovrebbe avvenire su entrambi i piedi e in situazione il più possibile di equilibrio.

Didattica

L'attacco è costituito da una componente tecnica (il braccio) e da un'atletica (le gambe). Per i giovani il gesto della schiacciata eseguito, nella sua totalità, è molto complesso e quindi va scomposto e deve essere data priorità al lavoro del braccio e alla manualità sul pallone.E' bene insistere in questa direzione fin tanto che i ragazzi non avranno maturato delle buone capacità di salto a livello muscolare. L'attacco è motivante, gratificante e pertanto va inserito fin dall'inizio, ovviamente con proposte tecniche adeguate al livello degli atleti.

Tecnica del braccio

Esercizio 1

Alla parete è lanciata:

una pallina da tennis, oppure una palla con 1 o 2 mani.

con lanci diretti o schiacciati a terra.

da in ginocchio o da in piedi.

Esercizio 2

Gli stessi lanci dell'esercizio 1 sono eseguiti senza salto oltre la rete abbassata (a) oppure da sopra un tavolo (b).

Esercizio 3

a. Alla parete si attacca la palla tenuta alta con la mano opposta a quella che colpisce; la palla è lanciata, per poi essere colpita, a una mano o con due mani. Gli attacchi non sono consecutivi e in questa fase il pallone è fermato dopo ogni attacco.

b. L'attacco è eseguito senza chiudere il colpo ma cercando la profondità, con il pallone che rimbalza vicino all'angolo tra pavimento e parete.

Esercizio 4

S e S1 a coppie si alternano nell'azione di attacco dando più o meno profondità al proprio colpo.

Esercizio 5

Il lavoro consecutivo alla parete consente di dare continuità e numero di ripetizioni con la palla colpita sempre alta e mai sotto la testa.

Esercizio 6

S e S1 schiacciano con i piedi per terra oltre la rete posizionandosi circa a metà campo. Il colpo dovrà avere molta rotazione per migliorare la sensibilità della mano sulla palla e il corretto utilizzo del polso.

Esercizio 7

S e S1 schiacciano a turno sul tappeto posto a centrocampo sotto la rete.

Esercizio 8

Senza saltare, gli S schiacciano nelle diverse zone del campo oltre la rete abbassata dove i compagni recuperano i palloni da rifornire agli attaccanti.

Esercizio 9

T lancia il pallone per gli attaccanti che disposti in fila, schiacciano a turno senza saltare indirizzando il

colpo in diverse zone del campo.

La rincorsa

Esercizio 10 (piede destro rosso, piede blu sinistro)

a. si sensibilizza la posizione di arrivo oscillando le braccia e da questa posizione e salta da fermi. b. si salta dopo un passo avanti di sinistro partendo col destro davanti; poi a ritroso col sinistro avanti e infine con l'ultimo passo.

Esercizio 11

Per allungare l'ultimo passo della rincorsa è posizionato un tappetino che deve essere oltrepassato dal piede destro, partendo col piede sinistro avanti.

Esercizio 12

Sempre per automatizzare l'azione dinamica dell'ultimo passo, da fondo campo, si parte e si esegue lo stacco destro/sinistro per tutta la lunghezza della palestra.

Esercizio 13

a. S parte col piede sinistro avanti, sale su una panchetta in rapida successione con lo stacco destro-sinistro e salta in alto ricadendo sopra un tappeto posto vicino alla rete per ammortizzare la caduta. La stessa esercitazione può essere eseguita partendo con un pallone in mano da lanciare verso il terreno oltre la rete, durante la fase aerea.

b. Da sopra 2 tappetini sovrapposti o una panca molto bassa, S si lascia cadere con la successione destro-sinistro per sensibilizzare il lavoro degli arti inferiori nello stacco.

Esercizio 14

Con la rincorsa, S lancia una pallina da tennis oppure una palla (con 2 mani) oppure un pallone medicinale.

Nel proporre esercitazioni di attacco, la rete bassa o alta ha finalità diverse e interessanti. La rete alta obbliga a "lavorare" col braccio e col polso mentre se è bassa non ci si preoccupa della traiettoria della palla ma solo dell'impatto.

Esercizio 15

Una fila di attaccanti si dispone nella zona esterna del campo mentre l'allenatore T tiene la palla ferma sopra la rete: Gli attaccanti eseguono la rincorsa e schiacciano.

Esercizio 16

Gli schiacciatori posti nelle zone 4,3,2 eseguono un'autoalzata e attaccano con rincorsa e salto oltre la rete dove i compagni recuperano i palloni.

Esercizio 17

I giocatori A, B, C alzano il pallone con un palleggio o con un lancio a due mani dal basso per gli attaccanti posti oltre la rete che schiacciano alternandosi. In questa situazione si può gestire la palla avanti al corpo in situazione facilitata.

Esercizio 18

T lancia la palla per l'attacco di S, R rifornisce i palloni a T dal cesto. In questo caso l'alzata è verticale e veloce per togliere il problema di valutare la lunghezza e l'altezza della traiettoria dell'alzata e il punto dove effettuare il salto. La precisione dell'alzata è un elemento discriminante nella riuscita dell'attacco ed è per questo che alcuni esercizi inizialmente possono essere gestiti dall'allenatore.

Esercizio 19

T e T1 lanciano il pallone per attacchi dalla zona 4 e 2 con palla progressivamente più alta che proviene da più lontano rispetto all'attaccante per aumentare l'altezza e la lunghezza dell'alzata e la sua distanza.

Esercizio 20

a. T lancia il pallone e gli schiacciatori disposti per due file attaccano con rincorsa a "entrare" dentro il campo.

b. T lancia il pallone davanti e dietro di sé e gli attaccanti schiacciano con rincorsa ad "uscire".

L'attacco combinato con l'alzata, la difesa e i muro

Esercizio 21

T passa il pallone al palleggiatore piazzato in zona 3 che alza in zona 4 e zona 2 dove gli schiacciatori in rapida successione attaccano indirizzando il colpo in parallela.

Esercizio 22

T batte un pallone verso R che passa a P che alza in zona 4 e 2 dove gli attaccanti schiacciano in diagonale sui difensori (D).

Esercizio 23

T lancia un pallone verso R che passa all'alzatore (P) che palleggia un primo tempo al centro che è indirizzato in serie consecutive verso la zona 5 o 1.

Esercizio 24

Gli attaccanti disposti su 3 file, eseguono un'autoalzata e schiacciano cercando di evitare l'azione del muro che salta dritto e funge da riferimento, non da opposizione, alla direzione del colpo di attacco.

Esercizio 25

M mura dritto e S attacca alla destra o sinistra del muro dove preventivamente si è spostato D a difendere. M scende da muro e recupera la difesa di D

Esercizio 26

T passa a P che alza in 4 o 2. L'attaccante indirizza l'attacco nella zona in cui si è spostato il difensore.

Esercizio 27

2 giocatori a muro fronteggiano l'attaccante. T a fondo campo segnala ai giocatori di muro quale dei 2 deve saltare. L'attaccante schiaccerà nella zona del muratore che non salta. Se entrambi i giocatori di muro saltano l'attaccante fa pallonetto mentre se un muratore non salta, lo schiacciatore farà passare il pallone nella sua zona come nell'esercizio precedente.

Esercizio 28

In questo caso T segnala al muro se eseguire un muro a due chiuso oppure aperto, lasciando lo spazio dove l'attaccante dovrà far passare l'attacco.

Esercizio 29

Autoalzata dalla zona 4 e dalla 2 con attacco indirizzato sulle mani del muro per fari il "mani e fuori".

Esercizio 30

Il "mani e fuori" è eseguito su alzata del palleggiatore. Invece di cercare la deviazione laterale, l'attaccante cerca di tirare alto sulle dita per la deviazione lunga del muro.

Esercizio 31

In forma di gara a punti, T butta un pallone per parte che è attaccato dagli schiacciatori di posto 4.

TECNICA E TATTICA >> ALLENARE LA FORZA

Del Prof. Marcello Rocca

L'obiettivo è lo sviluppo della forza nelle tre direzioni;

FORZA GENERALE DI BASE FORZA ESPLOSIVA

MANTENIMENTO

E' importante conoscere le principali qualità di ogni singolo giocatore al fine di pianificare una tabella di allenamento per la forza "individuale", per correggere la muscolatura più debole e migliorare le parti più forti. I muscoli maggiormente sollecitati sono:

PARTE SUPERIORE: trapezio, deltoide, tricipite, estensori dita.

1. TRAPEZIO - avvicina la scapola alla colonna vertebrale, inclina lateralmente il capo

facendolo anche ruotare, solleva il tronco (arrampicata). 2. DELTOIDE - eleva il braccio sul piano frontale fino all'orizzonte. 3. TRICIPITE - estende 1'avambraccio sul braccio, adduce 1'arto. 4. ESTENSORI DITA - estensore breve del pollice, estensore comune delle dita, estensore proprio del

mignolo.

TRONCO: addominali, pettorali, intercostali, obliqui, dorsali.

ADDOMINALI:

1. retto dell'addome abbassa le costole (espirazione) e flette il tronco sul bacino;

2. traverso dell'addome restringe il torace (espirazione) e comprime i visceri dell'addome.

PETTORALI

1. gran pettorale porta il braccio in avanti, medialmente, lo ruota all'interno, solleva il tronco (arrampicata);

2. piccolo pettorale abbassa la clavicola, solleva le costole (inspirazione).

INTERCOSTALI

1. dentato posteriore e inferiore tira in basso e in fuori le costole, agisce con gli addominali nella respirazione forzata;

2. ileocostale sostiene verticalmente la colonna vertebrale, estende e flette lateralmente il

tronco. La loro azione simultanea iperestende il tronco.

OBLIQUI

1. esterno flette il torace sul bacino. Contraendosi da un solo lato imprime un leggero

movimento rotatorio al torace;

2. interno contraendosi da un solo lato ruota la faccia anteriore del tronco verso il proprio

lato agendo anche da antagonista dell'obliquo esterno.

DORSALE

1. porta il bacino in basso, medialmente e all'indietro.

PARTE INFERIORE: quadricipite femorale, glutei, gemelli, flessori del piede.

QUADRICIPITE FEMORALE

1. retto anteriore; 2. vasto mediale; 3. vasto laterale; 4. vasto intermedio estendono la gamba sulla coscia, flettono la coscia sul bacino.

GLUTEI

1. grande gluteo estende e ruota all'esterno la coscia; 2. medio gluteo abduce e ruota in dentro la coscia; 3. piccolo gluteo abduce e ruota in dentro la coscia.

GEMELLI

1. flettono il piede sulla gamba e la gamba sulla coscia. Se il piede poggia a terra, sollevano il tallone e il corpo.

FLESSORI DEL PIEDE

1. lungo dell'alluce; 2. lungo delle dita.

ESEMPIO DI PIANIFICAZIONE DI ALLENAMENTO PER LA FORZA

MAGGIO - GIUGNO - LUGLIO

3/4 allenamenti settimanali (nel programma di base);

volume di carico da piccolo a pesante;

intensità piccola e media (50/70%).

AGOSTO - SETTEMBRE - OTTOBRE

allenamento specifico;

2 allenamenti settimanali;

volume del carico medio e grande;

intensità alta e media (80/90%).

NOVEMBRE - DICEMBRE

allenamento di mantenimento;

1 allenamento settimanale;

volume piccolo;

intensità media (70/80%).

GENNAIO - FEBBRAIO

allenamento specifico;

2 allenamenti settimanali;

volume medio e grande;

intensità alta e media (80/90%).

MARZO - APRILE

allenamento di mantenimento;

1 allenamento settimanale;

volume piccolo;

intensità alta (80/90%).

Gli esercizi utili per 1'allenamento indirizzato allo sviluppo generale di base sono:

1. piegamenti sulle braccia;

2. sollevamento delle braccia da tese indietro fino alla posizione verticale (da posizione supina); 3. sollevamento sulla punta dei piedi; 4. da supini, apertura delle braccia lateralmente; 5. da posizione eretta, distensione braccia alto e avanti; 6. busto inclinato avanti, trazioni al petto; 7. flessioni della schiena con peso sulle spalle; 8. flesso - estensioni del braccio; 9. saltelli con peso; 10. addominali su panca inclinata.

Per il piano iniziale di base si usano normalmente carichi pari al 40/50% del massimale, con un numero di ripetute non superiori a 12/15. Le serie iniziano con una al primo allenamento, aumentando a 4/5 negli allenamenti successivi. Per gli addominali invece, le ripetute devono superare le 15;1'esercizio di sollevamento sulle punte dei piedi con o senza carico sulle spalle, prevede 20/30 ripetute. Dopo circa 2/3 settimane diventa necessario aumentare il carico o comunque quando le ultime ripetute si eseguono senza sforzo. E' utile quindi riprocedere al calcolo del massimale di ripetute con un carico maggiore.

La seconda fase dell'allenamento procede allo sviluppo della forza dei muscoli che sopportano il lavoro principale dei movimenti peculiari.

Sono sei gli esercizi principali:

1. saltelli con pesi sulle spalle; 2. portata al petto e spinta in alto; 3. piegamenti sulle gambe con peso sulle spalle; 4. da distese, sollevamento braccia tese dietro, avanti e alto; 5. sollevamento sulla punta dei piedi; 6. addominali con sovraccarico.

NOTA

Le metodologie applicate allo sviluppo sono tante; ciascuna di esse presenta caratteristiche positive e negative. Una delle più applicate a livello femminile è quella del calcolo delle ripetute con carico medio basso (o anche alto a secondo dell'esercizio e dell'opportunità di utilizzo di macchinari che limitano i danni correlativi ad ogni utilizzo di sovraccarico). I risultati sono da considerarsi positivi, di negativo esiste il fatto di rimanere un po' sotto a quelli che sono i limiti di ciascun atleta, di positivo c'è che sicuramente si hanno minor possibilità di arrecare danni, di appesantire "brutalmente" e, dato che la pallavolo è sport di velocità, non influire negativamente su questo vettore.

La fase di mantenimento vede la quantità degli esercizi ridursi a 4/5 e gli allenamenti a 1 a settimana:

1. portata al petto a due braccia; 2. esercizi speciali per le gambe; 3. sollevamento da dietro la testa a braccia tese, in alto e avanti; 4. addominali; 5. esercizi per le mani.

Gli esercizi per la FORZA ESPLOSIVA e la RESISTENZA ALLA FORZA E VELOCITA' sono:

1. salto sopra un plinto con sovraccarico;1'altezza del plinto si aumenta gradualmente; 8 ripetizioni x 3 serie;

2. saltelli con uno o due piedi con manubri, braccia tese in basso;15/30 ripetizioni x 3 serie; 3. piegamenti con molleggio e salto con cintura pesante, molleggiare 5/6 volte;10 ripetizioni x 2 serie; 4. flessione, estensione e rotazione del piede al quale è stato legato un peso l5/10 kg.) da sedute ripetere

a stanchezza; 5. lanci pallone medicinale (vari tipi) 15/20 ripetizioni x 3 serie; 6. flesso - estensione del braccio con manubri; 8 ripetizioni x 3 serie; 7. flesso - estensione, rotazione dell'articolazione del polso con manubrio, poggiando il gomito sulle cosce

da sedute; ripetere a stanchezza.

