CAPITOLO II QUALE SPIRITO OVVERO LA PRESENZA … · Dostoevskij, ha saputo magistralmente evocare...
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A. JOOS (OCICP4SB) (edizione 2010) TEOLOGIA DELL’ORIENTE CRISTIANO: UNA INTRODUZIONE OGGI
PARTE IV – PNEUMATOLOGIA ORIENTALE - IN ORIENTE: APRIRSI AL MISTERO E ALLA PRESENZA
DELLO SPIRITO SANTO – IN OCCIDENTE: REALIZZARE EFFICACEMENTE L’OPERA DELLA REDENZIONE
NELLA GRAZIA DIVINA
CAPITOLO II
QUALE SPIRITO OVVERO LA PRESENZA
RIVELATIVA DELLO SPIRITO: DALLA PIENEZZA DI
LIBERTÀ NELLO SPIRITO SANTO ALLA SUA
PRESENZA EPICLETICA
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WHICH HOLY SPIRIT: HIS REVELATION AS ‘FREEDOM’ IN THE SPIRIT AND EPICLETIC PRESENCE
INTRODUZIONE
LE VIE DELLO SPIRITO SANTO E LA MEDITAZIONE DELL’ORIENTE CRISTIANO SULLA
CHIESA E SULLA PRESENZA COME MISTERIOSO ‚DONO‛ GRATUITO
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Molte delle polemiche tra occidente ed oriente si sono focalizzate sia sulla ‘processione’
dello Spirito Santo con il ‘Filioque’ (cfr supra, il capitolo precedente) sia sulla questione della
presenza dello Spirito dall’’epiclesi’. Ma la rivelazione dello Spirito, o -cioè- l’intento primario
dello Spirito svela una sua chiave preliminare come -si direbbe- ‘precondizione’ della Sua
attuazione rivelativa in seno al percorso umano: il dono per eccellenza nella sua gratuità che si
riassume come ‘libertà nello Spirito’, somma conferma della Sua presenza misteriosa come
‘Persona’. Come per la nostra prospettiva cristologica, dalla ‘non conflittualità’ tra Dio e l’umanità
nella filiazione divina si traccia la via della ‘non resistenza in Cristo’, corrisponde
pneumatologicamente dalla processione divina la ‘libertà nello Spirito’. Vedremo poi che il
percorso di de-possessione di Cristo si rieccheggia nell’«economia dello Spirito» -dalla Sua stessa
dinamica profetica in seno alla storia (cfr infra, il capitolo seguente).
1° LO SPIRITO SANTO RIVELA LA PIENEZZA DELLA LIBERTÀ
La ‘libertà’ è la chiave che meglio intreccia la chiave cristologica con quella
pneumatologica. La ragion d’essere di Cristo è di portare la ‘libertà nello Spirito’. Niente sarà da
considerare ‘superiore’ o ‘vincolante’ di fronte ad essa, neanche l’autorità di un concilio
ecumenico, come testimoniò Gregorio di Nissa -cantore per eccellenza dellimmagine di Dio come
‘libertà nello Spirito’- declinando una sua participazione ad esso: non è il concilio che garantisce
l’operato dello Spirito ma è lo Spirito che può concedere la Sua libera presenza nel consenso
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dell’insiemità autentica dei partecipanti (cfr infra - la parte 5° sull’ecclesiologia orientale) 1. Si dirà
che lo Spirito ha ‘una certa ossessione’ di libertà al di là di due estremi: chi aspetta dallo Spirito un
‘aiuto’ per ciò che si è pianificato e chi aspetta dallo Spirito che Egli si faccia carico di tutto 2.
DA CRISTO ALLO SPIRITO, LA ‘LIBERTÀ DELL’ANIMA’
I più impietosi oppositori a Cristo sono coloro che rifiutano ciò che Egli offre di più eccelso:
la ‘libertà’ nell’anima. Uno dei migliori divulgatori dell’intuito cristiano orientale, Fëdor
Dostoevskij, ha saputo magistralmente evocare questo irriducibile rifiuto di Cristo ‘dal di dentro’
del messaggio cristiano in mano a potenti esponenti del potere clericale, nella sua famosa
‘leggenda del Grande Inquisitore’. Ciò che lo sventurato ‘pellegrino’ ha offerto di più inaccettabile
per l’Inquisitore è ‘quella Sua libertà’. La ‘leggenda’ ci evoca questa visita imprevista ed improvvisa
di Cristo sotto le sembianze di un povero ed indifeso pellegrino per le strade della città di Sevilla 3.
1 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Discord in the Church and freedom of conscience, (Translation, 1999 by A. N. Smirensky), in «Internet» 2009,
http://www.holy-trinity.org/ecclesiology/berdyaev-discord.html: «Even an Ecumenical Council, Orthodoxy's highest organ, does not enjoy
formal authority. An Ecumenical Council does not have formal and juridical signs, consciously discernable, does not have a legalistic status.
A Council should not be made into an idol or an absolute. A Council could be a Robber Council, having all signs of legitimacy. Well-known is
a sharp criticism of St. Gregory of Nyssa who did not want to attend them. An authentic Ecumenical Council is one in which the Holy Spirit is
truly present. The authenticity and the spirituality of an Ecumenical Council is being discerned and affirmed by the free conscience of the
people of the Church. The Holy Spirit acts within the Church's people, in the Church's sobornost' (catholicity) and makes a distinction
between truth and falsehood, between authenticity and imitation».
2 J. Zizioulas, ‘Come, Holy Spirit, Sanctify Our Lives!’, in «Internet» 2009, (Greek Orthodox Archdiocese of America), http://www.goarch.org/
ourfaith/ourfaith8142: «The cry for transformation and sanctification corresponds to the deepest longings and desires of the human being.
The world as it is, our existence, as it actually is, needs transformation. We cannot be content with things as they are. We must change
ourselves and the way things are; but how? Two Avenues. There are two ways of asking the Holy Spirit to be involved in any process of
transformation leading to holiness. One is to ask him to assist with our efforts. This is the way of ethics: we do the planning, we make the
efforts, and the Spirit is asked to help. The other way is to leave everything to the Spirit. We do nothing but pray, and leave everything to the
Spirit. Both of these extremes are wrong, but of these two the first one is probably the one we have to watch out for more carefully at this
time of widespread rationalism and planning. The Spirit seems to have an obsession with freedom. He blows where he wills, and does not
like to be told what to do. We must certainly try, and we must definitely do our best, but when we pray for the Spirit to come we must be
prepared for the unexpected. Our computers may well prove to be wrong or even useless».
3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 307-309 (V. I) / pp. 332-334
(V. I): «Grazie alla Sua pietà infinita, Egli passa ancora una volta fra gli uomini in quella stessa forma umana, in cui s’era aggirato fra loro per
trentatre anni quindici secoli prima. Egli scende alle «piazze infocate» della città del Sud, nella quale al più tardi il giorno prima, in un
«grandioso autodafé»; a cui assistevano il re, la corte, cavalieri, cardinali e seducentissime dame del seguito, ed era presente, in una folla
innumerevole, l'intera Siviglia, era stato arso in blocco dal cardinale «grande inquisitore» un buon centinaio d'eretici ad majorem gloriam Dei.
Egli appare in sordina, inavvertitamente, ed ecco che tutti (cosa strana!) Lo riconoscono. Questo potrebb'essere mo dei luoghi migliori del
poema: dove si vedesse, cioè, in che modo propriarnente Lo riconoscano. Spinto da una forza inresistibile, il popolo si protende a Lui, Lo
circonda, Gli s'addensa intorno, Lo segue. In silenzio, Egli passa tra mezzo con in lieve sorriso d'infinita pietà. Un sole d'amore arde nel Suo
cuore, e raggi di Luce, di Sapienza e di Potenza fluiscono dai Suoi occhi, e riversandosi sughi uomini, fanno fremere d'amore, di rimando, i
loro cuori. Egli tende a loro le braccia, li benedice, e dal contatto di Lui, foss'anche appena dei Suoi vestimenti, emana ma forza risanatrice.
Dalla folla ecco gridare un vecchio, cieco fin dall’infanzia: «Signore, guariscimi, cosí anch'io Ti vedrò»; ed ecco che una specie di squama
scivola giù dai suoi occhi, e il cieco Lo vede. La gente piange e bacia la terra su cui Egli cammina. I bambini Gli gettano innanzi dei fiori,
cantano e inneggiano a Lui: Osanna! «è Lui, è proprio Lui», ripetono tutti, «dev'essere Lui, non può essere altri che Lui ».Eghi si ferma
all'ingresso della cattedrale di Siviglia nel preciso momento in cui recano al tempio, fra i pianti, una bianca, aperta cassettina di bimbo: c'è
dentro una bambinetta di sett'anni, unica figlia d'un maggiorente della città. Il cadaverino è tutto nicoperto di fiori. «Egli resusciterà la tua
creatura», gridano di tra ha folla alla madre piangente. Uscito incontro ah morto, il titolare della cattedrale guarda attonito e aggrotta le
ciglia. Ma ecco prorompere il pianto della madre della morticina. Essa s'è gettata ai piedi di Lui: «Se sei Tu, resuscita la mia creatura!» grida,
tendendo a Lui le braccia. La processione si ferma, ha piccola cassa vien deposta sulla scalinata ai Suoi piedi. Egli la guarda con pietà, e le
Sue labbra, piano, pronunciano ancora una volta: Talitha kumi, fancullina svegliati. La bambinetta si solleva nella cassa, si mette a sedere e si
guarda intorno, sorridendo stupita cogli occhietti spalancati giro giro. Fra he mani ha il mazzo di rose bianche, con cui stava adagiata nella
cassa. La folla tumultua: gridi, singhiozzi; quand'ecco, proprio in quell'istante, passar d'improvviso presso ha cattedrale, per la piazza, il
cardinale in persona, il grande inquisitore. È un vecchio di quasi novant'anni, alto e diritto, col viso scarno e gli occhi incavati, dai quali
tuttavia brilla ancora, come ma favilla, lo sfolgorio dello sgiiardo. Oh, non ha indosso i sontuosi paramenti cardinalizi in cui si pavoneggiava
ieri dinanzi al popolo, mentre bruciavano i nemici della fede di Roma: no, in questo momento ha soltanto la sua vecchia, rozza tonaca di
frate. Dietro, a una certa distanza, ho seguono i foschi coadiutori e servi suoi, e la «sacra» guardia. Egli si ferma di fronte alla folla, e osserva
a distanza. Ha tutto veduto: ha veduto come han deposto la cassa ai piedi di Lui, ha veduto com'è resuscitata la fancullina, e ih viso gli s'è
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C'è chi ha colto la possibile contradditorietà tra la visuale di 'libertà' e quello che potrebbe essere
l'ordinamento supremo del mondo e dell'umanità di cui è detentore l’Inquisitore, cardinale di
Sevilla... Cristo stesso avrebbe incentrato tutto il suo impatto di testimonianza intorno a questo
nodo: "voglio rendervi liberi" 1. «Ma ecco, Tu hai veduto ora, codesti uomini 'liberi'" commenta
bruscamente il vecchio con pensosa ironia. "Già, questa è stata una cosa che ci è costata assai, -
continua e guarda a Lui con severità- ma l'abbiamo condotta in porto, finalmente, nel nome Tuo.
Per quindici secoli ci siam tormentati con questa libertà, ma ora la è finita, e finita da fondo» 2.
Invece, sarà a nome e con i poteri dell’autorità che sono stati compiuti certi peggiori misfatti
cristiani alla pari di quelli commessi a nome della libertà 3.
PRIMA DI TUTTO LA LIBERTÀ DI CREDERE E NEL CREDERE
L'interesse di questo accostamento ci permette di sciogliere una obiezione tante volte
ripetuta: la libertà è la fonte di tutti i guai. Se così fosse, saremmo praticamente nella stessa
situazione mentale del Grande Inquisitore che ha messo in prigione il 'Cristo pellegrino' della
Leggenda: «Tu hai scelto ciò che v'è di più difforme, di più misterioso e di più indefinito: hai scelto
tutto ciò che è superiore alle forze degli uomini: e perciò hai finito per agire come non li amassi
affatto: e questo, chi! Colui ch'è venuto a dare per essi la vita Sua! Invece di prender possesso della
libertà umana, Tu l'hai accresciuta, e hai aggravato coi suoi tormenti il regno spirituale dell'uomo,
per l'eternità. Tu hai voluto il libero amore dell'uomo, hai voluto che liberamente Ti seguisse... con
libero cuore l'uomo doveva d'ora innanzi decidere lui stesso che cosa fosse bene e che cosa male,
senz'avere innanzi a sé altra guida che la Tua immagine: ma possibile mai che Tu non abbia
pensato ch'egli avrebbe rigettato infine e addirittura contestato sia la Tua immagine sia la Tua
rabbuiato. Aggrotta le canute, folte sopracciglia, e il suo sguardo s’accende d’un fuoco pieno di rancore. Fa cenno col dito, e ordina alle
guardie che lo prendano…».
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 310 (V. 1) / p. 335 (V. I).
2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 310 (V. 1) / p. 335 (V. I).
3 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Discord in the Church and freedom of conscience, (Translation, 1999 by A. N. Smirensky), in «Internet» 2009,
http://www.holy-trinity.org/ecclesiology/berdyaev-discord.html: «The assertion that Divine grace acts only under authority and not in
freedom is mistaken and arbitrary. It has been pointed out that freedom has been responsible for many mischiefs in this world, that it has
been dark and without grace. However, authority has also been responsible for no small amount of mischief and it did increase darkness and
malice in the world. There is no guarantee in either authority or freedom since behind authority there can be a manifestation of malicious
freedom, self-volition and arbitrary rule. But freedom can be enlightening and full of Grace. The Spirit of God acts through freedom. Where
God's Spirit is, there is freedom. Without freedom God's Will cannot be executed in this world. Man's free conscience may have been
darkened by Original Sin but it has not been destroyed. Otherwise the image and likeness of God in man would have been erased and he
would have been incapable of receiving any revelation and religious life would have been impossible for him. Man's freedom was reborn and
enlightened from within through Christ's redemption and a free conscience was affirmed in man as a direct result of Christ's light within him.
Fearless affirmation of the freedom of spirit, freedom of conscience has a special significance in our critical epoch, in this epoch of
ecclesiastical trouble and religious storms. Freedom is harsh, and it requires the strength of spirit. But this harshness and this strength are
much needed today. Exactly in our epoch, it is impossible to lean exclusively on an external authority, on a pillar that towers above us and is
not within us. We have to experience this absence of any external guarantees and external unshakable support in order to realize this. Only
then that immovable foundation will be discovered within us. This does not mean in the least that God has abandoned us. The work of the
Holy Spirit might even be greater than ever. The vacillation of all external authorities, the crushing of all illusions have the providential
significance. This has been sent to us as a test of our Christian freedom, of our internal fortitude. Not a single Orthodox Christian is exempt
from the freedom of choice, from carrying out the act of a free conscience. One cannot cowardly run from this seeking a safe shelter. The
highest levels of hierarchy will need the free conscience of Christians, the freedom of their choice, during this time of trouble and
confrontations. God needs man's free conscience, man's free resoluteness, man's unfettered love. The whole meaning of the Creation lies in
this. The rejection of the freedom of conscience as the supreme origin and the primary principle of religious life is the rejection of the
world's purpose, is a slavish opposition to God, is a temptation and a derangement. The spirit of a free conscience is not the spirit of a
formal and indifferent liberalism. It is part and parcel of the very content of Christian faith. Everything that I said here I said not about that
freedom, which I demand from God, but about that freedom, which God demands from me. The discords in the Church that are now taking
place inside Russia and in the emigration, demand firmness, fortitude and strength, they demand the power of freedom in us. Without the
spirit of freedom one cannot conquer the temptation of Communism and can offer nothing in its stead».
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verità, se si fosse trovato oppresso da un peso così tremendo, come il libero arbitrio?» 1.
Dostoevskij prospetta una doppia ritmica di confronto. Il primo confronto tra l’Inquisitore ed il
povero pellegrino si fermerà sul rifiuto di Cristo di 'cambiare le pietre in pani': utilità affinché la
gente venga a lui per essere sfamata 2. Così Gesù, secondo il Grande Inquisitore, avrà mancato
l'occasione presentatasi tramite il "potente Spirito di verità"! Già lo scrittore-teologo aveva
martellato: ‘la ‘verità soltanto’ è ingiusta’: cosí dice il principe-idiota, con il suo profilo cristico «A
proposito della mia opinione su Ippolìt, ... ‘Non è che la verità, e perciò è ingiusto’. Me ne
ricorderò e ci penserò su» 3. Ora, la verità inanzitutto viene attribuita al 'Potente Spirito': una verità
'utilmente costrittiva' ha qualcosa di 'satanico'... L'utilità fa parte della 'potenza' e del 'potere'. Il
malinteso riaffiorerà se si vuol fare di questa spirale una 'via reggia' verso Dio. Il secondo
confronto si incentrerà sulla condanna da parte dell'Inquisitore di non aver incalzato sugli obblighi
da far pesare sulla gente del popolo, per paura che scompaia il 'senso del peccato', invece di
offrire questa "questa Tua libertà": «È stato il vecchio stesso a rinfacciargli che Egli non ha diritto
d'aggiunger nulla a ciò che già a suo tempo fu detto. Se tu badi bene, è proprio qui la
caratteristica del cattolicesimo romano, almeno per quanto sembra a me: «Tutto (come a dire) è
stato trasmesso da Te al papa, e tutto quindi si trova ora nelle mani del papa: Tu dunque, adesso,
puoi anche far a meno di venire, o d'impacciarci finché non è tempo, se non altro». In tal senso
non solo essi parlano, me anche scrivono, almeno i gesuiti. Ho letto io col miei occhi di questa
roba nel loro libri di teologia. «Hai Tu forse il diritto di annunziarci foss'anche uno solo dei misteri
di quel mondo, dal quale Tu sei tornato?» gli domanda il mio vecchione, e lui stesso risponde per
Lui: «No, non ne hai il diritto, affinché nulla si aggiunga a ciò che già a suo tempo è stato detto, e
non venga tolta agli uomini quella libertà, sulla quale Tu hai tanto insistito, quand'eri su questa
terra, Qualsiasi cosa Tu annunciassi di nuovo, inciderebbe sulla libertà di fede degli uomini,
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 315 (V. 1) / p. 340 (V. I). 2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 312 (V. I) / pp. 335-336 (V.
