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CAPITOLO 9 POMPE Premessa. Si è visto nei capitoli precedenti come un liquido può accumulare energia sotto tre forme fondamentali: energia cinetica, potenziale gravitazionale e piezometrica, e come queste energie possono essere trasformate l'una nell'altra mediante opportuni condotti, senza intervento di macchine. Perciò, indipendentemente da quale sia la forma finale di energia richiesta, il livello energetico del liquido può essere elevato fornendo ad esso energia nella forma ritenuta più conveniente. In pratica, escludendo la possibilità di fornire direttamente energia gravitazionale, le forme di energia che possono essere direttamente fornite al liquido sono quella cinetica e piezometrica. Nel caso, però, in cui la macchina fornisca al fluido un grosso ammontare di energia cinetica, sarà necessario trasformarne la maggior parte in energia piezometrica all'interno della macchina al fine di evitare eccessive perdite di carico nell'impianto. In definitiva, l'effetto di una pompa consiste fondamentalmente nel produrre un aumento di pressione del fluido durante il suo passaggio tra la flangia d'ingresso e quella d'uscita della macchina. Di seguito elenchiamo i tipi di pompe più comunemente usate nella pratica industriale, descrivendone le principali caratteristiche geometriche e operative. 9.1) Pompe volumetriche alternative. Caratteristica di funzionamento delle macchine volumetriche per fluidi comprimibili è quella di mettere a disposizione del liquido un volume a geometria variabile che, alternativamente, è posto in comunicazione con l'aspirazione nella fase di riempimento e con la mandata nella fase di svuotamento. Nel caso dei liquidi, a causa della loro bassa comprimibilità, la pompa semplicemente "sposterà" il fluido da un ambiente a pressione minore ad uno a pressione superiore. La velocità media del fluido all'interno della pompa è generalmente molto bassa per cui l'azione della macchina è essenzialmente di tipo statico e si manifesta come variazione di pressione del fluido, diversamente dalle macchine a flusso continuo, di cui si tratterà più avanti, in cui lo scambio energetico è di tipo dinamico con variazioni combinate di pressione, di energia cinetica e di quantità di moto del fluido. A seconda del moto dell'elemento mobile, le macchine volumetriche sono classificate in: macchine volumetriche alternative o a stantuffo, quando l'elemento mobile, stantuffo o pistone, è dotato di moto alterno, e macchine volumetriche rotative quando è dotato di moto rotatorio. Fig. 9.1

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CAPITOLO 9 POMPE Premessa. Si è visto nei capitoli precedenti come un liquido può accumulare energia sotto tre forme fondamentali: energia cinetica, potenziale gravitazionale e piezometrica, e come queste energie possono essere trasformate l'una nell'altra mediante opportuni condotti, senza intervento di macchine. Perciò, indipendentemente da quale sia la forma finale di energia richiesta, il livello energetico del liquido può essere elevato fornendo ad esso energia nella forma ritenuta più conveniente. In pratica, escludendo la possibilità di fornire direttamente energia gravitazionale, le forme di energia che possono essere direttamente fornite al liquido sono quella cinetica e piezometrica. Nel caso, però, in cui la macchina fornisca al fluido un grosso ammontare di energia cinetica, sarà necessario trasformarne la maggior parte in energia piezometrica all'interno della macchina al fine di evitare eccessive perdite di carico nell'impianto. In definitiva, l'effetto di una pompa consiste fondamentalmente nel produrre un aumento di pressione del fluido durante il suo passaggio tra la flangia d'ingresso e quella d'uscita della macchina. Di seguito elenchiamo i tipi di pompe più comunemente usate nella pratica industriale, descrivendone le principali caratteristiche geometriche e operative.

9.1) Pompe volumetriche alternative. Caratteristica di funzionamento delle macchine volumetriche per fluidi comprimibili è quella di mettere a disposizione del liquido un volume a geometria variabile che, alternativamente, è posto in comunicazione con l'aspirazione nella fase di riempimento e con la mandata nella fase di svuotamento. Nel caso dei liquidi, a causa della loro bassa comprimibilità, la pompa semplicemente "sposterà" il fluido da un ambiente a pressione minore ad uno a pressione superiore. La velocità media del fluido all'interno della pompa è generalmente molto bassa per cui l'azione della macchina è essenzialmente di tipo statico e si manifesta come variazione di pressione del fluido, diversamente dalle macchine a flusso continuo, di cui si tratterà più avanti, in cui lo scambio energetico è di tipo dinamico con variazioni combinate di pressione, di energia cinetica e di quantità di moto del fluido. A seconda del moto dell'elemento mobile, le macchine volumetriche sono classificate in: macchine volumetriche alternative o a stantuffo, quando l'elemento mobile, stantuffo o pistone, è dotato di moto alterno, e macchine volumetriche rotative quando è dotato di moto rotatorio.

Fig. 9.1

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In fig. 9.1 è rappresentata schematicamente una pompa volumetrica alternativa a semplice effetto disposta con asse orizzontale e con stantuffo a disco azionato da un sistema biella –manovella. Durante la corsa dello stantuffo dal punto morto esterno a quello interno la valvola di mandata M sarà tenuta chiusa per effetto della depressione creata all'interno del cilindro e il fluido sarà aspirato all'interno del cilindro attraverso la valvola d'aspirazione A. Quando lo stantuffo, arrivato a fine corsa, invertirà il proprio moto, determinerà una sovra pressione in camera che provocherà l'apertura automatica della valvola di mandata e la chiusura di quella d'aspirazione. Per il corretto funzionamento della pompa deve essere garantita la tenuta fra il disco dello stantuffo e le pareti del cilindro, realizzata per mezzo di guarnizioni elastiche collocate sulla superficie dello stantuffo; il grado di finitura della superficie interna del cilindro dovrà essere accurato, in modo da consentire il corretto funzionamento della guarnizione e la sua durata. Tali guarnizioni mobili non possono essere registrate per recuperare i giochi dovuti all'usura e la loro eventuale sostituzione comporta l'arresto della macchina e lo smontaggio di alcune sue parti. La pompa a stantuffo a disco è perciò utilizzata con liquidi esenti da particelle abrasive di solido e per condizioni d'esercizio non eccessivamente gravose (pmax<80÷100 bar). Per pressioni d'esercizio più elevate o per liquidi non limpidi sono utilizzate le pompe a stantuffo tuffante in cui lo stantuffo è completamente immerso nel liquido e le tenute sono esterne e realizzate sulla parte fissa, con facile possibilità di registrazione o di sostituzione anche con macchina in movimento (vedi fig. 9.2).

