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L. Gratton Appunti per il corso di Preparazione di Esperienze Didattiche Università di Trento Facoltà di Scienze 1 STRUMENTI DI MISURA Ne esistono di molto semplici (come un righello) e di molto complessi (come un oscilloscopio o uno spettrofotometro). CARATTERISTICHE. (NB. Gli strumenti di misura riproducono i campioni di unità di misura) Intervallo di misura o portata. Definito dai valori estremi che lo strumento è in grado di misurare. Es.: termometro da –10°C a 150°C. Se un estremo dell’intervallo di misura è 0 si suole parlare di portata dello strumento. Es.: fettuccia metrica da 0—10 m. NB. A volte si parla di fondoscala (F.S.). Per gli strumenti a scala unica il F.S. coincide con la portata. Prontezza. È determinata dalla rapidità con cui lo strumento fornisce la misura. In certi casi (per esempio quando si adoperano termometri) è di fondamentale importanza conoscere la prontezza dello strumento e tenerne conto nell’operazione di misura.

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STRUMENTI DI MISURA

Ne esistono di molto semplici (come un righello) e di molto complessi (come un oscilloscopio o uno spettrofotometro).

CARATTERISTICHE. (NB. Gli strumenti di misura riproducono i campioni di unità di misura) • Intervallo di misura o portata.

Definito dai valori estremi che lo strumento è in grado di misurare. Es.: termometro da –10°C a 150°C. Se un estremo dell’intervallo di misura è 0 si suole parlare di portata dello strumento. Es.: fettuccia metrica da 0—10 m. NB. A volte si parla di fondoscala (F.S.). Per gli strumenti a scala unica il F.S. coincide con la portata.

• Prontezza. È determinata dalla rapidità con cui lo strumento fornisce la misura. In certi casi (per esempio quando si adoperano termometri) è di fondamentale importanza conoscere la prontezza dello strumento e tenerne conto nell’operazione di misura.

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• Sensibilità È la più piccola variazione della grandezza in misura che l’indice dello strumento è in grado di apprezzare. La sensibilità è costante solo se la risposta dello strumento è proporzionale alla variazione della grandezza in misura; in questo caso si dice che lo strumento ha una risposta lineare. Come conseguenza si potrà fare una taratura lineare e la scala potrà essere lineare.

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• Risoluzione (o Precisione) È un dato fornito dal costruttore dello strumento. Esprime l’incertezza con cui lo strumento fornisce la misura. Talora, come nel caso delle fettucce metriche, coincide con la sensibilità. È legata direttamente al numero di cifre significative con cui lo strumento fornisce la misura. La risoluzione è quindi espressa dalla incertezza assoluta, percentuale (o relativa) con cui lo strumento fornisce la misura. Per esempio la risoluzione nel caso dei metri flessibili è di 0,5 mm (incertezza assoluta) mentre nel caso dei “tester” analogici è un valore percentuale del F.S. (incertezza percentuale). In genere il costruttore indica tale valore. Qualora il valore non sia indicato, si può ragionevolmente presumere che la risoluzione coincida con la minima indicazione dello strumento. Per esempio la tacca di un mm in un righello (anche se per i casi come il righello vedremo che si può assumere una risoluzione di 0,5 mm). Talora, se la sensibilità dello strumento risulta essere maggiore della risoluzione garantita dal costruttore, l’utente può aumentare la risoluzione dello strumento con una opportuna taratura. NB. Per gli strumenti digitali, in genere, la risoluzione è data in percentuale sul valore letto più un certo numero di “digit”; quest’ulteriore “pezzo” di incertezza è dovuto al modo di funzionare del convertitore analogico-digitale.

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• Altre importanti caratteristiche degli strumenti di misura. • Ripetibilità o affidabilità.

