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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA Dipartimento di Scienze teoriche e applicate - DiSTA Laurea triennale in SCIENZE DELL'AMBIENTE E DELLA NATURA TESI DI LAUREA CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA E ANALISI CHIMICO-FISICHE DI ACQUE IN ALTA MONTAGNA Relatore: Prof. Andrea Pozzi Correlatore: Dott. Franz Livio Correlatore: Dott. Gilberto Binda Candidata: Valentina Martinelli Matricola N. 713988 Anno Accademico 2015/2016

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA

Dipartimento di Scienze teoriche e applicate - DiSTA

Laurea triennale in

SCIENZE DELL'AMBIENTE E DELLA NATURA

TESI DI LAUREA

CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA E ANALISI

CHIMICO-FISICHE DI ACQUE IN ALTA MONTAGNA

Relatore: Prof. Andrea Pozzi

Correlatore: Dott. Franz Livio

Correlatore: Dott. Gilberto Binda

Candidata:

Valentina Martinelli

Matricola N. 713988

Anno Accademico 2015/2016

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A mio nonno,

grandissimo alpinista,

che ha saputo trasmettermi

l’amore per la Montagna.

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INDICE

1. INTRODUZIONE ................................................................................................... 1

1.1 Introduzione e obiettivi ..................................................................................... 1

2. IDROCHIMICA DEGLI ACQUIFERI ALPINI .............................................4

2.1 Caratteristiche generali .....................................................................................4

2.1.1 Composizione chimica delle acque ......................................................................4

2.1.2 Circolazione delle acque sotterranee .................................................................. 12

2.2 Analisi idrogeochimiche degli acquiferi ...................................................... 14

3. AREA DI STUDIO .................................................................................................. 21

3.1 Inquadramento geografico e geomorfologia dell’area ............................... 21

3.2 Inquadramento geologico - strutturale ........................................................ 34

3.2.1 Le Alpi e i domini alpini ................................................................................... 34

3.2.2 Geologia e litologia dell’area di studio ................................................................ 36

3.2.2.1 Geologia della Val Ventina ....................................................................... 39

3.2.2.2 Geologia dell’area del lago Pirola .............................................................. 40

4. RISULTATI E DISCUSSIONE .......................................................................... 43

4.1 Introduzione ................................................................................................ 43

4.2 Analisi dell’assetto idrogeologico ............................................................... 46

4.3 Analisi dei trend temporali su parametri chimico-fisici e contenuto

ionico. ......................................................................................................... 54

5. MATERIALI E METODI .................................................................................... 69

5.1 Preparazione materiale per campionamento ............................................... 69

5.1.1 Lavaggio barattoli per campionare .................................................................... 69

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5.1.2 Lavaggio provette per IC ................................................................................. 70

5.1.3 Taratura sonde da campo ................................................................................. 70

5.2 Campionamento e analisi in situ .................................................................. 71

5.2.1 Campionamento per analisi ex situ .................................................................... 71

5.2.2 Preparazione provette IC ................................................................................. 71

5.2.3 Determinazione della durezza e dell’alcalinità .................................................... 72

5.2.4 Misura dei parametri chimico-fisici con strumentazione portatile ....................... 73

5.3 Analisi ex situ .................................................................................................. 73

5.3.1 Titolazione carbonati – bicarbonati .................................................................. 73

5.3.2 Analisi con cromatografia ionica ...................................................................... 73

5.3.3 Trattamento statistico dei dati .......................................................................... 74

5.3.3.1 Principal component analysis (PCA) ................................................................ 75

5.3.3.2 Interpolazione spaziale con algoritmo IDW .............................................. 76

6. CONCLUSIONI ...................................................................................................... 77

7. APPENDICE ............................................................................................................ 80

7.1 Specifiche tecniche del cromatografo ionico ..................................................... 80

7.2 Tabelle con dati chimici di ogni campionamento ............................................. 81

7.2.1 Parametri chimico – fisici ................................................................................. 81

7.2.2 Anioni ............................................................................................................ 84

7.2.3 Cationi ............................................................................................................ 87

7.2.4 Elementi in traccia ........................................................................................... 90

7.3 Tabella con siti di campionamento e relativi periodi ........................................ 93

7.4 Coordinate UTM zone32N e quota dei siti di campionamento ........................ 93

7.5 Inductively Coupled Plasma – Mass Spectrometry (ICP – MS) ................ 94

7.5.1 Lavaggio dei barattoli per ICP - MS .................................................................. 94

7.5.2 Preparazione dei barattoli per l’analisi ............................................................... 94

7.5.3 Analisi con ICP - MS ....................................................................................... 95

8. BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................... 96

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1. INTRODUZIONE

1.1 Introduzione e obiettivi

Il lavoro di tesi affronta lo studio e la caratterizzazione idrogeologica di un’area in Alta

Valmalenco (SO), costituita dalla Val Ventina, una zona proglaciale, e l’area adiacente, lacustre, in

cui è presente il lago Pirola.

L’area dei due bacini idrografici, sopra indicati, è oggetto di studio dai primi anni 2000,

inizialmente tramite singoli campionamenti annuali per la definizione dei parametri chimico-fisici

delle acque, attraverso l’analisi di pochi siti di campionamento; successivamente tramite:

approfondimenti sul chimismo delle acque, analisi stagionali di elementi maggioritari con

cromatografia ionica e analisi di elementi in traccia con spettrometria di massa al plasma; lo studio

di dinamiche che influenzano la circolazione delle acque, tramite misure di giacitura e

modellizzazione delle fratture nella zona del lago Pirola; lo studio dei sedimenti di siti più

rappresentativi della valle, attraverso un trattamento mediante attacchi acidi totali (con HCl e

HNO3) e sequenziali, per valutare qualitativamente e quantitativamente gli elementi

potenzialmente rilasciati dall’interazione acqua-roccia in particolari condizioni.

La raccolta dei campioni di acqua è stata effettuata nel periodo estivo degli anni 2014 e 2015, sia

per questioni logistiche, a causa di un forte innevamento invernale dell’area, sia per valutare il

trend temporale durante il periodo di ablazione glaciale.

L’obiettivo principale della tesi è stato quello di raccolta di dati idrochimici con la finalità di

identificare un assetto idrogeologico della Val Ventina per poterla caratterizzare, selezionando

diversi siti di campionamento, scelti in base alla presenza di sorgenti d’acqua lungo l’intera valle e

nel bacino idrografico adiacente del lago Pirola.

In secondo luogo è stata svolta una valutazione del trend temporale di concentrazione della

composizione chimica delle acque e della variazione di parametri chimico – fisici fondamentali.

La composizione chimica delle acque è in stretta relazione con la litologia dell’area analizzata, per

cui è stata valutata anche l’interazione dei due comparti ambientali, attraverso l’associazione dei

dati ottenuti con le analisi chimiche e lo studio della geologia e litologia dell’area di indagine.

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In questo studio è stata approfondita la variazione stagionale di concentrazione di alcuni elementi

chimici nei diversi siti della valle e sullo studio di marker geochimici, come il rapporto tra calcio e

magnesio (tutto ciò sempre correlato ai litotipi dominanti della zona).

Nell’intera Val Ventina è presente, infatti, la serpentinite, costituita principalmente da serpentino

(Mg3(Si2O5)(OH)4), nel quale lo ione che tende principalmente ad andare in soluzione risulta

essere il magnesio; la serpentinite si trova anche in tutta l’area a sud della faglia E – O, che divide

in due il lago Pirola.

A nord della faglia, l’area è costituita, invece, da paragneiss e anfibolite, contenente orneblenda

(Ca2(Mg, Fe, Al)5 (Al, Si)8O22(OH)2) e plagioclasio.

Vi sono rocce ricche in feldspati, alluminosilicati come ortoclasio (KAlSi3O8) plagioclasio (albite

NaAlSi3O8 e anortite CaAl2Si2O8).

La presenza di questi minerali, ricchi in calcio, è evidenziata da una maggiore concentrazione di

questo ione nelle acque della zona settentrionale dell’area di studio.

Tramite analisi geostatistiche si è notato un elevato rapporto calcio/magnesio nelle acque

analizzate in prossimità del fronte glaciale della Val Ventina.

In questa zona affiorano oficalciti, rocce ricche in calcio (capitolo 3.2 Inquadramento geologico –

strutturale).

Val Ventina e area del lago Pirola sono due bacini idrografici distinti, che presentano similitudini

e differenze a livello idrogeologico, rilevate nella zona di contatto tramite un primo studio della

zona (Pedroni F., 2015; Mazza C., 2015); dati i primi risultati, si è pensato di approfondire tramite

una caratterizzazione dello stato di fratturazione dell’ammasso roccioso nell’area del lago Pirola,

che ha permesso di ipotizzare, con buona accuratezza, le direzioni di flusso dell’acqua sotterranea

(Mazza C., 2015).

A partire da questa caratterizzazione, uno degli obiettivi di tesi è stato quello di svolgere un

ulteriore studio della zona della Val Ventina, tramite analisi chimiche di sorgenti in prossimità

della zona di contatto fra i due bacini.

A tal fine si è cercato di identificare zone della valle, contraddistinte ognuna da sorgenti d’acqua

differenti e con una caratteristica composizione chimica, in modo da poter individuare le possibili

fonti di elementi chimici maggioritari ed elementi in traccia e capire lo stato di circolazione delle

acque sotterranee e superficiali.

Questi studi, oltre a definire lo status idrogeologico, possono dare utili indicazioni sull’eventuale

impatto antropico; infatti, valutando il valore di concentrazione naturale di alcuni metalli nelle

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acque analizzate in funzione del chimismo delle rocce, è possibile valutare se alcuni elementi

risultano, invece, di origine antropica.

Durante l’indagine del 2013, in seguito ad analisi di elementi in traccia è stata riscontrata

un’anomala concentrazione di nichel; a partire da questo risultato è stato ritenuto opportuno uno

studio dei sedimenti in alcuni siti, per verificare possibili fenomeni di weathering e di dissoluzione,

legati alle piogge acide (Pedroni F., 2015).

Gli elementi in traccia, nelle acque di sistemi montani, possono avere diverse origini: tra quelle

naturali, le principali sono la dissoluzione di ioni dei minerali presenti nelle rocce e la deposizione

atmosferica di seaspray; mentre, tra le forme di origine antropica, abbiamo sempre deposizione

atmosferica per trasporto di particolato atmosferico.

Elementi come V, Sb, Zn, Cd, Mo e Pb hanno prevalentemente origini antropogeniche; elementi

come Fe, Mn, U e Ti possono provenire dalle rocce; mentre il contributo marino risulterebbe

davvero minimo (Gabrielli P. et al., 2008).

Il nichel, insieme a metalli come Al, Ti, Mn, Sn, Co, Cr, è ritenuto litofilo e quindi la sua mobilità

è maggiormente legata alla dissoluzione delle rocce.

Le Alpi sono ritenute un sito ideale per l’accumulo delle emissioni antropogeniche, essendo

localizzate presso regioni particolarmente industrializzate; durante l’inverno gli inquinanti

atmosferici rimangono spesso intrappolati a livello dell’alpine boundary layer, andando a depositarsi,

sotto forma di precipitazioni nevose, sui ghiacciai, le cui acque di scioglimento estivo ne

risulterebbero contaminate (Gabrielli P. et al., 2008).

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2. IDROCHIMICA DEGLI ACQUIFERI ALPINI

2.1 Caratteristiche generali

2.1.1 Composizione chimica delle acque

L’acqua presente in atmosfera, sulla superficie terrestre, nel suolo o nelle rocce contiene in

soluzione una significativa varietà di sostanze minerali e organiche e particelle in sospensione

(Kegley S. E., Joy A., 1998).

La sua composizione chimica presenta principalmente i componenti elencati nella tabella di figura

2.1.

La composizione chimica delle acque naturali è molto variabile e dipende da diversi meccanismi, i

quali possono trasferire componenti gassosi o solidi dall’atmosfera o dal substrato roccioso

all’interno dell’idrosfera.

I processi, che avvengono, sono reazioni chimiche, che dipendono da numerosi fattori

ambientali; l’acqua è, infatti, considerata un solvente universale per la sua abilità di dissolvere

almeno in parte quasi tutte le sostanze con cui viene in contatto (Ralph C., 1987).

Composizione e concentrazione delle sostanze disciolte nell’acqua sotterranea dipendono dalla

composizione chimica delle precipitazioni, da reazioni chimiche e biologiche, sulla superficie

terrestre e all’interno del suolo, e dalla composizione dei minerali degli acquiferi e dello strato

roccioso attraverso cui l’acqua si muove (Ralph C., 1987).

La maggior parte degli ioni disciolti proviene dai minerali presenti nelle rocce su cui scorrono e

questo vale sia per le acque superficiali che per quelle sotterranee, le quali sono strettamente

relazionate: il flusso d’acqua sotterraneo può, a un certo punto, raggiungere la superficie terrestre

e venire a giorno, seguendo le linee di fratturazione del comparto roccioso e la differenza di

pressione idrostatica, e costituire una sorgente d’acqua che andrà ad alimentare l’acqua

superficiale, contribuendo così alla sua composizione chimica (McKnight T. L., 2005).

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COMPONENTI MAGGIORI SORGENTI

Carbonati (CO3-2) Calcari, Dolomiti

Bicarbonati (HCO3-)

Solfati (SO4-2) Ossidazione solfuri; gesso; anidrite; rifiuti industriali

Cloruri (Cl-) Rocce sedimentarie (evaporiti); rocce ignee; fonti antropiche

Fluoruri (F-) Anfiboli (orneblenada), apatiti, fluoriti, miche

Nitrati (NO3-)

Atmosfera; legumi; piante in decomposizione; escrementi di animali; fertilizzanti

Silicati (SiO2) Feldspati, minerali con ferro-magnesio e argilla, silicati amorfi, opale,…

Ferro (Fe)

Sorgenti naturali: rocce ignee come anfiboli, miche, minerali ferromagnesiaci, solfuri ferrosi; piriti di ferro, magnetiti; rocce di arenaria come ossidi, carbonati, solfuri o iron clay minerales. Sorgenti antropiche: tubature, pompe, serbatoi di stoccaggio, oggetti in ferro e acciaio che possono entrare in contatto con l'acqua

Manganese (Mn+2) Sedimenti, suolo; rocce sedimentarie e metamorfiche, biotiti e anfiboli che contengono grosse concentrazioni di manganese

Solidi disciolti Minerali

Calcio (Ca+2) Anfiboli, feldspati, gesso, pirosseni, aragoniti, calciti, dolomiti, minerali argillosi

Magnesio (Mg+2) Anfiboli, olivine, pirosseni, dolomiti, magnesiti, minerali argillosi

Sodio (Na+) Feldspati (albite), minerali argillosi, evaporiti, salgemma, mirabiliti; rifiuti industriali

Potassio (K+) Feldspati, feldspatoidi, miche, minerali argillosi

Figura 2.1. Tabella: componenti principali, e relative sorgenti, della composizione chimica dell’acqua (Ralph C.,

1987).

La roccia viene decomposta per effetto di trasformazioni chimiche (chemical weathering), che

nell’insieme costituiscono i cosiddetti processi di alterazione chimica; questi spesso avvengono

successivamente ad altri processi legati all’alterazione meccanica, processi fisici dovuti ad esempio

all’azione abrasiva del vento o la frammentazione della roccia dovuta al congelamento dell’acqua

(Stumm W., Morgan J. J., 1996).

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L’attacco chimico richiede quasi sempre la presenza dell’acqua e le alte temperature favoriscono

queste reazioni, ma l’attività chimica agisce ugualmente anche in zone fredde.

Più ampia è la superficie esposta, più efficace risulta il processo; quindi, a parità di composizione,

i materiali a grana più fine si decompongono più velocemente di quelli a grana più grossolana.

Ossidazione, idrolisi e carbonatazione sono tre reazioni chimiche che vedono coinvolti acqua,

ossigeno e diossido di carbonio.

L’acqua percolante, arricchita di anidride carbonica, presente nel suolo e in prodotti di

decomposizione della vegetazione locale, funge da acido debole e la presenza di O2 e CO2 ne

aumenta la capacità di reagire.

Molti minerali, a contatto con l’ossigeno disciolto nell’acqua, subiscono l’ossidazione, come

minerali del ferro e dell’alluminio, che in seguito a reazione producono ossidi.

Le rocce ignee sono particolarmente suscettibili al processo di idrolisi; i loro minerali silicatici si

combinano facilmente con l’acqua.

La carbonatazione è la reazione tra diossido di carbonio, disciolto in acqua, e le rocce

carbonatiche; si genera un prodotto estremamente solubile (bicarbonato di calcio), che può essere

facilmente rimosso dal dilavamento superficiale o dalle acque percolanti e può essere ridepositato

in forma cristallina quando l’acqua evapora (McKnight T. L., 2005).

È importante considerare tutte le possibili fonti di acqua sotterranea.

Essa deriva per la maggior parte dalle precipitazioni atmosferiche, quindi da acqua che scorre in

superficie, in parte penetra in profondità, tramite i vuoti interstiziali nel suolo, e poi all’interno del

comparto roccioso, fino alla formazione di vere e proprie falde; ciò fa sì che la composizione

chimica delle acque venga influenzata sia dal contenuto delle precipitazioni, che dalla componente

minerale del sottosuolo.

Si ritiene, quindi, opportuno che, per lo studio di aree montane e la caratterizzazione delle acque,

sia necessario prendere in considerazione anche l’aspetto climatico e meteorologico, dato che la

composizione chimica delle acque e dell’accumulo nevoso sul ghiacciaio può venir influenzata da

eventi come il fenomeno delle piogge acide e della loro, conseguente, azione di weathering.

Le precipitazioni liquide veicolano diversi composti chimici e sono perciò oggetto di studio, ad

esempio per la stima dell’effetto delle precipitazioni, quantificando la misura dei cloruri,

solitamente derivanti da seaspray atmosferico, ma non solo.

Sono stati svolti studi, sulla composizione delle acque dei fiumi, riguardanti l’influenza dei sali

trasportati in atmosfera, trovando elevate percentuali di depositi di cloruro (Cl-) e di ioni solfato

(SO4-2) (John D. Hem, 1986).

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Spesso, per scopi meteorologici, è stata studiata la composizione di precipitazioni liquide, senza

tener conto dell’influenza della precedente o successiva precipitazione secca; i geochimici

comunque ritengono importante valutare entrambe le tipologie (John D. Hem, 1986).

Si parla di wet deposition quando si ha a che fare con tutti quei componenti depositati sulla

superficie terrestre da neve e pioggia, in cui sono disciolti; si parla, invece, di dry deposition in caso

di particelle e gas (soprattutto SO2, HNO3 e NH3) depositati sulla superficie in assenza di neve e

pioggia (Stumm W., Morgan J. J., 1996).

La composizione delle precipitazioni è molto variabile, nel tempo e nello spazio.

I componenti principali riscontrati sia nella pioggia che nella neve sono: SiO2, Al, Fe, Ca, Mg, Na,

K, NH4, HCO3, SO4, Cl, NO2, NO3 (John D. Hem, 1986).

L’ossidazione di carbonio, zolfo e azoto sono il risultato dell’utilizzo dei combustibili fossili che

modificano le reazioni di ossido-riduzione in atmosfera.

Nelle reazioni redox il trasferimento di elettroni è accoppiato al trasferimento di protoni per

mantenere il bilancio; una modifica di questo bilancio corrisponde a una successiva modifica del

bilancio acido-base.

Le reazioni di ossidazione di C, S e N causano un aumento delle reazioni di riduzione in questi

cicli elementari.

Conseguenza di queste reazioni sarà una produzione netta di ioni H+ nelle precipitazioni

atmosferiche, che può danneggiare ecosistemi terrestri e acquatici.

Le reazioni che vanno a influire sulle precipitazioni acide sono: reazioni di ossidazione che

portano alla formazione di ossidi come CO2, SO2, SO3, H2SO4, NO, NO2, HNO2, HNO3;

assorbimento dei gas, all’interno di nuvole, gocce d’acqua e nebbia, e l’interazione degli acidi,

come SO2 x H2O, H2SO4, HNO3, con NH3 e i carbonati del particolato atmosferico; parziale

dissoluzione degli aerosol nell’acqua (in questo caso gli aerosol sono il prodotto dell’interazione

tra vapori e particolato e spesso contengono (NH4)2SO4 e NH4NO3). (Stumm W., Morgan J. J.,

1996).

La CO2 può provenire da fonti antropiche, ma anche da fonti di emissione naturali, come le

eruzioni vulcaniche, i fulmini e alcuni microorganismi, le quali possono emettere composti di

questo genere, che viaggiano in atmosfera anche per lunghe distanze prima di essere deposti sul

suolo o sulle acque superficiali come piogge acide.

Molte sostanze inquinanti dell’acqua sotterranea sono purtroppo dovute all’uomo: il risultato

dell’eliminazione dei rifiuti sulla superficie terrestre, negli scavi superficiali incluse fosse settiche,

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o attraverso pozzi profondi e miniere; l’uso di fertilizzanti e altre sostanze chimiche per

l’agricoltura; perdite dalle fogne, serbatoi di stoccaggio e condutture; e allevamenti di animali.

Anche la composizione minerale e le caratteristiche fisiche di suoli e rocce possono essere

influenzate dagli inquinanti in diversi modi.

Se l’inquinante entra nel suolo potrà essere disperso longitudinalmente e lateralmente in materiali

granulari, riducendo la propria concentrazione in direzione del movimento.

Sostanze organiche e altri materiali biodegradabili tendono ad essere, invece, distrutti

dall’ossidazione e dall’azione dei batteri nella zona insatura del terreno.

Alcuni materiali, come argilla e materia organica, tendono ad adsorbire metalli in traccia e alcuni

inquinanti organici complessi e in tal modo riducono la loro concentrazione e movimento nel

sottosuolo.

Le caratteristiche idrauliche del suolo e delle rocce determinano il percorso degli inquinanti; le

sostanze disciolte nell’acqua si muovono con essa, ad eccezione di quelle ritardate o bloccate

dall’adsorbimento (Ralph C., 1987).

Gli elementi presenti nelle acque, così come in altri comparti ambientali, possono essere

suddivisi, in base alla loro abbondanza, in elementi maggioritari, minoritari e in traccia.

