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SOMMARIO Il forno ad arco elettrico è un mezzo per la produzione di acciaio ed è alimentato principalmente con rottami ferrosi. Una delle caratteristiche, che ne sta decretando il successo sul mercato, è la sua versatilità e la sua facilità di aggiornamento. La presente analisi non vuole indicare un’unica strada per la costruzione di un efficiente forno ad arco, ma piuttosto illustrare le varie alternative esistenti in commercio. E’ necessario, infatti, tenere presente che lo stesso tipo di installazione, operante in ambienti diversi per normative, costi di gestione, tipologia di fornitura di energia elettrica, ecc…, può avere efficienze produttive molto differenti. I recenti sviluppi di seguito considerati sono stati resi possibili dai miglioramenti tecnologici, ma anche dall’esigenza di limitare e controllare le emissioni, e di razionalizzare le risorse. In quest’ambito si registrano significative differenze tra le progettazioni americane, europee e giapponesi, dovute alla divergenza legislativa e alla disparità di costo delle risorse disponibili. Va, infine, tenuto presente che la filosofia produttiva che s’intende adottare, insieme agli scopi perseguiti, influenza la scelta di un forno rispetto ad un altro. I

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SOMMARIO

Il forno ad arco elettrico è un mezzo per la produzione di acciaio ed è alimentato principalmente con rottami ferrosi.Una delle caratteristiche, che ne sta decretando il successo sul mercato, è la sua versatilità e la sua facilità di aggiornamento.La presente analisi non vuole indicare un’unica strada per la costruzione di un efficiente forno ad arco, ma piuttosto illustrare le varie alternative esistenti in commercio.E’ necessario, infatti, tenere presente che lo stesso tipo di installazione, operante in ambienti diversi per normative, costi di gestione, tipologia di fornitura di energia elettrica, ecc…, può avere efficienze produttive molto differenti.I recenti sviluppi di seguito considerati sono stati resi possibili dai miglioramenti tecnologici, ma anche dall’esigenza di limitare e controllare le emissioni, e di razionalizzare le risorse.In quest’ambito si registrano significative differenze tra le progettazioni americane, europee e giapponesi, dovute alla divergenza legislativa e alla disparità di costo delle risorse disponibili.Va, infine, tenuto presente che la filosofia produttiva che s’intende adottare, insieme agli scopi perseguiti, influenza la scelta di un forno rispetto ad un altro.

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INDICE

Introduzione 1

1. Progettazione del forno 31.1. Progettazione meccanica di un EAF…………………............. 31.2. Materiali refrattari negli EAF……………………………....... 30

2. Il sistema elettrico del forno e la produzione di energia 392.1. Fornitura di energia elettrica………………………................. 392.2. Sistema secondario del forno…………………….................... 432.3. Regolazione……………......................................……….........452.4 Considerazioni elettriche per forni a corrente alternata............ 472.5. Considerazioni elettriche per forni a corrente continua…........ 51

3. Elettrodi di grafite 553.1. Fabbricazione dell’elettrodo………………………..................553.2. Proprietà dell’elettrodo…………………………….....…......... 573.3. Meccanismi di usura dell’elettrodo.………………………..…573.4. Capacità di corrente………………………………...................633.5. Processi di consumo discontinuo………………………......… 643.6. Paragone del consumo dell’elettrodo AC/DC...........................683.7. Sviluppo di speciali gradi di elettrodi a corrente continua....…70

4. Recupero e pulitura del gas 73 4.1. Metodi iniziali di controllo dei fumi…………………….....… 734.2. Moderno controllo dei fumi EAF………………………......…754.3. Controllo delle emissioni secondarie……………………....… 814.4. Pulitura del gas………………………………..........................854.5. Meccanismi della formazione della polvere nell’EAF…......…904.6. Future preoccupazioni ambientali…………………….........…914.7. Conclusioni……………………………................................... 95

5. Materie prime, fondenti e additivi 975.1. Materie prime………………………………............................975.2. Fondenti ed additivi……………………………….................. 98

6. Tecnologia del forno elettrico 1016.1. Uso dell’ossigeno nell’EAF……………………......………… 1016.2. Applicazione del bruciatore ossigeno-combustibile nell’EAF. 1026.3. Applicazione del lancio di ossigeno nell’EAF..........................1056.4. Pratica della scoria schiumosa……………………..........…… 1096.5. Post-combustione del CO……………………………..............1126.6. Rimescolamento del fondo dell’EAF…………................……1236.7. Elettricità del forno………………………………................... 1256.8. Operazioni ad alta tensione a corrente alternata....................... 126

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6.9. Operazioni EAF a corrente continua……………….........……1276.10. Uso di fonti alternative di ferro nell’EAF……….............…… 1306.11. Conclusioni………………………………............................... 132

7. Operazioni del forno 1337.1. Il ciclo di funzionamento dell’EAF……………………...…… 1337.2. Caricamento del forno………………………………...............1337.3. Fusione………………..........................………………............ 1347.4. Raffinazione……………………………….............................. 1357.5. Depurazione……………………………….............................. 1387.6. Spillatura………………………………................................... 1387.7. Interruzione per la manutenzione………………………..……1397.8. Bilancio energetico del forno…………………………....……139

8. Nuovi processi di fusioni dei rottami 1418.1. Preriscaldamento dei rottami……..………………….......……1418.2. Preriscaldamento dei rottami con gas di scarico.......………… 1428.3. Preriscaldamento dei rottami con gas di naturale……….....… 1438.4. K-ES………………………………..........................................1448.5. Processo Danarc………………………………........................ 1478.6. Forno Fuchs shaft………………………………......................1488.7. Processo Consteel………………………………..................... 1578.8. Forno ad arco elettrico ad intelaiatura gemella…………….… 1618.9. Processi in sviluppo.................................................................. 164

9. Conclusioni 173

Bibliografia 177

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INTRODUZIONE

Nel corso degli ultimi 20 anni l’uso del forno ad arco elettrico (EAF) per la produzione dell’acciaio è aumentato considerevolmente. Le ragioni di questo successo sono principalmente il basso costo di produzione e i recenti progressi tecnologici. Questi ultimi, in particolare, hanno permesso di incrementare la produttività portando al miglioramento del rapporto quantità prodotte/costi. In un forno ad arco, infatti, il costo per tonnellata di capacità installata annuale varia generalmente tra 140 e 200 $/tonnellata, mentre in un altoforno (BOF) si spendono circa 1000 $/tonnellata. Grazie a tale convenienza, le operazioni basate su EAF si sono gradualmente spostate verso aree di produzione che erano tradizionalmente eseguite attraverso il ciclo integrale. Uno dei primi settori interessato da quest’evoluzione è stato quello dei prodotti lunghi, come, ad esempio, acciai per il settore delle costruzioni e profilati commerciali. In seguito, notevoli progressi si sono avuti nei prodotti per costruzioni edili e piani e, recentemente, nell’area dei prodotti piani con il progresso delle colate di bramme sottili, tanto che, attualmente, circa il 40% dell’acciaio del Nord America è prodotto attraverso forni elettrici ad arco. Ora, i produttori EAF tentano di guadagnare ulteriori fasce di mercato a scapito degli impianti a ciclo integrale, ed entrano in gioco diverse questioni come i livelli residui nell’acciaio (essenzialmente gli elementi che non sono rimossi durante la fusione o la raffinazione) ed i gas dissolti nello stesso (azoto, idrogeno, ossigeno). Entrambe hanno una grande rilevanza sulla qualità dell’acciaio e devono essere controllate attentamente, se i produttori d’acciaio EAF vogliono entrare con successo nel mercato degli acciai ad alta qualità. Le principali innovazioni sono descritte nelle sezioni dettagliate sul processo.Il primo capitolo introduce la descrizione degli elementi che compongono il forno e nei successivi due si approfondisce il sistema di approvvigionamento e di trasmissione dell’energia. Il quarto capitolo riporta il sistema di trattamento dei gas, il quinto tratta le materie prime, i fondenti e gli additivi, mentre il sesto ed il settimo riguardano le tecnologie e le operazioni del forno. Nell’ottavo infine si pone attenzione sui nuovi processi.

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1. PROGETTAZIONE DEL FORNO

La progettazione dei forni ad arco elettrici è cambiata notevolmente nel decennio passato. L’attenzione è stata posta sull’aumento delle dimensioni del forno e degli indici d’ingresso di materia prima e sull’incremento della velocità dei movimenti per minimizzare i tempi in cui il forno resta operativo.

1.1. Progettazione meccanica di un EAF

Gran parte dei progressi fatti nella produttività dell’ EAF è collegata all’aumentato inserimento di energia elettrica e alle forme alternative di energia (lance ad ossigeno, bruciatori ossigeno – combustibile) nel forno. Questi aumenti sono stati resi possibili dai miglioramenti nella progettazione meccanica dell’EAF, che hanno permesso movimenti più veloci del forno, riducendo il tempo in cui rimane inutilizzato. L’obiettivo perseguito è quello di massimizzare il tempo di accensione del forno, aumentandone la produttività.

1.1.1. Supporto strutturale del forno

Negli anni ’60 e ’70 era comune installare forni ad arco elettrici tutti su uno stesso livello. Questi forni avevano buche anteriori, per la spillatura, e posteriori per far fluire le scorie negli appositi crogioli. Tale configurazione, che portava molte interferenze e ritardi, non viene più presa in considerazione per operazioni commerciali su larga scala. Le moderne officine, di solito, preferiscono un’installazione di forno a mezzanino. In questa struttura, il forno si trova ad un livello superiore rispetto al reparto ed è collocato su di una piattaforma che può assumere configurazioni diverse. Nella configurazione a mezza piattaforma, il supporto della colonna dell’elettrodo e la torre di servizio che solleva la volta sono incardinati alla piattaforma inclinabile durante il funzionamento e la colata.

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Quando si carica il forno, l’intero insieme dei componenti è sollevato e ruotato. Questa progettazione permette una configurazione con il braccio dell’elettrodo più corto. Nella progettazione con la piattaforma intera, il supporto della colonna dell’elettrodo e l’insieme dei componenti che solleva la volta è completamente vincolato alla stessa. Queste configurazioni sono mostrate nella Fig.1-1.

Figura 1-1 Configurazioni della piattaforma del forno.

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Figura 1-2 Caratteristiche generali di un EAF

1. intelaiatura2. becco di colata3. porta posteriore 4. nastro trasportatore della scoria

5. linea di soletta6. porta laterale7. castone8. anello del volta9. bilanciere

10. rotaia del bilanciere11. cilindro di inclinazione 12. piattaforma di inclinazione principale13. struttura a

Braccio per la rimozione del tetto14. fusto di supporto dell’elettrodo15. braccio dell’elettrodo

16. elettrodo17. porta- elettrodo18. tubi del canale comune19. cavi di energia

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1.1.2. Caratteristiche generali del forno

In Fig.1-2 sono illustrate le parti di cui è composto l’EAF. Come si può notare, sono presenti diversi gruppi funzionali: le strutture del forno per il contenimento degli scarti e dell’acciaio fuso; i componenti che permettono il movimento del forno e dei suoi principali pezzi strutturali; i componenti che consentono la fornitura di energia elettrica all’EAF e l’apparecchiatura ausiliaria di processo che può trovarsi sul forno o intorno alla sua superficie esterna. Il forno elettrico è costituito da un crogiuolo cilindrico (tino), chiuso sul fondo da una calotta concava; mentre nella parte superiore è situata la volta a forma di sfera appiattita. La maggior parte dei forni moderni è del tipo ad intelaiatura scissa; in questa tipologia la porzione superiore dell’intelaiatura del forno può essere velocemente disaccoppiata e rimossa dal fondo. Quanto evidenziato riduce notevolmente la perdita di tempo dovuta al cambio dell’intelaiatura superiore e consente di rimuovere, piuttosto velocemente, anche il fondo del forno, procedura questa che in alcuni impianti avviene periodicamente, ad intervalli di poche settimane, durante un turno di spegnimento di otto ore. La parete laterale del forno, sopra la linea della scoria, e la volta del forno sono di solito formati da pannelli raffreddati ad acqua, sostenuti da una gabbia. La sezione centrale della volta che circonda le aperture degli elettrodi, è denominata Delta, si tratta di una sezione fusa di materiale refrattario che può essere raffreddata ad acqua. Il fondo del forno consiste di un’intelaiatura d’acciaio con diversi strati di materiale refrattario; ciò è discusso più dettagliatamente nel Paragrafo 1.2. La Fig.1-3 mostra un moderno EBT (Eccentric Bottom Tapping, spillaggio da un foro posto in posizione eccentrica sul fondo del tino)-EAF.

Figura 1-3 Vista piana e in sezione di un moderno EBT EAF.

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1.1.3. Pannelli laterali raffreddati ad acqua

Una delle più importanti innovazioni nella progettazione degli EAF è stata il raffreddamento ad acqua (Fig.1-4). Questa soluzione era impiegata limitatamente nelle progettazioni di forni più vecchi, solo per abbassare la temperatura dell'anello della volta e gli stipiti della porta, mentre i moderni EAF sono largamente costruiti con pannelli raffreddati ad acqua che sono sostenuti da una gabbia anch’essa raffreddata ad acqua, accorgimento che riduce notevolmente i tempi per la loro sostituzione. Grazie al raffreddamento ad acqua, si può eliminare l’espansione termica della gabbia, evitandone la deformazione dovuta alle sollecitazioni termiche e riducendo la spaziatura tra i pannelli.

Figura 1-4 Esempi di pannelli raffreddati ad acqua.

I pannelli raffreddati ad acqua consentono grandi immissioni di energia nel forno senza danneggiarne la struttura. Nelle progettazioni degli EAF più vecchi, questi alti picchi di energia avrebbero prodotto aumenti di erosione del materiale refrattario e danni all’intelaiatura del forno. I parametri che influenzano la vita del pannello, sono la quantità e la qualità dell’acqua, il tasso di scorrimento dell’acqua e la velocità, la pressione dell’acqua in entrata e la caduta di pressione attraverso il pannello, il materiale di costruzione del condotto/pannello ed il diametro del condotto; i panelli raffreddati ad acqua devono sopportare sia alti carichi termici che meccanici. La sollecitazione massima si registra durante il caricamento del forno: i rottami possono colpire i pannelli causando l’ammaccatura dei condotti o perfino la spaccatura e la rottura; per tale motivo la sezione del condotto deve sopportare queste forze. Per contro è desiderabile uno spessore minimo della parete, per massimizzare il trasferimento di calore all’acqua di raffreddamento. Questi due aspetti devono essere presi in considerazione per arrivare ad uno spessore ottimale del condotto. Lo spessore massimo del condotto dipenderà inoltre dal carico termico da smaltire e dallo sbalzo termico. Nell’applicazione pratica, lo spessore della parete è di solito di

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8 – 10 mm. Nella maggior parte delle applicazioni si usa un tubo di caldaia di acciaio di tipo A per i pannelli raffreddati ad acqua. Questi tipi di acciaio hanno di solito un prezzo ragionevole, sono facili da utilizzare e forniscono una conduttività termica adatta per il trasferimento di calore (circa 50 W/m K) fino a carichi termici di 7 milioni di kJ/m2 hr (10.000 BTU/ft2 min). L’inconveniente principale è che questo materiale è suscettibile di deformazione causata dal ciclo termico. Per prevenire questo problema, specialmente nelle aree che sono esposte a carichi di calore molto alti, si usano pannelli di rame, che ha una conduttività termica (383 W/m K) circa sette volte quella di un tubo di caldaia che lo rende in grado di gestire carichi termici molto alti, fino a 21 milioni di kJ/m2 hr (circa 31.000 BTU/ft2 min). I pannelli di rame garantiranno un trasferimento di calore molto maggiore all’acqua di raffreddamento e così, per ottimizzare il consumo di energia nell’EAF, dovrebbero essere usati solo nelle zone in cui si riscontrano carichi eccessivi di calore (per esempio vicino al livello superiore del bagno, alle aperture dei bruciatori ossigeno – combustibile, ecc.). Questo dipenderà ovviamente dalla quantità di scoria accumulata sui pannelli, che sarà maggiore sui pannelli di rame a causa dell’alta capacità di trasferimento del calore.Se si utilizzano pannelli d’acciaio nella parte inferiore dell’intelaiatura raffreddata ad acqua, si può aumentare la distanza tra l’inizio dei pannelli raffreddati ad acqua ed il livello della soletta. Per la maggior parte dei pannelli raffreddati ad acqua di tipo a tubo di caldaia è scelto si solito un diametro del condotto di 70 – 90 mm. Per i pannelli di rame, la scelta del diametro del tubo dipende principalmente dal costo, ma spesso ricade nello stesso range. In certe zone ad alta temperatura (per esempio la zona più bassa della scoria) si usa un condotto di rame con diametro inferiore con una velocità dell’acqua più elevata per impedire la formazione del vapore. La vita del pannello di raffreddamento dipende principalmente dalla quantità e dalla durata di sbalzo termico a cui viene esposto. In condizioni di bagno piatto i pannelli possono essere esposti a flussi di calore radiante molto alti. Dopo la fase di carica, i pannelli vengono a contatto con rottami freddi: si avrà quindi uno sbalzo termico notevole. Per ovviare a ciò si tende ad aumentare il raffreddamento e a minimizzare il flusso di calore direttamente sul pannello; in pratica è stato provato che il metodo migliore per raggiungere questi due obiettivi è promuovere l’accumulo di un rivestimento di scoria sulla superficie del pannello, essa è un buon isolante avendo una conduttività termica di 0,12 – 0,13 W/m K. Per favorire l’adesione della scoria ai pannelli si utilizzano coppe o bulloni saldati alla superficie dei pannelli stessi. Bisogna prestare attenzione affinché la differenza di temperatura lungo la parete del condotto nei pannelli non diventi troppo elevata: questo causerebbe un accumulo di deformazioni meccaniche (dovute sia alla tensione che alla compressione) nella parete del condotto. È importante che non si superi la tensione di snervamento del materiale della tubatura: in tali condizioni il condotto si deformerà e non tornerà alla forma originaria una volta raffreddato. Il ripetersi di tali cicli porterà a fenditure trasversali sulla superficie del condotto e a guasto del pannello. La scelta del pannello è collegata a diversi fattori che comprendono il carico termico, l’aumento desiderato di temperatura per l’acqua di raffreddamento, il calo di pressione ed il diametro programmati per il pannello. In genere i progettisti mirano ad una velocità dell’acqua che provochi un flusso turbolento all’interno del condotto. In questo modo la minima velocità richiesta varierà a seconda del diametro interno del condotto usato.Diversi venditori citano una velocità di scorrimento minima di circa 1,2 m/s.[1,2,3] mentre la massima dipenderà dal calo di pressione desiderato ma è di solito inferiore a 3 m/s. Questo aiuterà a minimizzare la possibilità di formazione di vapore nel

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condotto. Alcuni sistemi sono progettati in modo che sia garantita velocità dell’acqua di almeno 2,5 m/s, per fare in modo che le bolle di vapore vengano rimosse dal pannello: la loro mancata rimozione può causare la formazione di bolle più grandi con conseguente generazione di vapore che potrebbe portare ad un trasferimento di calore notevolmente ridotto (fino a 10 volte di meno) e, di conseguenza, ad un possibile surriscaldamento del pannello e ad avaria nella zona in cui è intrappolato il vapore. Nelle aree a temperatura molto alta, come la linea inferiore di scoria, per assicurare che le bolle di vapore non si accumulino nel pannello sono usate velocità dell’acqua di oltre 5 m/s. Nella maggior parte delle progettazioni moderne si preferisce una configurazione verticale perché minimizza l’accumulo di scoria e può anche aiutare a ridurre al minimo il calo di pressione nel pannello. Di solito i sistemi di raffreddamento dell’acqua sugli EAF sono progettati per un aumento medio della temperatura tra entrata e uscita di 8 – 17° C, con un aumento massimo della temperatura di 28° C. La maggior parte dei sistemi di controllo del forno ha collegamenti che interrompono l’alimentazione del forno se l’aumento della temperatura dell’acqua di raffreddamento supera detta soglia. Nei forni ad alta potenza la Fuchs Systems Inc. (FSI) raccomanda che la disponibilità del tasso di flusso dell’acqua sia di 150 l/min m2 (3,65 gpm/ft2), per i pannelli della parete laterale, e di 170 l/min m2 (4,14 gpm/ft2) per quelli della volta. Per i forni a corrente continua dovrebbero essere disponibili ulteriori 10 l/min m2. Il calo di pressione nel pannello è un parametro ignorato dalla maggior parte degli addetti ai forni, ma esso è indispensabile per aver un uniforme flusso d’acqua. La FSI raccomanda che la pressione dell’acqua in uscita dai pannelli sia di almeno 20 psi. Spesso pannelli di progettazioni diverse sono mescolati nello stesso sistema di fornitura, questo succede perché i pannelli di sostituzione sono frequentemente acquistati da fabbricanti locali piuttosto che dal venditore originale del forno. Piccoli cambiamenti nei materiali, nelle dimensioni e nella configurazione possono portare a grandi cambiamenti nel calo di pressione del pannello. Pannelli mal accostati nello stesso circuito di fornitura faranno sì che alcuni di loro riceveranno un flusso insufficiente e che alla fine il pannello si guasti. Per ridurre costi, i pannelli di sostituzione sono a volte realizzati senza saldature complete tra i condotti, ma ciò porta ad aumenti nei costi di funzionamento e a perdite di produzione. L’EAF opera con pressione negativa richiamando aria che così entra nel forno attraverso qualsiasi apertura, per tale motivo le aperture devono essere ridotte al minimo, specialmente quelle intorno ai pannelli raffreddati ad acqua.

1.1.4. Impianti raffreddati mediante vaporizzazione

Il raffreddamento mediante vaporizzazione è una soluzione adottata negli impianti EAF. Il raffreddamento a spray è tipicamente usato per far diminuire la temperatura della volta e delle pareti laterali. Le parti principali di tale sistema sono l’intelaiatura interna, gli ugelli di vaporizzazione ed il sistema di fornitura dell’acqua. L’acqua è vaporizzata contro la superficie interna dell’intelaiatura costituita da una piastra laminata.

L’intelaiatura esterna agisce semplicemente da contenimento per l’acqua ed il vapore. Una distribuzione uniforme dell’acqua di vaporizzazione è essenziale per un’adeguata rimozione del calore dalla superficie che si deve raffreddare. Per regolare la rimozione del calore e la protezione del pannello di raffreddamento risulta

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necessaria il mantenimento di uno strato di scoria sulla superficie calda. In generale si dovrebbe mantenere almeno mezzo pollice di rivestimento di scoria. Il sistema di fornitura è più semplice di quello usato per i pannelli convenzionali raffreddati ad acqua, perché l’operazione è svolta alla pressione atmosferica. Per evitare l’intasamento degli ugelli si utilizzano dei filtri che impediscono alle particelle più grosse di entrare nel circuito dell’acqua.

1.1.5. Fondo del forno

Il fondo del forno è costituito da una sezione di lamina sferica. La suola è divisa in due parti con rivestimenti diversi: quello più interno, detto “di sicurezza”, è usualmente costituito di mattoni di magnesite cotta, mentre lo strato di refrattari a contatto con il metallo, detto “di usura”, è monolitico in argilla e polvere di quarzo o come mix di magnesite. Lo spessore della lamina è di solito tra i 25 e i 50 mm a seconda del diametro del forno mentre quello del rivestimento in materiale refrattario dipende dal tipo di impiego del forno e dal programma di ricambio. In generale si hanno valori compresi tra 500 e 700 mm per gli EAF a corrente alternata e tra 750 e 950 mm per quelli a corrente continua. I materiali refrattari dei forni sono descritti più dettagliatamente nel Paragrafo 1.2.. In certi casi si hanno elementi installati sul fondo del forno che movimentano il gas. In tali situazioni si montano, durante l’installazione del rivestimento di sicurezza in mattoni, speciali blocchi di piccola dimensione. In modo alternato sono abbassati al loro posto elementi che rimescolano il gas ed il materiale refrattario viene livellato intorno ad essi. La suola contiene anche il meccanismo di colata, infatti, la maggior parte dei forni moderni usa la colata dal fondo. Si ricorre a tale scelta perché la colata risulta senza scoria; diminuiscono le perdite di temperatura dell’acciaio durante la colata, il piede liquido (hot heel) e per considerazioni meccaniche. Il metallo fuso viene fatto defluire nella siviera che è portata nella posizione richiesta grazie ad un carrello oppure utilizzando un braccio meccanico in modo da lasciare libera la gru per altri usi. Per i forni a colata dal fondo, il foro di colata è collocato nella sezione superiore dell’intelaiatura ovale come mostrato nella Fig.1-5. Il foro di colata, prima che il forno ritorni verticale per il carico, è riempito di sabbia dopo la colata. La sabbia è mantenuta in posizione con una barriera a scorrimento o con una valvola a cerniera che si ritrae nel piano orizzontale. In Nord America funzionano molti forni con ugelli/becchi di colata e, nel caso delle operazioni di forno a pozzo, offrono l’unica opzione.Se si usa un ugello a sifone sommerso, si può ottenere una colata senza scorie, ma la manutenzione può essere un problema. Un becco livellato permette la colata dell’acciaio e insieme della scoria ed è comune nell’industria dell’acciaio inossidabile.

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Figura 1-5 Configurazione della colata a fondo eccentrico.

Alcuni di essi sono ora stati modificati aggiungendo barriere a scorrimento sulla punta, cosicché si possa raggiungere una veloce interruzione del flusso di colata; questo permette oltretutto una colata senza scoria. La Fig.1-6 mostra diverse configurazioni degli ugelli.

Figura 1-6 Esempi di becchi di colata.

Durante il funzionamento, la profondità del bagno dipenderà del diametro del forno (tipicamente è compresa tra 0,7 e 1,0 m). Durante la colata dal fondo è importante mantenere un’altezza minima dell’acciaio sopra il foro di colata per impedire la formazione di vortici che causerebbero il trascinamento della scoria. Nella pratica si fa in modo che l’altezza del metallo liquido sia 2,5 volte il diametro del foro di colata.

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1.1.6. Movimenti del forno

Nel corso delle operazioni del forno elettrico ad arco è necessario che diverse componenti del forno si muovano. Tipiche richieste di movimento includono il sollevamento/rotazione della volta per permettere il caricamento dei rottami, il sollevamento/abbassamento dell’elettrodo e l’oscillazione per permettere il caricamento dei rottami, il sollevamento/abbassamento dell’elettrodo per la regolazione dell’arco, l’inclinazione in avanti del forno per la colata, il sollevamento/abbassamento della porta della scoria per le operazioni di descorificazione, l’inclinazione all’indietro del forno per la rimozione della scoria e la stretta/allentamento dell’elettrodo per regolare la lunghezza di funzionamento dell’elettrodo. La maggior parte di questi movimenti è ottenuta grazie ad un sistema centrale idraulico, di solito è dimensionato per la massima richiesta di flusso che risulta quella per ogni singola operazione. In questo modo la dimensione del sistema può essere minimizzata, soddisfacendo al contempo tutte le richieste per le operazioni del forno.

1.1.7. Inclinazione del forno

L’EAF è inclinato sia per la colata che per la rimozione della scoria. Nel caso della colata del forno, il massimo angolo di inclinazione in avanti dipenderà dal tipo di fondo. Per la colata a becco tradizionale può essere necessario inclinare ad un angolo di 45° per la colata completa. Per i forni a colata dal fondo, il massimo angolo di inclinazione è di solito 15 – 20°. Un importante requisito della colata senza scoria è che il forno possa essere inclinato all’indietro velocemente appena la scoria inizia a travasare nella siviera. La velocità massima di inclinazione in avanti è 1° al secondo, mentre quella all’indietro arriva a 3 – 4° al secondo: valori superiori comporterebbero stress eccessivi per la struttura del forno. Molte progettazioni ora sistemano il centro del raggio dell’intelaiatura di sostegno in modo tale che il forno sia in equilibrio una volta inclinato leggermente all’indietro verso il lato di descorificazione. Molti forni sono anche progettati in modo che, se si perde l’energia idraulica, i loro centri di gravità facciano inclinare all’indietro gli stessi nella posizione di riposo. Il movimento può essere controllato usando uno o due cilindri a doppio effetto. Il fondo del forno si trova su un braccio dell’intelaiatura di sostegno avente un segmento curvo con denti d’ingranaggio. Questo si trova su una rotaia costituita da un meccanismo dentellato. Durante l’estensione del cilindro di inclinazione, il forno si piega in avanti per svuotarsi, mentre, quando viene completamente contratto, il forno si inclina all’indietro rimuovendo la scoria. Essa fluisce dalla sommità del bagno dell’acciaio ed esce dalla porta della scoria; a questo punto può essere raccolta in contenitori o viene versata sul terreno da dove sarà rimossa usando un bulldozer. Il tipico angolo di inclinazione per la descorificazione è 15 – 20°.Un recente progetto per il fondo del forno prevede l’intelaiatura di sostegno posta su una ruota di carrello ed il cilindro è inclinato come mostrato nella Fig.1-7.

Questa configurazione richiede una forza di inclinazione notevolmente ridotta in quanto il foro di colata si muove verso il lato di descorificazione del forno durante la colata.

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Figura 1-7 Inclinazione del forno.

1.1.8. Volta del forno

La volta del forno può avere forma a cupola o, come più comunemente nelle coperture raffreddate ad acqua usate nella pratica moderna, assomigliare ad una sezione di cono. La volta è costituito da un anello raffreddato ad acqua formante il perimetro esterno della gabbia, che funge da parte della struttura di sollevamento. I pannelli raffreddati ad acqua si inseriscono in questa gabbia avente un’apertura cilindrica al centro; la sezione Delta del materiale refrattario viene inserita per riempirla ed è progettata per garantire il minimo gioco con gli elettrodi, per non rischiare che si verifichino archi elettrici tra questi e i pannelli raffreddati ad acqua. L’intera volta del forno è a sbalzo rispetto alla colonna di sollevamento del medesimo. Tipicamente, la volta ed il supporto dell’elettrodo possono essere ruotati insieme o indipendentemente. La configurazione degli elettrodi permette loro di essere spostati con la volta, che rimane in ogni modo attaccato all’intelaiatura del forno, il che consente la rimozione e la sostituzione della sezione Delta, senza il bisogno di rimuoverlo. Solitamente, per una progettazione della piattaforma intera, si usa un supporto rotante con un cuscinetto come perno, un carrello e un braccio di gru. Per i grandi forni è necessaria una torre di servizio che solleva la volta. La rotazione può essere ottenuta usando un carrello o un reggispinta. Configurazioni ad intelaiatura gemella, dove la volta deve fare perno tra le intelaiature del forno, usano, a volte, un ponte a forma di forcella. La maggior parte dei forni moderni può sollevare e oscillare la volta in circa 20 – 30 secondi con una velocità di 4 – 5° al secondo. Questo riduce al minimo i tempi morti durante le operazioni di caricamento ed aumenta la produttività del forno. Esempi di configurazioni della volta sono mostrati nella Fig.1-8.

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Figura 1-8 Volta dell’EAF e suo sollevamento.

1.1.9. Bracci degli elettrodi e colonna di sollevamento

La funzione di controllo dell’elettrodo è limitata dalla frequenza naturale del sistema di posizionamento. È perciò molto importante assicurarsi che le colonne abbiano una sufficiente rigidità a torsione ed a flessione. Nella Fig.1-9 sono mostrate diverse possibili configurazioni per la guida delle colonne, la cui scelta è di solito specifica per una particolare operazione.

Figura 1-9 Configurazioni per la guida delle colonne del braccio dell’elettrodo.

In ogni caso l’obiettivo principale è evitare l’attrito nei rulli facendo in modo che la progettazione degli stessi risulti sia rigida sia compatta. È importante notare che ogni braccio deve essere capace di movimento indipendente per permettere la regolazione verticale dell’elettrodo, mentre per il movimento laterale si usa un meccanismo comune. Nella progettazione convenzionale è usato un cilindro idraulico per muovere la colonna di oscillazione, mentre recenti sviluppi suggeriscono l’utilizzo di un motore idraulico dentro il cuscinetto a rulli. Questo libera lo spazio intorno al cilindro, ma rende il meccanismo meno accessibile per la manutenzione.

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Sono disponibili diverse configurazioni per i bracci dell’elettrodo nelle moderne operazioni EAF. Nella tradizionale progettazione degli EAF la corrente è condotta agli elettrodi attraverso tubi di linea, come mostrato nella Fig.1-10.

Figura 1-10 Tubi di linea in bracci dell’elettrodo tradizionali.

Questi tubi di solito contribuiscono per circa il 35% della reattanza totale del sistema elettrico secondario.[4] E’ necessario evitare ricircoli indotti di corrente che possono causare surriscaldamento locale dei componenti del braccio, a tal fine il meccanismo di fissaggio dell’elettrodo richiede diversi accorgimenti d’isolamento. I bracci di conduzione della corrente combinano le funzioni meccaniche ed elettriche in un unico elemento come mostrato nella Fig.1-11.

Figura 1-11 Bracci degli elettrodi che conducenti.

Questi bracci portano la corrente secondaria attraverso la struttura stessa invece che attraverso tubi di linea. Ciò porta ad una riduzione della resistenza e della reattanza nel circuito secondario, che permette un aumento nel tasso di alimentazione d'energia senza modificare il trasformatore del forno. I bracci di conduzione della corrente sono d’acciaio rivestito di rame o dall’alluminio. La velocità massima dell’elettrodo è di circa 30 – 35 cm al secondo, quando si opera in modalità di regolazione dell’arco automatica, mentre in regolazione manuale essa arriva a 15 – 20 cm al secondo.

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1.1.10. Componenti del circuito elettrico secondario EAF

Il circuito elettrico secondario del forno ad arco elettrico consiste di diversi componenti: la chiusura Delta, i cavi elettrici, i tubi di linea, il/i portaelettrodo/i e l’/gli elettrodo/i. L’energia esce dal trasformatore del forno attraverso bronzine a basso voltaggio che sono collegate alla chiusura Delta. Questa di solito è costituita o da una serie di lamine di rame, o da tubi di rame o in alcuni casi da entrambi. Questi sono sistemati in modo tale che tutte le spire secondarie individuali del trasformatore siano unite per formare un circuito chiuso. Di solito la chiusura Delta è contenuta nella volta del trasformatore e una sua parte sporge attraverso la parete della volta per collegarsi con i cavi elettrici. La chiusura Delta è fissata usando materiale isolante per minimizzare la distorsione che può essere causata dalla vibrazione e/o dalle forze elettromagnetiche. Un esempio di chiusura Delta è mostrato nella Fig.1-12.

Figura 1-12 Chiusura Delta

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I cavi elettrici sono le uniche parti flessibili del sistema elettrico secondario. Queste permettono di sollevare, abbassare e spostare gli elettrodi. I forni di solito funzionano con un numero di cavi da 2 a 4 per fase. Il cavo elettrico consiste di molteplici funi di rame che sono saldate a terminali di rame ad entrambi i capi del cavo. Il cavo di rame è coperto da un composto di gomma che è assicurato ai terminali con fasce non magnetiche d’acciaio inossidabile. A causa del noto “effetto pelle” caratteristico della corrente alternata, solo una piccola porzione esterna del cavo è percorsa da corrente e quindi la parte interna viene sostituita da un tubo vuoto che ne diminuisce il peso. Il raffreddamento ad acqua è essenziale per la vita del cavo. Di solito un circuito ad anello, chiuso, di raffreddamento ad acqua provvede a raffreddare tutti i componenti elettrici critici: il trasformatore, il Delta, i cavi elettrici, le barre di distribuzione ed il fissaggio dell’elettrodo. La richiesta d’acqua di raffreddamento varia da 11 a 95 l/min a seconda della misura del cavo.[5] I tubi di linea sono montati sul supporto dell’elettrodo e sono costituiti da un condotto rigido di rame e forniscono il collegamento elettrico tra i cavi ed il portaelettrodo. Il meccanismo di fissaggio dell’elettrodo fornisce il collegamento tra il braccio e l’elettrodo. È molto importante che l’elettrodo sia tenuto saldamente al suo posto durante le varie operazioni del forno. Per quanto riguarda i bracci di conduzione della corrente, non è necessario isolare il meccanismo di fissaggio dal braccio perché quest’ultimo è parte del circuito elettrico. Nel caso di bracci dell’elettrodo tradizionali con tubi di linea, il braccio non è parte attiva del circuito elettrico e deve essere isolato elettricamente dalla morsa. Per ottenere ciò la morsa dell’elettrodo è imbullonata sul braccio con uno strato d’isolamento che separa i due. Le barre di distribuzione di rame sono sostenute dai bracci e sono collegate alle ganasce della morsa. Queste hanno un rivestimento che consente il contatto elettrico con l’elettrodo. I sistemi di fissaggio possono essere montati esternamente al braccio albero o possono essere montati dentro al braccio. Di solito si preferisce montarli dentro il braccio per avere maggiore protezione. Un meccanismo a molla assicura che le ganasce facciano contatto con l’elettrodo ed un morsetto mobile tiene al suo posto l’elettrodo. L’insieme dei componenti della molla viene retratto usando un cilindro idraulico permettendo il rilascio dell’elettrodo per operazioni di scorrimento o per rimuovere una colonna di elettrodo. Il tradizionale portaelettrodo è anulare o a forma di ferro di cavallo ed è fatto in un unico pezzo di rame. Alcune progettazioni più recenti incorporano cuscinetti in rame attaccati ad un corpo in acciaio non magnetico. Le punte degli elettrodi ed i cuscinetti di contatto sono il punto di guasto più comune nel sistema di energia secondario. I guasti della superficie di contatto dell’elettrodo sono di solito collegati ad accumulo di sporco tra la superficie di contatto e l’elettrodo oppure ad un’insufficiente pressione di fissaggio. I cuscinetti di contatto/portaelettrodi dovrebbero essere cambiati e puliti durante i turni di spegnimento programmati per la manutenzione. La Fig.1-13 mostra un portaelettrodo.Il raffreddamento ad acqua è essenziale per la vita di funzionamento dei portaelettrodi ed una delle progettazioni più comuni è costituita da un condotto forgiato che permette la circolazione dell’acqua. I cuscinetti di contatto sono di solito delle forgiature forate per favorire il passaggio dell’acqua. La forza di fissaggio è una funzione del diametro dell’elettrodo.Una regola pratica generale è che la forza di fissaggio in Newton equivale a 850 volte il quadrato del diametro dell’elettrodo, in pollici. I valori tipici citati dai venditori sono 235 kN per elettrodi di 16 pollici di diametro e 460 kN per diametri di elettrodo di 24 pollici.[6]

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Figura 1-13 Portaelettrodi.

1.1.11. Raffreddamento dell’elettrodo mediante vaporizzazione

È stato riconosciuto che l’ossidazione della parete laterale degli elettrodi è collegata al riscaldamento della superficie dell’elettrodo. Poiché il flusso di corrente attraverso l’elettrodo nel bagno è interrotto, si scalderà solo la porzione dell’elettrodo sotto il portaelettrodo. Alcuni metodi primitivi per ridurre la quantità di riscaldamento dell’elettrodo implicavano un segmento di grafite raffreddato ad acqua collocato al livello di fissaggio. Questo metodo riduceva la quantità di ossidazione della parete laterale, ma richiedevano il cambio dell’intera colonna una volta che il segmento di grafite era consumato. Altri metodi per ridurre il consumo laterale coinvolgevano speciali rivestimenti che si sarebbero ossidati ad una temperatura più alta. La soluzione più pratica, che é ora adottata dalla maggior parte delle operazioni di forno ad alta energia, implica l’installazione di un anello di vaporizzazione che è installato nella parte inferiore del portaelettrodo. Il concetto è che l’acqua scorrerà lungo la superficie dell’elettrodo ed evaporerà una volta che entrerà nel forno. Idealmente

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l’acqua dovrebbe evaporare e fermarsi presso l’apertura della volta, così da proteggere anche il materiale refrattario della sezione Delta. La quantità d’acqua richiesta varierà secondo le condizioni di funzionamento del forno, ma l'intervallo tipico per un elettrodo di 24 pollici è 7 – 15 l/min per elettrodo. Si ottiene così un risparmio nel consumo dell’elettrodo del 5 – 15%.Non bisogna dimenticare infine che l'usura dipende molto dal tipo di operazione del forno (per esempio a corrente diretta o alternata ad alta impedenza, ecc.).

1.1.12. Aperture dell’intelaiatura

Nel forno troviamo diverse aperture realizzate per facilitare le varie operazioni. Le principali sono le tre che permettono agli elettrodi di penetrare nel forno attraverso la volta. Un quarto buco é realizzato nella volta per permettere la fuoriuscita delle esalazioni del forno. Per altre applicazioni, come l’alimentazione continua DRI/HBI, l’iniezione di carbonio o di calce, ci può essere un quinto foro. Questi buchi si trovano tutti nella parte alta del forno per non avere infiltrazioni d'aria, come invece avverrebbe se le aperture fossero più basse. Nella parte inferiore troviamo il foro di colata che è riempito con sabbia e la porta della scoria. Essa era originariamente realizzata solo per permettere la decantazione della scoria dal forno, mentre nelle operazioni moderne è usata anche per l'introduzione nel forno di bruciatori ossigeno-combustibile e lance ad ossigeno. Ulteriori aperture sono realizzate intorno alla circonferenza dell’intelaiatura del forno per aumentare il numero dei bruciatori che si possono inserire, in alto per permettere ad una lancia di decarburizzazione raffreddata ad acqua di avere accesso al forno ed in basso nella parete laterale del forno o proprio nel letto di fusione del forno per permettere l’iniezione di gas inerti, ossigeno, calce o carbonio.

1.1.13. Attrezzatura ausiliaria

L’attrezzatura ausiliaria è di solito associata con l’iniezione di solidi e gas nel forno. I bruciatori ossigeno-combustibile o aria-combustibile sono usati per fornire calore addizionale ai punti freddi nel forno come mostrato nella Fig.1-14.Tipicamente tali zone si trovano tra gli elettrodi ed anche nel becco del forno EBT perché è lontano dagli elettrodi. L’efficienza dei bruciatori è maggiore quando i rottami sono freddi e diminuisce man mano che i rottami si riscaldano. Ciò è descritto più dettagliatamente nella sezione sulle operazioni EAF. I bruciatori hanno il corpo costruito in acciaio altolegato o inossidabile, hanno le punte in rame e sono raffreddati ad acqua. I bruciatori devono essere in grado di sopportare alti flussi di calore, specialmente all’inizio del ciclo di colata, quando è probabile che la fiamma torni all’indietro se il suo passaggio è ostruito dai rottami. La maggior parte dei bruciatori della parete laterale é fissa, mentre quelli della porta della scoria tendono ad essere retrattili. La cosiddetta lancia a banana fornita dalla Empco segue i rottami nel forno mentre si fondono come mostrato nella Fig.1-15.

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Figura 1-14 Bruciatore ossigeno-combustibile sulla parete laterale.

Figura 1-15 Unilancia.

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Questa unità può funzionare sia in modalità bruciatore ossigeno-combustibile sia in quella lancia ad ossigeno. I bruciatori sono fatti funzionare a diversi livelli di pressione in uscita secondo la fase di funzionamento del forno. Esiste un tasso minimo di pressione per fare in modo che il bruciatore non sia otturato dalla scoria schizzata. Esistono una grande varietà di lance ad ossigeno, ma di solito tutte ricadono in due categorie: a tubo consumabili e raffreddate ad acqua non consumabili. Molte lance ad ossigeno sono ora a multi-apertura e sono anche capaci di iniettare calce e carbonio. Le prime sono capaci di penetrare realmente l’interfaccia scoria/bagno come mostrato nella Fig.1-16.

Figura 1-16 Funzionamento della lancia ad ossigeno consumabile.

Il bruciatore consumabile brucia all’indietro durante il funzionamento e si deve inserire periodicamente una nuova sezione di tubo. Un manipolatore di lancia consumabile é mostrato nella Fig.1-17.

Figura 1-17 Manipolatore di lancia ad ossigeno consumabile.

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Le lance raffreddate ad acqua non penetrano realmente il bagno. Iniettano invece l’ossigeno attraverso la scoria ad alta pressione cosicché l’ossigeno penetri nel bagno. Un manipolatore di lancia ad ossigeno raffreddata ad acqua é mostrato nella Fig.1-18.

Figura 1-18 Lancia ad ossigeno raffreddata ad acqua.

Un’altra importante funzione ausiliaria è l’analisi del bagno per ottenere la temperatura: essa è il parametro che permette di stabilire eventuali aggiunte che il metallo fuso necessita. Tipicamente le misurazioni della temperatura del bagno sono prese manualmente usando una lancia con all’estremità una termocoppia in cartone usa e getta. La lancia è collegata ad un display elettronico che converte un segnale di voltaggio in una temperatura. Moderne unità di funzione combinata sono anche capaci di misurare i livelli d’ossigeno del bagno. Il campione del bagno viene di solito preso manualmente usando un tipo di sonda a lecca-lecca (lollipop in inglese) . In seguito viene raffreddato e mandato al laboratorio per le analisi chimiche. Alcune installazioni recenti hanno la misurazione di temperatura del bagno automatica e la raccolta dei campioni avviene tramite una lancia automatizzata. Questo riduce il tempo che gli operatori devono spendere nel reparto e garantisce una campionatura coerente. Siccome è stato dimostrato che, con l’iniezione solo attraverso la porta della scoria, la schiuma tendeva ad essere localizzata, si è preferito avere molti iniettori di carbonio e calce intorno all’intelaiatura per mantenere una schiumatura più uniforme. Diverse possibili configurazioni sono mostrate nella Fig.1-19.

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Figura 1-19 Iniettore di carbonio, sommerso e sopra il bagno.

1.1.14. Rimescolamento del fondo

Negli EAF tradizionali a corrente alternata c’è poca convezione naturale dentro il bagno. Di conseguenza ci possono essere alte temperature e gradienti di concentrazione nel bagno. Questi possono portare ad un aumento del consumo di energia ed a sovra o sotto reazione di certe porzioni del bagno. Il rimescolamento del bagno può aiutare a ridurre questi gradienti e può essere compiuto o elettromagneticamente o usando iniezione di gas inerti per rimescolare il bagno. La maggior parte delle operazioni moderne opta per quest’ultima. Tipicamente gli elementi usati per introdurre il gas nel bagno possono essere ugelli, tappi porosi o combinazioni di tappi porosi con materiale refrattario permeabile sistemato sulla sommità dell’introduttore. Elementi di non contatto (in altre parole quelli che non toccano direttamente il bagno) hanno il vantaggio di poter funzionare a tassi di spegnimento più alti senza temere otturazione. I gas più usati per rimescolare sono principalmente argon e azoto anche se sono state anche tentate alcune prove con gas naturale e con diossido di carbonio. Gli elementi di rimescolamento sono montati all’interno del rivestimento di materiale refrattario dell’EAF. Il numero di elementi usato può variare notevolmente in base alla progettazione, alla portata del gas e alla dimensione del forno ma è di solito compreso nell'intervallo da uno a sei.

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1.1.15. Considerazioni per la progettazione del forno a corrente continua

Il loro utilizzo non è nuovo, ma solo recentemente il costo per unità prodotta è sceso al punto tale per cui sono diventati economici. I forni a corrente continua hanno diversi requisiti unici rispetto ai forni a corrente alternata oltre alle ovvie differenze nella fornitura dell’energia elettrica che sono discusse nella sezione sull’elettricità del forno.

Figura 1-20 Configurazioni dell’anodo del fondo del forno a corrente continua.

Notiamo la presenza di un solo albero portaelettrodo ed un singolo elettrodo di grafite che agisce da catodo. In questo modo l’intelaiatura richiede meno volume ed in generale questa soluzione ha meno componenti rispetto alla progettazione a corrente alternata. C'è comunque bisogno di un elettrodo di ritorno, l’anodo, che di solito è collocato sul fondo dell’intelaiatura del forno. Esistono molti differenti progetti per l’elettrodo di ritorno: con perno di metallo con materiali refrattari non conduttivi, a billetta e con aletta di metallo e materiale refrattario per il fondo conduttivo (Fig.1-20).La Fig.1-21 mostra un tipico progetto per un forno a corrente continua.

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Figura 1-21 Configurazioni del forno a corrente continua.

Nel caso di contatto il materiale refrattario che conduce la corrente e il rivestimento di materiale refrattario al centro del fondo agiscono da anodo. Il fondo ha una flangia circolare che si trova all’interno del canale circolare che è saldato all’intelaiatura del forno. All’interno del canale la flangia è sostenuta da blocchi di ceramica rinforzati con fibre. Lo spazio tra il canale, i blocchi di sostegno e la flangia è riempito con un composto di materiale refrattario che isola elettricamente il fondo dal resto dell’intelaiatura come mostrato nella Fig.1-22.

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Figura 1-22 Elettrodo di fondo di materiale refrattario conduttivo.

