CAPITOLO II QUALE SPIRITO OVVERO LA PRESENZA … · Dostoevskij, ha saputo magistralmente evocare...

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502 A. JOOS (OCICP4SB) (edizione 2010) TEOLOGIA DELL’ORIENTE CRISTIANO: UNA INTRODUZIONE OGGI PARTE IV – PNEUMATOLOGIA ORIENTALE - IN ORIENTE: APRIRSI AL MISTERO E ALLA PRESENZA DELLO SPIRITO SANTO – IN OCCIDENTE: REALIZZARE EFFICACEMENTE L’OPERA DELLA REDENZIONE NELLA GRAZIA DIVINA CAPITOLO II QUALE SPIRITO OVVERO LA PRESENZA RIVELATIVA DELLO SPIRITO: DALLA PIENEZZA DI LIBERTÀ NELLO SPIRITO SANTO ALLA SUA PRESENZA EPICLETICA ▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣ WHICH HOLY SPIRIT: HIS REVELATION AS ‘FREEDOM’ IN THE SPIRIT AND EPICLETIC PRESENCE INTRODUZIONE LE VIE DELLO SPIRITO SANTO E LA MEDITAZIONE DELL’ORIENTE CRISTIANO SULLA CHIESA E SULLA PRESENZA COME MISTERIOSO ‚DONO‛ GRATUITO ▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪▬▪ Molte delle polemiche tra occidente ed oriente si sono focalizzate sia sulla ‘processione’ dello Spirito Santo con il ‘Filioque’ (cfr supra, il capitolo precedente) sia sulla questione della presenza dello Spirito dall’’epiclesi’. Ma la rivelazione dello Spirito, o -cioè- l’intento primario dello Spirito svela una sua chiave preliminare come -si direbbe- ‘precondizione’ della Sua attuazione rivelativa in seno al percorso umano: il dono per eccellenza nella sua gratuità che si riassume come ‘libertà nello Spirito’, somma conferma della Sua presenza misteriosa come ‘Persona’. Come per la nostra prospettiva cristologica, dalla ‘non conflittualità’ tra Dio e l’umanità nella filiazione divina si traccia la via della ‘non resistenza in Cristo’, corrisponde pneumatologicamente dalla processione divina la ‘libertà nello Spirito’. Vedremo poi che il percorso di de-possessione di Cristo si rieccheggia nell’«economia dello Spirito» -dalla Sua stessa dinamica profetica in seno alla storia (cfr infra, il capitolo seguente). 1° LO SPIRITO SANTO RIVELA LA PIENEZZA DELLA LIBERTÀ La ‘libertà’ è la chiave che meglio intreccia la chiave cristologica con quella pneumatologica. La ragion d’essere di Cristo è di portare la ‘libertà nello Spirito’. Niente sarà da considerare ‘superiore’ o ‘vincolante’ di fronte ad essa, neanche l’autorità di un concilio ecumenico, come testimoniò Gregorio di Nissa -cantore per eccellenza dellimmagine di Dio come ‘libertà nello Spirito’- declinando una sua participazione ad esso: non è il concilio che garantisce l’operato dello Spirito ma è lo Spirito che può concedere la Sua libera presenza nel consenso

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A. JOOS (OCICP4SB) (edizione 2010) TEOLOGIA DELL’ORIENTE CRISTIANO: UNA INTRODUZIONE OGGI

PARTE IV – PNEUMATOLOGIA ORIENTALE - IN ORIENTE: APRIRSI AL MISTERO E ALLA PRESENZA

DELLO SPIRITO SANTO – IN OCCIDENTE: REALIZZARE EFFICACEMENTE L’OPERA DELLA REDENZIONE

NELLA GRAZIA DIVINA

CAPITOLO II

QUALE SPIRITO OVVERO LA PRESENZA

RIVELATIVA DELLO SPIRITO: DALLA PIENEZZA DI

LIBERTÀ NELLO SPIRITO SANTO ALLA SUA

PRESENZA EPICLETICA

▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣▣

WHICH HOLY SPIRIT: HIS REVELATION AS ‘FREEDOM’ IN THE SPIRIT AND EPICLETIC PRESENCE

INTRODUZIONE

LE VIE DELLO SPIRITO SANTO E LA MEDITAZIONE DELL’ORIENTE CRISTIANO SULLA

CHIESA E SULLA PRESENZA COME MISTERIOSO ‚DONO‛ GRATUITO

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Molte delle polemiche tra occidente ed oriente si sono focalizzate sia sulla ‘processione’

dello Spirito Santo con il ‘Filioque’ (cfr supra, il capitolo precedente) sia sulla questione della

presenza dello Spirito dall’’epiclesi’. Ma la rivelazione dello Spirito, o -cioè- l’intento primario

dello Spirito svela una sua chiave preliminare come -si direbbe- ‘precondizione’ della Sua

attuazione rivelativa in seno al percorso umano: il dono per eccellenza nella sua gratuità che si

riassume come ‘libertà nello Spirito’, somma conferma della Sua presenza misteriosa come

‘Persona’. Come per la nostra prospettiva cristologica, dalla ‘non conflittualità’ tra Dio e l’umanità

nella filiazione divina si traccia la via della ‘non resistenza in Cristo’, corrisponde

pneumatologicamente dalla processione divina la ‘libertà nello Spirito’. Vedremo poi che il

percorso di de-possessione di Cristo si rieccheggia nell’«economia dello Spirito» -dalla Sua stessa

dinamica profetica in seno alla storia (cfr infra, il capitolo seguente).

1° LO SPIRITO SANTO RIVELA LA PIENEZZA DELLA LIBERTÀ

La ‘libertà’ è la chiave che meglio intreccia la chiave cristologica con quella

pneumatologica. La ragion d’essere di Cristo è di portare la ‘libertà nello Spirito’. Niente sarà da

considerare ‘superiore’ o ‘vincolante’ di fronte ad essa, neanche l’autorità di un concilio

ecumenico, come testimoniò Gregorio di Nissa -cantore per eccellenza dellimmagine di Dio come

‘libertà nello Spirito’- declinando una sua participazione ad esso: non è il concilio che garantisce

l’operato dello Spirito ma è lo Spirito che può concedere la Sua libera presenza nel consenso

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dell’insiemità autentica dei partecipanti (cfr infra - la parte 5° sull’ecclesiologia orientale) 1. Si dirà

che lo Spirito ha ‘una certa ossessione’ di libertà al di là di due estremi: chi aspetta dallo Spirito un

‘aiuto’ per ciò che si è pianificato e chi aspetta dallo Spirito che Egli si faccia carico di tutto 2.

DA CRISTO ALLO SPIRITO, LA ‘LIBERTÀ DELL’ANIMA’

I più impietosi oppositori a Cristo sono coloro che rifiutano ciò che Egli offre di più eccelso:

la ‘libertà’ nell’anima. Uno dei migliori divulgatori dell’intuito cristiano orientale, Fëdor

Dostoevskij, ha saputo magistralmente evocare questo irriducibile rifiuto di Cristo ‘dal di dentro’

del messaggio cristiano in mano a potenti esponenti del potere clericale, nella sua famosa

‘leggenda del Grande Inquisitore’. Ciò che lo sventurato ‘pellegrino’ ha offerto di più inaccettabile

per l’Inquisitore è ‘quella Sua libertà’. La ‘leggenda’ ci evoca questa visita imprevista ed improvvisa

di Cristo sotto le sembianze di un povero ed indifeso pellegrino per le strade della città di Sevilla 3.

1 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Discord in the Church and freedom of conscience, (Translation, 1999 by A. N. Smirensky), in «Internet» 2009,

http://www.holy-trinity.org/ecclesiology/berdyaev-discord.html: «Even an Ecumenical Council, Orthodoxy's highest organ, does not enjoy

formal authority. An Ecumenical Council does not have formal and juridical signs, consciously discernable, does not have a legalistic status.

A Council should not be made into an idol or an absolute. A Council could be a Robber Council, having all signs of legitimacy. Well-known is

a sharp criticism of St. Gregory of Nyssa who did not want to attend them. An authentic Ecumenical Council is one in which the Holy Spirit is

truly present. The authenticity and the spirituality of an Ecumenical Council is being discerned and affirmed by the free conscience of the

people of the Church. The Holy Spirit acts within the Church's people, in the Church's sobornost' (catholicity) and makes a distinction

between truth and falsehood, between authenticity and imitation».

2 J. Zizioulas, ‘Come, Holy Spirit, Sanctify Our Lives!’, in «Internet» 2009, (Greek Orthodox Archdiocese of America), http://www.goarch.org/

ourfaith/ourfaith8142: «The cry for transformation and sanctification corresponds to the deepest longings and desires of the human being.

The world as it is, our existence, as it actually is, needs transformation. We cannot be content with things as they are. We must change

ourselves and the way things are; but how? Two Avenues. There are two ways of asking the Holy Spirit to be involved in any process of

transformation leading to holiness. One is to ask him to assist with our efforts. This is the way of ethics: we do the planning, we make the

efforts, and the Spirit is asked to help. The other way is to leave everything to the Spirit. We do nothing but pray, and leave everything to the

Spirit. Both of these extremes are wrong, but of these two the first one is probably the one we have to watch out for more carefully at this

time of widespread rationalism and planning. The Spirit seems to have an obsession with freedom. He blows where he wills, and does not

like to be told what to do. We must certainly try, and we must definitely do our best, but when we pray for the Spirit to come we must be

prepared for the unexpected. Our computers may well prove to be wrong or even useless».

3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 307-309 (V. I) / pp. 332-334

(V. I): «Grazie alla Sua pietà infinita, Egli passa ancora una volta fra gli uomini in quella stessa forma umana, in cui s’era aggirato fra loro per

trentatre anni quindici secoli prima. Egli scende alle «piazze infocate» della città del Sud, nella quale al più tardi il giorno prima, in un

«grandioso autodafé»; a cui assistevano il re, la corte, cavalieri, cardinali e seducentissime dame del seguito, ed era presente, in una folla

innumerevole, l'intera Siviglia, era stato arso in blocco dal cardinale «grande inquisitore» un buon centinaio d'eretici ad majorem gloriam Dei.

Egli appare in sordina, inavvertitamente, ed ecco che tutti (cosa strana!) Lo riconoscono. Questo potrebb'essere mo dei luoghi migliori del

poema: dove si vedesse, cioè, in che modo propriarnente Lo riconoscano. Spinto da una forza inresistibile, il popolo si protende a Lui, Lo

circonda, Gli s'addensa intorno, Lo segue. In silenzio, Egli passa tra mezzo con in lieve sorriso d'infinita pietà. Un sole d'amore arde nel Suo

cuore, e raggi di Luce, di Sapienza e di Potenza fluiscono dai Suoi occhi, e riversandosi sughi uomini, fanno fremere d'amore, di rimando, i

loro cuori. Egli tende a loro le braccia, li benedice, e dal contatto di Lui, foss'anche appena dei Suoi vestimenti, emana ma forza risanatrice.

Dalla folla ecco gridare un vecchio, cieco fin dall’infanzia: «Signore, guariscimi, cosí anch'io Ti vedrò»; ed ecco che una specie di squama

scivola giù dai suoi occhi, e il cieco Lo vede. La gente piange e bacia la terra su cui Egli cammina. I bambini Gli gettano innanzi dei fiori,

cantano e inneggiano a Lui: Osanna! «è Lui, è proprio Lui», ripetono tutti, «dev'essere Lui, non può essere altri che Lui ».Eghi si ferma

all'ingresso della cattedrale di Siviglia nel preciso momento in cui recano al tempio, fra i pianti, una bianca, aperta cassettina di bimbo: c'è

dentro una bambinetta di sett'anni, unica figlia d'un maggiorente della città. Il cadaverino è tutto nicoperto di fiori. «Egli resusciterà la tua

creatura», gridano di tra ha folla alla madre piangente. Uscito incontro ah morto, il titolare della cattedrale guarda attonito e aggrotta le

ciglia. Ma ecco prorompere il pianto della madre della morticina. Essa s'è gettata ai piedi di Lui: «Se sei Tu, resuscita la mia creatura!» grida,

tendendo a Lui le braccia. La processione si ferma, ha piccola cassa vien deposta sulla scalinata ai Suoi piedi. Egli la guarda con pietà, e le

Sue labbra, piano, pronunciano ancora una volta: Talitha kumi, fancullina svegliati. La bambinetta si solleva nella cassa, si mette a sedere e si

guarda intorno, sorridendo stupita cogli occhietti spalancati giro giro. Fra he mani ha il mazzo di rose bianche, con cui stava adagiata nella

cassa. La folla tumultua: gridi, singhiozzi; quand'ecco, proprio in quell'istante, passar d'improvviso presso ha cattedrale, per la piazza, il

cardinale in persona, il grande inquisitore. È un vecchio di quasi novant'anni, alto e diritto, col viso scarno e gli occhi incavati, dai quali

tuttavia brilla ancora, come ma favilla, lo sfolgorio dello sgiiardo. Oh, non ha indosso i sontuosi paramenti cardinalizi in cui si pavoneggiava

ieri dinanzi al popolo, mentre bruciavano i nemici della fede di Roma: no, in questo momento ha soltanto la sua vecchia, rozza tonaca di

frate. Dietro, a una certa distanza, ho seguono i foschi coadiutori e servi suoi, e la «sacra» guardia. Egli si ferma di fronte alla folla, e osserva

a distanza. Ha tutto veduto: ha veduto come han deposto la cassa ai piedi di Lui, ha veduto com'è resuscitata la fancullina, e ih viso gli s'è

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C'è chi ha colto la possibile contradditorietà tra la visuale di 'libertà' e quello che potrebbe essere

l'ordinamento supremo del mondo e dell'umanità di cui è detentore l’Inquisitore, cardinale di

Sevilla... Cristo stesso avrebbe incentrato tutto il suo impatto di testimonianza intorno a questo

nodo: "voglio rendervi liberi" 1. «Ma ecco, Tu hai veduto ora, codesti uomini 'liberi'" commenta

bruscamente il vecchio con pensosa ironia. "Già, questa è stata una cosa che ci è costata assai, -

continua e guarda a Lui con severità- ma l'abbiamo condotta in porto, finalmente, nel nome Tuo.

Per quindici secoli ci siam tormentati con questa libertà, ma ora la è finita, e finita da fondo» 2.

Invece, sarà a nome e con i poteri dell’autorità che sono stati compiuti certi peggiori misfatti

cristiani alla pari di quelli commessi a nome della libertà 3.

PRIMA DI TUTTO LA LIBERTÀ DI CREDERE E NEL CREDERE

L'interesse di questo accostamento ci permette di sciogliere una obiezione tante volte

ripetuta: la libertà è la fonte di tutti i guai. Se così fosse, saremmo praticamente nella stessa

situazione mentale del Grande Inquisitore che ha messo in prigione il 'Cristo pellegrino' della

Leggenda: «Tu hai scelto ciò che v'è di più difforme, di più misterioso e di più indefinito: hai scelto

tutto ciò che è superiore alle forze degli uomini: e perciò hai finito per agire come non li amassi

affatto: e questo, chi! Colui ch'è venuto a dare per essi la vita Sua! Invece di prender possesso della

libertà umana, Tu l'hai accresciuta, e hai aggravato coi suoi tormenti il regno spirituale dell'uomo,

per l'eternità. Tu hai voluto il libero amore dell'uomo, hai voluto che liberamente Ti seguisse... con

libero cuore l'uomo doveva d'ora innanzi decidere lui stesso che cosa fosse bene e che cosa male,

senz'avere innanzi a sé altra guida che la Tua immagine: ma possibile mai che Tu non abbia

pensato ch'egli avrebbe rigettato infine e addirittura contestato sia la Tua immagine sia la Tua

rabbuiato. Aggrotta le canute, folte sopracciglia, e il suo sguardo s’accende d’un fuoco pieno di rancore. Fa cenno col dito, e ordina alle

guardie che lo prendano…».

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 310 (V. 1) / p. 335 (V. I).

2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 310 (V. 1) / p. 335 (V. I).

3 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Discord in the Church and freedom of conscience, (Translation, 1999 by A. N. Smirensky), in «Internet» 2009,

http://www.holy-trinity.org/ecclesiology/berdyaev-discord.html: «The assertion that Divine grace acts only under authority and not in

freedom is mistaken and arbitrary. It has been pointed out that freedom has been responsible for many mischiefs in this world, that it has

been dark and without grace. However, authority has also been responsible for no small amount of mischief and it did increase darkness and

malice in the world. There is no guarantee in either authority or freedom since behind authority there can be a manifestation of malicious

freedom, self-volition and arbitrary rule. But freedom can be enlightening and full of Grace. The Spirit of God acts through freedom. Where

God's Spirit is, there is freedom. Without freedom God's Will cannot be executed in this world. Man's free conscience may have been

darkened by Original Sin but it has not been destroyed. Otherwise the image and likeness of God in man would have been erased and he

would have been incapable of receiving any revelation and religious life would have been impossible for him. Man's freedom was reborn and

enlightened from within through Christ's redemption and a free conscience was affirmed in man as a direct result of Christ's light within him.

Fearless affirmation of the freedom of spirit, freedom of conscience has a special significance in our critical epoch, in this epoch of

ecclesiastical trouble and religious storms. Freedom is harsh, and it requires the strength of spirit. But this harshness and this strength are

much needed today. Exactly in our epoch, it is impossible to lean exclusively on an external authority, on a pillar that towers above us and is

not within us. We have to experience this absence of any external guarantees and external unshakable support in order to realize this. Only

then that immovable foundation will be discovered within us. This does not mean in the least that God has abandoned us. The work of the

Holy Spirit might even be greater than ever. The vacillation of all external authorities, the crushing of all illusions have the providential

significance. This has been sent to us as a test of our Christian freedom, of our internal fortitude. Not a single Orthodox Christian is exempt

from the freedom of choice, from carrying out the act of a free conscience. One cannot cowardly run from this seeking a safe shelter. The

highest levels of hierarchy will need the free conscience of Christians, the freedom of their choice, during this time of trouble and

confrontations. God needs man's free conscience, man's free resoluteness, man's unfettered love. The whole meaning of the Creation lies in

this. The rejection of the freedom of conscience as the supreme origin and the primary principle of religious life is the rejection of the

world's purpose, is a slavish opposition to God, is a temptation and a derangement. The spirit of a free conscience is not the spirit of a

formal and indifferent liberalism. It is part and parcel of the very content of Christian faith. Everything that I said here I said not about that

freedom, which I demand from God, but about that freedom, which God demands from me. The discords in the Church that are now taking

place inside Russia and in the emigration, demand firmness, fortitude and strength, they demand the power of freedom in us. Without the

spirit of freedom one cannot conquer the temptation of Communism and can offer nothing in its stead».

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verità, se si fosse trovato oppresso da un peso così tremendo, come il libero arbitrio?» 1.

Dostoevskij prospetta una doppia ritmica di confronto. Il primo confronto tra l’Inquisitore ed il

povero pellegrino si fermerà sul rifiuto di Cristo di 'cambiare le pietre in pani': utilità affinché la

gente venga a lui per essere sfamata 2. Così Gesù, secondo il Grande Inquisitore, avrà mancato

l'occasione presentatasi tramite il "potente Spirito di verità"! Già lo scrittore-teologo aveva

martellato: ‘la ‘verità soltanto’ è ingiusta’: cosí dice il principe-idiota, con il suo profilo cristico «A

proposito della mia opinione su Ippolìt, ... ‘Non è che la verità, e perciò è ingiusto’. Me ne

ricorderò e ci penserò su» 3. Ora, la verità inanzitutto viene attribuita al 'Potente Spirito': una verità

'utilmente costrittiva' ha qualcosa di 'satanico'... L'utilità fa parte della 'potenza' e del 'potere'. Il

malinteso riaffiorerà se si vuol fare di questa spirale una 'via reggia' verso Dio. Il secondo

confronto si incentrerà sulla condanna da parte dell'Inquisitore di non aver incalzato sugli obblighi

da far pesare sulla gente del popolo, per paura che scompaia il 'senso del peccato', invece di

offrire questa "questa Tua libertà": «È stato il vecchio stesso a rinfacciargli che Egli non ha diritto

d'aggiunger nulla a ciò che già a suo tempo fu detto. Se tu badi bene, è proprio qui la

caratteristica del cattolicesimo romano, almeno per quanto sembra a me: «Tutto (come a dire) è

stato trasmesso da Te al papa, e tutto quindi si trova ora nelle mani del papa: Tu dunque, adesso,

puoi anche far a meno di venire, o d'impacciarci finché non è tempo, se non altro». In tal senso

non solo essi parlano, me anche scrivono, almeno i gesuiti. Ho letto io col miei occhi di questa

roba nel loro libri di teologia. «Hai Tu forse il diritto di annunziarci foss'anche uno solo dei misteri

di quel mondo, dal quale Tu sei tornato?» gli domanda il mio vecchione, e lui stesso risponde per

Lui: «No, non ne hai il diritto, affinché nulla si aggiunga a ciò che già a suo tempo è stato detto, e

non venga tolta agli uomini quella libertà, sulla quale Tu hai tanto insistito, quand'eri su questa

terra, Qualsiasi cosa Tu annunciassi di nuovo, inciderebbe sulla libertà di fede degli uomini,

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 315 (V. 1) / p. 340 (V. I). 2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 312 (V. I) / pp. 335-336 (V.