Date le elevate pressioni raggiungibili con le pompe volumetriche, sarà necessario inserire in mandata della pompa delle valvole di sicurezza, a protezione della macchina o di componenti dell'impianto dal mal funzionamento di organi di intercettazione o di regolazione. L'apertura e la chiusura delle valvole d'aspirazione e di mandata, generalmente automatica, può essere comandata mediante servo-meccanismi esterni; in tal caso, la variazione della pressione nei condotti dipenderà dalla legge d'apertura delle valvole. Si fa comunque notare che, a causa della poca comprimibilità dei liquidi, l'apertura della valvola di mandata dovrà avvenire pressoché istantaneamente all'atto dell'inversione del moto dello stantuffo.

9.2) Caratteristiche di funzionamento delle pompe alternative. Facendo riferimento alla fig. 9.1, possiamo osservare che, nell'ipotesi di lunghezza l della biella infinita (manovellismo ideale), la velocità istantanea dello stantuffo sarà data dalla relazione:

vi =ωrsin ωt( ) =ωc

2sin α( ) (9.1)

Fig. 9.2

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dove con r si è indicato il raggio di manovella e con c la corsa dello stantuffo. Per lunghezza della biella finita, l'andamento della velocità istantanea non sarà più rappresentato da una funzione armonica, ma da una funzione genericamente periodica combinazione lineare di più armoniche di frequenze diverse.

In fig. 9.3 a) è riportato, per un manovellismo ideale l'andamento della velocità istantanea del pistone nella fase di mandata in funzione dell'angolo di manovella per una pompa a semplice effetto assieme alla velocità media:

v =ωr sin ωt( )

0

π

∫2π

=ωr

π=

vmax

π (9.2)

Come si può osservare dalla figura, la velocità dello stantuffo ha un andamento pulsante e con la stessa legge varierà la portata fluente nelle condotte d'aspirazione e di mandata. Mentre in alcuni casi un moto pulsante può non provocare alcun inconveniente, nella maggior parte degli impianti industriali esso produce effetti indesiderati quali: - aumento eccessivo delle perdite di carico quando vi > v con conseguente sovraccarico del

motore che trascina la pompa e con pericolo di innesco della cavitazione all'aspirazione. Osserviamo che per pompe a semplice effetto il rapporto tra le perdite di carico corrispondenti a vmax e quelle corrispondenti a v è pari a π2

- vibrazioni associate alle variazioni di portata e di pressione che possono dar luogo a fenomeni di risonanza con conseguenti possibili danni meccanici alle apparecchiature o alle strumentazioni

- diminuzione del rendimento di eventuali apparecchiature alimentate dalla pompa volumetrica quando il rendimento di queste dipenda dalla velocità del flusso (ad esempio, l'efficacia dello scambio termico per uno scambiatore di calore).

L'ampiezza delle oscillazioni può essere ridotta aumentando il numero degli effetti, vale a dire il numero di corse utili per giro di manovella. In fig. 9.3 b) è riportato l'andamento della velocità dello stantuffo in funzione dell'angolo di manovella per una pompa a doppio effetto: si può osservare che, benché l'andamento sia ancora pulsante, non vi sono più intervalli di tempo in cui

è nulla la portata erogata dalla pompa e che vmax

v =π2

. In fig. 9.3 c) è riportato l'andamento della

velocità dello stantuffo per una pompa a triplo effetto: si può osservare che il moto presenta

pulsazioni ridotte, che la portata erogata non è mai nulla e che vmax

v =π3

.

In fig. 9.4 a) è riportato lo schema semplificato di una pompa a doppio effetto: come si può osservare dalla figura, per ogni corsa dello stantuffo ci saranno sempre due valvole aperte, la A1 e la M1 per la corsa dal punto morto interno a quello esterno, la A2 e la M2 per la corsa di ritorno.

Fig. 9.3

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In fig. 9.4 b) è rappresentata schematicamente una pompa a triplo effetto consistente in un gruppo di tre pompe a semplice effetto in linea, calettate su di un albero a gomiti con angoli di manovella sfasati di 120°; calettando sullo stesso albero a gomiti tre pompe a doppio effetto si otterrà una pompa a sei effetti.

Per un numero di effetti superiore a sei e fino a nove, si preferisce, comunque, la soluzione che prevede l'utilizzo di più elementi a semplice effetto in linea, calettati su un albero a gomiti, per non avere macchine eccessivamente complesse. La portata media erogata da una pompa alternativa a più effetti sarà data dal volume erogato (o da quello aspirato) ad ogni giro per la velocità di rotazione della manovella. Tenendo conto del rendimento volumetrico si avrà:

˙ V =ηv

πd2

4cnz =ηvCnz (9.3)

dove con n si è indicata la velocità di rotazione in giri/min, con C la cilindrata della pompa e con z il numero di effetti. Dalla (9.3) si deduce che, a parità di tutte le altre condizioni, la portata erogata aumenta con il numero degli effetti. Tale risultato è particolarmente rilevante se si osserva che la portata erogata da una pompa a semplice effetto è bassa in quanto è bassa la velocità di rotazione (n compreso tra 120 e 300 g/min per pompe a corsa breve e attorno a 50 g/min per pompe a corsa lunga) al fine di contenere le sollecitazioni dovute al moto alternativo e i riflussi alle valvole.