La suola del forno è costruita di acciaio ad alta temperatura con una lamina circolare di rame che è imbullonata direttamente ad essa. Quattro terminali di rame si estendono attraverso il fondo del forno attraverso la lamina di rame e si connettono a cavi flessibili che a loro volta sono collegati ai tubi di linea. I mattoni di materiale refrattario conduttivo sono installati sopra la lamina di rame. Il flusso di calore dal fondo del forno (di solito circa 15 kW / m2) è eliminato con raffreddamento ad aria forzata. A causa dell'ampia superficie del fondo dell’elettrodo, la densità della corrente tende ad essere piuttosto bassa, tipicamente circa 5 kA / m2. In alcune installazioni è stato necessario usare materiale di rappezzatura non conduttivo nel centro del forno per forzare la corrente a distribuirsi più uniformemente sull’intero fondo. Il mancato raggiungimento della giusta distribuzione della corrente porta, infatti, a punti caldi al centro del forno. La configurazione dell’elettrodo di ritorno a billetta impiega da uno a quattro grandi billette d’acciaio (nell’ordine di 10 – 15 cm di diametro, ma possono arrivare a 25 cm di diametro) a seconda della dimensione del forno. La parte superiore delle billette viene a contatto con il bagno e si scioglierà con un grado determinato dal raffreddamento ad acqua: provvedendo ad un sufficiente raffreddamento, si può assicurare che la billetta non si scioglierà completamente. Le termocoppie monitorano la temperatura della billetta del fondo e la temperatura dell’acqua di raffreddamento. Una guaina isolante isola i sostegni di rame dalla billetta. Essa è collegata ad una base di rame che fornisce il collegamento ad un cavo di corrente. La Fig.1-23 mostra l’elettrodo a billetta Kvaerner-Clecim.

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Figura 1-23 Anodo a billetta.

1. billetta d’acciaio2. materiale refrattario speciale3. letto di fusione4. lamina dell’intelaiatura del fondo5. materiale di isolamento

6. manicotto di rame7. calotta di rame8. rivestimento d’acqua9. compensatore10. ingresso acqua e corrente

L’elettrodo di ritorno di tipo a perno usa molteplici perni di metallo di 2,5-5,0 cm di diametro per fornire il percorso di ritorno per la corrente elettrica. Questi perni, che sono posizionati verticalmente e penetrano effettivamente nel materiale refrattario, si estendono giù verso il fondo del forno dove sono fissati grazie a due lamine di metallo. Le terminazioni inferiori sono ancorate alla lamina ed ad un conduttore di corrente. La lamina di contatto di fondo è raffreddata ad aria ed è collocata nel centro del fondo del forno. La porzione superiore dei perni è a livello con il rivestimento di funzionamento nel forno. I perni sono a diretto contatto con il bagno e anch’essi si sciolgono man mano che il rivestimento di funzionamento si consuma. Un cavo elettrico di ritorno è attaccato alla lamina del conduttore del fondo. Viene effettuato un monitoraggio estensivo della temperatura per constatare l’usura del rivestimento e la vita dell’elettrodo di fondo. Questa fa sì che si possa programmare il cambio dell’elettrodo del fondo.La progettazione della cartuccia integrale permette il cambio rapido dell’elettrodo del fondo nel corso di un periodo programmato di inattività per manutenzione di otto ore.

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La sequenza dei passaggi del cambiamento è la seguente:1. dopo l’ultima colata prima del cambiamento la scoria è drenata dal forno e le

superfici di materiale refrattario sono vaporizzate con acqua per accelerare il raffreddamento.

2. I collegamenti elettrici all’elettrodo di fondo vengono disaccoppiati e le termocoppie sono disconnesse.

3. L’intera cartuccia è spinta in alto da sei cilindri idraulici che sono collocati intorno al perimetro della lamina di contatto del fondo.

4. Una volta che la cartuccia è libera dal fondo del forno, può essere rimossa dalla gru.

5. Una nuova cartuccia viene poi abbassata al suo posto e le connessioni elettriche vengono riaccoppiate.

6. Una piccola quantità di rottami viene caricata ed un arco è scoccato per testare il sistema. A seguito di un test positivo il forno è caricato con rottami e la fusione inizia a corrente elettrica ridotta. Una volta che si stabilisce un piede liquido si riprende il funzionamento regolare.

Un esempio di mezzo per la rimozione dell’anodo è mostrato nella Fig.1-24.

Figura 1-24 Mezzo di rimozione dell’anodo.

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La Fig.1-25 mostra un tipico rivestimento di materiale refrattario per un forno UNARC.

Figura 1-25 Dettagli del materiale refrattario del forno UNARC.

L’elettrodo di ritorno usa alette di metallo sistemate in un anello sul fondo del forno per formare diversi settori. Ogni settore è formato da una lamina orizzontale levigata e da alette d’acciaio saldate su di essa che sporgono verso l’alto attraverso il materiale refrattario. I perni sono spessi circa 0,16 cm e ad una distanza l’uno dall’altro di 9 cm. I settori sono imbullonati su un’intelaiatura del fondo raffreddata ad aria che è elettricamente isolata da terra ed è collegata a quattro conduttori di rame. La maggior parte dei forni a corrente continua sono fatti funzionare con lunghi archi, tipicamente da due a tre volte rispetto a quelli che si trovano nelle tradizionali operazioni dei forni UHP. Ne consegue che molti fabbricanti di forni specificano portate d’acqua richieste più alte per i pannelli raffreddati. Alcuni valori tipici proposti da Fuchs Systems Inc. sono 160 l / min m2 (3,90 gpm / ft2) per un pannello di parete laterale e 180 l / min m2 (4,38 gpm / ft2) per un pannello della volta.

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1.2. Materiali refrattari negli EAF

I materiali refrattari sono materiali che sopportano un’alta temperatura senza un cambiamento significativo nelle proprietà chimiche o fisiche e sono molto importanti per il funzionamento dell’EAF perché permettono il contenimento dell’acciaio liquido nel letto di fusione senza danneggiare la struttura del forno.

1.2.1. Materiali refrattari nella fabbricazione dell’acciaio

Il forno elettrico richiede una grande varietà di prodotti refrattari. Particolarmente importanti sono quelli a diretto contatto con l’acciaio. I forni elettrici odierni e gli EBT di solito usano prodotti di magnesite o di carbonio di magnesite nelle zone di contatto con acciaio. Materiali refrattari specializzati, con una buona resistenza allo shock termico, vengono di solito usati nel Delta, nel foro di colata, nell’ugello o canale di colata del forno. Seguono descrizioni generali e raccomandazioni sul materiale refrattario usato per le diverse parti che compongono l’EAF.

1.2.1.1. Sotto-fondo

Nel basamento si usano mattoni di magnesite o di magnesite impregnata di catrame per la loro buona resistenza all’acciaio ed alla scoria nel caso in cui il letto di fusione di funzionamento sia penetrato. L’aspettativa di durata di questi materiali refrattari è di sei mesi, un anno o perfino diversi anni se hanno una buona manutenzione.

1.2.1.2. Letto di fusione

La maggior parte degli operatori dei forni elettrici preferisce un letto di fusione monolitico di magnesite che è facile da installare e mantenere. I materiali del letto di fusione monolitico sono di solito ad alto contenuto di MgO, asciutti e vibratili, che sviluppano resistenza mediante la sinterizzazione sul posto durante l’invecchiamento preventivo del fondo. Questi materiali di solito contengono impurità, come ad esempio l’ossido di ferro, per facilitare la sinterizzazione. Altri operatori preferiscono letti di fusione interamente in mattoni, e usano i materiali monolitici solo per riparare i buchi nel letto di fusione dopo un certo periodo di funzionamento. La progettazione dei fondi dei moderni EAF spesso include elementi per il rimescolamento del gas che richiedono materiali refrattari porosi o ugelli che attraversano le pareti per arrivare a contatto con l’acciaio fuso. L'inconveniente principale è che tali gas possono causare l’erosione dell'interno del letto di fusione e richiedono una manutenzione regolare.

1.2.1.3. Parete laterale inferiore

Per la parete laterale inferiore di solito si usano gli stessi mattoni del sotto-letto di fusione, ad alto MgO, semplice o impregnato di catrame. Questi formano la base per

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la linea della scoria e per la parete laterale superiore e sono protetti dalle sponde del materiale del letto di fusione. Sono sostituiti insieme al letto di fusione monolitico.

1.2.1.4. Linea della scoria

La superficie della linea della scoria nella maggior parte dei forni è ricoperta di mattoni di carbonio di magnesite o mattoni di magnesite impegnati di catrame. La selezione del materiale refrattario nella linea deve essere attentamente coordinata con la composizione chimica prevista della scoria. Gli impianti per la produzione dell’acciaio al carbonio generano scoria ricca di calce, FeO-SiO2, con un rapporto calce – silice 2:1 che necessita di materiali refrattari basici, mentre in quelli per l’acciaio inossidabile si può utilizzare un mattone più neutro a grana fusa di magnesite e cromo.

1.2.1.5. Parete laterale/Punti caldi

Sopra la linea della scoria il materiale di rivestimento refrattario è soggetto al bagliore dell’arco ad alta temperatura, alla schizzata della scoria, all’urto della scoria e alla fiamma dei bruciatori o delle lance. La refrattarietà, la forza e la resistenza allo shock termico sono i parametri più importanti per i materiali refrattari delle pareti laterali del forno elettrico. Nei forni con pannelli raffreddati ad acqua, la scelta più comune è il mattone di carbonio di magnesite, con mattoni a grana fusa di carbonio di magnesite nei punti caldi.

1.2.1.6. Soffitto e Delta

Se la volta è raffreddata ad acqua è probabile che la scelta del materiale ricada su un prefuso di materiali alluminosi o ad allumina cromo. Un notevole risparmio si ottiene rivestendo di mattoni le aperture degli elettrodi e aggiungendo un materiale plastico alluminoso nel bilanciamento della sezione Delta. Tale zona è soggetta ad estremo shock termico durante le oscillazioni della volta per il caricamento. I materiali basici hanno una resistenza migliore all’atmosfera del forno, ma di solito non possono sopportare il carico termico. Per soffitti completamente refrattari solitamente si usano anelli composti per il 70-80% di mattoni di allumina, che compongono circa i due terzi della volta, materiali plastici alluminosi o ad allumina cromo sistemati nella sezione Delta, mentre per gli anelli degli elettrodi sono utilizzati mattoni con allumina ad alta purezza o con allumina cromo.

1.2.1.7. Foro di colata

Per i forni elettrici a colata convenzionali, la costruzione più comune è un modulo con foro di colata o un blocco di foro di colata con un buco pretrapanato. Altri operatori inseriscono un mix alluminoso o d’imbottitura base intorno ad un condotto d’acciaio per formare il loro foro di colata, mentre altri sparano mix basico intorno ad un condotto d’acciaio per il foro di colata iniziale. Alcuni fori di colata dureranno

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per tutta la vita del forno, altri operatori faranno una regolare manutenzione del foro sparando intorno ad un condotto del metallo d’introduzione. Per gli EBT si utilizzano modelli di magnesite densa o di carbonio di magnesite per il foro di colata verticale. Questi sono spesso incassati con forme rettangolari più grandi per formare un foro di colata permanente proprio sul becco del forno. Certi fori di colata EBT non richiedono particolare manutenzione, altri sono rappezzati con mix di resina legante o ancora eseguendo una regolare manutenzione e con l’installazione di nuove forme di foro di colata, quando serve. I fori di colata EBT richiedono una sabbia di riempimento, di solito a base di olivina, magnesite o cromite, tra le colate per prevenire la solidificazione dell’acciaio nel foro di colata.

1.2.1.8. Becco o canale di colata

Il becco dei forni elettrici convenzionali può essere formato di mattoni, materiale plastico o di una forma di becco ampia e preformata. A causa dell’estremo shock termico si preferiscono materiali alluminosi oppure un composto ad alta o basica allumina che massimizza la prestazione.

1.2.1.9. Considerazioni per i materiali refrattari per i forni a corrente continua

I forni elettrici a corrente continua richiedono di speciali materiali refrattari perché l’elettrodo di ritorno è di solito installato nel fondo del forno (alcuni usano una soluzione alternativa con due elettrodi di grafite). Nel caso di un fondo che conduce la corrente il rivestimento di materiale refrattario al centro della suola agisce come anodo. Una lamina di rame è di solito collegata sotto il materiale refrattario conduttivo e la barra di distribuzione di ritorno in rame è collegata alla lamina. In questo caso i requisiti speciali per il materiale refrattario sono bassa resistenza elettrica (preferibilmente <0,5 milliOhm per metro), bassa conduttività termica ed alta resistenza all’usura. Una configurazione tipica usa un rivestimento di funzionamento spesso sei pollici, consistente di mix di magnesia legati da carbonio (C = 5 10 % in peso). Questi materiali possono essere installati caldi o freddi. Sotto il rivestimento di funzionamento si trovano tre strati di mattoni al carbonio di magnesio con un contenuto residuo di carbonio variabile dal 10 al 14 %. Con una manutenzione regolare questa soluzione per l’elettrodo di fondo ha raggiunto una vita del fondo di 4000 colate. La configurazione dell’elettrodo di ritorno a billetta usa da una a quattro grandi billette d’acciaio (nell’ordine di 10 pollici di diametro) a seconda della misura del forno. Le billette sono inserite nel materiale refrattario del fondo e sono circondate da mattoni di materiale refrattario basico. Il resto del letto di fusione è composto da un mix speciale d’imbottitura alla magnesia, che è usato per mantenere un’area di mattoni intorno all’elettrodo. Questa struttura per l’elettrodo di ritorno supera di 1500 colate la vita media della configurazione a fondo del forno. L’elettrodo di ritorno di tipo a perno usa molteplici perni di metallo di 25-50 cm di diametro per garantire il ritorno per il flusso elettrico. Questi perni penetrano effettivamente il materiale refrattario fino al fondo del forno dove sono attaccati ad una lamina di metallo. Un mix d’imbottitura di magnesia asciutta infilato tra i perni di metallo è usato per il rivestimento dell’intero letto di fusione. In alternativa si

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possono usare mattoni di carbonio di magnesia nell’area intorno all’anodo. Questo aiuta a migliorare la vita del fondo del forno, che varia da 2000 a 4000 colate a seconda dei materiali refrattari usati, ma aumenta i costi. L’elettrodo di ritorno ad aletta d’acciaio usa alette di metallo sistemate in un anello sul fondo del forno per formare diversi settori. Ogni settore consiste di una lamina orizzontale levigata e diverse alette d’acciaio saldate che sporgono verso l’alto attraverso il materiale refrattario. Viene inserito un mix d’imbottitura di magnesia asciutta tra le alette e nel letto di fusione. I punti importanti da considerare durante l’installazione sono la divisione in zone del materiale refrattario, il contorno del letto di fusione, la collocazione della linea della scoria, la capacità d’acciaio del forno, la posizione del foro di colata, la misura e l’angolo del foro di colata, l’orientamento della volta/Delta, le tolleranze di espansione, la collocazione dell’apertura del bruciatore, la costruzione della porta della scoria, gli elementi di rimescolamento del fondo e il tipo di elettrodo di fondo del forno a corrente continua.

1.2.2. Installazione del rivestimento del forno elettrico

Seguono le procedure tipiche per un completo rivestimento di un nuovo forno elettrico o EBT.[7]

1.2.2.1. Sotto-fondo e letto di fusione monolitico

Prima di iniziare la costruzione del forno l’intelaiatura deve essere pulita dai detriti ed il forno deve essere piano. Ciò aiuta ad individuare il centro esatto del forno e della suola. La costruzione preferita è di mattoni rettangolari di magnesite collocati usando un materiale granulare basico come riempitivo per fornire una superficie piatta a contatto con l’intelaiatura d’acciaio arrotondata. Dopo aver piazzato i blocchi sede del foro di colata EBT, gli elementi di rimescolamento del fondo e l’elettrodo di fondo del forno a corrente continua, la prima serie di mattoni sotto-letto di fusione è stesa asciutta, compatta e livellata, ed una malta di magnesite asciutta è fatta entrare nelle giunzioni. Materiale addizionale di riempimento è posto lungo il perimetro del primo strato e livellato. Il secondo strato è steso ad un angolo di 45° rispetto al primo e di nuovo la malta di magnesite è fatta entrare nelle giunzioni. Questo processo è ripetuto per tre o quattro strati. C’è una progettazione alternativa, meno preferibile, del sotto-letto di fusione che stende da due a quattro strati piatti che seguono il contorno curvo dell’intelaiatura d’acciaio. Ciò può essere usato nei forni in cui l’intelaiatura ha un piccolo raggio sferico e dà uno spessore più uniforme nel materiale del letto di fusione monolitico. All’altezza adatta si posano mattoni a forma di chiave per iniziare il primo strato. È preferibile iniziare con l’anello più largo ad un pollice dall’intelaiatura e lavorare verso il centro. Per chiudere l’anello, un mattone a chiave è tagliato con una sega da mattoni nelle esatte dimensioni richieste. Se la forma del taglio è più piccola di metà mattone, si dovrebbero utilizzare due mattoni invece di uno. Il vuoto alla fine dello strato fino all’intelaiatura è riempito con materiale di magnesite granulare. Il successivo anello è costruito in modo simile. Si deve seguire attentamente il contorno del letto di fusione mostrato sul disegno per lasciare sufficiente spazio per aggiungere il materiale del letto di fusione monolitico

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di spessore appropriato. Gli anelli di mattoni con raggi variabili si estendono nella sezione del becco del forno che deve risultare a livello. Un modo per facilitarlo è trapanare il centro esatto del fondo del forno e poi utilizzare un braccio chiodato, imperniato su questo mattone centrale, come un mandrino per disegnare cerchi e archi per gli anelli a stadio e gli anelli parziali che si estendono nel becco.

1.2.2.2. Letti di fusione interamente in mattoni

Se non si utilizza per il letto un materiale di fusione monolitico, lo strato finale o gli ultimi due strati sono interamente in mattoni disposti con testa a vista oppure verticalmente con fianco a vista (soldier). Queste soluzioni forniscono un maggiore contatto mattone-mattone e minimizzano il sollevamento del letto di fusione durante il funzionamento. Tutti gli strati nel letto di fusione e nel corpo del forno sono stesi asciutti e le giunzioni sono riempite con malta di magnesite.

1.2.2.3. Linea della scoria e pareti laterali

Una volta che gli anelli a stadio sono completati, i mattoni della linea della scoria sono installati strato per strato usando lo stesso concetto d’inchiavettamento utilizzato per gli anelli a stadio. Inoltre la linea della scoria dovrebbe essere posizionata con un margine di un pollice dall’intelaiatura dell’acciaio per permettere l’espansione termica senza scheggiare i mattoni. Gli anelli di mattoni formano la parete laterale e sono utilizzati nei punti caldi fino a che non subentrano i pannelli raffreddati ad acqua o si raggiunge la parte alta del forno.

1.2.2.4. Stipiti della porta

Gli stipiti della porta sono un’area di progettazione critica per il rivestimento in refrattario. Diversi operatori semplicemente utilizzano come stipiti della porta forme a chiave regolari in strati collegati. Altri operatori usano speciali forme di stipite della porta che hanno un’area più grande per un miglior collegamento tra gli strati ed un angolo più acuto dell'apertura della porta che elimina o riduce i danni provocati al materiale refrattario quando la scoria viene espulsa. Altre progettazioni degli stipiti della porta implicano assemblaggi di mattoni o di forme prefuse che sono saldati o imbullonati all’intelaiatura d’acciaio. Questi sono di solito installati per primi e i mattoni della linea della scoria e della parete laterale sono posati direttamente contro questi assemblaggi, con anelli della pareti laterali inchiavettati a mezza strada tra la porta ed il foro di colata.

1.2.2.5. Foro di colata

I forni elettrici inclinabili tradizionali di solito usano forme per il modulo del foro di colata che sono installate con una gru prima di posare i mattoni della linea di scoria e delle pareti laterali. Un’alternativa è lasciare un’apertura negli anelli della parete laterale e poi imbottire o sparare intorno ad un condotto d’acciaio che forma il foro di colata. Questo condotto viene poi fuso durante la prima accensione. Si possono

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anche utilizzare le forme del foro di colata in materiale refrattario con del materiale monolitico che le tiene in posizione all’altezza ed all’angolo appropriati.

1.2.2.6. Soffitti e Delta

La volta del forno elettrico o la sezione Delta, in un soffitto raffreddato ad acqua, sono di solito installati in una zona rivestita da materiale refrattario, e per terminare la costruzione della volta si attende la ricostruzione del forno. Con soffitti raffreddati ad acqua e Delta prefusi, un materiale refrattario plastico o plasmabile viene spesso piazzato lungo il perimetro della forma prefusa per posizionarla correttamente contro la volta. Per i tetti in materiale refrattario in mattoni, è necessaria una sagoma (di solito di calcestruzzo) che crea una forma a cupola adatta per il contorno interno della volta. Le forme dei soffitti dei forni elettrici a tripla rastremazione sono posate in anelli concentrici contro l’anello della volta per i due terzi esterni della volta. Spesso anelli parziali di mattoni sono posati in una disposizione a cuneo tra gli elettrodi. I mattoni dell’anello dell’elettrodo circondano ogni mandrino e sono tenuti a posto con fasce d’acciaio. Un materiale plastico o plasmabile è fuso o sistemato in posizione nella cavità tra gli anelli esterni e i mattoni dell’anello dell’elettrodo.

1.2.2.7. Letto di fusione monolitico

La maggior parte degli operatori dei forni elettrici usa un materiale del letto di fusione monolitico. Questo è un prodotto ad alta magnesite, auto-sinterizzante ed è di natura è granulare. Dopo aver installato i blocchi di sede del foro di colata EBT, gli elementi di rimescolamento del fondo e le forme dell’elettrodo di fondo a corrente continua, viene iniziata la costruzione del letto di fusione monolitico. Una gru solleva il sacco contenente materiale del letto di fusione in posizione sopra il sotto-letto, mentre il sacco è rotto ed il materiale è portato in posizione con il badile. Dopo aver posato due o tre sacchi, diversi operai, usando badili o forconi, punzecchiano ripetutamente il materiale granulare per rimuovere l’aria. In tal modo il materiale si addensa e gli operai lo compattano ulteriormente con vibratori meccanici o semplicemente camminando sul letto di fusione per ottenere il contorno opportuno. Sono aggiunti sacchi dello stesso materiale del letto di fusione, privati dell’aria e densificati finché si raggiunge il contorno finale (di solito misurato con catene o con una forma). Il nuovo letto di fusione sinterizza durante la prima colata.

1.2.2.8. Programmazione del riscaldamento

Sul nuovo rivestimento vengono di solito collocati utilizzando un magnete nel fondo del forno lamine d’acciaio o scarti leggeri per proteggere il materiale del letto di fusione non sinterizzato. Dopo che questi rottami-cuscinetto sono stati collocati, il primo carico è sistemato e scocca il primo arco, che deve essere lungo per evitare di danneggiare il nuovo fondo. Durante la prima fusione avviene la sinterizzazione, ma conviene ispezionare il fondo ed i bordi per rilevare eventuali buchi od erosioni dovute a non completa sinterizzazione. Dato che il nuovo rivestimento del forno elettrico contiene molta poca umidità, non sono richieste speciali precauzioni durante il riscaldamento iniziale, se non quella, come precedentemente accennato, di

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mantenere l’arco lungo. La manutenzione dei rivestimenti in materiale refrattario del forno elettrico è effettuata sparando un adeguato mix dove richiesto e rattoppando con mattoni.

1.2.2.9. Manutenzione a pistola

La manutenzione a pistola consiste nel mescolare acqua con un mix a base di magnesite e di vaporizzare questa mistura sul rivestimento di materiale refrattario. La pistola viene usata per la manutenzione dei punti caldi, per l’erosione della linea di scoria, dei fori di colata, dell’area della porta o di qualsiasi altra parte del rivestimento che subisca un’usura selettiva del materiale refrattario. Il materiale da sparo è di solito una misura temporanea e dovrà essere risparato nello stesso punto nelle colate successive. Senza tale pratica la vita media del rivestimento varierebbe da zona a zona, mentre l’uso della pistola, anche se è una soluzione temporanea, garantisce ai diversi punti del rivestimento una vita media bilanciata. Ne consegue che l’usura del materiale refrattario nei forni a corrente alternata è di solito maggiore nella parete laterale più vicina all’elettrodo ad albero; sparare su quest’area massimizza la prestazione complessiva del rivestimento. La maggior parte della manutenzione a pistola del materiale refrattario è fatta con una pistola pressurizzata avente una capacità di circa 900-1800 kg. Questa pistola porta materiale asciutto ad un ugello che mescola l’acqua e la pressione dell’aria vaporizza il mix umido sulla superficie del rivestimento. L’addestramento e l’abilità dell’operatore sono fattori importanti nella qualità della riparazione e c’è una certa tendenza a svuotare la pistola, il che aumenta i costi del materiale refrattario. Lo sparo può essere automatizzato usando uno strumento meccanico a lancio centrale che emette materiale in un disegno circolare, mentre è sospeso centralmente rispetto alle pareti. Questo sparo meccanico è più veloce, ma spreca molto materiale piazzandolo dove potrebbe non servire. I mix base variano da 40 a 95% MgO in qualità. Le operazioni ad alta temperatura ed i forni ad alta energia di solito usano mix a più alto contenuto di MgO, mentre operazioni a temperatura moderata usano contenuti più bassi di MgO. I produttori d’acciaio al carbonio usano tra 1,4 e 7,5 kg di mix da sparo per tonnellata di acciaio.

1.2.2.10. Manutenzione della puddellatura

La manutenzione della puddellatura consiste nel rappezzare i buchi nel fondo monolitico. In tale operazione si utilizza o il prodotto originale del letto di fusione oppure un materiale granulare a rapida sinterizzazione. Il materiale asciutto è posato con il badile o fatto cadere con la gru dovunque ci sia un buco o una crepa nel fondo monolitico; in alternativa si utilizza uno scivolo meccanico sospeso dalla gru che porta il materiale sui bordi inclinati del letto di fusione. Occasionalmente il magnete è usato per livellare questo materiale della pezza, che poi sinterizza sul posto durante il successivo ciclo di fusione. Con questa tecnica i fondi monolitici possono durare da tre mesi a più di un anno.

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1.2.2.11. Rappezzatura con i mattoni

Dopo diverse settimane di funzionamento la manutenzione a sparo del rivestimento di materiale refrattario diventa meno efficiente. La maggior parte degli operatori raffredda allora il forno e tolgono dal 30-80% della parete laterale e dei punti caldi. I detriti sono poi rimossi dal forno e gli operai installano nuovi mattoni nelle zone rimosse. Spesso sono reinstallati materiali con la stessa qualità e spessore di quelli che sono usati nel rivestimento iniziale. In alternativa, sono installati rivestimenti di minore qualità o più sottili durante questa rappezzatura e si prevede una vita del rivestimento leggermente inferiore a quella che si avrebbe con un rivestimento completamente nuovo. La rappezzatura di mattoni è completata sparando un mix da sparo di MgO in tutti i vuoti e le fessure nella muratura. Di solito durante la riparazione, il foro di colata è completamente sostituito con muratura in mattoni oppure viene riparato con un mix d’imbottitura o materiale da sparo. Nella maggior parte degli impianti si sviluppa una programmazione regolare di rappezzatura dei mattoni. Nella pratica si tende ad effettuare due rappezzature intermedie per ogni sostituzione completa della parete laterale. Alcuni operatori invece realizzano rappezzatura continua in cui alcuni mattoni sono sostituiti ogni una/due settimane e l’intero rivestimento viene completamente sostituito solo una o due volte l’anno. Le diverse soluzioni di manutenzione sono di solito dettate dalla severità delle condizioni di funzionamento così come dalla filosofia economica di manutenzione dell’azienda.

1.2.2.12. Manutenzione del materiale refrattario delle parti rimanenti

Ogni EAF ha caratteristiche uniche che richiedono una manutenzione specifica del materiale refrattario. Le sezioni Delta devono essere sostituite in caso di avaria o secondo una tabella di marcia regolare. I fori di colata devono essere sostituiti o riparati quando il tempo di colata diventa troppo breve o si inizia ad avere il trasporto della scoria. I fori di colata degli EAF tradizionali sono di solito sostituiti con un getto di mix da sparo ad alto MgO intorno ad un condotto d’acciaio, mentre i fori di colata degli EBT sono svuotati e viene inserito un nuovo tubo o un pezzo preformato. Gli elementi di rimescolamento del fondo e gli elettrodi del fondo richiedono procedure specializzate di manutenzione che variano con la progettazione.

1.2.3. Filosofia di funzionamento

La filosofia di funzionamento spesso ha un impatto significativo sulla prestazione del materiale refrattario. Se la massima produzione è la filosofia chiave del funzionamento, si può avere una manutenzione del materiale refrattario meno accurata. Infatti, massimizzare la produzione di solito richiede un rivestimento di alta qualità iniziale che ci si aspetta duri a lungo senza molta manutenzione del materiale refrattario. Si arriverà ad un punto in cui una mancanza di manutenzione effettivamente ridurrà la produttività, così tale filosofia necessita di un delicato equilibrio tra progettazione e manutenzione del materiale refrattario. Nella filosofia del minimo costo il rivestimento refrattario è costituito da materiali poco costosi e

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generici che ci si aspetta durino molto grazie alla rappezzatura o alla manutenzione a sparo. I rivestimenti economici di solito non sono specifici per un settore e spesso si usa lo stesso tipo e lo stesso spessore in tutto il forno. Questa filosofia risulta efficace per operazioni a bassa intensità.

1.2.3.1. Campagna prevedibile

Questo indirizzo prevede un periodo stabilito per le rappezzature del materiale refrattario. In questo scenario l’operatore del forno elettrico programma la piena produzione per il periodo massimo consentito dal rivestimento del forno. Segue una rappezzatura programmata o il rifacimento del rivestimento e si inizia un nuovo ciclo di lavoro. Questa filosofia richiede una stretta coordinazione ed ottimizzazione della progettazione del materiale refrattario con le operazioni del reparto.

1.2.3.2. Filosofia del minimo tempo di spegnimento

Questo scenario è simile alla massima produzione, ma senza lo stesso zelo per la produzione totale. Qui il rivestimento di materiale refrattario deve portare a termine le operazioni previste con poca manutenzione, così di solito si richiede un rivestimento iniziale di alta qualità. Negli intervalli di tempo compresi tra due spegnimenti successivi non si spende molto tempo per la manutenzione, mentre quella prevedibile è contemplata solo se programmata.

1.2.4. Considerazioni future

Le caratteristiche richieste ai materiali refrattari del forno elettrico sono cambiate significativamente negli ultimi anni e ci troviamo di fronte a continue variazioni dovute ai miglioramenti nella tecnologia di fusione elettrica e al progresso dei processi. L’aumentato utilizzo di sostituti dei rottami, come ad esempio il ferro a riduzione diretta (DRI) ed il ferro agglomerato a caldo (HBI), richiedono rivestimenti del forno specifici. Anche la post-combustione del monossido di carbonio e l’uso crescente di bruciatori ossigeno-combustibile richiedono l’uso di materiali refrattari più prestazionali. C’è la tendenza a ridurre il consumo dei prodotti refrattari contenenti cromo per permettere che i materiali refrattari provenienti da tutti i processi di fabbricazione dell’acciaio siano riciclati.

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2. IL SISTEMA ELETTRICO DEL FORNO E LA PRODUZIONE DI ENERGIA

2.1. Fornitura di energia elettrica

Un forno ad arco ha bisogno di una grande quantità di energia: ogni tonnellata di acciaio fuso richiede 400 kWh (0,4 MWh), così, ad esempio, per sciogliere 100 tonnellate servono 40 MWh di energia elettrica. Per un reparto di fusione, che produce ad un ritmo di un milione di tonnellate l’anno, la produzione oraria risulta di 100 tonnellate circa: per raggiungere quest’obiettivo 40 MWh devono essere resi disponibili in circa mezz’ora di tempo di accensione. Questo significa che il livello medio di energia è nell’ordine di 80 MW, con una range tra 20 – 200 MW (sufficiente per l’esigenza di una piccola città). Livelli così alti di energia possono essere forniti dalla compagnia elettrica solo dalla loro rete ad alta tensione, in cui si trovano voltaggi compresi tra i 100 e i 500 kV.Il sistema è a tre fasi (la scelta delle tre fasi, piuttosto che di qualche altro numero di fasi, è stata fatta all’inizio del ventesimo secolo) e per questa ragione i forni a corrente alternata tradizionali hanno tre elettrodi. In tali forni l’arco che si forma dagli elettrodi è dell’ordine di 100 – 600 volts, voltaggi superiori genererebbero archi troppo lunghi, non gestibili. Per poter perciò ottenere energie dell’arco dei MW richiesti è necessario operare con correnti nell’intervallo del kiloampere (tipicamente 20-80 kA). La corrente fluisce dai generatori della compagnia elettrica attraverso la sua rete ed arriva all’impianto ad una tensione troppo alta per essere utilizzata direttamente e per questo motivo è convertita ad una tensione bassa, adatta agli archi, attraverso i trasformatori.

2.1.1. Sistema del trasformatore

La trasformazione dell’energia dal livello di kV della linea della compagnia elettrica in ingresso al livello di tensione necessario agli archi è di solito svolta in due fasi. Un primo trasformatore (a volte due trasformatori in parallelo) abbassa la tensione dalla linea di alta tensione ad un livello medio che è generalmente standardizzato per ogni paese, Fig.2-1. Negli Stati Uniti questo voltaggio medio è di solito di 34,5 kV, mentre in Europa, Giappone ed altre regioni i voltaggi non sono molto differenti, spesso 30-33 kV. Siccome l’impianto siderurgico richiede energia elettrica per vari settori, per esempio una ruota orientabile o un laminatoio, ci sono diversi trasformatori collegati al livello 30-33 kV e quindi è comune avere una piccola stazione ausiliaria a 30-33 kV all’interno del reparto di fusione. Questa sistemazione è una della ragione per cui la trasformazione della corrente nel forno ad arco avviene in due passaggi.Dalla barra di distribuzione a 30-33 kV l’EAF riceve energia da uno speciale trasformatore ad alto rendimento. Il voltaggio secondario di questo trasformatore del

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forno è progettato per permettere il funzionamento degli archi nell’intervallo desiderato.

Figura 2-1 Trasformazione della corrente dalla linea ad alta tensione a quella del foro ad arco.

In ogni caso, poiché ci sono richieste variabili di combinazioni di voltaggio-corrente d’arco durante la fusione (per schiacciamento, fusione e raffinazione), è necessario avere una scelta di voltaggi secondari. A questo scopo il trasformatore del forno è equipaggiato con un cambiatensione.

2.1.2. Elementi fondamentali del trasformatore

Il principio fondamentale di funzionamento di un trasformatore è illustrato nella Fig.2-2. Una prima spira è avvolta attorno ad un lato del nucleo di acciaio compatto, al silicio, mentre intorno al lato opposto troviamo una spira secondaria con un numero inferiore di avvolgimenti. L’energia scorre attraverso il nucleo trasportato dal campo magnetico che è comune ad entrambe le spire.

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Figura 2-2 Schematizzazione di un trasformatore.

A causa del campo comune il prodotto ampere x giri è lo stesso per ciascuna spira. Così se ci sono, per esempio, 100 giri nella spira primaria e 10 in quella secondaria la corrente secondaria sarà dieci volte la corrente primaria. Allo stesso tempo la tensione indotta in ogni spira è determinata dal numero di giri e dal campo magnetico. Essendo quest’ultimo in comune, il rapporto tra i voltaggi della spira primaria e di quella secondaria è determinato anche dal rapporto tra gli avvolgimenti del primario e quelli del secondario. Matematicamente abbiamo:

2-1)

La disposizione di un trasformatore trifase è abbozzata nella Fig.2-3.

Figura 2-3 Sistemazione di un trasformatore trifase.

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Il nucleo di ferro è costituito da tre parti verticali, una per ogni fase. Dato che non è necessario avere spire primarie e secondarie su lati differenti, esse sono di solito avvolte sulla stessa gamba. Siccome il secondario porta un’alta corrente, è pratico sistemarlo all’esterno rispetto al primario.

2.1.3. Progettazioni del nucleo o dell’intelaiatura

Come accennato le spire sono viste come cilindri che avvolgono il nucleo di ferro (per il trasformatore di tipo a nucleo). Un’alternativa usata in alcuni trasformatori, è avvolgerle come spirali piatte sistemate come una serie di dischi sopra ogni lato. Questa soluzione è conosciuta come trasformatore a conchiglia ed era scelta da alcuni produttori di forni/fabbricanti d’acciaio per la sua reattanza più bassa (vedi Paragrafo 2.4 per la discussione della reattanza).Negli ultimi anni la ricerca della bassa reattanza è stata soppiantata dalla progettazione ad alta reattanza, per questo l’uso dei trasformatori di tipo a conchiglia sta diminuendo.

2.1.4. Cambiatensione a prese intermedie

Lo scopo di un cambiatensione a prese intermedie è permettere una scelta di diverse combinazioni di volt e ampere per i diversi stadi di un processo. Ciò si raggiunge cambiando il numero di giri di spira primaria. Essendo, infatti, la primaria attraversata da una corrente più bassa, è più semplice cambiare il numero dei giri su questa spira piuttosto che sulla secondaria ad alta corrente. Fondamentalmente assume la forma di una scatola di contatti motorizzata che smista la corrente primaria verso parti differenti della spira intorno al nucleo di ferro. Un diagramma schematico della connessione alla spira primaria è dato nella Fig.2-4.

Figura 2-4 Schematizzazione di un combinatore di presa.

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La maggior parte dei combinatori di presa è progettata per funzionare sotto carico, questo significa smistare la corrente primaria, di solito nell’ordine di 2 kA, a 34,5 kV. Un movimento di contatto senza interruzione viene usato per evitare l’interruzione della corrente, anche se ciò comporta un’elevata erosione dei contatti a causa della scarica elettrica e perciò hanno bisogno di una manutenzione preventiva.Alcuni produttori d’acciaio scelgono un cambiatensione privo di carico per evitare l’aggravio di lavoro dovuto allo smistamento sotto. Un cambiatensione del genere richiede che l’arco sia interrotto sollevando gli elettrodi e questa procedura può richiedere fino ad un minuto: un ritardo del genere ogni volta che si combina una presa è intollerabile ed in quanto tale questa progettazione sta diventando rara.

2.1.5. Generalità del trasformatore

La forza massima del campo magnetico all’interno del nucleo è determinata dalle proprietà delle lamine dell’acciaio al silicio da cui il nucleo è costruito. Il valore massimo del campo determina le dimensioni del nucleo che tipicamente pesa diverse tonnellate. Anche le spire di rame incidono notevolmente sul peso finale del trasformatore in quanto devono garantire al secondario il funzionamento a 60 kA. Il raffreddamento di queste spire, reso necessario dal riscaldamento dovuto alle perdite ohmiche, è raggiunto attraverso circolazione forzata d’olio, che viene a sua volta raffreddato con acqua in uno scambiatore di calore posto al di fuori della cassa del trasformatore. Tenendo conto anche del sistema di raffreddamento, un trasformatore del forno può pesare tra le 50 e le 100 tonnellate.I trasformatori sono classificati in termini di MVA che è una misura del riscaldamento ohmico delle spire e perciò delle temperature raggiunte dalle spire. Un sovraccarico persistente del trasformatore da parte dell’utente può portare a temperature più alte di quelle progettate e ad un corrispondente decremento nella vita del materiale isolante che separa tra loro le spire e dal nucleo.Il lavoro che un trasformatore di forno deve sostenere è arduo: gli archi sono carichi instabili, sono spesso mandati in cortocircuito e a volte il circuito è aperto dai movimenti dei rottami, che causano ampie fluttuazioni di corrente. Le spire secondarie sono soggette a colpi, dovuti ad una forza magnetica di intensità elevata, che devono essere assorbiti dal sistema di fissaggio isolato che tiene in posizione le spire: un allentamento di questi fissaggi potrebbe portare a guasti nell’isolamento. La spira primaria è soggetta a picchi di tensione a causa dell’accensione o dello spegnimento del trasformatore, cosa che può avvenire fino a 100 volte al giorno. Anche se le spire sono dimensionate a circa 34,5 kV, tra loro la sovracorrente momentanea ad alta frequenza può raggiungere diverse volte questo livello.A causa del ruolo critico del trasformatore nella produzione dell’acciaio ci sono molti allarmi ed indicatori che permettono il monitoraggio e la manutenzione preventiva.I combinatori di presa tendono ad essere attaccati al di fuori del serbatoio del trasformatore per permettere un facile accesso per la manutenzione del contatto.

2.2. Sistema secondario del forno

Le terminazioni della spira secondaria dal trasformatore escono dalla cassa come un insieme di barre di distribuzione di rame. Per ottenere le alte correnti richieste dal

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forno queste si collegano in una chiusura Delta di solito posta fuori del trasformatore oppure, per migliorare il raffreddamento, dentro il serbatoio (vedi Fig.2-5).Siccome c’è sempre un leggero rischio che l’olio possa incendiarsi è pratica comune piazzare il trasformatore, e altre attrezzature ausiliarie, nel proprio alloggiamento, la stanza del trasformatore, il che semplifica le misure di controllo antincendio associate al trasformatore. In questo modo le barre di distribuzione dell’alta tensione che alimentano il forno passano attraverso una parete di questa stanza ed è in questo punto di giuntura che sono collegati i cavi flessibili.

Figura 2-5 Terminazioni della spira secondaria collegate al Delta.

2.2.1. Cavi

Siccome durante la fusione il livello dei rottami si abbassa e gli elettrodi devono rimanere ad uno stesso livello rispetto al bagno, è importante la presenza dei cavi che garantiscono tutti i movimenti del forno come l’apertura della volta e la colata.Troviamo diversi tipi di cavi in quanto in ciascuna fase la corrente da gestire sarà diversa.

2.2.2. Bracci del forno e barre di distribuzione

Le terminazioni mobili dei cavi sono attaccate al sistema braccio orizzontale/barra di distribuzione. Sempre più spesso i produttori fanno passare la corrente attraverso un braccio che la conduce agli elettrodi piuttosto che attraverso barre di distribuzione separate. Bracci di conduzione di questo tipo sono o a scatola d’acciaio rivestite di rame o di lega d’alluminio. In entrambi i casi lungo l’intero braccio c’è tensione e deve perciò essere isolato dai suoi supporti.Nei vecchi forni troviamo la barra di distribuzione separata in cui sia le barre di distribuzione che i bracci sono isolati elettricamente l’uno dall’altro. Ora, invece, la progettazione più comune è costituita da una o due superfici fisse di contatto, il che serve anche ad allineare l’elettrodo, ed un cuscinetto di pressione separato, che è

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spinto contro lo stesso elettrodo grazie ad una molla con un sistema a prova di guasto. Per aprire il portaelettrodo un sistema idraulico comprime la molla.

2.3. Regolazione

2.3.1. Componenti idraulici

L’insieme elettrodo/braccio/albero/cavo pesa, di solito, intorno alle 20 tonnellate. Esso si muove verticalmente per scopi di controllo attraverso un cilindro idraulico incorporato nell’albero. (In alcuni forni il movimento è eseguito da un sistema motore elettrico/verricello a cavo).Dato che la lunghezza dell’arco dipende, tra le altre cose, dal livello dei rottami o del liquido sotto l’elettrodo e questo livello cambia durante la fusione, è necessario avere un controllo automatico sulla posizione dell’elettrodo.Lo scorrimento del fluido infiammabile nel cilindro dell’albero è sotto il controllo di una valvola idraulica a bobina. Il controllo del flusso si ottiene coprendo e scoprendo le porte con lo scorrimento della bobina lungo una corsa di 10 mm. Tale movimento è permesso da un amplificatore idraulico, si tratta di un dispositivo che genera la potenza necessaria grazie ad una valvola isolata che funziona con olio lubrificante pressurizzato. Un segnale elettrico, dell’ordine di milliampere o pochi volt, entra in questa valvola: in questo modo il sistema è comandato da un segnale di bassa potenza, amplificato da una valvola idraulica che causa lo spostamento della valvola a bobina principale. La Fig.2-6 mostra la sezione di una valvola combinata amplificatore/bobina.

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Figura 2-6 Regolatore idraulico.

2.3.2. Controllo elettronico della valvola idraulica

Le valvole moderne incorporano il controllo elettronico di diversi parametri: quello più elementare è la proporzionalità tra il livello del segnale e la velocità di movimento dell’elettrodo (il guadagno). Le valvole a bobina di solito hanno una zona neutrale nella quale un cambiamento di segnale non produce nessun flusso e fino ad un certo punto ciò può essere compensato dal sistema elettronico.È anche pratica comune controllare la velocità massima nelle linee idrauliche elettronicamente piuttosto che attraverso impedenze separate del flusso.Ulteriori segnali, che sono utilizzati della regolazione elettronica, possono essere forniti dalla pressione idraulica e dal flusso, permettendo così un feedback sulla velocità.

2.3.3. Filosofie di controllo elettrico

Esistono diversi modi per gestire i segnali elettrici del forno per permettere il controllo dei forni stessi. Queste variazioni riflettono le diverse filosofie ed opinioni tra i fornitori ed i fabbricanti d’acciaio su come raggiungere al meglio il controllo. È il sistema di regolazione che influenza molti aspetti importanti della prestazione del forno, come l’input di MW, la corrente media, la stabilità dell’arco, il tipo di fusione dei rottami, le perdite di energia attraverso i pannelli raffreddati ad acqua, l’energia ed i consumi dell’elettrodo e del materiale refrattario. Siccome tutti questi parametri

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interagiscono in un modo complesso e non ben comprensibile, non sorprende che ci siano notevoli differenze d’opinione sulle strategie di controllo ottimale.Troviamo innanzi tutto dei limiti sull’accelerazione alla quale si può muovere l’albero/braccio/elettrodo a sbalzo: sopra determinati valori può portare a sollecitazioni eccessive sul sistema, sotto una certa soglia il tempo impiegato per muovere l’elettrodo diventa eccessivo. Come regola generale il tempo di risposta (il tempo necessario per raggiungere il 90% della velocità massima) ricade tra gli 0,2 e gli 0,5 secondi. Al contrario, la tensione dell’arco ed i cambiamenti di corrente sono molto veloci: i tempi sono inferiori ad un ciclo (1/60 o 1/50 di secondo). A causa di questa limitazione meccanica non è possibile muovere il sistema abbastanza velocemente per correggere i veloci cambiamenti dell’arco; solo le variazioni elettriche a velocità inferiore possono essere controllate dal sistema di regolazione dell’elettrodo.La gestione più comune dei segnali elettrici prevede un controllo dell’impedenza. Un segnale di tensione, preso dalla fase a terra, ed un segnale di corrente sono ciascuno separatamente rettificato ed i loro valori di corrente continua sono comparati da spalla a spalla, come mostrato nella Fig.2-7.Se la tensione e la corrente sono ognuna ad un livello desiderato – il punto stabilito è scelto dal produttore d’acciaio – l’uscita da questa comparazione di segnali risulta zero. Se invece la corrente supera questo livello, il suo segnale aumenta, il voltaggio diminuisce e i due voltaggi spalla a spalla non si bilanciano generando una tensione in uscita. Questo segnale va alla valvola di regolazione in modo tale da ordinare all’elettrodo di sollevarsi, cercando di ridurre la corrente.

Figura 2-7 Metodo per formare un segnale di controllo.

Questo metodo di controllo cerca di mantenere il rapporto tra la tensione e la corrente costante, da qui la sua descrizione come controllo dell’impedenza. Alternative a tale sistema sono il controllo sulla corrente e sulle caratteristiche dell’arco (resistenza, energia o tensione). In questi metodi si tenta di mantenere il parametro rilevante costante ed è necessario per il fornitore ottenere un segnale di tensione dell’arco. Ciò non è possibile direttamente, ma si conoscono da qualche tempo le tecniche per farlo [8]. L’estrazione di un segnale di tensione dell’arco richiede che voltaggi induttivi proporzionali al tasso di cambiamento della corrente siano sottratti dai voltaggi secondari fase-a-terra facilmente accessibili. Le spire di

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Rogowski sono usate per questo scopo, anche se, con integrazione all’uscita, sono comunemente usate per misurazioni di corrente.Durante il corso di una fusione le caratteristiche elettriche del forno variano, di conseguenza i parametri elettrici medi varieranno con il tempo attraverso il processo se i punti stabiliti sono costanti. Un’altra strategia a disposizione del fabbricante d’acciaio è perciò variare i punti di funzionamento richiesto in modo tale da ottimizzare il controllo in tempo reale.

2.4. Considerazioni elettriche per forni a corrente alternata

2.4.1. Importanza della reattanza

Nei sistemi ad alta corrente come i forni ad arco, la reattanza gioca un ruolo importante nelle caratteristiche elettriche. La Fig.2-8 illustra un anello, percorso da corrente elevata, consistente in due tubi di distribuzione lunghi 15 m (50 ft), distanti circa 1 m (3ft).

Figura 2-8 Rappresentazione delle due fasi di un circuito secondario.

Queste dimensioni sono scelte per rappresentare due fasi di un secondario di un forno trifase dal trasformatore all’arco.Ad esempio se la corrente è continua il voltaggio necessario per guidare una corrente di 60 kA intorno all’anello è semplicemente quello richiesto per superare la resistenza ohmica. Per le tipiche barre di distribuzione dei forni questo voltaggio sarebbe solo sui 2,5 volt. Se vogliamo invece variare la corrente, dobbiamo anche

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superare il voltaggio indotto generato dal cambiamento nel campo magnetico che investe l’anello. Alta corrente significa campi elevati, così anche il voltaggio indotto è alto ed è sempre opposto alla fonte di variazione della corrente. In questo esempio se vogliamo guidare 60 kA di corrente alternata attraverso l’anello abbiamo bisogno di un voltaggio molto più alto – circa 300 volt!Questa impedenza induttiva al flusso di corrente alternata è chiamata reattanza. Bisogna inoltre ricordare che se la corrente ha la forma di un’onda sinusoidale anche la forma d’onda del voltaggio è sinusoidale ma di un quarto di ciclo avanti nel tempo (90 gradi elettrici), come mostrato nella Fig.2-8.Questo significa che il voltaggio massimo si ha mentre la corrente passa attraverso lo zero. Questa caratteristica della tensione intorno a corrente nulla è critica per la stabilità dell’arco.

