Cappello Gloria - Antonietta Giacomelli e Il Modernismo a Treviso

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22/05/13 Gloria Cappello, Antonietta Giacomelli e il modernismo a Treviso (Dialegesthai) mondodomani.org/dialegesthai/gca01.htm 1/20 Cerca Stampa | Salva | Invia | Translate Gloria Cappello Antonietta Giacomelli e il modernismo a Treviso 1. La vita 2. La produzione 3. Il modernismo e la condanna papale 4. Ostilità e ripetute critiche 5. Da Adveniat Regnum tuum a Per la Riscossa cristiana 6. Treviso e Antonietta Giacomelli 7. Ragioni di una condanna 1. La vita Antonietta Giacomelli nasce a Treviso il 15 agosto 1857, nel palazzo di famiglia, in via Tolpada, oggi sede di Unindustria. [ 1 ] È figlia di Angelo Giacomelli e di Maria Rosmini. La sua è una famiglia nobile, originaria del Friuli. Il nonno di Antonietta, Luigi (1787-1886), si stabilisce a Treviso nel 1823. Ha importanti incarichi politici, è podestà dal 1852 al 1866, anno in cui riceve in consegna la città nel passaggio tra la dominazione asburgica e l'annessione al regno d'Italia. [ 2 ] Con i due figli, Angelo e Gianbattista ed il fratello Sante, mette insieme un notevole patrimonio, costituito da possedimenti terrieri nei pressi di Ceggia e di Caorle e dalla fonderia a Treviso, in Santa Maria del Rovere. Nel 1850 acquista la villa Barbaro a Maser allora di proprietà della famiglia Manin, quella dell'ultimo doge Daniele Manin, e la riporta all'antico splendore tra il 1854 e il 1857. Angelo, nato nel 1816 a Trevignano d'Udine, si diploma alla Scuola Superiore di Commercio a Vienna (titolo che equivale alla laurea in ingegneria). A Vienna partecipa ai moti insurrezionali quarantotteschi iniziati nella capitale asburgica il 13 marzo 1848. Rientra a Treviso sin dalla fine di marzo dello stesso anno per schierarsi a fianco degli insorti e combattere negli scontri tra le formazioni dei corpi franchi, che egli stesso aveva contribuito a reclutare, e l'esercito dell'imperial-regio governo. [ 3 ] Sin da giovanissimo aderisce al programma di Giuseppe Mazzini e nel 1850 fa parte del comitato mazziniano fondato a Mantova e presieduto dal Tazzoli. Sotto pressione da parte della polizia asburgica -- la casa di Treviso è perquisita nel 1851 -- fugge a Torino attraverso la Svizzera. Torna a casa, forse convinto dal padre, ma viene arrestato e condotto nella prigione veneziana di S. Severo e amnistiato nel gennaio 1852. Nello stesso anno è nuovamente arrestato e imprigionato; tradotto nelle carceri di Mantova è compagno di detenzione di Tito Speri. Può ritornare a Treviso nel 1853, per la sospensione del processo dopo le 'esemplari' condanne (i martiri di Belfiore), ma sempre sotto stretta sorveglianza della polizia. Nel 1854 Angelo sposa Maria, figlia di Pietro, cugino di Antonio Rosmini; il filosofo roveretano, non potendo celebrare personalmente il matrimonio per veto del governo

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Gloria Cappello

Antonietta Giacomelli e il modernismo a Treviso

1. La vita2. La produzione3. Il modernismo e la condanna papale4. Ostilità e ripetute critiche5. Da Adveniat Regnum tuum a Per la Riscossa cristiana6. Treviso e Antonietta Giacomelli7. Ragioni di una condanna

1. La vita

Antonietta Giacomelli nasce a Treviso il 15 agosto 1857, nel palazzo di famiglia, in viaTolpada, oggi sede di Unindustria.[1] È figlia di Angelo Giacomelli e di Maria Rosmini. Lasua è una famiglia nobile, originaria del Friuli. Il nonno di Antonietta, Luigi (1787-1886), sistabilisce a Treviso nel 1823. Ha importanti incarichi politici, è podestà dal 1852 al 1866,anno in cui riceve in consegna la città nel passaggio tra la dominazione asburgica el'annessione al regno d'Italia.[2] Con i due figli, Angelo e Gianbattista ed il fratello Sante,mette insieme un notevole patrimonio, costituito da possedimenti terrieri nei pressi diCeggia e di Caorle e dalla fonderia a Treviso, in Santa Maria del Rovere. Nel 1850 acquistala villa Barbaro a Maser allora di proprietà della famiglia Manin, quella dell'ultimo dogeDaniele Manin, e la riporta all'antico splendore tra il 1854 e il 1857. Angelo, nato nel 1816 aTrevignano d'Udine, si diploma alla Scuola Superiore di Commercio a Vienna (titolo cheequivale alla laurea in ingegneria). A Vienna partecipa ai moti insurrezionaliquarantotteschi iniziati nella capitale asburgica il 13 marzo 1848. Rientra a Treviso sin dallafine di marzo dello stesso anno per schierarsi a fianco degli insorti e combattere negliscontri tra le formazioni dei corpi franchi, che egli stesso aveva contribuito a reclutare, el'esercito dell'imperial-regio governo.[3] Sin da giovanissimo aderisce al programma diGiuseppe Mazzini e nel 1850 fa parte del comitato mazziniano fondato a Mantova epresieduto dal Tazzoli. Sotto pressione da parte della polizia asburgica -- la casa di Trevisoè perquisita nel 1851 -- fugge a Torino attraverso la Svizzera. Torna a casa, forse convintodal padre, ma viene arrestato e condotto nella prigione veneziana di S. Severo e amnistiatonel gennaio 1852. Nello stesso anno è nuovamente arrestato e imprigionato; tradotto nellecarceri di Mantova è compagno di detenzione di Tito Speri. Può ritornare a Treviso nel1853, per la sospensione del processo dopo le 'esemplari' condanne (i martiri di Belfiore),ma sempre sotto stretta sorveglianza della polizia.

Nel 1854 Angelo sposa Maria, figlia di Pietro, cugino di Antonio Rosmini; il filosoforoveretano, non potendo celebrare personalmente il matrimonio per veto del governo

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asburgico, compone Ricordi per Maria che si fa Sposa. Dopo tre anni, il 15 agosto, nasceAntonietta nel contesto di una famiglia di nobili origini, cui non mancano un solidopatrimonio, impegni politici di tutto rilievo in città, frequentazioni importanti, mentalitàaperta alle nuove idee. Sin dai sei-sette anni ha un'istitutrice alsaziana, che le insegnaperfettamente il francese, poi una insegnante tedesca e infine una inglese, il che le consente,poco più che adolescente, un'ottima conoscenza delle lingue europee. Preparazioneeccezionale, per gli standard del tempo, che, unita alla formazione umanistica (italiano,latino, filosofia e storia) impartitale da Giovanni Milanese, professore al seminario diTreviso,[4] mette Antonietta nelle condizioni di avere ottimi strumenti a disposizione. Sitratta certamente di un privilegio, riservato alla figlia di una famiglia nobile e facoltosa, chedi per sé non spiega l'eccezionale modernità di Antonietta senza il concorso delle sue dotinaturali e dell'impegno profuso che non saranno mai lasciati inattivi nella lunga eoperosissima esistenza.

Tra il 1875 ed il 1880 la fortuna dei Giacomelli conosce un rovescio insanabile: la fonderia diSanta Maria del Rovere fallisce; i Giacomelli decidono di pagare integralmente fornitori edebitori. Questo comporta la vendita di tutti i loro averi: la casa di via Tolpada, i terreni,l'amatissima villa di Maser. A 66 anni, nel 1882, Angelo accetta l'incarico di prefetto aCremona e lì si trasferisce con la famiglia. Per Antonietta inizia la peregrinazione in variecittà italiane, seguendo il padre negli incarichi prefettizi: Siena, Reggio Calabria, Piacenza einfine Roma, dal 1892 al 1898. Questo le consente esperienze umane e culturali varie edinteressanti che sfrutta adeguatamente. A Cremona conosce il vescovo, monsignor GeremiaBonomelli, esponente di primo piano del riformismo cattolico. A Roma entra in contatto conPaul Sabatier, autore di una Vie de Saint François d'Assise, pubblicata nel 1893 e postaall'Indice l'anno successivo. Con lui intrattiene, in francese, una lunga ed intensacorrispondenza.[5]

Nell'ambiente della capitale, tra scandali bancari, crisi politiche, degrado dei quartieri sortidalle speculazioni edilizie e rampantismo della borghesia, che aveva fatto fortuna nelperiodo crispino e poi nei primi anni giolittiani, Antonietta fa conoscenze che sarannofondamentali per la sua formazione culturale. Nella casa romana dove vive con i genitori, invia Arenula, tra largo di porta Argentina e ponte Garibaldi, Antonietta, in collaborazionecon un circolo di amici i cui nomi più noti sono quelli di Tommaso Gallarati Scotti, GiovanniGenocchi, Giovanni Semeria, Romolo Murri, Brizio Casciola, dà vita ad una Unione per ilbene e lavora assiduamente nella redazione del periodico mensile «L'ora presente», direttoda Giulio Salvadori.[6] Il periodico, stampato in migliaia di copie, ha una diffusione notevole,suscita numerose adesioni, soprattutto tra quanti insistono per l'assunzione di nuoveresponsabilità morali e 'civiche', cioè sociali, da parte dei cattolici. L'iniziativa si ispira allaUnion pour l'action morale fondata in Francia da Paul Desjardins, che dava voce alleesigenze di rinnovamento morale e di riscossa spirituale. Anche Antonio Fogazzaro,impegnato a Roma al Collegio Romano in una serie di conferenze sull'evoluzionismo, èspesso ospite del gruppo: la sua amicizia con la Giacomelli sarà molto solida e continueràsino alla morte dello scrittore vicentino, che si ispirerà alla figura di don Casciola per ilprotagonista del Santo e alle riunioni di casa Giacomelli per le riunioni nell'alloggio dei Selva.[7]