9.3) Casse d'aria. Le casse d'aria consistono in serbatoi in pressione parzialmente riempiti d'aria o da altro gas in pressione che può essere direttamente a contatto del liquido o, meglio, separato da esso da una membrana elastica o da uno stantuffo che trattenga il gas compresso onde evitare lo scioglimento del gas nel liquido alle pressioni più elevate. Sono utilizzate soprattutto con le pompe a semplice e doppio effetto e sono collocate immediatamente a monte e a valle della pompa. Con riferimento alla fig. 9.5, prendiamo come esempio la cassa d'aria in mandata della pompa e seguiamone il funzionamento a partire dall'istante d'apertura della valvola di scarico: in tale istante la pressione all'interno della cassa d'aria sarà minima ed il volume a disposizione dell'aria sarà massimo (il corrispondente livello dell'acqua sarà minimo). Durante la corsa del pistone dal punto morto inferiore a quello superiore, velocità e pressione del liquido tenderanno a variare con legge pressoché armonica data dalla 9.1.

Fig. 9.4

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Avverrà perciò che, al crescere della pressione del liquido una parte della portata sarà derivata dal condotto principale e si accumulerà nella cassa d'aria, nello stesso tempo l'aria contenuta nella cassa sarà compressa ed eserciterà sulla superficie del liquido una pressione che tenderà ad ostacolare un ulteriore innalzamento del livello del liquido. La pressione all'interno della cassa sarà massima e il corrispondente volume d'aria sarà minimo quando velocità del pistone e portata erogata dalla pompa saranno massime; a partire da quest'istante, in cui cominciano a diminuire portata erogata e pressione del liquido, l'aria compressa inizia a spingere verso il basso il liquido contenuto nella cassa. Il processo proseguirà anche quando la portata erogata dalla pompa sarà nulla per effetto della chiusura della valvola di scarico e durerà, anche se con legge asintotica, per tutto il periodo d'interruzione del moto indotto direttamente dalla pompa. La cassa d'aria funziona, quindi, da accumulatore d'acqua e regolatore del flusso: l'oscillazione residua sarà tanto minore quanto maggiore sarà il volume d'aria contenuto nella cassa. La cassa d'aria in aspirazione ha la funzione di contrastare il possibile innesco della cavitazione, mentre quella in mandata serve a contenere l'ampiezza delle oscillazioni entro i limiti imposti dalle caratteristiche dell'impianto. Le dimensioni delle casse d'aria sono determinabili in base a un indice di irregolarità definito come:

i =pmax − pmin

p

da cui, nell'ipotesi di trasformazioni isoterme dell'aria contenuta all'interno della cassa, si possono ricavare le relazioni:

V =ΔV

i e ΔV = kC (9.4)

dove ΔV è il volume fluttuante all'interno della cassa e V è il volume medio della stessa. Per le pompe a semplice effetto k ≈ 0.551 e per quelle a doppio effetto k ≈ 0.21, mentre i = 8% ÷ 20% in aspirazione e i = 1% ÷ 10% in mandata. Dalla prima delle 9.4 possiamo ancora osservare che per i → 0 V →∞ e quindi non si potrà in ogni caso annullare una sia pur piccola oscillazione residua. Il volume della cassa sarà uguale al volume massimo messo a disposizione dell'aria più

Fig. 9.5

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un margine di sicurezza, suggerito dall'esperienza, in modo da impedire lo svuotamento della cassa durante le operazioni di avviamento o di arresto dell'impianto.

9.4) Curve caratteristiche interne delle pompe alternative. Come deducibile dalla (9.3), la portata erogata dalle pompe alternative, a rendimento volumetrico invariato, è indipendente dalla prevalenza della pompa ed è costante per una data velocità di rotazione: la caratteristica interna ideale sarà perciò data da una retta parallela all'asse delle ordinate (linee tratteggiate in fig. 9.6).

Nella pratica, al crescere della pressione di mandata, aumenteranno i trafilamenti attraverso le tenute interne ed esterne e quindi la portata diminuirà per diminuita efficacia delle tenute e conseguente diminuzione del rendimento volumetrico. Per pressioni di mandata molto elevate si avranno, inoltre, variazioni del volume specifico non più trascurabili e quindi variazioni della portata volumetrica erogata a parità di portata massica aspirata. Dalla fig. 9.6 si può osservare, inoltre, come la regolazione della portata possa essere convenientemente realizzabile principalmente mediante variazione del numero di giri della pompa. Tra gli altri metodi di regolazione della portata erogata da pompe volumetriche alternative, citiamo la variazione della corsa dello stantuffo, regolazione che comporta in genere l'arresto della macchina ed è ottenibile mediante diversi accoppiamenti biella-manovella, e, per regolazioni episodiche, il ricircolo di una parte della portata erogata in aspirazione della pompa mediante una derivazione posta sul condotto di mandata. Le perdite idrauliche interne sono dovute principalmente alle resistenze opposte al flusso dalle valvole d'aspirazione e di mandata dislocate nel corpo pompa e sono costanti per una data velocità di rotazione (all'incirca 2 mH2O per ogni valvola): il rendimento idraulico sarà perciò tanto più elevato quanto maggiore sarà il valore della prevalenza, passando da circa 0.8 per prevalenze attorno ai 20 metri a valori superiori allo 0.98 per prevalenze oltre i 200 metri.

9.5) Pompe volumetriche rotative. Sono pompe in cui le fasi d'aspirazione e di mandata avvengono in virtù della rotazione di elementi la cui forma può essere molto diversa a seconda del tipo di pompa ma che, comunque, determinano tra l'aspirazione e la mandata una riduzione dell'ambiente a disposizione del fluido, con conseguente espulsione dello stesso verso la mandata della pompa. Gli elementi mobili oltre a provocare lo spostamento di volumi di liquido in mandata garantiscono, nello stesso tempo, la

Fig. 9.6

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tenuta impedendo il riflusso del liquido. Le pompe volumetriche rotative non necessitano, quindi, di valvole d'aspirazione e di mandata come quelle alternative. La prevalenza fornita da questo tipo di pompe è strettamente dipendente dai giochi costruttivi fra gli elementi mobili e fra questi e la parete interna della cassa, giochi che dipendono dal tipo di liquido pompato, dalla sua viscosità e dalle tolleranze della lavorazione meccanica. Per fluidi poco viscosi tali giochi dovranno essere ridotti al minimo, compatibilmente con le esigenze di lubrificazione e di durata della macchina, al fine di ottenere rendimenti volumetrici accettabili (dallo 80% al 98% al variare della viscosità del liquido). Il campo d'impiego di queste pompe è molto vasto (sono adatte al pompaggio di liquidi oleosi, densi o molto viscosi, a miscele liquido-gas o liquido-solido) con pressioni di mandata che variano da qualche bar a oltre 300 bar. Non essendo presenti in questo tipo di macchine organi dotati di moto alternato, possono ruotare a velocità di rotazione superiori a quelle delle pompe alternative e quindi fornire portate maggiori. L'andamento della caratteristica interna è analogo a quello riportato in fig.9.6.