I): «Il terribile e ingegnoso spirito, lo spirito dell’autodistruzione e del non essere, - continua il vecchio, - il grande spirito parlò con Te nel

deserto, e ci è stato tramandato nelle scritture che egli Ti avrebbe «tentato». Fu proprio così? Ed era forse possibile dir qualche cosa di più

veritiero di ciò che egli Ti annunciò nelle tre domende, e che Tu rifiutasti, e che nelle scritture passe col nome di «tentazioni»? E pensare che

se mai è avvenuto su questa terra un autentico, formidabile miracolo, fu proprio quel giorno, il giorno delle tre tentazioni! Appunto nel fatto

che potessero aver luogo quelle tre domande, si rea1izzò un miracolo. Se ci si potesse immaginare, semplicemente per ipotesi e a mo'

d'esempio, che queste tre domande del terribile spirito fossero scancellete senza traccie di sui testi, e che bisognasse stabilirle di nuovo, di

nuovo escogitarle e formularle, in modo da inserirle ancora une volta nelle scritture, e all'uopo si radunassero tutti i sapienti della terra,

reggitori di stati, sommi sacerdoti, eruditi, filosofi, poeti, e si dicesse loro: escogitate, formulate tre domande, ma tali che non solo

corrispondano alla grandezza dell'evento, ma esprimeno per giunte, in tre parole, in tre sole frasi umane, tutta la storia avvenire del mondo e

dell'umanità: die cosa pensi Tu, che tutta la sapienza della terra, riunita insieme, riuscirebbe a escogitere qualcosa di paragonabile, per forza

e per profondità, a queue tre domende che realmente furon proposte a Te, quel giorno, del possente e penetrante spirito nel deserto? Già a

queste stesse domande, già al miracolo stesso del loro manifestarsi, si può intendere che ci si trove di fronte, non già ad une labile

intelligenza umena, me a un'intelligenza eterna e assolute. Giacché, in queste tre domande, è come riassunta in blocco e predette tutta la

futura storia umana, e son rivelate le tre forme tipiche in cui verranno a calarsi tutte le irriducibili contraddizioni storiche della nature umana

sulle terra intera. Allora questo non poteva peranche riuscire così evidente, giacché l'avvenire era ignoto; ma ora, che quindici secoli sono

passati, noi vediamo che tutto, in queste tre domande, è a tal segno indovinato e predetto, e a tal segno s'è avverato, che aggiungervi o

togliervi alcunché non è più possibile… Rammenta la prima domanda: seppure non proprio alla lettera, il suo significato è questo: «Tu vuoi

andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non so quale promessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loro ingenita

sregolatezza, non possono neppur concepire, e ne hanno timore e spavento - giacché nulla mai fu per l'uomo e per la società umana più

insopportabile della libertà! Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e rovente deserto? Convertile in pani, e dietro a Te l'umanità correrà

come un branco di pecore, dignitosa e obbediente, se anche in continua trepidazione che Tu ritragga la mano Tua e vengan sospesi loro i

Tuoi pani». Ma Tu non hai voluto privar l'uomo della libertà, e hai rifiucato la proposta: giacché, dove sarebbe la 1ibertà (hai ragionato Tu),

se il consenso fosse comperato col pane? Tu hai ribattuto che non di solo pane vive l'uomo: ma sai che in nome appunto di questo pane

terreno insorgerà contro Te lo spirito della terra, e verrà a guerra con Te, e Ti vincerà, e tutti lo seguiranno, gridando: «Chi può paragonarsi a

questa fiera: essa ci ha dato il fuoco rapito al cielo! Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanità proclamerà, per bocca della sua sapienza e

della sua scienza, che le male azioni non esistono, e quindi non esiste peccato, ma ci sono affamati e basta? «Prima sfamateli, e poi chiedete

loro la virtù»: ecco che starà scritto sulla bandiera che brandiranno contro di Te, e alla cui ombra sarà distrutto il tempio Tuo».

3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Идиот / L'idiota, Париж 1960 / Torino 1981, стр. 126-127, 128 (T. I) / pp. 422.

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giacché prenderebbe l'aspetto d'un miracolo, mentre la libertà della loro fede era cara a Te sopra

ogni altra cosa fin d'allora, un migliaio e mezzo d'anni or sono. Non en Tu che tanto spesso,

allora, dicevi: voglio rendervi liberi? Ma ecco, Tu hai veduto ora, codesti uomini liberi!» commenta

bruscamente il vecchio con pensosa ironia. - Già, questa è stata una cosa che ci è costata assai, -

continua, e guarda a Lui con severità, - ma l'abbiamo condotta in porto, finalmente, nel nome Tuo.

Per quindici secoli ci siam tormentati con questa libertà, ma ora la è finita, e finita da fondo. Tu

non ci credi, che sia finita da fondo? Tu mi guardi con dolcezza, e non mi degni neppure del Tuo

risentimento?» 1. Eppure, questa irrilevanza del mite pellegrino cristico -nella "leggenda"- opererà

ciò che appare più inatteso: farà capovolgere l'intenzione dell'Inquisitore di giudicarlo e

condannarlo l'indomani stesso in una decisione di non-procedimento, come spiega Ivan

Karamazov, autore della ‘Leggenda’: «Io volevo finirlo in questo modo: quando l'inquisitore ha

terminato, rimane per un tratto di tempo in attesa che il Prigioniero gli risponda. II silenzio di Lui

gli riesce gravoso. Ha osservato come finora l'Incatenato sia rimasto in ascolto, col penetrante e

pacato sguardo fisso negli occhi suoi, senza desiderare evidentemente di ribattergli nulla. Al

vecchio piacerebbe che quello gli dicesse qualche cosa, foss'anche qualche cosa di amaro, di

tremendo. Ma Egli, di colpo, in silenzio si appressa al vecchio e lievemente lo bacia sulle esangui

labbra di novantenne. Ecco tutta la risposta. Il vecchio sussulta. Un fremito contrae gli angoli delle

sue labbra: si dirige alla porta, l'apre e Gli dice: ‘Va', e non venire piú... non venire piú a nessun

costo, mai, mai piú! E lo fa scivolare verso gli ‘oscuri meandri della città’. II Prigioniero dilegua» 2.

Anzi, pare proprio che -pur rimproverandogli ogni cosa- sia infatti l'Inquisitore a giustificarsi

davanti al silenzioso Cristo-forestiero, fino a rimetterlo in libertà con la speranza che non torni

mai più! Egli 'sa' della inconsistenza di un secondo martirio distruttivo da infliggere a Cristo. Si

scioglie -pertanto- la legittimità del 'giudizio'! Essa non è matematicamente uguale a se stessa e

‘analiticamente identica’ alla propria sostanza. Sapendo che Cristo-pellegrino è irrilevante (non

metterà in pericolo i suoi poteri di Inquisitore sommo), egli rinuncia a processarlo di nuovo. Ma

con questo perde la sua garanzia di superiorità sul popolo indifeso. Spariscono vittima e boia.

Rimane l'Inquisitore con le sue finalità ripiegate su se stesse... Con un 'giudizio' non si risolverà

niente! Cristo offre la "Sua libertà": suprema beffa per i piani del Grande Inquisitore, e questo

inanzitutto dal punto di vista umano: la gente vuole del pane e non sa che cosa farsene di questa

'libertà'. L’Inquisitore apostrofa il pellegrino prigioniero: «-Giudica dunque Tu stesso chi fosse nel

giusto: Tu, o colui che allora Ti interrogò. Rammenta la prima domanda: seppure non proprio alla

lettera, il suo significato è questo: «Tu vuoi andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non

so quale promessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loko in genita sregolatezza,

non possono neppur concepire, e ne hanno timore e spavento - giacché nulla mai fu per l'uomo e

per la Società umana piú insopportabile della libertà! Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e

rovente deserto? Convertile in pani, e dietro a Te l'umanità correrà come un branco di pecore,

dignitosa e obbe diente, se anche in continua trepidazione che Tu ritragga la mano Tua e vengan

sospesi loro i Tuoi pani’. Ma Tu non hai voluto privar l'uomo della libertà, e hai rifiutato la

proposta: giacché, dove sarebbe la libertà (hai ragionato Tu), se il consenso fosse comperato col

pane? Tu hai ribattuto che non di solo pane vive l'uomo: ma sai che in nome appunto di questo

pane terreno in sorgerà contro Te lo spirito della terra, e verrà a guerra con Te, e Ti vincerà, e tutti

lo seguiranno, gridando: ‘Chi può paragonarsi a questa fiera: essa ci ha dato il fuoco rapito al

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 314 (V. I) / pp. 337-338 (V.

I).

2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 325 (T. I) / p. 350 (V. I).

507

cielo!’. Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanità proclamerà, per bocca della sua sapienza e della

sua scienza, che le male azioni non esistono, e quindi non esiste peccato, ma ci sono affamati e

basta? ‘Prima sfamateli, e poi chiedete loro la virtú’: ecco che starà scritto sulla bandiera che

brandiranno contro Te, e alla cui ombra sarà distrutto il tempio Tuo. Al posto del tempio Tuo sarà

innalzato un nuovo edificio, sarà innalzata di nuovo una tremenda torre di Babele, e sebbene

anche questa non verrà condotta a termine, come quella d'allora, ma purtuttavia Tu avresti potuto

evitare questa nuova torre, e abbreviar di mill'anni le sofferenze degli uomini: giacché a noi per

l'appunto torneranno costoro, quando si saranno tormentati per mill'anni intorno alla loro torre!»

1. Anzi, nella figura 'cristica' del principe Myškin che tratteggia il ‘modo di essere’ di Cristo,

l'attenzione non converge verso di lui, ma da lui parte ogni attenzione verso gli altri: egli sparisce

quasi nell'essere assorbito dalla disponibilità verso ognuno dei personnaggi che lo circondano 2.

Non è che Cristo rifiuta di essere 'capo': egli mostra come l'accentramento non ha consistenza,

comme esso è illusorio di fronte al mistero di ogni persona umana. Fare di Cristo un 'capo'

significa, se si segue la tattica del Grande Inquisitore, "imprigionarlo nelle sue parole", o come

glielo ricorderà l'eminente ecclesiastico: ‘non hai il diritto di aggiungere una sola parola’, affinché

nulla si aggiunga a quello che a suo tempo è stato detto 3. Cristo diverrebbe il capo in funzione di

ciò che lo imprigiona: le sue parole di un tempo... Facendolo 'capo' si imprigiona Cristo in ciò che

fonda, legitimizza e finalizza la sua iniziativa. Il capo è colui che ha potere, ma è il potere che

imprigiona il capo nei suoi fondamenti. Per rinsaldare il potere bisogna provvedere per il 'pane':

utilissimo miracolo! Senza miracolo decadrà anche la fede di sottomissione a Dio da parte di

questi ‘ribelli’ 4.

IL TRANELLO DELLA FELICITÀ ETERNA NELLE MANI DELL’IMPIETOSA ISTITUZIONE, SOFFOCANDO

OGNI LIBERTÀ

Il 'lasciar ognuno libero di agire' si radica in quel 'sapere' tanto compassionevole dell'intuito

cristico. Per il Grande Inquisitore, invece, tutto si gioca sulla 'felicità' da assicurare all'umanità 5.

Nell'incontro di Gesù-pellegrino con il Grande Inquisitore, si manifesta la portata di questa libertà

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 312 (T. I) / pp. 337-338

(V. I). 2 Н. Бердяев / N. Berdjaev, La concezione di Dostoevskij, Milano 1977, p. 45. 3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 310 (V. I) / p. 335 (V. I).

4 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 318 (V. I) / pp. 341 (V. I):

«È forse costituita in modo, la natura umana, che possa rifiutare il miracolo, e che nei momenti tremendi della vita, nei momenti dei più

tremendi, dei più laceranti e fondamentali quesiti dell'anima, possa rimanersene sola con la libera decisione del cuore? Oh, Tu sapevi che il

Tuo gesto sarebbe stato conservato nelle scritture, avrebbe raggunto le profondità dei tempi e gli estremi limiti della terra, e concepisti la

speranza che, imitando Te, anche l'uomo sarebbe rimasto con Dio, senza aver bisogno del miracolo. Ma Tu non sapevi che, non appena

l'uomo rifiuti il miracolo, subito rifiuterà anche Dio, giacché l'uomo va in cerca, non tanto di Dio, quanto dei miracoli. E quindi, dato che

rimanere senza miracoli eccede le capacità dell'uomo, questi si fabbricherà dei miracoli nuovi, a modo suo stavolta, e finirà col genuflettersi

dinanzi al miracolo del ciarlatano, dinanzi al sortilegio della ciana, fosse pure le mille volte ribelle, eretico e ateo. Tu non sei disceso dalla

croce quando Ti gridavano, pigliandosi beffe di Te: «Scendi dalla croce, e crederemo che sei Tu». Tu non sei disceso perché, ancora ma volta,

non volesti asservire l'uomo col miracolo, e bramavi una fede libera, e non una fede vincolata al miracolo. Bramavi in libero amore, e non già

le servili effusioni dello schiavo al cospetto del potente, che ma volta per sempre lo ha terrorizzato. Ma, anche qui, Tu hai giudicato troppo

altamente degli uomini, giacché, in fin dei conti, costoro son degli schiavi, seppure con la costituzione del ribelle».

5 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 311-312 (V. I) / pp. 336-337

(V. I): «Non fa anzi (l’Inquisitore) che ascrivere a merito proprio e dei suoi d'esser riusciti, una buona volta, a soggiogare la libertà e di aver

agito così al fine di render gli uomini felici. «Giacché ora soltanto (e qui, beninteso, egli si riferisce all'Inquisizione) è divenuto possibile

provvedere per la prima volta alla felicità umana. L'uomo è, costituzionalmente, un ribelle: e forse i ribelli possono mai esser felici? Tu fosti

preavvisato», a Lui dice ii vecchio, «Tu non hai avuto davvero difetto di preavvisi e di ammonimenti, ma Tu non hai dato ascolto ai preavvisi,

Tu hai ricusato l'unica via per cui era possibile ordinare gli uomini alla felicità: senonché, per buona ventura, quando sei ripartito, hai affidato

ogni cosa a noi. Tu ci hai promesso, Tu ci hai sanzionato colla tua parola, Tu ci hai concesso il diritto di legare e di sciogliere, e, certamente,

non puoi neppur pensare di venire a toglierci questo diritto ora. Perché dunque sei venuto a darci impaccio?»».

508

miracolosa e del miracolo liberativo. Egli non cambia le pietre in pani ma risuscita una bambina

appena morta 1. Ridare la vita vuol dire ridare la libertà, assicurare il pane vuol dire far dipendere

da se le sorti di chi lo riceve. I miracoli sono 'liberativi' nei gesti di Gesù, ispirativi per diventare

non 'liberi da' ogni pericolo, non 'liberi per' Dio che aiuta, ma ‘liberi con’ Cristo nel proprio

cammino di vita, ma liberi negli altri che camminano. L'Inquisitore, invece, lega miracolo-mistero-

autorità: il miracolo prova il mistero che fonda l'autorità, supremo utilitarismo della fede 2! Il

miracolo sarebbe lo scioglimento di un tipo di 'legge' vigente, per meglio 'provare' una legge

'superiore' e 'costringere' ad aderire alla sua autorità e legittimità. Il miracolo toglie

definitivamente la libertà per 'costringere' colui che vi assiste o ne trae beneficio a una indiscussa

sottomissione. «-Sí, noi li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dal lavoro daremo alla loro

vita un assetto come di giuoco infantile, con canzoni da bambini, cori e danze innocenti. Oh, noi

perdoneremo loro anche il peccato: sono cosí fragili e impotenti; e loro ci vorranno bene come

bambini, per il fatto che noi permetteremo loro di peccare. Noi diremo loro che ogni peccato sarà

rimesso, se compiuto col permesso nostro: e il permesso di peccare noi glie lo concederemo

perché li amiamo, e il castigo di questi peccati, ebbene, lo assumeremo a carico nostro. Noi ce lo

assumeremo a nostro carico, e loro ci adoreranno come benefattori che si sono accollati i peccati

loro di fronte a Dio. Ed essi non ci terranno nascosto assolutamente nulla di loro stessi. Noi

permetteremo loro, o proibiremo, di vivere con le lor mogli e amanti, di avere o non avere figli,

sempre regolandoci sul loro grado di docilità, ed essi sí sottometteranno a noi lietamente e con

gioia. Perfino i piú torturanti segreti della loro coscienza, tutto, tutto porranno in mano a noi, e noi

tutto risolveremo, ed essi si affideranno con gioia alla decisione nostra, perché questa li avrà

liberati dal grave affanno e dai tremendi tormenti che accompagnano ora la decisione libera e

personale. E tutti saranno felici, tutti gli esseri a milioni, eccettuate le centinaia di migliaia di quelli

che ne avranno il governo. Giacché noi soli, noi che dovremo custodire il segreto, noi e nessun

altro saremo ihfelici. Ci saranno migliaia di milioni di fanciulli felici, e centomila martiri, che avran

presa su loro la maledizione della conoscenza del bene e del male. In silenzio essi morranno, in

silenzio si estingueranno nel nome Tuo, e oltre tomba non troveranno che la morte. Ma noi

manterremo il segreto, e per la loro stessa felicità li culleremo nell'illusione d'una ricompensa

celeste ed eterna. Infatti, seppure ci fosse qualcosa nel mondo di là, non sarebbe davvero per della

gente simile a loro» 3. Dirà N. Berdjaev: "la religione del socialismo... è la religione degli schiavi

della necessità... " 4. Perché la priorità della felicità diventa sorgente di schiavitù? Perché svanisce

quasi inevitabilmente, come in Tolstoj, "in nome della vita felice... la persona ed ogni valore

soprapersonale... legati inscindibilmente" 5. La felicità chiede implicitamente di sacrificare la

persona. Ecco come la sete di felicità introduce al malinteso sulla sacrificalità.

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 312-313 (V. I) / pp. 337-338

(V. I).

2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 309-310 (V. I) / pp. 333 (V.

I).

3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 314 (T. I) / pp. 345-346 (V.

I).

4 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Духи русской револуции / Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV., Из глубины / Dal profondo, Париж 1967

/ Milano 1971, стр. 89 / p. 72. 5 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Духи русской револуции / Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV., Из глубины / Dal profondo, Париж 1967

1967 / Milano 1971, стр. 99 / p. 83.

