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CAPITOLO IV GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO: A) CONDOMINO APPARENTE; B) IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI; C) SUPERCONDMINIO; D) CONDOMINIO MINIMO GUIDA 1. Il condomino apparente 1.1. Condizioni di operativita ` del principio di apparenza del diritto 1.2. Il problema dell’applicabilita ` del principio dell’ apparentia iuris in materia condomi- niale 1.3. Le ragioni a sostegno delle divergenti opinioni 1.4. L’intervento delle sez. un.: Cass. 8 aprile 2002, n. 5035 1.5. La sentenza della Cassazione, seconda Sezione civile, del 27 dicembre 2004, n. 23994 1.6. L’obbligo di convocare il condomino reale e non il condomino apparente: Cassazione civile, sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616 2. Il regime di invalidita ` delle delibere condo- miniali 2.1. I termini del contrasto giurisprudenziale 2.2. Le valutazioni delle Sezioni Unite 2.3. La sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, 7 marzo 2005, n. 4806 2.5. In materia di condomi- nio la regola e ` l’annullabilita ` (mentre la nullita `e ` l’eccezione) 3. Il Supercondominio 4. La disci- plina applicabile al c.d. condominio minimo (Cass. sez. Un. n. 2046/2006) 4.1. I termini del con- trasto giurisprudenziale 4.2. La soluzione del contrasto: Cass. sez. un. n. 2046/2006 4.3. La sen- tenza delle Sezioni Unite.

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CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO

CAPITOLO IVGIURISPRUDENZARILEVANTE INMATERIADICONDOMINIO:A) CONDOMINOAPPARENTE;B) IMPUGNAZIONEDELLEDELIBERE ASSEMBLEARI;C) SUPERCONDMINIO; D) CONDOMINIOMINIMO

GUIDA 1. Il condomino apparente 1.1. Condizioni di operativita del principio di apparenza deldiritto 1.2. Il problema dell’applicabilita del principio dell’apparentia iuris in materia condomi-niale 1.3. Le ragioni a sostegno delle divergenti opinioni 1.4. L’intervento delle sez. un.: Cass. 8aprile 2002, n. 5035 1.5. La sentenza della Cassazione, seconda Sezione civile, del 27 dicembre2004, n. 23994 1.6. L’obbligo di convocare il condomino reale e non il condomino apparente:Cassazione civile, sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616 2. Il regime di invalidita delle delibere condo-miniali 2.1. I termini del contrasto giurisprudenziale 2.2. Le valutazioni delle Sezioni Unite 2.3.La sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, 7 marzo 2005, n. 4806 2.5. In materia di condomi-nio la regola e l’annullabilita (mentre la nullita e l’eccezione) 3. Il Supercondominio 4. La disci-plina applicabile al c.d. condominio minimo (Cass. sez. Un. n. 2046/2006) 4.1. I termini del con-trasto giurisprudenziale 4.2. La soluzione del contrasto: Cass. sez. un. n. 2046/2006 4.3. La sen-tenza delle Sezioni Unite.

250 PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 251

z 1. Il condomino apparente

1.1. Condizioni di operativita del principio di apparenza del diritto.

Il principio di apparenza del diritto radica le ragioni del proprio riconosci-mento giuridico nell’esigenza, nota all’ordinamento, di apprestare forme di tutelae di garanzia dei rapporti giuridici complementari al sistema legale di pubblicita.

La ratio teleologica sottesa al riconoscimento del principio risiede nell’avvertitanecessita di agevolare la circolazione dei beni (e, dunque, della ricchezza), tute-lando l’affidamento riposto dal terzo nella rispondenza della situazione di fattoapparente alla situazione di diritto. Il principio dell’apparenza tende, dunque, acolmare lo iato esistente tra fatto e qualificazione giuridica di esso, superandol’eventuale distonia tra realta fattuale e realta giuridica, cosı garantendo il terzo,che abbia legittimamente risposto fiducia nella effettivita giuridica dell’effettivitafenomenica, circa la corrispondenza della seconda alla prima. Attraverso una fic-tio iuris, la situazione di fatto percepita dal terzo, pur non corrispondendo aquella di diritto, viene qualificata dall’ordinamento come se a quest’ultima corri-spondente e, dunque, diviene produttiva degli stessi effetti che si sarebbero pro-dotti in ragione della sussunzione sub iure del fatto medesimo.

L’ambito di operativita del principio di apparenza del diritto corrisponde all’a-rea delle situazioni giuridiche soggettive non cerziorate dall’ordinamento me-diante la previsione di un meccanismo di pubblicita che consenta di verificare larispondenza della realta fattuale al piano del diritto; e si affianca alle forme dipubblicita (operanti nei casi e nei modi contemplati dalla legge) con effetto inte-grativo e di chiusura del sistema di garanzia e certezza delle situazioni giuridichesoggettive valutate sotto il profilo dinamico dei rapporti di scambio.

L’ordinamento giuridico, al contempo, limita l’operativita del principio dell’ap-parentia iuris, condizionandone l’efficacia alla sussistenza di tre distinti requisiti:l’apparenza c.d. semplice, l’affidamento e la buona fede.

L’apparenza semplice rappresenta il presupposto oggettivo del principio, con-sistente in una situazione di fatto, conseguente a un comportamento o a una di-chiarazione di un soggetto che si vincola per effetto del proprio comportamentoo della propria dichiarazione alla situazione artatamente prodotta e alle conse-guenze che ne derivano secondo l’ordinamento giuridico.

Affinche l’apparenza semplice abbia rilievo giuridico e necessario che la situa-zione di fatto abbia ingenerato nel terzo un legittimo affidamento quanto allaconformita della stessa alla realta giuridica. La ‘‘legittimita’’ dell’affidamentoviene a mancare, oltre che in ipotesi di dolo del terzo, anche laddove il terzoavrebbe potuto conoscere, usando l’ordinaria diligenza, la difformita della situa-zione apparente dalla quella reale-giuridica. Sul punto, e costante l’orientamentogiurisprudenziale nel richiedere che il giudizio che il terzo si forma in ordine allacorrispondenza tra le due realta ‘‘deve essere ragionevole, cioe non determinatoda un atteggiamento colposo, il quale va ravvisato ogni qual volta il terzo, non at-tenendosi ai dettami della legge o a quelli della normale diligenza, trascuri di ac-certarsi della realta, facilmente controllabile e si fidi, invece, della mera appa-renza, incorrendo in un errore inescusabile’’ (Cass. 6 novembre 1998, n. 11186).

Costituisce, infine, limite esterno dell’efficacia del principio di apparentia iurisla pubblicita, dove la realta giuridica risulta con certezza ed immediatezza, se-

Il principio

dell’apparentia

iuris

L’area di

operativita del

principio

Le condizioni di

operativita

dell’apparentia

iuris

L’apparenza c.d.

semplice

L’affidamento e la

buona fede

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

condo le modalita di forma prescritte per il regime proprio delle diverse tipologiedi pubblicita.

1.2. Il problema dell’applicabilita del principio dell’apparentia iuris in materiacondominiale.

Cosı delineati i caratteri distintivi del principio dell’apparenza del diritto, restaa verificare l’applicabilita di esso nei rapporti tra condomino e condominio, in re-lazione alle fattispecie connesse alla figura del c.d. condomino apparente.

Il problema concerne l’individuazione del soggetto tenuto all’adempimentodelle obbligazioni derivanti dalla titolarita dell’immobile, nei casi in cui il pro-prietario effettivo sia persona diversa dal soggetto che, regolarmente parteci-pando alle assemblee condominiali ed esercitando i diritti del condomino e, dun-que, manifestandosi ai terzi uti dominus, ingenera l’affidamento negli altri condo-mini e nell’amministratore del condominio circa la sua qualita di proprietario.

Deve darsi applicazione al principio dell’apparenza, tutelando l’affidamentodei terzi o deve prevalere il regime di pubblicita dei registri immobiliari?

E ancora, il principio di apparenza opera anche sul piano processuale, nelsenso che legittimato passivo dell’azione di recupero dei crediti condominiali e ilcondomino apparente?

1.3. Le ragioni a sostegno delle divergenti opinioni.

Un primo orientamento, diffuso nella giurisprudenza meno recente, sostieneche gli oneri condominiali debbano gravare sul condomino apparente, anzichesul proprietario dell’immobile come risultante dai pubblici registri.

Tale orientamento opina che il regime di pubblicita e il principio di apparenzanon sono necessariamente in rapporto di alternativita e di reciproca esclusione,specie ove il rapporto negoziale apparente non riguarda direttamente la situa-zione giuridica resa pubblica, ma si riconduce ad essa solo in via mediata (e ilcaso dei rapporti relativi al pagamento delle spese condominiali, i quali non con-cernono in via primaria l’avvenuto trasferimento dell’unita immobiliare), poten-dosi verificare, in presenza di univoche circostanze, il superamento da partedella realta fattuale della situazione giuridica soggettiva risultante dai pubbliciregistri: la realta apparente acquista rilevanza giuridica, giustificando l’errore delterzo in buona fede, e prevale su quella risultante dal sistema pubblicitario.

In conseguenza di cio, legittimato passivo nell’azione di recupero del creditovantato dal condominio nei confronti del proprietario e riconosciuto essere ilcondomino apparente.

‘‘Il mancato controllo nei pubblici registri della posizione di proprietario del pre-sunto condomino, da parte dell’amministratore condominiale, non e di ostacolo al-l’invocabilita del principio dell’apparenza del diritto, giacche questa puo essere fattavalere anche quando la situazione apparente non coincide con quella risultante daipubblici registri, ove non viene in rilievo direttamente, ma solo come presupposto diuna fattispecie complessa, rilevante autonomamente sul piano giuridico, addottaper giustificare l’errore del terzo di buona fede. La pretesa fatta valere dall’ammini-

252

E applicabile il

principio

dell’apparenza ai

rapporti

condominiali?

La posizione

favorevole

all’applicazione

Cass. 4866/2001

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 253

stratore, infatti, riguarda l’adempimento di una obbligazione pecuniaria connessacon la titolarita del diritto di proprieta, e non questo diritto di per se, o nei suoi ri-flessi reali. In altri termini, i rapporti relativi al pagamento delle spese condominialiper l’utilizzazione delle parti comuni che accedono all’unita immobiliare di pro-prieta individuale non concernono in via primaria e diretta l’avvenuto trasferimentodella predetta unita immobiliare, sicche le risultanze dei registri immobiliari sonorilevanti solo in via mediata, perdendo quel carattere determinante dal quale derival’onere dell’accertamento che puo anche risultare ultroneo rispetto alle esigenzedella gestione delle spese condominiali’’ (Cass., 3 aprile 2001, n. 4866)

L’opposto orientamento, che ha trovato il favore delle Sezioni Unite della Cas-sazione (sentenza 8 aprile 2002, n. 5035), sostiene, invece, che ‘‘in tema di riparti-zione delle spese condominiali e passivamente legittimato, rispetto all’azione giudi-ziale per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzioneimmobiliare e non anche chi possa apparire tale, difettando nei rapporti tra il con-dominio e i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operativita del principiodell’apparenza del diritto, coessenziale alla tutela di terzi in buona fede’’ (Cass. 8luglio 1998, n. 6653).

Argomento principale di tale orientamento e l’alternativita di pubblicita e ap-parenza: tali istituti, infatti, si completano l’un l’altro, rispondono alle medesimefinalita di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio perche tendenti alla soddi-sfazione delle stesse esigenze pratiche, laddove opera la prima non ha piu ra-gione di operare la seconda. Secondo i principi di carattere generale elaborati intema di tutela dell’apparenza del diritto, pubblicita e apparenza sono strumenticoncorrenti di tutela giuridica di una medesima esigenza, in relazione alla qualel’apparenza assume la funzione di mezzo complementare, per cui laddove lapubblicita si attua pienamente e compiutamente, deve escludersi ogni autonomatutela dell’apparenza, comunque intesa.

Del resto, anche sotto un profilo di giustizia sostanziale, la tutela dell’appa-renza non puo tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia trascurato di ac-certarsi della realta delle cose, preferendo affidarsi alla parvenza dei fatti.

Inoltre, nel rapporto che si instaura tra condominio e singolo condomino nonsussiste in radice l’esigenza di tutelare l’affidamento incolpevole sulla situazioneapparente, atteso che il condominio (quale ente di gestione) non e terzo, maparte del rapporto e, dunque, non sussiste ragione per l’applicazione del princi-pio dell’apparentia iuris.

Inoltre, non sono ravvisabili neppure ulteriori ragioni che giustifichino la ne-cessita di collegare effetti giuridici ad una situazione apparente, atteso che il rap-porto giuridico tra il condominio e l’effettivo singolo condomino, poprietarioesclusivo dell’unita immobiliare esiste in ogni caso nella realta, essendo espres-samente previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp.att.c.c. e si basa sull’esistenza diuna situazione obiettiva quale quella della proprieta.

‘‘Il fatto che il condominio, per errore determinato da un comportamento altrui,possa aver intrapreso un’iniziativa giudiziaria, puo valere ad altri effetti e determi-nare semmai altre responsabilita ed in altre direzioni, ma non puo portare a porre,a carico di un soggetto un obbligo che, invece, la legge pone a carico di un altro sog-getto, esistente e bene individuato in base ad un rapporto oggettivo’’ (Cass. 27 giu-gno 19994, n. 6187).

La posizione

contraria

all’applicazione

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

1.4. L’intervento delle sez. un.: Cass. 8 aprile 2002, n. 5035.

Il primo Presidente della Corte di Cassazione ha investito le Sezioni Unite perdirimere i contrasti giurisprudenziali circa la titolarita delle obbligazioni condo-miniali e della conseguente legittimazione passiva nei confronti dell’azione giudi-ziaria promossa dall’amministratore condominiale per il recupero dei crediticondominiali.

Valutate le opposte prospettazioni e le rispettive argomentazioni (come sopraindicate) le sez. un. pervengono ad escludere l’applicazione del principio dell’ap-parenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, riconoscendo legit-timazione passiva al vero proprietario della porzione immobiliare.

‘‘Le esigenze di celerita, praticita e funzionalita, addotte a giustificazione del-l’applicazione dell’istituto dell’apparenza del diritto, — afferma la Suprema Cortenella sentenza in epigrafe — valgono per l’ipotesi non contenziosa del rapporto,quando, cioe, l’apparente condomino non solleva alcuna contestazione, provve-dendo al pagamento degli oneri condominiali. In tal caso, la violazione dei rispet-tivi doveri (quelli di correttezza e di informazione a carico del condomino appa-rente e quelli di consultazione dei registri immobiliari a carico dell’amministra-tore) non rilevano’’.

Nel caso, invece, di ipotesi contenziosa (quando, cioe, l’amministratore deveagire giudizialmente per il recupero delle spese condominiali) — afferma la Su-prema Corte — ‘‘l’istituto dell’apparenza del diritto, che non e di natura proces-suale, bensı di natura sostanziale, non puo valere a giustificare un’iniziativa giudi-ziaria svincolata dalla realta’’ e l’osservanza da parte dell’amministratore del do-vere di consultazione dei registri immobiliari risulta preminente (rispetto al dovereex adverso di correttezza e informativa) per l’individuazione del condomino obbli-gato, ‘‘non solo perche corrisponde a regola di normale prudenza accertare l’effet-tivo legittimato passivo allorche si intende dare inizio ad un’azione giudiziaria, maanche perche appare conforme al sistema della tutela del credito’’.

Si riporta per esteso la motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 5035/2002

Con i tre motivi di cui si compone la impugnazione i ricorrenti denunciano:a) violazione degli artt. 1123 c.c., 63 disp. att. c.c., 630 n. 1 c.p.c., nonche violazione dei prin-

cipi generali di diritto in ordine alla legittimazione passiva delle parti. Assumono che in tema di

ripartizione delle spese condominiali e passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale

per il recupero delle quote di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e

non, anche, chi possa apparire tale, difettando nei rapporti fra condominio, che e ente di ge-

stione, ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operativita del principio dell’appa-

renza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela del terzo in buona fede.b) violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.; violazione dell’art. 360 n. 5 per omessa,

insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ai criteri da adottarsi per pervenire all’inter-

pretazione del patto di cui all’art. 2 dell’atto notaio Giuliani, e alla sua interpretazione; viola-

zione e falsa applicazione degli artt. 1118 e 1123 c.c., 360 n. 1 c.p.c.. Sostengono i ricorrenti che

la sentenza non contiene motivazione in ordine alle ragioni per le quali non si potesse, come ri-

chiesto, procedere ad interpretazione letteraria del patto in base al quale e stato escluso tra

venditore ed acquirente il pagamento delle spese di condominio.c) violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione al punto relativo al-

l’opponibilita al Condominio del patto di cui all’art. 2. Rilevano i ricorrenti che il Tribunale, ben-

che con il secondo motivo di gravame gli appellanti avessero censurato la sentenza sul punto in

254

La statuizione

delle sez. un.

