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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8 1 CAPITOLO 8 IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Generalità Come evidente, scopo di un impianto di riscaldamento è quello di mantenere, all'interno degli ambienti, temperature dell'aria e temperature medie radianti compatibili con condizioni di benessere degli occupanti. A questo scopo si possono adottare svariate soluzioni, dalle soluzioni più antiche, stufe, caminetti, fino agli attuali impianti autonomi (per singole unità abitative) o infine fino agli impianti di riscaldamento centralizzati (per interi edifici) di cui ci occuperemo brevemente. Un impianto di riscaldamento centralizzato è costituito da un generatore di calore, alimentato da un combustibile liquido o gassoso e dotato di camino per l'evacuazione all’esterno dei prodotti della combustione (fumi), di un sistema di distribuzione del fluido termovettore, e di terminali per fornire ai singoli ambienti la potenza termica necessaria al controllo della temperatura interna. Gli impianti di riscaldamento possono essere classificati secondo il fluido termovettore. Si possono distinguere in: impianti ad acqua calda a circolazione naturale o forzata; impianti a vapore; impianti ad aria calda. Negli impianti industriali frequentemente viene utilizzata acqua surriscaldata e cioè acqua mantenuta sotto pressione a temperatura superiore a 100°C. Gli impianti centralizzati più comuni negli edifici residenziali sono gli impianti ad acqua calda con circolazione forzata. Gli impianti di riscaldamento autonomo, attualmente molto diffusi, sono costituiti da un piccolo generatore di calore già munito di pompa di circolazione che viene installato in un ambiente dell’unità immobiliare. Si può osservare che gli impianti presentano, nel loro piccolo, componenti molto simili a quelli degli impianti più grandi per cui possono essere considerati come impianti centralizzati a livello di ogni singola unità abitativa. Per descrivere i vari componenti di questi impianti, si richiamano prima brevemente alcuni concetti fondamentali relativi ai processi di combustione.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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CAPITOLO 8

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

Generalità Come evidente, scopo di un impianto di riscaldamento è quello di mantenere,

all'interno degli ambienti, temperature dell'aria e temperature medie radianti compatibili

con condizioni di benessere degli occupanti. A questo scopo si possono adottare svariate

soluzioni, dalle soluzioni più antiche, stufe, caminetti, fino agli attuali impianti

autonomi (per singole unità abitative) o infine fino agli impianti di riscaldamento

centralizzati (per interi edifici) di cui ci occuperemo brevemente.

Un impianto di riscaldamento centralizzato è costituito da un generatore di

calore, alimentato da un combustibile liquido o gassoso e dotato di camino per

l'evacuazione all’esterno dei prodotti della combustione (fumi), di un sistema di

distribuzione del fluido termovettore, e di terminali per fornire ai singoli ambienti la

potenza termica necessaria al controllo della temperatura interna. Gli impianti di

riscaldamento possono essere classificati secondo il fluido termovettore. Si possono

distinguere in:

• impianti ad acqua calda a circolazione naturale o forzata;

• impianti a vapore;

• impianti ad aria calda.

Negli impianti industriali frequentemente viene utilizzata acqua surriscaldata e

cioè acqua mantenuta sotto pressione a temperatura superiore a 100°C.

Gli impianti centralizzati più comuni negli edifici residenziali sono gli impianti ad

acqua calda con circolazione forzata. Gli impianti di riscaldamento autonomo,

attualmente molto diffusi, sono costituiti da un piccolo generatore di calore già munito

di pompa di circolazione che viene installato in un ambiente dell’unità immobiliare. Si

può osservare che gli impianti presentano, nel loro piccolo, componenti molto simili a

quelli degli impianti più grandi per cui possono essere considerati come impianti

centralizzati a livello di ogni singola unità abitativa.

Per descrivere i vari componenti di questi impianti, si richiamano prima

brevemente alcuni concetti fondamentali relativi ai processi di combustione.

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8.1 Processi di combustione

Si ricorda che per combustione s’intende la reazione chimica tra un combustibile

e l'ossigeno atmosferico. Un esempio può essere (combustione del metano):

CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O

La reazione si "legge" nel seguente modo, e cioè una mole di CH4 reagisce con

due moli di O2 (reagenti) per formare una mole di CO2 e due moli di H2O (prodotti). In

base al significato fisico di moli si può anche ragionare in termini di masse, e cioè si

può dire che 16 [kg] di CH4 reagiscono con 322 ⋅ [⋅kg] di O2 per formare 44 [kg] di

CO2 e 182 ⋅ [kg] di H2O. La reazione per avvenire completamente richiede una ben

precisa quantità d’ossigeno e quindi d’aria.

La quantità di aria strettamente necessaria alla combustione è detta aria

teorica; tuttavia anche se per far avvenire rapidamente e completamente la combustione

è sempre necessario fornire aria in eccesso.

Come già illustrato l'energia potenziale chimica dei reagenti (CH4 e O2) è più

elevata di quella dei prodotti della reazione (CO2 e H2O) per cui la variazione

d’energia potenziale chimica si ritrova sotto forma di energia termica. Come si

ricorderà l’energia termica prodotta dalla combustione di 1 kg di combustibile è detta

potere calorifico H del combustibile [J/kg].

Si può ricordare che se i fumi vengono raffreddati sotto la temperatura di

rugiada, il vapore acqueo presente nei fumi potrà in parte condensare, consentendo il

recupero di calore di condensazione. Come già osservato vi sono quindi due poteri

calorifici e cioè il potere calorifico inferiore Hi e il potere calorifico superiore Hs: il

primo risulta minore in quanto non tiene conto del recupero di calore di

condensazione; recupero che, ovviamente, diviene possibile solo raffreddando

notevolmente i fumi (moderne caldaie a condensazione). Nella seguente tabella è

riportato il valore del potere calorifico inferiore Hi di alcuni comuni combustibili.

Tipo di combustibile Hi [kJ/kg]

Gasolio 41900 Gas naturale 34500 Legna da ardere 18200

Se la combustione avviene con un’insufficiente quantità d’aria, la reazione non si

completa e si ha formazione d’ossido di carbonio (CO), gas notevolmente nocivo.

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Il controllo adeguato della combustione risulta quindi di grande importanza sia per

massimizzare la quantità d’energia termica ottenuta, sia per evitare la formazione di

ossido di carbonio.

8.2 Generatori di calore

Nei generatori di calore si possono distinguere due componenti fondamentali: il

bruciatore e la caldaia vera e propria. Il bruciatore consente di immettere nella

camera di combustione della caldaia la quantità di combustibile richiesta assicurando

che questa si mescoli opportunamente con l’aria necessaria (ad esempio un combustibile

liquido viene spruzzato sotto forma di minute goccioline). La potenza termica prodotta

dalla combustione viene ceduta all’acqua che circola nell'intercapedine della caldaia.