I): «Il terribile e ingegnoso spirito, lo spirito dell’autodistruzione e del non essere, - continua il vecchio, - il grande spirito parlò con Te nel
deserto, e ci è stato tramandato nelle scritture che egli Ti avrebbe «tentato». Fu proprio così? Ed era forse possibile dir qualche cosa di più
veritiero di ciò che egli Ti annunciò nelle tre domende, e che Tu rifiutasti, e che nelle scritture passe col nome di «tentazioni»? E pensare che
se mai è avvenuto su questa terra un autentico, formidabile miracolo, fu proprio quel giorno, il giorno delle tre tentazioni! Appunto nel fatto
che potessero aver luogo quelle tre domande, si rea1izzò un miracolo. Se ci si potesse immaginare, semplicemente per ipotesi e a mo'
d'esempio, che queste tre domande del terribile spirito fossero scancellete senza traccie di sui testi, e che bisognasse stabilirle di nuovo, di
nuovo escogitarle e formularle, in modo da inserirle ancora une volta nelle scritture, e all'uopo si radunassero tutti i sapienti della terra,
reggitori di stati, sommi sacerdoti, eruditi, filosofi, poeti, e si dicesse loro: escogitate, formulate tre domande, ma tali che non solo
corrispondano alla grandezza dell'evento, ma esprimeno per giunte, in tre parole, in tre sole frasi umane, tutta la storia avvenire del mondo e
dell'umanità: die cosa pensi Tu, che tutta la sapienza della terra, riunita insieme, riuscirebbe a escogitere qualcosa di paragonabile, per forza
e per profondità, a queue tre domende che realmente furon proposte a Te, quel giorno, del possente e penetrante spirito nel deserto? Già a
queste stesse domande, già al miracolo stesso del loro manifestarsi, si può intendere che ci si trove di fronte, non già ad une labile
intelligenza umena, me a un'intelligenza eterna e assolute. Giacché, in queste tre domande, è come riassunta in blocco e predette tutta la
futura storia umana, e son rivelate le tre forme tipiche in cui verranno a calarsi tutte le irriducibili contraddizioni storiche della nature umana
sulle terra intera. Allora questo non poteva peranche riuscire così evidente, giacché l'avvenire era ignoto; ma ora, che quindici secoli sono
passati, noi vediamo che tutto, in queste tre domande, è a tal segno indovinato e predetto, e a tal segno s'è avverato, che aggiungervi o
togliervi alcunché non è più possibile… Rammenta la prima domanda: seppure non proprio alla lettera, il suo significato è questo: «Tu vuoi
andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non so quale promessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loro ingenita
sregolatezza, non possono neppur concepire, e ne hanno timore e spavento - giacché nulla mai fu per l'uomo e per la società umana più
insopportabile della libertà! Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e rovente deserto? Convertile in pani, e dietro a Te l'umanità correrà
come un branco di pecore, dignitosa e obbediente, se anche in continua trepidazione che Tu ritragga la mano Tua e vengan sospesi loro i
Tuoi pani». Ma Tu non hai voluto privar l'uomo della libertà, e hai rifiucato la proposta: giacché, dove sarebbe la 1ibertà (hai ragionato Tu),
se il consenso fosse comperato col pane? Tu hai ribattuto che non di solo pane vive l'uomo: ma sai che in nome appunto di questo pane
terreno insorgerà contro Te lo spirito della terra, e verrà a guerra con Te, e Ti vincerà, e tutti lo seguiranno, gridando: «Chi può paragonarsi a
questa fiera: essa ci ha dato il fuoco rapito al cielo! Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanità proclamerà, per bocca della sua sapienza e
della sua scienza, che le male azioni non esistono, e quindi non esiste peccato, ma ci sono affamati e basta? «Prima sfamateli, e poi chiedete
loro la virtù»: ecco che starà scritto sulla bandiera che brandiranno contro di Te, e alla cui ombra sarà distrutto il tempio Tuo».
3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Идиот / L'idiota, Париж 1960 / Torino 1981, стр. 126-127, 128 (T. I) / pp. 422.
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giacché prenderebbe l'aspetto d'un miracolo, mentre la libertà della loro fede era cara a Te sopra
ogni altra cosa fin d'allora, un migliaio e mezzo d'anni or sono. Non en Tu che tanto spesso,
allora, dicevi: voglio rendervi liberi? Ma ecco, Tu hai veduto ora, codesti uomini liberi!» commenta
bruscamente il vecchio con pensosa ironia. - Già, questa è stata una cosa che ci è costata assai, -
continua, e guarda a Lui con severità, - ma l'abbiamo condotta in porto, finalmente, nel nome Tuo.
Per quindici secoli ci siam tormentati con questa libertà, ma ora la è finita, e finita da fondo. Tu
non ci credi, che sia finita da fondo? Tu mi guardi con dolcezza, e non mi degni neppure del Tuo
risentimento?» 1. Eppure, questa irrilevanza del mite pellegrino cristico -nella "leggenda"- opererà
ciò che appare più inatteso: farà capovolgere l'intenzione dell'Inquisitore di giudicarlo e
condannarlo l'indomani stesso in una decisione di non-procedimento, come spiega Ivan
Karamazov, autore della ‘Leggenda’: «Io volevo finirlo in questo modo: quando l'inquisitore ha
terminato, rimane per un tratto di tempo in attesa che il Prigioniero gli risponda. II silenzio di Lui
gli riesce gravoso. Ha osservato come finora l'Incatenato sia rimasto in ascolto, col penetrante e
pacato sguardo fisso negli occhi suoi, senza desiderare evidentemente di ribattergli nulla. Al
vecchio piacerebbe che quello gli dicesse qualche cosa, foss'anche qualche cosa di amaro, di
tremendo. Ma Egli, di colpo, in silenzio si appressa al vecchio e lievemente lo bacia sulle esangui
labbra di novantenne. Ecco tutta la risposta. Il vecchio sussulta. Un fremito contrae gli angoli delle
sue labbra: si dirige alla porta, l'apre e Gli dice: ‘Va', e non venire piú... non venire piú a nessun
costo, mai, mai piú! E lo fa scivolare verso gli ‘oscuri meandri della città’. II Prigioniero dilegua» 2.
Anzi, pare proprio che -pur rimproverandogli ogni cosa- sia infatti l'Inquisitore a giustificarsi
davanti al silenzioso Cristo-forestiero, fino a rimetterlo in libertà con la speranza che non torni
mai più! Egli 'sa' della inconsistenza di un secondo martirio distruttivo da infliggere a Cristo. Si
scioglie -pertanto- la legittimità del 'giudizio'! Essa non è matematicamente uguale a se stessa e
‘analiticamente identica’ alla propria sostanza. Sapendo che Cristo-pellegrino è irrilevante (non
metterà in pericolo i suoi poteri di Inquisitore sommo), egli rinuncia a processarlo di nuovo. Ma
con questo perde la sua garanzia di superiorità sul popolo indifeso. Spariscono vittima e boia.
Rimane l'Inquisitore con le sue finalità ripiegate su se stesse... Con un 'giudizio' non si risolverà
niente! Cristo offre la "Sua libertà": suprema beffa per i piani del Grande Inquisitore, e questo
inanzitutto dal punto di vista umano: la gente vuole del pane e non sa che cosa farsene di questa
'libertà'. L’Inquisitore apostrofa il pellegrino prigioniero: «-Giudica dunque Tu stesso chi fosse nel
giusto: Tu, o colui che allora Ti interrogò. Rammenta la prima domanda: seppure non proprio alla
lettera, il suo significato è questo: «Tu vuoi andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non
so quale promessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loko in genita sregolatezza,
non possono neppur concepire, e ne hanno timore e spavento - giacché nulla mai fu per l'uomo e
per la Società umana piú insopportabile della libertà! Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e
rovente deserto? Convertile in pani, e dietro a Te l'umanità correrà come un branco di pecore,
dignitosa e obbe diente, se anche in continua trepidazione che Tu ritragga la mano Tua e vengan
sospesi loro i Tuoi pani’. Ma Tu non hai voluto privar l'uomo della libertà, e hai rifiutato la
proposta: giacché, dove sarebbe la libertà (hai ragionato Tu), se il consenso fosse comperato col
pane? Tu hai ribattuto che non di solo pane vive l'uomo: ma sai che in nome appunto di questo
pane terreno in sorgerà contro Te lo spirito della terra, e verrà a guerra con Te, e Ti vincerà, e tutti
lo seguiranno, gridando: ‘Chi può paragonarsi a questa fiera: essa ci ha dato il fuoco rapito al
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 314 (V. I) / pp. 337-338 (V.
I).
2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 325 (T. I) / p. 350 (V. I).
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cielo!’. Sai Tu che passeranno i secoli e l'umanità proclamerà, per bocca della sua sapienza e della
sua scienza, che le male azioni non esistono, e quindi non esiste peccato, ma ci sono affamati e
basta? ‘Prima sfamateli, e poi chiedete loro la virtú’: ecco che starà scritto sulla bandiera che
brandiranno contro Te, e alla cui ombra sarà distrutto il tempio Tuo. Al posto del tempio Tuo sarà
innalzato un nuovo edificio, sarà innalzata di nuovo una tremenda torre di Babele, e sebbene
anche questa non verrà condotta a termine, come quella d'allora, ma purtuttavia Tu avresti potuto
evitare questa nuova torre, e abbreviar di mill'anni le sofferenze degli uomini: giacché a noi per
l'appunto torneranno costoro, quando si saranno tormentati per mill'anni intorno alla loro torre!»
1. Anzi, nella figura 'cristica' del principe Myškin che tratteggia il ‘modo di essere’ di Cristo,
l'attenzione non converge verso di lui, ma da lui parte ogni attenzione verso gli altri: egli sparisce
quasi nell'essere assorbito dalla disponibilità verso ognuno dei personnaggi che lo circondano 2.
Non è che Cristo rifiuta di essere 'capo': egli mostra come l'accentramento non ha consistenza,
comme esso è illusorio di fronte al mistero di ogni persona umana. Fare di Cristo un 'capo'
significa, se si segue la tattica del Grande Inquisitore, "imprigionarlo nelle sue parole", o come
glielo ricorderà l'eminente ecclesiastico: ‘non hai il diritto di aggiungere una sola parola’, affinché
nulla si aggiunga a quello che a suo tempo è stato detto 3. Cristo diverrebbe il capo in funzione di
ciò che lo imprigiona: le sue parole di un tempo... Facendolo 'capo' si imprigiona Cristo in ciò che
fonda, legitimizza e finalizza la sua iniziativa. Il capo è colui che ha potere, ma è il potere che
imprigiona il capo nei suoi fondamenti. Per rinsaldare il potere bisogna provvedere per il 'pane':
utilissimo miracolo! Senza miracolo decadrà anche la fede di sottomissione a Dio da parte di
questi ‘ribelli’ 4.
IL TRANELLO DELLA FELICITÀ ETERNA NELLE MANI DELL’IMPIETOSA ISTITUZIONE, SOFFOCANDO
OGNI LIBERTÀ
Il 'lasciar ognuno libero di agire' si radica in quel 'sapere' tanto compassionevole dell'intuito
cristico. Per il Grande Inquisitore, invece, tutto si gioca sulla 'felicità' da assicurare all'umanità 5.
Nell'incontro di Gesù-pellegrino con il Grande Inquisitore, si manifesta la portata di questa libertà
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 312 (T. I) / pp. 337-338
(V. I). 2 Н. Бердяев / N. Berdjaev, La concezione di Dostoevskij, Milano 1977, p. 45. 3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 310 (V. I) / p. 335 (V. I).
4 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 318 (V. I) / pp. 341 (V. I):
«È forse costituita in modo, la natura umana, che possa rifiutare il miracolo, e che nei momenti tremendi della vita, nei momenti dei più
tremendi, dei più laceranti e fondamentali quesiti dell'anima, possa rimanersene sola con la libera decisione del cuore? Oh, Tu sapevi che il
Tuo gesto sarebbe stato conservato nelle scritture, avrebbe raggunto le profondità dei tempi e gli estremi limiti della terra, e concepisti la
speranza che, imitando Te, anche l'uomo sarebbe rimasto con Dio, senza aver bisogno del miracolo. Ma Tu non sapevi che, non appena
l'uomo rifiuti il miracolo, subito rifiuterà anche Dio, giacché l'uomo va in cerca, non tanto di Dio, quanto dei miracoli. E quindi, dato che
rimanere senza miracoli eccede le capacità dell'uomo, questi si fabbricherà dei miracoli nuovi, a modo suo stavolta, e finirà col genuflettersi
dinanzi al miracolo del ciarlatano, dinanzi al sortilegio della ciana, fosse pure le mille volte ribelle, eretico e ateo. Tu non sei disceso dalla
croce quando Ti gridavano, pigliandosi beffe di Te: «Scendi dalla croce, e crederemo che sei Tu». Tu non sei disceso perché, ancora ma volta,
non volesti asservire l'uomo col miracolo, e bramavi una fede libera, e non una fede vincolata al miracolo. Bramavi in libero amore, e non già
le servili effusioni dello schiavo al cospetto del potente, che ma volta per sempre lo ha terrorizzato. Ma, anche qui, Tu hai giudicato troppo
altamente degli uomini, giacché, in fin dei conti, costoro son degli schiavi, seppure con la costituzione del ribelle».
5 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 311-312 (V. I) / pp. 336-337
(V. I): «Non fa anzi (l’Inquisitore) che ascrivere a merito proprio e dei suoi d'esser riusciti, una buona volta, a soggiogare la libertà e di aver
agito così al fine di render gli uomini felici. «Giacché ora soltanto (e qui, beninteso, egli si riferisce all'Inquisizione) è divenuto possibile
provvedere per la prima volta alla felicità umana. L'uomo è, costituzionalmente, un ribelle: e forse i ribelli possono mai esser felici? Tu fosti
preavvisato», a Lui dice ii vecchio, «Tu non hai avuto davvero difetto di preavvisi e di ammonimenti, ma Tu non hai dato ascolto ai preavvisi,
Tu hai ricusato l'unica via per cui era possibile ordinare gli uomini alla felicità: senonché, per buona ventura, quando sei ripartito, hai affidato
ogni cosa a noi. Tu ci hai promesso, Tu ci hai sanzionato colla tua parola, Tu ci hai concesso il diritto di legare e di sciogliere, e, certamente,
non puoi neppur pensare di venire a toglierci questo diritto ora. Perché dunque sei venuto a darci impaccio?»».
508
miracolosa e del miracolo liberativo. Egli non cambia le pietre in pani ma risuscita una bambina
appena morta 1. Ridare la vita vuol dire ridare la libertà, assicurare il pane vuol dire far dipendere
da se le sorti di chi lo riceve. I miracoli sono 'liberativi' nei gesti di Gesù, ispirativi per diventare
non 'liberi da' ogni pericolo, non 'liberi per' Dio che aiuta, ma ‘liberi con’ Cristo nel proprio
cammino di vita, ma liberi negli altri che camminano. L'Inquisitore, invece, lega miracolo-mistero-
autorità: il miracolo prova il mistero che fonda l'autorità, supremo utilitarismo della fede 2! Il
miracolo sarebbe lo scioglimento di un tipo di 'legge' vigente, per meglio 'provare' una legge
'superiore' e 'costringere' ad aderire alla sua autorità e legittimità. Il miracolo toglie
definitivamente la libertà per 'costringere' colui che vi assiste o ne trae beneficio a una indiscussa
sottomissione. «-Sí, noi li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dal lavoro daremo alla loro
vita un assetto come di giuoco infantile, con canzoni da bambini, cori e danze innocenti. Oh, noi
perdoneremo loro anche il peccato: sono cosí fragili e impotenti; e loro ci vorranno bene come
bambini, per il fatto che noi permetteremo loro di peccare. Noi diremo loro che ogni peccato sarà
rimesso, se compiuto col permesso nostro: e il permesso di peccare noi glie lo concederemo
perché li amiamo, e il castigo di questi peccati, ebbene, lo assumeremo a carico nostro. Noi ce lo
assumeremo a nostro carico, e loro ci adoreranno come benefattori che si sono accollati i peccati
loro di fronte a Dio. Ed essi non ci terranno nascosto assolutamente nulla di loro stessi. Noi
permetteremo loro, o proibiremo, di vivere con le lor mogli e amanti, di avere o non avere figli,
sempre regolandoci sul loro grado di docilità, ed essi sí sottometteranno a noi lietamente e con
gioia. Perfino i piú torturanti segreti della loro coscienza, tutto, tutto porranno in mano a noi, e noi
tutto risolveremo, ed essi si affideranno con gioia alla decisione nostra, perché questa li avrà
liberati dal grave affanno e dai tremendi tormenti che accompagnano ora la decisione libera e
personale. E tutti saranno felici, tutti gli esseri a milioni, eccettuate le centinaia di migliaia di quelli
che ne avranno il governo. Giacché noi soli, noi che dovremo custodire il segreto, noi e nessun
altro saremo ihfelici. Ci saranno migliaia di milioni di fanciulli felici, e centomila martiri, che avran
presa su loro la maledizione della conoscenza del bene e del male. In silenzio essi morranno, in
silenzio si estingueranno nel nome Tuo, e oltre tomba non troveranno che la morte. Ma noi
manterremo il segreto, e per la loro stessa felicità li culleremo nell'illusione d'una ricompensa
celeste ed eterna. Infatti, seppure ci fosse qualcosa nel mondo di là, non sarebbe davvero per della
gente simile a loro» 3. Dirà N. Berdjaev: "la religione del socialismo... è la religione degli schiavi
della necessità... " 4. Perché la priorità della felicità diventa sorgente di schiavitù? Perché svanisce
quasi inevitabilmente, come in Tolstoj, "in nome della vita felice... la persona ed ogni valore
soprapersonale... legati inscindibilmente" 5. La felicità chiede implicitamente di sacrificare la
persona. Ecco come la sete di felicità introduce al malinteso sulla sacrificalità.
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 312-313 (V. I) / pp. 337-338
(V. I).
2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 309-310 (V. I) / pp. 333 (V.
I).
3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980 / Torino 1981, стр. 314 (T. I) / pp. 345-346 (V.
I).
4 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Духи русской револуции / Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV., Из глубины / Dal profondo, Париж 1967
/ Milano 1971, стр. 89 / p. 72. 5 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Духи русской револуции / Gli spiriti della rivoluzione russa, in AA.VV., Из глубины / Dal profondo, Париж 1967
1967 / Milano 1971, стр. 99 / p. 83.
509
DALLO SPECCHIO PER LE ALLODOLE DELLA FELICITÀ ALLA TATTICA DELLA ‘COLPA’ PREVENENDO
OGNI APERTURA DI LIBERTÀ NELLA ‘INESCAPPABILE’ SOTTOMISSIONE
Riaffiora un’altra volta lo sguardo penetrante di Dostoevskij… Con il suo ‘Grande
Inquisitore’, egli focalizzerà proprio sulla ‘colpa’ e sul ‘perdono’ l’aggressione del potente
ecclesiastico contro Cristo-silenzioso-prigioniero. Il peccato entra a far parte di quella 'utilità'
istituzionale nelle mani di chi desidera tenere a tutti i costi le 'redini' della sventura umana. Nel
perdono ecclesiastico assicurato, si permette di ‘peccare’ per far venire la gente ai piedi dei
‘supremi intermediari’. La manovra è lampante: ‘senza di noi, niente perdono’: «Oh, noi
perdoneremo loro anche il peccato: sono cosí fragili e impotenti; e loro ci vorranno bene come
bambini, per il fatto che noi permetteremo loro di peccare. Noi diremo loro che ogni peccato sarà
rimesso, se compiuto col permesso nostro: e il permesso di peccare noi glie lo concederemo
perché li amiamo, e il castigo di questi peccati, ebbene, lo assumeremo a carico nostro. Noi ce lo
assumeremo a nostro carico, e loro ci adoreranno come benefattori che si sono accollati i peccati
loro di fronte a Dio. Ed essi non ci terranno nascosto assolutamente nulla di loro stessi. Noi
permetteremo loro, o proibiremo, di vivere con le lor mogli e amanti, di avere o non avere figli,
sempre regolandoci sul loro grado di docilità, ed essi si sottometteranno a noi lietamente e con
gioia. Perfino i piú torturanti segreti della loro coscienza, tutto, tutto porranno in mano a noi, e noi
tutto risolveremo, ed essi si affideranno con gioia alla decisione nostra, perché questa li avrà
liberati dal grave affanno e dai tremendi tormenti che accompagnano ora la decisione libera e
personale. E tutti saranno felici, tutti gli esseri a milioni, eccettuate le centinaia di migliaia di quelli
che ne avranno il governo. Giacché noi soli, noi che dovremo custodire il segreto, noi e nessun
altro saremo infelici. Ci saranno migliaia di milioni di fanciulli felici, e centomila martiri, che avran
presa su loro la maledizione della conoscenza del bene e del male. In silenzio essi morranno, in
silenzio si estingueranno nel nome Tuo, e oltre tomba non troveranno che la morte. Ma noi
manterremo il segreto, e per la loro stessa felicità li culleremo nell'illusione d'una ricompensa
celeste ed eterna. Infatti, seppure ci fosse qualcosa nel mondo di là, non sarebbe davvero per della
gente simile a loro» 1!!… Un’altra premessa implicita sottostà a questa affermazione del
tormentato vegliardo: ‘senza colpa niente Chiesa’. Si arriverà ad una liberazione tale che la ‘colpa’
non potrà più essere utilizzata come strumento di pressione? In questo caso si capiscono -
nell’evocazione dell’icona della Filoxenia trinitaria di Rublëv- sia l’inclinazione dell’albero e del
monte -emblematici del creato- verso il nuovo decreto della compassionevole misericordia del
Padre, sia il decentramento dell’albero verso il paesaggio montuoso. In questo caso la stretta
soteriologia o il soterio-monismo passa la mano. Nella nascita annunziata e nella nuova stirpe si
realizza una ‘nuova distribuzione delle carte di gioco’… La soteriologia ‘fiscale’ viene così de-
singolarizzata e tutto si condensa nella mensa anticipativa dell’eucaristia verso l’invito
escatologico ‘ai quattro venti’, più che nei ‘potenti ecclesiastici’ che costruiscono i baluardi dove
loro soli sono i ‘gestori’ dei disegni divini. L’albero si inclina dalla sua incrollabile rigidezza verso
la Promessa della ‘stirpe nuova’. L’angelo in mezzo appare anche pienamente ‘di fronte’ per chi si
volesse sedere a mensa con ‘i tre in uno’. Egli ‘giustifica’ ognuno che volesse venire a sedersi a
mensa, accogliendolo a nome degli altri. Più che sedere ‘alla destra’ o ‘al centro’ dello scenario,
l’angelo pellegrino siede dimessamente ‘dietro la mensa’. Appare qui l’intento di sancire l’ultimo
giudizio, dove il Figlio ‘che non è venuto per condannare’ esprime il disegno finale. Già si può
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 314 (T. I) / pp. 345-346
(V. I).