(Cass. n. 5035 del

2002)

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 255

cui afferma che il patto non era opponibile al Condominio, ha omesso ogni pronuncia sul

punto.2. In relazione alla questione sottesa al primo mezzo impugnatorio — se in tema di riparti-

zione delle spese condominiali sia passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il

recupero delle quote di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare ovvero chi

possa apparire tale — la causa e stata, come detto, rimessa all’esame di questo Collegio per

composizione di contrasto di giurisprudenza.3. Il denunciato contrasto effettivamente sussiste perche mentre un orientamento giurispru-

denziale (per la verita piu remoto e quasi superato, ma di recente riproposto unicamente da

Cass. 20 marzo 1999 n. 2617) e nel senso che debba continuare ad essere sottoposto al paga-

mento degli oneri condominiali il venditore di una unita immobiliare facente parte dell’edificio

condominiale, il quale, pur dopo il trasferimento della proprieta, ha continuato ad esercitare i

diritti apparenti del condomino (Cass. 14 febbraio 1981 n. 907; 16 novembre 1984 n. 5818; 1 set-

tembre 1990 n. 9079); altro, e piu attuale, indirizzo giurisprudenziale, invece, al contrario ritiene

che obbligato al pagamento delle spese condominiali, e quindi legittimato passivo, sia il vero

proprietario della porzione immobiliare (Cass. 3 aprile 2001 n. 4866; 19 aprile 2000 n. 5122; 8

agosto 1998 n. 6653; 27 giugno 1994 n. 6187).4. L’orientamento giurisprudenziale, che ritiene l’applicabilita del principio dell’apparenza

del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, si fonda sulle seguenti considerazioni.4.a. Innanzitutto rileva che lo stesso legislatore ha riconosciuto il principio in questione al-

cune volte in modo espresso (come ad es. per gli acquisti a titolo oneroso dall’erede apparente

(art. 933 c.c. abr.; 534 c.c. vigente); per il matrimonio celebrato davanti a un apparente uffi-

ciale dello stato civile (art. 113 c.c.); per il pagamento fatto al creditore apparente (art. 189, 1

comma, c.c.), altre volte per implicito (ad es. negoziazione di titoli di credito, acquisto di beni

mobili, obbligazioni assunte dai soci di societa apparente, etc.). Il principio e stato, quindi,

esteso ed applicato, per ragioni di necessita che affiorano nella pratica, alle situazioni oggettive

nelle quali il terzo si sia dimostrato inconsapevolmente indotto a confidare nella rispondenza

al diritto della situazione esteriorizzata. In particolare, il principio dell’apparenza ha trovato

applicazione nel campo dei diritti reali prima ancora che in altri campi, come dimostra l’isti-

tuto del possesso, che ab antiquo e riconosciuto e tutelato, senza riguardo alla titolarita del di-

ritto, come espressione di un potere di fatto, esercitato come diritto di proprieta o altro diritto

reale. Lo stesso si deve dire per la concessione di ipoteca da parte del proprietario apparente,

ai funi dell’iscrizione e della trascrizione, che puo prevalere sul diritto dell’effettivo proprieta-

rio.4.b. Osserva poi l’orientamento in esame che i concetti di pubblicita e di apparenza, che rile-

vano nel caso di specie, e che sembrerebbero inconciliabili, non lo sono, in effetti, in modo as-

soluto, perche, nonostante la prima consenta ai terzi di accertare la realta giuridica di una situa-

zione determinata che — indipendentemente dall’uso errato o fraudolento degli strumenti pub-

blicitari — puo anche non coincidere con quella effettiva, in ogni caso la pubblicita non impedi-

sce che su di essa possa venire a innestarsi una situazione derivata che, nel complesso dei suoi

elementi costitutivi, consenta. di ravvisare l’esistenza di circostanze idonee a generare il legit-

timo convincimento del terzo di essere entrato in rapporto con l’avente diritto. Esplicitando me-

glio tale concetto, l’orientamento giurisprudenziale in esame rileva che la configurazione del-

l’apparenza richiede necessariamente il concorso di due condizioni: quella di uno stato di fatto

formalmente rispondente a una realta giuridica, e l’altra, del giustificato convincimento del

terzo che le due situazioni coincidano. A fronte di cio puo dirsi, in generale, che la tutela del-

l’apparenza del diritto non puo essere invocata da chi abbia trascurato di accertare sui pubblici

registri, contro ogni norma di avvedutezza, la situazione giuridica, appunto perche la pubblicita,

dov’e imposta, ha la funzione di rendere nota ufficialmente la posizione che ne forma oggetto.

Questo, tuttavia, quando il nesso sia diretto; quando, invece, il rapporto negoziale non riguarda

la situazione giuridica resa pubblica, perche si riconduce ad essa solo in via mediata, il riferi-

mento alle risultanze dei pubblici registri viene a perdere il suo carattere determinante, dal

quale deriva l’onere dell’accertamento, per declassarsi a semplice indagine cautelativa, che puo

risultare anche ultronea rispetto alle esigenze della pratica del diritto (Cass. 16 novembre 1984

n. 5818).

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

4.c. La fattispecie complessa che viene a configurarsi nel caso dei rapporti tra condominio e

condomino per quanto concerne le somme dovute da quest’ultimo, frapponendosi tra la pubbli-

cita e la situazione di diritto apparente, allenta, o interrompe, addirittura, il legame fra i due ele-

menti, consentendo di invocare utilmente il principio dell’apparenza come discriminante del-

l’errore, quando assume rilevanza giuridica autonoma (Cass. 1 settembre 1990 n. 9079; 14 feb-

braio 1981 907).5. In dottrina gli autori che sostengono l’applicabilita della tutela dell’apparenza nei rapporti

tra condominio e falso condomino, svolgono le seguenti considerazioni.5.a. L’apparenza non e un fenomeno patologico che assume rilevanza solo in ipotesi eccezio-

nali perche, al contrario essa puo essere riconosciuta quale canone generale dell’ordinamento

applicabile, quindi, per analogia.5.b. La certezza del diritto presuppone che sia possibile portare a conoscenza della generalita

ogni situazione giuridicamente rilevante, come non e in effetti, e come non appare nemmeno

realizzabile, in molti casi, a causa della molteplicita dei rapporti giuridici esistenti e della rigidita

insita in ogni sistema di pubblicita legale. In tal senso e stato osservato che la imperfetta orga-

nizzazione del sistema di pubblicita nel diritto italiano e l’insufficiente sviluppo degli strumenti

del formalismo giuridico rendono necessario un mezzo che supplisca a codeste deficienze, ga-

rantendo la tutela di interessi considerati eminenti.5.c. L’esigenza di tutelare l’amministrazione condominiale che ha fatto ragionevole affida-

mento su una situazione manifesta ha portato ad attenuare il rigore del collegamento fra il po-

tere di disposizione del diritto ed il suo titolare, riconoscendo la rispondenza alla realta giuridica

della situazione apparente quando l’accertamento della titolarita venga a risolversi in un intral-

cio alla circolazione dei beni e alla costituzione dei rapporti giuridici, tanto piu che il comporta-

mento posto in essere da chi si presenta come condomino senza esserlo si pone in violazione

dei doveri di correttezza e di informazione all’interno del condominio.5.d. Nell’ambito dei diritti reali l’apparenza e di remota applicazione come dimostra la disci-

plina del possesso, tutelato anche contro l’effettivo proprietario come espressione di un potere

di fatto esercitato come diritto di proprieta o altro diritto reale.5.e. Il mancato controllo nei pubblici registri della posizione di proprietario del presunto con-

domino, da parte dell’amministratore condominiale, non e di ostacolo alla invocabilita del prin-

cipio dell’apparenza del diritto, giacche questa puo essere fatta valere anche quando la situa-

zione apparente non coincide con quella risultante dai pubblici registri, ove non viene in rilievo

direttamente, ma solo come presupposto di una fattispecie complessa, rilevante autonoma-

mente sul piano giuridico, addotta per giustificare l’errore del terzo di buona fede. La pretesa

fatta valere dall’amministratore, infatti, riguarda l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria

connessa con la titolarita del diritto di proprieta, e non questo diritto di per se, o nei suoi riflessi

reali. In altri termini i rapporti relativi al pagamento delle spese condominiali per l’utilizzazione

delle parti comuni che accedono all’unita immobiliare di proprieta individuale non concernono

in via primaria e diretta l’avvenuto trasferimento della predetta unita immobiliare, sicche le ri-

sultanze dei registri immobiliari sono rilevanti solo in via mediata, perdendo quel carattere de-

terminante dal quale deriva l’onere dell’accertamento che puo anche risultare ultroneo rispetto

alle esigenze della gestione delle spese condominiali.5.f. Ulteriore riscontro del fatto che la materia degli oneri condominiali, sebbene connessa

con il diritto di proprieta, non integra una situazione di diritto reale, e costituito dal fatto che il

pagamento effettuato per piu anni in base a tabelle apparenti, perche non corrispondenti all’ef-

fettivo valore delle proprieta individuali, da luogo alla vigenza delle tabelle stesse, approvate

per facta concludentia, senza alcuna forma ad substantiam e senza dover verificare l’effettiva

corrispondenza tra i millesimi corrisposti e quelli effettivamente dovuti in base al valore della

proprieta secondo il disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. dello stesso codice.6. L’opposto orientamento giurisprudenziale afferma, invece, che in tema di ripartizione delle

spese condominiali e passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero della

quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa ap-

parire tale, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condi-

zioni per l’operativita del principio dell’apparenza del diritto, coessenziale alla tutela di terzi in

buona fede (Cass. 8 luglio 1998 n. 6653).

256

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 257

6.a. Si e a tale proposito rilevato che il principio dell’apparenza del diritto e collegato alla esi-

genza di tutelare l’affidamento incolpevole, e, cioe, la buona fede del terzo, che, senza sua colpa,

abbia fatto affidamento su una determinata situazione, esistente pero solo in apparenza, alla

quale, quindi, al di fuori dell’applicazione del principio in argomento, non potrebbe collegarsi

nessun effetto giuridico, con grave pregiudizio del terzo, cui, in tesi, non e addebitabile un in-

cauto affidamento. Caso tipico di applicazione del principio suddetto e quello dell’apparente

rappresentato, il quale si sia comportato nel mondo esterno in maniera tale da ingenerare nel

terzo la convinzione plausibile e ragionevole della effettiva sussistenza della rappresentanza: in

tal caso, in forza del principio dell’apparenza del diritto, l’apparente rappresentato e tenuto a

far fronte agli obblighi assunti in suo nome dal falsus procurator (in effetti, al di fuori dell’appli-

cazione del principio dell’apparenza del diritto, gli obblighi assunti dal falsus procurator in

nome altrui non sorgerebbero ne in capo al falsus procurator, non avendoli lo stesso assunti in

nome proprio, ne in capo all’apparente rappresentato, mancando la rappresentanza, con la con-

seguenza che il terzo in buona fede resterebbe pregiudicato nei suoi diritti e nei suoi interessi,

per aver confidato, senza sua colpa, nella validita e nella efficacia di un contratto). Altro caso ti-

pico di applicazione del principio in discorso e quello della c.d. societa di fatto che, ancorche

non esistente nella realta dei rapporti giuridici, puo apparire come tale di fronte ai terzi, quando

due o piu soggetti agiscano nel mondo esterno in modo da determinare la opinione che essi

siano soci: in questo caso, sempre per la esigenza di tutelare la buona fede del terzo, questi, che

senza sua colpa abbia fatto affidamento sulla esistenza effettiva di un rapporto societario fra al-

cune persone e sia venuto in rapporto con una di queste che abbia agito in nome e per conto

della societa, potra sempre invocare la responsabilita illimitata e solidale di tutte quelle persone

che operavano in modo da apparire legate da un effettivo vincolo sociale (Cass. 27 giugno 1994

n. 6187).6.b. Nel caso, invece, del rapporto tra il condominio ed il singolo condomino (proprietario

esclusivo di singole unita immobiliari dello stabile condominiale), in ordine al pagamento, da

parte di quest’ultimo, della sua quota di spese sostenute per la conservazione e per il godimento

delle parti comuni dell’edificio, ovvero per la prestazione dei servizi nell’interesse comune o

per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, non si pone affatto una esigenza di tutelare al

riguardo l’affidamento incolpevole del condominio e, quindi, di dare, a tal fine, corpo e sostanza

ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo (Cass. 19 aprile

2000 n. 5122). Invero, a prescindere dalla considerazione che il condominio non e terzo ma una

parte del rapporto, in tal caso, non puo, ai fini della tutela della buona fede del condominio, sor-

gere la necessita di collegare effetti giuridici ad una situazione apparente, come e nei casi esem-

plificati sopra, nei quali, se non si collegassero effetti giuridici alla situazione apparente, il terzo

incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validita aveva senza sua colpa

confidato. Il rapporto giuridico tra il condominio e l’effettivo singolo condomino, proprietario

esclusivo della unita immobiliare, esiste, infatti, in ogni caso nella realta, essendo previsto dagli

artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. di detto codice, e trattasi di un rapporto che, risultando da una si-

tuazione obiettiva quale e quella della proprieta delle varie unita immobiliari, non puo essere

influenzato dal comportamento di alcuno, rispetto al quale e oltretutto anteriore.6.c. Si e pure osservato che paradossalmente, nel caso di rapporti tra condominio e condo-

mino, con la pretesa applicazione del principio dell’apparenza del diritto, si determinerebbe

una situazione in un certo senso opposta a quella che si verifica nei casi della societa apparente

e dell’apparente rappresentato: in questi, infatti, non esiste un valido ed effettivo rapporto e,

per la tutela dell’affidamento e della buona fede del terzo incolpevole, si deve attribuire rile-

vanza giuridica ad una situazione meramente apparente; nel caso in esame, invece, esiste, nella

realta giuridica un effettivo rapporto e lo si mette in non cale in forza di una situazione mera-

mente apparente, da cui, senza necessita alcuna, si fa discendere un rapporto dello stesso con-

tenuto (peraltro non assistito da garanzie come quello effettivo). Il fatto che il condominio, per

errore determinato da un comportamento altrui, possa avere intrapreso una iniziativa giudizia-

ria, puo valere ad altri effetti e determinare semmai altre responsabilita ed in altre direzioni,

ma non puo portare a porre, a carico di un soggetto un obbligo che, invece, la legge pone a ca-

rico di un altro soggetto, esistente e bene individuato in base ad un rapporto oggettivo (Cass. 27

giugno 1994 n. 6187).

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

7. La dottrina che commenta favorevolmente l’orientamento giurisprudenziale volto a negare

la possibilita di applicare il principio dell’apparenza in tema di pagamento di spese condomi-

niali, chieste dall’amministratore all’apparente condomino, svolge le seguenti considerazioni.7.a. Innanzitutto sostiene che non e possibile superare il limite sempre riconosciuto dell’ope-

rativita del principio dell’apparenza per tutti quei casi in cui l’ordinamento attribuisce valore co-

stitutivo, probatorio o anche di semplice notizia ad un particolare sistema di pubblicita diretta a

rendere nota ai terzi una determinata situazione giuridica sulla quale possono fare legittimo af-

fidamento. Pubblicita e apparenza sono infatti istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti

alle medesime finalita di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio perche tendenti alle stesse

esigenze pratiche, logica vuole che dove opera la prima non abbia piu ragione di operare la se-

conda. La tutela dell’apparenza non puo infatti tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia

trascurato di accertarsi della realta delle cose, preferendo affidarsi alla parvenza dei fatti. La ti-

tolarita del diritto reale rimane dunque la posizione giuridica essenziale e maggiormente rile-

vante, sia pure come presupposto determinante in una fattispecie piu complessa; e non si vede

come possa riconoscersi rilievo alcuno alla situazione giuridica apparente, in contrasto con

quella risultante dai pubblici registri, senza mettere in forse la stessa validita e vigenza di tutto

il sistema di pubblicita.7.b. Richiama poi i principi di carattere generale elaborati in tema di tutela dell’apparenza

del diritto secondo cui apparenza e pubblicita sono — e insieme con altri — strumenti concor-

renti di tutela giuridica di una medesima esigenza pratica in relazione alla quale la c.d. appa-

renza assume la funzione di mezzo complementare, per cui la dove la pubblicita si attua piena-

mente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza, comunque

venga intesa. Infatti, quando la legge con i normali sistemi di pubblicita consente al contraente

di accertarsi del vero stato delle cose, non e necessario alcun principio che protegge la buona

fede del terzo, il quale faccia affidamento su di una situazione apparente. Pertanto la pubblicita

e un limite all’efficacia dell’apparenza. E questa affermazione trova puntuale riscontro nel co-

stante orientamento della giurisprudenza, secondo il quale il principio dell’apparenza del diritto

non puo essere invocato quando la situazione che si pretende apparente sia in contrasto con si-

tuazioni giuridiche risultanti dalla pubblicita legale. L’apparenza e infatti uno strumento elastico

idoneo a penetrare nei campi in cui il formalismo giuridico non ha avuto la possibilita di espli-

carsi, e mira a proteggere l’interesse dei terzi tutte le volte in cui essi non hanno una dichiara-

zione formale su cui poggiare e tuttavia sono stati tratti in inganno da una situazione di fatto

che abbia manifestato come esistente una realta giuridica inesistente.7.c. La dottrina che esclude la tutela dell’apparenza del diritto ai rapporti tra condominio e

condomino apparente rileva ulteriormente che non puo attribuirsi al conduttore di un’unita im-

mobiliare la qualita di condomino per il solo fatto di avere egli partecipato alle assemblee con-

dominiali, diritto che, peraltro, gli e riconosciuto dall’art. 10 della l. n. 392 del 1978; tale norma

si limita a prevedere solo una legittimazione del conduttore alla partecipazione alle assemblee

condominiali relative a determinate materie, con diritto di voto o di intervento nelle relative de-

libere e non una legittimazione passiva del conduttore nei confronti del condominio in ordine

al pagamento degli oneri condominiali. Il nostro legislatore non prevede una azione diretta del

condominio nei confronti del conduttore di una unita immobiliare. L’unico caso in cui potrebbe

sussistere una obbligazione del conduttore nei confronti del condomino sarebbe quello in cui il

conduttore, d’accordo con il locatore, si fosse accollato (con un accollo esterno) i pagamenti da

effettuare periodicamente all’amministratore, sempreche anch’egli avesse aderito a tale conven-

zione a norma dell’art. 1273 c.c. o ne fosse stato comunque a conoscenza. La legge n. 392 del