2.4.2. Caratteristiche dell’arco

Il flusso d’energia dal generatore della compagnia elettrica raggiunge gli archi attraverso la rete ed il sistema dei trasformatori, attraverso cavi, bracci ed elettrodi. Circa il 95% dell’energia completa il percorso fino all’arco, così le sue caratteristiche dominano il funzionamento dell’intero sistema. Come elemento elettrico l’arco non è un semplice resistore ohmico fisso, ma è più complicato. La corrente è trasportata da elettroni liberi e da ioni positivi in un plasma ad alta temperatura, 10.000 – 15.000°C nelle regioni più calde scendendo ai 2000°C sul bordo. Il diametro di questa colonna conduttiva dipende dalla corrente ed è nell’ordine di 10-20 cm (4-8 in.), molto meno di quello dell’elettrodo di grafite. Il voltaggio dipende principalmente dalla lunghezza della colonna ed è nell’ordine di 10 V/cm (25 V/in.) (un arco di 300 V può perciò essere di solito lungo 30 cm (12 in.).A causa delle alte temperature la densità è bassa e per questa ragione l’arco viene deviato molto facilmente dai campi magnetici, specialmente dai campi locali prodotti dal flusso di corrente nei pezzi dei rottami. Questi effetti causano movimenti dell’arco sull’estremità dell’elettrodo di grafite con intervalli anche di millisecondi (ms). Durante questo fenomeno la lunghezza dell’arco di solito cambia per ragioni geometriche e questo a sua volta genera rapide variazioni di voltaggio.Un altro fattore da tenere in considerazione è che la massa ridotta dell’arco ne determina anche la sua piccola capacità termica. Se la corrente viene spenta la colonna di plasma ionizzato scompare con un tempo caratteristico di circa un millisecondo. In questo modo quando la corrente sta alternando, come in un forno AC, l’arco ha la tendenza a raffreddarsi ogni volta che la corrente cade a zero. Il ristabilimento del flusso di corrente nella direzione inversa può impiegare diverse centinaia di volt, a seconda delle condizioni ambientali (temperatura della grafite e delle terminazioni d’acciaio dell’arco). Questo ristabilimento dell’arco mentre la corrente passa attraverso lo zero, è assistito dalla presenza di reattanza nel circuito: più grande è il voltaggio disponibile a corrente zero e più liscia sarà la transizione della polarità della corrente.

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Figura 2-9 Andamento del voltaggio dell’arco in tre fasi del processo.

La Fig.2-9 mostra forme dell’onda del voltaggio dell’arco in tre momenti diversi della fusione. All’inizio, quando l’arco sta funzionando tra l’elettrodo di grafite freddo ed i pezzi dei rottami a loro volta a bassa temperatura, l’instabilità dell’arco è ad un massimo. Durante la fusione, la forma dell’onda del voltaggio dell’arco diventa più liscia col crescere delle temperature. Un significativo miglioramento si verifica quando la terminazione dell’arco avviene su acciaio liquido. Per contro, quando gli archi sono sommersi nella scoria che forma schiuma, le forme dell’onda del voltaggio sono quasi sinusoidali.La non stabilità nel contenuto armonico del voltaggio dell’arco si riflette sulle caratteristiche elettriche di un forno ad arco. Negli istanti iniziali di una fusione, l’effettivo input di MW è più basso per un determinato punto rispetto ad un istante successivo. La Fig.2-10 mostra caratteristiche elettriche generalizzate sia come MW in funzione dei kA sia come MW in funzione dei MVAR.

Figura 2-10 Caratteristiche elettriche per un forno a corrente alternata.

La stabilità migliora in tutte le curve spostandoci ad un livello più alto di MW, tendendo verso il caso limite in cui i voltaggi dell’arco dovrebbero essere perfettamente sinusoidali e stabili. In questo caso ipotetico di archi perfettamente ohmici, le caratteristiche MW-MVAR assumono forma semicircolare, la cui

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grandezza dipende dal voltaggio del trasformatore e dalla reattanza del circuito. Matematicamente l’effetto di archi reali è simile all’introduzione di maggiore reattanza nel circuito di quanta ne esista fisicamente. Si possono modellare empiricamente le caratteristiche che si modificano considerando che il circuito totale abbia una reattanza di funzionamento che è maggiore di quella reale e che diminuisce con il tempo.

2.4.3. Reattanza supplementare; il forno a corrente alternata ad alta reattanza

Le costrizioni geometriche sulla disposizione dei forni ad arco, nell’ordine di 80-160 tonnellate, danno luogo a sistemi che tendono ad avere la reattanza totale – trasformatore più sistema secondario – che ricade in un intervallo limitato di 2,5 – 4 milliOhm (per fase). Per funzionare con voltaggi dell’arco di 400-500 V, questo livello naturale di reattanza è troppo basso per garantire una transizione omogenea attraverso corrente zero durante la fusione dei rottami. Ora è perciò pratica comune aggiungere reattanza supplementare al circuito. Ciò si ottiene grazie ad un reattore sulla linea che fornisce il primario del trasformatore del forno dove le correnti sono più basse. Reattori di questo tipo si presentano in due varietà: la più semplice ed economica è la progettazione con un nucleo ad aria, di solito sistemato esternamente al reparto di fusione, l’alternativa è usare un reattore con un nucleo di ferro, nel quale il campo magnetico è limitato dal volume ristretto del nucleo. Questa progettazione occupa meno spazio ed è adatta per essere installata vicino al trasformatore del forno o, in alcuni casi, entro il serbatoio del trasformatore. La somma tra la reattanza addizionale e la reattanza totale si aggira sull’ordine di 5-10 mOhm (come risulta dal voltaggio secondario del trasformatore. Dato che l’impedenza totale del sistema è più alta in questa progettazione del forno, è necessario avere un voltaggio corrispondente del trasformatore più alto per ottenere le caratteristiche desiderate.L’effetto che si ottiene con una reattanza e con un voltaggio secondario più alti è illustrato nella Fig.2-11. Con un aumento di reattanza la forma dell’onda del voltaggio secondario è molto più alta durante il passaggio attraverso corrente zero. Di conseguenza il rischio d’interruzione di corrente è molto ridotto e la forma dell’onda di corrente è più liscia e i MW disponibili maggiori.

Figura 2-11 Miglioramento della stabilità con la reattanza addizionale.

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2.5. Considerazioni elettriche per forni a corrente continua

2.5.1. Fornitura di corrente continua

L’energia richiesta viene fornita da una rete di corrente alternata trifase ad alta tensione. Questa è convertita in corrente continua grazie a dei tiristori connessi a ponte che rettificano l’uscita del trasformatore del forno.Una connessione a ponte singolo, trifase è illustrata nella Fig.2-12.

Figura 2-12 Rettificatore a ponte a sei impulsi che utilizza tiristori.

Le forme dell’onda del voltaggio per differenti angoli di scarica dei tiristori sono mostrate nella Fig.2-13 (semplificata).

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Figura 2-13 Forme dell’onda del ponte trifase (semplificato); effetto dell’angolo di scarica sulla

forma dell’onda e sul voltaggio medio.

Il segnale d’uscita qui sopra riportato è a sei impulsi. Normalmente nei forni ad arco sono usate forniture a 12, 18 o 24 impulsi, ottenute da trasformatori multipli, paralleli, elettronicamente sostituibili l’uno dall’altro cosicché i loro impulsi individuali si sovrappongono uniformemente. Questa sostituzione elettrica, di 15, 10 o 7,5°, corrispondenti ai sistemi a 12, 18 o 24 impulsi, è resa possibile da varie connessioni a spira all’interno del trasformatore.Per questa ragione i trasformatori usati per forni a corrente continua sono piuttosto differenti da quelli per la corrente alternata e sono generalmente inadatti per il funzionamento del forno a corrente alternata. La caratteristica volt/ampere di una fornitura DC descrive la diminuzione del voltaggio corrispondente all’aumento della corrente continua. L’inclinazione di questa linea è nell’ordine di 1 volt per kA ed è determinata dalla reattanza variabile, della combinazione trasformatore/rettificatore, non dal forno ad arco. Perciò, per limitare escursioni di corrente troppo ampie causate da voltaggi dell’arco notevolmente differenti, vengono preferiti tiristori rispetto ai diodi.L’istante conduttivo dopo la corrente zero (ritardo dell’angolo di scarica) è sotto il controllo del morsetto della porta. Ogni tiristore può, in linea di principio, essere spento entro mezzo ciclo. Anche così, entro il ritardo di diversi millisecondi tra un cambio di voltaggio dell’arco (per esempio un cortocircuito) ed il controllo dei tiristori, la corrente potrebbe aumentare significativamente. Per ridurre tale crescita indesiderata è normale aggiungere un reattore nel circuito della corrente continua, essendo inadeguata la reattanza naturale di quest’ultimo. Questi reattori sono dimensionati per avere un’induttanza nell’ordine di 100-400 microH e dato che sono

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attraversati della piena corrente continua, causano perdite ohmiche notevoli che possono essere mantenute entro limiti accettabili solo usando una sezione adeguata formata da spire di rame e alluminio.Ciascun tiristore è capace di gestire alcuni kA ed alcuni kV di polarità inversa. Una sistemazione di tiristori connessi in serie ed in parallelo costituisce ciascun lato.I fusibili ed i resistori che equilibrano il voltaggio sono usati come misure protettive. Il raffreddamento è effettuato con acqua de-ionizzata.

2.5.2. Caratteristiche elettriche dei forni a corrente continua

Il controllo dei tiristori è di solito scelto per mantenere la corrente costante. In questo modo la corrente alternata prima del rettificatore è costante come la corrente primaria. Considerando le potenze sul primario si può notare che per corrente costante si ha MVA costante. La caratteristica di MW come funzione del MVAR è perciò un quadrante di cerchio per il quale:

MW2 + MVAR2 = MVA2 = costante 2-2)

La corrispondente relazione voltaggio/corrente viene illustrata nella Fig.2-14 in cui è mostrato un esempio di un massimo di 1000 V.Di solito l’inclinazione della linea volt/ampere è lineare e scende tipicamente di 100 V in 100 kA. In questo modo a 100 kA, per esempio, il controllo del tiristore può mantenere corrente costante su un intervallo di voltaggio dell’arco da circa 900 V in giù fino al cortocircuito, variando l’angolo di scarica.

Figura 2-14 Caratteristiche della corrente continua volt/ampere, esempio con 1000V.

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2.5.3. Collegamenti del fondo

Per avere un corretto funzionamento con un singolo arco a corrente continua è necessario fare un collegamento elettrico tra l’anodo positivo e il carico di acciaio. I produttori di forni hanno sviluppato diverse soluzioni a questo problema (vedi Fig.2-15).

Figura 2-15 Collegamenti del fondo per forni a corrente continua.

Una di queste, detta a perno, prevede la corrente dell’anodo suddivisa tra molte barre d’acciaio immerse in uno strato di materiale refrattario. Le barre, del diametro di circa un pollice, possono essere lunghe un metro e sono collegate da una lamina di rame sotto l’intelaiatura del forno. L’intero blocco dell’anodo può misurare 1-2 m di diametro. Una variazione sul tipo del perno consiste nell'usare lamiere sottili d’acciaio, sempre immerse nel materiale refrattario. Una terza soluzione impiega una billetta d’acciaio di diametro di 400 mm (8 in.) che passa attraverso un manicotto isolato e che porta ad una connessione di rame raffreddata sotto l’intelaiatura del forno.In tutte e tre queste progettazioni (perno, lamiera, billetta) l’estremità del conduttore d’acciaio si scoglie nel corso della fusione e si risolidifica durante lo spegnimento e dopo il caricamento dei rottami. Un’alternativa alle suddette progettazioni della corrente prevede che la corrente sia portata attraverso materiali refrattari conduttivi ad una grande lamina di fondo di rame. In tutti i tipi di connessioni del fondo ci deve essere isolamento tra la connessione dell’anodo e l’intelaiatura del forno. Ciò serve a ridurre la probabilità che la corrente passi, attraverso l’intelaiatura, direttamente alle barre di distribuzione dell’anodo.

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3. ELETTRODI DI GRAFITE

Gli elettrodi di grafite giocano un ruolo importante nel funzionamento del forno ad arco elettrico, permettendo il trasferimento di energia elettrica dall’alimentazione ai rottami e in seguito al bagno del forno. Gli elettrodi devono essere in grado di sopportare ampie variazioni di temperatura durante il funzionamento del forno garantendo nello stesso tempo un’alimentazione d’energia continua ed uniforme per tutto il processo.Tra i fattori che hanno permesso una così rapida evoluzione dei forni elettrici durante gli ultimi 20 anni, i miglioramenti nella tecnologia dell’elettrodo di grafite hanno giocato una parte importante. E' stato grazie ad essi che si sono potuti ottenere livelli di energia elettrica per l'alimentazione del forno insperati con le metodologie costruttive del passato. Per tale motivo nei moderni stabilimenti è normale avere trasformatori stimati in eccesso di 100 MVA.Bisogna inoltre ricordare che fra i vari tipi di EAF, quelli a corrente continua necessitano di elettrodi con caratteristiche richieste supplementari.

3.1. Fabbricazione dell’elettrodo

Gli elettrodi di grafite sono tipicamente fabbricati usando coke di petrolio, pece di catrame di carbon fossile ed additivi selezionati brevettati (antracite di elevata qualità). Gli elettrodi hanno la forma di cilindri che sono uniti insieme usando collegamenti filettati. Gli elettrodi sono disponibili in una grande varietà di diametri, essendo la capacità di portare la corrente richiesta dipendente da essi. Tipicamente quelli con diametri superiori ai 24 pollici hanno un prezzo addizionale a causa dell'uso di materie prime di qualità più alta, di quantità d’energia maggiori, di programmazioni di funzionamento prolungate e dell’installazione di attrezzature per lavori pesanti. Gli stadi della produzione e lavorazione degli elettrodi sono: (Fig.3-1)

1. La fresatura e la mescolatura del coke di petrolio con pece di catrame di carbon fossile ed additivi selezionati.

2. La miscela è poi estrusa e tagliata in sezioni cilindriche, dette “elettrodo verde”.

3. Gli elettrodi verdi sono posti in insellature (recipienti d’acciaio inossidabile) in cui gli elettrodi sono coperti con un mezzo di guarnizione protettivo, come ad esempio la sabbia. Le insellature riempite vengono caricate su automotrici a fondo piatto che sono poste in grandi forni alimentati a gas dove gli elettrodi verdi sono cotti a circa 800°C. Il materiale bituminoso dell’elettrodo verde viene trasformato in carbone amorfo, friabile che è abrasivo e difficile da lavorare. Questo processo richiede un attento controllo per assicurare che i gradienti termici rimangano limitati e non si verifichi un rapido accumulo di gas: tali situazioni possono dare luogo ad incrinatura, deformazione o eccessiva porosità che non possono essere tollerate nel prodotto finito. Per questa ragione i cicli di cottura sono lunghi e durano tre e quattro settimane.

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4. Le sezioni cotte sono impregnate con pece di petrolio per aumentare la forza, la densità e la conduttività elettrica del prodotto finale.

5. Le sezioni impregnate sono di nuovo caricate nel forno con fondo a vagone e ricotti affinché la pece di petrolio si trasformi in carbone.

6. Le sezioni di carbone ricotte sono assemblate in colonne di otto – dieci elettrodi e caricate in grandi forni di grafitizzazione alimentati elettricamente. Corrente continua a più di 100 kA viene passata attraverso le colonne degli elettrodi riscaldandoli a circa 3000°C.Il riscaldamento intenso causa una modifica della struttura cristallina da una forma casuale amorfa alla struttura a strati ordinata della grafite. Questa modifica aumenta la lavorabilità del materiale e al tempo stesso migliora le proprietà elettriche, termiche e meccaniche. L'intero processo di grafitizzazione richiede molta energia (più di 3000 kWh per tonnellata di grafite).

7. Alla fine le sezioni grafitizzate vengono portate al diametro ed alla grandezza richieste grazie a grandi torni. Il prodotto è lavorato alle estremità per accogliere perni di connessione che sono usati per avvitare gli elettrodi tra loro. Tutto il processo di produzione, dall’estrusione alla spedizione, è molto lungo (circa tre mesi).

Figura 3-1 Sequenza della produzione della grafite.

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3.2. Proprietà dell’elettrodo

Le proprietà fisiche degli elettrodi variano da produttore a produttore. In ogni caso per la maggior parte delle operazioni del forno ad alta energia (UHP) queste proprietà saranno simili indipendentemente dal produttore. Di seguito nella Tabella 3-1 ci sono tipiche proprietà fisiche dell’elettrodo:

Tabella 3-1 Proprietà fisiche dell'elettrodo      

Proprietà Unità di misura  Diametro (pollici)  

18-20 22-24 26-28

Peso specifico g/cm3 1.69-1.76 1.68-1.76 1.68-1.76Densità reale g/cm3 2.22-2.25 2.22-2.25 2.22-2.25Porosità % 21-25 21-25 21-25Resistività specifica 10-5 Ohm in. 17.0-21.5 17.0-21.5 17.0-21.5Resistenza a flessione (min.) psi 1200 1150 1000Resistenza a flessione (max.) psi 1500 1450 1400Modulo di Young psi x 106 1.1-1.5 1.0-1.4 1.0-1.3Coefficiente di espansione termica 10-6/°C 1.25-1.65 1.25-1.65 1.25-1.65Tenore in ceneri % 0.1-0.6 0.1-0.6 0.1-0.6

3.3. Meccanismi di usura dell’elettrodo

Sono state fatte molte ricerche nel corso degli anni per valutare i fattori che influenzano il consumo dell’elettrodo. Quest’ultimo può essere suddiviso in continuo e discontinuo: il primo dà conto del 90% o più del totale e deriva dal consumo della punta (sublimazione) e dall’ossidazione della parete laterale, il secondo comprende la rottura dell’elettrodo, le perdite delle estremità e la scheggiatura della punta dell’elettrodo.Prima dell’introduzione del raffreddamento a vaporizzazione d’acqua dell’elettrodo, i due meccanismi di consumo continuo erano ritenuti essere quasi uguali. Il raffreddamento a vaporizzazione d’acqua porta a temperature ridotte della parete laterale dell’elettrodo, il che aiuta a ridurre la quantità di ossidazione della stessa. In questo modo si è osservata una diminuzione del 50% nel consumo della punta e del 40% in quello dovuto all’ossidazione delle pareti laterali.

3.3.1. Correlazioni originali di Bowman

Le correlazioni sono state sviluppate empiricamente per stimare il consumo dell’elettrodo per varie pratiche di funzionamento. È stato trovato che il consumo della punta dell’elettrodo è proporzionale al quadrato della corrente ed al tempo durante il quale la punta viene consumata, che è il tempo di accensione. La correlazione è quella che segue:

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3-1)

oppure enfatizzando l’importanza della produttività in tonnellate l’ora:

3-2)

dove = consumo della punta (Kg/ton prodotta)

= tasso di sublimazione (Kg/kA2 per ora)= tempo di utilizzazione (ore)

I = intensità di corrente (kA)P = produttività del forno (ton/fusioni)TU = tempo di utilizzazione su tempo di fusione = tPO / tTAP

p = produttività (ton/ora)

Per il consumo della parete laterale dell’elettrodo è stato trovato che è proporzionale all’area di superficie dell’elettrodo che si ossida ed al periodo di tempo rilevante che è il tempo da colata a colata:

3-3)

dove = consumo della parete laterale di grafite (Kg/ton)

= tasso di ossidazione (Kg/m2 per ora) = area di superficie dell’elettrodo che si ossida (m2)= tempo da colata a colata (ore)

P = produttività del forno (ton/fusione)Sotto il limite del raffreddamento ad acqua è abbastanza accurato approssimare la forma di ogni colonna che si ossida ad un cono, il diametro in cima, essendo il diametro intero dell’elettrodo, D, che si restringe, al diametro della punta, D t, in fondo e la media di questi due diametri, DAV. Se la lunghezza di questo cono è LOX

allora l’area di ossidazione per colonna è:

3-4)

Con un raffreddamento ad acqua ottimale la lunghezza di ossidazione, LOX, è vicina alla lunghezza della colonna dentro il forno a bagno piatto e ciò permette di aumentare le dimensioni del forno (tipicamente nell’ordine di 2 – 4 m). Tipici valori medi per i tassi d’ossidazione e sublimazione sono:

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Rox = tasso di ossidazione medio = 8 kg/m2 per ora (1,64 libbre/ft2 per ora) per il cono che si ossida di elettrodi raffreddati con vaporizzazione d’acqua per operazioni che usano lance ad ossigeno di circa 25 Nm3 (900 scf) e nessuna post-combustione.Rsub AC = tasso medio di sublimazione per elettrodo per operazione a corrente alternata = 0,0135 kg/kA2 per ora (0,0298 libbre/kA2 per ora).Rsub DC = tasso medio di sublimazione per elettrodo per operazione a corrente continua = 0,0124 kg/kA2 per ora (0,0273 libbre/kA2 per ora).

3.3.2. Correlazioni di Bowman aggiornate

Nel 1995 Bowman ha pubblicato un aggiornamento delle correlazioni sopra riportate per adattarle alla pratica dei forni ad arco moderni.[9] La perdita d’accuratezza del vecchio modello sembra essersi verificata con il passaggio ad archi più lunghi permessa dall’applicazione di pannelli raffreddati ad acqua. Ciò suggerisce che la lunghezza dell’arco, che non era inclusa nel vecchio modello e che dipende dal suo voltaggio, sia un parametro importante. Altri cambiamenti significativi che influenzano il consumo dell’elettrodo, in particolare il consumo dell’ossigeno ed il suo metodo d’introduzione, devono venire considerati per stabilire un nuovo modello empirico per il calcolo del consumo dovuto ad ossidazione.

3.3.2.1. Consumo della punta

Il vecchio modello per la determinazione del consumo della punta conteneva la corrente al quadrato ed una funzione del diametro della punta. Il legame con il diametro era necessario per conservare una relazione con il quadrato della corrente, cosa che sembrava essere corretta sia sul piano teorico sia sperimentale. Tale relazione suggeriva che con elettrodi più grandi, cui sono associate anche tensioni più alte, il consumo diminuiva.Nel nuovo modello si utilizza invece un legame con la tensione, mentre quello con il diametro dell’elettrodo è stato lasciato cadere. La dipendenza dal quadrato della corrente è molto forte: l’analisi dei dati nel rapporto originale mostrava un adattamento molto buono lungo un intervallo molto ampio di valori, da 1-60 kA e una diminuzione del consumo di quasi quattro ordini di grandezza.Per identificare la forma della dipendenza dalla tensione si può eliminare l’effetto dovuto alla corrente dividendo i tassi di consumo della punta misurati per kA2 e tracciando i dati risultanti come funzione della tensione dell’arco. Nel vecchio modello i dati erano raggruppati per la maggior parte sotto il voltaggio limite dell’arco di 200V, mentre in quello attuale si arriva a 400V. Si è visto che sotto un voltaggio dell’arco di circa 250 V c’è un aumento del consumo specifico; sopra i 250 V il tasso è quasi costante.Archi dalla durata molto lunga su un bagno coperto di scoria sono una caratteristica comune delle operazioni con più del 70% di DRI con carica continua o processi come Consteel. Le misurazioni mostrano che operazioni del genere producono valori nell’ordine di 0,010 kg/kA2 per intervallo di ora (0,0221 libbre/kA2). Anche certi forni che funzionano con il 100% di rottami raggiungono questi risultati; in altri casi, invece, i valori riscontrati si aggirano attorno a 0,016 kg/kA2 (0,0353 libbre/kA2) per ora. La differenza tra questi due gruppi di forni sembra essere nell’angolo della punta dell’elettrodo. Operazioni con i livelli più alti di tasso di consumo specifico sono

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caratterizzate da angoli della punta molto inclinati (fino a 45° durante la fusione), mentre i livelli più bassi sembrano associati ad angoli compresi tra i 25° e i 30°.Bowman diede le seguenti spiegazioni per illustrare la dipendenza tra il tasso di consumo della punta e l’angolo della punta stessa e sul perché tali angoli varino tra i forni.

3.3.2.1.1. Dipendenza del tasso di consumo della punta dall’angolo della punta

Per i forni a siviera, la relazione tra consumo della punta e lunghezza dell’arco può essere spiegata dalla dissoluzione della grafite dovuta agli schizzi dell’acciaio liquido. Nel caso dei forni di fusione la geometria del volume dell’arcata intorno alla punta dell’elettrodo mostra che per un dato voltaggio medio dell’arco la parte inferiore della punta si avvicina al liquido mentre l’angolo aumenta. In questo modo con un angolo della punta di 40° la distanza media tra la grafite e l’acciaio è solo di circa due pollici con un arco medio di 200 volt. Per contro, a 25° è di più di tre pollici a 200 V. A 300 V i salti corrispondenti sono circa cinque pollici e sette pollici rispettivamente.La probabilità del contatto della grafite con l’acciaio aumenta perciò con l’aumento degli angoli della punta e con la diminuzione dei voltaggi dell’arco.

3.3.2.1.2. Variazione degli angoli della punta tra forni

Il fulminarsi dell’arco, causa dell’incrinamento della punta, è un fenomeno magnetico. Esso, infatti, dipende dalla vicinanza degli elettrodi, ossia dal diametro della circonferenza primitiva (PCD), dalla distribuzione dei rottami ferromagnetici e dalla distribuzione della corrente tra gli archi. Si è anche notato che la scoria schiumosa offre protezione dal campo magnetico.Per una data corrente i parametri che possono generare alti o bassi campi magnetici nelle regioni dell’arco possono essere riassunti nella Tabella 3-2.

Tabella 3-2 Generazione del campo magnetico

ParametriIntensità del campo

elevataIntensità del campo

ridotta

PCD piccola grandeBagno superficiale profondaScoria superficiale profonda

In questo modo, un’operazione di piede liquido con un tempo massimo di scoria schiumosa, favorisce gli angoli minori della punta, mentre in quelle senza piede liquido e scoria poco schiumosa (come nella produzione dell’acciaio inossidabile o del ferro acido), necessitano, probabilmente, di angoli della punta più inclinati durante la fusione. Al contrario nelle operazioni ad arco lungo l’angolo della punta tende a rimanere costante. I tassi di consumo della punta sui forni ad arco a corrente continua sono riferiti ad archi lunghi e gli angoli della punta sono di solito sotto i

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10°. Questi parametri, come discusso sopra per la corrente alternata, non dovrebbero perciò giocare un ruolo nel consumo.Basandosi sui dati di funzionamento della corrente continua, che coprono l’intervallo di corrente tra i 10 e i 130 kA, e i voltaggi dell’arco, 250-550 volt, Bowman ha scoperto che il tasso specifico di consumo della punta è essenzialmente costante a 0,0124 kg/kA2 (0,0273 libbre/kA2) per ora, considerando gli errori sperimentali. Nessun legame con il voltaggio dell’arco è emerso, come ci si aspettava dall’analisi della corrente alternata presentata in precedenza. Per comprendere bene questi risultati bisogna ricordare che nella maggior parte dei forni ad arco la tensione dell’arco non è disponibile. Bowman ha ricavato un valore accurato utilizzando la seguente formula che richiede la sola conoscenza di dati elettrici prontamente accessibili:

3-5)

dove la r rappresenta la resistenza della fase, in milliOhm. I valori tipici, se non ricavati da un test di cortocircuito, variano con la misura del forno come mostrato nella Tabella 3-3. Tabella 3-3 Valori di resistenza della fase

Diametro dell'elettrodo (pollici) Resistenza della fase (milliOhm)

16 0.5520 0.4524 0.40

La Tabella 3-4 presenta i tassi specifici di sublimazione prendendo in considerazione gli intervalli variabili di tensione e gli angoli della punta.

Tabella 3-4 Tassi di sublimazione all'interno del forno

Condizioni del forno RSUB, Kg/KA2 (lbs/KA2) per hr

AC, voltaggio dell'arco > 250 V 0.0130 (0.0287) x 3 elettrodiAC, angolo della punta < 30° 0.0100 (0.0221) x 3 elettrodiAC, angolo della punta > 45° 0.0160 (0.0353) x 3 elettrodi

DC 0.0124 (0.0273)

3.3.2.2. Ossidazione della parete laterale

Sono stati fatti molti studi che dimostrano come il grado di ossidazione a cui l’esercizio del forno espone gli elettrodi di grafite varia notevolmente. I parametri che tengono conto di tali differenze sono i tassi specifici di ossidazione, espressi come kg/m2 per ora (libbre/ft2 per ora). Avremo bassi valori con un esercizio a basso consumo di ossigeno e ingresso di aria (ad esempio un’operazione DRI a carico continuo di durata relativamente lunga con forno chiuso e nessuna aggiunta di

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ossigeno). Per contro un’operazione che usa grandi quantità d’ossigeno, con bruciatori ed iniezione post-combustione, tende a produrre tassi specifici di ossidazione più alti.Anche l’area della superficie esposta all’ossidazione è un parametro importante che influisce sul consumo dell’ossidazione. Il raffreddamento ad acqua diretto ha aiutato a ridurre quest’area nei forni a corrente alternata, mentre nei forni a corrente continua il fatto di avere un solo elettrodo garantisce un’area ridotta.Con tipologie di funzionamento così variabili è necessario assumere un tasso d’ossidazione specifico variabile, kg/m2 per ora (libbre/ft2 per ora), dipendente dal tipo d’esercizio del forno. I tassi di ossidazione dipendono da diverse caratteristiche dell’introduzione dell’ossigeno (e dai bruciatori se usati) che spesso non vengono considerate o controllate: l’angolo della lancia, la direzione della lancia relativa agli elettrodi, la portata dell’ossigeno ed il diametro della lancia, la posizione della punta della lancia rispetto ai livelli dell’acciaio e della scoria, i livelli e la durata dell’eccesso di ossigeno nel bruciatore.In molti forni le parti inferiori delle colonne di grafite sono pesantemente investite dalla scoria, ricca di FeO o di ossigeno, a reazione incompleta. Anche la post-combustione del CO attraverso l’iniezione d’ossigeno sopra il livello della scoria può aumentare l’ossidazione degli elettrodi perché anche il CO2 reagisce con la grafite. Per rendere conto di tali variazioni la Tabella 3-5 presenta il seguente intervallo di tassi d’ossidazione specifici che sono stati calcolati da misurazioni su vari forni:

Tabella 3-5 Tassi di ossidazione specifici  

PraticaTassi di ossidazione specifici, Kg/m2 (lbs/ft2) per hr

Forni a siviera 3-4 (0.62-0.82)Forni chiusi 3-4 (0.62-0.82)

<5 Nm3 (<200 scf) per ton di O2

Forni chiusi 5-8 (1.03-1.23)5-15 Nm3 (~200 a ~550 scf) per ton di O2

Forni chiusi 5-8 (1.03-1.64)25-45 Nm3 (~900 a ~1600 scf) per ton di O2

Forni chiusi 8-10 (1.64-2.05)25-45 Nm3 (~900 a ~1600 scf) per ton di O2

con post-combustione

Il raffreddamento ad acqua degli elettrodi sopra la volta è ora una pratica standard ed ha aiutato a ridurre la dannosa ossidazione degli elettrodi fuori dal forno. Bisogna fare però attenzione a non avere portate d'acqua eccessive che causerebbero un aumento nel consumo di energia, il costo del quale di solito supera qualsiasi guadagno nei risparmi della grafite.Idealmente l’acqua dovrebbe trasformarsi in vapore non appena supera l’apertura della volta, fornendo protezione all’inserto Delta di materiale refrattario. La portata per raggiungere questa condizione dipende dall’intensità della fiamma che fuoriesce e dalla corrente, ma tipicamente può richiedere tra i 380 e i 680 litri (100-180 gal) all’ora per un elettrodo di 24 pollici. Per valori superiori a quelli ottimali allora l’acqua cola nel forno ed esce attraverso il sistema di estrazione sotto forma di vapore ad alta temperatura.

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3.4. Capacità di corrente

Le limitazioni sulla capacità di corrente sono state sviluppate con l’obiettivo di minimizzare il consumo dell’elettrodo. Generalmente superare questi limiti, pur garantendo produttività dell’EAF crescenti, porterà ad aumento del consumo discontinuo con conseguente rottura dell’elettrodo, perdite delle estremità e scheggiatura. La capacità di corrente (vedi Fig.3-2) è minore per gli elettrodi a corrente alternata rispetto a quelli a corrente continua.

Figura 3-2 Capacità della corrente di carico in funzione del diametro dell’elettrodo.

Nel primo caso la corrente è spinta verso le regioni periferiche dell’elettrodo (effetto pelle), nel secondo invece l’intera sezione trasversale dell’elettrodo è disponibile per il flusso di corrente. Di conseguenza la resistenza dell’elettrodo in condizioni di corrente continua è apparentemente inferiore della resistenza in condizioni di corrente alternata (RAC>RDC). Per tale motivo si raggiungono valori maggiori utilizzando corrente continua senza aumentare il riscaldamento Joule risultante nell’elettrodo. Alcuni esempi tipici vengono dati nella Tabella 3-6.

Tabella 3.6 Valori dell'RDC e dell'RAC in elettrodi da 110 pollici

  Diametro dell'elettrodo  (pollici)20 24 28 32

RDC, microOhm 70 49 36 27RAC, microOhm, a 60 Hz 83 65 53 44IDC/IAC 01.09 01.15 01.21 01.28

Oltre alle influenze elettriche la capacità di corrente è principalmente influenzata dalle condizioni termiche e meccaniche e dalle caratteristiche materiali della grafite.

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Superare queste condizioni limite porterà ad un aumento nei processi di consumo discontinuo.

3.5. Processi di consumo discontinuo

Il consumo discontinuo dell’elettrodo è stato studiato ampiamente da Lefrank et al. con l’obiettivo di migliorare la prestazione dell’elettrodo specificamente per operazioni a corrente continua.[10] Questi processi sono i risultati di deformazioni meccanicamente o termicamente indotte che superano i limiti strutturali dell’elettrodo. Quando si verificano livelli di deformazione di quest’ampiezza, l’elettrodo si deforma ai piedi dell’arco o intorno alle giunture. La deformazione della punta porta alla scheggiatura della stessa, quelle hoop invece portano alla rottura della colonna ed alle perdite delle estremità.

3.5.1. Perdite delle estremità

Le distribuzioni di corrente, di temperatura e la deformazione per un elettrodo di 28 pollici, in funzione a 120 kA in condizioni di corrente alternata e continua, vengono mostrate nella Fig.3-3.

Figura 3-3 Distribuzione della corrente, della temperatura e della tensione.

Nel primo caso la maggior parte della corrente scorre attraverso le regioni periferiche dell’elettrodo, mentre in condizioni di corrente continua invece il flusso avviene attraverso il centro dell’elettrodo portando ad una densità della corrente più uniforme e con un massimo più basso rispetto alle condizioni di corrente alternata. La conseguenza è che l’elettrodo a corrente continua avrà più energia al suo interno e

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perciò gradienti di temperatura maggiori. Con l’aumentare del diametro dell’elettrodo e dei carichi di corrente questa situazione sarà ulteriormente amplificata.Questo fenomeno è il risultato della conduttività termica limitata della grafite e della capacità ridotta di un grande elettrodo di trasferire di calore radiante che risulta da un rapporto ridotto superficie/volume. Le giunture degli elettrodi sono ancora più colpite dal flusso centrale di corrente nelle operazioni a corrente continua e potenzialmente il cappuccio della valvola può surriscaldarsi portando all’apertura delle giunture ed al distacco del manicotto.

3.5.2. Scheggiatura della punta

Densità di corrente molto alte si sviluppano nel punto di contatto arco-elettrodo a causa dell’effetto di strizione magnetica. Per le operazioni a corrente continua, dove c’è un solo elettrodo, le deformazioni della punta sono maggiori rispetto a quelle a corrente alternata. Solitamente il punto di contatto si muoverà in maniera casuale sulla punta dell’elettrodo, ma a volte, nel funzionamento a corrente continua, tenderà a stabilizzarsi di preferenza in una posizione fissa. Ciò porterà alla generazione di spaccature longitudinali e a serie perdite di estremità.I miglioramenti nel controllo della deflessione dell’arco hanno migliorato questa situazione riducendo significativamente tali perdite.

3.5.3. Rottura

Le operazioni a corrente alternata negli EAF moderni registrano pochi guasti dell’elettrodo, tipicamente meno di due o tre al mese. Nei reparti a corrente continua invece si hanno frequenti aperture/rotture nella giuntura superiore dopo l’aggiunta di un elettrodo.È stato ipotizzato che un movimento dell’arco rotazionale in alcune operazioni a corrente continua possa generare una forza in senso orario tangenziale all’asse dell’elettrodo che porta allo svitamento della giuntura superiore della colonna. Per questa ragione Lefrank et al. hanno condotto un’analisi video completa del movimento ad alta velocità del comportamento dell’arco nelle operazioni principali del forno a corrente continua di diversa progettazione. I video mostrano che l’arco si muove ad alta velocità in maniera casuale sulla punta dell’elettrodo. Il movimento dell’arco sembra essere influenzato dalla combinazione di eventi totalmente casuali con forze direzionali. Esse sono il risultato di potenti campi magnetici generati dal circuito della corrente continua del forno, possono restringere il punto d’attacco dell’arco ad un’area limitata della punta dell’elettrodo e possono dirigere il getto dell’arco in maniera preferenziale verso un lato del forno (vedi Fig.3-4).A seconda della progettazione del forno possono anche costringere l’arco a ruotare sia in senso orario che antiorario per poche centinaia di millisecondi, ma poi il punto dell’arco si muoverà ancora in una maniera totalmente casuale ed imprevedibile sulla punta dell’elettrodo per periodi di tempo prolungati.I risultati di questo studio indicano chiaramente che una direzione o una rotazione preferenziali non esistono in nessuno dei forni a corrente continua analizzati. Per tale motivo il fenomeno dell’apertura della giuntura superiore delle colonne dell’elettrodo a corrente continua deve essere generato principalmente dall’assenza di una forza

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elettromagnetica, auto-serrante, antioraria che aiuta a mantenere le giunture unite come mostrato nella Fig.3-5.

Figura 3-4 Influenza del campo magnetico su un forno ad arco DC senza compensazione elettromagnetica.

Figura 3-5 Forze elettromagnetiche in un forno ad arco AC.

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Le operazioni a corrente continua con bassi valori di energia soffrono specificamente dell’effetto di abbassamento del calore che si verifica ad ogni aggiunta di elettrodo come dimostrato nella Fig.3-6.

Figura 3-6 Influenze delle aggiunte di elettrodo sulla distribuzione di temperatura.

A bassi livelli di calore la necessaria espansione termica del cappuccio della valvola che supporta la tenuta della giuntura superiore non si verifica abbastanza velocemente. L’assenza dell’effetto di corrente alternata auto-serrante sarà aggravata in queste condizioni da vibrazioni del forno, eccessivo raffreddamento dovuto ad acqua vaporizzata e, se si usano collegamenti inclinati, attraverso la lubrificazione della giuntura con pece liquida tra i 150° ed i 250°C.Nelle operazioni a corrente continua a valori energetici più alti il meccanismo di guasto sembra essere differente. In questo caso la resistenza del contatto tra i terminali dell’elettrodo può diventare troppo alta per i livelli estremi di corrente. Questo fenomeno può essere il risultato combinato dell’effetto auto-serrante mancante della corrente alternata, di una progettazione discutibile della giuntura, di un’inadeguata torsione di serrata o di procedure mediocri di aggiunta dell’elettrodo. Come conseguenza la corrente scorrerà di preferenza attraverso il cappuccio della valvola e ciò può portare a surriscaldamento dello stesso fino alla sua temperatura di deformazione con conseguente rottura della giuntura.Si possono prendere diverse contromisure per prevenire questi guasti. La progettazione degli elettrodi e dei cappucci delle valvole dovrebbe essere adattata dal produttore dell’elettrodo alle condizioni esigenti delle giunture a corrente continua (resistenza del contatto come una funzione della finitura superficiale, coefficienti d’espansione e dimensioni). Le giunture dell’elettrodo a corrente continua dovrebbero essere serrate e bloccate dopo ogni aggiunta d’elettrodo. Le operazioni a corrente continua non dovrebbero usare il sistema di vaporizzazione ad acqua dell’elettrodo per almeno venti minuti dopo ogni aggiunta di elettrodo. Le sezioni a

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corrente continua con un numero anomalo di rotture delle giunture superiori dovrebbero applicare aggiunte automatizzate di elettrodo a forno spento o usare gli strumenti di aggiunta automatica a forno acceso disponibili sul mercato. I reparti a corrente continua dovrebbero applicare i momenti di torsione raccomandati che garantiscono una buona serrata (Vedi Tabella 3-7).

Tabella 3-7 Momenti torcenti consigliati per la serrata

Diametro dell'elettrodo (pollici) Torsione di serrata consigliata (piedi - libbre)

24 300026 370028 440030 5500

3.6. Paragone del consumo dell’elettrodo AC/DC

Ci sono state molte discussioni negli ultimi anni riguardo ai reali risparmi che si hanno sul consumo dell’elettrodo nel caso di corrente continua rispetto a quella alternata. Un’analisi condotta da Bowman ha indicato che in determinate operazioni il consumo della punta dell’elettrodo a corrente continua è maggiore del consumo della punta combinato di tutti e tre gli elettrodi a corrente alternata. Ciò è dovuto alla più alta corrente di funzionamento utilizzata nell’elettrodo a corrente continua. I risparmi sul consumo, che arrivano al 25% del totale, in questo caso hanno come risultato principalmente una ridotta ossidazione della parete laterale.Lefrank et al. hanno calcolato il consumo continuo dell’elettrodo in forni a corrente continua in funzione negli Stati Uniti nel 1995 [10]. Successivamente hanno paragonato le cifre del consumo calcolate con il consumo effettivamente osservato come mostrato nella Tabella 3-8. Essi hanno presupposto che la differenza sarebbe stata equivalente alla quantità di consumo discontinuo: rottura, perdita di estremità e scheggiatura della punta. La relazione tra il consumo discontinuo e la fase media della corrente è mostrata nella Fig.3-7.È importante notare che i punti dei dati, per i livelli di corrente sopra 100 kA, sono medie per 28 in. e 30 in., con i 28 in. che si comportano peggio dei 30 in. Con questo dato le operazioni a corrente continua negli Stati Uniti possono essere divise in tre principali gruppi di consumo dell’elettrodo:Forni a corrente continua che operano sotto i 110 kA : prevalentemente continuo, il suo minimo è raggiunto con elettrodi di diametro di 28 in. e inferiore. Risparmi complessivi dell’elettrodo del 25%, come stimato da Bowman, sono realistici per queste operazioni.Forni a corrente continua che operano tra i 110 e i 130 kA: i processi di consumo discontinuo aumentano drammaticamente con correnti di fase al di sopra di 110 kA. Elettrodi di 30 in. di diametro sono necessari per controllore le rotture, le perdite di estremità e la scheggiatura. I risparmi del consumo dell’elettrodo usando elettrodi di 28 in. sono marginali se paragonati ai reparti a corrente alternata ad alta impedenza di capacità simile.Forni a corrente continua che operano al di sopra dei 130 kA: 130 kA è attualmente la massima capacità di trasporto di corrente raccomandata per elettrodi di 30 in. I reparti a corrente continua che operano al di sopra di questo livello hanno consumi

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dell’elettrodo più alti di quelli dei reparti a corrente alternata ad alta impedenza di capacità simile.

Figura 3-7 Consumo discontinuo in funzione dei kA in un EAF a corrente continua.

Tabella 3-8 Consumi dell'elettrodo calcolati e rilevati in un EAF.

Consumo Consumo

Corrente Consumo

lateraleConsumo

della punta totale totale Differenza

EAF media calcolato calcolato calcolato misuratodi

consumoMeltshop kA lbs/ton lbs/ton lbs/ton lbs/ton %

A 68 1.62 2.60 4.21 4.10 -2.67B 70 1.26 1.24 2.50 2.40 -3.91C 77 1.26 1.56 2.83 2.90 2.62D 95 0.96 1.96 2.92 2.90 -0.63E 120 0.82 2.49 3.31 3.85 16.42F 134 0.81 2.38 3.18 3.90 22.55

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3.7. Sviluppo di speciali gradi di elettrodi a corrente continua

In risposta alle esigenti condizioni dei forni a corrente continua i produttori di grafite stanno sviluppando speciali tipi di elettrodi a corrente continua. La SGL Carbon Corp. ha pubblicato informazioni su un modello di analisi di elemento finito (FEA) per la valutazione dell’influenza dei cambiamenti nella proprietà della grafite sulla deformazione termica nelle colonne dell’elettrodo in condizioni di corrente continua.[11] Usando l’informazione fornita dal modello insieme ai dati effettivi dalle operazioni a corrente continua, si stanno producendo nuovi sistemi di cappuccio della valvola dell’elettrodo per applicazioni a corrente continua. Le modifiche valutate si sono concentrate su:

1. riduzione della resistenza della giuntura, in corrispondenza del cappuccio della valvola ad alta forza, con coefficienti inferiori di espansione termica per ridurre la deformazione termica della giuntura e l’avaria;

2. riduzione della resistività specifica dell’elettrodo per diminuire la generazione di deformazioni termiche risultanti dal riscaldamento Joule del centro dell’elettrodo;

3. innalzamento della conduttività termica trasversale per trasportare il calore dal centro dell’elettrodo verso la superficie più velocemente;

4. riduzione dei coefficienti di espansione termica dell’elettrodo a deformazione termica inferiore dall’espansione dell’elettrodo;

5. miglioramento dell’omogeneità e della finezza degli elettrodi per aumentare la resistenza per provocare l’arco e favorirne la propagazione.

Nella Fig.3-8 si mostra un esempio dei livelli di deformazione risultanti calcolati dal programma FEA dal percorso di flusso della corrente all’interno della colonna dell’elettrodo e la risultante distribuzione di temperatura.

Figura 3-8 Distribuzione della deformazione tangenziale della colonna calcolata col modello FEA.

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Le proprietà del materiale riportate nella Tabella 3-9 sono state usate per generare questo grafico FEA, dove tutte le colonne sono caricate con 86 kA.I risultati confermano che i livelli di stress tangenziale più alti si sviluppano intorno alla giuntura del fondo. Passare dall’elettrodo a 24 in. con proprietà di grafite a corrente alternata all’elettrodo a 28 in. con proprietà di grafite a corrente continua riduce la deformazione della giuntura da 2465 a 1160 psi.

Tabella 3-9 Proprietà degli elettrodi AC e DC  

Elettrodi Nipples       

Proprietà AC New DC AC New DC

Densità apparente (g / cm3) 1.71 1.73 1.76 1.78Special electrical (Ω in. x 10-5) 20.5 18.5 13.4 12.6Resistenza (Ω in. x 10-5) 33.1 30.3 27.5 26.8Young's (psi x 106) 1.35 1.51 2.65 2.54Modulus (psi x 106) 0.7 0.75 0.96 0.94Coefficient of (ppm / °C) 0.6 0.5 0.32 0.2Thermal Expansion (ppm / °C) 1.4 1.6 1.84 1.7Thermal (W / K m) 230 250 315 320Conductivity (W / K m) 150 175 175 200

La Fig.3-9 mostra la massima deformazione tangenziale della giuntura ricavata dai calcoli FEA come funzione della corrente di fase, dove l’intervallo di forza per un elettrodo di grafite a 2000°C è mostrato come una barra. Al di sotto di questo livello gli elettrodi a corrente continua verranno consumati principalmente in modo continuo, sopra inizierà gradualmente il consumo continuo. I dati FEA coincidono con le osservazioni sulle prestazioni dell’elettrodo fatte sul campo. È interessante notare che il modello FEA prevede l’inizio del consumo discontinuo intorno ai 110 kA perfino per un elettrodo da 30 in. con proprietà migliorate.

Figura 3-9 Deformazione tangenziale massima della colonna in funzione della corrente.

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Alcune operazioni a corrente continua sono progettate per usare correnti di funzionamento fino a 160 kA. In questo caso saranno necessari ulteriori miglioramenti sostanziali nelle proprietà dei materiali dell’elettrodo per controllare la rottura, la perdita delle estremità e la scheggiatura. Aumentare i diametri dell’elettrodo a corrente continua oltre i 30 in. migliorerebbe la capacità di corrente ma si avrebbe un calo dell’efficienza perché le deformazioni termomeccaniche in questi elettrodi aumentano esponenzialmente all’aumentare del diametro.In alternativa il carico di corrente per le operazioni a corrente continua ad alta energia può essere distribuito su due elettrodi con l’obiettivo di ridurre i livelli di deformazione dell’elettrodo. Due forni ad arco a corrente continua con sistemi a doppio elettrodo hanno da poco iniziato a funzionare. Paragoni di prestazione affidabili non sono ancora noti.

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4. RECUPERO E PULITURA DEL GAS

Durante gli ultimi 30 anni i sistemi di smaltimento dei fumi dei forni elettrici si sono evoluti notevolmente: da sistemi molto semplici che miravano a migliorare l’ambiente di lavoro intorno al forno, si è giunti a sistemi sofisticati che controllano non solo l’emissione di particolato ma anche il controllo di gas tossici. I moderni metodi dei fumi sono ora progettati per minimizzare la formazione di gas tossici e per assicurare che gli altri siano distrutti prima di uscire dal sistema.L’avvento delle disposizioni per l’ambiente ha visto il progresso del controllo sui fumi da cappe a spoglia laterale (SDH), seguite da quelle sulla volta del forno e a sistemi rudimentali di estrazione a quarto buco, fino agli odierni sistemi d’evacuazione diretta (DES).