CON BILANCERE

1. salti indietro su uno o due piedi con carico basso 20/30 salti; 2. salti laterali su uno o due piedi con carico basso 20/30 salti;

3. sollevare le punte dei piedi con uno spessore sotto 1'avampiede con tallone a terra e andare in iperestensione sulle punte; carico medio basso 10 ripetizioni x 4/5 serie;

4. steep test carico medio 20/60 secondi 1/3 serie; 5. skip alto con carico medio 20/60 secondi 1/3 serie; 6. salti in lungo con semi piegata, carico basso 10 salti x 2 serie; 7. affondo con carico basso 30/40 passi; 8. salti a piedi alternati in avanti e di lato 20/30 salti.

TECNICA E TATTICA >> ALLENAMENTO CON I PESI

Di Massimiliano Quarti

Lo schema di allenamento proposto mira ad aumentare la potenza dell'atleta per migliorarne il salto verticale. Bisognerà sottoporre l'atleta a tale allenamento tre volte alla settimana nei giorni in cui non deve allenarsi in palestra e lontano dalle competizioni, diciamo a fine stagione, per circa un mese con richiami durante l'anno.

TABELLA DI ALLENAMENTO

Gli esercizi vengono eseguiti in questo ordine: squats leg extensions leg curls leg presses calf raises per ogni esercizio si deve eseguire un piramidale di set che consiste di: warm-up(riscaldamento) di 16 ripetizioni con un peso che consenta un'esecuzione confortevole e precisa 10-12 ripetizioni 7-9 ripetizioni 4-6 ripetizioni warm-down(defaticamento) 10-12 I sets a parte il warm-up devono essere eseguiti con il massimo peso che consente di eseguire l'intero numero delle ripetizioni e nel modo corretto. Ogni set va condotto fino all'esaurimento perciò se siete in grado di effettuare ancora ripetizioni alla fine del set dovrete aumentare il peso. Nel warm-down l'obbiettivo primario è curare la correttezza del movimento. Ci vorrà un adeguato riposo tra una set e l'altro per consentire l'esecuzione del set successivo al massimo delle possibilità. La tecnica d'esecuzione deve essere perfetta. Per gli squats bisogna tenere la schiena dritta (non inarcare mai la schiena) e la testasu in modo da avere lo sguardo orizzontale quindi piegate le ginocchia fino ad avere un angolo tra cosia e terreno approssimativamente di 90°; non piegate le ginocchia oltre questa soglia poichè questo farebbe aumentare le probabilità di infortunio e non giova nemmeno alle vostre presatzioni di slato verticale visto che angolazioni maggiori non vengono mai usate durante il gioco. Il movimento viene concluso dalla risalita alla posizione iniziale. Il movimento deve essere continuo e non dovete blocare le ginocchia nella posizione inferiore ma dovete subito risalire completando il movimento in maniera continua. Non è importante la velocità della discesa ma piuttosto importante è la velocità di salita: dovete risalire il più velocemente possibile per ottenere un movimento esplosivo, ovviamente la velocità deve essere tale da permettervi di eseguire l'esercizio in modo corretto ed in sicurezza. Nella leg extension la flessione non deve essere superiore ai 90° ed è vitale non bloccare il ginocchio nella posizione di massima estensione. Anche nel leg curl non flettere il ginocchio oltre i 90° e non bloccare mai l'articolazione. Nel calf rise fare una piccola pausa prima di scendere. Utilizzate sempre una cintura per la schiena ed una tecnica corretta e non fate mai questo tipo di allenamenti senza aver potenziato preventivamente le vostre gambe con un periodo in palestra che vada dai 6 mesi all'anno. Ricordatevi di riscaldarvi sempre con almeno cinque minuti di attività cardio (corsa,step cyclette) e ricordatevi

sempre di fare stretching dei muscoli coinvolti prima di ogni esercizio.

PREPARAZIONE FISICA

Qui troverai tutto quello che riguarda la preparazione fisica nella Pallavolo e non solo. La sezione si divide in tanti argomenti, ogni argomento ha i suoi relativi articoli.

PREPARAZIONE FISICA: Introduzione - Pliometria - La respirazione - Apparati corpo umano

INFORTUNI: Le calzature - Infortunio alla caviglia - Infortunio al ginocchio

I TEST: Per l'elevazione: Abalakov - Contromovimento - Rincorsa - Da fermo Per la resistenza: Cooper - A stella - Prendi e vai Per la forza: Addominali - Dorsali - Arti superiori - Arti inferiori

ALIMENTAZIONE: Alimentazione

PSICOLOGIA: La qualità per vincere - Il ruolo e la motivazione... - Competere o collaborare?

PREPARAZIONE FISICA >> INTRODUZIONE

La Pallavolo è uno sport di squadra praticato dalle donne almeno tanto quanto lo è dagli uomini. A Differenza di altri sport, in cui per emergere sono richieste doti di particolare prestanza fisica, nella pallavolo, che è uno sport di squadra ma non di contatto, sono fondamentali l'agilità, la destrezza e la prontezza di riflessi. Questo non significa che sia meno duro o faticoso degli altri, perché la durata di un incontro non è mai prefissata, ma dipende dall'equilibrio delle formazioni in campo. La pallavolo è quindi uno sport in cui, per emergere, bisogna possedere anche notevoli Capacità atletiche di resistenza, non solo fisica, ma anche nervosa. Atleti longilinei e di statura elevata sono ovviamente avvantaggiati in questo sport, in cui è importante non solo raggiungere una notevole elevazione sotto rete, ma anche "coprire" in tuffo la maggior area possibile in fase di difesa. Per quanto riguarda la preparazione atletica, il pallavolista deve qundi cercare di essere un atleta "completo", ossia non solo dotato di agilità e destrezza, ma anche di capacità aerobiche ed anaerobiche, prorpio perché, anche se gli scambi sono veloci ed inframmezzati di pause più o meno brevi (un pò come nel tennis), la gara può comunque durare a lungo e allora le doti di fondo consentono di arrivare alle fasi finali senza "appannamenti" legati all'esaurimento delle proprie energie. L'allenamento qundi, oltre agli esercizi di tecnica specifica e di tattica (gioco di squadra), deve sempre tener conto di un programma costante di esercizi di stretching e di lavoro aerobico. La recente novità del regolamento, hanno comportato, in particolare, accanto ad un aumento della spettacolarità, anche un maggior impegno "fisico" da parte del pallavolista, anche se ha ridotto notevolmente la durata di una partita.

Doti atletiche costituzionali importanti nella pallavolo

Prontezza di riflessi

Destrezza e agilità

Rapidità ed elevazione (potenza muscolare)

Caratteristiche fisiche da sviluppare con l'allenamento

Capacità aerobiche (resistenza, fondo) per incontri di lunga durata

Capacità di concentrazione

Capacità anaerobiche per fasi protratte di scambio

PREPARAZIONE FISICA >> PLIOMETRIA

tratto da: "Allenamento e prestazione sportiva" di Edo Patregnani - Edizioni Edi Ermes 1990 L’energia destinata al gesto atletico (come spiegato nella sezione fitness) viene prodotta mediante la contrazione dei muscoli. Contrazione che – schematicamente può essere catalogata in tre grandi categorie:

isotonica (contrazione che provoca movimento dell’arto interessato);

isometrica (che non provoca movimento);

pliometrica, ovvero una contrazione isotonica preceduta dallo stiramento del muscolo. Questo tipo di contrazione rappresenta la forma più comune di attività muscolare riscontrabile nella corsa, nei salti e in numerose altre esercitazioni sportive.

Nei lanci in atletica, i gruppi muscolari che partecipano al movimento subiscono un allungamento prima dell'azione finale del lancio stesso, allungamento provocato sia dalla forza d'inerzia di alcune parti del corpo sia da quella dei vari attrezzi usati (peso, disco, giavellotto o martello). Nei salti in genere un arto inferiore o entrambi vengono "stirati" dall'azione combinata dalla massa dell'atleta e dalla sua velocità (energia cinetica) prima di contrarsi nuovamente. Nella corsa, quando il piede urta, il suolo i muscoli contratti della gamba e della coscia vengono forzatamente stirati prima della successiva spinta in avanti-alto. Le esercitazioni in cui la contrazione concentrica del muscolo viene preceduta da un accentuato stiramento dello stesso muscolo contratto, rientrano sotto il nome di pliometria. Le esercitazioni pliometriche si basano sui seguenti principi :

Lavoro positivo - quando il muscolo si contrae per produrre energia cinetica (accelerazione del corpo o di un attrezzo), compie un lavoro positivo;

Lavoro negativo - quando il muscolo in stato di tensione anziché accorciarsi viene stirato da una massa che si sposta e la forza impiegata agisce in direzione opposta allo spostamento di tale massa (per esempio avviene scendendo le scale), si compie un lavoro negativo.

Abbiamo già visto che nel lavoro positivo l'energia prodotta dalla contrazione si trasforma in lavoro meccanico e in calore. Nel lavoro negativo, invece, l'energia che si produce si trasforma parte in calore e parte in energia elastica, che può essere immediatamente utilizzata per compiere un successivo lavoro positivo. Analogamente a una palla che rimbalza , in cui lo spostamento in avanti-alto della stessa è dovuta all'energia elastica accumulata in seguito alla sua deformazione nell'attimo in cui urta contro il suolo, l'energia immagazzinata nella componente elastica (muscoli) e negli elementi elastici in serie (tendini) viene restituita durante la successiva spinta in avanti o in alto. Durante la fase in cui il muscolo compie un lavoro negativo avviene un accumulo di energia potenziale di deformazione elastica, la quale dopo il passaggio dal regime di cedimento a quello di superamento può trasformarsi in energia cinetica. In fisiologia la distinzione tra lavoro positivo e lavoro negativo è molto importante, dato che la forza che un muscolo può sviluppare è molto differente se lo stesso viene accorciato dalla contrazione o viene preventivamente stirato da un lavoro negativo. Riportiamo brevemente le caratteristiche fondamentali del lavoro negativo:

se la velocità della distensione muscolare risulta relativamente bassa si ha produzione di energia termica (calore);

se la velocità di distensione è relativamente elevata si ottiene un accumulo di energia elastica che potrà essere restituita quando il muscolo, dopo essere stato stirato, si accorcia nella successiva contrazione;

la tensione del muscolo cresce in proporzione alla velocità con la quale viene stirato.

Torniamo a riproporre, ora, l'analogia tra una sfera elastica e l'azione muscolare. Se una palla è lasciata cadere sul terreno l'altezza del rimbalzo dipenderà sia dall'elasticità della sfera, cioè dalla resistenza che oppone la sua superficie alla deformazione nell'urto, sia dalla velocità con cui la sfera colpisce il terreno, cioè dalla sua energia cinetica . Da tutto ciò risulta che per ottenere un'altezza di rimbalzo ottimale abbiamo bisogno sia di una forte

energia cinetica sia di un corpo elastico ideale. L'energia cinetica dipende dall'altezza di caduta (cioè dalla velocità verticale od orizzontale). L'elasticità, dipende dalle proprietà della muscolatura (ponti actomiosinici). Ci si pone ora il problema di come mantenere il giusto rapporto tra la necessità d'incremento della forza e il miglioramento delle capacità elastiche del muscolo, dal momento che è accertato che una ripetizione sistematica di esercitazioni con carichi massimi (soprattutto isometrici) riducono le possibilità elastiche del muscolo stesso. La risposta non può che venire dallo studio delle caratteristiche della specialità sportiva oggetto dell'allenamento. Nei lanciatori in atletica leggera, per esempio, nei quali l'aumento della massa in rapporto all'incremento della forza (forza assoluta quindi) è una condizione inderogabile per il raggiungimento di elevati risultati, si opererà prevalentemente per settori e in tempi diversi: si aumenterà prima la forza assoluta e in un secondo tempo l'elasticità dei gruppi muscolari che dovranno dare il carattere esplosivo al gesto tecnico. Per i saltatori, invece, come per molte altre discipline sportive, in cui il carattere elastico dei gruppi muscolari interessati al gesto (arti inferiori) gioca un ruolo tanto determinante quanto l'incremento della forza relativa, si giustifica una metodica di allenamento che prevede il miglioramento delle caratteristiche muscolari citate (forza ed elasticità) in maniera sincrona. Si rende, inoltre, opportuno operare attraverso esercitazioni a carattere specifico: l'angolo dell'articolazione, l'arto di spinta, l'entità e il tempo del caricamento (lavoro negativo) e della fase di restituzione elastica (lavoro posi- tivo) dovranno essere il più possibile simili a quanto si verifica nell'azione specifica di gara. Inoltre, parallelamente alle esercitazioni pliometriche tipo, se ne effettueranno altre con caratteristiche meccaniche simili all'azione tecnica di gara. Ma come deve essere un corretto allenamento pliometrico? Abbiamo visto che il lavoro pliometrico deve estrinsecarsi in esercitazioni che tendano a un ottimale e contemporaneo incremento delle capacità di forza e di elasticità. A tale scopo è necessario:

effettuare esercitazioni specifiche che imitino la parte fondamentale dell'azione che si vuole migliorare;

ricercare subito dopo le esercitazioni un rilassamento della muscolatura impegnata, evitando di sottoporla a condizioni di gravità (per gli arti inferiori, per esempio, è opportuno sdraiarsi oppure sedersi con gli arti rilassati e appoggiati in alto);

eseguire 5-7 ripetizioni successive con un recupero di 10-15 minuti tra le serie, con azioni tendenti a eliminare qualsiasi residuo di tensione della muscolatura; il numero delle serie sarà determinato dalle possibilità dell'atleta di mantenere elevate capacità di risposta (quindi capacità di lavoro positivo) nella fase di restituzione della forza elastica precedentemente immagazzinata nel lavoro negativo;

mantenere la muscolatura decontratta prima dell'esecuzione con il particolare accorgimento di contrarla al massimo nell'attimo prima dell'urto (reattività) per l'efficace assorbimento dell'energia cinetica. Le esercitazioni tipo per gli arti inferiori sono costituite dai salti in basso da un'altezza ottimale e rimbalzo in elevazione verticale.

La condizione per una azione elastica dell'esercizio è data da:

caduta, a muscolatura rilassata, sugli avampiedi;

fissazione delle articolazioni della caviglia, del ginocchio e delle anche nella parte culminante della fase dell'urto elastico sul terreno;

rimbalzo immediato e ricerca della massima altezza di salto. Per altezza ottimale di caduta si intende l'altezza dalla quale viene raggiunto il salto successivo più elevato. Tale altezza si determina per tentativi, aumentandola di 10 cm alla volta fino a raggiungere quella che determinerà il successivo maggior balzo verticale. Ovviamente, più l'atleta sarà forte più necessiterà di altezze ottimali di caduta elevate, in quanto indici di forza elevati richiedono maggiore energia per distendere le masse muscolari impegnate; saltatori in alto di ottima qualificazione cadono da 80-100 cm con un successivo rimbalzo verticale di altrettanti centimetri.