I primi si riferiscono agli elementi principali e presenti in alte concentrazioni (figura 2.1); gli

elementi minoritari sono quelli con concentrazione variabile tra lo 0,1% e 1%; mentre gli elementi

in traccia (figura 2.2) hanno concentrazioni che non superano gli 0,1 mg/L.

Sono presenti 90 elementi in traccia in natura sulla Terra, per la maggior parte metalli, e sono

distribuiti nei diversi comparti ambientali in diverse concentrazioni.

La crosta terrestre è la principale sorgente naturale di questi elementi; la sua composizione

prevalente è costituita da O, Si, Al, Fe, Ca, Na, K, Mg (Fifield & Haines, 2000).

La distribuzione ambientale degli elementi in traccia è davvero complessa e dipende da diversi

fattori sia fisici che chimici, come la radiazione, lo weathering, il pH, le reazioni redox, la solubilità e

molti altri.

L’acqua, attraverso processi di weathering e leaching, oppure portando in soluzione e reagendo con i

materiali che attraversa, può mobilitare e distribuire gli elementi in traccia, esattamente come

avviene per elementi maggioritari o minoritari.

Vi possono essere anche input atmosferici per trasferimenti di materiali, come eruzioni

vulcaniche, incendi e seaspray, che contribuendo alla formazione di aerosol e particolato risultano

la principale sorgente per la circolazione a livello globale di elementi in traccia (Fifield & Haines,

2000).

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Figura 2.2. Elementi in traccia in acque lacustri, fluviali e marine.

Alcuni elementi in traccia nelle acque sotterranee o superficiali sono presenti come colloidi in

sospensione o fissati da sostanze organiche o minerali.

Molti non rimangono a lungo disciolti in acqua e rimangono accumulati nei sedimenti.

La forma chimica in cui si presentano questi elementi dipende dalla natura delle altre specie

presenti, dal pH, dalla natura degli ioni metallici (Fifield & Haines, 2000).

Alcuni elementi in traccia possono derivare dall’attività umana e costituire un possibile

inquinante.

Attività in genere attribuibili a: estrazioni e lavorazioni dei minerali, combustione dei combustibili

fossili, processi industriali, agricoltura (fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi), liquami e rifiuti

domestici o dell’agricoltura, mezzi di trasporto e attività nucleari.

I metalli pesanti, all’interno dell’acqua, potrebbero derivare dalle precipitazioni atmosferiche,

leaching o scarico, dalla litosfera, o direttamente dall’ambiente acquatico (Fifield & Haines, 2000).

Generalmente, le variazioni degli elementi in traccia non sono indipendenti, ed è stato evidenziato

che esistono correlazioni tra elementi in traccia ed elementi maggioritari. Queste correlazioni

permettono di isolare gruppi di elementi, che presentano simile comportamento durante il

weathering e il trasporto; danno informazioni non solo riguardo l’origine, ma anche sui meccanismi

che controllano il trasporto degli elementi nelle acque superficiali.

Sono stati svolti diversi studi sulla neve delle Alpi, portando ad una distinzione di alcuni gruppi di

metalli in traccia (figura 2.3).

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Si è scoperto che un marcato contributo di elementi in traccia da parte del carbonato e una buona

relazione con Ca2+ e Mg2+ indica che rocce carbonatiche (come ad esempio le Dolomiti)

influenzano molto le concentrazioni di Ti, U, Mn e Fe.

V, Sb, Pb, Cd, Zn e Mo sono collegati con gli acidi antropogenici SO42- e NO3

- e sono in maggior

concentrazione rispetto il contributo della crosta terrestre; ciò suggerisce un’origine

antropogenica.

In particolare il rapporto tra Pb, V e Sb suggerisce un prevalente contributo da parte di emissioni

del traffico stradale, mentre l’occasionale collegamento tra Fe e Cr riflettono la meccanica

abrasione da parte dei componenti ferrosi dei veicoli.

La relazione tra i componenti antropogenici SO42-, NO3

-, V, Sb, Zn, Cd, Mo, Pb e i componenti

marini Na+ e Cl- dell’aerosol può provenire dal trasporto comune attraverso le masse d’aria dal

mare verso siti alpini, attraverso aree industrializzate della pianura.

L’origine degli altri elementi in traccia è meno chiara.

Ag non mostra un collegamento con gli acidi antropogenici, ma è possibile attribuirgli un’origine

prevalentemente antropogenica, dato che il contributo della crosta terrestre è trascurabile.

Altri elementi in traccia come Cr, Co, Cu e Ba vengono in genere attribuiti ad origini crostali

(Gabrielli et al., 2008).

Figura 2.3. Cluster analysis dei principali componenti estratti all’interno del data set.

PC1: divisione degli elementi in traccia in due sottogruppi composti da Ti, U, Mn, Fe, Ba, Cu, Co, Cr (elementi

della crosta terrestre) e V, Sb, Zn, Cd, Mo, Pb, Ag, Bi (elementi antropogenici).

PC2: divisione degli elementi in traccia in due sottogruppi composti da SO4 2- e NO3

- (acidi antropogenici) e Na+ e

Cl -(componenti marini).(Gabrielli et al., 2008).

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Sulle Alpi, e in zone con un certo tipo di condizioni climatiche, in relazione allo studio delle

acque, occorre prendere in considerazione, oltre alle precipitazioni atmosferiche, anche un altro

tipo di sorgente: il permafrost; vengono perciò studiate forme periglaciali, come i rock glacier, che

contengono del ghiaccio, di origine glaciale o criotica.

Il ghiaccio, in fase di scioglimento, può andare a creare un ulteriore apporto idrico agli acquiferi

(figura 2.4).

In particolare il permafrost di tipo temperato è molto sensibile al cambiamento climatico, il

ghiaccio nel sottosuolo, negli strati più superficiali, può sciogliersi anche per modesti aumenti

della temperatura (Francani et al., 2011).

Inoltre il permafrost, oltre al ghiaccio, comprende anche zone scongelate o talik, in cui è presente

acqua allo stato liquido (French H. M., 1996).

In questo caso l’acqua si trova all’interno di uno strato impermeabile, per cui può muoversi solo

all’interno dei talik, i quali possono essere aperti o chiusi, nel primo caso a contatto con lo strato

attivo, nel secondo completamente chiusi dallo strato impermeabile di permafrost (French H. M.,

1996).

La presenza del permafrost e dello strato attivo superficiale, che può contenere acqua allo stato

liquido nei periodi più caldi, influisce sull’acqua sotterranea e la sua circolazione (French H. M.,

1996).

Le basse temperature delle aree periglaciali riducono le reazioni e dissoluzioni, ma nello stesso

tempo, dato che la CO2 aumenta la sua solubilità con le basse temperature, si avrà un aumento di

solubilità di calciti, dolomiti e gesso.

La composizione chimica delle acque del permafrost dipende principalmente dal tempo di

residenza dell’acqua negli strati sotterranei e dalla composizione minerale dell’acquifero; infatti la

bassa solubilità dei solidi è spesso associata al flusso piuttosto rapido dell’acqua.

È solito trovare acqua povera di minerali disciolti, date le basse temperature e, in alcuni casi, per

la bassa concentrazione di CO2, che diminuisce la solubilità dei carbonati.

La CO2 inibisce la ridissoluzione di carbonati e solfati precipitati durante l’iniziale formazione del

permafrost (French H. M., 1996).

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Figura 2.4. Movimento dell’acqua sotterranea in presenza di permafrost.

2.1.2 Circolazione delle acque sotterranee

La circolazione delle acque all’interno del comparto roccioso dipende da diversi fattori, fra cui la

litologia, la fratturazione, la porosità e la permeabilità della roccia.

Il movimento dell’acqua sotterranea è possibile fino ad una certa profondità, infatti, oltre i 10 km

risulta quasi immobile, poiché, a causa dell’enorme pressione esercitata dalle rocce soprastanti, le

vie di scorrimento, come pori e fratture, sono quasi nulle.

La quantità d’acqua che può essere contenuta in un mezzo sotterraneo dipende dalla sua porosità

e permeabilità.

La porosità corrisponde alla percentuale di vuoti (pori e fratture) presenti in un’unità di volume;

affinché le acque possano attraversare il suolo è necessario che i pori siano collegati fra loro e

presentino uno spessore tale da non ostacolarne lo scorrimento (McKnight T. L., 2005; Ralph C.,

1987).

La capacità di un mezzo di trasmettere l’acqua è definita permeabilità, determinata dalle

dimensioni dei pori e dal loro grado di interconnessione: meno sarà permeabile il materiale, più

l’acqua si muoverà lentamente.

Risulta evidente che la velocità con cui l’acqua si muove nella roccia dipende sia dalla porosità sia

dalla permeabilità (McKnight T. L., 2005; Ralph C., 1987).

Le tipologie di aperture all’interno del substrato roccioso sono di vario genere.

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Possono esser presenti: cavità microscopiche, che corrispondono ai pori fra i granuli delle rocce

sedimentarie e tra i cristalli delle rocce ignee e metamorfiche, o alle minuscole fratture spesso

presenti all’interno dei minerali; vescicole di lava, cavità generalmente piccole, che si formano

durante il raffreddamento della lava, quando il gas non può più uscire a causa della

solidificazione; cavità di dissoluzione, fori che si formano nelle rocce carbonatiche (in particolare

nei calcari) quando i minerali solubili sono portati in soluzione e allontanati dall’acqua percolante

(a volte vengono rimosse grandi quantità di materiale fino a creare enormi caverne).

Fra i tipi di aperture più importanti ed evidenti bisogna però considerare le faglie e le fratture.

Le prime costituiscono fratture nel substrato date dal movimento di due parti rocciose e sono

solitamente in numero ristretto, a differenza delle fratture che, invece, sono spesso fitte e

numerose.

Queste ultime sono le più comuni e si formano in seguito ad ogni tipo di sollecitazione, senza che

la roccia presenti apprezzabili spostamenti lungo le loro pareti: per contrazione dovuta al

raffreddamento del materiale fuso, per contrazione legata all’essicamento di sedimenti argillosi e a

volte in conseguenza di sforzi diastrofici; in superficie la separazione tra i lati delle fratture può

essere notevole, per effetto dell’alterazione meteorica, ed è generalmente minima in profondità.

Dove il numero è elevato sono disposte principalmente in fasci (set), all’interno dei quali

mostrano un andamento all’incirca parallelo.

Spesso due fasci di fratture si intersecano ad angolo retto, dando origine ad un sistema di fratture.

Sistemi di fratture, denominati fratture principali o master joints, si estendono per lunghe distanze,

interessando elevati spessori rocciosi (McKnight T. L., 2005; Ralph C., 1987).

L’acqua del sottosuolo rimane immagazzinata entro rocce moderatamente o altamente

permeabili, definite acquiferi.

Prendendo in esame una sezione verticale del sottosuolo si distinguono diverse zone.

La parte più superficiale è la zona di aerazione, dove gli interstizi sono riempiti in parte da acqua

e in parte da aria, qui l’acqua deriva dalle precipitazioni atmosferiche e parte di essa evapora, in

parte viene assorbita dalle piante e in parte fluisce verso il basso, dove vi è la zona successiva,

detta zona di saturazione (o falda freatica).

All’interno di questa zona, pori e fratture sono completamente saturi d’acqua, che fluisce

lentamente per effetto della forza di gravità, seguendo l’assetto strutturale delle rocce.

Laddove la superficie della falda interseca la superficie topografica, l’acqua viene a giorno,

seguendo percorsi verso pressione minori all’interno degli interstizi (McKnight T. L., 2005; Ralph

C., 1987).

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Il movimento dell’acqua, nella zona satura è controllato dal gradiente idraulico e può essere di

due tipi, distinti in base al livello di apertura delle fratture: in fratture più chiuse, infatti, si avrà un

flusso laminare, mentre in fratture più ampie potrebbero essere presenti fenomeni di flusso

turbolento (Ralph C., 1987).

Al di sotto della falda freatica si trova uno strato impermeabile, dove la pressione rocciosa è tale

da chiudere qualsiasi apertura, rendendo così impossibile la percolazione dell’acqua.

A volte, sotto questo strato, è possibile trovare un altro tipo di falda, separato superiormente e

inferiormente da strati impermeabili, è detta falda artesiana o confinata (figura 2.5).

In un acquifero artesiano l’acqua deriva da un’area distante lungo percorsi che non prevedono

ostacoli; si tratta di uno strato più o meno inclinato che raggiunge la superficie o un’area di

infiltrazione, è infatti da questa zona che l’acqua scende lungo l’acquifero in condizioni di

confinamento, subendo una crescente pressione idrostatica (McKnight T. L., 2005; Ralph C.,

1987).

Figura 2.5. Esempio schematico della circolazione delle acque sotterranee.

2.2 Analisi idrogeochimiche degli acquiferi

I parametri principali utili e necessari per un’indagine e caratterizzazione chimica di acque naturali

sono i seguenti: temperatura, pH, conducibilità e/o contenuto totale di soluto (TDS o total

dissolved solids), alcalinità totale, durezza totale, determinazione degli elementi maggioritari e degli

elementi in traccia.

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Solitamente vengono svolte alcune analisi direttamente in-situ e altre ex-situ, nel secondo caso

mediante l’analisi in laboratorio di campioni prelevati su campo.

La temperatura è un parametro importante in quanto ci dà informazioni sulla circolazione delle

acque e sulla profondità degli acquiferi, inoltre influenza altri parametri, quali pH, conducibilità,

solubilità.

Il valore di pH è indice della presenza di specie dissociate all’interno della soluzione acquosa e

può essere espresso matematicamente come: pH = - log 10 a (H+), dove H+ è l’attività dello ione

idrogeno.

E’ un valore adimensionale, che presenta solitamente una scala da 0 a 14, funzionale all’attività di

ioni H+ o OH-.

In matrici ambientali questo dato è spesso influenzato dalla litologia dell’area di campionamento.

Il contenuto totale di soluto si misura tramite la conducibilità elettrica, un valore che può essere

considerato direttamente proporzionale alla concentrazione di specie ioniche all’interno

dell’acqua analizzata, perciò decisamente utile per studi improntati sui trend temporali.

L’alcalinità è un valore che indica la capacità del liquido di tamponare un acido (figura 2.7) e viene

riportata solitamente in milliequivalenti per litro.

Gli acidi all’interno di un ecosistema possono essere neutralizzati dalla presenza di minerali che

contengono delle basi, come bicarbonato e, meno frequentemente, carbonato.

Carbonati e bicarbonati sono principalmente originati per dissoluzione di carbonato di calcio

dalla litosfera o di anidride carbonica atmosferica, e la loro presenza nelle differenti specie è

funzionale al pH (figura 2.6).

Figura 2.6. Andamento della concentrazione relativa delle specie di carbonato in funzione del pH.

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La differente presenza relativa delle specie di carbonati e bicarbonati nelle acque superficiali è

dovuta principalmente alle costanti di equilibrio delle reazioni, che portano alla loro

dissociazione; infatti, osservando le reazioni, si ha:

CO2 + H2O ↔ HCO3- + H+

HCO3- ↔ CO3

2- + H+

La seconda delle due reazioni presenta un equilibrio sicuramente sfavorevole e la sua completa

dissociazione si avrà quindi solo ad elevati valori di pH (Fifield & Kealey, 1999).

Figura 2.7. Reazioni che tamponano l’acidità in acqua.

La durezza totale può essere definita come la somma delle concentrazioni dei cationi calcio (Ca2+)

e magnesio (Mg2+).

Questi ioni sono solitamente i contro ioni dei carbonati e presentano quindi un andamento di

concentrazione correlato con l’ alcalinità.

Gli elementi maggioritari costituiscono le specie ioniche presenti in concentrazioni maggiori in

acque naturali e vengono classificati in funzione della carica in anioni e cationi.

Gli anioni includono carbonato (CO32-) e bicarbonato (HCO3-), nitrito (NO2

-), nitrato (NO3-),

fosfato (PO43-) e solfato (SO4

2-); mentre i cationi sono rappresentati da litio (Li+), sodio (Na+),

ammonio (NH4+), calcio (Ca2+) e magnesio (Mg2+).

Gli elementi in traccia, invece, hanno concentrazioni che non superano gli 0,1 mg/L, e

presentano una piccolissima parte della composizione chimica delle acque (figura 2.2).

Misura della Temperatura

Viene misurata con l’uso di termometri a termistore, strumenti elettrici fatti con un

semiconduttore solido con un forte coefficiente di resistività termica.

Un processore di segnale elettrico converte i cambiamenti in resistività, letti in un valore calibrato

della temperatura.

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I tradizionali termometri a mercurio sono evitati per le misure di campo, onde evitare possibili

dispersioni di questo elemento in ambiente (Reeve, 2002).

Misura del pH

La misura di questo parametro è effettuata con l’utilizzo di strumenti definiti pHmetri.

Un pHmetro consiste in un elettrodo in argento (figura 2.8) inserito all’interno di un tubo di

vetro e immerso in una soluzione di acido cloridrico.

Una volta inserito in un liquido viene a formarsi una differenza di potenziale tra la soluzione

interna e quella esterna, che viene misurata attraverso un voltmetro (Fifield & Kealey, 1999).

La differenza viene visualizzata come valore di pH; questo poiché lo strumento usa l’equazione di

Nernst (legge che correla l’attività di uno ione con la sua concentrazione) per convertire la

differenza di potenziale in pH, e solitamente è equipaggiato con un termometro per regolare il

valore in funzione della temperatura del campione (sempre funzionalmente all’equazione di

Nernst) (Reeve, 2002).

Figura 2.8. Superficie dell’elettrodo in vetro in soluzioni acide e basiche.

Misura della conducibilità elettrica

Per ottenere questo valore si sfrutta il fatto che le specie presenti in forma ionica abbiano una

carica elettrica; si correla così il passaggio di corrente con la concentrazione di ioni.

Il valore ottenuto dalle misurazioni (in μS/cm) equivale a circa il 110-115% della concentrazione

di solidi in mg/L.

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Per la misura vengono solitamente utilizzati sensori a contatto non dotati di elettrodo, che

funzionano inducendo una corrente alternata in un circuito chiuso nella soluzione e misurando la

grandezza di corrente.

Questo valore, inoltre, può avere variazioni in funzione della temperatura del campione; gli

strumenti utilizzati solitamente normalizzano questa grandezza alla temperatura di 25°C (Reeve,

2002; Kegley, 1998).

Determinazione dell’alcalinità e della durezza

Solitamente l’alcalinità viene determinata attraverso titolazioni colorimetriche o potenziometriche,

e viene effettuata con campioni filtrati (con membrane di 0,45 μm) per rimuovere elementi in

particolato che possono essere contributori esterni (Kegley, 1998).

Determinazione del contenuto ionico: elementi maggioritari ed elementi in traccia

La tecnica generalmente utilizzata per la determinazione simultanea dei diversi ioni, presenti in

soluzione, è la cromatografia ionica (figura 2.9).

Si tratta di un metodo utile sia per un’analisi qualitativa che per un’analisi quantitativa.

Questo metodo di separazione si basa sulla differente velocità con la quale i diversi componenti

della miscela migrano attraverso la fase stazionaria per effetto della fase mobile (Fifield, 1999).

La scelta della fase stazionaria, e suo corrispondente grado di attività, sono determinati dalla

natura del campione; vengono impiegati quasi tutti i solidi polari e la scelta del più comune di

solito va verso il gel di silice o l’allumina, sostanze definite adsorbenti attivi, infatti l’attività è

determinata dalla polarità e dal numero di siti di adsorbimento.

Ad esempio nel gel di silice i siti di adsorbimento sono atomi di ossigeno e gruppi silanolici (-Si-

OH) che possono formare agevolmente legami idrogeno con le molecole polari.

La fase mobile consiste in un solvente e la sua forza eluente è determinata dalla sua polarità

complessiva, dalla polarità della fase stazionaria e dalla natura dei componenti del campione.

Si ottengono migliori separazioni utilizzando il solvente meno polare possibile o miscele di

solventi.

Maggiore sarà la polarità delle molecole del campione, più tenderanno ad essere adsorbite sulla

superficie polare (Fifield, 1999).

I diversi ioni hanno diverse affinità nei confronti della fase stazionaria e ciò è responsabile delle

diverse velocità di migrazione; il tempo richiesto per ogni specie ionica per eluire dalla colonna è

chiamato tempo di ritenzione (Kegley, 1998).

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Il processo mediante il quale un soluto è trasferito da una fase mobile a una stazionaria è detto

distribuzione.

Le tecniche cromatografiche si basano su quattro diversi tipi di distribuzione: adsorbimento

superficiale, partizione, scambio ionico ed esclusione.

Il profilo di concentrazione di un soluto lungo la direzione di migrazione della fase mobile

dovrebbe rimanere di forma gaussiana, per qualunque valore di concentrazione, durante il

movimento della specie attraverso il sistema.

Tuttavia i processi di distribuzione vengono spesso modificati in condizioni di alte

concentrazioni, a causa di modifiche nel rapporto di distribuzione (Fifield, 1999).

Questa tipologia di strumento permette l’analisi dei cationi e degli anioni nei campioni, ma è

necessario l’utilizzo di due diversi sistemi, con una diversa fase mobile in colonna e un differente

eluente.

Figura 2.9. A sinistra schema di un cromatografo ionico. A destra un esempio di cromatogramma IC.

I bicarbonati non possono essere analizzati con il metodo della cromatografia ionica a causa del

tipo di eluente utilizzato per gli anioni, costituito da una soluzione di HCO3- e CO3

2-, per cui si

può ricorrere alla titolazione.

La determinazione degli elementi in traccia viene svolta attraverso diverse tecniche analitiche, che

devono permettere il rilevamento di specie presenti in concentrazioni bassissime.

In generale per l’analisi di campioni acquatici sono principalmente utilizzate tecniche di

spettrometria atomica in assorbimento o in emissione, come: assorbimento atomico in fiamma;

assorbimento atomico elettrotermico; emissione atomica con plasma ad accoppiamento

induttivo, sia con detector ottico che accoppiato a spettrometro di massa.

In questo lavoro di tesi sono stati elaborati dati ottenuti tramite analisi Inductively Coupled Plasma –

Mass Spectrometry (ICP – MS), tecnica che permette il riconoscimento simultaneo di più elementi

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attraverso la visualizzazione dell’intero spettro e permette un’analisi sia qualitativa che

quantitativa.

A livello di strumentazione vi sono 3 componenti fondamentali: la sorgente di plasma,

un’interfaccia e uno spettrometro di massa.