L'Unione per il bene non è un circolo letterario. L'associazione avvia un numeroconsiderevole di opere di assistenza sociale: una cassa di 'piccolo prestito' senza interesse,un asilo infantile, doposcuola, assistenza sanitaria e farmaceutica, un laboratorio difalegnameria, una scuola di cucito. Le iniziative sono rivolte ai bisognosi, in particolare airesidenti nei degradati quartieri, vittime dell'urbanesimo e della crisi edilizia. Si tratta di uncentro fervido di iniziative filantropiche, il cui carattere interclassista e interconfessionaleha destato l'interesse degli storici, che hanno approfondito le peculiarità di questo vero e

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proprio laboratorio democratico.[8]

Nel 1898 Antonietta si trasferisce a Venezia e, nel 1902, torna a Treviso. Nel Veneto tentadi riprendere quanto iniziato nel periodo trascorso a Roma; in particolare a Treviso fonda la«Società per il bene morale», divenuta poi «Protezione della giovane», e la «Scuola liberapopolare», che nel suo programma si prefigge di «raccogliere l'appoggio degli uomini di ognipartito»,[9] guadagnandosi le simpatie anche degli ambienti laici e socialisti cittadini, inparticolare quelle di Giangiacomo Felissent, sindaco liberal-democratico di Treviso, diCleanto Boscolo e di Piero Martignon, fondatori dei primi nuclei socialisti a Treviso.[10]

Nel 1908 partecipa al primo Congresso delle donne italiane, a Roma, e l'anno successivo, aMilano, durante un Congresso nazionale organizzato dall'Unione femminile, tiene unaconferenza molto criticata in ambienti ecclesiastici, dal titolo La donna nella famiglia, poipubblicata.[11]

In questi primi anni del '900 inizia il lavoro che porterà alla stesura di Adveniat Regnumtuum[12], libro di preghiere con amplissima scelta di passi scritturali. L'opera prevedequattro volumi, in piccolo formato, di cinque-seicento pagine. L'iniziativa, ideata da p.Genocchi, è dovuta alla Pia Società di San Girolamo, in Roma, nell'ambito di un vasto pianodi diffusione dei testi sacri in edizione popolarissima, su auspicio dello stesso Leone XIII.L'iniziativa, davvero 'pionieristica', anticipa lo spirito del Vaticano II per la diffusione deitesti scritturali e patristici all'interno delle comunità cattoliche. Dei quattro volumi previsti,dal 1904 al 1907, ne sono pubblicati tre, anonimi, anche se tutti sanno chi sia l'autrice.[13]

L'opera, con l'imprimatur del Maestro dei Sacri Palazzi p. Alberto Lepidi[14] e delvicegerente di Roma, patriarca Giuseppe Ceppetelli,[15] ha una vasta diffusione nellefamiglie e nelle scuole, fino a quando, nel gennaio 1912, viene posta all'Indice. Nel 1913 laGiacomelli pubblica Per la riscossa cristiana, che appare come una risposta alla condanna;nello stesso 1913 anche quest'opera viene iscritta all'Indice. A Treviso la Giacomelli siferma sino alla fine del 1909, anno in cui, a causa delle restrizioni, se non delle palesivessazioni che contro di lei furono messe in atto ancor prima della doppia condanna, sitrasferisce a Rovereto.

Molto addolorata e colpita, ma indomita come sempre, nei mesi precedenti il primoconflitto, si avvale di un regolare passaporto per Rovereto, allora territorio asburgico, eporta lettere per i fuggiaschi dalle terre dell'impero verso l'Italia, lasciapassare e pianimilitari cuciti nelle fodere delle vesti. Al momento dell'entrata in guerra dell'Italia,abbandona Rovereto e si trasferisce di nuovo a Treviso, dove si dedica alla cura dei feriti eall'assistenza dei bisognosi. Nel 1916, con l'aiuto di Giuseppe Corazzin, grande figura disindacalista cattolico, e del medico e psichiatra Luigi Zanon del Bo, fonda una Alleanza perla morale sociale che, pur nella sua breve vita, si occupa dell'infanzia abbandonata, delleminorenni, delle carcerate.

L'impegno diventa quasi eroico dopo la rotta di Caporetto, nel momento in cui Trevisodiventa città di prima linea, gli uffici e le istituzioni vengono trasferite in altre regioni, lacittà bombardata e quasi tutti gli abitanti sfollati in ogni parte d'Italia. Anche lei è obbligataa trasferirsi a Milano, dove entra in contatto con la Croce Rossa per continuare a prestaresoccorso a feriti e sfollati, ma non cessa di recarsi nelle città venete martoriate daibombardamenti.

Dopo la guerra si ferma a Rovereto e qui fonda, nel marzo 1920, la «Sezione di Roveretodelle Giovanette Esploratrici», da lei chiamate «Volontarie», presieduta da Amelia Filzi,madre di Fabio Filzi, della quale Antonietta si occupa con l'attivismo che la contraddistinguefino al 1927, anno in cui il regime fascista decide per lo scioglimento di tutte le associazionigiovanili che debbono confluire nella GIL. Quella di Rovereto è una delle prime sezioni dello

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scoutismo fondate in Italia ed è motivo, anche oggi, di commemorazioni e di giornate distudio dedicate dai roveretani ad Antonietta Giacomelli.[16] Nella città del TrentinoAntonietta risiede stabilmente fino alla morte, attiva, nonostante i quasi novant'anni, anchedurante tutto il periodo del secondo conflitto mondiale. Basti pensare che, dopo laspaventosa incursione aerea del 7 aprile 1944, quasi novantenne, torna a Treviso peraiutare i feriti e i senza tetto. Dopo il '45, alla fine della guerra, a Rovereto, ospite delleSorelle della Carità, si dedica di nuovo allo scoutismo con la costituzione della FederazioneItaliana Guide Esploratrici (gennaio 1946). Nel 1948 è attiva nella fondazione diun'iniziativa «Per un fronte degli Onesti» e ne scrive il programma. Nel novembre 1949,per le conseguenze di una caduta, viene ricoverata in ospedale, dove, in seguito adun'embolia, si spegne il 10 dicembre. È seppellita a Rovereto nel famedio dei roveretaniillustri. .[17]

2. La produzione

La produzione di Antonietta Giacomelli è davvero notevole per qualità e per quantità. IlMichieli riferisce 75 titoli di pubblicazioni dovute a lei, da un breve racconto comparso nella«Gazzetta di Treviso» del 1880, resoconto di un viaggio sul monte Grappa, sino all'ultimolavoro, una silloge di articoli pubblicati a Trento nel 1949 cinque mesi prima della morte.

La tipologia di produzione riguarda sostanzialmente: romanzi-diari, quasi romanzi diformazione, largamente autobiografici, molto voluminosi (500-600 pp.), cioè Lungo la via,Sulla breccia e A raccolta, pubblicati tra il 1889 e il 1899, ai quali si deve aggiungere Vigilie(1919) ;[18] parecchi articoli apparsi sia nelle riviste di cui era fatta promotrice o a cuiaveva collaborato; articoli patriottici pubblicati durante il primo conflitto mondiale;numerosi programmi di iniziative che aveva realizzato o promosso nell'arco di quasisessant'anni di impegno civile e religioso; ricordi di amici; opuscoli dedicati ai genitori e aifamiliari; libri di preghiere come Adveniat Regnum tuum (3 voll. ugualmente di 500-600pp.) e Per la riscossa cristiana (400 pp.).

A parte una esigua minoranza di pubblicazioni edite a Treviso, le opere più corpose e gliinterventi più significativi, che conobbero più ristampe, sono editi a Roma, a Firenze, aMilano e, nell'ultimo periodo, a Rovereto oppure a Trento.

Per questo motivo, e per altre ragioni che diremo subito, si può affermare che AntoniettaGiacomelli non è autrice che abbia una collocazione regionale o locale, ma piuttosto che lasua opera si situa nell'ambito della cultura nazionale. A fronte di un giudizio positivo diCroce, che ne rileva la personalità più cristiana che cattolica, la fedeltà alle memorie delrisorgimento espresse in opere di commossa partecipazione pur «senza assurgere né allatrattazione teorica, né all'opera d'arte»,[19] la storiografia trevigiana poco o nulla si èoccupata di lei.[20] Al contrario di lei si sono occupati gli studi letterari che la collocano tra lescrittrici più significative tra '800 e '900 in grado di affrontare con sensibilità i temi delletrasformazioni sociali con particolare attenzione alla condizione femminile.[21] «I suoiromanzi -- diario, risposta laica alla narrativa ciclica di ascendenza verista, furono letticome opere letterarie che trasgredivano i confini tra i generi avvicinando il mondo interioredella protagonista al grande tesoro della vita narrata da un personaggio-donna pienamenteprotagonista nella città moderna».[22]

I saggi sul modernismo che sono apparsi a livello nazionale si occupano di lei mettendo inevidenza gli aspetti più interessanti della sua opera in rapporto ai temi 'modernisti'. Igiudizi espressi nelle monografie più recenti sono davvero lusinghieri. Riferiamo, a modo diesempio, quanto dice Maurilio Guasco, storico del modernismo: «Si pensi alle iniziative eagli scritti di Antonietta Giacomelli, così poco apprezzati dalle autorità del tempo, ma che

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dovevano avviare alla comprensione della liturgia intere generazioni di credenti. Unaliturgia vivificata, dove il laicato non fosse solo spettatore di riti compiuti dai sacerdoti, maprotagonista di una preghiera che doveva coinvolgere tutta la sua vita, e prima di tuttocoinvolgerlo in prima persona nel rito stesso, doveva gradualmente modificare la lex orandiin lex credendi. E la nuova fede che stava germinando implicava anche una visione di unaChiesa che non si esaurisse soltanto nella gerarchia ed esigeva una ecclesiologia che nonfosse, usando una espressione ben nota di Congar, soltanto una gerarcologia».[23]

«Molto più coerente [di altri modernisti] e ansiosa di un'azione riformatrice è invece laGiacomelli, con la sua instancabile attività. Le sue preoccupazioni spaziano in diversi campi,così come le sue pubblicazioni. Forse è lei la più ardente fautrice del rinnovamento liturgicoe del conseguente ritorno al cristocentrismo; è lei che parla di fratelli separati, che sognacontinuamente opere e iniziative a favore del popolo, che immagina e fonda riviste, chelancia proclami e manifesti».[24] Non un'intellettuale o un'erudita chiusa nel suo mondo, ma"apostola e paladina del bene" come la definisce il Michieli, consapevole che la vita dellaChiesa è quella della comunità, vissuta e consapevole.