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anticipare quale sarà questo ‘giudizio’: l’indicazione che la mano dà nell’orientare lo sguardo
verso la coppa che contiene l’Agnello come immolato dell’esito ultimo e più in là verso l’angelo
che personifica lo Spirito Santo. Ecco il giudizio rovesciato come viene rovesciata la ‘gloria di
potere invincibile’, nel gesto stesso di quella mano. Arriviamo così all’antinomia conclusiva
dell’icona. Anche qui lo scrittore-teologo Dostoevskij sembra aver colto questa antinomia per
farne una icona verbale. Nella ‘Leggenda del Grande Inquisitore’ la irrilevanza del mite pellegrino
cristico opererà ciò che appare più inatteso: farà capovolgere l'intenzione dell'Inquisitore di
giudicarlo e condannarlo l'indomani stesso in una decisione di non-procedimento 1. Anzi, pare
proprio che -pur rimproverandogli ogni cosa- sia infatti l'Inquisitore a giustificarsi davanti al
silenzioso Cristo-forestiero, fino a rimetterlo in libertà con la speranza che non torni mai più! Egli
'sa' della inconsistenza di un secondo martoriamento distruttivo. Si scioglie -pertanto- la
legittimità del 'giudizio'! Con l’offerta della ‘Sua libertà’ che secondo l’Inquisitore non interessa
nessuno, il ‘povero pellegrino di Sevilla’ ha innescato qualcosa di ben più profondo che mettere il
‘Grande Vecchio’ sotto pressione, lo ha fatto vacillare dal di dentro dei suoi baluardi...
Parallelamente, l’esito stesso del romanzo evoca un’altra ‘libertà’ che invade l’animo del novizio
Alëša, presso la bara del suo padre spirituale Zossima -ormai morto- e rivela la sua nuova
‘vocazione’: andare in mezzo al mondo sconfinato nella sconfinatezza della ‘cupola celeste’ 2. Sarà
il suo padre spirituale stesso a confermare questo nuovo orizzonte di percorso 3. Si ribalta anche
l’argomento della ‘felicità’ del Grande Inquisitore: il novizio dovrà trovare la goia di felicità nel
dolore, via (più che ‘prezzo’) della libertà nello Spirito.
LA PIENEZZA DI SOMIGLIANZA DIVINA NELLA ‘LIBERTÀ’
Occorre riferire la libertà a Dio stesso tramite ‘l’immagine’ e la ‘rassomiglianza’ tra l’essere
umano e Dio stesso, dalle prospettive aperte nel pensiero di Filone d’Alessandria 4. Come capire la
1 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 325 (V. I) / p. 350 (V. I).
2 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 45 (V. II) / pp. 479-480
(V. II): «Di nuovo la bara, la finestra spalancata, e la calma, solenne, ben scandita lettura dell'Evangelo. Ma ormai Alëša non dava più ascolto a
quel che leggessero. Cosa strana: aveva preso sonno inginocchiato, e invece adesso si ritrovava in piedi: e bruscamente, come strappandosi
di lì, con tre passi ben sicuri e rapidi si fece accosto alla bara. Anzi sfiorò con la spalla padre Paisij e non se n'avvide nemmeno. Quegli, un
istante, provò a sollevare dal libro lo sguardo su lui, ma subito lo ritrasse, comprendendo che al giovane stava accadendo qualche cosa di
strano. Alëša restò fisso per un mezzo minuto alla bara, a quel coperto, immobile morto steso in quella bara, con un'icona sul petto e il
cappuccio con La croce a otto punte sul capo. Appena un attimo fa, egli aveva udito la sua voce, e questa voce gli riecheggiava ancora alle
orecchie. Rimase di nuovo tutto sospeso, aspettando di nuovo altri suoni... ma di colpo, voltandosi bruscamente, usci dalla cella. Non si
fermò neppure sulla scaletta d'entrata, ma rapidamente scese giù. Piena di tripudio, La sua anima aveva sete di libertà, di spazio, di
sconfinatezze. Sul capo di lui, ampia, inabbracciabile, faceva volta La cupola celeste, piena di tacite stelle scintillanti. Dallo zenit fino
all'orizzonte s'incurvava di qua e di là, ancora non ben distinta, la Via Lattea».
3 Ф. Достоевский / F. Dostoevskij, Братья Карамазовы / I fratelli Karamazov, Москва 1980, T. I / Torino 1981, стр. 109 (V. I) / p. 101 (V. I):
«Vogliate permettermi di restare qui, - con voce supplichevole mormorò Alëša. -Là tu sei più necessario. Non c'è pace, là. Servirai a tavola e
ti renderai utile. Insorgeranno i demonî: tu prega. E sappi, figliuolo (lo starec aveva caro di chiemerlo così), che anche in avvenire non è qui il
tuo posto. Tienlo a mente, ragazzo. Non appena Iddio mi riterrà degno di presentarmi a Lui, tu lascia il convento. Escine delinitivamente.
Alëša ebbe un sussulto. -Perché fai così? Non è qui, ormai, il tuo posto. Ti consacro a un altissimo servizio divino nel mondo. Molto ti rimane
ancora da peregrinare. E anche ammogliarti dovrei, dovrai assolutamene. Tutto dovrai sperimentare, finché di nuovo perverrai qui. Arduo
sarà il tuo compito. Ma di te non dubito, e perciò ti invio nel mondo. Cristo è con te. Bada di conservarlo, ed egli ti conserverà. Immenso sarà
il dolore che apparirà ai tuoi occhi, e in questo dolore sarai felice. Ecco la consegna che ti do: nel dolore cerca la felicità. Lavora, lavora
instancabilmente. Tieni a mente la parola che t’ho detta ora, giacché seppure discorrerò ancora con te, non solo i giorni, ma le ore mie sono
contate».
4 T. Špidlìk, Lo spirito nell'antropologia della Chiesa orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 417:
«Il grande merito di Filone Ebreo e quello di aver messo la libertà dell’uomo in stretta dipendenza dalla libertà di Dio 1. Interessante è la nota
di uno dei primi apologeti cristiani Atenagora, che vede nella libertà qualche cosa di «demoniaco», cioè al di fuori di questo mondo 2. Divino
o demoniaco nel vero senso? I Padri insistono sul fatto che «principio e radice del peccato è una facoltà tipicamente umana, il libero arbitrio»
3. Nella stessa facoltà umana come possiamo vedere contemporaneamente 1’immagine di Dio e a radice del peccato? Per rispondere a
questadomanda, Gregorio di Nissa approfittò del carattere dinamico dell’«immagine di Dio nell’uomo», che si verifica nei diversi gradi e che
511
'libertà'? L'umanità è l'immagine di Dio 1. Essendo Dio l'inconoscibile, l'immagine di Dio sarà -in
quanto umanità- ciò che non viene determinato ma è libero dalla conoscenza della 'realtà'
visibilmente imposta ai sensi 2. La libertà, come hanno recepito certi teologi occidentali meglio
ispirati quale K. Rahner (al seguito di K. Barth), è in sé riferimento alla trascendenza, a Dio stesso
nella Sua indicibile libertà: essa è rinvio pieno al ‘Mistero’ 3. L’immagine implica la libertà umana di
‘assomigliare’ a Dio 4. Colpisce l’aspetto non predisposto dell’immagine come ‘copiatura’
formalmente impostata. L’immagine esprime la sorgente del ‘diventare dio’ per la persona umana
(non la sorgente dell’’antropomorfismo idolatrico riguardo a Dio). Non si proietta ‘verso giù’ il
‘modello’, ma ci si apre a ciò che umanamente rimane inaccessibile (vedere infra, la parte 7°, sulla
teologia iconica dell’oriente cristiano). Non si trasferiscono le caratteristiche incluse nel ‘modello’
all’individuo umano, ma l’evento umano riceve una illuminazione interiore che ‘trasfigura’ senza
‘aggiungere’ bensì ‘rivelando’ ciò che si è autenticamente 5. L’immagine non è l’idea
è destinata a crescere «dall’immagine alla rassomiglianza» 4. La rassomiglianza perfetta è l’eleutheria, la libertà piena; la libertà di scelta, La
proairesis, ci è rimasta, dopo il peccato, per benevolenza divina, per rendlerci possibile il ritorno alla libertà piena dei figli di Dio. Il cittadino
libero (eleutheros) vive in una polis dalle relazioni libere con gli altri, in cui le case sono aperte, Si può entrare e si può parlare faccia a faccia.
Gregorio trasferisce questo concetto alle relazioni dell’uomo veramente libero con Dio. Egli possiede la parrhesia, libero accesso a. Dio,
gioisce della sua presenza, della visione del suo volto 5».
((1) Cfr H. A. Wolfson, Philo. Foundations of Religious Philosophy in Judaism, Christianitv, and Islam, Cambridge (Mass), 19482, vol. I, p. 424
ss. / (2) Legatio pro christianis 25, PG 6, 949 B. / (3) Basilio, Quod Deus non est auctor malorum 3, PG 31, 332 B. / (4) La spirirualité de
l’Orient chrétien, p. 57 ss. / (5) J. Gaith, La conception de la liberté chez Grégoire de Nysse, Parigi 1953, p. 66.)
1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 32-35.
2 Cfr Gregorio di Nissa, Sul creatore dell'uomo (c. XVI), in Patrologia Graeca., V. 44, col. 184.
3 M. F. Fischer, Paraphrasing Rahner's thought from the viewpoint of the pastoral minister. Chapter Two: Man in the Presence of Absolute
Mystery, in «Internet» 2001, http://www.west.net/~fischer/Rahner200.htm: «E. The Term of Transcendence as the "Holy Mystery" (p. 65).
"Holy Mystery" is Rahner's "term" of transcendence. "Term" does not just mean "synonym for." It also means "way of access to." So "Holy
Mystery" describes transcendence, and is also the way to transcendence. Rahner says that it possesses absolute freedom. The Holy Mystery,
the Term of Transcendence, is our freedom. It makes us free to be present, in whatever way we choose, to other "subjects of transcendence,"
other free persons. In this most obscure of Rahnerian sections, we read that transcendence moves us toward Holy Mystery, and that this Holy
Mystery opens transcendence up to us. It is "holy" because it enables us to be complete. It allows us to be present to other persons in
freedom and love. When we put ourselves "at the disposal of" transcendence, we move beyond ourselves and are able to love.
Transcendence, Rahner concludes, does not depend on its "ground" or "term," that is, on Holy Mystery. Transcendence is not derived from or
reducible to it. Rather, Holy Mystery is what we encounter in transcendence».
4 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, pp. 186-187: «L'homme entre consciemment et librement dans le
dessein de la Sainte Trinité et crée en lui-même sa ressemblance à Dieu dans la mesure de ses possibilités et avec l'aide de l'Esprit Saint. De
là le terme slavon ‘préopodobny’ littéralement à ‘très ressemblant ‘ appliqué au type monastique de sainteté (1). Le rôle de la renaissance de
l'homme consiste à changer ‘l'état humilié actuel’ de sa nature en la faisant participer à la vie divine, car, suivant l’expression classique de
saint Grégoire le Théologien qui répète saint Basile le Grand, ‘l'homme est une créature, mais il a l’ordre de devenir dieu’. Désormais, en
suivant le Christ, en s'intégrant dans Son corps, l'homme peut rétablir en soi la ressemblance divine et la faire rayonner sur l'univers. Suivant
les paroles de saint Paul, a nous qui... contemplons comme dans un miroir la gloire du Seigneur, nous sommes transformés en la même
image, de gloire en gloire’ (2 Cor. III, 18). Lorsque la personne humaine atteint ce but elle participe à la vie divine et transforme sa nature
même. L'homme devient fils de Dieu, Temple du Saint Esprit (I Cor. VI, 19); en accroissant les dons de Sa grâce, il se dépasse lui-même et
s'élève plus haut que n'était Adam avant sa chute, car non seulement il revient à la pureté de l’homme primitif, mais il se déifie, se
transfigure, ‘s'unit à la beauté divine’, suivant l'expression du kontakion de l'Orthodoxie; il devient dieu selon la grâce».
((1) Ce mot, créé l'époque des saints Cyrille et Méthode pour traduire le terme grec σιoς indique l'acquisition par l'homme de la
ressemblance divine. Il n'existe aucune expression correspondante dans d'autres langues. Toutefois le terme et la notion contraires:
«dissemblable», «dissimilitude» peuvent être retracés jusqu'a une époque très reculée. Platon emploie ce terme dans un sens philosophique
(voμoιoτητoς πόvτov ou τόπov ) dans son ‘Politique’ pour exprimer la non-correspondance du monde à son idée. Saint Athanase le grand
l'emploie déjà dans un sens chrétien: ‘Celui qui a créé le monde, le voyant succombant á la tempête et en danger d'être englouti dans le «lieu
de dissimilitude», saisit le gouvernail de l'âme et vint à son secours en corrigeant toutes ses transgressions. Saint Augustin dans ses
‘Confessions’ dit: ‘Je me suis vu loin de Toi, dans un lieu de dissimilitude’ (et inveni me longe esse a Te in regione dissimilitudinis. 7, 10 P.l,.
32, 742).)
5 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, vol. I, p. 188: «Dans la Transfiguration sur le Mont Thabor, dit le
Métropolite Philarète de Moscou, non seulement la Divinité apparaît aux hommes, mais aussi l'humanité apparaît dans la gloire divine’ (l). Et
les Pères du Septième Concile œcuménique expliquent: ‘En ce qui concerne le caractère de la Transfiguration elle eut lieu non pas de telle
façon que le Verbe ait quitté l'image humaine, mais plutôt par l'illumination de cette image humaine par Sa gloire’ (2). Ou encore, suivant les
paroles de saint Grégoire Palamas, ‘le Christ n'assume alors rien d'étranger, ni ne prend un nouvel état, mais simplement révèle à Ses
disciples ce qu'Il est’ (3). La Transfiguration c'est une manifestation, perceptible par l’être humain tout entier, de la gloire divine de la
deuxième Personne de la Sainte Trinité Qui, dans Son Incarnation, demeure inséparable de Sa nature divine, commune au Père et au Saint
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predeterminata di Dio che viene plasmata nella persona umana, ma l’espressione di una
aspirazione umana verso l’indicibile di Dio 1. L’interpretazione rabbinica inverte talvolta l’ordine
dei versetti e fa apparire l’immagine alla fine del processo di creazione dell’umanità come
corresponsabilità con Dio 2. L’oriente patristico, nei suoi massimi rappresentanti, introdurrà la
terminologia dell’immagine di Dio come ‘eikôn’ 3. Caratteristica, nella rapida raccolta di dati a
riguardo, è la sfumatura che Gregorio di Nissa introduce tra ‘immagine di Dio’ come creazione
dell’umanità e l’immagine evocata più in genere nei suoi commenti scritturistici e spirituali.
L’immagine nella creazione umana è la ‘totalità’ (non bellezza, come in altri accenni) 4. La libertà è
Esprit. Unies hypostatiquement, les deux natures du Christ demeurent distinctes l'une de l'autre (elles restent ‘sans mélange ni confusion’
suivant les termes du dogme de Chalcédoine), mais les énergies divines pénètrent l’humanité du Christ et ce sont elles qui font resplendir Sa
nature humaine en la transfigurant par l'éclat de la lumière incréée. C'est ‘le Royaume de Dieu apparu dans sa force’ (Luc IX, l). Selon les
Pères, le Christ a montré aux disciples l'état déiforme auquel sont appelés tous les hommes. De même que le corps de notre Seignur fut
glorifié et transfiguré resplendissant de gloire divine et de lumière infinie, de même les corps des saints sont glorifiés et deviennent
lumineux en se transfigurant par la force de la grâce divine. Cette ressemblance de l'homme à Dieu, saint Séraphin de Sarov non seulement
l'expliqua, mais la révéla directement, visiblement, à Motovilov, en se transfigurant à ses yeux (4)».
((1) Tvorenia, Hom. 12, Moscou 1873, p. 99. / (2) 6° session, Mansi XIII, 321 CD. / (3) P.G. 150, 1232 C. / (4) M. V. Iiine, Serafin Sarovski,
Paris 1930, p. 125. V. Lossky, Théologie, ibid. p. 226.)
1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 32: «Dieu ne donne pas des ordres, mais lance des
invitations, des appels: ‘Ecoute, Israël’, ou: ‘si tu veux être parfait’. Au décret d'un tyran répond une sourde résistance; ‘l'invitation du Maître
du banquet, la joyeuse acceptation de a celui qui a des oreilles’... Dans les ‘vases de terre’, Dieu a déposé sa liberté, son image. Si l'échec est
possible, si l'hypothèse du renversement est impliquée dans l'acte créateur de Dieu, c'est que la liberté des ‘dieux’, leur libre amour
constitue l'essence même de la personne humaine. Le mot latin persona, de même que le prosopon en grec, signifie masque. Il enseigne
l'inexistence d'un ordre humain autonome; car exister, c'est participer à l'être ou au néant. Dans cette participation, l'homme réalise la
ressemblance, l'icône de Dieu, ou la dissemblance, la grimace démoniaque d'un singe de Dieu. Saint Grégoire de Nysse le dit clairement:
‘L'Humanité se compose d'hommes au visage d'ange ou d'hommes portant le masque de la bête’. Ainsi l'homme peut raviver la flamme
d'amour ou le feu de la géhenne; il peut convertir son oui en infini d'unions; il peut aussi bien par son non briser son être en infernales
séparations. Selon saint Jean (1 Jn 3, 2), dans le siècle futur ‘nous serons semblables à lui’, semblables au Christ dans sa communion parfaite
du divin et de l'humain. C'est en vue de cette communion que l'homme fut créé à l'image de Dieu. C'est donc dans la structure même de son
être que se trouvent les postulats de la connaissance de Dieu. 3 - L'IMAGE ET LA RESSEMBLANCE DE DIEU. Tous les anthropologistes,
croyants ou incroyants, s’accordent sur la même définition de l'homme: un être qui aspire à se dépasser, un être tendu vers ce qui est plus
grand que lui. Il faudrait un saint Paul pour déchiffrer ce ‘dieu inconnu’, donner le nom à cette aspiration fondamentale dont la source est
l'imago Dei. Cette ‘image’, pour les Pères de l'Eglise, n'est pas une idée régulatrice ou instrumentale, mais le principe constitutif de l'être
humain».