509

DALLO SPECCHIO PER LE ALLODOLE DELLA FELICITÀ ALLA TATTICA DELLA ‘COLPA’ PREVENENDO

OGNI APERTURA DI LIBERTÀ NELLA ‘INESCAPPABILE’ SOTTOMISSIONE

Riaffiora un’altra volta lo sguardo penetrante di Dostoevskij… Con il suo ‘Grande

Inquisitore’, egli focalizzerà proprio sulla ‘colpa’ e sul ‘perdono’ l’aggressione del potente

ecclesiastico contro Cristo-silenzioso-prigioniero. Il peccato entra a far parte di quella 'utilità'

istituzionale nelle mani di chi desidera tenere a tutti i costi le 'redini' della sventura umana. Nel

perdono ecclesiastico assicurato, si permette di ‘peccare’ per far venire la gente ai piedi dei

‘supremi intermediari’. La manovra è lampante: ‘senza di noi, niente perdono’: «Oh, noi

perdoneremo loro anche il peccato: sono cosí fragili e impotenti; e loro ci vorranno bene come

bambini, per il fatto che noi permetteremo loro di peccare. Noi diremo loro che ogni peccato sarà

rimesso, se compiuto col permesso nostro: e il permesso di peccare noi glie lo concederemo

perché li amiamo, e il castigo di questi peccati, ebbene, lo assumeremo a carico nostro. Noi ce lo

assumeremo a nostro carico, e loro ci adoreranno come benefattori che si sono accollati i peccati

loro di fronte a Dio. Ed essi non ci terranno nascosto assolutamente nulla di loro stessi. Noi

permetteremo loro, o proibiremo, di vivere con le lor mogli e amanti, di avere o non avere figli,

sempre regolandoci sul loro grado di docilità, ed essi si sottometteranno a noi lietamente e con

gioia. Perfino i piú torturanti segreti della loro coscienza, tutto, tutto porranno in mano a noi, e noi

tutto risolveremo, ed essi si affideranno con gioia alla decisione nostra, perché questa li avrà

liberati dal grave affanno e dai tremendi tormenti che accompagnano ora la decisione libera e

personale. E tutti saranno felici, tutti gli esseri a milioni, eccettuate le centinaia di migliaia di quelli

che ne avranno il governo. Giacché noi soli, noi che dovremo custodire il segreto, noi e nessun

altro saremo infelici. Ci saranno migliaia di milioni di fanciulli felici, e centomila martiri, che avran

presa su loro la maledizione della conoscenza del bene e del male. In silenzio essi morranno, in

silenzio si estingueranno nel nome Tuo, e oltre tomba non troveranno che la morte. Ma noi

manterremo il segreto, e per la loro stessa felicità li culleremo nell'illusione d'una ricompensa

celeste ed eterna. Infatti, seppure ci fosse qualcosa nel mondo di là, non sarebbe davvero per della

gente simile a loro» 1!!… Un’altra premessa implicita sottostà a questa affermazione del

tormentato vegliardo: ‘senza colpa niente Chiesa’. Si arriverà ad una liberazione tale che la ‘colpa’

non potrà più essere utilizzata come strumento di pressione? In questo caso si capiscono -

nell’evocazione dell’icona della Filoxenia trinitaria di Rublëv- sia l’inclinazione dell’albero e del

monte -emblematici del creato- verso il nuovo decreto della compassionevole misericordia del

Padre, sia il decentramento dell’albero verso il paesaggio montuoso. In questo caso la stretta

soteriologia o il soterio-monismo passa la mano. Nella nascita annunziata e nella nuova stirpe si

realizza una ‘nuova distribuzione delle carte di gioco’… La soteriologia ‘fiscale’ viene così de-

singolarizzata e tutto si condensa nella mensa anticipativa dell’eucaristia verso l’invito

escatologico ‘ai quattro venti’, più che nei ‘potenti ecclesiastici’ che costruiscono i baluardi dove

loro soli sono i ‘gestori’ dei disegni divini. L’albero si inclina dalla sua incrollabile rigidezza verso

la Promessa della ‘stirpe nuova’. L’angelo in mezzo appare anche pienamente ‘di fronte’ per chi si

volesse sedere a mensa con ‘i tre in uno’. Egli ‘giustifica’ ognuno che volesse venire a sedersi a

mensa, accogliendolo a nome degli altri. Più che sedere ‘alla destra’ o ‘al centro’ dello scenario,

l’angelo pellegrino siede dimessamente ‘dietro la mensa’. Appare qui l’intento di sancire l’ultimo

giudizio, dove il Figlio ‘che non è venuto per condannare’ esprime il disegno finale. Già si può

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 314 (T. I) / pp. 345-346

(V. I).

510

anticipare quale sarà questo ‘giudizio’: l’indicazione che la mano dà nell’orientare lo sguardo

verso la coppa che contiene l’Agnello come immolato dell’esito ultimo e più in là verso l’angelo

che personifica lo Spirito Santo. Ecco il giudizio rovesciato come viene rovesciata la ‘gloria di

potere invincibile’, nel gesto stesso di quella mano. Arriviamo così all’antinomia conclusiva

dell’icona. Anche qui lo scrittore-teologo Dostoevskij sembra aver colto questa antinomia per

farne una icona verbale. Nella ‘Leggenda del Grande Inquisitore’ la irrilevanza del mite pellegrino

cristico opererà ciò che appare più inatteso: farà capovolgere l'intenzione dell'Inquisitore di

giudicarlo e condannarlo l'indomani stesso in una decisione di non-procedimento 1. Anzi, pare

proprio che -pur rimproverandogli ogni cosa- sia infatti l'Inquisitore a giustificarsi davanti al

silenzioso Cristo-forestiero, fino a rimetterlo in libertà con la speranza che non torni mai più! Egli

'sa' della inconsistenza di un secondo martoriamento distruttivo. Si scioglie -pertanto- la

legittimità del 'giudizio'! Con l’offerta della ‘Sua libertà’ che secondo l’Inquisitore non interessa

nessuno, il ‘povero pellegrino di Sevilla’ ha innescato qualcosa di ben più profondo che mettere il

‘Grande Vecchio’ sotto pressione, lo ha fatto vacillare dal di dentro dei suoi baluardi...

Parallelamente, l’esito stesso del romanzo evoca un’altra ‘libertà’ che invade l’animo del novizio

Alëša, presso la bara del suo padre spirituale Zossima -ormai morto- e rivela la sua nuova

‘vocazione’: andare in mezzo al mondo sconfinato nella sconfinatezza della ‘cupola celeste’ 2. Sarà

il suo padre spirituale stesso a confermare questo nuovo orizzonte di percorso 3. Si ribalta anche

l’argomento della ‘felicità’ del Grande Inquisitore: il novizio dovrà trovare la goia di felicità nel

dolore, via (più che ‘prezzo’) della libertà nello Spirito.

LA PIENEZZA DI SOMIGLIANZA DIVINA NELLA ‘LIBERTÀ’

Occorre riferire la libertà a Dio stesso tramite ‘l’immagine’ e la ‘rassomiglianza’ tra l’essere

umano e Dio stesso, dalle prospettive aperte nel pensiero di Filone d’Alessandria 4. Come capire la

1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 325 (V. I) / p. 350 (V. I).

2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 45 (V. II) / pp. 479-480

(V. II): «Di nuovo la bara, la finestra spalancata, e la calma, solenne, ben scandita lettura dell'Evangelo. Ma ormai Alëša non dava più ascolto a

quel che leggessero. Cosa strana: aveva preso sonno inginocchiato, e invece adesso si ritrovava in piedi: e bruscamente, come strappandosi

di lì, con tre passi ben sicuri e rapidi si fece accosto alla bara. Anzi sfiorò con la spalla padre Paisij e non se n'avvide nemmeno. Quegli, un

istante, provò a sollevare dal libro lo sguardo su lui, ma subito lo ritrasse, comprendendo che al giovane stava accadendo qualche cosa di

strano. Alëša restò fisso per un mezzo minuto alla bara, a quel coperto, immobile morto steso in quella bara, con un'icona sul petto e il

cappuccio con La croce a otto punte sul capo. Appena un attimo fa, egli aveva udito la sua voce, e questa voce gli riecheggiava ancora alle

orecchie. Rimase di nuovo tutto sospeso, aspettando di nuovo altri suoni... ma di colpo, voltandosi bruscamente, usci dalla cella. Non si

fermò neppure sulla scaletta d'entrata, ma rapidamente scese giù. Piena di tripudio, La sua anima aveva sete di libertà, di spazio, di

sconfinatezze. Sul capo di lui, ampia, inabbracciabile, faceva volta La cupola celeste, piena di tacite stelle scintillanti. Dallo zenit fino

all'orizzonte s'incurvava di qua e di là, ancora non ben distinta, la Via Lattea».

3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 109 (V. I) / p. 101 (V. I):

«Vogliate permettermi di restare qui, - con voce supplichevole mormorò Alëša. -Là tu sei più necessario. Non c'è pace, là. Servirai a tavola e

ti renderai utile. Insorgeranno i demonî: tu prega. E sappi, figliuolo (lo starec aveva caro di chiemerlo così), che anche in avvenire non è qui il

tuo posto. Tienlo a mente, ragazzo. Non appena Iddio mi riterrà degno di presentarmi a Lui, tu lascia il convento. Escine delinitivamente.

Alëša ebbe un sussulto. -Perché fai così? Non è qui, ormai, il tuo posto. Ti consacro a un altissimo servizio divino nel mondo. Molto ti rimane

ancora da peregrinare. E anche ammogliarti dovrei, dovrai assolutamene. Tutto dovrai sperimentare, finché di nuovo perverrai qui. Arduo

sarà il tuo compito. Ma di te non dubito, e perciò ti invio nel mondo. Cristo è con te. Bada di conservarlo, ed egli ti conserverà. Immenso sarà

il dolore che apparirà ai tuoi occhi, e in questo dolore sarai felice. Ecco la consegna che ti do: nel dolore cerca la felicità. Lavora, lavora

instancabilmente. Tieni a mente la parola che t’ho detta ora, giacché seppure discorrerò ancora con te, non solo i giorni, ma le ore mie sono

contate».

4 T. Špidlìk, Lo spirito nell'antropologia della Chiesa orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 417:

«Il grande merito di Filone Ebreo e quello di aver messo la libertà dell’uomo in stretta dipendenza dalla libertà di Dio 1. Interessante è la nota

di uno dei primi apologeti cristiani Atenagora, che vede nella libertà qualche cosa di «demoniaco», cioè al di fuori di questo mondo 2. Divino

o demoniaco nel vero senso? I Padri insistono sul fatto che «principio e radice del peccato è una facoltà tipicamente umana, il libero arbitrio»

3. Nella stessa facoltà umana come possiamo vedere contemporaneamente 1’immagine di Dio e a radice del peccato? Per rispondere a

questadomanda, Gregorio di Nissa approfittò del carattere dinamico dell’«immagine di Dio nell’uomo», che si verifica nei diversi gradi e che

511

'libertà'? L'umanità è l'immagine di Dio 1. Essendo Dio l'inconoscibile, l'immagine di Dio sarà -in

quanto umanità- ciò che non viene determinato ma è libero dalla conoscenza della 'realtà'

visibilmente imposta ai sensi 2. La libertà, come hanno recepito certi teologi occidentali meglio

ispirati quale K. Rahner (al seguito di K. Barth), è in sé riferimento alla trascendenza, a Dio stesso

nella Sua indicibile libertà: essa è rinvio pieno al ‘Mistero’ 3. L’immagine implica la libertà umana di

‘assomigliare’ a Dio 4. Colpisce l’aspetto non predisposto dell’immagine come ‘copiatura’

formalmente impostata. L’immagine esprime la sorgente del ‘diventare dio’ per la persona umana

(non la sorgente dell’’antropomorfismo idolatrico riguardo a Dio). Non si proietta ‘verso giù’ il

‘modello’, ma ci si apre a ciò che umanamente rimane inaccessibile (vedere infra, la parte 7°, sulla

teologia iconica dell’oriente cristiano). Non si trasferiscono le caratteristiche incluse nel ‘modello’

all’individuo umano, ma l’evento umano riceve una illuminazione interiore che ‘trasfigura’ senza

‘aggiungere’ bensì ‘rivelando’ ciò che si è autenticamente 5. L’immagine non è l’idea

è destinata a crescere «dall’immagine alla rassomiglianza» 4. La rassomiglianza perfetta è l’eleutheria, la libertà piena; la libertà di scelta, La

proairesis, ci è rimasta, dopo il peccato, per benevolenza divina, per rendlerci possibile il ritorno alla libertà piena dei figli di Dio. Il cittadino

libero (eleutheros) vive in una polis dalle relazioni libere con gli altri, in cui le case sono aperte, Si può entrare e si può parlare faccia a faccia.

Gregorio trasferisce questo concetto alle relazioni dell’uomo veramente libero con Dio. Egli possiede la parrhesia, libero accesso a. Dio,

gioisce della sua presenza, della visione del suo volto 5».

((1) Cfr H. A. Wolfson, Philo. Foundations of Religious Philosophy in Judaism, Christianitv, and Islam, Cambridge (Mass), 19482, vol. I, p. 424

ss. / (2) Legatio pro christianis 25, PG 6, 949 B. / (3) Basilio, Quod Deus non est auctor malorum 3, PG 31, 332 B. / (4) La spirirualité de

l’Orient chrétien, p. 57 ss. / (5) J. Gaith, La conception de la liberté chez Grégoire de Nysse, Parigi 1953, p. 66.)

1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 32-35.

2 Cfr Gregorio di Nissa, Sul creatore dell'uomo (c. XVI), in Patrologia Graeca., V. 44, col. 184.

3 M. F. Fischer, Paraphrasing Rahner's thought from the viewpoint of the pastoral minister. Chapter Two: Man in the Presence of Absolute

Mystery, in «Internet» 2001, http://www.west.net/~fischer/Rahner200.htm: «E. The Term of Transcendence as the "Holy Mystery" (p. 65).

"Holy Mystery" is Rahner's "term" of transcendence. "Term" does not just mean "synonym for." It also means "way of access to." So "Holy

Mystery" describes transcendence, and is also the way to transcendence. Rahner says that it possesses absolute freedom. The Holy Mystery,

the Term of Transcendence, is our freedom. It makes us free to be present, in whatever way we choose, to other "subjects of transcendence,"

other free persons. In this most obscure of Rahnerian sections, we read that transcendence moves us toward Holy Mystery, and that this Holy

Mystery opens transcendence up to us. It is "holy" because it enables us to be complete. It allows us to be present to other persons in

freedom and love. When we put ourselves "at the disposal of" transcendence, we move beyond ourselves and are able to love.

Transcendence, Rahner concludes, does not depend on its "ground" or "term," that is, on Holy Mystery. Transcendence is not derived from or

reducible to it. Rather, Holy Mystery is what we encounter in transcendence».

4 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, pp. 186-187: «L'homme entre consciemment et librement dans le

dessein de la Sainte Trinité et crée en lui-même sa ressemblance à Dieu dans la mesure de ses possibilités et avec l'aide de l'Esprit Saint. De

là le terme slavon ‘préopodobny’ littéralement à ‘très ressemblant ‘ appliqué au type monastique de sainteté (1). Le rôle de la renaissance de

l'homme consiste à changer ‘l'état humilié actuel’ de sa nature en la faisant participer à la vie divine, car, suivant l’expression classique de

saint Grégoire le Théologien qui répète saint Basile le Grand, ‘l'homme est une créature, mais il a l’ordre de devenir dieu’. Désormais, en

suivant le Christ, en s'intégrant dans Son corps, l'homme peut rétablir en soi la ressemblance divine et la faire rayonner sur l'univers. Suivant

les paroles de saint Paul, a nous qui... contemplons comme dans un miroir la gloire du Seigneur, nous sommes transformés en la même

image, de gloire en gloire’ (2 Cor. III, 18). Lorsque la personne humaine atteint ce but elle participe à la vie divine et transforme sa nature

même. L'homme devient fils de Dieu, Temple du Saint Esprit (I Cor. VI, 19); en accroissant les dons de Sa grâce, il se dépasse lui-même et

s'élève plus haut que n'était Adam avant sa chute, car non seulement il revient à la pureté de l’homme primitif, mais il se déifie, se

transfigure, ‘s'unit à la beauté divine’, suivant l'expression du kontakion de l'Orthodoxie; il devient dieu selon la grâce».

((1) Ce mot, créé l'époque des saints Cyrille et Méthode pour traduire le terme grec σιoς indique l'acquisition par l'homme de la

ressemblance divine. Il n'existe aucune expression correspondante dans d'autres langues. Toutefois le terme et la notion contraires:

«dissemblable», «dissimilitude» peuvent être retracés jusqu'a une époque très reculée. Platon emploie ce terme dans un sens philosophique

(voμoιoτητoς πόvτov ou τόπov ) dans son ‘Politique’ pour exprimer la non-correspondance du monde à son idée. Saint Athanase le grand

l'emploie déjà dans un sens chrétien: ‘Celui qui a créé le monde, le voyant succombant á la tempête et en danger d'être englouti dans le «lieu

de dissimilitude», saisit le gouvernail de l'âme et vint à son secours en corrigeant toutes ses transgressions. Saint Augustin dans ses

‘Confessions’ dit: ‘Je me suis vu loin de Toi, dans un lieu de dissimilitude’ (et inveni me longe esse a Te in regione dissimilitudinis. 7, 10 P.l,.

32, 742).)

5 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, vol. I, p. 188: «Dans la Transfiguration sur le Mont Thabor, dit le

Métropolite Philarète de Moscou, non seulement la Divinité apparaît aux hommes, mais aussi l'humanité apparaît dans la gloire divine’ (l). Et

les Pères du Septième Concile œcuménique expliquent: ‘En ce qui concerne le caractère de la Transfiguration elle eut lieu non pas de telle

façon que le Verbe ait quitté l'image humaine, mais plutôt par l'illumination de cette image humaine par Sa gloire’ (2). Ou encore, suivant les

paroles de saint Grégoire Palamas, ‘le Christ n'assume alors rien d'étranger, ni ne prend un nouvel état, mais simplement révèle à Ses

disciples ce qu'Il est’ (3). La Transfiguration c'est une manifestation, perceptible par l’être humain tout entier, de la gloire divine de la

deuxième Personne de la Sainte Trinité Qui, dans Son Incarnation, demeure inséparable de Sa nature divine, commune au Père et au Saint

512

predeterminata di Dio che viene plasmata nella persona umana, ma l’espressione di una

aspirazione umana verso l’indicibile di Dio 1. L’interpretazione rabbinica inverte talvolta l’ordine

dei versetti e fa apparire l’immagine alla fine del processo di creazione dell’umanità come

corresponsabilità con Dio 2. L’oriente patristico, nei suoi massimi rappresentanti, introdurrà la

terminologia dell’immagine di Dio come ‘eikôn’ 3. Caratteristica, nella rapida raccolta di dati a

riguardo, è la sfumatura che Gregorio di Nissa introduce tra ‘immagine di Dio’ come creazione

dell’umanità e l’immagine evocata più in genere nei suoi commenti scritturistici e spirituali.

L’immagine nella creazione umana è la ‘totalità’ (non bellezza, come in altri accenni) 4. La libertà è

Esprit. Unies hypostatiquement, les deux natures du Christ demeurent distinctes l'une de l'autre (elles restent ‘sans mélange ni confusion’

suivant les termes du dogme de Chalcédoine), mais les énergies divines pénètrent l’humanité du Christ et ce sont elles qui font resplendir Sa

nature humaine en la transfigurant par l'éclat de la lumière incréée. C'est ‘le Royaume de Dieu apparu dans sa force’ (Luc IX, l). Selon les

Pères, le Christ a montré aux disciples l'état déiforme auquel sont appelés tous les hommes. De même que le corps de notre Seignur fut

glorifié et transfiguré resplendissant de gloire divine et de lumière infinie, de même les corps des saints sont glorifiés et deviennent

lumineux en se transfigurant par la force de la grâce divine. Cette ressemblance de l'homme à Dieu, saint Séraphin de Sarov non seulement

l'expliqua, mais la révéla directement, visiblement, à Motovilov, en se transfigurant à ses yeux (4)».

((1) Tvorenia, Hom. 12, Moscou 1873, p. 99. / (2) 6° session, Mansi XIII, 321 CD. / (3) P.G. 150, 1232 C. / (4) M. V. Iiine, Serafin Sarovski,

Paris 1930, p. 125. V. Lossky, Théologie, ibid. p. 226.)