3. Il modernismo e la condanna papale

Prima di affrontare il "modernismo" di Antonietta Giacomelli si porrebbe come necessariauna breve premessa in grado di precisare le principali caratteristiche del complessomovimento. Il condizionale è d'obbligo perché i più importanti storici del periodo sonoconcordi nel manifestare l'impossibilità dell'impresa.[25] Fare la storia del modernismosignifica in realtà trattare dei singoli modernisti.[26]

I temi ricorrenti nelle opere di coloro che vengono indicati come modernisti si possono cosìsintetizzare: critica dell'apparato dogmatico, condotta anche tramite l'analisi critico-filologica della Bibbia e avvio di una storia 'scientifica' della Chiesa; interpretazioneantropologica della dimensione umana di Cristo; visione della religione come esperienzaumana; uso teologico della filosofia moderna, che permetta anche la sostituzionedell'apologetica classica con metodi e considerazioni derivate dalle ricerche filosofiche,esegetiche, teologiche contemporanee; scissione tra ragione e fede in nome del valore dellareligiosità dell'esperienza morale; da ultimo forte polemica antiecclesiastica.

Le caratteristiche del movimento sono definite nell'enciclica di Pio X, Pascendi dominicigregis (8 settembre 1907, pubblicata il 16), che condanna le dottrine, presentandole comecorpus unitario, mentre sino a quel momento le singole espressioni del movimento nonavevano affatto il carattere di una scuola o di un'organizzazione. Il modernismo, seguendomolto sinteticamente il testo dell'enciclica, è definito come la «sintesi di tutte le eresie».Questi i capi di imputazione: al concetto tradizionale di Chiesa voluta da Cristo, luogo ditrasmissione della parola di Dio sotto il controllo e la direzione della gerarchia, sicontrappone una Chiesa frutto della coscienza collettiva, germinata dal basso; nellacomunità che si organizza l'autorità è solo un servizio e non può intervenire in materia chenon sia espressamente religiosa. Ne deriva quindi una radicale convinzione dellademocraticità della Chiesa stessa, una netta separazione tra scienza e fede, tra Stato eChiesa, autonomi nei loro rispettivi ambiti. L'origine divina della Chiesa va ricercata nelloSpirito che è presente nella coscienza collettiva e che viene elargito a tutti in modo simile,senza privilegi particolari e attribuisce ai laici ruoli preminenti, pari a quelli della gerarchia.Con tale condanna l'enciclica interviene come un fulmine nella cultura italiana ed europeacolpendo persone e opere, agendo come un farmaco che stronca indifferentementepericolosi agenti di infezione e forze vive e vitali.

Ma chi erano i principali ispiratori di un movimento di idee tanto difficile da definire? Gli

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studiosi sono abbastanza concordi nell'indicarli in Maurice Blondel, nella sua filosofiadell'azione e nel metodo dell'immanenza, che influenza in particolare il cosiddettomodernismo filosofico, in George Tyrrel per quanto riguarda la teologia, in Alfred Loisy perla questione biblica e per gli studi di esegesi. In Italia sono due i centri di diffusione delleidee: Roma con la presenza di un buon numero di personalità, tra cui spiccano quelle diErnesto Buonaiuti e di Romolo Murri, e Milano, in cui i modernisti sembrano trovareprotezione nientemeno che nell'arcivescovo cardinale Andrea Ferrari.[27] Il modernismoitaliano, rispetto a quello europeo, rivela risvolti nuovi. Se in Francia, Germania, Inghilterrasono soprattutto studiosi, eruditi, docenti universitari ad alimentare il dibattito, «in Italiavengono coinvolti movimenti e gruppi di diverse categorie sociali, preoccupati non solo daproblemi intellettuali, ma anche pastorali».[28] Anche il problema politico, che devesuperare l'ostilità pontificia alla partecipazione dei cattolici alla vita politica con unmovimento autonomo, viene posto in primo piano con l'opera di Romolo Murri.

4. Ostilità e ripetute critiche

In tale contesto europeo quale la situazione a Treviso? Nel 1903, a pochi mesi dalla suaelezione a pontefice, Pio X nomina vescovo di Treviso il giovane ministro provinciale deiCappuccini, mons. Andrea Giacinto Longhin, che per tutto il pontificato è in corrispondenzacon il Papa e in totale sintonia con le direttive pontificie in fatto di pastorale e di dottrinacristiana. Già nell'aprile 1906, cioè prima della Pascendi, Longhin così si lamenta con ilsegretario di Pio X, il trevigiano Giovanni Bressan: «Anche a Treviso in questi giorni si ètentato di spargere il seme del modernismo. È venuto qui certo don Brigio Cassiola [sic perBrizio Casciola], alloggiato presso la Giacomelli, e tenne conferenze clandestine con socialistie signorine più o meno isteriche. Ebbe il coraggio di venire insieme alla Giacomelli a farmivisita prima di partire, ma credo che siasi pentito giacché gli feci capire abbastanza chiaroche a Treviso non sarò mai disposto a permettere nessuna propaganda di idee nuove, anziqueste le combatterò sempre in virga ferrea».[29]

Il modernismo, infatti, ancor prima di essere condannato dalla Pascendi, era stato al centrodelle critiche di giornali "integralisti" e "intransigenti" come «La riscossa» dei fratelliScotton, che polemizzarono contro il card. Ferrari e «L'Unità cattolica» di Firenze direttatra il 1905 e il 1915 da don Alessandro Cavallanti. Gli attacchi al modernismo erano iniziatidunque ben prima dell'enciclica pontificia.[30] Nel 1900 la Giacomelli era stata attaccataper le sue idee dal gesuita p. Ilario Rinieri che, dalle colonne della «Civiltà Cattolica», criticaduramente i romanzi Lungo la via, Sulla breccia e A raccolta per le loro idee patriottiche e«per morale larga, religione male intesa, ridotta ad uso liberalesco e quasiprotestantico».[31] Le critiche di Rinieri erano continuate nel pamphlet Pro Patria. Leamazzoni del cattolicesimo puro, «testo ben noto agli studiosi del modernismo e volto astroncare la doppia presunzione di questo libro [A raccolta]: pericolosità della dottrinaproposta e presunzione femminile nell'entrare nel terreno proibito della discussionereligiosa» .[32]

Riprendendo queste argomentazioni «La difesa», giornale veneziano, calca la mano in unarticolo di mons. Apollonio: «D'uno di questi tipi (che per farla meglio è anche un tipo difemmina) di cattolici cristiani che appestano ora la borghesia ignorante dei più elementariprincipii del catechismo, parla stupendamente, col documento in mano, la Civiltà Cattolicanell'odierno fascicolo, p. 204. Dà una necessaria ramanzina a quella signora AntoniettaGiacomelli, che in libri di forma noiosissima, semina il verbo di una fede e di una morale chenon è cattolica se non nella sua testa, e che trova la parola del disprezzo per il Papa, per iVescovi, per tutti i ministri del Signore, tutta gente ignorante che "fraintende" la parola diCristo, secondo cotesta novella teologhessa, innamorata del suo Gesù moderno».[33]

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Proprio questo attacco frontale spinge Antonio Fogazzaro a scrive a Filippo Crispolti,senatore del Regno, fondatore nel 1896 di «Avvenire d'Italia», pregandolo di prendere ledifese della Giacomelli, in quanto l'articolo, come scrive Fogazzaro, è «indegno di un prete,di un cattolico, di un cristiano».[34]

Le aggressioni riprendono nell'aprile 1907, nell'«Unità cattolica», che definisce la Giacomelli«cavalieressa dello Spirito Santo, fida compagna di Fogazzaro, Murri, Semeria, Sabatier ecompagnia, autrice di libri pericolosissimi confutati dall'egregio pubblicista p. Ilario Rinierinel volumetto Le amazzoni del cattolicesimo puro».[35]

Nello stesso 1907 il padre benedettino Mauro Serafini è incaricato di una speciale visitaantimodernista a Treviso, voluta dal vescovo Longhin, approvata da Pio X. La relazionesulla visita consta di varie parti: una relazione scritta a mano, un riassunto a stampa, unquadro statistico delle associazioni cattoliche della diocesi, un quadro prospettico dellasituazione amministrativa della curia e del seminario e infine un prospetto B che riguardaAntonietta Giacomelli.[36] In essa traspaiono le preoccupazioni del Vescovo, volte aminimizzare le influenze della Giacomelli in Treviso, che dallo stesso Longhin in una letteraviene presentata come un'isolata: «ivi non gode stima, né può fare propaganda, perchécomunemente la si ritiene una povera esaltata. Mesi fa temevo che rovinasse le più buone ebrave giovani della città, a mezzo di un circolo di lettura e di istruzione che aveva fondato.Per grazia di Dio durò assai poco perché le rispettive mamme non si fidarono di lasciare leloro figlie in compagnia di quella povera donna, sempre col timore che le possa rovinare conle sue idee ultramoderniste».[37] Longhin si riferisce ad una scuola femminile che laGiacomelli cercò in ogni modo di realizzare a Treviso, senza riuscirvi, e che oggi suscitatanta ammirazione nella storiografia.[38]

Questi i principali attacchi alla Giacomelli da parte della stampa cattolica cosiddetta'integralista' e non mancano vari interventi e strali polemici nella «Vita del Popolo».[39] Maormai appare chiaro che ci si avvia a provvedimenti ben più gravi.

Longhin, preoccupato, scrive a Pio X: «Siccome si va dicendo che l'Adveniat corre pericolodi esser posto all'Indice, bramo conoscere per mia norma il desiderio e il pensiero dellaSantità Vostra, perché non m'avvenga di prendere una determinazione imprudente».[40] IlVescovo aveva già cercato una mediazione con la Giacomelli, proponendole di emendare iltesto in vista di una futura edizione: «Considerando lo smercio grande che ebbe finora illibro, e quindi il male che si impedirebbe se una seconda edizione fosse veramente degnadell'imprimatur, pensai se non fosse opportuno cogliere la buona disposizione dell'Autrice, evedere se cerca sinceramente il bene delle anime».[41]

La risposta è di mano di Bressan: «Quanto alla sig. na Giacomelli, sua Santità gode assai chericonosca il suo torto nella pubblicazione dell'Adveniat, ma vede difficile la correzione diquel lavoro, non tanto per lo spirito, che vi aleggia e per le inesattezze, ma assai più perquello che vi manca, per cui avrebbe bisogno di essere rifatto da capo a fondo. Sarà poilaborioso trovare chi si occupi per la compilazione».[42] Dal che si deduce, come è statoscritto,[43] che probabilmente l'opera giunge al vaglio del tribunale dell'Indice per voleredello stesso Pontefice.