La torcia ICP è una sorgente ricca di ioni e atomi liberi degli elementi costituenti il campione.

Nello strumento una parte del plasma, in cui è stato atomizzato il campione, viene convogliato

nello spettrometro di massa.

Il risultante spettro di massa può essere utilizzato per l’identificazione degli elementi tramite i

numeri di massa e le intensità dei picchi degli ioni (figura 2.10).

Figura 2.10. Esempio di spettro ICP – MS di Be, Al, Co, Y, In, Ce, Pb, Bi, U.

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3. AREA DI STUDIO

3.1 Inquadramento geografico e geomorfologia dell’area

L’area di studio (figura 3.2) comprende una porzione di territorio costituita dalla Val Ventina

(figura 3.3) ed una zona adiacente, in cui si trova il lago Pirola (figura 3.4).

Quest’area è localizzata in Alta Valmalenco, in provincia di Sondrio, ed è raggiungibile a partire

da Chiareggio, località del comune di Chiesa in Valmalenco.

Si tratta di un solco vallivo delle Alpi Centrali, più precisamente nelle Alpi Retiche (figura 3.1).

Figura 3.1. Carta fisica della Lombardia. Il riquadro rosso indica la zona della Valtellina in cui si trova la

Valmalenco.

Figura 3.2. Panoramica da satellite dell’ area di studio (Google Earth).

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La Val Ventina ed altre due valli, ovvero la Val Sissone e la Val Muretto, convogliano le acque

nella conca di Chiareggio, per dare origine al torrente Mallero.

La valle, presa in esame, si sviluppa da sud a nord dal Passo Cassandra ai prati di Forbesina, per

una lunghezza di circa 6 km.

Essa è chiusa verso sud da cime come: il Pizzo Ventina (3261 m s.l.m.), il Monte Disgrazia (3678

m s.l.m.), il Pizzo Cassandra (3226 m s.l.m.), il Pizzo Rachele (2998 m s.l.m.) e la Cima del Duca

(2968 m s.l.m.).

La quota dei punti campionati varia da un minimo di 1960 m s.l.m. (quota del rifugio Gerli-Porro

nella Val Ventina) ad un massimo di 2450 m s.l.m (quota massima di altitudine della Vedretta del

Ventina).

Il lago Pirola è un lago naturale situato a quota 2283 metri sull’omonima Alpe Pirola; in passato

aveva dimensioni minori, ma, in seguito, con la costruzione di un robusto sbarramento per

esigenze idroelettriche, ne è stata aumentata la capacità.

Figura 3.3. Val Ventina.

(Nella foto in alto è visibile anche una parte del sandur).

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Figura 3.4. Lago Pirola.

Durante il Quaternario forti variazioni climatiche hanno portato ad un’alternanza di espansioni e

ritiri dei ghiacciai, rispettivamente durante le glaciazioni e i periodi interglaciali.

Le grandi valli delle nostre Alpi, circa 20.000 anni fa, sono state occupate da gigantesche lingue

glaciali, che scendevano fino ai margini della pianura; osservando la zona della Valmalenco, si può

affermare che solo le cime delle Alpi Centrali emergevano dalla copertura glaciale, la quale

scendeva dalla Valtellina e dalla Valchiavenna, occupando la valle dell’attuale Lario.

Durante la fase Tardiglaciale del Würm, 19.000 anni fa, avvenne un miglioramento della situazione

climatica e questo provocò un rapido ritiro dei ghiacciai ma, nel caso della Valmalenco, con

intervalli di soste e lievi avanzate.

Terminata l’era glaciale, con l’inizio dell’Olocene, si verificò un periodo in cui le temperature si

innalzarono ulteriormente (optimum climatico), causando l’estinzione di molti ghiacciai (Servizio

Glaciologico Lombardo, 2010).

La Val Ventina è una valle glaciale, che prende il nome dall’omonimo ghiacciaio, di tipo vallivo a

bacino semplice, esteso attualmente solo a quote più alte; esso discende per circa 1300 metri di

quota dal monte Disgrazia ed è lungo circa 3,3 km (Garbarino et al., 2010).

Durante la Piccola Età Glaciale, avvenuta tra il 1500 e il 1800, avvenne l’ultima avanzata glaciale,

che lasciò evidenti tracce moreniche, come l’imponente morena laterale destra e i due

caratteristici archi morenici frontali a monte dell’Alpe Ventina, posti a breve distanza l’uno

dall’altro (Servizio Glaciologico Lombardo, 2010).

Verso la fine del 1800 iniziarono le osservazioni dirette del ghiacciaio Ventina e le descrizioni

scientifiche delle variazioni di posizione del fronte glaciale, fra le prime in tutto l’arco alpino

italiano, che permisero di conoscere nel dettaglio la storia recente.

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I cambiamenti subiti dalla fine della Piccola Età Glaciale hanno riguardato tutto il corpo glaciale;

la forte riduzione ha portato alla separazione di due parti laterali prima confluenti, l’attuale

Ghiacciaio del Canalone della Vergine e il Ghiacciaio del Pizzo Rachele (figura 3.5), oggi

confinato all’interno del suo circo (Servizio Glaciologico Lombardo, 2010).

Figura 3.5. Fotografia in cui è possibile osservare sulla sinistra il ghiacciaio Ventina e poco distante, sulla destra,

il Canalone della Vergine.

Il ghiacciaio Ventina ha avuto alcune fasi di avanzata e di stazionarietà, oltre alle fasi di ritiro.

Fino agli Anni Ottanta la regressione fu piuttosto irrisoria, ma da questo periodo le condizioni

climatiche diventarono sfavorevoli al glacialismo, le precipitazioni nevose scarse e le temperature

estive molto alte, portando il suo ritiro a valori annuali sempre più importanti (figura 3.6).

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Figura 3.6. Variazioni della fronte del ghiacciaio Ventina dal 1984 al 2008 (rilievi di G. Stella).

L’intensa ablazione, che ha consumato anche zone a monte del ghiacciaio, in futuro favorirà la

prosecuzione dell’attuale fase di ritiro, con possibili cambiamenti nella morfologia del ghiacciaio e

dell’ambiente circostante (Servizio Glaciologico Lombardo, 2010).

La Val Ventina è un truogolo glaciale, una valle con sezione trasversale a U, prodotta

dall’esarazione di un ghiacciaio, per cui appare profonda, allungata e dai versanti ripidi, sopra i

quali sono situati ripiani poco inclinati, detti spalle glaciali.

La capacità di erosione di un ghiacciaio verso il substrato dipende da diversi fattori: dalla presenza

di acqua all’interfaccia ghiaccio – substrato, dalla quantità di detrito incorporato nel ghiaccio, che

crea maggior abrasione ed erosione, dalla durezza e tipologia del substrato roccioso e dalla

pressione esercitata dal ghiacciaio.

Il ghiacciaio Ventina è di tipo temperato, quindi si forma acqua di scioglimento all’interfaccia

ghiaccio – substrato, dato che la temperatura rimane sempre all’incirca quella di fusione.

L’area proglaciale della valle presenta, perciò, forme geomorfologiche tipiche dell’erosione

glaciale, come le rocce montonate (figura 3.7), che presentano un lato più sagomato e lisciato a

monte, dove l’azione di abrasione è massima, per la pressione esercitata dal ghiacciaio, e uno più

verticalizzato e fratturato, per l’azione data, invece, da decompressione; esse sono caratterizzate

dalle strie, sottili incisioni parallele date dall’abrasione del detrito trasportato, che mostrano,

insieme alla forma stessa delle rocce, il verso e la direzione di flusso del ghiacciaio.

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Figura 3.7. Esempio di roccia montonata.

Nella valle sono evidenti le forme di accumulo di detrito, costituite da depositi glaciali, e

testimonianza delle fasi di avanzata del ghiacciaio: le morene.

Esse si possono distinguere morfologicamente in diversi tipi, ma, nell’area di studio proglaciale

sono presenti morene laterali e morene terminali o frontali; le prime sono parallele al flusso del

ghiacciaio e costituite da materiale proveniente dai fianchi vallivi e da detrito sopraglaciale, caduto

in zona di ablazione; le morene frontali, invece, sono trasversali alla direzione di flusso, con

forma a semicerchio, e sono costituite da detrito endoglaciale, subglaciale e sopraglaciale (Partiaux

A., Nicoud G. F., 1990).

Particolarmente imponenti sono le due morene laterali, deposte alla sinistra e alla destra del

ghiacciaio nei periodi di massima espansione glaciale.

Il più avanzato arco morenico frontale è stato deposto durante le prime fasi della Piccola Età

Glaciale ed è situato a quote minori; mentre salendo lungo la valle, dopo qualche decina di metri,

si incontra un secondo arco morenico, più evidente, che segna il limite raggiunto dalla fronte

glaciale verso la metà del XIX secolo.

Salendo ulteriormente si trova un altro arco morenico, appena accennato, deposto invece in una

modesta fase di crescita verso la fine del XIX secolo.

Salendo ulteriormente si giunge alla morena frontale più recente che, con i suoi massi, rompe il

sentiero pianeggiante; essa è stata deposta in un periodo positivo di accumulo tra gli anni ’10 e

l’inizio degli anni ’20; è individuabile su entrambi i versanti, ma si raccorda con la sommità della

morena laterale destra (figura 3.8).

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I due archi frontali sono ben riconoscibili per il loro rilievo e per il contrasto cromatico con le

rocce alterate di colore rossiccio, che affiorano esternamente (Servizio Glaciologico Lombardo,

2010).

Figura 3.8. A sinistra: letto del torrente Ventina; si nota sulla destra l’imponente morena laterale.

A destra: dettaglio della morena laterale.

Il sedimento, tipicamente presente in queste forme di accumulo, viene definito till e può essere

classificato in diversi modi, in base al luogo di deposizione o in base al processo di deposizione;

questa seconda classificazione distingue tre importanti tipologie di till: fusione, colata e

alloggiamento.

Il till di fusione è costituito da detrito rilasciato passivamente man mano che il ghiaccio si scioglie;

il till di colata è costituito dal rilascio di sedimento durante la fusione e dallo scivolamento di

detriti sopraglaciali che si depositano ai piedi della fronte; il till di alloggiamento si forma in zona

subglaciale ed è quindi costituito da materiale che è caduto a monte del ghiacciaio, in zona di

accumulo, e può venire trasportato dal ghiacciaio ed essere espulso ai piedi della fronte.

Un sedimento di questo tipo di solito è scarsamente selezionato, raramente laminato, e mostra in

generale una percentuale variabile di argilla e limo, una prevalenza di sabbia da grossolana a molto

grossolana ed un significativo contenuto in ciottoli e blocchi.

In ambiente terminoglaciale, a livello della fronte, si crea un torrente proglaciale, costituito dalle

acque di scioglimento del ghiaccio; esso discende la valle e aumenta la sua portata tramite sorgenti

presenti sia alla sinistra che alla destra idrografica.

Presenta portate massime in piena estate, marcate differenze di volume tra giorno e notte e

abbondante contenuto di limo.

Il torrente forma depositi fluvioglaciali (figura 3.9), portati dalle acque di fusione del ghiacciaio,

che si presentano in genere stratificati, con una selezione più o meno pronunciata dei materiali

secondo la loro granulometria, indicando che la deposizione è legata ad acque correnti.

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Questo genere di deposito è costituito da materiale rilasciato dal ghiacciaio in zona frontale e dal

materiale trasportato da torrenti di ablazione.

A quote minori vi è una pianura proglaciale, formata da materiale di depositi fluvioglaciali,

definita sandur (figura 3.10), ovvero una piana fluvioglaciale.

Presenta per la maggior parte materiale di granulometria fine (limo e ciottoli di dimensioni

minori).

La riduzione della pendenza porta ad un andamento sinuoso, creando curvature irregolari che

seguono la topografia dell’area, e formando diverse ramificazioni.

Date queste caratteristiche il flusso di acqua può presentare fenomeni di portata maggiori e di

turbolenze (McKnight T. L., 2005).

Figura 3.9. Rappresentazione schematica di depositi glaciali.

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Figura 3.10. Piana del sandur in Val Ventina.

La regressione di un ghiacciaio modifica le condizioni fisiche e microclimatiche dell’ambiente in

cui è situato.

I depositi glaciali delle morene hanno favorito la colonizzazione da parte di vegetazione erbacea,

arbustiva e arborea (figura 3.11).

Anche gli studi e i rilievi sulla vegetazione hanno permesso di valutare e ricostruire le posizioni

storiche della fronte glaciale; è infatti presente in gran numero una vegetazione dominata da larici,

che hanno colonizzato le morene di questa valle (Garbarino et al., 2009).

Presente in numero minore anche il pino cembro.

Sono stati individuati popolamenti costituiti da piante più giovani a quote più elevate e boschi più

densi e maturi a quote minori, alla base della morena presa in esame (Garbarino et al., 2009).

Figura 3.11. Piana fluvioglaciale e area in parte colonizzata da larici.

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Nell’area presa in esame sono presenti anche forme dovute ai movimenti di massa, processi

gravitativi attraverso i quali il materiale alterato si sposta lungo il pendio, sotto l’azione della forza

di gravità.

Qualunque materiale sciolto tende a scendere verso la base del versante, in caso l’angolo di

pendio superi il cosiddetto angolo di riposo, cioè l’angolo che rappresenta l’equilibrio tra

l’attrazione gravitazionale, la coesione e l’attrito (varia in base al tipo di materiale).

Se la massa in movimento è sufficientemente grande, il fenomeno viene denominato frana.

Il tipo più comune e caratteristico delle zone di montagna è il detrito di falda, un accumulo di

detrito dato dal movimento gravitativo definito crollo, ovvero distacco di frammenti rocciosi, in

seguito a processi di alterazione.

La forma che ne risulta è chiamata falda detritica; il suo angolo di riposo è elevato, può arrivare

anche a 40° e il pendio è debolmente concavo verso l’alto.

Si verifica una grossolana selezione dei frammenti: i massi di maggior dimensione si trovano alla

base del detrito, mentre quelli più fini alla sommità.

Spesso il materiale si deposita in accumuli di forma conica, creando coni di detrito, in genere allo

sbocco di canaloni o gole, che incidono ripidi versanti (McKnight T. L., 2005).

Fra le forme dovute ai movimenti di massa e ai processi gravitativi sono presenti anche le frane

per colamento, che si distinguono dalle falde di detrito, per il fatto che in questo caso l’acqua

svolge un’importante funzione catalizzatrice: i materiali superficiali diventano instabili per il peso

aggiuntivo dell’acqua e la loro coesione diminuisce a causa della saturazione e delle pressioni

esercitate all’interno dei pori.

Sono importanti le colate di detrito, debris flow (figura 3.12), frequenti in ambiente alpino.

Si tratta di un fenomeno indotto da precipitazioni intense e prolungate, dallo scioglimento rapido

di masse di neve o dalla fusione del ghiaccio di permafrost (Francani et al., 2011).

Simili alle colate di fango, trasportano materiale più fine sotto forma di fluido viscoso, ma, nel

caso dei debris flow, è presente un gran numero di detrito di maggior dimensione, compresi enormi

blocchi di roccia.

Queste colate si muovono sulla superficie di un pendio o lungo vie di drenaggio preesistenti;

quando l’acqua di dilavamento si mescola a fango e pietre si crea una miscela di una densità tale

da rendere questi fenomeni molto rapidi, senza selezione granulometrica del materiale (McKnight

T. L., 2005).

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Figura 3.12. Debris flow lungo il sentiero che porta alla Val Ventina.

Nell’area di indagine, così come su tutto l’arco alpino, sono presenti forme legate all’ambiente

periglaciale (fra le quali anche il debris flow, precedentemente descritto).

Termine utilizzato per indicare un ambiente caratterizzato da permanenza di diversi periodi con

condizioni fredde, ma non glaciali, indipendentemente dalla vicinanza a un ghiacciaio, sia nello

spazio che nel tempo.

Ambienti di questo genere sono dominati principalmente dall’azione del gelo e da processi

morfogenetici relativi al permafrost.

Quest’ultimo costituisce uno stato fisico della crosta terrestre; qualsiasi materiale che rimane a

temperatura inferiore agli 0° C per almeno due anni consecutivi.

Due criteri accomunano tutte le aree periglaciali: il primo riguarda il congelamento e

scongelamento del suolo, spesso associato alla presenza di acqua; il secondo riguarda la presenza

di terreno perennemente congelato o dalla presenza di permafrost, che invece comprende anche

volumi di materiale non congelato (materiale criotico) e lo strato attivo, ovvero lo strato più

superficiale, il cui spessore può variare e che è costituito da materiale la cui temperatura, durante

l’anno, può salire sopra gli 0° C.

Il congelamento e scongelamento dello strato attivo e la presenza di acqua al suo interno, sopra

uno strato, che appare invece impermeabile, portano a cambiamenti nel volume del terreno, che

risulta di conseguenza piuttosto instabile.

In pratica il permafrost è il comun denominatore dell’ambiente periglaciale ed è ubiquitario,

anche se non presente sempre in maniera continua (French H. M., 1996).

La distribuzione spaziale dipende essenzialmente dalle condizioni climatiche, topografiche,

geologiche, idrologiche e dalla copertura del suolo (Francani et al., 2011).

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Processi di primaria importanza legati a quest’ambiente sono: lo sviluppo di suolo criotico

perenne con ghiaccio di segregazione, combinato alle contrazioni termiche del suolo, date da

freddo intenso, dalla deformazione del ghiaccio nel permafrost e dallo scongelamento del suolo;

in secondo luogo, risulta importante il processo di weathering di suolo e rocce, inclusa la

disgregazione della superficie rocciosa a causa del congelamento dell’acqua al suo interno e/o i

processi di weathering chimico – fisici (French H. M., 1996).

Dato che la quota dello zero termico è di 2550 m s.l.m. in quest’area, il permafrost è

presumibilmente diffuso nei depositi sciolti a partire dai 2600 m s.l.m., in particolare nei versanti

esposti verso nord (Francani et al., 2011).

Il permafrost discontinuo, spesso temperato, è molto sensibile ai cambiamenti climatici e il

ghiaccio nel sottosuolo può sciogliersi anche con lievi aumenti di temperatura ed è proprio il caso

dell’area presa in esame in Alta Valmalenco (Francani et al., 2011).

Una forma morfogenetica molto diffusa in ambiente alpino e indicativa della presenza di

permafrost è il rock glacier (figura 3.14).

Si tratta di un corpo detritico costituito da clasti spigolosi di granulometria piuttosto elevata,

solitamente disposti in superficie, sopra a strato con granulometria più fine.

In pianta si nota la caratteristica forma a lobo o linguoide.

In superficie presenta evidenti strutture di flusso superficiali, sporgenze e depressioni alternate e

concentriche.

Il Rock glacier è interessato dalla presenza di ghiaccio al suo interno, ma in modalità differente; si

distinguono infatti gli Ice Cored Rock Glacier (a nucleo di ghiaccio, perché formati da ghiaccio

relitto, ricoperto da detrito) dagli Ice Cemented Rock Glacier (contenenti ghiaccio interstiziale, o

intrusivo o di segregazione, ovvero acqua congelata all’interno dei pori del terreno

successivamente alla sedimentazione di quest’ultimo) ed è solo questo secondo caso che si forma

in presenza di permafrost.

È possibile fare una distinzione anche dal punto di vista morfologico e litologico: il Debris Rock

Glacier è costituito da till, di origine glaciale, si forma in prossimità di un ghiacciaio o di un

cordone morenico; il Talus Rock Glacier lo si trova ai piedi di una falda detritica ed è di origine

criotica; alcuni sono di tipo misto.

Un’altra classificazione importante viene fatta sulla base della dinamica; viene definito attivo,

quando presenta ghiaccio al suo interno e movimento superficiale > 1 cm all’anno; inattivo,

quando vi è ghiaccio, ma il movimento è < 1 cm all’anno; relitto, quando non vi è nè ghiaccio nè

movimento; fossile, quando è ormai sepolto da eventi sedimentari successivi.

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Questo corpo possiede una fronte in genere piuttosto alta e molto inclinata: può superare

l’angolo di riposo, in caso di detrito cementato dal ghiaccio, ma solo se si tratta di una forma

attiva (French H. M., 1996).

Nell’area di indagine sono presenti diverse forme di questo genere (figura 3.13) e alcuni sono

stati oggetti di studio, sia a livello qualitativo che quantitativo, per il contenuto chimico presente e

per la verifica di un possibile collegamento tra i bacini idrografici del lago Pirola e della Val

Ventina nella zona di contatto, dato che il ghiaccio di scioglimento potrebbe costituire una

possibile sorgente di acqua (Mazza C., 2015).

Figura 3.13. Panoramica da satellite dell’area del lago Pirola. Con indicati i rock glaciers presi in esame [1],

[2], [3] e la morena risalente all’ultimo massimo glaciale [M].

Figura 3.14. Rock Glacier a monte del lago Pirola.

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3.2 Inquadramento geologico-strutturale

3.2.1 Le Alpi e i domini alpini

Nell’Era Cenozoica si sollevarono le grandi catene montuose, ovvero avvenne la cosiddetta

orogenesi alpino-himalaiyana.

L’India si spostò verso Nord, andando a collidere con l’Eurasia, e creando la catena himalayana;

mentre più a occidente avvenne la collisione fra la placca africana e l’Eurasia, la quale creò estese

catene montuose da Gibilterra fino all’Iran e al massiccio del Pamir (da qui i rilievi proseguono

come catene himalayane), comprendendo anche le Alpi.

I blocchi continentali vengono trasportati “alla deriva” lungo la superficie terrestre dal

movimento delle placche di cui fanno parte, movimento guidato dall’accrescersi e dal consumarsi

della litosfera oceanica.

Questo comportamento può portare all’orogenesi, cioè un processo di intensa deformazione

crostale, con pressioni tali da portare a fenomeni di metamorfismo e magmatismo, e portando al

sollevamento di una catena montuosa (Coward & Dietrich, 1989; Schmid et al., 2004;

Compagnoni et al., 2010).

Il fenomeno può avvenire in diversi modi, ma nel caso della catena alpina è avvenuta una

collisione continentale: il margine di uno dei due continenti scorre lungo una fossa di subduzione,

mentre la crosta oceanica del continente vicino si immerge sotto di esso; man mano che la crosta

viene consumata, si verifica un avvicinamento delle due terre emerse, finchè la crosta oceanica

non sarà completamente consumata e avverrà collisione continentale, che deforma i due margini

entrati in contatto.