4.1. Metodi iniziali di controllo dei fumi

Come accennato i primi forni ad arco funzionavano senza controllo delle emissioni e gli operatori cercavano semplicemente di migliorare le condizioni del luogo di lavoro. La maggior parte degli EAF era di misura relativamente piccola ed in alcuni casi la volta era fissa. Di conseguenza i primitivi sistemi di controllo dei fumi implicavano un tipo di cappa montata sulla volta che permetteva un controllo efficace della pressione dei fumi e non influenzava la metallurgia dell’acciaio. Per forni più grandi (>5 metri di diametro) tali cappe risultavano ingombranti e dunque non consigliate. Alcuni esempi di tali cappe erano la cappa a spoglia laterale, quella di tipo a volta intera, a montaggio stretto (ciambella) e a volta mobile, propria degli EAF.

Figura 4-1 Configurazioni della cappa: (a) a risucchio/spoglia laterale, (b) a volta intera, (c) a volta intera modificato Pangborn, (c) a montaggio stretto, (d) a volta

mobile (e) sistema a snorkel.

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4.1.1. Cappa a spoglia laterale (SDH)

Questo tipo di cappa (Fig.4-1(a)) prendeva il fumo appena usciva dalle aperture degli elettrodi. A volte si usavano ramificazioni supplementari per raccogliere le emissioni dalla porta della scoria e dal becco di colata. Il raffreddamento del gas era ottenuto da aria risucchiata.I vantaggi ottenuti comprendono: minimo volume d’aria richiesto per avere un effettivo controllo, l’assenza di interferenza con l’elettrodo, l’assenza di effetti sulla metallurgia dell’acciaio, la rimozione non necessaria della cappa quando si cambia la volta e la completa accessibilità ai componenti della volta del forno [12].Gli svantaggi includono: l’elevato ingombro per forni grandi, la possibilità che il fumo esca dall’anello della volta, nel caso di isolamento inadeguato, la difficoltà di ottenere un buon arresto a causa della disposizione dell’elettrodo.

4.1.2. Cappa di tipo a volta intera

La cappa di tipo a volta intera (Fig.4-1(b)) occupa tutto il soffitto e cattura tutto il fumo che esce dalla parte superiore dell’EAF. Questa progettazione è spesso meno costosa di quella a spoglia laterale, ma ha diversi svantaggi: il diametro dell’elettrodo è diminuito di 15-24 in. a seconda della misura del forno, parti della cappa devono essere rimosse quando viene cambiata la volta del forno, le elevate dimensioni della cappa rendono difficile la manutenzione, le aperture intorno alle estremità della cappa rendono difficile il controllo del fumo, la cappa ha difficoltà a gestire volumi molto ampi di gas in uscita e richiede sezioni rivestite di materiale refrattario o raffreddate ad acqua sopra le aperture dell’elettrodo nell’EAF.Ne esiste anche una versione modificata da Pangborn e mostrata nella Fig.4-1(c). Essa comporta dei vantaggi sulla configurazione standard a volta intera: migliore utilizzazione dell’aria di ventilazione (volumi più bassi rispetto alla cappa intera), parziale raccolta del fumo durante il caricamento del forno, meno peso rispetto ad una cappa intera e meno tempo richiesto per il cambio della volta [14].

4.1.3. Cappa a montaggio stretto

Questo tipo di cappa (Fig.4-1(d)) è adatto solo per i forni piccoli e può essere usata solo se la volta non viene sollevata durante l’aggiunta dell’ossigeno. La cappa è di solito costruita in lamiera d’acciaio inossidabile rinforzata e può essere raffreddata ad acqua. La sezione principale ha una cornice che è montata sull’anello della volta del forno, mentre una sezione sopra la porta della scoria è attaccata permanentemente al castone dell’anello. Questa sistemazione della cappa è relativamente salda e dà un eccellente controllo del fumo.Gli svantaggi comprendono la riduzione del diametro dell’elettrodo e la difficoltà nell’accedere alla volta. Questo tipo di progettazione viene solitamente incorporato nei soffitti dei forni a siviera per il controllo dei fumi.

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4.1.4. Cappa a volta mobile

Questa soluzione (Fig.4-1(e)) consiste in una cappa mobile che è posizionata sopra il forno per catturare il fumo mentre si solleva dal forno ed è adatta solo per operazioni di forni molto piccoli (meno di 10 tonnellate).

4.1.5. Sistema snorkel

Il sistema snorkel (Fig.4-1(f)) ha avuto origine in Germania ed è usato su grandi forni che producono acciai di qualità con fusione a letto aperto [12].Il sistema impiega un quarto buco nella volta del forno seguito da un gomito raffreddato ad acqua. Lo snorkel è una sezione del condotto a forma d’imbuto che cattura il fumo e che può essere retratto con un motore od un sistema idraulico.La distanza tra il gomito e lo snorkel, variabile tra 5-120 cm (2-48 in.), permette all’aria di entrare nel sistema assicurando ossigeno per la combustione e fornisce anche raffreddamento per il sistema. Il quarto buco serve solo come un naturale sfogo di pressione per il forno.Durante i periodi in cui è massima l’emissione di fumo, lo snorkel viene spostato più vicino al gomito per fornire maggiore aspirazione. L’atmosfera del forno rimane indisturbata e teoricamente opera sempre ad una pressione positiva.

4.2. Moderno controllo dei fumi EAF

Essenzialmente tutte le fasi del normale funzionamento degli EAF generano emissioni primarie o secondarie. Le emissioni primarie sono quelle che vengono prodotte durante la fusione e le operazioni di raffinazione, le emissioni secondarie sono prodotte dal caricamento, dalla colata e dalla fuoriuscita del fumo (dalle aperture dell’elettrodo e/o dall’anello della volta). Le emissioni primarie sono di solito controllate usando un sistema d’evacuazione diretta, quelle secondarie sono catturate usando cappe a volta ed in qualche caso cappe di colata ausiliarie.

4.2.1. Sistemi di evacuazione diretta

Il Sistema di Evacuazione Diretta (DES) o sistema del quarto buco, come è comunemente conosciuto, è probabilmente il più utilizzato. Un sistema d’uscita del gas del forno ad arco elettrico comprende elementi di contenimento, di raffreddamento e di raccolta [15].La gestione complessiva del gas in uscita di solito implica un sistema d’evacuazione diretta (DES) ed un sistema secondario di cattura delle emissioni che consiste in una cappa a volta nella sommità del reparto. In un tipico sistema DES i componenti di contenimento includono il quarto buco, la conduttura di sistema ed il ventilatore. Il raffreddamento è garantito dalla conduttura raffreddata ad acqua; dal raffreddamento dell’aria circolante negli scambiatori, da quello evaporativo e dagli scambiatori di calore a spoglia forzata o naturale [15]. Gli ultimi tre garantiscono il raffreddamento del gas senza dover aumentare la misura del collettore.

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La raccolta del particolato è tipicamente effettuata nella camera dei filtri, anche se in certi casi si usano pulitori e precipitatori elettrostatici. Un buon sistema di uscita del gas deve unire il contenimento, il raffreddamento e la raccolta degli elementi in modo economico per fornire un efficace controllo dei fumi entro standard regolatori sia per il reparto di fusione che per gli ambienti esterni. Un DES moderno non solo cattura il particolato, ma controlla le emissioni di CO, NOx e VOC.I vantaggi principali di un sistema DES sono: richiede un basso volume di controllo del fumo, rappresenta il metodo più efficace per la cattura degli stessi nella produzione dell’acciaio UHP, permette bassa interferenza con le operazioni del reparto di fusione, richiede un minimo spazio nella volta e incanala le emissioni di CO e VOC.Gli aspetti negativi, invece, sono: l’eccessivo risucchio porta ad aumentate richieste di energia e ad effetti metallurgici indesiderati ed è difficile controllare la pressione freeboard del forno quando si verificano ondate di uscita del gas. Il diagramma del ciclo di lavorazione di un sistema è riportato nella Fig.4-2.

Figura 4-2 Diagramma del ciclo di lavorazione di un sistema di uscita dei gas.

4.2.2. Metodologia di progettazione del DES

La progettazione di un sistema per l’evacuazione dei gas richiede considerazioni sulle diverse fasi che comprendono il contenimento del fumo del forno, i processi di reazione che si svolgono nel forno ed i processi attraverso il sistema di uscita dei gas stesso.Nel passato tra l’operatore del forno e il progettista non c’era grande collaborazione, di conseguenza era difficile ottenere sistemi che collegassero tra loro le operazioni all’interno del processo. Essenzialmente si deve disporre di un bilancio dettagliato di massa ed energia intorno all’EAF per fornire i dati sulla quantità di gas ed il contenuto di calore che lasciano il forno.Ci sono molti fattori che influenzano la portata massima del gas in uscita e il calore massimo del gas stesso. Questi fattori includono il peso del carico, la composizione

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del mix dei rottami (i suoi contenuti d’olio, di materiale combustibile e d'umidità), l’energia in ingresso nel forno, il tempo di accensione, il tempo da colata a colata, il tipo di aperture del forno e l’infiltrazione dell’aria (attraverso la porta della scoria, le aperture degli elettrodi, l’anello della volta, le aperture ausiliarie), i bruciatori ossigeno-combustibile, i tassi e la durata d’uso delle lance ad ossigeno, i tassi di iniezione di carbonio, l’uso di fonti alternative di ferro ed il tasso di alimentazione.Il ventilatore è capace di muovere una massa di gas in uscita maggiore se è più fresca (minore sarà infatti il suo volume). Allo stesso tempo, per garantire la massima evacuazione, è desiderabile raffreddare il gas in uscita quanto possibile essendo, sicuri però di rimanere all’interno dell’intervallo di corrente del ventilatore. Così, è comune posizionare la valvola di tiraggio del ventilatore basandosi sulla corrente del suo motore e su un accettabile set point. Per mantenere il costo del sistema di pulizia economico è comune raffreddare il gas in uscita prima della camera dei filtri. Questo permette di usare materiali meno costosi e rendere minimo il volume del gas da pulire. È importante notare che non tutto il calore nel gas in uscita è necessariamente sensibile al calore. Se il gas in uscita contiene sostanze non combuste, come ad esempio il CO, la quantità di calore contenuta in esso sarà maggiore. Ciò rappresenta un ulteriore onere in quanto si deve rimuovere tale calore aumentando così l’energia spesa per il processo di fusione.Il ciclo di calore del forno include fasi come l’evaporazione (durante i primi minuti della fusione quando l’umidità ed i componenti volatili del mix dei rottami sono eliminati dal calore applicato), la fusione, che può avere diverse fasi di funzionamento a seconda dell’uso dei bruciatori ossigeno-combustibile, dell’aggiunta d’ossigeno o delle aggiunte DRI e la raffinazione, che può essere scomposta in periodi di lancio d’ossigeno, iniezione di carbonio e operazioni sulla scoria schiumosa. È importante analizzare tutte queste fasi per determinare il tasso di flusso massimo del gas in uscita ed il carico massimo. Spesso il picco del carico in termini di volume di gas si verifica durante i primi minuti della fusione, quando i materiali volatili bruciano ed evaporano. Durante la raffinazione si raggiungono le temperature più alte del gas in uscita quando si ha il lancio di ossigeno per la rimozione del carbonio. Operazioni in cui DRI è aggiunto continuamente possono portare ad alti tassi di evoluzione del CO che possono essere anche maggiori durante l’aggiunta del carburo di ferro. Se questo CO non brucia nel forno i carichi di calore per il sistema d’uscita del gas saranno massimi.Altri fattori da tenere in considerazione sono il tasso di scorrimento del gas in uscita (4-6 Nm3 (150-200 scf) per tonnellata l’ora di colata) e la temperatura del gas in uscita (1370-1925°C (2500-3500°F)). Le misure del quarto buco vengono selezionate sulla base di una velocità dei gas in uscita programmata nell’ordine di 2400-3000 m/min (8000-000 ft/min). Tale parametro è importante perché influenzerà il calo di pressione del sistema dovuto alla presenza del quarto buco e anche la quantità di materiale che uscirà dal forno. In alcuni casi anche la scoria ed i rottami usciranno assieme ai gas.Una volta che è stato determinato il tasso di flusso ed il contenuto di calore per il controllo dell’emissione al quarto buco è stata definita la prestazione richiesta per il DES. Se alcuni dei componenti di un sistema esistente devono essere mantenuti (per esempio il ventilatore del sistema, la camera dei filtri, …) allora anche certe limitazioni sul calo di pressione totale ammissibile nel sistema sono fissate.

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Il calore dei gas determina anche l’entità del raffreddamento richiesta prima di instradare il gas in uscita nella camera dei filtri. Il quarto buco serve come unione tra il forno ed il DES.Per tenere sotto controllo l’emissione di fumo è necessario mantenere una pressione leggermente negativa entro il forno, tipicamente nell’ordine di -0,09 – -0,018 mm Hg (-0,005 – -0,1 in. W.G.). È importante limitare il risucchio per contenere il fumo generato dal processo di fusione: alti valori portano a perdite di calore dal forno e a tassi di flusso del gas in uscita crescenti. I risultati del test, presentato da Bender, indicano che una pressione negativa di –0,09 mm Hg (-0,05 in W.G.) di solito impedirà le emissioni dell’elettrodo quando si verificano deformazioni dei rottami.[16] Bender mostra, in base alle misurazioni alla Von Moos Stahl (Swiss Steel AG), che operare con una pressione negativa troppo alta può aumentare le richieste di energia elettrica di circa 45 kWh/ton. Prove precedenti su diversi forni in Giappone hanno indicato che far funzionare il forno ad una pressione positiva dà risparmi di energia di 10-20 kWh per ton.Ricordando che le aperture più importanti sono quelle degli elettrodi, dell’intervallo dell’anello della volta, della porta della scoria e le aperture ausiliarie nella parete laterale del forno (lancia ad ossigeno di decarburizzazione, iniezioni di solidi, ecc.), bisogna minimizzarle per migliorare l’efficienza del forno e del sistema di controllo delle emissioni. Quelle poste più in alto sono meno importanti di quelle in basso a causa del profilo della pressione attraverso l’altezza del forno. Infatti, il rubinetto di pressione, che è usato per misurare la pressione usata per il controllo del risucchio del forno, è collocato nella volta del forno. Se il sistema controlla la pressione in un punto fisso della volta, la pressione negativa alle aperture basse del forno, come la porta della scoria, sarà molto maggiore. Il flusso dell’aria nel forno attraverso le aperture è proporzionale alla radice quadrata della differenza tra la pressione del forno e la pressione dell’ambiente, di conseguenza il tasso d’infiltrazione sarà molto più alto nelle aperture in basso nel forno. All’inizio della fase di fusione le aperture del forno non daranno molta infiltrazione d’aria perché i rottami faranno resistenza. Dopo, quando le lance di ossigeno vengono inserite attraverso la porta della scoria, si può verificare una notevole infiltrazione d’aria. I gas che escono dal quarto buco entrano nel gomito raffreddato ad acqua montato sulla volta del forno. Di solito c’è uno spazio tra la volta del forno ed il gomito raffreddato ad acqua che fa entrare l’aria a causa della pressione negativa. Il mescolarsi dell’aria con i gas in uscita rende possibile un’ulteriore combustione del gas in uscita e il raffreddamento dell’acqua circolante negli scambiatori. In generale la massa d’aria contenuta dentro questo primo spazio è pari a quella che esce dal quarto buco.Un secondo spazio, che permette al forno di inclinarsi ed alla volta del forno di spostarsi, è di solito situato tra l’uscita del gomito e l’entrata al condotto raffreddato ad acqua. Esso consente un’ulteriore iniezione d’aria che garantisce una miglior combustione e un raffreddamento della stemperatura. In alcuni casi una sezione di condotto simile ad uno snorkel è collocata di seguito allo spazio. Questa sezione è regolabile per garantire uno spazio di 2,5-12 cm (1-5 in.) che permette un miglior controllo della pressione negativa nel freeboard del forno ed è necessario mettere in grado la volta di muoversi senza interferenza. In generale, la massa che entra nel secondo spazio è simile alla massa totale che esce dal gomito. In questo modo il DES tratta un flusso di massa che è di circa quattro volte quello che effettivamente esce dal forno al quarto buco. Di solito il progettista preferisce che i gas finali esausti contengano il 100% di ossigeno in eccesso rispetto ai bisogni della combustione a causa delle sostanze combustibili generate nel processo del forno.

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Ci sono state molte innovazioni nella progettazione del gomito raffreddato ad acqua negli anni recenti. Se da un lato è riconosciuto che bisogna introdurre sufficiente aria di combustione per assicurare la combustione di tutti i VOC e CO nel condotto raffreddato ad acqua, dall’altro necessario assicurare che non sia introdotta aria in eccesso che potrebbe portare a sovraraffreddamento del gas in uscita e a materiale non combusto a valle nel sistema. A volte delle flange (conosciute anche come orecchie d’elefante) sono saldate intorno al condotto raffreddato ad acqua ed al gomito in modo da controllare meglio la quantità di infiltrazione dell’aria. Il condotto raffreddato ad acqua è più grande del gomito cosicché si possa ancora raggiungere una cattura efficiente anche quando il forno è inclinato +/-5°.Una delle innovazioni più recenti è usare una configurazione del gomito molto inclinata che aiuterà a ridurre l’accumulo di scoria. Bender raccomanda di accoppiare questo tipo di gomito con un’entrata del condotto raffreddato ad acqua ad alta velocità seguita da un tratto con inclinazione verso il basso molto accentuata [16]. Questa configurazione garantisce una buona turbolenza per la miscela, la combustione del CO e che la scoria sia raccolta in una scatola collocata in basso.Il condotto raffreddato ad acqua è usato per raffreddare il gas e anche per contenere il calore di reazione della combustione dei gas che altrimenti danneggerebbe la condotta d’acciaio al carbonio. In alcuni sistemi più vecchi era utilizzata una condotta rivestita di materiale refrattario ma per i costi più bassi e la minore richiesta di manutenzione, la scelta preferita è ora il condotto raffreddato ad acqua. È in ogni caso importante assicurare che il condotto raffreddato ad acqua sia accessibile in modo che la manutenzione di routine possa essere praticata.In molti stabilimenti di recente costruzione, il condotto raffreddato ad acqua è inclinato verso il basso e si trova dopo il reparto dedicato alla combustione. Una scatola di caduta è collocata nel fondo di questa piegatura seguita da un condotto raffreddato ad acqua collocato a livello. Ciò rende più facile usare carrelli automotori per rimuovere sezioni del condotto per la manutenzione e la pulitura periodica di qualsiasi accumulo di polvere che si possa verificare. È richiesta una certa pianificazione per assicurare che la disposizione della conduttura non interferisca con altre operazioni.La temperatura del gas alla fine della condotta raffreddata ad acqua è di solito 650-760°C (1200-1400°F). Sotto quest’intervallo, la conduttura raffreddata ad acqua non è più un metodo efficiente di raffreddamento a causa di bassi coefficienti di trasferimento di calore. Tipicamente i tassi di flusso del gas scaricati all’uscita del condotto raffreddato ad acqua sono 14-23 Nm3 (500-800 scf) per tonnellata l’ora.

4.2.3. Raffreddamento del gas

Prima di essere immesso nella condotta asciutta d’acciaio al carbonio, di solito il gas viene raffreddato in modo che la temperatura della parete della conduttura sia ben di sotto ai 425°C. Con tale accorgimento si raggiungono temperature del gas di circa 650-760°C.Tra i vari metodi di raffreddamento quello evaporativo consiste nel vaporizzare acqua atomizzata nel flusso di gas in uscita. Dopo il contatto l’acqua evaporerà, assorbendo una grande quantità di calore. Nella pratica esso può essere compiuto in una camera di vaporizzazione o direttamente nella conduttura. Nel secondo caso bisogna fare in modo che l’acqua evapori del tutto prima di colpire la parete del condotto. Il tasso d’evaporazione dipende dal flusso dell’acqua, dall’angolo di

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vaporizzazione, dalla quantità d’acqua atomizzata, dalla misura delle gocce d’acqua e dalla presenza di film contaminanti sulla goccia. Con questo metodo, oltre alla diminuzione di temperatura, si ottiene una diminuzione del volume del gas in uscita. Il raffreddamento evaporativo risulta il più economico, perché richiede minime quantità di attrezzature ausiliarie. L’unico potenziale risvolto negativo di questa tecnologia è la possibilità che si verifichi condensa se il gas in uscita si satura. È importante valutare il contenuto totale di umidità dei gas in uscita DES e di quelli secondari che entrano nella camera dei filtri. Se c’è un problema di temperatura di condensazione, si verificherà una condensa che può condizionare la prestazione e la vita dei filtri. In questo caso bisogna cercare un’alternativa al raffreddamento evaporativo.La soluzione a tale problema è rappresentata dal raffreddamento da diluizione che consiste nell’aggiungere aria al flusso di gas in uscita. Ciò comporta un aumento di volume del gas ed un aumento della capacità richiesta del sistema d’estrazione dei fumi. Anche questo metodo risulta economico per il raffreddamento del gas, ma può influenzare negativamente il costo dei componenti a valle del sistema.La terza tipologia di raffreddamento dei gas è quella senza contatto che si ottiene usando refrigeratori a risucchio forzato o refrigeratori a forcina. Il gas viene raffreddato trasferendo il calore alla parete del refrigeratore che a sua volta trasferisce il calore alla superficie più esterna del tubo o della parete del condotto. Il risultato è un raffreddamento del gas in uscita senza un aumento nel volume dello stesso. L’efficienza raggiunta è elevata ma gli alti costi dei materiali utilizzati e la grande quantità di attrezzature ausiliarie ne limitano l’utilizzo.Un ulteriore raffreddamento si ottiene dal miscelamento tra l’aria di diluizione risucchiata attraverso la cappa a volta e i gas in uscita DES che porta la temperatura dei gas combinati a circa 120°C (250°F) prima di entrare nella camera dei filtri. Tale accorgimento è indispensabile per poter usare filtri di poliestere. Esso è, infatti, un materiale economico per i filtri ed è comunemente usato nei sistemi di controllo dell’inquinamento dell’aria EAF (APC) con un limite di temperatura di progettazione di 120°C (250°F) per il funzionamento continuo.Le velocità del gas nella condotta del sistema DES sono importanti per molte ragioni: se troppo elevate si avranno ampi cali di pressione del sistema e aumenterà l’usura del condotto, se troppo bassa il particolato nel gas in uscita si fermerà nella conduttura, con conseguente calo di pressione del sistema. Nella pratica è stato trovato che una velocità di progettazione di 4000-5000 fpm in condizioni standard è ottimale per assecondare sia il trascinamento della polvere che criteri economici.In ogni configurazione si deve mantenere un dettagliato equilibrio di massa ed energia in ogni componente del sistema DES per produrre adeguati flussi del gas, temperature, velocità e perdite di pressione nell’intero sistema. L’analisi di varie configurazioni di sistema può essere un processo lungo e noioso. I progettisti preferiscono incorporare tutti i calcoli necessari in un modello a computer, in modo che l’effetto dei cambiamenti nella progettazione del processo e del sistema può essere valutato velocemente consentendo una maggiore ottimizzazione della progettazione del sistema. Un esempio di DES è mostrato nella Fig.4-3.

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Figura 4-3 Schema di un DES.

4.3. Controllo delle emissioni secondarie

Il controllo delle emissioni secondarie di fumo dalle operazioni di caricamento del forno, colata e formazione di scoria è stato severamente regolamentato come conseguenza delle regolazioni per il controllo di quelle primarie. Le emissioni secondarie derivano dal gas che esce dal forno attraverso le aperture intorno agli elettrodi e nella zona dell’anello della volta. Nel passato il trattamento delle emissioni secondarie era svolto da cappe a volta che erano collocate al livello della capriata ed erano generalmente inefficienti. I sistemi moderni tendono a fornire una capacità d’evacuazione molto maggiore. Il dimensionamento del sistema di controllo di questi fumi è il fattore che controlla il dimensionamento complessivo del sistema di pulitura del gas perché l’estrazione secondaria tende ad essere da quattro a sei volte quella richiesta per il DES.

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4.3.1. Cappe a volta

Le cappe a volta sono state installate inizialmente per catturare le emissioni primarie del forno. Man mano che le operazioni del forno sono diventate più grandi è sorto il bisogno di controllare le emissioni secondarie di fumo durante le operazioni di caricamento e di colata. La cappa a volta è stata scelta per venire incontro a questo bisogno perché poteva catturare queste emissioni senza interferire con le operazioni. Viene collocata nelle capriate dell’edificio sopra la passerella della gru. Nel Nord America le cappe a volta ora formano una parte integrante del sistema di controllo dei fumi del reparto di fusione moderno.Il sistema a volta è controllato a retroazione durante il funzionamento del forno e fornisce aria per il raffreddamento per diluizione dei gas in uscita DES prima che entrino nella camera dei filtri. Durante le operazioni di caricamento e di colata il DES non risucchia fumi e il compito di estrazione è svolto dalla cappa a volta.La sua efficienza dipende dalla superficie, dalla forma e dal volume della volta, dal grado d’interferenza con la gru di caricamento/colata, dal tasso di scorrimento dell’aria sulla facciata della volta, dalle fonti di calore entro il reparto di fusione (che possono causare risucchi errati), dall’altezza della cappa sopra il forno e dall’assenza di risucchi incrociati entro il reparto di fusione.Molti sistemi a volta sono divisi in comparti in modo che una porzione sia usata per il controllo delle emissioni del caricamento mentre un’altra per quello delle emissioni di colata. Con i forni a colata dal fondo non è pratico effettuare il controllo dei fumi con una volta ed è ora pratica comune usare una cappa laterale. Siccome l’assorbimento del gas da parte della cappa è fortemente influenzato da risucchi incrociati e da gradienti termici entro il reparto, è importante cercare di tenere le porte chiuse ed eliminare il più possibile le fonti di calore. Per raggiungere tale scopo accorgimenti come tenere le porte chiuse, condurre i gas del preriscaldatore a siviera fuori dall’edificio e rimuovere i contenitori di scoria pieni dall’edificio, possono portare a miglioramenti significativi.

4.3.2. Cappe a volta ad immagazzinamento profondo

Spesso le cappe a volta non sono in grado di gestire le grandi masse di fumo che si generano, in particolare durante il caricamento. La soluzione consiste nel fornire un immagazzinamento temporaneo per questo fumo affinché il sistema possa smaltire i fumi gradualmente. Su tale principio si basa il funzionamento della cappa a volta del tipo ad immagazzinamento profondo che per l’appunto presenta un volume da cinque a dieci volte rispetto a quello di una cappa a volta tradizionale.[17] Essa permette l’estrazione del fumo attraverso il sistema di pulitura del gas per un lungo periodo di tempo. Ciò fa in modo che la capacità totale di estrazione del sistema dei fumi sia bassa riuscendo però a soddisfare le richieste che si verificano durante il caricamento del forno.La progettazione è stata verificata usando la modellazione fisica della dinamica dei fluidi e mostra caratteristiche di cattura notevolmente migliorate se paragonata alla tecnologia convenzionale. Diverse installazioni di questo tipo si trovano in Nord

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America, mentre la prima in Europa è stata l’Irish Steel.[17] Il concetto è illustrato nella Fig.4-4.

Figura 4-4 Descrizione di una cappa a volta ad immagazzinamento profondo.

4.3.3. Recinti del forno

I recinti del forno (conosciuti anche come doghouses-canili, snuff boxes-tabacchiere o clean houses-camere di pulizia) sono collocati nel reparto di funzionamento del reparto di fusione e recingono completamente il forno. Il recinto di solito fornisce spazio sufficiente per i movimenti della volta e il lavoro intorno al forno (Fig.4-5).

Figura 4-5 Recinto di un EAF.

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Il secchio di caricamento viene portato sopra il forno attraverso porte d’accesso in un lato del recinto, che è abbastanza basso perché la gru possa passarci sopra. In alcuni casi c’è un’area sigillata da cortine d’aria stagna nella volta del recinto che permette l’accesso ai cavi della gru quando c’è il caricamento del forno. Il fumo viene estratto dalla volta e condotto verso le pareti del recinto mentre l’aria in aggiunta entra attraverso aperture nel reparto di funzionamento. Le siviere di colata vengono di solito fatte entrare attraverso un carrello di trasferimento. I sistemi di recinzione più moderni incorporano anche un sistema a quarto buco.I recinti hanno il vantaggio che tutto il fumo viene catturato e che il volume di estrazione è notevolmente inferiore rispetto a quello richiesto per un sistema equivalente DES/cappa a volta. Inoltre i recinti non hanno effetti dannosi sulla metallurgia dell’EAF ed i livelli di rumore sono ridotti sostanzialmente (10-25 dB A).[18] È stato documentato che si possono raggiungere risparmi di energia fino a 20 kWh/ton grazie al funzionamento del forno a pressione positiva e sono stati riportati risparmi, dovuti a volumi di evacuazione più bassa, nell’ordine di 10-15 kWh/ton.[4]I recinti offrono diversi vantaggi che comprendono ambienti di lavoro più freschi, puliti, silenziosi e sicuri, una minore manutenzione della gru, meno emissioni totali e richieste inferiori di capacità del sistema dei fumi.Tra gli svantaggi troviamo un’accessibilità ristretta del forno per la manutenzione, le applicazioni di modernizzazione risultano problematiche a causa di limitazioni della sistemazione esistente del reparto di fusione e le operazioni di caricamento del forno sono a volte più lente di quelle di un reparto di fusione tradizionale. In alcuni casi parte dei benefici dei recinti possono essere ottenuti senza cingere totalmente l’EAF. Queste soluzioni sono chiamate recinzioni parziali e consistono di muri autoportanti che non limitano l’accesso della gru al forno, aiutano ad attenuare il rumore e minimizzano l’effetto di risucchi incrociati entro il reparto di fusione.

4.3.4. Reparto di fusione recintato

Un’alternativa alla recinzione del forno è chiudere il reparto di fusione e fornire un’evacuazione totale del reparto di fusione. Ovviamente la capacità di evacuazione richiesta per una sistemazione tradizionale del reparto di fusione usando questo metodo è molto maggiore di quanto sarebbe richiesto da una configurazione a volta/DES. Inoltre un’estrazione inadeguata potrebbe portare ad alte temperature ambientali nel reparto di fusione ed a condizioni di lavoro inaccettabili se la polvere dovesse cadere entro il reparto.La soluzione a queste problematiche è stata fornire una sistemazione compatta del reparto di fusione che prevede spazio sufficiente solo per sistemare l’EAF e la gru di caricamento (Fig.4-6).Questa configurazione isola le operazioni di fusione del forno da tutte le altre operazioni nell’impianto di produzione dell’acciaio. I secchi dei rottami e la siviera vengono trasportati nell’area recintata e sotto il forno usando carrelli di trasferimento. La scoria è raccolta in contenitori che vengono rimossi usando trasportatori dei contenitori attraverso una porta dedicata.Questa configurazione del controllo delle emissioni è stata implementata in diversi reparti di fusione in Europa e Nord America ed è stato dimostrato essere un metodo economico di fornire un controllo dei fumi migliorato per il funzionamento dell’EAF.

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Figura 4-6 Reparti di fusione EAF recintato.

4.4. Pulitura del gas

Dopo aver valutato i requisiti dell’estrazione del gas primario e secondario viene specificato il sistema di pulitura del gas, che include i ventilatori del sistema, la camera dei filtri ed il sistema di gestione del materiale. Alcuni aspetti importanti della selezione e della progettazione dell’attrezzatura collegati a parti specifiche del sistema di pulitura del gas sono trattati nelle sezioni seguenti.

4.4.1. Controllo del sistema

Molte operazioni all’interno del reparto di fusione scaricano quantità abbastanza costanti che sono indipendenti dall’operazione del forno. Tali fonti (forno a siviera, de-polverizzazione secondaria) possono essere controllate efficacemente usando ventilatori spingenti per mantenere costanti i flussi di scarico, indipendenti dall’influenza delle operazioni del forno, che possono deviare grandi volumi di scarico da una fonte all’altra attraverso il normale corso del funzionamento del forno. I sistemi di raccolta dei fumi consumano tipicamente 60-100 kWh per tonnellata di billette prodotta. Come risultato la conservazione dell’energia è diventata un parametro importante per la redditività del reparto di fusione.Oggi la ricerca è rivolta a identificare potenziali risparmi di energia nei sistemi di controllo delle emissioni. Lo scarico della cappa a volta durante il caricamento rappresenta di gran lunga la maggiore richiesta singola di scarico dei tipici sistemi di controllo delle emissioni. Al di fuori del periodo di caricamento la maggior parte dei sistemi ha capacità in eccesso rispetto a quelle richieste per DES e altri requisiti secondari. E’ possibile ottenere importanti risparmi di energia usando ventilatori a velocità variabile che possono essere spenti durante i periodi di non caricamento. Si deve fare in ogni modo attenzione perché il loro spegnimento non garantisce la

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normale ventilazione generale dell’edificio, che rimuove il calore in eccesso e le emissioni sfuggenti portando a temperature ambientali più alte e ad un reparto più sporco. I ventilatori a velocità regolabile si adattano meglio ad operazioni che usano le recinzioni del forno, in quanto queste contengono e difendono il reparto di fusione dal calore e dalle emissioni sfuggenti collegate alle operazioni del forno.

4.4.2. Ventilatori

Un adeguato studio dei parametri di progettazione dei ventilatori è essenziale per raggiungere la prestazione desiderata.[19] Un esempio di curva di prestazione di un ventilatore è illustrato nella Fig.4-7.

Figura 4-7 Curva del ventilatore e margini di selezione.

La forma della curva del sistema, iniziando all’origine del grafico, evidenzia la relazione quadrata tra la pressione statica del ventilatore (FSP) ed il volume del flusso (ossia FSP varia proporzionalmente al quadrato di Q). La curva del sistema mostra come le perdite del sistema cambino con le variazioni nel flusso (notare che ciò si applica ad una singola sistemazione dell’ammortizzatore nel sistema perché cambiare la posizione dell’ammortizzatore può cambiare la curva del sistema). Il punto d’intersezione delle due curve rappresenta il punto di funzionamento per il sistema. Se tale punto si trova vicino la cima della curva del ventilatore (punto di massimo FSP) può verificarsi un punto di instabilità. Per evitare ciò si raccomanda di selezionare un FSP che non superi l’80% del massimo FSP. I ventilatori selezionati vicino al picco sulla curva della pressione saranno più piccoli e perciò più economici ma avranno minore efficienza e non avranno un adeguato margine.A causa della relazione tra la curva del sistema tra FSP e il flusso del volume, i margini consigliati per specificare la prestazione sono un 10% sul flusso progettato ed un 21% sul FSP progettato. Questi margini sono raccomandati perché i ventilatori spesso hanno prestazioni leggermente inferiori rispetto alla curva pubblicata dal

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costruttore del ventilatore. Si dovrebbe tener conto anche di un certo margine per la risalita del calo di pressione della camera dei filtri al di sopra del livello di prestazione progettato. È importante ricordare che la definizione di pressione statica del ventilatore di solito usata per le curve di prestazione non è semplicemente la differenza nella pressione statica misurata attraverso il ventilatore. Un modo per definire l’FSP è:

4-1)

dove l’FTP è la pressione totale del ventilatore o la perdita di pressione totale del sistema e è la pressione all’uscita del ventilatore. Una cattiva selezione e manutenzione delle camere dei filtri, che può portare ad un elevato calo di pressione, può diminuire il flusso raggiungibile dal ventilatore. Un ventilatore posizionato vicino all’uscita, dove avviene il calo di pressione, non ha possibilità di venire incontro ai bisogni di un tale sistema.

4.4.3. Camere dei filtri

Esistono molti tipi di camere dei filtri a seconda dei requisiti specifici del particolare sistema di controllo delle emissioni. I parametri fondamentali per la progettazione delle camere dei filtri sono molti e solo grazie alla loro conoscenza il dimensionamento sarà corretto. Camere dei filtri a depressione sono economiche per volumi di gas maggiori di 5600 Nm3/min (200.000 scfm).[19] Funzionando con pressione positiva questa progettazione offre risparmi di costi rispetto alle progettazioni a pressione negativa. Sono di solito di misura molto grande e il massimo rapporto raccomandato aria tessuto è 2,0 – 2,5, netto (riferito alle condizioni di funzionamento in cui un compartimento è scollegato, come durante la pulizia online o la manutenzione di un compartimento).Le camere dei filtri a vibrazione sono di solito simili a quelle a depressione, ma tendono a richiedere più manutenzione a causa del maggiore movimento meccanico. Il massimo rapporto raccomandato aria a tessuto è 1,5 – 2,0, netto [19] e si raggiunge mediamente un livello di pulitura del gas inferiore a quello che si ottiene con le progettazioni a depressione.Le camere dei filtri a getto d’impulso sono economiche per volumi di gas inferiori a 5600 Nm3/min (200.000 scfm), sono di costruzione modulare e funzionano con pressione negativa. Il massimo rapporto raccomandato aria a tessuto è 4,0, netto.[19]Questi parametri di progettazione sono generali e sono intesi come linee guida per la selezione delle camere dei filtri. Requisiti individuali devono essere determinati con una valutazione locale, sito per sito. Le camere dei filtri a depressione possono essere progettazioni sia a pressione positiva che negativa: nel primo caso si ottiene un risparmio dal punto di vista economico ma necessitano di ventilatori nel lato sporco (che richiedono particolare attenzione nella selezione del girante per minimizzare l’usura); nel secondo caso tali camere costituiscono un maggior onere perché hanno bisogno di avere una costruzione a tenuta d’aria per evitare le perdite. Ciò non rappresenta di solito un problema con le camere dei filtri a pressione positiva in cui l’intelaiatura della camera dei filtri comprende il lato pulito dei filtri e scarica in atmosfera (solo le tramogge hanno bisogno di essere a tenuta perché vengono a

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contatto col gas sporco). Bisogna ricordare che nei sistemi a pressione positiva le perdite sono rilevanti, mentre nei sistemi a pressione negativa raggiungono livelli minimi. Sono state misurate differenze fino al 15% tra i flussi in entrata ed in uscita.Le grandi camere dei filtri a getto d’impulso, a causa del numero di valvole e di attrezzatura necessaria, richiedono più manutenzione. La loro costruzione modulare tende a renderle economiche per richieste di volumi inferiori (meno di 5600 Nm3/min o di 200.000 scfm).Un’insufficiente capacità della camera dei filtri si traduce in un’insufficiente area del tessuto nella camera dei filtri. Il tipo di camera dei filtri e di materiale del tessuto usato determina il flusso massimo che può essere realisticamente aspirato.Un accorgimento sulle camere dei filtri è che le tramogge non dovrebbero mai essere usate per l’accumulo della polvere, ma dovrebbero essere continuamente svuotate. Permettere che la polvere si accumuli nella tramoggia fornisce un’opportunità per il ritrascinamento della polvere, aumentando il carico sui filtri, la propensione agli incendi ed un potenziale danno per la scintilla.Danni alle camere possono verificarsi per varie ragioni che includono l’usura, l’impatto diretto del particolato, la bruciatura della scintilla o della fiamma calda ed il funzionamento ad alta temperatura. L’usura può essere il risultato di una mediocre distribuzione del gas che fa in modo che le camere oscillino (per camere dei filtri a getto d’impulso montate su una gabbia sotto la lamiera del tubo) o di una tensione impropria delle camere che permette loro di sfregarsi l’una contro l’altra o contro le pareti del compartimento (per le camere dei filtri a depressione o a vibrazione con camere montate su molle al di sopra della lamiera del tubo). L’impatto diretto è collegato alla distribuzione del gas sporco, in cui il particolato può seguire una strada diretta dall’entrata del gas alle camere. Il modo in cui il getto di gas sporco viene introdotto nelle camere è un aspetto critico nella progettazione della tramoggia: l’impatto diretto del gas sporco sulle camere può portare all’usura delle camere e ad avaria prematura delle camere.

Figura 4-8 Distanze raccomandate per i deflettori della tramoggia della camera dei filtri.

Un metodo per evitare questo problema è progettare una tramoggia di alto livello con una serie di deflettori verticali (Fig.4-8).

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Questi costringono il particolato a variare la propria direzione in modo da perdere il suo impulso prima di raggiungere le camere. Questo metodo di distribuzione del gas sporco può essere ottenuto con un minimo calo di pressione. Le bruciature da scintilla sono di solito associate con il particolato ancora in combustione, mentre raggiunge la camera dei filtri. I deflettori della tramoggia possono aiutare a ridurre questo problema in quanto esso è normalmente associato al particolato più grande. Una scatola di caduta di misura adeguata può anche rimuovere il particolato di dimensioni maggiori dalla corrente del gas prima dell’entrata della camera dei filtri. La bruciatura da fiamma calda può verificarsi quando la lunghezza del condotto tra la camera dei filtri e la volta è relativamente breve. Senza importanti modifiche alla configurazione del sistema la protezione dalle palle di fuoco per le camere dei filtri può essere raggiunta usando termocoppie legate al controllo dei regolatori di tiraggio di emergenza. Il funzionamento ad alta temperatura per periodi prolungati può gradualmente indebolire il materiale della camera portando ad avarie premature.

4.4.4. Gestione del materiale

La gestione del materiale nei sistemi di controllo delle emissioni viene ottenuta attraverso diversi componenti.I sistemi di trasmissione pneumatica possono avere una progettazione a fase densa o diluita. Per il trasporto della polvere nell’EAF si raccomanda di usare la fase diluita. Le linee pneumatiche dovrebbero avere un diametro minimo di 15 cm (6 in.).[19] I sistemi ben progettati possono fornire un servizio affidabile richiedendo nello stesso tempo minimi requisiti di manutenzione. I sistemi a scivolamento/sollevamento ad aria funzionano fluidificando la polvere da trasportare. Nel caso degli scivoli, l’attrezzatura comprende un piano inclinato montato in diagonale (pendenza minima 7°) per permettere alla polvere di scorrere lungo la lunghezza dello scivolo, mentre viene fluidificata.[19] La configurazione a piano inclinato, aumenta l’altezza complessiva della camera dei filtri. I sollevatori ad acqua effettuano un trasporto verticale a bassa velocità del particolato raccolto in un condotto sopra un estrattore fluidificante. Tali sistemi hanno una bassa usura e richiedono poca manutenzione.Tra i trasportatori meccanici possiamo trovare quelli a vite, a catena di trascinamento e i sollevatori di secchi. È importante che questi sistemi siano adeguatamente dimensionati (sia in termini di flusso di quantità che di energia del motore) per le condizioni di massimo carico. I trasportatori che scaricano dalle tramogge della camera dei filtri dovrebbero essere capaci di iniziare in condizioni di tramogge piene. I sistemi di trasporto meccanico richiederanno spesso capacità di de-polverizzazione dello scarico. Per evitare emissioni sfuggenti (o nel caso di sistemi a prestazione negativa, perdita interna che sottrae capacità e ritrascina la polvere) è importante che i componenti utilizzati siano ben sigillati.La manutenzione di routine è essenziale per il mantenimento di tali sistemi in buone condizioni di funzionamento. Come regola i silos di stoccaggio dovrebbero essere dimensionati per una capacità di stoccaggio minima di tre giorni: in questo modo lo scarico del materiale può essere effettuato durante i turni diurni e permette il funzionamento dell’EAF anche durante un lungo fine settimana senza far intervenire personale per lo smaltimento della polvere. Tipicamente per le operazioni di pulizia del silos viene richiesto il controllo della polvere. Ciò può essere ottenuto sia attraverso un contenitore indipendente con filtro di sfogo montato sul silo che con un collegamento diretto dal silo al lato d’entrata della camera dei filtri (nel caso di

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camere dei filtri a pressione positiva questo collegamento si troverebbe nel lato d’entrata dei ventilatori). In entrambi i casi, il silo è mantenuto ad una pressione negativa in modo che ogni apertura nel silo sia soggetta ad un’infiltrazione d’aria piuttosto che un’uscita di polvere. Un ulteriore controllo è realizzato dagli scaricatori.Una progettazione efficace è lo scarico telescopico che incorpora uno scarico flessibile concentrico con aspiratore applicato alla sezione esterna. Il tipo di aspirazione può essere uno qualsiasi dei metodi descritti per il silo stesso.

4.5. Meccanismi della formazione della polvere nell’EAF

Attualmente circa 600.000 tonnellate di polvere sono generate ogni anno negli Stati Uniti. Mediamente si hanno 9-18 kg (20-40 libbre) per tonnellata di rottami fusi. La ragione per quest’ampio intervallo è dovuta a differenze di qualità dei rottami, alle pratiche di funzionamento, all’efficienza nella cattura della polvere e ai metodi d’introduzione delle materie prime nell’EAF.Il Center for Materials Production (Centro per la Produzione dei Materiali, un gruppo sponsorizzato dall’Electrical Power Research Institute, Istituto di Ricerca sull’Energia Elettrica) sta conducendo un importante studio sui meccanismi collegati alla generazione del fumo e spera di riuscire a stabilire dei metodi attraverso cui ridurne la produzione. Le analisi in questo settore sono di recente sviluppo in quanto molto del lavoro svolto in precedenza riguardava la generazione di polvere e fumo nel BOF. Comunque, siccome l’uso di ossigeno nell’EAF continua ad aumentare, ci si aspetta che i meccanismi siano analoghi. Di seguito sono trattati alcuni dei meccanismi chiave di generazione del fumo.

4.5.1. Trascinamento di particelle

Il trascinamento di particelle si verifica quando CaO, ruggine e sporco presenti nei rottami vengono trascinati dall’EAF al sistema d’uscita del gas. È stato mostrato che la quantità di trasporto di CaO è altamente correlata al metodo di caricamento dell’EAF.

4.5.2. Volatilizzazione dei metalli volatili

Certi metalli (Zn, Pb, Cd, Na, in parte Mn) si volatilizzano durante il riscaldamento dei rottami. Essi tendono a formare ossidi che poi si ritrovano in grandi quantità nella polvere dell’EAF. Ovviamente un modo di ridurre la quantità totale di polvere generata sarebbe assicurare che questi materiali non siano presenti nei rottami. In ogni caso il riciclaggio di rottami rivestiti sta aumentando e perciò è probabile che questa componente della generazione di polvere aumenti. Il grado di volatilizzazione è probabilmente collegato ai punti caldi nel forno, come ad esempio quelli sotto l’arco e quelli che si creano a causa delle lance d’ossigeno e del bruciatore ossigeno-combustibile.

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4.5.3. Scoppio delle bolle di CO

Le bolle di CO si generano durante le operazioni di lancio di ossigeno e di schiumatura della scoria. Quando esse esplodono del metallo viene spruzzato nell’atmosfera del forno dove forma particelle molto piccole di ossido di ferro.

4.6. Future preoccupazioni ambientali

Soprattutto a causa dell’accresciuta sensibilizzazione per le problematiche ambientali, l’attenzione sul controllo dei fumi del reparto di fusione si è spostata ed ora include non solo la cattura di particolato ma anche il controllo sull’emissione di gas tossici dal sistema dei fumi. Diversi gas sono stati esaminati negli ultimi cinque anni e nel 1991 l’EPA ha rivisto la sua lista di emissioni rischiose per indirizzare il controllo delle emissioni di questi gas, alcuni dei quali intervengono direttamente nelle operazioni del forno elettrico (CO/CO2, NOx, VOC e le diossine). Inoltre gli standard per le emissioni sul particolato continuano a diventare più severi. Tali questioni sono discusse in dettaglio nelle sezioni seguenti.

4.6.1. Confronto tra le diverse regolamentazioni ambientali

Negli ultimi anni le regolamentazioni ambientali sono diventate molto più stringenti dato che l’opinione pubblica è diventata molto più consapevole dei rischi posti dalle varie emissioni industriali. In Europa le regolamentazioni sono perfino più severe di quelle proposte in Nord America. Ciò è probabilmente dovuto ad una densità di popolazione più alta che porta ad impianti industriali spesso collocati in aree densamente popolate.La Comunità Europea ha recentemente adottato regolamentazioni che si allineano alla direttiva della Germania Federale sulle Emissioni d’Aria (17th BImSch V) del 1990. La Tabella 4-1 mostra gli standard tedeschi. È probabile che in futuro gli standard nordamericani si avvicineranno a questi.

Tabella 4-1 Direttiva della Germania Federale sulle emissioni in atmosfera, 17th BImSch V

Inquinanti Valori standard

Polvere 10 mg/m3

CO -NOx 200 mg/m3

SOx 50 mg/m3

VOCs -Diossina 0.1 ng/m3 equivalenti totali

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4.6.2. Emissioni di polvere

Tipicamente le operazioni del forno elettrico generano circa 9-18 kg (20-40 libbre) di polvere per ogni tonnellata di acciaio prodotta. Il metodo preferito di cattura appare essere quello attraverso un sistema a quarto buco che porta ad una camera dei filtri per la cattura della polvere. La maggior parte dei sistemi moderni dichiara livelli di scarico di 5-50 mg/m3 nei gas in uscita.Di maggiore interesse è il livello di emissioni di polvere che sfugge all’ambiente del reparto. Questa lacuna può essere affrontata con diversi metodi come l’aumento dell’estrazione dal quarto buco (anche se questo può avere un effetto negativo sulla produttività), l’aumento dell’estrazione da cappa a volta (questa è l’opzione più costosa) o l’utilizzo di un recinto del forno. Delle tre opzioni l’ultima riscontra il maggior successo perché consiste in un sistema di pulitura dei gas a basso volume senza effetti collaterali sul processo.