Questo esercizio può essere anche effettuato con l'impiego di un solo arto; anzi è questa una metodica che viene inserita, normalmente, nel piano di allenamento per lo sviluppo della forza esplosiva (dell'arto di stacco) del saltatore in alto. Le condizioni per la creazione di un'azione elastica sono le stesse degli esercizi precedenti, così come è identica la ricerca dell'altezza ottimale di caduta. L'appoggio elastico dell'arto di stacco deve avvenire a 2,10-2,50 m dal punto di partenza, cioè dall'ultimo appoggio nella zona sopraelevata. I balzi sui gradini in discesa schematizzano chiaramente l'analogia tra una palla che rimbalza e una esercitazione pliometrica. Questi esercizi e, per analogia, quelli rappresentati dai balzi sugli ostacoli a piedi pari uniti, con passo e stacco, successivi e alternati su un arto, vengono spesso usati dai saltatori in atletica leggera e da atleti di discipline sportive di squadra, per esempio la pallavolo, che necessitano, almeno in parte, di un lavoro analogo. Gli errori più comuni nell’allenamento pliometrico In qualsiasi esercitazione pliometrica se l'altezza (o lunghezza) raggiunta non sarà massima, o comunque crescente, ciò sarà dovuto principalmente:

a una scarsa coordinazione esecutiva;

a insufficiente stiramento delle potenzialità elastiche causato da un'altezza di caduta non elevata;

a un eccessivo stiramento dovuto a un'altezza di caduta troppo elevata (quindi non rapportata alle capacità di forza del soggetto), in tal caso la tensione diminuisce, probabilmente per la parziale

influenza inibitrice dei corpuscoli tendinei del Golgi che proteggono il muscolo da eccessivi carichi di stiramento.

Nelle esercitazioni pliometriche l'attivazione del S.N.C. è elevatissima. Tale sistema interviene progressivamente a inibire le capacità di risposta elastica del muscolo quando l'esercitazione prevede un impegno non proporzionale alle effettive potenzialità di risposta. Nel ciclo annuale di allenamento le esercitazioni pliometriche vanno inserite nella seconda metà del periodo di preparazione. Nel periodo di gara esse servono al mantenimento della condizione di allenamento speciale: in questo periodo devono essere effettuate, di regola, una volta ogni 10-15 giorni. Osservando comunque delle precauzioni esecutive:

la ricerca dell'altezza ottimale di caduta deve avere uno sviluppo graduale e deve iniziare da una altezza minima;

inizialmente si dovrebbero effettuare salti in direzione avanti-alto e in seguito, dopo una sufficiente preparazione, quelli in direzione verticale;

l'esercitazione pliometrica deve essere preceduta da un buon riscaldamento, per evitare danni ai muscoli, ai tendini e alle articolazioni;

è opportuno usare la massima prudenza con atleti in fase evolutiva e in genere con tutti coloro che non hanno raggiunto un soddisfacente livello di forza massimale;

con i principianti, che ancora non padroneggiano le esatte caratteristiche tecniche della specialità praticata, le esercitazioni pliometriche specifiche risultano pericolose e controproducenti.

L'efficacia di ogni esercitazione di forza esplosiva dipende prevalentemente dalla capacità di mantenere elevate le possibilità di risposta veloce successiva all'urto elastico (lavoro negativo) e dall'eccitazione ottimale del S.N.C. , dovrà essere pertanto evitata qualsiasi evidente manifestazione di affaticamento, in caso contrario si determinerà inevitabilmente un rallentamento dell'azione esecutiva dell'esercitazione.

PREPARAZIONE FISICA >> LA RESPIRAZIONE

Scritto dal Prof. Mariano Rubiu

Lavorando da anni nel settore fitness, sia come proprietario di palestra che come istruttore mi sono reso conto che l’argomento in questione non sempre è chiaro e comprensibile a tutti. Accade purtroppo che anche agli stessi operatori del settore spesso liquidino il problema con dei "sentito dire" o "si è sempre fatto così", ma di fatto non fornendo, nella maggior parte dei casi, spiegazioni concrete alle loro scelte. Constatare questa situazione mi ha di conseguenza spinto ad approfondire lo studio di questo argomento.

Vorrei tuttavia premettere che questo lavoro non vuole essere esaustivo nè avare carattere assolutistico, ma porsi come spunto dialettico, sperando di stimolare così una maggiore razionalità in un settore che spesso è dominato da luoghi comuni. Tutte le critiche costruttive sono quindi ben accette.

Per la sua stretta correlazione con la circolazione, la respirazione assume notevole importanza durante l’attività fisica. Sappiamo infatti che il ritorno venoso è fortemente influenzato dalle pressioni che si trovano all’interno della cassa toracica. Queste pressioni variano durante lo sforzo e a seconda delle modalità di respirazione che in concomitanza con lo stesso vengono adottate. Si può quindi osservare che se durante lo sforzo si trattiene il fiato, la pressione intratoracica sale in proporzione allo sforzo; fattore questo che impedisce il ritorno venoso.

Altro fatto importante è quello di espirare violentemente alla fine dello sforzo e dopo aver trattenuto l’espirazione forzatamente per tutta la fase concentrica del movimento; infatti in questo caso il sangue dopo essere stato trattenuto viene violentemente risucchiato all’interno del cuore "colpo di ariete", creando nel complesso una irregolarità nella circolazione e dei forti stress per il cuore. (A. Lapierre, LA RIEDUCAZIONE FISICA Vol. 1 Pag. 62).

Alla scelta del tipo di respirazione da adottare durante gli esercizi, dà un particolare contributo anche lo studio meccanico della respirazione effettuato mediante filmati radiografici (vedi metodo Zilgrei Kiropratico) che hanno evidenziato come le curve fisiologiche del rachide aumentino con la inspirazione e diminuiscano con la espirazione; e come il rachide lavori in maniera ottimale ed abbia la sua massima resistenza al carico quando lavora in maniera fisiologica, cioè quando le curve sono il più vicine possibile all’angolazione normale.

I punti di vista scientifici a riguardo sono essenzialmente due: quello anatomico e quello biomeccanico.

PUNTO DI VISTA ANATOMICO

A - Alla fase inspiratoria vengono abbinati i movimenti di estensione della colonna vertebrale, di abduzione degli arti superiori e di distensione degli arti inferiori; infatti durante questa fase si determina un aumento dei volumi della gabbia toracica ed una diminuzione della pressione toracica interna.

I movimenti degli arti superiori si effettuano con lo scopo di ingrandire il volume della gabbia toracica e non per migliorare la respirazione costale perché le coste si sollevano allorquando le braccia restano ferme.

B - Alla fase espiratoria si abbinano i movimenti di flessione della colonna vertebrale, di adduzione delle braccia e di flessione della gambe, perché durante questa fase si verifica una diminuzione del volume della gabbia toracica ed un aumento della pressione intraddominale.

Le braccia mantenute in contrazione statica (es. braccia in fuori, mani alle spalle, ecc...) sono di ostacolo alla espirazione completa perché, mantenendo in tensione i muscoli pettorali e il gran dentato, mantengono le coste sollevate.

PUNTO DI VISTA BIOMECCANICO

A - La fase di inspirazione viene combinata con la fase di riposo muscolare, di recupero.

B - La fase di espirazione viene associata, contrariamente alle considerazioni anatomiche, alla fase del movimento attivo, dello sforzo. Associare la fase espiratoria allo sforzo potrebbe sembrare un non senso fisiologico, però ciò trova valide spiegazioni in quanto:

- Il riflesso pneumomuscolare, eccitando i recettori polmonari deterrnina un incremento funzionale allo stato dei muscoli scheletrici (Donskoj e Zatziorskij).

- Gli esercizi realizzati con un tempo espiratorio forzato determinano una sommazione spazio-temporale massima della muscolatura spinale (Geyer).

- La incrementata pressione addominale interna diminuisce del 30% l’azione del carico (Maigne).

- La maggior parte dei muscoli antigravitari sono inspiratori e sono situati al di sopra della cintura addominale. Per evitare un blocco del diaframma in inspirazione è opportuno effettuare gli esercizi di stiramento (stretching) impedendo il blocco inspiratorio e insistendo al contrario sull’espirazione che si deve eseguire liberamente, senza controllo della bocca o della laringe e deve diventare progressivarnente più ampia (Souchard).

- Lo sviluppo della forza muscolare è strettamente connesso con le fasi della respirazione, e precisamente: l’apnea deterrnina il più alto valore di forza muscolare, l’espirazione uno minore e l’inspirazione il più basso (V. S. Farfel e J.M. Freidberg).

Pertanto il trattenimento del respiro, e la relativa tensione della muscolatura espiratoria che ne deriva, aumenta la forza muscolare mentre la contrazione della muscolatura inspiratoria la diminuisce.

Questi due punti di vista apparentemente discordanti sono in realtà le due facce della stessa medaglia, e cioè sono validi entrambi ma vanno applicati in maniera diversa in base al tipo di esercizio che si compie: in particolare, per gli esercizi senza sovraccarichi è valido quello "anatomico", mentre per quelli con sovraccarichi è migliore quello "biomeccanico".

CONCLUSIONI

Quindi la respirazione durante l’attività fisica con sovraccarichi dovrebbe essere:

a - espirare durante la fase concentrica del movimento;

b - inspirare durante la fase eccentrica del movimento;

c - non trattenere il fiato se non strettamente necessario (lavoro con carichi massimali), e quando lo si trattiene non espirare violentemente alla fine dello sforzo.

Durante l’attività fisica a corpo libero invece:

a - espirare quando si flette la colonna vertebrale, si adducono gli arti superiori e di flettono gli arti inferiori;

b - inspirare quando si estende la colonna vertebrale, si abducono gli arti superiori e si estendono gli arti inferiori.

Interessante al riguardo la lettura di:

- SPORT PER LA SALUTE LA BELLEZZA, editore MEB; D. Raggi; L Cordero pag. 74 e 149.

- LA RIEDUCAZIONE FISICA, editore Sprling & Kupfer; A. Lapierr, Vol 1 pag. 62.

- COMPENDIO DI GINNASTICA CORRETTIVA, editrice SSS; F. Tribastone. ( Pag . 112).

- GUIDA ALLE PROVE DA SFORZO ED ALLA PRESCRIZIONE DELL’ ESERCIZIO FISICO, editrice PICCIN; American College of Sports Medicine. (Pag. 53).

LA GINNASTICA RESPIRATORIA, SSS Roma; E. Ciammaroni, I.S.E.F. Roma

PREPARAZIONE FISICA >> APPARATI CORPO UMANO

In questa pagina vi elencheremo gli apparati del corpo umano. APPARATO MUSCOLARE

Questo apparato è l'unico del corpo in grado di contrarsi, solitamente sotto il controllo di uno stimolo proveniente dal sistema nervoso. E' composto da moltissimi muscoli elencati nella figura seguente. L'unità funzionale del tessuto muscolare e composta dalla miofibrilla, una struttura filiforme di natura proteica. La miofibrilla a sua volta e composta da miofilamenti sottilissimi, composti di actina, e da altri miofilamenti più grossi, composti da miosina. E' ovvio che per far funzionare un muscolo, quindi fallo lavorare, bisogna avere dell'energia, questa viene prodotta dai mitocondri (organulo presente nella cellula, a struttura microscopica altamente differenziata, preposto alle funzioni di respirazione e di produzione di energia) presenti in grande quantità nei muscoli. I muscoli vengono divisi in: striati e lisci I Muscoli striati: sono formati da moltissime fibre allungate, che contengono molti nuclei e sono rivestite guaina membranosa chiamata sarcolemma. Ogni fibra presenta numerose striature trasversali parallele. questi muscoli sono volontari, quindi obbediscono alla nostra volontà cioè al nostro sistema nervoso volontario. L'unica eccezione è il muscolo cardiaco, il cuore, che pur essendo un muscolo striato non è volontario ma involontario. I Muscoli lisci: questi muscoli sono involontari e quindi le loro contrazioni vengono controllate dal sistema nervoso involontario e di conseguenza non seguono la nostra volontà. La muscolatura liscia è formata da fibre affusolate dotate di nucleo centrale. Un ultima cosa, i muscoli si collegano alle ossa grazie ai tendini.

APPARATO SCHELETRICO Lo scheletro e la struttura di sostegno del corpo umano è formato da più di 200 ossa che si legano tra di loro tramite dei legamenti cartilaginei. tra un osso e l'altro ci sono le articolazione che possono essere: mobili, come l'articolazione del polso, semimobili, come l'articolazione del ginocchio o fisse, come le articolazioni del cranio.

SISTEMA NERVOSO

APPARATO CIRCOLATORIO

APPARATO RESPIARATORIO

APPARATO DIGERENTE

APPARATO ESCRETORE

SISTEMA ENDOCRINO

PREPARAZIONE FISICA >> LE CALZATURE

A differenza di altri sport, in cui può risultare importante anche l'attrezzatura per un adeguato rendimento, in questo sport l'unica attenzione che è necessario avere è nella scelta delle scarpe, non tanto per "facilitare" la rapidità di esecuzione dei movimenti, ma più che altro per allontanare il rischio di incappare in distorsioni (slogature) delle caviglie, e proteggere, a volte con l'ausilio di plantari su misura, il tendine d'Achille dai ripetuti colpi che si ricevono in fase di atterraggio durante un match. Morbidezza ed elasticità sono quindi le caratteristiche principali che le calzature per la pallavolo devono avere. Inoltre, pur non essendo uno sport di contatto è comunque uno sport in cui le occasioni di impatto col terreno sono numerose ed aumentano in ragione della durata dell'incontro. Occorre quindi premunirsi anche con opportuni accorgimenti, allo scopo di proteggere le zone a maggior rischio, vale a dire le ginocchia (con apposite ginocchiere elastiche) e le dite delle mani (mediante "taping" ossia bendaggi eseguiti con cerotti appositi). Tutto questo va fatto con lo scopo di diminuire il più possibile le probabilità di infortunio. Nella pallavolo i rischi maggiori sono strettamente dipendenti dai gesti atletici tipici di questo sport: distorsioni e contusioni alle caviglie o alle ginocchia in seguito ai balzi e ai tuffi, traumi alle articolazioni delle mani e dei gomiti, lesioni muscolari acute, a carico non solo degli arti inferiori ma anche della muscolatura del dorso o delle spalle. A questo si possono ovviamente aggiungere anche i fenomeni da sovraccarico funzionale che interessano a volte gli arti superiori: infiammazioni a carico delle inserzioni dei muscoli a livello della spalla o del gomito.