L’oceano che separa i due continenti, detto Oceano Ligure-Piemontese, viene progressivamente

ridotto fino ad estinguersi; di conseguenza accumuli di sedimenti vengono compresi nel rilievo

montuoso (Coward & Dietrich, 1989).

Pertanto sono presenti nelle Alpi anche lembi del pavimento basaltico dell’oceano, sotto forma di

rocce chiamate Ofioliti.

Oggigiorno, geograficamente, le Alpi vengono suddivise in occidentali, centrali, orientali e

meridionali, ma la suddivisione più importante è sicuramente quella geologico-strutturale.

L’intero massiccio delle Alpi viene infatti diviso in quattro domini tettonici, a seconda delle

caratteristiche di formazione, della conformazione e delle tipologie litologiche presenti.

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Tali domini sono solitamente definiti: Elvetico, Pennidico, Austro-alpino, Sudalpino (figura 3.15

e 3.16).

Il limite tra domino Austro-alpino e quello Sudalpino è la cosiddetta Linea Insubrica, o Linea del

Tonale, costituita da una serie di fratture, che scorrono dalle Prealpi piemontesi lungo la

Valtellina, fino alla Val di Sole e l’Alta Pusteria; è considerata il punto d’incontro tra la placca

africana e quella europea con orientamento prevalentemente Est – Ovest (Bonsignore et al.,

1971).

Tale linea passa all’imbocco della Val Malenco, vicino Sondrio; l’area di studio infatti è situata al

confine tra Alpi orientali e meridionali e la Linea di Tonale separa tettonicamente le unità alpine

di Pennidi e Austridi dal basamento Sudalpino (Sciesa E., 1991).

Essa determina il contatto tettonico fra gli Gneiss e micascisti del Monte Tonale a Nord e il

Cristallino sudalpino: Gneiss di Mantello, Gneiss a noduli di Morbegno e Scisti di Edolo

(Bonsignore et al., 1971).

Figura 3.15. Mappa tettonica della alpi: (1) cintura collisionale Europa-convergente: i) Austro-alpino Occidentale

(WA) e Austro-alpino orientale (EA); ii) domino Pennidico: falda continentale e ofiolitica (o) nell’arco alpino

occidentale (P) e finestre tettoniche (OTW: Ossola-Ticino, ew: Engadina, tw: Tauern, RW:Rechnitz); Klippe

Prealpino (Pk); iii) domino Elvetico-Delfinese (H-D); iv) avanfossa Molasse (M); v) massiccio del Giura (J).(2)

Alpi del Sud (SA), delimitate a nord dal lineamento Periadriatico (pl). Bacino Pannonico (PB), bacino Europeo

(EF) e pianura padana (PA), Dinaridi (DI) e cintura degli Appennini (AP).

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Figura 3.16. Stratigrafia dei domini alpini.

3.2.2 Geologia e litologia dell’ area di studio

Nell’area di interesse si possono distinguere due domini principali: Austro-alpino e Pennidico

(Bonsignore et al., 1971).

Il complesso Austro – alpino si presenta in due zone di affioramento ben distinte.

Una delle quali è localizzata immediatamente a Nord della Linea Insubrica e costituisce una fascia

di un certo spessore e che si riduce in prossimità della Val Masino – Bregaglia.

Le unità litologiche maggiori di questo affioramento sono: Cristallino del Tonale, Cristallino di

Pietra Rossa (Austro - alpino superiore), Sedimentario del Bernina e Cristallino del Bernina

(Austro - alpino inferiore).

La seconda zona di affioramento è situata nell’estremo settore Nord – orientale, in

corrispondenza del massiccio del Bernina.

L’intero complesso è costituito essenzialmente da rocce dioritiche e granitiche del Pizzo Bernina,

che poggiano su una sottile fascia di parascisti (Bonsignore et al., 1971; Montrasio et al., 2005).

Il complesso Pennidico forma una fascia orientata Est – Ovest nella parte settentrionale dell’area,

ad eccezione del Bernina all’estremo Nord – orientale.

Questo complesso è costituito dalle seguenti unità: falde Sella e Margna (Pennidi superiori), falde

Surretta e Tambò (Pennidi medie) e falda Adula (Pennidi inferiori).

La falda Sella è costituita fondamentalmente da una serie epimetamorfica a cui si associano gneiss

occhiadini e gneiss granitoidi di tipo migmatico, mentre verso la zona del Pizzo Sella e delle Cime

di Musella prevalgono rocce dioritiche e granitiche.

La falda Margna è composta da micascisti, con frequenti intercalazioni di marmi, gneiss occhiadini

ed anfiboliti, e da Scisti anfibolitici del lago Pirola.

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Nell’Alta Valmalenco, in corrispondenza della culminazione della falda, alle due formazioni si

associano gli Gneiss di Chiareggio e la Formazione del M. Senevedo (possiedono un grado

metamorfico più elevato).

Tra le suddette falde Sella e Margna si intercala una zona di scaglie composta in prevalenza da

elementi permo – mesozoici, che costituivano in origine la copertura sedimentaria del Cristallino

della Margna.

La falda Suretta si presenta in due parti distinte litologicamente e separate dall’intrusione del

Massiccio della Val Masino – Bregaglia.

A Est di quest’ultimo essa è costituita in grande prevalenza da Serpentine della Valmalenco,

Anfiboliti del M. Forno e altre pietre verdi, tra le quali si interpongono localmente lembi cospicui

di rocce calcareo-dolomitiche metamorfosate.

La zona a Ovest è rappresentata invece dagli gneiss della Valle dei Ratti.

La falda Tambò comprende gli Gneiss di Villa di Chiavenna con associate le Pietre verdi di

Chiavenna.

La falda Adula, che compare ad occidente del Massiccio di Val Masino – Bregaglia, è composta

da rocce di tipo migmatico denominate Gneiss del M. Gruf e Gneiss del M. Provinaccio,

probabilmente ricollegate alle migmatiti dei bagni di Masino, con associate oliviniti e anfiboliti

(Bonsignore et al., 1971; Montrasio et al., 2005).

A scala locale dell’area di studio, nei bacini della valle Ventina e del lago Pirola si può osservare il

contatto tra rocce tipiche del dominio Pennidico e del dominio Austro-alpino.

Infatti, la faglia, che separa questi due domini, corre in direzione E – O lungo la riva

settentrionale del lago Pirola.

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Figura 3.17. Carta geologica dell' area di studio e legenda (Montrasio et al., 2004).

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3.2.2.1 Geologia della Val Ventina

Nella valle, situata nell’area del dominio Pennidico, il litotipo dominante, e che compone il

substrato roccioso per circa il 95%, è costituito dalle Serpentine della Valmalenco: serpentiniti e

serpentinoscisti di colore verde chiaro nelle facies più laminate e di colore verde scuro nei tipi

massicci, che non hanno subìto deformazioni meccaniche apprezzabili.

La serpentinite è una roccia ultrafemica metamorfizzata appartenente alla famiglia delle peridotiti,

rocce nelle quali quasi tutti i minerali componenti (olivina, pirosseno e a volte gli anfiboli) si sono

trasformati in serpentino (figura 3.18).

Figura 3.18. Serpentino.

Il componente mineralogico fondamentale è rappresentato da antigorite ((Mg,Fe)3Si2O5(OH)4),

sia come aggregato di fondo sia in grandi lamine.

Spesso sono presenti relitti di olivina ((Mg,Fe)2SiO4) di tipo forsteritico e di pirosseni augitici

(formula chimica del minerale Augite: (Ca,Mg,Fe2+,Fe3+,Ti,Al)2(Si,Al)2O6).

La magnetite (FeO x Fe2O3) è sempre presente sia come granulazioni diffuse nella roccia, sia

localmente in noduli di qualche centimetro, sia come minerale di diacluse, associato all’asbesto, in

bei cristalli ottaedrici lucenti.

Altri minerali presenti nelle serpentine sono: clorite ((MgFeAl)8(AlSi4O16)(OH)8), actinolite,

titanclinohumite, ecc (Bonsignore et al., 1971).

Esistono inoltre diverse forme di solfuri tra i minerali accessori, tra i quali la millerite (NiS),

calcocite (Cu2S) e digenite (Cu9S5). (Bedognè et al., 1993).

Si ritiene che le rocce peridotitiche, da cui le serpentine sono derivate, si siano intruse alla base del

complesso Austro – alpino lungo la zona di debolezza della crosta terrestre, che separava

quest’ultimo dal complesso pennidico, durante una fase precoce dell’orogenesi alpina, risalente al

Giurassico – Cretacico inferiore (Bonsignore et al.,1971).

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Dalla Val Ventina alla Val Giumellino si sviluppa una zona, di spessore variabile da poche decine

di metri ad alcune centinaia di metri, di brecce ofiolitiche ad elementi serpentinosi e di cemento

calcareo (Bonsignore et al., 1971).

Queste rocce oficarbonatiche, presumibilmente giurassiche, affioranti con direzione NO-SE,

sono brecciate e consistono in frammenti di serpentinite scistosa inglobata in una matrice di

composizione predominante calcitica, la cui tessitura macroscopica risulta variabile, da venato e

fratturato a supporto di serpentinite fino a dominato dalla matrice (Pozzorini & FruhGreen,

1996).

Vi è anche una sottile scaglia di Gneiss di Chiareggio del Passo Ventina.

Gli gneiss hanno spesso un aspetto migmatico e sono composti essenzialmente da quarzo (SiO2),

feldspati alcalini (KAlSi3O8), biotite (K(Mg,Fe)3AlSi3O10(OH)2) e muscovite

(KAl2(AlSi3)O10(OH)2); le facies micascistose sono spesso caratterizzate da larghe lamine di

clorite.

Ad ampliare il quadro litologico intervengono facies micascistose grafitiche, scisti anfibolici,

anfiboliti e marmi.

Gli Gneiss di Chiareggio, che fanno parte della falda Margna, presentano inferiormente un netto

contatto tettonico con alcune formazioni della falda Suretta (Serpentine della Valmalenco,

Anfiboliti del M. Forno, calcescisti della Val Muretto).

Superiormente invece presentano un contatto litologico con la Formazione del M. Senevedo e

con gli Scisti anfibolitici del lago Pirola (Bonsignore et al., 1971).

3.2.2.2 Geologia dell’area del lago Pirola

L’area Pirola è caratterizzata da due facies dominanti, divise dalla faglia che taglia il lago Pirola in

direzione E – O (figura 3.19): sulla sponda a Sud della faglia vi sono principalmente Serpentiniti,

mentre sulla sponda settentrionale la facies più rappresentativa è costituita da Scisti anfibolitici

appartenenti al nucleo cristallino della falda Margna, del dominio Austro - alpino.

Per la maggior parte si tratta di Scisti anfibolico – epidotici, con tessitura da listata a lenticolare,

nei quali si contrappongono nettamente le zone verde scuro actinolitiche e quelle chiare costituite

in prevalenza da epidoto clinozoistico.

A questa facies sono spesso associate zone massicce, che rispecchiano ancora la tessitura delle

rocce originarie (rappresentate da rocce gabbriche).

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A Nord del lago Pirola sono infatti presenti rocce magmatiche intrusive come i Flasergabbri

(plagioclasi ricchi di calcio associati a pirosseni, anfiboli e olivina).

Verso Est questa litologia è sostituita da gneiss albitico-anfibolitico-cloritici, che rappresentano

probabilmente il risultato di un metamorfismo regionale più spinto o il prodotto di fenomeni di

assimilazione operati dalle originarie masse gabbriche sulle rocce incassanti (Bonsignore et al.,

1971).

Gli Scisti anfibolitici del lago Pirola fanno parte di un vasto affioramento che dalla Val Ventina si

sviluppa a Sud e a Sud – Est di Chiareggio, fino a descrivere una sinforma attorno alla

Formazione del M. Senevedo.

Quest’ultima, nell’area di studio, affiora solo sull’Alpe Pirola ed è costituita da un’alternanza di

rocce micascistoso – gneissiche e di rocce carbonatiche (le prime prevalenti sulle seconde).

La prima facies comprende micascisti e gneiss biotitici e a granato e localmente può presentare

“ciottoli” di quarzo molto stirati.

Le facies carbonatiche comprendono marmi quasi puri, ma anche una grande varietà di marmi a

silicati di calcio (Bonsignore et al., 1971).

Di notevole rilevanza è anche la presenza di paragneiss, ovvero gneiss di origine sedimentaria,

formati dal metamorfismo degli scisti con disidratazione della muscovite e trasformazione della

stessa in feldspato e silicati di alluminio, e di granuliti, ovvero rocce metamorfiche composte da

quarzo e feldspato.

In minor quantità è possibile trovare: marmi calcitici e “fels” a silicati di calcio, anfiboliti, e infine

ridotte lenti di ortogneiss.

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Figura 3.19. Mappa area Pirola con suddivisioni principali dei litotipi.

Area 1): Zona a Nord del lago Pirola, con litotipo caratterizzato da metagabbri.

Area 2): Zona di interfaccia lungo la faglia, a Est del lago.

Area 3): Zona a Sud del lago Pirola, con litotipo principalmente composto da serpentiniti.

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4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.1 Introduzione

Il campionamento è stato svolto durante il periodo di lavoro su campo, con la finalità di raccolta

dei dati idrochimici in diversi siti opportunamente selezionati.

Sono state svolte analisi in-situ su parametri come temperatura, pH, conducibilità elettrica,

alcalinità totale, durezza totale; successivamente sono state svolte anche analisi ex-situ, presso il

laboratorio dell’Università, fra cui titolazione carbonati – bicarbonati, cromatografia ionica per la

determinazione di elementi maggioritari e ICP – MS per la determinazione degli elementi in

traccia.

Tutti i parametri ottenuti sono stati riportati su apposite schede di campagna e successivamente

trascritti in formato elettronico mediante tabelle Excel e rielaborati, consultabili in Appendice.

Il seguente lavoro è stato programmato per lo studio dell’intera stagione estiva ed è stato

suddiviso in una serie di campionamenti mensili nell’anno 2014, da fine giugno a fine settembre, e

in 3 campionamenti nell’anno 2015.

Le serie di campionamenti dell’anno 2014 vengono distinte in ordine alfabetico con le lettere A,

B, C e D; mentre le serie del 2015 sono distinte in 15A, 15B e 15C.

Per alcune problematiche di tipo logistico, o dovute all’assenza di acqua nelle sorgenti

campionate, non tutti i siti sono stati campionati in tutte le indagini in-situ (i periodi e i relativi siti

campionati sono visibili in tabella 7.3 in Appendice).

All’interno della valle sono stati studiati alcuni siti lungo il torrente glaciale e tutte le sorgenti

d’acqua del bacino, identificate precedentemente, mentre nell’area adiacente, sono stati selezionati

alcuni siti a sud della faglia, che divide il bacino del lago Pirola; ciò ha permesso di approfondire

la caratterizzazione di un’area già presa in esame in anni precedenti.

I punti di campionamento prescelti sono 15 all’interno della Val Ventina e 3 nell’area del lago

Pirola.

Una volta su campo sono stati registrati tramite GPS, per la successiva elaborazione di una

mappa e per lo studio delle interazioni fra i risultati delle analisi chimiche e della litologia dell’area

(figura 4.5).

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Per caratterizzare possibili effetti meteorologici sul chimismo delle acque, sono state annotate

anche le condizioni meteo durante le varie campagne.

È risultato evidente che i risultati idrochimici, ottenuti dal lavoro svolto durante il 2014, siano

stati influenzati da lunghi periodi di precipitazioni, che hanno segnato tutta la stagione estiva.

La questione si evince anche dal grafico dei dati pluviometrici degli anni 2013 e 2014, raccolti

dalla stazione ARPA Lombardia nel comune di Chiesa in Valmalenco, mostrato in figura 4.1.

Figura 4.1. Grafico dei dati pluviometrici annuali 2013 – 2014.

Sull’asse X i mesi delle rilevazioni, sull’asse Y mm/anno delle precipitazioni.

Le precipitazioni atmosferiche hanno influito, creando un effetto diluizione, anche se in maniera

piuttosto lieve, per alcuni parametri e aumentando la concentrazione delle specie chimiche

derivanti da deposizioni atmosferiche.

In figura 4.2 il grafico mostra come si discostano i valori ottenuti dai campionamenti del 2013,

meno piovoso durante la stagione estiva, rispetto a quelli del 2014, tenendo conto di tutte le

variabili, quindi comprendendo quelle dipendenti dalla litologia e quelle causate da eventi di

precipitazioni.

0102030405060708090

100110120130140150160170180190200210220230240

cumulata mensile 2013

cumulata mensile 2014

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Figura 4.2. Grafico degli scores di tutte le variabili per le componenti 1 e 2 dei punti di campionamento 2013

(cerchiati in blu) e 2014 (cerchiati in rosso).

I dati pluviometrici della cumulata mensile dell’anno 2015 sono, invece, mostrati in figura 4.3,

confrontati con gli anni precedenti.

Figura 4.3. Grafico dei dati pluviometrici annuali 2013 – 2014 – 2015.

Sull’asse X i mesi delle rilevazioni, sull’asse Y mm/anno delle precipitazioni.

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I dati sono stati analizzati osservando i valori ottenuti e successivamente, concentrandoci su dati

medi, tramite l’elaborazione di grafici con il programma Microsoft Excel, tramite tecniche di

analisi multivariata, come la PCA, e tramite l’Interpolazione IDW.

In seguito a diverse osservazioni, si è ritenuto opportuno prendere in considerazione

principalmente i risultati riguardanti il trend della conducibilità, il rapporto calcio/magnesio e

alcuni interessanti risultati ottenuti tramite ICP – MS.

4.2 Analisi dell’assetto idrogeologico

L’area di studio è costituita da siti localizzati in due bacini idrografici distinti, ma che presentano

evidenti somiglianze, riscontrate soprattutto dall’analisi degli elementi maggioritari e confermata

dall’analisi geologica.

Il bacino di alimentazione del Pirola è abbastanza complesso, ma è principalmente caratterizzato

dalla presenza di rock glaciers, che alimentano anche il versante in destra idrografica del torrente

Ventina: la circolazione idrica del bacino dell’area Pirola è dominata, quindi, dallo scioglimento

del ghiaccio di RGs, oltre che dalle acque meteoriche, e può presentare, quindi, caratteristiche

chimiche differenti rispetto al bacino della Val Ventina, dominato, invece, dall’ablazione di un

ghiacciaio e quindi soggetto ad un probabile maggiore effetto antropico, legato alla deposizione e

conservazione delle specie “inquinanti”.

Il bacino del torrente Ventina è stato campionato nella zona prossima al ghiacciaio (TG) e lungo

il corso, in prossimità della zona pianeggiante a valle, sandur (F002); inoltre sono state individuate

due emersioni (F005 e F007) lungo la morena laterale destra ed è stato definito un ultimo punto

di campionamento (FPONTE) a valle a chiusura del bacino.

I siti, campionati nella zona del lago Pirola, sono localizzati a sud della faglia E – O, che divide il

lago in due unità litologiche differenti; nella parte meridionale di quest’area, infatti, vi è per la

maggior parte serpentinite, litologia caratteristica anche di tutto il bacino della Val Ventina.

Il primo sito di campionamento, RG, è stato scelto poiché nelle vicinanze di un rock glacier (A),

che fornisce apporto idrico attraverso fratture del sottosuolo, direzionate verso Nord, dove è

localizzato il lago Pirola (B), e verso Ovest, attraverso la falda detritica che corre verso valle (C),

dove sono stati identificati i siti denominati VAL04H/L, F001/N/SX, e attraverso la zona

detritica a monte della morena pleistocenica (D), che divide longitudinalmente i due bacini, dove

abbiamo identificato i siti MPB ed MPT.

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Figura 4.4. Panoramica da saltellite dell’area Pirola campionata.

[A]: Rock glacier, [B]: Lago Pirola,[C]: falda detritica,[D]: morena.

È importante, però, tener presente che in prossimità di MPB si trova un secondo rock glacier, che

influisce sicuramente sul chimismo di questo sito.

Dato che la morena si configura come una barriera impermeabile, ed ipotizzando un ulteriore

scorrimento delle acque verso valle, ma in direzione nord-ovest, sono stati campionati altre 3

sorgenti, denominate VAL01/02/03, situate in prossimità del rifugio Gerli-Porro.

La loro posizione rispetto ad MPB ed MPT farebbe presumere ad una possibile circolazione

idrica sotterranea con sistemi di fratture connessi fra loro.

Per completezza sono state campionate due sorgenti in sinistra idrografica del bacino del Ventina,

denominate SX01/02.

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Figura 4.5. Mappa dei siti di campionamento e dell’aspetto litologico e geomorfologico dell’area.

L’analisi chimica e chimico-fisica (dati riportati in tabelle 7.2 in Appendice) mostra una

sostanziale uniformità qualitativa, poiché entrambi i bacini sono simili dal punto di vista litologico

e caratterizzati dalla presenza di serpentinite: come detto in precedenza essa è costituita

soprattutto da serpentino (Mg3(Si2O5)(OH)4), nel quale lo ione principalmente rilasciato in

soluzione risulta essere il magnesio.

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Considerando il numero elevato di dati, si è pensato di effettuare una prima analisi su dati medi

annuali, utilizzando tecniche di analisi multivariata, in particolare la PCA.

Tale analisi è stata eseguita su una matrice di dati, privati di alcune variabili, che presentavano

valori dubbi legati al campionamento o alle analisi ex-situ, e altre variabili, come il pH, che

manifestavano una piccola variabilità numerica nelle misure, amplificata però dalle procedure di

autoscalatura dei dati, necessarie per la PCA.

La prima analisi è stata eseguita, considerando solo gli ioni maggioritari, e ha portato, come

mostrato in figura 4.6, alla discriminazione di alcuni siti: nello specifico il sito RG risulta vicino ai

siti campionati in destra idrografica, tranne che per i VAL02/03, prossimi ai siti campionati oltre

la morena pleistocenica, MPB e MPT.

Il sito FPONTE risulta influenzato sia dai campioni F001 e VAL04H/L sia da quelli del torrente

glaciale TG e F002, come è in effetti la realtà fisica, in quanto collettore di tutti i siti considerati,

tranne i VAL01/02/03.