4.6.3. CO

E’ prodotto quando l’ossigeno viene lanciato nel forno reagisce con il carbonio. Se quantità significative di CO non vengono catturate dal sistema DES i livelli nell’ambiente di lavoro possono non essere accettabili. Tipicamente fino al 10% del CO non bruciato nel forno si presenta al sistema secondario di cattura dei fumi durante la fusione. CO e CO2 sono da tenere sotto controllo perché sono gas serra e contribuiscono al riscaldamento globale. Le recenti innovazioni nelle operazioni dell’EAF hanno determinato aumenti notevoli di CO (dovuto al crescente utilizzo di ossigeno e all’adozione delle pratiche con scoria schiumosa) e di CO2 (per l’aumentato uso di ossigeno). Molto del CO generato entro l’EAF non si brucia a CO2 finché è dentro il sistema dei fumi, ciò rende i requisiti di tale sistema più restrittivi a causa dell’aumentato carico di calore. Inoltre il vantaggio della post-combustione del CO come fonte di energia per la fabbricazione dell’acciaio non viene utilizzato. Un’alternativa è bruciare il CO nel freeboard, recuperando calore entro il forno e riducendo così il carico di calore che il sistema dei gas in uscita deve gestire. I risultati sono discussi nel Paragrafo 6.5.1.Efficienze maggiori di energia possono essere raggiunte nel forno attraverso la post-combustione, il cui effetto è diminuire notevolmente la generazione di CO2. La combustione da carbonio a CO produce solo un terzo dell’energia della combustione del CO. Perciò se perfino solo il 50% dell’energia disponibile dalla post-combustione di CO fosse trasferito di nuovo al bagno si potrebbe fare una riduzione di lancio di ossigeno del 50% nel bagno. Utilizzando l’energia della post-combustione del CO, non sarà necessario lanciare altrettanto carbonio nel bagno, si avranno ridotte emissioni di CO/CO2 e a considerevoli risparmi nei costi. Altri fattori che possono ridurre le emissioni di CO ed includono:

1. Usare un’uscita a gomito a bassa velocità raffreddata ad acqua accoppiata con un condotto di entrata raffreddato ad acqua ad alta velocità.

2. Assicurare la giusta sistemazione dell’intervallo di combustione dell’aria.3. Fornire un accurato ed affidabile controllo del risucchio del forno.4. Fornire sufficiente capacità del DES.5. Assicurare che il carbonio per la schiumatura della scoria sia iniettato

all’interfaccia bagno/scoria.

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6. Fondere il più velocemente possibile.7. Applicare la post-combustione per bruciare il CO nel forno.8. Iniziare il lancio dell’ossigeno prima possibile (ciò diffonde la generazione

del CO attraverso il ciclo di fusione e riduce il massimo carico di calore sul DES).

4.6.4. NOx

L’NOx si forma nelle operazioni del forno, quando l’azoto passa attraverso l’arco tra gli elettrodi. Una parte del NOx termico si genera anche dall’uso del bruciatore negli EAF. Livelli tipici di NOx riportati sono nell’ordine di 36-90 g NOx per tonnellata di acciaio.[18]L’NOx termico può essere catturato usando uno qualsiasi dei mezzi tradizionali. Solitamente esso viene ridotto migliorando la progettazione del bruciatore e fornendo un buon mix di gas di pre-combustione. L’NOx che si genera dal passaggio dell’azoto attraverso l’arco può essere ridotto diminuendo la quantità di azoto disponibile nel forno. Ciò si può raggiungere tenendo chiuse le aperture del forno e la porta della scoria ogni volta che è possibile.Molte operazioni iniettano ossigeno attraverso la porta consentendo l’ingresso di un gran volume d’aria nel forno. Questo si può ridurre inserendo uno scudo vicino alla porta o catene sospese vicino all’apertura. La pratica con scoria schiumosa può essere benefica perché, con l’espansione che ne consegue, l’apertura viene parzialmente ostruita. Dato che, inoltre, la schiuma aiuta a coprire l’arco, è più difficile per l’azoto passare attraverso l’arco ed essere ionizzato.L’NOx termico si forma anche nel condotto raffreddato ad acqua dopo la combustione dell’aria quando i materiali combustibili bruciano con l’ossigeno che è entrato nella condotta con l’aria di combustione. Se tutto il materiale combustibile brucia velocemente la temperatura del gas raggiungerà un livello a cui si forma NOx

termico. Un’opzione che si sta ora prendendo in considerazione è limitare l’intervallo di combustione in qualche modo e fornire aria di combustione in vari punti dello scorrimento a valle del condotto raffreddato ad acqua attraverso iniettori. In questo modo la combustione avrà luogo lungo i primi due terzi del condotto raffreddato ad acqua ed eviterà il raggiungimento delle temperature associate con la generazione di NOx termico.

4.6.5. VOC

La maggior parte dei mix dei rottami contengono composti organici. Quando i rottami vengono caricati nel forno alcuni di questi composti organici bruciano contribuendo al pennacchio di caricamento. Nella maggior parte dei casi i materiali organici bruciano per cinque – dieci minuti. Se non c’è abbastanza ossigeno disponibile per la combustione questi idrocarburi, si presenteranno al sistema di uscita del gas dove possono o meno venire combusti. Le emissioni totali di idrocarburi sembrano essere collegate alla quantità di cloro nell’EAF.[20]Il pre-riscaldamento dei rottami tende a produrre emissioni maggiori di idrocarburi perché la temperatura che si raggiunge non è sufficiente per la loro combustione e di conseguenza si presentano al sistema di uscita del gas. Il metodo migliore per ridurre

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i VOC dalle operazioni dell’EAF è o distruggerli o limitare la quantità che entra nell’operazione.Se i bruciatori funzionano con un eccesso di ossigeno durante il periodo di evaporazione è possibile bruciare la maggior parte dei composti organici entro il forno. Questo è un bene perché parte del calore viene trasferito ai rottami aiutando così le operazioni di fusione e inoltre il carico di calore risultante nei gas in uscita è più basso.Alcune operazioni degli EAF cercano di limitare la quantità di rottami oleosi che sono caricati nel forno. Nel caso di rottami provenienti da torniture ed alesature è particolarmente utile lavarli per rimuovere parte dell’olio e del grasso.Alcuni processi utilizzano il pre-riscaldamento dei rottami seguito da una camera di post-combustione per distruggere qualsiasi VOC. Ciò richiede spazi e macchinari supplementari, aumentando i costi di funzionamento, ma assicura che le emissioni del VOC siano tenute al minimo.

4.6.6. Diossine

Le diossine ed i furani rappresentano un grosso problema nel processo di incenerimento. Essi sono sottoprodotti della combustione e la prevenzione di queste emissioni dipende fortemente dal controllo del processo di combustione. Il termine diossine si riferisce in generale a 17 specifici affini della diossina e dei furani che sono estremamente tossici (il più pericoloso dei quali è la tetracloro-dibenzo-p-diossina, vedi Fig.4-9).

Figura 4-9 Struttura della tetracloro-dibenzo-p-diossina.

A questi composti ci si riferisce collettivamente come diossine e le regolazioni sono specificate come un equivalente tossico (TEQ) della tetracloro-dibenzo-p-diossina (TCDD). Solo da poco le emissioni di diossina, nelle operazioni di fabbricazione dell’acciaio, sono monitorate in Europa. Le diossine sono idrocarburi ciclici che si formano nei processi di combustione, non hanno nessun uso tecnico conosciuto e non sono prodotte intenzionalmente. Si formano in piccole quantità durante alcuni processi chimici e durante la combustione dei carburanti, specialmente dei materiali che contengono materiali al cloro. Le diossine si formano alla fine delle operazioni di incenerimento (ad una temperatura di circa 500°C) mentre i gas della canna fumaria sono raffreddati. Ciò succede di solito nell’arco di temperatura tra i 250 e i 400°C attraverso reazioni tra ossigeno, acqua, gas cloridrico e prodotti di combustione incompleta.

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In studi relativi alla formazione di diossine è stato trovato che diversi fattori influenzano tali reazioni. Alte concentrazioni di carbonio, che agisce come un assorbente per i composti precursori della formazione della diossina, e di cloro, che viene inibito dal vapore acqueo, favoriscono la formazione della diossina. Il rame agisce come un forte catalizzatore per la formazione di diossina e l’introduzione di Al2O3 ne aumenta l’efficacia. Fe, Zn, Mn, e Cu, insieme con i loro ossidi, aiutano a catalizzare la formazione di diossina. L’iniezione di ammoniaca nella corrente di gas in uscita aiuta ad inibire la formazione di diossina. Il carbone attivo può essere usato per eliminare le diossine dal flusso di gas.Dalle informazioni precedenti è evidente che i componenti del gas in uscita nell’EAF sono ideali per la formazione delle diossine. Nel materiale pubblicato da MEFOS è stato mostrato che il maggiore contributo alle diossine nella fusione dell’acciaio dei rottami veniva dai rottami ricoperti di PVC seguiti dai rottami oleosi.[20] È stato anche trovato che le emissioni di diossine dalla camera dei filtri andavano dal 20 al 60% della concentrazione del flusso di gas in uscita. Ciò indica che le diossine venivano catturate nella camera dei filtri ed una ricerca indica che il 20-30% delle diossine sono legate al particolato.[21] Il documento svedese conclude che i seguenti fattori possono ridurre le emissioni di diossina: la selezione e il pretrattamento dei rottami, la post-combustione dei materiali organici nel forno e l’iniezione del materiale assorbente nel gas in uscita.[20]Test condotti da diversi fabbricanti europei di acciaio hanno indicato che la formazione della diossina può essere controllata abbassando rapidamente la temperatura del gas di scarico uscendo così dall’intervallo di temperatura in cui si ha la formazione di diossina. In queste operazioni il gas in uscita è raffreddato rapidamente da circa 800°C (1470°C) a meno di 300°C (570°F) usando acqua vaporizzata. È stato dimostrato che questo limita le emissioni di diossina a 0,1-0,2 ng/Nm3 TEQ. Per la maggior parte dei sistemi DES ciò implicherebbe il raffreddamento per vaporizzazione del gas in uscita seguendo la porzione del condotto raffreddata ad acqua del sistema. Questo non dovrebbe porre problemi per il funzionamento del sistema fintanto che la quantità di raffreddamento per vaporizzazione non crea problemi di temperatura di condensazione nella camera dei filtri.

4.7. Conclusioni

I sistemi dei fumi del forno ad arco elettrico si sono evoluti notevolmente da sistemi molto semplici intesi a migliorare l’ambiente di lavoro intorno al forno a sistemi sofisticati che mirano a controllare non solo l’emissione di particolato ma anche il controllo dei gas tossici. I moderni sistemi dei fumi sono ora progettati per minimizzare la formazione di tali gas e per assicurare che gli altri vengano distrutti prima di uscire dal sistema.Con le restrizioni ambientali più severe che ci si aspetta nel futuro, è probabile che le operazioni del forno elettrico dovranno tener conto delle esigenze ambientali in misura sempre superiore. Una varietà di fattori influenzerà i costi ed i processi necessari per mantenere la produzione ed attenersi alle normative.Senza dubbio uno dei metodi più economici è prevenire prima di tutto la presenza di composti che possono generare gas nocivi, infatti la cattura ed il trattamento degli inquinanti è un modo costoso di gestire il problema. Naturalmente restrizioni più severe dei materiali di alimentazione del forno avranno un’influenza sulla

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produttività ed i costi di funzionamento. Diventerà necessario soppesare le considerazioni ambientali con preoccupazioni di funzionamento per trovare un equilibrio ottimale che permetta di avere bassi costi di produzione dell’acciaio venendo nello stesso tempo incontro alle richieste sulle emissioni. Ciò significa che dobbiamo integrare le considerazioni ambientali nella progettazione di un EAF per arrivare ad una produzione d’acciaio a basso costo e rispettosa dell’ambiente.

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5. MATERIE PRIME, FONDENTI E ADDITIVI

5.1. Materie prime

Le principali materie prime per la fabbricazione dell’acciaio EAF sono i rottami. Essi sono un prodotto di valore, ad uso intensivo di energia e provengono da tre fonti principali: rottami di recupero (conosciuti anche come rottami obsoleti) che vengono ottenuti da vecchie auto, edifici demoliti, macchinari scartati ed oggetti domestici; rottami industriali (conosciuti anche come rottami pronti) che sono generati dalle industrie che utilizzano l’acciaio nei loro processi manifatturieri; rottami regrediti (conosciuti anche come rottami casalinghi) che si ottengono dai processi di fabbricazione dell’acciaio e di formazione (per esempio le estremità di spuntatura da operazioni di laminatura, perdite metalliche nella scoria, ecc.). Le ultime due forme di rottami tendono ad essere pulite, cioè sono vicine come composizione chimica alla composizione desiderata dell’acciaio fuso e perciò sono ideali per il riciclo. I rottami di recupero hanno invece una composizione molto variabile e spesso contengono contaminanti che non sono desiderabili per la produzione di acciaio. I livelli di elementi residui come Cu, Sn, Ni, Cr e Mo sono alti nei rottami obsoleti e possono influenzare le operazioni di fusione e la qualità del prodotto se non sono diluiti. In questo modo un impianto che deve produrre acciaio con livelli residui molto bassi sarà costretto ad usare rottami pronti di qualità più alta ma ad un costo molto maggiore. L’alternativa è usare una combinazione dei rottami obsoleti con quelli che di solito sono chiamati unità di ferro pulito o unità di ferro vergine che contengono poco o nessun elemento residuo. Le unità di ferro pulito si presentano sotto forma di ferro a riduzione diretta (DRI), di ferro agglomerato a caldo (HBI), di carburo di ferro, di ghisa di prima fusione e di ghisa di prima fusione sciolta (metallo caldo). È possibile usare rottami di grado inferiore, se la mescolanza tra questi e unità di ferro pulito dà livelli risultanti nell’acciaio confrontabili con i requisiti per i prodotti laminati piatti. Siccome c’è maggior disponibilità di rottami obsoleti rispetto a quelli pronti, l’uso di ferro pulito è destinato ad aumentare, mentre la carenza di rottami pronti continua a crescere.Oltre alla classificazione dei rottami nei tre gruppi presentati sopra, i rottami sono classificati anche in base alla dimensione fisica, alla fonte ed il modo in cui sono preparati In aggiunta agli elementi residui contenuti nei rottami ci sono anche altri componenti indesiderabili che includono l’olio, il grasso, i rivestimenti di vernice, i rivestimenti di zinco, l’acqua, il materiale ossidato e lo sporco. Più basso il grado dei rottami, più è probabile che contengano alte quantità di questi materiali. Come risultato questi rottami possono essere venduti a prezzo più basso, ma la produzione di acciaio liquido può essere notevolmente più bassa di quella ottenuta usando rottami di grado più alto. Inoltre questi componenti indesiderabili possono dar luogo a maggiori richieste di energia e a problemi ambientali superiori. Per tali motivi la decisione sul mix di rottami da usare in una particolare operazione dipenderà spesso da diversi

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fattori che includono la disponibilità, il costo dei rottami, i costi di fusione, la resa e l’effetto sulle operazioni (basato sulla densità dei rottami, il contenuto d’olio e grasso, ecc.).

5.2. Fondenti ed additivi

Il carbonio è essenziale per la produzione dell’acciaio, è uno degli elementi chiave che danno ai vari tipi d’acciaio le loro proprietà. Esso è importante anche nelle operazioni di raffinazione e può fornire livelli di energia paragonabili con quella richiesta dalle operazioni di fusione. Nella fabbricazione dell’acciaio BOF il carbonio è presente nel metallo caldo che è prodotto nell’altoforno, in quella dell’acciaio a forno elettrico basse percentuali di carbonio saranno contenute nell’alimentazione dei rottami, nel DRI, nel HBI o in altre alimentazioni di ferro alternative. La quantità di carbonio contenuta in questo caso sarà considerevolmente inferiore a quella contenuta nel metallo caldo e solitamente si aggiunge del carbonio aggiuntivo per compensare questa carenza. Nel passato il carbonio era caricato nel forno per assicurare che il livello di carbonio disciolto all’interno fosse superiore a quello desiderato nel prodotto finale. Poiché l’utilizzo d’ossigeno negli EAF sta aumentando, le recenti progettazioni tendono a richiedere più carbonio. La reazione del carbonio con l’ossigeno nel bagno per produrre monossido di carbonio, porta un significativo aumento di energia ed ha portato a riduzioni sostanziali nel consumo d’energia elettrica. La generazione di CO è anche importante per raggiungere basse concentrazioni di gas dissolti (azoto e idrogeno) nell’acciaio in quanto questi sono espulsi con il monossido di carbonio. Le inclusioni di ossido sono eliminate dall’acciaio attraverso la scoria. Anche l’iniezione dell’ossigeno, che causa l’ossidazione del ferro, e l’azione dei bruciatori, che ossidano i rottami, contribuiscono alla presenza degli ossidi nella scoria. Il carbonio sciolto nell’acciaio reagirà con FeO all’interfaccia scoria/bagno per produrre CO con conseguente aumento di ferro nel bagno.La quantità di carbonio di carica dipende da diversi fattori che includono il contenuto di carbonio dell’alimentazione di scoria, il consumo di ossigeno introdotto, il carbonio di colata desiderato e l’economia del ferro prodotto in funzione del costo del carbonio. In generale, la quantità usata corrisponderà all’equilibrio carbonio/ossigeno avendo come obiettivo la massimizzazione della resa del ferro.I tipici tassi di carica del carbonio per la produzione di acciaio a medio carbonio si trovano nell’intervallo di 2-12 kg per tonnellata di acciaio liquido. Di solito i tre tipi di materiale carbonioso usato come carbonio di carica nelle operazioni EAF sono il carbone antracite, il coke metallurgico e il petroleum coke.La maggior parte del carbone antracite usato nelle operazioni di fabbricazione dell’acciaio nordamericano è estratta nella Pennsylvania orientale. Questo materiale ha una composizione generale di 3-8% di umidità, 11-18% di contenuto di ceneri e 0,4-0,7 di zolfo. L’ampio intervallo nel contenuto di ceneri (costituita principalmente da silice) si traduce in ampie variazioni nel contenuto fisso di carbonio ed in generale le operazioni EAF cercano di tenere il contenuto di ceneri al minimo. In questo modo un aumentato utilizzo di ceneri nell’EAF richiederà aggiunta supplementare di calce per mantenere il tasso V desiderato nella scoria. I migliori tipi di carbone antracite hanno contenuti di carbonio fissi dell’87-89%, mentre quelli di basso grado raggiungono livelli del 50%. Il carbone antracite è disponibile in un’ampia varietà di misure che vanno da 4 × 8 in. a 3/64 in. × 100. Le misure più popolari per l’uso come

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carica di carbonio sono nut, “noce” (1 5/8 × 13/16 in.), pea, “pisello” (13/16 × 9/16 in.), e buckwheat, grano saraceno (9/16 × 5/16 in.).Il coke metallurgico viene utilizzato principalmente nelle operazioni integrate dell’acciaio ed è usato nell’altoforno. Un po’ di coke, comunque, viene usato come carbonio di carica dell’EAF. Generalmente questo materiale ha una composizione dell’1-2% di contenuto di umidità, 1-3,5% di materiale volatile, 86-88% di carbonio fisso, 9-12% di contenuto di ceneri e 0,88-1,2% di zolfo. Di solito la scoria di coke con una misura di – 1 / 2 × 0 viene usata come carbonio di carica. Si possono usare materiali più grossolani, ma sono più costosi.Il green petroleum coke è un sottoprodotto della lavorazione del petrolio grezzo. Le sue proprietà e composizione variano notevolmente e dipendono dal petrolio usato come materiale d’alimentazione dal quale è derivato. Nelle operazioni commerciali si usano diversi processi di produzione di coke e queste produrranno coke molto diversi tra loro.Il coke spugnoso deriva da operazioni ritardate ed è di natura porosa. Può essere usato come carburante o essere lavorato in elettrodi o anodi a seconda del contenuto di zolfo e dei livelli di impurità. Questo materiale è a volte disponibile come carbonio di carica.Il needle coke è prodotto usando una speciale applicazione del processo ritardato di conversione del coke. È formato da materiali di alimentazione di alto grado ed è l’ingrediente principale per la produzione di elettrodi di carbonio e grafite. Questo materiale di solito è troppo costoso perché sia usato come carbonio di carica.Il coke a graniglia è un materiale duro, ciottoloso che deriva da operazioni ritardate del produttore di coke in condizioni che minimizzano la generazione di sottoprodotto del coke. Di solito viene usato come carburante ed è competitivo nei costi come carbonio di carica.Il coke fluido è prodotto da coke fluido vaporizzando il residuo su particelle di coke caldo. Di solito ha un alto contenuto di zolfo ed è usato nei forni di cottura ad anodo. Può anche essere usato come ricarburatore se è calcinato.Nell’ultimo decennio molte operazioni hanno adottato pratiche con scoria schiumosa. All’inizio della fusione l’irradiazione dall’arco alle pareti laterali è trascurabile, mentre gli elettrodi sono circondati dai rottami. Con il procedere della fusione, l’efficienza del trasferimento del calore ai rottami ed al bagno diminuisce e più calore viene irradiato dall’arco alle pareti laterali. Coprendo l’arco con uno strato di scoria, esso è schermato e l’energia è trasferita al bagno. L’ossigeno è iniettato con il carbonio per far schiumare la scoria producendo gas CO. In altri casi invece si inietta solo carbonio che reagisce con l’FeO nella scoria per produrre CO. Una volta che ha prodotto schiuma, la copertura di scoria aumenta da uno spessore di 10 ad uno di 30 cm.[22] In alcuni casi la scoria produce così tanta schiuma che esce dalle aperture degli elettrodi. I valori dell’efficienza ottenuti arrivano così ad un 60-90%, ben superiori al 40% ottenibile con operazioni senza schiumatura.[23,24] È stato riferito che almeno lo 0,3% del carbonio dovrebbe essere rimosso dal bagno usando ossigeno per raggiungere una buona pratica di scoria schiumosa.[25]L’efficacia della schiumatura della scoria dipende da diversi parametri di processo come descritto nella sezione sulle tecnologie del forno. Tassi tipici di iniezione di carbonio per la schiumatura della scoria sono 2-5 kg per tonnellata di acciaio liquido per forni a bassa a media energia. I forni ad alta energia ed i forni a corrente continua tenderanno ad usare 5-10 kg di carbonio per tonnellata di acciaio liquido. Ciò è dovuto al fatto che la lunghezza dell’arco è maggiore rispetto alle operazioni a

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corrente alternata a bassa energia e perciò serve più copertura della scoria per coprire l’arco.La calce è il fondente più comune usato nelle moderne operazioni EAF. La maggior parte delle operazioni ora usa materiali refrattari basici e come risultato il fabbricante d’acciaio deve mantenere una scoria basica nel forno per minimizzare il consumo del materiali refrattario. È stato anche dimostrato che la basicità della scoria ha un effetto significativo sulle capacità di formazione di schiuma. In questo modo la calce tende ad essere aggiunta sia nel carico che attraverso l’iniezione direttamente nel forno. Le pratiche di aggiunta di calce possono cambiare notevolmente a causa di variazioni nella composizione dei rottami.Durante l’ossidazione degli elementi nel bagno (per esempio P, Al, Si, Mn) si avrà la formazione di acidi alla scoria. Si devono perciò aggiungere componenti basici per compensare questi contributi. Infatti, se si permette ai livelli di silice di aumentare troppo, si verificherà un’erosione significativa del materiale refrattario.I livelli di FeO nella scoria aumenteranno perché FeO ha una maggiore solubilità nelle scorie con più silice. Ciò può portare a maggiori perdite di resa nell’EAF. La generazione di scoria permette la rimozione dall’acciaio di questi materiali, che sono stati estratti dal bagno facendo uscire la scoria attraverso la porta che è collocata nel retro dell’EAF. Questo processo è conosciuto come scorificazione.Se la scoria non è rimossa ma le viene invece permesso di trasferirsi alla siviera è possibile un suo ritorno. Ciò succede quando gli ossidi di metallo sono ridotti fuori dalla scoria per la presenza metallo più reattivo. Quando l’acciaio viene colato, si procede alla sua neutralizzazione aggiungendo silicio o alluminio durante la colata. Lo scopo di queste aggiunte è di abbassare il contenuto di ossigeno nell’acciaio. Se comunque il P2O5 è trasportato alla siviera, è possibile che reagisca con le aggiunte di leghe producendo silice o allumina e fosforo che tornerà in soluzione nell’acciaio.A volte si aggiunge calce di magnesio o pura, MgO, o come un misto di MgO e CaO, perché, essendo i materiali refrattari basici prevalentemente composti di MgO, aggiungendo una piccola quantità di MgO al forno la scoria può rapidamente saturarsi di MgO ed in questo modo è probabile che si verifichi meno erosione del materiale refrattario.

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6. TECNOLOGIA DEL FORNO ELETTRICO

I miglioramenti apportati ai forni negli ultimi 20 anni sono molteplici. Sono passati i giorni in cui l’energia elettrica era l’unico strumento per fondere i rottami e i tempi da colata a colata erano nell’ordine di 3-8 ore.[26] Con i progressi della tecnologia è ora possibile produrre una fusione in meno di un’ora con consumi di energia elettrica nell’ordine di 380-400 kWh/ton.[23] Il forno elettrico si è evoluto in una macchina di fusione veloce e a basso costo in cui la filosofia dominante è la massima produttività ai costi minori.Le innovazioni che hanno aiutato a raggiungere i tassi più alti di produzione, comprendono i bruciatori ossigeno-combustibile, il lancio di ossigeno, l’iniezione di carbonio/calce, le pratiche con scoria schiumosa, la post-combustione nel freeboard dell’EAF, il rimescolamento del bagno dell’EAF, la diversificazione della fornitura dell’energia elettrica (reattori in serie, ecc.), i bracci degli elettrodi che conducono la corrente, la tecnologia del forno a corrente continua e altre tecnologie di processo innovative (pre-riscaldamento dei rottami, il caricamento continuo ecc…).

6.1. Uso dell’ossigeno nell’EAF

Gran parte dell’incremento di produttività raggiunto negli scorsi 10-15 anni è collegata all’uso dell’ossigeno. Le reazioni esotermiche sono state usate per sostituire una parte sostanziale dell’input energetico nell’EAF. Mentre, solo 10 anni fa, l’uso dell’ossigeno di 9 Nm3/ton (300 scf/ton) era considerato ordinario, ora alcune operazioni impiegano 40 Nm3/ton (1300 scf/ton) per il lancio [27,28] e con la post-combustione si arriva a 70 Nm3/ton (2500 scf/ton). Nel bilancio di un forno elettrico è ora comune che il 30-40% dell’energia in ingresso venga dai bruciatori ossigeno-combustibile e dal lancio dell’ossigeno.[23,28]All’inizio degli anni ’80 più dell’80% degli EAF in Giappone impiegava bruciatori ossigeno-combustibile, mentre in Nord America tale percentuale era solo del 24% nel 1990. [23,29] Da allora gran parte degli stabilimenti americani ha aumentato i livelli di ossigeno nei loro forni per accrescere la produttività e diminuire il consumo di energia elettrica.Nella maggior parte delle nuove installazioni EAF è normale avere alti livelli di ossigeno in ingresso. Il rapporto sul forno ad arco elettrico IISI del 1990 indica che le operazioni EAF più avanzate usano almeno 22 Nm3/ton (770 scf/ton) di ossigeno, il che corrisponde al 20-32% dell’input totale di energia nelle operazioni dei forni tradizionali.[18] Questo valore è aumentato con l’uso di fonti di ferro alternative nell’EAF, molte delle quali contengono contenuti elevati di carbonio (1-3%). In alcuni casi l’energia elettrica dà conto di meno del 50% della richiesta totale di energia per la fabbricazione dell’acciaio.Uno dei migliori esempi di aumento progressivo nell’uso dell’ossigeno in un EAF è l’operazione del reparto di fusione presso la Badische Stahlwerke (BSW). Tra il 1978 ed il 1990 l’uso dell’ossigeno è aumentato da 9 Nm3/ton a quasi 27 Nm3/ton, la produttività è passata da 32 tonnellate l’ora a 85 tonnellate l’ora mentre il consumo

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di energia è diminuito da 494 kWh/ton a 357 kWh/ton.[30] Durante questo periodo la BSW ha sviluppato il suo manipolatore per l’iniezione automatica di ossigeno e carbonio e nel 1993 ha installato il sistema di post-combustione ALARC, sviluppato da Air Liquide, portando il consumo di ossigeno nel forno a 41,5 Nm3/ton. La richiesta di energia è scesa ulteriormente a 315 kWh/ton con un tempo da colata a colata di 48 minuti. Questa operazione è stata davvero pionieristica nel progressivo aumento di energia chimica negli EAF.

6.2. Applicazione del bruciatore ossigeno-combustibile nell’EAF

I bruciatori ossigeno-combustibile sono parte integrante dei forni ad arco elettrici in molte parti del mondo. Il loro primo utilizzo consisteva nel fondere i rottami collocati vicino alla porta della scoria, dove il riscaldamento dell’arco era piuttosto inefficiente. Con l’aumento dei livelli di energia introdotti nel forno, i bruciatori sono stati installati per migliorare la fusione nei punti freddi nelle operazioni UHP. Ciò ha garantito uno scioglimento del metallo più uniforme ed ha diminuito il tempo necessario a raggiungere un bagno piatto. Si sono così ottenuti aumenti della produttività nell’ordine del 5-20%, come riportato da vari costruttori.[22,31-33]Negli ultimi anni i bruciatori ossigeno-combustibile hanno assunto in grande interesse a causa dell’aumento del costo degli elettrodi e dell’elettricità e del fatto che il gas naturale rappresenta una fonte di energia molto economica. La Fig.6-1 mostra i bruciatori ossigeno-combustibile in funzione in un EAF.

Figura 6-1 Bruciatori ossigeno-combustibile in un forno EAF.

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Solitamente questi sono collocati nella porta della scoria, nella parete laterale o nella volta. I bruciatori della porta della scoria sono usati per forni di dimensioni medio-piccole in cui un singolo bruciatore è sufficiente per raggiungere tutti i punti freddi.[22,33] ed hanno il vantaggio di poter essere rimossi facilmente quando non servono.Per forni più grandi tre o quattro bruciatori montati sulla parete laterale sono più efficaci per ottenere un uniforme riscaldamento dell’interno del forno. Essi però sono vulnerabili dall’attacco della scoria, specialmente se si usa la pratica con scoria schiumosa. In tali casi i bruciatori sono montati nella volta e sono alimentati tangenzialmente attraverso i punti freddi del forno.I bruciatori ossigeno-combustibile aiutano la fusione dei rottami trasferendo loro calore. Questo passaggio avviene in tre modi: per convezione forzata, per irradiazione dai prodotti di combustione e per conduzione dal carbonio o dall’ossidazione del metallo e dai rottami ad altri rottami.[33] Il trasferimento del calore avviene principalmente nei primi due modi tranne nel caso in cui i bruciatori sono fatti funzionare con eccesso di ossigeno. Il trasferimento di calore attraverso la convezione e l’irraggiamento sono dipendenti dalla differenza di temperatura tra i rottami e la fiamma e dalla superficie dei rottami esposta al trasferimento del calore. Ne consegue che i bruciatori sono più efficienti all’inizio della fusione, quando i rottami sono freddi, e meno nelle fasi successive, dove si ha la diminuzione della superficie dei rottami in contatto con la fiamma e l’aumento della temperatura interna. In base a tali considerazioni per ottenere efficienze ragionevoli si tende a spegnere i bruciatori dopo che si è completato il 50% della fusione.[23]Un’ulteriore complicazione è rappresentata dal fatto che il riscaldamento dei rottami favorisce la reazione tra il ferro e l’acqua formata dalla combustione con produzione di ossido di ferro e idrogeno. Ciò causa perdite di resa e rende necessaria la combustione dell’idrogeno a valle del sistema d’uscita del gas. Di solito il punto al quale il bruciatore dovrebbe essere spento è regolato in base all’aumento della temperatura del gas in uscita che è indice dell’aumento del calore trattenuto.[33] In altre operazioni è invece la temperatura dei pannelli laterali del forno adiacenti al bruciatore che è usata per monitorare l’efficienza del bruciatore e quando questa scende al di sotto di un punto fissato i bruciatori vengono spenti.[29]Il trasferimento del calore per conduzione si verifica quando l’ossigeno in eccesso reagisce con il materiale caricato. Se quest’ultimo è composto da percentuali elevate di ferro o leghe, allora la resa risulta bassa e quindi un’accurata scelta dei rottami influenza tutto il processo. In ogni modo nel periodo immediatamente successivo al caricamento, quando i materiali volatili e combustibili nei rottami evaporano, è utile dell’ossigeno supplementare perché favorisce la combustione di queste sostanze dentro il forno con generazione di calore supplementare per i rottami. Quest’accorgimento facilita il compito del sistema dei gas in uscita, in quanto la quantità del calore da rimuovere a valle sarà minore. La Fig.6-2 stima in 0,133 MW la potenza che dovrebbe essere fornita dai bruciatori per tonnellata di capacità del forno.[34]

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Figura 6-2 Potenza del bruciatore ossigeno-combustibile in funzione della capacità del forno.

Altri testi raccomandano un minimo di 30 kWh/ton per eliminare i punti freddi in un forno UHP e 55-90 kWh/ton l’energia del bruciatore per forni a bassa potenza.[23]La Empco ha sviluppato uno speciale bruciatore/lancia (Fig.1-15) che ha la capacità di seguire il livello dei rottami mentre questi si sciolgono. Questo strumento è simile ad una progettazione BOF (raffreddato ad acqua) ed è capace di operare a livelli d’ossigeno che vanno da quello contenuto nel gas naturale fino al solo ossigeno per la decarburazione. La lancia è a forma di banana e, come detto, segue i rottami mentre fondono: in questo modo si possono mantenere alte efficienze di trasferimento del calore, nell’ordine del 65-70%, per un periodo più lungo di tempo.[24] L’efficienza della sola Unilancia arriva al 65-70% [35, mentre uno studio condotto dalla Air Liquide ha stimato risparmi energetici del 64-80%. Tale range è stato confermato da Krupp che riporta un valore del 78% [36] e dà anche un’indicazione del perché tali alte efficienze siano raggiunte quando si mira solo alla sostituzione di energia. Secondo Krupp un aumento di un minuto nel tempo di fusione corrisponde ad un aumento nel consumo di energia di 2 kWh/ton. In questo modo la diminuzione nel tempo da colata a colata deve essere presa in considerazione quando si calcola l’efficienza dei bruciatori, che in ogni caso sta nell’intervallo del 45-65%. Ciò è sostenuto dai calcoli teorici della Danieli che indicano che solo il 20-30% dell’energia dei bruciatori andava ai rottami, il 40-60% del calore andava al gas in uscita ed il resto era ceduto ai pannelli del forno raffreddati ad acqua [37].La Fig.6-3, basata su reali misure del gas in uscita, mostra l’efficienza del bruciatore come una funzione del tempo di funzionamento.[34]

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Figura 6-3 Efficienza del bruciatore ossigeno-combustibile in funzione del tempo di fusione

Si nota che l’andamento scende rapidamente dopo il 40-50% del tempo di fusione e già entro il 60% il valore è calato a meno del 30%. È evidente che un’efficienza cumulativa del 50-60% è raggiunta nella prima metà del periodo di fusione e diminuisce rapidamente in seguito. La conseguenza è che nella pratica con caricamento a tre secchi, si suole far funzionare i bruciatori per due terzi della prima fusione, metà della seconda ed un terzo della terza, mentre nelle operazioni con un solo carico dalla parte posteriore, i bruciatori sono di solito fatti funzionare per il 50% di ogni fase di fusione.[32]La quantità di energia in ingresso nel forno influenza l’aumento del volume dei gas in uscita e il loro contenuto calorico. Ne consegue che per un forno a bassa energia (alto tempo da colata a colata) l’input totale del bruciatore all’EAF può essere nell’ordine di 80-100 kWh/ton, ma l’effetto netto dei requisiti di evacuazione del gas cambia molto dato che i bruciatori funzionano per un periodo di tempo più lungo. In modo analogo in un forno ad alta energia, a causa del breve tempo da colata a colata, il tasso d’input del bruciatore può essere piuttosto alto, anche se questi forniscono solo 30 kWh/ton al forno. Bender stima che i tassi di scorrimento dei gas in uscita possano crescere di un fattore di 1,5 ed il carico di calore dei gas in uscita di un fattore del 2,5 per un’operazione con bruciatori ed alti tassi di lancia ad ossigeno.[37]

6.3. Applicazione del lancio di ossigeno nell’EAF

Gran parte dei miglioramenti di produttività nel forno a letto di fusione aperto e nel BOF sono stati possibili grazie all’utilizzo dell’ossigeno come carburante per le reazioni esotermiche. Mentre in precedenza questo gas era utilizzato principalmente solo per la decarburazione nell’EAF ai livelli di 3-8 Nm3 per tonnellata (96-250 scf/ton) [23,32], nelle moderne operazioni una quantità compresa tra il 10 ed il 30% delle energia totale viene fornita attraverso reazioni esotermiche del bagno.[23,24,28,38,29] Ad esempio in un forno UHP il consumo medio di ossigeno è

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nell’ordine di 18-27 Nm3/ton (640-960 scf/ton).[28] Questa pratica è molto più diffusa in Giappone ed in Europa dove i costi dell’elettricità sono più maggiori rispetto agli impianti americani. L’iniezione di ossigeno garantisce livelli energetici molto alti: un tasso di lancio di 30 Nm3/min. (1050 scfm) è equivalente a 11 MW che scaturiscono dalla reazione di combustione del C a CO.[23] Le lance di ossigeno possono essere di due tipi: raffreddate ad acqua oppure consumabili.Le prime sono di solito usate per la decarburazione oppure, in misura minore, per il taglio dei rottami. Generalmente sono montate su una piattaforma che penetra nel forno attraverso un pannello della parete e non entrano effettivamente nel bagno ma nello strato di scoria.Le lance consumabili sono invece progettate per penetrare nel bagno o nello strato della scoria. Queste sono composte da un condotto che si scioglie a contatto con il metallo fuso e che viene regolato mentre si brucia per dare una sufficiente lunghezza di lavoro. Le prime lance erano fatte funzionare manualmente attraverso la porta della scoria. La Badische Stahl Engineering ha sviluppato un manipolatore robotizzato per automatizzare il processo che viene usato per controllare due lance automaticamente.[22] Altri tipi di manipolatori sono stati sviluppati di recente ed hanno ora la capacità di iniettare carbonio e calce per far schiumare la scoria contemporaneamente al lancio di ossigeno. Lo svantaggio maggiore del lancio attraverso la porta della scoria è che può aumentare l’infiltrazione d’aria nel forno del 100-200% Ciò non solo ha un impatto negativo sulla produttività del forno, ma aumenta anche notevolmente i requisiti del sistema di evacuazione dei gas in uscita. Se, infatti, il dimensionamento del sistema dei fumi non è adeguato, non tutto il fumo è catturato ed una quantità significativa esce dal forno al reparto portando le condizioni dell’ambiente di lavoro a livelli inaccettabili. Per risolvere tale problema si preferisce inserire la lancia attraverso la parete laterale del forno come mostrato nella Fig.6-4.I risparmi di energia dovuti al lancio d’ossigeno derivano da entrambe le reazioni esotermiche (ossidazione di carbonio e ferro) e dal rimescolamento del bagno che porta ad un’omogeneità di temperatura e di composizione del bagno. Il taglio dei rottami produce ferro liquido, ossido di ferro e calore che è trattenuto nel bagno. Gli input teorici di energia per le reazioni d’ossigeno nel bagno sono i seguenti [23]:

Fe + ½ O2 FeO, energia = 6.0 kWh/Nm3 O2 6-1)

C + ½ O2 CO, energia = 2.8 kWh/Nm3 O2 6-2)

E’ evidente che molta più energia è disponibile se il ferro viene bruciato per produrre FeO, bisogna però fare attenzione che ciò avviene a scapito della produttività.Diversi studi hanno mostrato che l’uso ottimale di ossigeno per le operazioni convenzionali di lancio è nell’ordine di 30-40 Nm3/ton (1000-1250 scf/ton).[27] Sopra questo livello le perdite nella resa sono eccessive e l’aggiunta non è più economica. Risultati di funzionamento hanno dato valori di sostituzione d’energia per l’ossigeno nell’ordine di 2-4 kWh/ Nm3 O2 (0,056-0,125 kWh/scf O2), con una media di 3,5 kWh/ Nm3 O2 (0,1 kWh/scf O2).[24,27,28,31,32,32,40,41]. Altri studi hanno dimostrato che la resa d’ossigeno (ossia la quantità che reagisce con il carbonio) è nell’ordine del 70-80% [34,41] avvalorando l’ipotesi che sia il carbonio che il ferro reagiscono con esso.

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Figura 6-4 Introduzione della lancia ad ossigeno nella parete laterale del forno.

Analizzando le diverse fasi del processo si è stabilito che durante le operazioni di taglio dei rottami, l’ossigeno reagisce primariamente con il ferro e solo più tardi, quando si è formata una pozza fusa, l’FeO viene ridotto fuori dalla scoria dal carbonio nel bagno. In questo modo si ha produzione di CO a partire dall’ossigeno lanciato. Basandosi sulle informazioni citate nella sezione precedente ci si può aspettare che per ogni Nm3 di ossigeno introdotto, 0,75 Nm3 reagiscano con il

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carbonio per produrre 1,5 Nm3 di CO (basato sul valore medio di sostituzione dell’energia di 3,5 kWh/Nm3 O2). Se, in aggiunta, l’effetto di rimescolamento del lancio porta il carbonio del bagno o quello iniettato in contatto con FeO nella scoria, si può avere una quantità persino maggiore di CO. La validità di tali ipotesi è sostenuta dai dati che indicano un’efficienza di decarburazione superiore al 100%. In questo modo si ottengono valori di decarburazione fino a 2,5 Nm3 di CO per ogni Nm3 d’ossigeno iniettato. Tipici tassi di ossigeno sono nell’ordine di 30-100 Nm3/min. (1000-3500 scfm) e sono di solito limitati dalle prestazioni del sistema di evacuazione dei fumi del quarto buco. Tassi raccomandati della lancia, per diverse misure del forno, sono mostrati nella Fig.6-5 ed indicano valori di circa 0,78-0,85 Nm3/ton di capacità del forno (25-30 scfm/ton).

Figura 6-5 Tasso di lancio raccomandato della lancia in funzione delle dimensioni del forno.

In alcuni recenti processi, in cui i materiali di alimentazione hanno un contenuto di carbonio molto alto, sono richiesti livelli d’ossigeno equivalenti a 0,1 di decarburazione al minuto. In tali casi si raggiungono tassi d’introduzione di 280 Nm3/min (10.000 scfm), simili a quelli delle lance BOF.Gli svantaggi dell’utilizzo di valori così elevati sono l’effetto sul sistema di controllo dei fumi e sulla produzione di NOx. Infatti, i volumi di gas in uscita aumentano notevolmente e la quantità di CO generata è molto maggiore tanto da richiedere una camera di post-combustione nel sistema DES per il loro smaltimento. Il lancio di ossigeno durante la fusione può essere impiegato nelle operazioni che usano un piede liquido nel forno; l’ossigeno è iniettato ad un livello inferiore per far schiumare la scoria. Ciò dà una migliore protezione dell’arco, che porta ad una migliore efficienza elettrica, e garantisce bassi livelli del CO che arriva al sistema d’uscita riducendo così i requisiti di tale sistema.

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Mediamente fino al 10% del CO non bruciato nel forno si presenta al sistema secondario di cattura dei fumi durante la fusione. Operare con la porta della scoria aperta aumenta il volume che deve essere smaltito dal sistema d’evacuazione. Per venire incontro a quest’esigenza le lance d’ossigeno dovrebbero attraversare le pareti del forno più in alto nell’intelaiatura. Un altro fattore da tenere in considerazione è che l’aumentata quantità di azoto nel forno porterà probabilmente ad un aumento del NOx.

6.4. Pratica della scoria schiumosa

Nei recenti anni in varie operazioni EAF si è iniziata ad usare la pratica della scoria schiumosa. Essa era inizialmente associata alle operazioni di fusione DRI in cui FeO e carbonio dal DRI reagivano nel bagno per produrre CO che avrebbe fatto schiumare la scoria.All’inizio della fusione l’irradiamento dall’arco verso le pareti laterali è trascurabile perché gli elettrodi sono circondati dai rottami. Col procedere della fusione l’efficienza del trasferimento del calore alla scoria ed al bagno scende e più calore viene irradiato dall’arco alle pareti laterali. Quando si raggiungono le condizioni di bagno piatto, o ancora prima se si utilizzano le operazioni di hot heel, si effettua la schiumatura della scoria. Tale copertura protegge l’arco e così l’energia è trasferita al bagno come mostrato nella Fig.6-6.

Figura 6-6 Effetto della schiumatura della scoria sull’irradiazione dell’arco.

Per ottenere l’aumento di volume negli strati superiori dei rottami sciolti, si inietta ossigeno e carbonio oppure solo carbonio, il quale reagisce con FeO e produce CO. L’accrescimento porta la copertura della scoria da uno spessore di quattro pollici a dodici pollici.[22] A volte la scoria viene fatta schiumare a tal punto che fuoriesce dalle aperture degli elettrodi.[42] L’aumento di efficienza varia dal 60 al 90% con la schiumatura della scoria paragonata a una del 40% senza.[23,24] (Fig.6-7 e 6-8).

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Figura 6-7 Effetto della schiumatura della scoria sulla perdita di calore verso le pareti laterali del forno.

Figura 6-8 Effetto della copertura della scoria sulla perdita dell’energia in funzione della potenza.

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Per ottenere buoni risultati è stato riportato che almeno lo 0,3 del carbonio dovrebbe essere rimosso usando l’ossigeno.[25]Alcuni dei benefici attribuiti alla scoria schiumosa sono minori perdite di calore verso le pareti laterali, il migliore trasferimento del calore dagli archi all’acciaio consente un tasso più alto di input d’energia, fluttuazioni ridotte di energia e voltaggio, riduzione del rumore elettrico, aumentata lunghezza dell’arco (fino al 100%), senza che aumenti la perdita di calore, e consumo ridotto dell’elettrodo e del materiale refrattario.[4,18,24]Tra i diversi fattori che favoriscono la schiumatura si possono citare: la disponibilità di ossigeno e carbonio, l’aumento di viscosità della scoria, la diminuzione della tensione superficiale, la basicità della scoria > 2,5 e FeO nella scoria al 15-20% per sostenere la reazione.[4,25,43]Le Fig.6-9 e 6-10 dimostrano molti di questi effetti graficamente.

Figura 6-9 Altezza della schiuma della scoria in funzione della basicità della scoria.

L’unico aspetto negativo della pratica con la scoria schiumosa è la grande quantità di CO che viene prodotta nell’EAF. Bender stima che i tassi di flusso dei gas in uscita possano aumentare di un fattore di 1,5 ed il carico di calore del gas in uscita di un fattore del 2,5 in operazioni che prevedono alti tassi di schiumatura della scoria.[37]

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Figura 6-10 Altezza della schiuma della scoria in funzione del tasso di iniezione dell’ossigeno per vari livelli di FeO nella scoria

Solitamente una gran quantità di carbonio è rimossa dal bagno per generare l’input d’energia chimica per l’operazione. Se questo CO deve comunque essere generato, l’operatore fa bene ad assicurarsi che le condizioni della scoria siano tali che la schiumatura si verifichi per beneficiare dalla generazione di CO.

6.5. Post-combustione del CO

Gli anni ‘90 hanno visto i fabbricanti di acciaio ottenere ottimi risultati nell’abbassare i costi di produzione dell’acciaio liquido. Tassi più alti d’input elettrico ed un aumentato consumo di ossigeno e di gas naturale hanno portato a tempi brevi da colata a colata e ad alti quantitativi prodotti. In questo modo le perdite di energia sono minimizzate e fino al 60% dell’input totale finisce nell’acciaio. Ciò non è accaduto senza costi, dato che si richiede ai pannelli ed ai soffitti raffreddati ad acqua di funzionare a quantità di calore sempre maggiori. Tipicamente l’8-10% dell’energia introdotta è ceduta all’acqua di raffreddamento e, essendo le temperature del gas in uscita estremamente alte, si hanno perdite di circa il 20%.Oggi i fabbricanti di acciaio EAF tentano di abbassare ulteriormente i livelli di energia richiesti e hanno iniziato a prendere in considerazione l’utilizzo del calore contenuto nel gas in uscita (ad esempio viene usato per preriscaldare i rottami). Questo consente un recupero del calore sensibile, ma non sfrutta il calore energetico che può rappresentare il 50-60% dell’energia del gas in uscita.

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6.5.1. Introduzione

Genericamente la post-combustione si riferisce alla bruciatura di qualsiasi composto parzialmente combusto. Nelle operazioni EAF sono presenti sia CO che H2. Il primo è prodotto in grandi quantità sia dalle attività di lancio dell’ossigeno e di schiumatura della scoria che dall’uso di ghisa o DRI nel caricamento. Grandi quantità di CO e H2

sono generate all’inizio della fusione quando l’olio, il grasso e altri materiali combustibili, che si trovano dalla superficie dei rottami, bruciano completamente. Test condotti a Vallourec da Air Liquide hanno mostrato come il gas in uscita dal forno poteva contenere quantità notevoli di CO non combusto quando l’ossigeno presente era insufficiente.[44]Il calore della combustione da CO a CO2 è tre volte maggiore di quello da C a CO (per il carbonio dissolto nel bagno), rappresentando una fonte d’energia molto grande. Se il CO viene bruciato nel freeboard, è possibile recuperare calore entro il forno. Studi condotti ad Irsid (Usinor SA) hanno mostrato che il risparmio potenziale di energia è significativo e potrebbe arrivare a 72 kWh/ton.[45] Alcuni dei benefici attesi e delle preoccupazioni a proposito della post-combustione sono riportati nella Tavola 6-1.