1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 32: «Dieu ne donne pas des ordres, mais lance des

invitations, des appels: ‘Ecoute, Israël’, ou: ‘si tu veux être parfait’. Au décret d'un tyran répond une sourde résistance; ‘l'invitation du Maître

du banquet, la joyeuse acceptation de a celui qui a des oreilles’... Dans les ‘vases de terre’, Dieu a déposé sa liberté, son image. Si l'échec est

possible, si l'hypothèse du renversement est impliquée dans l'acte créateur de Dieu, c'est que la liberté des ‘dieux’, leur libre amour

constitue l'essence même de la personne humaine. Le mot latin persona, de même que le prosopon en grec, signifie masque. Il enseigne

l'inexistence d'un ordre humain autonome; car exister, c'est participer à l'être ou au néant. Dans cette participation, l'homme réalise la

ressemblance, l'icône de Dieu, ou la dissemblance, la grimace démoniaque d'un singe de Dieu. Saint Grégoire de Nysse le dit clairement:

‘L'Humanité se compose d'hommes au visage d'ange ou d'hommes portant le masque de la bête’. Ainsi l'homme peut raviver la flamme

d'amour ou le feu de la géhenne; il peut convertir son oui en infini d'unions; il peut aussi bien par son non briser son être en infernales

séparations. Selon saint Jean (1 Jn 3, 2), dans le siècle futur ‘nous serons semblables à lui’, semblables au Christ dans sa communion parfaite

du divin et de l'humain. C'est en vue de cette communion que l'homme fut créé à l'image de Dieu. C'est donc dans la structure même de son

être que se trouvent les postulats de la connaissance de Dieu. 3 - L'IMAGE ET LA RESSEMBLANCE DE DIEU. Tous les anthropologistes,

croyants ou incroyants, s’accordent sur la même définition de l'homme: un être qui aspire à se dépasser, un être tendu vers ce qui est plus

grand que lui. Il faudrait un saint Paul pour déchiffrer ce ‘dieu inconnu’, donner le nom à cette aspiration fondamentale dont la source est

l'imago Dei. Cette ‘image’, pour les Pères de l'Eglise, n'est pas une idée régulatrice ou instrumentale, mais le principe constitutif de l'être

humain».

2 S. Tagliacozzo, La fonte biblica dei diritti umani nell’ebraismo, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, p. 278:

«Dio dlsse poi: ‘Facciamo un uomo a immagme nostra, nostra somiglianza..." Dio creò l'uomo a Sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li

creò maschio e femmina’ 1. I rabbini si soffermato a lungo sui versi 26 e 27 di Gen 1, colpiti soprattutto dal plurale del v. 26: ‘facciamo un

uomo’ (na' ašeh) 2. Come è posssibile che il Signore del mondo, nel creare l'uomo, si consulti co qualcuno? o addirittura cerchi la

collaborazione di qualcuno? Tra l'altro ci si chiede come è possibile che il Signore crei l'uomo, sapendo che avrebbe creato i giusti ma anche

gli empi. La risposta è trovata nel Salmo 1,6 ‘Il Signore conosce il cammino dei giusti, ma il cammino delii empi si perde’: il cammino dei

malvagi si perde davanti agli occhi del Signore, a indicare da un lato la 1 bertà dell'uomo, ma anche la misericordia del Signore, che è

insieme con il giusto e pronto ad accogliere il malvagio che si pente torna a seguire la via del Signore. Rabbì Silaj pospone il verso 26 al 27, e

interpreta così: prima (v. 27) il Signore creò l'uomo lo creò maschio e femmina (a indicare l'uguaglianza tra i sessi) lo creò a immagine di Dio

(a indicarne la libertà e la corresponsabilità nel progetto del Creatore), poi (v. 26) creò insieme a lui tutti gli uomini, che son figli del Signore,

della madre e del padre (quindi del maschio e della femmina)».

(1 Gen l, 26-27. / 2 Gen Rabbah 8? in Commento alla Genesi, introduzione? versione, note di A. RAVENNA, a cura di T. FEDERICI, Torino 1978,

pp. 70-89. Cfr. anche G. STEMBERGHER, Il Midrash, Bologna 1992, pp. 119-132.)

3 Gregory of Nyssa, References to Eikon or Image In the Writings of Gregory of Nyssa, in «Internet» 1996, http://yoda.ucc.uconn.edu

/users/salomond/eikon.htm: ‘The following list of excerpts from the writings of Gregory of Nyssa contains references to his use of the Greek

word eikon, "image." Gregory uses this term to designate the divine presence in an individual person and is based upon Genesis 1.26: "Let us

make man in our image (eikon), after our likeness." This list is not intended to be exhaustive; rather, it is intended to give the reader a

general idea of how Gregory employs eikon. I have made these references available because the concept of "image" is of central importance

to an understanding not only of Gregory's theology but of the Church Fathers in general. At a later time this text will be amplified with a

commentary. It should be noted that on occasion the English word "image" is cited without reference to eikon; here Gregory of Nyssa had

used other terms. A note on the texts: the letter "J" refers to the various critical editions of Gregory's works followed by the appropriate page

numbers. The letters "PN" refer to the excerpts from volume five of The Nicene and Post-Nicene Fathers (Grand Rapids, Michigan, 1972

reprint)».

4 Gregory of Nyssa, References to Eikon or Image In the Writings of Gregory of Nyssa, ( A note on the texts: the letter "J" refers to the various

critical editions of Gregory's works followed by the appropriate page numbers. The letters "PN" refer to the excerpts from volume five of The

Nicene and Post-Nicene Fathers (Grand Rapids, Michigan, 1972 reprint).) in «Internet» 1996, http://yoda.ucc.uconn.edu/users

/salomond/eikon.htm: «On the Making of Man: And further, besides these facts, the fact that it [soul] is the image (eikon) of that Nature

513

la capacità di ordinare organicamente il disordine spontaneo della vita 1. Cosí si supera della

perplessità stoica antica tra libertà di ‘autarkeia’ e l’inesorabile condizionamento cosmico stesso

del percorso umano 2. Umanamente, la storia è il processo della coscienza personale che nasce

liberamente a se stessa 3: nesso che collega tutto e nulla esclude 4. Se la storia è libertà, il suo

rovescio saranno le 'pene dell'inferno' 5. La concretizzazione dell’’immagine’ divina nel suo

contrario ci rimanda alla prospettiva di Filone ed Atenagora, nell’ambivalenza della libertà tra

divino e demoniaco (cfr supra)... Qual'è stato il nodo della scommessa sulla 'libertà' nel

travolgimento rivoluzionario, scommessa che naufragò così tragicamente? Non soltanto una

'libertà da' (disfarsi dalle ingerenze estrinseche nella vita della Chiesa), e non solo una 'libertà per'

(essere ipnotizzati dalla propria finalità), ma -può darsi- una "libertà con"... Il tipo di

discernimento della 'conciliarità' non va -forse- in questo senso: imparare ad essere non più

soltanto liberi 'dal' potere secolare, o liberi 'per' il compito proprio, ma diventare "liberi con

l'umanità libera", cioè, liberi "nella libertà umana" e non come una concorrenziale 'religione della

libertà' 6! Non una 'religione della libertà' ma 'la religione fondata sulla libertà', ecco la ricerca che

which rules over all means nothing else than this, that our nature was created to be royal from the first. (PG#44.136; PN.391) For as, in

men's ordinary use, those who make images (eikon) of princes both mould the figure of their form...the rest of human nature was by its

likeness to the King of all, made as it were a living image (eikon), partaking with the archetype both in rank and in name. (136; PN.391) ...if

the natures were different he would assuredly have begun their images (eikon) also differently, making the appropriate image (eikon) for

each: but since the image (eikon) is one, while the archetype is not one, who is so far beyond the range of understanding as not to know that

the things which are like the same thing, surely resemble one another. (140; PN.392) The image (eikon) is properly an image so long as it

fails in none of those attributes which we perceive in the archetype; but where it falls from its resemblance to the prototype it ceases in that

respect to be an image (eikon)...For if, while the archetype transcends comprehension, the nature of the image (eikon) were comprehended,

the contrary character of the attributes we behold in them would prove the defect of the image (eikon). (156; PN.396-7) If, then, according to

the statement we have been considering, that which is truly good is one, and the mind itself also has its power of being beautiful and good,

in so far as it is in the image (eikon) of the good and beautiful, and the nature, which is sustained by the mind, has the like power, in so far

as it is an image (eikon) of the image, it is hereby shown that our material part holds together, and is upheld when it is controlled by nature.

(164; PN.399) In what then does the greatness of man consist, according to the doctrine of the Church? Not in his likeness to the created

world, but in his being in the image (eikon) of the nature of the Creator...for the image (eikon) is properly so called if it keeps its

resemblance to the prototype. (180; PN.404) ...for if the Deity is the fullness of good, and this is His image (eikon) , then the image (eikon)

finds its resemblance to the Archetype in being filled with all good...Now as the image (eikon) bears in all points the semblance of the

archetypal excellence, if it had not a difference in some respect, being absolutely without divergence it would no longer be a likeness, but

will in that case manifestly be absolutely identical with the Prototype. (184; PN.405) For the image (eikon) is not in part of our nature, nor is

the grace in any one of the things found in that nature, but this power extends equally to all the race...that man was manifested at the first

creation of the world, and he that shall be after the consummation of all, are alike: they equally bear in themselves the Divine image (eikon).

(185. PN.406) The image (eikon), therefore, properly belongs to the better part of our attributes; but all in like that is painful and miserable

is far removed from the likeness to the Divine. (201; PN.410). Accordingly, the Image (eikon) of God, which we behold in universal humanity,

had its consummation then; but Adam as yet was not; for the thing formed from the earth is called Adam...Man, then, was made in the image

(eikon) of God; that is, the universal nature, the thing like God; not part of the whole, but all the fullness of the nature together was so made

by omnipotent wisdom. (204; PN.411)».

1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 34.

2 T. Špidlìk, Lo spirito nell'antropologia della Chiesa orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 416:

«Per Gregorio di Nissa è la libertà «la rassomiglianza con colui che è senza padrone (adespotos) e sovrano (autokrates), La rassomiglianza

che ci e stata data da Dio all’inizio» 1. Se qualche necessità guidasse la vita umana, l’immagine in questo caso sarebbe mensognera, alterata

da un elemento che differisce dal modello» 2. È facile dire che la dignità dell’uomo consiste nella libertà, meno facile è definirla stabilendo le

sue caratteristiche. I greci la vedevano, pima di tutto, come «libertà di scelta» che si manifesta nelle relazioni sociali e pubbliche del cittadino

libero, in opposizione allo schiavo. L’antropologia stoica ne ha approfondito il significato, definendola come autarkeja, libertà interiore e

intangibile con la quale l’individuo dispone di se stesso 3. D’altra parte, però, non si capisce come gli stoici potessero essere ritenuti i grandi

difensori della libertà umana sostenendo contemporaneamente l’inesorabile legge cosmica che schiaccia l’individuo senza compassione, e un

meccanismo conoscitivo, chiamato, da Clemente di Alessandria, «organizzazione dei sensi in vista della scienza», che porta alla necessità

psicologica 4».

((1) De anima et resurrectione, PG, 46, 46, 101 C. / (2) Or calechetica magna 5, PG 45, 24 CD. / (3) M. Pohlenz, Der hellenische Mensch,

Göttingen 1974. / (4) M. Spanneut, Le stoïcisme des Pères de l’Eglise, Parigi 1957, p. 222 ss.)

3 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 30-31 / pp. 28-29. 4 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 93-94 / p. 67.

5 С. Булгаков / S. Bulgakov, Свет невечерний / La lumière sans déclin, Москва 1917 (Glasgow 1971) / Lausanne 1990, стр. 413 / p. 378. 6 Vedere l'impostazione dello slittamento, dal punto di vista della emancipazione laicistica: cfr e.g. B. Vincent, Thomas Paine ou la religion de

la liberté, Paris 1987.

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tentò di prospettare A. Chomjakov, sviluppando il suo doppio criterio di distinzione tra 'religioni

iraniche' e 'religioni kušitiche': le prime fondate sulla libertà e le seconde sulla necessità (cfr la

convergenza con l’intuito berdjaeviano, supra) 1.

DALLA LIBERTÀ NELLO SPIRITO ALLA CHIESA

La libertà è riferimento diretto all’’immagine’. Per le tradizioni orientali, l'umanità è

"l'immagine" di Dio 2. L'immagine ha questo di specifico che può avere tutta la sua propria

perfezione autonoma (di 'forma' e di 'contenuto'), ma che rimane ripiegata in se stessa senza il

riferimento verso chi o ciò che rappresenta. Essendo Dio l'inconoscibile, l'immagine di Dio sarà -in

quanto umanità- ciò che non viene determinato dalla conoscenza della 'realtà': essa è la sorgente

della libertà 3. La libertà è la capacità di ordinare organicamente l'esistenza secondo una gerarchia

di valori, superando il disordine spontaneo della vita 4. Questo naturale disordine è frutto o

implicazione dell'iniziale peccato (dell'anomia). Una 'libertà da (tutto e da ognuno)' non è altro che

una accentuazione di questo disordine fino all'anarchismo complessivo. Una 'libertà per (uno

scopo unico da compiere a tutti i costi)' rimane sempre disordinatamente unilaterale fino al

fanatismo che riduce la scala dei valori ad un solo valore soltanto. Perciò la libertà-immagine-di-

Dio si delineerà a partire dal 'Noi' divino: la 'libertà con' nella quale 'tutto' può essere

organicamente accolto. La libertà è -dunque- un 'compito' da portare a termine nel

'discernimento' "con Dio" e "con tutti". L'immagine è un compito, la somiglianza è l'attuazione del

compito. Si 'diventa molto somigliante' o, cioè, si diventa 'santi' ("prepodobny": parola russa per

indicare la santità o somiglianza con Dio) 5. La somiglianza consiste nella illuminazione interiore

che trasfigura l'immagine umana 6, facendo in modo che la 'persona' non sia più soltanto

'maschera di se stessa' ma 'riflesso riconoscibile di Dio' 7. Tutta la Chiesa diventa 'libertà nello

spirito' (cfr la parte V sulla Chiesa). Cristo-Chiesa-Eucaristia, l'indissociabilità appare palese nella

sua linearità 'discendente': Cristo o tutto in tutti, la Chiesa o tutti in Cristo e l'Eucaristia o tutti

nella Chiesa... Non l'Eucaristia o tutti nella Chiesa ma l'Eucaristia o tutta la Chiesa che sorge da

essa 8. L'ultima Cena istituisce la Chiesa multisacramentale nella condivisione totale

dell'esperienza comune. Dall'essere 'accanto' e 'con' Cristo 9, si passerà a diventare 'Chiesa'

nell'ultima Cena, per diventare Eucaristia piena nella Pentecoste 10. Dalla promessa ancora

enigmatica (Mtt. XVI, 18), l'ultima Cena esemplifica il tenore costitutivo dell'"essere insieme" 11. In

essa si istituisce la ecclesialità stessa e la sacramentalità cristiana 12 nella libera 'fraternità'

1 A. Walicki, Una utopia conservatrice, Torino 1973, pp. 204-205.

2 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 32-35.

3 Cfr Gregorio di Nissa, Sul creatore dell'uomo (c. XVI), in P. G., V. 44, col. 184.

4 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 34.

5 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, pp. 186-187.

6 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, p. 188.

7 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 32.

8 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Два идей Церкви (Due idee sulla Chiesa universale), in «Путь», 1934 nº 45, стр. 26-29; Н. Афанасьев / N.

Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 82.

9 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in «Irénikon», 1969 n° 1, p. 9.

10 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 30; Н. Афанасьев /

N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964 n° 27-28, p. 31; Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le monde dans

l'Ecriture Sainte, in «Irénikon», 1969 n° 1, pp. 8-9.

11 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964 n° 27-28, pp. 33-35 (con la critica alla

posizione di O. Cullmann che sposta la promessa all'ultima Cena).

12 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Таинств и таинодействия (Sacramenta et sacramentalia), in «Православная Мысль», 1950 n° VIII, стр. 20.

515

apostolica. L'eucaristia fa gli apostoli: la comunione sorge dall'essere insieme (non vice versa) 1.

Come sempre, l’ampiezza della visione orientale e la sua ‘libertà nello Spirito’ come via ecclesiale

(cfr infra, la parte / capitolo successivo) sorprendono coloro che guardano questo processo... Il

paradosso si annoda nell’apparente espressione contraddittoria sul rifiuto dello Spirito da parte

del Tempio (con il ‘castigo’ per questo rifiuto) e l’uscita dello Spirito dal ‘Tempio’: questa uscita

non è una dannazione del Tempio, ma una apertura ulteriore che si estende a tutta l’umanità 2. Lo

stile demonizzante della tradizione antica nasconde un’intenzione d’apertura che va ben al di là

della interpretazione iniziale dell’evento di Pentecoste. Nell’ambito della stessa ricerca di piena

unità tra le Chiese, Esso segue l'indirizzo del dialogo umano che ha una sua intrinsica 'libertà' 3.

Esso non condiziona ('lega') le strutture d’autorità ma agisce nella libertà per il risveglio

rinnovativo di chi si coinvolga in esso 4.

2° RIBILANCIARE L’ECCESSIVO CRISTOCENTRISMO

ISTITUZIONALE DELL’OCCIDENTE

Il cristocentrismo unilaterale si ‘cala’ nella persona individuale del sacerdote che agisce ‘in

persona Christi’ e -come Cristo in ciò che compie- ha ogni potere per farlo senza bisogno dello

Spirito Santo 5. Per l’oriente, è lo Spirito che rende il ministro capace di dare alle parole

istituzionali il valore delle parole di Cristo 6. Ogni scorciatoia in termini di ‘poteri’ trasferiti da

Cristo al ministro non può che portare a malintesi di tipo clericale, come se l’istituzione

‘funzionasse automaticamente’. Si affermerà addirittura che il ministro ‘non opera ciò che sia’ (S.

1 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Два идей Церкви (Due idee sulla Chiesa universale), in «Путь», 1934 nº 45, стр. 188-200, 207-208; Н.

Афанасьев / N. Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 22, 71, 73; Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, L'Eglise qui

préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 30.

2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 51: «Le rejet du peuple élu qui s'est

et s'était toujours opposé à l'Esprit Saint, comme l'affirme Etienne dans son discours (1), n'est que le châtiment de son refus du Christ. Dans

un texte de la liturgie du Vendredi saint, on voit l'Esprit quittant Jérusalem, en suivant le même chemin que le Christ, en signe de

protestation contre l'agir diabolique qui s'accomplit en elle: ‘...Le matin, le Christ, portant sa croix, est sorti de Ia Folle (Jérusalem). Et l'Esprit

Saint est sorti d'elle, quittant le temple et disant: ‘Malheur à toi, Jérusalem, car tes portes sont fermées et tes fêtes abolies (2)’. Un autre

texte nous montre 1'Esprit déchirant le voile du temple comme témoin de sa sortie définitive de la maison souillée: ‘L'Esprit Saint a quitté la

maison que les impurs ont souillé. Le voile de la porte en est témoin, car personne ne l'a fendu si ce n'est lui. Venons tous nous prosterner et

l'adorer (3)».

((1) Act., 7, 51; cf., O.S., VI, pp. 160-161, Une homélie anonyme sur l'effusion de l'Esprit, ét. et trad. de Dr Jansma. Certaines idées de cette

homélie se trouvent dans la liturgie de Pentecôte, cf. surtout F, VI, p. 233 b, où on rencontre une référence littérale à la page 160. Voir

également Sévère d'Antioche, Hom. CVII, Pat. Or, XXV, p. 685. / (2) F., V., p. 223 b; L. S., p. 171 a. / (3) F., V., p. 220 a.)

3 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189. 4 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 188-189.

5 Th. Ziton, The Epiklesis of the Divine Liturgy, (Publication of the Antiochian Orthodox Christian Archdiocese of North America), in «Word

Magazine», May 1963, pp. 7-8, etiam in «Internet» 2005, http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/ziton_epiklesis.htm:

«The whole life of the Orthodox Church is in the Holy Spirit. Thus through the Holy Spirit is all accomplished. The priest invokes the Holy

Spirit to change the gifts. The Roman Catholics reject Christ’s presence in the Liturgy in our consecration as we have it, because the Roman

Catholic priest takes the place of Christ: taking the full power of Christ. The Roman Catholic belief is that the priest is another Christ, and he

needs no special need of prayers, because He is Christ. There is no need for the Holy Spirit in the act. But John the Baptist only recognized

Christ because the Spirit descended and remained upon Him. ‘And John bear record, saying, I saw the Spirit descending from Heaven like a

dove, and it abode upon him. And I knew him not: but he that sent me to baptize with water, the same said unto me, upon whom thou shalt

see the spirit descending, and remaining on him the same is he which baptizeth with the Holy Spirit.’ (John 1:32-33) Thus we see that Christ

worked all in the Spirit: so how can the Roman Catholic priests say that the Holy Spirit is not needed to change the gifts into the true Body

and Blood of Christ if in reality the Roman Catholic priest is another Christ?».