Limitandoci ai tipi più comuni, le pompe volumetriche rotative possono essere suddivise in: - pompe a ingranaggi Come si può osservare dalle figure 9.7 a), lo spazio fra i denti dell'ingranaggio e la parete interna della cassa della pompa forma delle cavità che si riempiono di liquido all'aspirazione e che ruotando lo trasferiscono alla mandata. Sono pompe che hanno buone capacità autoadescanti e che sono capaci di aspirare liquidi con notevoli percentuali di gas disciolti. Sono adatte al pompaggio di oli minerali, di alcoli, di lacche e vernici, di cellulosa, di oli combustibili e lubrificanti, di oli di catrame, di saponi, ecc. - pompe a vite elicoidale

Fig. 9.7

- - Fig. 9.8

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In fig. 9.8 sono rappresentati due tipi pompe a vite; nel caso della vite singola, lo statore può avere forma elicoidale o cilindrica e può essere realizzato in gomma o altro materiale adatto in dipendenza del liquido da pompare. Il fluido fluisce lungo l'asse della vite e le filettature, destrorse e sinistrorse, sono realizzate in modo da equilibrare le spinte assiali. Possono avere fino a tre viti ruotanti in una cassa. Se realizzate con materiali opportuni, tali pompe hanno buona resistenza all'usura da parte di liquidi abrasivi o corrosivi e quindi possono essere utilizzate in servizi industriali marini o di miniera e nel pompaggio di fanghi. Sono utilizzate anche nel pompaggio di prodotti alimentari o fluidi molto viscosi. - pompe a pale mobili

In fig. 9.9 a) è rappresentata schematicamente una pompa a pale scorrevoli: essa è essenzialmente costituita da un rotore eccentrico rispetto ad uno statore sulla superficie laterale del quale sono ricavate delle finestre attraverso le quali entra il fluido da pompare. Sul rotore sono ricavate delle sedi che alloggiano le pale che possono scorrere per effetto della forza centrifuga o per l'azione di molle. Durante la rotazione del rotore, le pale scorrevoli vengono spinte contro la parete interna dello statore delimitando, in tal modo, camere che vengono alimentate attraverso le finestre poste sul lato aspirazione dello statore e che si svuotano attraverso le finestre poste sul lato di mandata. Nel caso della fig. 9.9 (b) le pale scorrevoli sono sostituite da elementi in materiale elastico. Questo tipo di pompe è utilizzato per il pompaggio di fluidi viscosi e, nel caso delle pale deformabili, di fluidi eterogenei (liquidi contenenti impurità solide, grosse sospensioni, fanghi, ecc.). - pompe a lobi (tipo Roote)

In fig. 9.10 sono rappresentate le fasi di funzionamento di una pompa a tre lobi costituita da due giranti opportunamente sagomate, di cui una è calettata sull'asse di potenza e l'altra è trascinata

Fig. 9-9

Fig. 9.10

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dalla prima mediante ingranaggi esterni d'azionamento. La pulsazione della portata erogata dipenderà dal numero dei lobi, ma sarà comunque, dato il minor numero di camere presenti, maggiore che non nel caso della pompa a ingranaggi. Queste pompe sono utilizzate per il pompaggio di fluidi viscosi e trovano applicazioni diverse nell'industria alimentare e sono, inoltre, caratterizzate da portate di considerevole entità. Con caratteristiche geometriche invariate sono utilizzate anche per la compressione di gas (compressori Roote).

9.6) Pompe centrifughe. Come già osservato nel cap. 7 e in via del tutto generale, una macchina operatrice a flusso continuo è costituita da tre elementi fondamentali: il distributore, la girante e il diffusore. In fig. 9.11 a) è mostrata la vista di una girante di una pompa centrifuga aperta e in fig 9.11 b) quella di una girante chiusa.

Come si può osservare dalla figura, la girante aperta è costituita da un disco su cui sono disposte una serie di pale che hanno la funzione di guidare il fluido e conferire ad esso il desiderato aumento di pressione e la voluta accelerazione. Nel caso della girante chiusa è presente, affacciato alle pale, un contro-disco che ha la funzione di irrigidire le pale eliminandone le vibrazioni e di ridurre i trafilamenti di fluido attraverso i giochi. Nelle pompe centrifughe le giranti sono abitualmente chiuse, però in particolari impianti di pompaggio e se la prevalenza che la pompa deve sviluppare non è eccessiva, sono utilizzate giranti aperte in quanto consentono da una parte una migliore accessibilità e, quindi, una migliore lavorazione della superficie delle pale con conseguente miglioramento del rendimento, e dall'altra consentono il ricoprimento delle pale con materiali resistenti all'azione di liquidi chimicamente aggressivi.

Fig. 9.11

Fig. 9.12

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Nella fig. 9.12 è mostrata la sezione longitudinale di una pompa centrifuga monostadio ad asse orizzontale con girante chiusa montata a sbalzo sull'albero: il fluido perviene alla girante assialmente, viene deviato di 90° e, quindi, scaricato radialmente.