5 La macchina censoria.

L'Adveniat arriva sui tavoli della Congregazione dell'Indice il 13 agosto 1911, definitolibercula -- tre volumetti sulle cinquecento pagine -- e femina quaedam la sua autrice. Ivolumi furono affidati al p. Gioacchino Corrado per essere analizzati.[44]

Significativa l'introduzione all'opera: «Da lungo tempo era desiderato un libro nel quale lapreghiera fosse unita a cenni, storici ed esplicativi, del nostro culto; un libro il quale, almenoin qualche parte e modo, rinnovasse la primitiva unione del popolo fedele, con quelle letture

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e que' canti che son l'eco perenne delle voci antiche, -- profetiche, ammonitrici, oranti nellasperanza; un libro il quale, colla meditazione e colla preghiera, assiduamente richiamassel'annunzio, la legge, del Maestro divino. Il programma era di troppo superiore alle forze dichi ha composto il presente volume e i tre che seguono: ma nel "grande amore" ha trovatoil coraggio di almeno tentare -- coll'aiuto di maestri nella fede, -- qualche cosa diapprossimativo, che sproni altri a fare assai meglio. Intanto, possano queste pagine -- il cuimaggior numero è tolto alle sacre Carte e alla Liturgia, e sulle quali chi scrive suppliceimplora le benedizioni di Quegli che non disdegna alcun umile strumento, -- essere un aiutodi più a taluno di coloro i quali sentono in sé, o bramano, il risveglio della coscienza cristiana;possano essere uno sprone di più a quel progresso degli spiriti e de' cuori verso la verità, lagiustizia, l'amore, che l'ora presente rischiara di divine speranze».[45] L'introduzionerichiama esplicitamente l'esigenza di un profondo rinnovamento nel culto e nelle preghiereche sia segno di un rinnovamento della fede, interiorizzata e consapevole.

La Congregazione dell'Indice si riunisce l'11 gennaio 1912 per decidere della 'ereticità'dell'opera. Tutti i padri consultori, con l'eccezione di due, si dichiarano contrari allacondanna dell'Adveniat, propendendo, al massimo, per un richiamo o un'ammonizioneall'autrice più che altro a causa di qualche «petulanza» antiecclesiastica presente qua e là.Ma il parere solo consultivo di questa prima fase 'istruttoria' non viene tenuto inconsiderazione dalla Congregazione nel momento decisionale che, il 22 dello stesso mese,dichiara i volumi di Adveniat «modernismo undequaque infecta». Il p. Lepidi, che li avevaapprovati al momento della stampa, tenta sino alla fine di difenderli -- «quamvis noninterrogatus» -- ma i porporati all'unanimità decidono per la condanna. Pio X, due giornidopo, il 24, approva il decreto così come era stato formulato dai cardinali.[46]

Risulta dunque particolarmente interessante analizzare il "voto" del consultore Corrado chesta a monte della condanna e la giustifica. Quali erano le ragioni per cui Adveniat apparivainficiato di eresia?

Seguendo il testo approntato dal consultore della Sacra Congregazione dell'Indice si evinceche la prima accusa fosse quella di aver auspicato «una riforma del culto, che si pretendescaduto e superstizioso, per richiamarlo all'antica Liturgia».[47] A queste premesse sullo'scadimento' del culto «s'intona subito la patetica esortazione modernistica per recarvirimedio», ossia «ravvivare la fede nei divini misteri, ravvivare lo spirito di fraternità»;preparare «i trionfi di Cristo, i trionfi della verità nella giustizia e nella carità»; unire «lanavata al presbiterio»; avvicinare il popolo agli altari secondo gli ideali della Chiesaprimitiva; «rifare il popolo cristiano»; unirsi al sacerdote nelle preghiere della messa e nonleggere «durante la messa preghiere che troppo spesso dimenticano la liturgia e lo spiritodella Chiesa»; togliere «l'abuso, ormai antico, delle comunioni fatte all'infuori della messa»;combattere «la falsa pietà, egoistica e infeconda» di tante anime, aprendole piuttosto«all'amore universale cui l'ora presente, tra sforzi e lotte incomposte, aspira senza posa»;risalire alle origine, all'agape fraterna.[48] A questo si aggiunga un elenco di tutte le«mende» rituali, presenti in Adveniat: «omissioni nell'ordine rituale dell'amministrazionedei sacramenti, modi esagerati e nuovi di pregare, traduzioni e interpretazioni forzate ditesti scritturistici».[49]

Le contestazioni, almeno per noi che leggiamo dopo il Vaticano II, che accoglie in parte lospirito di quanto auspica Antonietta Giacomelli, appaiono poca cosa, anche se è presente ilrischio di utilizzare categorie contemporanee per cercare di capire eventi antecedenti.[50]

5. Da Adveniat Regnum tuum a Per la Riscossa cristiana

Come è stato ben notato, la Giacomelli aveva di sicuro in mente Le Cinque Piaghe della

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santa Chiesa di Antonio Rosmini (che, ricordiamo brevemente, erano: la divisione del clerodal popolo nel culto pubblico, l'ignoranza del clero, la disunione del Vescovi, la loro nominaabbandonata al potere temporale, l'asservimento dei beni della Chiesa al potere politico),ma non recepisce gli atteggiamenti di aspra critica nei confronti del clero propri deimodernisti dei primi anni del secolo.[51] Rosmini non era davvero benvisto dalla censuraecclesiastica. Condannato una prima volta nel 1849, anno in cui venne proibita la letturadelle Cinque piaghe e della Costituzione secondo la giustizia sociale, occasione in cuipesarono non poco le ben note vicende del biennio 1848-49 che videro Rosmini in primopiano,[52] subisce nuova condanna nel 1888 con il decreto Post obitum. Nel 1888 sonoposte all'Indice 40 proposizioni rosminiane estratte dalle opere edite ed inedite. La «CiviltàCattolica», voluta da Pio IX nel 1850, dà adeguato spazio alla condanna e alle polemichecontro Rosmini.[53] Rosminianesimo e neotomismo appaiono scelte filosofichecontrapposte, quasi antitetiche, soprattutto dopo la leoniana Aeterni Patris (1879), cheripropone lo studio di Tommaso e dà luogo, di fatto, alla corrente neotomista degli studifilosofici italiani ed europei.

Anche Treviso non è immune da polemiche. Nel Seminario vescovile insegna GiovanniZardo, appassionato cultore del pensiero rosminiano, rimosso dall'insegnamento nel1858.[54] A questo proposito la pubblicazione di una lettera dell'allora giovane Luigi Bailomette in evidenza la campagna denigratoria contro «quel grande e pio che fu Rosmini», chedoveva portare alle accuse di panteismo, unite a quelle di ontologismo e di traducianesimo.In questo Bailo vide molto lontano .[55] Dopo il 1888 il vescovo di Treviso, mons. GiuseppeApollonio, in più occasioni non mancò di approvare la condanna.[56] Anche il vescovoLonghin nel 1905 scrive a Pio X per lamentarsi che «i Rosminiani alzano di nuovo la testa esi fanno forti».[57] L'"ombra lunga" di Rosmini si stende anche nella diocesi trevigiana.

Dopo queste brevi osservazioni su Rosmini, che rivelano molto di tensioni interne allacultura cattolica, è spontaneo chiedersi come reagisse la Giacomelli ai continui attacchi allesue posizioni e poi alla condanna definitiva di Adveniat. Bisogna dire che non si piega alledecisione del Santo Uffizio progettando, per sé e per gli amici, un distacco dalla ChiesaCattolica e pensa di dare origine ad una «Chiesa Cattolica Apostolica Evangelica». Stendeanche un manifesto programmatico, «rivolto a quanti sentono giunta l'ora di scegliere tra ilVaticano e Cristo».[58] «I nostri preti ripristinerebbero, assieme a noi, l'antica Assemblea, ilbanchetto eucaristico tornerebbe ad essere il convito fraterno; la predicazione non sarebbevana retorica, ma predica commento del Vangelo, e sostituirebbe pure il catechismo.Eleggeremmo fra gli anziani un vescovo il quale ordinerebbe i nuovi sacerdoti, checrescerebbero non in seminari, ma intorno ai preti in cura di anime. La nostra Chiesa --oltre alla riforma dei costumi e dei principi sociali -- dovrebbe effettuare nel proprio senotutte le riforme del culto che lo spirito cristiano chiedeva alla Chiesa ufficiale».[59] Nellostesso manifesto afferma ancora: «Noi quindi non intendiamo essere né eretici néscismatici, giacché più che mai ci sentiamo parte della Chiesa di Cristo, in comunicazionecon i suoi Apostoli, obbedienti -- almeno nell'intenzione che è assai migliore di noi -- alVangelo».[60]

Affermazioni forti: quel che appare ad una lettura attenta è la certezza che l'autenticocristianesimo si debba vivere in comunione col Cristo con ma non in funzione delleistituzioni e il desiderio di percorrere fino in fondo la strada intrapresa.[61] Come è statodetto non è facile per la Giacomelli giungere ad una decisione -- lo scisma -- che sembra inaperto contrasto con il comportamento tenuto fino ad allora. Non si sa se nella decisioneabbia pesato di più l'utopismo o l'ingenuità politica di lei, che sempre l'avevanocontraddistinta; è certo che ambedue gli aspetti spiegano il fallimento dell'iniziativa. Furonotuttavia gli amici a fermarla, da don Brizio, a Salvadori, a Sabatier, a Genocchi che,interpellato, le rispose telegraficamente: «È un'illusione. Praticamente sarebbe un fiasco.