Figura 4.6. Grafico degli scores con varianza spiegata PC1+PC2 75,7%.

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Figura 4.7. Grafico dei loading con varianza spiegata PC1+PC2 75,7%.

In una seconda PCA sono stati aggiunti anche gli elementi in traccia: l’analisi non presenta

sostanziali differenze con la precedente, ma identifica un differente comportamento dei metalli di

transizione, raggruppati in due insiemi, che indicano differente origine o comportamento chimico

(figura 4.9).

Figura 4.8. Grafico degli scores con varianza spiegata PC1+PC2 52,1%.

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Figura 4.9. Grafico dei loadings con varianza spiegata PC1+PC2 52,1%.

Precedenti lavori indicano una differente mobilità del nichel, secondo le modalità di estrazione

sequenziale BCR (Quevauviller, 1998), all’interno del bacino del Ventina; è risultato che,

contrariamente agli altri metalli di transizione, il nichel tende verso step ossidanti, mentre in

campioni del Pirola è risultato immobilizzato in step riducenti (Piasini P., 2015); si tratta di una

mobilità associata a fonti naturali, mentre per lo zinco, ad esempio, è più plausibile una sorgente

antropica (Gabrielli et al., 2008).

Seguendo lo schema di semplificazione e modellizzazione del sistema, i campioni sono stati

“plottati” nello spazio dei due vettori Ca2+ e Mg2+ (figura 4.10), ottenendo di fatto una

separazione analoga a quanto visto per la PCA.

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Figura 4.10. Scatter plot su dati medi del rapporto Ca/Mg dei campionamenti 2014 e 2015.

Il rapporto Ca/Mg è stato ritenuto un marker geochimico utile ad evidenziare l’assetto

idrogeologico di tutta la Val Ventina.

Osservando il grafico di figura 4.10, infatti, sono evidenti 4 cluster dei punti di campionamento.

Le 4 aree si distinguono in:

- TG, F005, F002

- SX01, SX02

- VAL02, VAL03, MPB, MPT

- F001, F001N, F001SX, F007, FPONTE, RG, VAL01, VAL04H, VAL04L

I siti indicati interessano tutte le sorgenti dell’intera area di studio, differenziati in base alla

concentrazione di magnesio e calcio disciolti in acqua.

Il cluster che presenta maggior addensamento è costituito da siti che possiedono elevate

concentrazioni di magnesio, dovute all’ampia distribuzione di serpentinite.

SX01/02 presentano caratteristiche idrochimiche differenti dal resto del sistema, innanzitutto per

la loro posizione geografica, alla sinistra idrografica, in contrapposizione agli altri siti, e inoltre si

presume che possano subire l’influenza da un tipo di litologia differente come flasergabbri,

anfiboliti e paragneiss, disposti a N – O.

RG potrebbe avere connessioni tramite fratture con la valle, influenzando di conseguenza

l’aspetto idrochimico di F001/N/SX, le cui acque terminano il loro percorso in FPONTE, che a

sua volta riceve anche quelle di VAL04H/L.

Il sito F007 è situato molto più a valle rispetto all’emersione F005, presente solo nel periodo di

massima ablazione del ghiacciaio, e si distacca da quest’ultimo per la differente litologia.

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F005 è localizzato presso un affioramento di oficalciti, rocce oficarbonatiche che consistono in

frammenti di serpentinite scistosa, inglobata in una matrice di composizione predominante

calcitica; perciò il rapporto Ca/Mg in questo caso è diverso, vi è maggior concentrazione di calcio

in soluzione.

Entrambi i siti presentano valori molto bassi in confronto a tutti gli altri siti (figure 4.6 e 4.7).

In figura 4.11 viene mostrato ulteriormente, come calcio e magnesio influenzano in maniera

diversa le sorgenti all’interno dell’area presa in esame, ma in questo caso tramite Interpolazione

IDW.

È dunque evidente come la zona in prossimità del fronte glaciale e il torrente glaciale siano

influenzate dalla presenza delle oficalciti, mentre la zona a nord – est sia maggiormente

influenzata dalla presenza di serpentiniti.

Figura 4.11. Carta della distribuzione del rapporto Ca/Mg in tutta l’area di studio (anni 2014 e 2015).

Rosso: maggior concentrazione di Mg. Azzurro: maggior concentrazione di Ca.

Focalizzando lo studio su tutti i siti VAL emergono alcune osservazioni.

L’affinità tra i siti VAL02/03 ed MPB, MPT è dimostrata soprattutto dal rapporto Ca/Mg ed è

visibile tramite Interpolazione in figura 4.11, nello Scatter plot di figura 4.10 e nei grafici degli scores

delle figure 4.6 e 4.8.

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VAL04H/L non presentano alcuna relazione né con VAL02/03 né con MPB ed MPT, data la

presenza di una morena divisoria.

È stato campionato ed analizzato anche il sito VAL01, molto vicino a VAL02, che corrisponde

ad una sorgente presso il rifugio Gerli - Porro; esso non presenta somiglianze con i VAL02/03 e

si presume possa ricevere acqua da una circolazione sotterranea proveniente da un’altra zona, con

una litologia caratterizzata anche da metagabbri e paragneiss, situata più a Nord in area Pirola.

Un’altra evidenza che si riscontra in questa figura è la differenza del rapporto Ca/Mg fra i siti TG

ed RG, quest’ultimo, infatti, è maggiormente influenzato dalla presenza di serpentino, per cui la

concentrazione di magnesio è maggiore rispetto al calcio, mentre TG è influenzato dalla presenza

di oficalciti, che arricchiscono di calcio le acque del sito.

Inoltre TG, è un sito costituito da acqua di scioglimento del ghiacciaio, per cui le specie chimiche

sono presenti a concentrazioni molto basse e risente meno della litologia del sito; risultano,

invece, più evidenti le specie legate a deposizione atmosferica.

L’ablazione è superficiale ed interna: la prima è prodotta prevalentemente dalla radiazione solare,

dalla temperatura atmosferica, dall’umidità atmosferica, dal vento, dalle acque di precipitazione e

dalle acque superficiali di fusione; la seconda dalle acque di fusione che penetrano all’interno del

corpo del ghiacciaio; inoltre può avvenire anche sul fondo del ghiacciaio per opera delle acque

subglaciali e dell’attrito fra ghiaccio e roccia (Desio, 2003).

4.3 Analisi dei trend temporali su parametri chimico – fisici e contenuto ionico

Un’opportuna caratterizzazione dell’area di studio ha richiesto anche un’analisi dei trend temporali

dei parametri chimico – fisici; motivo per il quale sono stati svolti campionamenti a cadenza

mensile durante l’intera stagione estiva.

Temperatura e pH non sono risultati utili alle analisi, mentre il contenuto totale delle specie

ioniche disciolte in acqua, analizzato mediante la registrazione dei valori di conducibilità elettrica

direttamente in-situ, risulta essere un ottimo parametro per la caratterizzazione della circolazione

idrica all’interno di un bacino.

I valori ottenuti dalla misurazione mensile della conducibilità sono, infatti, risultati conformi ai

valori ottenuti dalle analisi svolte per la determinazione del contenuto ionico di elementi

maggioritari e in traccia, svolte rispettivamente tramite IC ed ICP – MS.

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Analizzando in particolare 3 siti all’interno della Val Ventina, più precisamente TG, F002 ed

FPONTE, disposti da monte a valle lungo il torrente glaciale, è evidente un simile andamento

stagionale.

Osservando il grafico di figura 4.12 si nota come i valori di conducibilità scendano drasticamente

tra giugno e fine luglio e come risalgano procedendo verso l’inizio dell’autunno.

In zona del fronte glaciale (TG) e in zona sandur (F002), terminata la stagione caratterizzata da

temperature maggiori, i valori tendono a tornare a regime; mentre in zona FPONTE la

conducibilità continua ad aumentare.

In piena estate la conducibilità diminuisce, dato l’aumento di portata del torrente glaciale, dovuto

all’ablazione del ghiacciaio massima durante la stagione estiva, e il conseguente effetto diluizione

delle specie ioniche presenti.

Il contributo glaciale, infatti, risulta significativo soltanto per alcuni mesi all’anno.

Sulle Alpi incomincia a manifestarsi piuttosto tardi, poiché prima devono essere sgomberate le

nevi invernali tramite fusione sino ad un livello più elevato del limite inferiore dell’area ghiacciata.

Solo in quel momento comincia a manifestarsi il contributo glaciale, poiché solo da quel

momento si verifica l’ablazione sui ghiacciai.

Il contributo glaciale varia di anno in anno in relazione con le vicende meteorologiche dell’annata

e con le variazioni climatiche (Desio, 2003).

Figura 4.12. Andamento valori della conducibilità nei siti TG, F002 e FPONTE (anno 2014).

Nel sito FPONTE la conducibilità aumenta anche oltre il campionamento C, perché l’apporto di

specie ioniche è continuo e, al contrario dei siti TG ed F002, non dipende solo dallo scioglimento

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del ghiacciaio, ma, riceve acqua da affluenti, probabilmente influenzati dalle precipitazioni

atmosferiche o da acquiferi del bacino.

All’interno della valle, infatti, FPONTE riceve la maggior parte dell’apporto idrico dai siti F001 e

VAL04H/L.

Figura 4.13. Andamento valori della conducibilità nei siti TG, F002, FPONTE, F001 e VAL04 (anno

2014).

Osservando il grafico di figura 4.13 risulta chiaro che il trend della conducibilità per i siti VAL04

ed FPONTE è di risalita continua a partire da fine luglio, quindi da ciò si deduce un

comportamento chimico simile.

F001 ha un andamento leggermente diverso, anche se la tendenza resta sempre quella di tornare a

regime durante i mesi più freddi; è chiaro che F001 è maggiormente influenzato dalle

precipitazioni, abbondanti in primavera ed estate, le cui acque, dapprima infiltrate nei detriti e nel

suolo, riforniscono d’acqua, per un periodo piuttosto lungo, la sorgente di questo sito.

Quindi è stato ritardato il periodo di valori minimi di conducibilità, che risulta essere in questo

caso a settembre, invece che fine luglio.

È possibile che questi valori minimi di conducibilità e, quindi, le scarse concentrazioni di ioni

disciolti, siano dovuti a un minor tempo di permanenza delle acque nel sottosuolo, che non

permette reazioni chimiche tra acqua e substrato roccioso.

Ad esempio la composizione chimica delle acque del permafrost dipende principalmente dal

tempo di residenza dell’acqua negli strati sotterranei e, quindi, la bassa solubilità dei solidi è

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spesso associata al flusso piuttosto rapido dell’acqua; inoltre in alcuni casi la bassa concentrazione

di CO2 diminuisce la solubilità di carbonati (French H. M., 1996).

Tornando ad analizzare soltanto i siti TG, F002 ed FPONTE, osservando il grafico di figura 4.14,

si notano valori più alti di conducibilità registrati nel campionamento del 2015, probabilmente per

il minor effetto diluizione, che invece nel 2014, a causa delle frequenti precipitazioni, ha

aumentato la portata e dato valori più bassi di conducibilità.

Figura 4.14. Andamento valori della conducibilità nei siti TG, F002 e FPONTE (anni 2014 e 2015).

Concentrando l’attenzione sull’andamento stagionale di tutti i siti VAL, ad esclusione di VAL04L

che presenta valori molto simili a VAL04H e, quindi, inutile per l’analisi, si nota un trend di risalita

(figura 4.15).

Figura 4.15. Andamento valori della conducibilità nei siti VAL01/02/03/04 (anno 2014).

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Il sito VAL01, nonostante non presenti somiglianze con i VAL02/03 dai risultati ottenuti con

l’elaborazione tramite PCA, presenta un andamento stagionale della conducibilità simile a VAL02

e VAL03, anche se quest’ultimo, nei valori misurati a fine settembre, ha una diminuzione, a

differenza degli altri siti.

Figura 4.16. Andamento valori della conducibilità nei siti VAL01/02/03/04 (anni 2014 e 2015).

Osservando, invece, il grafico di figura 4.16, in cui sono riportati anche i valori registrati nel 2015,

si nota che il valore del sito VAL04, a metà ottobre, ha una risalita, a differenza degli altri, che

presentano un picco a settembre e successivamente diminuiscono la conducibilità, tornando a

regime.

Probabilmente VAL04 ha subito un maggior effetto diluizione dovuto alle precipitazioni.

Interessanti sono risultate anche le analisi dei trend temporali di conducibilità dei siti TG ed RG.

Entrambi sono accomunati dall’essere costituiti da acque di scioglimento di ghiaccio, ma di

origine diversa; infatti, TG è acqua di scioglimento di un ghiacciaio, mentre RG del ghiaccio di un

rock glacier.

Il nucleo di ghiaccio all’interno di questa forma periglaciale potrebbe derivare da un relitto di un

ghiacciaio, ma il percorso di “vita” che hanno affrontato presenta delle differenze, che portano

ovviamente ad avere caratteristiche chimiche differenti.

Il grafico di figura 4.17 mostra l’andamento della conducibilità durante la stagione estiva del 2014

e i valori di inizio e fine estate del 2015 in questi due siti.

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Figura 4.17. Andamento valori della conducibilità nei siti TG ed RG (anni 2014 e 2015).

Nel 2014 i valori misurati presso TG diminuiscono procedendo verso fine luglio, per poi risalire e

tornare a regime a fine settembre, seguendo l’andamento tipico dovuto all’ablazione del

ghiacciaio; dunque il maggior scioglimento del ghiaccio aumenta la portata e diminuisce la

concentrazione del contenuto ionico.

L’andamento di RG è differente: presenta un trend di risalita, con crescita maggiore in piena

estate.

L’estate del 2014 si è rivelata piuttosto piovosa, per cui l’aumento della conducibilità potrebbe

essere dovuto alle frequenti precipitazioni e aumento di specie ioniche, come solfati o nitrati.

I valori di conducibilità misurati presso il fronte del ghiacciaio (TG) sono molto bassi, in

confronto ad RG, ma anche rispetto a tutti gli altri siti, dato che presenta minor concentrazione

di soluti.

In questo sito le specie ioniche presenti in maggior quantità sono in traccia e rappresentano una

piccolissima percentuale su tutto il contenuto ionico, a differenza dei siti analizzati più a valle, che

sono invece caratterizzati da una concentrazione di elementi maggioritari più sostanziale, dato che

il corso d’acqua si arricchisce di analiti, di origine naturale, procedendo verso valle.

Nel 2015 i valori registrati sono più alti, dovuti ad una minor portata (si sono verificate meno

precipitazioni durante la stagione).

Concentrando l’attenzione sull’intero contenuto ionico è possibile osservare la percentuale in cui

si trovano le specie chimiche all’interno dell’area di studio, facendo una media dei dati ottenuti

dalle analisi ex-situ di tutti i campionamenti (figura 4.18).

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Figura 4.18. Partizione del contenuto ionico basato sulla media dei dati dell’area di studio.

È ben evidente la differenza di concentrazione fra elementi maggioritari ed elementi in traccia.

Fra gli elementi maggioritari si nota l’elevata concentrazione di bicarbonati, in confronto alle altre

specie.

Carbonati e bicarbonati sono principalmente originati per dissoluzione di carbonato di calcio

dalla litosfera o di anidride carbonica atmosferica, e la loro presenza nelle differenti specie è

funzionale al pH (figura 2.6); in questo bacino, infatti, il pH è tendenzialmente basico, intorno a

pH 8, ma presenta variazioni durante l’anno.

In secondo luogo Ca2+ e Mg2+ rappresentano, insieme ai bicarbonati, la percentuale maggiore di

tutto il contenuto ionico.

Nelle rocce ignee e metamorfiche il catione predominante è sempre il Ca2+, questo perché la sua

dissoluzione, da tracce di carbonati, che sono ubiquitari nella maggior parte delle rocce, e dagli

allumino-silicati, è molto più rapida che gli altri ioni monovalenti.

Quindi il Ca2+ può essere anche in minoranza rispetto agli altri cationi nel substrato roccioso, ma

diventa dominante in soluzione (White et al., 2011).

Il Mg2+ può venir rilasciato in soluzione dalla biotite, oppure potrebbe derivare da minerali

ferromagnesiaci, tra i quali l’olivina, pirosseni e anfiboli.

Dopodiché rappresentano una buona percentuale anche gli ioni SO42-, NH4

+ ed NO3-, legati alle

precipitazioni atmosferiche.

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Nel caso di elementi maggioritari, come i solfati, si può osservare nel grafico di figura 4.19 come

l’andamento risulti affine e conforme a quello della conducibilità per entrambi i siti.

Figura 4.19. Andamento concentrazione dei solfati nei siti RG e TG (anni 2014 e 2015).

Nel caso di RG la tendenza è di risalita man mano che ci si avvicina all’inverno, mentre nel caso

di TG i valori tendono verso valori minimi in piena estate e ad una risalita a partire da fine

settembre.

I solfati possono derivare sia da deposizione atmosferica sia da ossidazione di solfuri, dal gesso e

dall’anidrite; i nitrati, invece, sono principalmente associati al fenomeno delle piogge acide ed

hanno un andamento diverso (figura 4.20).

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Figura 4.20. Andamento concentrazione dei nitrati nei siti RG e TG (anni 2014 e 2015).

In questo caso, nel 2014 i valori nel sito RG diminuiscono leggermente a fine luglio, ma il trend è

sempre di risalita.

Nel sito TG nel 2014 i valori presentano un trend simile ai solfati, anche se in tempi più lunghi.

Nel 2015, il picco a fine settembre, relativo al sito TG, costituisce una variazione minima e

potrebbe trattarsi di un errore durante il campionamento.

Analizzando soltanto la concentrazione degli elementi in traccia, determinati nell’area di studio

durante tutti i campionamenti, si nota subito l’elevata percentuale di ferro, nichel e zinco (figura

4.21).

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Figura 4.21. Partizione degli elementi in traccia basata su dati medi dell’area di studio.

I lavori, svolti sui sedimenti presso il sito TG, hanno portato alla scoperta di una mobilità del

nichel diversa dagli altri metalli di transizione, per cui si è deciso di approfondire uno studio

idrologico a riguardo.

L’andamento stagionale di zinco e nichel, in stretta relazione fra loro, come mostra il grafico dei

loadings di figura 4.9, è risultato molto interessante in seguito alla loro determinazione nelle acque,

tramite ICP – MS.

I grafici delle figure 4.22 e 4.23 mostrano l’andamento delle concentrazioni dei due elementi in

traccia nel 2014, confrontando i siti RG e TG.

Figura 4.22. Andamento concentrazione del nichel nei siti RG e TG (anno 2014).

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Figura 4.23. Andamento concentrazione dello zinco nei siti RG e TG (anno 2014).

È evidente da questi grafici che, nel caso di un sito, localizzato presso un rock glacier , ma

alimentato anche dalle precipitazioni, le fonti di zinco, considerato di origine antropica, non si

esauriscano con l’abbassamento delle temperature, come invece avviene nel caso del ghiacciaio,

che conclude il periodo di ablazione.

Il nichel, considerato di origine naturale, nel sito RG, ha una continua risalita proseguendo verso

l'autunno, esattamente come lo zinco; infatti, man mano che le temperature diminuiscono, il

ghiaccio del rock glacier smette di sciogliersi e, da quel momento, il sito è alimentato solo da acqua

proveniente dagli acquiferi.

Diminuendo la portata, ovviamente, i valori di concentrazione degli ioni disciolti aumentano.

Focalizzando ora l’attenzione solo sul nichel lungo il torrente glaciale emergono le seguenti

osservazioni (figura 4.24):

- FPONTE presenta un trend in salita, ricevendo le acque arricchite di analiti da diverse

sorgenti situate più a monte;

- F002 è maggiormente diluito in piena estate, dato l’aumento di portata, ma poi i valori si

alzano fino a superare FPONTE, il quale è probabilmente più diluito, essendo alimentato

anche nella stagione più fredda, a differenza di F002, il cui livello di portata si abbassa

enormemente verso l’autunno.

- TG, a differenza degli altri due siti, all’ultimo campionamento, presenta valori minori,

rispetto a quelli registrati a inizio giugno. Nel 2015 addirittura sembra tenda a diminuire

senza risalire, ma probabilmente perché in questo anno l’effetto è stato ritardato oltre la

metà di ottobre.

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Figura 4.24. Andamento concentrazione del Ni nei siti TG, F002 ed FPONTE (anni 2014 e 2015).

L’andamento dello zinco, lungo il torrente glaciale, è totalmente diverso (figura 4.25).

La tendenza è quella di andare verso valori prossimi allo zero per tutti e tre i siti, relazionati l’uno

con l’altro.

Figura 4.25. Andamento concentrazione dello Zn nei siti TG, F002 ed FPONTE (anni 2014 e 2015).

A questo punto, è stato ritenuto opportuno approfondire lo studio del sito TG, confrontando

l’andamento delle concentrazioni di nichel e zinco (figure 4.26 e 4.27).

Questo sito rappresenta, in parte, il contenuto ionico all’interno degli strati di ghiaccio del

ghiacciaio, in prossimità del fronte; per cui, ritenendo lo zinco, di origine antropica e, quindi,

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derivante da deposizione atmosferica (Gabrielli P. et al., 2008) è sicuramente il punto ideale per

l’analisi dell’andamento di questo metallo.

Figura 4.26. Andamento concentrazioni di Zn e Ni in relazione alla conducibilità nel sito TG (anni 2014 e

2015).

Figura 4.27. Andamento concentrazioni di Zn e Ni nel sito TG (anno 2014).

Analizzando i grafici 4.26 e 4.27 risalta l’andamento del nichel, che segue l’andamento dei valori

di conducibilità elettrica, mentre lo zinco presenta una forte diminuzione da giugno a fine luglio e

poi prosegue diminuendo i valori, fino a scomparire del tutto a fine settembre.

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La spiegazione del trend dello zinco è legata alle sue origini, in quanto ritenute principalmente

legate all’attività antropica.

Molto probabilmente questo elemento si trova all’interno dello strato di ghiaccio del ghiacciaio,

che, durante l’ablazione, si scioglie e arricchisce il torrente glaciale di questo analita.

Trattandosi di specie antropogenica, deriva da deposizione atmosferica e non da minerali presenti

in-situ, perciò, man mano che il ghiaccio si scioglie, la fonte si esaurisce, a differenza del nichel,

che mantiene lo stesso trend di altre specie legate alla litologia e, quindi, di origine naturale.

