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CAPITOLO 2 Interazione delle particelle cariche con la materia Le particelle cariche passando attraverso la materia sono soggette: 1. a urti elastici sui nuclei che provocano deviazioni della direzione di volo, 2. a urti inelastici sugli elettroni che provocano perdite di energia, 3. altri processi come la produzione di luce Cerenkov, o l’emissione di radiazione di frenamento (bremsstrahlung) con emissione di fotoni nelle accelerazioni associate ai bruschi cambiamenti di direzione. Una particella carica, attraversando la materia, a causa della sua carica subisce un gran numero di interazioni. Una particella α da 1 MeV, per esempio, subisce circa 10 5 interazioni prima di perdere la sua energia; risulta pertanto impossibile descrivere il suo comportamento considerando ogni singolo urto; il processo viene perciò studiato attraverso la perdita media di energia per unità di percorso o stopping power o dE/dx assumendo un rallentamento uniforme e continuo della particella. Le perdite avvengono attraverso due meccanismi: a. le collisioni inelastiche attraverso cui la particella produce eccitazioni e ionizzazioni di atomi e /o molecole della materia attraversata; b. le perdite radiative, o emissione di radiazione di frenamento (bremsstrahlung), importanti soprattutto per elettroni e positroni, dette particelle cariche leggere per distinguerle dalle particelle cariche pesanti (p, α, μ, π, …) e dagli ioni pesanti (rappresentate dai nuclei atomici). Collisioni inelastiche Questo tipo di interazione fra una particella carica e un atomo, classicamente, può essere caratterizzata per mezzo del parametro d’urto b e del raggio atomico a. A seconda del rapporto fra a e b si parla di collisioni lontane, vicine o di interazioni dirette col nucleo atomico: b » a collisioni lontane con produzione di eccitazioni; b ~ a collisioni vicine con ionizzazioni ed emissione di raggi δ (elettroni prodotti nella ionizzazione e che possono essere visti come piccole tracce secondarie; b « a interazione diretta col campo elettrico del nucleo (urto elastico sul nucleo con cambiamento di direzione della particella incidente)

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CAPITOLO 2 Interazione delle particelle cariche con la materia Le particelle cariche passando attraverso la materia sono soggette:

1. a urti elastici sui nuclei che provocano deviazioni della direzione di volo, 2. a urti inelastici sugli elettroni che provocano perdite di energia, 3. altri processi come la produzione di luce Cerenkov, o l’emissione di

radiazione di frenamento (bremsstrahlung) con emissione di fotoni nelle accelerazioni associate ai bruschi cambiamenti di direzione.

Una particella carica, attraversando la materia, a causa della sua carica subisce un gran numero di interazioni. Una particella α da 1 MeV, per esempio, subisce circa 105

interazioni prima di perdere la sua energia; risulta pertanto impossibile descrivere il suo comportamento considerando ogni singolo urto; il processo viene perciò studiato attraverso la perdita media di energia per unità di percorso o stopping power o dE/dx assumendo un rallentamento uniforme e continuo della particella. Le perdite avvengono attraverso due meccanismi:

a. le collisioni inelastiche attraverso cui la particella produce eccitazioni e ionizzazioni di atomi e /o molecole della materia attraversata;

b. le perdite radiative, o emissione di radiazione di frenamento (bremsstrahlung), importanti soprattutto per elettroni e positroni, dette particelle cariche leggere per distinguerle dalle particelle cariche pesanti (p, α, μ, π, …) e dagli ioni pesanti (rappresentate dai nuclei atomici).

Collisioni inelastiche Questo tipo di interazione fra una particella carica e un atomo, classicamente, può essere caratterizzata per mezzo del parametro d’urto b e del raggio atomico a. A seconda del rapporto fra a e b si parla di collisioni lontane, vicine o di interazioni dirette col nucleo atomico:

b » a collisioni lontane con produzione di eccitazioni; b ~ a collisioni vicine con ionizzazioni ed emissione di raggi δ (elettroni

prodotti nella ionizzazione e che possono essere visti come piccole tracce secondarie;

b « a interazione diretta col campo elettrico del nucleo (urto elastico sul nucleo con cambiamento di direzione della particella incidente)

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Il primo calcolo del dE/dx è stato effettuato da Bohr e poi ripreso da Bethe e Bloch. Nel calcolo di Bohr viene considerata una particella pesante di carica ze e massa M » me (massa dell’elettrone); si suppone che l’elettrone rimanga fermo durante l’interazione e che la particella pesante non subisca alcuna deviazione. L’energia persa dalla particella viene calcolato attraverso l’impulso trasferito all’elettrone con le relazioni seguenti:

empE

2

2Δ=Δ Ip

rr=Δ

∫∫∫∫ ⊥⊥⊥ ==== dxEedxEedxdxdtEedtFI

vv Si fa riferimento solo alla parte perpendicolare del campo elettrico per motivi di simmetria (il contributo della componente parallela si annulla integrando da -∞ a +∞). L’ultimo integrale può essere calcolato col teorema di Gauss considerando un cilindro con la superficie passante per l’elettrone e con l’asse coincidente con la traiettoria della particella (asse x).