Nella fig. 9.13 è evidenziata la disposizione delle pale sulla girante che, a seconda dell'angolo d'uscita β2. In rapporto al senso di rotazione della girante esse sono distinte in: giranti con pale rivolte all'indietro (β2<90°), con pale radiali (β2=90°) e con pale rivolte in avanti (β2>90°). Come si può osservare dalla figura, a pari velocità periferica e a pari componente radiale della velocità di scarico, si avranno maggiori velocità assolute allo scarico della girante nel caso di pale rivolte in avanti rispetto a pale radiali e a pale rivolte all'indietro. A tale maggiore energia cinetica corrisponderà, per lo meno nel caso di flusso ideale, una maggiore prevalenza fornita dalla pompa. Tale conclusione qualitativa sarà dedotta più avanti per via analitica. Osserviamo che per ragioni legate al rendimento della pompa (a maggiori energie cinetiche corrispondono maggiori perdite di carico) e a possibili condizioni di funzionamento instabile le giranti delle pompe vengono realizzate, a parte qualche uso particolare, con pale fortemente inclinate all'indietro rispetto al senso di rotazione della girante. All'uscita della girante il fluido deve essere convogliato in un'unica direzione e la sua energia cinetica residua deve essere trasformata in pressione; tali operazioni vengono realizzate mediante un diffusore a sezione crescente, a camera libera e/o palettato. La fig. 9.14 presenta qualitativamente le due possibili soluzioni.

Per evidenti ragioni di semplicità costruttiva e di costo, nelle pompe è molto frequente la soluzione che prevede l'utilizzo del solo diffusore a camera libera anche se ciò comporta maggiori perdite idrauliche e, quindi, un minore rendimento almeno nelle condizioni di progetto. Per la sua caratteristica conformazione, il diffusore a camera libera è comunemente detto chiocciola o voluta a spirale.

Fig. 9.13

Fig. 9.14

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Per grandi portate e, quindi, per grandi sezioni di passaggio, al fine di limitare le perdite dovute agli urti contro le pareti e ai moti vorticosi, si utilizza comunemente una doppia voluta schematicamente riportata in fig. 9.15.

All'aumentare della portata richiesta possono essere utilizzate pompe con giranti doppie che, con ingombro relativamente contenuto, permettono di elaborare portate doppie di quelle ottenibili da una girante semplice a pari condizioni operative.

In fig. 9.16 è rappresentata una pompa con girante a doppia aspirazione: il fluido perviene alla girante mediante due camere anulari ed è scaricato in un unico collettore di scarico a doppia voluta. Alternativa a questa soluzione è rappresentata dall'utilizzo di due pompe operanti in parallelo che, rispetto alla precedente, comporta un maggior ingombro e un maggior costo d'impianto. La scelta fra le due possibili soluzioni dipenderà dalle condizioni d'esercizio, preferendo, nel caso in cui queste siano molto variabili, la soluzione di più pompe operanti in parallelo che permette, nelle diverse condizioni operative, rendimenti più elevati rispetto al caso dell'utilizzo di un'unica pompa a girante doppia. In fig 9.17 è rappresentata una pompa centrifuga multipla (pompa multistadio): essa è essenzialmente costituita da più giranti centrifughe contenute nella stessa cassa e calettate in serie sullo stesso albero in modo che la stessa portata passi successivamente attraverso le diverse giranti.

Fig. 9.15

Fig. 9.16

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All’uscita dal diffusore di ogni singola girante il fluido è convogliato in direzione assiale alla girante successiva mediante opportuni canali: nel caso comune di n giranti tutte uguali, la prevalenza totale sarà n volte la prevalenza di ogni singola girante. Come nel caso precedente, anche in questo caso è possibile una soluzione che preveda più pompe disposte in serie in alternativa all’utilizzo di una pompa multi-stadio; oltre che da considerazioni di convenienza economica, la scelta fra le due possibili soluzioni dipenderà, come già osservato, dalle condizioni di esercizio previste per l’impianto di pompaggio. Sulle giranti delle pompe centrifughe si esercita una spinta assiale dovuta alla differenza fra la pressione di mandata, che agisce sulla superficie posteriore del disco, e quella d’aspirazione, che agisce su quella anteriore del disco (giranti aperte) o del contro disco (giranti chiuse). Nelle giranti singole il bilanciamento della spinta assiale può essere ottenuto mediante un opportuno proporzionamento delle superfici del disco e/o mediante opportuni fori di bilanciamento, mentre nelle pompe multiple il bilanciamento può essere realizzato con un’opportuna disposizione delle giranti come si può osservare nella fig. 9.18 dove è rappresentata una pompa a 6 stadi contrapposti.

Fig. 9.17

Fig. 9.18

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9.7) Pompe a flusso misto. Come in precedenza osservato, all’aumentare della portata e al diminuire della prevalenza richieste, la geometria della girante dovrà essere modificata; di conseguenza, lo scarico del liquido non sarà più puramente radiale ma sarà conico e con effetto di centrifugazione ridotto rispetto alle giranti centrifughe come osservabile nella girante rappresentata in fig. 9.19.

Al diminuire dell'effetto di centrifugazione, aumenterà la porzione di prevalenza fornita dalla girante per effetto della deflessione subita dal fluido nell’attraversamento della stessa e dovuta alla particolare curvatura delle pale (effetto di reazione). Nella fig. 9.20 sono schematicamente rappresentati tre tipi di giranti a flusso misto con effetto di centrifugazione decrescente.

Si può osservare dalla figura come, passando dalla girante di tipo a) a quella di tipo c), la chiocciola sia montata su di un piano arretrato rispetto allo scarico della girante.

Fig. 9.19

Fig. 9.20

Fig. 9.21

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In fig. 9.21 è mostrata una particolare soluzione che prevede un diffusore palettato centripeto allo scarico della girante con la funzione di annullare la componente radiale e quella tangenziale della velocità del fluido e di convogliare il liquido scaricato in direzione assiale (pompe a vite o a flusso semi-assiale).

9.8) Pompe assiali. In fig. 9.22 è presentata la girante di una pompa assiale.