Sono stati svolti diversi studi a riguardo, in particolare incentrati sulla neve e sul ghiaccio.

È stato scoperto che lo Zn (così come V, Sb, Pb, Cd, e Mo) è collegato con gli acidi

antropogenici SO42- e NO3

- in maggior concentrazione rispetto al contributo della crosta terrestre

(Gabrielli et al., 2008).

Le Alpi, purtroppo, accumulano emissioni derivanti dalla aree più industrializzate, come la

Pianura Padana o aree prealpine.

Questo è dovuto al loro “effetto barriera”, che causa un addensamento di nuvole e intense

precipitazioni, e, oltre a ciò, è dovuto anche alle basse temperature (Schroeder P., 2014).

Si formano le cosiddette piogge orografiche, fenomeni atmosferici legati alla presenza di ostacoli

(in questo caso le montagne), che costringono le masse d’aria calde e umide a risalire i versanti,

facilitando la condensazione.

Sono state trovate elevate concentrazioni di Pb, Cd, Zn e Cu anche nel ghiaccio e nella neve della

Groenlandia, appartenenti alla rivoluzione industriale degli anni ’60 (Boutron et al., 1995).

Gli studi confermano che la chimica della neve è dominata dalla dissoluzione di particolato,

considerato possibile veicolo di inquinanti, fra i quali proprio i metalli pesanti.

Le modalità di trasporto e deposizione potrebbero essere in relazione anche con il trend temporale

di concentrazione delle specie ioniche trovate nelle acque, infatti, attraverso altri studi in

Groenlandia, sono state osservate variazioni stagionali di quattro metalli pesanti (Pb, Cd, Zn, Cu)

e sono risultate basse concentrazioni in inverno e alte concentrazioni in primavera ed estate

(Candelone J.P., 1996).

Nell’Artico vengono svolte analisi anche su licheni e la crioconite, per capire la deposizione dei

metalli; lo schema generale in ordine decrescente di concentrazione degli elementi trovata nei

campioni di crioconite è Al>Fe>Mn>Zn>V>Pb>Cr>Ni>Cu>Co>As>Cs>Cd, mentre nei

licheni è la seguente Al>Fe>Zn>Mn>Pb>Cu>Cs>Cr>Ni>V>Co>As>Cd (Shiv Mohan Singh

et al., 2013).

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Per lo studio di origine e mobilità dello zinco in atmosfera è necessario fare riferimento anche al

Planetary Boundary Layer, lo strato limite che si estende entro i primi 2 – 3 km di atmosfera ed è

influenzato dalla superficie terrestre; questa interazione, fra atmosfera e superficie, può avvenire

attraverso diversi meccanismi: attrito meccanico, evaporazione e traspirazione, trasferimento di

calore, emissione di sostanze inquinanti e variazioni della circolazione atmosferica dovuta alla

conformazione del terreno.

L’altezza di questo strato influenza le concentrazioni degli inquinanti: una diminuzione

dell’altezza dello strato di rimescolamento porta ad un aumento delle concentrazione del

particolato.

Tutto questo spiega che le concentrazioni annuali ed infrannuali delle sostanze derivanti da

deposizione atmosferica possono variare; quindi le quantità delle specie ioniche antropogeniche

presenteranno variazioni sempre differenti, al contrario di quelle naturali, come il nichel, che

hanno un andamento piuttosto prevedibile all’interno di un ambiente proglaciale.

Lo zinco ha diverse fonti, in parte anche naturali, piccole quantità si trovano all’interno di rocce

ignee; proviene infatti dai solfuri, in minerali come sfalerite e wurzite.

Il contenuto naturale di zinco nel suolo stimato è circa 1 – 300 mg/kg (Fawell J.K. et al., 2003).

Le fonti antropiche sono molteplici: lo zinco viene usato nella produzione di leghe resistenti alla

corrosione, nella produzione di ottone, per la zincatura dell’acciaio e in prodotti in ferro.

L’ossido di zinco inoltre viene usato come pigmento bianco all’interno delle gomme per

cancellare ed è forse il composto di zinco più usato; il “peroral zinc” è usato occasionalmente in

caso di carenza nel corpo umano; mentre i carbammati di zinco vengono impiegati come pesticidi

(Fawell J.K. et al., 2003).

Lo zinco è considerato non-tossico, ma è stato riscontrato che elevate concentrazioni possano

essere dannose per gli esseri umani, gli animali e le piante.

Esso è comunemente associato ad altri metalli, come piombo, rame e cadmio, rendendo di

conseguenza difficile la distinzione dei suoi possibili effetti in atmosfera con quelli degli altri; gli

effetti specifici e sinergici di questi metalli non sono ancora del tutto chiari (Yanis C., 1969).

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5. MATERIALI E METODI

5.1 Preparazione materiale per campionamento

Precedentemente ad ogni uscita su campo è importante svolgere una meticolosa preparazione del

materiale necessario per un campionamento di acque naturali e per svolgere eventuali analisi in-

situ.

I materiali da non dimenticare sono molteplici, fra cui: barattoli in LPDE (polietilene a bassa

densità) da 500mL e da 1L con tappo di chiusura per campionare, opportunamente pretrattati in

laboratorio; provette per IC in polietilene, anch’esse già lavate in maniera appropriata; kit della

durezza e dell’alcalinità; strumentazione portatile, tarata in laboratorio, per analisi di parametri

fisici come temperatura, pH e conducibilità.

Oltre ai precedenti materiali elencati servono guanti in nitrile per non inquinare i campioni, acqua

MilliQ per trattare strumenti come siringhe o altri recipienti da utilizzare per le analisi in campo,

HNO3 concentrato e relativa micro-pipetta, filtrini per siringa per ogni sito da campionare,

siringhe senza ago da almeno 10 mL.

5.1.1 Lavaggio barattoli per campionare

I barattoli in polietilene (LPDE) necessitano di un trattamento preventivo in laboratorio, da

svolgere con attenzione e utilizzo di guanti, per evitare di inquinarli.

Innanzitutto è necessario sciacquare barattoli e coperchi con acqua MilliQ; successivamente viene

eseguito un bagno detergente, immergendoli in un recipiente con MilliQ e NALGENE® L900

(un litro di acqua necessita di 4mL di Nalgene).

Vengono lasciati a bagno per 24 ore.

Infine bisogna risciacquare i barattoli tre volte con MilliQ, in modo da eliminare possibili residui

di Nalgene, e li si riempie per ¼ del loro volume ancora con MilliQ, che rimarrà fino al momento

del campionamento.

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5.1.2 Lavaggio provette per IC

Provette anioni

In modo simile ai barattoli, e sempre indossando dei guanti, è necessario sciacquare con MilliQ

provette e relativi tappi ed eseguire un bagno detergente a base di MilliQ e Nalgene, della durata

di 24 ore.

Successivamente le provette e i tappi devono essere sciacquati con MilliQ e lasciati ad asciugare

su della carta assorbente.

Provette cationi

Queste provette devono esser sottoposte allo stesso procedimento di quelle utilizzate per l’analisi

degli anioni.

Dopo questo passaggio, provette per i cationi e relativi tappi necessitano di un secondo bagno di

24 ore, costituito da MilliQ e HNO3 concentrato; tale bagno si prepara aggiungendo, ad 1 litro di

acqua ultrapura, il 2% di acido nitrico.

Estratte le provette dal bagno acido, bisogna lasciarle asciugare su carta assorbente.

5.1.3 Taratura sonde da campo

I parametri chimico-fisici quali Temperatura, pH e conducibilità vengono misurati in ogni sito

tramite sonde apposite, precedentemente calibrate in laboratorio.

La calibrazione è l'operazione in cui uno strumento di misura viene regolato in modo da

migliorarne l'accuratezza e richiede il confronto con delle misure di riferimento prodotte

utilizzando uno strumento campione.

Per l’analisi elettrochimica del pH è possibile utilizzare la sonda Hanna instruments HI 9025,

strumento dotato di termometro e di un elettrodo a vetro (analisi che permette di registrare anche

la temperatura dell’acqua in contemporanea).

Per la taratura del pH-metro sono state utilizzate due soluzioni di calibrazione standard con valori

di pH 7, pH 10, essendo già nota la natura debolmente basica dell’ acqua nell’ area di studio.

Per l’analisi della conducibilità elettrica può utilizzare la sonda Hanna Instruments HI 9033.

Per la taratura del conduttimetro è stata utilizzata una soluzione standard con valore di 1413

μS/cm.

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Le soluzioni di calibrazione sono state impiegate anche durante il periodo di campionamento, per

verificare la corretta taratura degli strumenti al fine di evitare errori di misurazione.

5.2 Campionamento e analisi in-situ

Le analisi in situ comprendono una serie di procedure svolte in ogni punto di campionamento: il

prelievo di campioni di acqua; analisi dei parametri chimico-fisici quali Temperatura, pH e

conducibilità elettrica tramite sonde portatili; analisi di durezza e alcalinità con gli appositi kit da

campo e la preparazione delle provette per la cromatografia ionica.

5.2.1 Campionamento per analisi ex-situ

Il campionamento consiste nel prelievo, nel sito prescelto, di 1L o 500mL di acqua, in base alla

capienza del barattolo.

Prima di prendere il campione è necessario eliminare la MilliQ lasciata in precedenza ed avvinare

un paio di volte il recipiente con l’acqua da campionare.

Successivamente è possibile prelevare il campione, avendo cura di non inquinarlo indossando i

guanti, riempiendo il recipiente fino all’orlo e chiudendolo ermeticamente con l’apposito tappo.

Ogni barattolo deve essere dotato di etichetta con indicato il nome del sito e la data del

campionamento e dovrà essere conservato in frigorifero ad una temperatura di circa -4°C, per

evitare possibili reazioni chimiche.

Il campione verrà poi utilizzato in laboratorio per l’analisi dei carbonati – bicarbonati, per

l’analisi con ICP-MS e come scorta, in caso sia necessario rifare alcune analisi.

5.2.2 Preparazione provette IC

Direttamente in ogni sito è stato possibile preparare le provette per l’analisi di anioni e cationi; è

stato ritenuto opportuno preparare due provette per i cationi e due per gli anioni per ogni sito

campionato, in modo da avere più campione di riserva per le analisi.

Prima del campionamento è necessario avvinare la provetta direttamente con l’acqua da

campionare per un paio di volte.

L’acqua è prelevata dalla sorgente attraverso una siringa, a sua volta avvinata, munita di un

apposito filtro per impurità (Ø pori 0,45 μm).

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Nel caso degli anioni, si inseriscono 10 mL di acqua all’interno della provetta, che verrà poi

chiusa tramite il tappo apposito, precedentemente avvinato.

Mentre per i cationi, dopo aver inserito i 10mL di acqua da campionare, è necessario aggiungere

100μL di HNO3 1mol/L ottenendo una soluzione a pH 2; questa aggiunta avviene tramite micro-

pipetta.

Tale procedura è necessaria per ottenere un ambiente ossidante fino al momento dell’analisi,

avendo così la certezza che gli elementi indagati rimangano in soluzione sotto forma di cationi.

È necessario maneggiare i materiali con l’utilizzo di guanti, per evitare di contaminare i campioni

e per autoprotezione, durante l’aggiunta di acido nitrico concentrato nel caso dei cationi.

Ogni provetta deve essere etichettata con l’indicazione del sito, data e del tipo di analisi a cui

dovrà essere sottoposta (anioni (A) e cationi (C)).

5.2.3 Determinazione della durezza e dell’alcalinità

I kit portatili (Aquamerck) vengono utilizzati su campo per la determinazione di alcalinità e

durezza totali; questi non necessitano di operazioni preliminari al loro uso in-situ.

L’analisi che viene svolta è una titolazione colorimetrica.

Le scatole contengono le soluzioni (indicatore e titolante) con relativa siringa graduata, un piccolo

becker e una siringa per il dosaggio del campione.

Per ottenere valori di concentrazione precisi è necessario eseguire innanzitutto un lavaggio con

acqua MilliQ e successivamente avvinare il becker, prima di effettuare l’analisi, con l’acqua

campionata e filtrata con una membrana con pori di 0,45μm per eliminare impurità e colloidi.

Dopodichè si può procedere, prelevando 10 mL di acqua del campione e travasandoli all’interno

del becker, sempre con l’utilizzo del filtro.

Si aggiungono due gocce di reagente (il quale fa cambiare colore alla soluzione) e si effettua la

titolazione con l’utilizzo di una micro buretta fino al viraggio.

Il kit Aquamerck® per la misura dell’ alcalinità contiene acido cloridrico, come reagente, e blu di

bromo timolo, come indicatore.

Il kit Aquamerck® per la misura della durezza totale contiene EDTA 0,01M, come reagente, e

nero eriocromo T, come indicatore.

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5.2.4 Misura dei parametri chimico-fisici con strumentazione portatile

Una volta su campo è possibile effettuare le misure di pH e Temperatura, tramite pHmetro e

della conducibilità tramite conduttimetro.

Prima di procedere è consigliabile tarare nuovamente lo strumento, dopodichè, in seguito

all’accensione dello strumento, basta inserire le sonde all’interno dell’acqua del sito che si vuole

analizzare.

5.3 Analisi ex-situ

Le analisi svolte presso il laboratorio consistono nella determinazione dei bicarbonati tramite

titolazione, determinazione di ioni maggioritari tramite cromatografia ionica, determinazione degli

elementi in traccia tramite uno spettrometro di massa accoppiato ad emissione al plasma e il

trattamento statistico dei dati.

5.3.1 Titolazione carbonati – bicarbonati

Per calcolare la concentrazione di carbonati all’interno dei campioni prelevati è stata applicata la

tecnica della titolazione colorimetrica utilizzando acido cloridrico con concentrazione 0,01M.

Per svolgere la titolazione bisogna prelevare 25 mL di campione, che deve essere filtrato con una

membrana dai pori del diametro di 0,45μm all’ interno di una beuta, dopodiché bisogna inserire

due gocce di indicatore (verde bromocresolo) e la soluzione deve essere titolata con l’uso di una

buretta con una soluzione di acido cloridrico diluita 0,01 M, fino al viraggio (quando la soluzione

da un colore azzurro passa ad un verde/giallo).

Una volta effettuata la titolazione, ed annotato il volume di HCl titolato al viraggio, è possibile

calcolare la presenza di bicarbonato attraverso un semplice calcolo.

CHCl · VHCl = CHCO3- · VHCO3- → CHCO3- = CHCl · VHCl / VHCO3-

5.3.2 Analisi con cromatografia ionica

Per quanto riguarda il sistema cationi sono stati sviluppati metodi analitici per l’analisi simultanea

di litio, sodio, potassio, ammonio, calcio e magnesio.

Per quanto riguarda il sistema anionico si dispone di metodi analitici che permettono l’analisi

simultanea di fluoruri, cloruri, nitriti nitrati, fosfati e solfati.

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Per entrambi i sistemi è stato utilizzato un cromatografo Metrohm 761 compact IC, che permette

di effettuare analisi in un intervallo di concentrazioni fra 1 e 20ppm.

Questa tipologia di strumento permette l’analisi dei cationi e degli anioni nei campioni, ma è

necessario l’utilizzo di due diversi sistemi, con una diversa fase mobile in colonna e un differente

eluente (specifiche tecniche in Appendice, capitolo 7.1).

Prima di effettuare le analisi, lo strumento deve essere calibrato con standard a concentrazione

nota.

Gli standard si ottengono diluendo una soluzione multistandard (100 ppm), precedentemente

preparata prelevando una soluzione madre di ogni anione e catione, ciascuna a concentrazione

pari a 1 g/L, e portando, con acqua ultrapura MilliQ, a volume.

Per ogni analisi cromatografica, sia di anioni che di cationi, sono stati preparati quattro standard e

diversi bianchi (provette riempite di sola acqua MilliQ), da posizionare rispettivamente all’inizio

del carosello, alla fine della serie di provette degli standard e alla fine del carosello come ultima

provetta.

Gli standard preparati hanno le seguenti concentrazioni, sia per gli anioni che per i cationi:

• 1 ppm (pari a 1 mg/L);

• 2 ppm (pari a 2 mg/L); 65

• 3 ppm (pari a 3 mg/L);

• 5 ppm (pari a 5 mg/L).

5.3.3 Trattamento statistico dei dati

Una prima valutazione dei dati ha incluso l’applicazione di indici come la media e la deviazione

standard.

Questi due indici vengono rapportati nel calcolo della deviazione standard relativa (detta RSD),

coefficiente che permette di osservare l’errore relativo.

Sono inoltre stati calcolati alcuni indici che permettono di confrontare le diverse tecniche

analitiche utilizzate (specie per un confronto tra kit portatili e analisi ex-situ), e nel dettaglio sono

stati calcolati i rapporti tra:

valori di alcalinità in-situ e titolazione dei carbonati in laboratorio;

valori di durezza in-situ e la somma di ioni calcio e magnesio in cromatografia ionica.

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Questi indici, in caso di misure precise, dovrebbero avere un valore che tende a 1; nel caso di

valori differenti, è plausibile che ci possa essere un discostamento delle due tecniche, nonché un

possibile errore strumentale.

I dati ottenuti dalla titolazione dei carbonati e dalla cromatografia ionica sono stati validati tramite

il bilancio ionico.

Questa tecnica permette di osservare come si compensano i cationi con gli anioni.

Il calcolo è il seguente:

IB% = (S [anioni (meq/L)] – S [cationi (meq/L)])/(S [anioni (meq/L)] + S [cationi (meq/L)])%

Successivamente è possibile svolgere le analisi statistiche; in questo lavoro sono state svolte

tramite l’analisi delle componenti principali (PCA) e interpolazione spaziale con algoritmo IDW.

5.3.3.1 Principal component analysis (PCA)

L'analisi delle componenti principali (PCA) è un metodo molto noto in chimica e largamente

impiegato anche in altre discipline scientifiche il cui scopo primario è la riduzione di un numero

più o meno elevato di variabili (rappresentanti altrettante caratteristiche del fenomeno analizzato)

in alcune variabili accorpate (feature reduction).

Si consideri, ad esempio, un set di dati composto da n variabili che descrivono m oggetti, dove m

ed n sono numeri molto elevati.

L'informazione contenuta in questo set è difficilmente visualizzabile in plot bi o tri-variati: ogni

plot conterrebbe esclusivamente una ridotta frazione delle informazioni totali.

Mediante la PCA è possibile creare un nuovo set di n variabili che siano combinazioni lineari delle

variabili originarie.

Queste variabili chiamate “componenti principali (PC)” vengono generate sequenzialmente e hanno

due caratteristiche principali:

1. non sono totalmente correlate tra di loro, a differenza delle singole variabili originarie;

2. l'insieme di tutte le PC contiene la stessa quantità di informazione delle variabili originarie.

Le prime due o tre PC mantengono una percentuale elevata dell'informazione totale contenuta

nel set di dati, seppur perdendo delle informazioni meno significative a fini analitici.

Per questi motivi, utilizzando le prime due o tre PC calcolate è possibile visualizzare in due o tre

dimensioni una frazione molto alta dell'informazione totale, facilitando il riconoscimento delle

correlazioni tra variabili più significative per quel dato set di dati; questo è possibile in quanto nella

creazione delle PC viene eliminata l'informazione ridondante.

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Inoltre mentre un plot bivariato con due variabili originarie mostra una percentuale

dell'informazione totale pari a (2/n)x100%, un plot bivariato con due PC può mostrare una

percentuale molto più elevata.

In definitiva, nonostante la tecnica PCA metta in evidenza solo una frazione dell'informazione

iniziale, essa permette in moltissimi casi di riconoscere il modo in cui i campioni si raggruppano.

5.3.3.2 Interpolazione spaziale con algoritmo IDW

I dati ottenuti dalle analisi sono stati anche trattati statisticamente in funzione della locazione del

punto di campionamento, grazie all’ utilizzo di software GIS.

Durante i campionamenti sono state annotate le coordinate GPS dei punti di campionamento,

che hanno permesso di importarli sul software in formato shapefile.

Dopodichè è stato possibile inserire i dati tabellari dei parametri fisico-chimici analizzati, e

osservare possibili trend di distribuzione attraverso la tecnica dell’interpolazione.

Questa tecnica permette, dati una serie di valori puntuali, di ottenere una superficie che

rappresenta il possibile andamento del valore selezionato anche nei punti in cui non è stato

direttamente misurato.

Sono presenti diversi algoritmi per l’applicazione di un’interpolazione, ma in questo caso è stato

utilizzato l’algoritmo IDW (Inverse Distance Weighting), uno tra gli interpolatori più importanti; esso

ottiene il valore ignoto funzionalmente ai valori vicini, e il peso dei valori nei punti misurato è

dato funzionalmente alla distanza dal punto con valore ignoto.

Con l’utilizzo di questa tecnica è possibile settare il numero di punti da prendere in

considerazione per il calcolo, e inserire un esponente sulla distanza affinchè i valori più vicini

misurati abbiano maggiore o minore influenza sul valore non noto.

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6. CONCLUSIONI

Lo studio affrontato, per caratterizzare un’area in alta montagna dal punto di vista idrogeologico

e approfondirne l’analisi sulla circolazione idrica, è stato svolto tramite analisi chimiche e

parametri chimico – fisici delle acque, in-situ ed ex-situ, e successivo trattamento dei dati con

tecniche come la PCA e l’ interpolazione spaziale con algoritmo IDW.

L’area in questione è costituita dai due bacini idrografici adiacenti Val Ventina e Pirola (Alta

Valmalenco, SO); lo studio della litologia e precedenti lavori svolti sulle fratture hanno

confermato un possibile collegamento idrologico fra le due aree, già ipotizzato in precedenza

grazie ad analisi chimiche, svolte in alcuni siti della zona.

L’individuazione del marker geochimico, rapporto Ca2+/Mg2+, relazionato a uno studio della

geologia e litologia, ha permesso di identificare zone precise e di poter svolgere un’analisi spaziale

per identificare, ad una maggiore risoluzione spaziale, l’assetto idrogeologico.

È possibile suddividere l’area in 4 zone, comprendendo i seguenti siti di campionamento:

1. TG, F005, F002

2. SX01, SX02

3. VAL02, VAL03, MPB, MPT

4. F001, F001N, F001SX, F007, FPONTE, RG, VAL01, VAL04H, VAL04L

Questi risultati sono stati confermati sia plottando i campioni nello spazio dei due vettori Ca2+ e

Mg2+ (figura 4.10) sia tramite Analisi delle componenti principali, considerando dapprima solo gli

ioni maggioritari (figura 4.6) e successivamente anche gli elementi in traccia (figura 4.8).