1978 non ha, nei confronti del condominio, aggiunto al debitore originario (il condomino) un al-

tro debitore (il conduttore), ma ha soltanto voluto disciplinare i rapporti tra conduttore e loca-

tore.8. Ritiene il Collegio che, valutate tali opposte prospettazioni e le rispettive argomentazioni,

le quali, peraltro, piu che fronteggiarsi (come in taluni momenti pur e avvenuto) in termini di

radicale contrapposizione hanno, tendenzialmente, piuttosto, espresso una evoluzione, per ag-

giustamenti successivi, di una linea interpretativa, la questione di contrasto, per quanto e nei li-

miti in cui episodicamente ancora si ripropone, debba comporsi in conformita del riferito piu

recente indirizzo che perviene ad escludere l’applicazione del principio dell’apparenza del di-

258

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 259

ritto nei rapporti tra condominio e condomino, nel senso che in tema di ripartizione delle spese

condominiali e passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziaria promossa dall’ammini-

stratore per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobi-

liare e non anche chi possa apparire tale. E cio sia in considerazione della suitas dell’apparenza

del diritto, sia sulla base di una corretta interpretazione degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c.,

avuto riguardo alla natura processuale (contenziosa) dell’iniziativa giudiziaria intrapresa dal-

l’amministratore e al sistema delle garanzie del credito.8.1. II principio dell’apparenza del diritto — ancorche rispondente (come ammesso in dot-

trina, ma soprattutto in giurisprudenza) ad uno schema negoziale di vasta portata, trascendente

l’ambito delle singole figure legislativamente disciplinate e riconducibile a quello piu generale

della tutela dell’affidamento incolpevole — ha, pero, una sua innegabile specificita e peculiarita,

nel senso che non e suscettibile di incauti impieghi, specie in relazione a quelle fattispecie che

trovano gia nella legge una compiuta disciplina, venendo in considerazione solo in presenza

dell’esigenza di tutelare il terzo in buona fede in ordine alla corrispondenza fra la situazione ap-

parente e quella reale.8.2. Nel caso del rapporto tra condominio (che pacificamente e ente di gestione) e il singolo

condomino (proprietario esclusivo di determinate porzioni di piano o di unita immobiliari dello

stabile condominiale) in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese,

sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la presta-

zione di servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, una

esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condominio (che terzo non e) e,

quindi, di dare a tal fine corpo e sostanza ad una situazione apparente per non pregiudicare il

condominio medesimo, non si pone affatto. Come gia osservato, innanzitutto il condominio non

e terzo ma una parte del rapporto, sicche rispetto ad esso non e possibile convertire la inesi-

stente titolarita del diritto di proprieta nella effettiva titolarita e la inesistente legittimazione in

una effettiva legittimazione nascente dalla situazione di apparenza. Inoltre, nel caso in esame, e

da escludere la necessita, ai fini della tutela della buona fede del condominio, di collegare effetti

giuridici ad una situazione apparente, come avviene nelle ipotesi di applicazione del principio

dell’apparenza del diritto, dove, in mancanza di tale collegamento, il terzo incolpevole non ve-

drebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validita aveva senza sua colpa confidato, perche

il rapporto giuridico tra il condominio e il singolo condomino, proprietario esclusivo di unita im-

mobiliari, esiste in ogni caso nella realta.8.3. Invero tale rapporto e espressamente previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c., che

disciplinano compiutamente la materia della ripartizione delle spese e del recupero, da parte

dell’amministratore, della quota di competenza del singolo condomino, stabilendo l’art. 1123 c.c.

(primo comma) che ‘‘Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti co-

muni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deli-

berate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della

proprieta di ciascuno, salva diversa convenzione’’; e l’art. 63 disp. att. c.c. (primo comma) che

‘‘Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea,

l’amministratore puo ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante oppo-

sizione’’, aggiungendo (secondo comma) che ‘‘Chi subentra nei diritti di un condomino e obbli-

gato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello

precedente’’.8.4. L’ipotesi non contenziosa del rapporto va mantenuta distinta da quella contenziosa. Le

esigenze di celerita, praticita e funzionalita, addotte a giustificazione dell’applicazione dell’isti-

tuto dell’apparenza del diritto, valgono per l’ipotesi non contenziosa del rapporto, quando, cioe,

l’apparente condomino non solleva alcuna contestazione provvedendo al pagamento degli oneri

condominiali. In tal caso le violazioni dei rispettivi doveri (quelli di correttezza e di informa-

zione a carico del condomino apparente e quelli di consultazione dei registri immobiliari a ca-

rico dell’amministratore) non rilevano; in particolare l’amministratore non e tenuto ad effet-

tuare alcuna indagine, mediante consultazione dei pubblici registri (che puo essere anche co-

stosa e a volte complessa, con grave nocumento per la gestione condominiale) circa il vero pro-

prietario dell’unita immobiliare, potendo oltretutto il problema essere affrontato anche in

termini di adempimento del terzo (art. 1180 c.c.). Diversa e l’ipotesi contenziosa, quando cioe

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

l’amministratore, in presenza di mancato pagamento, deve agire giudizialmente per il recupero

delle spese condominiali. In tal caso, l’istituto dell’apparenza del diritto, che non e di natura

processuale, bensı di natura sostanziale, non puo valere a giustificare un’iniziativa giudiziaria

svincolata dalla realta; mentre la violazione dei rispettivi doveri va considerata, esigendo nel

contempo un collegato giudizio di comparazione e bilanciamento tra situazioni contrapposte.8.5. Nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca per il recupero delle spese di competenza, l’os-

servanza del dovere di consultazione dei registri immobiliari presso la conservatoria assume ri-

lievo ed e preminente (rispetto al contrapposto dovere di correttezza e informativa) per l’indivi-

duazione del vero condomino obbligato, non solo perche corrisponde a regola di normale pru-

denza accertare l’effettivo legittimato passivo allorche si intende dare inizio ad un’azione giudi-

ziaria, ma anche perche appare conforme al sistema della tutela del credito. Sotto quest’ultimo

profilo, ancorche generalmente l’omesso pagamento si verifica per le spese (consistenti) colle-

gate alle innovazioni deliberate dalla maggioranza (come nel caso specifico), l’amministratore

che agisce contro il condomino apparente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo sia privo di beni, po-

trebbe non vedere soddisfatto il credito azionato, con grave pregiudizio per la gestione condo-

miniale. Laddove, invece, essendo il vero condomino proprietario dell’unita immobiliare, l’am-

ministratore che agisce contro di lui puo utilmente esperire tutti i mezzi di conservazione della

garanzia patrimoniale (in particolare chiedere sequestro conservativo: art. 2905 c.c. e 671 c.p.c.)

per il soddisfacimento del credito. Il sistema normativo (art. 1123 e art. 63 disp. att. c.c.) che, in

tema di omesso pagamento delle spese condominiali, consente all’amministratore di ottenere

decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, stabilendo altresı

che chi subentra nei diritti di un condomino e obbligato solidalmente con questo al pagamento

dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente, e finalizzato non soltanto alla cele-

rita ma anche al rafforzamento e soddisfacimento del credito per il buon andamento e operati-

vita della gestione condominiale.9. Conclusivamente deve affermarsi (in tal senso, quindi, risolvendosi la questione di contra-

sto) che, in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della

quota di spese di competenza di una unita immobiliare di proprieta esclusiva, e passivamente

legittimato il vero proprietario di detta unita e non anche chi possa apparire tale.

1.5. La sentenza della Cassazione, seconda Sezione civile, del 27 dicembre 2004,n. 23994.

A distanza di due anni dalla pronuncia delle sez. un., la Suprema Corte e dinuovo investita della questione afferente l’applicabilita del principio dell’appa-renza del diritto in materia di azione giudiziale per il recupero delle spese codo-miniali.

La seconda Sezione, manifestando condivisione e aderenza ai principi generalidelineati dalle sez. un. in tema, ritiene di aderire all’indirizzo giurisprudenzialeavallato dalla sentenza 8 aprile 2002, n. 5035, statuendo che che in materia diazione giudiziale per il recupero della spesa condominiale non puo farsi ricorsoall’istituto, di natura sostanziale e non processuale, dell’apparentia iuris, non es-sendo peraltro ammissibile che una sentenza di condanna venga emessa neiconfronti di chi sia stato accertato essere condomino apparente e, quindi, soloapparente debitore, introducendo nel processo l’anomalo principio della legitti-mazione apparente.

Tra rilevanza dell’apparenza o della pubblicita in ordine alla posizione giuri-dica debitoria derivante da un rapporto obbligatorio connesso al diritto di pro-prieta su bene immobile, le Sezioni Unite e la successiva giurisprudenza dellaCorte di Cassazione optano per la certezza della situazione giuridico-fattuale cer-

260

La conferma della

statuizione delle

sez. un.

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 261

ziorata nei registri immobiliari, onerando l’amministratore condominiale-attoredi verificare la rispondenza dell’apparenza alla realta giuridica.

Inoperante il principio dell’apparentia iuris dinanzi all’espressa previsione diun regime legale di pubblicita, la Corte smentisce l’efficacia del principio in pa-rola sul piano processuale, che, diversamente, condurrebbe all’aberrante ricono-scimento della legittimazione processuale apparente.

La statuizione del giudice della legittimita appare attentamente ponderare lecontrapposte istanze in gioco: da un lato, la celerita, la praticita e la funzionalitadei rapporti giuridici che invocano l’applicazione del principio dell’apparenza;dall’altro, ragioni di principio e deduzioni logico-giuridiche, coerenza di sistemae certezza delle situazioni soggettive che impongono l’osservanza della regola dibase, fondata sul rispetto delle risultanze pubblicitarie; pervenendo a una condi-visibile conclusione, mediante logico procedimento motivazionale, di preferenzadelle ragioni a sostegno dell’applicazione della regola della pubblicita.

1.6. L’obbligo di convocare il condomino reale e non il condomino apparente:Cassazione civile, sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616.

L’esclusione del principio dell’apparenza nei rapporti condominiali comportache unico legittimato a partecipare all’assemblea (e a rivedere quindi la convoca-zione) e il vero condomino, con la conseguenza che deve ritenersi invalida unadelibera approvata dall’assemblea alla quale non aveva partecipato la proprieta-ria dell’unita immobiliare.

In tal senso si e espressa Cass., sez. II, 9 febbraio 2005, n. 1616 di cui si riportail principio di diritto:

In tema d’assemblea condominiale, deve essere convocato il vero proprietariodella porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporticon i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominioed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operativita del principio dell’ ap-parenza del diritto, che e volto essenzialmente all’esigenza di tutela dei terzi inbuona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini; d’altra parte, non e incontrasto, ma anzi in armonia con tale principio, la norma del regolamento condo-miniale che, imponendo ai condomini di comunicare all’amministratore i trasferi-menti degli immobili di proprieta esclusiva, ha lo scopo di consentire la correttaconvocazione dei soggetti legittimati a partecipare all’assemblea condominiale.(Nella specie e stata dichiarata illegittima la delibera approvata dall’assemblea allaquale non aveva partecipato la proprietaria di un’unita immobiliare, essendo statala relativa convocazione inviata al marito il cui nominativo era indicato nell’elencodei condomini).

Parimenti al condomino vero e non al condomino apparente deve essere rico-nosciuta la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari.

In tal senso Tribunale Napoli, 13 marzo 2006 secondo cui La legittimazione adimpugnare le deliberazioni condominiali spetta unicamente a colui che riveste laqualita di condomino (reale e non apparente); e cio in considerazione dell’ele-mentare rilievo per cui solo colui che e parte della collettivita condominiale ha ti-tolo per incidere sull’assetto di interessi da essa datosi nell’esercizio della propria

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

autonomia privata: la domanda, pertanto, deve essere dichiarata inammissibilequalora l’instante abbia alienato la proprieta sita nell’edificio in condominio

z 2. Il regime di invalidita delle delibere condominiali.

L’aperto contrasto (dottrinario e) giurisprudenziale in ordine al regime di im-pugnazione delle delibere condominiali ha richiesto l’intervento delle sez. un.della Cassazione, chiamate a dirimere il certamen afferente la qualificazione delvizio inficiante la validita delle delibere assembleari in termini di nullita o annul-labilita.

La casistica dei motivi di invalidita delle delibere in questione e ampia e ricom-prende sia vizi di forma sia vizi di sostanza: carenza degli elementi essenziali,impossibilita o illicetia dell’oggetto, estraneita dell’oggetto alla competenza as-sembleare, violazione dei diritti individuali sulla res communis o sulla proprietadei singoli, irregolare costituzione dell’assemblea, violazione di prescrizioni le-gali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione odi informazione dell’assemblea e, in particolare, la mancata comunicazione a ta-luno dei condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale.

E proprio con riferimento al caso da ultimo citato che la Suprema Corte e statachiamata a statuire sulla tipologia del vizio inficiante la delibera assembleare, as-sumendo, con l’occasione, una posizione chiara e decisa anche sulla natura deirestanti vizi.

2.1. I termini del contrasto giurisprudenziale.

L’omessa comunicazione a taluno dei condomini dell’avviso di convocazionedell’assemblea condominiale ha rappresentato per lungo tempo nell’orienta-mento della giurisprudenza motivo di nullita della delibera condominiale. E ciosulla scorta di tre distinte argomentazioni, la prima delle quali fondante sulla di-fettosa costituzione dell’organo deliberante (Cass. 12 febbraio 1993, n. 1780), laseconda afferente il vizio del procedimento di formazione della volonta assem-bleare (Cass. 2 marzo 1987, n. 2184), la terza concernente la violazione dell’art.1136, sesto comma, c.c. (in forza del quale ‘‘l’assemblea non puo deliberare senon consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione’’).

L’orientamento piu recente della Corte (Cass. 5 gennaio 2000, n. 31; Cass. 5febbraio 2000, n. 1292) ritiene, invece, che il condomino nei cui confronti siastata omessa la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea abbiatitolo per l’esercizio dell’azione giudiziaria volta ad ottenere una sentenza costi-tutiva di annullamento della delibera.

Il mutamento di indirizzo trae argomento dal raffronto analogico con le normedisciplinanti la comunione (artt. 1105, comma 3, e 1109 c.c.) che prevedono la‘‘mera’’ annullabilita delle deliberazioni assunte dai contitolari in caso di man-cata preventiva comunicazione della riunione a taluno dei partecipanti alla co-munione, ed e corroborato dall’assunto dell’identita di ratio sussistente tra la di-sciplina in materia societaria e quella in materia condominiale, la prima delle

262

Quale

impugnazione per

le delibere

condominiali?

Casistica dei vizi

delle delibere

L’orientamento

giurisprudenziale

teso alla nullita

L’orientamento

giurisprudenziale

teso alla

annullabilita

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 263

quali (secondo la disciplina ante riforma) espressamente limita la nullita ai solicasi di impossibilita ed illiceita dell’oggetto delle delibere assembleari.

Le cause di nullita concernenti l’oggetto delle delibere sono classificate dallaSuprema Corte come le uniche afferenti la sostanza degli atti. In conseguenza ditale sistematizzazione, la Corte opera una distinzione delle cause d’invaliditadelle delibere fondata sul ‘‘tipo’’ di interesse leso, sicche solo la violazione degliinteressi sostanziali determina la nullita delle delibere, mentre la violazione delleprescrizioni formali determina la mera annullabilita delle stesse.

2.2. Le valutazioni delle Sezioni Unite.

Le sez. un. della Cassazione traggono le fila della propria argomentazione va-lutativa dei contrapposti orientamenti dallo status della normativa vigente in ma-teria di condominio e nelle materie analoghe ad essa.