6 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 13: «L’épiclèse eucharistique confère à

à la parole institutionnelle du prêtre, la valeur de la parole du Christ et c’est le miracle du métabolisme eucharistique. L’épiclèse de toute

lecture -mais surtout liturgique- de la Bible, d’un texte humain, fait la Parole de Dieu. Le geste de tracer sur soi le signe de la croix est un

acte épiclétique qui transforme celui qui se signe, en croix vivante du Christ, et identifie son existence au Christ».

516

Giovanni Crisostomo) ma tutto è opera della Grazia dello Spirito 1. I nessun modo arriveremo

all’idea di un tipo di ‘clonaggio’ (se si può dire cosí, in termini attuali) di qualche ‘potere’ di Cristo

nell’individuo istituzionale. D’altra parte, nell’epiclesi, che vede scendere lo Spirito come il fuoco

sul sacrificio d’Elia e non su quello di coloro che rimangono fuori della fede pienamente recepita,

niente è scontato 2. Questo taglio pneumatologico sarà mantenuto in occidente, nella Spagna, a

differenza delle altre zone: strana situazione del culto praticato in quelle regioni dove è stato pure

istaurato l’uso del ‘Filioque’ 3. Forse, occorrerà dire che il ministro attua il mistero ‘in persona

Spiritus Sancti’: è lo Spirito che offre il Figlio unico nel fare del pane e vino il corpo del Signore 4.

Ma a questo punto non vi può essere un’incidenza puramente operativa della parola, è solo una

supplica allo Spirito che ‘soffia dove vuole’ e che precede ogni iniziativa ecclesiale, rimanendo

libera di fronte ad essa 5. Nell’epiclesi, il sacramento viene trascinato al dilà di se stesso dove la

1 GROUPE DES DOMBES, L’Esprit Saint, l’Eglise et les sacrements, in «La documentation catholique», 1980 n° 1785, p. 435 : «116. Saint Jean

Chrysostome indique clairement le sens de cette épiclèse: «Le prêtre ne porte la main sur les dons qu'après avoir invoqué la grâce de Dieu...

ce n’est pas le prêtre qui opère quoi que ce soit... c'est Ia grâce de l’Esprit, survenant et couvrant de ses ailes, qui accomplit ce sacrifice

mystique» (1)».

((1) S. Jean Chrysostorne, Sur la Pentecôte, Homélie I, 4; PG 50. col. 458-459.)

2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 224 (citato supra, nel paragrafo

sullo Spirito ed il ‘fuoco’).

3 A. G. Martimort, L’Esprit Saint dans la liturgie, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, pp. 535-536: «On le

voit, l’Espagne, marquée pendant plus longtemps que le reste de1'Occident par les controverses trinitaires et christologiques, n'hésitait pas a

donner un tour plus doctrinal à ses oraisons (1), mais aussi elle a orienté la piété médiévale en trois directions: la prière adressée

directement à l'Esprit Saint; le rapprochement entre le rôle de l'Esprit Saint dans 1'eucharistie avec le feu du ciel qui a consumé le sacrifice du

prophète Elie; la demande pour qu'il vienne allumer en nous le feu de son amour. La liturgie des autres Eglises latines du moyen âge n'a pas

accepté d'enfreindre la règle posée par le Concile de Carthage: on ne trouvera chez elles aucune prière présidentielle adressée a l'Esprit Saint

(2): c'est dans les chants de la schola ou de foule et dans les prières privées du célébrant de la messe que se développera la devotion à

l'Esprit».

((1) On peut s'en rendre compte en parcourant l'index de M. Férotin, op. cit., col. 1086, où sont données les références à l'Esprit Saint. / (2) Il

y a pourtant une exception dans le Pontifical du moyen âge: une prière de 1'Ordo ad faciendum monachum: Sancte Spiritus qui te Deum ac

Dominum revelare mortalibus dignatus es...M. Andrieu, Le Pontifical romain au moyen âge, t. I, p. 175; t. 2, p. 413; t. 3, p. 397. Elle se

trouvait déjà dans un Pontifical de Rheinau du XI° siècle: M. Gerbert, Monumenta veteris liturgiae Alemannicae, t. 2, Typis San-Blasianis,

1779, p. 94.)

4 A. Golitzin, Adam, Eve, and Seth: Pneumatological reflections on an unusual image in Gregory of Nazianzus's "Fifth Theological Oration", in

«Anglican Theological Review», 2001, etiam in «Internet» 2005, http://www.findarticles.com/p/articles/mi_qa3818/is_200107/

ai_n8973262: «I would add the well-known matter of the Eastern epiklesis, itself a source of considerable medieval debate between Greek

and Latin theologians over the moment of the eucharistic consecration, i. e., whether the latter takes place at the recitation of the dominical

words, hoc est corpus meum, or at the conclusion of the prayer for the Spirit to "make this bread the body of Your Christ." The great Syriac

poet and preacher, Jacob of Serug (+521), catches nearly all of these echoes in a few lines from his verse homily "On the Chariot that Ezekiel

the Prophet Saw," commenting here on Ezek. 10:Cr-7 as an image of the eucharist: It is not the priest [typified by the prophet's "angel in

white linen"] who is sent to sacrifice the Only[-Begotten], ‘And lift Him up, Who is the sacrifice for sins, before His Father. Rather, the Holy

Spirit comes down from the Father, And descending overshadows [r'] and dwells [An] within the bread and makes it the body. And it is He

Who makes it kindled pearls of flame, And Who will clothe those who are betrothed to Him with riches.’ (1) True, Jacob is no longer saying

"she" for the Spirit, but nearly everything else-the baptismal narratives and theology, together with Luke 1:35's echo of Exodus 40:34, and

the note of transfiguration in the clothing "with riches"-is fully present and accounted for in this image of the eucharistic consecration».

((1) Homiliae selectae Mar Jacobi Sarugensis, ed. P. Bedjan (Paris: 1908), Vol. 4:597, lines 8-13. I find it interesting that Jacob uses the verb

An here for the action of the Spirit, but the same root as noun, sekinto (equivalent to the Rabbinic Sekinah), appears exclusively elsewhere in

reference to the Son-see 569:21, 570:13, and 602:20. Thus the Spirit in "abiding" or "dwelling" in the bread of the eucharist makes present

the "Abiding" or "Dwelling" of God among us which is Christ, the Immanuel. Here thus I would myself discern an echo of the Nativity

narratives in both Luke and Matthew-and perhaps of John 1:14 as well.)

5 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, pp. 138-139: «En outre, l’Eglise ne

peut pas déterminer à quel moment il serait opportun que l'Esprit se manifeste. Celui-ci agit quand il veut. Il n'est soumis ni à une structure,

ni au ministère de l'Eglise. Personne ne s’empare de lui pour le faire intervenir quand bon lui semble. Si le Paraclet agit dans les mystères ce

n'est pas en vertu d'une décision de l'Eglise, c'est par l'offre préalable et la générosité libre de l'Esprit. Le rapport organique existant entre la

Parole, les rites et l'action de l'Esprit ne l'oblige pas lui, mais nous la Parole et les mystères, avons-nous dit, exigent de nous la foi pour être

efficaces et nous introduire dans le monde de Dieu. Ils ne requièrent rien de l'Esprit, que son offre libre à l'origine de cette économie de

salut. Celui qui, alors, penserait contraindre le Souffle de Dieu par le moyen des mystères n'aurait déjà plus cette foi qui est nécessaire à leur

efficacité et leur sens. On n'enchaîne pas le Souffle de Dieu. L'épiclèse qu'on rencontre dans toutes les liturgies des mystères n'est pas un

geste de puissance et de commandement, mais de supplication et d'adoration. «Que ton Esprit Saint vienne sur nous...» n'est pas un ordre,

mais une prière d'une Communauté qui a besoin d'être, sans cesse, recrée et réinventée par l'Esprit créateur. Cette Communauté n'existe, en

effet, que sur l'initiative de l’Esprit qui la précède et reste libre vis-à-vis d'elle».

517

‘forma’ ed il ‘momento’ si sciolgono nella loro limitatezza circoscritta e verificabile. Pertanto,

l’eucaristia o la ‘divina liturgia’ (o ‘il cielo sulla terra’) si attua nella prospettiva del ‘nuovo eone’ o

cioè nell’anticipazione dell’operato ultimo dello Spirito Santo nella Sua dinamica escatologica e

non come ‘causalità’ analogica 1.

3° PROSPETTARE L’APOFATISMO FINO IN FONDO

La pneumatofania epicletica attua la presenza nel mistero: come il ‘soffio’ che rende

presente lo Spirito che rimane ‘nascosto’ nella Sua stessa manifestazione 2. Non è la ‘potenza’ del

soffio che si impone come violenza travolgente, ma la sua inevitabilità come vita dell’aria: si

potrebbe dire che è la Sua perseveranza che si coglie in questa antinomia, la ‘testardagine’ di

Dio... L’epiclesi esprime innanzitutto l’intento della kenosi iniziale del ‘fiat’ divino nel ‘soffio’ di

pienezza che si lascia recepire in modo limitato nella creazione che sta sorgendo 3. Nell’attuare il

mistero, la kenosis dello Spirito è diretto riferimento alla kenosis del Padre (cfr infra). Il

1 A. Schmemann, Theology and Eucharist, in St. Vladimir’s Seminary Quarterly, Vol. 5, No. 4, Winter 1961, pp. 10-23, etiam in «Internet»

2006, http://www.schmemann.org/byhim/theologyandeucharist.html: «For the Eucharist, we have said, is a passage, a procession leading

the Church into "heaven," into her fulfillment as the Kingdom of God. And it is precisely the reality of this passage into the Eschaton that

conditions the transformation of our offering - bread and wine - into the new food of the new creation, of our meal into the Messianic

Banquet and the Koinonia of the Holy Spirit. Thus, for example, the coming together of Christians on the Lord’s Day, their visible unity

"sealed" by the priest ("ecclesia in episcopo and episcopus in ecclesia") is indeed the beginning of the sacrament, the "gathering into the

Church." And the entrance is not a symbolical representation of Christ going to preach but the real entrance - the beginning of the Church’s

ascension to the Throne of God, made possible, inaugurated by the ascension of Christ’s Humanity. The offertory - the solemn transfer of

bread and wine to the altar is again not the symbol of Christ’s burial (or of His entrance into Jerusalem) but a real sacrifice - the transfer of

our lives and bodies and of the whole "matter" of the whole creation into heaven, their integration in the unique and all-embracing sacrifice

of all sacrifices, that of Christ. The prosphora (offering) makes possible the anaphora - the lifting up of the Church, her eschatological

fulfillment by the Eucharist. For Eucharist - "thanksgiving" - is indeed the very content of the redeemed life, the very reality of the Kingdom

as "joy and peace in the Holy Spirit," the end and the fulfillment of our ascension into heaven. Therefore, the Eucharist is consecration and

the Fathers called both the prayer of consecration and the consecrated gifts "Eucharist." The insistence by the Orthodox on the epiclesis is

nothing else, in its ultimate meaning, but the affirmation that the consecration, i.e., the transformation of bread and wine into the Body and

Blood of Christ, takes place in the "new eon" of the Holy Spirit. Our earthly food becomes the Body and Blood of Christ because it has been

assumed, accepted, lifted up into the "age to come," where Christ is indeed the very life, the very food of all life and the Church is His Body,

"the fullness of Him that filleth all in all" (Eph. 1:23). It is there, finally, that we partake of the food of immortality, are made participants of

the Messianic Banquet, of the New Pascha, it is from there, "having seen the true light, having received the heavenly Spirit," that we return

into "this world" ("let us depart in peace") as witnesses of the Kingdom which is "to come." Such is the sacrament of the Church, the

"leitourgia" which eternally transforms the Church into what she is, makes her the Body of Christ and the Temple of the Holy Spirit».

2 H. W. J. Adams, Biblical Images of the Holy Spirit interpreted in the Light of the Fathers of the Church, in AA. VV., Credo in Spiritum

Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 264: «Under the figure of the wind, the Holy Spirit is a constant reminder to us of the great

‘Mystery of God’. We can never forget that God is Spirit (John 4:24). The pneumatophany of the wind is a perfect example of how the Holy

Spirit makes His presence known and yet under the very act of appearing, He remains hidden. The forcefulness or strength of the wind

definitely manifests the all-embracing and fearfully-endless ‘power’ of the Holy Spirit. Saint Cyril of Jerusalem commenting on the

pneumatophany of wind at Pentecost as a celestial trumpet. Saint Cyril sees in the wind an audible proclamation that a mighty gift from

heaven has arrived at the Cenacle. The Kingdom of God has come. ‘And lest men should be ignorant of the greatness of the mighty gift

coming down to them, there sounded as it were a heavenly trumpet, for ‘suddenly there came from heaven a sound as of the rushing of a

mighty wind’ (Acts 2:2), signifying the presence of Him who was to grant power unto men to seize with violence the kingdom of God; that

both their eyes might see the fiery tongues, and their ears hear the sound. ‘And it filled all the house where they were sitting’; for the house

became the vessel of the spiritual water; as the disciples sat within, the whole house was filled. (1)».

((1) Saint Cyril of Jerusalem, Catechetical Lectures Lecture 17:15 Cited in NPNF-2, Vol. 7. p. 128.)

3 G. Khodr, L'Esprit Saint dans la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 396: «De plus ce

rapprochement nous aide à comprendre comment l’eau, l'huile ou le pain reçoivent et contiennent l'action de l’Esprit intervenant au moment

de 1'épiclèse. Cette action trouve sa condition et sa base dans la «kénose» de la première intervention du Souffle divin lors du «fiat» créateur.

Cette kénose consiste dans le fait que ce Souffle divin, la plénitude absolue de la Vie, soit limité, reçu et porté par des créatures auxquelles Il

communique Son énergie comme principe d'être, de vie et de devenir. Selon un commentaire anonyme sur la Genèse d'après l'interprétation

de Saint Ephrem et Jacques d'Edesse, «L'Esprit de Dieu planait sur les eaux, c'est-à-dire l’Esprit Saint procède de Dieu le Père d'une manière

intemporelle... pour leur conférer une énergie fécondatrice. Mais... non seulement sur les eaux mais aussi sur la terre et 1'air afin que les

plantes germent, les animaux procréent, et les oiseaux se multiplient» (1)».

((1) Schaff & Wace, Nicene and Post-Nicene Fathers, Win. Eerdmans Pub. Co. Mich., 1978, vol. VIII, The Hexameron, Hom. II. 6, p. 62.)

518

‘commando’ catafatico delle parole dell’istituzione rimarrebbero isolate senza questo riferimento

alla pienezza trinitaria: dallo Spirito al Padre stesso. L’antinomia dello Spirito è di congiungere la

pienezza del dono e la progressività del divenire 1. Ma l’antinomia è anche che lo Spirito stesso si

fa ‘dono’ nell’essere ipostaticamente presente nell’anticipare alla Sua Chiesa la nuova creazione ed

il Regno della vita nuova 2. La temuta ‘passività’ del dono consegnato si rovescia in un dinamico

intervento dello Spirito nel dare Se stesso. Essa congiunge anche la purificazione e la beatitudine,

soglia del ‘terzo Testamento’ 3. Nello Spirito si congiunge la trasfigurazione e l’intento umano 4. Il

paradosso dell’unione nello Spirito e della disunione canonica si fa pur esso percettibile 5. La

kenosi dello Spirito fa della terza Persona quella più radicalmente apofatica o cioè quella meno

corrispondente ai parametri umani 6. La stessa teologia rientra in questa prospettiva apofatica:

essa è semplicemente impossibile a livello umano, ma solo -come la contemplazione- dall’azione

1 С. Булгаков / S. Bulgakov, Утешитель / Le Paraclet, Таллин 1936 / Paris 1944, стр. 162 / p. 211: «Or, en quoi consiste la kénose du Saint-

Esprit et en quel sens pouvons-nous parler de celle-ci? Dans la création du monde, cette kénose se manifeste par le fait que le Saint-Esprit,

plénitude et profondeur de la Divinité, S’humilie jusqu’au devenir quand Il Se révèle dans la Sophie de créature. Dans la vie divine, le Saint-

Esprit réalise la plénitude adéquate de celle-ci, Il sonde les profondeurs de Dieu par un acte unique or éternel. Dans l’être créé, Il est la force

de l’être et le donneur de vie; mais cet être or cette vie, suivant la notion même de la créature, n’existent que comme devenir, c’est-à-dire

non dans la plénitude, mais seulement dans un élan vers cette dernière. L’éros de créature est le Fils de Porus et de Pénie, de la richesse et

de la pauvreté, de la plénitude et du vide; le tout créé est fait de rien».

2 GROUPE DES DOMBES, Accord doctrinal sur l’Eucharistie, in «Unité chrétienne, Pages documentaires», 1972 n° 2, p. 9: «14. L'Esprit qui,

invoque sur assemblée, sur le pain et le vin, nous rend le Christ réellement présent, nous le donne et nous le fait discerner. Le mémorial et

1'invocation de 1'Esprit (anamnèse et épiclèse), qui sont orientes vers notre union an Christ, ne peuvent être accomplis indépendamment de

la communion. 15. Le don du Saint-Esprit dans 1'eucharistie est un avant-goût du royaume de Dieu: l'Eglise reçoit la vie de la nouvelle

création et l'assurance du retour du Seigneur. 16 Nous reconnaissons le caractère épiclétique de toute la prière eucharistique».

3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 249-250 / p. 305: «Lo Spirito di Cristo che viene alla creatura peccatrice sarà questo fuoco di prova che

tutto purificherà, tutto salverà, tutto riempirà di se. Ciò che per l'uomo stesso è un istante di purificazione (fuoco B), per la sua aseità

peccatrice sarà fuoco tormentatore (fuoco A e C). L'uno e l'altro fuoco sono aspetti diversi della stessa rivelazione divina, della rivelazione del

Paraclito alla creatura. L'eterna beatitudine dell'uomo stesso e l'eterno tormento dell'aseità sono i due lati antinomici e congiunti del terzo e

definitivo Testamento, la rivelazione dell'eterna Verità nella duplice manifestazione di salvezza-perdizione, luce-tenebra, spiritualizzazione-

geenna».

4 П. Флоренский / P. Florenskij, Иконосттас / Le porte regali, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений, Tom I, Париж 1985 /

Milano 1977, стр. 212 / pp. 51-52: «Come avviene il passaggio della forma, della struttura spirituale del corpo dallo schema del secolo a

qualcosa di trasfigurato? Dice l'Apostolo: "trasformatevi rinnovando la mente", ma secondo certe redazioni va aggiunto "vostra"; la

trasformazione del corpo si ottiene col rinnovamento della mente che è l'apice di tutto l'essere. Sintomo dell'avvenuto rinnovamento sarà il

senso della volontà di Dio. In altre parole: offrire il proprio corpo in sacrificio significa raggiungere la sensibilità spir ituale per percepire la

volontà di Dio, buona e perfetta. A questa tesi della santità si oppone l'antitesi, perchè chi aspira a raggiungere la volontà di Dio è naturale

che cominci a filosofare sui propri sforzi, sostituendo all'autentico contatto col cielo ragionamenti astratti. A ciascuno Dio ha concesso una

certa misura di fede, cioè "una convinzione di cose invisibili". Il pensiero può essere sano soltanto entro i limiti di questa fede, fuor dei quali

diventa deforme».