Dai grafici della PCA, inoltre, è ben visibile la disposizione lineare – progressiva dei siti TG, F002

ed FPONTE, che rispecchia la realtà fisica, corrispondente alla sequenza di campionamenti lungo

il torrente glaciale.

I grafici dei loadings e degli scores per le prime due componenti, che cumulate spiegano il 75,7%

della varianza (figure 4.6 e 4.7), mostrano anche quali siti presentano valori più elevati e, quindi,

concentrazioni maggiori di contenuto ionico; come previsto, i siti più poveri sono TG, F005 ed

F007, costituendo acque di scioglimento di un ghiacciaio, così come i siti SX01/02, che

potrebbero avere grosso contributo dallo scioglimento nevoso, essendo presenti sulla sinistra

idrografica, in un area con grossa pendenza ed esposizione a Nord-Ovest, ma è necessario

approfondire ulteriormente lo studio a riguardo.

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Ulteriore conferma dei collegamenti sotterranei, fra i due bacini adiacenti, è stata la scoperta di

analogie fra i siti VAL02/03 ed MPT/MPB, a differenza dei VAL04H/L, sorgente che potrebbe

risentire dello sbarramento della morena situata a monte, considerabile come una barriera a bassa

permeabilità, data la composizione granulometrica fine e la compattezza del suo sedimento.

La sorgente VAL01 presenta invece valori anomali rispetto alle caratteristiche del bacino

Ventina, nonostante alcune similitudini riscontrate con la PCA; per cui bisognerebbe indagare in

maniera più approfondita per capire la circolazione nella zona.

Dall’Interpolazione IDW è evidente come i siti TG, F002, F005, F007 e, in piccola parte, anche

F001/N/SX, siano influenzati dalla presenza di oficalciti, che rendono le acque più ricche in

calcio, a differenza degli altri siti maggiormente influenzati dalle serpentiniti, ampiamente diffuse

in tutta l’area di studio, che rendono le acque più ricche di magnesio (figura 4.11).

Analisi, svolte in-situ, sulla conducibilità elettrica, hanno permesso uno studio del trend temporale

per lo studio della circolazione idrica.

Tramite analisi svolte a cadenza mensile, durante l’intera stagione estiva, si è notato che il torrente

glaciale è totalmente influenzato dall’ablazione del ghiacciaio e, infatti, con temperature maggiori,

maggior scioglimento del ghiaccio e di conseguenza l’aumento di portata, i valori di conducibilità

diminuiscono progressivamente da fine giugno fino alla fine di luglio, per poi tornare a regime

verso la fine dell’estate.

FPONTE, essendo localizzato nella zona di chiusura del bacino a fondovalle, riceve apporto

idrico anche dai siti VAL04H/L, F001/N/SX e dai siti SX01/02, che sono indipendenti dal

torrente glaciale, per cui la loro portata non varia moltissimo e portano elevate concentrazioni di

analiti.

Il sito RG presenta un andamento temporale dei dati totalmente diverso da TG, nonostante

entrambi provengano da ghiaccio in fusione; questo dimostra le differenze nella stagione di

ablazione tra rock glacier (forma periglaciale presente nel primo punto di campionamento) e

ghiacciaio (presente nel secondo).

Le analisi per la determinazione degli elementi maggioritari e degli elementi in traccia,

rispettivamente tramite IC ed ICP – MS e la successiva partizione degli elementi svolta sulla

media di tutti i dati, hanno portato ai seguenti risultati: i bicarbonati costituiscono quasi il 50% del

contenuto ionico, seguiti da magnesio e calcio; sono presenti anche percentuali di solfati, ioni

ammonio e nitrati; infine si trovano minor percentuali di sodio, cloruri, potassio ed elementi in

traccia.

Questi ultimi sono rappresentati principalmente da ferro, zinco e nichel.

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Dalla PCA, plottando la PC1 vs PC2, con varianza spiegata PC1+PC2 52,1%, è emerso un

comportamento chimico simile tra alcuni metalli di transizione: Cu, Zn, Ni, Cr (figura 4.9).

Il trend temporale basato sulla concentrazione di zinco e nichel, presenti in quantità maggiori

rispetto a rame e cromo, presso il sito TG, è risultato particolarmente interessante, in quanto si ha

avuto dimostrazione del differente andamento di un elemento di plausibile origine naturale (Ni) e

di uno di origine antropica (Zi).

La presenza del nichel diminuisce man mano che aumenta l’effetto di diluizione dato dallo

scioglimento del ghiacciaio, mostrando un successivo aumento di concentrazione con il termine

della stagione di ablazione; mentre lo zinco mostra un andamento differente, con un forte calo di

concentrazione, fino a valori prossimi allo zero con lo scioglimento della neve e della prima

porzione di ghiaccio, contenente deposizione atmosferica.

In conclusione si può affermare di aver migliorato e approfondito la caratterizzazione

idrogeochimica di un’area di alta montagna, resa maggiormente importante dalla presenza di un

ghiacciaio in fase di regressione.

Questi studi risultano utili anche per l’individuazione di un possibile impatto antropico, valutando

i possibili effetti di weathering su sedimenti solo recentemente esposti ad agenti atmosferici e

all’effetto delle piogge acide.

Possibili studi futuri, per approfondire i risultati ottenuti, potrebbero essere svolti tramite analisi

dirette della copertura nevosa e di carote di ghiaccio, determinando il contenuto ionico anche del

ghiacciaio, associando i risultati ottenuti a successive analisi idrochimiche della valle e riuscendo

così a comprendere meglio la diffusione di specie chimiche antropogeniche in zone naturali.

Inoltre potrebbe essere necessario un ulteriore studio sul flusso d’acqua all’interno del circuito

fratturato, con valutazione della giacitura di fratture , focalizzando l’analisi nella Val Ventina.

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7. APPENDICE

7.1 Specifiche tecniche del cromatografo ionico

Sistema anioni:

pressione: 10.5/13.5 MPa;

flusso: 0,7mL/min;

iniezione: 20 μL;

tempo di eluizione: 32min;

colonna: metrosep A supp 5 250/4 (avente lunghezza 250mm e diametro 4mm);

eluente composto da 3,2 mmol/L Na2CO3 e 1 mmol/L NaHCO3 e una soluzione 0,01% di

acetone (cromasolv Sigma-Aldrich), messo per 20 minuti a bagno in ultrasuoni;

soluzione rigenerante composta MQ 500mL e H2SO4 (20mM).

Sistema cationi:

pressione: 6.81 MPa

flusso: 0,900mL/min

iniezione: 10 μL

tempo di eluizione: 12min

colonna: metrosep C 4- 150/4.0 (avente lunghezza 150mm e diametro 4,0 mm)

eluente composto da 340 microlitri H3PO4 20mL acetone (cromasolv Sigma-Aldrich) in un litro

di soluzione con acqua MilliQ ultrapura, messa per 20 minuti a bagno in ultrasuoni.

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7.2 Tabelle con dati chimici di ogni campionamento

7.2.1 Parametri chimico – fisici

Anno Campione Periodo T (°C) pH Conducibilità (µS/cm)

2014 F001 14A 3,66 7,73 48,3

2014 F001 14C 4 6,82 37,2

2014 F001 14D 4,1 7,48 38,4

2015 F001 15A 2,5 8,08 47,1

2015 F001 15B 3,3 8,04 60

2015 F001 15C 4 7,87 55,7

2014 F001 SX 14B 3,1 7,68 45,3

2014 F001 SX 14C 5,2 7,2 39,8

2014 F001 SX 14D 4 6,95 38,1

2015 F001 SX 15A 2,12 7,95 47,5

2015 F001 SX 15B 3,1 7,74 58

2014 F001N 14B 3,1 7,64 46,5

2014 F001N 14C 3,7 7,9 38,5

2015 F001N 15A 2,09 8,17 46,2

2014 F002 14A 4,31 8,01 30,9

2014 F002 14B 5,5 7,31 21,4

2014 F002 14C 6,7 6,85 27,8

2014 F002 14D 8,3 7,36 26,1

2015 F002 15A 4,18 8,39 32

2015 F002 15B 7,2 7,9 58,8

2014 F005 14A 1,32 8,63 32

2014 F005 14B 2,7 7,26 28

2014 F007 14B 13,2 8,6 35,7

2014 F007 14C 6,2 8,8 43,8

2014 FPONTE 14A 3,66 7,73 42,5

2014 FPONTE 14B 6,1 7,33 31,6

2014 FPONTE 14C 6,4 7,54 37,9

2014 FPONTE 14D 5 6,62 43,3

2015 FPONTE 15A 5,71 8,23 39,7

2015 FPONTE 15B 5,4 7,67 59,7

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Anno Campione Periodo T (°C) pH Conducibilità (µS/cm)

2014 MPB 14B 6,5 8,8 39

2014 MPB 14C 7,1 7,4 39,7

2014 MPB 14D 8,4 7,73 40

2015 MPB 15A 6,26 7,96 33

2015 MPB 15B 6,1 6,78 28,5

2014 MPT 14B 4,3 7,73 38

2014 MPT 14C 6,3 7,2 37,8

2014 MPT 14D 6,4 8,02 42,5

2015 MPT 15A 6,36 7,84 35

2014 RG 14A 0,12 8,44 27,7

2014 RG 14B 0,7 7,1 29

2014 RG 14C 1,9 7,79 39,2

2014 RG 14D 2,3 7,6 41,4

2015 RG 15A 0,35 8,41 19

2015 RG 15B 1,6 7,7 83,8

2015 RG 15C 2,7 8,1 98

2014 SX 01 14C 8,7 7,43 26,6

2014 SX 01 14D 7,6 5,4 30,2

2015 SX 01 15A 7,09 7,99 27

2014 SX 02 14C 8,5 7,12 32,6

2014 SX 02 14D 7,8 5,47 34,1

2015 SX 02 15A 7,42 7,8 25,2

2014 TG 14A 0,76 8,27 20,8

2014 TG 14B 1,8 7,38 14,7

2014 TG 14C 2,4 7,72 18,8

2014 TG 14D 2 6,6 19,3

2015 TG 15A 0,75 7,8 25

2015 TG 15B 1,6 7,2 37,3

2015 TG 15C 2,5 7,29 35,3

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Anno Campione Periodo T (°C) pH Conducibilità (µS/cm)

2014 VAL01 14A 3,28 7,61 41

2014 VAL01 14B 4,3 7,4 43,7

2014 VAL01 14C 5,1 7,54 44,6

2014 VAL01 14D 4,9 7,43 49,1

2015 VAL01 15A 3,38 7,95 42,5

2015 VAL01 15B 6,6 6,7 60,4

2015 VAL01 15C 5,1 7,38 46,9

2014 VAL02 14A 4,73 7,54 32,4

2014 VAL02 14B 5,6 7,62 34,5

2014 VAL02 14C 7,5 7,66 38,5

2014 VAL02 14D 7 7,42 41,9

2015 VAL02 15A 5,55 7,86 34,1

2015 VAL02 15B 7,6 6,75 40,1

2015 VAL02 15C 6,2 7,71 35,7

2014 VAL03 14A 4,59 7,91 30,7

2014 VAL03 14B 6,4 7,32 34

2014 VAL03 14C 7,4 7,8 36,6

2014 VAL03 14D 6,7 6,58 35

2015 VAL03 15A 4,51 8,32 33,1

2015 VAL03 15B 7,6 6,72 40,1

2015 VAL03 15C 7,64 5,9 35,4

2014 VAL04H 14A 2,29 7,61 41,8

2014 VAL04H 14B 3,3 7,36 39,5

2014 VAL04H 14C 3,8 7,63 50

2014 VAL04H 14D 3,4 6,6 53,9

2015 VAL04H 15A 2,49 8,07 45,9

2015 VAL04H 15B 3,6 7,54 43,1

2015 VAL04H 15C 3,5 7,53 54,2

2014 VAL04L 14A 2,69 7,69 45,3

2014 VAL04L 14B 3,9 7,2 48,1

2014 VAL04L 14C 4 7,77 48

2014 VAL04L 14D 3,6 6,2 41,1

2015 VAL04L 15A 2,6 8,2 49,7

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7.2.2 Anioni

Anno Campione Periodo Bicarbonati Cloruri Nitrati Solfati

mmol/L meq/L meq/L meq/L

2014 F001 14A 0,57 0,006968 0,019468 0,117917

2014 F001 14C 0,3635 0,007955 0,022565 0,131875

2014 F001 14D 0,368 0,007024 0,017919 0,135833

2015 F001 15A 0,43066667 0,010381 0,022742 0,052563

2015 F001 15B 0,42666667 0 0,025903 0,063375

2015 F001 15C 0,52533333 0 0,023161 0,075813

2014 F001 SX 14B 0,4924 0,001495 0,018968 0,119646

2014 F001 SX 14C 0,3616 0,002257 0,018048 0,113896

2014 F001 SX 14D 0,3813 0,00158 0,017371 0,119563

2015 F001 SX 15A 0,45866667 0,010183 0,032581 0,04975

2015 F001 SX 15B 0,42533333 0 0,024726 0,062458

2014 F001N 14B 0,5168 0,001636 0,019435 0,123729

2014 F001N 14C 0,3596 0,001721 0,017274 0,119292

2015 F001N 15A 0,464 0,009986 0,027371 0,052854

2014 F002 14A 0,36 0,007306 0,023645 0,109354

2014 F002 14B 0,228 0,006657 0,015661 0,092396

2014 F002 14C 0,301 0,006601 0,016758 0,103021

2014 F002 14D 0,2373 0,006573 0,013984 0,092417

2015 F002 15A 0,272 0,01024 0,030032 0,040688

2015 F002 15B 0,46666667 0 0,027226 0,056042

2014 F005 14A 0,35 0,009901 0,024887 0,139813

2014 F005 14B 0,2857 0,006911 0,019645 0,133083

2014 F007 14B 0,37544 0,002316 0,002764 0,018435

2014 F007 14C 0,4495 0 0,0011 0,014403

2014 FPONTE 14A 0,47 0,006291 0,02229 0,100625

2014 FPONTE 14B 0,3409 0,001128 0,014371 0,081708

2014 FPONTE 14C 0,3401 0,00158 0,015968 0,084688

2014 FPONTE 14D 0,4133 0,00158 0,016339 0,124813

2015 FPONTE 15A 0,36 0,009986 0,023242 0,045104

2015 FPONTE 15B 0,46666667 0 0,034258 0,050854

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Anno Campione Periodo Bicarbonati Cloruri Nitrati Solfati

mmol/L meq/L meq/L meq/L

2014 MPB 14B 0,4458 0,013173 0,011694 0,039229

2014 MPB 14C 0,3967 0,007334 0,017161 0,047021

2014 MPB 14D 0,45866667 0,036305 0,016435 0,051583

2015 MPB 15A 0,328 0,009083 0,018065 0,016667

2015 MPB 15B 0,382 0 0,017629 0,01625

2014 MPT 14B 0,4864 0,007616 0,013484 0,041021

2014 MPT 14C 0,3928 0,008011 0,023113 0,048354

2014 MPT 14D 0,48266667 0,007898 0,017758 0,051229

2015 MPT 15A 0,35866667 0,009619 0,018677 0,016188

2014 RG 14A 0,35 0,008575 0,020548 0,059979

2014 RG 14B 0,3627 0,006855 0,017403 0,064188

2014 RG 14C 0,4241 0,006968 0,024113 0,108667

2014 RG 14D 0,56266667 0,007814 0,031419 0,143771

2015 RG 15A 0,2 0,009168 0,015258 0,014542

2015 RG 15B 0,7 0 0,036194 0,159958

2015 RG 15C 0,70133333 0 0,043452 0,206917

2014 SX 01 14C 0,2716 0,006685 0,013887 0,060313

2014 SX 01 14D 0,304 0,008434 0,014935 0,07775

2015 SX 01 15A 0,28933333 0,008547 0,008645 0,026604

2014 SX 02 14C 0,3029 0,006488 0,011435 0,074896

2014 SX 02 14D 0,3253 0,003047 0,013806 0,069729

2015 SX 02 15A 0,256 0,009478 0,009984 0,021521

2014 TG 14A 0,29 0,009591 0,025984 0,105208

2014 TG 14B 0,1783 0,006601 0,014355 0,0495

2014 TG 14C 0,1778 0,006488 0,014677 0,075708

2014 TG 14D 0,1973 0,006939 0,016774 0,087375

2015 TG 15A 0,196 0,01086 0,026274 0,034479

2015 TG 15B 0,26933333 0 0,035161 0,047396

2015 TG 15C 0,30666667 0 0,031742 0,06425

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86

Anno Campione Periodo Bicarbonati Cloruri Nitrati Solfati

mmol/L meq/L meq/L meq/L

2014 VAL01 14A 0,48 0,003977 0,022694 0,065604

2014 VAL01 14B 0,5056 0,000197 0,022645 0,066396

2014 VAL01 14C 0,4671 0,001241 0,023258 0,064813

2014 VAL01 14D 0,5266 0,001862 0,026516 0,076979

2015 VAL01 15A 0,44 0,010832 0,022371 0,028104

2015 VAL01 15B 0,42133333 0 0,032323 0,016646

2015 VAL01 15C 0,464 0 0,026355 0,018896

2014 VAL02 14A 0,4 0,003018 0,013806 0,03875

2014 VAL02 14B 0,4053 0,001269 0,012065 0,036646

2014 VAL02 14C 0,3655 0,000621 0,012177 0,034583

2014 VAL02 14D 0,4266 0,001241 0,019677 0,061333

2015 VAL02 15A 0,364 0,010889 0,017355 0,018938

2015 VAL02 15B 0,34933333 0 0,021677 0,005625

2015 VAL02 15C 0,344 0 0,01271 0,008979

2014 VAL03 14A 0,43 0,003667 0,015645 0,033771

2014 VAL03 14B 0,3911 0,00079 0,013468 0,025667

2014 VAL03 14C 0,3459 0,000282 0,016371 0,048729

2014 VAL03 14D 0,4453 0,000592 0,018226 0,063104

2015 VAL03 15A 0,34 0,010155 0,01721 0,018292

2015 VAL03 15B 0,336 0 0,022065 0,003063

2015 VAL03 15C 0,36533333 0 0,015 0,007729

2014 VAL04H 14A 0,52 0,00519 0,022355 0,044708

2014 VAL04H 14B 0,5198 0,000141 0,018242 0,065188

2014 VAL04H 14C 0,5082 0,001072 0,022581 0,093708

2014 VAL04H 14D 0,5826 0,000197 0,026855 0,108813

2015 VAL04H 15A 0,48 0,010522 0,022887 0,034229

2015 VAL04H 15B 0,50933333 0 0,031048 0,032542

2015 VAL04H 15C 0,568 0 0,027242 0,035875

2014 VAL04L 14A 0,55 0,002539 0,02321 0,077521

2014 VAL04L 14B 0,5421 0,001128 0,022855 0,084229

2014 VAL04L 14C 0,4398 0,0033 0,031258 0,117479

2014 VAL04L 14D 0,448 0,001664 0,019661 0,133438

2015 VAL04L 15A 0,49066667 0,00976 0,03129 0,040792

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87

7.2.3 Cationi

Anno Campione Periodo Calcio Magnesio Ammonio Sodio Potassio

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 F001 14A 0,164689 0,33117089 0,00205556 0,00513 0,000179

2014 F001 14C 0,214554 0,28192218 0,09833333 0,004478 0

2014 F001 14D 0,178198 0,21906379 0 0,003043 0

2015 F001 15A 0,194 0,33193416 0,0195 0,006478 0

2015 F001 15B 0,22855 0,3073251 0,14605556 0,002435 0,000153

2015 F001 15C 0,24825 0,32493827 0,16138889 0,002391 0

2014 F001 SX 14B 0,183072 0,31301498 0,0065 0,005 0

2014 F001 SX 14C 0,179643 0,25714237 0,00216667 0,007522 0,000332

2014 F001 SX 14D 0,165147 0,23195322 0,0005 0,004 2,56E-05

2015 F001 SX 15A 0,18595 0,37769547 0,03577778 0,006348 0,006752

2015 F001 SX 15B 0,2208 0,29111111 0,14205556 0,001783 0

2014 F001N 14B 0,209433 0,38574502 0 0,004391 0

2014 F001N 14C 0,162622 0,23444762 0 0,003435 0,000205

2015 F001N 15A 0,19555 0,33876543 0,01827778 0,006174 0

2014 F002 14A 0,15241 0,14576805 0,00122222 0,001174 0

2014 F002 14B 0,150983 0,04841185 0 0,002174 0

2014 F002 14C 0,198752 0,09999811 0,00277778 0,001957 0

2014 F002 14D 0,158552 0,13970167 0,00144444 0,001304 0

2015 F002 15A 0,15695 0,15679012 0,00777778 0 0

2015 F002 15B 0,24865 0,29333333 0,13416667 0,014696 0

2014 F005 14A 0,157817 0,14042759 0,00733333 0,003348 0,001407

2014 F005 14B 0,157279 0,14095912 0,0025 0,00187 0

2014 F007 14B 0,1731 0,19720165 0,00144444 0,003696 0

2014 F007 14C 0,2164 0,28222222 0 0,00287 0

2014 FPONTE 14A 0,157001 0,23999898 0,00888889 0,003826 0,002813

2014 FPONTE 14B 0,122348 0,17545867 0,01577778 0,001696 0

2014 FPONTE 14C 0,134334 0,21300326 0 0,000565 0,00179

2014 FPONTE 14D 0,229044 0,31699319 0 0,002217 0

2015 FPONTE 15A 0,17065 0,24658436 0,04455556 0 0

2015 FPONTE 15B 0,21395 0,33242798 0,19572222 0,005478 0,001483

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88

Anno Campione Periodo Calcio Magnesio Ammonio Sodio Potassio

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 MPB 14B 0,134368 0,26235248 0 0,001743