Il dato normativo incontrovertibile (art. 1137, comma 2) rivela che la categoriadella nullita non e prevista in materia di condominio, contemplante solo l’istitutodell’annullabilita delle delibere assembleari. Di talche, in assenza di specifica di-sposizione normativa, le sez. un. ritengono debba ammettersi la nullita solo neicasi piu gravi.

E la mancata convocazione di un condomino alla riunione assembleare non econsiderata tra questi.

L’art. 1136, comma 6, c.c. — in forza del quale ‘‘l’assemblea non puo deliberarese non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione’’ —, che rap-presenta uno dei baluardi a sostegno della tesi della nullita della delibera permancata convocazione di un condomino, e inteso dalle sez. un. nel senso chel’assemblea non puo ‘‘validamente’’ deliberare in difetto di convocazione di uncondomino, pena l’annullamento della delibera (nel prescrito termine di trentagiorni).

Rileva, poi, la portata del combinato disposto degli art. 1105, comma 3, e 1109n. 2 e p.ult., c.c., che in tema di comunione stabilisce l’impugnazione della deli-bera entro il termine di decadenza di trenta giorni nel caso di omessa preventivainformazione a tutti i partecipanti.

Un ulteriore argomento proviene dalla nuova disciplina del regime di impu-gnazione delle delibere societarie. Nel sistema adottato dalla riforma, la regolagenerale e rappresentata dall’annullabilita delle delibere per violazione dei leggeo di statuto. La nullita, invece, consegue a talune violazioni particolarmente gravidella legge e di intensita non suscettibile di sanatoria.

Sotto il profilo generale ed astratto, le sez. un. ritengono che l’annullabilitadelle delibere per vizio di convocazione del condomino non collide con il princi-pio collegiale e maggioritario (dunque, democratico) posto a fondamento del fun-zionamento del sistema condominiale: ‘‘se in base al metodo collegiale e al prin-cipio maggioritario si vincolano anche tutti i condomini assenti o dissenzientinon deve menar scandalo la mancata convocazione di un condomino il quale,peraltro, non resta privo di tutela, poiche puo impugnare quando la delibera gliviene comunicata’’.

A fondamento della statuizione le sez. un. pongono anche riflessioni e argo-menti desunti dalla teoria generale degli atti giuridici.

Il dato normativo

di partenza

L’art. 1136,

comma 6, c.c.

Profili di analogia

con la comunione

Profili di analogia

con la riforma del

diritto societario

Profili di teoria

generale del diritto

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

In generale, ‘‘si considera nullo l’atto quando manca ovvero e gravemente viziatoun elemento costitutivo, previsto secondo la configurazione normativa. Pertanto, acausa dell’assenza ovvero del grave vizio dell’elemento considerato essenziale, l’attosi considera inidoneo a dar vita alla nuova situazione giuridica, che il diritto ricol-lega al tipo legale, in conformita con la sua funzione economico-sociale. Per contro,si considera annullabile l’atto in presenza di carenze o di vizi ritenuti meno gravi,secondo la valutazione compiuta dall’ordinamento. Annullabile e, dunque, l’atto chenon mancando degli elementi essenziali del tipo presenta vizi non gravi, che lo ren-dono idoneo a dare vita a una situazione giuridica precaria, che puo essere ri-mossa’’.

Sulla scorta delle considerazioni svolte e della ponderazione dei principi coin-volti, le sez. un. ritengono che

‘‘debbano qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, le deliberecon oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella com-petenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose oservizi comuni o sulla proprieta esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere co-munque invalide in relazione all’oggetto. Debbono, invece, qualificarsi annullabili ledelibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottatecon maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condo-miniale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzio-nali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o di informazione del-l’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarita nel procedimento di convo-cazione, quelle che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in rela-zione all’oggetto.

Il contrasto giurisprudenziale, pertanto, va risolto affermandosi che la mancatacomunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assembleacondominiale comporta non la nullita, ma l’annullabilita della deliber condominiale,che se non viene impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137,comma 3, c.c. — decorrente per icondomini assenti dalla comunicazione e per i con-domini dissenzienti dalla sua approvazione — e valida ed efficace nei confronti ditutti i partecipanti al condominio’’.

2.3. La sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, 7 marzo 2005, n. 4806.

(omissis).

Motivi della decisione

Il primo motivo riguarda la violazione dell’art. 1136, sesto comma, c.c.. Affermano i ricorrenti

che dalla lettera della legge, secondo cui l’assemblea non puo deliberare se non consta che tutti

i condomini sono stati invitati alla riunione’’, deriverebbe che la delibera stessa e nulla e non

annullabile, qualora l’assemblea deliberi senza che, anche uno solo dei condomini, sia stato in-

vitato alla riunione.Il secondo motivo denuncia la falsa applicazione dell’art. 1137, secondo e terzo comma, c.c.. Pre-

messo di aver dedotto con i motivi d’appello l’omissione nel verbale dei nominativi dei condomini

presenti (ovvero assenti, assenzienti e dissenzienti), dei valori dei millesimi e dell’entita delle spese

deliberate ed approvate, i ricorrenti sostengono la nullita di tali delibere e non l’annullabilita, che la

Corte d’appello avrebbe ritenuto incorrendo nella falsa applicazione dell’art. 1137 cit.. In partico-

lare sottolineano che il verbale deve contenere gli elementi indispensabili per il riscontro della vali-

264

Il ricorso contiene

tre motivi

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 265

dita della costituzione assembleare: l’indicazione dei condomini e dei millesimi sono essenziali ai

fini della verifica della prescritta maggioranza ex art. 1136 c.c.Il terzo motivo concerne la violazione dell’art. 1123, terzo comma, c.c.. I ricorrenti assumono che,

essendo state poste a loro carico spese — quali la tassa di occupazione del suolo pubblico, lavori

straordinari per posti auto e per un ascensore — che dovevano essere a carico solo dei condomini

che ne traevano utilita, la delibera e nulla.2. I motivi sono stati contestati dal Condominio che, dopo aver evidenziato rispetto al primo che

i ricorrenti nei precedenti gradi di giudizio non si sono mai doluti della mancata comunicazione

dell’avviso di convocazione dell’assemblea, ha sostenuto che, comunque, tutte le dedotte ipotesi sono

riconducibili nell’ambito dell’annullabilita e non della nullita.3. E bene premettere, per quanto riguarda il primo motivo, che la questione della mancata co-

municazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea e entrata nel thema decidendum, evidente-

mente perche ritenuta strettamente connessa con quella della mancata indicazione dei nominativi

dei condomini, tant’e che di essa espressamente si occupa la sentenza impugnata (fine p. 5, inizio

p. 6), donde l’infondatezza del profilo di inammissibilita prospettato dal Condominio.4. Il contrasto giurisprudenziale rilevato con l’ordinanza di remissione e se comportino la nullita

o la annullabilita della delibera: a) la mancata comunicazione dell’avviso di convocazione dell’as-

semblea, anche ad un solo condomino; b) l’omessa indicazione, nel verbale, dei condomini presenti

e dell’entita delle spese deliberate e approvate; c) l’errata ripartizione delle spese.5. Prima di procedere all’esame del contrasto, e opportuno effettuare una, sia pur sintetica, rico-

gnizione dell’orientamento della Corte e della dottrina in tema di nullita e annullabilita delle delibere

dell’assemblea condominiale.5.1. La Corte, in generale, ha affermato che sono da ritenersi nulle le delibere con vizi relativi

alla regolare costituzione dell’assemblea o alla formazione della volonta della prescritta maggio-

ranza; quelle con maggioranze inferiori alle prescritte; le delibere prive degli elementi essenziali;

quelle adottate con maggioranza inesistente, apparente o inferiore a quella prescritta dalla legge o

dal regolamento condominiale; le delibere con oggetto impossibile o illecito, a volte specificandolo

come oggetto contrario all’ordine pubblico, o alla morale, o al buon costume; le delibere con oggetto

che non rientra nella competenza dell’assemblea; le delibere che incidono sui diritti individuali sulle

cose o servizi comuni o sulla proprieta esclusiva di ognuno dei condomini; le delibere comunque in-

valide in relazione all’oggetto.5.2. Nell’ambito della categoria delle delibere contrarie alla legge o al regolamento condominiale,

la Corte ha affermato che sono da ritenersi annullabili quelle affette da vizi formali, in violazione di

prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di in-

formazione dell’assemblea; quelle genericamente affette da irregolarita nel procedimento di convo-

cazione; le delibere viziate da eccesso di potere o da incompetenza, che invadono cioe il campo ri-

servato all’amministratore; le delibere che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in

relazione all’oggetto.6. Secondo la dottrina sono nulle le delibere affette da un vizio sostanziale, annullabili quelle in-

ficiate da un vizio di forma.6.1. In particolare, premesso che l’art. 1137 c.c. ha un’ampia portata ma non si riferisce a quelle

decisioni assembleari che sono senza effetto alcuno in forza di principi generali indiscutibili, e per-

cio attaccabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, alcuni autori ritengono nulle le delibere

prive dei requisiti essenziali, in quanto prese da assemblee non regolarmente costituite (anche per-

che non sono stati invitati tutti i condomini) o con maggioranze inesistenti o apparenti; ovvero

quelle aventi un oggetto impossibile o illecito; quelle esorbitanti dalla sfera dei compiti dell’assem-

blea; quelle che ledono i diritti di ciascun condomino sulle cose e servizi comuni o sul proprio piano

o appartamento. Considerano annullabili le delibere affette da vizi formali, prese in violazioni di

prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione e di in-

formazione dell’assemblea.6.2. Altri autori, operando un accostamento con i principi generali e le disposizioni dettate in

tema di delibere societarie, ritengono nulle le delibere aventi ad oggetto materie sottratte alla com-

petenza della assemblea, la ripartizione delle spese secondo criteri diversi da quelli legali, contenuto

illecito o impossibile, la menomazione dei diritti spettanti a ciascun condomino, e quelle contrarie a

norme imperative. Sono, invece, annullabili le delibere assunte a seguito di un procedimento viziato,

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

ovvero inficiate da eccesso di potere perche invadono il campo riservato alla competenza dell’am-

ministratore.7. Il denunciato contrasto e sintetizzabile nei seguenti termini.7.1. Sull’omessa comunicazione dell’avviso, sino al 2000 e rimasto fermo il principio, affermato

dalla Corte in numerose pronunce (v. fra le tante: Cass. 1 ottobre 1999, n. 10886; 19 agosto 1998,

n. 8199; 12 giugno 1997, n. 5267; 27 giugno 1992, n. 8074; 9 dicembre 1987, n. 9109; 15 novembre

1977, n. 4984; 16 aprile 1973, n. 1079; 12 novembre 1970, n. 2368), della nullita della delibera. In

alcune sentenze, la sanzione della nullita e espressamente ricondotta alla difettosa costituzione del-

l’organo deliberante, risultando irrilevante l’incidenza o meno del voto sulle prescritte maggioranze

(Cass. 12 febbraio 1993, n. 1780; 15 novembre 1977, n. 4984). In altre la nullita e ricondotta all’esi-

genza che tutti i condomini siano preventivamente informati della convocazione dell’assemblea, cosı

da poter essere partecipi del procedimento di formazione della delibera stessa, con la conseguenza

che non determinano la nullita le mere irregolarita, quali la convocazione ad opera di persona non

qualificata, (Cass. 2 marzo 1987, n. 2184) o l’incompletezza dell’ordine del giorno (Cass. 21 settem-

bre 1977, n. 4035) che danno luogo alla sola annullabilita. A volte la nullita e fatta discendere

espressamente dall’art. 1136, sesto comma, c.c.7.2. A partire dal 2000, cambiando orientamento, la Corte (Cass. 5 gennaio 2000, n. 31; 5 feb-

braio 2000, n. 1292; 1 agosto 2003, n. 11739) afferma che la mancata comunicazione dell’avviso di

convocazione dell’assemblea condominiale ad un condomino determina la semplice annullabilita

della delibera. Il mutamento di indirizzo della Corte trae argomento: a) dal combinato disposto de-

gli artt. 1105, terzo comma, e 1109 c.c., in base al quale la mancata preventiva informazione dei

partecipanti alla comunione determina semplicemente l’impugnabilita, nel termine di decadenza di

trenta giorni, delle deliberazioni assunte da parte dei componenti della minoranza dissenziente; b)

dal parallelismo e dall’identita di ratio (individuata nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici,

messa a rischio dalla possibilita di dedurre in ogni tempo la nullita) esistente tra la disciplina in

materia di societa di capitali (artt. 2377, 2379 c.c., logicamente prima della riforma introdotta col d.

lgs. 17.1.2003 n. 6, di cui si dira in seguito) e quella in materia condominiale (art. 1137 c.c.) in tema

di delibere dell’assemblea (dei soci, nel primo caso, e dei condomini, nel secondo), la prima delle

quali espressamente limita le ipotesi di nullita delle delibere assunte dall’assemblea dei soci ai soli

casi dell’’’impossibilita’’ e dell’’’illiceita’’ dell’oggetto.7.3. In particolare, i vizi dell’oggetto come causa di nullita sono ricollegati con i confini posti in

materia di condominio al metodo collegiale e al principio di maggioranza. Secondo la Corte ‘‘tanto la

impossibilita giuridica, quanto la illiceita dell’oggetto derivano dal difetto di attribuzioni in capo al-

l’assemblea, considerato che la prima consiste nella inidoneita degli interessi contemplati ad essere

regolati dal collegio che delibera a maggioranza, ovvero a ricevere dalle delibere l’assetto stabilito in

concreto, e che la seconda si identifica con la violazione delle norme imperative, alle quali l’assemblea

non puo derogare, ovvero con la lesione dei diritti individuali, attribuiti ai singoli dalla legge, dagli atti

di acquisto e dalle convenzioni’’. Di conseguenza la formula dell’art. 1137 c.c. deve interpretarsi nel

senso che per ‘‘deliberazioni contrarie alla legge’’ s’intendono le delibere assunte dall’assemblea sen-

za l’osservanza delle forme prestabilite dall’art. 1136 (ma pur sempre nei limiti delle attribuzioni spe-

cificate dagli artt. 1120, 1121, 1129, 1132, 1135 c.c.)’’. Inoltre, ‘‘mentre le cause di nullita afferenti al-

l’oggetto raffigurano le uniche cause di invalidita riconducibili alla ‘‘sostanza degli atti, alle quali

l’ordinamento riconosce rilevanza’’ e costituendo vizi gravi non sono soggette a termine per l’impu-

gnazione; invece ‘‘sono inficiate da un vizio di forma le deliberazioni quando l’assemblea decide

senza l’osservanza delle forme procedimentali stabilite dalla legge per assicurare la partecipazione

di tutti i condomini alla formazione della volonta collettiva per gestire le cose comuni’’ e, attinendo al

procedimento di formazione, producono un vizio non grave che, se non fatto valere nei termini pre-

scritti, non inficia gli atti.Le diverse cause di invalidita sono state, quindi, ricondotte al tipo di inte-

resse leso: interessi sostanziali inerenti all’oggetto delle delibere, per la nullita; strumentali, in quan-

to connessi con le regole procedimentali relative alla formazione degli atti, per l’annullabilita.8. Con riferimento al verbale delle delibere dell’assemblea dei condomini, un vero e proprio con-

trasto giurisprudenziale non sembra emergere, registrandosi soltanto alcune puntualizzazioni e

specificazioni.8.1. Infatti, la Corte, in alcune pronunce (v. ex plurimis: Cass. 22 maggio 1999, n. 5014; 19 otto-

bre 1998, n. 10329) ha espressamente affermato l’annullabilita ex art. 1137 c.c. della delibera il cui

266

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 267

verbale contiene delle omissioni, precisando che la redazione del verbale costituisce una delle

prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalita richieste dal pro-

cedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, etc.), la cui inosservanza com-

porta l’impugnabilita della delibera, in quanto non presa in conformita della legge.8.2. Principio che si ritrova implicitamente alla base di altre pronunce, dove la Corte ha affer-

mato l’annullabilita delle deliberazioni assembleari nel caso in cui non siano individuati, e ripro-

dotti nel relativo verbale, i nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, ed i valori delle

rispettive quote millesimali (Cass. 22 gennaio 2000, n. 697; 29 gennaio 1999, n. 810).8.3. E stato pure affermato che la sottoscrizione del presidente subentrato in luogo di quello che

all’inizio ha presieduto concreta una irregolarita formale, comportante annullabilita (Cass. 29 otto-

bre 1973, n. 2812); e in generale, la stessa redazione per iscritto del verbale, prescritta dall’art.