2 S. Tagliacozzo, La fonte biblica dei diritti umani nell’ebraismo, in AA. VV., Urgenze della storia e profezia ecumenica, Roma 1996, p. 278:
«Dio dlsse poi: ‘Facciamo un uomo a immagme nostra, nostra somiglianza..." Dio creò l'uomo a Sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li
creò maschio e femmina’ 1. I rabbini si soffermato a lungo sui versi 26 e 27 di Gen 1, colpiti soprattutto dal plurale del v. 26: ‘facciamo un
uomo’ (na' ašeh) 2. Come è posssibile che il Signore del mondo, nel creare l'uomo, si consulti co qualcuno? o addirittura cerchi la
collaborazione di qualcuno? Tra l'altro ci si chiede come è possibile che il Signore crei l'uomo, sapendo che avrebbe creato i giusti ma anche
gli empi. La risposta è trovata nel Salmo 1,6 ‘Il Signore conosce il cammino dei giusti, ma il cammino delii empi si perde’: il cammino dei
malvagi si perde davanti agli occhi del Signore, a indicare da un lato la 1 bertà dell'uomo, ma anche la misericordia del Signore, che è
insieme con il giusto e pronto ad accogliere il malvagio che si pente torna a seguire la via del Signore. Rabbì Silaj pospone il verso 26 al 27, e
interpreta così: prima (v. 27) il Signore creò l'uomo lo creò maschio e femmina (a indicare l'uguaglianza tra i sessi) lo creò a immagine di Dio
(a indicarne la libertà e la corresponsabilità nel progetto del Creatore), poi (v. 26) creò insieme a lui tutti gli uomini, che son figli del Signore,
della madre e del padre (quindi del maschio e della femmina)».
(1 Gen l, 26-27. / 2 Gen Rabbah 8? in Commento alla Genesi, introduzione? versione, note di A. RAVENNA, a cura di T. FEDERICI, Torino 1978,
pp. 70-89. Cfr. anche G. STEMBERGHER, Il Midrash, Bologna 1992, pp. 119-132.)
3 Gregory of Nyssa, References to Eikon or Image In the Writings of Gregory of Nyssa, in «Internet» 1996, http://yoda.ucc.uconn.edu
/users/salomond/eikon.htm: ‘The following list of excerpts from the writings of Gregory of Nyssa contains references to his use of the Greek
word eikon, "image." Gregory uses this term to designate the divine presence in an individual person and is based upon Genesis 1.26: "Let us
make man in our image (eikon), after our likeness." This list is not intended to be exhaustive; rather, it is intended to give the reader a
general idea of how Gregory employs eikon. I have made these references available because the concept of "image" is of central importance
to an understanding not only of Gregory's theology but of the Church Fathers in general. At a later time this text will be amplified with a
commentary. It should be noted that on occasion the English word "image" is cited without reference to eikon; here Gregory of Nyssa had
used other terms. A note on the texts: the letter "J" refers to the various critical editions of Gregory's works followed by the appropriate page
numbers. The letters "PN" refer to the excerpts from volume five of The Nicene and Post-Nicene Fathers (Grand Rapids, Michigan, 1972
reprint)».
4 Gregory of Nyssa, References to Eikon or Image In the Writings of Gregory of Nyssa, ( A note on the texts: the letter "J" refers to the various
critical editions of Gregory's works followed by the appropriate page numbers. The letters "PN" refer to the excerpts from volume five of The
Nicene and Post-Nicene Fathers (Grand Rapids, Michigan, 1972 reprint).) in «Internet» 1996, http://yoda.ucc.uconn.edu/users
/salomond/eikon.htm: «On the Making of Man: And further, besides these facts, the fact that it [soul] is the image (eikon) of that Nature
513
la capacità di ordinare organicamente il disordine spontaneo della vita 1. Cosí si supera della
perplessità stoica antica tra libertà di ‘autarkeia’ e l’inesorabile condizionamento cosmico stesso
del percorso umano 2. Umanamente, la storia è il processo della coscienza personale che nasce
liberamente a se stessa 3: nesso che collega tutto e nulla esclude 4. Se la storia è libertà, il suo
rovescio saranno le 'pene dell'inferno' 5. La concretizzazione dell’’immagine’ divina nel suo
contrario ci rimanda alla prospettiva di Filone ed Atenagora, nell’ambivalenza della libertà tra
divino e demoniaco (cfr supra)... Qual'è stato il nodo della scommessa sulla 'libertà' nel
travolgimento rivoluzionario, scommessa che naufragò così tragicamente? Non soltanto una
'libertà da' (disfarsi dalle ingerenze estrinseche nella vita della Chiesa), e non solo una 'libertà per'
(essere ipnotizzati dalla propria finalità), ma -può darsi- una "libertà con"... Il tipo di
discernimento della 'conciliarità' non va -forse- in questo senso: imparare ad essere non più
soltanto liberi 'dal' potere secolare, o liberi 'per' il compito proprio, ma diventare "liberi con
l'umanità libera", cioè, liberi "nella libertà umana" e non come una concorrenziale 'religione della
libertà' 6! Non una 'religione della libertà' ma 'la religione fondata sulla libertà', ecco la ricerca che
which rules over all means nothing else than this, that our nature was created to be royal from the first. (PG#44.136; PN.391) For as, in
men's ordinary use, those who make images (eikon) of princes both mould the figure of their form...the rest of human nature was by its
likeness to the King of all, made as it were a living image (eikon), partaking with the archetype both in rank and in name. (136; PN.391) ...if
the natures were different he would assuredly have begun their images (eikon) also differently, making the appropriate image (eikon) for
each: but since the image (eikon) is one, while the archetype is not one, who is so far beyond the range of understanding as not to know that
the things which are like the same thing, surely resemble one another. (140; PN.392) The image (eikon) is properly an image so long as it
fails in none of those attributes which we perceive in the archetype; but where it falls from its resemblance to the prototype it ceases in that
respect to be an image (eikon)...For if, while the archetype transcends comprehension, the nature of the image (eikon) were comprehended,
the contrary character of the attributes we behold in them would prove the defect of the image (eikon). (156; PN.396-7) If, then, according to
the statement we have been considering, that which is truly good is one, and the mind itself also has its power of being beautiful and good,
in so far as it is in the image (eikon) of the good and beautiful, and the nature, which is sustained by the mind, has the like power, in so far
as it is an image (eikon) of the image, it is hereby shown that our material part holds together, and is upheld when it is controlled by nature.
(164; PN.399) In what then does the greatness of man consist, according to the doctrine of the Church? Not in his likeness to the created
world, but in his being in the image (eikon) of the nature of the Creator...for the image (eikon) is properly so called if it keeps its
resemblance to the prototype. (180; PN.404) ...for if the Deity is the fullness of good, and this is His image (eikon) , then the image (eikon)
finds its resemblance to the Archetype in being filled with all good...Now as the image (eikon) bears in all points the semblance of the
archetypal excellence, if it had not a difference in some respect, being absolutely without divergence it would no longer be a likeness, but
will in that case manifestly be absolutely identical with the Prototype. (184; PN.405) For the image (eikon) is not in part of our nature, nor is
the grace in any one of the things found in that nature, but this power extends equally to all the race...that man was manifested at the first
creation of the world, and he that shall be after the consummation of all, are alike: they equally bear in themselves the Divine image (eikon).
(185. PN.406) The image (eikon), therefore, properly belongs to the better part of our attributes; but all in like that is painful and miserable
is far removed from the likeness to the Divine. (201; PN.410). Accordingly, the Image (eikon) of God, which we behold in universal humanity,
had its consummation then; but Adam as yet was not; for the thing formed from the earth is called Adam...Man, then, was made in the image
(eikon) of God; that is, the universal nature, the thing like God; not part of the whole, but all the fullness of the nature together was so made
by omnipotent wisdom. (204; PN.411)».
1 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 34.
2 T. Špidlìk, Lo spirito nell'antropologia della Chiesa orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 416:
«Per Gregorio di Nissa è la libertà «la rassomiglianza con colui che è senza padrone (adespotos) e sovrano (autokrates), La rassomiglianza
che ci e stata data da Dio all’inizio» 1. Se qualche necessità guidasse la vita umana, l’immagine in questo caso sarebbe mensognera, alterata
da un elemento che differisce dal modello» 2. È facile dire che la dignità dell’uomo consiste nella libertà, meno facile è definirla stabilendo le
sue caratteristiche. I greci la vedevano, pima di tutto, come «libertà di scelta» che si manifesta nelle relazioni sociali e pubbliche del cittadino
libero, in opposizione allo schiavo. L’antropologia stoica ne ha approfondito il significato, definendola come autarkeja, libertà interiore e
intangibile con la quale l’individuo dispone di se stesso 3. D’altra parte, però, non si capisce come gli stoici potessero essere ritenuti i grandi
difensori della libertà umana sostenendo contemporaneamente l’inesorabile legge cosmica che schiaccia l’individuo senza compassione, e un
meccanismo conoscitivo, chiamato, da Clemente di Alessandria, «organizzazione dei sensi in vista della scienza», che porta alla necessità
psicologica 4».
((1) De anima et resurrectione, PG, 46, 46, 101 C. / (2) Or calechetica magna 5, PG 45, 24 CD. / (3) M. Pohlenz, Der hellenische Mensch,
Göttingen 1974. / (4) M. Spanneut, Le stoïcisme des Pères de l’Eglise, Parigi 1957, p. 222 ss.)
3 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 30-31 / pp. 28-29. 4 Н. Бердяев / N. Berdjaev, Смысл истории / Il senso della storia, Берлин 1923 / Milano 1977, стр. 93-94 / p. 67.
5 С. Булгаков / S. Bulgakov, Свет невечерний / La lumière sans déclin, Москва 1917 (Glasgow 1971) / Lausanne 1990, стр. 413 / p. 378. 6 Vedere l'impostazione dello slittamento, dal punto di vista della emancipazione laicistica: cfr e.g. B. Vincent, Thomas Paine ou la religion de
la liberté, Paris 1987.
514
tentò di prospettare A. Chomjakov, sviluppando il suo doppio criterio di distinzione tra 'religioni
iraniche' e 'religioni kušitiche': le prime fondate sulla libertà e le seconde sulla necessità (cfr la
convergenza con l’intuito berdjaeviano, supra) 1.
DALLA LIBERTÀ NELLO SPIRITO ALLA CHIESA
La libertà è riferimento diretto all’’immagine’. Per le tradizioni orientali, l'umanità è
"l'immagine" di Dio 2. L'immagine ha questo di specifico che può avere tutta la sua propria
perfezione autonoma (di 'forma' e di 'contenuto'), ma che rimane ripiegata in se stessa senza il
riferimento verso chi o ciò che rappresenta. Essendo Dio l'inconoscibile, l'immagine di Dio sarà -in
quanto umanità- ciò che non viene determinato dalla conoscenza della 'realtà': essa è la sorgente
della libertà 3. La libertà è la capacità di ordinare organicamente l'esistenza secondo una gerarchia
di valori, superando il disordine spontaneo della vita 4. Questo naturale disordine è frutto o
implicazione dell'iniziale peccato (dell'anomia). Una 'libertà da (tutto e da ognuno)' non è altro che
una accentuazione di questo disordine fino all'anarchismo complessivo. Una 'libertà per (uno
scopo unico da compiere a tutti i costi)' rimane sempre disordinatamente unilaterale fino al
fanatismo che riduce la scala dei valori ad un solo valore soltanto. Perciò la libertà-immagine-di-
Dio si delineerà a partire dal 'Noi' divino: la 'libertà con' nella quale 'tutto' può essere
organicamente accolto. La libertà è -dunque- un 'compito' da portare a termine nel
'discernimento' "con Dio" e "con tutti". L'immagine è un compito, la somiglianza è l'attuazione del
compito. Si 'diventa molto somigliante' o, cioè, si diventa 'santi' ("prepodobny": parola russa per
indicare la santità o somiglianza con Dio) 5. La somiglianza consiste nella illuminazione interiore
che trasfigura l'immagine umana 6, facendo in modo che la 'persona' non sia più soltanto
'maschera di se stessa' ma 'riflesso riconoscibile di Dio' 7. Tutta la Chiesa diventa 'libertà nello
spirito' (cfr la parte V sulla Chiesa). Cristo-Chiesa-Eucaristia, l'indissociabilità appare palese nella
sua linearità 'discendente': Cristo o tutto in tutti, la Chiesa o tutti in Cristo e l'Eucaristia o tutti
nella Chiesa... Non l'Eucaristia o tutti nella Chiesa ma l'Eucaristia o tutta la Chiesa che sorge da
essa 8. L'ultima Cena istituisce la Chiesa multisacramentale nella condivisione totale
dell'esperienza comune. Dall'essere 'accanto' e 'con' Cristo 9, si passerà a diventare 'Chiesa'
nell'ultima Cena, per diventare Eucaristia piena nella Pentecoste 10. Dalla promessa ancora
enigmatica (Mtt. XVI, 18), l'ultima Cena esemplifica il tenore costitutivo dell'"essere insieme" 11. In
essa si istituisce la ecclesialità stessa e la sacramentalità cristiana 12 nella libera 'fraternità'
1 A. Walicki, Una utopia conservatrice, Torino 1973, pp. 204-205.
2 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, pp. 32-35.
3 Cfr Gregorio di Nissa, Sul creatore dell'uomo (c. XVI), in P. G., V. 44, col. 184.
4 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 34.
5 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, pp. 186-187.
6 E. Ouspensky, La théologie de l'icône dans l'Eglise orthodoxe, Paris 1960, p. 188.
7 P. Evdokimov, La connaissance de Dieu selon la tradition orientale, Lyon 1967, p. 32.
8 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Два идей Церкви (Due idee sulla Chiesa universale), in «Путь», 1934 nº 45, стр. 26-29; Н. Афанасьев / N.
Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 82.
9 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in «Irénikon», 1969 n° 1, p. 9.
10 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 30; Н. Афанасьев /
N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964 n° 27-28, p. 31; Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le monde dans
l'Ecriture Sainte, in «Irénikon», 1969 n° 1, pp. 8-9.
11 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964 n° 27-28, pp. 33-35 (con la critica alla
posizione di O. Cullmann che sposta la promessa all'ultima Cena).
12 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Таинств и таинодействия (Sacramenta et sacramentalia), in «Православная Мысль», 1950 n° VIII, стр. 20.
515
apostolica. L'eucaristia fa gli apostoli: la comunione sorge dall'essere insieme (non vice versa) 1.
Come sempre, l’ampiezza della visione orientale e la sua ‘libertà nello Spirito’ come via ecclesiale
(cfr infra, la parte / capitolo successivo) sorprendono coloro che guardano questo processo... Il
paradosso si annoda nell’apparente espressione contraddittoria sul rifiuto dello Spirito da parte
del Tempio (con il ‘castigo’ per questo rifiuto) e l’uscita dello Spirito dal ‘Tempio’: questa uscita
non è una dannazione del Tempio, ma una apertura ulteriore che si estende a tutta l’umanità 2. Lo
stile demonizzante della tradizione antica nasconde un’intenzione d’apertura che va ben al di là
della interpretazione iniziale dell’evento di Pentecoste. Nell’ambito della stessa ricerca di piena
unità tra le Chiese, Esso segue l'indirizzo del dialogo umano che ha una sua intrinsica 'libertà' 3.
Esso non condiziona ('lega') le strutture d’autorità ma agisce nella libertà per il risveglio
rinnovativo di chi si coinvolga in esso 4.
2° RIBILANCIARE L’ECCESSIVO CRISTOCENTRISMO
ISTITUZIONALE DELL’OCCIDENTE
Il cristocentrismo unilaterale si ‘cala’ nella persona individuale del sacerdote che agisce ‘in
persona Christi’ e -come Cristo in ciò che compie- ha ogni potere per farlo senza bisogno dello
Spirito Santo 5. Per l’oriente, è lo Spirito che rende il ministro capace di dare alle parole
istituzionali il valore delle parole di Cristo 6. Ogni scorciatoia in termini di ‘poteri’ trasferiti da
Cristo al ministro non può che portare a malintesi di tipo clericale, come se l’istituzione
‘funzionasse automaticamente’. Si affermerà addirittura che il ministro ‘non opera ciò che sia’ (S.
1 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Два идей Церкви (Due idee sulla Chiesa universale), in «Путь», 1934 nº 45, стр. 188-200, 207-208; Н.
Афанасьев / N. Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 22, 71, 73; Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, L'Eglise qui
préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 30.
2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 51: «Le rejet du peuple élu qui s'est
et s'était toujours opposé à l'Esprit Saint, comme l'affirme Etienne dans son discours (1), n'est que le châtiment de son refus du Christ. Dans
un texte de la liturgie du Vendredi saint, on voit l'Esprit quittant Jérusalem, en suivant le même chemin que le Christ, en signe de
protestation contre l'agir diabolique qui s'accomplit en elle: ‘...Le matin, le Christ, portant sa croix, est sorti de Ia Folle (Jérusalem). Et l'Esprit
Saint est sorti d'elle, quittant le temple et disant: ‘Malheur à toi, Jérusalem, car tes portes sont fermées et tes fêtes abolies (2)’. Un autre
texte nous montre 1'Esprit déchirant le voile du temple comme témoin de sa sortie définitive de la maison souillée: ‘L'Esprit Saint a quitté la
maison que les impurs ont souillé. Le voile de la porte en est témoin, car personne ne l'a fendu si ce n'est lui. Venons tous nous prosterner et
l'adorer (3)».
((1) Act., 7, 51; cf., O.S., VI, pp. 160-161, Une homélie anonyme sur l'effusion de l'Esprit, ét. et trad. de Dr Jansma. Certaines idées de cette
homélie se trouvent dans la liturgie de Pentecôte, cf. surtout F, VI, p. 233 b, où on rencontre une référence littérale à la page 160. Voir
également Sévère d'Antioche, Hom. CVII, Pat. Or, XXV, p. 685. / (2) F., V., p. 223 b; L. S., p. 171 a. / (3) F., V., p. 220 a.)
3 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 189. 4 N. Nissiotis, Formen und Probleme des ökumenischen Dialogs, in «Kerygma und Dogma», 1966 nº 3, S. 188-189.
5 Th. Ziton, The Epiklesis of the Divine Liturgy, (Publication of the Antiochian Orthodox Christian Archdiocese of North America), in «Word
Magazine», May 1963, pp. 7-8, etiam in «Internet» 2005, http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/ziton_epiklesis.htm:
«The whole life of the Orthodox Church is in the Holy Spirit. Thus through the Holy Spirit is all accomplished. The priest invokes the Holy
Spirit to change the gifts. The Roman Catholics reject Christ’s presence in the Liturgy in our consecration as we have it, because the Roman
Catholic priest takes the place of Christ: taking the full power of Christ. The Roman Catholic belief is that the priest is another Christ, and he
needs no special need of prayers, because He is Christ. There is no need for the Holy Spirit in the act. But John the Baptist only recognized
Christ because the Spirit descended and remained upon Him. ‘And John bear record, saying, I saw the Spirit descending from Heaven like a
dove, and it abode upon him. And I knew him not: but he that sent me to baptize with water, the same said unto me, upon whom thou shalt
see the spirit descending, and remaining on him the same is he which baptizeth with the Holy Spirit.’ (John 1:32-33) Thus we see that Christ
worked all in the Spirit: so how can the Roman Catholic priests say that the Holy Spirit is not needed to change the gifts into the true Body
and Blood of Christ if in reality the Roman Catholic priest is another Christ?».
6 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 13: «L’épiclèse eucharistique confère à
à la parole institutionnelle du prêtre, la valeur de la parole du Christ et c’est le miracle du métabolisme eucharistique. L’épiclèse de toute
lecture -mais surtout liturgique- de la Bible, d’un texte humain, fait la Parole de Dieu. Le geste de tracer sur soi le signe de la croix est un
acte épiclétique qui transforme celui qui se signe, en croix vivante du Christ, et identifie son existence au Christ».
516
Giovanni Crisostomo) ma tutto è opera della Grazia dello Spirito 1. I nessun modo arriveremo
all’idea di un tipo di ‘clonaggio’ (se si può dire cosí, in termini attuali) di qualche ‘potere’ di Cristo
nell’individuo istituzionale. D’altra parte, nell’epiclesi, che vede scendere lo Spirito come il fuoco
sul sacrificio d’Elia e non su quello di coloro che rimangono fuori della fede pienamente recepita,
niente è scontato 2. Questo taglio pneumatologico sarà mantenuto in occidente, nella Spagna, a
differenza delle altre zone: strana situazione del culto praticato in quelle regioni dove è stato pure
istaurato l’uso del ‘Filioque’ 3. Forse, occorrerà dire che il ministro attua il mistero ‘in persona
Spiritus Sancti’: è lo Spirito che offre il Figlio unico nel fare del pane e vino il corpo del Signore 4.