Tabella 6-1 Vantaggi e svantaggi della post-combustione

Vantaggi Svantaggi

Diminuzione del calore trasferito ai gas in uscita Aumento del consumo dell'elettrodo

Diminuzione dell'emissioni di CO dal meltshopAumento del calore trasferito ai pannelli

e dalla camera dei filtri e al tettoAumento di calore trasferito dovuto ad aumento Diminuzione della resa metallicadi radiazione dai prodotti di combustioneDiminuzione dell'acqua di raffreddamento richiesta Costi dell'ossigeno aggiuntivoAumento dell'utilizzo dell'energia ricavata dall'ossigeno e dal carbonioRiduzione del consumo di potenza elettricaDiminuzione della emissioni di Nox

Aumento della produttività senza incrementodel sistema di evacuazione

Siccome si adopera più ossigeno per ridurre il consumo elettrico e le regolazioni ambientali limitano le emissioni di CO2, il costruttore deve ricercare il miglior utilizzo possibile di questo gas. Ciò si può raggiungere solo se la maggior parte del CO viene bruciata nel forno.

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Per poter meglio comprendere i risultati presentati, si forniscono le seguenti definizioni:

6-

3)

6-4)

6.5.2. Post-combustione nei forni ad arco elettrico

Sono stati svolti diversi test sulla post-combustione nell’EAF. In alcuni dei processi attuali l’ossigeno è iniettato nel forno sopra la scoria per ottenere la post-combustione del CO prima che entri nel freeboard del forno. La maggior parte di queste prove è stata realizzata sui gas in uscita ed hanno evidenziato che grandi quantità di CO lasciano l’EAF. La Fig.6-11 mostra un tipico sistema di post-combustione in cui l’ossigeno è aggiunto nel freeboard del forno.

Figura 6-11 Iniezione dell’ossigeno di post-combustione sopra la scoria.

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In questo modo i prodotti della combustione entrano direttamente in contatto con i rottami caldi e la maggior parte del trasferimento del calore avviene per irradiamento.La Fig.6-12 mostra l’approccio in cui la post-combustione viene eseguita nella parte bassa del forno o nella scoria stessa.

Figura 6-12 Post-combustione nello strato della scoria.

Il trasferimento del calore viene compiuto attraverso la circolazione delle gocce di scoria e di metallo entro la scoria. L’ossigeno di post-combustione viene introdotto a velocità molto basse ed il trasferimento del calore risulta prevalentemente convettivo.Altri sistemi hanno incorporato l’ossigeno soffiato dal fondo (attraverso ugelli nel letto di fusione del forno) con l’iniezione dell’ossigeno in basso allo stesso.I primi due processi ad impiegare la post-combustione estensiva (K-ES, EOF) adottarono entrambi questo approccio. (si veda in dettaglio il Capitolo 9 sui futuri sviluppi). Alcuni dei risultati ottenuti sono riassunti nella Tabella 6-2 insieme con i loro limiti teorici.Si noti che in molti casi i risparmi di energia hanno raggiunto i livelli di kWh/ton di ossigeno di post-combustione aggiunto. Il limite teorico per la post-combustione del CO alle temperature del bagno (1600°C) è 5,8 kWh/Nm3 di ossigeno. I PCR sono stati calcolati in base all’analisi del gas in uscita presentata in questi riferimenti, mentre l’HTE viene raramente misurato ed è generalmente ricavano in base alla sostituzione di energia elettrica dovuta alla post-combustione. Ciò non rappresenta necessariamente il vero HTE di post-combustione perché l’ossigeno può reagire con composti diversi dal CO.

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Tabella 6-2 Risultati della post-combustione in operazioni basate su rottami

Efficienza HTE PCR KWh/Nm3

Luogo Metodo netta % % O2

Teorica 100% 5.8Acciaierie Venete SpA K-ES 40–50% 80Commonwealth Steel Independent 30%Co LtdFerriere Nord SpA K-ES/DANARC 40% 50+ 72-75 3-4Vallourec Air Liquide 60% 66-71Ovako Steel AB AGA 61% 77-87 4.3Nucor Praxair 80% (con lance) 80 42-75 5.04

60% (con bruciatori) 3.78UES Aldwerke Air Products/ 64% 3.7

IndependentVon Roll(Swiss Steel AG) Air Liquide 2.53Ferriera Valsabbia SpA Air Liquide Burners 1.2-1.6

ALARC PC 3.0-3.5Atlantic Steel Praxair 60-70 3.7-5.13Cascade Steel Air Liquide 2.5-3.0Badische Stahlwerke Air Liquide 64% 83 3.69GmbHCia Siderurgica Pains SA Korf EOF 60% 80-100

6.5.3. Analisi teorica della post-combustione

A causa della dispersione dei valori sopraelencati è necessario discutere l’analisi teorica per leggere i risultati correttamente. Oltre ad essa anche le prove nei trasformatori e nella fonderia possono aiutare a capire meglio le implicazioni della post-combustione.

6.5.3.1. Meccanismi di post-combustione e di trasferimento di calore

Il trasferimento di calore ad una massa di rottami solidi è relativamente efficiente in quanto la superficie del materiale caricato e la differenza di temperatura sono elevate. Il trasferimento al bagno è invece più difficile e sono proposti due metodi.L’interazione tra le gocce di metallo e la scoria si verifica nel processo Hismelt mentre il trasferimento di calore attraverso la fase della scoria avviene nei processi di scoria profonda (DIOS e AISI). Durante la fusione, l’energia di post-combustione viene consumata e non trasferita al bagno attraverso meccanismi al momento sconosciuti.

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6.5.3.1.1. Post-combustione nel freeboard del forno

Tutti le prove sulla post-combustione indicano che valori elevati di efficienza sono raggiunti trasferendo il calore dai prodotti di post-combustione a qualche altro materiale. Ciò è stato verificato in diversi test sulla post-combustione BOF in cui le aggiunte di rottami hanno dato come risultato livelli più alti di post-combustione.[64,65] La scelta migliore che si può fare durante la fusione dei rottami è trasferire il calore ai rottami freddi in quanto se i prodotti di combustione non trasferiscono il loro calore tenderanno a dissociarsi. La temperatura della fiamma adiabatica per la combustione del CO con l’ossigeno è di 2800°C [66], e non aumenta proporzionalmente alla quantità di CO bruciata, mentre quella per la combustione di ossigeno/gas naturale è nell’ordine di 2600-2700°C.[67,68] Nel secondo caso si ha generazione di volumi maggiori per unità di ossigeno e perciò si dovrebbe verificare maggiore contatto con i rottami.Prove con i bruciatori ossigeno-combustibile e ossigeno-carbonio indicano che efficienze del 75-80% possono essere ottenute all’inizio della fusione, ma poi calano rapidamente, mentre i rottami si scaldano arrivando ad efficienze medie del 65%.[34,69] Per la post-combustione ci si può aspettare che l’efficienza sia simile o inferiore a seconda di quanto a lungo il processo si svolge. L’efficienza del bruciatore su un bagno piatto è dal 20 al 30%, dove il valore più basso indica un flusso di calore verso i pannelli del forno elevato. I risultati ottenuti da Air Liquide su operazioni a bagno piatto sono i seguenti:1. Si ottengono valori del PCR = 70% e dell’HTE =50%, che corrispondono ad

un’efficienza netta del 35%. Valori così piccoli sono probabilmente dovuti all’aumentato consumo dell’elettrodo.

2. Se il calore non viene trasferito dai gas di post-combustione allora non ci si può aspettare un alto PCR dato che un po’ del CO2 si dissocerà.

3. Durante la fusione della scoria, l’olio ed il grasso si separano dai rottami bruciando.

4. Alti tassi di rimescolamento del bagno possono aiutare a recuperare più di quest’energia.

5. I massimi livelli di concentrazione di CO e H2 si verificano quando i rottami cadono nel bagno.

6. L’idrogeno da questi composti organici tende a formare ioni che innalzano il tasso al quale il CO può essere post-combusto.

La reazione tra CO e O2 è ritenuta essere una reazione a catena ramificata il cui tasso viene notevolmente aumentato se è presente una piccola quantità di H2 garantendo PCR più alti nell’EAF. Questo vantaggio non si verificherà nella post-combustione effettuata nella scoria, anche se l’ossigeno iniettato nella scoria continuerà a reagire nel freeboard del forno una volta lasciata la scoria.La Nippon Steel, durante delle prove, ha trovato che per alte temperature del gas in uscita l’irradiazione era il meccanismo di trasferimento dominante del calore, ma la quantità netta di calore che era trasferita era bassa.[75] Per le temperature <1765°C il trasferimento del calore per irradiazione e convezione rendeva conto del 30% del trasferimento di calore ed il rimanente era dovuto alla circolazione dei materiali nella scoria.

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6.5.3.1.2. Post-combustione nello strato di scoria

Praxair ha utilizzato una lancia a becco multiplo, che è posizionata vicina alla lancia primaria, per iniettare l’ossigeno a velocità subsoniche. L’impatto del getto primario dell’ossigeno supersonico produce un’emulsione di gocce di metallo nella scoria. Per le operazioni di post-combustione in un EAF, Praxair stima che lo 0,25% del bagno dell’acciaio abbia bisogno di essere emulsionato per trasferire tutto il calore, anche se non ha dimostrato che l’ossigeno di post-combustione reagisca con le gocce di metallo o con il carbonio della scoria.La post-combustione viene eseguita sia durante la fusione dei rottami che durante un bagno piatto. Durante l’inizio della fusione dei rottami la post-combustione è difficile da raggiungere perché le lance ad ossigeno (specialmente quelle raffreddate ad acqua) non possono essere introdotte nel forno finché abbastanza rottami si sono sciolti. L’approccio utilizzato da Praxair mirava non tanto a bruciare tutto il CO che viene generato, ma una porzione, dal 10 al 50%, di quello che viene generato dal lancio primario dell’ossigeno. L’iniezione dell’ossigeno deve essere localizzata e ben controllata per evitare che l’ossigeno reagisca con gli elettrodi.Prove precedenti per la post-combustione nelle scorie dell’EAF hanno usato una speciale lancia piggyback, posta sulla cima di quella di decarburazione dell’ossigeno. In questo modo si tenta di bruciare il CO nella scoria mentre questa lascia il bagno. Bisogna ottenere uno strato di scoria spesso, così si riduce la possibilità che avvengano reazioni tra il CO2 e il bagno. Da tale situazione, infatti, si formerebbe CO che renderebbe difficile raggiungere un alto PCR. Nelle operazioni del convertitore e della fusione del bagno lo strato di scoria è notevolmente più spesso che nell’EAF.Sumitomo ha proposto di usare uno strato di scoria profonda con la post-combustione nello strato superiore della scoria dove l’ossigeno non reagirebbe con le gocce di metallo.[76] Il gradiente di temperatura nello strato della scoria è stato minimizzato con ossigeno soffiato lateralmente nella scoria. Dai risultati della Nippon Steel si evince che è necessario un moderato rimescolamento del bagno per accelerare la riduzione del minerale di ferro e per esaltare il trasferimento di calore dalla post-combustione.[75] Si usa uno strato spesso di scoria per separare il bagno di metallo dall’ossigeno e dai prodotti di post-combustione, per aumentare la post-combustione e per diminuire la formazione di polvere.Potrebbe rivelarsi economico accoppiare la post-combustione della scoria nell’EAF con l’aggiunta di DRI/HBI dopo le operazioni di fusione della scoria, anche se l’aggiunta di DRI tipicamente sfocia in un’abbondante schiumatura. In tali condizioni la post-combustione potrebbe verificarsi nello strato superiore della scoria e l’intenso rimescolamento trasferirebbe il calore all’interfaccia scoria/bagno dove il DRI/HBI sarebbe fuso. Ciò potrebbe portare ad un ottimale recupero d’energia per la post-combustione nella scoria.I risultati della fusione del bagno indicano che si può raggiungere un’efficienza netta di circa il 50% quando il CO viene post-combusto nella scoria [75,77,78,79], mentre gli esiti migliori si hanno durante le operazioni di fusione la post-combustione sopra la scoria in basso nel freeboard. Durante le operazioni a bagno piatto può essere vantaggioso bruciare il CO dentro o poco sopra la scoria. In ogni caso la post-combustione nella scoria sarà un processo molto più complicato e richiederà un maggior grado di controllo sul metodo di introduzione dell’ossigeno nella scoria per prevenire reazioni indesiderate.

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6.5.3.2. Consumo dell’elettrodo

Alcuni studi hanno attribuito il consumo dell’elettrodo a due meccanismi: il consumo della parete laterale e l’erosione della punta. Il primo dipende dalla corrente elettrica che è trasportata dall’elettrodo, mentre il secondo dalla temperatura di superficie dell’elettrodo e può essere controllato raffreddando con acqua l’elettrodo (con vaporizzatori).Durante gli stadi iniziali della fusione i rottami aiutano a proteggere gli elettrodi e la superficie calda non reagirà con l’ossigeno presente nel forno. Una volta che i rottami si sciolgono la superficie calda del carbonio reagisce con l’ossigeno presente, sia esso introdotto dagli iniettori oppure risucchiato nell’EAF attraverso la porta della scoria. Inoltre se gli elettrodi non sono protetti dai prodotti di combustione della post-combustione, il carbonio può reagire con il CO2 per formare CO.[53] Entrambi i meccanismi aumenteranno il consumo dell’elettrodo. Anche alte temperature dei gas in uscita possono far aumentare drasticamente il consumo dell’elettrodo.Si può fare riferimento alla Paragrafo 3.3 per i fattori di consumo dell’elettrodo sviluppati da Bowman. Essi indicano che i massimi aumenti nel consumo dell’elettrodo si hanno in operazioni che usano grandi quantità di ossigeno e in quelle che usano la post-combustione nel forno.

6.5.3.3. Carico di calore all’intelaiatura dell’EAF

La quantità di calore generato dalla post-combustione sarà strettamente dipendente dal trasferimento di calore efficace ai rottami di acciaio ed al bagno. La temperatura teorica della fiamma adiabatica per la combustione del CO con l’ossigeno (2800°C) è simile a quella della combustione del gas naturale con l’ossigeno. È ben noto che quando i bruciatori ossigeno-combustibile agiscono a tassi molto elevati sui rottami densi la fiamma può tornare indietro ai pannelli raffreddati ad acqua e surriscaldarli. Ne segue che se il calore dalla post-combustione non viene rapidamente trasferito ai rottami si verificherà anche il surriscaldamento dei pannelli.Se i prodotti della combustione non penetrano i rottami allora la maggior parte del trasferimento di calore avviene per irradiamento mentre entro i rottami si ha conduzione. Quest’ultima è molto lenta se paragonata all’irradiazione del calore sulla superficie dei rottami e porta ad un surriscaldamento locale.

6.5.3.4. Resa del ferro

Il bruciatore ossigeno-combustibile può portare a perdite di resa e ad aumentato consumo dell’elettrodo dato che alcuni prodotti di combustione reagiscono col ferro per formare FeO. Prove effettuate da Leary e Philbrook sul preriscaldamento dei rottami con bruciatori ossigeno-combustibile hanno mostrato che al di sopra delle temperature dei rottami di 760°C si verificavano perdite di resa del 2-3%.[80] Ciò è supportato da riscontri reali che mostrano come l’equilibrio termodinamico tra il ferro e CO2, a temperature superiori a 1377°C, è del 24% di CO2. Temperature del gas che superano i 1800°C sono possibili nell’EAF e l’equilibrio corrispondente a questa temperatura è 8,6% di CO2.

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Anche se il tempo di permanenza del gas nell’EAF non permette di raggiungere l’equilibrio, si verifica una certa ossidazione e se non viene fornito del carbonio supplementare si assiste ad una perdita di resa. Ad ogni punto percentuale in termini di resa persa si è stimato che corrisponde una maggior richiesta di energia di 12 kWh/ton. Ciò può avere un effetto significativo sul bilancio energetico complessivo che porta ad un HTE fintamente alto per la post-combustione. Durante l’ossidazione del ferro, si forma uno strato protettivo di ossido sui rottami che si diffonde per reagire col ferro sottostante. Tale patina proteggere i rottami da ulteriore ossidazione in quanto evita l’esposizione diretta tra il ferro dei rottami e l’ossigeno del forno. Questo fenomeno avviene fino a 1300°C, oltre il FeO tenderà a sciogliersi e questo strato protettivo non esisterà più.

6.5.3.5. Limiti sui guadagni potenziali dalla post-combustione

Bender indica che le emissioni di CO tipicamente variano da 0,3 a 2,6 kg/ton.[81] Ciò è stato rilevato in molti studi sulla post-combustione EAF in cui i livelli di CO2

precedenti alle prove sono nell’ordine del 15-40% ed il PCR varia dal 30 al 60%.[44,50,53,57,59] Con un sistema di post-combustione i livelli di CO tipicamente scendono sotto il 10%.Il livello iniziale di CO ha un grande effetto sull’efficienza ottenuta una volta che la post-combustione è installata (vedi Tabella 6-3).

Tabella 6-3 PCR con e senza iniezione post-combustione di ossigeno

PCR prima della PCR dopo la

Luogopost-combustione

dell'ossigenopost-combustione

dell'ossigeno

Vallourec 33-50% 66-71%BSW 58-61% 83%Nucor Plymouth 30-50% 42-75%UES Aldewerke 40-62.5%Ferrierre Nord 71-75%Venete 80%Co-Steel Sheerness 22-62.5%AGA 44-66% 77-87%

Il CO2 ha una capacità di calore più alta del CO, ne deriva che alla stessa temperatura dei gas in uscita, il CO2 rimuoverà più calore per Nm3. In questo modo una parte dell’energia di post-combustione sarà rimossa dal forno attraverso il CO2. Per un intervallo di temperatura dei gas in uscita di 1200-1400°C il massimo HTE è limitato a 92-93,6%. Se la scoria viene scaldata a 110°C il calore contenuto è equivalente a 0,9-1,2 kWh/ton (assumendo 4-5% di scoria) e la diminuzione di un minuto nel tempo da colata a colata può risparmiare 2-3 kWh/ton.[82] Un recente studio indica un risparmio di 1 kWh/ton per forni ad alta efficienza.[83] La differenza tra i diversi risultati dipende dall’efficienza della fornitura di corrente. Tempi minori per quanto riguarda il ciclo dovrebbero essere presi in considerazione quando si ricava la vera efficienza del trasferimento di calore.

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6.5.3.6. Benefici ambientali

Se si aumentano i volumi di gas iniettato diminuisce la quantità di infiltrazione nel forno. Un’operazione a pressione positiva può risparmiare da 9 a 18 kWh/ton e si ottengono ulteriori guadagni dalla riduzione dell’infiltrazione dell’aria che è legata al funzionamento del sistema dei gas in uscita. Per quanto riguarda invece la presunta dipendenza tra la riduzione del NOx e la ridotta infiltrazione dell’aria, questa deve ancora essere dimostrata nelle operazioni di post-combustione dell’EAF. All’inizio della fusione possiamo vedere che i rottami aiuteranno a ritardare il flusso dell’aria nel forno in quanto l’area di apertura effettiva è solo il 25% dell’area della porta della scoria. Alla fine della fusione quest’area è quasi totalmente aperta e si arriva, infatti, al 90%. Questa variazione dell’aria infiltrata ha un grande effetto sull’efficacia dell’ossigeno di post-combustione ausiliario aggiunto al forno. La post-combustione aiuta la capacità del sistema dei fumi perché la quantità di calore che deve essere rimosso dal condotto raffreddato ad acqua diminuisce. Diversi studi provano, infatti, che le temperature dei gas in uscita diminuiscono quando si usa la post-combustione.[49,58] Le emissioni di CO alla camera dei filtri sono una funzione della progettazione del sistema dei gas in uscita (dimensionamento dell’intervallo di post-combustione, tasso di evacuazione) e la bruciatura di una parte del CO nell’EAF aiuterà ad assicurare che meno CO entri nel sistema a volta, con conseguente riduzione delle emissioni di CO. Se i livelli di CO sono ridotti sotto il 5% risulta difficile completare la combustione di CO nel sistema di uscita dei gas dopo l’addizione di aria di diluizione. Così bisogna controllare i livelli di CO che escono dal forno e sovrastimarli del 10% è una buona pratica. Un’alternativa è rappresentata dell’utilizzare una camera di post-combustione molto efficiente. È stato dimostrato che il CO tende a reagire con NO ad alte temperature per formare l’azoto e il diossido di carbonio come segue:[74]

2CO + 2NO 2CO2 + N2 (6.5)

Per ridurre le emissioni di NO è dunque necessario avere una certa quantità di CO presente nel forno per ridurre le emissioni di NO. Questa è un’altra buona ragione per cui la post-combustione totale del CO non è desiderabile. Le prove eseguite a Dofasco sul loro K-OBM hanno mostrato che quando si verificava un’eccessiva schiumatura della scoria le emissioni di particolato dal forno aumentavano fino al 59%.[84] La Nippon Steel ha trovato che uno strato spesso di scoria aiutava ad aumentare la post-combustione ed a diminuire la formazione di polvere.[75] Per la post-combustione nella scoria nell’EAF ci si dovrebbero aspettare alti tassi di generazione di polvere a meno che non si usi uno spesso strato di scoria. Anche il rimescolamento eccessivo del bagno porta all’aumento della polvere se le gocce di metallo reagiscono con l’ossigeno di post-combustione.

6.5.3.7. Bisogno di una camera di post-combustione

Se si cerca di bruciare quasi tutto il CO nel forno, è probabile non brucerà tutto nell’intervallo di combustione perché avremo zone con concentrazioni sotto il limite inferiore di infiammabilità. Se non si raggiunge un buon trasferimento di calore nel forno, parte del CO2 si dissocerà in CO e O2 e come risultato la concentrazione di CO

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nel gas in uscita sarà maggiore di quanto ci si aspetti. Non progettando di conseguenza l’intervallo di combustione, l’aria risulta insufficiente e parte del CO supera i sistemi di pulitura del gas. Se gli ossidi di cloro e di metallo, che sono dei catalizzatori, sono presenti nel flusso di gas in uscita c’è la possibilità che si formi la diossina. Il modo migliore per assicurare che tutto ciò non succeda è installare una camera di combustione seguita da un mezzo di spegnimento ad acqua per raffreddare i gas al di sotto della temperatura alla quale si dissociano e reagiscono per formare diossine. Ciò aiuta anche ad assicurare bassi livelli di CO a valle nel sistema di uscita dei gas.

6.5.4. Conclusioni

Si traggono le seguenti conclusioni.1. Sono stati dimostrati alti livelli di PCR, anche più dell’80%, per le operazioni

EAF.2. Ci si può aspettare un limite superiore del 65% per HTE dalla post-

combustione, quando si è in presenza di rottami freddi. Per la post-combustione sopra la scoria tale valore scende al 20-30%, quando non ci sono rottami presenti, mentre per la medesima operazione nella scoria si ha un HTE dell’80%. Un’efficienza netta del 50-60% (PCR × HTE) può essere raggiunta se si aggiunge DRI/HBI per assorbire l’energia rilasciata dalla post-combustione o se si raggiunge un buon trasferimento di calore attraverso la circolazione di gocce di metallo nella scoria. Durante le operazioni di fusione della scoria, i migliori risultati si ottengono con la post-combustione sopra la scoria, mentre nelle operazioni a bagno piatto sembra vantaggioso bruciare il CO dentro o appena sopra la scoria.

3. I benefici ambientali dovuti alla post-combustione sono stati dimostrati, ma si deve compiere lavoro supplementare per capirli ed ottimizzarli al meglio.

4. Benefici potenziali dovuti alla post-combustione sono strettamente legati alle efficienze delle operazioni individuali degli EAF. La maggior parte delle applicazioni della post-combustione nell’EAF raggiunge un risparmio di energia di 20-40 kWh/ton.

5. Il limite inferiore economico per il livello di CO che lascia l’EAF deve essere stabilito, ma sarà probabilmente nell’ordine del 5-10% in base a considerazioni ambientali.

6. Se si tenta di operare la post-combustione di tutto il CO nell’EAF si verificheranno perdite di resa ed aumentato consumo dell’elettrodo.

7. Tentativi di operare la post-combustione del CO nel forno avranno probabilmente un effetto negativo sui livelli di NOx.

8. L’iniezione di ossigeno nel bagno dovrebbe iniziare presto così da poter effettuare la post-combustione mentre i rottami sono ancora relativamente freddi e sono capaci di assorbire il calore generato. Per essere più efficace l’ossigeno di decarburazione deve essere distribuito attraverso il bagno. Ciò aiuterà a ridurre l’ossidazione locale del ferro nel bagno (e perciò la quantità di polvere EAF generata) e distribuirà anche il CO che viene generato nel forno che aiuterà a massimizzare il recupero di energia una volta che sarà post-combusto.

9. La post-combustione a stadi, simile a quella che è eseguita nelle camere di pre-riscaldamento EOF, offre il maggiore potenziale per catturare l’energia

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generata attraverso la post-combustione. Ciò perché l’energia dalla reazione può essere trasferita ai rottami raffreddando così il gas in uscita ed evitando la dissociazione. Un effetto simile può probabilmente essere raggiunto nel forno verticale, mentre nell’EAF convenzionale non sarà possibile recuperare altrettanta.

10. La post-combustione nella scoria può dar luogo a perdite di resa e ad un aumento nella quantità di polvere EAF generata a meno che non si usi uno strato spesso di scoria. In alternativa la post-combustione parziale del CO nella scoria può rivelarsi più efficace della post-combustione completa. I flussi addizionali e l’energia consumata per fornire uno strato spesso di scoria potrebbero compensare qualsiasi risparmio dalla post-combustione. In alcune operazioni in cui si verifica il preriscaldamento della scoria, la polvere viene catturata dai rottami ed una copertura convenzionale può essere accettabile per la post-combustione nella scoria.

11. La strategia ottimale di post-combustione varierà da un’operazione all’altra. Si deve intraprendere un’attenta analisi per determinare il mezzo più economico per applicare la post-combustione alle operazioni EAF. Spesso l’approccio ottimale implica selezionare le parti del ciclo di funzionamento in cui si possa applicare la post-combustione per ottenere i vantaggi migliori. Oltre a tali considerazione ce ne sono altre di carattere pratico, come ad esempio i requisiti di funzionamento e di manutenzione, che aiuteranno a determinare la complessità della strategia impiegata.

La post-combustione completa del CO sarà difficile da raggiungere ed è probabilmente poco economica alla luce di possibili effetti negativi (perdita di resa, usura del materiale refrattario, consumo dell’elettrodo, danni ai pannelli del forno). In questo modo si dovrebbe effettuare un’analisi completa in ogni installazione per determinare la migliore pratica di post-combustione per quella collocazione. Tale programma dovrebbe includere analisi dei gas CO, CO2, H2, H2O, N2, NOx, SOx al gomito, tassi di flusso e la temperatura dei gas che escono dall’EAF e dalla camera dei filtri, l’analisi dei gas in uscita alla camera dei filtri, l’analisi della polvere della camera dei filtri prima e dopo la post-combustione per verificare gli aumenti percentuali del ferro, il monitoraggio della resa del ferro, il consumo dell’elettrodo e di altri materiali deperibili, il monitoraggio delle temperature dell’acqua di raffreddamento dell’EAF, l’analisi della scoria (controllo dei livelli di ferro) ed il monitoraggio del consumo della lega (controllo della resa della lega).La post-combustione può essere uno strumento efficace per l’operatore, ma si deve stabilire una pratica di funzionamento economica basata su criteri individuali per ogni sito. Non esiste una ricetta universale valida per ogni impianto. Il modo in cui si può applicare la post-combustione dipende strettamente dalle materie prime e delle pratiche di funzionamento e queste devono essere valutate completamente quando s’implementa una pratica di post-combustione.

6.6. Rimescolamento del fondo dell’EAF

Nella fusione tradizionale a corrente alternata dei rottami c’è poca convenzione naturale nel bagno. Sono stati riportati gradienti di temperatura nell’ordine di 40-70°C.[43] Se c’è un limitato movimento del bagno grandi pezzi di rottami possono metterci molto tempo a fondere a meno che non vengano tagliati, come discusso precedentemente, con operazioni di lancio dell’ossigeno. I gradienti di

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concentrazione possono anche portare a tassi di reazione ridotti ed a sovra-/sotto-reazione di alcune porzioni del bagno. Il concetto di rimescolamento del bagno non è nuovo e le cronache ricordano che le spire elettromagnetiche erano usate per prove di rimescolamento già nel 1933.[85] Studi giapponesi hanno indicato che le velocità di flusso sono molto più basse per gli acciai inossidabili rispetto a quelli al carbonio utilizzando il rimescolamento elettromagnetico.[86] In ogni caso il costo di tale pratica è alto ed è difficile da introdurre in un’installazione esistente.La maggior parte delle operazioni di rimescolamento EAF adesso in uso impiega il gas.[87,88] Per introdurre il gas nel forno sono utilizzate prese di contatto o non-contatto porose anche se in alcuni casi si usano ancora gli ugelli. I gas più usati per il rimescolamento sono argon o azoto anche se sono state tentate pure alcune prove con gas naturale e con diossido di carbonio.[89] In un EAF tradizionale tre prese sono collocate a metà strada tra gli elettrodi [87,88], per forni più piccoli è sufficiente una presa singola collocata centralmente.Nell’EBT ed in altre operazioni di colata dal fondo, il forno tende ad essere ellittico ed il becco tende ad essere un punto freddo. Un elemento di rimescolamento è comunemente collocato in questa parte del forno per promuovere il mescolamento e aiutare la fusione. Alcune operazioni hanno anche trovato vantaggioso iniettare gas inerte durante la colata per aiutare a respingere la scoria e per prevenire il trascinamento della scoria nel flusso di colata.

Figura 6-13 Disposizione degli elementi di rimescolamento.

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Nella casistica comune il tasso di flusso del gas per un sistema di contatto è di solito 0,03-0,17 Nm3/min. (1-6 scfm) con un consumo totale di 0,1-0,6 Nm3/ton (3-20 scf/ton) [4] mentre per uno di non contatto si hanno tassi più alti. La vita di servizio dei sistemi di contatto è nell’ordine di 300-500 colate, quella dei sistemi di non-contatto arriva anche a più di 4000 colate.[90] La Fig.6-13 mostra diversi elementi di rimescolamento commercialmente disponibili.Alcuni dei vantaggi principali attribuiti al rimescolamento del fondo sono: riduzione nelle ebollizioni del carbone e dei fondi freddi, aumenti della resa dello 0,5-1%, risparmi di tempo di 1-16 minuti (mediamente 5 min.) per colata, risparmi di energia fino a 43 kWh/ton (solitamente 10-20 kWh/ton), migliorato recupero della lega, migliorata rimozione dello zolfo e del fosforo e ridotto consumo dell’elettrodo.[43,87-91] I risparmi nei costi riscontrati vanno dagli $0,90 ai $2,30 per tonnellata.[89,90]

6.7. Elettricità del forno

Oltre ad aumentare l’ossigeno nell’EAF, è stato fatto uno sforzo considerevole per massimizzare l’efficienza elettrica. Ciò è in parte dovuto al fatto che ci sono limitazioni pratiche alla quantità di ossigeno che può essere usata nelle varie operazioni (a causa di preoccupazioni ambientali) ed in parte al fatto che usando operazioni con un arco più lungo e corrente più bassa è possibile ottenere un trasferimento di energia al forno molto più efficiente. Diverse innovazioni hanno contribuito ad aumentare l’efficienza in questo campo e sono discusse nelle sezioni seguenti.

6.7.1. Regolazione dell’elettrodo

Ai tempi in cui i forni erano di piccole dimensioni (5-20 tonnellate) la regolazione dell’elettrodo non destava grande preoccupazione. Con l’accrescimento dei forni e l’aumento dei voltaggi è diventato necessario controllare gli elettrodi per massimizzare l’efficienza dell’input di energia al forno. In particolare gli ultimi cinque anni sono stati importanti nella regolazione dell’elettrodo.[92,93] Questa, assieme ai progressi nell’idraulica del forno (consentendo così una risposta più veloce dell’elettrodo), ha portato a considerevoli miglioramenti nel funzionamento dell’EAF. Ad esempio a seguito di un ammodernamento del sistema di regolazione dell’elettrodo si ottengono un aumento medio del trasferimento di energia dell’8,5% e notevoli risparmi: il consumo di energia diminuisce del 5%, l’oscillazione del 10%, la rottura degli elettrodi del 90%, il consumo dell’elettrodo dell’8,5% e il tempo da colata a colata del 18,5%.[92]

6.7.2. Bracci di conduzione della corrente

Nella progettazione tradizionale dell’EAF la corrente viene trasportata agli elettrodi attraverso tubi di linea. Questi tubi di linea di solito contribuiscono circa il 35% della reattanza totale del sistema elettrico secondario.[4] I bracci di conduzione della

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corrente combinano le funzioni meccaniche ed elettriche in un’unità. Questi bracci portano la corrente secondaria attraverso la struttura del braccio invece che attraverso i tubi di linea. Ciò dà come risultato una riduzione della resistenza e della reattanza nel circuito secondario, il che permette maggiore energia in ingresso senza modificare il trasformatore.I bracci che conducono la corrente sono costruiti con acciaio rivestito di rame o d’alluminio.[94-97] Alcuni dei benefici attribuiti ai bracci di conduzione della corrente includono l’aumentata produttività, l’aumentato tasso di input d’energia (5-10%), manutenzione ridotta e aumentata affidabilità, consumo più basso dell’elettrodo e ridotto diametro dell’elettrodo con una seguente riduzione nell’irradiazione alle pareti laterali.[94-97] I bracci di conduzione della corrente in alluminio, Fig.6-14, sono fino al 50% più leggeri dei bracci di acciaio o rivestiti di rame tradizionali.

Figura 6-14 Bracci di conduzione della corrente in alluminio.

Le velocità dell’elettrodo sono così aumentate e ciò ha permesso di migliorare la regolazione dell’elettrodo, di ridurre la deformazione e l’usura meccanica dei componenti della colonna dell’elettrodo.[94,97] Va ricordato inoltre che il peso complessivo dei bracci rappresenta una parte esigua del peso complessivo della colonna.

6.8. Operazioni ad alta tensione a corrente alternata

Negli ultimi anni molte operazioni EAF hanno introdotto nuove forniture di energia elettrica per fornire tensioni di funzionamento più alte.[34,98-101] Le perdite di energia nel circuito secondario dipendono dalla reattanza ed in misura maggiore dalla corrente del secondario. Se l’energia è fornita ad una tensione più alta allora si può avere una corrente più bassa per lo stesso tasso di input d’energia. Il funzionamento con una corrente inferiore nel secondario darà anche un consumo inferiore dell’elettrodo.[34] In questo modo è vantaggioso operare ad una tensione secondaria il più alta possibile, tenendo conto degli aspetti pratici. Naturalmente ciò è limitato

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dalla possibilità di contatto tra l’arco e la parete laterale e le parti elettriche esistenti del forno. Una buona pratica di scoria schiumosa può permettere aumenti di tensione fino al 100% senza causare problemi alle pareti laterali del forno.[4] Le perdite di energia possono essere minimizzate con l’inserzione di una reattanza nel circuito primario.La reattanza supplementare non è una nuova tecnologia, già nel passato i reattori supplementari erano usati per aumentare la stabilità dell’arco nei piccoli forni in cui c’era reattanza secondaria insufficiente. Negli ultimi anni questo metodo è stato usato per aumentare le tensioni di funzionamento nei circuiti secondari EAF. Ciò è ottenuto collegando un reattore in serie con le spire primarie del trasformatore EAF.[98-100] Ciò permette il funzionamento ad un fattore di energia di circa / 2 che è l’optimum teorico per la massima energia del circuito. Ciò è reso possibile perché l’arco vede un grande strumento d’immagazzinamento davanti ad esso nel circuito, che, in effetti, agisce come un volano elettrico durante il funzionamento. L’inserzione del reattore in serie fa scendere il voltaggio secondario e limita la quantità di energia trasferita all’arco. Per compensare questo la tensione secondaria del trasformatore del forno è aumentata nell’ordine di 900 – 1200V permettendo il funzionamento a tensioni superiori dell’arco e a correnti dell’elettrodo inferiori.I principali benefici attribuiti a questo tipo d’operazione sono un arco più stabile che per le operazioni standard, il consumo dell’elettrodo ridotto del 10%, la tensione secondaria aumentata del 60-80%, risparmi d’energia di 10-20 kWh/ton, un fattore di energia del sistema di circa 0,72, un fattore di energia del forno di circa 0,90, perdite elettriche più basse a causa di una corrente di funzionamento più bassa e l’oscillazione di tensione ridotta fino al 40%.[4,98-101]

6.9. Operazioni EAF a corrente continua

Il progresso nella tecnologia d’accensione dei semiconduttori ad alta tensione ha fatto nascere forniture d’energia a corrente diretta efficienti e a basso costo. Grazie a questi progressi è diventato possibile il funzionamento del forno a corrente continua ad alta energia. L’interesse nordamericano nella tecnologia del forno a corrente continua sta crescendo con diverse installazioni esistenti ed altre che si stanno attualmente installando.[102-105]Il forno ad arco a corrente continua è caratterizzato da rettificazione dei voltaggi del trasformatore del forno trifase attraverso rettificatori controllati da tiristori. Questi strumenti sono capaci di modulare e controllare continuamente la grandezza della corrente dell’arco a corrente continua per raggiungere un funzionamento stabile.I forni a corrente continua usano solo un elettrodo di grafite, con l’elettrodo di ritorno integrato nel fondo del forno. Ci sono diversi tipi di elettrodi di fondo: a letto di fusione conduttivo, a perno conduttivo, billetta singola o multipla, e ad alette conduttive in un letto di fusione monolitico di magnesite.[102] Quelle che danno risultati migliori sono il fondo a perno conduttivo, in cui un numero di perni sono attaccati ad una lamiera e formano il sentiero di ritorno, e la progettazione a billetta del fondo. L’elettrodo di fondo è raffreddato ad aria nel caso del tipo a perno e ad acqua nel caso della progettazione a billetta. L’area tra i perni è riempita con un mix di imbottitura e la punta dei perni è allo stesso livello del rivestimento interno del forno. Se il materiale refrattario si usura anche i perni si fondono. I forni a corrente continua funzionano con un piede liquido per assicurare un sentiero elettrico all’elettrodo di ritorno e durante l’accensione, partendo da condizioni fredde, si usa

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un misto di rottami e scoria per fornire un sentiero elettrico iniziale. Una volta che questo è sciolto il forno può essere caricato con rottami.Alcuni dei benefici iniziali raggiunti con l’operazione a corrente continua includevano consumo ridotto dell’elettrodo (20% inferiore all’alta tensione della corrente alternata, 50% inferiore alla corrente alternata tradizionale), ridotta oscillazione della tensione (50-60% dell’operazione a corrente alternata tradizionale) e consumo ridotto di energia (5-10% inferiore rispetto alla corrente alternata).[102,106-110] Questi risultati sono stati raggiunti principalmente su forni più piccoli tramite un aggiornamento con passaggio da corrente alternata a corrente continua, mentre in alcune installazioni più grandi non hanno raggiunto immediatamente i benefici proclamati. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: consumo dell’elettrodo e quello del materiale refrattario.Diverse operazioni del forno a corrente continua hanno verificato che la diminuzione nel consumo dell’elettrodo attesa non si verificava. Molte analisi fatte dai produttori degli elettrodi indicavano che le condizioni fisiche entro gli elettrodi erano diverse per le operazioni a corrente alternata e a corrente continua. Di conseguenza, per grandi elettrodi a corrente continua che portavano una notevole corrente, si osservava una notevole quantità di fissurazione e di scheggiatura se paragonata alle operazioni a corrente alternata. Era perciò necessario sviluppare elettrodi con proprietà fisiche meglio adattate a tale tipo di operazione a corrente continua. Ciò viene discusso più in dettaglio nella sezione del Capitolo 3 sugli elettrodi. La massima dimensione economica per i forni a corrente continua tende ad essere una funzione delle limitazioni dovute alla misura dell’elettrodo e della capacità di trasporto della corrente. Adesso tale valore sembra essere 165 tonnellate in quanto dimensioni maggiori necessitano di più di un elettrodo di grafite. La Fig.6-15 mostra le dimensioni del forno per un EAF a corrente continua Kvaerner Clecim.

Figura 6-15 Dimensioni di un forno a corrente continua.

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Diverse delle prime esperienze a corrente continua avevano problemi con l’usura del materiale refrattario e la vita dell’elettrodo del fondo. Questi erano direttamente correlati con la fiammata dell’arco entro il forno. In tutti i forni a corrente continua l’arco elettrico è deflesso nella direzione opposta alla fornitura di energia a causa di asimmetrie nei campi magnetici che sono generati dal circuito a corrente continua. In questo modo l’arco tende a concentrare su un’area entro il forno creando un punto caldo e originando un’usura eccessiva del materiale refrattario (Fig.6-16).

Figura 6-16 Comportamento dell’arco elettrico.

Sono state sviluppate diverse soluzioni per controllare la fiammata dell’arco. Tutte le progettazioni commerciali dell’elettrodo di fondo sono ora configurate per forzare l’arco verso il centro del forno. Nel caso del materiale refrattario conduttivo del fondo e del fondo di tipo a perno è necessario fornire linee d’alimentazione divise verso l’anodo o una spira che aiuti a modificare il campo magnetico di rete generato. Nella progettazione a billetta la quantità di corrente verso ogni billetta è controllata lungo la direzione di fornitura dell’anodo per controllare l’arco. La progettazione dell’aletta di fondo sfrutta il fatto che l’alimentazione elettrica si verifica in diversi punti per controllare la deflessione dell’arco.I quadranti collocati più lontano dal rettificatore sono alimentati con tensione più alta di quelli collocati più vicino al rettificatore. Si ritiene che la possibilità di aumentare l’automazione delle attività EAF sia maggiore per i forni a corrente continua perché con un solo elettrodo c’è più spazio sia in cima che dentro il forno.[109,110] Le installazioni a corrente continua costano dal 10 al 35% in più di un’installazione a corrente alternata di dimensioni simili, ma tale costo addizionale può essere recuperato in uno o due anni grazie ai minori costi di funzionamento.[106,107]Bowman ha condotto un’analisi paragonando le operazioni dei forni a corrente alternata e continua ed ha trovato che le perdite elettriche ammontano a circa il 4% nelle operazioni a corrente alternata e al 5,5% nelle operazioni a corrente continua: la differenza in termini assoluti è relativamente insignificante.[9] La differenza nel consumo totale di energia tra i forni a corrente alternata e continua è probabilmente meno di 9 kWh/ton a favore del forno a corrente continua. Questa approssimazione è dovuta al fatto che molte altre variabili influenzano il consumo di energia ed è difficile sviluppare cifre accurate.

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I forni a corrente continua garantiscono circa il 25% in meno di consumo dell’elettrodo rispetto ai forni a corrente alternata, in media 0,4 kg/ton, e questa differenza risulta più evidente per i forni a corrente alternata più piccoli. Questo divario arriva al 60% per le operazioni a corrente diretta, anche se progressi nelle configurazioni del sistema di energia a corrente alternata (reattanza addizionale) possono portare questo valore al 40%.Alcuni studi su grandi operazioni degli EAF a corrente continua hanno evidenziato un consumo dell’elettrodo di 1-2 kg/ton, un consumo d’energia a 350-500 kWh/ ton, tempi da colata a colata di 45-120 minuti e vita del fondo di 1500-4000 calori. È importante ricordare, in ogni caso, che il consumo di energia è strettamente dipendente dalle pratiche di funzionamento, dalla temperatura di colata, dall’uso di carburanti ausiliari, dal tipo di rottami ecc.

6.10. Uso di fonti alternative di ferro nell’EAF

La produzione di metallo caldo è una parte standard delle operazioni nella fabbricazione dell’acciaio. Esso è prodotto nell’altoforno da sfere di minerale di ferro ed è poi raffinato in forni basici ad ossigeno per produrre acciaio. In ogni caso diverse operazioni, che prima erano integrate, ora costituiscono il caricamento del metallo caldo all’EAF.Un’installazione di questo tipo si trova a Cockerill Sambre in Belgio, in cui fino al 40% del peso di carico totale è metallo caldo che si ricava da un altoforno. In diverse altre operazioni il metallo caldo viene fornito attraverso unità Corex, mini altiforni o cupole. Nel caso dell’impianto Saldahna Steel in Sud Africa, attualmente in costruzione, l’alimentazione dell’EAF consisterà per il 45% di metallo caldo e per il 55% di DRI.

6.10.1. Effetto dei materiale di alimentazione sulle operazioni EAF

Esiste un’ampia casistica sugli effetti che la composizione della carica ha sull’acciaio prodotto. Ciò è dovuto principalmente al fatto che all’interno di ogni prodotto dato come DRI o HBI una quantità di parametri, ad esempio percentuale di metallizzazione, di carbonio e di ganga, può variare notevolmente. Tutti questi valori influiscono sulle richieste di energia per fondere il materiale.Ad esempio se c’è abbastanza carbonio per bilanciare la quantità di FeO nel DRI, serve circa l’1% di carbonio per bilanciare il 6% di FeO, il contenuto totale di ferro può essere aumentato. Se invece non è presente abbastanza carbonio, si verificherà una perdita di resa a meno che non si aggiunga al bagno un’altra fonte di carbonio. Per contro se è presente troppo carbonio, esso può essere usato come fonte d’energia in congiunzione con l’iniezione di ossigeno per ridurre le richieste di energia elettrica. In generale un’operazione DRI richiede 100-200 kWh per tonnellata in più rispetto alla fusione dei rottami. Se la percentuale del DRI presente nel carico è inferiore al 25%, può direttamente essere posto nel secchio. Se deve essere usata una percentuale maggiore, può essere alimentato continuamente attraverso la volta.Un vantaggio del DRI è che può essere alimentato continuamente in accensione e perciò non si verificano perdite termiche aprendo la volta. L’HBI è più denso del

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DRI e grazie a ciò può essere caricato nel secchio dei rottami senza aumentare il numero di carichi richiesti. Il DRI tende a galleggiare all’interfaccia scoria bagno, mentre l’HBI, che ha una densità più alta, tende ad affondare nel bagno ed a sciogliersi in modo simile alla ghisa. La quantità di silice presente nel DRI avrà un grande effetto sull’economia della produzione dell’acciaio dal DRI. La silice attaccherà il materiale refrattario a meno che non sia presente abbastanza calce per neutralizzare il suo effetto. In generale un rapporto V di 2,5 - 3,0 è desiderabile per una buona schiumatura della scoria. Con tale valore, infatti, la richiesta di energia di fusione aumenta notevolmente e, se i livelli di silice nel DRI sono alti, anche quella di calce.Utilizzando ghisa fredda, che ha un gran contenuto di silicio e carbonio, si dovrebbe avere un risparmio d’energia nell’ordine del 10-15%. I due elementi citati, infatti, agiscono come una fonte di calore chimico nel bagno quando viene iniettato ossigeno. La ghisa tipicamente contiene fino allo 0,65% di silicio che reagisce con l’ossigeno per produrre silice che si presenta alla scoria. Ciò richiede aggiunta di calce supplementare per mantenere la basicità costante nella scoria. Di solito nell’EAF si usa un massimo di 20% di ghisa fredda perché impiega più tempo a fondersi rispetto ai rottami, specialmente se è fornita in grandi pezzi (che sarebbero da evitare). La ghisa può contenere fino al 4% di carbonio che garantisce livelli molto alti di carbonio nel bagno. La rimozione di questo carbonio con l’ossigeno genera molto calore, ma richiede anche tempi maggiori di soffiatura perché ci sono limiti pratici al tasso al quale l’ossigeno può essere soffiato nell’acciaio.Il carburo di ferro può essere caricato nel forno in sacchi o può essere iniettato, metodo preferito dato che il recupero è massimizzato. Sussistono limitazioni pratiche anche in questo caso in quanto esistono restrizioni sul tasso d’iniezione del carburo di ferro. Ad esempio a Nucor Crawfordsville il massimo tasso raggiunto finora è 2500 kg il minuto. Il carburo di ferro si dissolve nel bagno e, mentre il carbonio va in soluzione, reagisce con il FeO o con l’ossigeno dissolto nel bagno producendo una dispersione molto fine di bolle di monossido di carbonio. Queste bolle sono molto utili dato che aiutano a rimuovere l’azoto dal bagno. A seconda del grado di metallizzazione del carburo di ferro variano anche i requisiti di energia per la dissoluzione del carburo di ferro.Il caricamento di metallo caldo all’EAF appare come una tecnica semplice, anche se è in realtà molto complessa. Si deve prestare attenzione che il metallo caricato non reagisca con la scoria altamente ossidata che è ancora nell’EAF.Alcune operazioni introducono il metallo caldo nell’EAF spostando la volta e versandolo nel forno. Ciò causa un mescolamento molto rapido del piede liquido e della scoria altamente ossidata con il metallo caldo e a volte si verificano esplosioni. Per tale motivo in questo sistema di operazione si raccomanda di aggiungere un deossidatore di scoria prima dell’aggiunta di metallo caldo, come ad esempio fines di silicio, fines d’alluminio e carburo di calcio.Un metodo alternativo di caricare il metallo caldo all’EAF è versarlo da un trogolo inserito nel lato dell’EAF. Questa soluzione richiede più tempo per il caricamento del metallo caldo, ma è più sicura.Paul Wurth ha sviluppato di recente un sistema di caricamento laterale attraverso il quale si può immettere il metallo caldo, mentre il sistema è acceso, diminuendo così il tempo di carica.