1136, ultimo comma, c.c., non e prevista a pena di nullita, tranne il caso in cui la delibera incida su

diritti immobiliari (Cass. 16 luglio 1980, n. 4615).9. Parimenti per quanto riguarda le delibere in materia di ripartizione delle spese (se si esclude

l’isolata e risalente pronuncia n. 1726 del 4 luglio 1966) non sembra sussistere contrasto nella giu-

risprudenza, atteso che la Corte — a partire del 1980 — ha costantemente distinto, sulla base di un

medesimo criterio, le ipotesi di nullita (v. Cass. 9 agosto 1996, n. 7359; 15 marzo 1995, n. 3042; 3

maggio 1993, n. 5125; 19 novembre 1992, n. 12375; 5 dicembre 1988, n. 6578; 21 maggio 1987,

n. 4627; 5 ottobre 1983, n. 5793; 5 maggio 1980, n. 29289) da quelle di annullabilita (cfr. Cass. 9

febbraio 1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1 febbraio 1993. n. 1213; 5 agosto 1988, n. 4851; 8 settem-

bre 1986, n. 5458), in molti casi facendo espresso riferimento all’art. 1123 c.c.9.1. In particolare, partendo dal rilievo che le attribuzioni dell’assemblea ex art. 1135 c.c. sono

circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non

comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, ve-

nendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le

cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, pos-

sono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca, la Corte (cfr. Cass. 9 agosto

1996, n. 7359; 15 marzo 1995, n. 3042; 3 maggio 1993, n. 5125; 19 novembre 1992, n. 12375) ha

affermato la nullita della delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa (sia nell’ipotesi di in-

dividuazione dei criteri di ripartizione ai sensi dell’art. 1123 c.c., sia nell’ipotesi di cambiamento

dei criteri gia fissati in precedenza).9.2. Conseguentemente la Corte ha riconosciuto l’annullabilita della delibera nel caso di viola-

zione dei criteri gia stabiliti quando vengono in concreto ripartite le spese medesime (Cass. 9 feb-

braio 1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1 febbraio 1993. n. 1213).10. Il contrasto, che come evidenziato riguarda essenzialmente l’omessa comunicazione dell’av-

viso di convocazione, ex art. 66, 3o comma, disp. att. c.c., ha visto divisa anche la dottrina, la quale

ha assunto posizioni di segno diverso sia rispetto all’utilizzo degli artt. 1105 e 1109 c.c., sia rispetto

al parallelismo e identita di ratio con la disciplina in materia di societa di capitali.10.1. Alcuni autori dubitano della pertinenza del richiamo all’art. 1105, comma 3, c.c. in tema di

comunione: l’omessa informazione preventiva sull’oggetto della deliberazione non puo, infatti, es-

sere assimilata senz’altro all’omessa convocazione. Cio per la decisiva considerazione che il princi-

pio maggioritario in tanto puo operare in quanto tutti gli aventi diritto siano posti in condizione di

intervenire in assemblea, partecipare alla discussione e alla votazione. Nei riguardi del condomino

non convocato la riunione assembleare e le relative deliberazioni sarebbero res inter alios acta. Ne

puo dirsi, sotto altro profilo, che la convocazione di un condomino attenga, comunque, solo al pro-

cedimento da osservare per la formazione della volonta assembleare, determinando l’omissione un

error in procedendo.10.2. Secondo altri autori e stato individuato un riscontro normativo direttamente afferente al vi-

zio di convocazione ed espressamente regolato come annullabilita in un settore non distante dal re-

gime condominiale. Inoltre, il richiamo risulta utile per la sua diretta attinenza alla ricostruzione

della disciplina codicistica del metodo collegiale: nella comunione, come nel condominio, le decisioni

comuni vengono assunte in collegio e l’obbligo di informativa sulle materie oggetto di discussione e

finalizzato al successivo svolgimento dell’assemblea, di cui l’art. 1105 c.c. prescrive in definitiva la

convocazione; in tal senso e di rilievo l’azione di annullabilita prevista dall’art. 1109 c.c. quale rime-

dio idoneo contro le decisioni illegittime della maggioranza, poiche nel condominio il metodo colle-

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

giale riveste la medesima rilevanza che nella comunione ordinaria, ove pure e posto a tutela dei di-

ritti delle minoranze.10.3. Quanto al parallelismo e identita di ratio con la disciplina in materia societaria, un orienta-

mento dottrinario distingue tra la ‘‘mancata convocazione di alcuni’’ soltanto dei soci e ‘‘mancata

convocazione dei soci’’ (ovvero mancata convocazione dell’assemblea) non seguita da assemblea to-

talitaria, ritenendo che, mentre in quest’ultimo caso ricorre un’ipotesi di nullita radicale (rectius di

inesistenza), nel primo, invece, una situazione di semplice annullabilita, ai sensi dell’art. 2377 c.c..

Peraltro, in generale, si e affermato che il richiamo alla disciplina della societa per azioni non sem-

bra corretto, essendo il condominio pervaso dalla logica proprietaria a differenza della materia so-

cietaria, dove l’interesse del gruppo trova spesso maggiore tutela dell’interesse del singolo sacrifi-

cato in funzione dello scopo comune.10.4. Altro orientamento dottrinario, al contrario, ritiene condivisibile il parallelismo con la disci-

plina societaria, avuto riguardo alle invocate esigenze di certezza nei rapporti tra i condomini e tra il

condominio e terzi. Vi e chi sostiene che nel condominio (differentemente dalla disciplina positiva dei

contratti e di quella in materia di societa) l’art. 1137 c.c. assoggetterebbe ad un unico regime decaden-

ziale le violazioni della legge e del regolamento, senza possibilita di distinzione tra annullabilita e nul-

lita. Non manca chi, partendo da una rilettura dell’art. 1139 c.c., che per quanto non espressamente

previsto in materia di condominio rinvia alle norme sulla comunione, e dal presupposto che tale nor-

ma non e di chiusura (altrimenti sarebbe ‘‘di clausura’’), ma consente un rinvio interno fra sistemi

laddove sussistano elementi di sufficiente omogeneita, condividendo le cosiddette concezioni miste del

condominio, giunge a condividere la concezione della ‘‘complessita sistematica’’, che vede nel condo-

minio ‘‘un sistema di sistemi’’ e dunque ‘‘un istituto giuridico che trova la sua consistenza nell’avva-

lersi di regole gia proprie di altri istituti, quali quelli attinenti ai rapporti fra parti di proprieta indivi-

duale e parti comuni, quelle relative all’assemblea, quelle infine che si riferiscono all’amministrato-

re’’. E, quindi, con riferimento alla modalita di convocazione e gestione dell’assemblea, sono da rite-

nersi in considerazione, secondo l’autore, anche le norme del codice dettate per la societa per azioni.11. Ritengono le Sezioni Unite, al fine di risolvere la questione di diritto e definire il contrasto,

che debba privilegiarsi l’interpretazione secondo la quale la mancata comunicazione dell’avviso di

convocazione dell’assemblea condominiale, anche ad un solo dei condomini, comporta non la nul-

lita, ma l’annullabilita della delibera condominiale, in base alle seguenti considerazioni.11.1. Conviene premettere che in tema di condominio negli edifici, il codice non contempla la

nullita.L’art. 1137 c.c., al comma 2o, espressamente stabilisce che, contro le deliberazioni contrarie

alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente puo fare ricorso all’autorita

giudiziaria: al comma 3o aggiunge che il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, en-

tro trenta giorni, che decorrono dalla data di deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comu-

nicazione per gli assenti.Il breve termine di decadenza e la individuazione delle persone legittimate

(ben poche) alla impugnazione dimostrano essere contemplata una ipotesi di annullabilita, posto

che sia in tema di negozio (artt. 1441 e 1442 c.c.), sia in tema di delibere societarie (art. 2377,

comma 2o, c.c.), il termine per la impugnazione e le persone legittimate a proporre l’azione con-

trassegnano le ipotesi di annullabilita; al contrario, per le ipotesi di nullita, tanto in tema di negozio

(art. 1421 e 1422 c.c.) quanto in tema di delibere societarie (art. 2379 c.c.) l’azione di nullita non e

soggetta a termine e, allo stesso tempo, e legittimato ad esercitarla chiunque vi ha interesse, inoltre

la nullita puo essere rilevata d’ufficio dal giudice.11.2. Dottrina e giurisprudenza ravvisano l’essenza della nullita nella mancanza o nella grave

anomalia di qualche elemento intrinseco dell’atto, tale da non consentire la rispondenza alla figura

tipica individuata dall’ordinamento. La nullita e considerata lo strumento con cui la legge nega fon-

damento a quelle manifestazioni di volonta attraverso le quali si realizza un contrasto con lo

schema legale e con gli interessi generali dell’ordinamento. Di conseguenza, attraverso la sanzione

della nullita, l’ordinamento, esprimendo un giudizio di meritevolezza, nega la propria tutela a pro-

grammazioni che non rispondono a valori fondamentali.11.3. L’art. 1418 c.c. elenca una serie di ipotesi in cui il contratto, per gli specifici vizi in esso

previsti — in mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325, l’illiceita della causa, l’illiceita

dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dal-

l’art. 1346 — viene espressamente sanzionato con la nullita. Altre norme, poi, prevedono tale

sanzione ora nello stesso codice civile, ora in leggi specifiche (cfr. art. 1418, 3o comma).

268

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 269

11.4. Alcune norme di legge vietano il compimento di determinati negozi, senza pero stabilire la

specifica sanzione in caso di inosservanza del relativo divieto. Si parla in tali ipotesi di nullita cd.

virtuale, argomentandosi dal 1o comma dell’art. 1418 c.c., il quale dispone che ‘‘il contratto e nullo

quando e contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente’’. Cio vuol dire

che se la legge dispone diversamente, ossia una diversa sanzione (ad esempio, l’annullabilita), sara

questa sanzione a doversi applicare; se, pero, non e prevista una sanzione per la violazione di una

precisa norma imperativa, dovra applicarsi quella della nullita, in quanto cio e detto proprio nel 1o

comma dell’art. 1418.11.5. Regole esattamente inverse, invece, valgono in materia testamentaria, societaria e del la-

voro: in tali ambiti, infatti, e l’annullabilita ad essere virtuale, in quanto le ipotesi di nullita sono

specificamente limitate a singole e particolari ipotesi (per il testamento cfr. l’art. 606 c.c.; per le so-

cieta di capitali l’art. 2332 c.c.; per il rapporto di lavoro l’art. 2126 c.c.).12. In materia di condominio, la nullita non prevista e piuttosto una creazione della dottrina e

della giurisprudenza per impedire l’efficacia definitiva delle delibere mancanti degli elementi costi-

tutivi (o lesive dei diritti individuali): per la verita, fissare l’efficacia definitiva di una delibera gra-

vemente viziata per difetto di tempestiva impugnazione non sembra giusto.In assenza di specifica

previsione normativa, sembra logico doversi ammettere la nullita soltanto nei casi piu gravi.12.1. Al riguardo, nell’ambito del condominio negli edifici acquista rilevanza la distinzione tra

momento costitutivo e momento di gestione. Invero, l’espressione ‘‘condominio negli edifici’’ designa

tanto il diritto individuale sulle cose, gli impianti ed i servizi comuni attribuito ai proprietari dei

piani o delle porzioni di piano siti nel fabbricato, quanto l’organizzazione degli stessi proprietari,

cui e affidata la gestione delle parti comuni. I vizi riscontrabili nel momento costitutivo, che riflette

l’insorgenza del diritto individuale e la stessa situazione soggettiva di condominio, con conseguente

rilevanza della volonta individuale di ogni singolo partecipante, onde il principio e quello dell’auto-

nomia, che si avvale dello strumento negoziale, certamente sono piu gravi di quelli verificabili nel

momento di gestione, che riguarda l’organizzazione del condominio per quanto attiene le sole cose

comuni, dove vige il metodo collegiale e il principio maggioritario, che comportano la subordina-

zione della volonta dei singoli al volere dei piu.12.2. Come sopra accennato a favore della nullita della delibera per la mancata convocazione di

un solo condomino, si adducono due argomenti. Anzitutto, la lettera dell’art. 1136, comma 6o, c.c.,

secondo cui l’assemblea non puo deliberare se non consta che tutti i condomini sono stati invitati

alla riunione, mediante comunicazione di cui all’art. 66, 3o comma, disp. att. c.c.. Donde l’inferenza

che, in mancanza della convocazione anche di un solo condomino, non sussisterebbe il potere del-

l’assemblea di deliberare. Il principio maggioritario — si aggiunge — in tanto puo operare in

quanto tutti i condomini siano stati posti in condizioni di intervenire in assemblea, di partecipare

alla discussione e alla votazione. D’altra parte, si conclude, la convocazione non attiene al solo pro-

cedimento, perche nei confronti del non convocato il procedimento non inizia e quindi non puo veri-

ficarsi alcun errore in procedendo: la convocazione attiene alla sostanza della applicazione del

principio maggioritario.12.3. Gli argomenti non persuadono e nel sistema si rinvengono considerazioni contrarie di

maggior peso.Premesso che il procedimento di convocazione e unico e non si frantuma in tanti pro-

cedimenti quanti sono i singoli condomini da convocare, la lettera dell’art. 1136, comma 6o, c.c. non

raffigura un ostacolo insormontabile; la norma puo essere intesa, con riferimento alla funzione, nel

senso che la proposizione secondo cui l’assemblea non puo ‘‘validamente’’ deliberare se tutti i con-

domini non sono stati convocati, deve intendersi nel senso che, in difetto di convocazione di un con-

domino, la delibera non e definitivamente valida, essendo suscettibile di impugnazione (nel pre-

scritto termine di trenta giorni).12.4. La delibera approvata con il principio maggioritario non va confusa con la statuizione as-

sunta con il negozio plurilaterale. Mentre il negozio plurilaterale non e valido, se non vi parteci-

pano tutte le parti necessarie, contrassegno precipuo del principio maggioritario e la imputazione

all’intero collegio di quello che e il volere della maggioranza; quindi riconoscere l’efficacia della deli-

berazione sulla base delle maggioranze prescritte e non necessariamente sul fondamento della vo-

lonta di tutti i partecipanti. Se in base al metodo collegiale e al principio maggioritario si vincolano

anche tutti i condomini assenti o dissenzienti non deve menar scandalo la mancata convocazione di

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

un condomino il quale, peraltro, non resta privo di tutela, poiche puo impugnare quando la delibera

gli viene comunicata.12.5. Rileva poi la portata del collegato disposto degli artt. 1105, comma 3o, e 1109 n. 2 e p. ult.,

c.c., che, in tema di comunione, stabilisce l’impugnazione della delibera entro il termine di deca-

denza di trenta giorni nel caso di omessa preventiva informazione a tutti i partecipanti. E pur vero

che l’art. 1105 c.c. parla di preventiva informazione e non di convocazione. La terminologia diffe-

rente si spiega con la considerazione che nella comunione non e prevista l’assemblea, ma la sem-

plice riunione dei comproprietari interessati. Tuttavia la sostanza della norma e che il difetto di in-

formazione certamente assimilabile alla omessa convocazione — non configura una causa di nul-

lita, ma di semplice annullabilita. Da qui risulta ragionevole dubitare che l’art. 1136, comma 6o,

c.c., disciplinando la stessa fattispecie e usando un formula consimile, alla mancata convocazione

di un condomino ricolleghi non la annullabilita ma la conseguenza piu grave della nullita.13. A queste considerazioni specifiche conviene aggiungere argomenti desunti dalla teoria degli

atti giuridici.Come sopra detto, in generale, si considera nullo l’atto quando manca ovvero e grave-

mente viziato un elemento costitutivo, previsto secondo la configurazione normativa. Pertanto, a

causa dell’assenza ovvero del grave vizio dell’elemento considerato essenziale, l’atto si considera

inidoneo a dar vita alla nuova situazione giuridica, che il diritto ricollega al tipo legale, in confor-

mita con la sua funzione economico-sociale. Per contro, si considera annullabile l’atto in presenza

di carenze o di vizi ritenuti meno gravi, secondo la valutazione compiuta dall’ordinamento. Annul-

labile e, dunque, l’atto che non mancando degli elementi essenziali del tipo presenta vizi non gravi,

che lo rendono idoneo a dare vita ad una situazione giuridica precaria, che puo essere rimossa.13.1. In tema di deliberazioni delle societa di capitali, come e noto, le cause di nullita sono circo-

scritte (art. 2379 c.c.), in funzione della certezza dei rapporti societari, i quali riguardano un nu-

mero cospicuo di persone. Le stesse esigenze di certezza dei rapporti si rinvengono in tema di con-

dominio negli edifici, dove i rapporti riguardano i condomini, che raffigurano un numero di per-

sone maggiore di quelle che al singolo contratto sono interessate. Pertanto, appare corretto e coe-

rente con i principi limitare le cause di nullita ai vizi afferenti alla sostanza degli atti, vale a dire

alla impossibilita o alla illiceita dell’oggetto. Tanto la impossibilita giuridica quanto l’illiceita del-

l’oggetto derivano dal difetto di attribuzioni in capo all’assemblea, posto che la prima consiste nella

inidoneita degli interessi contemplati ad essere regolati dal collegio che delibera a maggioranza, ov-

vero a ricevere dalle delibere l’assetto stabilito in concreto, e la seconda si identifica con la viola-

zione delle norme imperative, dalle quali l’assemblea non puo derogare, ovvero con la lesione dei

diritti individuali, attribuiti ai condomini dalla legge, dagli atti di acquisto o dalle convenzioni.13.2. La formula dell’art. 1137 c.c. deve interpretarsi nel senso che per le deliberazioni contrarie

alla legge o al regolamento di condominio si intendono le delibere assunte dall’assemblea senza

l’osservanza delle forme prescritte dall’art. 1136 c.c. per la convocazione, la costituzione, la discus-

sione e la votazione in collegio, pur sempre nei limiti delle attribuzioni specificate dagli artt. 1120,