b

e

zeM , xr

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bzedxEbdxEdSEze 224 =⇒== ∫∫∫ ⊥⊥⊥ ππ

v2 2

bzeI =

quindi l’energia ceduta ad un elettrone a distanza b dall’asse

22

42222

v2

21

v2

2)(

bmez

mbze

mpbE

eee

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

Δ=Δ

Per calcolare la perdita di energia totale dobbiamo considerare tutti gli elettroni contenuti nel cilindro; per questo prendiamo un elemento di volume dV come mostrato in figura:

Se indichiamo con Ne il numero di elettroni per unità di volume del materiale, allora l’energia ceduta agli Ne dV elettroni contenuti in dV è data da:

b

dx

dbb +

b

e

zeM , xr

dx

bdbdxdV π2=

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dxb

dbNm

ezbdbdxNbm

ezdVNbEbdE ee

ee

e 2

42

22

42

v42

v2)()( ππ ==Δ=−

Per sommare su tutti gli elettroni dovremmo integrare fra b=0 e b=∞; tuttavia considerazioni fisiche suggeriscono che l’integrazione va fatta fra un bmin e un bmax da cui si ottiene:

min

max2

42

lnv

4bbN

mez

dxdE

ee

π=−

Per calcolare bmin riferiamoci al caso in cui si ha il massimo trasferimento di energia; classicamente questo si verifica nel caso di urto centrale fra due particelle con la massa del bersaglio molto più piccola di quella del proiettile; nel nostro caso un elettrone assorbe un’energia cinetica pari a

2v)2(

21

em

Relativisticamente questa variazione di energia è data da:

cv e

-11con

v2

2

22

== ββ

γ

γ em

[ ] 2

2

min22min

4222

max vv2v2)(

eee m

zebbm

ezmbEγ

γ =⇒==Δ

Per calcolare bmax dobbiamo ricordarci che gli elettroni non sono liberi ma, in realtà, sono legati al nucleo e possiamo pensare che orbitano intorno ad esso con una frequenza ν, e affinché ci possa essere trasferimento di energia, l’interazione deve avvenire in un tempo breve rispetto al periodo di rivoluzione τ=1/ν ; un tempo tipico

di interazione potrebbe essere vbt ≅

con v velocità della particella incidente, quindi

deve essere 1ν

τ =≤t ; relativisticamente si ha vγγ

btt =→ ; e quindi

νγ1

v≤

b

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dove si è tenuto conto che ci sono elettroni legati su vari orbitali usando un valore

medio della frequenza, e da cui si ha ν

γ vb ≤ e quindi

νγ vbmax =

Sostituendo i valori massimo e minimo di b otteniamo la formula classica di Bohr, che date le assunzioni su cui ci siamo basati per la sua derivazione, vale solo per particelle cariche pesanti (dalle α in su), anche se contiene le caratteristiche essenziali della perdita di energia per le particelle cariche pesanti: dipendenza dal quadrato della carica della particella incidente e dall’inverso del quadrato della sua velocità

νγπ

2

32

2

42 vlnv

4ze

mNm

ezdxdE

ee

=−

Da una trattazione più rigorosa fatta da Bethe e Bloch si ricava:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−=− 2

2max

22

2

222 2v2ln2 βγ

βρπ

IWmz

AZcmrN

dxdE e

eea

con

1222 1535.02 −= gMeVcmcmrN eeaπ me massa dell’elettrone re raggio classico dell’elettrone Na numero di Avogadro I potenziale medio di ionizzazione del materiale attraversato Z numero atomico del materiale A numero di massa del materiale ρ densità del materiale z carica della particella incidente Wmax massima energia trasferita in un singolo urto dato da

2222

22

222

max 2121

2 γβγβ

γβ cm

Mm

Mm

cmW emMee

ee

⎯⎯ →⎯

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛+++

= >>

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All’equazione precedente vengono aggiunti altri due termini di correzione: uno per tener conto dell’effetto densità e uno di correzione di shell; l’espressione diventa così:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−−−=−

ZC

IWmz

AZcmrN

dxdE e

eea 22v2ln2

22

max22

2

222 δβγ

βπ

ρ

Nelle figure seguenti è riportato l’andamento del dE/ρdx in funzione dell’energia della particella incidente:

Sempre nel caso di particelle pesanti M>>me c’è un modo più generale di scrivere la relazione completa della perdita di energia usando una funzione L(β) L(β) viene detto stopping number e contiene tutte le correzioni che vanno applicate al termine base dello stopping power per ottenere un buon accordo con i dati sperimentali.