Ma a questo punto non vi può essere un’incidenza puramente operativa della parola, è solo una
supplica allo Spirito che ‘soffia dove vuole’ e che precede ogni iniziativa ecclesiale, rimanendo
libera di fronte ad essa 5. Nell’epiclesi, il sacramento viene trascinato al dilà di se stesso dove la
1 GROUPE DES DOMBES, L’Esprit Saint, l’Eglise et les sacrements, in «La documentation catholique», 1980 n° 1785, p. 435 : «116. Saint Jean
Chrysostome indique clairement le sens de cette épiclèse: «Le prêtre ne porte la main sur les dons qu'après avoir invoqué la grâce de Dieu...
ce n’est pas le prêtre qui opère quoi que ce soit... c'est Ia grâce de l’Esprit, survenant et couvrant de ses ailes, qui accomplit ce sacrifice
mystique» (1)».
((1) S. Jean Chrysostorne, Sur la Pentecôte, Homélie I, 4; PG 50. col. 458-459.)
2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 224 (citato supra, nel paragrafo
sullo Spirito ed il ‘fuoco’).
3 A. G. Martimort, L’Esprit Saint dans la liturgie, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, pp. 535-536: «On le
voit, l’Espagne, marquée pendant plus longtemps que le reste de1'Occident par les controverses trinitaires et christologiques, n'hésitait pas a
donner un tour plus doctrinal à ses oraisons (1), mais aussi elle a orienté la piété médiévale en trois directions: la prière adressée
directement à l'Esprit Saint; le rapprochement entre le rôle de l'Esprit Saint dans 1'eucharistie avec le feu du ciel qui a consumé le sacrifice du
prophète Elie; la demande pour qu'il vienne allumer en nous le feu de son amour. La liturgie des autres Eglises latines du moyen âge n'a pas
accepté d'enfreindre la règle posée par le Concile de Carthage: on ne trouvera chez elles aucune prière présidentielle adressée a l'Esprit Saint
(2): c'est dans les chants de la schola ou de foule et dans les prières privées du célébrant de la messe que se développera la devotion à
l'Esprit».
((1) On peut s'en rendre compte en parcourant l'index de M. Férotin, op. cit., col. 1086, où sont données les références à l'Esprit Saint. / (2) Il
y a pourtant une exception dans le Pontifical du moyen âge: une prière de 1'Ordo ad faciendum monachum: Sancte Spiritus qui te Deum ac
Dominum revelare mortalibus dignatus es...M. Andrieu, Le Pontifical romain au moyen âge, t. I, p. 175; t. 2, p. 413; t. 3, p. 397. Elle se
trouvait déjà dans un Pontifical de Rheinau du XI° siècle: M. Gerbert, Monumenta veteris liturgiae Alemannicae, t. 2, Typis San-Blasianis,
1779, p. 94.)
4 A. Golitzin, Adam, Eve, and Seth: Pneumatological reflections on an unusual image in Gregory of Nazianzus's "Fifth Theological Oration", in
«Anglican Theological Review», 2001, etiam in «Internet» 2005, http://www.findarticles.com/p/articles/mi_qa3818/is_200107/
ai_n8973262: «I would add the well-known matter of the Eastern epiklesis, itself a source of considerable medieval debate between Greek
and Latin theologians over the moment of the eucharistic consecration, i. e., whether the latter takes place at the recitation of the dominical
words, hoc est corpus meum, or at the conclusion of the prayer for the Spirit to "make this bread the body of Your Christ." The great Syriac
poet and preacher, Jacob of Serug (+521), catches nearly all of these echoes in a few lines from his verse homily "On the Chariot that Ezekiel
the Prophet Saw," commenting here on Ezek. 10:Cr-7 as an image of the eucharist: It is not the priest [typified by the prophet's "angel in
white linen"] who is sent to sacrifice the Only[-Begotten], ‘And lift Him up, Who is the sacrifice for sins, before His Father. Rather, the Holy
Spirit comes down from the Father, And descending overshadows [r'] and dwells [An] within the bread and makes it the body. And it is He
Who makes it kindled pearls of flame, And Who will clothe those who are betrothed to Him with riches.’ (1) True, Jacob is no longer saying
"she" for the Spirit, but nearly everything else-the baptismal narratives and theology, together with Luke 1:35's echo of Exodus 40:34, and
the note of transfiguration in the clothing "with riches"-is fully present and accounted for in this image of the eucharistic consecration».
((1) Homiliae selectae Mar Jacobi Sarugensis, ed. P. Bedjan (Paris: 1908), Vol. 4:597, lines 8-13. I find it interesting that Jacob uses the verb
An here for the action of the Spirit, but the same root as noun, sekinto (equivalent to the Rabbinic Sekinah), appears exclusively elsewhere in
reference to the Son-see 569:21, 570:13, and 602:20. Thus the Spirit in "abiding" or "dwelling" in the bread of the eucharist makes present
the "Abiding" or "Dwelling" of God among us which is Christ, the Immanuel. Here thus I would myself discern an echo of the Nativity
narratives in both Luke and Matthew-and perhaps of John 1:14 as well.)
5 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, pp. 138-139: «En outre, l’Eglise ne
peut pas déterminer à quel moment il serait opportun que l'Esprit se manifeste. Celui-ci agit quand il veut. Il n'est soumis ni à une structure,
ni au ministère de l'Eglise. Personne ne s’empare de lui pour le faire intervenir quand bon lui semble. Si le Paraclet agit dans les mystères ce
n'est pas en vertu d'une décision de l'Eglise, c'est par l'offre préalable et la générosité libre de l'Esprit. Le rapport organique existant entre la
Parole, les rites et l'action de l'Esprit ne l'oblige pas lui, mais nous la Parole et les mystères, avons-nous dit, exigent de nous la foi pour être
efficaces et nous introduire dans le monde de Dieu. Ils ne requièrent rien de l'Esprit, que son offre libre à l'origine de cette économie de
salut. Celui qui, alors, penserait contraindre le Souffle de Dieu par le moyen des mystères n'aurait déjà plus cette foi qui est nécessaire à leur
efficacité et leur sens. On n'enchaîne pas le Souffle de Dieu. L'épiclèse qu'on rencontre dans toutes les liturgies des mystères n'est pas un
geste de puissance et de commandement, mais de supplication et d'adoration. «Que ton Esprit Saint vienne sur nous...» n'est pas un ordre,
mais une prière d'une Communauté qui a besoin d'être, sans cesse, recrée et réinventée par l'Esprit créateur. Cette Communauté n'existe, en
effet, que sur l'initiative de l’Esprit qui la précède et reste libre vis-à-vis d'elle».
517
‘forma’ ed il ‘momento’ si sciolgono nella loro limitatezza circoscritta e verificabile. Pertanto,
l’eucaristia o la ‘divina liturgia’ (o ‘il cielo sulla terra’) si attua nella prospettiva del ‘nuovo eone’ o
cioè nell’anticipazione dell’operato ultimo dello Spirito Santo nella Sua dinamica escatologica e
non come ‘causalità’ analogica 1.
3° PROSPETTARE L’APOFATISMO FINO IN FONDO
La pneumatofania epicletica attua la presenza nel mistero: come il ‘soffio’ che rende
presente lo Spirito che rimane ‘nascosto’ nella Sua stessa manifestazione 2. Non è la ‘potenza’ del
soffio che si impone come violenza travolgente, ma la sua inevitabilità come vita dell’aria: si
potrebbe dire che è la Sua perseveranza che si coglie in questa antinomia, la ‘testardagine’ di
Dio... L’epiclesi esprime innanzitutto l’intento della kenosi iniziale del ‘fiat’ divino nel ‘soffio’ di
pienezza che si lascia recepire in modo limitato nella creazione che sta sorgendo 3. Nell’attuare il
mistero, la kenosis dello Spirito è diretto riferimento alla kenosis del Padre (cfr infra). Il
1 A. Schmemann, Theology and Eucharist, in St. Vladimir’s Seminary Quarterly, Vol. 5, No. 4, Winter 1961, pp. 10-23, etiam in «Internet»
2006, http://www.schmemann.org/byhim/theologyandeucharist.html: «For the Eucharist, we have said, is a passage, a procession leading
the Church into "heaven," into her fulfillment as the Kingdom of God. And it is precisely the reality of this passage into the Eschaton that
conditions the transformation of our offering - bread and wine - into the new food of the new creation, of our meal into the Messianic
Banquet and the Koinonia of the Holy Spirit. Thus, for example, the coming together of Christians on the Lord’s Day, their visible unity
"sealed" by the priest ("ecclesia in episcopo and episcopus in ecclesia") is indeed the beginning of the sacrament, the "gathering into the
Church." And the entrance is not a symbolical representation of Christ going to preach but the real entrance - the beginning of the Church’s
ascension to the Throne of God, made possible, inaugurated by the ascension of Christ’s Humanity. The offertory - the solemn transfer of
bread and wine to the altar is again not the symbol of Christ’s burial (or of His entrance into Jerusalem) but a real sacrifice - the transfer of
our lives and bodies and of the whole "matter" of the whole creation into heaven, their integration in the unique and all-embracing sacrifice
of all sacrifices, that of Christ. The prosphora (offering) makes possible the anaphora - the lifting up of the Church, her eschatological
fulfillment by the Eucharist. For Eucharist - "thanksgiving" - is indeed the very content of the redeemed life, the very reality of the Kingdom
as "joy and peace in the Holy Spirit," the end and the fulfillment of our ascension into heaven. Therefore, the Eucharist is consecration and
the Fathers called both the prayer of consecration and the consecrated gifts "Eucharist." The insistence by the Orthodox on the epiclesis is
nothing else, in its ultimate meaning, but the affirmation that the consecration, i.e., the transformation of bread and wine into the Body and
Blood of Christ, takes place in the "new eon" of the Holy Spirit. Our earthly food becomes the Body and Blood of Christ because it has been
assumed, accepted, lifted up into the "age to come," where Christ is indeed the very life, the very food of all life and the Church is His Body,
"the fullness of Him that filleth all in all" (Eph. 1:23). It is there, finally, that we partake of the food of immortality, are made participants of
the Messianic Banquet, of the New Pascha, it is from there, "having seen the true light, having received the heavenly Spirit," that we return
into "this world" ("let us depart in peace") as witnesses of the Kingdom which is "to come." Such is the sacrament of the Church, the
"leitourgia" which eternally transforms the Church into what she is, makes her the Body of Christ and the Temple of the Holy Spirit».
2 H. W. J. Adams, Biblical Images of the Holy Spirit interpreted in the Light of the Fathers of the Church, in AA. VV., Credo in Spiritum
Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 264: «Under the figure of the wind, the Holy Spirit is a constant reminder to us of the great
‘Mystery of God’. We can never forget that God is Spirit (John 4:24). The pneumatophany of the wind is a perfect example of how the Holy
Spirit makes His presence known and yet under the very act of appearing, He remains hidden. The forcefulness or strength of the wind
definitely manifests the all-embracing and fearfully-endless ‘power’ of the Holy Spirit. Saint Cyril of Jerusalem commenting on the
pneumatophany of wind at Pentecost as a celestial trumpet. Saint Cyril sees in the wind an audible proclamation that a mighty gift from
heaven has arrived at the Cenacle. The Kingdom of God has come. ‘And lest men should be ignorant of the greatness of the mighty gift
coming down to them, there sounded as it were a heavenly trumpet, for ‘suddenly there came from heaven a sound as of the rushing of a
mighty wind’ (Acts 2:2), signifying the presence of Him who was to grant power unto men to seize with violence the kingdom of God; that
both their eyes might see the fiery tongues, and their ears hear the sound. ‘And it filled all the house where they were sitting’; for the house
became the vessel of the spiritual water; as the disciples sat within, the whole house was filled. (1)».
((1) Saint Cyril of Jerusalem, Catechetical Lectures Lecture 17:15 Cited in NPNF-2, Vol. 7. p. 128.)
3 G. Khodr, L'Esprit Saint dans la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 396: «De plus ce
rapprochement nous aide à comprendre comment l’eau, l'huile ou le pain reçoivent et contiennent l'action de l’Esprit intervenant au moment
de 1'épiclèse. Cette action trouve sa condition et sa base dans la «kénose» de la première intervention du Souffle divin lors du «fiat» créateur.
Cette kénose consiste dans le fait que ce Souffle divin, la plénitude absolue de la Vie, soit limité, reçu et porté par des créatures auxquelles Il
communique Son énergie comme principe d'être, de vie et de devenir. Selon un commentaire anonyme sur la Genèse d'après l'interprétation
de Saint Ephrem et Jacques d'Edesse, «L'Esprit de Dieu planait sur les eaux, c'est-à-dire l’Esprit Saint procède de Dieu le Père d'une manière
intemporelle... pour leur conférer une énergie fécondatrice. Mais... non seulement sur les eaux mais aussi sur la terre et 1'air afin que les
plantes germent, les animaux procréent, et les oiseaux se multiplient» (1)».
((1) Schaff & Wace, Nicene and Post-Nicene Fathers, Win. Eerdmans Pub. Co. Mich., 1978, vol. VIII, The Hexameron, Hom. II. 6, p. 62.)
518
‘commando’ catafatico delle parole dell’istituzione rimarrebbero isolate senza questo riferimento
alla pienezza trinitaria: dallo Spirito al Padre stesso. L’antinomia dello Spirito è di congiungere la
pienezza del dono e la progressività del divenire 1. Ma l’antinomia è anche che lo Spirito stesso si
fa ‘dono’ nell’essere ipostaticamente presente nell’anticipare alla Sua Chiesa la nuova creazione ed
il Regno della vita nuova 2. La temuta ‘passività’ del dono consegnato si rovescia in un dinamico
intervento dello Spirito nel dare Se stesso. Essa congiunge anche la purificazione e la beatitudine,
soglia del ‘terzo Testamento’ 3. Nello Spirito si congiunge la trasfigurazione e l’intento umano 4. Il
paradosso dell’unione nello Spirito e della disunione canonica si fa pur esso percettibile 5. La
kenosi dello Spirito fa della terza Persona quella più radicalmente apofatica o cioè quella meno
corrispondente ai parametri umani 6. La stessa teologia rientra in questa prospettiva apofatica:
essa è semplicemente impossibile a livello umano, ma solo -come la contemplazione- dall’azione
1 С. Булгаков / S. Bulgakov, Утешитель / Le Paraclet, Таллин 1936 / Paris 1944, стр. 162 / p. 211: «Or, en quoi consiste la kénose du Saint-
Esprit et en quel sens pouvons-nous parler de celle-ci? Dans la création du monde, cette kénose se manifeste par le fait que le Saint-Esprit,
plénitude et profondeur de la Divinité, S’humilie jusqu’au devenir quand Il Se révèle dans la Sophie de créature. Dans la vie divine, le Saint-
Esprit réalise la plénitude adéquate de celle-ci, Il sonde les profondeurs de Dieu par un acte unique or éternel. Dans l’être créé, Il est la force
de l’être et le donneur de vie; mais cet être or cette vie, suivant la notion même de la créature, n’existent que comme devenir, c’est-à-dire
non dans la plénitude, mais seulement dans un élan vers cette dernière. L’éros de créature est le Fils de Porus et de Pénie, de la richesse et
de la pauvreté, de la plénitude et du vide; le tout créé est fait de rien».
2 GROUPE DES DOMBES, Accord doctrinal sur l’Eucharistie, in «Unité chrétienne, Pages documentaires», 1972 n° 2, p. 9: «14. L'Esprit qui,
invoque sur assemblée, sur le pain et le vin, nous rend le Christ réellement présent, nous le donne et nous le fait discerner. Le mémorial et
1'invocation de 1'Esprit (anamnèse et épiclèse), qui sont orientes vers notre union an Christ, ne peuvent être accomplis indépendamment de
la communion. 15. Le don du Saint-Esprit dans 1'eucharistie est un avant-goût du royaume de Dieu: l'Eglise reçoit la vie de la nouvelle
création et l'assurance du retour du Seigneur. 16 Nous reconnaissons le caractère épiclétique de toute la prière eucharistique».
3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 249-250 / p. 305: «Lo Spirito di Cristo che viene alla creatura peccatrice sarà questo fuoco di prova che
tutto purificherà, tutto salverà, tutto riempirà di se. Ciò che per l'uomo stesso è un istante di purificazione (fuoco B), per la sua aseità
peccatrice sarà fuoco tormentatore (fuoco A e C). L'uno e l'altro fuoco sono aspetti diversi della stessa rivelazione divina, della rivelazione del
Paraclito alla creatura. L'eterna beatitudine dell'uomo stesso e l'eterno tormento dell'aseità sono i due lati antinomici e congiunti del terzo e
definitivo Testamento, la rivelazione dell'eterna Verità nella duplice manifestazione di salvezza-perdizione, luce-tenebra, spiritualizzazione-
geenna».
4 П. Флоренский / P. Florenskij, Иконосттас / Le porte regali, in idem, Статьы по искусству, Собрание сочинений, Tom I, Париж 1985 /
Milano 1977, стр. 212 / pp. 51-52: «Come avviene il passaggio della forma, della struttura spirituale del corpo dallo schema del secolo a
qualcosa di trasfigurato? Dice l'Apostolo: "trasformatevi rinnovando la mente", ma secondo certe redazioni va aggiunto "vostra"; la
trasformazione del corpo si ottiene col rinnovamento della mente che è l'apice di tutto l'essere. Sintomo dell'avvenuto rinnovamento sarà il
senso della volontà di Dio. In altre parole: offrire il proprio corpo in sacrificio significa raggiungere la sensibilità spir ituale per percepire la
volontà di Dio, buona e perfetta. A questa tesi della santità si oppone l'antitesi, perchè chi aspira a raggiungere la volontà di Dio è naturale
che cominci a filosofare sui propri sforzi, sostituendo all'autentico contatto col cielo ragionamenti astratti. A ciascuno Dio ha concesso una
certa misura di fede, cioè "una convinzione di cose invisibili". Il pensiero può essere sano soltanto entro i limiti di questa fede, fuor dei quali
diventa deforme».
5 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 18: «Or, bien qu’informulable et
secrète, une évidence s’offre à nous et nous met en garde contre toute simplification tant intégriste que progressiste, c'est que, face au
mystère de l'union, apparaît le mystère de la désunion. A l'action qui a brisé l'unité, Dieu a manifesté une contre-action qui change les
apparences en signe de la réalité. La séparation qui touchait gravement la nature même de l'Eglise, s'est trouvée enraillée par la présence
évidente de Dieu dans les parties désunies de la chrétienté. Nous savons où se trouve l'Eglise, qui peut dire où elle ne se trouve pas? Les
limites canoniques et disciplinaires de l'Eglise visible ne coïncident pas avec ses limites charismatiques (l’acceptation réciproque au moins du
sacrement du baptême, dans certains cas du sacerdoce, démontre la confirmation tacite de l'action du Saint-Esprit hors de la juridiction
sacramentelle de l’Eglise)».
6 M. Ryk, L’Esprit Saint dans notre vie selon la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Rome 1982, vol. I, pp. 426-427: «La
kénose du Saint Esprit est manifestée aussi dans son action auprès des créatures. L’Esprit Saint est le Principe de toute bonne action et
l’homme est secondaire, parce qu’il peut seulement coopérer quand Dieu agit: «Nul n’est bon que Dieu seul» (Mc 10,18). Mais l’action de ce
Principe reste tellement cachée que souvent toute bonne œuvre est attribuée à l’homme. L’Esprit Saint est caché derrière son don pour que
ce don se conforme à nous et ensuite qu’il puisse être complètement nôtre, adapté à notre personne. Il faut dire que la théologie orientale et
la théologie occidentale s’accordent pour affirmer une sorte de caractère anonyme de la Troisième Personne divine. Nous pouvons observer
cela spécialement après le Concile Vatican II (1). Selon les Orientaux l’Esprit Saint est comme identifié avec la kénose mystérieuse de la
divinité et avec ses manifestations différentes (2). L’Esprit Saint est la plus apophatique Personne divine (c’est-à-dire la plus mystérieuse
Personne de la Sainte Trinité) comme dit son nom: L’Esprit Saint».