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Dogmaticamente un assurdo».[62] Anche Fogazzaro si dichiara contrario, nonostante siaincorso nelle condanne papali.[63] È ben nota l'iscrizione all'Indice del Santo, pubblicato nel1906 e condannato pochi mesi dopo, e di Leila, pubblicato nel novembre 1910 e condannatonei primi mesi dell'anno successivo, fatti che amareggiarono profondamente e intimamentegli ultimi anni di vita dello scrittore vicentino, mancato nel marzo 1911.[64]

Antonietta soffre molto dei dispiaceri dell'amico, ma Fogazzaro non esita a rispondereduramente al progetto di distacco dalla Chiesa in una lettera pubblicata di recente e chenon compare negli usuali epistolari: «Gli errori dell'attuale governo della Chiesa,infinitesima frazione della somma di errori che quel governo poté commettere da Cristo inpoi, non può farmi dimenticare che noi viviamo un atomo di tempo nella vita della Chiesa,ma non può togliermi la fede profonda».[65] È l'atteggiamento di sconforto che domina nelperiodo successivo a quello della Pascendi e dei primi provvedimenti censori, quando,secondo Scoppola, «ogni giorno di più si impone ai modernisti la scelta fra la ribellioneaperta o la sottomissione e il silenzio».[66]

Se la Giacomelli, dissuasa dagli amici, abbandona il progettato distacco dalla Chiesa, la suascelta non è del silenzio tout court, ma quella di rispondere alla condanna con Per lariscossa cristiana, pubblicato a Milano (Libreria Editrice Milanese) nel 1913. La macchinadella censura si mette subito in moto un'altra volta e il p. Enrico Rosa, gesuita, collaboratoree poi direttore della «Civiltà Cattolica», viene incaricato di elaborare il "voto", cioè l'analisicensoria del testo.[67] Anche questo scritto, nell'unico volume pubblicato di quattrocentopagine, è una raccolta di passi tratti da testi sacri e da autori di varia provenienza, comeDante, Pascal, Sorel, Rosmini, Mazzini, sino alle citazioni esplicite degli autori 'modernisti',tra i molti altri Tyrrel, Paul Sabatier, Gallarati Scotti, Semeria e lo stesso Fogazzaro.[68]

La macchina censoria, che in questo secondo caso si è messa in movimento subito dopo lapubblicazione del libro, una volta presentato il documento del p. Rosa il 16 agosto, concludei suoi lavori con la messa all'Indice del volume il 13 novembre 1913.[69]

Se per Adveniat ci potevano essere dubbi a proposito dell'ortodossia dello scritto, per laRiscossa appaiono più tenui e il libro, pubblicato senza imprimatur e composto proprio perrispondere alla condanna del primo, mostra subito «tutto il veleno del modernismo, di cuil'autrice è una nota maestra e paladina».[70]

Questi, in sintesi, i capi di accusa.[71] Per la censura con riscossa cristiana si intende quelladel modernismo; per ottenerla si esalta questo movimento e la schiera dei suoi 'fedeli'; siriconoscono in esso delle deviazioni, ma per attribuirle agli stessi mezzi tentati perarrestarlo; si scredita e si riprova, persino con invettive, la condanna che ne fece la Chiesa,la repressione che ne ordinò, i rimedi che dispose, come il giuramento contro gli errorimodernisti; si mira a togliere ogni fiducia nella Chiesa ufficiale, cioè nella gerarchia; silodano e si citano eretici, razionalisti, nemici della Chiesa come ad esempio Mazzini; si esaltala bandiera di una "libera democrazia cristiana", già condannata; si travisa come blasfemal'interpretazione del Tu es Petrus quasi interpretazione di deificazione dell'autorità; sidifende lo spirito di ribellione, con disprezzo anche della scomunica; si fomenta la confusionedelle idee, l'errore e l'aperta eresia con la citazione di autori eterodossi ed eretici.[72] Lacondanna è senza appello e definitiva in meno di tre mesi.

6. Treviso e Antonietta Giacomelli

I provvedimenti nei confronti della Giacomelli, tuttavia, non sono soltanto quelli, gravi, diiscrizione all'Indice delle due opere. Nel 1909, a Treviso, le viene impedito di entrare inchiesa e di accostarsi ai Sacramenti. Il motivo è quello di aver partecipato, il 19 settembre,a Venezia al convegno della Lega Nazionale Democratica alla presenza di Romolo Murri,

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«scomunicato vitando», sospeso a divinis nel 1907 e scomunicato nel 1909 perché elettodeputato nelle file del partito che aveva fondato, cioè la Lega Nazionale Democratica .[73]

Pio X scrive a Longhin: «Mi duole nell'animo che la Signorina Giacomelli trovi chi le apre lavia alla S. Comunione, dopo che si è dimostrata in intima relazione con lo scomunicatovitando; ma spero che Voi lo potrete prudentemente impedire anche per togliere il gravescandalo».[74] Tre giorni dopo Longhin comunica a Pio X che «in seguito agli ultimi attideplorevolissimi della Signorina Giacomelli i sacerdoti della città hanno deliberato dinegarle i sacramenti».[75] Pio X risponde: «Non posso che approvare la determinazionepresa dai buoni Sacerdoti di Treviso a chi in modo così ributtante fa pompa di modernismo.Speriamo che rientri in sé, e faccia ammenda con una conversione sincera».[76]

Il 22 novembre dello stesso anno Murri è a Treviso per tenere una conferenza al teatroGaribaldi, invitato dalla locale Lega Operaia socialista.[77] Scrive Longhin a mons. Bressan:«Ieri dunque l'infelice Murri ha tenuta in Teatro Garibaldi la sua conferenza con enormeconcorso di curiosi. [...] Dimorò presso la solita Giacomelli la quale, in seguito alla specie discomunica che le venne inflitta dal clero di Treviso, ha pensato bene di emigrare altrove.Andrà a Rovereto all'ombra del monumento del suo parente Rosmini».[78]

L'amicizia con Murri si romperà in occasione del congresso di Imola del 1910 e il distaccodurerà trent'anni.[79]

Alla fine di quel 1909 la Giacomelli viene trascinata anche in una dolorosa polemica aproposito di un suo articolo, composto in occasione della morte del suo antico maestro,Giovanni Milanese dove aveva scritto: «L'ultima volta che ci eravamo visti per via, Egli[mons. Milanese] mi aveva detto: "Io non capisco più altro che Cristo, Cristo solo"».[80] IlCapitolo della Cattedrale la accusa pubblicamente di aver travisato le parole del vecchiosacerdote, quasi per farlo apparire in contrasto con la gerarchia e di non aver reso pubblicoil contenuto di una lettera in cui Milanese precisava il senso delle sue affermazioni.Antonietta risponde con un altro articolo -- Nessun equivoco -- in cui precisa che la letterache le era stata indirizzata da mons. Milanese era la risposta ad una sua lettera, «nellaquale -- sapendo il mio amato maestro dolente per la mia attuale posizione di fronteall'autorità ecclesiastica -- gli avevo esposto i motivi di coscienza della mia resistenzaall'autorità, -- motivi che sono quegli stessi di don Romolo Murri e di quanti altri si trovanonel nostro campo. È vero che avevo cominciato la lettera ripetendo quelle parole di Lui: manon si tratta di una interpretazione, la quale sarebbe stata impossibile da parte di chi benconosceva l'ossequio professato da Mons. Milanese all'autorità del Papa. Si trattava invecedi una applicazione mia per dire che, ove si senta -- sia pure erroneamente -- lo spirito e lalegge di Cristo in contrasto con una data direzione del Papa, credo si debba agire secondodetta la propria coscienza».[81]

Con questo articolo, che suscita immediatamente reazioni sia nella stampa laica che inquella integralista, la Giacomelli intende rendere pubblica la sua adesione alle idee di Murrie rivendicare l'autonomia di giudizio della sua coscienza per scegliere tra la legge di Cristo equella del Papa.

Al centro di polemiche velenose e di attacchi continui, mai difesa da alcuno, nemmeno dagliambienti laici e socialisti che pure frequentava, sceglie di andarsene da Treviso.

Il 21 dicembre 1909 Longhin scrive a Pio X: «La Signorina Giacomelli se ne va, dopo averfatta professione aperta di modernismo e dopo aver manifestato idee profondamenteeretiche. Si vede che le censure della Chiesa e la privazione dei S. S. sacramenti hannosempre l'antica efficacia. Si ritira nel paese nativo di sua mamma, a Rovereto».[82] E Pio Xrisponde subito: «Ho letto con piacere che la Signorina Giacomelli abbia deciso diabbandonare Treviso: è tanto di guadagnato e preghiamo Iddio, che raddrizzi quella poveratestolina».[83]

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Nel 1916 Antonietta Giacomelli fece atto di sottomissione alla Chiesa e di ritrattazione deisuoi libri davanti a mons. Longhin,[84] che cercò di aiutarla a ripubblicare Adveniat,opportunamente emendato, come le aveva già proposto negli anni 'caldi' delle condanne.[85]

Grazie all'interessamento di alcuni amici che riescono a far mutare l'atteggiamento delleautorità ecclesiastiche e dello stesso Santo Uffizio, con le modifiche richieste, in un solovolume e con il titolo In Regno Christi, Adveniat viene riedito nel 1942.[86] L'avvenimento,caso unico tra le opere già condannate, appare alla Giacomelli «quasi come un miracolo»[87]

e chiude definitivamente una vexatissima quaestio.