Indicando con qmc la portata di combustibile bruciata, la potenza termica

generata nella camera di combustione, e cioè la potenza al focolare ϕfoc , risulta:

ϕfoc = qmc ·Hi

La combustione all'interno della caldaia è detta atmosferica, se si verifica a

pressione atmosferica e i fumi vengono evacuati per tiraggio naturale attraverso il

camino; è detta invece pressurizzata quando l'aria viene forzata all'interno della caldaia

mediante l'azione di un opportuno ventilatore. Una caratteristica molto importante di un

generatore di calore è rappresentata dal suo rendimento ηg, definito come rapporto tra

il flusso termico effettivamente trasferito al fluido ϕf , e quindi utilizzabile, ed il flusso

termico totale liberato dalla combustione nella caldaia ϕfoc. Risulta quindi:

ηg = ϕf / ϕfoc

Il flusso termico effettivamente trasferito al fluido ϕf dovrà, evidentemente, essere

sufficiente per coprire il totale fabbisogno termico dell’edificio.

E’ opportuno osservare che il rendimento ηg assume valori elevati (dell'ordine di

circa 0.9) solo in condizioni di un funzionamento a regime del generatore. Il

rendimento medio nella stagione di riscaldamento risulta, in genere, notevolmente

inferiore a causa di numerosi fattori, tra i quali particolare importanza riveste il carico

medio cui è sottoposto come rappresentato indicativamente in figura.

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Nel caso di sopradimensionamento di un generatore questo opererà spesso a carico

ridotto e quindi anche con ridotti valori medi di rendimento.

In generale può operarsi una distinzione tra caldaie: in ghisa e in acciaio. Le

caldaie in ghisa sono generalmente costituite da un certo numero di elementi anulari

componibili mediante opportuni giunti. Il vano interno rappresenta la camera di

combustione, mentre l'acqua (fluido

termovettore) circola nell'intercapedine

disposta intorno alla camera stessa. Le

caldaie in ghisa, essendo componibili, si

prestano particolarmente per la

sostituzione o la messa in opera di

generatori di calori in locali poco

accessibili, potendo essere assemblate in

loco.

Le caldaie in acciaio (vedi

esempio in figura) sono fornite solitamente in un blocco unico. Esse sono in generale

costituite da un recipiente contenente l'acqua da riscaldare, all'interno del quale passano

canali attraversati dai fumi della combustione. In generale la caldaia in ghisa è più

fragile, ma più resistente alla corrosione.

In entrambi i tipi di caldaia bisogna far sì che la temperatura dell'acqua

all'ingresso non risulti mai inferiore a circa 55 [°C], perché in questo caso il vapore

acqueo contenuto nei fumi potrebbe condensare sulla superficie interna della caldaia

determinando processi di corrosione. Infatti, in presenza di condensa le tracce di zolfo

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(S) presenti nel gasolio, che si ritrovano nei fumi sotto forma di SO3 , danno luogo alla

formazione di acido solforico secondo la reazione chimica:

SO3 + H2O → H2SO4

Per evitare la formazione di condensa si provvede a miscelare l'acqua di ritorno

nella caldaia più fredda con una piccola portata di acqua calda prelevata all’uscita della

caldaia ( acqua di mandata calda ) che viene fatta circolare mediante una piccola pompa

anticondensa.

8.3 Centrale termica

La centrale termica è il locale ove è installato il generatore di calore (o i

generatori di calore). La centrale termica di un impianto centralizzato può essere situata

all'interno o all'esterno dell'edificio: se questo ha una forma complessa conviene una

posizione baricentrica, per meglio equilibrare la rete di distribuzione del fluido

termovettore. La centrale termica è oggetto di molte prescrizioni legislative volte ad

assicurare la sicurezza, alcune delle quali sono sintetizzate nelle seguenti figure. La

prima figura illustra le caratteristiche di centrali termiche fuori terra ed interrate nel caso

d’utilizzo di combustibili gassosi.

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I fumi prodotti nella combustione vengono evacuati tramite un opportuno

condotto o camino. È essenziale che il locale comunichi con l'esterno mediante aperture

di sezione adeguata al flusso d'aria necessario per garantire una corretta combustione

(confrontare con le prescrizioni riportate nelle precedenti figure). Quanto appena

ricordato deve essere particolarmente tenuto presente nel caso degli impianti autonomi

installati in locali d’abitazioni. In questi casi si registrano, infatti, purtroppo con una

certa frequenza, eventi luttuosi dovuti a combustioni difettose, che spesso conseguono

alla mancanza delle necessarie aperture d’aerazione.

8.4 Camino

Per camino s’intende il condotto che smaltisce i fumi prodotti nella combustione

immettendoli nell'atmosfera, in genere a livello del tetto dell'edificio. Anche a questo

riguardo esistono disposizioni legislative, del tipo di quelle che, a solo carattere

indicativo, sono illustrate nella seguente figura.

All’interno del camino, in conseguenza della ridotta densità dei fumi, si verifica

un moto ascensionale spontaneo (tiraggio naturale). Se il camino non è adeguato a

questa funzione la combustione non si verifica correttamente, e anche il migliore

generatore verrà diminuire il suo rendimento e verranno prodotte sostanze inquinanti

(CO ed incombusti). Talvolta è necessario usare un propulsore per garantire un

adeguato smaltimento della portata di fumi prodotti (tiraggio meccanico). È anche bene

osservare che, qualora il combustibile sia gas naturale (metano), è in genere inevitabile

la condensazione di parte del vapore acqueo presente nei fumi lungo le pareti interne del

camino stesso, per cui è opportuno che queste siano a tenuta d’acqua per evitare che

l'acqua condensata possa impregnare di umidità la muratura circostante. La

progettazione del camino deve essere finalizzata ad un efficace e completo scarico

nell'atmosfera dei fumi prodotti dalla combustione e può essere portata a termine

mediante codici di calcolo normalizzati. Può essere interessante applicare l'equazione di

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Bernoulli. La portata di fumi qmf [kg/s] in funzione della potenzialità termica della

caldaia è data da:

qmf = qmc + qma [kg/s]

ove:

qmc = consumo di combustibile [kg/s] qma = aria necessaria alla combustione [kg/s]

La portata di combustibile qmc è legata alla potenzialità termica del generatore da:

qmc = ϕfoc / Hi

La portata d'aria necessaria alla combustione qma si valutata con le equazioni che

descrivono il processo di combustione (aria teorica) tenendo però conto dell'eccesso

d'aria che è necessario prevedere nei vari casi. A titolo indicativo, la combustione di 1