Come si può osservare dalla figura, attraversando la girante il fluido non subisce alcuna deviazione nel piano radiale ma viene deviato soltanto in senso tangenziale; allo scarico della girante il fluido sarà raccolto da un diffusore palettato che ha il compito di recuperare l’energia cinetica di scarico e di convogliare il fluido in direzione assiale annullando, con le minori perdite possibili, la componente tangenziale della velocità. In fig. 9.23 è riportata schematicamente una pompa assiale ad asse verticale.

Come si può notare dalla figura, a valle dell'elemento rotante sono visibili le pale del diffusore che riporta il flusso in direzione assiale. Nella figura si può notare anche il caratteristico svergolamento delle pale, rappresentato dal fatto che le diverse sezioni delle pale, praticate a diverse distanze dall'asse di rotazione, risultano ruotate fra di loro La ragione di tale svergolamento deriva dal fatto che all'aumentare della distanza R dall'asse di rotazione, aumenta la velocità periferica u = ωR e quindi, per una velocità assoluta d'ingresso

v =˙ V

S costante, diminuisce l'angolo di flusso β1 f ; volendo contenere le perdite d'incidenza

Fig. 9.22

Fig. 9.23

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all'ingresso girante, dovrà, perciò, variare allo stesso modo l'angolo geometrico d'attacco β1g in modo che il bordo d'attacco sia sempre pressoché tangente, nel moto relativo, alla velocità del liquido. Lo svergolamento delle pale è di norma determinato imponendo all'ingresso e all'uscita delle pale e in diverse sezioni tipiche, ad es. al mozzo, al diametro medio e all'apice, le seguenti condizioni:

- proporzionalità tra velocità periferica e raggio di rotazione u = ωR - equazione di continuità per flussi assiali di fluidi incomprimibili vsinα = cost - flusso a vortice libero Rvt = Rvcosα = cost Vogliamo far notare che la condizione di flusso a vortice libero corrisponde a quella di lavoro euleriano costante lungo la pala; dalla relazione del lavoro euleriano, nell'ipotesi di vortice libero, si ottiene infatti:

le = u2v2t − u1v1t = ω (R2v2t - R1v1t) = cost Nell'installazione ad asse diagonale riportata nella fig 9.24, è evidenziato il meccanismo che permette di variare l'angolo di calettamento delle pale al variare della portata elaborata al fine di evitare la caduta di rendimento della pompa. A velocità di rotazione costante, infatti, al variare della portata si ha, in corrispondenza di una data sezione, una variazione dell'angolo di flusso β1f con un'incidenza che può raggiungere anche valori elevati: la variazione dell'angolo geometrico d'attacco β1g permetterà di contenere le perdite per incidenza.

9.9) Pompe speciali.

Sotto questa denominazione ricade una grande gamma di pompe destinate a quelle applicazioni per le quali le pompe descritte in precedenza, adatte ad operare a livello del suolo e ad elaborare liquidi puri, risultano essere inaffidabili e che differiscono da queste ultime per alcuni particolari costruttivi che le rendono adatte alle diverse esigenze. In via puramente esemplificativa, possono essere distinte in: pompe per il pompaggio di liquidi molto freddi o molto caldi, di fanghi, di liquidi impuri o corrosivi, pompe autoadescanti, pompe sommerse, ecc…. Poiché i principi di funzionamento su cui queste macchine si basano sono gli stessi già esposti nei paragrafi precedenti, ci limiteremo ad illustrare sinteticamente qualche esempio in cui siano evidenziati alcuni particolari costruttivi. In fig. 9.25 sono presentate due giranti in cui si possono osservare gli ampi canali di passaggio atti ad evitare l'eventuale strozzamento provocato dalla presenza d'impurità solide di dimensioni

Fig. 9.24

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macroscopiche.

In fig. 9.26 è rappresentata una pompa auto-adescante, in grado di aspirare tutta l'aria contenuta nel condotto d'aspirazione e di creare, quindi, una depressione capace di sollevare il liquido dal serbatoio d'aspirazione.

Nel primo schema la pompa è in quiete, il fondo è riempito di liquido e il condotto d'aspirazione è pieno d'aria; successivamente, la girante è posta in rotazione, provocando, in tal modo una depressione all'ingresso ed una compressione alla periferia: l'acqua contenuta nel fondo è così in parte aspirata e spinta nel condotto di mandata (da dove ricadrà nella pompa a causa dell'assenza di continuità della vena fluida) ed in parte spruzzata contro la girante attraverso un piccolo orifizio. Il getto che si è in tal modo formato trascina con sé una certa quantità d'aria che è centrifugata e inviata alla mandata, rimanendo inglobata nella fase liquida sotto forma di bolle che, per effetto della spinta idrostatica, fluiranno verso l'alto nel condotto di mandata. L'eliminazione di parte dell'aria dalla cassa della pompa e dal condotto d'aspirazione provocherà l'afflusso di altra aria che sarà a sua volta eliminata, arrivando, alla fine, all'aspirazione del solo liquido. Come si può osservare dal terzo schema, a questo punto la valvola di fondo si chiude, impedendo così l'alimentazione del getto e permettendo alla pompa di funzionare come una normale pompa centrifuga.

Fig. 9.25

Fig. 9.26

Fig. 9.27

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Anche se con diversi principi di funzionamento, analoga funzione auto-adescante svolge la pompa ad anello liquido rappresentata in fig. 9.27. Come si può osservare dalla figura, l'elemento rotante è costituito da un tamburo dotato di pale radiali e montato eccentricamente rispetto alla cassa circolare che contiene due porte, una d'ingresso e una d'uscita, ricavate sulle superfici frontali. E' una pompa adatta al pompaggio di liquidi, ovviamente non miscelabili col liquido di tenuta e più leggeri di esso, di gas o di miscele liquido solido. Il principio di funzionamento è quello già descritto per le pompe volumetriche rotative; in questo particolare caso, la variazione di volume è resa possibile dall'eccentricità di calettamento del rotore rispetto alla cassa. Per ciò che concerne le pompe sommerse, possiamo in generale dire che sono utilizzate quando l'altezza d'aspirazione è superiore all'altezza d'aspirazione massima della pompa (6÷7 m nel migliore dei casi) e che trovano applicazione in svariati campi: servizi d'acquedotto, di miniera, estrazione di prodotti petroliferi, prosciugamento d'ambienti, ecc..