5 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 18: «Or, bien qu’informulable et

secrète, une évidence s’offre à nous et nous met en garde contre toute simplification tant intégriste que progressiste, c'est que, face au

mystère de l'union, apparaît le mystère de la désunion. A l'action qui a brisé l'unité, Dieu a manifesté une contre-action qui change les

apparences en signe de la réalité. La séparation qui touchait gravement la nature même de l'Eglise, s'est trouvée enraillée par la présence

évidente de Dieu dans les parties désunies de la chrétienté. Nous savons où se trouve l'Eglise, qui peut dire où elle ne se trouve pas? Les

limites canoniques et disciplinaires de l'Eglise visible ne coïncident pas avec ses limites charismatiques (l’acceptation réciproque au moins du

sacrement du baptême, dans certains cas du sacerdoce, démontre la confirmation tacite de l'action du Saint-Esprit hors de la juridiction

sacramentelle de l’Eglise)».

6 M. Ryk, L’Esprit Saint dans notre vie selon la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Rome 1982, vol. I, pp. 426-427: «La

kénose du Saint Esprit est manifestée aussi dans son action auprès des créatures. L’Esprit Saint est le Principe de toute bonne action et

l’homme est secondaire, parce qu’il peut seulement coopérer quand Dieu agit: «Nul n’est bon que Dieu seul» (Mc 10,18). Mais l’action de ce

Principe reste tellement cachée que souvent toute bonne œuvre est attribuée à l’homme. L’Esprit Saint est caché derrière son don pour que

ce don se conforme à nous et ensuite qu’il puisse être complètement nôtre, adapté à notre personne. Il faut dire que la théologie orientale et

la théologie occidentale s’accordent pour affirmer une sorte de caractère anonyme de la Troisième Personne divine. Nous pouvons observer

cela spécialement après le Concile Vatican II (1). Selon les Orientaux l’Esprit Saint est comme identifié avec la kénose mystérieuse de la

divinité et avec ses manifestations différentes (2). L’Esprit Saint est la plus apophatique Personne divine (c’est-à-dire la plus mystérieuse

Personne de la Sainte Trinité) comme dit son nom: L’Esprit Saint».

((1) Cf. T. Federici, Spirito Santo, in A. Garofalo (dir)., Dizionario del Concilio Ecumenico Vat. II, Roma 1969, pp. 1867-1886; O. Clément,

Transfigurer le temps, Paris 1959, pp. 137-58. / (2) V. Lossky, La procession de Saint Esprit dans la doctrine trinitaire orthodoxe, in AA. VV.,

A l’image et à la ressemblance de Dieu, Paris 1967, pp. 104, 142, 68.)

519

dello Spirito Santo (come per Simeone il Nuovo Teologo) 1. Lo Spirito trasforma il nocciolo stesso

della costituzione umana nella sua consistenza mentale: dalla non conoscenza o ignoranza, o

conoscenza illusoria, verso la conoscenza di ciò che è nascosto e che appartiene al futuro: come

per gli Apostoli nell’evento della Pentecoste (vedere anche il capitolo sullo Spirito e la Pentecoste,

cfr infra) 2. Si tratta proprio di ‘dare una forma’, di ‘formare’ o di ‘informare’ lo spirito privo di

capacità intellettuale riguardo all’intento divino. In questo senso lo Spirito è innanzi tutto il

‘Dottore’ che insegna ed illumina (cfr i nomi dello Spirito, supra). L’epiclesi che riguarda il

ministero apostolico rieccheggia questa supplica di trasformazione. La ricerca o l’esplorazione

umana cedono il passo alla trasformazione operata dallo Spirito nella pressione Sua su chi si mette

pienamente sotto la Sua autorità: metamorfosi della persona individuale del teologo che non ha

più a disposizione punti di riferimento percepibili (la sua propria conoscenza e persino la

conoscenza della Scrittura) 3. La teologia si porta a termine con l’intervento dello Spirito simile ad

un’epiclesi che trasforma la persona.

4° LA PRESENZA EPICLETICA DELLO SPIRITO SANTO

NELL’EUCARISTIA ED OLTRE L’EUCARISTIA

Si sa della controversia tra oriente ed occidente sulla questione dell’epiclesi riguardo

all’eucaristia: e cioè sulla parità tra le parole dell’Istituzione e dell’Epiclesi 4. Si farà -in oriente-

1 G. Cioffari, Ricerca teologica e illuminazione dello Spirito nella teologia bizantina del secolo XI, in «Nicolaus», 1980 n° 2, p. 344: «Simeone

rigetta propriamente la ricerca teologica allorché affronta la questione della conoscenza di Dio attraverso lo studio della Sacra Scrittura. Il

caso della Sacra Scrittura non è diverso da quello della natura creata. Vale a dire che non è il fatto di partire dal creato a rendere vana Ia

conoscenza di Dio, che invece sarebbe valida se si partisse dalla Scrittura, bensi è la convinzione che l’elaborazione concettuale che nasce

dalla saggezza del mondo (‘ ) o che parte dalla sola lettura della Scrittura ( ) sia identica alla contemplazione, prodotta nelle anime degne

unicamente daIl'azione dello Spirito [TR II, Eth. IX, 220/223]. L'apofatismo di Simeone trova un ottimo sostegno negli scritti dello Pseudo-

Dionigi riguardo alla natura di Dio; questo brano riecheggia, ad esempio, il suo linguaggio: ‘Noi diciamo effettivamente che il padre è causa

della nascita del figlio quanto alla nascita del corpo. Ma a proposito dell’esistenza divina che non è esistenza, della generazione che non è

generazione, della sostanza che non è sostanza, dell'essenza sopraessenziale, e non so che altro ancora, se si designa un primo, bisogna

necessariamente nominare un secondo e un terzo: un modo di parlare che non ha assolutamente alcun significato nella Santa Trinità’. [TR I,

Theol. I, p. 102/103]».

2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 206: «Le premier aspect de cette

oeuvre de formation se situe sur le plan de 1'information. L'Esprit fait connaître et révè1e les mystères de la vie divine à tous les fidèles et

particulièrement à tous ceux qui ont officiellement à prêcher et à enseigner la Parole. Cet aspect est mis en lumière tout au long du cycle

liturgique et tout spécialement dans l'office de Pentecôte qui met l'état d'ignorance, de rudesse et d'incapacité intellectuelle des Apôtres en

opposition avec le changement radical effectué en eux par 1'Esprit (1). L'Esprit opère tout d'abord en ses ministres une purification de leur

ignorance: «Aujourd'hui - chante l'Eglise la nuit de Pentecôte - la voix de l'Esprit sous la forme de feu est descendue dans le cénacle et a

purifié comme l'or les amis du Monogène. Par son enseignement il les a lavés de l'état d'ignorance où ils se trouvaient. Il les a rendus habiles

dans les choses cachées et connaisseurs de celles à venir» (2)».

((1) Cf. par exemple dans l’Office de Pentecôte, F., VI., pp. 198 b, 200 a, 211 a, 212 a, 213 b, 219 b... / (2) Ibid., pp. 216 b-217 a.)

3 G. Cioffari, Ricerca teologica e illuminazione dello Spirito nella teologia bizantina del secolo XI, in «Nicolaus», 1980 n° 2, p. 342: «Simeone il

Nuovo Teologo inizia il suo Primo Discorso Teologico in questi termini: ‘Parlare o discorrere su Dio, esplorare tutto ciò che gli riguarda, dare

un'espressione alI'inesprimibile e presentare come comprensibile ciò che per tutti è incomprensibile, sarebbe indizio di un'anima temeraria e

presuntuosa’. Fare teologia può essere, secondo Simeone, segno di orgoglio, di desiderio di essere ammirati. E la ricerca teologica che

proviene dalle capacità umane non conduce che a conclusioni insensate, poiché comprendere la realtà divina, sondare Dio per mezzo di

realtà terrene create è del tutto impossibile, e comunque non può portare che ad una conoscenza distorta e inadeguata. Il teo logo vero non

può parlare né per autorità propria, né per l'autorità dei testi, sia pure scritturistici ma solo per qell’autorità che viene dall'alto () cedendo alla

pressione dello Spirito [ITg 1, 98/99]».

4 THE CATHOLIC ENCYCLOPEDIA, Epiklesis, in «Internet» 2005, http://www.newadvent.org/cathen/05502a.htm: «The Controversy. The

Catholic Church has decided the question by making us kneel and adore the Holy Eucharist immediately after the words of Institution, and by

letting her old Invocation practically disappear. On the other hand Orthodox theologians all consider the Epiklesis as being at least an

essential part of the Consecration. In this question they have two schools. Some, Peter Mogilas, for instance, consider the Epiklesis alone as

consecrating (Kimmel, Monumenta fidei eccl. orient., Jena, 1850, I, 180), so that presumably the words of Institution might be left out

without affecting the validity of the sacrament. But the greater number, and now apparently all, require the words of Institution too. They

must be said, not merely historically, but as the first part of the essential form; they sow as it were the seed that comes forth and is

520

una distinzione tra ‘epiclesi di comunione’ pronunciata sul popolo ed ‘epiclesi sui doni’ nella

preghiera eucaristica 1. Dall’attenzione esclusiva data alla tanssustanziazione in occidente

(lasciando persino da parte l’epiclesi) esiste anche la tradizione della Chiesa assira che include

solo l’epiclesi nell’anafora e omette le parole dell’Istituzione 2. L’oriente ortodosso vede nella

dottrina della transsustanziazione -con la distinzione scolastica tra ‘essenza’ e ‘accidenti’ del

pane- la ragione anomala dell’esclusione dell’epiclesi dalla celebrazione eucaristica 3. Oggi, si

chiederà talvolta ai ministri romani che vogliono riconciliarsi con le Chiesa ortodossa, celebrando

in rito romano, di introdurre nel ‘Canone’ la formulazione esplicita dell’epiclesi -malgrado

l’opinione di N. Cabasilas sulla sostanziale equivalenza delle formule orientali e romane 4. La

Riforma d’occidente puntualizzerà, oggi, che l’invocazione allo Spirito Santo è innanzitutto una

preghiera affinché lo Spirito Santo ci riempi dei Suoi doni e non che ‘scenda su di noi’ 5. Nel

perfected by the Epiklesis. Both elements, then, are essential. This is the theory defended by their theologians at the Council of Florence

(1439). A deputation of Latins and Greeks was appointed then to discuss the question. The Greeks maintained that both forms are necessary,

that Transubstantiation does not take place till the second one (the Epiklesis) is pronounced, and that the Latin "Supplices te rogamus" is a

true Epiklesis having the same effect as theirs. On the other hand the Dominican John of Torquemada defended the Western position that the

words of Institution alone and at once consecrate (Hardouin, IX, 977 sqq.). The decree of the council eventually defined this "quod illa verba

divina Salvatoris omnem virtutem transsubstantiationis habent," ibid.; see also the decree for the Armenians: "forma huius sacramenti sunt

verba Salvatoris" in Denziger, 10th ed., no. 698-old no. 593). Cardinal Bessarion afterwards wrote a book "De Sacramento Eucharistiæ et

quibus verbis Christi corpus conficitur, 1462, in P. G., CLXI, 494-525), to whom Marcus Eugenicus of Ephesus answered in a treatise with a

long title: "That not only by the sound of the Lord's words are the divine gifts sanctified, but (in addition) by the prayer after these and by the

consecration of the priest in the strength of the Holy Ghost." ».

1 ORTHODOXWIKI, Epiclesis, in «Internet», http://orthodoxwiki.org/Epiclesis: «In the Epiclesis (or epiklesis), God's Holy Spirit is called on to

come down "upon us and upon these gifts" (the bread and wine), so that they may become "truly the Body and Blood of our Lord and Savior

Jesus Christ". A distinction is usually made between the invocation over the people (called a 'communion' epiclesis) and the one over the Gifts

of bread and wine (called a 'consecratory' epiclesis). This is the main supplication in the Eucharistic Prayer».

2 J. M. Solare, Epiclesis, in AA. VV., Wikipedia, the free encyclopedia, Epiclesis (composition), etiam in «Internet» 2006, http://

en.wikipedia.org/wiki/Category:Eastern_Orthodoxy: «It should be noted that in its pure form the Divine Liturgy of Addai and Mari includes an

epiclesis, but does not use the Words of Institution. In the Divine Liturgy of Saint John Chrysostom for example, the priest says... "We offer to

Thee this reasonable and unbloody sacrifice; and we beg Thee, we ask Thee, we pray Thee that Thou, sending down Thy Holy Spirit on us

and on these present gifts" -(the Deacon says: "Bless, Lord, the holy bread") -"make this bread into the Precious Body of Thy Christ" -

(Deacon: "Amen. Bless, Lord, the holy chalice"): "and that which is in this chalice, the Precious Blood of Thy Christ" -(Deacon: "Amen. Bless,

Lord, both"), "changing them by Thy Holy Spirit" -(Deacon: "Amen, Amen, Amen.")». 3 Th. Ziton, The Epiklesis of the Divine Liturgy, (Publication of the Antiochian Orthodox Christian Archdiocese of North America), in «Word

Magazine», May 1963, pp. 7-8, etiam in «Internet» 2005, http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/ziton_epiklesis.htm:

«In the Western Church from the eleventh Century on, there began to be developed the theory of ... transubstantiation ... as an attempt to

explain the change. This is, in brief, that the substance of the bread and wine is changed into that of the Body and Blood of Christ, while the

accidents (color, taste, etc.) remain. We reject this theory. How does the substance change and the accidents remain the same? It is only

through the accidents that the substance is distinguished as such from some other substance. The Orthodox Church says that this rejection

by the Roman Catholic Church is a rejection of simplification of everything, even the Incarnation. The whole Chalcedonian affirmation is that

Christ is perfect Man without sin and perfect God, One in essence with the Father: One Person in Two natures without confusion, without

change, without division, and without severance. (Council of Chalcedon, Tome of Leo, 451 A.D.). Therefore, if the Eucharistic Bread is Christ,

the Incarnation is present. The bread must remain bread, and in the substance of the bread is contained the Godhead. It is not a replacement

of bread into Body, but a change into Body. One substance also contains the substance of the divine. To destroy would mean that Christ

destroys one nature to replace it by another. This is not so. Christ does not destroy, but He replaces with the bread His Holy Divine

Substance. ‘This is my body -This is my blood.’ It means equal and that, it truly is. In the 15th century the Eastern Church took over the term

Transubstantiation without the theory, and used it as synonymous with the term ‘change’ (conversion), in Greek ‘Metabole.’ The Eastern

Church does not recognize that the substance of the bread and wine is changed into the Body and Blood of Christ while the accidents remain

under which the Body and Blood of Christ exist, but simply says that the bread and wine are changed into the Very Body and Blood of Christ

by the descent of the Holy Spirit, through whom these things surpassing reason and understanding are achieved».

4 WIKIPEDIA THE FREE ENCYCLOPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://en.wikipedia.org/wiki/Epiclesis: «Eastern Orthodox views.

However, at least one Eastern Orthodox liturgical commentator, Nicholas Cabasilas, was of the opinion that the prayer Supplices te rogamus,

placed, like the explicit epikleses in the Eastern Rites, after the anamnesis and oblation, is functionally equivalent: ‘Almighty God, we pray

that your angel may take this sacrifice to your altar in heaven, then, as we receive from this altar the sacred body and blood of your Son, let

us be filled with every grace and blessing.’ Some Orthodox commentators object to the Roman Canon on the grounds that its epiklesis is too

weak. When groups of Traditionalist Catholics have joined a canonical Orthodox jurisdiction with permission to celebrate the Tridentine

Liturgy, they have been required to interpolate the epiklesis from the Liturgy of St. John Chrysostom into the Tridentine Mass in order to

correct this perceived defect (see Western Rite Orthodoxy)». 5 D. Philips, Issues | Liturgy | Epiclesis, Epiclesis. A Biblical Alternative, in «Internet» 2005, http://www.churchsociety.org/issues/liturgy/

iss_liturgy_epiclesis.htm: «Many of the Reformers cut away the later accretions and restored a proper biblical understanding of epiclesis to

521

sacramento del matrimonio stesso: per l’oriente non sono i sposi che compiono il sacramento ma

è l’epiclesi dello Spirito che attua l’unità dei due in uno 1. Dalle tradizioni siriache del IV secolo,

occorre ritrovare il senso pieno e non solo attuativo delle parole dell’Istituzione eucaristica: si

tratta del compimento complessivo dell’anafora o cioè della filiazione, salvezza e divinizzazione

umana 2. La presenza dello Spirito, la Sua presenza epicletica non ha confini né condizionamenti,

non si restringe alla celebrazione eucaristica e non è neanche formalmente ‘sacramentale’ 3. Ogni

cristofania dev’essere preceduta da una pneumatofania 4. L’epiclesi anticipa e vivifica l’inziativa

their liturgies. Most of the continental reformed churches introduced petitions to the Holy Spirit (an epiclesis - calling upon). This was not a

prayer that the Holy Spirit might 'come down upon' us or that He might 'fill' us but rather that He might accomplish His work within us, in all

its fullness. This dimension is not reflected in the liturgy of Thomas Cranmer. Though some of the sentiments find expression in his service

the closest he comes to a genuine epiclesis is the Collect for Purity, and that is rather stretching the point. It has been suggested that in the

'prayer of consecration' Cranmer almost has an epiclesis in the sense of 'calling down the Spirit upon' but this is to badly misrepresent him.

To illustrate the point a very developed epiclesis from the Anglican Puritan Richard Baxter may be helpful. It is addressed directly to the Holy

Spirit which is unusual in Anglican prayer but otherwise the structure is very familiar. It draws on what we know of the character and work of

the Holy Spirit from Scripture and relates this to the promises of God associated with the Lord's Supper. ‘Most Holy Spirit, proceeding from

the Father and the Son: by whom Christ was conceived; by whom the prophets and apostles were inspired, and the ministers of Christ are

qualified and called: that dwellest and workest in all the members of Christ, whom thou sanctifiest to the image and for the service of their

Head, and comfortest them that they may shew for his praise: illuminate us, that by faith we may see him that is here represented to us.

Soften our hearts, and humble us for our sins. Sanctify and quicken us, that we may relish the spiritual food, and feed on it to our

nourishment and growth in grace. Shed abroad the love of God upon our hearts, and draw them out in love to him. Fill us with thankfulness

and holy joy, and with love to one another. Comfort us by witnessing that we are children of God. Confirm us for new obedience. Be the

earnest of our inheritance, and seal us up to everlasting life. Amen».

1 Athenagoras Peckstadt, Marriage, Divorce and Remarriage in the Orthodox Church: Economia and Pastoral Guidance,

http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/athenagoras_remarriage.htm: «There is however a very important difference

which should be clarified here. In the first place, the Roman Catholic Church holds that the bride and bridegroom execute the marriage

themselves, in their vows to each other. In the Orthodox Church it is the priest or the bishop who consecrates the marriage, who calls upon

God in the name of the community, and asks that the Holy Spirit be sent down (epiclesis) on the man and woman and in this way make them

‘into one flesh’. In addition marriage is for the Orthodox Church rather a spiritual path, a seeking after God, the mystery of oneness and

love, the preparatory portrayal of the Kingdom of God, than a necessity for reproduction».

2 E. F. Díaz, La epíclesis eucarística en el libro sobre el Espíritu Santo de Yves Congar, in «Internet» 2005, http://peru.op.org/frayEdulgerio/

epiclesis.htm: «Estudios recientes sobre la epíclesis, ha llevado a concluir que la epíclesis más antigua pertenecería a la liturgia Siríaca de los

XII Apóstoles, a mitad del siglo IV, situada después del relato de la institución. El texto de esta liturgia es el siguiente: ‘Te rogamos ahora,

Señor omnipotente y Dios de todas las santas potencias, postrados ante tu presencia, que envíes el Espíritu Santo sobre las ofrendas que te

presentamos: pon de manifiesto que este pan es el verdadero cuerpo de nuestro Señor Jesucristo y que este cáliz es la sangre de nuestro

Señor Jesucristo, para que todos los que lo reciban obtengan la vida y la resurrección, la remisión de los pecados y la salvación del alma y del

cuerpo…’ (1) Notemos que en esta epíclesis no se hace mención alguna de ofrenda o de sacrificio; se pide el descenso del Espíritu, no para

que convierta el pan y el vino en el cuerpo y en la sangre de Cristo, sino para que ponga de manifiesto que ese pan y vino son ya el cuerpo y

la sangre de Cristo, produciendo en los participantes todos los efectos del sacramento. Según la opinión de Congar, el término ‘epíclesis’, ha

adquirido una significación técnica y restringida. Designa la invocación para que sea enviado el Espíritu después del relato de la institución,

‘Pero es ésta una acepción demasiado particularizada, impuesta por las discusiones sobre este tema ’ (2).. Las epíclesis, en los padres de la

Siria occidental, designa la totalidad de la acción de la anáfora. Ellas tienen un sentido de conjunto: ‘Realizar el misterio cristiano, extender al

cuerpo eclesial la salvación y la filiación - divinización que Cristo adquirió para nosotros por medio de su encarnación y glorificación por el

Espìritu; y, finalmente por el don de pentecostés’ (3). Por lo tanto la epíclesis es elemento integral de todo el misterio cristiano, conlleva a

ver la eucaristía como la síntesis de lo que Dios ha hecho por nosotros en Jesucristo y por Jesucristo. Teniendo como base esta amplitud que

se quiere dar a la epíclesis, Congar lo relaciona con los otros misterios de la salvación».