L+++= )()()()( 22

10 ββββ LzzLLL

)(2

2

ββ

LzKdxdE

=−

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L0(β) è composto da vari contributi che analizzeremo più in dettaglio più avanti: L1(β) interviene con una potenza dispari di z e introduce delle correzioni, note come effetto Barkas, che si sottraggono o si sommano a seconda che la particella sia negativa o positiva. L’effetto Barkas, zL1, prende il nome da Walter Barkas, che scoprì nel 1956 con le emulsioni fotografiche che pioni positivi e negativi della stessa energia avevano percorsi di lunghezza diversa nell’emulsione; la differenza fra percorsi era piccola, circa 0.36%, ma Barkas l’ha misurata con grande precisione. La spiegazione di questa differenza fu suggerita più tardi da Barkas come dovuta alla correzione all’approssimazione al primo ordine dell’equazione di Bethe-Bloch: i proiettili positivi tendono ad attirare gli elettroni verso la propria traiettoria, mentre le particelle negative tendono a respingerli, quindi la densità elettronica della materia cambia a seconda del segno della carica del proiettile. I primi lavori di Barkas ed altri sono stati riveduti da Heckman. L2(β) è noto come termine di Bloch e introduce delle correzioni minori a bassa energia. Per avere un’idea dell’importanza di ciascun termine, nella figura seguente è riportato l’andamento in funzione dell’energia di ciascun termine come percentuale dello stopping number completo L(β); F(β) risulta anche maggiore del 100% perché ci sono alcuni termini negativi che contribuiscono e che vanno sottratti; come esempio sono riportati i valori per l’alluminio e per l’oro.

)()()(

2)(ln)()( 2

21 BlochLzBarkaszLdensitàshell

ZCIFL ++⎥⎦

⎤⎢⎣⎡ −−><−=

δββ

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −><−−= )(

2ln)()()(0 densitàIshell

ZCFL δββ

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Consideriamo più in dettaglio il primo termine L0 ( β )

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −−−=−

2ln)(2

2 δββ Z

CIFzKdxdE

termine base

effetti relativistici

struttura atomicadel materiale

correzioni di shell

effetto densità

22

222

0

12ln)(

con 2

ln)()(

ββββ

δββ

−⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−

=

−−−=

cmF

ZCIFL

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Correzioni relativistiche

)(12 β

βF

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Potenziale di ionizzazione

La figura mostra l’andamento di I/Z in funzione di Z e può essere rappresentato con un andamento analitico del tipo:

13 Zper 58.8Z9.76

13 Zper Z

eVZI

1.19- ≥+

<+=712)(

>< Iln

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Il potenziale di ionizzazione cresce con Z; passando dall’alluminio al piombo aumenta da 166 a 823 eV; ma nella formula entra il ln<I>, e quindi la correzione passa semplicemente da 5.11 a 6.71.

Effetto densità La particella carica polarizza il mezzo attraversato; l’effetto risultante è che gli atomi più lontani sentono un campo elettrico totale minore; e perciò la particella perde meno energia di quanto previsto dalla formula di Bethe e Bloch. Tale effetto è più evidente nei mezzi condensati e aumenta con l’energia della particella. L’andamento asintotico del termine di correzione dell’effetto densità ad alta energia è dato da: Un esempio di correzioni per effetto densità per protoni di alta energia (> 100 MeV) in vari materiali è mostrato nella figura seguente; si vede bene l’aumento della correzione al crescere dell’energia; in generale la correzione è più alta per elementi leggeri, ma ci possono essere delle eccezioni.

( ) eVI Al 166= ( ) eVI Pb 823=

( ) 11.5ln =AlI ( ) 71.6ln =PbI

)(816.28

21lnln

2

eV AZ

con

I

p

p

ρω

βγωδ

=

−+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛→

h

h

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Correzioni di shell Quando la velocità della particella diventa confrontabile o più piccola di quella di rotazione dell’elettrone il termine base va come 1/β 2 e, quindi, diverge per β→0; perciò viene introdotto il temine C/Z detto di correzione di shell. In figura è riportato un esempio per i protoni in diversi materiali; come si vede la correzione diventa sempre più importante al crescere dello Z passando dall’alluminio all’uranio; all’aumentare dell’energia raggiunge un massimo e poi diminuisce.

Inoltre la correzione dipende dal tipo di particella; e questo viene sfruttato nei rivelatori per identificare le particelle.

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Un altro effetto che interviene a bassa energia è legato alla cattura di elettroni: le particelle positive (nuclei atomici, protoni), man mano che vengono rallentate nella materia, possono catturare elettroni dalla materia e di conseguenza la loro carica diminuisce. La formula di Bethe e Bloch mostra che la perdita di energia dipende dal quadrato della carica z della particella; e la cattura di elettroni si traduce in una perdita di energia minore di quanto previsto dalla formula di Bethe e Bloch. Per tener conto di questo effetto si introduce la carica netta statistica Z1

* dello ione parzialmente neutralizzato; ad alta energia lo ione è completamente privo di elettroni e quindi Z1

* = Z1; mentre Z1* diminuisce man mano che la particella rallenta; la

perdita di energia calcolata con la formula di Bethe-Bloch deve essere corretta di una percentuale che dipende da Z1

* per avere un buon accordo con i valori misurati sperimentalmente. Per ioni leggeri, protoni e α si assume che la formula di Bethe-Bloch sia valida fino ad 1 MeV/amu. Picco di Bragg Una conseguenza della dipendenza dall’energia del dE/dx, è il picco di Bragg mostrato nelle figure seguenti:

Quando un fantoccio viene irraggiato con un fascio di particelle cariche e si studia l’andamento della dose assorbita in funzione della profondità si vede che la dose è relativamente bassa all’ingresso del fascio e poi aumenta più o meno bruscamente verso la fine del percorso della particella. Questo andamento della curva è legato alla dipendenza energetica del dE/dx quando si scende verso le basse energie. Una particella carica man mano che procede attraverso il mezzo perde energia; quindi la sua energia diminuisce finché si ferma; e al diminuire dell’energia, il dE/dx aumenta. Questo viene mostrato chiaramente nella figura seguente in cui un fascio di protoni da 100 MeV incide su uno spessore d’acqua; è ben visibile l’aumento del dE/dx con la profondità nell’acqua.