((1) Cf. T. Federici, Spirito Santo, in A. Garofalo (dir)., Dizionario del Concilio Ecumenico Vat. II, Roma 1969, pp. 1867-1886; O. Clément,
Transfigurer le temps, Paris 1959, pp. 137-58. / (2) V. Lossky, La procession de Saint Esprit dans la doctrine trinitaire orthodoxe, in AA. VV.,
A l’image et à la ressemblance de Dieu, Paris 1967, pp. 104, 142, 68.)
519
dello Spirito Santo (come per Simeone il Nuovo Teologo) 1. Lo Spirito trasforma il nocciolo stesso
della costituzione umana nella sua consistenza mentale: dalla non conoscenza o ignoranza, o
conoscenza illusoria, verso la conoscenza di ciò che è nascosto e che appartiene al futuro: come
per gli Apostoli nell’evento della Pentecoste (vedere anche il capitolo sullo Spirito e la Pentecoste,
cfr infra) 2. Si tratta proprio di ‘dare una forma’, di ‘formare’ o di ‘informare’ lo spirito privo di
capacità intellettuale riguardo all’intento divino. In questo senso lo Spirito è innanzi tutto il
‘Dottore’ che insegna ed illumina (cfr i nomi dello Spirito, supra). L’epiclesi che riguarda il
ministero apostolico rieccheggia questa supplica di trasformazione. La ricerca o l’esplorazione
umana cedono il passo alla trasformazione operata dallo Spirito nella pressione Sua su chi si mette
pienamente sotto la Sua autorità: metamorfosi della persona individuale del teologo che non ha
più a disposizione punti di riferimento percepibili (la sua propria conoscenza e persino la
conoscenza della Scrittura) 3. La teologia si porta a termine con l’intervento dello Spirito simile ad
un’epiclesi che trasforma la persona.
4° LA PRESENZA EPICLETICA DELLO SPIRITO SANTO
NELL’EUCARISTIA ED OLTRE L’EUCARISTIA
Si sa della controversia tra oriente ed occidente sulla questione dell’epiclesi riguardo
all’eucaristia: e cioè sulla parità tra le parole dell’Istituzione e dell’Epiclesi 4. Si farà -in oriente-
1 G. Cioffari, Ricerca teologica e illuminazione dello Spirito nella teologia bizantina del secolo XI, in «Nicolaus», 1980 n° 2, p. 344: «Simeone
rigetta propriamente la ricerca teologica allorché affronta la questione della conoscenza di Dio attraverso lo studio della Sacra Scrittura. Il
caso della Sacra Scrittura non è diverso da quello della natura creata. Vale a dire che non è il fatto di partire dal creato a rendere vana Ia
conoscenza di Dio, che invece sarebbe valida se si partisse dalla Scrittura, bensi è la convinzione che l’elaborazione concettuale che nasce
dalla saggezza del mondo (‘ ) o che parte dalla sola lettura della Scrittura ( ) sia identica alla contemplazione, prodotta nelle anime degne
unicamente daIl'azione dello Spirito [TR II, Eth. IX, 220/223]. L'apofatismo di Simeone trova un ottimo sostegno negli scritti dello Pseudo-
Dionigi riguardo alla natura di Dio; questo brano riecheggia, ad esempio, il suo linguaggio: ‘Noi diciamo effettivamente che il padre è causa
della nascita del figlio quanto alla nascita del corpo. Ma a proposito dell’esistenza divina che non è esistenza, della generazione che non è
generazione, della sostanza che non è sostanza, dell'essenza sopraessenziale, e non so che altro ancora, se si designa un primo, bisogna
necessariamente nominare un secondo e un terzo: un modo di parlare che non ha assolutamente alcun significato nella Santa Trinità’. [TR I,
Theol. I, p. 102/103]».
2 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 206: «Le premier aspect de cette
oeuvre de formation se situe sur le plan de 1'information. L'Esprit fait connaître et révè1e les mystères de la vie divine à tous les fidèles et
particulièrement à tous ceux qui ont officiellement à prêcher et à enseigner la Parole. Cet aspect est mis en lumière tout au long du cycle
liturgique et tout spécialement dans l'office de Pentecôte qui met l'état d'ignorance, de rudesse et d'incapacité intellectuelle des Apôtres en
opposition avec le changement radical effectué en eux par 1'Esprit (1). L'Esprit opère tout d'abord en ses ministres une purification de leur
ignorance: «Aujourd'hui - chante l'Eglise la nuit de Pentecôte - la voix de l'Esprit sous la forme de feu est descendue dans le cénacle et a
purifié comme l'or les amis du Monogène. Par son enseignement il les a lavés de l'état d'ignorance où ils se trouvaient. Il les a rendus habiles
dans les choses cachées et connaisseurs de celles à venir» (2)».
((1) Cf. par exemple dans l’Office de Pentecôte, F., VI., pp. 198 b, 200 a, 211 a, 212 a, 213 b, 219 b... / (2) Ibid., pp. 216 b-217 a.)
3 G. Cioffari, Ricerca teologica e illuminazione dello Spirito nella teologia bizantina del secolo XI, in «Nicolaus», 1980 n° 2, p. 342: «Simeone il
Nuovo Teologo inizia il suo Primo Discorso Teologico in questi termini: ‘Parlare o discorrere su Dio, esplorare tutto ciò che gli riguarda, dare
un'espressione alI'inesprimibile e presentare come comprensibile ciò che per tutti è incomprensibile, sarebbe indizio di un'anima temeraria e
presuntuosa’. Fare teologia può essere, secondo Simeone, segno di orgoglio, di desiderio di essere ammirati. E la ricerca teologica che
proviene dalle capacità umane non conduce che a conclusioni insensate, poiché comprendere la realtà divina, sondare Dio per mezzo di
realtà terrene create è del tutto impossibile, e comunque non può portare che ad una conoscenza distorta e inadeguata. Il teo logo vero non
può parlare né per autorità propria, né per l'autorità dei testi, sia pure scritturistici ma solo per qell’autorità che viene dall'alto () cedendo alla
pressione dello Spirito [ITg 1, 98/99]».
4 THE CATHOLIC ENCYCLOPEDIA, Epiklesis, in «Internet» 2005, http://www.newadvent.org/cathen/05502a.htm: «The Controversy. The
Catholic Church has decided the question by making us kneel and adore the Holy Eucharist immediately after the words of Institution, and by
letting her old Invocation practically disappear. On the other hand Orthodox theologians all consider the Epiklesis as being at least an
essential part of the Consecration. In this question they have two schools. Some, Peter Mogilas, for instance, consider the Epiklesis alone as
consecrating (Kimmel, Monumenta fidei eccl. orient., Jena, 1850, I, 180), so that presumably the words of Institution might be left out
without affecting the validity of the sacrament. But the greater number, and now apparently all, require the words of Institution too. They
must be said, not merely historically, but as the first part of the essential form; they sow as it were the seed that comes forth and is
520
una distinzione tra ‘epiclesi di comunione’ pronunciata sul popolo ed ‘epiclesi sui doni’ nella
preghiera eucaristica 1. Dall’attenzione esclusiva data alla tanssustanziazione in occidente
(lasciando persino da parte l’epiclesi) esiste anche la tradizione della Chiesa assira che include
solo l’epiclesi nell’anafora e omette le parole dell’Istituzione 2. L’oriente ortodosso vede nella
dottrina della transsustanziazione -con la distinzione scolastica tra ‘essenza’ e ‘accidenti’ del
pane- la ragione anomala dell’esclusione dell’epiclesi dalla celebrazione eucaristica 3. Oggi, si
chiederà talvolta ai ministri romani che vogliono riconciliarsi con le Chiesa ortodossa, celebrando
in rito romano, di introdurre nel ‘Canone’ la formulazione esplicita dell’epiclesi -malgrado
l’opinione di N. Cabasilas sulla sostanziale equivalenza delle formule orientali e romane 4. La
Riforma d’occidente puntualizzerà, oggi, che l’invocazione allo Spirito Santo è innanzitutto una
preghiera affinché lo Spirito Santo ci riempi dei Suoi doni e non che ‘scenda su di noi’ 5. Nel
perfected by the Epiklesis. Both elements, then, are essential. This is the theory defended by their theologians at the Council of Florence
(1439). A deputation of Latins and Greeks was appointed then to discuss the question. The Greeks maintained that both forms are necessary,
that Transubstantiation does not take place till the second one (the Epiklesis) is pronounced, and that the Latin "Supplices te rogamus" is a
true Epiklesis having the same effect as theirs. On the other hand the Dominican John of Torquemada defended the Western position that the
words of Institution alone and at once consecrate (Hardouin, IX, 977 sqq.). The decree of the council eventually defined this "quod illa verba
divina Salvatoris omnem virtutem transsubstantiationis habent," ibid.; see also the decree for the Armenians: "forma huius sacramenti sunt
verba Salvatoris" in Denziger, 10th ed., no. 698-old no. 593). Cardinal Bessarion afterwards wrote a book "De Sacramento Eucharistiæ et
quibus verbis Christi corpus conficitur, 1462, in P. G., CLXI, 494-525), to whom Marcus Eugenicus of Ephesus answered in a treatise with a
long title: "That not only by the sound of the Lord's words are the divine gifts sanctified, but (in addition) by the prayer after these and by the
consecration of the priest in the strength of the Holy Ghost." ».
1 ORTHODOXWIKI, Epiclesis, in «Internet», http://orthodoxwiki.org/Epiclesis: «In the Epiclesis (or epiklesis), God's Holy Spirit is called on to
come down "upon us and upon these gifts" (the bread and wine), so that they may become "truly the Body and Blood of our Lord and Savior
Jesus Christ". A distinction is usually made between the invocation over the people (called a 'communion' epiclesis) and the one over the Gifts
of bread and wine (called a 'consecratory' epiclesis). This is the main supplication in the Eucharistic Prayer».
2 J. M. Solare, Epiclesis, in AA. VV., Wikipedia, the free encyclopedia, Epiclesis (composition), etiam in «Internet» 2006, http://
en.wikipedia.org/wiki/Category:Eastern_Orthodoxy: «It should be noted that in its pure form the Divine Liturgy of Addai and Mari includes an
epiclesis, but does not use the Words of Institution. In the Divine Liturgy of Saint John Chrysostom for example, the priest says... "We offer to
Thee this reasonable and unbloody sacrifice; and we beg Thee, we ask Thee, we pray Thee that Thou, sending down Thy Holy Spirit on us
and on these present gifts" -(the Deacon says: "Bless, Lord, the holy bread") -"make this bread into the Precious Body of Thy Christ" -
(Deacon: "Amen. Bless, Lord, the holy chalice"): "and that which is in this chalice, the Precious Blood of Thy Christ" -(Deacon: "Amen. Bless,
Lord, both"), "changing them by Thy Holy Spirit" -(Deacon: "Amen, Amen, Amen.")». 3 Th. Ziton, The Epiklesis of the Divine Liturgy, (Publication of the Antiochian Orthodox Christian Archdiocese of North America), in «Word
Magazine», May 1963, pp. 7-8, etiam in «Internet» 2005, http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/ziton_epiklesis.htm:
«In the Western Church from the eleventh Century on, there began to be developed the theory of ... transubstantiation ... as an attempt to
explain the change. This is, in brief, that the substance of the bread and wine is changed into that of the Body and Blood of Christ, while the
accidents (color, taste, etc.) remain. We reject this theory. How does the substance change and the accidents remain the same? It is only
through the accidents that the substance is distinguished as such from some other substance. The Orthodox Church says that this rejection
by the Roman Catholic Church is a rejection of simplification of everything, even the Incarnation. The whole Chalcedonian affirmation is that
Christ is perfect Man without sin and perfect God, One in essence with the Father: One Person in Two natures without confusion, without
change, without division, and without severance. (Council of Chalcedon, Tome of Leo, 451 A.D.). Therefore, if the Eucharistic Bread is Christ,
the Incarnation is present. The bread must remain bread, and in the substance of the bread is contained the Godhead. It is not a replacement
of bread into Body, but a change into Body. One substance also contains the substance of the divine. To destroy would mean that Christ
destroys one nature to replace it by another. This is not so. Christ does not destroy, but He replaces with the bread His Holy Divine
Substance. ‘This is my body -This is my blood.’ It means equal and that, it truly is. In the 15th century the Eastern Church took over the term
Transubstantiation without the theory, and used it as synonymous with the term ‘change’ (conversion), in Greek ‘Metabole.’ The Eastern
Church does not recognize that the substance of the bread and wine is changed into the Body and Blood of Christ while the accidents remain
under which the Body and Blood of Christ exist, but simply says that the bread and wine are changed into the Very Body and Blood of Christ
by the descent of the Holy Spirit, through whom these things surpassing reason and understanding are achieved».
4 WIKIPEDIA THE FREE ENCYCLOPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://en.wikipedia.org/wiki/Epiclesis: «Eastern Orthodox views.
However, at least one Eastern Orthodox liturgical commentator, Nicholas Cabasilas, was of the opinion that the prayer Supplices te rogamus,
placed, like the explicit epikleses in the Eastern Rites, after the anamnesis and oblation, is functionally equivalent: ‘Almighty God, we pray
that your angel may take this sacrifice to your altar in heaven, then, as we receive from this altar the sacred body and blood of your Son, let
us be filled with every grace and blessing.’ Some Orthodox commentators object to the Roman Canon on the grounds that its epiklesis is too
weak. When groups of Traditionalist Catholics have joined a canonical Orthodox jurisdiction with permission to celebrate the Tridentine
Liturgy, they have been required to interpolate the epiklesis from the Liturgy of St. John Chrysostom into the Tridentine Mass in order to
correct this perceived defect (see Western Rite Orthodoxy)». 5 D. Philips, Issues | Liturgy | Epiclesis, Epiclesis. A Biblical Alternative, in «Internet» 2005, http://www.churchsociety.org/issues/liturgy/
iss_liturgy_epiclesis.htm: «Many of the Reformers cut away the later accretions and restored a proper biblical understanding of epiclesis to
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sacramento del matrimonio stesso: per l’oriente non sono i sposi che compiono il sacramento ma
è l’epiclesi dello Spirito che attua l’unità dei due in uno 1. Dalle tradizioni siriache del IV secolo,
occorre ritrovare il senso pieno e non solo attuativo delle parole dell’Istituzione eucaristica: si
tratta del compimento complessivo dell’anafora o cioè della filiazione, salvezza e divinizzazione
umana 2. La presenza dello Spirito, la Sua presenza epicletica non ha confini né condizionamenti,
non si restringe alla celebrazione eucaristica e non è neanche formalmente ‘sacramentale’ 3. Ogni
cristofania dev’essere preceduta da una pneumatofania 4. L’epiclesi anticipa e vivifica l’inziativa
their liturgies. Most of the continental reformed churches introduced petitions to the Holy Spirit (an epiclesis - calling upon). This was not a
prayer that the Holy Spirit might 'come down upon' us or that He might 'fill' us but rather that He might accomplish His work within us, in all
its fullness. This dimension is not reflected in the liturgy of Thomas Cranmer. Though some of the sentiments find expression in his service
the closest he comes to a genuine epiclesis is the Collect for Purity, and that is rather stretching the point. It has been suggested that in the
'prayer of consecration' Cranmer almost has an epiclesis in the sense of 'calling down the Spirit upon' but this is to badly misrepresent him.
To illustrate the point a very developed epiclesis from the Anglican Puritan Richard Baxter may be helpful. It is addressed directly to the Holy
Spirit which is unusual in Anglican prayer but otherwise the structure is very familiar. It draws on what we know of the character and work of
the Holy Spirit from Scripture and relates this to the promises of God associated with the Lord's Supper. ‘Most Holy Spirit, proceeding from
the Father and the Son: by whom Christ was conceived; by whom the prophets and apostles were inspired, and the ministers of Christ are
qualified and called: that dwellest and workest in all the members of Christ, whom thou sanctifiest to the image and for the service of their
Head, and comfortest them that they may shew for his praise: illuminate us, that by faith we may see him that is here represented to us.
Soften our hearts, and humble us for our sins. Sanctify and quicken us, that we may relish the spiritual food, and feed on it to our
nourishment and growth in grace. Shed abroad the love of God upon our hearts, and draw them out in love to him. Fill us with thankfulness
and holy joy, and with love to one another. Comfort us by witnessing that we are children of God. Confirm us for new obedience. Be the
earnest of our inheritance, and seal us up to everlasting life. Amen».
1 Athenagoras Peckstadt, Marriage, Divorce and Remarriage in the Orthodox Church: Economia and Pastoral Guidance,
http://www.orthodoxresearchinstitute.org/articles/liturgics/athenagoras_remarriage.htm: «There is however a very important difference
which should be clarified here. In the first place, the Roman Catholic Church holds that the bride and bridegroom execute the marriage
themselves, in their vows to each other. In the Orthodox Church it is the priest or the bishop who consecrates the marriage, who calls upon
God in the name of the community, and asks that the Holy Spirit be sent down (epiclesis) on the man and woman and in this way make them
‘into one flesh’. In addition marriage is for the Orthodox Church rather a spiritual path, a seeking after God, the mystery of oneness and
love, the preparatory portrayal of the Kingdom of God, than a necessity for reproduction».
2 E. F. Díaz, La epíclesis eucarística en el libro sobre el Espíritu Santo de Yves Congar, in «Internet» 2005, http://peru.op.org/frayEdulgerio/
epiclesis.htm: «Estudios recientes sobre la epíclesis, ha llevado a concluir que la epíclesis más antigua pertenecería a la liturgia Siríaca de los
XII Apóstoles, a mitad del siglo IV, situada después del relato de la institución. El texto de esta liturgia es el siguiente: ‘Te rogamos ahora,
Señor omnipotente y Dios de todas las santas potencias, postrados ante tu presencia, que envíes el Espíritu Santo sobre las ofrendas que te
presentamos: pon de manifiesto que este pan es el verdadero cuerpo de nuestro Señor Jesucristo y que este cáliz es la sangre de nuestro
Señor Jesucristo, para que todos los que lo reciban obtengan la vida y la resurrección, la remisión de los pecados y la salvación del alma y del
cuerpo…’ (1) Notemos que en esta epíclesis no se hace mención alguna de ofrenda o de sacrificio; se pide el descenso del Espíritu, no para
que convierta el pan y el vino en el cuerpo y en la sangre de Cristo, sino para que ponga de manifiesto que ese pan y vino son ya el cuerpo y
la sangre de Cristo, produciendo en los participantes todos los efectos del sacramento. Según la opinión de Congar, el término ‘epíclesis’, ha
adquirido una significación técnica y restringida. Designa la invocación para que sea enviado el Espíritu después del relato de la institución,
‘Pero es ésta una acepción demasiado particularizada, impuesta por las discusiones sobre este tema ’ (2).. Las epíclesis, en los padres de la
Siria occidental, designa la totalidad de la acción de la anáfora. Ellas tienen un sentido de conjunto: ‘Realizar el misterio cristiano, extender al
cuerpo eclesial la salvación y la filiación - divinización que Cristo adquirió para nosotros por medio de su encarnación y glorificación por el
Espìritu; y, finalmente por el don de pentecostés’ (3). Por lo tanto la epíclesis es elemento integral de todo el misterio cristiano, conlleva a
ver la eucaristía como la síntesis de lo que Dios ha hecho por nosotros en Jesucristo y por Jesucristo. Teniendo como base esta amplitud que
se quiere dar a la epíclesis, Congar lo relaciona con los otros misterios de la salvación».