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6.11. Conclusioni

È evidente che ci sono molte tecnologie disponibili per migliorare l’efficienza di funzionamento dell’EAF. I risultati generali di queste sono stati elencati nel tentativo di fornire un punto di partenza per chi sta intraprendendo operazioni di ammodernamento. Naturalmente i risultati varieranno da un’installazione ad un’altra ma, se si adotta un approccio conservativo e si usa la media dei risultati riferiti, ci si può aspettare di ottenere buoni risultati. È importante valutare gli effetti di certi processi sia sulle operazioni del forno che su altri sistemi, come ad esempio il controllo dei fumi. In questa situazione, infatti, l’uso di combustibili sostitutivi (ossigeno e gas naturale) può essere limitato dalla capacità del sistema dei fumi.Se si vuole fare degli aggiornamenti, si deve anche valutare il bisogno di rinnovare i sistemi ausiliari. Le considerazioni presentate in questa sezione forniscono delle basi per colui che valuta i recenti cambiamenti del processo e vuole migliorare l’efficienza dell’EAF. Le tecnologie che sono state esposte sono ben testate e, anche se l’interazione tra questi processi non è stata completamente valutata, in alcuni casi la mescolanza di queste operazioni può rivelarsi molto benefica (per esempio il lancio dell’ossigeno, la schiumatura della scoria e la post-combustione del CO).Quando si valutano i requisiti per l’ammodernamento per un’operazione particolare, è necessario elencare chiaramente gli obiettivi e poi raggiungerli con le tecnologie più adatte. È importante mantenere una prospettiva complessiva sui costi e sulle operazioni per arrivare all’efficienza ottimale di funzionamento nell’EAF.

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7. OPERAZIONI DEL FORNO

7.1. Il ciclo di funzionamento dell’EAF

Il forno ad arco elettrico funziona come un processo d’infornata che è conosciuta col nome di fusione. Per ciclo di funzionamento del forno ad arco elettrico si intendono i processi che vanno da colata a colata: caricamento del forno, fusione, raffinazione, de-scorificazione, colata e riallestimento del forno. Le operazioni moderne mirano ad un ciclo della durata inferiore di 60 minuti anche se nel campo dei prodotti piatti, si sta ora cercando di arrivare a tempi di 35-40 minuti con operazioni del forno con intelaiatura gemella. Un tipico ciclo di 60 minuti da colata a colata è:

primo carico 3 minutiprima fusione 20 minutisecondo carico 3 minutiseconda fusione 14 minutiraffinazione 10 minuticolata 3 minutiriallestimento 7 minutiTotale 60 minuti

7.2. Caricamento del forno

Il primo passo nella produzione di qualsiasi colata è selezionare il tipo d’acciaio da produrre. Di solito viene sviluppato un programma prima di ogni turno di produzione. Gli operatori addetti ai rottami inforneranno secchi di rottami a seconda delle richieste del processo. La preparazione del secchio di carico è un’operazione importante, non solo per assicurare una chimica adatta della fusione, ma anche per garantire buone condizioni di fusione. I rottami devono essere stratificati nel secchio secondo la dimensione e della densità per assicurare una rapida formazione di una pozza liquida nel letto di fusione, mentre, allo stesso tempo, si fornisce protezione alle pareti laterali e alla volta dall’irradiazione dell’arco.Altre considerazioni includono la minimizzazione delle deformazioni procurate dai rottami, che possono causare la rottura degli elettrodi, e l’assicurarsi che grandi e pesanti pezzi di rottami non si trovino direttamente di fronte alle aperture dei bruciatori, il che darebbe origine ad una fiammata all’indietro sui pannelli raffreddati ad acqua. Il carico può includere calce o carbonio o questi possono essere iniettati nel forno durante la fusione.Il primo passo, in qualsiasi ciclo, consiste nel caricamento dei rottami. La volta e gli elettrodi sono sollevati e spostati verso un lato del forno per permettere alla gru di spostare un secchio pieno di rottami in posizione sopra il forno. Il fondo del secchio solitamente è a forma di conchiglia di mollusco, ossia il secchio si apre ritraendo due segmenti nel fondo del secchio, vedi Fig.7-1.

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Figura 7-1 Secchio a conchiglia che carica rottami nel forno.

Un’altra configurazione comune è la progettazione a “buccia d’arancia”. I rottami cadono nel forno e la gru rimuove il secchio. La volta e gli elettrodi tornano in posizione sopra il forno, e poi abbassati. A questo punto inizia la fase della fusione. Il numero di secchi necessario per produrre una colata di acciaio dipende principalmente dal volume del forno e dalla densità dei rottami. La maggior parte dei forni moderni è progettata per operare con un numero di caricamenti minimo. Si adotta tale condotta perché, essendo il forno spento, la ricarica è un tempo morto e minimizzarla aiuta a massimizzare la produttività del forno. Oltre all’aspetto temporale bisogna tenere conto che ogni volta che si apre la volta del forno c’è una perdita energetica, con valori che arrivano a 10-20 kWh/ton per ogni apertura.Nonostante che in alcune operazioni sia sufficiente un singolo caricamento, nella maggior parte dei casi si usano 2-3 secchi di rottami per ogni colata e si procede con un mescolamento per migliorare le condizioni del bagno. Esistono anche operazioni di carico continuo, come Consteel e il forno verticale di Fuchs, che eliminano il ciclo di caricamento.

7.3. Fusione

La fase della fusione è il cuore delle operazioni EAF e le progettazioni moderne sono concentrate sul massimizzarne la capacità. Essa si ottiene fornendo energia, elettrica o chimica, all’interno del forno. L’energia elettrica è fornita attraverso gli elettrodi di grafite e rappresenta il contributo maggiore per le operazioni del forno. Inizialmente si seleziona una tensione intermedia affinché gli elettrodi possano aprirsi un varco nei rottami. Di solito i rottami leggeri sono piazzati in cima al carico per accelerare la formazione del varco. Dopo alcuni minuti si ottiene l’apertura attraverso i rottami e si può iniziare ad usare un arco lungo (ad alta tensione) senza temere danni alla volta

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dovuti all’irradiazione. La variazione della lunghezza dell’arco massimizza il trasferimento d’energia ai rottami e si formerà una pozza liquida nel letto di fusione del forno. Circa il 15% dei rottami viene fuso durante la formazione del varco.All’inizio della fusione l’arco è instabile ed in movimento e si osservano ampie oscillazioni nella corrente accompagnate da rapidi movimenti sugli elettrodi. Mentre l’atmosfera del forno si riscalda l’inarcamento tende a stabilizzarsi ed una volta che si è formata la pozza fusa l’arco diventa piuttosto stabile e l’energia media trasferita al bagno aumenta. L’energia chimica può essere fornita attraverso diverse fonti come i bruciatori ossigeno-combustibile ed il lancio di ossigeno.I bruciatori ossigeno-combustibile bruciano gas naturale usando ossigeno o una miscela d’ossigeno e aria. Il calore è trasferito ai rottami per irradiazione e convezione, mentre attraverso di essi passa per conduzione. In alcune operazioni si usa l’ossigeno per tagliare i rottami in quanto grandi pezzi ci mettono di più a fondere nel bagno rispetto a quelli più piccoli. Per svolgere tale funzione si può anche usare una lancia a condotto consumabile: l’ossigeno reagisce con i rottami caldi e brucia il ferro con produzione di calore che seziona i rottami.Quando la pozza fusa d’acciaio si è generata, si può lanciare l’ossigeno direttamente nel bagno: qui l’ossigeno reagirà con diversi componenti, come l’alluminio, il silicio, il manganese, il fosforo, il carbonio ed il ferro, garantendo energia utile per la fusione in quanto tutte queste reazioni sono esotermiche (cioè generano calore). Gli ossidi metallici che si formano si troveranno alla fine nella scoria.La reazione dell’ossigeno con il carbonio nel bagno produrrà monossido di carbonio che può bruciare nel forno se c’è ossigeno disponibile, altrimenti viene trasportato al sistema d’evacuazione diretta. Le operazioni del combustibile ausiliario sono discusse più dettagliatamente nel Capitolo 6. Una volta che i rottami sono stati sciolti per sistemare il secondo carico, si ripete il processo di caricamento. Siccome, dopo che anche il carico finale si è sciolto, le pareti laterali del forno possono essere esposte ad un’alta ossidazione, è necessario ridurre la tensione. In alternativa la creazione di scoria schiumosa permetterà di coprire l’arco e proteggere così l’intelaiatura del forno fornendo anche una gran quantità di energia che viene trasferita al bagno.Quando il carico finale di rottami è completamente fuso si raggiungono le condizioni di bagno piatto. A questo punto verranno presi la temperatura del bagno ed un campione per analisi chimica. L’analisi permetterà all’operatore di determinare la quantità d’ossigeno da soffiare durante la raffinazione. Il fonditore comincerà anche ad operare perché si formino le condizioni per le aggiunte di lega in colata.

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7.4. Raffinazione

Nel recente passato le operazioni di raffinazione nel forno ad arco elettrico implicavano la rimozione di fosforo, zolfo, alluminio, silicio, manganese e carbonio. In tempi recenti anche i gas dissolti nel bagno sono diventati un problema, specialmente l’azoto e l’idrogeno. Di solito le operazioni di raffinazione erano effettuate dopo la fusione, vale a dire quando si raggiungeva il bagno piatto. Le reazioni di raffinazione sono tutte dipendenti dalla disponibilità d’ossigeno che viene lanciato alla fine della fusione per abbassare il contenuto di carbonio del bagno al livello desiderato per la colata. La maggior parte dei composti che devono essere rimossi durante la raffinazione ha un’affinità più alta per l’ossigeno rispetto al carbonio. In questo modo l’ossigeno reagirà di preferenza con questi elementi per formare ossidi che si presenteranno alla scoria.Nelle moderne operazioni EAF, specialmente quelle che operano con un piede liquido, l’ossigeno è soffiato nel bagno durante il ciclo di fusione. Come risultato, alcune delle operazioni di raffinazione si realizzano già durante la fusione. La maggior parte delle impurità, come fosforo, zolfo, silicio, alluminio e cromo, viene parzialmente rimossa con l’evacuazione della scoria.Il rapporto di partizione dell’equilibrio tra metallo e scoria è dato come funzione della chimica e della temperatura della scoria. La scoria in un’operazione EAF, in generale, avrà una basicità inferiore a quella per la produzione dell’acciaio ad ossigeno che raggiunge quantitativi per tonnellata inferiori che nell’EAF. Per tali motivi la rimozione di impurità nell’EAF è limitata. Una composizione media della scoria è presentata nella Tabella 7-1.

Tabella 7-1 Costituenti della scoria  

Componete Sorgente Percentuale

CaO Ricarica 40-60%SiO2 Prodotto di ossidazione 5-15%FeO Prodotto di ossidazione 10-30%MgO Dolomite 3-8%CaF2 Scoria fluidaMnO Prodotto di ossidazione 2-5%

S Assorbito dall'acciaioP Prodotto di ossidazione

Una volta che questi materiali sono entrati nella fase della scoria, non è detto che rimangano necessariamente lì. Ad esempio la ritenzione di fosforo nella scoria è una funzione della temperatura del bagno, della basicità della scoria e dei livelli di FeO nella scoria. A temperature più alte o con bassi livelli di FeO, il fosforo tornerà dalla scoria al bagno perciò la rimozione del fosforo viene di solito effettuata il più presto possibile. La pratica del piede liquido è molto utile per l’eliminazione del fosforo perché l’ossigeno può essere lanciato nel bagno mentre la temperatura è piuttosto bassa. All’inizio della fusione la scoria conterrà alti livelli di FeO, ereditati dalla precedente fusione, che aiuta la rimozione del fosforo. Anche l’alta basicità della scoria (dovuta all’elevato contenuto di calce) è vantaggiosa per la rimozione del

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fosforo, ma si deve prestare attenzione a non saturare la scoria con la calce altrimenti si avrà un aumento di viscosità che renderà la scoria meno adatta alla rimozione del fosforo. In questo caso si aggiunge flourspar per aiutare a fluidificare la scoria. Il rimescolamento con il gas è vantaggioso perché rinnova l’interfaccia scoria/metallo che migliora la cinetica della reazione. In generale se un particolare tipo d’acciaio richiede bassi livelli di fosforo, i rottami sono opportunamente selezionati già in partenza. Il tasso di partizione del fosforo nella scoria rispetto al fosforo nel bagno varia da 5,0 a 15,0. Ciò significa che nella scoria è presente in quantità basse se paragonato al metallo caldo e perciò questo livello di rimozione è accettabile. Per la fabbricazione d’acciaio ad ossigeno, una scoria basica e alti livelli di FeO garantiscono la rimozione fino al 90% del fosforo. Lo zolfo viene rimosso principalmente come un solfuro dissolto nella scoria. La partizione dello zolfo tra il metallo e la scoria dipende dall’analisi chimica e dalla temperatura della scoria (l’alta basicità e un basso contenuto di FeO sono auspicabili), dalla fluidità della scoria (un’alta fluidità è ricercata), dal livello d’ossidazione dell’acciaio (che dovrebbe essere il più basso possibile) e dalla composizione del bagno. Di solito il tasso di partizione è 3,0-5,0 per le operazioni EAF. La rimozione dello zolfo nell’EAF è difficile soprattutto nelle pratiche più recenti in cui il livello d’ossidazione del bagno è piuttosto alto.Se si deve raggiungere un alto contenuto di calce nella scoria, può essere necessario aggiungere agenti fluidificanti. Di solito la scoria di fusione viene rimossa e si registra la formazione di un secondo strato di scoria. La maggior parte delle operazioni hanno trovato più funzionale eseguire la desolforizzazione durante l'operazione di spillatura (quando c'è la formazione delle scorie di alluminato di calcio) e quelle nella siviera del forno. Per diminuire le condizioni dove l'ossigeno ha una bassa attività col bagno, si possono realizzare dei rapporti di distribuzione del solfuro da 20 a 100. Il controllo dei costituenti metallici nel bagno è importante per le proprietà del prodotto finale. Normalmente l'operatore punta a livelli più bassi nel bagno di quelli che si vogliono avere nel prodotto finale. L'ossigeno reagisce con l'alluminio, col silicio e col manganese per formare ossidi metallici, che formano la scoria. Questi ultimi tendono a reagire prima che il carbonio presente nel bagno cominci a reagire a sua volta con l'ossigeno. Gli ossidi metallici reagiscono anche col FeO portando ad un recupero della percentuale di ferro nel bagno. Per esempio:

Mn + FeO = Mn + Fe 7-1)

Si assiste così alla riduzione del manganese presente fino al 0,06% circa.La reazione tra carbonio ed ossigeno riveste una particolare importanza in quanto fornisce al bagno energia e al tempo stesso svolge numerose reazioni di raffinazione. Durante le moderne operazioni eaf, la combinazione tra questi due elementi garantisce dal 30 al 40% dal calore richiesto dal forno. L'evoluzione del monossido di carbonio è molto importante per lo schiumaggio delle scorie: assieme alle scorie basiche, le bolle di CO contribuiscono al rigonfiamento della scoria che così sommerge l'arco elettrico. Questo processo fornisce un miglioramento dell'efficienza

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termica e permette al forno di operare con archi ad alto voltaggio anche quando il bagno si è sgonfiato. La sommersione fa si che si eviti il contatto tra l'azoto e l'arco elettrico che porterebbe alla dissociazione del gas e al suo discioglimento nell'acciaio. Il CO svolge anche l’importante compito di ripulire il bagno dall’azoto e dal ossigeno: la sua dissociazione, infatti, porta alla loro rimozione dal metallo liquido. Livelli d'azoto bassi, a 50 ppm, possono essere raggiunti prima che il forno inizi la spillatura: se questa viene effettuata dal fondo, il mantenimento di tali livelli è garantito perchè l'operazione risulta veloce e il flusso è forzato. Inoltre un elevato contenuto d’ossigeno nell'acciaio favorisce la riduzione della raccolta di azoto rispetto alla deossidazione dell'acciaio durante la spillatura.A 1600°C la solubilità massima dell'azoto nel ferro puro è di 450 ppm, mentre dopo la spillatura si abbassa fino a 80-100 ppm. Un'equazione che descrive la solubilità del gas è:

7-

2)

La decarburazione è positiva anche per la rimozione dell'idrogeno: è stato dimostrato che con un tasso del 1% l’ora si può abbassare il livello d'idrogeno nell'acciaio da 8 fino a 2 ppm in 10 minuti.Alla fine della raffinazione vengono prese le misurazioni della temperatura del bagno ed un campione dello stesso: se la prima è troppo bassa, si fornisce ulteriore energia al forno. Questo fatto non rappresenta un grosso problema per le tipologie di fusione moderne laddove la temperatura è regolata nella siviera.

7.5. Depurazione

Le operazioni di depurazione sono eseguite per rimuovere le impurità dal forno. Nel corso delle fasi di fusione e di raffinazione, alcuni dei materiali di scarto si ossidano e danno inizio alla formazione delle scorie. Per ottenere un buon prodotto è necessario rimuovere al più presto, quando la temperatura è ancora bassa, la maggior quantità di fosforo attraverso l'apposita porta. Solo dopo aver tolto la scoria dal metallo fuso si è certi che l'acciaio prodotto sarà di buona qualità.Per ottenere la schiumatura si introduce del carbonio nel metallo che reagisce col FeO e genera ferro metallico e monossido di carbonio con conseguente dilatazione della scoria (schiumatura). Se non si procede all'eliminazione di gran parte del fosforo durante queste fasi, ci sarà un ritorno dello stesso.

7.6. Spillatura

Una volta che il bagno ha raggiunto la composizione e la temperatura desiderate, si apre il foro di colata e il forno è inclinato per consentire all'acciaio di passare alla siviera che lo porterà alla successiva fase di mescolatura.Durante il processo di raccolta, l’addizione di elementi in lega verrà valutata in base all'analisi del bagno e alla qualità dell'acciaio che si vuole ottenere. Elementi

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disossidanti potranno essere aggiunti per diminuire il contenuto d'ossigeno prima dei conseguenti passaggi, quali il blocco del riscaldamento oppure la calmatura. I disossidanti più comuni sono l'alluminio e il silicio sottoforma di ferrosilicio o siliciomanganese.La maggior parte delle operazioni con l'acciaio al carbonio si prefiggono lo scopo di ridurre al minimo il ritorno della scoria. I composti che generano la scoria vengono aggiunti nella siviera all'altezza del rubinetto così che si formi uno strato di scoria prima del trasferimento nel forno di colata. Se tale strato protettivo risulta insufficiente, allora si procede all'introduzione di materiale di scarto. Inoltre Per tenere sotto controllo la quantità di zolfo si utilizza alluminato di calcio. Nella Fig.7-2 si vede un forno EBT che riversa il suo contenuto in siviera.

Figura 7-2 Forno EBT durante la spillatura.

7.7. Interruzione per la manutenzione

La fase di rotazione segue il completamento della raccolta finché il primo quantitativo di metallo viene riversato nel forno per il riscaldamento. Nel corso di quest’operazione sia gli elettrodi che il coperchio vengono sollevati ed il rivestimento del forno controllato per verificare l'eventualità di danni ai refrattari. Se necessario, si eseguono riparazioni nelle zone centrali, a livello della linea della scoria, nel foro di colata e nella bocca di scarico, utilizzando dei lancia fango e sparando materiale refrattario.Nella maggior parte dei forni moderni, l'impiego crescente di pannelli raffreddati ad acqua ha fatto diminuire la quantità di rivestimenti e collegamenti necessari. Ora in

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molti impianti si procede allo spostamento del fondo del forno ad intervalli regolari (ogni 2-6 settimane) permettendo così un'autonoma manutenzione che consente così di ridurre i tempi di spegnimento dell'EAF e migliorare la produttività. Il periodo di rotazione del forno, che è la fase statica più lunga dell'intero ciclo, in alcune installazioni è passato da 20 a meno di 5 minuti garantendo evidenti vantaggi.

7.8. Bilancio energetico del forno

In teoria sono sufficienti 300 kWh/ton per sciogliere i rottami d’acciaio. Per superare il punto di fusione (1520° C) bisogna utilizzare ulteriore energia e le richieste per raggiungere la temperatura di colata variano (sempre in teoria) tra i 350 e i 370 kWh//ton. Nonostante ciò, la produzione dell’acciaio EAF ha un rendimento del 55-65% e di riflesso l’impiego energetico totale equivalente oscilla tra i 560 e i 680 kWh/ton nelle installazioni più recenti. Questa energia è fornita da diverse fonti quali l’elettricità, i bruciatori di combustibile e le reazioni chimiche esotermiche che avvengono nel bagno. Il loro contributo rispetto alla richiesta totale è del 60-65% per la corrente, del 5-10% per i secondi e del 30-40% per gli ultimi. L’utilizzo dipende fortemente dal materiale disponibile in zona e dal costo dei beni di consumo e tende ad unificarsi per ogni specifica operazione dell’acciaieria. Un bilancio esemplificativo di un EAF, valido sia per forni del passato che moderni, è illustrato in Tabella 8-2.

Tabella 8-2 Bilancio energetico di un EAF

Forno UHP Forno medio-piccolo

Energia elettrica 50–60% 75-85%INPUTS Bruciatori 5-10%

Reazioni chimiche 30-40% 15-25%TOTAL INPUTS 100% 100%

Acciaio 55-60% 50-55%Scoria 8-10% 8-12%

OUTPUTS Acqua di raffreddamento 8-10% 5-6%Altro 1-3% 17-30%Gas di scarico 17-28% 7-10%TOTAL OUPUTS 100% 100%

Dai dati si nota che maggiore è l’energia chimica usata minori saranno i consumi elettrici. L’efficienza del forno è migliorata grazie al procedimento UHP, come indicato dalla più alta percentuale d’energia trattenuta nell’acciaio, anche se esso comporta un aumento delle perdite del sistema idraulico dovute all’utilizzo dei pannelli raffreddati. Nei processi UHP si è registrato un forte aumento della dispersione d’energia con l’estrazione del gas in quanto l’energia immessa è maggiore ed i tempi tra due colate brevi.I valori riportati in Tabella 8-2 dipendono dalla specifica operazione presa in considerazione e possono variare da un impianto all’altro. Fattori quali la composizione dei materiali grezzi, il livello energetico impiegato e le scelte operative (per esempio il preriscaldamento nella fase di post-combustione) possono modificare

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notevolmente il bilancio energetico. Nei processi che impiegano grandi cariche di carbonio o materiali dall’alto contenuto carbonico, fino al 60% dell’energia contenuta nei gas di scarico può diventare calorica a causa dell’elevata presenza di monossido di carbonio non combustibile. L’istituto internazionale per il ferro e l’acciaio (IISI) ha classificato gli EAF in base all’apporto energetico che forniscono per ogni tonnellata di portata del forno. Negli impianti moderni si prevede un minimo di 500 kVA per ogni tonnellata di portata, anche se il resoconto dell’IISI sui forni elettrici mostra che la maggior parte delle nuove installazioni consente di raggiungere i 900-1000 kVA.[18] Per lo più i forni funzionano con un fattore di potenza massimo di 0,85 e, con tali valori, le prestazioni richieste al trasformatore corrispondono ad un impiego massimo di 0,75-0,85 MW per tonnellata di portata.

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8. NUOVI PROCESSI DI FUSIONI DEI ROTTAMI

Da oltre 10 anni nel settore della produzione dell’acciaio sono in corso molteplici cambiamenti riguardanti le pratiche operative e l’applicazione di nuovi processi, nel tentativo di ridurre i costi e migliorare la qualità dei risultati. Sono emerse molte nuove proposte che corrispondono a delle alternative meno dispendiose rispetto alla fusione tradizionale a corrente continua degli EAF. Alcuni degli obiettivi specifici dei suddetti processi prevedono la riduzione di determinate spese del capitale, l’incremento della produttività ed il miglioramento della flessibilità della stessa. Tutte queste procedure condividono una o più delle seguenti caratteristiche:

- l’energia derivata dai gas di scarico viene usata per il preriscaldamento dei rottami;

- il carbonio viene aggiunto al bagno ed è in seguito rimosso tramite l’iniezione di ossigeno che fornirà energia al processo;

- si cerca di bruciare il CO generatosi nel corso della produzione e massimizzare il recupero energetico;

- si tenta di ottimizzare i tempi di attività limitando il più possibile quelli di manutenzione.

L’EOF è stato uno dei primi sistemi di fusione dei rottami che ha utilizzato la post-combustione e il preriscaldamento.Molti processi hanno in comune il preriscaldamento ed è perciò auspicabile descrivere innanzi tutto questo momento allo scopo di fornire i fondamenti per lo sviluppo delle fasi successive.

8.1. Preriscaldamento dei rottami

Il preriscaldamento viene impiegato da oltre 30 anni per rendere le esigenze dell’energia elettrica meno onerose, specialmente nelle zone dove il costo della corrente è elevato (come in Giappone ed Europa). Esso prevede l’uso dei gas caldi per riscaldare i rottami nell’apposito contenitore. Le fonti da cui derivano tali gas possono essere o i gas di scarico o quelli di un bruciatore. La necessità primaria di energia per l’EAF è rappresentata dal riscaldamento dei rottami fino al raggiungimento del loro punto di fusione: inserendoli nel forno già caldi si ottiene un notevole risparmio. Il preriscaldamento previene anche la presenze di rottami umidi che potrebbero recare danni alla struttura del forno ed anche esplosioni. Alcuni fornitori hanno notato che c’è un livello massimo della temperatura di preriscaldamento oltre la quale ulteriori aumenti portano a rese inferiori. Questo punto di inversione varia da 540° fino a 650° C ed è stato calcolato che con temperature comprese tra i 425° ed i 540° si ottiene un risparmio variabile tra i 63 ed i 72 kWh//ton di energia elettrica. All’inizio i dispositivi atti a tale operazione usavano fonti indipendenti per riscaldare i rottami. I risultati quantificavano il risparmio ottenuto, comprendente la minore usura del materiale refrattario e degli elettrodi dovuta al minor tempo tra un ciclo e il successivo, in 40 kWh/ton.[4,18]

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Con la realizzazione dei sistemi d’evacuazione dei gas attraverso il quarto buco, si tentò di utilizzare questi gas per il riscaldamento dei rottami. Il principale beneficio che si ottenne fu la diminuzione delle polveri nella camera dei filtri in quanto le polveri aderivano ai rottami durante il preriscaldamento. Tale utilizzo dei gas è sconsigliabile perché, a causa delle fluttuazioni di temperatura di gas di scarico durante l’intero processo, il controllo risulta difficile. Inoltre la temperatura dei rottami deve essere sempre controllata per evitare danni al contenitore e la combustione o l’adesione di piccoli rottami già dentro lo stesso. In questa fase si raggiungono i 315-450° C ma solo nell’ultima parte del processo, quando i gas entrano nei dispositivi del preriscaldamento.Si ottengono buoni risparmi solo con capacità di 18-23 kWh/ton[4] in quanto oltre tali valori, quando le operazioni del forno si fanno più efficienti ed i tempi tra una colata e l’altra più brevi, il processo è difficile da mantenere. Ad esempio nella Badische Stalwerke i risparmi energetici generati dal preriscaldamento ebbero un calo del 50% quando i tempi tra una colata e l’altra furono diminuiti di un terzo. Alcuni dei benefici attribuiti a tale tecnica sono l’aumento della produttività del 10-20%, la riduzione dei consumi d’energia elettrica, la rimozione dell’umidità dai rottami, il minor consumo dei refrattari e degli elettrodi. Gli inconvenienti principali consistono nel fatto che gli elementi volatili sono rimossi dal rottame, creando così odori e rendendo necessario l’utilizzo di camere di postcombustione per la raffinazione. A questo punto si devono raffreddare i vapori per prevenire che le diossine ed i furani si ricombinino tra loro. Infine, in base alla temperatura, i contenitori potrebbero richiedere l’utilizzo di refrattari.

8.2. Preriscaldamento dei rottami con gas di scarico

Il preriscaldamento con gas di scarico necessita che questo venga deviato verso i contenitori pieni di rottami. Per tempi tra una colata e la successiva inferiori a 70 minuti quest’operazione comporta dei risparmi energetici minimi (tra 15 e 20 kWh/ton) che non giustificano le spese sostenute. Nelle Fig.8-1 e 8-2 sono mostrati alcuni esempi di sistemi di preriscaldamento.

Figura 8-2 Preriscaldatore di rottami nel cesto.

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Figura 8-1 Preriscaldatore di rottami NKK.

8.3. Preriscaldamento dei rottami con gas di naturale

Il preriscaldamento con gas naturale è stato creato negli anni ’60 e solitamente comprende un bruciatore montato su un supporto ricoperto di materiale refrattario sistemato alla sommità del contenitore dei rottami. La temperatura che si raggiunge è limitata a 540-650° C perché valori superiori portano a diminuzioni del rendimento dovute ad ossidazione problematica. I vantaggi consistono nel fatto che il preriscaldamento viene disaccoppiato dalle operazioni EAF e non allunga i tempi tra una colata e l’altra. Per contro l’aumento di temperatura è ottenuto con l’utilizzo di gas naturale che ovviamente costa di più dei gas di scarico.Una delle principali preoccupazioni durante il preriscaldamento dei rottami è che l’olio e gli altri materiali organici hanno la tendenza ad evaporare durante questa fase. Ciò può produrre un’emissione di idrocarburi nell’atmosfera e odori nell’ambiente di lavoro. In alcuni stabilimenti giapponesi si è risolto questo problema installando delle camere di post-combustione dopo le operazioni di preriscaldamento dei rottami. In qualche operazione il preriscaldamento viene realizzato con un forno allargato. E’ stato calcolato che i risparmi sono dell’ordine di 36-40 kWh/ton ed il consumo degli elettrodi diminuisce di 0,4-0,6 Kg/ton. Non sono invece disponibili dati riguardo i costi d’installazione e di mantenimento aggiuntivi per questo tipo di sistema operativo. Anche in Nord America si è rilevato che nella maggior parte dei casi i risparmi ottenuti grazie al tradizionale metodo di preriscaldamento dei rottami non bastano a compensare le esigenze supplementari di svolgimento e mantenimento delle operazioni.

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8.4. K-ES

Il processo K-ES è una tecnologia sviluppata dal Klockner Technology Group unitamente al Tokyo Steel Manufactoring Group. In un secondo momento i diritti relativi al suddetto processo furono acquisiti dalla VAI. Il sistema K-ES si serve di carbone in polvere o a grumi come fonte primaria d’energia. L’ossigeno viene iniettato per ridurre il carbonio a CO, che a sua volta è bruciato nel bordo libero del forno producendo CO2. In questo modo gran parte del calore prodotto durante il processo viene recuperato e trasferito al bagno. In aggiunta l’azione di miscela causata dall’iniezione del gas porta ad una migliore mistura del bagno ed ad un’accelerazione della fusione dei rottami. Tutto il processo è schematizzato nella Fig.8-3, nella 8-4 sono mostrati gli iniettori di carbonio e ossigeno e nella 8-5 il consumo d’ossigeno in funzione di quello di energia elettrica.

Figura 8-3 Processo K-ES.

Figura 8-4 Iniettori di carbonio e ossigeno K-ES.

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Figura 8-5 Consumo totale di ossigeno in funzione del consumo di potenza elettrica in operazioni K-ES.

8.4.1. Sviluppo storico

La prima installazione del K-ES risale al 1986 presso il gruppo di Tokyo, dove un EAF di 30 tonnellate è stato adattato per eseguire dei test riguardanti il processo. Da questo sono emersi una crescita della produttività del 20% e un risparmio energetico di circa 110 kWh/ton e si potuto procedere alla sperimentazione su scala industriale.[18] Nel 1988 le Ferriere Nord (Osoppo, Italia) decisero di installare il processo sui loro EAF di 88 tonnellate. In quel periodo la produzione era di circa 550.000 tonnellate l'anno utilizzando un forno del 1975 originariamente progettato per 220.000 tonnellate. Questo risultato era stato ottenuto mediante la combinazione di un arco lungo con la pratica della scoria schiumosa, un elevato impiego d’ossigeno (32 Nm3/ton), la volta e le pareti raffreddati ad acqua e bruciatori alimentati ad ossigeno. La prima accensione utilizzando il nuovo sistema, comprendente lance di postcombustione, un impianto per l'iniezione del carbone e ugelli per l'iniezione dal fondo, ebbe luogo nel 1989 ed è tuttora in uso.Nel dicembre del 1989 un altro impianto K-ES venne installato in un forno ovale per la spillatura di 82 tonnellate presso le Acciaierie Venete (Padova, Italia). Quest'operazione si differenzia per il fatto che nella fase A l'elettrodo è cavo e viene utilizzato per l'iniezione del carbonio.Il progetto prevede 7 lance di postcombustione montate nella parete del forno che attraversano i pannelli raffreddati ad acqua, e 5 ugelli posizionati nel fondo, tra le pareti e l'elettrodo, per formare un cerchio primitivo. Questa innovazione ha consentito di raggiungere le 2,2 ton/MW. I tempi tra due colate successive durano mediamente 54 minuti, anche se il trasformatore è in grado di fornire un massimo di 45 MW.[41,46]

CLI

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8.4.2. Risultati

Presso la Tokyo Steel il consumo energetico medio nel corso di una serie di prove è stato di 255 kWh/ton con un tasso medio d'iniezione di carbonio di 24 Kg/ton. Questo garantiva una fornitura di energia supplementare di 4-5,5 kWh/Kg rispetto al carbone introdotto ed il tempo di fusione si ridusse da 60 a 48-50 minuti. Il consumo di ferrosilicite e ferromanganese si ridusse a 1,1 Kg/ton. I risultati sono riportati in Tabella 8-1.

Tabella 8-1 Risultati delle analisi della Tokyo Steel su un forno con K-ES

Consumo per ogni tonnellata

Materiale di acciaio liquido Differenza

Tempo di accensione 58 minuti –26 minutiTempo da colata a colata 79 minuti –26 minuti

Produzione 476,000 ton/anno 97,000 ton/annoCarbone 32 kg/ton +27 kg/tonOssigeno 63 Nm3/ton +53 Nm3/tonElettricità 330 kWh/ton –150 kWh/ton

Lime +5.0 kg/tonElettrodi –0.3 kg/ton

FeMn –1.0 kg/tonGas inerti 6.0 Nm3/ton +6 Nm3/ton

Aumento di produzione +33%

Come già descritto in precedenza, dopo le prove sul K-ES compiute presso l'istituto giapponese, un forno delle Ferriere Nord venne convertito a tale sistema. Il consumo di carbonio si è assestato sui 50 Nm3/ton ripartiti come segue: 13 Nm3/ton immerse nel bagno tramite ugelli, 13 Nm3/ton introdotte, sempre nel bagno, grazie ad una lancia d’ossigeno e 18 Nm3/ton aggiunte nello spazio libero attraverso le lance di postcombustione. Mediamente il consumo di carbonio è di circa 20 Kg/ton, salvo che il 30% della carica non sia costituita da ghisa di prima fusione, in tal caso il consumo di carbonio è di 13 Kg/ton. Il consumo di energia elettrica è diminuito di 60 kWh/ton. Un bilancio energetico ha mostrato che i risparmi in elettricità dipendono da un'efficiente postcombustione dei gas del processo nel bordo libero.I migliori risultati alle Ferriere Nord si sono raggiunti in condizioni di 180 kWh/ton, 53 Nm3 O2/ton, 30% di ghisa di prima fusione, tempi tra una colata e l'altra di 35 minuti oppure in una situazione di 255 kWh/ton, 40 Nm3 O2/ton, 100% di rottami e tempi tra due raccolte successive di 53 minuti.Risultati analoghi si ottennero presso le Acciaierie Venete usando un forno Fuchs OBT con K-ES.

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8.5. Processo Danarc

Il processo Danarc della Danieli combina una tecnologia ad elevata impedenza con un'immissione ad alta energia chimica nel forno per raggiungere una buona produttività ed efficienza energetica. La prima installazione di questo tipo è avvenuta in Italia presso le Ferriere Nord e per caratteristiche dell'immissione dell'energia chimica assomiglia ad un K-ES. Gli ugelli sul fondo introducono l'ossigeno ed il carbonio, sulle pareti vengono collocate la lance mentre l'ossigeno per la postcombustione è aggiunto con dei bruciatori. La Fig.8-6 mostra una vista dall'alto di un forno Danarc delle Ferriere Nord.

Figura 8-6 Vista dall’alto di un forno Danarc.

Gli ugelli sono installati sul fondo per distribuire l'ossigeno in tutto il forno e massimizzare il livello di decarburazione. Inserendo solo carbonio, l'area circostante la lancia diventa povera di carbonio e parte dell'ossigeno fa reazione con il ferro. La maggior parte del CO si genera nelle zone vicine al punto di iniezione. Grazie all’alto numero di ugelli, il CO viene disperso dentro il forno migliorando le potenzialità per il recupero del calore attraverso la postcombustione sono ancora maggiori, una buona miscelazione del bagno, e aumenta il controllo della schiuma sulla superficie del bagno.Il gas naturale, l'azoto e il diossido di carbonio vengono impiegati come strato protettivo per gli ugelli d'ossigeno il cui spessore è approssimativamente 0,5 mm per ogni ciclo.[47,49]

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Di solito un reattore viene installato in serie al primario del trasformatore per permettere un'operazione ad elevata impedenza. Questo fa sì che il forno lavori con l'arco lungo (cioè ad alta tensione) e con corrente bassa negli elettrodi il che favorisce la stabilità dell'arco stesso e il minor consumo degli elettrodi. In alternativa, un reattore saturabile fornisce un metodo per ridurre sia la corrente che le oscillazioni dell'energia. Ciò fa diminuire la tensione elettrodinamica nel circuito secondario del trasformatore del forno e il livello delle fluttuazioni nella rete di trasporto. Il principale scopo del reattore è comunque tenere sotto controllo la reattanza e minimizzare le oscillazioni. Esso agisce come una reattanza variabile controllata grazie ad una corrente che lo eccita. La fase di controllo della corrente diventa analoga a quella del forno a corrente continua con un controllo gestito da un tiristore. Tra i molteplici vantaggi di questa soluzione ricordiamo la limitazione delle sollecitazioni elettrodinamiche, la diminuzione delle fluttuazioni dell'energia di reazione e della corrente, il miglior trasferimento di energia durante la fusione, il minor consumo degli elettrodi e il fatto che il cambiatensione a prese intermedie non è indispensabile.I seguenti risultati sono stati ottenuti presso le Ferriere Nord con due composizioni diverse di carica: la prima era costituita dal 82% di rottami e 18% di ghisa di prima fusione fredda, la seconda era formata dal 70% di rottami e dal 30% di ghisa di prima fusione calda. Dalle analisi si rileva che la condizione migliore è la seconda. Si registra, infatti, la diminuzione dei tempi tra due colate successive (da 50 a 45 minuti), i tempi di power on (da 40 a 38 minuti), il consumo energetico (da 270 a 160 kWh/ton), quello degli elettrodi (da 1,6 a 1 Kg/ton), quello dell'ossigeno (da 50 a 40 Nm3/ton) e quello del gas naturale (10 a 2,2 Nm3/ton). Rimane invece praticamente invariata la temperatura di raccolta che si assesta sui 1640-1680° C.[47,49]

8.6. Forno Fuchs shaft

La necessità di ridurre la quantità d’energia da introdurre nel corso delle procedure EAF ha portato allo studio di un forno a tino/ad asse (shaft) presso la Danish Steel Works LTD (DDS).[18,112] Il concetto era quello di caricare i rottami in un pozzo dove sarebbero stati preriscaldati tramite i gas di scarico. I rottami venivano ammassati in una colonna posta ad un’estremità del forno e da lì quest'ultimo veniva alimentato costantemente fino ad esaurimento.Nel gennaio 1990 un preriscaldatore di questo tipo venne modificato divenendo uno dei due EAF da 125 tonnellate della DDS e che restò in funzione per meno di due anni. Le ragioni dell'abbandono furono l'impossibilità di mantenere un adeguato flusso di scorie nel tino e il cambiamento della regolamentazione danese riguardo alle tariffe sull'elettricità che resero poco economica un'operazione basata su tre turni giornalieri. Di conseguenza la DDS non poté passare ad un'operazione che facesse un preriscaldamento basato unicamente sullo shaft.

8.6.1. Forno a singolo shaft

Il progetto del forno Fuchs shaft venne installato presso la Co-Steel Sheerness in Inghilterra nel 1992. [113,114] Quest’installazione è il risultato di un lavoro svolto in Danimarca presso la DET Danske Stavalsevaerk sulla prima e seconda versione del processo. L'impianto è composto dal tipico fondo ovale EAF dotato di archi per le tre

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fasi della corrente. La Fig.8-7 illustra uno shaft che in quest’insediamento risulta relativamente corto e provvisto di un contenitore per i rottami.

Figura 8-7 Forno shaft presso la Co.Steel Sheerness.

Diversamente dall'EOF, non presenta parti mobili e i rottami scendono con continuità nel bagno, dove gli archi elettrici e l'ossigeno producono il metallo grezzo. Il congegno preriscaldatore Fuchs shaft consiste in un asse contrario, vale a dire che si allarga invece di restringersi, appoggiato sul coperchio del forno e decentrato rispetto all'asse di quest'ultimo. L'intelaiatura è montata su una struttura e inclinata per mezzo di 4 cilindri idraulici, posizionati su ciascun angolo della suddetta struttura, il che permette che sia abbassata fino ad un piede (circa 30 cm) dalla sommità del primo secchio, oppure che venga inclinata per le operazioni di spillamento e di descorificazione. Il forno si sposta su 4 binari, 2 posti al centro e 2 più esterni. Le parti rimanenti, il coperchio del forno raffreddato con acqua, lo shaft e la torre di servizio per gli elettrodi, sono invece fisse.L'inserimento dell'energia avviene attraverso un trasformatore a 80 MVA, dei bruciatori ad ossigeno di 6 MW e alcune lance ad ossigeno raffreddate ad acqua.Il ciclo operativo di riscaldamento inizia caricando il primo cesto di rottami. Il forno viene abbassato, terminando la sua corsa contro un reggispinta, ed il carrello è portato in posizione sotto il primo secchio che è sostenuto da una struttura di supporto. Il secchio, caricato con circa 44 tonnellate di rottami, viene aperto a distanza grazie ad alcuni sistemi d’azionamento ad uncino. Quando il forno è stato

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caricato, questo viene rimesso sotto le coperte e risollevato nella posizione superiore. A questo punto il secondo carico, di circa 35 tonnellate, viene riempito fino al livello dello shaft. Il ciclo completo di caricamento dei primi 2 secchi dura mediamente meno di 2 minuti. La fusione ha così inizio e dopo circa quattro minuti gli elettrodi vengono sollevati e l'ultimo secchio viene riempito fino al livello dello shaft. A questo punto il ciclo procede ininterrotto e le 99 tonnellate caricate fondono ad una temperatura di 1640 gradi C in un tempo medio di 34 minuti.Il Fuchs shaft ha portato benefici che vanno da una ridotta produzione di polvere (per il fatto che questa rimane nello shaft) fino ad un minor impiego di ventilatori per lo scarico di gas (in quanto con questo processo la loro produzione è molto bassa). Quando tutto il rottame sta fondendo, lo zinco si volatilizza rapidamente trasformandosi in polvere. Per un forno da 120 tonnellate con un trasformatore da 80 MVA, FUCHS prevede tempi tra una colata e l’altra di 56 minuti con un consumo elettrico di 310 kWh/ton. Queste proiezioni anticipano che l'energia recuperata dai gas di scarico sarà di 72 kWh/ton.I risultati riportati dalla Co-Steel Sheerness PLC hanno messo in evidenza che: [15]

1 si produce acciaio liquido, grazie ad un’elevata riconversione del FeO dei rottami, con un risultato medio del 93,5%.

2 Il volume delle polveri prodotte dalla combustione in un forno shaft è del 20% inferiore rispetto a quella generata dal forno tradizionale (14 Kg/ton invece di 18 kg/ton per billetta prodotta).

3 La composizione chimica della polvere di combustione è cambiata col processo shaft e in particolare l'ossido di zinco è salito dal 22 al 30%, mentre la calce è diminuita dal 13 al 5%.

4 L'energia necessaria per i ventilatori per i fumi di scarico è minore e passa da 19,3 a 10 Kwh/ton per billetta prodotta grazie al ridotto volume dei gas.

La Tabella 8-2 mostra i diversi risultati emersi durante le differenti prove condotte presso la Co-Steel Sheerness.

Tabella 8-2 Risultati delle prove condotte dalla Co-Steel Sheerness sui forni Shaft

Vecchi forni Ricarica Shaft standard Trial Shaft Charge

Energia elettrica 467 327 250(kWh/ton per billetta)

Ossigeno bruciato 3.0 20.0 3.2(Nm3/ton per billetta)

Ossigeno lanciato 10.9 10.0 5.0(Nm3/ton per billetta)

Gas naturale bruciato 1.5 10.0 16.0(Nm3/ton billetta)

Come si può notare l'energia di combustione è cresciuta considerevolmente nelle prove più recenti. L'efficienza del bruciatore ha raggiunto valori molto più alti rispetto a quelli dei forni convenzionali dato che in essi la fiamma viene a contatto con i rottami freddi per un tempo più lungo. Infine il contenuto di CO nei gas di

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scarico è stato monitorato per regolare il flusso d'ossigeno verso i bruciatori e per sostenere la post combustione del CO alla base dello shaft.Fuchs presenta altri singoli forni shaft dal design analogo che operano in Turchia, Cina, Malesia e alla North Star Steel in Arizona. L'ultimo tipo, illustrato nella Fig.8-8, è alimentato con un trasformatore DC e presenta un forno ABB DC.[116]

Figura 8-8 Forno shaft in azione alla North Star, Kingman, Arizona.

8.6.2. Il forno a doppio shaft (DSF)

Per aumentare la capacità produttiva di un forno con trasformatore fino a 1 milione di tonnellate l'anno, è stato progettato il forno a doppio shaft. Attualmente ce ne sono due operativi in Europa, presso la SAM in Francia e la ARBED in Lussemburgo (Fig.8-9).Entrambi sono forni di 95 tonnellate AC ad alta impedenza che, quando utilizzati a pieno carico, producono una quantità d'acciaio di oltre 1 milione di tonnellate l'anno. Questo tipo di forno impiega un trasformatore e un insieme di elettrodi per tutte e due le intelaiature.

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Figura 8-9 Forno a doppio shaft in funzione ad ARBED.

La Noth Star BHP Steel Ltd ha avviato il primo forno a doppio shaft negli Stati Uniti. Esso ha un peso di 180 tonnellate e utilizza un trasformatore a corrente alternata che arriva ai 140 MVA e che opera con un voltaggio secondario di 1200-1300 V. La sua capacità ha raggiunto le 1,7 milioni di tonnellate l'anno. In tale impianto tutto il rottame può essere preriscaldato e i consumi di energia elettrica previsti sono di 100-120 kWh/ton rispetto ad un'EAF dotato di un'unica intelaiatura e basata su un carico di rottami al 100%. La Noth Star BHP Steel Ltd prevede di utilizzare ghisa di prima fusione o/e DRI/HBI come parte della carica. Questo tipo di forno si adatterebbe anche all'impiego di cementite.La tendenza ad un uso maggiore d’energia fossile nei forni ad arco elettrico destinati alla produzione dell'acciaio porta ad un aumento dell'energia latente nei gas di scarico, dovuta principalmente alla presenza di CO. Le rilevazioni indicano un valore di tale perdita pari a 170-190 kWh/ton in un’operazione con un EAF standard con intelaiatura singola. Inoltre, invece di utilizzare l'energia per far circolare l'acqua nel sistema di condotte per raffreddare i gas caldi, essa potrebbe essere impiegata per riscaldare e fondere i rottami, come nei forni shaft.Il forno a doppio shaft presso la SAM (vedi Tabella 8-3) opera solitamente con la stessa carica di rottami, che consiste in 25% di ferraglia pesante, 30% di pezzi sminuzzati, 5% di materiale riciclato proveniente dal Comune, 15% di fogli di metallo galvanizzati, 10% di pezzi torniti e 15% di scarti leggeri.

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Tabella 8-3 Dati su un forno AC con doppio Shaft (SAM)

Capacità del forno 115 tonDiametro del forno 6.3 mQuantità spillata 99 tonLiquid Heel 11 tonCapacità del trasformatore 95 MVAPotenza attiva 60 MWDiametro dell'elettrodo 600 mmBruciatori d'ossigeno 7 x 3 MW (ea)Lance di carbonio 2 x 35 Nm3/minAgitamento del forno 5 elementi — azoto

Il tutto viene suddiviso in tre secchi dei quali il primo è rotondo, contiene il 50% della ferraglia e serve per caricare il forno mentre gli altri due sono rettangolari, contengono ciascuno il 25% dei rottami e sono impiegati per riempire lo shaft. Quando l'intelaiatura (A) sta spillando, gli elettrodi si spostano verso l'altra intelaiatura (B) per dare inizio alla fusione. I procedimenti di perforamento si svolgono con un voltaggio di 750 V, mentre per quelli di fusione si sale a 900 V. Sei bruciatori collocati sul fondo dello shaft contribuiscono allo scioglimento del metallo. Il contenitore A, una volta terminata la spillatura, viene riempito col 75% della carica totale, mentre il rimanente 25% viene caricato nello shaft. Quando il contenitore B è pronto per la spillatura, gli elettrodi tornano verso il contenitore A per riavviare il ciclo di fusione.[117]I dati sui consumi riportati dalla SAM e dalla ARBED sono riassunti rispettivamente nelle Tabelle 8-4 e 8-5.