7. Ragioni di una condanna

Perché ci si accanisce tanto nei confronti della Giacomelli? Perché la macchina censoria simette in moto quasi subito nei suoi confronti? Va precisato che provvedimenti censorii edisciplinari furono adottati nei confronti di tutti i modernisti e molti di essi scelsero la viadell'esilio. Per la Giacomelli, tuttavia, sembra che motivo non lieve e non secondario siastato il fatto di essere donna. Da teologhessa, ad amazzone, a femina quaendam delcensore, alle signorine più meno isteriche, povera esaltata e povera donna di Longhin, allapovera testolina di Pio X i numerosi commenti malevoli di cui fu gratificata insistono moltosulla sua condizione femminile. La misoginia della società italiana dei primi del Novecento ènota e anche quella delle gerarchie ecclesiastiche del tempo, per le quali il paolino mulieresin Ecclesia taceant (1 Cor., XIV, 33-36) è sempre sottinteso. Lei stessa l'aveva messo inconto e previsto già prima di iniziare la compilazione di Adveniat, cui era stata sollecitata eincoraggiata da tutti, manifestando le sue perplessità al proposito. Scrive il Michieli:«Vedeva le difficoltà del lavoro, si sentiva incapace e non nascondeva (ricordo) il timore chela sua qualità di donna ... potesse suscitare diffidenze e dispetti».[88]

Ecco come, a trent'anni di distanza, nelle sue Ultime Pagine[89] la Giacomelli ricorda i fattidrammatici della Pascendi e delle condanne che ne derivarono: «Qualcuno, leggendo questimiei ricordi del passato, penserà che io non possa dimenticare quelle vicende che furonoparte sì dolorosa della mia vita, ma l'argomento è troppo delicato, specie per chi hadichiarato piena sottomissione al Capo della Chiesa. Inoltre ho tutto -- doverosamente --perdonato, anche quanto di enorme e di inverosimile è stato pubblicamente detto e scrittocontro di me e specialmente contro gli scritti miei. E ricordare è pericoloso. Del resto, i piùsi sono ormai pienamente ricreduti. M'è poi caro dare qui un'equa e grata testimonianza almio buon Vescovo di Treviso, Mons. Andrea Giacinto Longhin, e a Monsignor CelestinoEndrici, Principe Arcivescovo di Trento. Ad una cosa sola tengo: a distinguere e fardistinguere fra gli errori degli uomini e la divina autorità della Chiesa. E tengo pure a direche, se ho potuto, per un breve periodo, errare, -- non nel campo della fede, ma in quellodella disciplina -- è stato unicamente per il grande amore alla religione cattolica e il grandesiderio di attirarvi i lontani o trattenervi i pericolanti; sì che potei ben dire al Signore: "Lozelo della tua casa mi ha divorata" (Salmo 68) ».[90]

Il «grande amore» per la religione, una fede schietta corroborata da impegno quotidianonelle opere di assistenza e di carità, permettono alla Giacomelli di riflettere così su quelperiodo travagliato: «Ripenso il tempo in cui nel campo cattolico è sorto il movimento che fuchiamato modernismo. A questo nome, certamente, hanno dato origine coloro cheimprovvidamente tendevano a modernizzare il cattolicesimo; mentre per altri si trattava diricondurlo all'antico, riavvicinandolo ai primi secoli. Amica com'ero di anime nobilissime e dieletti ingegni (rimasti nel grembo della Chiesa) i quali a questa parte del modernismolavoravano con un intento di elevazione della Fede che, in pari tempo, la rendesse piùaccessibile ai lontani, e animata io stessa da questo ideale -- nel quale s'è approfondita ecorroborata la mia fede cattolica -- rammento quanto, in quegli anni, si sia sofferto e come

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la ferrea repressione sembrasse improvvida. Ma poi, quando si vide che per molti ilmovimento era divenuto una via sdrucciolevole, sì che già andavano varcando i confini delCristianesimo, mentre in altri, ai motivi puri se ne fossero aggiunti di impuri, si compresecome quella repressione fosse stata necessaria. Il rationabile ossequium vestrum di Paolonon significa indisciplina in quella Chiesa ch'egli, con Pietro, ha fondata e che Cristo raffiguròin se stesso, alla vigna della quale noi siamo i tralci, che, da essa staccati, non possono darfrutto (Giov., XI, 5) ».[91]

Vorrei concludere riferendo due testimonianze, fra le tante, che, a pochi giorni dalla suamorte, le dedicarono due personalità tra loro molto diverse: Ernesta Battisti, la vedovadell'irredentista Cesare Battisti, laica, che sul «Corriere Tridentino» del 15 dicembre scrive:«La penna avevi agile, efficace, eloquente ma ogni tuo scritto, fosse di rampogna o diplauso, di narrazione o di educazione, fu sempre una battaglia; una battaglia di carità, diuna carità che proclamavi sempre e fermamente cristiana. La tua fede? Della fede cristianae cattolica la tua mente ereditò ed acquisì nell'educazione i principi come intangibili, inun'unità intangibile. Non sfiorò la tua mente una critica (la turbò forse un giorno undubbio?). Ma la religione fu pascolo al tuo ardore di carità, ne suggesti dolcezza di misticoabbandono, e ad essa un giorno ti umiliasti per non discuterla, per non perderla. Erano glianni del movimento cattolico "modernista"».[92]

La seconda è di un prete 'cristiano', don Primo Mazzolari: «Era schietta, trasparente e saldacome un diamante, sceglieva sempre la via più diritta e la più aspra; conosceva il sì e il no,usandolo senza diplomazia, senza riguardo di persone, pronta però a ricredersi congenerosa umiltà appena s'accorgeva d'aver sbagliato o fatto soffrire. Pari alla schiettezza ealla volontà ebbe l'ingegno ch'ella seppe mettere a servizio della religione e della patria, inlei mirabilmente congiunte. Molte idee e molte iniziative che sembrano oggi una scoperta,ricordo di averle lette quarant'anni fa in certe sue pagine. [...] Antonietta Giacomelli è ladonna più forte che io abbia conosciuto, la più distaccata e la più ferma, la più umile e la piùfiera, la più operosa e la più povera. Non le mancarono incomprensioni, accuse, prove edolori di ogni genere, da vicini e da lontani, che ella superò virilmente e virtuosamente: ifarisei con l'intrepidezza della sua fede; gl'indifferenti con l'ardore della sua parola; i lontanicon la luce della sua carità; gli avversari con la sua aristocratica magnanimità».[93]

Il tempo e le mutate circostanze delle vicende umane hanno restituito alla Giacomelli quelloche provvedimenti censori, critiche astiose e ingenerose, attacchi palesi le avevano tolto,anche se a distanza di parecchi decenni. «La fama postuma -- come dice molto bene laArendt a proposito di Walter Benjamin- è un dono raro e tra i meno ambiti, anche se èmeno casuale e spesso più solida delle altre poiché solo raramente si fonda sul semplicefattore commerciale. Colui al quale la fama dovrebbe procurare maggior profitto è morto equindi non si lascia comprare».[94] Non so se per Antonietta Giacomelli si possa parlare di«fama postuma» vera e propria o meglio di ampia ripresa e rivalutazione delle sueesigenze, delle sue tematiche, dei suoi progetti: certamente non si è mai «lasciatacomprare» e di lei ci rimangono, attualissime, l'opera vigorosa e la condotta esemplare.

Copyright © 2011 Gloria Cappello

Gloria Cappello. «Antonietta Giacomelli e il modernismo a Treviso». Dialegesthai. Rivistatelematica di filosofia [in linea], anno 13 (2011) [inserito il 30 dicembre 2011], disponibile suWorld Wide Web: <http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [91 KB], ISSN 1128-5478.

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Note

1. Tutte le notizie sulla vita di Antonietta Giacomelli sono tratte da: A.A. Michieli, UnaPaladina del Bene Antonietta Giacomelli (1857-1949), a cura dell'Accademia degli Agiati diRovereto, Arti Grafiche Manfrini, Rovereto 1954 (da cui deduco anche le informazionisulla sua famiglia); C. Brezzi, sub voce, in Dizionario storico del Movimento cattolico inItalia, 1860-1980, Marietti, Torino 1981-84, con relativi aggiornamenti (per la Giacomellivol. II, I protagonisti, pp. 233-240); A. Proietti, sub voce, in Dizionario Biografico degliItaliani, vol. 54, pp. 129-132; R. Binotto, sub voce, in Personaggi illustri della MarcaTrevigiana. Dizionario bio-bibliografico. Dalle origini al 1996, presentazione di G.Simionato, G. Netto, E. Brunetta, Edizioni Fondazione Cassamarca, Treviso 1996 e S.Chemotti, Ritratto di Antonietta Giacomelli, in La terra in tasca. Esperienze di scritturanel Veneto contemporaneo, Il Poligrafo, Padova 2003, pp. 113-138.

2. Come scrive il Netto: «Anche se giuridicamente il regno lombardo-veneto fu creatosolamente il 7-4-1815, la dominazione austriaca ebbe inizio a Treviso già il 2 novembre1813, per terminare il 13 luglio 1866, quando l'ultimo I.R. Delegato provinciale convocò ilpodestà di Treviso Luigi Giacomelli per consegnargli la città. Fu la prima ed unica voltache un podestà di Treviso ebbe ad esercitare sia pure per pochi giorni funzioni di stato» (G.Netto, I reggitori di Treviso, Treviso 1995, pp. 68-69). Dagli ottantant'anni ai novantanoveGiacomelli fu consigliere provinciale.

3. Lo stesso Angelo Giacomelli fa un resoconto della sua attività politica in Reminiscenzedella mia vita politica negli anni 1848-1893, Barbera, Firenze 1893. Alla sua morteAntonietta gli dedica A mio padre (Tip. Turazza, Treviso 1907) che riprende in AngeloGiacomelli -- Maria Rosmini Giacomelli, Editrice Tridentina, Trento 1929.

4. Sulla figura di Giovanni Milanese cfr.: L. Ronzani, Mons. Giovanni Milanese, in Sitientesvenite ad aquas. Nel giubileo sacerdotale di Mons. Antonio Mistrorigo, Edizioni «La Vitadel Popolo», Treviso 1985; I. Tolomio, Alle origini del neotomismo a Treviso, in Veteranovis augere. Studi in onore di Carlo Giacon, La Goliardica Editrice, 1982, pp. 35-58 cuirinvio per la relativa bibliografia. Ormai anziano viene coinvolto in una polemica conl'allieva (cfr. infra), da cui prende le distanze perché le accuse di modernismo nei confrontidi lei sono ormai pesanti: cfr. I. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo. Filosofia ecultura censoria nell'età di Pio X, Cleup, Padova 2007, pp. 205-217.

5. C. Brezzi, Carteggio Giacomelli-Sabatier, «Fonti e documenti», II, 1973, pp. 296-473.

6. Per tutte le indicazioni sugli esponenti del modernismo rinvio a: Dizionario storico delmovimento cattolico in Italia, 1860-1980, direttori F. Traniello - G. Campanini, Marietti,Torino 1981-1984, voll. 3 in 5 tomi, aggiornamento 1980-1995, Torino 1997; Dizionariobiografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1960 ss.; EnciclopediaCattolica, Ente per l'Enciclopedia Cattolica e per il libro cattolico, Città del Vaticano 1948-1954, voll. 12; Enciclopedia Filosofica, ristampa aggiornata della seconda edizione,Edipem, Roma 1979, voll. 8.; recentemente riprodotta Bompiani, Milano 2010.