[kg] di gasolio porta alla formazione di circa 30 [m3] di fumi alla temperatura tipica dei

fumi (circa 120°C). La portata dei fumi qmf risulta:

qmf = ρf ·qvf ≈ ρf ·30 qmc [kg/s]

ove con qvf si è indicata la portata volumetrica. In riferimento allo schema in figura, si

possono considerare le seguenti ipotesi semplificative:

• il condotto del camino ha una sezione costante; • temperatura e densità dei fumi all'interno del camino sono costanti ti = tf e ρi = ρf. • i fumi sono considerati aria

ove : ρe = densità dell'aria esterna te = temperatura dell'aria esterna Pa = pressione atmosferica H = altezza del camino w1 e w2 = velocità aria in ingresso e uscita dal camino

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Si ipotizza che a valle della sezione 1 si verifichi, a causa della combustione, una brusca

variazione della temperatura e densità dei fumi (aria) che raggiungono di colpo i valori

tf e ρf. L'equazione di Bernoulli in relazione alle sezioni 1 e 2 fornisce:

2,1ai

1221

2212p ghPP)ww(

21)zz(ggh +

ρ−

+−+−=

Nel caso di tiraggio naturale (assenza di propulsore) si ha ghp= 0 e si può porre:

• z2 - z1 = H; • w1 ≅ 0 → w2 = w (sezione del camino costante); • P2 - P1 = -ρe g H essendo P2 = Pa e risultando P1 = Pa + ρe g H; Sostituendo nell’equazione di Bernoulli si ha:

2,1af

e2 ghgH

w21gH0 +

ρρ

−+=

Il termine ha1,2, che rappresenta le perdite di carico concentrate e distribuite nel

condotto del camino, è a sua volta dato da:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡ξ+λ= ∑

ii

2

2,1a (Re)DL

2wgh

ove L rappresenta la lunghezza del condotto. Se si considera L ≅ H si ottiene per la

velocità dei fumi all'uscita del camino:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡ξ+λ+

ρρ−ρ

=

∑i

if

fe

(Re)DH1

1)(gH2w

La densità dei fumi ρf dipende dal generatore (informazione del costruttore) e l'altezza

H è pressoché pari all'altezza dell'edificio per cui nell’espressione figurano come

incognite w e D.

Per dimensionare il camino occorre una seconda equazione e cioè l’equazione di

continuità (nota la portata dei fumi qmf ):

qmf = w (π D2 /4)·ρf [kg/s]

Nel caso di sezione rettangolare si può fare riferimento alla sezione circolare di

diametro equivalente Deq così ottenuta:

Deq = 4 (area della sezione / perimetro bagnato)

dove il perimetro bagnato rappresenta il contorno della sezione considerata a contatto

con il fluido. Si avrà quindi, nel caso di sezione rettangolare di lati a e b:

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( )ba2ab4Deq +

=

Alcune considerazioni sulle grandezze che intervengono ad aumentare la velocità

di uscita dei fumi e cioè a migliorare il tiraggio del camino:

• aumento dell'altezza H;

• più alta è la temperatura dei fumi, maggiore sarà la differenza tra le densità interna

ed esterna (ρe - ρf);

• un buon isolamento termico del condotto, riducendo lo scambio termico con

l'esterno, mantiene caldi i fumi, come ipotizzato nell'esempio (tf e ρf costanti);

• diminuzione delle perdite di carico ha1,2.

8.5 Alimentazione del combustibile

Nel caso di combustibili liquidi lo stoccaggio avviene in serbatoi generalmente

in lamiera. Quelli interrati sono in genere di forma cilindrica, mentre quelli disposti

all'interno di locali prossimi alla centrale termica sono parallelepipedi. I serbatoi devono

essere a perfetta tenuta e provvisti di passo d'uomo per la pulizia.

Se il terreno circostante un serbatoio interrato può imbeversi d'acqua, occorre

ricordare che un serbatoio vuoto o semivuoto galleggia, per cui in tali casi esso va

debitamente ancorato ad apposita fondazione. I serbatoi sono soggetti a precise norme

di sicurezza. Nel caso di combustibili gassosi, essi sono trasportati mediante reti urbane

di distribuzione fino al contatore. Anche in questo caso occorre tener conto di precise

norme di sicurezza.

8.6 Tubazione di sicurezza e vaso d’espansione

L'acqua fredda contenuta in un impianto di riscaldamento, all'atto

dell'avviamento dell'impianto, si riscalda portandosi alle tipiche temperature di

funzionamento dell'impianto. In conseguenza di questo riscaldamento si verifica una

variazione percentuale di volume della fase liquida ∆V/V dell'ordine del 3%.

Se l'impianto di riscaldamento fosse ermeticamente sigillato in strutture rigide

tale effetto produrrebbe la rottura delle tubazioni per cui occorre predisporre un apposito

volume di sfogo.

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Il componente utilizzato a questo scopo è detto vaso di espansione. Esistono due

tipi di vaso di espansione, quelli aperti (caso A) e quelli chiusi (caso B). Ii primi sono

posizionati nel punto più alto del

circuito: la loro capacità deve essere

proporzionale all'intero volume

d'acqua V contenuta nell'impianto.

In linea largamente indicativa il

volume totale dell'acqua presente in

un impianto è dell'ordine dei 10-20

[l/kW] e quindi il volume utile del

vaso di espansione (volume

compreso tra il troppo pieno e il

livello di carica) deve essere pari a

circa il 3% di tale quantità.

In figura è rappresentato lo

schema di un impianto con vaso d’espansione aperto. La posizione più opportuna per il

collegamento con il circuito è

immediatamente a monte della pompa di

circolazione.

Il tubo di collegamento del vaso

d’espansione con la caldaia può essere

adibito anche alla funzione di tubazione di

sicurezza. In tal caso il tubo, come richiesto

dalle vigenti prescrizioni legislative, deve

essere caratterizzato da un diametro

opportuno in relazione alla potenzialità della caldaia e alla lunghezza della tubazione

stessa. Non devono essere presenti elementi di intercettazione del fluido, che possano

incidentalmente occludere la tubazione stessa. Nell'impianto in figura queste due

funzioni sono svolte dalla stessa tubazione. Lo scopo della tubazione di sicurezza è il

seguente: in caso di guasto delle pompe di circolazione, la circolazione dell'acqua si

arresta; se inoltre in questa circostanza il termostato adibito a bloccare il funzionamento

del bruciatore non funzionasse a dovere, il bruciatore continuerebbe a funzionare e

pertanto la pressione all'interno della caldaia aumenterebbe pericolosamente.