1121, 1129, 1132, 1135 c.c.. Sono inficiate da un vizio di forma le deliberazioni quando l’assemblea

decide senza l’osservanza delle forme procedimentali stabilite dalla legge per assicurare la parteci-

pazione di tutti i condomini alla formazione della volonta collettiva per gestire le cose comuni. Per-

tanto, se gli stessi condomini interessati ritengono che dal provvedimento approvato senza l’osser-

vanza delle forme prescritte non derivi loro un danno, manca il loro interesse a chiedere l’annulla-

mento. Il difetto di impugnazione in termine puo assumere significato di personale successiva ade-

sione alla delibera.13.3. Sul punto e opportuno soffermarsi brevemente. Per la verita, la configurazione della man-

cata convocazione del condomino come vizio procedimentale, da cui ha origine la semplice annulla-

bilita, non significa privare della tutela il condomino non convocato. Invero, essendogli riconosciuto

il potere di impugnare nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, egli ha modo di far valere

le sue ragioni. Peraltro, la configurazione proposta esclude il rischio che le delibere assembleari

possano essere impugnate anche dopo il trascorrere di un lunghissimo tempo, sol perche un requi-

sito formale non e stato osservato, con conseguenze gravissime sulla gestione del condominio.14. Un ultimo argomento proviene dal nuovo assetto dell’art. 2739 c.c. stabilito dalla riforma so-

cietaria.14.1. In attuazione dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega n. 366/2001, il d.lg. 17

gennaio 2003, n. 6, nel regolare le assemblee della societa per azioni, ha dettato nuove norme sui

270

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 271

vizi delle deliberazioni, modificando gli artt. 2377, 2378 e 2379 c.c. e aggiungendo due nuovi articoli,

2739-bis e 2739-ter, oltre l’art. 2734 bis. Il nuovo sistema ha innovato, in primo luogo, il regime di

invalidita degli atti, sotto il duplice profilo della causa e degli effetti, in entrambe le fattispecie di an-

nullabilita e nullita. In secondo luogo, ha modificato il procedimento di impugnazione delle delibere

invalide, in coerenza con le nuove norme sul processo in materia di diritto societario, e affiancando

all’azione reale una speciale azione personale e risarcitoria dei danni causati dalla deliberazione

viziata.14.2. Nel sistema adottato, la regola generale, come nel precedente assetto, e quella secondo cui

la violazione di legge o di statuto induce la annullabilita. Invece, la nullita consegue ad una serie di

violazioni particolarmente gravi della legge, e la relativa disciplina, anziche richiamare — come fa-

ceva il vecchio art. 2379 — le regole generali sulla nullita dei contratti, di cui agli artt. 1421, 1422 e

1423 c.c., contiene disposizioni particolari e introduce nuove ipotesi. Le ipotesi di nullita sono tre

(art. 2379) e per ciascuna e dettata una disciplina intesa al contenimento della fattispecie e delle

sue conseguenze; la disciplina comune consiste nella impugnabilita da parte di chiunque vi abbia

interesse nel termine di tre anni (con l’eccezione di ipotesi particolari) e alla rilevabilita d’ufficio,

nei casi e nei termini previsti.14.3. Secondo i primi commenti la riforma avrebbe privilegiato l’interesse della societa alla sta-

bilita delle delibere e l’esigenza del mercato alla stabilita dei rapporti giuridici, senza pregiudicare

peraltro l’interesse dei singoli soci a non subire dei pregiudizi per l’illegalita delle delibere sociali.15. Avuto riguardo alle considerazioni svolte e ai principi espressi, queste Sezioni Unite riten-

gono che debbano qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con og-

getto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere

con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti in-

dividuali sulle cose o sevizi comuni o sulla proprieta esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere

comunque invalide in relazione all’oggetto. Debbano, invece, qualificarsi annullabili le delibere con

vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a

quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in viola-

zione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione

o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarita nel procedimento di

convocazione, quelle che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all’og-

getto.16. Il contrasto giurisprudenziale, pertanto, va risolto affermandosi che la mancata comunica-

zione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta

non la nullita, ma l’annullabilita della delibera condominiale, che se non viene impugnata nel ter-

mine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, 3o comma, c.c. — decorrente per i condomini assenti

dalla comunicazione e per i condomini dissenzienti dalla sua approvazione — e valida ed efficace

nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.17. Il principio comporta, quindi, il rigetto del primo motivo di ricorso.18. Anche il secondo motivo e da rigettare, perche (come sopra detto) questa Corte ha costante-

mente affermato l’annullabilita ex art. 1137 c.c. della delibera il cui verbale contiene delle omissioni,

anche relative alla mancata individuazione dei singoli condomini assenzienti, dissenzienti, assenti e

al valore delle rispettive quote (Cass. 22.1.2000, n. 697; 29.1.1999, n. 810).19. Infine pure il terzo motivo e infondato, perche la delibera ha riguardato non la determina-

zione e fissazione dei criteri legali ovvero convenzionali per la ripartizione delle spese, ma, nell’am-

bito di tali prefissati criteri, la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative a lavori

straordinari ritenuti afferenti a beni comuni (posti auto e vano ascensore) e tassa di occupazione

di suolo. E stato sempre riconosciuto che la delibera, assunta nell’esercizio delle attribuzioni as-

sembleari previste dall’art. 1135, n. 2 e 3, c.c. relativa alla ripartizione in concreto delle spese con-

dominiali, ove adottata in violazione dei criteri gia stabiliti, deve considerarsi annullabile, non inci-

dendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell’art. 1123 c.c., e la relativa impugnazione va

proposta nel termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall’art. 1137 comma ultimo c.c. (v. Cass.

9 febbraio 1995, n. 1455; 8 giugno 1993, n. 6403; 1 febbraio 1993, n. 1213).20. In base alle considerazioni svolte, il ricorso va, quindi, rigettato, con condanna dei ricorrenti

in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.(omissis).

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

2.5. In materia di condominio la regola e l’annullabilita (mentre la nullita e l’ec-cezione).

Con una argomentazione interpretativa di tipo analogico-sistematico, le sez.un. risolvono la questione di diritto afferente il vizio inficiante la delibera condo-miniale di assemblea per la quale e stata omessa la comunicazione di convoca-zione a taluno dei condomini e, con l’occasione, stilano una classificazione delletipologie di vizi concernenti le delibere condominiali, qualificandone la naturapatologica.

Sotto il profilo pragmatico-fattuale, le SS.UU ritengono la soluzione dell’annul-labilita della delibera come la piu idonea a contemperare le contrapposte istanzedel condomino, il cui interesse e rappresentato dal riconoscimento dell’assolutae atemporale inidoneita delle delibere adottate con preterizione dell’obbligo dicomunicazione a produrre effetti, e del condominio, esponente dell’opposto inte-resse alla certezza dei rapporti giuridici condominiali e alla funzionalita, celeritae continuita delle relazioni intracondominiali e di quelle instaurate con soggettiterzi, riconoscendo come preponderante l’interesse portato dal condominio, re-stando, secondo la Corte, ad ogni modo impregiudicato l’esercizio della tutelagiurisdizionale da parte del condomino pretermesso dalla riunione assembleare,seppure nello stringente termine di trenta giorni dalla comunicazione della deli-bera.

Gli ampi ed elaborati profili argomentativi disegnati dalla Corte a fondamentodella statuizione appaiono il risultato di una decisione assunta ex ante per viapragmatica, sulla scorta di detto contemperamento delle contrapposte esigenzepratiche. A opinare diversamente, risulterebbe inesplicabile ‘‘l’offerta sacrificale’’compiuta dalla Corte del principio cardine del funzionamento degli organi colle-giali, id est la possibilita dei componenti di prendere parte alle riunioni, contri-buendo al processo di formazione (secondo regole democratiche) della volontacollegiale idonea a vincolare ciascun singolo membro.

La preclusione del diritto all’esercizio dei poteri spettanti al condomino nellaqualita e la privazione della possibilita di contribuire alla formazione della vo-lonta assembleare appaiono, infatti, suscettibili di essere sanzionate con la piagrave delle invalidazioni, atteso anche che la delibera assunta con omissione dicomunicazione dell’assemblea rappresenta nei confronti del condomino preter-messo res inter alios acta, in quanto tale insuscettibile di produrre effetti obbliga-tori nei di lui confronti.

Gli e, dunque, che la statuizione delle sez. un. appare piu attenta ai riflessipragmatici della qualificazione giuridica dell’invalidita sui rapporti condominialie sulle relazione con i soggetti terzi che ai profili generali e astratti strictu iure.

z 3. Il Supercondominio.

La giurisprudenza (cfr. in particolare Cass. n. 14791/2003) ha chiarito che ladisciplina applicabile al c.d. supercondominio, situazione ravvisabile in presenzadi un complesso di piu edifici che hanno in comune delle parti destinate al loroservizio, e quella relativa al condominio degli edifici, giacche — in considera-zione della relazione di accessorieta che si instaura per il collegamento materiale

272

La preponderanza

delle valutazioni

pragmatiche

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 273

o funzionale fra proprieta individuali e beni comuni — questi ultimi non sonosuscettibili, come invece nella comunione, di godimento od utilizzazione auto-nomi rispetto ai primi.

Si riporta di seguito il testo di Cass. 3 ottobre 2003 n. 14791 che ricostruisce intermini molto chiari la questione della disciplina applicabile al c.d. supercondo-minio.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1109e 1137 c.c., contestando la tesi dei giudici d’appello che hanno ritenuto applicabile nella specie

la disciplina del condominio e non della comunione, sul presupposto che la comproprieta del si-stema fognario integrasse una ipotesi di ‘‘supercondominio’’. Assume, invece, l’O. che gli artt.

61 e 62 delle disp. att. del codice civile — che costituiscono la base normativa su cui la giuri-

sprudenza e la dottrina hanno costruito l’istituto dei ‘‘supercondomini’’ — si riferiscono in realtaal caso in cui un unico condominio, composto da uno o piu edifici appartenenti per piani o por-

zioni di piani a proprietari diversi (e quindi costituenti un condominio), venga sciolto con la co-

stituzione di due o piu condomini separati e rimangano in comune agli originari partecipanti al-cune delle cose indicate nell’art. 1117 c.c.. Solo a queste entita — secondo il ricorrente — si ap-

plicherebbe la disciplina del condominio, e non ad una comproprieta, quale quella oggetto dicausa, cui dovrebbe applicarsi la ordinaria disciplina della comunione.

Con l’ultimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1105 c.c.

laddove la corte territoriale rileva pretese carenze e irregolarita che avrebbero caratterizzato la

delibera del 23 giugno 1994, mentre — riconoscendo l’applicabilita al caso della disposizione ci-

tata — avrebbe dovuto trarre la conseguenza della inammissibilita dell’impugnativa della deli-

bera, spettando ai partecipanti solo la possibilita di ricorso al tribunale ex art. 1105 c.c., in forza

del quale ‘‘se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa co-

mune, o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita,

ciascun partecipante puo ricorrere all’autorita giudiziaria affinche provveda in camera di consi-

glio, e possa — se del caso — nominare un amministratore’’.Il secondo e il terzo motivo, che vanno esaminati congiuntamente perche poggiano sul mede-

simo presupposto dell’applicabilita al caso di specie delle norme sulla comunione, sono infondati.Poiche la questione dibattuta in causa e se la destinazione del sistema fognario al servizio co-

mune di piu edifici determini una mera comunione su detto bene tra i vari partecipanti, ovvero

integri una ipotesi di ‘‘supercondominio’’, cui notoriamente si applicano in via estensiva le

norme sul condominio negli edifici, appare opportuno premettere alcuni principi fondamentali

elaborati da dottrina e giurisprudenza in tema di condominio e ‘‘supercondominio’’, che con-

sentono di fissare un criterio fondamentale idoneo a tracciare la linea di confine tra detti istituti

e quello della ordinaria comunione di beni.Va premesso che, con riferimento a fattispecie del tipo di quella in esame, la dottrina e in

pari misura divisa tra l’applicabilita delle norme sul condominio, ovvero di quelle sulla comu-

nione, mentre la giurisprudenza di questa corte — dopo alcune oscillazioni, con decisioni in

senso contrario piu risalenti (cfr. Cass. 20 giugno 1989, n. 2933) — e attualmente, in modo co-

stante, orientata a riconoscere alle fattispecie in parola l’applicabilita delle norme del condomi-

nio (cfr. Cass. 19 marzo 1994, n. 2609; 14 novembre 1996, n. 9982; 8 agosto 1996, n. 7286; 7 lu-

glio 2000, n. 9096).Il consolidato orientamento di questa corte — dal quale il collegio non ritiene di doversi di-

scostare — individua il presupposto fondamentale perche si instauri un diritto di condominio

su un bene comune, in quel particolare nesso che deve intercorrere tra tale bene (ovvero l’im-

pianto o il servizio) e le unita immobiliari a proprieta solitaria.L’art. 1117 c.c. contempla due differenti forme di collegamento tra i piani e le porzioni di

piano da una parte, e le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune, dall’altra: un collegamento

materiale e uno funzionale, consistente il primo nella incorporazione tra entita inscindibili, il se-

condo nella congiunzione tra res separabili. Il primo si manifesta come necessita per l’esistenza

o per l’uso (il tetto, le fondamenta, le scale, ecc.), che rende le cose in proprieta individuale e le

cose comuni inseparabili le une dalle altre, pur nella autonoma rilevanza giuridica. Il secondo

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

nesso, che si traduce nella destinazione all’uso o al servizio, ha luogo da una unione fisica sta-

bile tra le res, che tuttavia puo essere posta nel nulla senza grave deterioramento dei beni (im-

pianto di riscaldamento, tubature, ascensore, ecc.).Questo particolare collegamento tra i beni individuali e i beni comuni, cui l’ordinamento da

rilevanza giuridica ponendolo a fondamento del diritto di condomino, e stato definito in giuri-

sprudenza (Cass. 7 luglio 2000, n. 9096) come ‘‘relazione di accessorieta’’, espressione che tra-

duce in maniera unitaria e piu esauriente quei collegamenti desumibili dall’art. 1117 c.c., perche

racchiude in se sia il legame funzionale che la connessione materiale, in quanto l’accezione giu-

ridica dell’accessorieta — desumibile dalle varie disposizioni codicistiche che a diversi fini ne

fanno menzione — esprime, quanto alla funzione, il carattere complementare delle cose, degli

impianti e dei servizi comuni rispetto ai piani o alle porzioni di piano, nel senso che ne eviden-

zia la mancanza di una utilita fine a se stessa, e la subordinazione strumentale delle parti co-

muni; esprime inoltre la connessione materiale, che determina la mancanza di autonomia fisica

dei beni pur non escludendo il permanere della individualita giuridica.Se ricorre una relazione di accessorieta, nel senso sopra illustrato, tra beni, impianti o servizi

comuni, e beni di proprieta individuale, sui primi si instaura un diritto di condominio, mentre

se tale relazione non ricorre, i beni comuni che spettino pro — quota ai titolari di proprieta in-

dividuali insistenti su piani o porzioni di piano — quand’anche rivelino un qualche tipo di colle-

gamento con questi ultimi, diverso dal rapporto di accessorio a principale — non possono che

essere oggetto di ordinaria comunione.Il discrimine tra i due istituti e nella funzione strumentale che caratterizza i beni condomi-

niali, rispetto alla piena autonomia dei beni oggetto di semplice comunione. Le cose, gli im-

pianti ed i servizi di uso comune, contemplati dalle norme sul condominio negli edifici, non

sono suscettibili di autonoma utilita, perche sono o strutturalmente necessari alla stessa esi-

stenza del bene individuale, ovvero funzionalmente destinati a servizio di questo, in guisa che il

godimento dei beni comuni e strumentale al godimento (o al miglior godimento) del bene indi-

viduale. Per contro, ai beni in comunione difetta il carattere della strumentalita, perche il rap-

porto di comunione si esaurisce nella mera contitolarita dei diritti, e ciascuno dei contitolari e in

grado di godere direttamente del bene soddisfacendo in maniera immediata il proprio interesse,

sia pure con il limite giuridico della concorrenza delle altre quote.Ne puo indurre in errore sulla natura del diritto (di condominio o di comunione) la mera col-

locazione del bene o dell’impianto rispetto all’edificio: una piscina, dei campi da tennis, gli spazi

verdi, anche se nel comune parlare vengono spesso definiti ‘‘condominiali’’, non realizzano che

una comunione tra i partecipanti al condominio, perche detti beni — per quanto rendano piu

amena la porzione di proprieta solitaria o ne possano accrescere il valore economico al di la del

mero valore dell’impianto annesso — non risultano caratterizzati da quella relazione di accesso-

rieta rispetto alla proprieta solitaria, e ben possono essere oggetto di godimento totalmente

svincolato dal godimento di quest’ultima; non costituiscono parti necessarie per l’esistenza o

per l’uso delle unita abitative, ne destinate al loro uso o servizio. Senza queste cose in comune

le costruzioni esisterebbero ugualmente e potrebbero del pari essere utilizzate.Una volta stabilito quale sia l’elemento qualificante del diritto di condominio, e cioe la rela-

zione di accessorieta, e riconosciuto che — con riferimento al bene oggetto della presente con-

troversia (sistema fognario) esplicitamente menzionato nell’art. 1117 c.c. — non potrebbe porsi

in dubbio la ricorrenza del diritto di condominio, va tuttavia esaminato se tale conclusione

possa essere in qualche modo condizionata dalla particolare circostanza che detto bene e co-

mune non ad un edificio ma ad un complesso di edifici. Proprio a tale particolare strutturazione

il ricorrente vorrebbe ricollegare l’effetto della inapplicabilita della normativa sul condominio e

la sostituzione con quella sulla comunione, prendendo spunto da una interpretazione letterale

degli artt. 61 e 62 delle disp. att. del c.c., i quali consentirebbero la sopravvivenza di un condo-

minio ‘‘limitato’’ nel caso in cui l’originario unico condominio composto da uno o piu edifici ap-

partenenti per piani o porzioni di piani a proprietari diversi venga sciolto con la costituzione di

due o piu condomini separati, rimanendo in comune agli originari partecipanti alcune delle cose

indicate nell’art. 1117 c.c., mentre non autorizzerebbero una applicazione della regola in senso

inverso, allorche piu condomini autonomi sin dall’origine volessero instaurare un diritto di con-

dominio su beni o servizi comuni.