2014 MPB 14C 0,129664 0,26699831 0,00133506 0,00726 0

2014 MPB 14D 0,131152 0,26552881 0,00063441 0,025586 0,013781

2015 MPB 15A 0,1173 0,23835391 0,01538889 0 0

2015 MPB 15B 0,12245 0,26057613 0,13994444 0,017783 0,005934

2014 MPT 14B 0,110048 0,28637279 0,03240194 0,002642

2014 MPT 14C 0,0758 0,22143169 0,00480914 0 3,63E-05

2014 MPT 14D 0,122307 0,27426424 0,04298241 0,007192 0

2015 MPT 15A 0,1298 0,24436214 0,01488889 0 0

2014 RG 14A 0,09709 0,20040527 0,00346941 0,007663 0

2014 RG 14B 0,129022 0,2676328 0,0034574 0,00588 0

2014 RG 14C 0,161698 0,33412589 0 0,015193 0

2014 RG 14D 0,157888 0,3378885 0 0,023806 0

2015 RG 15A 0,0649 0,13860082 0,01711111 0 0

2015 RG 15B 0,26495 0,54526749 0,14377778 0,067174 0,002097

2015 RG 15C 0,2711 0,55687243 0,08988889 0,081957 0,002916

2014 SX 01 14C 0,06968 0,20278563 0,00833333 0,009 0,000307

2014 SX 01 14D 0,077328 0,21992314 0,00244444 0,006565 0,00179

2015 SX 01 15A 0,084 0,2108642 0,03538889 0,007696 0,006777

2014 SX 02 14C 0,0892 0,22057613 0,00305556 0,009565 0,001125

2014 SX 02 14D 0,09855 0,22864198 0,00266667 0,013348 0,006061

2015 SX 02 15A 0,07065 0,19522634 0,02461111 0,005783 0

2014 TG 14A 0,159323 0,13894052 0,00038889 0,000696 0

2014 TG 14B 0,112624 0,08629686 0,00233333 0 0

2014 TG 14C 0,139883 0,10875783 0 0 0

2014 TG 14D 0,169789 0,12860342 0 0,002217 0

2015 TG 15A 0,122 0,1109465 0,01555556 0 0

2015 TG 15B 0,17145 0,1473251 0,14011111 0 0

2015 TG 15C 0,1948 0,16716049 0,106 0 0

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89

Anno Campione Periodo Calcio Magnesio Ammonio Sodio Potassio

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 VAL01 14A 0,134525 0,26219775 0,00644444 0,008478 0

2014 VAL01 14B 0,166482 0,3294005 0,00133333 0,004217 0

2014 VAL01 14C 0,174041 0,32193462 0 0,006087 0

2014 VAL01 14D 0,209183 0,38599238 0 0,007 0

2015 VAL01 15A 0,16585 0,3290535 0,02072222 0,005304 0,004783

2015 VAL01 15B 0,16385 0,31440329 0,16616667 0,001957 0

2015 VAL01 15C 0,16985 0,31868313 0,11455556 0,00213 0

2014 VAL02 14A 0,0964 0,22083911 0,00155556 0,006435 0,000716

2014 VAL02 14B 0,101072 0,24585491 0,00216667 0,005043 0

2014 VAL02 14C 0,106211 0,25065543 0 0,006826 0,002788

2014 VAL02 14D 0,121395 0,27516572 0 0,008348 0

2015 VAL02 15A 0,11145 0,26880658 0,02855556 0,007261 0

2015 VAL02 15B 0,107 0,25613169 0,09816667 0,000826 0

2015 VAL02 15C 0,1077 0,24897119 0,1455 0,00113 0

2014 VAL03 14A 0,0911 0,218107 0,0135 0,009261 0

2014 VAL03 14B 0,1012 0,24041152 0,02577778 0,003783 0

2014 VAL03 14C 0,12385 0,27530864 0 0,007174 0,002046

2014 VAL03 14D 0,1343 0,30469136 0,00322222 0,007609 0,000639

2015 VAL03 15A 0,1095 0,25473251 0,0195 0,004783 0

2015 VAL03 15B 0,1064 0,25341564 0,15533333 0,002174 0

2015 VAL03 15C 0,10685 0,25744856 0,09477778 0,000174 0

2014 VAL04H 14A 0,165132 0,31098031 0,0275 0,017174 0,00266

2014 VAL04H 14B 0,177642 0,3677606 0,00311111 0,007174 0,00023

2014 VAL04H 14C 0,168654 0,32725529 0 0,013348 0,00179

2014 VAL04H 14D 0,217081 0,37819191 5,5556E-

05 0,018739 0,003095

2015 VAL04H 15A 0,19795 0,33670782 0,03394444 0,010913 0,006343

2015 VAL04H 15B 0,1904 0,35670782 0,07411111 0,009435 0,001995

2015 VAL04H 15C 0,1985 0,36526749 0,10761111 0,009826 0,002762

2014 VAL04L 14A 0,170441 0,32549008 0,004 0,010739 0,00023

2014 VAL04L 14B 0,170163 0,32576488 0,04738889 0,007174 0,000205

2014 VAL04L 14C 0,180226 0,26644312 0 0,009913 0,008389

2014 VAL04L 14D 0,183373 0,25345846 0 0,006217 0,00046

2015 VAL04L 15A 0,1875 0,35975309 0,01294444 0,008043 0

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90

7.2.4 Elementi in traccia

Anno Campione Periodo Cromo Maganese Cobalto Nichel Rame Zinco Ferro

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 F001 14A 0,02145 0,0397914 0,000522 0,051923 0,00462 0,115327 0,155618

2014 F001 14C 0,014621 0,0079926 0,00275 0,06237 0 0,055541 0,258288

2014 F001 14D 0,018689 0,0016883 0,000895 0,109694 0 0,074632 0,510038

2015 F001 15A 0,025019 0,0055409 0,000609 0,111957 0,001645 0,144737 0,172306

2015 F001 15B 0,03007 0,0073978 0,001867 0,116407 0,001824 0,009504 0,313911

2015 F001 15C 0,036364 0,0221752 0,003586 0,216206 0,003048 0,049655 0,386357

2014 F001 SX 14B 0,013546 0,0003897 0 0,037305 0,000278 0,019783 0,037222

2014 F001 SX 14C 0,014607 0,003482 0,002166 0,047244 0 0,039517 0,037384

2014 F001 SX 14D 0,021814 0,001976 0,000929 0,083357 0 0,081558 0,222149

2015 F001 SX 15A 0,028857 0,0023331 0,000124 0,078285 0,001368 0,155386 0,115562

2015 F001 SX 15B 0,03533 0,0142228 0,002731 0,125904 0,003169 0,051594 0,548974

2014 F001N 14B 0,014223 0,0006664 0 0,024158 0,00026 0 0,042966

2014 F001N 14C 0,01536 0,005562 0,002461 0,048354 0 0,027551 0,17451

2015 F001N 15A 0,026679 0,0076579 0,001141 0,117349 0,000955 0,08411 0,214058

2014 F002 14A 0,012712 0,0117016 0,00143 0,093457 0,002586 0,154963 0,284465

2014 F002 14B 0,00327 0,0344098 0 0,018809 0,000426 0,025058 0,030314

2014 F002 14C 0,007505 0,0718737 0,002322 0,094903 0 0,00343 0,022355

2014 F002 14D 0,009807 0,0042061 0,001651 0,198636 0 0 0

2015 F002 15A 0,010931 0,0055448 0,000598 0,140102 0,000636 0,121583 0,100348

2015 F002 15B 0,016587 0,0025006 0,000853 0,216021 0,001073 0,033449 0,080413

2014 F005 14A 0,023245 0,0689365 0,00388 0,137802 0,019295 0,112864 0,691249

2014 F005 14B 0,00373 0,0009959 0 0,079085 0,000432 0,046498 0,020392

2014 F007 14B 0,008344 0,0001568 0 0,043963 0,00014 0,00116 0,021544

2014 F007 14C 0,016383 0,0025291 0,002022 0,033372 0 0,033474 0,02277

2014 FPONTE 14A 0,015401 0,0049839 0,000595 0,074243 0,008317 0,159755 0,141601

2014 FPONTE 14B 0,009006 0,003197 0,000649 0,078275 0 0,103213 0,053939

2014 FPONTE 14C 0,012946 0,003988 0,002309 0,088187 0 0,035785 0,100062

2014 FPONTE 14D 0,022808 0,00219 0,001094 0,14369 0 0 0,150276

2015 FPONTE 15A 0,015036 0,0037407 0,000309 0,118273 0,000421 0,149254 0,102254

2015 FPONTE 15B 0,02803 0,0077027 0,001272 0,144023 0,001958 0,018058 0,253212

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91

Anno Campione Periodo Cromo Maganese Cobalto Nichel Rame Zinco Ferro

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 MPB 14B 0,017653 0,0008494 0,000508 0,119367 0 0,009939 0,000855

2014 MPB 14C 0,042002 0,0019484 0,000885 0,275421 0,004221 0,308702 0

2014 MPB 14D 0,055026 0,0285177 0,00359 0,348184 0,001599 0,356384 0

2015 MPB 15A 0,03464 0,0070893 0,001079 0,237421 0,013351 0,501588 0,219181

2015 MPB 15B 0,037448 0,0028453 0,000669 0,217833 0,003713 0,088272 0,125748

2014 MPT 14B 0,019818 0,0017933 0,00061 0,093554 0,000366 0,012351 0,065404

2014 MPT 14C 0,044103 0,001739 0,000845 0,209376 0,001152 0,276166 0

2014 MPT 14D 0,057557 0,0159771 0,002277 0,27429 0 0 0

2015 MPT 15A 0,032126 0,0028456 0,000112 0,245048 0,031448 0,288205 0,12394

2014 RG 14A 0,00434 0,0036898 0,000193 0,057426 0,003035 0,067745 0,133549

2014 RG 14B 0,003179 0,0015071 0,000451 0,05286 0 0,002291 0,042381

2014 RG 14C 0,01502 0,0045226 0,001165 0,128422 0,001728 0,155702 0

2014 RG 14D 0,047396 0,1134965 0,011349 0,269778 0,01221 0,568905 0,099957

2015 RG 15A 0,00693 0,0075368 0,000585 0,102 0,005357 0,176774 0,198026

2015 RG 15B 0,013495 0,005158 0,000764 0,13851 0,002659 0,014049 0,171804

2015 RG 15C 0,017373 0,0069596 0,000171 0,180796 0,003236 0,134697 0,137974

2014 SX 01 14C 0,012724 0,0026647 0,002236 0,125582 0,002076 0,206296 0

2014 SX 01 14D 0,018391 0,0013489 0,001207 0,258327 0,003449 0 0

2015 SX 01 15A 0,014418 0,0004168 4,92E-05 0,180131 0,003938 0,149434 0,081314

2014 SX 02 14C 0,011964 0,0024675 0,002239 0,122575 0,001164 0,173536 0

2014 SX 02 14D 0,015751 0,0013247 0,001067 0,234917 0,004145 0,009879 0,307561

2015 SX 02 15A 0,044433 0,0017284 0,000117 0,161531 0,00453 0,084503 0,204558

2014 TG 14A 0,018306 0,027121 0,004471 0,144241 0,007462 0,138613 0,735253

2014 TG 14B 0,003586 0,0047238 0,000699 0,074753 0 0,00865 0

2014 TG 14C 0,006681 0,0069299 0,002529 0,102131 0 0,005632 0,053168

2014 TG 14D 0,008219 0,0027711 0,001009 0,122603 0 0 0,237863

2015 TG 15A 0,012686 0,0285159 0,003498 0,161948 0,002528 0,392149 0,403959

2015 TG 15B 0,010455 0,0065227 0,000657 0,116804 0,000795 0,013175 0,106533

2015 TG 15C 0,016096 0,004209 0,000165 0,111815 0,000196 0,027153 0,078212

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92

Anno Campione Periodo Cromo Maganese Cobalto Nichel Rame Zinco Ferro

meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L meq/L

2014 VAL01 14A 0,023376 0,0192659 0 0,066186 0,011281 0,135454 0,067306

2014 VAL01 14B 0,02361 0,0009938 0,000477 0,073286 0 0 0,032316

2014 VAL01 14C 0,027706 0,0026581 0,00206 0,077538 0 0,028468 0,002977

2014 VAL01 14D 0,054297 0,0009692 0,000746 0,130468 0 0,017846 0,353883

2015 VAL01 15A 0,036523 0,0010067 0 0,115157 0,000949 0,170546 0,09301

2015 VAL01 15B 0,04532 0,0024992 0,000694 0,11324 0,00249 0,01684 0,132061

2015 VAL01 15C 0,049455 6,416E-05 0 0,142521 0,000925 0,013168 0,072143

2014 VAL02 14A 0,021803 0,0033544 9,08E-05 0,082329 0,007505 0,067177 0,175331

2014 VAL02 14B 0,017941 0,0008299 0,000497 0,08856 0,00066 0,04178 0,030282

2014 VAL02 14C 0,024128 0,0031026 0,002184 0,103618 0,001884 0,019285 0,128067

2014 VAL02 14D 0,048356 0,0030784 0,001054 0,184168 0 0,086069 0

2015 VAL02 15A 0,03348 0,0018479 2,27E-05 0,154527 0,005031 0,268211 0,135109

2015 VAL02 15B 0,036745 0,0057818 0,000723 0,155119 0,004066 0,013452 0,272539

2015 VAL02 15C 0,042554 0,0044309 0,000122 0,181926 0,006329 0,034323 0,232146

2014 VAL03 14A 0,017045 0,0032899 0,000595 0,088918 0,003561 0,567883 0,074893

2014 VAL03 14B 0,018845 0,001294 0,000566 0,098174 0,001158 0,021447 0,083831

2014 VAL03 14C 0,023779 0,0039307 0,002234 0,122678 0,00153 0,029675 0,170658

2014 VAL03 14D 0,042969 0,0067944 0,001161 0,236349 0,001905 0,02456 0

2015 VAL03 15A 0,031293 0,0058515 0,000156 0,163704 0,004587 0,129267 0,248269

2015 VAL03 15B 0,038345 0,0042996 0,000673 0,165391 0,004632 0,182398 0,225072

2015 VAL03 15C 0,043815 0,0014614 0 0,193719 0,003353 0,022479 0,172507

2014 VAL04H 14A 0,014823 0,0226701 0 0,040007 0,002217 0,084931 0,163354

2014 VAL04H 14B 0,016614 0,0011612 0,000444 0,048111 0,0001 0,026222 0,076669

2014 VAL04H 14C 0,020358 0,0028308 0,00204 0,041548 0 0 0,031604

2014 VAL04H 14D 0,046433 0,0363765 0,004182 0,130174 0,002364 0 0

2015 VAL04H 15A 0,02628 0,0021798 0 0,072155 0,001548 0,124081 0,117078

2015 VAL04H 15B 0,033704 0,0017634 0,000341 0,06065 0,001757 0,008526 0,135277

2015 VAL04H 15C 0,042051 0,0014175 -0,00039 0,084039 0,000952 0,018564 0,092644

2014 VAL04L 14A 0,016159 0,0017414 0 0,039708 0,006611 0,055542 0,091483

2014 VAL04L 14B 0,015809 0,0017041 0,000478 0,04899 0 0,092604 0,096239

2014 VAL04L 14C 0,014591 0,0032639 0,002165 0,066856 0 0,018293 0,007784

2014 VAL04L 14D 0,030159 0,0036528 0,001865 0,135815 0 0,069439 0

2015 VAL04L 15A 0,023103 0,0024119 3,93E-05 0,082397 0,001065 0,266793 0,109576

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93

7.3 Tabella con siti di campionamento e relativi periodi

Legenda campionamenti. Caselle grigie: effettuato; caselle bianche: non effettuato.

7.4 Coordinate UTM zone 32N e quota dei siti di campionamento

A B C D 15A 15B 15C

Da: 27/06/2014 Da: 31/07/2014 Da: 02/09/2014 Da: 29/09/2014 Da: 22/06/2015 Da: 28/09/2015 Da: 12/10/2015

A: 30/06/2014 A: 02/08/2014 A: 05/09/2014 A: 01/10/2014 A: 26/06/2015 A: 29/09/2015 A: 13/10/2015

TG

F002

FPONTE

F005

F007

F001

F001sx

F001N

VAL01

VAL02

VAL03

VAL04H

VAL04L

SX01

SX02

RG

MPT

MPB

CAMPIONAMENTI

SITI

Siti Quota (m s.l.m.) Longitudine (X) Latitudine (Y)

F001 1969,51001 560036,9069 5127007,35

F001N 2023,849976 560169,5431 5126706,51

F001SX 2041,170044 560160,6092 5126632,06

F002 2041,170044 559963,061 5126878,73

F005 2198,439941 560141,2034 5125650,692

F007 2046,6 560114,966 5126364,257

FPONTE 1959,530029 559857,853 5127300,465

MP BUCO 2140,01001 560274,4228 5127333,348

MP TORRENTE 2159,610107 560410,5477 5127255,539

RG 2385,629883 561396,1144 5127399,725

SX 01 1976,079956 559824,0971 5126952,193

SX 02 1971,339966 559837,8689 5126891,537

TG 2281,449951 560017,9988 5125512,722

VAL01 1961,030029 559849,3385 5127553,354

VAL02 1965,01001 559869,2498 5127426,502

VAL03 1973,650024 559917,3506 5127306,446

VAL04H 1997,689941 560041,1931 5127192,529

VAL04L 1966,910034 559985,4628 5127170,393

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94

7.5 Inductively Coupled Plasma – Mass Spectrometry (ICP – MS)

7.5.1 Lavaggio dei barattoli per ICP-MS

Per l’analisi degli elementi in traccia, con la tecnica della spettrometria di massa al plasma, i

campioni sono stati inseriti in barattoli in LPDE da 60 mL (in alcuni casi in provette LPDE).

Barattoli e relativi tappi devono essere pretrattati in laboratorio tramite un bagno in Nalgene e

acqua MilliQ, come per i barattoli utilizzati per i campionamenti, e un successivo lavaggio in

acqua MilliQ e il 2% di HNO3 concentrato.

Dopo 24 ore è possibile estrarre i barattoli e tappi dal bagno acido e sciacquarli con acqua

ultrapura; dopodiché è necessario lasciare asciugare il tutto su carta assorbente.

7.5.2 Preparazione dei barattoli per l’analisi

Innanzitutto è necessario sciacquare con Milli-Q e avvinare, con il campione, il barattolo.

La scelta è ricaduta sull’analisi del campione tal quale, per osservare la presenza totale del metallo

in soluzione acquosa, per cui non sono stati praticati filtraggi; in tal caso il campione è stato

inserito nel barattolo tramite pipetta a doppia tacca e apposita propipetta.

Il passaggio sopra descritto va eseguito direttamente su una bilancia, dopo aver appositamente

tarato lo strumento.

Aggiunta l’acqua del campione nel barattolo, bisogna spostarsi sotto-cappa per l’aggiunta di acido

HNO3 concentrato, dato che i campioni devono essere acidificati al 2% in volume.

Per questo passaggio viene utilizzata la pipetta semiautomatica e il relativo puntale per acidi.

Infine è necessario sigillare con cura tutti i barattoli con l’apposito coperchio e riporli in frigo per

una corretta conservazione.

Devono essere, inoltre, preparati 4 standard di calibrazione, per diluizione da soluzione standard

MERK CertiPUR®, standard multi-elemento con concentrazione 10 ppm, e il bianco, costituito

solamente da acqua ultrapura MilliQ.

Gli standard, utilizzati per questo lavoro, presentavano le seguenti concentrazioni finali:

0,1 ppb

0,5 ppb

1 ppb

5 ppb

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95

Essi devono essere preparati in una soluzione di HNO3 al 2% in volume in acqua MilliQ.

7.5.3 Analisi con ICP-MS

L’analisi è stata svolta con l’utilizzo di uno spettrometro di massa accoppiato ad emissione al

plasma Thermo Scientific Icap Q , attrezzato con campionatore automatico CETAC ASX-260.

Il campionatore è completamente automatico e permette di prelevare fino a 120 campioni, inseriti

in due rack, se preparati in provetta; nel caso dell’utilizzo di barattolini si può arrivare ad un

massimo di 42 campioni.

Il campione è prelevato attraverso una pompa peristaltica e portato nello strumento, per essere

ionizzato nel plasma, e poi direzionato grazie a lenti di estrazione al separatore.

La macchina è dotata di un separatore a quadrupolo, che permette una buona sensibilità anche a

ridotte concentrazioni, e di un detector a lunga durata, con ampio range di rilevabilità (di circa 9

ordini di grandezza).

Il sistema per il vuoto è composto da una pompa a tre fasi, che permette il raggiungimento di

pressioni minori di 10-6 mbar in meno di 15 minuti, mantenendo una situazione di stabilità

durante le analisi.

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RINGRAZIAMENTI

Un paradiso ad alta quota come location, spirito di squadra, sorrisi e follia da chimici ambientali.

Poche parole, che non bastano a riassumere le infinite emozioni e avventure, provate durante

questa esperienza; penso che, se si potesse tornare indietro nel tempo, sceglierei nuovamente di

rivivere tutto questo.

I miei ringraziamenti vanno verso tutte quelle persone, conosciute durante questi due anni di

lavoro: quelle persone che mi hanno insegnato, supportato e aiutato.

Il ringraziamento più importante non può che rivolgersi all’ideatore di tutto, la persona senza la

quale tutto questo non sarebbe stato possibile, il professor Andrea Pozzi, che non è stato solo un

relatore attento e sempre disponibile, ma un amico.

Inoltre ringrazio con tutto il cuore Gilberto, l’immancabile compagno di squadra “tuttofare”, che

con le sue risate e simpatia ha reso quest’avventura ancora più piacevole; senza la sua presenza

non sarebbe stato lo stesso, grazie davvero.

Ringrazio i tecnici Gabriele e Rossella per il loro aiuto e supporto tecnico, il dottor Franz Livio

per lo studio dell’aspetto geologico, ringrazio tutte le persone che ho conosciuto in questi anni

all’interno del laboratorio e dell’Università.

Un pensiero speciale va anche a tutti gli amici e parenti che mi sono stati vicini.

Infine non posso dimenticare l’importanza, il sostegno e l’affetto profondo, che mi hanno saputo

dare i miei genitori Elsa e Giovanni, grazie infinite!

Le montagne sono state un posto di lavoro incantevole, in quanto riescono a far provare quel

brivido, quella scarica di adrenalina, che contrasta la loro quiete apparente; quindi, il mio ultimo

ringraziamento, ma non per questo meno importante, va alla loro magnificenza, davvero unica.