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La tubazione di sicurezza dovrà essere dimensionata per consentire uno sfogo

continuo alla quantità di vapore prodotta, evitando livelli di pressione nella caldaia

incompatibili con la sua resistenza meccanica. Qualora non sia possibile ricorrere al

vaso di espansione aperto, si può utilizzare un vaso di espansione chiuso (figura

precedente, caso B), posizionato nel locale caldaia. Esso consente di assorbire le

variazioni di volume dell'acqua presente nell'impianto grazie alla presenza di un volume

di gas comprimibile. Una valvola di sicurezza (scarico termico) opportunamente tarata

sostituisce in questo caso la tubazione di sicurezza, consentendo lo sfogo, in caso di

guasto, del vapore all'esterno.

8.7 Pompe di circolazione

Le pompe di circolazione hanno lo scopo di far circolare l'acqua nella rete di

distribuzione e sono in genere disposte a valle del generatore di vapore nel modo

rappresentato in figura. Tale disposizione (due pompe) consente di utilizzare una sola

pompa tenendo l'altra di riserva.

In caso di guasto è possibile eseguire le dovute

riparazioni senza fermare l'impianto. In genere è

opportuno alternare il funzionamento delle due pompe

in modo da usurarle in ugual misura.

8.8 Regolazione automatica centralizzata

Qualora la temperatura esterna sia superiore alla temperatura di progetto, ad

esempio nelle stagioni intermedie, è necessario ridurre la potenzialità termica erogata

per evitare temperature interne superiori al valore di progetto (20°C). Questo obiettivo

viene raggiunto inserendo nel circuito del fluido termovettore una valvola di

regolazione a tre o quattro vie.

In figura è schematizzata l'azione di una valvola miscelatrice a quattro vie. Un

sensore ed un'opportuna centralina di regolazione comandano il settore mobile

all'interno della valvola stessa.

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Ad esempio nella posizione 1° l'acqua calda in uscita dalla caldaia (acqua di

mandata) circola solo nel circuito (B), mentre nella rete di distribuzione (A) circola

sempre la stessa acqua, e cioè acqua fredda. Nella posizione 2° viene inviata nella rete

di distribuzione acqua calda alla temperatura di mandata. In posizioni intermedie (ad

esempio nella posizione 3°), si ottiene una regolazione della temperatura dell’acqua

inviata nella rete di distribuzione mediante miscelazione adiabatica di parte dell'acqua

alla temperatura di mandata con l'acqua più fredda di ritorno.

Sulla base dell'equazione di bilancio entalpico dei sistemi aperti si verifica

facilmente che la temperatura dell'acqua miscelata che alimenta la rete di distribuzione e

quindi gli apparecchi utilizzatori t3 è data da:

3m

44m11m3 q

tqtqt

+=

Si può osservare che la valvola, mentre regola la temperatura t3 dell'acqua che

alimenta gli apparecchi utilizzatori, mantiene costante la portata qm3 che circola nella

rete di distribuzione (A).

Nella centralina di regolazione è memorizzata un’opportuna correlazione per

regolare opportunamente t3 in relazione alla temperatura esterna rilevata. Una simile

regolazione della temperatura di mandata si ottiene anche con una valvola miscelatrice a

tre vie, rappresentata nel seguente schema (A).

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Nella figura (B) è invece illustrato l’impiego di due miscelatrici a tre vie, per

inviare acqua a temperatura diversa a due diverse reti di distribuzione, ad esempio per

alimentare zone di un edificio caratterizzate da esigenze termiche differenti.

8.9 Terminali utilizzatori

Il fluido termovettore, fluendo attraverso opportuni apparecchi utilizzatori o

terminali utilizzatori, fornisce a ciascun locale il flusso termico che è necessario per il

suo riscaldamento.

Corpi scaldanti

Questi componenti, detti comunemente ma impropriamente radiatori, scambiano

calore solo in parte per irraggiamento (30 % circa) mentre la parte prevalente del flusso

termico è ceduta all’aria interna per convezione (70% circa) e da qui l'impropria

definizione di "radiatore".

Essi sono formati da elementi componibili (ghisa, alluminio, acciaio) collegati

fra di loro in modo da ottenere la potenzialità termica desiderata.

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Il più diffuso tipo di corpo scaldante per abitazioni è il radiatore in alluminio che

ha consentito l’utilizzo di sezioni dotate di alette esterne che possono arrivare a

costituire una superficie continua sul lato posto in vista nell’ambiente. Questi corpi

scaldanti sono ottenuti per pressofusione, oppure da barre estruse, ed offrono una

notevole gamma di altezze, ed anche di colori. L'unione di più elementi consente di

dimensionare la superficie di scambio in proporzione alle necessità del locale servito.

I corpi scaldanti sono di solito installati su mensole, a muro nel sottofinestra, e

richiedono un certo spazio (da 8 a 12 centimetri) sia sotto che sopra per permettere la

circolazione dell'aria calda. Essi vengono intercettati con apposite valvole, sia

sull'andata che sul ritorno e possono essere muniti di scarichi o sfoghi a seconda della

posizione che occupano nel circuito.

Un altro tipo di corpo scaldante sono piastre ottenute da lastre metalliche in

acciaio, saldate tra loro in modo da costituire una rete di piccoli condotti entro cui viene

fatto circolare il fluido termovettore. Differiscono dalle tipologie descritte perché non

sono componibili con elementi modulari, ma sono costituite da un monoblocco che una

volta scelto e installato non può essere ampliato o ridotto. Esse sono di aspetto piano

all'esterno, di spessore modesto e di basso costo.

Indicando con ti e tu rispettivamente le temperature di mandata (ingresso) e di

ritorno (uscita) dell'acqua il flusso termico (ceduto all'ambiente) può essere espresso:

In genere si impone una temperatura d’uscita dell'acqua tu = (ti – 10) [°C] per

cui la portata d’acqua che dovrà alimentare il corpo scaldante sarà:

Ovviamente sarà necessario dimensionare la superficie di scambio del corpo

scaldante per consentire lo scambio termico ϕi. A questo fine si osserva che l'acqua che

fluisce all'interno del corpo scaldante è caratterizzata da una temperatura media pari a:

per cui , essendo ta la temperatura dell’aria interna, si può scrivere:

ove:

Kc = trasmittanza termica caratteristica del corpo scaldante (Kc ≈ 8 [W/m2K]).