Il tipo di soluzione adottata dipenderà dal particolare servizio cui la pompa è dedicata, dalla profondità e dalle dimensioni del bacino d'aspirazione; in questa sede, ci limiteremo a trattare brevemente delle pompe utilizzate nei pozzi di trivellazione, siano questi per l'estrazione di prodotti petroliferi o per il pompaggio d'acqua.

Fig.9.28

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In generale, si tratta di pompe a flusso continuo multistadio, con giranti centrifughe o a flusso misto, e giranti aperte o chiuse, il cui diametro dipende dal diametro del pozzo, dipendente, a sua volta, dalla profondità e dalla portata da erogare: si va da pozzi di 75 mm di diametro per portate dell'ordine di 1÷2 m3/h a pozzi di 625 mm di diametro e oltre per portate superiori a 2000 m3/h. Il numero di stadi della pompa per una data prevalenza richiesta è determinato dal diametro della girante, imposto a sua volta dal diametro del pozzo, potendo variare, a seconda delle condizioni operative, da uno o due stadi sino a oltre trecento. In fig. 9.28 è riportata a titolo d'esempio la sezione di una pompa sommersa a flusso misto e giranti chiuse per pozzi da 8'' (200 mm) unitamente alle caratteristiche interne della pompa. In fig. 9.29 sono mostrate due soluzioni possibili per ciò che riguarda l'accoppiamento motore-pompa: nella prima il motore è emerso e la pompa sommersa, nella seconda, invece, motore e pompa sono ambedue immersi nel liquido da pompare.

I vantaggi offerti dalla soluzione a) consistono nella possibilità di poter utilizzare motori tradizionali, elettrici o a combustione interna, e quindi relativamente economici e di non presentare particolari difficoltà per la manutenzione o la sostituzione del motore. Lo svantaggio essenziale consiste nella necessità di un albero di rotazione (in genere posto all'interno della tubazione di mandata) lungo quanto la profondità del pozzo che trasmetta il moto alla girante. Tale configurazione non è in genere praticabile per profondità superiori ai 30÷40 m a causa dell'eccessiva lunghezza che verrebbe avere l'asse motore. La soluzione b) impone per contro l'adozione di motori elettrici speciali, e quindi costosi, sia per quanto riguarda la geometria del motore imposta dalle dimensioni del pozzo (sono motori di norma molto sviluppati longitudinalmente) e sia per ciò che concerne la protezione del motore dall'ambiente circostante.

Fig. 9.29

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Per le operazioni di manutenzione o di sostituzione del motore sarà inoltre necessaria l'estrazione dal pozzo di tutto il gruppo motore-pompa. Nonostante questi svantaggi, questa seconda soluzione è imposta, per i motivi più sopra detti, per pozzi profondi più di 30÷40 m. Per l'estrazione d'acqua o prodotti petroliferi e per portate relativamente modeste (inferiori a 8÷10 m3/h), in alternativa ai sistemi sopra esposti si possono utilizzare pompe volumetriche alternative azionate da motori emersi anche per grandi profondità.

9.10) Curve caratteristiche interne delle pompe a flusso continuo. Ricordiamo che s'intende per curva caratteristica interna la relazione, grafica o analitica, che lega fra di loro le variazioni di portata alle variazioni di prevalenza fornita dalla pompa. Tali curve sono ricavate sperimentalmente o dedotte per via analitica utilizzando correlazioni più o meno complesse dedotte dalla teoria della similitudine e nelle quali non ci addentreremo dati i limiti della presente trattazione. Ci si limiterà, perciò, a una trattazione, in parte quantitativa e in parte qualitativa, che giustifichi l'andamento di tali curve. Dalla relazione (5.6), scritta per macchine operatrici, si ottiene: hm = he − yi (9.5) dalla quale si può dedurre che la prevalenza di una pompa può essere vista come il lavoro euleriano, definibile anche come prevalenza teorica o ideale, diminuito delle perdite interne alla pompa. D'altra parte, ricordando l'espressione del lavoro euleriano per una macchina mono-stadio con ingresso assiale si potrà scrivere:

he =1

gu2v2 cosα2 =

1

gu2 u2 − w2 cosβ2 f( ) (9.6)

Facendo riferimento alla fig. 9.30, si potrà esprimere la portata erogata dalla pompa come: ˙ V =ηv

˙ V e =ηvS2vm2 =ηvπD2b2v2 sinα2 1− ξ2( ) =ηvπD2b2w2 sinβ2 f 1− ξ2( ) (9.7) dove ξ2 è un coefficiente che tiene conto dell'ingombro delle pale allo scarico della girante.

Dalla (9.7) si può dedurre:

w2 =˙ V

ηvπD2b2 sinβ2 f 1− ξ2( ) (9.8)

e sostituendo nella (9.6):

F ig. 9.30

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hmid = he =1

gu2 u2 −

˙ V

ηvπD2b2 1− ξ2( )cot β2 f

⎝ ⎜ ⎜

⎠ ⎟ ⎟ (9.9)

Nelle ipotesi di flusso mono-dimensionale, che in tutto il campo di funzionamento della macchina l'ingresso si mantenga sempre assiale, che sia β2f = β2g = β2 e che sia costante il rendimento volumetrico, la (9.9) rappresenta, per una data velocità di rotazione, una relazione lineare il cui andamento dipende dal valore di β2.