Cosa fare in caso di infortunio

Subito occorre fare poco ma farlo bene:

riposo, limitando il più possibile i movimenti

applicazione di ghiaccio

leggere elevazione dell'arto

bendaggio, per limitare la comparsa di tumefazione

Nelle prime ore che seguono il trauma è necessario limitare le conseguenze dell'infortunio, mediante:

applicazione di ghiaccio o spray refrigerante

elevazione della parte infortunata

protezione e compressione mediante bendaggio

Mentre tuttavia questi ultimi sono per un certo verso "prevedibili" e si manifestano come tipiche lesioni da "usura", non altrettanto prevedibili sono ovviamente gli infortuni di tipo traumatico vero e proprio. Le ginocchiere, ad esempio, attutiscono l'impatto con il terreno, ma non possono certo evitarlo; inoltre, durante un incontro, può accadere che in pochi minuti l'atleta subisca dei "colpi" alla medesima articolazione, e questo può mettere a dura prova alcune strutture quali i menischi, che sono composti da cartilagine e quindi più fragili rispetto alle ossa. Fortunatamente, in genere sono più numerosi gli eventi contusivi "premeditati", ossia calcolati dall'atleta che si tuffa sapendo già come cadere. Gli eventi più seri sono invece più rari e sono legati a fenomeni di tipo distorsivo dovuti,a volte,a ricadute mal effettuate da un'elevazione sotto rete. Le botte, le contusioni, i colpi accidentali,le distorsioni o slogature, gli stiramenti muscolari, fanno parte di quella che viene definita come "piccola traumatologia" semplicemente perché l'entità del danno è lieve, ed il soggetto, al di là del dolore avvertito immediatamente, tutto sommato riesce ancor a muoversi senza grosse difficoltà. Questa sensazione di autonomia non deve tuttavia spingere a sottovalutare l'infortunio subito. Anche in occasione di questi piccoli traumi, infatti, i tessuti colpiti reagiscono come d'abitudine con una reazione di tipo infiammatorio, che comporta quindi la comparsa di edema e di tumefazione, anche se limitati. Se la parte colpita inoltre è ben vascolarizzata, come avviene nei muscoli in attività, è molto probabile che i vasi risultino danneggiati e lascino fuoriuscire, all'interno del muscolo stesso, una certa quantità di sangue (ematoma). I giocatori di pallavolo sanno bene come comportarsi in questi casi, e hanno sempre preparati di ghiaccio sintetico o spray refrigeranti, perché le applicazioni di freddo sono il primo passo da compiere. Alcune ore di riposo consentono di quantificare meglio la lesione subita. Una semplice contusione si risolve abbastanza rapidamente con l'ausilio di semplici terapie locali, ossia con l'applicazione sulla parte colpita di sostanze che svolgano un'azione:

antiedemigena, antinfiammatoria

favorente il riassorbimento dell'ematoma e con l'eventuale applicazione di un bendaggio elastico protettivo, se la zona colpita lo consente e lo richiede (ad esempio, la caviglia).

Infatti è importante che il riassorbimento del sangue fuoriuscito nei tessuti avvenga in tempi brevi, perché il suo ristagno può comportare la comparsa di calcificazione, ossia il deposito di sali di calcio, di cui il sangue è ricco, che rendono più duri e meno elastici i tessuti (in particolare i muscoli) colpiti. Se viceversa i sintomi non accennano a diminuire e persiste dolore vivo, è necessario rivolgersi al medico che approfondirà con un esame clinico accurato, ed eventuali indagini strumentali, le cause di tutto ciò. E' importante quindi non sottovalutare mai i propri "malanni" perché trascurarli può peggiorare la situazione ed allungare poi i tempi di recupero. Infine, anche se la Pallavolo è uno sport "indoor", ossia giocato al coperto, a volte, alle contusioni si possono associare anche graffi o lievi ferite (escorazioni). In questi casi il trattamento locale con eparinoidi o antinfiammatori dovrà essere eseguito avendo cura di non far arrivare la pomata, il gel o lo spray sulla ferita.

PREPARAZIONE FISICA >> INFORTUNIO ALLA CAVIGLIA

del dott. Michele Fontana Michele Fontana, 36 anni, di Roma, è specialista in Ortopedia e Traumatologia. E' il medico dello staff di Delgado dal 1994

(attuale nazionale Juniores femminile).

Sia i medici che siedono in panchina (non necessariamente traumatologi) sia gli atleti debbono avere le conoscenze necessarie affinché la distorsione di caviglia in inversione, cioè il trauma più frequente non solo nella pallavolo ma nella vita di tuoi i giorni, non debba rappresentare un problema nel proseguo della carriera sportiva di un giocatore; infatti, come succede sempre più frequentemente, ne viene sottovalutata la gravità, assillati dalla necessità di un repentino recupero agonistico. Come giustamente è stato detto in quell'occasione, la distorsione è l'esasperazione di un movimento articolare oltre i limiti del consentito.

In questa evenienza, particolarmente i legamenti, che tra quelle coinvolte sono le strutture meno elastiche, vanno sempre incontro ad un danno che varia in gravità nei diversi traumi distorsivi: gravità legata al grado (I, II, III) di interessamento di un legamento a seconda che vi siano rispettivamente un semplice stiramento delle sue fibre, rottura di alcune di esse o interruzione completa della sua continuità (il I e II grado danno luogo alle cosiddette distorsioni stabili, il III grado a distorsioni instabili); oppure legata al numero di legamenti interessati dal trauma (legamento peroneoastragalico anteriore, da solo o in associazione con il legamento peroneocalcaneare). Comunque questi legamenti laterali della caviglia sono considerati legamenti "buoni", vale a dire che un loro danno guarisce sempre con una cicatrice che è tanto più valida quanto più i capi terminali della lesione vengono mantenuti a contano nel periodo necessario per tale cicatrizzazione.

Pertanto, potendo ottenere una perfetta guarigione in ogni distorsione di caviglia, è necessario effettuare un trattamento appropriato a seconda dei casi (bendaggio funzionale, tutore, apparecchio gessato o intervento chirurgico) ed è quindi opportuna una corretta valutazione della gravità e localizzazione delle lesioni legamentose. Vediamo dunque come comportarsi sul campo nel momento in cui avviene il trauma:

immediata applicazione del ghiaccio ed elevazione dell'arto;

dopo un paio di minuti, valutazione del danno e fasciatura compressiva.

Su come effettuare una fasciatura comprensiva si rimanda alla parte successiva dell'articolo (anche se a parer mio sarebbe preferibile usare un rotolo di cotone di germanio anziché il salvapelle, e questo per ridurre al minimo i problemi di circolazione sanguigna che possono rendere necessaria la rimozione del bendaggio). Per quanto riguarda invece la valutazione del danno suggerisco di procedere come segue:

indagare sul meccanismo traumatico (inversione) e chiedere all'atleta se si tratti o meno della prima distorsione a quella caviglia (questo perché un eventuale danno potrebbe essere il reliquato di un altro evento traumatico) e se ha sentito un rumore tipo "crack" al momento del trauma (indice di probabilissima lesione grave);

palpare le possibili aree anatomiche di lesione, ad iniziare dal malleolo peroneale (sede di eventuale frattura) per continuare con il legamento peroneoastragalico anteriore e peroneocalcaneare (quest'ultima sede non dolorosa è buon indice di lesione non grave);

comparativamente con la caviglia controlaterale, valutare 1) l'articolarità (in un grave trauma distorsivo potrebbe esserci una lussazione dell'articolazione sottoastragalica più che un danno all'articolazione tibio-tarsica: cosa che richiede una pronta ospedalizzazione per uno corretta riduzione in anestesia) e 2) l'estensione del danno con i suoi effetti sulla stabilità di caviglia effettuando dei test clinici di cui il più importante è quello della inversione: cercando di far rilassare l'atleta si afferra il piede e si riproduce il meccanismo del trauma distorsivo (in una lesione instabile si avrà l'impressione di un eccessivo movimento del piede non più frenato dalla messa in tensione dei legamenti).

Se si ritiene che la distorsione sia di lieve entità (stabile) l'atleta può, in assenza di dolore al carico e previo taping sia comprensivo che stabilizzante, tornare in campo; dopo la gara la caviglia verrà nuovamente valutata e trattata a seconda delle necessità.

Se si ritiene che la distorsione sia grave (instabile), mantenendo l'arto fuori carico, conviene subito eseguire un esame radiografico prima standard (per escludere eventuali fratture) poi sotto stress (almeno con l'esecuzione del test dell'inversione): in questo caso una inclinazione dell'astragalo (tilt astragalico) che sia superiore ai 5 ed inferiore ai 10 gradi rispetto alla caviglia controlaterale (sempreché non abbia già subito gravi distorsioni) è indicativa di una lesione del solo legamento peroneoastragalico anteriore; se maggiore di 20 gradi, indica la rottura completa anche del legamento peroneocalcaneare; la via di mezzo, tra 10 e 20 gradi, è abitualmente indicativa di una rottura completa del legamento peroneoastragalico anteriore e parziale del legamento peroneocalcaneare.

Come detto prima, per quanto riguarda il trattamento definitivo, dipende dalla gravità della lesione. Nelle lesioni stabili il trattamento d'elezione è quello cosiddetto "funzionale": per 2 giorni ghiaccio, fasciatura compressiva ed elevazione dell'arto; in questo periodo può essere utile la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei. Successivamente ghiaccio, graduale carico con calza elastica (dolore permettendo) e con l'eventuale ausilio di bastoni canadesi, movimenti articolari attivi e contro la resistenza dell'acqua e, ad una settimana dal trauma, esercizi di ginnastica propriocettiva; in questa fase il dolore e la reazione infiammatoria dei tessuti potranno essere controllati anche con l'uso di farmaci e applicazioni di fisioterapia (tens, ultrasuoni, ionoforesi). Dopo circa 10 giorni, sempre gradualmente, si potrà tornare o correre ed a saltare con un taping anelastico evitando le situazioni a rischio, cioè i salti in prossimità di altri giocatori. Generalmente a quindici giorni dal trauma si è pronti per un pieno recupero, ma la ginnastica propriocettiva ed il taping verranno abbandonati solo in trentesima giornata. Un paio di precisazioni:

Per quanto riguarda il ghiaccio (crioterapia) sembrerebbero esservi pareri discordi sulla modalità di applicazione. Alcuni, infatti, suggeriscono di mantenerlo a permanenza sulla zona lesionata per tutte le prime 24/48 ore, mentre altri suggeriscono di non superare mai i 20 minuti di applicazione continuativa, permettendo il riscaldamento naturale della cute prima di applicarlo nuovamente; questo per impedire la vasodilatazione cutanea riflessa che si verifica appunto dopo 20-30 minuti di vasocostrizione indotta dal freddo. In realtà nessuna delle due metodiche è sbagliata, ma le modalità di una corretta crioterapia dipendono dagli effetti che desideriamo ottenere con essa. Infatti se vogliamo esaltare gli effetti circolatori del freddo e quindi la riduzione dell'ematoma o di una reazione infiammatoria non vi è dubbio che sia consigliabile la metodica "alternata" mentre se si preferisce sfruttare l'effetto analgesico e, soprattutto quello di riduzione massima del metabolismo cellulare, con conseguente riduzione della necrosi cellulare perilesionale, il ghiaccio deve essere mantenuto il più a

lungo possibile nei primi giorni dopo un trauma. In una distorsione di caviglia, quindi, le due metodiche si compendiano: infatti, ad una prima fase di un paio di giorni di crioterapia "continua" potrà seguire, per tutto il periodo del recupero, una crioterapia "alternata".

La ginnastica propriocettiva ha lo scopo di ripristinare e migliorare i riflessi propriocettivi di controllo neuromuscolare della stabilità articolare, attraverso la riproduzione di situazioni a rischio controllate. Per l'esecuzione di questi esercizi ci si avvale di tavolette ad appoggio instabile sulle quali il paziente deve imparare a rimanere in equilibrio, partendo da posizioni facili con appoggio del peso corporeo su entrambi gli arti e via via attraverso posizioni ed esercizi sempre più difficili, fino a rimanere in equilibrio sulla tavoletta su un solo piede. Per stimolare nel modo più appropriato le terminazioni nervose propriocettive tutti gli esercizi devono essere eseguiti a piedi nudi.

Per quanto riguarda le lesioni instabili, esse richiedono anche un trattamento ortopedico, che può essere o conservativo o chirurgico. Nel primo caso si usa un gambaletto gessato o un tutore per 4 settimane, con possibilità di carico, dopodiché si procede con una riabilitazione simile in modi e tempi a quella delle lesioni stabili (cinesi attiva e idroterapia, propriocettiva, taping, ecc.). Un trattamento "funzionale" di una distorsione instabile è molto rischioso in quanto un ulteriore trauma in inversione alla caviglia lesa, durante il periodo di guarigione dei legamenti, potrebbe alterarne la corretta cicatrizzazione esitando in una instabilità cronica della caviglia con distorsioni recidivanti. Nei casi di lesione con tilt astragalico intorno ai 20 gradi, alcuni ortopedici raccomandano una sutura chirurgica dei legamenti: ciò in quanto questa metodica assicura una corretta riparazione del danno legamentoso, un più rapido tempo di guarigione e quindi anche una più rapida ripresa dell'attività sportiva. Per finire, un accenno al fatto che chirurgicamente (ma in maniera molto più complessa e con tempi di recupero molto più lunghi) si interviene anche nelle instabilità croniche di caviglia, associate ad episodi ricorrenti di distorsione, laddove un trattamento iniziale a base di potenziamento muscolare, ginnastica propriocettiva e protezione con taping durante l'attività sportiva non abbiano sortito effetti stabilizzanti.

PREPARAZIONE FISICA >> INFORTUNIO AL GINOCCHIO

dott. Saverio Colonna

Nel l'incidenza dei traumi della pallavolo il ginocchio è l'articolazione maggiormente interessata dopo la caviglia. Però, a differenza della caviglia, i traumi del ginocchio producono delle lesioni che presentano una maggiore indicazione al trattamento chirurgico. Quindi hanno un peso più rilevante sul determinare l'assenza dai campi di gara e, a volte, addirittura dai tabulati federali.

Le patologie che coinvolgono maggiormente il ginocchio possono essere suddivise in traumatiche e da sovraccarico. Tra queste ultime, quelle con cui quasi quotidianamente chi si occupa di medicina sportiva si trova a fare i conti sono le tendiniti. Tale malattia dei tendini è stata definita dagli autori anglosassoni "overuse injury" per indicare nel sovraccarico la causa principale dell'insorgenza dell'infiammazione. La tendinite, pur essendo la più frequente patologia del ginocchia, crea meno problemi alla prestazione dell'atleta. La maggior parte delle volte le tendiniti tendono a cronicizzarsi e l'atleta impara a convivere con questi "fastidiosi dolorini".

Le lesioni traumatiche, oltre ad avere un maggiore impatto emotivo, a volte possono condizionare stabilmente la performance pallavolistica, la longevità sportiva dell'atleta e a volte anche il futuro del ginocchio. Le lesioni traumatiche di solito sono causate da un evento distorsivo. Il ginocchio fisiologicamente presenta un ampio movimento di flesso/estensione ed un limitato movimento di intra/extrarotazione. Se per motivi biomeccanici le forze che agiscono sul ginocchio hanno delle direzioni anomale e quindi inducono dei movimenti non presenti, sovraccaricano le strutture che si oppongono a tali abnormi movimenti; queste strutture sono i legamenti e i menischi.

Figura 1 - Nell'immagine è schematizzata la componente legamentosa del ginocchio: 1. Crociato anteriore; 2. Crociato posteriore; 3. Collaterale mediale; 4. Collaterale laterale

I legamenti, per la loro elasticità, riescono ad assorbire fino a certi livelli tensionali oltre i quali si rompono. Il legamento crociato anteriore (fig. 1) è il legamento che si lesiona più frequentemente nei traumi distorsivi provocati dalla pallavolo. Nella pallavolo come nel basket e nel calcio, la donna è molto più soggetta, rispetto all'uomo, alle lesioni legamentose del ginocchio.

La causa che produce questa maggiore incidenza nelle femmine non è stata ancora scoperta. Sono state avanzate una serie di ipotesi tra le quali le più accreditate sono:

1. una maggiore predisposizione ai traumi in valgoextrarotazione per il differente asse anatomico del ginocchio;

2. una maggiore debolezza della struttura legamentosa dovuta a fattori ormonali; 3. una maggiore predisposizione ai traumi distorsivi per le azioni di gioco più lunghe; 4. attacco con stacco ad un piede; 5. un maggiore numero di praticanti donne rispetto ai maschi.