)tt(cq)hh(q iumiumi −⋅⋅−=−⋅−=ϕ

)10(c)tt(cq i

ui

im ⋅

ϕ=

−⋅ϕ

=

2tt

t uim

+=

)tt(SK amci −⋅⋅=ϕ

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Questa espressione consente di ottenere la superficie di scambio S necessaria, e

quindi scegliere il corpo scaldante, una volta noto il fabbisogno termico invernale del

locale. ( N.B. si ricorda che il fabbisogno termico invernale, come già ampiamente

discusso in precedenza, viene a sua volta valutato sulla base del bilancio termico

dell’ambiente). Spesso la resa [W] di un elemento di radiatore nelle sue varie

configurazioni (alto, basso, a più colonne) viene fornita dalle varie case costruttrici con

omologazione di un Istituto autorizzato, considerando l'acqua calda entrante a ti = 85

[°C] e uscente a tu = 75 [°C] con una ta = 20 [°C]; (differenza media di temperatura tra

l’acqua e l’aria pari a 60°C) per differenze di temperature diverse si moltiplica la resa

per un coefficiente correttivo. Per quanto riguarda l’ingombro in larghezza di un corpo

scaldante, questo risulta indicativamente dell'ordine di 1000 W/m.

La sistemazione dei terminali d’impianto che maggiormente soddisfa alle

esigenze di una corretta distribuzione del calore ne prevede l’installazione sotto finestra.

In tal modo la corrente d’aria più calda che viene a crearsi in prossimità del corpo

scaldante contribuisce a contrastare le le più sensibili variazioni di temperatura media

radiante che si verificano in prossimità della superficie vetrata migliorando la

sensazione di benessere.

E' utile ricordare che :

a) nel prevedere la misura dei corpi scaldanti, si deve aggiungere almeno 7 ÷ 10

cm. per l'attacco e relativa valvola. All'altezza vanno aggiunti, in basso, almeno 10 cm.

per il passaggio dell'aria e per la pulizia e, in alto, almeno 15 cm. per consentire il libero

movimento ascensionale dell'aria calda; alla profondità vanno aggiunti almeno 3 cm. di

distanza dal filo della parete finita a cui si addossa il corpo scaldante;

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

16

b) sovente i corpi scaldanti vengono posti entro nicchie più o meno profonde,

talvolta costituite da veri e propri mobiletti di copertura e provviste di schermature

anteriori. In tali casi, pur considerando le stesse distanze precisate al punto a) occorre

tener presente che:

• presenza di mensola, Kc diminuisce di circa il 4% (fig. a);

• sistemazione in nicchia, Kc diminuisce di circa il 6 - 7% (fig. b) ;

• copriradiatore in lamiera forellata, Kc si riduce del 20 ÷ 30% (fig.c);

Termoconvettori

I termoconvettori sono batterie di tubo alettato, in acciaio o in rame-alluminio,

che, sistemate entro un contenitore metallico, provocano un tiraggio dell'aria calda

uscente dall'alto e un richiamo di aria fredda dal basso. La resa di questi corpi scaldanti

aumenta oltre che con l'aumentare della temperatura dell'acqua di alimentazione, con

l'altezza del "camino" che li ospita.

La bassa inerzia termica dei termoconvettori li rende adatti a seguire

prontamente rapide variazioni di fabbisogni termici, quando siano combinati con un

idoneo sistema di regolazione automatica. Lo scambio termico prevalente in questo

apparecchio è quello convettivo mentre il contributo radiativo, molto modesto, arriva al

massimo al 10%.La batteria alettata è realizzata per lo più in rame con alette in rame o

in alluminio oppure in acciaio.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Nei locali riscaldati con termoconvettori si verifica di frequente il fenomeno

della stratificazione dell’aria perché, soprattutto nelle stagioni intermedie, lo scambio

termico richiesto per il fabbisogno termico è tanto modesto da limitare l’innesco della

convezione naturale e quindi della circolazione dell’aria. Normalmente i valori di

temperatura di mandata dell’acqua sono compresi tra 60 e 70 [°C], evitando valori più

elevati per limitare i forti gradienti di temperatura che si stabilirebbero tra pavimento e

il soffitto. Anche per i vari tipi di termoconvettori è prevista l'omologazione delle rese e

la procedura per il loro dimensionamento è simile a quella descritta per i radiatori e le

piastre.

L’impiego dei termoconvettori ha avuto una larga diffusione negli anni sessanta

per via del loro basso costo. Attualmente non sono di impiego frequente, in quanto

sostituiti dai radiatori assai meno ingombranti, tuttavia il loro utilizzo diventa addirittura

indispensabile, quando si utilizza come fluido vettore il vapor d'acqua. Il

termoconvettore, infatti, non offre pericolose superfici calde a contatto degli utilizzatori.

Si riescono a realizzare flussi termici dell'ordine di 4000-5000 W/m. Per

aumentare l'effetto convettivo, si può ricorrere a soluzioni costruttive che prevedono la

presenza di un opportuno ventilatore: in tal caso si parla di ventilconvettori.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Aerotermi e ventilconvettori

Per aumentare le rese termiche e diminuire quindi le superfici di scambio, gli

ingombri e i costi, si è pensato di forzare il passaggio dell'aria attraverso una batteria a

tubi alettati mediante elettroventilatore. La versione industriale di questa

apparecchiatura prende il nome di aerotermo; quella civile di ventilconvettore.

• Aerotermo: tale componente ha una ventola elicoidale montata direttamente

sull'albero di un motore elettrico che può variare il numero dei giri.

La batteria alettata è posta di fronte alla ventola e il tutto è contenuto in un

cassoncino metallico, dotato di alette orientabili, che viene posizionato a diverse

altezze e che proietta l'aria orizzontalmente o verticalmente.

La rumorosità è piuttosto elevata, ma accettabile in un ambiente industriale. La

batteria, in questo caso con evidente maggior resa, può essere alimentata da vapore

o da acqua surriscaldata anziché da acqua calda.

• Ventilconvettore: questo terminale d’impianto è costituito da un cassoncino

metallico, posto di solito a pavimento sotto le finestre e che contiene un filtro, una

batteria alettata rame-alluminio e un elettroventilatore centrifugo, a più velocità. Il

mobiletto, solitamente a forma di parallelepipedo, è provvisto di due aperture: una,

in basso, per l'ingresso dell'aria ambiente da riscaldare ed una in alto, generalmente

frontale, per la fuoriuscita dell'aria calda. I ventilconvettori possono funzionare a

tutta aria di ricircolo (fig.a) oppure mediante serrandina telecomandata che consente

l'immissione di aria esterna fino ad un 30% circa della portata totale (fig.b). In

quest'ultimo caso, possono attivare una ventilazione degli ambienti nelle medie

stagioni, quando non è richiesto né il riscaldamento né il raffreddamento.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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a) b)

Poiché siamo in presenza di piccole potenzialità e quindi di piccole portate si può

ottenere una buona silenziosità di funzionamento. Questo apparecchio, se dotato di

una bacinella per la raccolta della condensa, può essere impiegato anche per il

raffrescamento estivo.