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Questo effetto è alla base della radioterapia adronica condotta con protoni o ioni più pesanti. Per essere utilizzato in pratica il picco deve essere allargato, come mostrato in figura, in modo da dare dose all’intero volume del tumore che può avere dimensioni lineari dell’ordine del cm.

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Dipendenza dal materiale

Protoni diminuisce al crescere dello Z del materiale

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Stopping of Ions in Compounds

Il dE/dx di una miscela può essere calcolato a partire dai dE/dx dei singoli elementi usando la regola di composizione di Bragg

ii

i

i

C dxdEw

dxdE

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛− ∑ ρρ

Indicando con ai il numero di atomi di una data specie nella molecola o nella miscela, vengono calcolate le seguenti quantità che caratterizzano il materiale e sono utili per il calcolo della perdita di energia nel composto:

∑=

ii

iii A

Aaw ∑=i

iieff ZaZ ∑=i

iieff AaA ∑=i eff

iiieff Z

IZaI lnln

∑=i eff

iiieff Z

Za δδ

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Core and Bond Corrections There have been more than 400 papers which discuss methods of calculating the stopping of ions in compounds (Compound Citations listings). Many recent papers tend to be rather rigorous and apply molecular orbital calculations to single systems. Our interest is to find an accurate solution which can be used for any ion / compound situation with limited input from the user. The most basic information is still necessary: the chemical nature of the compound. From this rudimentary information, SRIM then estimates the corrections needed to produce stopping which is accurate to a few percent.

The method which is used is called the Core and Bond (CAB) approach, which was first proposed by a group at the University of Cologne (Köln, Germany).[1] They proposed approaching the problem by reducing each target atom to two parts: the core electrons which are unperturbed by bonding, and the bonding electrons. An example would be for carbon atoms, with a core of the nucleus and the inner shell electrons, and then separate outer shell contributions depending on how the carbon was bound into the compound.

The problem is to determine the Core and Bond values for common elements. The Core stopping contributions would simply follow Bragg's rule for the atoms of the compound, which suggests a linear addition of the stopping from each of the elements in the compound. The chemical bonds of the compound would then contain a correction to this basic stopping. The bonds would be evaluated depending on the simple chemical nature of the compound. For example, for hydrocarbons, carbon in C-C, C=C and CðC structures would have different bonding contributions (C=C indicates a double-bond structure and CðC is a triple bond). The contribution to stopping by a carbon atom in a C=C bond is almost twice that of a carbon atom single-bond state. And a carbon atom in a triple-bond state contributes even greater stopping powers. By merely specifying the bonding of the atoms in the compound, for example, SRIM can then generate a stopping correction required for the compound with this bonding arrangement.

The Core and Bond values may be determined by analyzing the stopping of ions over a great number of targets, and solving for the contribution from the Cores and the Bonds. We use the stopping of light ions, H, He and Li, in 162 different stopping experiments. The compounds contained 30 different elements. We will assume that for the targets with 12 heavy elements, the stopping is dominated by the non-bonding electrons (discussion below). But 114 of these compounds contained only light elements, and their stopping is significantly altered by their bonding. The light elements we consider are: H, C, N, O, F, S and Cl. For each of these elements there is a core contribution, and a separate bonding contribution. The bonds which appear in the 114 compounds with only light elements that we studied were:

Compound Bonds which were Evaluated (Table 1)

Hydrogen Bonds Carbon

Bonds Other

Bonds H-H C-C NðN

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H-C C=C N-O H-N CðC O=O H-O C-N S-H H-S C-O S-C

C=O C-F C-Cl

where "-" denotes a single bond, "=" denotes a double bond and "ð" denotes a triple bond. These 16 bonds are considered unknown parameters. The scaling of ion stopping from H to He to Li are also considered unknowns. Finally the stopping effect of the phase-state of the target is another unknown parameter. This gives a total of (16 bonds) + (3 ions) + (2 phase states) = 20 parameters that will be extracted from the data of 114 experiments.

It is clear that we have an "over-defined" problem, in which there are many more equations than the number of unknowns, and this improves the accuracy of the solutions. The solving of the multiple equations was done in a standard iterative method for over-defined problems. Reference [1] G. Both, R. Krotz, K. Lohman and W. Neuwirth, Phys. Rev., A28, 3212 (1983). Table 2 shows the compounds used for the extraction of Core and Bond parameters.