274

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 275

Orbene, osserva la corte che se l’elemento caratterizzante del diritto di condominio su beni,impianti o servizi comuni e rappresentato dalla esistenza della ricordata relazione di accesso-rieta rispetto alle proprieta solitarie, detta relazione ben puo esistere — ed avere la medesimarilevanza — con riferimento, non ad un solo edificio, ma a piu fabbricati che nella loro indivi-dualita costituiscono autonomi condomini, e cio senza che possa avere influenza il fatto che icondomini fossero sorti sin dall’origine autonomi o siano derivazione del frazionamento di uncondominio originariamente unico. Le citate disposizioni di attuazione del codice civile non for-niscono argomento che possa avallare la tesi del ricorrente, perche la loro concreta finalita equella di ribadire il principio generale (art. 1118 c.c.) che, anche in caso di scioglimento di uncondominio complesso in piu condomini autonomi, e preclusa la rinunzia al diritto sulle coseche inevitabilmente sono condominiali e tali restano, perche presentano quelle caratteristichedi accessorieta rispetto ai beni a proprieta esclusiva. E d’altra parte, se e impossibile rinunciareal diritto sui beni ‘‘condominiali’’ quando un condominio si fraziona in condomini autonomi,certamente tale diritto necessariamente si instaura anche nel caso in cui i titolari delle proprietasolitarie di piani o porzioni di piano di diversi corpi di fabbrica, costituiti sin dall’origine in auto-nomi condomini, abbiano deciso di asservire un unico bene, o impianto, al comune serviziodelle loro proprieta.

(omissis).

Tale tesi e stata, da ultimo ripresa da Cassazione civile, sez. II, 18 aprile 2005,n. 8066 secondo cui:

In considerazione del rapporto di accessorieta necessaria che lega le parti comuni dell’edificioelencate in via esemplificativa — se il contrario non risulta dal titolo — dall’art. 1117 c.c. alleproprieta singole, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la nozione dicondominio in senso proprio e configurabile non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendonoin senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (come in partico-lare le cosiddette case a schiera), in quanto siano dotate delle strutture portanti e degli impiantiessenziali indicati dal citato art. 117 c.c.; peraltro, anche quando manchi un cosı stretto nessostrutturale, materiale e funzionale, non puo essere esclusa la condominialita neppure per un in-sieme di edifici indipendenti, giacche, secondo quanto si desume dagli art. 61 e 62 disp. att. c.c.— che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possadividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi — e possibile la costituzione‘‘ab origine’’ di un condominio tra fabbricati a se stanti, aventi in comune solo alcuni elementi,o locali, o servizi o impianti condominiali; dunque, per i complessi immobiliari, che compren-dono piu edifici, seppure autonomi, e rimessa all’autonomia privata la scelta se dare luogo allaformazione di un unico condominio, oppure di distinti condomini per ogni fabbricato, cui si af-fianca in tal caso la figura di elaborazione giurisprudenziale del ‘‘ supercondominio ‘‘ al qualesono applicabili le norme relative al condominio in relazione alle parti comuni, di cui all’art.1117 c.c., come ad esempio le portinerie, le reti viarie residenziali, mentre restano soggette alladisciplina della comunione ordinaria le altre eventuali strutture, che sono invece dotate di unapropria autonomia, come ad esempio le attrezzature sportive, gli spazi di intrattenimento, i lo-cali di centri commerciali inclusi nel comprensorio comune.

z 4. La disciplina applicabile al c.d. condominio minimo (Cass. sez.Un. n. 2046/2006).

La disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applica-zione anche in caso di c.d. ‘‘condominio minimo’’, cioe di condominio compostoda due soli partecipanti?

In particolare, la questione di diritto, che le Sezioni Unite sono state chiamatea risolvere con la sentenza in esame e se, nel caso di edificio in condominio com-posto da due soli partecipanti (il cosiddetto ‘‘condominio minimo’’), il rimborso

La questione

risolta

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condominosta regolato dalla norma di cui all’art. 1134 c.c., che riconosce il diritto al rimiranosoltanto per le spese urgenti; ovvero se, in considerazione della peculiarita dellasituazione di fatto e di diritto configurata dalla presenza di due soli proprietari, edalla susseguente inapplicabilita del principio di maggioranza, la fattispecievenga ad essere regolata dalla norma dettata dall’art. 1110 c.c. per la comunionein generale, secondo cui il rimborso e subordinato alla mera trascuranza degli al-tri condomini.

Con la sentenza n. 2046/2006, le Sezioni Unite, accolgono la prima opzione in-terpretativa enunciando il seguente principio di diritto: ‘‘Nel caso di edificio incondominio composto da due soli condomini, il rimborso delle spese per la con-servazione delle parti comuni anticipate da un condomino e regolato dall’art.1134 c.c., e riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioe quelle che devonoessere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non puo essere differita senzadanno; e inapplicabile, invece, nella suddetta ipotesi l’art. 1110 c.c., il quale su-bordina il diritto al rimborso delle spese anticipate da uno dei comunisti allamera trascuranza degli altri condomini’’.

A sostegno di tale soluzione la Corte osserva che nessuna norma prevede l’i-napplicabilita al c.d. condominio minimo della disciplina detta per il condominionegli edifici che si instaura ipso iure, non appena i piani o porzioni di piano delfabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti in proprieta esclusiva,con un legame funzionale ed una connessione materiale con un certo numero dicose, impianti e servizi comuni (c.d. ‘‘relazione di accessorieta’’), aventi una uti-lita strumentale, diversa da quella finale della comunione in generale, che giusti-fica la disciplina differente da quella prevista dall’art. 1110 c.c., essendo comun-que, possibile il ricorso all’autorita giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 c.c., qualoranon si formi in concreto la maggioranza.

Si tratta di una soluzione che, come osservato in dottrina (cfr. Izzo, Il regimegiuridico delle spese anticipato nel c.d. condominio minimo) e coerente con i re-cente arresti giurisprudenziali in materia, da un lato, di super condominio(Cass. 18 aprile 2005, n. 8066, in Caringella, Garofoli, Giovagnoli, Giurispru-denza civile 2005) e, dall’altro, di riparto delle spese di riparazione del manto dicopertura di un viale di accesso all’edificio condominiale (utilizzato da tutti icondomini) che costituisca anche la copertura dei locali sottostanti di proprietadi un solo condomino (Cass. 14 settembre 2005, n. 18194. ‘‘In materia di condo-minio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accessoall’edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterraneidi proprieta esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione dellerelative spese non si puo ricorrere ai criteri previsti dall’art. 1126 c.c. (nel pre-supposto dell’equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell’immobile con-dominiale, ma al servizio di questo, ad una terrazza a livello), ma si deve, in-vece, procedere ad un’applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., il quale accollaper intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura com-plessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l’uso esclu-sivo della stessa determina la necessita della inerente manutenzione, in talsenso verificandosi un’applicazione particolare del principio generale dettatodall’art. 1123, comma 2, c.c.’’).

276

La soluzione delle

sez. un.

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 277

4.1. I termini del contrasto giurisprudenziale.

Il contrasto giurisprudenziale sulla questione in esame si e formato percheuna parte della giurisprudenza di legittimita sosteneva che, ‘‘con riguardo al rim-borso delle spese fatte da un condomino per le cose comuni, nel caso di un edifi-cio in condominio composto da due soli soggetti, non trova applicazione l’art.1134 c.c. il quale nega il diritto al detto rimborso al condomino in mancanza del-l’autorizzazione dell’assemblea o dell’amministratore (salvo che per le spese ur-genti) bensı la disposizione dell’art. 1110 c.c. in tema di comunione, onde al co-munista che abbia sostenuto delle spese necessarie per la conservazione dellacosa comune spetta il rimborso nei confronti degli altri partecipanti alla sola con-dizione che l’amministratore o gli altri partecipanti trascurino di provvedere, equindi anche nel caso di opposizione del compartecipante, la quale, implicandola volonta di non provvedere ai lavori, soddisfa pienamente alla condizione ri-chiesta dalla legge’’ (Cass. n. 5664/1988).

La tesi prevalente, poi recepita dalle Sezioni Unite con la sentenza in esam, so-steneva, invece, ‘‘l’inoperativita nei condomini c.d. minimi delle norme procedi-mentali sul funzionamento dell’assemblea condominiale ed alla conseguente-mente ritenuta applicabilita alla gestione di tali enti delle prescrizioni riguardantila amministrazione dei cespiti oggetto di comunione in generale la disapplica-zione con riferimento alle collettivita condominiali considerate della disposizionesostanziale dell’art. 1134 c.c., diretta ad impedire indebite e non strettamente in-dispensabile interferenze dei singoli partecipanti nella gestione del fabbricatocomune riservata agli organi del condominio: e cio tanto piu in quanto sono pre-visti dalla legge strumenti alternativi, approntati per consentire all’interessato diovviare alla eventualmente ingiustificata opposizione, o all’inazione delle contro-parti nella adozione e nell’esecuzione dei provvedimenti non urgenti, e tuttavianecessari per la conservazione ed il godimento dell’edificio in condominio’’(Cass. n. 5914/1993).

Le conseguenze pratiche derivanti dall’accoglimento dell’uno o dell’altro orien-tamento derivando dalla facolta piu ampia riconosciuta dall’art. 1110 c.c. al co-munista che puo legittimamente eseguire, senza il consenso dell’altro, le speseascrivibili a semplice trascuratezza, a fronte di quella, invece, piu ridotta del con-domino che e legittimato ex art. 1134 c.c. a provvedere alle sole spese urgenti.

4.2. La soluzione del contrasto: Cass. sez. un. n. 2046/2006.

La soluzione del contrasto operata dalle Sezioni Unite ha una portata che tra-scende la specificita della questione esaminata, perche delinea il principio infor-matore della materia che rileva non solo per il rimborso delle spese anticipate,non autorizzate o non deliberata, e, quindi, indirettamente per tutte le altre vi-cende condominiali riguardanti il c.c. condominio minimo e che, esemplificativa-mente, possono individuarsi nell’approvazione delle deliberazioni assembleari(1)

(1) Cfr. Cass. n. 4271/2001: ‘‘Nell’ipotesi di un condominio costituito da soli due condomini (cosiddetto con-

domini minimi) non si applica la disciplina dettata dall’art. 1136 c.c., la quale richiede per la regolare costitu-

Tesi minoritaria

Tesi prevalente

Conseguenze

pratiche dei due

orientamenti

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

e nella nomina dell’amministratore(2), per le quali si ripropone la stessa proble-matica dell’applicabilita o meno della disciplina dettata per il condominio.

La pronuncia in esame risulta, pertanto, apprezzabile perche offre un criterioermeneutico unitario del complesso normativo dettato per il condominio. Le Se-zioni Unite sottolineano la specificita del condominio, rispetto al genus comu-nione, in ragione della relazione di accessorieta che, esprimendo il legame fun-zionale e la connessione materiale delle parti di uso comune con le proprieta so-litarie, caratterizza giuridicamentre l’istituto del condominio, conferendogli cosıautonomia che e fondata sulla disciplina codicistica (artt. 1117-1139 c.c.), tenden-zialmente completa ed esaustiva rispetto al quella dettata per la comunione ingenerale, che puo trovare applicazione soltanto ‘‘per quanto non e espressa-mente previsto’’ (art. 1139 c.c.), con una previsione normativa che impone,quindi, uno scrutinio rigoroso, prima di optare per il ricorso eccezionale allenorme residuali.

In definitiva, quindi, secondo le Sezioni Unite, in un edificio composto da piuunita immobiliare di proprieta esclusiva la disciplina del condominio e applica-bile ogni qualvolta sia rimostrabile una relazione di accessorieta tra proprietaesclusiva e parti comuni; e irrilevante, invece, il numero delle persone che parte-cipano al condominio.

D’altra parte, sottolinea la sentenza, nessuna norma prevede che le disposi-zioni dettate per il condominio negli edifici non si applichino al ‘‘condominio mi-nimo’’, composto da due soli proprietari. Per la verita, le due sole norme concer-nenti il numero dei partecipanti riguardano la nomina dell’amministratore ed ilregolamento di condominio (L’art. 1129 c.c. fissa l’obbligatorieta della nominadell’amministratore quando i condomini sono piu di quattro;l’art. 1138 prevedeche il regolamento di condominio debba essere approvato dall’assembleaquando il numero dei condomini e superiore a dieci). Nessuna norma dettata inmateria di condominio contempla il numero minimo (due) dei condomini.Per-tanto, se nell’edificio ameno due piani o porzioni di piano appartengono in pro-prieta solitaria a persone diverse, il condominio — considerato come situazionesoggettiva o come organizzazione — sussiste sulla base della relazione di acces-sorieta tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendentemente dalnumero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificamente previsteper il condominio negli edifici.

Ne, in senso contrario, precisa ancora la sentenza vale evidenziare che alcunenorme di organizzazione dettate in materia di condominio, in particolare quelleche regolano il funzionamento dell’assemblea, presuppongono il metodo colle-giale e il principio maggioritario l’uno e l’altro inapplicabili in presenza di duesoli condomini.Sul punto, le Sezioni Unite replicano rilevando che nessunanorma contempla l’impossibilita, logica e tecnica, che le decisioni vengano as-sunte con un criterio diverso da quello maggioritario. In altre parole, nessuna

278

zione dell’assemblea e per la validita delle relative delibere maggioranze qualificate con riferimento al nu-

mero dei partecipanti al condominio ed in rapporto al valore dell’edificio condominiale; ma, in forza della

norma di rinvio contenuta nell’art. 1139 c.c., le deliberazioni di detto condominio, ivi comprese quelle atti-

nenti la nomina dell’amministratore, sono soggette alla regolamentazione prevista dagli art. 1105 e 1106 c.c.

per l’amministrazione della comunione in generale, di cui il condominio di edifici costituisce una specie.’’.

(2) Cfr. Cass. 3 agosto 1966, n. 2155; Cass. 19 ottobre 1961, n. 2246.

Rileva solo il

legame di

accessorieta

E irrilevante il

numero dei

condomini

Sulla presunta

incompatibilita tra

condominio

minimo e metodo

maggioritario

CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 279

norma impedisce che l’assemblea, nel caso di condominio formato da due solicondomini, si costituisca validamente con la presenza di tutti e due i condominie all’unanimita decida validamente. Dalla interpretazione logico — sistematicanon si ricava la necessita di operare sempre e comunque con il metodo collegialee con il principio maggioritario, quindi il divieto categorico di decidere con criteridiversi dal principio di maggioranza (per esempio, all’unanimita): si ricava la di-sciplina per il caso in cui non si possa decidere, a causa della impossibilita pra-tica di formare la maggioranza: il che vale non soltanto per il condominio mini-mo.La disposizione dell’art. 1136 c.c. e applicabile anche al condominio compostoda due soli partecipanti: peraltro, se non si raggiunge l’unanimita e non si decide,poiche la maggioranza non puo formarsi in concreto diventa necessario ricorrereall’autorita giudiziaria, siccome previsto ai sensi del collegato disposto degli artt.1105 e 1139 c.c..L’ipotesi del condominio minimo, del resto, e del tutto simile,sotto tale profilo, ad altre, nelle quali la maggioranza in concreto non si forma. Sipensi al caso del condominio composto da piu partecipanti, in cui gli schiera-menti opposti si equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza;oppure al caso di un condominio, del pari composto da piu partecipanti, in cuiun impianto risulti destinato al servizio di due soli condomini, i quali da soli sonochiamati a deliberare sulla gestione. In entrambi i casi, se in concreto la maggio-ranza non si forma si ricorre all’autorita giudiziaria ex art. 1105 c.c. cit.