Indica quanto lo strumento sia in grado di fornire la stesso valore per la grandezza in misura, nel caso si ripeta più volte la stessa operazione di misura sempre sulla stessa grandezza. Un metro flessibile è affidabile in quanto fornirà sempre lo stesso valore ( se adoperato correttamente) per la misura della lunghezza di un tavolo. Una bilancia pesa persone (quale quella che in genere si ha in casa) non è invece molto affidabile come si può facilmente constatare.

• Accuratezza. È legata a quanto “bene” lo strumento riproduce il campione di unità di misura. Per esempio un cronometro digitale può avere un elevata risoluzione (cioè può fornire una misura risolta, anche al millesimo di secondo) ma una scarsa accuratezza. Ciò significa che il costruttore garantisce la risoluzione dello strumento ma non la riproducibilità del campione di unita di tempo. L’accuratezza dipende anche da come lo strumento è stato tarato (calibrato) dal costruttore. NB. L’accuratezza di una misura dipende anche da come l’operatore utilizza lo strumento e dagli accorgimenti che prende in tutto il procedimento di misura.

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ERRORI DI MISURA

• Errori accidentali o casuali

Sono tali per cui i valori forniti da più operazioni di misura sulla stessa grandezza si distribuiscono casualmente al di sopra o al di sotto del valore “vero”. Non possono essere eliminati.

• Errori sistematici. Possono essere dovuti a: - tarature errate, - fattori esterni (per esempio variazioni di temperatura che possono allungare o accorciare una fettuccia metrica, spinta di Archimede nelle pesate, ecc.) Sono alterazioni che modificano il valore misurato sempre nello stesso verso. Spesso, se individuati, possono essere eliminati apportando opportune correzioni ai dati.

NB. Errori sistematici e casuali si possono presentare insieme.

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ERRORI DI MISURA (INCERTEZZA)

Il risultato di ogni operazione di misura va espresso con la sua incertezza (o errore). Pertanto la misura di una grandezza deve sempre riportare il suo errore che può essere assoluto o relativo ( eventualmente percentuale). • Errore assoluto.

È determinato dalla risoluzione dello strumento di misura. La misura va espresse nel modo seguente: M±∆M ∆M è l’incertezza assoluta sulla misura M. Es.: un calibro con una risoluzione di 0.05 mm fornisce una misura del tipo: (12.15±0.05) mm. NB. ∆M ha le stesse dimensioni di M.

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• Errore relativo.

È il rapporto tra l’incertezza assoluta di una misura e la misura stessa:

M�M

err =

NB. L’errore relativo è adimensionale. Nel caso di prima

004.015.1205.0 ≅=∆=

MM

err

(L’errore relativo è stato arrotondato nel modo che vedremo in seguito.)

• Errore percentuale. È il risultato del prodotto dell’incertezza relativa per 100 espressa in %. Nel caso di prima abbiamo.

%%%MM

err% 4.010015.1205.0

100 ≅×=×∆=

NB. L’errore percentuale è adimensionale. NB. Nell’uso scolastico sarebbe preferibile esprimere l’incertezza di misura usando l’errore percentuale in quanto esso è più vicino al modo di pensare comune!

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NOTE IMPORTANTI

• Il risultato di una misura non fornisce mai il valore “vero” della

grandezza misurata, ma il valore “più probabile” con un’incertezza determinata, nel migliore dei casi, dalla risoluzione dello strumento di misura utilizzato. Il risultato di una misura fornisce pertanto un valore ± un’incertezza; è all’interno dell’intervallo determinato dall’incertezza che noi possiamo supporre che “cada” il “valore vero”.

• Le misure ottenute in un esperimento sono sempre affette da un’incertezza (si usa dire anche errore o indeterminazione della misura).

• L’ultima affermazione ha delle implicazioni molto profonde e sottili legate alla “operazione fisica” che si compie quando si esegue una misura.

• Nell’eseguire una misura c’è sempre un’interazione tra lo strumento di misura e l’oggetto da misurare, questa interazione altera lo stato dell’oggetto in misura. Queste alterazioni possono divenire anche molto significative.