La prima e, dal nostro punto di vista, la più accreditata ipotesi è da ricercarsi nella conformazione strutturale della donna. La donna, per motivi di gestazione e di parto, presenta un bacino più largo rispetto agli uomini. Il bacino più largo condiziona l'asse del femore, il quale determina a livello del ginocchio un maggiore valgo (fig. 2). E' intuitivo che se un abnorme forza, di solito determinata dal peso del corpo in caduta da un attacco, si scarica in maniera squilibrata sul ginocchio, tenderà, nel ginocchio valgo, a chiudere la parte laterale (rima laterale) ed aprire la parte mediale (rima mediale). Le strutture che si oppongono a tale abnorme movimento sono il legamento collaterale mediale e il legamento crociato anteriore.

Figura 2 - Rappresentazione del differente angolo biomeccanico a livello del ginocchio tra l'uomo e la donna.

Essendo la ricaduta dall'attacco e dal muro i due momenti in cui sono presenti i maggiori rischi, è importante che gli allenatori curino adeguatamente la quarta fase dell'attacco: l'atterraggio. Per molti tecnici esiste una rincorsa, una fase di volo e il colpo della palla, dopo di che l'attenzione viene attirata dal risultato della schiacciata o dalla consecutiva difesa. Soffermarsi qualche volte con lo sguardo alla fase finale della schiacciata può a volte dare molti dati non solo in termini preventivi ma anche in termini di efficacia dell'attacco. Molti atleti per una errata impostazione si presentano nel momento di impattare la palla, all'apice dell'elevazione, non in asse con essa. Ciò comporta dei movimenti di aggiustamento in aria i quali determinano delle ricadute squilibrate su un solo arto.

La seconda ipotesi, che può benissimo coesistere con la prima, è legata all'effetto che alcuni ormoni, prettamente femminili, hanno sulla composizione cellulare dei legamenti. Delle recenti scoperte hanno evidenziato il ruolo negativo recitato dagli estrogeni sulla tenuta dei legai menti Quindi costituzionalmente la donna presenta una maggiore elasticità ma di contro una maggiore debolezza legamentosa.

La terza ipotesi attribuisce al fattore stanchezza una priorità causale sugli eventi distorsivi. Sicuramente le azioni della pallavolo femminile sono più lunghe rispetto alla maschile. Ciò è dovuto alla minore potenza dell'attacco che permette una. maggiore efficacia della difesa e di conseguenza la palla restò più in gioco. Non ci convince tale ipotesi per due motivi: a) se accettassimo tate ipotesi, la maggior parte dei traumi avverrebbe durante delle azione tirate negli ultimi set delle partite e invece molti dei traumi distorsivi avvengono sia nel riscaldamento sia durante il primo set; b) sport quali il calcio e il basket, in cui non sono giustificate nelle donne azioni di gioco più lunghe, presentano la stessa maggiore incidenza nel sesso femminile.

La quarta ipotesi è legata alla gestualità tecnica specifica del l'attacco recentemente quasi tutte le squadre femminili di alto livello agonistico effettuano, come schema d'attacco, la schiacciata con stacco ad un piede in zona 2. Non riteniamo che tale gesto possa giustificare la differenza tra maschi e femmine per diversi motivi: a) l'attacco con stacco ad un piede viene eseguito principalmente dai centrali, quindi tale ruolo dovrebbe essere più predisposto ai traumi distorsivi; invece, non è stata riscontrata una maggiore incidenza in questo ruolo; b) staccare ad un piede non vuole dire atterrare su un piede: molte volte l'atleta cade sbilanciata indietro ma su entrambi gli arti; c) tale gesto è utilizzato soprattutto dalle squadre di alto livello agonistico, praticamente il medio e il basso livello non sanno cosa sia, eppure la frequenza dei traumi distorsivi nel medio-basso livello e sovrapponibile a quella dei massimi livelli nazionali.

L'ultima ipotesi si fonda su una maggiore quantità femminile di praticanti la pallavolo rispetto alla maschile. Se ci sono più praticanti è normale che le possibilità di soggetti traumatizzati aumenta. Tale supposizione è sicuramente vera, ma non giustifica in un campione numericamente più o meno sovrapponibile, quali possono essere i partecipanti ai campionati di Lega A1 e A2, una maggiore incidenza nelle squadre femminili di atlete operate al legamento crociato anteriore.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST DI ABALAKOV

Attrezzature necessarie: un metro e del gesso. Esecuzione: salto in alto da fermo: di fianco alla parete, toccare il muro con la punta delle dita sporche di

gesso (braccia distese con talloni poggiati a terra). Dopo un movimento di slancio eseguire uno stacco con notevole forza verso l'alto e fare un secondo segno con le dita sulla parete nel punto di massima elevazione raggiunto. La differenza tra la prima e la seconda lettura indicherà il livello di elevazione. Il test viene effettuato in tre prove ed il valore indice sarà rappresentato dalla media dei tre valori misurati.

Altezza di partenza Altezza raggiunta Differenza

cm. cm. cm.

cm. cm. cm.

cm. cm. cm.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST DI CONTROMOVIMENTO

L'obiettivo del test è quantificare l'elevazione di un atleta. Attrezzature necessarie: un metro lineare e del gesso. Esecuzione: l'esaminato si dispone di fianco alla parete, alza il braccio destro e stando sulle punte dei piedi traccia un segno sulla parete che farà da riferimento per il conteggio dell'indice. Poi si mette in posizione eretta e con le braccia lungo i fianchi. Al via effettua un caricamento massimale con stacco verso l'alto andando a toccare la parete nel momento di massima elevazione. La differenza tra il segno di riferimento ed il tocco in elevazione rappresenterà l'indice di elevazione. La media nelle tre prove sarà l'indicatore finale.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST CON RINCORSA

L'obiettivo del test è quantificare l'elevazione di un atleta. Attrezzature necessarie: un metro lineare e del gesso. Esecuzione: l'esaminato si dispone di fianco alla parete, alza il braccio destro e stando sulle punte dei piedi traccia un segno sulla parete che farà da riferimento per il conteggio dell'indice. Poi si posiziona eretta e con le braccia lungo i fianchi. Al via effettua una rincorsa di tre passi e stacco verso l'alto massimale andando a toccare la parete nel momento di massima elevazione. La differenza tra il segno di riferimento ed il tocco in elevazione rappresenterà l'indice di elevazione. La media nelle tre prove sarà l'indicatore finale.

Livello in cm. ottimo Buono Medio

Uomini 105 95 85

Donne 80 70 60

PREPARAZIONE FISICA >> TEST DA FERMO

L'obiettivo del test è quantificare l'elevazione di un atleta. Attrezzature necessarie: un metro lineare e del gesso. Esecuzione: l'esaminato si dispone di fianco alla parete, alza il braccio destro e stando sulle punte dei piedi traccia un segno sulla parete che farà da riferimento per il conteggio dell'indice. Poi si posiziona con le braccia lungo i fianchi ed gli arti inferiori in caricamento massimale. Al via effettua uno stacco verso l'alto andando a toccare la parete nel momento di massima elevazione. La differenza tra il segno di riferimento ed il tocco in elevazione rappresenterà l'indice di elevazione. La media nelle tre prove sarà l'indicatore finale.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST DI COOPER

Questo test consiste nel misurare la distanza percorsa correndo per 12 minuti dall'atleta. I risultati ottenuti, confrontati su una tabella di riferimento, sono indicativi dello suo stato di forma attuale. Per eseguirlo è consigliabile avere superato una accurata visita medica di tipo attitudinale-sportivo.

Distanza percorsa Livello fisico

Oltre i 3200 metri Dai 2800 ai 3200 metri Dai 2400 ai 2800 metri Dai 2000 ai 2400 metri

Eccellente Ottimo Buono Scarso

PREPARAZIONE FISICA >> TEST A STELLA

L'obiettivo del test è quantificare la resistenza alla velocità di ogni singolo atleta. Attrezzature necessarie: un cronometro e cinque coni. Esecuzione: si dispongono i coni nel seguente schema: due negli angoli della linea di fondo campo, due negli incroci delle linee laterali con la linea di attacco ed infine l'ultimo al centro del rettangolo costruito con i primi quattro coni. Vicino a quest'ultimo cono si posiziona l'esaminato che al via compie degli scatti massimali verso i coni nel seguente ordine: Scatto e tocco del cono in zona 4 e ritorno a toccare il cono al centro. Scatto e tocco del cono in zona 2 e ritorno a toccare il cono al centro. Scatto e tocco del cono in zona 5 e ritorno a toccare il cono al centro. Scatto e tocco del cono in zona 1 e ritorno a toccare il cono al centro. Il tutto per due volte. L'esaminatore prenderà nota del tempo impiegato nel compiere i due giri.

Categoria ottimo Buono Sufficiente

Uomini 23" 24" 25"

Donne 24" 25" 26"

PREPARAZIONE FISICA >> TEST PRENDI E VAI

L'obiettivo del test è quantificare la resistenza di un atleta. Attrezzature necessarie: un cronometro e due coni. Esecuzione: i due coni vengono posizionati uno sulla linea mediana del campo, l'altro sulla linea d'attacco. Al via il giocatore, spostandosi lateralmente, tocca alternatamente i coni ottenendo un punto per ogni tocco. Il tutto per un minuto. Il numero dei punti ottenuti rappresenta l'indice di resistenza.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST ADDOMINALI

Questo test è utile per avere dei riferimenti sui valori della forza relativamente agli addominali. Attrezzatura necessaria: un cronometro. Esecuzione l'esaminato si dispone in posizione decubito supina, gambe piegate a 90°, punte dei piedi su gradino spalliera e mani intrecciate dietro il capo. Al via l'atleta effettua dei piegamenti del busto portando i gomiti in contatto con le ginocchia per 1 minuto, poi si riposa per 15 secondi e quindi ripete l'esercizio per un altro minuto. La media dei piegamenti effettuati nelle due prove rappresenterà l'indice della forza relativa agli addominali.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST DORSALI

Questo test è utile per avere dei riferimenti sui valori della forza relativamente ai dorsali. Attrezzatura necessaria: un cronometro. Esecuzione: l'esaminato si dispone in posizione prona, caviglie bloccate da un compagno e mani intrecciate dietro il capo. Al via l'atleta effettua delle flessioni dorsali, le più ampie possibili, per 1 minuto, poi si riposa per 15 secondi e quindi ripete l'esercizio per un altro minuto. La media delle flessioni effettuate nelle due prove rappresenterà l'indice della forza relativa ai dorsali.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST ARTI SUPERIORI

Questo test è utile per quantificare i valori della forza relativamente agli arti superiori. Attrezzatura necessaria: un decametro e una palla medica. Esecuzione: l'esaminato si prepara sulla linea di partenza ed effettua tre lanci con la palla medica nelle seguenti modalità: Lancio della palla medica dal petto da posizione eretta, gambe leggermente divaricate e senza flessione del busto. Lancio della palla medica a due mani da dietro la testa; da posizione in ginocchio e senza flettere il busto. Lancio della palla medica all'indietro; da posizione eretta, le spalle rivolte verso la direzione di lancio, talloni dietro la linea di riferimento e piedi divaricati. L'atleta afferra il pallone con le mani e dopo un piegamento in avanti, lancia all'indietro, senza piegare le gambe, senza spostare i piedi ed a braccia tese. Da parte degli osservatori viene misurata la distanza dalla linea di partenza al punto di impatto del palla con il pavimento. Il valore indice corrispenderà alla media dei risultati di tre lanci da ogni postura.

PREPARAZIONE FISICA >> TEST ARTI INFERIORI

Questo test è utile per avere dei riferimenti sui valori della forza relativamente agli arti inferiori. Attrezzatura necessaria: un decametro. Esecuzione: l'esaminato si prepara sulla linea di partenza ed effettua in rapida successione (senza fermarsi) tre balzi in lungo con contromovimento delle braccia in avanti-alto. Da parte degli osservatori viene misurata la distanza coperta dalla linea di partenza ai talloni dell'atleta. Vengono effettuate tre prove ed il valore indice corrispenderà alla media dei tre risultati.

PREPARAZIONE FISICA >> ALIMENTAZIONE

Nella pallavolo risulta importante non solo un corretto programma alimentare durante il periodo di allenamento e prima della gara, ma anche una continua reintegrazione idrosalina ed energetica durante la competizione. Il programma alimentare inoltre deve essere bilanciato e modificato in funzione del periodo di attività: preparazione, pre-campionato, campionato e riposo. Nella fase di preparazione, essendo più intenso il lavoro muscolare, è consigliabile aumentare la quota calorica totale, favorendo soprattutto l'apporto di proteine e zuccheri e, durante e dopo l'allenamento, è anche necessario un notevole apporto idro-salino.

Una corretta alimentazione

il programma alimentare deve essere modificato in funzione del periodo di attività:

Preparazione: aumento della quota calorica totale, con maggiore apporto di proteine e zuccheri

Campionato: controllo dell'apporto calorico per evitare oscillazioni di peso

Riposo: riduzione progressiva dell'apporto calorico totale.

Nel corso del campionato l'apporto calorico deve essere bilanciato in base al farbisogno, al fine di evitare pericolose oscillazioni di peso che possono interferire con il rendimento.

Lo schema quotidiano dovrebbe prevedere:

colazione abbondante;

pranzo leggero (meglio pasto unico);

cena completa nei giorni di allenamento.

Schema identico nei giorni dell'incontro, con eventuale spuntino pomeridiano in caso di impegni serali. Nella pausa post-campionato occorre evitare gli "eccessi", rispettando lo schema abituale, in cui occorre tuttavia ridurre proporzionalmente l'apporto calorico totale.

Schema di alimentazione quotidiana

Colazione: latte, yogurt, fette biscottate, miele

Spuntino: frutta o merendina o focaccia

Pranzo: pasta o riso, verdura, frutta

Merenda: frutta fresca o spremuta

Cena: minestrone, carne o pesce,verdura

PREPARAZIONE FISICA >> LA QUALITÀ PER VINCERE

di Julio Velasco

Allenatore della nazionale italiana di pallavolo

Julio Velasco è nato a La Plata (Argentina) il 9 febbraio 1952. Dal 1979 al 1982 è stato Capo Allenatore della Ferrocarril Oeste Buenos Aires, nei quattro anni Campione di Argentina. Dal 1981 al 1983 ha avuto la carica di Vice Allenatore della squadra nazionale argentina maschile. Trasferitosi in Italia, è stato, dal 1985 al 1989, Capo Allenatore della Panini Modena, con la quale ha ottenuto ottimi risultati (primo posto nella Coppa delle Coppe nel 1986, quattro volte Campione d'Italia, tre volte prima in Coppa Italia). Dal 1989 è Capo Allenatore della squadra nazionale italiana maschile, con la quale ha riscosso importanti successi: la squadra si è classificata prima negli Europei (1989, 1993, 1995), nei Mondiali del 1990 e del 1994, nella Coppa del Mondo del 1993 e del 1995 e nella World League (1990, 1991, 1992, 1994 1995).

Credo che il mio contributo ad una giornata dedicata alla qualità possa essere di aiuto come esperienza, perché non pretendo di fornire un metodo generale, ma posso raccontare, oltre alle esperienze dirette, le idee che sono alla base di queste esperienze, e le idee che sono nate via via nella pratica.