4.3. La sentenza delle Sezioni Unite.

Si riporta di seguito la motivazione della sentenza

Cass. sez. un. 31 gennaio 2006, n. 2046(omissis)1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui

agli artt. 1110 e 1134 c.c., poiche erroneamente la sentenza della Corte d’Appello aveva ritenuto

applicabile al condominio costituito da due soli partecipanti la disposizione di cui all’art. 1134

c.c., anziche quella prevista dall’art. 1110 c.c., ragion per cui al condomino, che aveva sostenuto

le spese necessaire per la conservazione delle cose comuni, doveva riconoscersi il diritto al rim-

borso alla sola condizione della trascuranza dell’altro partecipante. Con il secondo motivo, il ri-

corrente lamenta la violazione della L. 14 maggio 1981, n. 219, artt. 9, 10, 12 e 14 e successive

modificazioni, perche erroneamente la sentenza impugnata non aveva considerato la deroga

alle norme civilistiche apportate dalle norme speciali, con il diritto del condomino di procedere

all’esecuzione delle opere, in sostituzione ed a spese del proprietario inadempiente. Con il terzo

motivo, infine, il ricorrente censura ancora la violazione delle norme speciali ricordate sopra,

che dalla sentenza impugnata non erano state ritenute applicabili a tutti gli immobili danneg-

giati dal sisma, in ragione dello stato di urgenza dei lavori per adeguare gli edifici alla normativa

antisismica, a pena di decadenza dal beneficio del sussidio statale.2.1. La questione di diritto, che le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere per decidere la

controversia, e se, nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti (il cosid-

detto ‘‘condominio minimo’’), il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni

anticipate da un condomino sta regolato dalla norma di cui all’art. 1134 c.c., che riconosce il di-

ritto al rimirano soltanto per le spese urgenti; ovvero se, in considerazione della peculiarita

della situazione di fatto e di diritto configurata dalla presenza di due soli proprietari, e dalla sus-

seguente inapplicabilita del principio di maggioranza, la fattispecie venga ad essere regolata

dalla norma dettata dall’art. 1110 c.c. per la comunione in generale, secondo cui il rimborso e

subordinato alla mera trascuranza degli altri condomini.

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

Il diverso regime del rimborso delle spese anticipate dal condomino e dal comproprietario, a

seguito della inerzia degli altri partecipanti (o dell’amministratore) — e noto — si fonda sul di-

verso presupposto oggettivo dell’urgenza e della trascuranza.In materia di condominio negli edifici, il concetto di urgenza, impiegato nell’art. 1134 c.c.,

viene ricavato dal significato proprio della parola, che designa la stretta necessita: la necessita

immediata ed impellente. Afferma la giurisprudenza che, ai fini dell’applicabilita dell’art. 1134

c.c. concernente il rimborso delle spese per le cose comuni fatte da un condomino, va conside-

rata urgente la spesa, che deve essere eseguita senza ritardo (Cass., sez. II, 26 marzo 2001,

n. 4364); la spesa, la cui erogazione non puo essere differita senza danno o pericolo, secondo il

criterio del buon padre di famiglia (Cass., sez. II, 12 settembre 1980, n. 5256).Trascuranza, invece, significa negligenza, trascuratezza, omessa cura come si dovrebbe. Rela-

tivamente alle spese necessarie per la conservazione delle cose comuni, l’art. 1110 cit. riconduce

il diritto al rimborso alla semplice inattivita (Cass., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10738).Il maggior rigore della disciplina in tema di condominio negli edifici rispetto alla comunione

dipende dalla diversa utilita dei beni, che formano oggetto dei differenti diritti; l’utilita strumen-

tale per i beni in condominio e l’utilita finale per i beni in comunione. La indivisibilita dei beni

in condominio (art. 1119 c.c.) dipende dalla utilita strumentale, essendo strettamente legata al

godimento delle unita immobiliari. Dalla virtuale perpetuita del condominio deriva l’opportunita

che i condomini non interferiscono nella amministrazione delle parti comuni dell’edificio. Dalla

normale divisibilita nella comunione, invece, segue che il comunista insoddisfatto dell’altrui

inattivita, se non vuole chiedere lo scioglimento (art. 1111 c.c.), puo decidere di provvedere per-

sonalmente.2.2. L’espressione ‘‘condominio’’ designa il diritto soggettivo di natura reale (la proprieta co-

mune) concernente le parti dell’edificio di uso comune e, ad un tempo, l’organizzazione del

gruppo dei condomini, composta essenzialmente dalle figure dell’assemblea e dell’amministra-

tore: organizzazione finalizzata alla gestione delle cose, degli impianti e dei servizi.La specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici — la tipicita, che distingue l’isti-

tuto dalla comunione di proprieta in generale e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo

— si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui di-

ritti, dei quali i beni formano oggetto (la proprieta esclusiva e il condominio). Le norme dettate

dagli artt. 1117, 1139 c.c. si applicano all’edificio, nel quale piu piani o porzioni di piano appar-

tengono in proprieta solitaria a persone diverse e un certo numero di cose, impianti e servizi di

uso comune sono legati alle unita abitative dalla relazione di accessorieta. L’art. 1117 c.c., elen-

cati a titolo esemplificativo talune cose, impianti e servizi di uso comune, stabilisce che ‘‘sono

oggetto di proprieta comune’’... ‘‘in genere tutte le parti dell’edificio necessarie per l’uso co-

mune’’ (n. 1); i locali destinati ‘‘per simili servizi in comune’’ (n. 2); le opere, le istallazioni, i ma-

nufatti ‘‘di qualunque genere che servono all’uso o al godimento comune’’.Secondo l’interpretazione consolidata, ai fini della attribuzione del diritto di condominio la

norma conferisce rilevanza al collegamento tra le parti comuni e le unita immobiliari in pro-

prieta solitaria:collegamento, che puo essere materiale o funzionale. Il primo tipo di legame, consistente

nella incorporazione tra entita inscindibili, ovvero nella congiunzione stabile tra entita separa-

bili, si concreta nella necessita delle cose, dei servizi e degli impianti per l’esistenza o per l’uso

dei piani o delle porzioni di piano; il secondo si esaurisce nella destinazione funzionale delle

parti comuni all’uso o al servizio delle unita immobiliari (tra le tante: Cass., sez. II, 9 giugno

2000, n. 7889). Il collegamento tra beni propri e comuni, consistente nella necessita per l’esi-

stenza o per l’uso, ovvero nella destinazione all’uso o al servizio, si definisce come relazione di

accessorieta, perche l’espressione mette in evidenza, ad un tempo, il legame funzionale e la

connessione materiale. Il termine accessorieta, sul piano funzionale, enuncia il difetto di utilita

fine a se stessa e la subordinazione strumentale delle parti comuni; esprime, altresı, la connes-

sione materiale, che determina la mancanza di autonomia fisica dei beni comuni rispetto ai beni

in proprieta esclusiva e, nondimeno, non esclude la loro perdurante individualita giuridica nel-

l’orbita della incorporazione o della relazione stabile.Il regime del condominio negli edifici — inteso come diritto e come organizzazione — si

istaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono piu piani o porzioni di piano, che apparten-

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CAPITOLO IV – GIURISPRUDENZA RILEVANTE IN MATERIA DI CONDOMINIO 281

gono in proprieta esclusiva a persone diverse, ai quali dalla relazione di accessorieta e legato

un certo numero di cose, impianti e servizi comuni. Il condominio si costituisce (ex lege) non

appena, per qualsivoglia fatto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad

appartenere a soggetti differenti.Segue che, in un edificio composto da piu unita immobiliari appartenenti in proprieta esclu-

siva a persone diverse, la disciplina delle cose, degli impianti e dei servizi di uso comune, legati

ai piani o alle porzioni di piano dalla relazione di accessorieta, sia per quanto riguarda la dispo-

sizione sia per cio che concerne la gestione, e regolata dalle norme sul condominio.In definitiva,

l’esistenza del condominio e l’applicabilita delle norme in materia non dipende dal numero

delle persone, che ad esso partecipano.Prima di chiudere sul punto, conviene ribadire le ragioni, che determinano la disciplina diffe-

rente del condominio e della comunione in generale. La ragione di fondo e la diversa utilita dei

beni, che formano oggetto del condominio e della comunione: rispettivamente, l’utilita strumen-

tale e l’utilita finale. Le parti comuni dal codice sono considerate beni strumentali al godimento

dei piani o delle porzioni di piano in proprieta esclusiva; cose in comunione costituiscono beni

autonomi, suscettibili di utilita fine a se stessa e come tali sono considerate.2.3. D’altra parte, nessuna norma prevede che le disposizioni dettate per il condominio

negli edifici non si applichino al ‘‘condominio minimo’’, composto da due soli proprietari.

Per la verita, le due sole norme concernenti il numero dei partecipanti riguardano la nomina

dell’amministratore ed il regolamento di condominio (L’art. 1129 c.c. fissa l’obbligatorieta

della nomina dell’amministratore quando i condomini sono piu di quattro; l’art. 1138 prevede

che il regolamento di condominio debba essere approvato dall’assemblea quando il numero

dei condomini e superiore a dieci). Nessuna norma dettata in materia di condominio con-

templa il numero minimo (due) dei condomini.Pertanto, se nell’edificio ameno due piani o porzioni di piano appartengono in proprieta soli-

taria a persone diverse, il condominio — considerato come situazione soggettiva o come orga-

nizzazione — sussiste sulla base della relazione di accessorieta tra cose proprie e comuni e, per

conseguenza, indipendentemente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme

specificamente previste per il condominio negli edifici.2.4. Si contesta l’applicabilita di talune delle norme di organizzazione (artt. 1120, 1121, 1129,

1130, 1131, 1132, 1133, 1135, 1136, 1137, 1138 c.c.), specialmente di quelle riguardanti il funzio-

namento del collegio sulla base del principio di maggioranza.Cio sulla base dell’asserita inapplicabilita del metodo collegiale e del principio maggioritario

in presenza di due soli condomini.Ma non e esatta l’affermazione che l’impossibilita di impiegare il principio maggioritario

renda inapplicabili ai condomini minimi le norme procedimentali sul funzionamento dell’as-

semblea e determini automaticamente il ricorso alle norme sulla comunione in generale (tra le

altre: Cass., sez. n, 30 marzo 2001, n. 4721; Cass., sez. II, 26 maggio 1993, n. 5914; Cass., sez. U,

6 febbraio 1978, n. 535; Cass., sez. n, 24 aprile 1975, n. 1604).Nessuna norma contempla l’impossibilita, logica e tecnica, che le decisioni vengano assunte

con un criterio diverso da quello maggioritario. In altre parole, nessuna norma impedisce che

l’assemblea, nel caso di condominio formato da due soli condomini, si costituisca validamente

con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimita decida validamente. Dalla interpreta-

zione logico — sistematica non si ricava la necessita di operare sempre e comunque con il me-

todo collegiale e con il principio maggioritario, quindi il divieto categorico di decidere con criteri

diversi dal principio di maggioranza (per esempio, all’unanimita): si ricava la disciplina per il

caso in cui non si possa decidere, a causa della impossibilita pratica di formare la maggioranza:

il che vale non soltanto per il condominio minimo.La disposizione dell’art. 1136 c.c. e applicabile anche al condominio composto da due soli

partecipanti: peraltro, se non si raggiunge l’unanimita e non si decide, poiche la maggioranza

non puo formarsi in concreto diventa necessario ricorrere all’autorita giudiziaria, siccome previ-

sto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c.L’ipotesi del condominio minimo e del tutto simile ad altre, nelle quali la maggioranza in con-

creto non si forma. Si pensi al caso del condominio composto da piu partecipanti, in cui gli

schieramenti opposti si equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza; oppure al

PARTE SECONDA – DIRITTI REALI

caso di un condominio, del pari composto da piu partecipanti, in cui un impianto risulti desti-

nato al servizio di due soli condomini, i quali da soli sono chiamati a deliberare sulla gestione.

In entrambi i casi, se in concreto la maggioranza non si forma si ricorre all’autorita giudiziaria

ex art. 1105 c.c. cit.A fortiori non sussistono ostacoli all’applicazione anche al condominio minimo delle norme

concernenti la situazione soggettiva (artt. 1117, 1118, 1119, 1122, 1123, 1124, 1135, 1136, 1137,

1138 c.c.) Quindi, nulla osta che nel caso delle spese anticipate da un condomino trovi applica-

zione l’art. 1134 c.c. Per la verita, il contemperamento di interessi dettato da questa disposizione

si fonda sulla relazione di accessorieta tra beni propri e comuni, essendo la disciplina del rim-

borso delle spese per le cose, gli impianti ed i servizi comuni dell’edificio stabilita in funzione

del carattere strumentale di queste parti rispetto al godimento dei piani o delle porzioni di

piano in proprieta solitaria, avuto riguardo alla necessita che i condomini sulla gestione interfe-

riscano il meno possibile.2.5. In conclusione, il condominio si istaura, sul fondamento della relazione di accessorieta

tra le cose, gli impianti ed i servizi rispetto ai piani o le porzioni di piano in proprieta solitaria,

ogni qual volta nel fabbricato esistono piu piani o porzioni di piano in proprieta esclusiva; la re-

lazione di accessorio a principale conferisce all’istituto la fisionomia specifica, per cui si diffe-

renzia dalla comunione e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo; d’altra parte, nessuna

disposizione prevede l’inapplicabilita delle norme concernenti il condominio negli edifici al

‘‘condominio minimo’’, composto da due soli partecipanti, posto che le sole norme in materia

concernenti il numero dei condomini riguardano la nomina dell’amministratore e la formazione

del regolamento (gli artt. 1129 e 1138 c.c.). Tutto cio considerato, nel caso di edificio in condomi-

nio composto da due soli condomini (il cosiddetto ‘‘condominio minimo’’), il rimborso delle

spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino viene ad essere re-

golato dalla norma stabilita dall’art. 1134 c.c., da cui il diritto al rimborso e riconosciuto soltanto

per le spese urgenti: ovverosia, soltanto per le spese impellenti, che devono essere eseguite

senza ritardo e la cui erogazione non puo essere differita senza danno.Il primo motivo di ricorso deve essere respinto.3. Deve essere rigettato, del pari, il secondo motivo, che al primo e strettamente connesso.La

L. speciale 14 maggio 1981, n. 219 non deroga affatto alle disposizioni del codice civile in mate-

ria di condominio. Al contrario, la L. speciale, art. 12 c.p.v., ultimo conferma che le deliberazioni

collegiali concernenti le opere di ricostruzione o di riparazione devono essere approvate con la

maggioranza di cui all’art. 1136 c.c., comma 2: in piena conformita, quindi, con quanto dispone

in generale lo stesso art. 1136 c.c., comma 4, per la ricostruzione dell’edificio o le riparazioni

straordinarie di notevole entita.Allo stesso tempo, le norme concernenti i contributi per la riparazione degli immobili non ir-

rimediabilmente danneggiati riguardano, di regola, i soggetti titolari del diritto di proprieta alla

data del sisma (legge citata, art. 10). Peraltro, i contributi per la riparazione previsti in favore

del proprietario, a norma della legge citata, art. 11, possono essere assegnati eccezionalmente

anche al conduttore o ad altri detentori alla duplice condizione che: a) sia decorso il termine di

90 giorni dalla comunicazione, con lettera raccomandata, che i predetti soggetti sono tenuti a in-

viare al proprietario, di voler eseguire direttamente le opere necessaria senza che il proprietario

abbia presentato al sindaco la prescritta domanda di autorizzazione; b) nel termine di 90 giorni

dall’autorizzazione del sindaco, il proprietario non abbia dato inizio ai lavori.Nella specie, nes-

suna di tali modalita procedimentali si deduce essere stata osservata.4. Appare del tutto nuovo e, come tale, inammissibile il terzo motivo di ricorso.E risaputo

che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilita, questioni

che siano gia comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, non essendo prospetta-

bili per la prima volta in sede di legittimita questioni nuove e nuovi temi non trattati nella fase

di merito. Orbene, non risulta prospettata in appello la doglianza concernente l’urgenza ex se

delle opere occorrenti per adeguare l’edificio alla normativa antisismica, posto che in sede di

gravame C.N., con il primo motivo aveva lamentato la mancata ammissione della richiesta con-

sulenza tecnica indispensabile per valutare l’applicabilita nella fattispecie della disposizione di

cui all’art. 1110 c.c. e, con il secondo, aveva censurato l’affermazione circa l’insussistenza della

prova relativa alla ultimazione dei lavori.

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