7. Lettere di Antonietta Giacomelli ad Antonio Fogazzaro, a cura di D. Alesi, AccademiaOlimpica, Vicenza 2008.

8. P. Gabrielli, Emancipazione, socialiste e femministe a Roma: frammenti per unapossibile storia, in «Rivista storica del Lazio», 13-14, 2000-2001, pp. 307-329.

9. Scuola libera popolare di Treviso. Relazione-programma, Istituto Turazza, Treviso 1905.

10. L. Urettini, Antonietta Giacomelli nella documentazione curiale, in «Studi urbinati»,XLIX, 1975, 2, pp. 453-504. Il saggio contiene il carteggio Longhin-Pio X a proposito delmodernismo a Treviso e delle vicende che riguardano in particolare la Giacomelli. Perl'avvocato Martignon Antonietta Giacomelli nel 1924 scriverà Pagine commemorative di

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Piero Martignon, In Memoria di Piero Martignon, a cura dell'Università popolare diTreviso, Longo e Zoppelli, Treviso 1924, pp. 40-56.

11. La donna nella famiglia. Relazione al primo Congresso di attività pratica femminile,Milano 1908, Società Tipografica Editrice, Città di Castello 1908.

12. Adveniat Regnum tuum, Pia Società san Girolamo per la diffusione dei Santi VangeliEditrice, Roma-Milano 1904-1907. I tre volumi pubblicati si intitolano: Letture epreghiere cristiane, Rituale del cristiano, L'anno liturgico; il quarto, non pubblicato, Lavita cristiana.

13. Michieli, Antonietta Giacomelli, p. 64. Era stata la stessa Giacomelli a non volere che unlibro di preghiere fosse da attribuirsi ad uno specifico autore, «perché i nomi sui libri dipreghiere mi sembrano una stonatura, quasi una profanazione» (cfr. Brezzi, sub voce, p.243, Brezzi si riferisce ad una lettera della Giacomelli a Egilberto Martire). Il quartovolume di Adveniat fu perduto da don Casciola, in treno, nei giorni successivi alla rotta diCaporetto e non fu più ritrovato, così come gli ultimi due volumi di Per la riscossacristiana (cfr. Michieli, Antonietta Giacomelli, pp. 124-125).

14. Alberto Lepidi (1838-1922) è autore di un poderoso Elementa philosophiae christianae,Parigi-Lovanio 1875-79, (3 voll.), docente alla Minerva, poi Ateneo Angelicum, poiUniversità di S. Tommaso. Nel cuore della crisi modernista a lui si rivolgono dotti di tuttaEuropa, tra i quali Maurice Blondel.

15. Giuseppe Ceppetelli, vescovo vicegerente di Roma, viene nominato commissario per ilculto divino e la vita apostolica nel 1912 (Cfr. F. Iozzelli, Roma religiosa all'inizio delNovecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1985, p. 107).

16. Wwwtrentoblog.it; wwwcngeirovereto.it; wwwbaden.powell.it/storia.

17. La sua salma è stata traslata nel Famedio nel febbraio 2010; nello stesso anno alcunegiornate di studio vengono a lei dedicate come "protagonista tra due secoli", pioniera efigura di primo piano dello scoutismo nazionale ed internazionale. La decisione dellatraslazione della salma dalla tomba di famiglia dei Rosmini al Famedio era stata presaall'unanimità dalla giunta comunale roveretana nell'ottobre 2009, in occasione delsessantesimo anniversario della morte della Giacomelli. Nell'ottobre 2010, in occasione delcentesimo anniversario dello scoutismo femminile, la Giacomelli ebbe anche l'onore di unannullo filatelico (cfr. i siti citati nella nota precedente).

18. La Giacomelli non voleva che questi scritti venissero definiti "romanzi" come precisa inesergo a Sulla breccia.

19. B. Croce, La letteratura della Nuova Italia, Laterza, Bari 1945, vol. VI, p. 81.

20. Il saggio di Michieli, già citato, commissionato dalla Accademia degli Agiati di Rovereto, elì pubblicato, e il saggio di Urettini citato alla nota 10 sono unici esempi.

21. Cfr. infra nota 37.

22. D. Alesi, Introduzione a Lettere di Antonietta Giacomelli ad Antonio Fogazzaro, p. 40.Cfr. anche La voce e la parola. Alcuni modelli della narrativa femminile nel Novecento, inLa galassia sommersa. Suggestioni sulla scrittura femminile italiana, a cura di A. Arslan eS. Chemotti, Il Poligrafo, Padova 208, pp. 15-43; Verso una presenza femminile:Antonietta Giacomelli, in Donne in-fedeli. Testi modelli, interpretazioni della religiositàfemminile, a cura di A. Calapaj Burlini e S. Chemotti, Il Poligrafo, Padova 2005, pp. 191-212.

23. M. Guasco, Dal Modernismo al Vaticano II, Franco Angeli, Milano 1991, p. 58.

24. M. Guasco, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, Edizioni San Paolo, CiniselloBalsamo (MI) 1995, p. 132.

25. La letteratura critica sul movimento è vasta e complessa. Segnalo solo i testi che mi sono

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parsi utili e significativi ai fini di questa ricerca. Oltre ai due volumi già citati di MaurilioGuasco, cui rinvio anche per ulteriori indicazioni bibliografiche, è utilissimo l'ormaiclassico P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Il Mulino,Bologna 1961 e G. Verrucci, L'eresia del Novecento. La chiesa e la repressione delmodernismo in Italia, Einaudi, Torino 2010 oltre agli studi, davvero fondamentali, diLorenzo Bedeschi e Camillo Brezzi segnalati in nota. A G. Colombo, La questione delmodernismo italiano, in «La Scuola Cattolica», marzo aprile 1973, pp. 140-159 rinvio perla discussione, da parte cattolica, della storiografia sul modernismo italiano.

26. «Gli storici sono quasi d'accordo sul fatto che un movimento modernista vero e proprio,con degli ispiratori, dei teorizzatori, dei seguaci, non sia mai esistito. Sono esistite persone,tendenze, ricerche e scritti che possono in qualche modo giustificare l'enciclica: e vale forsela pena di ricordarne alcuni dei più rappresentativi. Anche loro non si sono mai sentiti unascuola, non sono mai riusciti, nonostante qualche timido tentativo, a dare corpo adun'organizzazione, a dei legami organici, a riviste che non fossero solo espressione diqualcuno, ma di un gruppo». Cfr. Guasco, Dal modernismo al Vaticano II, p. 53.

27. Per ogni altra precisazione cfr. Scoppola, Crisi modernista, pp. 211-217 e Guasco,Modernismo, citati.

28. Guasco, Modernismo, p. 127.

29. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p.131 e P. Giovannucci, Dimenticarel'antimodernismo?, in «Studia Patavina», LV, 2008, pp. 799-827; L. Bedeschi,L'antimodernismo in Italia. Accusatori, polemisti, fanatici, San Paolo, Cinisello Balsamo(MI) 2000; R. DE Mattei, Modernismo e antimodernismo nell'epoca di Pio X, Jaca Book,Milano 2002.

30. Le Riviste furono roccaforte degli attacchi antimodernisti ancora per anni, tanto che nel1911 (27 febbraio) Pio X scrive a Longhin: «Quei benedetti Scotton non hanno ancoracapito che si fa di tutto per finire La Riscossa e l'Unità che sono un pruno nell'occhio deimodernisti» (Urettini, La diocesi del Papa. Dieci anni di corrispondenza con il vescovo diTreviso A.G. Longhin , in «Venetica. Rivista di Storia delle Venezie», n. 7, gennaio-giugno1987, pp. 30-126, p. 93). Per le lettere di Pio X cfr. anche A.M. Dieguez, L'archivioparticolare di Pio X. Cenni storici e inventario, Archivio Segreto Vaticano, Città delVaticano 2003. Anche cattolici moderati, come il trevigiano Giuseppe Toniolo confidava alGoyau di aver trovato Pio X e «molti altri in Roma preoccupatissimi delle questionifilosofiche fra i cattolici, specialmente in Francia», riferendosi alla cosiddetta «apologeticamoderna» promossa da Léon Ollé-Laprune e divulgata da Georges Fonsegrive ed al«pragmatismo religioso» di Maurice Blondel (P. Pecorari, Giuseppe Toniolo e le premesseculturali della "Pascendi", in Sitientes, pp. 333-346).

31. I. Rinieri, Pensieri di una «cattolica cristiana», in «La Civiltà Cattolica», 21 aprile 1900,pp. 204-209.

32. R. Fossati, La casa editrice Cogliati di Milano e la cultura femminile, in «Cultura,religione, editoria nell'Italia del primo Novecento. Annali di storia dell'educazione e delleistituzioni scolastiche», 16, La Scuola, Brescia 2009, pp. 95-104. Roberta Fossati sottolineacome alcune opere della Giacomelli, Lungo la via, Sulla breccia e Adveniat Regnum tuum,«che si diffondevano a macchia d'olio soprattutto fra il pubblico cattolico giovanile» (p.100), fossero stati ristampati dalla casa editrice milanese Cogliati, la quale, indirettamente,subì attacchi per la loro pubblicazione. Per le invettive di Rinieri contro la Giacomelli cfr.anche Michieli, Antonietta Giacomelli, p. 65 e Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p.139.

33. Cit. in Urettini, Antonietta Giacomelli, pp. 482-483.

34. Ibidem. La lettera in questione è citata da Brezzi, p. 362.

35. Cfr. Michieli, Antonietta Giacomelli, p. 65 e Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p.

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139.

36. G. Sovernigo, Il Movimento Cattolico a Treviso nel primo decennio del '900 (1900-1910)(tesi di laurea, relatore G. Mantese, anno acc.1970-71), p. 175.