Tabella 8-4 Consumi dell’impianto SAM

Giorno migliore Migliori 4 giorni

Mix di carico Rottami 100% Rottami 100%Energia elettrica 320 kWh/ton 338 kWh/ tonConsumo dell'elettrodo 1.3 kg/ ton 1.45 kg/ tonLance d'ossigeno 10.3 Nm3/ ton 11.8 Nm3/ tonBruciatori d'ossigeno 11.8 m3/ ton 12.7 Nm3/ tonGas 6.5 Nm3/ ton 6.2 Nm3/ tonRicarica di carbonio 7.5 kg/ ton 7.6 kg/ tonScoria schiumosa 6.7 kg/ ton 5.4 kg/ tonLime 35.2 kg/ ton 39.5 kg/ tonTempo di accensione 40 min. 45.5 min.Resa 91.5%

Tabella 8-5 Consumi all’ARES Schifflange

Energia elettrica 298 kWh/ tonConsumo dell'elettrodo 1.23 kg/tonOssigeno 22.0 Nm3/tonGas 5.9 Nm3/tonTempo di accensione 39.2 min.

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8.6.3. Il forno verticale finger

Vari studi hanno mostrato che nelle operazioni a bagno piatto i gas in uscita contengono una quantità di calore maggiore rispetto alle altre condizioni di funzionamento. Ciò è dovuto all’assenza di rottami che assorbono l’energia dal gas che lascia il forno. Esiste dunque un ampio potenziale energetico che può essere usato per preriscaldare i rottami. Nelle operazioni con alimentazione continua di unità di ferro ad alto carbonio (per esempio DRI o carburo di ferro) tale livello è molto alto a causa dell’alto contenuto di monossido di carbonio.Per sfruttare quest’energia che altrimenti andrebbe persa, sono stati sviluppati i forni a tino Finger con colate che variano da 77 a 165 tonnellate e che si trovano a Hylsa, Cockerill Sambre, Swiss Steel AG e Birmingham Steel. L’impianto messicano di Hylsa a Monterrey è stato sviluppato da Fuchs, produce 150 tonnellate per colata, ed è fatto funzionare da un trasformatore a corrente diretta da 156 MVA che usa l’elettrodo di fondo a corrente diretta raffreddato ad acqua Nippon Steel (elettrodo di fondo a tre billette). I consumi sono riportati nella Tabella 8-6.

Tabella 8-6 Consumi dell’impianto di Hylsa

Mix di carico 50% Rottami, 50% DRIEnergia elettrica 394 kWh/tonConsumo dell'elettrodo 0.9 kg/tonLance d'ossigeno 20 Nm3/tonBruciatori d'ossigeno 8.1 Nm3/tonGas naturale 3.6 Nm3/tonRicarica di carbonio 9 kg/tonScoria schiumosa 4.5 kg/tonTempo di accensione 48 min.Temperatura di colata 1620°C

Il carico del forno è composto dal 45% di rottami e dal 55% DRI e viene introdotto durante il tempo di accensione di 50 minuti del forno. Metà dei rottami è caricata su un sistema finger raffreddato ad acqua nell’albero durante il periodo di raffinazione della precedente colata. L’altra metà dei rottami viene caricata sul finger dopo che il primo carico è stato fatto cadere nel forno ed è iniziato il riscaldamento.La volta del forno e l’albero stanno su un carrello che si muove su rotaie montate sulla porta della scoria e sui lati di colata del forno. Per iniziare una colata l’elettrodo viene sollevato e portato lontano dal forno. L’albero viene spostato in posizione sopra il centro del forno e le dita sono ritratte in modo che i rottami preriscaldati vengano caricati nel piede liquido. La volta è poi riposizionata al suo posto e l’elettrodo ritorna alla sua posizione di funzionamento. Un secondo carico di rottami viene aggiunto all’albero e DRI viene alimentato continuamente durante la fusione. Una volta che il primo carico di rottami si è sciolto, il secondo carico viene aggiunto nel centro del forno.Il voltaggio è di 400 V durante la perforazione iniziale, passa 550 V una volta che l’elettrodo è penetrato a circa un metro e si stabilizza sui 635 V nel rimanente tempo di fusione.

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Durante la raffinazione del secondo carico, il primo carico per la colata viene preriscaldato nell’albero. Nel corso della fusione dei rottami si usano bruciatori ossigeno-combustibile e i piani futuri prevedono di farli funzionare con un eccesso di ossigeno per la post-combustione del CO.Un forno verticale finger funziona al momento alla Swiss Steel AG (Von Roll). Questo forno è stato convertito solo in cinque settimane ed è alimentato con un trasformatore a corrente alternata ad alta impedenza. Si è ottenuto un miglioramento del 55% nella produttività e si colano 79 tonnellate di acciaio ogni 37 minuti. Le cifre di consumo riportate sono presentate nella Tabella 8-7.

Tabella 8-7 Consumi alla Swiss Steel AG

Mix di carico 100% RottamiEnergia elettrica 260 kWh/tonConsumo dell'elettrodo 1.3 kg/tonLance d'ossigeno 14.4 Nm3/tonBruciatori d'ossigeno 11.8 Nm3/tonGas naturale 5.1 Nm3/tonRicarica di carbonio 5.5 kg/tonScoria schiumosa 2.7 kg/tonTempo di accensione 28 min.Temperatura di colata 1620°C

Questi dati di funzionamento indicano che nel futuro è probabile che si raggiungano tempi da colata a colata di 30 minuti.La Paul Wurth S.A. ha installato un forno verticale finger a corrente continua di 154 tonnellate a Cockerill Sambre in Belgio brevettato da Fuchs. La caratteristica unica di questo forno verticale è che il 20-50% del carico può essere ferro liquido con un contenuto di carbonio del 4%. L’operazione utilizza il sistema brevettato Paul Wurth di caricamento del metallo caldo.[118] Quest’operazione utilizza quattro billette raffreddate ad acqua come elettrodo di fondo. Il sistema di caricamento del metallo caldo è una tecnologia sviluppata da Paul Wurth basandosi su prove condotte in vari impianti ISCOR in Sud Africa. Il metallo caldo è caricato attraverso un trogolo laterale nel forno come mostrato nella Fig.8-10.Questo sistema permette il caricamento continuo di 44 – 60 tonnellate di metallo caldo al forno in un periodo di 15-20 minuti. Il forno è collocato entro un recinto per minimizzare le emissioni di fumo al reparto.La Fig.8-11 mostra la sequenza di funzionamento del sistema di caricamento a siviera del metallo caldo.

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Figura 8-10 Fondo di un forno shaft con canale di caricamento.

Figura 8-11 Fasi del caricamento del metallo caldo: 1. arrivo della siviera 2. la copertura della siviera viene tolta 3. caricamento del metallo.

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Le cifre di consumo riportate a Cockerill Sambre sono riferite nella Tabella 8-8.

Tabella 8-8 Consumo(Cockerill Sambre)

34% Ricarica di metallo fuso 100% Ricarica di rottami

Energia elettrica 187 kWh/ton 290–310 kWh/tonPower On To Tap <40 min.Ossigeno 23–27 Nm3/tonGas naturale 5.5–7.3 Nm3/tonRicarica di carbonio 9–13.5 kg/tonTempo di accensione 50–55 min.Temperatura di colata 1620°C

Paul Wurth, basandosi su varie prove di impianto, ha sviluppato un’equazione di sostituzione per il valore equivalente di metallo caldo nel forno:[118]

1 tonnellata di metallo caldo + 22,7 kg di calce = 0,92 tonnellate di rottami + 45 kg di carbone + 300 kWh di elettricità

8.7. Processo Consteel

Il processo Consteel è stato sviluppato da Intersteel Technology Inc. che si trova a Charlotte, North Carolina. Questo è un altro processo che si basa sul recupero di calore dal gas in uscita. In questo caso i rottami attraversano un lungo tunnel di preriscaldamento su un nastro trasportatore e sono preriscaldati dal gas in uscita mentre vanno verso il forno. Il gas in uscita scorre contro corrente rispetto ai rottami. L’EAF mantiene un crogiolo liquido a seguito della colata. La Fig.8-12 illustra gli elementi chiave del sistema.

Figura 8-12 Componenti principali di un processo Consteel

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8.7.1. Sviluppo storico

La Nucor Steel Corporation è stata la prima compagnia ad affidarsi ad un’applicazione industriale della tecnologia Consteel. Nel 1985 Consteel è stato introdotto in un impianto Nucor esistente situato a Darlington, South Carolina. A causa di restrizioni di spazio, l’installazione è stata progettata con una curva a 90° nel percorso del trasportatore ed una sezione di preriscaldatore relativamente breve. Queste due limitazioni hanno dato luogo a problemi di alimentazione dei rottami e di preriscaldamento e così l’unità ha funzionato per diciotto mesi ed è stata poi chiusa. Nonostante ciò diversi concetti chiave sono stati confermati da questo prototipo che è stato poi rimesso in funzione nel 1987.Una riserva costante di metallo caldo agiva come volano termico, aumentando l’efficienza della fusione dei rottami. Inoltre mantenere la temperatura del bagno entro un intervallo adatto ha assicurato un equilibrio costante tra il metallo e la scoria ed una continua ebollizione del carbonio, che dava origine ad un bagno omogeneo in temperatura e composizione. La schiumatura della scoria poteva essere controllata continuamente e precisamente, caratteristica molto importante per un funzionamento di successo.La prima dimostrazione greenfield del processo Consteel è stata realizzata presso Ameristeel a Charlotta, North Carolina. Questa sistemazione comprendeva un nuovo reparto di fusione costruito parallelamente a quello esistente. In questo caso il sistema di alimentazione continua dei rottami ed il preriscaldatore erano tutti collegati. I rottami erano portati con dei carrelli ad una stazione di carico passando attraverso un preriscaldatore da lì al forno. La progettazione del preriscaldatore, che era concepito per riscaldare i rottami a 700°C, includeva una camera di post-combustione per il controllo delle emissioni di monossido di carbonio, anche se questa non è mai stata messa in funzione. Particolare enfasi era posta sul fornire una guarnizione a tenuta idraulica al preriscaldatore.[119]Il sistema Contifeeding consiste di tre trasportatori a cascata, ognuno profondo 1,5 metri (5 ft.) × 0,3 metri (1 ft.) × 60 metri (200 ft.) di lunghezza. Un tunnel rivestito di materiale refrattario copre il trasportatore e la guarnizione di tenuta idraulica impedisce all’aria esterna di penetrare tra la copertura ed i pannelli del trasportatore. Sul trasportatore vengono caricati al forno rottami a stracci, trucioli e rottami leggeri. Una barra livellatrice al termine del carico dei rottami mantiene un’altezza massima dei rottami di 0,45 metri (18 in.) sul trasportatore. Il preriscaldatore dei rottami è lungo 24 metri (80 ft.) con 60 bruciatori di gas naturale di 7,0 Nm3/min. (250 scfm) di capacità montati nella volta del preriscaldatore. Temperature di preriscaldamento di 700°C sono raggiunte usando il gas in uscita dal forno ed i bruciatori. In un secondo tempo questi sono stati in quanto si raggiungeva un sufficiente preriscaldamento usando solo gas in uscita dal forno. La caratteristica del forno è un EAF EBT da 75 tonnellate progettato per colare 40 tonnellate, con un crogiolo di 30-35 tonnellate e con un tasso di alimentazione dei rottami di circa 680 kg/min. (1500 libbre/min.). Per l’accensione da freddo, il forno viene caricato dall’alto ed i rottami iniziano a fondere, grazie anche ad un bruciatore della porta della scoria che accelera questo passaggio, e si alimenta così il crogiolo. L’energia elettrica viene fornita attraverso un trasformatore di 30 MVA attraverso elettrodi di 20 pollici ed i tempi risultanti da colata a colata sono di circa 45 minuti. Altri impianti includono iniezione nel bagno di carbonio e ossigeno per produrre una scoria schiumosa ed un sistema pneumatico d’iniezione della calce. Oltre all’operazione all’Ameristeel

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diversi altri stabilimenti, fra cui Kyoei Steel (Nagoya), Nucor Steel Darlington e New Jersey Steel, hanno installato Consteel nei loro impianti.

8.7.2. Considerazioni fondamentali di funzionamento

La chiave per ottenere buoni risultati di funzionamento con il sistema Consteel è basata sul controllo contemporaneo di diversi parametri di funzionamento: la temperatura del bagno, il tasso d’alimentazione dei rottami e la composizione dei rottami, il tasso d’iniezione dell’ossigeno, i livelli di carbonio nel bagno e la composizione della scoria.Si può dimostrare che un disequilibrio in uno qualsiasi di questi parametri di funzionamento ha un effetto ad onda attraverso l’intero processo. Di solito la dimensione del piede liquido è di 1,4 tonnellate l’input di energia in MW.La composizione della scoria è molto importante perché senza una buona schiumatura è difficile seppellire l’arco e si registrano importanti perdite di calore e danni al forno. Per una buona schiumatura della scoria il contenuto di FeO è mantenuto attorno al 15%. La continua evoluzione di CO nel bagno è fondamentale per mantenere le temperature di preriscaldamento dei rottami.Circa il 70-75% del CO generato nel forno è disponibile come carburante nel preriscaldatore. Nel primo 30% di quest’ultimo si mantiene un’atmosfera di riduzione per controllare l’ossidazione dei rottami. La combustione completa di CO e VOC che evolvono dalla scoria è raggiunta prima che i gas della canna fumaria escano dal preriscaldatore.L’operazione Consteel può essere alimentata con una varietà di tipi di rottami. La condizione primaria è che la dimensione sia inferiore all’ampiezza del trasportatore per minimizzare i possibili intoppi dei rottami nel sistema di alimentazione. I mucchi possono essere usati, ma non si trae molto vantaggio dal loro preriscaldamento. I migliori risultati si ottengono quando si usano rottami sfusi, sminuzzati, che sono leggeri ed hanno un’ampia area di superficie per il trasferimento del calore dai gas caldi in uscita. I rottami ad alto carbonio, come la ghisa di prima fusione, possono essere usati, ma devono essere distribuiti nel carico per mantenere un livello uniforme di carbonio nel bagno. L’HBI può essere caricato nel preriscaldatore con i rottami mentre il DRI solo nella sezione del preriscaldatore con un’atmosfera di riduzione.La chiave per un buon funzionamento è mantenere omogeneità dell’alimentazione di rottami in modo che la composizione del bagno rimanga entro limiti prestabiliti. Anche la densità e la permeabilità dei rottami devono essere ottimizzate in modo che il tempo di residenza nell’albero del preriscaldatore sia quello desiderato, assicurando così un sufficiente preriscaldamento dei rottami. Intersteel ha raccolto i dati più recenti sulle installazioni esistenti e future (Tabella 8-9).

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Tabella 8-9 Risultati operativi alla Consteel

AmeriSteel Kyoei NucorFacility Charlotte Nagoya Darlington

Data inizio attività Dic. 1989 Ott. 1992 Sett. 1993Produttività 54 ton/hr 140 ton/hr 110 ton/hrTipo di EAF AC DC DCNuovo/Ammodernato Nuovo Nuovo NuovoPotenza del trasformatore 24 MW 47 MW 42 MWPowerPotenza 370 kWh/ton 300 kWh/ton 325 kWh/tonOssigeno 22 Nm3/ton 39 Nm3/ton 33 Nm3/tonElettrodi 1.75 kg/ton 1.14 kg/ton 1.0 kg/tonResa 93.3 94 93

Tabella 8-9 Risultati operativi alla Consteel

New ORIJersey Martin N.S.M.

Facility Steel Italy Thailand

Data inizio attività Mag. 1994 On Hold fine 1997Produttività 95 ton/hr 87 ton/hr 229 ton/hrTipo di EAF AC AC ACNuovo/Ammodernato Ammodernato Ammodernato NuovoPotenza del trasformatore 40 MW 31 MW 95 MWPowerPotenza 390 kWh/tonOssigeno 23 Nm3/tonElettrodi 1.85 kg/tonResa 90

Si noti che alcune delle cifre sopra riportate rappresentano i record di consumo unitari.

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8.8. Forno ad arco elettrico ad intelaiatura gemella

8.8.1. Sviluppo storico

Tra le nuove tecnologie in fase di sviluppo, il forno ad intelaiatura gemella genera molto interesse. Essenzialmente questa tecnologia è simile al preriscaldamento tradizionale dei rottami con l’eccezione che il preriscaldamento dei rottami si verifica nell’intelaiatura del forno invece che nel secchio. Lo studio originale sul preriscaldamento dei rottami interno al forno si è svolto in Svezia, dove SKF ha fatto un’installazione che aveva una singola fornitura d’energia e due intelaiature del forno. All’inizio degli anni ’80 la Nippon Steel ha sviluppato un processo ad intelaiatura gemella per la produzione dell’acciaio inossidabile, Fig.8-13.

Figura 8-13 Schematizzazione del forno ad intelaiatura gemella della Nippon Steel.

Gli obiettivi principali sono uguali a quelli di altre tecnologie che si stanno sviluppando, ma in più i tempi del ciclo sono simili a quelli per le operazioni BOF grazie alla minimizzazione dei tempi di spegnimento.

8.8.2. Descrizione del processo

Questo tipo di operazione consiste di due intelaiature del forno ed un insieme di bracci dell’elettrodo che sono usati alternativamente su un’intelaiatura e poi sull’altra. I rottami sono caricati nell’intelaiatura che non ha iniziato il ciclo di fusione e qui sono preriscaldati dal gas in uscita dal forno che sta fondendo. Per facilitare quest’operazione, si può anche usare un bruciatore che fornisce calore supplementare. Maggiore è il preriscaldamento e minore sarà l’energia consumata.Alcune progettazioni primitive proponevano una torre di servizio che si muoveva lungo una rotaia da un’intelaiatura all’altra. La maggior parte delle progettazioni ora usa una volta e bracci dell’elettrodo che possono spostarsi tra le due intelaiature. Di

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solito un’installazione ad intelaiatura gemella consiste di due recipienti identici con un’intelaiatura inferiore, una superiore, la volta e un insieme di bracci dell’elettrodo e supporti di sollevamento con una fornitura di energia tradizionale.È interessante notare che diversi delle recenti richieste per le installazioni ad intelaiatura gemella hanno optato per il funzionamento a corrente continua. Ciò è dovuto al fatto che c’è solo un braccio dell’elettrodo da ruotare tra le due posizioni di funzionamento. Un’altra variazione introdotta è che alcune operazioni hanno un albero e braccio dell’elettrodo per ogni forno ed hanno un interruttore che permette la condivisione di un trasformatore comune.Sono stati suggeriti diversi modi di funzionamento per l’operazione ad intelaiatura gemella. Il ciclo di funzionamento della Nippon Steel consiste di solito di due fasi: il preriscaldamento dei rottami e la fusione. Il forno viene caricato solo una volta ed in questo modo la produzione per ogni colata è inferiore alla reale capacità del forno.Nel caso dell’installazione Nippon Steel a POSCO, l’operazione è a due carichi ed il 60% del carico totale è preriscaldato durante la fase di fusione nel secondo forno. In questo modo il secondo carico (il 40% del totale) non viene preriscaldato nel forno. Il ciclo di funzionamento proposto da Clecim è simile a quello a POSCO.Il ciclo di funzionamento Mannesmann Demag è piuttosto differente per il fatto che l’operazione usa due carichi ma l’energia è alternata tra i forni durante i carichi. In questo modo un forno fonde il suo primo carico mentre l’altro preriscalda il suo primo carico. Una volta che il primo carico è fuso, il secondo viene fatto cadere e l’energia viene deviata al primo carico preriscaldato. In questo modo viene preriscaldato anche il secondo carico come il primo durante il ciclo di preriscaldamento per il secondo carico. Per accelerare il preriscaldamento e la fusione si utilizzano il lancio di ossigeno o i bruciatori ossigeno. Questo metodo di funzionamento massimizza il recupero di calore dal gas in uscita ma richiede un controllo del processo molto preciso per preservare dal raffreddamento il crogiolo fuso nel forno durante la fase precedente al calore.

8.8.3. Risultati di funzionamento

8.8.3.1. Nippon Steel

In quest’operazione c’è solo un carico per colata. Mentre un carico si sta fondendo un secondo carico è riscaldato nella seconda intelaiatura. Il gas di combustione da un bruciatore nella seconda intelaiatura viene mescolato con il gas in uscita dalla prima intelaiatura per dare una temperatura costante di 900°C per il preriscaldamento nel secondo recipiente. Il gas in uscita rimanente da entrambe le intelaiature è usato per preriscaldare i rottami in un secchio di rottami. La richiesta netta di energia elettrica è di 260 kWh/ton che è del 29% più basso che per i due forni tradizionali che sono stati sostituiti dall’operazione ad intelaiatura gemella.

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8.8.3.2. Davy-Clecim

L’installazione Clecim ad Unimetal Gandrange ha portato a termine la sua prima colata nel luglio 1994. Questo stabilimento è a corrente continua con l’elettrodo di fondo a billetta Clecim raffreddato ad acqua. Le intelaiature hanno una capacità nominale di 165 tonnellate con un diametro di 7,3 metri e hanno un volume di funzionamento di circa 200 m3 che mette in grado il forno di operare con un unico carico per ogni calore. La capacità stimata del trasformatore installato è di 150 MVA con un voltaggio massimo del secondario di 850 V. Ogni intelaiatura ha quattro elettrodi di fondo a billetta. L’elettrodo di grafite oscilla tra i due forni come richiesto. Ogni intelaiatura ha un manipolatore con ossigeno consumabile e lance d’iniezione di carbonio. Inizialmente continuavano a funzionare operazioni di fabbricazione dell’acciaio integrale che portavano ad ampi ritardi del forno dovuti alla logistica dei movimenti entro il reparto. Quest’operazione dava luogo a problemi con la fiammata dell’arco, dovuti alla configurazione dei tubi di linea dell’anodo, e perciò quest’ultima è alterata per garantire un corretto funzionamento. L’installazione ProfilArbed è stata fatta partire alla fine del 1994 ed è mostrata nella Fig.8-14.

Figura 8-14 Forno ad intelaiatura gemella in funzione a ProfolArbed.

Diverse recenti installazioni d’intelaiature gemelle sono state realizzate in Nord America, come ad esempio a Steel Dynamics, Gallatin Steel, Tuscaloosa Steel e Nucor-Berkeley. La Fig.8-15 mostra l’operazione a Tuscaloosa Steel.

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Figura 8-15 Forno ad intelaiatura gemella in funzione a Tuscaloosa Steel.

8.9. Processi in sviluppo

Basandosi sul successo di diverse delle tipologie di preriscaldamento dei rottami (Consteel, forno verticale Fuchs, EOF), al momento attuale si stanno sviluppando diverse nuove tecnologie di tipo ad albero. Esse vengono mostrate in questa sezione.

8.9.1. Ishikawajima-Harima Heavy Industries (IHI)

L’IHI sta attualmente sviluppando un tipo di forno ad albero di preriscaldamento basato sulla tecnologia ad elettrodo gemello a corrente continua. La prima installazione commerciale è stata iniziata presso l’impianto Utsunomiya di Tokyo Steel. Il forno a corrente continua è di forma ovale con due elettrodi di grafite e due elettrodi di fondo che consistono di mattoni conduttivi del letto di fusione (come per la progettazione del forno a corrente continua ABB). Ci sono due forniture di energia a corrente continua che sono controllate individualmente. La linea di alimentazione è sistemata in modo che i due archi si defletteranno verso il centro del forno. Di conseguenza l’energia sarà concentrata in tale zona ed il carico termico verso le pareti del forno sarà basso se paragonato ad un forno convenzionale.

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Grazie a ciò sono usate pareti in materiale refrattario invece di pannelli raffreddati ad acqua, riducendo in questo modo la perdita di calore. I rottami sono caricati nel forno tra gli elettrodi. Il forno manterrà un alto piede liquido (110 tonnellate di crogiolo, 140 tonnellate di peso di colata) in modo che possano essere mantenute condizioni uniformi di funzionamento (in modo simile al concetto Consteel). L’acciaio cola ad intervalli prestabiliti attraverso un foro di colata posto nel fondo nel forno. Il sistema di caricamento dei rottami consiste di due elementi principali, la camera di preriscaldamento e l’attrezzatura di caricamento. I rottami vengono alimentati nella parte superiore della camera da una tramoggia di ricevimento. Il gas esausto dal forno scorre attraverso la camera, preriscaldando i rottami. Nell’impianto pilota si raggiungevano temperature di preriscaldamento dei rottami anche di 800°C mentre le temperature di uscita dei gas dalla camera erano di 200°C. Alla base della camera di preriscaldamento ci sono due spingitoi che funzionano in due fasi, permettendo ai rottami di essere alimentati nel forno ad un tasso costante. Il gas in uscita lascia la parte superiore della camera di preriscaldamento e viene filtrato. Una parte del gas può essere riciclata per regolare la temperatura del gas in entrata al preriscaldatore.

8.9.1.1. Funzionamento

I rottami sono introdotti continuamente nel forno fino a che non si raggiunge il peso del bagno desiderato. A ciò segue un breve periodo di raffinazione o riscaldamento che porta alla colata. La richiesta di energia è quasi uniforme durante tutto il processo. Il caricamento dei rottami nel preriscaldatore sarà completamente automatizzato in base all’altezza dei rottami nella camera. L’iniezione di carbonio e ossigeno sarà controllata basandosi sulla profondità della scoria schiumosa. [121]I risultati operativi sono riportati nella Tabella 8-10 e nella Fig.8-16 c’è la schematizzazione del forno

Tabella 8-10 Risultati operativi alla Tokyo Steel    

Impianto di Utonomiya Impianto di Takamatsu

Tempo da colata a colata 60 min. 45 min.Tempo di accensione 55 min. 40 min.Consumo di potenza 236 kWh/ton liquido 236 kWh/ton liquidConsumo dell'elettrodo 1.0 kg/ton liquido 1.0 kg/ton liquidConsumo dell'ossigeno 28 Nm3/ton liquido 25 Nm3/ton liquidConsumo del carbonio 27 kg/ton liquido 25 kg/ton liquid

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Figura 8-16 Forno shaft IHI.

8.9.1.2. Funzionamento

I rottami vengono introdotti continuamente nel forno fino a che non si raggiunge il peso del bagno desiderato. A ciò segue un breve periodo di raffinazione o riscaldamento che porta alla colata. La richiesta d’energia è quasi uniforme durante tutto il processo. Il caricamento dei rottami nel preriscaldatore sarà completamente automatizzato in base all’altezza dei rottami nella camera. L’iniezione di carbonio e ossigeno sarà controllata basandosi sulla profondità della scoria schiumosa. I risultati presentati nella Tabella 8-10 sono stati riportati per il forno verticale IHI.[121]

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Tabella 8-10 Risultati operativi alla Tokyo Steel    

Impianto di Utonomiya Impianto di Takamatsu

Tempo da colata a colata 60 min. 45 min.Tempo di accensione 55 min. 40 min.Consumo di potenza 236 kWh/ton liquido 236 kWh/ton liquidConsumo dell'elettrodo 1.0 kg/ton liquido 1.0 kg/ton liquidConsumo dell'ossigeno 28 Nm3/ton liquido 25 Nm3/ton liquidConsumo del carbonio 27 kg/ton liquido 25 kg/ton liquid

8.9.2. VAI Comelt

La VAI ha lavorato su una nuova progettazione di forno chiamata Comelt (Fig.8-17). Questo forno comprende un albero e quattro elettrodi di grafite che possono essere mossi individualmente e che sporgono nel forno formando un angolo. Un anodo di fondo è installato nel centro del letto di fusione e la fornitura di energia è a corrente continua. La parte inferiore dell’albero contiene aperture per le aggiunte di calce e carbone attraverso un sistema di contenitori. La parte superiore dell’albero ha una porta laterale per il caricamento dei rottami, che avviene per mezzo di un nastro trasportatore, ed un’apertura attraverso la quale scorrono i gas in uscita.Il forno consiste di un recipiente inclinabile e di un albero fisso che sono collegati con un anello dell’albero che si può muovere. Il forno utilizza un sistema di colata dal fondo eccentrico e l’intera struttura del recipiente si trova su una cornice di supporto inclinabile. La parte superiore del recipiente, l’albero e l’anello dell’albero sono tutti rivestiti con pannelli raffreddati ad acqua.

Figura 8-17 Componenti principali del forno VAI Comelt.

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L’albero è compreso in una struttura d’acciaio che si trova su un carrello grazie al quale può compiere i movimenti richiesti. L’anello dell’albero fornisce una connessione ermetica tra il recipiente del forno e l’albero.

8.9.2.1. Descrizione del processo

Dopo la colata, il forno viene caricato attraverso l’albero fino all’80% del peso totale di carico, calce e carbonio. Dopo il caricamento, la porta di carico in cima all’albero viene chiusa e gli elettrodi si portano in posizione di funzionamento. I bruciatori ossigeno – combustibile della porta sono usati per liberare un’area per l’inserimento di lance ad ossigeno che iniziano immediatamente ad iniettare ossigeno nel crogiolo. Lance supplementari più in alto nel forno forniscono ossigeno di post-combustione. Mentre i rottami si fondono e l’albero inizia a svuotarsi, si aggiungono rottami supplementari all’albero. La sistemazione dell’elettrodo permette al flusso di gas di penetrare nei rottami e poi di incanalarsi attraverso la colonna dei rottami massimizzando così il recupero di calore.VAI ha fatto una proiezione secondo la quale, a causa del grande investimento richiesto per i sistemi elettrici per gli elettrodi, il costo capitale per Comelt sarà superiore a quello per un’operazione a corrente continua equivalente di dimensioni medio-piccole. Per impianti di grandi dimensioni, invece, le analisi indicano che Comelt dovrebbe essere meno costoso della tecnologia a corrente continua tradizionale.[122]Anche se questo processo è ancora allo stadio di impianto pilota le proiezioni indicano che questo forno avrà un inferiore consumo di energia (304 kWh/ton liquido) e dell’elettrodo (0,8 kg/ton) rispetto ai forni tradizionali sia a corrente alternata che continua.[122]

8.9.3. Mannesmann Demag Huettentechnik Conarc

L’MDH Conarc si basa su un’operazione che combina tecnologie di convertitore e EAF, cioè un forno convertitore – arco. Questa tecnologia si basa sul crescente uso di metallo caldo nell’EAF e mira ad ottimizzare il recupero di energia e a massimizzare la produttività. L’uso di metallo caldo nell’EAF è solitamente limitato dai tassi massimi d’insufflazione dell’ossigeno che dipendono a loro volta dalla dimensione del forno. Il concetto fondamentale di Conarc è di eseguire la decarburazione in un recipiente e la fusione elettrica in un altro. Il sistema Conarc consiste di due intelaiature del forno, una struttura dell’elettrodo girevole, una fornitura d’energia elettrica ed una lancia dell’ossigeno superiore girevole che servono entrambe le intelaiature. In questo modo un’intelaiatura opera nella modalità convertitore usando la lancia superiore mentre l’altra intelaiatura opera nella modalità forno ad arco.Il primo ordine per un Conarc è stato effettuato da Nippon Dendro Ispat, Dolvi, India. Questa operazione sarà basata sull’uso di metallo caldo, rottami, DRI e ghisa di prima fusione. Le proiezioni per quest’operazione sono un consumo di energia al di sotto di 181 kWh/ton quando si opera principalmente con metallo caldo e DRI. Una volta completo, quest'impianto conterrà due forni indipendenti ad intelaiatura gemella ognuno con un peso di colata di 164 tonnellate. La Fig. 10.94 mostra i componenti chiave del sistema per un impianto Conarc.

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Figura 8-18 Schematizzazione dei componenti Conarc.

Un Conarc è stato ordinato anche per l’impianto Saldahna Steel che si sta costruendo a Saldahna Bay, Sud Africa. Questa operazione sarà basata su un’alimentazione composta dal 45% di metallo caldo Corex e dal 55% di DRI. Il metallo caldo sarà caricato in un’intelaiatura, la lancia superiore sarà usata per la decarburazione e contemporaneamente si aggiungerà DRI per recuperare il calore generato. Una volta che il livello di carbonio prefissato sarà raggiunto, gli elettrodi saranno spostati su quest’intelaiatura e sarà aggiunto DRI supplementare per raggiungere l’equilibrio.Solitamente grandi quantità di calore sono generate durante il ciclo di soffiatura dell’ossigeno e, di conseguenza, è importante che i materiali di carico siano aggiunti in modo che si possa recuperare parte di quest’energia e proteggere l’intelaiatura del forno dal surriscaldamento.

8.9.4. Mannesmann Demag Huettentechnik Contiarc

L’EAF Contiarc è una tecnologia che è stata proposta da MDH. È basata su un forno verticale ad anello stazionario con un sistema di riscaldamento dell’arco a corrente continua sistemato centralmente. I rottami sono alimentati continuamente da un trasportatore all’albero ad anello. Qui sono prelevati da una serie di magneti, che scorrono su un circuito circolare sotto la volta, e vengono distribuiti uniformemente attraverso l’area dell’anello. La Fig.8-19 mostra i componenti fondamentali del Contiarc.I rottami si sistemano nell’albero dell’anello e vengono preriscaldati mentre il gas in uscita dal forno si alza attraverso il forno. La colonna dei rottami che scendono è controllata misurandone il livello. Se il carico affonda in modo non omogeneo, si aggiungono rottami addizionali nei punti più bassi per ricreare un profilo uniforme.

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Figura 8-19 Elementi del processo Contiarc.

1) Alimentazione dei rottami e sistema di distribuzione.2) Interno ed esterno dell’intelaiatura di tipo ad anello.3) Elettrodi con dispositivo di sollevamento e di guida.4) Canale dei gas di scarico.5) Cappa dei fumi.6) Sistema di spillatura a sifone.7) Elettrodo di fondo.

I rottami sono sempre presenti per proteggere le pareti del forno in modo che l’arco possa funzionare continuamente alla massima potenza senza timore di danneggiare le pareti laterali del forno.L’elettrodo di grafite è collocato in un recipiente interno, che ha un controllo dell’usura ed un sistema di raffreddamento ad acqua nella parte inferiore, per proteggerlo dai rottami che cadono. L’elettrodo viene fornito di una boccola di ceramica isolata elettricamente nel punto in cui penetra nel forno.La fornitura di energia chimica è molto efficiente perché i tempi di permanenza del gas nel Contiarc sono superiori a quelli dei forni tradizionali. I bruciatori sono collocati vicino al foro di colata per surriscaldare l’acciaio prima della colata e nei pressi della porta della scoria per facilitare la scorificazione. La colata senza scoria viene compiuta ad intermittenza usando un sistema a sifone.L’efficienza energetica è molto alta usando Contiarc dato che le perdite di calore dell’intelaiatura sono ridotte al minimo grazie alla copertura continua fornita dai rottami e all’eliminazione del caricamento dall’alto.Il forno è essenzialmente a tenuta d’aria in modo che tutto il gas in uscita s’incanali attraverso i rottami e sia raccolto dal collettore in cima all’albero. Le perdite di polvere sono ridotte del 40% rispetto alle operazioni EAF tradizionali dato che i rottami agiscono da filtro, intrappolando la polvere mentre il gas in uscita si solleva

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attraverso i rottami. Le proiezioni MDH indicano che la richiesta totale di input d’energia per Contiarc sarà solo il 62% di quella richiesta da un’operazione EAF tradizionale equivalente.[123]

8.9.5. Progettazioni future dei forni

Senza dubbio le tendenze attuali nella progettazione EAF indicano che è probabile che livelli sempre maggiori d’energia sia chimica che elettrica vengano utilizzati nelle future progettazioni dei forni. Per ottenere tale risultato si è orientati verso il forno ossigeno-elettrico. I parametri in base ai quali una forma d’energia viene usata rispetto ad un’altra dipendono dal costo e dalla disponibilità delle varie forme d’energia e delle materie prime in una particolare situazione.L’uso di fonti di ferro alternative contenenti alti livelli di carbonio avrà bisogno di alti tassi di soffiatura dell’ossigeno che equivarranno ad alti livelli di uso d’energia chimica. Bisogna porre attenzione a tali operazioni, dato che si deve pensare a come massimizzare il recupero di energia dai gas in uscita generati. L’uso di alti livelli di materiali come la ghisa di prima fusione fredda può, a volte, dilatare i tempi da colata a colata con riduzione della produttività. Se si usa metallo caldo, si deve fornire un metodo per recuperare energia dai gas in uscita. I materiali che contengono molto silicio forniranno energia supplementare al bagno ma al costo di richieste supplementari di flusso e con quantità superiori di scoria generate.Una progettazione chiusa del forno appare essere necessaria per il controllo completo delle reazioni nel freeboard del forno. Ridurre al minimo il volume del gas in uscita dal forno aiuterà a minimizzare il sistema devoluto al suo smaltimento. Se si elimina l’infiltrazione dell’aria, le temperature del gas in uscita saranno piuttosto alte, il che produrrà un trasferimento di calore più efficiente nelle operazioni di preriscaldamento dei rottami. Se nel gas raffreddato sono presenti alti livelli d’idrogeno e CO, esso potrebbe essere usato come un carburante di basso tipo.Il massimo svantaggio nell’operazione di un forno chiuso è che sarebbero difficili da effettuare il lancio d’ossigeno tradizionale e le operazioni d’iniezione del carbone. Queste possono comunque avvenire se nell’intelaiatura e nelle pareti laterali è installata una serie d’iniettori sommersi e laterali simili a quelli usati nei BOF tradizionali. I tassi richiesti d’iniezione richiederebbero probabilmente l’aumento della profondità del bagno del forno per minimizzare il flusso che lo attraversa. Con un bagno più profondo sarà utile un rimescolamento per migliorare la qualità dell’acciaio e massimizzare il recupero del reparto. La generazione di CO nel bagno aiuterà a far uscire l’azoto e l’idrogeno dal bagno.Per recuperare calore dal gas in uscita dovrebbe essere utilizzata qualche forma di preriscaldamento dei rottami. Il metodo migliore per tale pratica è ancora un argomento dibattuto, ma il preriscaldamento a stadi unito alla post-combustione in ogni stadio potrebbe aiutare a minimizzare il bisogno di un sistema secondario di post-combustione a valle nel sistema di uscita del gas.L’utilizzo di una configurazione inclinata dell’elettrodo, simile a quella usata in Comelt, comporterebbe lo spostamento degli elettrodi durante parte del ciclo da colata a colata per permettere ai rottami preriscaldati di essere caricati periodicamente. In alternativa i rottami potrebbero essere caricati continuamente in un albero tramite un trasportatore o in un tunnel di preriscaldamento con nastro trasportatore simile a quello usato in Consteel.

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Un arco a corrente continua potrebbe essere diretto al punto in cui l’alimentazione di rottami cade nel forno, come nel del forno IHI. Ciò aiuterebbe a massimizzare il trasferimento di calore dall’arco ai rottami. Si può mantenere un accumulo di rottami sulle pareti del forno per minimizzare le perdite di calore verso l’intelaiatura del forno.

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9. CONCLUSIONI

Molti dei processi per la fabbricazione dell’acciaio, su cui la ricerca si è concentrata negli ultimi anni, si stanno ora commercializzando. In quasi tutti i casi, l’obiettivo è di minimizzare la richiesta di energia elettrica e di massimizzare l’efficienza di energia nel processo. Per ottenere questi scopi, diverse tecnologie hanno cercato di massimizzare l’uso di energia chimica nel processo (EOF, K-ES, LSF, ecc.). Questi processi sono strettamente correlati al raggiungimento di uno pseudo-equilibrio in cui l’ossigeno reagisce completamente con gli elementi del carburante (carbonio, CO, gas naturale, ecc.), per dare il massimo livello di energia raggiungibile al processo. Altri processi hanno tentato di massimizzare l’energia nel forno, recuperando quella nei gas in uscita (forno verticale Fuchs, Consteel, EOF, IHI Shaft). Questi approcci dipendono da un buon trasferimento di calore tra i gas in uscita ed i rottami: si deve mirare ad un ottimale contatto tra essi.Il punto chiave è sviluppare un processo che garantisca benefici al processo e ambientali, senza avere un alto grado di complessità e senza influenzare la produttività. Non esiste una soluzione perfetta, che vada incontro ai bisogni di tutte le operazioni di produzione dell’acciaio, sarebbe preferibile che i fabbricanti di metallo dessero la priorità ai loro obiettivi scegliendo poi, in base alle caratteristiche, il tipo più adatto tra le progettazioni del forno. È importante prestare attenzione ai seguenti criteri:

1. Fornire flessibilità al processo.2. Aumentare la produttività, mentre si migliora l’efficienza dell’energia.3. Migliorare la qualità del prodotto finito.4. Cercare di aderire alle richieste ambientali ad un costo minimo.

Tenendo presenti i suddetti presupposti, si possono trarre le seguenti conclusioni:1. La scelta corretta ricadrà su un forno che venga incontro ai requisiti specifici

del singolo impianto. Fattori determinanti saranno il facile reperimento di materie prime, la disponibilità ed il costo delle fonti di energia, il mix del prodotto desiderato, il livello di trattamento / raffinazione post forno disponibile, il costo capitale e la disponibilità di una forza lavoro addestrata.

2. Le varie forme di energia andranno bilanciate per dare all’operazione la massima flessibilità, in modo da funzionare con un alto input elettrico e poco ossigeno o viceversa; questo permetterà di minimizzare costi energetici.

3. La fornitura di energia nel forno dovrà essere ben distribuita per minimizzarne le richieste totali. Una buona miscela del bagno dovrebbe aiutare a raggiungere quest’obiettivo.

4. L’iniezione d’ossigeno dovrà essere uniforme durante il ciclo, da colata a colata, per minimizzare le fluttuazioni di temperatura e nella composizione del gas in uscita; in questo modo le operazioni di post-combustione possono essere ottimizzate. Aumentando l’avvicinamento tra scoria e bagno all’equilibrio, la dimensione del sistema di uscita del gas e la generazione di fumo possono essere ridotte al minimo.

5. L’iniezione di solidi nel bagno e nello strato di scoria dovrà essere distribuita attraverso tutta la superficie del bagno per massimizzare l’efficienza delle operazioni di schiumatura della scoria, ciò minimizzerà le richieste di flusso e migliorerà la qualità dell’acciaio.

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6. L’iniezione sommersa, sia di gas che di solidi, dovrà essere portata al massimo, in modo che si possa ottenere un adeguato rimescolamento del bagno. Le alte temperature che si raggiungono nel cuore del processo, unite con l’alto potenziale dell’ossigeno, aiuteranno la calce a disciogliersi nella scoria più velocemente, favorendo le operazioni di defosforizzazione e desolforizzazione.

7. Se si aumenta l’iniezione di solidi e gas, per ottenere un acciaio di qualità, sarà necessario aumentare la profondità del bagno. Per operazioni che usano alti livelli d’iniezione di solidi, un bagno più profondo consentirà tassi d’iniezione più alti.

8. La fornace dovrà essere chiusa il più possibile per minimizzare la quantità d’infiltrazione dell’aria. Questo minimizzerà il volume del gas in uscita dal forno, richiedendo un sistema dei fumi di dimensioni più limitate. Nel caso delle operazioni di post-combustione unite con il preriscaldamento dei rottami, il volume del gas sarà minimizzato, mentre si tenderà a massimizzare la temperatura del gas in uscita per un efficiente trasferimento del calore ai rottami. Se è richiesta una post-combustione secondaria, essa può essere raggiunta più economicamente minimizzando il volume di gas in uscita da trattare.

9. Se si usano fonti di ferro alternative, ad alto carbonio, nelle operazioni di fusione dei rottami, sarà necessaria qualche forma di post-combustione per recuperare l’alta energia causata dagli alti livelli di CO contenuti nel gas in uscita. Per queste operazioni il recupero di energia risulta massimo se alla post-combustione si associa qualche forma di preriscaldamento dei rottami.

10. Il preriscaldamento dei rottami fornirà l’opzione più opportuna al recupero di calore dal gas in uscita. Per processi che usano un alto grado di energia chimica il suddetto fornirà il contributo maggiore, dato che nel gas in uscita ne è contenuta molta. Sarà difficile raggiungere alte efficienze di post-combustione, anche se con quella a stadi, durante le operazioni di preriscaldamento dei rottami, si possono ottenere buoni risultati.

11. In alternativa le operazioni che generano alti livelli d’idrogeno e monossido di carbonio possono trovare economicamente vantaggioso cercare di recuperare l’energia calorifica contenuta nel gas in uscita, così come avviene in alcune operazioni BOF che raffreddano e puliscono il gas prima di usarlo come carburante di basso grado. Per questo tipo di operazione sarà necessario operare con un forno chiuso. Per minimizzare i requisiti d’immagazzinamento del gas combustibile la generazione di CO nel forno dovrebbe essere bilanciata durante il ciclo, questo è possibile usando iniettori d’ossigeno laterali o del fondo e introducendo ossigeno a livelli costanti durante la fusione. Se questa forma di operazione viene unita con il preriscaldamento dei rottami, tutti i VOC contenuti negli stessi confluiranno nel flusso di gas in uscita. In questo modo si può utilizzare una colonna dei rottami più alta, non essendo necessario il flusso a valle della post-combustione secondaria nel sistema del gas in uscita. Questo tipo di caricamento aiuterà anche ad eliminare il fumo e la polvere minimizzando così i requisiti del sistema di pulizia. Il sistema dei fumi sarà così notevolmente inferiore a quello per un forno tradizionale con una capacità di fusione simile.

12. In futuro sarà probabilmente necessario riciclare la polvere del forno e gli scarti di laminazione nel recipiente di fabbricazione dell’acciaio. Prove

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preliminari indicano che questi materiali assicurano benefici alla schiumatura della scoria. Gli svantaggi principali sono quelli di dover gestire la polvere prima di riciclarla e gli alti valori di concentrazione di zinco e piombo.

13. Le configurazioni del forno ad intelaiature gemelle continueranno ad essere usate per ridurre la durata del ciclo sotto i 45 minuti (paragonabile ad operazioni BOF) e per ottimizzare il tempo di accensione. Nel caso di operazioni che usano un’alta percentuale di metallo caldo si useranno operazioni simili a Conarc, utilizzando così la soffiatura dell’ossigeno nel piede liquido con l’aggiunta di rottami.

14. L’uso di metallo caldo aumenterà nelle operazioni EAF di tonnellaggio più alto che cercheranno di ottenere tempi di ciclo di 35-40 minuti. Esso dovrebbe essere aggiunto gradualmente in modo che non si verifichino fluttuazioni nella chimica del bagno tali da provocare esplosioni. Inoltre si può raggiungere un’alta efficienza di decarburazione se il livello di carbonio nel bagno è mantenuto a circa lo 0,3% finché non inizia la raffinazione finale. È stato dimostrato che la decarburazione ad alti livelli di carbonio genera alte perdite di ferro, mentre bassi livelli di carbonio nel bagno danno grandi quantità di FeO che si presentano nella scoria.

15. I forni DC continueranno ad essere adatti ad operazioni di fusione ad alta efficienza. Lo spazio supplementare disponibile nella volta, dovuto ad un’operazione ad elettrodo singolo, permetterà un’automazione molto maggiore delle funzioni, come l’estrazione di campioni dal bagno, e di temperatura, l’iniezione di solidi/gas, ecc...L’uso di elettrodi inclinati lateralmente, come nel caso di Comelt, permette diversi vantaggi e consente l’estrazione degli elettrodi in alcune fasi del processo. Ciò permetterà ai rottami di venire caricati da un albero di preriscaldamento senza timore di danneggiare l’elettrodo. L’uso di forni a corrente continua potrebbe anche permettere dimensioni minori del forno e una maggiore profondità del bagno.

16. Molte progettazioni del forno ibride mirano ad ottenere la massima flessibilità al minimo costo. Per esempio le operazioni con alta iniezione di solidi, carburo di ferro o fines di DRI possono richiedere progettazioni che incrementano la durata del bagno piatto, per ampliare il ciclo d’iniezione dei solidi. In alternativa può essere utilizzato un bagno più profondo in modo che si possano impiegare tassi d’iniezione superiori senza rischio di blow through.

17. Le pratiche di funzionamento continueranno ad evolvere e non cercheranno solo di ottimizzare l’efficienza d’energia nell’eaf, ma cercheranno anche di sviluppare la condizione migliore per l’intero impianto di fabbricazione dell’acciaio. Il fattore più importante è ottimizzare i costi di funzionamento per l’intero impianto e non necessariamente una singola operazione di tutta la catena.

Ricercando una migliore flessibilità si ha una maggiore complessità delle varie fasi, che a sua volta richiede una maggiore comprensione del processo, in modo che esso possa essere controllato meglio. Ci deve perciò essere un’accurata valutazione nella selezione delle progettazioni del forno elettrico e ci si può aspettare che negli anni futuri si avranno molti nuovi sviluppi. Finché esisterà la fabbricazione dell’acciaio tramite forno elettrico, ci sarà sempre una continua ricerca per la progettazione ottimale.

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