Quando partecipo a manifestazioni di questo tipo, la prima cosa che mi domando è: "Perché mai mi hanno chiamato?" Me ne sono fatto un'idea e credo che uno dei motivi per i quali il mondo economico è interessato al mondo dello sport sia il fatto che abbiamo un problema in comune: bisogna vincere. La concorrenza è grande e vincere è fondamentale. Questo problema nel mondo sportivo ha fatto nascere, soprattutto tra i tifosi, molte idee sbagliate: è infatti molto diffusa l'opinione che chi vince ha fatto tutto bene, mentre chi ha perso ha fatto tutto male. Questo però non è del tutto vero, perché in un campionato anche se cinque squadre fanno le cose bene, quattro di queste perdono comunque. Cosa significa questo? Che nella nostra attività non basta "fare le cose bene", bisogna farle meglio degli altri. Nello sport non basta essere bravi, occorre essere meglio degli altri, che sono bravi anche loro; perché altrimenti arriviamo secondi, terzi, quarti, quinti... E in Italia arrivare secondi è una vera tragedia, lo abbiamo visto nei campionati del mondo di calcio, anche se la partita si è decisa solo ai calci di rigore.

Nel mondo sportivo bisogna arrivare primi, e questa è la prima ricerca di qualità. Infatti la qualità in se stessa per noi non esiste, esiste solo in rapporto con gli altri. Dobbiamo fare le cose meglio degli altri.

Il secondo problema che accomuna sport e mondo economico riguarda la gestione delle persone.

Fino a pochi anni fa si credeva che l'evoluzione tecnologica sarebbe stata determinante, più importante del fattore umano. Tuttora molte persone ritengono che i grandi atleti siano il risultato di prodotti biochimici, fisiologici, di macchine, ecc. Questo era uno dei motivi per i quali si pensava che la pallavolo italiana, per esempio, non potesse essere ai primi livelli mondiali. Gli americani vincevano e si diceva: "Cosa ci possiamo fare? Loro sono americani: hanno tutto. Noi italiani abbiamo meno, quindi non possiamo vincere come loro." Poi le cose sono cambiate: abbiamo vinto. Perché? Certamente ci siamo anche occupati dell'aspetto tecnologico, ma abbiamo vinto perché noi pensiamo che il fattore umano continui ad essere decisivo, più decisivo del fattore tecnologico.

Purtroppo nel nostro mondo questa affermazione ingenera malintesi, in quanto si tende a vedere e capire tutto o bianco o nero. Se si dice che il fattore umano è più importante del fattore tecnologico la traduzione è: "Per quella squadra il fattore tecnologico non è importante". Non è così: il fattore tecnologico è importante, ma quello umano è più importante. E io spero che lo sarà sempre.

In relazione alla gestione di uomini, se si dice che per vincere bisogna essere meglio degli altri, ci si pone un primo problema sulla qualità: quello del punto di riferimento. Che cos'è il punto di riferimento? Io, per esempio, in generale dico che sono basso, perché, anche se sono alto un metro e settantasei, vivo in un ambiente nel quale la maggior parte dei giocatori è alta almeno un metro e novanta. Se mi confronto con gente normale, invece, posso considerarmi nella media. Occorre definire il punto di riferimento.

Quando nel 1989 ho cominciato a lavorare con la nazionale, che veniva da una serie di sconfitte, per prima cosa ho dovuto individuare quale era il punto di riferimento come qualità, ossia qual era l'obiettivo. Dove volevamo arrivare? Dovevamo passare da noni a sesti, o quinti? Questo punto di riferimento determinava tutto il resto, e noi ne abbiamo scelto uno molto alto: arrivare ad essere nei primi due anni tra le quattro squadre più forti del mondo e in quattro anni tra le prime due.

Perché il punto di riferimento è decisivo per stabilire la qualità di una squadra? Che cosa vuol dire giocare bene? Se un giocatore schiaccia bene, come valutare se è un buon schiacciatore? Dipende con chi lo confrontiamo: se lo confrontiamo con i migliori schiacciatori del mondo forse non lo è, se lo confrontiamo con i migliori italiani forse sì, lo è. E questo è stato il primo problema che abbiamo affrontato nella nazionale italiana. Poiché, visto che si parla molto di sport a livello nazionale, si dice: "Questo è un buon giocatore", ed il punto di riferimento è a livello nazionale. E se lo confrontiamo con gli stranieri, ci viene detto: "Ah, ma quelli sono i migliori del mondo!" Ma se quell'atleta deve giocare nella nazionale, è proprio con loro che dobbiamo confrontarlo. E se una squadra vuole essere fra le migliori del mondo, occorre che al suo interno ci siano alcuni dei migliori giocatori del mondo.

Oltre a definire quali sono i riferimenti, abbiamo anche fatto un'analisi statistica. Perché quando nella pallavolo si dice: "Questo è un bravo schiacciatore, la mette sempre giù", occorre domandarsi: "Quante volte? Che percentuali ha?"

Per definire con precisione il punto di riferimento occorre sapere valutare noi stessi e gli altri con precisione.

Quando non si sa effettivamente come sono i migliori, si tende a pensare che siano perfetti, quindi irraggiungibili. E questo modo di valutare l'avversario serve come stupendo alibi per dire: "Siccome sono perfetti, io non riuscirò mai ad essere come loro. Quindi rimango come sono." In questo modo non si ha la motivazione per cambiare. Se invece si sa che nemmeno i migliori sono perfetti, allora l'obiettivo diventa raggiungibile, e se non lo si raggiunge è perché si ha fallito, non perché non è possibile. In questo modo si crea la sfida: possiamo o non possiamo arrivare a questo obiettivo?

Se avessimo scelto un diverso punto di riferimento avremmo cambiato completamente l'autoesigenza della qualità, che considero la chiave di svolta per cambiare una squadra. Parlo di autoesigenza, perché finché l'esigenza è imposta dall'allenatore non si può fare il salto di qualità. Il salto di qualità si fa quando l'autoesigenza è molto alta, quando diventare una delle prime squadre del mondo è l'obiettivo dei protagonisti della squadra, non solo dell'allenatore.

Tutto questo per spiegare cosa significa vincere. Perché vincere contro gli avversari, fare le cose meglio degli altri è solo l'ultima tappa di un processo.

E anche l'idea della mentalità vincente a volte è fuorviante. Non credo che serva molto "caricare" i giocatori prima della partita. Certo, lo facciamo, ma solo qualche volta, altrimenti non serve, ci si abitua.

Ciò che conta è fare diversi passi che portano alla mentalità vincente, perché questa si ottiene solo vincendo. La mentalità vincente non è un trucco psicologico.

Il problema è cosa significa vincere. La prima vittoria che propongo ai miei giocatori, e che mi pongo io stesso, è battere un nemico terribile, anche perché si nasconde, anche perché noi non lo vogliamo mai affrontare, che di solito ci fa più paura anche dell'avversario più forte. E questo avversario sono i nostri difetti, i nostri limiti, le cose che non ci vengono bene, che non ci piacciono. Questa è la prima vittoria, perché se non si vince questa gara non c'è miglioramento, cioè aumento della qualità.

È inutile dire: "La nostra squadra vincerà. Però lui batte male e non impara a battere meglio, lui è uno che non riesce a mantenere la concentrazione e continuerà a non riuscirci". Non c'è niente da fare: la prima vittoria è vincere contro noi stessi. E dopo questa prima vittoria possiamo già cominciare ad avere una mentalità vincente, perché sappiamo vincere i nostri difetti, e ancora non abbiamo battuto nessuna squadra.

Il secondo passo è vincere contro le difficoltà, che è un'altra cosa rispetto a noi, perché quando parlo dei nostri limiti parlo di limiti personali, oltre che della squadra, non limiti in generale. Poi ci sono altre difficoltà di ogni tipo che dobbiamo risolvere, che dobbiamo battere. La nostra squadra oggi è famosa a livello internazionale per un fatto che sembra banale, ma non lo è: siamo famosi perché non ci lamentiamo mai. Sembra poco, ma non è poco. Potete controllare tutti i giornali dall'89 a oggi, non è mai capitato che dopo una sconfitta noi dicessimo: "È stato il fuso orario, avevamo un giocatore con un'indigestione, abbiamo dormito male, l'arbitro..." Mai. Non l'abbiamo detto mai. Perché? Perché anche questo modo di comportarsi fa parte della mentalità vincente. Tutti possono spiegare perché non si è riusciti a fare una cosa, pochi riescono a farla lo stesso. E per questo occorre vincere anche le piccole difficoltà. Ad esempio noi siamo una delle poche squadre italiane che quando va all'estero non si porta dietro gli spaghetti, l'olio, il prosciutto, la macchina del caffè... Si dice: "Poverini! Se non hanno gli spaghetti a mezzogiorno si deprimono", però dopo bisogna giocare contro venticinquemila brasiliani, che urlano dall'inizio alla fine, e lì non ci dobbiamo deprimere, perché siamo duri, dobbiamo vincere. Per le altre cose però non siamo così duri. È un po' come preparare l'esercito per la guerra stando in un albergo a cinque stelle: "Stiamo in un albergo a cinque stelle così quando andiamo in guerra siamo in condizioni fisiche migliori." Non credo che questo accada. Il passaggio dal fango dell'addestramento agli spari veri è comunque difficilissimo, ma almeno se siamo abituati al fango è già qualcosa.

Quindi noi non ci portiamo gli spaghetti, non ci alleniamo in posti ideali. Perché se ci alleniamo dove fa sempre fresco, quando poi dobbiamo giocare a Cuba, che è calda, perdiamo. Invece noi dobbiamo vincere, dove fa freddo e dove fa caldo, sempre.

Non riuscire a vincere le difficoltà porta a quella che chiamo la "cultura degli alibi", cioè il tentativo di attribuire il motivo di un nostro fallimento a qualcosa che non dipende da noi. Di solito ci si rifà a cose molto grandi, strutturali, storiche, del genere caratteristiche dei popoli ("Noi italiani siamo così, lo abbiamo nei cromosomi, e allora non c'è niente da fare"). Ma la cultura degli alibi utilizza anche spiegazioni più banali. Nella pallavolo, ad esempio, si verifica questa situazione: lo schiacciatore, che riceve la palla un po' staccata dalla rete e tira fuori, dice al palleggiatore "Prego, la palla più vicina", il palleggiatore, che a sua volta ha ricevuto la palla un pò staccata e ha alzato male, si gira e dice alla ricezione "Ragazzi, la ricezione!", quello che ha ricevuto la palla dall'avversario non può dirgli "Batti più facile", allora dice "Quella luce mi dà nell'occhio", allora devo chiamare gli elettricisti, invece di allenare....

Adottando la cultura degli alibi elimino la possibilità di utilizzare il feedback, che sta alla base dell'apprendimento.

Il terzo livello di vittoria è vincere contro gli avversari, e qui viene il problema della qualità, nostra e degli altri, ed il problema di misurarla. In tal senso le statistiche ci servono a non fidarci delle semplici impressioni e anche a misurare in cosa dobbiamo migliorare.

Ricerca della qualità non significa infatti ricerca della perfezione, perché quella della perfezione è un'idea perdente, per il semplice motivo che non è possibile raggiungerla. Se si pretende la perfezione, otteniamo il risultato che il giocatore, vedendo che non ci riesce, comincia a considerarsi in modo negativo, perché non raggiunge l'obiettivo che gli abbiamo dato. Uno dei compiti di un vero allenatore è saper individuare fra tutti gli elementi da migliorare in una partita quelli che sono decisivi per la vittoria. Questo significa stabilire delle priorità, e credo che sia una delle cose più difficili da fare, ma stabilire delle priorità è l'unico modo per guidare il processo che porta alla vittoria. Fra tutti i difetti dei giocatori occorre individuarne tre, e su quelli bisogna "martellare", finché non si ottiene il salto di qualità, mentre gli altri li tocchiamo, ma non possiamo pretendere per tutti lo stesso livello di applicazione.

Vorrei dire qualcosa anche sul metodo. Il metodo, senza la conoscenza specifica, profonda di quello che uno fa, è una scatola vuota. Noi come squadra abbiamo applicato un metodo, ma la ragione vera per cui abbiamo fatto un salto di qualità è che la squadra gioca meglio, e perché una squadra giochi meglio occorre che il suo allenatore sappia di pallavolo, prima che di psicologia, di metodi e di altro. Occorre quindi il metodo, ma soprattutto la conoscenza specifica.

Per finire, vorrei sfatare un detto molto diffuso: "Squadra che vince non si tocca". Io non sono d'accordo, perché questo significa che prima o poi bisogna perdere, e poiché a me non piace perdere, penso che sia meglio cambiare qualcosa prima e non dopo avere perso. Se vediamo che la qualità potrebbe aumentare, ad esempio cambiando qualche giocatore, io sono convinto che sia meglio cambiare, anche se la squadra ha vinto tutto.

PREPARAZIONE FISICA >> IL RUOLO E LA MOTIVAZIONE...

di Lorenzo Di Bello

Questa tesina tratta uno dei tanti fattori della psicologia della pallavolo, la motivazione.

Per motivazione intendiamo ogni fattore dinamico del comportamento, che indirizza le attività dell’organismo verso una meta.

Questo fattore è rappresentato dall’insieme delle spinte selettive che l’individuo esprime nei confronti dell’ambiente e che lo portano ad affrontare i compiti che gli vengono posti con un diverso impegno.

Innanzi tutto dobbiamo premettere che senza una motivazione adeguata non esiste apprendimento: in parole povere, se l’allievo non è interessato a quanto noi facciamo o crediamo di fare per insegnargli fondamentali e tecniche varie, ogni sforzo risulterà inutile o quasi. La prima cosa che l’allenatore deve saper fare, dunque, è interessare, motivare l’allievo. E’ anche vero che il nostro compito risulterà abbastanza facilitato dall’età stessa di colui che viene per imparare a giocare a pallavolo.

Il ragazzo è infatti sufficientemente motivato dall’aspetto ludico e motorio di questo gioco, che gli permette di esprimere, tramite il movimento, le sue eccedenti energie ed inoltre fortemente attratto dalla componente sociale dell’ambiente sportivo stesso.

Ci sono moltissimi fattori pero’, che possono attenuare o limitare queste naturali motivazioni: il bisogno di sicurezza e di autostima, per esempio, sono fattori che avvicinano allo sport i ragazzi ma se male gestiti, dall’allenatore ,li allontanano.

Uno dei principali mezzi che l’allenatore ha a sua disposizione è quello di fare "aggiustamenti al reale" molto ben precisi e ponderati.

L’allenatore deve riuscire cioè a stabilire ,osservando le caratteristiche fisiche e psicologiche dei propri allievi, quale è il compito adatto per ognuno di loro. Spesso errori di valutazione da parte dell’allenatore in questa prima fase di programmazione (pretendere troppo, essere troppo ottimistici circa le effettive possibilità dell’allievo) procurano sentimenti di scarsa autostima e di scarsa sicurezza nel ragazzo che, non riuscendo ad eseguire un compito oggettivamente inadeguato, vive il fallimento in maniera cosi penosa da essere sempre più’ demotivato ad impegnarsi a seguitare.

Viceversa un compito troppo facile risulterebbe inevitabilmente noioso, causerebbe una diminuzione del livello di attenzione e quindi dell’apprendimento.

E’ bene tener presente anche che la motivazione aumenta all’avvicinarsi del "fine" proposto.

Il compito dell’allenatore quindi è quello di finalizzare ogni seduta d’allenamento a risultati sufficientemente "reali", cosi’ che il ragazzo sappia con chiarezza a cosa deve mirare e verifichi di volta in volta che il suo impegno sia servito al raggiungimento di risultati effettivi e tangibili.