Compounds used to extract Bonding Contributions (Table 2)

Compound Formula Ions Compound Formula Ions

Acetaldehyde C2H4O He Ethylene C2H4 H, He,

Li Acetic Acid CH3COOH Li Ethylene oxide C2H4O He

Acetone C3H6O He, Li Ethylene sulfide C2H4S He

Acetylene C2H2 H, He Formic Acid HCOOH Li

Alcohol, methyl- CH3OH He, Li Glycerol C3H8O3 Li

Alcohol, ethyl- C2H5OH He, Li Hydrogen Sulfide SH2 He

Alcohol, propyl- C3H7OH He, Li Methane CH4 H, He

Alcohol, undecanol- C11H23OH Methane, chloro-trifluoro- CClF3 He

Allene C3H4 He Methane, dichloro-difluoro CCl2F2 He

Aluminum oxide Al2O3 H, He, Li Methane, dichloro-fluoro- CHCl2F He

Ammonia NH3 H 2-Methyl, 1,3-butadiene C5H8 Li

Anthracene C14H10 H Methyl sulfide (CH3)2S He

Benzene C6H6 H, He, Li Nickel oxide Ni2O3 H, He

Bicyclo[221]hepta2,5diene C7H8 Li Nitrous oxide N2O H, He

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Butane C4H10 He Octanoic acid C7H15COOH Li

1,30Butadiene C4H6 He n-Pentane C5H12 Li

2-Butanone C4H8O He N-Pentadecane C15H32 Li

Butyraldehyde C4H8O He 1,5-Pentanediol C5H12O2 Li

Carbon tetrachloride CCl4 He 3-Pentanone C5H10O He, Li

Carbon tetrafluoride CF4 He 1-Pentene C5H10 Li

1-Chlorobutane C4H9Cl Li Phenylacetylene C8H6 He

1-Chloroheexadecane C16H33Cl Li Polyethylene (CH2)n H

1-Chlorohexane C6H13Cl Li Polypropylene (C3H6)n H

2-Chloro-2-methylpropane C4H9Cl Li Polystyrene (C8H8)n H, He

1-Chloropropane C3H7Cl Li Propane C3H8 H, He

1,3,5-Cycle-heptatriene C7H8 Li 1,3-Propanediol C3H8O2 Li

1,3-Cyclo-hexadiene C6H8 He 2-Propanol C3H7NH2 Li

Cyclohexane C6H12 He, Li Propylamine C3H7NH2 Li

Cyclohexanone C6H10O He Propylene C3H6 H, He

Cyclohexene C6H10 He, Li Propylene oxide C3H6O He

Cyclooctane C8H16 He, Li ---------Propylene sulfide C3H6S He

Cyclopentane C5H10 He, Li Silicon dioxide SiO2 H, He,

Li Cyclopentene C5H8 He, Li Thiophene C4H4S He

Cyclopropane C3H6 H, He Toluene C7H8 He, Li

n-Decane C10H22 Li Trimethylene sulfide C3H6S He

1,2-Difluorethane C2H4F2 He, Li Water (solid) H2O H, He, Li

p-Dioxane C4H8O2 He Water (gas) H2O H, He, Li

Ethane C2H6 He Hydrogen (gas) H2 H, He

1,2-Ethanediol (CH2OH)2 Li Nitrogen (gas) N2 H, He

Ethane hexafluoride- C2F6 He Oxygen (gas) O2 H, He

Ethane hexafluoride C2F6 He Graphite C6 H, He

Ether, dimethyl- C2H6O He

Ether, vinyl-methyl- C3H10O He

Ether, diethyl- C4H10O He, Li

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The simultaneous fitting of ion stopping in all of these compounds yielded the following Bonding Corrections, see Table 3. The corrections are for H, He and Li ions at 125 keV/amu (about the peak of their stopping power curve) and all strengths are normalized to the C-C bond. The evaluations were done at several ion velocities, both higher and lower than 125 keV/amu, and the relative magnitude of the bonds changed.

Relative Strength of Bonding in Compounds (Table 3) Hydrogen

Bonds Relative

Strength Carbon

Bonds Relative

Strength Other

Bonds Relative

Strength H-H 2.44 C-C 1.00 N#N 5.17 H-C 1.83 C=C 2.49 N-O 4.01 H-N 2.09 C#C 3.81 O=O 5.40 H-O 2.22 C-N 1.29 S-H 1.23 H-S 1.23 C-O 15.7 S-C 0.41

C=O 3.53 C-F 2.79 C-Cl 0.94

The relative strength of the target atom "cores" were also extracted, see Table 4. The contribution of the hydrogen core was set to zero because its only electron is used in bonding. All core strengths are shown relative to carbon. The core contribution to stopping was found to be relatively independent of the ion velocity, in contrast to the contribution of bonding, above.

Relative Strength of Atomic Cores (Table 4)

Target Atom Relative Core Strength

Hydrogen 0.000 Carbon 1.000 Nitrogen 0.93 Oxygen 0.89 Fluorine 0.88 Sulphur 5.33 Chlorine 4.69

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Bragg's Rule and Heavy Target Elements We have concentrated on the analysis of the stopping of ions in compounds made up of light elements. For compounds with heavier atoms, many experiments have shown that deviations from Bragg's rule disappear. In Table 5 is shown representative examples of ion stopping in various compounds containing heavy elements. None show measurable deviations from Bragg's rule. The citations for these measurements are tabulated in the Compound Citation page. Many articles with similar results were reviewed in the 1980s.[1,2]

Bragg's Rule Accuracy in Heavy Compounds (Table 5)

Compound Deviation from Bragg's rule Compound Deviation from

Bragg's rule Compound Deviation from Bragg's rule

Al2O3 < 1% HfSi2 < 2% Si3N4 < 2%Au-Ag alloys < 1% NbC < 2% Ta2O5 < 1%Au-Cu alloys < 2% NbN < 2% TiO2 < 1 %

BaCl2 < 2% Nb2O5 < 1% W2N3 < 2%BaF2 < 2% RhSi < 2% WO3 < 2%Fe2O3 < 1% SiC < 2% ZnO < 1%Fe3O4 < 1%

For compounds which contain elements with atomic numbers greater than 12, it is possible to combine the CAB approach with Bragg's rule. The CAB approach can be used for the small atomic number cores and bonds, and these can be combined with the normal stopping contribution of the other components of the compound. [1] D. I. Thwaites, Nucl. Inst. Methods, B12, 84 (1985). [2] D. I. Thwaites, Nucl. Inst. Methods, B27, 293 (1987).