((1) J. M. Sánchez Caro - M. Pindado, La Gran Oración Eucarística. Textos de ayer y de hoy. Madrid, La Muralla, 1969, p. 243. Según Ch
Kannengiesser la aparición más antigua de una epíclesis en los documentos litúrgicos se encuentra en la Anáfora de Addai Mari y en la
Traditio Apostolica de Hipólito. Epíclesis, en AAVV Diccionario Patrístico y de la Antigüedad Cristiana I. Dir. Angelo Di Berardino. Salamanca,
Sígueme, 1991, p. 716. / (2) Congar, Y. M., El Espíritu Santo. Barcelona, Herder, 1991, p. 659. / (3) Ibid., p. 660. Autores como O. Casel,
citado por Pablo M. Pagano Fernández, prefieren tomar el término epíclesis en sentido más amplio, de tal modo que se pueda afirmar que la
epìclesis es por esencia, ‘el nombre de Dios’, con lo cual, según el sentido antiguo, acontece la misma presencia divina y consecuentemente
es Epifanía o parusía y operación. De esta manera será una epíclesis la invocación trinitaria sobre el bautizado en la celebración de la
iniciación; todo el canon eucarístico ha de entenderse, por lo tanto, como una epíclesis trinitaria. Pagano Fernández, Pablo M., El Espíritu
Santo - Epíclesis - Iglesia. Aportes a la Eclesiología Eucarística. Salamanca, Secretariado Trinitario,1994, p. 99-100.)
3 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 12: «2°) La prière qui demande au Père
l’envoi de l’Esprit Saint s’appelle l’épiclèse. Son emploi eucharistique ne limite point sa signification universelle. En effet, l’action sanctifiante
de 1’Esprit précède tout acte où le spirituel prend corps, s’incarne et devient christophanie: manifestation de l’incarnation du Christ et sa
conséquence dans 1’humain «Afin que le Christ soit formé en vous»».
4 P. Evdokimov, L'Esprit-Saint et la prière pour l'unité, in AA. VV., La prière pour l'unité, Paris 1968, p. 13: «Ainsi, au terme de l’action
épiclétique, préliminaire, sanctifiante de l’Esprit Saint, une forme du Corps du Christ se manifeste. A toute christophanie, à toute naissance
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che sarà portata a termine. Il compimento di ciò che si attuerà in Cristo si fa nello Spirito,
inserendo una ‘economia di Cristo’ nella più ampia ed escatologica ‘economia dello Spirito Santo’
(cfr infra). Le parole che la voce celeste pronuncia lo indicano ulteriormente ‘Questo è il mio Figlio
prediletto in cui mi sono compiacuto’ (Mc 1, 11) che si espliciterà nella Trasfigurazione ‘Questo è
il mio Figlio prediletto, ascoltatelo’ (Mc 9, 7). Il Messaggio di Gesù s’iscriverà in ciò che sorge dal
Verbo stesso, dal Logos, con più diretta incidenza soteriologica, ma sempre nella prospettiva
escatologicamente illimitata della trasfigurazione ultima e decisiva del ‘Tutto’ in Dio. L’epiclesi
sarà la ricapitolazione di tutta la storia dal gesto molto ‘situato’ della liturgia, o cioè di tutto il
percorso ‘dei tempi’, nella prospettiva della vita nuova 1.
L’EPICLESI NELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
La polemica, anche a questo livello pneumatologico, ha infuriato nei tempi trascorsi sulla
priorità delle parole istituzionali sull’epiclesi nell’eucaristia: nella controversia tra la ‘presenza’
data dalle sole parole istituzionali o dalla sola epiclesi 2. L’antica tradizione siriaca orientale (assira
- forma non emendata) non include le parole dell’istituzione nella parte ‘centrale’ della
celebrazione eucaristica, pur se ci sono accenni vari lungo il percorso della celebrazione stessa 3.
Nella Divina Liturgia di Giovanni Crisostomo, si ha la formulazione più esplicita dell’epiclesi 4.
d’une cellule organique ecclésiale (communion et communautés, ecclesia domestica, son épiclèse pentecostale. Tout sacrement et partant,
tout acte spirituel possède sa petite pentecôte, l’onction de l’Esprit.»
1 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 137: «Cette prière de la
communauté chrétienne pour la réception de1'Esprit atteint son point culminant dans l'épiclèse. Celle-ci, dans tous les mystères, est le
moment privilégié qui récapitule l'histoire du salut. L'Esprit envoyé par le Père vient rendre présent et effectif dans l'assemblée la rédemption
opérée par la mort et la résurrection du Christ. Il vient, en réponse à notre épiclèse, pour faire nôtre la plénitude de vie offerte par le Sauveur
ressuscité. Nous reviendrons sur cette question lorsque nous parlerons de l'action de l'Esprit dans les mystères (et notre deuxième chapitre
de la deuxième partie)».
2 THE CATHOLIC ENCYCLOPEDIA, Epiklesis, in «Internet» 2005, http://www.newadvent.org/cathen/05502a.htm: «The Controversy. The
Catholic Church has decided the question by making us kneel and adore the Holy Eucharist immediately after the words of Institution, and by
letting her old Invocation practically disappear. On the other hand Orthodox theologians all consider the Epiklesis as being at least an
essential part of the Consecration. In this question they have two schools. Some, Peter Mogilas, for instance, consider the Epiklesis alone as
consecrating (Kimmel, Monumenta fidei eccl. orient., Jena, 1850, I, 180), so that presumably the words of Institution might be left out
without affecting the validity of the sacrament. But the greater number, and now apparently all, require the words of Institution too. They
must be said, not merely historically, but as the first part of the essential form; they sow as it were the seed that comes forth and is
perfected by the Epiklesis. Both elements, then, are essential. This is the theory defended by their theologians at the Council of Florence
(1439). A deputation of Latins and Greeks was appointed then to discuss the question. The Greeks maintained that both forms are necessary,
that Transubstantiation does not take place till the second one (the Epiklesis) is pronounced, and that the Latin "Supplices te rogamus" is a
true Epiklesis having the same effect as theirs. On the other hand the Dominican John of Torquemada defended the Western position that the
words of Institution alone and at once consecrate (Hardouin, IX, 977 sqq.). The decree of the council eventually defined this "quod illa verba
divina Salvatoris omnem virtutem transsubstantiationis habent," ibid.; see also the decree for the Armenians: "forma huius sacramenti sunt
verba Salvatoris" in Denziger, 10th ed., no. 698-old no. 593). Cardinal Bessarion afterwards wrote a book "De Sacramento Eucharistiæ et
quibus verbis Christi corpus conficitur, 1462, in P. G., CLXI, 494-525), to whom Marcus Eugenicus of Ephesus answered in a treatise with a
long title: "That not only by the sound of the Lord's words are the divine gifts sanctified, but (in addition) by the prayer after these and by the
consecration of the priest in the strength of the Holy Ghost" ».
3 Cfr J. M. Solare, Epiclesis, in WAPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://wapedia.mobi/en/Epiclesis: «In its pure form, the ancient
anaphora of the Divine Liturgy of Addai and Mari does include an epiclesis. It does not use the Words of Institution, although they appear
directly and indirectly in other parts of the rite (and is therefore considered to be implicit). Priest: We too, my Lord, your feeble, unworthy,
and miserable servants who are gathered in your name and stand before you at this hour, and have received by tradition the example which
is from you, while rejoicing, glorifying, exalting, and commemorating, perform this great, fearful, holy, life-giving, and divine Mystery of the
passion, death, burial, and resurrection of our Lord and Savior, Jesus Christ. And may there come, O my Lord, your Holy Spirit, and may he
rest upon this oblation of your servants. May he bless it and hallow it, and may it be for us, O my Lord, for the pardon of debts, the
forgiveness of sins, the great hope of resurrection from the dead, and for new life in the kingdom of heaven with all who have been well-
pleasing before you. And for all this great and marvelous dispensation towards us we will give thanks to you and praise you without ceasing
in your church, which is saved by the precious blood of your Christ».
4 WIKIPEDIA THE FREE ENCYCLOPEDIA, Epiclesis, in «Internet» 2009, http://en.wikipedia.org/wiki/Epiclesis: «Liturgy of Chrysostom. In the
Divine Liturgy of Saint John Chrysostom an epiclesis is present (explicit); the priest says... "We offer to Thee this reasonable and unbloody
sacrifice; and we beg Thee, we ask Thee, we pray Thee that Thou, sending forth Thy Holy Spirit on us and on these present gifts" (the Deacon
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L’importanza ‘teologica’ dell’epiclesi sarà sottolineata dagli stessi esponenti orientali, appellandosi
ad un aspetto della cristologia di levante: e cioè, se le sole ‘parole dell’istituzione’ effettuassero di
per se la consacrazione di presenza si avrebbe un tipo di ‘auto-deificazione’ e non di dimessa
supplica a Dio Padre di mandare il Suo Spirito Santo per operare ogni trasformazione 1. L’auto-
deificazione sarebbe ‘l’inganno’ cristologico peggiore, negando la de-possessione di se ed
invertendo la dinamica kenotica nel percorso complessivo di Cristo (cfr supra, la parte sulla
cristologia orientale). La de-possessione divina nella dinamica eucaristica rinvia alla prospettiva
escatologica ultima (cfr infra). L’identificazione delle ‘parole’ con la ‘trasformazione in atto’ re-
introduce la chiave prevalentemente ‘razionale’ nella meditazione teologica sull’eucaristia a
discapito della prospettiva antinomica dell’approccio apofatico (cfr infra). L’Eucaristia è Corpo di
Cristo nello Spirito Santo: unità nella distinzione innanzitutto tra ecclesiologia cristologica ed
ecclesiologia pneumatologica dall’economia trinitaria 2. Le realtà ultime, sono già presenti e
partecipabili attraverso la comunione al corpo di Cristo e nello Spirito Santo, infatti l’epiclesi
invoca la presenza non solo del Cristo venuto, ma anche del Cristo Veniente, ‘La Chiesa, la Sposa,
chiede con lo Spirito e in lui: ‘Vieni Signore Gesù!’. L’epiclesi si identifica con l’invocazione
escatologica dell’Apocalisse (cf. Ap. 22, 17), con il Maranatha dell’Eucarestia iniziale, affinché si
realizzi la ‘parusia eucaristica’che anticipa e prepara la parusia definitiva’ 3. L’unicità del battesimo
come ‘passaggio decisivo verso il Regno della vita nuova defluisce anche dalla sua dimensione
escatologica 4. Considerare l’Eucaristia come uno dei diversi sacramenti o gestibile secondo
says: "Bless, Lord, the holy bread") "make this bread the Precious Body of Thy Christ" (Deacon: "Amen. Bless, Lord, the holy chalice"): "and
that which is in this chalice, the Precious Blood of Thy Christ" (Deacon: "Amen. Bless, Lord, both"), "changing by Thy Holy Spirit" (Deacon:
"Amen, Amen, Amen")».
1 Archim. Sophrony, La félicité de connaître la voie (Видеть Бог как Он есть), Genève 1988, p. 44: Ce ne sont pas les paroles mêmes du
Christ «Prenez et mangez, ceci est mon Corps» et «Buvez-en tous, ceci est mon Sang», qui sont considérées comme consacratoires, car cela
aurait ce caractère d’«auto-déification», mais ces paroles sont suivies de l’épiclèse dans laquelle nous demandons au Père d’envoyer le
Saint-Esprit par la force duquel s’accomplit la transformation du pain et du vin en Corps et en Sang du Christ».
2 Fr. Stephen, And Now for a Little Meat! Met. John Zizioulas and the Church. John Zizioulas (Being as Communion) reflections on his work by
this title, in «Glory to God for All Things» 2007, in «Internet» 2007, http://fatherstephen.wordpress.com/2007/10/12/and-now-for-a-little-
meat-met-john-zizioulas-and-the-church/, etiam in Why the Eucharist Does Not Make the Church Part 2: John Zizioulas, «Karl Barth Society
of Amherst», Tuesday, October 09, 2007, in «Internet» 2007, http://barthamherst.blogspot.com/2007/10/ why-eucharist-does-not-make-
church-part_09.html: «The Eucharist cannot happen in isolation, but only when everyone is present. That is, Zizioulas has no regard for
private masses because of the communal nature of the Eucharist. He characterizes the Eucharist not as a sacrament along side the word, but
as the eschatologization of the historical word, the voice of the historical Christ, the voice of the Holy Scripture which comes to us, no longer
simply as ‘doctrine’ through history, but as life and being through the eschaton. It is not the sacrament completing the word, but rather the
word becoming flesh, the risen Body of the Logos. Zizioulas locates ecclesiology quite explicitly in the economic Trinity, identifying the
humanity as the imago dei not within a universal human nature as de Lubac does, but only within ‘the work of Christ and the Spirit in
history’. Zizioulas bypasses the choice between a Christological or Pneumatological ecclesiology by emphasizing their unity-in-distinction.
‘The separation between Christology and ecclesiology vanishes in the Spirit.’ To distinguish the Spirit from the Son, he writes: Now if
becoming history is the particularity of the Son in the economy, what is the contribution of the Spirit? Well, precisely the opposite: it is to
liberate the Son and the economy from the bondage of history . . . The Spirit is the beyond history, and when he acts in history he does so in
order to bring into history the last days, the eschaton. It is also the Spirit that allows Christ to have a ‘corporate personality,’ such that
Christology is given a communal form - ‘with Christ having a ‘body,’ i.e. to speak of ecclesiology, of the Church as the Body of Christ’. The
two aspects of Pneumatology not only determine but also constitute ecclesiology. ‘[T]hese aspects must qualify the very ontology of the
Church. The Spirit is not something that ‘animates’ a Church that already somehow exists. The Spirit makes the Church be’. This leads
Zizioulas in a surprisingly premature way to the practical question to which he holds off on an answer: ‘what ecclesial structures and
institutions exist which help the Church to maintain the right balance between local and universal?’. We will return to the framing of this
question in our critique».
3 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino ), Qiqajon, Magnano (BI) 2004, p. 82.
4 A. Schmemann, Church, World, Mission, New York 1979, p. 138: «Signs and symptoms of that deterioration are too many to be enumerated
here. A few, however, ought to be mentioned. Take Baptism, for example. If today so many priests, not to speak of laymen, see no need
whatsoever for the baptismal blessing of water and are perfectly satisfied with pouring some holy water into the baptismal font, it is because
they do not experience this blessing as the sacramental re-creation of the cosmos so that it may become that which it was intended to be, a
gift of God to man, a means of man’s knowledge of God and communion with Him. Yet when deprived of this cosmical connotation, the
understanding of Baptism itself begins to be altered, and this is exactly what we see in postpatristic theology as well as in post-patristic
piety. From regeneration and re-creation, new birth and new life, attention shifts to original sin and justification, and thus to an altogether
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preferenze e priorità ministeriali o parziali non è che una deriva occidentale 1. L'Eucaristia è
primariamente assemblea concreta e viva, che esprime e realizza tutta la Chiesa 2. Ma l’Eucaristia è
anche ricapitolazione di tutto il creato nel mistero di Dio, nell’offerta del pane e del vino,
coinvolgendo la visione sulla natura intera e nel suo approccio ecologico 3. La comunione
ecclesiale non è chiusa su se stessa, ma è ordinata alla salvezza universale, diventare Chiesa è
farsi carico dell’intera umanità, ma anche della trasfigurazione e della liberazione del cosmo.
L’intento orientale -nel rendere più esplicita l’epiclesi della liturgia di S. Giovanni Crisostomo-
specificherà l’invocazione con la formula ‘trasforma’ 4. L’aspetto eucaristico e pneumatologico
different theological and spiritual content. If the initial and organic connection of Baptism with Pascha and Eucharist has been all but
forgotten, if Baptism has ceased to be a paschal sacrament and Pascha a baptismal celebration, it is because Baptism is not experienced as a
fundamental act of passage from ‘this world’ into the Kingdom of God-an act which, making us die here ‘in the likeness of Christ’s death,’
makes our life to be hidden with Christ in God. But again, deprived of this eschatological connotation, Baptism is less and less connected - in
theology and piety - with Christ’s death and resurrection, and indeed post-patristic manuals hardly even mention that connection, as well as
the connection of Chrismation with the pentecostal inauguration of the ‘new aeon’».
1 Mar Melchizedek (BOOK REVIEW), Being as Communion: Studies in the Personhood of the Church, by John D. Zizioulas (Crestwood, NY:
1985, reprint 1997, 269 pages), in «Theandros. An Online Journal of Orthodox Christian Theology and Phylosophy», Volume 4, number 2,
Winter 2006/2007, in «Internet» 2007, http://www.theandros.com/review-zizioulas.html: «For the author the church needs a re-awakening
of the patristic understanding of the eucharist. It means that we give up the western idea that the eucharist is just one sacrament among
many, an objective act, a means of grace administered by the Church. Rather the celebration of the eucharist is the gathering of the people
of God, both the manifestation and the realization of the Church. During this celebration the Church not only lives by the memory of an
historic fact - the death and resurrection of Christ, the earthly life of Christ, including the cross and resurrection, but also it accomplishes an
eschatological act. Here the Church would taste the very life of the Holy Trinity and would realize man's true being as image of God's own
existence. All the fundamental elements which make up the Church's historical presence and structure has to pass through the eucharistic
community to be real. No ordination to fundamental ministries of the church takes place outside the eucharistic community. It is here that
the Holy Spirit distributes His gifts. The eucharist is not the act of a pre-existing Church; rather it is an event enabling the Church to be
present. The eucharist constitutes the Church's very core of being. In the first centuries, the whole Church dwelling in a certain city would
come together, namely on Sunday to break the bread. This coming together would transcend all social differences and natural differences, i.
e. age, race, etc».
2 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Трапеза Господня (La mensa del Signore), Париж1952, стр. 81: «L’assemblea eucaristica è la rivelazione
della Chiesa in tutta la sua pienezza e in tutta la sua unità, anzi l’assemblea eucaristica è l’espressione della vita nella Chiesa. Se eliminiamo
la comunione eucaristica, che cosa rimane della vita della Chiesa?…» (n. t.). 3 C. Scouteris, The Orthodox Church, in «University of Athens. Publications», in «Internet» 2007, http://www.cc.uoa.gr/theology/html/
english/pubs/doctrsec/scouteris/07/07.htm: «From another perspective, Eucharistic theology reveals that, according to the Orthodox
approach, there is a deep and indissoluble bond between the Church and the created world. In fact, in the Eucharist elements of the created
world, the bread and the wine, are taken and transformed. They are offered to God by the worshipping community: "We offer to Thee Thine
own from Thine own". Thus, the created word is related to God through this eucharistic action of offering and transformation. This means
that the human being is not an owner of creation, but a bond or link between it and the Creator. Orthodoxy refuses to ascribe to the created
universe a self determinate reality or a natural sufficiency. The created universe does not have ontological foundation in itself, but is a gift of
God; through the creative word of God a passage from non-being into being is realized The fact that the created world has the free will and
the creative wisdom of God as the unique foundation of its existence is of paramount importance for an understanding of Nature and of the
cosmos in general. The point is that the created world has a spiritual significance and orientation. Being created by God "ex nihilo the natural
world is the manifestation of divine wisdom and harmony. This means that, when trying to understand and examine the inner reason of
created beings, we finally face divine knowledge and the wisdom of God, the causal principle of the harmonious existence of created beings.
Bearing in mind this brief theological approach, we easily come to the conclusion that ecological evil is the consequence of a mentality which
considers creation as desacralized material. The ecological crisis is connected with the loss of the sense of the divine in Nature. Talking of
"the divine in Nature" we do not intend to support the pagan approach that the natural world is permeated by divine presence, but rather to
stress that Nature, created by God out of love, is associated with God. This means that it has been created by God and also that the human
being exists as the organic link between God and creation. In the final analysis the ecological problem is the consequence of the loss of what
is described as spiritual equilibrium» between man and Nature 1. Thus, the world is considered as something which can be used
unconditionally, dominated, manipulated and consumed for our economic and scientific interests. In other words desanctified Nature is the
result of the dehumanized human being».
((1) P. Sherrard, The Rape of Man and Nature. An Enquiry into the Origins and Consequences of Modern Science, Ipswich, Suffolk 1987, pp.
90-91.)