In fig. 9.31 a) è riportato l'andamento della caratteristica interna ideale per tre valori diversi dell'angolo β2. Si ritrova, ovviamente, quanto più sopra evidenziato qualitativamente e cioè che, a pari portata erogata, giranti con pale rivolte in avanti forniscono al fluido una prevalenza maggiore rispetto alle altre. Osserviamo che nelle relazioni scritte e nelle loro rappresentazioni grafiche si è assunta la convezione che considera positivi gli angoli interni a triangolo delle velocità. Tale sarà la convenzione da noi adottata salvo avviso contrario. Nella figura è riportato anche l'andamento delle perdite idrauliche interne alla macchina che, in via qualitativa, possiamo distinguere in: - Perdite distribuite nel distributore, in girante e nel diffusore; in forma sintetica possono

essere espresse dalla relazione:

Yidist = f i

vi2

2g∑ li

Dh

= ki

vi2

2g∑

dove fi è il coefficiente d'attrito in una data sezione della macchine, Dh è il diametro

idraulico della sezione, li è la lunghezza del tratto a diametro idraulico costante e vi è la velocità del fluido nella corrispondente sezione. Nell'ipotesi semplificativa di coefficiente d'attrito costante, l'andamento delle perdite distribuite in funzione della portata è parabolico ed esse si annullano per portata erogata nulla.

- Perdite localizzate che possono essere ulteriormente suddivise in: perdite d'imbocco e per incidenza all'ingresso girante, perdite per diffusione allo scarico girante, perdite per urto nel diffusore Tali perdite possono essere espresse dalla relazione semplificata:

Yiloc = Yiloc min + ki'∑ ˙ V − ˙ V 0( )2

dove k'i dipende essenzialmente dalla geometria delle diverse sezioni ed è praticamente indipendente da Re. Le perdite localizzate presentano, quindi, un minimo per una portata

F ig. 9.31

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erogata dalla pompa ˙ V = ˙ V 0 per la quale gli angoli di flusso sono in accordo con gli angoli geometrici costruttivi.

- Perdite totali che sono somma delle perdite distribuite e di quelle localizzate e presentano un minimo in corrispondenza della portata di massimo rendimento della pompa (portata di progetto).

Sottraendo la curva delle perdite totali a quella della caratteristica interna ideale si otterrà la caratteristica interna reale di una pompa il cui andamento, per diversi angoli di scarico dalla girante, è riportato qualitativamente in fig. 9.31 b). Osserviamo che quanto detto a proposito delle caratteristiche interne delle pompe centrifughe è estendibile, per lo meno per quanto riguarda le caratteristiche ideali, alle pompe a flusso misto e alle pompe assiali. Come si può osservare dalla figura, un andamento costantemente decrescente della prevalenza all'aumentare della portata è possibile solo con angoli di scarico dalla girante minori di 90° (di norma β2 ≤ 40° ÷ 45°), mentre per angoli di scarico maggiori la caratteristica interna presenta un massimo. Quest'ultima soluzione, quando possibile, va in genere evitata poiché, come sarà mostrato più avanti, la zona alla sinistra del massimo è una zona di possibile funzionamento instabile della macchina. Inoltre, come più sopra osservato, a pari dimensioni della girante e pari condizioni operative, la velocità del fluido in uscita dalla girante è maggiore all'aumentare dell'angolo di scarico con conseguenti maggiori perdite interne e minore rendimento della macchina.

In fig. 9.32 sono riportate, a titolo d'esempio, le caratteristiche di funzionamento (prevalenza, rendimento globale e NPSHr al variare della portata erogata) di una pompa centrifuga. Si può osservare come la portata massima erogata sia maggiore di circa il 30-35% della portata di

Fig. 9.32

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massimo rendimento della pompa. Per portate maggiori le velocità del fluido all'interno della pompa sono tali da provocare lo sviluppo della cavitazione con conseguente funzionamento instabile e una brusca caduta del rendimento.

In fig. 9.33 è riportato, sempre a titolo d'esempio, il variare della prevalenza, dello NPSHr e della potenza assorbita al variare della velocità di rotazione di una pompa centrifuga. In figura è riportata anche la curva di isorendimento corrispondente, alle diverse velocità di rotazione, alla portata di massimo rendimento (Qopt).

9.11) Accoppiamenti di più pompe. Nelle figg. 9.34 a) e 9.34 b) è riportato l'accoppiamento di due pompe in parallelo: le pompe erogano ciascuna la portata che le compete ma, poiché devono essere uguali le pressioni totali ai nodi nei due diversi rami del circuito, forniscono al fluido la stessa prevalenza. La caratteristica interna di un accoppiamento in parallelo sarà ottenuta, pertanto, sommando le portate erogate dalle singole pompe a pari prevalenza.

Fig. 9.33

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Come si può dalla figura 9.34 a), caso di due pompe uguali, il funzionamento dell'accoppiamento è possibile in tutto il campo delle portate elaborabili dalle singole pompe. Nel caso dell'accoppiamento in parallelo di due pompe diverse, fig. 9.34 b), il funzionamento dell'accoppiamento non è possibile in tutto il campo delle portate elaborabili dalle singole pompe. Dall'esempio riportato in figura, si può notare che il funzionamento in parallelo delle due pompe è possibile per portate superiori a ˙ V * in quanto, per portate inferiori, la pompa 1 non è in grado di fornire la prevalenza sufficiente. Nel caso di due o più pompe operanti in serie, fig. 9.34 c), la caratteristica dell'accoppiamento è stata ottenuta sommando le prevalenze a pari portata. In tal caso, infatti, ciascuna pompa elabora la portata che le compete, ma questa non può che essere identica per le due pompe per il principio di conservazione della massa. In fig. 9.34 d) è infine mostrato un accoppiamento misto serie-parallelo di quattro pompe uguali. Concludendo, si può osservare che, dal punto di vista delle pompe e per qualsiasi tipo di accoppiamento, ciascuna pompa funzionerà seguendo la propria caratteristica interna, unica condizione di compatibilità prevalenza e portata per quella pompa, mentre dal punto di vista dell'impianto l'accoppiamento si presenta con la sua caratteristica globale, come se fosse, cioè, una singola pompa con caratteristica interna uguale a quella dell'accoppiamento. Trattando della regolazione, si vedrà più avanti come la possibilità di regolare ciascuna pompa indipendentemente o di escluderne una o più dal circuito, fornisca una maggior elasticità operativa rispetto all'utilizzo di una singola pompa.

Fig. 9.34