A parte il loro maggior costo di installazione e di manutenzione, rispetto agli altri

corpi scaldanti, i ventilconvettori presentano il vantaggio di una bassa inerzia

termica, della regolazione per ciascun locale e della utilizzazione anche per

raffrescamento estivo. La temperatura di uscita dell’aria da un ventilconvettore è di

circa 35-50°C, mentre la temperatura dell’acqua può variare da 50 a 75°C.

Pannelli radianti

Essi si differenziano nettamente dai sistemi precedentemente accennati e

consistono essenzialmente nel caso di applicazioni civili in una serpentina di tubi

incorporata nelle strutture dell'edificio, ad esempio pavimenti o soffitti (vedi figure). Per

quanto riguarda la qualificazione "radianti" questa vuole significare che una parte

consistente del calore viene emessa per radiazione. Indicativamente per i pannelli a

soffitto il contributo radiativo è del 65% circa mentre per quelli a pavimento scende a

circa il 50%. Le seguenti figure mostrano tipici schemi illustrativi sia nella

configurazione a pavimento che a soffitto.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Pannelli a pavimento

Pannelli a soffitto

L’utilizzo dei pannelli determina temperature medie radianti leggermente

superiori a quelle usuali e consente di ottenere condizioni di benessere termico con

temperature dell’aria interna 1-2 [°C] minori di quanto non possa ottenersi con le altre

soluzioni descritte. Questo fatto può consentire un risparmio energetico rispetto

all’utilizzo dei corpi scaldanti. Un’importante caratteristica dei pannelli radianti è quella

di consentire una riduzione della stratificazione dell'aria calda negli ambienti rispetto a

tutte le altre soluzioni impiantistiche come illustrato nelle seguenti figure (vedi figure).

Negli edifici industriali e in minor misura anche in alcune applicazioni civili, si

utilizzano i pannelli radianti del tipo sospeso, particolarmente adatti in ambienti di

grandi altezze (chiese, capannoni, ecc.). I materiali utilizzati per le tubazioni sono

1- Rivestimento del pavimento 2- Strato di supporto 3- Strato isolante 4- Soletta portante D- Diametro della serpentina T- Passo

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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oggigiorno costituiti, per la grande maggioranza degli impianti, da polietilene ad alta

densità, da polipropilene (PP), materiali che possono resistere a temperature moderate

(50 [°C]) con un elevato coefficiente di sicurezza, anche per 20 anni. I pannelli vengono

alimentati con acqua a temperatura inferiore a quella richiesta da impianti a radiatori sia

per limitare le temperature massime superficiali (circa 25-28 [°C] per il pavimento e

circa 30-35 [°C] per il soffitto) a valori adatti al mantenimento di condizioni ambiente

confortevoli, sia per evitare pericolose sollecitazioni nella struttura portante

dell'edificio. Questi terminali d’impianto sono, quindi, particolarmente adatti per

l'utilizzo dell'energia termica prodotta tramite pompe di calore o collettori solari ed

offrono inoltre il vantaggio di non avere corpi scaldanti in vista. Le conformazioni delle

serpentine da annegarsi nella struttura, in parte legate al materiale utilizzato per la loro

realizzazione, possono essere del tipo rappresentate in figura.

Ovviamente, con questo sistema, è necessario che la temperatura media

dell'acqua che circola nei pannelli sia alquanto moderata, dell'ordine di 40 [°C] per

quelli a soffitto e di 30 [°C] per quelli a pavimento. Si osserva quindi che in un edificio

in cui siano presenti sia corpi scaldanti, sia pannelli radianti, è necessario alimentare i

due circuiti con acqua a due diverse temperature, la qual cosa può ottenersi con due

valvole miscelatrici per controllare indipendentemente le temperature dei relativi

circuiti.

I pannelli radianti sono in genere caratterizzati da una notevole inerzia termica, e

quindi si prestano particolarmente quando sia opportuno il funzionamento continuativo

dell'impianto di riscaldamento (per esempio in ospedali). La messa in opera di pannelli

radianti richiede manodopera specializzata (si pensi agli inconvenienti che si possono

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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presentare nel caso di perdite). Un notevole vantaggio presentato da tale sistema rispetto

ai corpi scaldanti è il seguente: se in un edificio ove siano state realizzate ripartizioni

interne o tramezzature di grandi ambienti si deve procedere ad una loro modifica, nel

caso di corpi scaldanti è necessario che ogni nuovo ambiente venga adeguatamente

riscaldato e quindi bisogna in generale modificare anche la rete di distribuzione

dell'acqua, mentre nel caso di pannelli radianti questo problema non si presenta.

Altre soluzioni prevedono la posa in opera di pannelli sospesi alimentati con

vapore o acqua surriscaldata (temperatura > 100 [°C]) per esaltare l'effetto

irraggiamento. Questi pannelli presentano una ridotta inerzia termica e pertanto, anche

per ragioni estetiche, si prestano particolarmente al riscaldamento di ambienti industriali

ove la temperatura dell'aria viene tenuta a circa 14 – 15 [°C].

La figura seguente mostra un esempio di pannello radiante sospeso: ove i tubi,

percorsi dal fluido a temperature relativamente alte (120 [°C]) sono solidamente

collegati a lamiere d’acciaio, superiormente coibentate, tali da formare una "striscia"

radiante applicabile anche a capannoni, o strutture similari, molto alti.

8.10 Rete di distribuzione Gli impianti di riscaldamento a circolazione forzata dell'acqua vengono

usualmente classificati in relazione al tipo di rete di distribuzione dell’acqua, rete che è

costituita da tubazioni di andata (caldaia - corpi scaldanti) e tubazioni di ritorno (corpi

scaldanti - caldaia). Si usa attuare una distinzione tra:

• sistema a due tubi

• sistema monotubo

• collettori complanari

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Sistema a due tubi

Negli impianti centralizzati a due tubi per edifici a più piani, di tipo tradizionale,

di solito la centrale termica è sistemata in apposito locale del piano cantinato, la

distribuzione orizzontale delle tubazioni corre nello scantinato stesso e le colonne

montanti alimentano, direttamente ad ogni piano, uno o più corpi scaldanti. Questo tipo

di distribuzione viene detto dal basso o a sorgente o a candela.

Come mostrato in figura, ad ogni colonna montante è collegato un solo

terminale d’impianto.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Sistema monotubo

Al fine di ridurre lo sviluppo delle colonne montanti, si può utilizzare il cosiddetto

sistema monotubo nel quale, a ciascuna colonna montante, si collegano da quattro a

sei corpi scaldanti (vedi figura).