NB. Queste ultime affermazioni richiederebbero ulteriori approfondimenti, ma sono al di fuori di quanto si può richiedere ad un corso di fisica per le scuole superiori.

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CIFRE SIGNIFICATIVE I risultati di una operazione di misura, o di eventuali calcoli su grandezze misurate, vanno espressi da un numero sempre accompagnato dalla sua incertezza e dalla unità di misura utilizzata (tranne che non si tratti di un numero puro ottenuto, per esempio, dal rapporto tra due grandezze omogenee). Rimane da affrontare il problema di quante cifre significative deve riportare, al massimo, il numero che esprime la misura. Con cifre significative si intendono tutte le cifre, compresi gli zeri finali che possono o meno essere anch’essi significativi a seconda dei casi. Per determinare il numero di cifre significative, compresi gli “zeri significativi”, che devono essere utilizzate per esprimere il valore di una grandezza fisica è necessario: • conoscere l’errore (incertezza) nelle misure introdotto dalla

risoluzione degli strumenti utilizzati per eseguirla; • conoscere come questi errori si propagano nei calcoli.

(Propagazione degli errori). La scrittura del valore finale richiederà in genere una operazione di arrotondamento. NB. Se si utilizzasse la notazione scientifica (esponenziale), ad esempio (1.1230±0.0001) ×106 m al posto di (1123000±100) m, sarebbe più facile scrivere in modo corretto i valori numerici delle grandezze fisiche misurate; non si porrebbe per esempio il problema degli zeri non significativi. Purtroppo tale notazione risulta complessa per la maggior parte degli studenti delle scuole superiori, pertanto è da sconsigliarne l’uso.

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CIFRE SIGNIFICATIVE • Nell’operazione di misura

Il numero di cifre significative da utilizzare è determinato dalla risoluzione dello strumento utilizzato. Se si utilizza un “Palmer” (risoluzione di 0.01 mm) per misurare lo spessore di un foglio di un libro, la misura sarà del tipo (0.12±0.01) mm. Se misuriamo con lo stesso strumento lo spessore complessivo del libro, che supponiamo abbia 123 fogli, la misura potrà essere del tipo (14.42±0.01) mm. Notare che le due misure hanno lo stesso errore assoluto mentre l’errore relativo della seconda è molto più piccolo. Se esprimessimo la misura in micron (µm) dovremo, nel secondo caso, avere sempre quattro cifre significative; la scrittura corretta è: (14420±10) µm. Se esprimessimo sempre questa misura in metri (m), avremmo: (0.01442±0.00001) m. NB. In questi casi gli zeri non sono significativi ma dipendono solo dalla unità di misura usata. Se si usasse una notazione esponenziale non comparirebbero. Diversa sarebbe la situazione se partissimo da una misura, per esempio per un foglio, di un decimo di mm. In questo caso dovremo scrivere (0.10±0.01) mm o cambiando scala (100±10) µm o infine (0.00010±0.00001) m. NB. In questi casi le cifre significative sono due e di queste l’ultima è uno zero. Quando la misura è espressa in micron uno zero è significativo ma l’ultimo no. Anche qui se si utilizzasse la notazione esponenziale si potrebbero evitare le ambiguità tra zeri significativi e non.

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• • Nei calcoli

Se a partire dalla seconda misura si calcola lo “spessore medio” di un foglio, nell’ipotesi che tutti abbiano lo “stesso” spessore, si ottiene, dividendo per 123, che esso vale (0.117235772….±0.0000813…) mm. NB. L’errore è stato calcolato utilizzando la teoria (semplificata) della propagazione degli errori, di cui discuteremo tra poco. In questo caso tale teoria prevede che l’errore relativo sulla misura calcolata sia lo stesso di quello sul valore misurato dato che si opera solo una divisione per una costante numerica priva di errore. Il valore così scritto per lo spessore medio non è corretto. Per scrivere in maniera corretta il valore finale si deve fare un arrotondamento.