Examples of Stopping Correction for Compounds Stopping Correction for a target of Ethylene When you use SRIM, you are given the option of using the Compound Dictionary. This menu lists about 200 compounds, and provides stopping corrections for a great number of them. Below is a typical example for Ethylene, C2H4, which has a total 12% stopping correction. Below on the left is the SRIM Compound Dictionary window for Ethylene. The Bonding Correction is 8.33%. Below this is the density for Ethylene in gas phase, and the chemical formula and the bonding information in schematic form. Below this is the composition of Ethylene in both atomic percent and mass percent. The term "Core Stopping" is the same as the Table 4 above, but in different units. Finally, at the bottom the bonding information is listed. There are four (H-C) single bonds, and one (C=C) double bond. The effect of these cores and bonds is to make a 8.3% correction. SRIM also makes an

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automatic correction for the phase change for carbon in the target if the "Gas Phase" box is checked in SRIM (we are assuming gaseous Ethylene in this example). The gas-phase correction is about 4% for carbon. This makes the total correction to be 12%.

Shown in figure "He into Ethylene (gas)" is the stopping of He ions into Ethylene showing the Bragg's rule stopping estimate for (2 Carbon) + (4 Hydrogen) atoms (black curve). These values are clearly too small. There are two corrections that are made. The stopping of He in Carbon assumes a solid-phase target. The stopping in gas-phases usually increases the stopping. Shown in the curve is the stopping due to carbon solid (solid green line) and carbon in gas phase (dashed green line). Then we must consider the bonding effects. The ethylene molecule contains 4 H-C single bonds, and a C=C double bond. From the discussion above, the C=C bond adds significantly to the stopping power near the peak of the stopping. SRIM calculates that this increase is 8.3%. So the two corrections make the total adjustment to the stopping to be about 12%, and it brings the calculation into reasonably accurate agreement with the data.

SRIM Compound Stopping Correction

Ethylene Stopping Correction for Target Chemistry Solid Target = +10.79% Gas Target = + 3.04% ======================================= Density = 0.00125 g/cm3 Chemical H H Formula \ / C == C C H / \ 2 4 H H ------ TARGET COMPOSITION -------- Atom Atom Number Atom Core Name Numb Atoms Mass % Stopping ---- ---- ------- ------ -------- H 1 4.00 14.37 0.00 C 6 2.00 85.63 6.21 -TARGET BONDS (per molecule)- Bond Type Number Stopping --------- ------ -------- (H-C) 4 7.438 (C=C) 1 10.023

He into Ethylene

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Limiti di validità della formula di Bethe e Bloch

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Per particelle pesanti fino alle α e per valori di β ≥ 0.1 è precisa entro qualche percento; correggendo opportunamente per l’effetto di cattura elettronica a bassa energia si può raggiungere la stessa precisione anche per nuclei leggeri fino a Z=26; nel range 0.01< β < 0.05 la formula suddetta non è più valida e si deve far ricorso a formule empiriche. Oggi è disponibile un programma di simulazione SRIM, costantemente aggiornato e scaricabile gratuitamente da internet, che è in grado di calcolare la perdita di energia per particelle dai protoni fino a nuclei pesanti. "How accurately may stopping powers be calculated?" Figure 21 show experimental/calculated values for the stopping of H and He ions in nickel targets. There is a significant spread of experimental data beyond the 1% accuracy typically claimed by the experimentalists. For nickel targets, data from 30 papers shows agreement only to about ±3%. However, this spread may be partly real and not experimental error. Studies have shown that metal films prepared by different methods (rolling, evaporation, sputtering, etc.) may have significantly different texture, which is defined as the degree to which the crystalline grains are aligned along a common axis.85 That is, the crystalline grains are not randomly oriented, but have partial properties of a single-crystal. Such texture can promote ion channeling which can both increase and decrease stopping powers depending on the orientation of the ion beam to the target texture. Hence, some of the observed variation in stopping powers may actually be "real", i. e. due to structural differences in the targets and not just due to experimental errors. The accuracy of SRIM-2003 can be reviewed by viewing plots which compare existing Experiments and the equivalent SRIM calculations. In all of the below plots, there are two graphs shown for each example. The lower plot shows the ratio of Experiment /Theory for given ions and targets. The upper plot shows the same data which are normalized to the stopping of a typical ion/target combination. This allows one to view the same Experiment / Theory in a more natural plot.

The plots below cover energies from 1 - 10,000 keV/amu (light ions) and 1 - 100,000 keV/amu for heavy ions.