4 A. G. Martimort, L’Esprit Saint dans la liturgie, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, pp. 529-530 : «Il ne
restera qu’une ultime étape à franchir, dès le 5e siècle peut-être: à la place du verbe), l’anaphore dite de Jean Chrysostome emploiera
«transformer» (μεταβαλών). Je pense que l’Orient et l’Occident sont bien d’accord pour reconnaître que la transsubstantiation eucharistique
est, comme l’Incarnation, oeuvre de l’Esprit Saint. Mais, comme pour le baptême, son action invisible exige un signe visible. Saint Ambroise
et, à sa suite, l’Eglise le Rome ont reconnu ce signe efficace dans la proclamation du récit de la Cène, dans les paroles du Seigneur (1). Il n’y
a pas contradiction, mais complémentarité comme semblait le pressentir Paul Evdokimov lorsqu’il écrivait en 1968: «Des paroles de
l’anamnèse» - il veut dire le récit de l’Institution - l’Esprit Saint fait l’anamnèse épiphanique, manifeste l’intervention du Christ lui-même
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nella Chiesa sono dunque congiunti, la comunità cristiana è una comunità carismatica per la
presenza dello Spirito e dei suoi doni, che manifesta e si esprime pienamente nella convocazione
dell’assemblea eucaristica, struttura fondamentalmente ‘epicletica’: diversamente sarebbe come
‘far apparire Cristo come per magia’ che opera attraverso chi ‘ha il potere’ 1. Perciò la Chiesa è
fondamentalmente eucaristica: nel diventare insieme e concretamente 'una unica esperienza di
vita' nel mistero al quale si partecipa 2. La Chiesa è eucaristica perché epicletica e non epicletica
perché eucaristica. L’oriente considera la Chiesa con gli occhi dello Spirito, all’interno di una
visione misterica, l’occidente tende a contrapporre Spirito e istituzioni, profezia e sacramento,
libertà e sacerdozio, chiesa visibile e chiesa invisibile 3. Senza epiclesi e senza escatologia,
l’Eucaristia diventa parte di una gestione limitata all’attualità senza via d’uscita. Invece, l’Eucaristia
è la prima espressione della ‘libertà nello Spirito’. Essa può apparire indifesa, condizionabile in
tanti modi, ma sempre torna alle sue sorgenti: lo Spirito epicletico... Il segno distintivo della
Chiesa è l'Eucaristia, nodo di tutte le sue dimensioni di vita 4. La Chiesa, che accoglie la presenza
sacramentale di Cristo risorto, è una ‘pneumatosfera’. Infatti, il mondo trasfigurato in Cristo, il
nuovo cielo e la nuova terra sono presenti nei sacramenti, dove la realtà misterica viene
comunicata attraverso il linguaggio simbolico, linguaggio che non si limita a offrire una
conoscenza intellettuale, ma permette un rapporto fra il divino e l’umano in cui la mediazione -dai
segni al simbolo- diventa relazione, introduce in una dimensione dove gli stessi linguaggi
superano i limiti stabiliti. La trasformazione epicletica è trasformazione congiunta dei doni e
dell’assemblea nella presenza viva e nella comunione di santità 5. Nell’epiclesi, è la stessa
identifiant les paroles prononcées par le prêtre avec ses propres paroles, identifiant l’eucharistie célébrée avec sa sainte Cène et c’est le
miracle de la métabolè, de la conversion des dons» (2). Il est vrai que l’on peut justement regretter que le canon romain, celui que citait et
commentait déjà saint Ambroise, ne comporte pas d’épiclèse de l’Esprit Saint; le moyen âge cherchera, nous le verrons, à y suppléer. Les
Eglises de l’Espagne et de la Gaule ont au contraire accueilli volontiers des formules inspirées de Orient, car leurs prières eucharistiques
étalent un assemblage de pièces mobiles (3)».
((1) S. Ambroise, De sacramentis 4,14-16, 21-23, Sources chr. 25 bis, pp. 108-115. / (2) P. Evdokimov, L’Esprit Saint par les Pères et vécu
dans la liturgie, dans H. Cazelles - P. Evdokimov, Le mystère de l’Esprit Saint, Tours, Mame, 1968, p. 106. / (3) Les textes ont été rassemblés
par J. Pinell, dans son étude indiquée supra, note 48.)
1 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino), Magnano (BI) 2004, p. 81: «La chiesa ha quindi una struttura epicletica; non possiede il
suo Signore per magia, ma lo riceve nell’umiltà e nel pentimento, in risposta alla propria supplica - alla propria epiclesi».
2 Giovanni Crisostomo, Omilia su Giovanni (XLVI), in P. G., V. 59, Col. 260.
3 O. Clément, I volti dello Spirito (trad. di L. Marino), Qiqajon, Magnano (BI) 2004, p. 83 «Laddove l’occidente tende a creare contrapposizioni,
secondo il dualismo tra Spirito e istituzione, profezia e sacramento, libertà e sacerdozio, chiesa visibile e chiesa invisibile, l ’ortodossia
contempla invece la chiesa come sacramento ‘pneumatico’ del Risorto, come parusia di Cristo nello Spirito mandato dal Padre in risposta
all’epiclesi, come corpo di Cristo nel senso di sôma pneumatikón».
4 Н. Афанасьев / N. Afanas'ev, Церковь Духа Святого (La Chiesa dello Spirito santo), Париж 1971, стр. 145: «L'assemblea eucaristica, come
manifestazione della Chiesa, era il centro della vita ecclesiale di ogni chiesa locale ...».
5 G. Ferrari, L’azione dello Spirito Santo secondo la Liturgia di San Basilio, in «Nicolaus» 1980, n° 2, p. 340: «Ma proprio perché la
santificazione è opera dello Spirito Santo, l’anafora termina con la supplica, l'epiclesi a Dio, perché invii lo Spirito perché discenda e compia
Lui la trasformazione dei doni offerti e, nello stesso tempo, la trasformazione di tutta 1'assemblea liturgica, in vera comunione, nell'unità del
Corpo di Cristo, in cui anima è lo stesso Spirito vivificante. Ed ecco le parole testuali della liturgia: ‘Per questo, a Signore Tuttosanto, noi
pure, peccatori e indegni servi tuoi, che siamo stati resi degni di compiere il ministero al tuo santo altare, non per le nostre opere di
giustizia, perché nulla abbiamo compiuto di buono sulla terra, ma per le tue misericordie e la tua pietà, che hai così riccamente versato su di
noi, ecco noi osiamo avvicinarci al tuo Santo altare e ponendoti davanti i simboli del corpo santo e del sangue del tuo Cristo, ti supplichiamo
e ti preghiamo, o Santo dei santi, per compiacenza della tua bontà, venga lo Spirito Tuo Santo su di noi e sopra questi doni qui distesi,
perché vengano essi benedetti, santificati e manifestati: questo pane il corpo medesimo prezioso del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù
Cristo, e questo Calice, lo stesso prezioso Sangue del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, quello stesso che è stato versato per la vita
e La salvezza del mondo». «E noi tutti che partecipiamo dell'unico pane e calice, possiamo venir uniti scambievolmente nella comunione
dell'unico Spirito Santo e nessuno di noi che partecipiamo del santo Corpo e del sangue del tuo Cristo possa ricevere condanna e
riprovazione; ma fà die tutti troviamo grazia e misericordia assieme a tutti i santi, che dai secoli sono a Te stati graditi, antenati, padri,
patriarchi, profeti, apostoli, predicatori. evangelisti, martiri, confessori, maestri, e di ogni spirito giusto che ha compiuto la vita nella fede».
1 G. Ferrari, L’azione dello Spirito Santo secondo la Liturgia di San Basilio, in «Nicolaus» 1980, n° 2, pp. 338-339: «Basilio caratterizza l'opera
dello Spirito Santo nella santificazione. Vi ritorna in molte delle preghiere liturgiche ed è uno dei temi centrali del suo trattato sullo Spirito
Santo. Nel movimento di deificazione dell'uomo, lo Spirito Santo ha il ruolo di conduttore. La grazia ricevuta nel battesimo porta i suoi frutti.
Quando Iddio creò l'uomo, per vivificarlo. Ia Scrittura dice che emise il suo alito, ma per vivifcare 1'uomo nuovo, nato dalla Redenzione. Iddio
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deificazione che lo Spirito guida ed attua nella vivificazione di vita nuova che tutto travolge 1.
Nell’epiclesi gli estremi opposti sembrano potersi toccare... Questa totalità nuova ed improbabile è
tale perché essa non teme la contraddizione o la contestazione razionalizzante 2. La verità -dirà P.
Florenskij- proietta 'l'insiemizzazione' della tesi e dell'antitesi (non la loro fusione). La verità è una
"sobornost'" (togetherness, insiemità...) dalle sorgenti più profonde della nostra esperienza. In tal
senso essa costituisce un simbolo d'eternità 3. La verità stessa è una spirale di convergenze degli
estremi opposti 4. La verità è un 'giudizio che contradice se stesso' 5. Nello Spirito, il 'fuoco' della
verità è l'amore 6... Il tempo 'puntualizza' i momenti della verità, lo spazio 'socializza' la verità in
particelle 6... Ciò che è materiale, visibile, estrinseco può diventare portatore del divino -theoforo-
lo Spirito si lascia incorporare e condensare in quello che sono solo delle ‘cose’ create 7. L’azione
epicletica è -pertanto- una doppia azione o un doppio ‘soffio’ che travolge o rovescia i tempi ed i
momenti: sulla comunità concelebrante nella fede da Cristo stesso e sulla materia del creato che
viene inserita nella dinamica del mistero che anticipa la trasfigurazione ultima (cfr infra,
sull’economia dello Spirito Santo) 8.
DALL’ORIENTE CRISTIANO, LA RISCOPERTA ECUMENICA DELL’EPICLESI
Dal mistero dello Spirito Santo si è tracciato il cammino di un consenso incentrato proprio
sul riconoscimento dell’epiclesi eucaristica come costitutiva della ‘presenza’ nel suo senso più
pieno 9. Questa apertura è stata preceduta da certi passi multilaterali nel contesto del nascente
manda il suo Spirito. Come il Figlio ci ha fatto conoscere il Padre, così lo Spirito ci fa conoscere il Figlio, mentre la Sua Persona rimane
nascosta. Sulla scia dei Cappadoci San Giovanni Darnasceno dirà che il Figlio è immagine del Padre e lo Spirito è immagine del Figlio, mentre
nessuna persona è immagine dello Spirito. Egli è l'amore che unisce tutti in uno. Nel giorno delta Pentecoste è apparso come lingua di fuoco,
che si posò su ciascuna persona presente, ma tutti trasforma in un unico amore. Ci spiega bene questa dottrina Nicola Kavasilas: Se la
mediazione della legge scritta può accendere un simil fuoco, quanto farà di più la legge della Spirito, che ha comunicato agli uomini il vero
amore di Dio e ha fatto ardere un fuoco di desiderio che nulla riuscirà più a spegnere, né nra, né nel futuro? Perciò, io penso, lo Spirito Santo
è apparso sotto forma di lingua di fuoco, ha infatti, portato l’amore che tutto travolge...».
1 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 147 / pp. 194-195. 2 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 145 / pp. 192-193. 3 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 43 / pp. 78-79. 4 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 146-147 / p. 194.
5 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 395 / pp. 460-461.
6 П. Флоренский / P. Florenskij, Столп и утверждение истины, in idem, Собрание сочинений, T. IV, La colonna e il fondamento della verità,
Москва 1917 / Milano 1974, стр. 143 / p. 191.
7 G. Khodr, L'Esprit Saint dans la tradition orientale, in AA. VV., Credo in Spiritum Sanctum, Città del Vaticano 1983, vol. I, p. 396: «L’Epiclèse
nous met ainsi en présence de l’Esprit, Personne divine agissant en Seigneur parce que «corégnante» avec le Père et le Fils. Selon la prière qui
suit celle secrète de 1'épiclèse, le célébrant annonce à haute voix l’irruption et 1'intervention mystérieuse de 1'Esprit sur l’huile, Feu divin qui
descend des hautes sphères célestes, pénètre le chrême, et par son union à lui le transforme en champ de force, d’énergie et de plénitude
des charismes divins. Ainsi 1'huile, matière visible est pneumatisée. L'Esprit corégnant avec le Père et le Fils s'y trouve concentré et
incorporé. Le myron devient porteur du Dieu Trinitaire».
8 E.-P. Siman, L'expérience de l'Esprit par l'Eglise, d'après la tradition syrienne d'Antioche, Paris 1974, p. 233: «Comme on a pu le remarquer
sur le tableau comparatif des épiclèses, le Souffle de Dieu est demandé pour agir tout à la fois sur la matière du mystère et sur les
concélébrants. Cette action divine agit simultanément et de la même manière dans ces deux dimensions. Malgré cette unité de 1'action de
l'Esprit, pour une raison de clarté, nous commencerons par traiter de son action sur les offrandes eucharistiques». 9 ANGLICAN COMMUNION - MOSCOW PATRIARCHATE, The Moscow Agreed Statement 1976, in «Internet» 2009,
http://www.anglicancommunion.org/ministry/ecumenical/dialogues/orthodox/docs/pdf/the_moscow_statement.pdf: «VII The Invocation of
the Holy Spirit in the Eucharist. 29. The Eucharist is the action of the Holy Trinity. The Father gives the Body and the Blood of Christ by the
descent of the Holy Spirit to the Church in response to the Church's prayer. The Liturgy is this prayer for the eucharistic gifts to be given. It is
in this context that the invocation of the Holy Spirit should be understood. The operation of the Holy Spirit is essential to the Eucharist
whether it is explicitly expressed or not. When it is articulated, the 'Epiclesis' voices the work of the Spirit with the Father in the consecration
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movimento ecumenico, prima di tutto nell’incontro di Bristol nel 1967 1. Tale prospettiva di
consenso fu reiterata nel 1973 2. Vari gruppi ecumenici regionali hanno ripreso questa tematica
per un ulteriore riavvicinamento ecclesiale 3. Il percorso stesso dello Spirito nella Sua ‘economia’
avrà una sua incidenza particolare come ‘economia verso l’unità cristiana’ (cfr infra il capitolo
seguente).
of the elements as the Body and Blood of Christ. 30. The consecration of the bread and the wine results from the whole sacramental liturgy.
The act of consecration includes certain proper and appropriate moments - thanksgiving, anamnesis, Epiclesis. The deepest understanding
of the hallowing of the elements rejects any theory of consecration by formula - whether by Words of Institution or Epiclesis. (1) For the
Orthodox the culminating and decisive moment in the consecration is the Epiclesis. 31. The unity of the members of the Church is renewed
by the Spirit in the eucharistic act. The Spirit comes not only upon the elements, but upon the community. The Epiclesis is a double
invocation: by the invocation of the Spirit, the members of Christ are fed by his Body and Blood so that they may grow in holiness and may
be strong to manifest Christ to the world and to do his work in the power of the Spirit. 'We hold this treasure in earthen vessels.' The
reception of the Holy Gifts calls for repentance and obedience. Christ judges the sinful members of the Church. The time is always at hand
when judgement must begin at the household of God (2 Cor. 4.7; 1 Pet. 4.17). 32. Although Epiclesis has a special meaning in the Eucharist,
we must not restrict the concept to the Eucharist alone. In every sacrament, prayer and blessing the Church invokes the Holy Spirit and in all
these various ways calls upon him to sanctify the whole creation. The Church is that Community which lives by continually invoking the Holy
Spirit».
((1) NOTE. At their meeting in Thessaloniki in April 1977 the Orthodox members asked that it should be pointed out that, in regard to the
words in paragraph 30 of the Moscow Agreed Statement it is inexact to call the Epiclesis a 'formula' since the Orthodox Church does not
regard it as such.)
1 FAITH AND ORDER, New Directions in Faith and Order - Bristol 1967 (Reports - Minutes - Documents), in «Faith and Order Papers n° 50»,
Geneva 1968, pp. 61-62: «4. The amamnesis leads to epiklesis, for Christ in his heavenly intercession prays the Father to send the Spirit
upon his children. For this reason, the Church, being under the New Covenant, confidently prays for the Spirit, in order that it may be
sanctified and renewed, led into all truth and empowered to fulfil its mission in the world. Anamnesis and epiklesis, being unitive acts,
cannot be conceived apart from communion. Moreover it is the Spirit who, in our Eucharist, makes Christ really present and given to us in the
bread and wine, according to the words of institution»; ibidem, p. 62: «5. The liturgy should express adequately both the anamnetic and
epikletic character of the Eucharist. a) Since the anamnesis of Christ is the very essence of the preached Word as it is of the Eucharist, each
reinforces the other. Eucharist should not be celebrated without the ministry of the Word, and the ministry of the Word points to, and is
consummated in the Eucharist. b) The anamnetic character of the whole Eucharist should be adequately expressed in the prayer of
thanksgiving and in a proper ‘anamnesis’. C) Because of the epikletic character of the whole Eucharist, the epiklesis should be clearly
expressed in all liturgies as the invocation of the Spirit upon the people of God and upon the whole Eucharistic action, including the
elements. The consecration cannot be limited to a particular moment in the liturgy. Nor is the location of the epiklesis in relation to the
words of institution of decisive importance. In the early liturgies the whole ‘prayer action’ was thought of as bringing about the reality
promised by Christ. A recovery of such an understanding may help to overcome our differences concerning a special moment of
consecration».
2 FAITH AND ORDER, One Baptism, One Eucharist, and a mutually recognized Ministry, in «Faith and Order Papers, n° 73», Geneva 1975, pp.
21-22: «14. The anamnesis leads to epiklesis - the Church, being under the New Covenant, confidently prays for the Spirit, in order that it
may be sanctified and renewed, led into all truth and empowered to fulfil its mission in the world. Anamnesis and epiklesis cannot be
conceived apart from communion. Moreover, it is the Spirit who, in the eucharist, makes Christ really present, and is given to us in the bread
and wine, according to the words of institution. … 17. The whole action of. the eucharist has an epikletic character, i. e. that it depends upon
the work of the Holy Spirit. This aspect of the eucharist should find expression in the words of the liturgy. Some churches desire an
invocation of the Holy Spirit upon the people of God and upon the whole eucharistic action, including the elements others hold that the
reference to the Spirit may be made in other ways. 18. Most churches consider that the consecration cannot be limited to a particular
moment in the liturgy. The epiklesis in relation to the words of institution is located differently in various liturgical traditions. In the early
liturgies the whole ‘prayer action’ was thought of as bringing about the reality promised by Christ. Recovery of such an understanding may
help us overcome our difficulties concerning a special moment of consecration 1».
((1) Cfr Bristol, Appendix 4, p. 141.)
3 GROUPE DES DOMBES, L’Esprit-Saint, l’Eglise et les Sacrements, in «La documentation catholique», 1980 n° 1785, pp. 431-435 : «77. Le
don de l’Esprit a l’Eglise est le fruit d’une initiative trinitaire tout vient de La puissance créatrice et du dessein de salut du Père tout passe par
l’incarnation du Fils, manifestation visible de Dieu; tout s’accomplit dans le don eschatologique de l’Esprit aux croyants. Réciproquement,
l’Esprit qui renouvelle les cœurs les rassemble en Jésus-Christ, comme des fils dans le Fils, et leur fait confesser Dieu comme Père. … 115.
L’épiclèse dans la prière eucharistique est un bien commun de l’Eglise indivise et elle est aujourd’hui l’objet d’une redécouverte dans les
Eglises d’Occident. On la trouve dans la grande majorité des liturgies, anciennes et modernes, orthodoxes, catholiques, anglicanes,
luthériennes et réformées. … 117. Selon les traditions, l’épiclèse eucharistique se trouve soit avant les paroles de l’institution du Christ,
manifestant que l’action de l’Esprit actualise et accomplit la Parole du Fils à la gloire du Père, soit après l’anamnèse (mémorial) des mystères
du salut, manifestant le don de l’Esprit qui achève l’œuvre du Père et du Fils, soit quelquefois avant l’institution et après l’anamnèse,
manifestant le rôle de l’Esprit qui constitue le corps eucharistique du Christ et son corps ecclésial».