((1) J. M. Sánchez Caro - M. Pindado, La Gran Oración Eucarística. Textos de ayer y de hoy. Madrid, La Muralla, 1969, p. 243. Según Ch

Kannengiesser la aparición más antigua de una epíclesis en los documentos litúrgicos se encuentra en la Anáfora de Addai Mari y en la

Traditio Apostolica de Hipólito. Epíclesis, en AAVV Diccionario Patrístico y de la Antigüedad Cristiana I. Dir. Angelo Di Berardino. Salamanca,

Sígueme, 1991, p. 716. / (2) Congar, Y. M., El Espíritu Santo. Barcelona, Herder, 1991, p. 659. / (3) Ibid., p. 660. Autores como O. Casel,

citado por Pablo M. Pagano Fernández, prefieren tomar el término epíclesis en sentido más amplio, de tal modo que se pueda afirmar que la

epìclesis es por esencia, ‘el nombre de Dios’, con lo cual, según el sentido antiguo, acontece la misma presencia divina y consecuentemente

es Epifanía o parusía y operación. De esta manera será una epíclesis la invocación trinitaria sobre el bautizado en la celebración de la

iniciación; todo el canon eucarístico ha de entenderse, por lo tanto, como una epíclesis trinitaria. Pagano Fernández, Pablo M., El Espíritu

Santo - Epíclesis - Iglesia. Aportes a la Eclesiología Eucarística. Salamanca, Secretariado Trinitario,1994, p. 99-100.)

3 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 12: «2°) La prière qui demande au Père

l’envoi de l’Esprit Saint s’appelle l’épiclèse. Son emploi eucharistique ne limite point sa signification universelle. En effet, l’action sanctifiante

de 1’Esprit précède tout acte où le spirituel prend corps, s’incarne et devient christophanie: manifestation de l’incarnation du Christ et sa

conséquence dans 1’humain «Afin que le Christ soit formé en vous»».

4 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 13: «Ainsi, au terme de l’action

épiclétique, préliminaire, sanctifiante de l’Esprit Saint, une forme du Corps du Christ se manifeste. A toute christophanie, à toute naissance

522

che sarà portata a termine. Il compimento di ciò che si attuerà in Cristo si fa nello Spirito,

inserendo una ‘economia di Cristo’ nella più ampia ed escatologica ‘economia dello Spirito Santo’

(cfr infra). Le parole che la voce celeste pronuncia lo indicano ulteriormente ‘Questo è il mio Figlio

prediletto in cui mi sono compiacuto’ (Mc 1, 11) che si espliciterà nella Trasfigurazione ‘Questo è

il mio Figlio prediletto, ascoltatelo’ (Mc 9, 7). Il Messaggio di Gesù s’iscriverà in ciò che sorge dal

Verbo stesso, dal Logos, con più diretta incidenza soteriologica, ma sempre nella prospettiva

escatologicamente illimitata della trasfigurazione ultima e decisiva del ‘Tutto’ in Dio. L’epiclesi

sarà la ricapitolazione di tutta la storia dal gesto molto ‘situato’ della liturgia, o cioè di tutto il

percorso ‘dei tempi’, nella prospettiva della vita nuova 1.

L’EPICLESI NELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

La polemica, anche a questo livello pneumatologico, ha infuriato nei tempi trascorsi sulla

priorità delle parole istituzionali sull’epiclesi nell’eucaristia: nella controversia tra la ‘presenza’

data dalle sole parole istituzionali o dalla sola epiclesi 2. L’antica tradizione siriaca orientale (assira

- forma non emendata) non include le parole dell’istituzione nella parte ‘centrale’ della

celebrazione eucaristica, pur se ci sono accenni vari lungo il percorso della celebrazione stessa 3.

Nella Divina Liturgia di Giovanni Crisostomo, si ha la formulazione più esplicita dell’epiclesi 4.

d’une cellule organique ecclésiale (communion et communautés, ecclesia domestica, son épiclèse pentecostale. Tout sacrement et partant,

tout acte spirituel possède sa petite pentecôte, l’onction de l’Esprit.»

1 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 137: «Cette prière de la

communauté chrétienne pour la réception de1'Esprit atteint son point culminant dans l'épiclèse. Celle-ci, dans tous les mystères, est le

moment privilégié qui récapitule l'histoire du salut. L'Esprit envoyé par le Père vient rendre présent et effectif dans l'assemblée la rédemption

opérée par la mort et la résurrection du Christ. Il vient, en réponse à notre épiclèse, pour faire nôtre la plénitude de vie offerte par le Sauveur

ressuscité. Nous reviendrons sur cette question lorsque nous parlerons de l'action de l'Esprit dans les mystères (et notre deuxième chapitre

de la deuxième partie)».

2 THE CATHOLIC ENCYCLOPEDIA, Epiklesis, in «Internet» 2005, http://www.newadvent.org/cathen/05502a.htm: «The Controversy. The

Catholic Church has decided the question by making us kneel and adore the Holy Eucharist immediately after the words of Institution, and by

letting her old Invocation practically disappear. On the other hand Orthodox theologians all consider the Epiklesis as being at least an

essential part of the Consecration. In this question they have two schools. Some, Peter Mogilas, for instance, consider the Epiklesis alone as

consecrating (Kimmel, Monumenta fidei eccl. orient., Jena, 1850, I, 180), so that presumably the words of Institution might be left out

without affecting the validity of the sacrament. But the greater number, and now apparently all, require the words of Institution too. They

must be said, not merely historically, but as the first part of the essential form; they sow as it were the seed that comes forth and is

perfected by the Epiklesis. Both elements, then, are essential. This is the theory defended by their theologians at the Council of Florence

(1439). A deputation of Latins and Greeks was appointed then to discuss the question. The Greeks maintained that both forms are necessary,

that Transubstantiation does not take place till the second one (the Epiklesis) is pronounced, and that the Latin "Supplices te rogamus" is a

true Epiklesis having the same effect as theirs. On the other hand the Dominican John of Torquemada defended the Western position that the

words of Institution alone and at once consecrate (Hardouin, IX, 977 sqq.). The decree of the council eventually defined this "quod illa verba

divina Salvatoris omnem virtutem transsubstantiationis habent," ibid.; see also the decree for the Armenians: "forma huius sacramenti sunt

verba Salvatoris" in Denziger, 10th ed., no. 698-old no. 593). Cardinal Bessarion afterwards wrote a book "De Sacramento Eucharistiæ et

quibus verbis Christi corpus conficitur, 1462, in P. G., CLXI, 494-525), to whom Marcus Eugenicus of Ephesus answered in a treatise with a

long title: "That not only by the sound of the Lord's words are the divine gifts sanctified, but (in addition) by the prayer after these and by the

consecration of the priest in the strength of the Holy Ghost" ».

3 Cfr J. M. Solare, Epiclesis, in WAPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://wapedia.mobi/en/Epiclesis: «In its pure form, the ancient

anaphora of the Divine Liturgy of Addai and Mari does include an epiclesis. It does not use the Words of Institution, although they appear

directly and indirectly in other parts of the rite (and is therefore considered to be implicit). Priest: We too, my Lord, your feeble, unworthy,

and miserable servants who are gathered in your name and stand before you at this hour, and have received by tradition the example which

is from you, while rejoicing, glorifying, exalting, and commemorating, perform this great, fearful, holy, life-giving, and divine Mystery of the

passion, death, burial, and resurrection of our Lord and Savior, Jesus Christ. And may there come, O my Lord, your Holy Spirit, and may he

rest upon this oblation of your servants. May he bless it and hallow it, and may it be for us, O my Lord, for the pardon of debts, the

forgiveness of sins, the great hope of resurrection from the dead, and for new life in the kingdom of heaven with all who have been well-

pleasing before you. And for all this great and marvelous dispensation towards us we will give thanks to you and praise you without ceasing

in your church, which is saved by the precious blood of your Christ».

4 WIKIPEDIA THE FREE ENCYCLOPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://en.wikipedia.org/wiki/Epiclesis: «Liturgy of Chrysostom. In the

Divine Liturgy of Saint John Chrysostom an epiclesis is present (explicit); the priest says... "We offer to Thee this reasonable and unbloody

sacrifice; and we beg Thee, we ask Thee, we pray Thee that Thou, sending forth Thy Holy Spirit on us and on these present gifts" (the Deacon

523

L’importanza ‘teologica’ dell’epiclesi sarà sottolineata dagli stessi esponenti orientali, appellandosi

ad un aspetto della cristologia di levante: e cioè, se le sole ‘parole dell’istituzione’ effettuassero di

per se la consacrazione di presenza si avrebbe un tipo di ‘auto-deificazione’ e non di dimessa

supplica a Dio Padre di mandare il Suo Spirito Santo per operare ogni trasformazione 1. L’auto-

deificazione sarebbe ‘l’inganno’ cristologico peggiore, negando la de-possessione di se ed

invertendo la dinamica kenotica nel percorso complessivo di Cristo (cfr supra, la parte sulla

cristologia orientale). La de-possessione divina nella dinamica eucaristica rinvia alla prospettiva

escatologica ultima (cfr infra). L’identificazione delle ‘parole’ con la ‘trasformazione in atto’ re-

introduce la chiave prevalentemente ‘razionale’ nella meditazione teologica sull’eucaristia a

discapito della prospettiva antinomica dell’approccio apofatico (cfr infra). L’Eucaristia è Corpo di

Cristo nello Spirito Santo: unità nella distinzione innanzitutto tra ecclesiologia cristologica ed

ecclesiologia pneumatologica dall’economia trinitaria 2. Le realtà ultime, sono già presenti e

partecipabili attraverso la comunione al corpo di Cristo e nello Spirito Santo, infatti l’epiclesi

invoca la presenza non solo del Cristo venuto, ma anche del Cristo Veniente, ‘La Chiesa, la Sposa,

chiede con lo Spirito e in lui: ‘Vieni Signore Gesù!’. L’epiclesi si identifica con l’invocazione

escatologica dell’Apocalisse (cf. Ap. 22, 17), con il Maranatha dell’Eucarestia iniziale, affinché si

realizzi la ‘parusia eucaristica’che anticipa e prepara la parusia definitiva’ 3. L’unicità del battesimo

come ‘passaggio decisivo verso il Regno della vita nuova defluisce anche dalla sua dimensione

escatologica 4. Considerare l’Eucaristia come uno dei diversi sacramenti o gestibile secondo

says: "Bless, Lord, the holy bread") "make this bread the Precious Body of Thy Christ" (Deacon: "Amen. Bless, Lord, the holy chalice"): "and

that which is in this chalice, the Precious Blood of Thy Christ" (Deacon: "Amen. Bless, Lord, both"), "changing by Thy Holy Spirit" (Deacon:

"Amen, Amen, Amen")».

1 Archim. Sophrony, La félicité de connaître la voie (Видеть Бог как Он есть), Genève 1988, p. 44: Ce ne sont pas les paroles mêmes du

Christ «Prenez et mangez, ceci est mon Corps» et «Buvez-en tous, ceci est mon Sang», qui sont considérées comme consacratoires, car cela

aurait ce caractère d’«auto-déification», mais ces paroles sont suivies de l’épiclèse dans laquelle nous demandons au Père d’envoyer le

Saint-Esprit par la force duquel s’accomplit la transformation du pain et du vin en Corps et en Sang du Christ».

2 Fr. Stephen, And Now for a Little Meat! Met. John Zizioulas and the Church. John Zizioulas (Being as Communion) reflections on his work by

this title, in «Glory to God for All Things» 2007, in «Internet» 2007, http://fatherstephen.wordpress.com/2007/10/12/and-now-for-a-little-

meat-met-john-zizioulas-and-the-church/, etiam in Why the Eucharist Does Not Make the Church Part 2: John Zizioulas, «Karl Barth Society

of Amherst», Tuesday, October 09, 2007, in «Internet» 2007, http://barthamherst.blogspot.com/2007/10/ why-eucharist-does-not-make-

church-part_09.html: «The Eucharist cannot happen in isolation, but only when everyone is present. That is, Zizioulas has no regard for

private masses because of the communal nature of the Eucharist. He characterizes the Eucharist not as a sacrament along side the word, but

as the eschatologization of the historical word, the voice of the historical Christ, the voice of the Holy Scripture which comes to us, no longer

simply as ‘doctrine’ through history, but as life and being through the eschaton. It is not the sacrament completing the word, but rather the

word becoming flesh, the risen Body of the Logos. Zizioulas locates ecclesiology quite explicitly in the economic Trinity, identifying the

humanity as the imago dei not within a universal human nature as de Lubac does, but only within ‘the work of Christ and the Spirit in

history’. Zizioulas bypasses the choice between a Christological or Pneumatological ecclesiology by emphasizing their unity-in-distinction.

‘The separation between Christology and ecclesiology vanishes in the Spirit.’ To distinguish the Spirit from the Son, he writes: Now if

becoming history is the particularity of the Son in the economy, what is the contribution of the Spirit? Well, precisely the opposite: it is to

liberate the Son and the economy from the bondage of history . . . The Spirit is the beyond history, and when he acts in history he does so in

order to bring into history the last days, the eschaton. It is also the Spirit that allows Christ to have a ‘corporate personality,’ such that

Christology is given a communal form - ‘with Christ having a ‘body,’ i.e. to speak of ecclesiology, of the Church as the Body of Christ’. The

two aspects of Pneumatology not only determine but also constitute ecclesiology. ‘[T]hese aspects must qualify the very ontology of the

Church. The Spirit is not something that ‘animates’ a Church that already somehow exists. The Spirit makes the Church be’. This leads

Zizioulas in a surprisingly premature way to the practical question to which he holds off on an answer: ‘what ecclesial structures and

institutions exist which help the Church to maintain the right balance between local and universal?’. We will return to the framing of this

question in our critique».

3 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino ), Qiqajon, Magnano (BI) 2004, p. 82.

4 A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 138: «Signs and symptoms of that deterioration are too many to be enumerated

here. A few, however, ought to be mentioned. Take Baptism, for example. If today so many priests, not to speak of laymen, see no need

whatsoever for the baptismal blessing of water and are perfectly satisfied with pouring some holy water into the baptismal font, it is because

they do not experience this blessing as the sacramental re-creation of the cosmos so that it may become that which it was intended to be, a

gift of God to man, a means of man’s knowledge of God and communion with Him. Yet when deprived of this cosmical connotation, the

understanding of Baptism itself begins to be altered, and this is exactly what we see in postpatristic theology as well as in post-patristic

piety. From regeneration and re-creation, new birth and new life, attention shifts to original sin and justification, and thus to an altogether

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preferenze e priorità ministeriali o parziali non è che una deriva occidentale 1. L'Eucaristia è

primariamente assemblea concreta e viva, che esprime e realizza tutta la Chiesa 2. Ma l’Eucaristia è

anche ricapitolazione di tutto il creato nel mistero di Dio, nell’offerta del pane e del vino,

coinvolgendo la visione sulla natura intera e nel suo approccio ecologico 3. La comunione

ecclesiale non è chiusa su se stessa, ma è ordinata alla salvezza universale, diventare Chiesa è

farsi carico dell’intera umanità, ma anche della trasfigurazione e della liberazione del cosmo.

L’intento orientale -nel rendere più esplicita l’epiclesi della liturgia di S. Giovanni Crisostomo-

specificherà l’invocazione con la formula ‘trasforma’ 4. L’aspetto eucaristico e pneumatologico

different theological and spiritual content. If the initial and organic connection of Baptism with Pascha and Eucharist has been all but

forgotten, if Baptism has ceased to be a paschal sacrament and Pascha a baptismal celebration, it is because Baptism is not experienced as a

fundamental act of passage from ‘this world’ into the Kingdom of God-an act which, making us die here ‘in the likeness of Christ’s death,’

makes our life to be hidden with Christ in God. But again, deprived of this eschatological connotation, Baptism is less and less connected - in

theology and piety - with Christ’s death and resurrection, and indeed post-patristic manuals hardly even mention that connection, as well as

the connection of Chrismation with the pentecostal inauguration of the ‘new aeon’».

1 Mar Melchizedek (BOOK REVIEW), Being as Communion: Studies in the Personhood of the Church, by John D. Zizioulas (Crestwood, NY:

1985, reprint 1997, 269 pages), in «Theandros. An Online Journal of Orthodox Christian Theology and Phylosophy», Volume 4, number 2,

Winter 2006/2007, in «Internet» 2007, http://www.theandros.com/review-zizioulas.html: «For the author the church needs a re-awakening

of the patristic understanding of the eucharist. It means that we give up the western idea that the eucharist is just one sacrament among

many, an objective act, a means of grace administered by the Church. Rather the celebration of the eucharist is the gathering of the people

of God, both the manifestation and the realization of the Church. During this celebration the Church not only lives by the memory of an

historic fact - the death and resurrection of Christ, the earthly life of Christ, including the cross and resurrection, but also it accomplishes an

eschatological act. Here the Church would taste the very life of the Holy Trinity and would realize man's true being as image of God's own

existence. All the fundamental elements which make up the Church's historical presence and structure has to pass through the eucharistic

community to be real. No ordination to fundamental ministries of the church takes place outside the eucharistic community. It is here that

the Holy Spirit distributes His gifts. The eucharist is not the act of a pre-existing Church; rather it is an event enabling the Church to be

present. The eucharist constitutes the Church's very core of being. In the first centuries, the whole Church dwelling in a certain city would

come together, namely on Sunday to break the bread. This coming together would transcend all social differences and natural differences, i.

e. age, race, etc».

2 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 81: «L’assemblea eucaristica è la rivelazione

della Chiesa in tutta la sua pienezza e in tutta la sua unità, anzi l’assemblea eucaristica è l’espressione della vita nella Chiesa. Se eliminiamo

la comunione eucaristica, che cosa rimane della vita della Chiesa?…» (n. t.). 3 C. Scouteris, The Orthodox Church, in «University of Athens. Publications», in «Internet» 2007, http://www.cc.uoa.gr/theology/html/

english/pubs/doctrsec/scouteris/07/07.htm: «From another perspective, Eucharistic theology reveals that, according to the Orthodox

approach, there is a deep and indissoluble bond between the Church and the created world. In fact, in the Eucharist elements of the created

world, the bread and the wine, are taken and transformed. They are offered to God by the worshipping community: "We offer to Thee Thine

own from Thine own". Thus, the created word is related to God through this eucharistic action of offering and transformation. This means

that the human being is not an owner of creation, but a bond or link between it and the Creator. Orthodoxy refuses to ascribe to the created

universe a self determinate reality or a natural sufficiency. The created universe does not have ontological foundation in itself, but is a gift of

God; through the creative word of God a passage from non-being into being is realized The fact that the created world has the free will and

the creative wisdom of God as the unique foundation of its existence is of paramount importance for an understanding of Nature and of the

cosmos in general. The point is that the created world has a spiritual significance and orientation. Being created by God "ex nihilo the natural

world is the manifestation of divine wisdom and harmony. This means that, when trying to understand and examine the inner reason of

created beings, we finally face divine knowledge and the wisdom of God, the causal principle of the harmonious existence of created beings.