The stopping powers of SRIM has significantly improved from the last major updates in 1998. This improvement is almost entirely in the calculation of the stopping of heavy ions since a totally new formalism is now used in SRIM. In 1998, the deviation of SRIM from more than 25,000 data points was 6.1%. For SRIM 2003, this error has been reduced to 4.6%. If you look at plots containing plots of data, for example He ions into Au (below), you can see that experimental scatter is about this level.

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Range L’interazione delle particelle cariche con la materia è molto diversa da quella dei fotoni; mentre nel caso dei fotoni l’attenuazione di un fascio è di natura esponenziale e, quindi, occorrerebbe uno spessore infinito per bloccare completamente il fascio, nel caso delle particelle cariche, se si escludono effetti di natura statistica, tutte le particelle di una stessa energia vengono bloccate da un fissato spessore di un dato materiale. Lo spessore che assorbe le particelle di una data energia viene detto range. Supponiamo, per esempio, di far incidere un fascio monoenergetico di protoni da 1 MeV su uno strato di alluminio; la figura seguente rappresenta le traiettorie seguite da ciascun protone; come si vede, quasi tutti i protoni si fermano ad una certa profondità; e nessuno riesce ad andare al di là di un certa profondità:

Nella figura seguente viene riportato il numero di protoni che si sono fermati (perché hanno perso tutta la loro energia) ad una certa profondità in funzione della profondità stessa; come si vede non ci sono protoni che giungono a 18 μm.

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Il valore medio della profondità a cui giungono i protoni viene detto range; in questo caso il range è pari a 14.6 μm. Nella figura si nota anche che la curva abbia una distribuzione che, in prima approssimazione, può essere considerata gaussiana; in questo caso la sigma è di circa 0.45 μm; questo allargamento è dovuta alla natura casuale della perdita di energia: in ogni singolo urto la particella perde una piccola quantità di energia il cui valore varia casualmente da un urto all’altro (la perdita di energia non è continua); questo allargamento viene detto straggling del range. Inoltre il percorso effettivamente fatto varia da una particella all’altra, e se si fa attraversare uno spessore minore del range, il fascio riemerge dopo tale spessore non più monoenergetico, ma l’energia presenta un certo allargamento legato allo streggling definito prima. Un modo pratico per definire il range è quello di far incidere un fascio monoenergetico di particelle su spessori crescenti di un certo materiale e riportare la frazione del numero di particelle trasmesse in funzione dello spessore attraversato

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Come si vede in figura fino ad un certo spessore tutte le particelle vengono trasmesse, mentre da un certo spessore in poi il numero di particelle trasmesse diminuisce bruscamente ma non va immediatamente a zero; lo spessore per cui circa la metà delle particelle viene trasmessa viene detto range medio; l’intersezione della tangente a questo punto della curva con l’asse x viene chiamato range estrapolato o range pratico. Da un punto di vista pratico il range potrebbe essere definito integrando l’inverso del dE/dx fra energia nulla e il valore massimo dell’energia della particella

Quello che si ottiene in questo caso (supponendo una perdita di energia continua) è la lunghezza del percorso fatto dalla particella prima di perdere tutta la sua energia; ma se si tiene conto delle deviazioni subite dalla particella durante il rallentamento, lo spessore attraversato è minore di questo percorso; questo effetto, tuttavia, è molto più evidente nel caso degli elettroni, mentre il percorso delle particelle pesanti può essere considerato circa rettilineo. Una formula semiempirica risulta di pratica utilità: dove Tmin è l’energia minima da cui risulta valida l’espressione del dE/dx ed R0(Tmin) rappresenta una costante che deve essere determinata empiricamente. La figura seguente mostra alcune tipiche curve range-energia per diverse particelle ottenute interando la formula di Bethe-Bloch.

dEdxdETS

T1

000)(

∫ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛=

dEdxdETRTR

T

T

1

min000

min

)()(−

∫ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛+=

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Come si vede, in un certo intervallo di energia, in scala log-log il range in funzione dell’energia può essere rappresentato da una relazione del tipo Questo può essere spiegato, ad energie non troppo alte (per β<0.96, ossia finché è possibile usare l’espressione non relativistica dell’energia cinetica, prima del minimo di ionizzazione) col fatto che dove T è l’energia cinetica della particella; dato che il range viene calcolato integrando l’inverso del dE/dx, si ottiene

bER ∝

12 −− ∝∝ TdxdE β

221

0

min

0

min

0

min

)( TdETdEdEdxdETR

T

T

T

T

T

T∝∝∝⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛= ∫∫∫

β

2TR ∝

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Un fit più accurato porta ad una relazione del tipo ELETTRONI Vediamo ora cosa accade quando le particelle incidenti sono elettroni; in questo caso la massa della particella è molto più piccola di quella dei nuclei e uguale alla massa degli elettroni atomici; questo ha due effetti fondamentali:

1. la particella incidente e quella bersaglio sono indistinguibili e, avendo la stessa massa, si hanno grandi perdite di energia in singoli urti (mediamente il 50% dell’energia della particella incidente);

2. gli elettroni incidenti sono soggetti a continui e bruschi cambiamenti di

direzione che allungano notevolmente il percorso effettivo della particella e che, a causa dell’accelerazione, provocano una perdita di energia per radiazione (bremsstrahlung); da una certa energia in poi questo modo di perdere energia diventa dominante rispetto alla ionizzazione e all’eccitazione. Inoltre un elettrone già ad alcune centinaia di keV è una particella relativistica.