È opportuno osservare che con questa disposizione la temperatura dell’acqua che

alimenta i singoli corpi scaldanti è progressivamente minore, fatto di cui il progettista

dovrà tener conto al fine del calcolo della superficie di scambio dei corpi scaldanti.

Ad esempio, nel caso in cui si voglia che i corpi scaldanti del circuito forniscano

agli ambienti lo stesso flusso termico, occorrerà incrementare via via la loro superficie

di scambio per compensare la progressiva diminuzione della temperatura dell’acqua.

Collettori complanari

Questi sistemi di distribuzione, molto usata negli edifici esistenti (fino agli anni

90) è oggi abbandonata poiché la legislazione attuale richiede che, per ogni singola

unità abitativa, debba essere consentita la contabilizzazione dell’energia termica

utilizzata.

La tipologia d'impianto attualmente più adottata è quella a collettori complanari

che consente sia la riduzione del numero di colonne montanti che la possibilità di

procedere facilmente ad una ripartizione dei costi di riscaldamento in modo

proporzionale all'energia termica effettivamente consumata dai vari utenti

(contabilizzazione del calore).

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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L'impianto è caratterizzato da uno speciale doppio collettore (vedi figura) che, a

partire dalle colonne montanti di mandata e ritorno, presenta numerosi attacchi per la

mandata e il ritorno dell'acqua di alimentazione ai singoli radiatori.

Gli impianti moderni presentano quindi poche colonne montanti, situate di solito

nei vani delle scale, cui si allacciano i collettori con distribuzioni orizzontali ai singoli

piani, situate generalmente sotto il pavimento dei singoli appartamenti, ed allaccianti

tutti i corpi scaldanti degli appartamenti stessi. Nella figura è riportato un esempio di

distribuzione orizzontale per alloggio singolo.

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Tutti i corpi scaldanti di un appartamento per esempio possono essere serviti

mediante una rete orizzontale di sottili tubi di rame (mandata e ritorno) che collegano i

corpi scaldanti agli attacchi previsti sul collettore, posto al centro dell'appartamento al

fine di contenere la lunghezza delle tubazioni e per equilibrare dal punto di vista delle

perdite di carico il circuito. Il collettore si allaccia alle colonne montanti di mandata e di

ritorno dell'acqua. In conseguenza di questa disposizione, a differenza degli altri

sistemi, è possibile valutare e quindi contabilizzare l'energia termica che è utilizzata per

il riscaldamento d’ogni singola unità immobiliare. Infatti, misurando la portata

complessiva d’acqua calda in ingresso al collettore e le due temperature d’ingresso e

uscita, si può valutare il complessivo flusso termico utilizzato nell'appartamento

attuando facilmente una corretta contabilizzazione dell’energia termica utilizzata.

Questa esigenza, che non soddisfatta dalle precedenti distribuzioni ha

incentivato ed ancora incentiva l’adozione, non sempre tecnicamente giustificata, degli

impianti autonomi. Il sistema a collettori complanari si presta particolarmente, grazie

anche all'ormai generalizzato utilizzo di tubi in rame o plastica, di rapida messa in

opera, agli edifici di nuova costruzione o anche alle ristrutturazioni qualora vengano

rifatti i pavimenti. Nel caso di impianti autonomi la rete di distribuzione a collettori è in

prevalenza di tipo orizzontale sia a due tubi che monotubo (vedasi figure seguenti).

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

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Il sistema a collettori monotubo si presta particolarmente nelle ristrutturazioni di

vecchi edifici perché la tubazione che alimenta i corpi scaldanti può essere fatta passare

sotto battiscopa evitando/riducendo interventi sui pavimenti sovente di valore artistico.

8.11 Cenni sul dimensionamento della rete di distribuzione

La rete di distribuzione deve essere progettata per far sì che l'acqua calda circoli

in ogni diramazione della rete, in accordo col progetto. In genere, per evitare fastidiosi

sibili e vibrazioni, è opportuno evitare che la velocità dell'acqua nei tubi superi valori

pari a 1.5 m/s. È opportuno fare qualche cenno sul dimensionamento della rete. Si

consideri il semplice schema riportato in figura ove si è ipotizzata la presenza di soli

due corpi scaldanti A e B.

G

A

B

qmT

qmA

qmB x

y

1 2 z

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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 8

28

Il calcolo dei disperdimenti termici dei due locali fornisce il relativo fabbisogno

termico ϕA e ϕB . Si può scrivere:

ϕA = qmA c (ti - tu)

ϕB = qmB c (ti - tu)

Le portate d’acqua calda necessaria da inviare ad ogni locale qmA e qmB si

ricavano imponendo (ti - tu) = 10 [°C] mentre le superfici di scambio SA e SB , come già

visto, si ottengono:

ove:

ta = temperatura dell’aria interna,

tm = temperatura media dell’acqua nel corpo scaldante

Kc = trasmittanza termica caratteristica del corpo scaldante (Kc ≈ 8 [W/m2K]).

Nella figura il circuito è ridotto all’essenziale. Il

primo tratto di tubazione è indicato con la lettera x, i

due tratti in parallelo y, z, mentre il tratto successivo

con w.

Il problema che deve essere affrontato è ora

quello di far sì che la portata totale attraverso la

pompa qmT:

qmT = qmA + qmA

si ripartisca come previsto nei rami che alimentano i

radiatori A e B suddividendosi nei rami y e z in

accordo con il progetto dell’impianto.

)tt(SK)tt(SK

amBcB

amAcA

−⋅⋅=ϕ

−⋅⋅=ϕ

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CENNI SUGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 5

68

Si può scrivere con ovvio significato dei simboli:

P4 - P3 = ∆Py = ∆Pz

e cioè come rappresentato in figura si avrà la stessa variazione di pressione tra i nodi 3 e

4 lungo il tratto y e z..