37. Ivi, documento 2.

38. R. Murri, Movimento femminile cristiano, in «Cultura sociale», 1902 ora ripubblicato inFemminismo cristiano, a cura di F. Cecchini, Editori riuniti, Roma 1979; F. PieroniBortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, Einaudi, Torino 1975; P. GaiottiDE Biase, Le origini del movimento cattolico femminile, Morcelliana, Brescia 2003; Ead.,Protagonismo religioso ed emancipazione delle donne: una storia di lungo periodo, in Perle strade del mondo. Laiche e religiose fra Otto e Novecento, a cura di S. Bartoloni, IlMulino, Bologna 2007.

39. Urettini, Antonietta Giacomelli, p. 465.

40. Cit. in Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p. 140.

41. Ibidem.

42. Ibidem.

43. Ivi, 141.

44. P. Gioacchino Corrado (1835-1925) dei Chierici Regolari della Madre di Dio, di cuidivenne Rettore generale nel 1917, è figura di primo piano negli ambienti curiali dellaRoma dei primi decenni del secolo, nominato consultore in ben quattro Congregazioni(Propaganda Fide, Concilio, Vescovi e Regolari, Indice) e teologo della Dataria Apostolica(Ivi, p. 147).

45. Adveniat, pp. Iii-IV.

46. Ivi, p. 144.

47. La messa all'indice del manuale liturgico Adveniat Regnum tuum di AntoniettaGiacomelli. Il "voto" del consultore Gioacchino Corrado, in Tolomio, Dimenticarel'antimodernismo, pp. 253-274.

48. Ivi, pp. 151-152.

49. Ivi, p. 153.

50. «Certe posizioni, duramente rimproverate ai modernisti, sono ora pacifica acquisizione inambito teologico» (Guasco, Modernismo, p. 15).

51. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p. 153.

52. Sulla condanna del 1849 cfr. Antonio Rosmini e la Congregazione dell'Indice, a cura di L.Malusa, Edizioni rosminiane, Stresa 1999 (con la pubblicazione dei testi degli archivivaticani) ed anche Carteggio Alessandro Manzoni Antonio Rosmini, introduzione di L.Malusa, testi a cura di P. DE Lucia, Centro nazionale studi manzoniani, Milano 2003 (sitratta del vol. ventottesimo dell'Edizione Nazionale delle opere manzoniane che bendocumenta i rapporti epistolari tra i due grandi della cultura italiana dell'Ottocento). Suldecreto post obitum L. Malusa, L'ultima fase della questione rosminiana e il decreto "Postobitum", Libreria editoriale Sodalitas, Stresa 1989.

53. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p. 73 e l'intero cap. Iii.

54. Su di lui cfr. J. Zardo (1823-1875), Carmina omnia latina, curavit ac primum edidit Ae.Piovesan, Ex officina «La tipografica», Tarvisii Mcmlxvii (nell'introduzione lineebiografiche fondamentali).

55. Ivi, pp. 63-87.

56. Ibidem.

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57. Urettini, La diocesi del Papa, p. 55.

58. Chemotti, Introduzione a Sulla breccia, pp. 30-32 e Brezzi, sub voce (p. 236).

59. Ibidem.

60. Ivi, p. 237.

61. Ibidem.

62. Ibidem.

63. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p. 158.

64. Ivi, pp. 107-128 e pp. 219-252 per la pubblicazione dei documenti di condanna dei dueromanzi.

65. Ivi, pp. 158-159. La lettera è datata Vicenza, 9 giugno 1909 ed è conservata alla BibliotecaAmbrosiana, Fondo "Carte Fogazzaro", dell'Archivio Gallarati Scotti. Vale la penariportarla per intero: «Cara amica, il mio giudizio sull'opportunità e legittimità del suo attonon è mutato. Il terremoto di Messina e Reggio, infinitesima frazione del doloreinesplicabile che si è manifestato sulla terra dall'origine dell'uomo in poi, non ha potutofarmi dubitare della bontà di Dio. Gli errori dell'attuale governo della Chiesa infinitesimafrazione della somma di errori che quel governo poté commettere da Cristo in poi non puòfarmi dimenticare che noi viviamo un atomo di tempo nella vita della Chiesa; non puòtogliermi la fede profonda che pure restando noi cittadini di questa Patria, l'opera nostrapubblica e privata di cittadini obbedienti all'Autorità ma propagatori dei doni divini delVangelo, continuata dalle generazioni che verranno finirà quando che sia col porrel'autorità nelle mani di chi pensa come noi. Sarà lontanissimo quel giorno? Ebbene cheimporta? Saremo noi degli egoisti che vogliono lavorare per aver subito il frutto? Nonavrete neanche la consolazione del martirio. Vi scomunicheranno, sì; ma poi non sioccuperanno più di voi, nella soddisfazione loro di essersi liberati della vostra incomodopresenza. Una società non vive senza l'istituto sociale dei suoi membri. E l'istituto socialeconsiste nel rispetto all'autorità anche quando ella vi offenda, restando nei soci il diritto dipromuovere nei modi loro consentiti dallo Statuto sociale il cambiamento delle personeche sono depositarie dell'autorità. Ci è lecito desiderare riforme, abbiamo anzi il dovere dipromuovere quelle che in coscienza crediamo necessarie; ma le possiamo promuoveresolamente lavorando nei modi leciti il terreno dal quale continuamente rinnovandosi sorgel'autorità. Ho detto. Trasmetto lettere e bozze alla B. senza aggiungere parola che possainfluire sul suo giudizio. Saluti cordiali. Suo Antonio Fogazzaro».

66. Scoppola, Crisi modernista, p. 328.

67. Sul gesuita Enrico Rosa (1870-1938) abbiamo la monografia di A.M. Fiocchi, Enrico RosaS.J., scrittore della "Civiltà Cattolica". Il suo pensiero nelle controversie religiose epolitiche del suo tempo, Edizioni «La Civiltà Cattolica», Roma 1957. Per i rapporti traRosa ed Ernesto Buonaiuti, esponente di primo piano del modernismo, in più ripresecondannato sino alla scomunica definitiva, cfr.: A. Zambarbieri, Il cattolicesimo tra crisi erinnovamento: Ernesto Buonaiuti ed Enrico Rosa nella prima fase della polemicamodernista, Morcelliana, Brescia 1979. P. Rosa fu collaboratore di Gentile nei lavori perl'Enciclopedia Italiana, incaricato di raccogliere le «notizie delle origini e della storiadell'Ordine della Compagnia di Gesù» e di coordinare gli interventi dei gesuiti in tal senso.P. Rosa, inoltre, dichiarerà di essere stato personalmente in grado di ottenere da Pio XI ilpermesso per i cattolici di collaborare alla Enciclopedia «a cui [Pio XI] era piuttostoavverso» (G. Turi, Il mecenate, il filosofo, il gesuita. L'"Enciclopedia Italiana", specchiodella nazione, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 83 e 87-88).

68. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, pp. 286-298.

69. Ivi, p. 163.

70. La frase è tratta dal testo di censura di E. Rosa (Tolomio, p. 275).

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71. Il documento è pubblicato per intero: La condanna della Riscossa cristiana (Milano 1913)di Antonietta Giacomelli. Il testo di censura del consultore Enrico Rosa, in Tolomio,Dimenticare l'antimodernismo, pp. 275-298.

72. Tolomio, Dimenticare l'antimodernismo, p. 162.

73. Sui difficili rapporti tra Murri e l'autorità ecclesiastica cfr. M. Guasco, Il caso Murri dallasospensione alla scomunica, Argalia, Urbino 1978 (negli ultimi mesi della sua vita siriconcilia con la Chiesa, nel 1943 Pio Xii ritira la scomunica e nel 1944 muore). «Larivendicazione dell'autonomia politica dei cattolici comporta di conseguenza la ricerca dinuove premesse dottrinali: fra queste, l'analisi del rapporto tra autonomia politica eautonomia religiosa, del ruolo e del significato dell'azione del laicato nella Chiesa, delrapporto tra società religiosa e società civile prima, tra Chiesa e Stato in seguito. La Chiesagerarchica, secondo Murri, si è dimostrata incapace di promuovere e gestire il movimentosociale dei cattolici; tale movimento, d'altronde, non può reggersi se non su un rinnovatospirito religioso, e i cattolici dovranno "conquistarsi contro le pretese del Vaticano, il dirittodi agire liberamente nella vita pubblica italiana"» (cfr. Guasco, Modernismo, p. 140).

74. Urettini, Antonietta Giacomelli, p. 466 (lettera dell'11 ottobre 1909, doc. n.4).

75. Ibidem.

76. Urettini, La diocesi del Papa, p. 77 (lettera a Longhin, 17 ottobre 1909, doc. n. 6).

77. Urettini, Antonietta Giacomelli, pp. 466-467.

78. Urettini, La diocesi del Papa, p. 77 (la lettera è del 23 novembre 1909, doc. n. 7).

79. Il riferimento è in A. Fogazzaro-R. Murri, Carteggio (1885-1910), a cura di P. Marangon,Accademia Olimpica, Vicenza 2004. Per il movimento cattolico cfr. C. Brezzi, Ilcattolicesimo politico in Italia nel '900, Teti, Milano 1979.

80. Cfr. nota 4; Urettini, Antonietta Giacomelli, p. 469.

81. Ivi, pp. 470-471.

82. Ivi, p. 79.

83. Ivi, pp. 79-80.

84. Verrucci, L'eresia del Novecento, p.59. A queste dolorose e sofferte ritrattazioni fannocenno anche le testimonianze di Amalia Filzi e di don Primo Mazzolari riferite infra.

85. Cfr. nota 41 e la relativa lettera di mons. Longhin.

86. In Regno Christi, Vicenza, Soc. Tipografica 1942. Aveva per sottotitolo: Manuale didevozione liturgica: per la Fede cristiana, per la Vita cristiana, per l'Anno cristiano, per laCoscienza cristiana, con approvazione ecclesiastica; ha per motto Instaurare omnia inChristo. Il vescovo Longhin era mancato nel 1936.

87. Brezzi, sub voce, p. 239.

88. Michieli, Antonietta Giacomelli, p. 65.

89. Ultime pagine, Bietti, Milano 1938.

90. Michieli, Antonietta Giacomelli, pp. 66-67.

91. Ivi, pp. 67-68.

92. Cit. da Chemotti, Ritratto di Antonietta Giacomelli, p. 14.

93. Ibidem.

94. H. Arendt, Il futuro alle spalle, tr. it. Il Mulino, Bologna 1996, p. 43.

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