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• Arrotondamenti. Partendo dal fatto che l’incertezza è determinata dalla risoluzione dello strumento (o degli strumenti) utilizzato per ottenere la misura, che ha quindi una sola cifra significativa, dobbiamo supporre che anche l’incertezza finale calcolata debba avere non più di una cifra significativa. L’arrotondamento da effettuare può a questo punto essere per eccesso o per difetto. Si suole arrotondare per difetto se la prima cifra dopo quella significativa è minore di 5 per eccesso se maggiore. Nel caso sia proprio 5 si può scegliere; la scelta, come si vedrà nei casi pratici, non ha molta importanza sul significato finale dei valori scritti per le grandezze fisiche in oggetto. Nell’esempio di prima l’incertezza sul valore dello spessore medio va scritta: ±0.00008 mm (l’arrotondamento è per difetto). A questo punto si può effettuare l’arrotondamento sul valore medio della misura. Poiché l’incertezza è sulla quinta cifra decimale, si deve arrotondare proprio la quinta cifra decimale del valore medio calcolato. Il valore corretto da scrivere è pertanto: (0.11724±0.00008) mm (l’incertezza è sul valore medio dello spessore del foglio, non sullo spessore di un singolo foglio!; Infatti non si può sapere a priori se tutti i fogli hanno lo stesso spessore).

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• NB. a) Il numero di cifre significative ore è cinque, ma l’errore relativo è lo stesso che si aveva sui dati iniziali. b) Nei calcoli conviene utilizzare un numero di cifre maggiore per evitare che eccessivi arrotondamenti influenzino “troppo” il risultato finale. c) Talora in alcuni testi o pubblicazioni scientifiche si trovano errori espressi con più cifre significative (in genere non più di due). In questi casi gli errori calcolati provengono da analisi (di tipo statistico) più complesse di quelle che vengono trattate in questo corso.

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PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI Le regole seguenti si basano su una teoria semplificata; tuttavia i risultati ottenuti permettono di trattare la maggior parte dei casi che si presentano nelle misure che si effettuano in un laboratorio scolastico. Quando si presenteranno situazioni non comprese dalle regole seguenti si faranno delle considerazioni “ad hoc”, anche di tipo geometrico. Per ricavare le regole si procede nel modo seguente. (Nel seguito si fornisce la dimostrazione solo in alcuni casi). Siano (a±∆a) e (b±∆b) due grandezze fisiche misurate con le rispettive incertezze e sia M una grandezza fisica che si ottiene combinando a e b. Ci poniamo il problema di calcolare l’incertezza ±∆M sulla misura combinata. Consideriamo i seguenti casi:

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• Somma. M=a+b Possiamo ragionevolmente supporre che ±∆M sia la metà dell’intervallo che si ottiene prendendo il valore massimo e il valore minimo che può assumere M. ±∆M=±(Mmax-Mmin)/2 NB questo relazione può essere utilizzata per sempre. Poiché Mmax=(a+∆a)+(b+∆b) e Mmin=(a-∆a)+(b-∆b) sostituendo abbiamo: ±∆M=±(2∆a+2∆b )/2 Perciò nel caso della somma abbiamo: ∆M=(∆a+∆b) L’errore assoluto nella somma è pari alla somma degli errori assoluti.

NB. Ha senso fisico solo se a e b sono due grandezze omogenee.

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• Differenza M=a-b ∆M=∆a+∆b Anche nel caso della differenza l’errore assoluto è pari alla somma degli errori assoluti. La dimostrazione è analoga alla precedente.