Un aspetto particolare nelle fasi di avviamento giovanile è costituito dalla motivazione indotta nell’allievo mediante l’apprendimento per imitazione.

E’ utile far vedere, guidare con la voce, far eseguire movimenti passivi al ragazzo?

Dall’esperienza pratica come giocatore, dagli input ricevuti durante le lezioni sia pratiche che teoriche, dalla frequentazione del settore giovanile della mia società ho capito che tale metodo ha il vantaggio di essere visto come un compito possibile da realizzare in prima persona, con un dispendio fisico e psichico limitato, facilmente apprendibile e memorizzabile: il risultato finale è che l’allievo "sente" di avere imparato qualcosa.

Il ragazzo guarda l’altro, si "modella" su di lui e, specialmente se chi dimostra lo attrae da un punto di vista di identificazione è fortemente motivato ad imitarlo e a costruirsi un schema motorio simile.

Questo non è solo vero per il gesto perfetto dell’allenatore, ma anche per i tentativi, anche se imperfetti, effettuati da un compagno di squadra.

Nei casi in cui l’allievo si dimostri, o per incapacità naturale o per "vergogna", incapace ad effettuare un determinato esercizio lo si può stimolare ricorrendo o all’esecuzione passiva del gesto: l’allievo viene quindi motivato all’apprendimento mediante un aiuto fisico, psicologico e di istruzione verbale tale da fargli "sentire" con la massima concentrazione ciò che gli viene fatto eseguire passivamente.

E’ secondo me importante capire che il valore delle istruzioni verbali è notevole nella fase precedente alla messa in atto di un movimento nuovo,quando una breve e chiara descrizione può’ focalizzare meglio l’attenzione sul compito da eseguire.

Sembra però che la sua importanza in quanto "istruzione" decresca con il crescere della complessità del movimento e che in seguito la guida verbale sia utile solo dal punto di vista "relazionale" come un "rinforzo positivo" all’azione corretta.

PREPARAZIONE FISICA >> COMPETERE O COLLABORARE?

di Michele Loporcaro

Quando si parla di prestazione spesso si deve "fare i conti" con termini quali competizione, collaborazione, agonismo, cooperazione, rivalità. Sono parecchi gli studi con i quali si è cercato di dare delle indicazioni riguardo la prestazione, i diversi tipi di prestazione, i fattori che la influenzano.

Un’opinione molto diffusa è quella secondo cui la competizione è l’essenza della produttività (o prestazione). Inoltre, sembra ormai ovvio, soprattutto nel mondo occidentale contemporaneo, che per fare bene sia indispensabile fare meglio degli altri.

A dire il vero, in un passato molto remoto, c’è già stato qualcuno che ha sostenuto caparbiamente il principio secondo il quale non c’è vita secondo competizione, che la rivalità, la competizione e la guerra, sono presenti in ogni particella dell’intero universo... Si tratta di Eraclito di Efeso, un astruso quanto anormale filosofo presocratico. Per Eraclito "tutto accade secondo contesa" ed ancora "la guerra è la madre di tutte le cose".

Ma alcuni autori, tra i quali Alfie Kohn, invitano quantomeno alla riflessione: siamo sicuri che le nostre prestazioni aumentano quando cerchiamo di superare qualcuno o, nel caso di un gruppo, quando questo cerca di superare l’altro?

Questi psicologi hanno voluto vedere da vicino i vantaggi presunti dello stile competitivo e, con incredibile regolarità, hanno scoperto che far dipendere il proprio successo dal fallimento altrui (infondo è questo che comporta la competitività), comporta un’impostazione che non regge. In pratica, sembra che una buona prestazione non richieda affatto un approccio di tipo competitivo, anzi spesso succede proprio il contrario.

Sebbene questa asserzione metta in discussione alcune convinzione largamente diffuse, essa ha dalla propria parte decine di studi anche non recentissimi.

In un articolo apparso su "Psicologia contemporanea" del 1988, Alfie Kohn riporta i risultati di alcuni studi, a sostegno della sua tesi: meglio collaborare che competere.

Negli anni ‘70, lo psicologo Robert Helmreich, dell’Università del Texas, ha studiato la relazione tra il successo ed alcuni tratti della personalità (atteggiamento verso il lavoro, competenza...) e la competitività. I tratti della personalità sono stati misurati mediante questionario, su un campione di 103 uomini di scienza. Il loro successo professionale, invece, era indicato dal numero di citazioni totalizzate da ciascuno negli articoli dei colleghi. Da questa indagine emerse che i più brillanti ottenevano punteggi alti nelle scale di dedizione al lavoro e di impegno intellettuale; ma i loro punteggi erano bassi per quanto riguardava la competitività.

Tutto ciò meravigliò molto Helmreich, il quale non immaginava che competizione e successo fossero in antitesi tra loro, tanto da fargli credere di aver commesso degli errori. A scanso di equivoci, egli ripeté la stessa ricerca su un campione di docenti universitari di psicologia: i risultati furono identici. In altri due lavori, uno con un gruppo di dirigenti di azienda (misurando il successo con lo stipendio annuo percepito), l’altro con un campione di oltre 1300 studenti (usando la media dei voti come indice di successo), emerse nuovamente una correlazione tra competitività e prestazione.

Come si può facilmente osservare, le conclusioni a cui giunge Helmreich, finiscono per mettere in dubbio l’idea (tanto in voga oggi) che per avere successo negli affari sia necessario un atteggiamento competitivo.

Ma Helmreich non si è fermato, e nel 1985 ha condotto altri tre studi che prendevano in esame un campione di alunni ed uno di piloti, ottenendo ulteriori risultati nella stessa direzione.

Kohn fa notare che gli studi compiuti da Helmreich hanno un’importanza particolare, in quanto non si basano su un tratto della personalità spurio come la "motivazione al successo", ma isola la competitività dalle altre componenti di questa dimensione composta. "Prima di questo" dice Kohn "i ricercatori presumevano semplicemente che tutte le componenti della motivazione al successo fossero associate ad un miglior rendimento: ora sappiamo che la competitività, in particolare non lo è".

Inoltre, non è solo a livello individuale che la competizione "mina" il successo (come si potrebbe dedurre dalla considerazione degli studi fin qui esposti); sembra che anche una situazione di gruppo strutturata in modo da esigere la competizione tra i membri tenda a produrre gli stessi effetti, e questo, per qualsiasi tipo di attività

Già dal 1949, Morton Deutsch aveva creato durante un esperimento delle atmosfere di classe collaborative o competitive tramite variazioni molto sottili negli orientamenti che egli aveva dato a classi diverse. Deutsch disse ad alcuni studenti di un college che, invece di seguire il normale corso di psicologia essi avrebbero preso parte a dei seminari per la discussione e l’analisi di casi individuali. Egli informò il gruppo "competitivo" che gli studenti sarebbero stati classificati in base alla loro analisi e discussione dei vari casi, e che il voto finale di ogni persona sarebbe stato ricavato dalla media dei suoi voti giornalieri.

Ai membri dei gruppi collaborativi si disse, invece, che una buona parte dei loro voti del corso sarebbero dipesi dalla qualità della discussione mostrata dall’intero gruppo. Deutsch volle osservare le conseguenze di queste due impostazioni.

Nella situazione di collaborazione, scopi individuali e obiettivi di gruppo si identificano, l’attenzione dei membri era rivolta non più a se stessi ma all’interazione con gli altri. La consapevolezza che ognuno poteva contribuire al risultato finale faceva progredire l’intero sistema in maniera compatta.

Nel gruppo "competitivo" i membri erano portati a concentrare l’attenzione sulla propria prestazione visto che i loro voti erano funzione delle loro capacità individuali.

Deutsch osservò come queste diverse impostazioni producevano rendimenti differenti. I gruppi "collaborativi" divennero dei veri gruppi; le loro discussioni produssero molte più idee, non solo, ma la loro qualità fu superiore. Al contrario nei gruppi "competitivi" non ci fu integrazione tra i membri e i risultati furono nettamente inferiori a causa del palese individualismo.

Quest’esperimento dimostra che gli individui sono in grado di cambiare il proprio comportamento e di passare da un interesse prevalente per l’"Io" ad un interesse prevalente per il "Noi", quando la loro ricompensa dipende da tale cambiamento; e che il rendimento del gruppo viene notevolmente modificato.

Kohn, nell’articolo di cui sopra, riferisce di un altro esperimento condotto dalla psicologa Teresa Amabile (Brandeis University) nel quale si chiedeva a bambine da 7 a 11 anni di comporre dei collages "buffi". Alcune di queste lavoravano in competizione, in vista di un premio per il collage più bello, altre no.

I collages delle bambine che avevano lavorato in vista del premio, sottoposti al giudizio di 7 artisti, furono giudicati significativamente meno creativi di quelli prodotti dalle bambine che non erano in competizione.

Il non-sense della competizione ed il grido d’accusa contro di essa, si rafforzano quando si prende in esame il campo dell’istruzione. Un immenso numero di ricerche -sostiene Kohn- dimostrano regolarmente che la competizione nella scuola produce effetti negativi sul rendimento. Questo avviene sia se si prendono in esame i profitti di compiti massimizzanti (che hanno di per sé una impostazione competitiva), sia, ovviamente, se si passa a considerare il profitto come risultato. In quest’ultimo caso i metodi competitivi fanno una figura ancora peggiore.

I ragazzi, in pratica, non imparano meglio quando l’apprendimento viene trasformato in una gara. Kohn aggiunge:

"Può ben darsi che l’insegnante preferisca fare della lezione un gioco a premi per tenere avvinta l’attenzione degli alunni, ma il vantaggio reale di questa strategia è di rendere l’insegnamento più facile, non più efficace: è un modo per aggirare i problemi pedagogici, piuttosto che risolverli".

A tal proposito lo stesso Kohn riporta le parole di John Holt (filosofo dell’educazione) che, a nostro parere chiariscono molto bene "il prezzo che paghiamo per la competizione nella scuola":

Noi distruggiamo... l’amore dell’apprendimento dei bambini, che è tanto forte quando sono piccoli, incoraggiandoli a lavorare in vista di ricompense meschine e disprezzabili -attestati, esposizioni di termini e disegni sulle pareti, dei voti in pagella, riconoscimenti e privilegi- in breve, per l’ignobile soddisfazione di sentirsi migliori di qualcun altro.

Secondo Kohn, la gente preferisce la cooperazione alla competizione, quando le ha provate entrambe.

Nel 1984, David e Roger Johnson, professori di pedagogia all’Università del Minnesota, hanno dimostrato con sette ricerche sperimentali, che le esperienze di apprendimento di tipo cooperativo erano più gradite di quelle competitive (o individualistiche).

Terry Olrick psicologo dello sport all’Università Ottawa, ha scoperto che la stessa cosa vale al di fuori dell’ambito scolastico. Dopo aver insegnato a dei bambini dei giochi non competitivi, ha potuto constatare che la totalità delle bambine ed i due terzi dei bambini preferivano questo tipo di ricreazione ai soliti giochi che esaltavano la competizione. Kohn sostiene che la competizione è spesso causa di ansia. Anche se "... in fondo è un gioco", la posta psicologica è molto alta; e la possibilità di uscire perdenti provoca uno stato emotivo che interferisce sul rendimento.

Insomma, sembra che proprio la competizione non promuova l’eccellenza; e questo per un motivo semplicissimo: cercare di far bene e cercare di battere gli altri, sono semplicemente due cose diverse. Questa diversità deriva dalla diversa motivazione che ognuno di questi due scopi ha alla base. Ciò spiega perché la competizione può ostacolare il successo.

La teoria motivazionale, dunque, offre degli ottimi spunti per capire meglio il problema. Gli individui rendono al massimo nelle attività a loro particolarmente piacevoli, quelle attività per le quali hanno una motivazione intrinseca. Molti studi hanno dimostrato (afferma Kohn) che un fattore motivante esterno (motivazione estrinseca) come il denaro, i bei voti scolastici o le lusinghe della competizione, semplicemente non bastano a farci ottenere risultati altrettanto buoni, come quando siamo impegnati in un’attività che è di per sé gratificante. Come dire che un qualsiasi professionista è tale perché crede in ciò che fa’, a prescindere da quello che guadagna.

Da questi studi sulla motivazione intrinseca ed estrinseca, si evince che la voglia di fare meglio degli altri (la competizione, dunque) agisce esattamente come un qualunque altro fattore motivante estrinseco. In una situazione di competitività non è l’attività in sé ad essere gratificante, ma le sue conseguenza, la "...soddisfazione di sentirsi migliori di qualcun altro".

Ma allora, davvero è meglio collaborare? Davvero, la competizione è soltanto negativa?

Da quanto detto, si direbbe che uno stile collaborativo è senz’altro da preferire, all’interno di un gruppo, rispetto ad uno stile competitivo. A noi, sostenitori di Eraclito, però, piace individuare la positività della competizione, ad un livello superiore: "una competizione al fine di collaborare". Nel fare questo, non facciamo altro che pensare che il progresso dell’umanità, sotto ogni aspetto, sia stato quasi sempre il frutto dello "scontro" (competizione) tra diverse ideologie, diversi approcci alle problematiche filosofiche, politiche, letterarie, psicologiche, giuridiche, scientifiche, sociali, diversi interessi, ecc. che via via si sono presentate all’uomo:

individualità e conformismo, filosofia aristotelica e filosofia platonica, Eraclito e Parmenide, Romani e Greci, Orazi e Curazi, potere spirituale e potere temporale, cultura libresca e metodo sperimentale, Illuminismo e Romanticismo, Comunismo e Fascismo... La storia è fatta di contrasti, di competizioni, ed è in questi che noi individuiamo la fonte dei cambiamenti e del progresso.

Un altro esempio è dato dal titolo di questo capitolo ("Competere o collaborare?"): non è forse, questo titolo la sintesi di una competizione, sia pure teorica, tra la stessa competizione e la collaborazione? E non è questo stesso capitolo il risultato (positivo, a nostro avviso) di questo conflitto?

Noi proporremmo una "competizione collaborativa", un continuo confronto che abbia come obiettivo il progredire insieme; un tipo di impostazione che tenga conto della possibilità reale di collaborare mediante competizione.

Questa formula, che può sembrare paradossale, permette comunque una certa tensione emotiva (frutto dell’ansia della competizione) che se non è eccessiva risulta producente; in più consente di "sfruttare" i vantaggi della collaborazione, sia pure per mezzo della competizione.

ESERCIZI

Qui troverete tantissimi esercizi sulla tecnica e sulla preparazione fisica.

ESERCIZI PREPARAZ. FISICA: Addominali

ESERCIZI TECNICA: Palleggio in avanti - Palleggio indietro - L'attacco - Ricezione

ESERCIZI >> ADDOMINALI

Esercizio 1 Descrizione

a terra con cambe divaricate, mani in alto, flettere il busto una

volta a destra e una volta a sinistta.

Esercizio 2 Descrizione

Esercizio 3 Descrizione

Esercizio 4 Descrizione

Esercizio 5 Descrizione

ESERCIZI >> PALLEGGIO IN AVANTI

Esercizio 1 Descrizione

Trattenendo il pallone, l'allievo imita la corretta esecuzione del palleggio, accentuando la spinta in avanti-alto. Compare quindi la

fase di spinta e quella di ammortizzazione, l'allievo può far

compiere al pallone una breve fase di volo.