In termini dell’equazione di Bernoulli

34a342

32434p gh

PP)ww(

21)zz(ggh +

ρ−

+−+−=

ed essendo tra 3 e 4 nulli i termini )ww(21;)zz(g;gh 2

32434p −− si ottiene:

34a34 gh

PP0 +

ρ−

=

In riferimento a ciascun tratto si ha:

∆Py = - ρghay

∆Pz = - ρghaz

e quindi anche:

hay = haz

ove i termini di perdita di carico hay , haz dipendono dalle geometrie delle rispettive

tubazioni e dalle relative portate in accordo con l’espressione delle perdite di carico

(distribuite e concentrate Σi ξi) in un tubo di lunghezza l e diametro D:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡ξ+λ= ∑

ii

2

a (Re)Dl

2wgh

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CENNI SUGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 5

69

Ad esempio, se y e z sono caratterizzati da tubazioni di diametro Dy, Dz, lunghe

rispettivamente ly , lz , con perdite di carico localizzate Σi ξyi e Σj ξzj questa condizione

di equilibrio delle perdite di carico (hay = haz ) può essere esplicitata nel seguente

modo:

( ) ( )⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡ξ+λ

ρ=

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡ξ+λ

ρ∑∑

jzjzz

z

z2

zmB

iyiyy

y

y2

ymA )(ReDL

g2A/q

)(ReDL

2A/q

dove: 4D

A2y

= e 4D

A2z

=

Pertanto essendo precisate le portate qmA e qmB che devono transitare lungo y e

z, (lunghezze ly , lz) l’equaglianza potrà essere soddisfatta solo scegliendo tubi di giusto

diametro (Dy, Dz ) e tenendo conto delle perdite concentrate (Σi ξyi , Σj ξzj).

Ad esempio, se si volesse qmA ~ qmB e fosse per i due tratti Σi ξyi ~ Σj ξzj col

tubo y più lungo (ly > lz) l’equilibrio delle perdite di carico richiederà che il tratto y sia

realizzato con tubo di diametro maggiore (Dy > Dz ).

La potenza della pompa è data da:

ρ−

⋅⋅η

= 12mT

PPq1W

ove η = rendimento pompa

Si può osservare che la potenza della pompa è determinata, oltre che dalla

totale portata d’acqua qmt attraverso la pompa, anche dalla prevalenza della pompa

(P2 - P1) necessaria per eguagliare le cadute di pressione per attrito lungo il circuito. Si

può osservare che la prevalenza richiesta sarà determinata dalle perdite di carico che

caratterizzano il circuito più sfavorito e cioè quello che alimenta il corpo scaldante più

lontano dalla centrale termica.

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CENNI SUGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 5

70

Esercizi ed esempi

1) Il generatore di calore di un impianto di riscaldamento ad acqua calda, a regime,

consuma qmc = 25 [kg/h] di gasolio. L’acqua tra ingresso e uscita del generatore

subisce una variazione di temperatura ∆t = 30 [°C]. La portata d’acqua è qm = 7200

[kg/h]. Si valuti il rendimento ηg del generatore ( calore specifico acqua c = 4186

[kJ/(kgK)].

La potenza termica resa al fluido termovettore è

]kW[251]K[30)]kgK/(J[186.4]s/kg[36007200tcqmu =⋅⋅=∆⋅⋅=ϕ

La potenza termica al focolare ϕfoc è:

imcfoc Hq ⋅=ϕ

Il potere calorifico inferiore del gasolio è Hi = 41.8 MJ/kg per cui risulta:

]kW[3.290]W[290300]kg/J[108.41]s/kg[360025 6

foc ==⋅⋅=ϕ

Il rendimento è quindi:

86.03.290

251

foc

ug ==

ϕϕ

2) Il fabbisogno termico invernale di un locale è ϕi = 1600 [W] e viene fronteggiato

con un corpo scaldante. Se si impone un raffreddamento dell’acqua attraverso il

corpo scaldante ∆t =10 [°C], quale portata d’acqua qm sarà necessario fornire al

corpo. Si valuti inoltre la superficie di scambio S necessaria ? Si supponga una

temperatura di ingresso dell’acqua ti = 90 [°C], la temperatura ambiente ta = 20

[°C] e una trasmittanza del corpo scaldante Kc = 8 [W/m2 K].

La potenza termica ceduta dal corpo scaldante è :

tcqmi ∆⋅⋅=ϕ

e quindi risulta:

]h/kg[137]s/kg[038.0104186

1600tc

q im ==

⋅=

∆⋅ϕ

=

Si può scrivere:

)tt(SK amci −⋅⋅=ϕ

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CENNI SUGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 5

71

ove tm è la temperatura media dell’acqua tra ingresso e uscita del corpo scaldante e

cioè:

]C[852

8090tm °=+

=

Risulta:

]m[07.3)2085(8

1600)tt(K

S 2

amc

i =−⋅

=−⋅

ϕ=

3) Un corpo scaldante è costituito da una piastra in alluminio quadrata (dimensioni

altezza a = 0.6 [m] e larghezza b = 0.6 [m]. La temperatura media dell’acqua tra

ingresso e uscita del corpo scaldante tm = 85 [°C]. Si determini la trasmittanza

termica Kc .

Il processo di trasmissione del calore tra l’acqua calda (temperatura media

dell’acqua tra ingresso e uscita tm = 85 [°C] ) è di tipo combinato: infatti si ha

convezione termica acqua-parete (coefficiente convettivo αcaq), conduzione

termica attraverso lo spessore sp della piastra (conducibilità termica λp ) e infine

convezione con aria ed irraggiamento sul lato esterno (coefficiente liminare αe).

La resistenza termica specifica totale relativa a questo processo di trasmissione

del calore è:

eep

p

caq

't

11s1Rα

≅α

=

• αcaq in convezione forzata acqua-parete è numericamente grande (1/ αcaq ≈ 0)

• la resistenza conduttive della lastra metallica è assai piccola (sp/ λp ≈ 0)

Pertanto la trasmittanza termica è:

irrce't

c R1K α+α=α≈=

Nell’esempio svolto nel Capitolo 2 si era valutato per questa situazione in regime

laminare coefficiente medio di scambio αc ≈ 5 [W/(m2K)].

Nell’esempio svolto nel Capitolo 3 si era valutato anche il coefficiente di

irraggiamento αirr per la piastra sia verniciata (εve = 0.95) che in alluminio lucido (εal =

0.04). I valori ottenuti erano rispettivamente αirr = 7.2 [W/(m2K)] e αirr = 0.33

[W/(m2K)].

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CENNI SUGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO Capitolo 5

72

Pertanto si avrà :

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡≈⇒=ε

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡≈⇒=ε

KmW5.5K)04.0(lucidapiastra

KmW12K)95.0(verniciatapiastra

2cal

2cve

Si può osservare che nell’impiego pratico la situazione non è del tutto analoga a

quella considerata (una faccia della piastra sarà rivolta verso la parete ove la piastra è

montata), spesso la geometria differisce dalla piana). Pertanto per calcoli tecnici un

valore tecnicamente adottabile risulta Kc = 8 [W/m2 K].

I risultati ottenuti, seppur di carattere indicativo, evidenziano comunque la

notevole influenza che il tipo di finitura superficiale esercita sulla prestazione termica

di un corpo scaldante.