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• Prodotto In questo caso procedo alla dimostrazione. Abbiamo: M=a ×b Per il calcolo di ∆M procediamo come nel caso della somma. ∆M=(Mmax-Mmin)/2 ma Mmax=(a+∆a) ×(b+∆b) Mmin=(a-∆a) ×(b-∆b) Eseguendo i prodotti si ottiene: ∆M=((ab+a∆b+b∆a+∆a∆b)-(ab-a∆b-b∆a+∆a∆b))/2 Semplificando si ottiene ∆M=(2a∆b+2b∆a)/2 Dividendo il tutto per M=a ×b, semplificando e ordinando

bb

aa

MM ∆+∆=∆

Nel caso del prodotto si ha che l’errore relativo sul prodotto è uguale alla somma degli errori relativi.

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Rapporto Nel caso del rapporto si dimostra che se

ba

M = ’

allora:

bb

aa

MM ∆+∆=∆

NB. In questo caso la relazione è valida solo se ∆a e ∆b sono “piccoli” in quanto il termine ∆a∆b non si semplifica. Su questo punto torneremo in seguito.

Potenza ad esponente intero Può essere considerata come una serie di prodotti successivi, pertanto avremo:

naM =

aa

nMM ∆=∆

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Considerazioni A) La teoria della propagazione degli errori così semplificata non prende in considerazione molte situazioni che spesso si presentano nella esecuzione di esperimenti che si eseguono nei laboratori di fisica delle scuole superiori. I casi più comuni sono quelli in cui intervengono funzioni trigonometriche, esponenziali o logaritmiche. Quando si presenteranno casi del genere sarà compito del docente spiegare agli studenti metodi semplici che permettano di superare il problema. In questo corso discuteremo le situazioni quando si presenteranno. B) Talora al posto dell’incertezza strumentale vedremo che sarà necessario esprimere l’errore di misura servendosi di una analisi “statistica” dei dati sperimentali. Queste situazioni in genere si presentano quando le fluttuazioni sui risultati di una misura ripetuta più volte sono maggiori della risoluzione strumentale. In questi casi non faremo una teoria a parte ma ci accontenteremo di semplici osservazioni ed useremo come incertezza il più grande tra l’incertezza strumentale e la media del modulo degli scarti (su questo torneremo quando gli esperimenti lo richiederanno). Altre volte sarà una analisi “grafica” sui risultati sperimentali che ci permetterà di attribuire un’incertezza ad un determinata misura; queste situazioni si presenteranno quando i dati premetteranno una analisi grafica semplice in particolare quando si incontreranno relazioni di dipendenza proporzionale o lineare tra le grandezze in questione.

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Osservazioni importanti Abbiamo richiamato già l’attenzione sul fatto che la teoria degli errori precedentemente esposta è valida soltanto se gli errori sono “piccoli”. Cerchiamo ora di capire il perché di una tale affermazione. Un’ipotesi ragionevole vorrebbe che il valore che si ottiene combinando grandezze fisiche corrispondesse al valore medio che si otterrebbe considerando il massimo ed il minimo tra i valori possibili nella combinazione. Per esempio se si ha M=a+b si dovrebbe avere: M=<M> Dove <M>=(Mmax+Mmin)/2 Con Mmax ed Mmin definiti in precedenza. Questo risulta vero nel caso della somma e della differenza; tuttavia se prendiamo in esame ciò che accade nel caso del prodotto la situazione non è la stessa. Procediamo all’analisi di ciò che accade in questo caso.

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Sia M=a ×b, il valore medio vale: <M>=(Mmax+Mmin)/2 Sostituendo i corrispondenti valori abbiamo: <M>=((ab+a∆b+b∆a+∆a∆b)+(ab-a∆b-b∆a+∆a∆b))/2 Dopo le opportune semplificazioni si ricava: <M>=ab+∆a∆b Pertanto solo se le incertezze sono piccole la differenza tra il valore medio ed il valore del prodotto è trascurabile. Se per esempio gli errori sono dell’ordine del 10%, allora questa differenza è dell’ordine dell’1%.