Esercizio 2 Descrizione

L'allievo effettua dei palleggi rallentati ad una distanza di 50-

70 cm, usando solamente le braccia e tenendo le gambe semipiegate. Man mano che

migliora il controllo del palleggio, sarà possibile aumentare la

distanza e in questo caso può anche usare gli arti inferiori.

Esercizio 3 Descrizione

I due esercizi visti in precedenza possono essere anche eseguiti in ginocchio, naturalmente variando

l'arto inferiore.

Esercizio 4 Descrizione

Da una distanza di circa 5-6 metri, A palleggia a B, A

dopo aver palleggiato si va a

posizionare in coda alla fila di B. Naturalmente B palleggia a D e si

va a posizionare in coda alla fila, e cosi via. Cercate

di eseguire l'esercizio senza interruzioni per circa 4-5 minuti.

Esercizio 5 Descrizione

A lancia la palla a B che la ferma con le mani in posizione di palleggio e la rilancia ad A con un corretto movimento di spinta.

Esercizio 6 Descrizione

l'allivo palleggia contro il muro facendo rimbalzare il

pallone a terra prima di palleggiarlo. lo stesso

esercizio puo essere fatto a coppia.

Esercizio 7 Descrizione

Ad una distanza di 4-5 metri, due allievi

palleggiano, il passaggio al compagno è preceduto da

un palleggio sul capo.

ESERCIZI >> PALLEGGIO IN AVANTI >> PAGINA 2

Esercizio 8 Descrizione

L' allievo palleggia sul capo per circa 2-3 minuti, cercando di

stare sempre nella stessa posizione.

Esercizio 9 Descrizione

L'allievo effettuando dei palleggi sul capo si va muovendo in

avanti o indietro, o eventualmente seguendo la

linea del campo.

Esercizio 10 Descrizione

A posizionato

vicino la rete, lancia una palla lunga a B

posizionato a fondo

campo. B in palleggio rilancia la palla ad A che questa volta fa un palla corta, B corre e palleggia

nuovamente per A che rilancia

nuovamente una palla lunga a B.

Esercizio 11 Descrizione

L'allievo palleggia contro il muro a diverse altezze

allontanadosi e avvicinandosi

continuamente, così si abitua a variare

l'appoggio degli arti inferiori.

ESERCIZI >> PALLEGGIO INDIETRO

Esercizio 1 Descrizione

Distanti circa 3 metri. A lancia la palla a B, B esegue un palleggio

indietro a C. C in palleggio rilancia la palla ad A. 4, 5

minuti a giro.

Esercizio 2 Descrizione

A effettua un palleggio sulla

testa, si gira e con un palleggio

indietro manda la palla a B, che

ripete la stessa sequenza.

Esercizio 3 Descrizione

A lancia la palla contro il muro e

B palleggia indietro ad A la

palla che è appena

rimbalzata.

ESERCIZI >> ATTACCO

Esercizio 1 Descrizione

A coppie:A da vicino rete

attacca. B dal fondo campo

difende.

Esercizio 2

Divisi in due gruppi su ogni metà campo A palleggia da 6 a 3 e si sposta in 4;

B sul posto 3 palleggia in 4 e si sposta in 2; A dal 4 palleggia in 2 e si sposta in 3;

B da 2 palleggia in 6 per C ed esce eseguendo 10 piegamenti così di seguito.

ESERCIZI >> RICEZIONE

Esercizio 1 A batte su O che riceve dando la palla a C, C alza la palla ad O che schiaccia in diagonale o lungo linea. L' atleta deve eseguire per 10 volte l'esercizio in modo corretto. l'esercizio puo essere eseguito anche da posto 6 con schiacciata da

posto 3, da posto 6 con schiacciata da posto 2, o da posto 1 con schiacciata da posto 2 o 3.

Esercizio 2 Descrizione

A batte sul muro, B raccoglie il rimbalzo in bagher, e

utilizzando il muro invia la palla ad A

nel modo più preciso possibile.

Esercizio 3

A batte. uno dei tre allievi riceve indirizando la palla su E. E alza la palla a uno dei tre ricevitori, che di conseguenza schiaccia.

VARIE

VARIE >> GIF STATICHE

VARIE >> LINK INTERNAZIONALI E NAZIONALI

Qui sono presenti i collegamenti ai siti delle federazioni internazionali e nazionali.

INTERNAZIONALI E NAZIONALI

Fivb (Federazione Internazionale) http://www.fivb.ch

CEV (Confederazione Europea) http://www.cev.lu

Federazioni europee da Fivb http://www.fivb.ch/Links/Links.html

Lega pallavolo serie A maschile http://www.legavolley.it

Lega pallavolo serie A femminile http://legavolleyfemminile.mall.it

Lega pallavolo serie B http://www.legapallavolob.it

Data Project http://www.dataproject.com

FIPAV (Federazione Italiana) http://www.fipav.it

VARIE >> LINK REGIONALI

Qui sono presenti i collegamenti ai siti dei comitati regionali fipav.

COMITATI REGIONALI FIPAV

Fipav Regione Sicilia http://www.fipavsicilia.it/

Fipav Regione Abruzzo http://www.federvolley.it/abruzzo/

Fipav Regione Calabria http://www.federvolley.it/calabria/

Fipav Regione Campania http://www.campania.federvolley.it

Fipav Regione di Bolzano http://www.federvolley.it/bolzano/

Fipav Regione F. V. Giulia http://www.federvolley.it/friuli/

Fipav Regione Lombardia http://www.lombardia.federvolley.it

Fipav Regione Piemonte http://www.piemonte.federvolley.it

Fipav Regione Puglia http://www.puglia.federvolley.it

Fipav Regione Sardegna http://www.federvolley.it/sardegn/a

Fipav Regione Umbria http://www.federvolley.it/umbria/

Fipav Regione Veneto http://www.veneto.federvolley.it

Fipav Regione Emilia Romagna http://www.logikosnet.com/fipav

Fipav Regione Lazio http://www.fipavlazio/winitaly.it

Fipav Regione Liguria http://www.tigullio.net/fipavliguria

Fipav Regione Valle d'Aosta http://www.valdata.com/fipav

VARIE >> LINK PROVINCIALI

Qui sono presenti i collegamenti ai siti dei comitati provinciali fipav.

COMITATI PROVINCIALI FIPAV

Fipav Provincia d'Asti http://www.federvolley.it/asti/

Fipav Provincia di Arezzo http://www.federvolley.it/arezzo/

Fipav Provincia di Bologna http://www.bologna.federvolley.it

Fipav Provincia di Caserta http://www.federvolley.it/caserta/

Fipav Provincia di Chieti http://www.federvolley.it/chieti/

Fipav Provincia di Ferrara http://www.federvolley.it/ferrara/

Fipav Provincia di Firenze http://www.firenze.federvolley.it/

Fipav Provinciale di Frosinone http://www.federvolley.it/frosinone/

Fipav Provincia di Lodi http://www.lodi.federvolley.it

Fipav Provincia di Milano http://www.milano.federvolley.it

Fipav Provincia di Modena http://www.modena.federvolley.it

Fipav Provincia di Novara http://www.novara.federvolley.it

Fipav Provincia di Perugia http://www.federvolley.it/perugia/

Fipav Provincia di Pescara http://www.federvolley.it/pescara/

Fipav Provincia di Piacenza http://www.federvolley.it/piacenza/

Fipav Provincia di Pisa http://www.federvolley.it/pisa/

Fipav Provincia di Ravenna http://www.federvolley.it/ravenna/

Fipav Provincia di Vicenza http://web.tin.it/fipavvi

VARIE >> LIBRI DI VOLLEY

Qui sono presenti i migliori libri di pallavolo scelti da TVolley.

Titolo:"il servizio la schiacciata la ricezione"+ 3 video

Autore:Pabst Miels

Anno di pubblicazione:2000

Pagine:48+ 3VHS Prezzo:L.100.000 (51,65 euro)

Grazie alla sua esperienza derivata da più di 25 anni come

allenatore l'autore ci propone un libro in cui sono racchiuse

le principali informazioni sui fondamentali di servizio

schiacciata e ricezione.Una guida elementare ma completa che può costituire una base per gli allenatori alla prime

armi e per i giocatori stessi.

Titolo:"volleyball" manuale con istruzioni di base per

allenatori e giocatori

Autore:Vieira - Ferguson

Anno di pubblicazione:2000

Pagine:199

Prezzo:L.39.000 (20,14 euro) Una guida in 12 sezioni che attraverso 100 esercizi si pone

lo scopo di costruire correttamente le basi tecniche del

singolo giocatore nei fondamentali di difesa e

attacco.Grazie al linguaggio chiaro e a più di 190 illustrazioni il manuale può diventare un ottimo mezzo di

lavoro sia per gli allenatori che per i giocatori stessi.

Titolo:"la pallavolo storia e tecnica"

Autore:Alfredo Faverzani

Anno di pubblicazione:2000

Pagine:157 Prezzo:L.28.000 (euro 14,46)

Storia, tecnica, alimentazione, preparazione fisica e tante

altre notizie sul mondo della pallavolo. Un volume dedicato

sia agli allenatori che ai giocatori.

Titolo:"la pallavolo dai giovani ai campioni"

Autore:Marco Paolini

Anno di pubblicazione:1998 Pagine:190

Prezzo:L.30.000 (15,49 euro)

Una guida dedicata soprattutto ai giovani allenatori, aiuta a

programmare nel miglior modo possibile gli allenamenti sia

con i giovani giocatori che con dei campioni già affermati.

Titolo: 250 esercizi di riscaldamento e controllo dei

fondamentali con il pallone" Autore:Giovanni Brignole

Anno di pubblicazione: 2000

Pagine:158

Prezzo: L.24.000 (12,39 euro) Una raccolta molto completa di esercizi a tutti i

livelli,facilmente assimilabili.Ampia la descrizione di ogni

esercizio supportata da schede tecniche e illustrazioni,

permette di migliorare le proprie abilità necessarie al gioco durante il corso del proprio impegno in palestra.Molto utile,

ogni allenatore troverà il giusto stimolo per l'invenzione di

nuovi esercizi anche migliori.Un ottima guida caldamente

consigliata anche per allenatori che si impegnano nelle

categorie superiori.

Titolo:"30 giochi competitivi a punteggio speciale per il

condizionamento tattico psicologico nel volley"

Autore:Iams Jim Anno di pubblicazione: 2000

Pagine:125

Prezzo:L.25.000 (12,91 euro)

Aggiornamento di un manualetto di esercizi nato qualche

anno fa e perfezionato in quest'ultima edizione grazie all'aiuto di Jim Iams aiuto-allenatore della nazionale

femminile Usa!

Titolo:"applicazioni pratiche della psicologia

nell'allenamento della pallavolo" Autore:Luca Cuccarini - Bechi Babrielli Maurizio

Anno di pubblicazione:2000

Pagine:110

Prezzo:L:30.000 (15,49 euro) Manuale di grande utilità nella gestione delle energie

psichiche e delle personalità dei giocatori durante la

stagione nel gruppo squadra.Tratta anche di tecniche

particolari e di strumenti di valutazione molto approfonditi.

Titolo:"pallavolo: la preparazione muscolare"+ 2 video

Autore:Umili - Brignole

Anno di pubblicazione:2000

Pagine:36+ 2 VHS Prezzo:L:80.000 (41,32 euro)

La pallavolo moderna richiede qualità fisiche sempre più

esagerate.La preparazione fisica e curata sempre più per

rendere il giocatore veloce potente e dinamico;l'allenamento si è evoluto in questo senso e in

queste due video cassette accompagnate da un validissimo

volume racchiudono le principali tecniche di allenamento

per la preparazione muscolare; il programma proposto è di

54 esercizi realizzati con macchine o a corpo libero e sempre curati nei minimi particolari!Fondamentale per chi

vuole eseguire un programma di preparazione fisica serio

ed ad alto livello.

Titolo:"Pallavolo didattica e gioco"

Autore:Enrico Bazan Anno di pubblicazione:1997

Pagine:139

Prezzo:L.32.000 (16,3 euro)

Una basilare ma completa guida alla pallavolo giovanile (dagli 8 ai 16 anni) articolata in 4 sezioni:attività

propedeutica, tecnica individuale,tattica

individuale,fondamentali tattici di squadra.Comprende

anche numerosi esercizi illustrati i e spigati molto chiaramente.

Titolo:"l'incidente: l'avversario da schiacciare"

Autore:Pace - Paolini - Pistelli

Anno di pubblicazione:1995 Pagine:151

Prezzo:L.28.000 (14,46 euro)

La relativa rarità degli infortuni nella pallavolo non deve

indurre chi si occupa della squadra a trascurare il problema. Questo volume si occupa dei principali infortuni

, delle cure più adeguate per limitare i danni e ridurre i

tempi di recupero, oltre che delle precauzioni da adottare

per evitarli.

Titolo:" la pallavolo lo sport dell'intelligenza veloce"

Autore:Simone Mazzali Anno di pubblicazione:1994

Pagine:159

Prezzo:L.24.000 (12,39 euro)

La pallavolo si basa sull'anticipare mentalmente le proprie azioni in base alle possibili traiettorie della palla ma

soprattutto nell'anticipazioni delle azioni

dell'avversario.Questo libro propone un metodo di

allenamento basato sulla visione del giocatore come "velocista della mente"

In questo link è possibile visualizzare tutti i regolamenti ufficiali della FIPAV:

http://portal.federvolley.it/portal/page?_pageid=82,1&_dad=portal&_schema=PORTAL

Costituzione

Lo sport della pallavolo, nato nel 1895 negli Stati Uniti, fu praticato in Italia nell'anteguerra,

soprattutto in ambito militare (il primo campionato, nel 1923, venne vinto dalla Guardia di Finanza di Roma). A partire dal 1° gennaio 1929 la Federazione Italiana Palla a Volo (FIPV) fu

disciplinata nell'ambito dell'Opera Nazionale Dopolavoro (il primo titolo, assegnato nel 1930, fu

vinto dalla Azogeno di Vado Ligure). Nel dopoguerra, sciolta l'OND, la nuova Federazione

Italiana Pallavolo si costituì a Bologna il 31 marzo 1946. Un anno dopo, il 17 agosto 1947, l'organismo entrò a far parte come "aderente" del CONI e nello stesso 1947 fu tra i membri

fondatori della Federazione Internazionale (FIVB). Nel 1948, a Roma, la neo Federazione

organizzò sui campi del Foro Italico il primo Campionato europeo. La FIPAV divenne membro

effettivo del CONI nel 1957. Riconosciuti dalla Federazione operano la Lega Nazionale Pallavolo (fondata a Bologna l'11 marzo 1973) dalla quale, il 20 settembre 1987 ad Abano Terme, è nata

la Lega Pallavolo Serie A Femminile. Denominazione: Federazione Italiana Pallavolo

dall'origine, sigla prima FIPV e quindi FIPAV. Sedi federali: Roma dall'origine Primo campionato

italiano: 1946 (maschile e femminile). 1994 (beachvolley umaschile e femminile) Prima

presenza ai Giochi Olimpici: 1976. 1996 (beachvolley).

In questo link è possibile visualizzare tutte le regole ufficiali e non del gioco della pallavolo:

http://portal.federvolley.it/portal/page?_pageid=82,337565&_dad=portal&_schema=PORTAL