Le considerazioni precedenti sono riassunte nella figura seguente:

75.1TR ∝

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Perdite per collisione La relazione della perdita di energia per collisione, ha una struttura analoga a quella per le particelle cariche pesanti, nel senso che ritroviamo la dipendenza da 1/β2 e da termini che tengono conto del potenziale di ionizzazione, delle correzioni di shell a bassa energia e dell’effetto densità ad alta energia. con

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−−+

+=− δτττ

βρπ

ZCF

cmIAZcmrN

dxdE

eeea 2)(

)/(2)2(ln12 22

2

222

12 −== γτcm

E

e

cinetica

+

+−+−= e per F 2

2

2

)1(

2ln)12(81)(

τ

ττ

βτ

+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

++

++

+−= e per F 32

2

)2(4

)2(10

)2(1423

122ln2)(

τττβτ

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Correzioni di shell Per le correzioni di shell si possono usare le stesse che sono state calcolate per le particelle pesanti; questa correzione è la stessa per tutte le particelle (compresi gli elettroni) che hanno la stessa velocità; quindi l’energia cinetica delle particelle va scalata in modo da riportarle alla stessa velocità. Effetto densità L’effetto densità è importante ad energie relativistiche; per gli elettroni (che diventano subito relativistici per la piccola massa) questa correzione è importante anche a bassa energia: a 10 MeV essa è pari a circa il 10%; per particelle pesanti risulta trascurabile: per protoni da 800 MeV è minore dello 0.1%

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Perdite radiative Un effetto molto importante nella perdita di energia degli elettroni è rappresentato dalla perdita per radiazione o bremsstrahlung (radiazione di frenamento). Un elettrone, data la sua piccola massa rispetto ai nuclei, subisce delle deviazioni a grandi angoli e, quindi, delle brusche accelerazioni che comportano l’emissione di radiazione elettromagnetica con conseguente perdita di energia.

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Lunghezza di radiazione Alle energie dove predominano le perdite per radiazione (rispetto a quelle per ionizzazione), l’andamento dell’energia residua di un fascio di elettroni in funzione dello spessore x di materiale attraversato

è descritto con una funzione esponenziale del tipo Con N uguale al numero di atomi per unità di volume e La quantità Lrad = 1/( NΦrad ) è detta lunghezza di radiazione e rappresenta lo spessore di un dato materiale necessario a ridurre di un fattore e l’energia di un elettrone (quando la perdita di energia avviene solo per radiazione). Un’espressione approssimata per calcolare la lunghezza di radiazione è la seguente Quando lo spessore di un materiale viene misurato in lunghezze di radiazione, la perdita di energia per radiazione risulta indipendente dal materiale stesso. In tabella sono riportati i valori della lunghezza di radiazione per alcuni materiali:

)(xE

x

0E

radrad xNLx

eEeEE Φ−−

== 00

∫=Φ 0

0 00

),(1 υυυ

υσυ dE

ddh

Erad

[ ])()183ln(137

1)1(41 3/12

2

2

ZfZAN

cmeZZ

LA

erad−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛+= −ρ

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Lunghezza di radiazione Materiale g/cm2 cm

Aria 36.20 30050 Acqua 36.08 36.1 NaI 9.49 2.59 Polistirene 43.8 42.9 Pb 6.37 0.56 Cu 12.86 1.43 Al 24.01 8.9 Fe 13.84 1.76 BGO 7.98 1.12 BaF2 9.91 2.05 Scintillatore 43.8 42.4

Per i composti la lunghezza di radiazione può essere calcolata attraverso la regola di Bragg dove le wi sono le frazioni in peso di ciascun elemento del composto. Linear Energy Tranfer (LET) L’uso dello stopping power per il calcolo della dose può portare in alcuni casi ad una consistente sovrastima (ad esempio nella misura di dose in corpi piccoli o sottili), in quanto viene inclusa nella dose l’energia di elettroni secondari che emergono dalle collisioni con energia cinetica sufficiente a trasportare la propria energia lontano dalla traccia primaria (raggi δ). Perciò viene definito lo stopping power ristretto, che rappresenta la quota di stopping power di collisione dovuta a tutte le collisioni che producono raggi δ con un’energia al di sotto di un valore di cutoff Δ. Lo stopping power ristretto di collisione è indicato con e misurato in MeV⋅cm2/g.

Δ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

,cdxdTρ

...1112

21

1 +⎟⎠⎞

⎜⎝⎛+⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=

radradrad Lw

Lw

L

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Un’altra grandezza importante e molto usata in radioprotezione è il LET (abbreviazione inglese di trasferimento lineare d’energia), indicato con LΔ. Facendo riferimento alla definizione stabilita da ICRU nel 1980 specificatamente per la radioprotezione, il LET si misura in unità di keV/μm ed è uguale allo stopping power di collisione ristretto:

ΔΔ ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

,cdxdTLρ

Quando nel calcolo vengono inclusi gli elettroni secondari di tutte le energie si ottiene L∞ detto LET infinito e questo coincide con lo stopping power di collisione:

∞∞ ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

,cdxdTLρ