Bearing in mind this brief theological approach, we easily come to the conclusion that ecological evil is the consequence of a mentality which

considers creation as desacralized material. The ecological crisis is connected with the loss of the sense of the divine in Nature. Talking of

"the divine in Nature" we do not intend to support the pagan approach that the natural world is permeated by divine presence, but rather to

stress that Nature, created by God out of love, is associated with God. This means that it has been created by God and also that the human

being exists as the organic link between God and creation. In the final analysis the ecological problem is the consequence of the loss of what

is described as spiritual equilibrium» between man and Nature 1. Thus, the world is considered as something which can be used

unconditionally, dominated, manipulated and consumed for our economic and scientific interests. In other words desanctified Nature is the

result of the dehumanized human being».

((1) P. Sherrard, The Rape of Man and Nature. An Enquiry into the Origins and Consequences of Modern Science, Ipswich, Suffolk 1987, pp.

90-91.)

4 A. G. Martimort, L’Esprit Saint dans la liturgie, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, pp. 529-530 : «Il ne

restera qu’une ultime étape à franchir, dès le 5e siècle peut-être: à la place du verbe), l’anaphore dite de Jean Chrysostome emploiera

«transformer» (μεταβαλών). Je pense que l’Orient et l’Occident sont bien d’accord pour reconnaître que la transsubstantiation eucharistique

est, comme l’Incarnation, oeuvre de l’Esprit Saint. Mais, comme pour le baptême, son action invisible exige un signe visible. Saint Ambroise

et, à sa suite, l’Eglise le Rome ont reconnu ce signe efficace dans la proclamation du récit de la Cène, dans les paroles du Seigneur (1). Il n’y

a pas contradiction, mais complémentarité comme semblait le pressentir Paul Evdokimov lorsqu’il écrivait en 1968: «Des paroles de

l’anamnèse» - il veut dire le récit de l’Institution - l’Esprit Saint fait l’anamnèse épiphanique, manifeste l’intervention du Christ lui-même

525

nella Chiesa sono dunque congiunti, la comunità cristiana è una comunità carismatica per la

presenza dello Spirito e dei suoi doni, che manifesta e si esprime pienamente nella convocazione

dell’assemblea eucaristica, struttura fondamentalmente ‘epicletica’: diversamente sarebbe come

‘far apparire Cristo come per magia’ che opera attraverso chi ‘ha il potere’ 1. Perciò la Chiesa è

fondamentalmente eucaristica: nel diventare insieme e concretamente 'una unica esperienza di

vita' nel mistero al quale si partecipa 2. La Chiesa è eucaristica perché epicletica e non epicletica

perché eucaristica. L’oriente considera la Chiesa con gli occhi dello Spirito, all’interno di una

visione misterica, l’occidente tende a contrapporre Spirito e istituzioni, profezia e sacramento,

libertà e sacerdozio, chiesa visibile e chiesa invisibile 3. Senza epiclesi e senza escatologia,

l’Eucaristia diventa parte di una gestione limitata all’attualità senza via d’uscita. Invece, l’Eucaristia

è la prima espressione della ‘libertà nello Spirito’. Essa può apparire indifesa, condizionabile in

tanti modi, ma sempre torna alle sue sorgenti: lo Spirito epicletico... Il segno distintivo della

Chiesa è l'Eucaristia, nodo di tutte le sue dimensioni di vita 4. La Chiesa, che accoglie la presenza

sacramentale di Cristo risorto, è una ‘pneumatosfera’. Infatti, il mondo trasfigurato in Cristo, il

nuovo cielo e la nuova terra sono presenti nei sacramenti, dove la realtà misterica viene

comunicata attraverso il linguaggio simbolico, linguaggio che non si limita a offrire una

conoscenza intellettuale, ma permette un rapporto fra il divino e l’umano in cui la mediazione -dai

segni al simbolo- diventa relazione, introduce in una dimensione dove gli stessi linguaggi

superano i limiti stabiliti. La trasformazione epicletica è trasformazione congiunta dei doni e

dell’assemblea nella presenza viva e nella comunione di santità 5. Nell’epiclesi, è la stessa

identifiant les paroles prononcées par le prêtre avec ses propres paroles, identifiant l’eucharistie célébrée avec sa sainte Cène et c’est le

miracle de la métabolè, de la conversion des dons» (2). Il est vrai que l’on peut justement regretter que le canon romain, celui que citait et

commentait déjà saint Ambroise, ne comporte pas d’épiclèse de l’Esprit Saint; le moyen âge cherchera, nous le verrons, à y suppléer. Les

Eglises de l’Espagne et de la Gaule ont au contraire accueilli volontiers des formules inspirées de Orient, car leurs prières eucharistiques

étalent un assemblage de pièces mobiles (3)».

((1) S. Ambroise, De sacramentis 4,14-16, 21-23, Sources chr. 25 bis, pp. 108-115. / (2) P. Evdokimov, L’Esprit Saint par les Pères et vécu

dans la liturgie, dans H. Cazelles - P. Evdokimov, Le mystère de l’Esprit Saint, Tours, Mame, 1968, p. 106. / (3) Les textes ont été rassemblés

par J. Pinell, dans son étude indiquée supra, note 48.)

1 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino), Magnano (BI) 2004, p. 81: «La chiesa ha quindi una struttura epicletica; non possiede il

suo Signore per magia, ma lo riceve nell’umiltà e nel pentimento, in risposta alla propria supplica - alla propria epiclesi».

2 Giovanni Crisostomo, Omilia su Giovanni (XLVI), in P. G., V. 59, Col. 260.

3 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino), Qiqajon, Magnano (BI) 2004, p. 83 «Laddove l’occidente tende a creare contrapposizioni,

secondo il dualismo tra Spirito e istituzione, profezia e sacramento, libertà e sacerdozio, chiesa visibile e chiesa invisibile, l ’ortodossia

contempla invece la chiesa come sacramento ‘pneumatico’ del Risorto, come parusia di Cristo nello Spirito mandato dal Padre in risposta

all’epiclesi, come corpo di Cristo nel senso di sôma pneumatikón».

4 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Церковь Духа Святого (La Chiesa dello Spirito santo), Париж 1971, стр. 145: «L'assemblea eucaristica, come

manifestazione della Chiesa, era il centro della vita ecclesiale di ogni chiesa locale ...».

5 G. Ferrari, L’azione dello Spirito Santo secondo la Liturgia di San Basilio, in «Nicolaus» 1980, n° 2, p. 340: «Ma proprio perché la

santificazione è opera dello Spirito Santo, l’anafora termina con la supplica, l'epiclesi a Dio, perché invii lo Spirito perché discenda e compia

Lui la trasformazione dei doni offerti e, nello stesso tempo, la trasformazione di tutta 1'assemblea liturgica, in vera comunione, nell'unità del

Corpo di Cristo, in cui anima è lo stesso Spirito vivificante. Ed ecco le parole testuali della liturgia: ‘Per questo, a Signore Tuttosanto, noi

pure, peccatori e indegni servi tuoi, che siamo stati resi degni di compiere il ministero al tuo santo altare, non per le nostre opere di

giustizia, perché nulla abbiamo compiuto di buono sulla terra, ma per le tue misericordie e la tua pietà, che hai così riccamente versato su di

noi, ecco noi osiamo avvicinarci al tuo Santo altare e ponendoti davanti i simboli del corpo santo e del sangue del tuo Cristo, ti supplichiamo

e ti preghiamo, o Santo dei santi, per compiacenza della tua bontà, venga lo Spirito Tuo Santo su di noi e sopra questi doni qui distesi,

perché vengano essi benedetti, santificati e manifestati: questo pane il corpo medesimo prezioso del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù

Cristo, e questo Calice, lo stesso prezioso Sangue del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, quello stesso che è stato versato per la vita

e La salvezza del mondo». «E noi tutti che partecipiamo dell'unico pane e calice, possiamo venir uniti scambievolmente nella comunione

dell'unico Spirito Santo e nessuno di noi che partecipiamo del santo Corpo e del sangue del tuo Cristo possa ricevere condanna e

riprovazione; ma fà die tutti troviamo grazia e misericordia assieme a tutti i santi, che dai secoli sono a Te stati graditi, antenati, padri,

patriarchi, profeti, apostoli, predicatori. evangelisti, martiri, confessori, maestri, e di ogni spirito giusto che ha compiuto la vita nella fede».

1 G. Ferrari, L’azione dello Spirito Santo secondo la Liturgia di San Basilio, in «Nicolaus» 1980, n° 2, pp. 338-339: «Basilio caratterizza l'opera

dello Spirito Santo nella santificazione. Vi ritorna in molte delle preghiere liturgiche ed è uno dei temi centrali del suo trattato sullo Spirito

Santo. Nel movimento di deificazione dell'uomo, lo Spirito Santo ha il ruolo di conduttore. La grazia ricevuta nel battesimo porta i suoi frutti.

Quando Iddio creò l'uomo, per vivificarlo. Ia Scrittura dice che emise il suo alito, ma per vivifcare 1'uomo nuovo, nato dalla Redenzione. Iddio

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deificazione che lo Spirito guida ed attua nella vivificazione di vita nuova che tutto travolge 1.

Nell’epiclesi gli estremi opposti sembrano potersi toccare... Questa totalità nuova ed improbabile è

tale perché essa non teme la contraddizione o la contestazione razionalizzante 2. La verità -dirà P.

Florenskij- proietta 'l'insiemizzazione' della tesi e dell'antitesi (non la loro fusione). La verità è una

"sobornost'" (togetherness, insiemità...) dalle sorgenti più profonde della nostra esperienza. In tal

senso essa costituisce un simbolo d'eternità 3. La verità stessa è una spirale di convergenze degli

estremi opposti 4. La verità è un 'giudizio che contradice se stesso' 5. Nello Spirito, il 'fuoco' della

verità è l'amore 6... Il tempo 'puntualizza' i momenti della verità, lo spazio 'socializza' la verità in

particelle 6... Ciò che è materiale, visibile, estrinseco può diventare portatore del divino -theoforo-

lo Spirito si lascia incorporare e condensare in quello che sono solo delle ‘cose’ create 7. L’azione

epicletica è -pertanto- una doppia azione o un doppio ‘soffio’ che travolge o rovescia i tempi ed i

momenti: sulla comunità concelebrante nella fede da Cristo stesso e sulla materia del creato che

viene inserita nella dinamica del mistero che anticipa la trasfigurazione ultima (cfr infra,

sull’economia dello Spirito Santo) 8.

DALL’ORIENTE CRISTIANO, LA RISCOPERTA ECUMENICA DELL’EPICLESI

Dal mistero dello Spirito Santo si è tracciato il cammino di un consenso incentrato proprio

sul riconoscimento dell’epiclesi eucaristica come costitutiva della ‘presenza’ nel suo senso più

pieno 9. Questa apertura è stata preceduta da certi passi multilaterali nel contesto del nascente

manda il suo Spirito. Come il Figlio ci ha fatto conoscere il Padre, così lo Spirito ci fa conoscere il Figlio, mentre la Sua Persona rimane

nascosta. Sulla scia dei Cappadoci San Giovanni Darnasceno dirà che il Figlio è immagine del Padre e lo Spirito è immagine del Figlio, mentre

nessuna persona è immagine dello Spirito. Egli è l'amore che unisce tutti in uno. Nel giorno delta Pentecoste è apparso come lingua di fuoco,

che si posò su ciascuna persona presente, ma tutti trasforma in un unico amore. Ci spiega bene questa dottrina Nicola Kavasilas: Se la

mediazione della legge scritta può accendere un simil fuoco, quanto farà di più la legge della Spirito, che ha comunicato agli uomini il vero

amore di Dio e ha fatto ardere un fuoco di desiderio che nulla riuscirà più a spegnere, né nra, né nel futuro? Perciò, io penso, lo Spirito Santo

è apparso sotto forma di lingua di fuoco, ha infatti, portato l’amore che tutto travolge...».

1 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 147 / pp. 194-195. 2 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 145 / pp. 192-193. 3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 43 / pp. 78-79. 4 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 146-147 / p. 194.

5 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 395 / pp. 460-461.

6 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,

Москва 1917 / Milano 1974, стр. 143 / p. 191.

7 G. Khodr, L'Esprit Saint dans la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 396: «L’Epiclèse

nous met ainsi en présence de l’Esprit, Personne divine agissant en Seigneur parce que «corégnante» avec le Père et le Fils. Selon la prière qui

suit celle secrète de 1'épiclèse, le célébrant annonce à haute voix l’irruption et 1'intervention mystérieuse de 1'Esprit sur l’huile, Feu divin qui

descend des hautes sphères célestes, pénètre le chrême, et par son union à lui le transforme en champ de force, d’énergie et de plénitude

des charismes divins. Ainsi 1'huile, matière visible est pneumatisée. L'Esprit corégnant avec le Père et le Fils s'y trouve concentré et

incorporé. Le myron devient porteur du Dieu Trinitaire».

8 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 233: «Comme on a pu le remarquer

sur le tableau comparatif des épiclèses, le Souffle de Dieu est demandé pour agir tout à la fois sur la matière du mystère et sur les

concélébrants. Cette action divine agit simultanément et de la même manière dans ces deux dimensions. Malgré cette unité de 1'action de

l'Esprit, pour une raison de clarté, nous commencerons par traiter de son action sur les offrandes eucharistiques». 9 ANGLICAN COMMUNION - MOSCOW PATRIARCHATE, The Moscow Agreed Statement 1976, in «Internet» 2009,

http://www.anglicancommunion.org/ministry/ecumenical/dialogues/orthodox/docs/pdf/the_moscow_statement.pdf: «VII The Invocation of

the Holy Spirit in the Eucharist. 29. The Eucharist is the action of the Holy Trinity. The Father gives the Body and the Blood of Christ by the

descent of the Holy Spirit to the Church in response to the Church's prayer. The Liturgy is this prayer for the eucharistic gifts to be given. It is

in this context that the invocation of the Holy Spirit should be understood. The operation of the Holy Spirit is essential to the Eucharist

whether it is explicitly expressed or not. When it is articulated, the 'Epiclesis' voices the work of the Spirit with the Father in the consecration

527

movimento ecumenico, prima di tutto nell’incontro di Bristol nel 1967 1. Tale prospettiva di

consenso fu reiterata nel 1973 2. Vari gruppi ecumenici regionali hanno ripreso questa tematica

per un ulteriore riavvicinamento ecclesiale 3. Il percorso stesso dello Spirito nella Sua ‘economia’

avrà una sua incidenza particolare come ‘economia verso l’unità cristiana’ (cfr infra il capitolo

seguente).

of the elements as the Body and Blood of Christ. 30. The consecration of the bread and the wine results from the whole sacramental liturgy.

The act of consecration includes certain proper and appropriate moments - thanksgiving, anamnesis, Epiclesis. The deepest understanding

of the hallowing of the elements rejects any theory of consecration by formula - whether by Words of Institution or Epiclesis. (1) For the

Orthodox the culminating and decisive moment in the consecration is the Epiclesis. 31. The unity of the members of the Church is renewed

by the Spirit in the eucharistic act. The Spirit comes not only upon the elements, but upon the community. The Epiclesis is a double

invocation: by the invocation of the Spirit, the members of Christ are fed by his Body and Blood so that they may grow in holiness and may

be strong to manifest Christ to the world and to do his work in the power of the Spirit. 'We hold this treasure in earthen vessels.' The

reception of the Holy Gifts calls for repentance and obedience. Christ judges the sinful members of the Church. The time is always at hand

when judgement must begin at the household of God (2 Cor. 4.7; 1 Pet. 4.17). 32. Although Epiclesis has a special meaning in the Eucharist,

we must not restrict the concept to the Eucharist alone. In every sacrament, prayer and blessing the Church invokes the Holy Spirit and in all

these various ways calls upon him to sanctify the whole creation. The Church is that Community which lives by continually invoking the Holy

Spirit».

((1) NOTE. At their meeting in Thessaloniki in April 1977 the Orthodox members asked that it should be pointed out that, in regard to the

words in paragraph 30 of the Moscow Agreed Statement it is inexact to call the Epiclesis a 'formula' since the Orthodox Church does not

regard it as such.)

1 FAITH AND ORDER, New Directions in Faith and Order - Bristol 1967 (Reports - Minutes - Documents), in «Faith and Order Papers n° 50»,

Geneva 1968, pp. 61-62: «4. The amamnesis leads to epiklesis, for Christ in his heavenly intercession prays the Father to send the Spirit

upon his children. For this reason, the Church, being under the New Covenant, confidently prays for the Spirit, in order that it may be

sanctified and renewed, led into all truth and empowered to fulfil its mission in the world. Anamnesis and epiklesis, being unitive acts,

cannot be conceived apart from communion. Moreover it is the Spirit who, in our Eucharist, makes Christ really present and given to us in the

bread and wine, according to the words of institution»; ibidem, p. 62: «5. The liturgy should express adequately both the anamnetic and

epikletic character of the Eucharist. a) Since the anamnesis of Christ is the very essence of the preached Word as it is of the Eucharist, each

reinforces the other. Eucharist should not be celebrated without the ministry of the Word, and the ministry of the Word points to, and is

consummated in the Eucharist. b) The anamnetic character of the whole Eucharist should be adequately expressed in the prayer of

thanksgiving and in a proper ‘anamnesis’. C) Because of the epikletic character of the whole Eucharist, the epiklesis should be clearly

expressed in all liturgies as the invocation of the Spirit upon the people of God and upon the whole Eucharistic action, including the

elements. The consecration cannot be limited to a particular moment in the liturgy. Nor is the location of the epiklesis in relation to the

words of institution of decisive importance. In the early liturgies the whole ‘prayer action’ was thought of as bringing about the reality

promised by Christ. A recovery of such an understanding may help to overcome our differences concerning a special moment of

consecration».

2 FAITH AND ORDER, One Baptism, One Eucharist, and a mutually recognized Ministry, in «Faith and Order Papers, n° 73», Geneva 1975, pp.

21-22: «14. The anamnesis leads to epiklesis - the Church, being under the New Covenant, confidently prays for the Spirit, in order that it

may be sanctified and renewed, led into all truth and empowered to fulfil its mission in the world. Anamnesis and epiklesis cannot be

conceived apart from communion. Moreover, it is the Spirit who, in the eucharist, makes Christ really present, and is given to us in the bread

and wine, according to the words of institution. … 17. The whole action of. the eucharist has an epikletic character, i. e. that it depends upon

the work of the Holy Spirit. This aspect of the eucharist should find expression in the words of the liturgy. Some churches desire an

invocation of the Holy Spirit upon the people of God and upon the whole eucharistic action, including the elements others hold that the

reference to the Spirit may be made in other ways. 18. Most churches consider that the consecration cannot be limited to a particular

moment in the liturgy. The epiklesis in relation to the words of institution is located differently in various liturgical traditions. In the early

liturgies the whole ‘prayer action’ was thought of as bringing about the reality promised by Christ. Recovery of such an understanding may

help us overcome our difficulties concerning a special moment of consecration 1».

((1) Cfr Bristol, Appendix 4, p. 141.)

3 GROUPE DES DOMBES, L’Esprit-Saint, l’Eglise et les Sacrements, in «La documentation catholique», 1980 n° 1785, pp. 431-435 : «77. Le

don de l’Esprit a l’Eglise est le fruit d’une initiative trinitaire tout vient de La puissance créatrice et du dessein de salut du Père tout passe par

l’incarnation du Fils, manifestation visible de Dieu; tout s’accomplit dans le don eschatologique de l’Esprit aux croyants. Réciproquement,

l’Esprit qui renouvelle les cœurs les rassemble en Jésus-Christ, comme des fils dans le Fils, et leur fait confesser Dieu comme Père. … 115.

L’épiclèse dans la prière eucharistique est un bien commun de l’Eglise indivise et elle est aujourd’hui l’objet d’une redécouverte dans les

Eglises d’Occident. On la trouve dans la grande majorité des liturgies, anciennes et modernes, orthodoxes, catholiques, anglicanes,

luthériennes et réformées. … 117. Selon les traditions, l’épiclèse eucharistique se trouve soit avant les paroles de l’institution du Christ,

manifestant que l’action de l’Esprit actualise et accomplit la Parole du Fils à la gloire du Père, soit après l’anamnèse (mémorial) des mystères

du salut, manifestant le don de l’Esprit qui achève l’œuvre du Père et du Fils, soit quelquefois avant l’institution et après l’anamnèse,

manifestant le rôle de l’Esprit qui constitue le corps eucharistique du Christ et son corps ecclésial».