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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 1 Capitolo 10° AMPLIFICATORI SELETTIVI Prerequisiti: Buona conoscenza dei principi e delle leggi fondamentali dell’Elettricità. Buona conoscenza della matematica. Obiettivi: Sufficiente padronanza del concetto di amplificazione e di canalizzazione. Amplificatore con carico RLC antirisonante In molti casi, anziché un amplificatore la cui amplificazione A si mantiene costante entro un notevole campo di frequenze, interessa al contrario un apparecchio nel quale l’amplificazione A sia alta ad una certa frequenza e poi cada rapidamente per frequenze maggiori e minori, per cui vengono praticamente cancellate tutte le frequenze che non siano comprese in una gamma di frequenza molto piccola, contenente la frequenza prestabilita. Questo tipo di amplificatore, ad esempio, serve nei radioricevitori per isolare la stazione che si vuol ricevere dalle altre, modulate su frequenze prossime, oppure per pulire un segnale prodotto da un oscillatore da tutte le frequenze spurie che ne deformano la forma sinusoidale. Fig.01 E’ ovvio che per ottenere ciò bisogna utilizzare un circuito antirisonante come impedenza di carico (Fig.01). Infatti, solo alla pulsazione di risonanza (formula di Thomson): LC 1 0 = ω = ω (01) il circuito presenta una forte impedenza (sarebbe infinita nel caso ideale di perdite nulle), per cui, come si vede riprendendo la formula generale dell’amplificazione: e a e Z r Z A + µ = per valori molto alti di e Z , A andrebbe ad assumere un valore elevato prossimo a µ. Dal circuito equivalente parallelo di Fig.02 e tenendo conto che: a a r 1 g = si ottiene: ω ω + = L 1 C j g 1 V g V a g m u e quindi: ω ω + = = L 1 C g 1 j 1 1 g g V V A a a m g u (02) che, alla frequenza di risonanza, diventa: a m a m g u r g g g V V A = = = raggiungendo il massimo dell’amplificazione. Fig.02 Sviluppando la (02) si ottengono le due importanti espressioni:

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 1

Capitolo 10°

AMPLIFICATORI SELETTIVI

Prerequisiti: Buona conoscenza dei principi e delle leggi fondamentali dell’Elettricità. Buona conoscenza della matematica. Obiettivi: Sufficiente padronanza del concetto di amplificazione e di canalizzazione.

Amplificatore con carico RLC antirisonante In molti casi, anziché un amplificatore la cui amplificazione A si mantiene costante entro un notevole campo di frequenze, interessa al contrario un apparecchio nel quale l’amplificazione A sia alta ad una certa frequenza e poi cada rapidamente per frequenze maggiori e minori, per cui vengono praticamente cancellate tutte le frequenze che non siano comprese in una gamma di frequenza molto piccola, contenente la frequenza prestabilita. Questo tipo di amplificatore, ad esempio, serve nei radioricevitori per isolare la stazione che si vuol ricevere dalle altre, modulate su frequenze prossime, oppure per pulire un segnale prodotto da un oscillatore da tutte le frequenze spurie che ne deformano la forma sinusoidale.

Fig.01

E’ ovvio che per ottenere ciò bisogna utilizzare un circuito antirisonante come impedenza di carico (Fig.01). Infatti, solo alla pulsazione di risonanza (formula di Thomson): LC10 =ω=ω (01) il circuito presenta una forte impedenza (sarebbe infinita nel caso ideale di perdite nulle), per cui, come si vede riprendendo la formula generale dell’amplificazione:

ea

e

ZrZA+

µ−=

per valori molto alti di eZ , A andrebbe ad assumere un valore elevato prossimo a µ. Dal circuito equivalente parallelo di Fig.02 e tenendo conto che: aa r1g = si ottiene:

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

ω−ω+

−=

L1Cjg

1VgVa

gmu

e quindi:

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

ω−ω+

−==

L1C

g1j1

1gg

VVA

a

a

m

g

u (02)

che, alla frequenza di risonanza, diventa:

ama

m

g

u rggg

VVA ⋅−=−==

raggiungendo il massimo dell’amplificazione.

Fig.02

Sviluppando la (02) si ottengono le due importanti espressioni:

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 2

(1*)

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ωω

−ωω

+=

0

0

0 jQ1

1AA (03)

LC

g1Qa

= (04)

con le quali si può tracciare qualsiasi banda passante. Si nota come la (03) sia la stessa formula (23) che era stata trovata negli amplificatori a larga banda, salvo che in questo caso il coefficiente Q ha un’espressione completamente diversa e può raggiungere valori molto elevati.

Fig.03

Possiamo in questo caso tracciare anche la caratteristica di amplificazione (Fig.03) corrispondente al modulo dell’espressione complessa (03):

2

0

20

Q1

1AA

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

+

= (05)

Qualitativamente essa ha la stessa forma di quella degli amplificatori a RC salvo che ora la curva si abbatte rapidamente intorno al valore di 0ω a causa del forte valore di Q . Facciamo un raffronto con la (23) del Capitolo n°7 “Amplificatori a banda larga RC” e consideriamo, ad esempio, anche qui una frequenza pari a 0

' 2ω=ω (seconda armonica di una tensione non sinusoidale). Risulta:

25,2'0

0

'=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

ωω

−ωω

per cui, applicando questo valore alla (23), se utilizziamo un Q =0,05 come avviene spesso negli amplificatori RC , abbiamo:

)1(997,0005625,011

25,2)05,0(1

1AA

20≈→=

+=

⋅+=

e perciò 0' 2ω=ω , cioè la seconda armonica della frequenza di centro banda, è ancora totalmente entro la banda

passante, come abbiamo già visto. Con un circuito risonante dove è facile ottenere un Q =100, si ha, invece:

0066,01025,21

1AA

40=

⋅+=

e quindi già la seconda armonica è praticamente annullata (20lg 0,0066=-43,6dB). I fianchi della curva risultano inoltre tanto più ripidi quanto più il Q è elevato, mentre rimane fisso il valore del vertice. Proponiamo due diagrammi. Il primo (Diagr.01) rappresenta la curva di risonanza disegnata su due decadi di un circuito RLC con un basso Q (Q=5), il secondo (Diagr.02) rappresenta invece la curva di risonanza di un circuito RLC con un Q elevato (Q=100). Si può vedere nel Diagr.02 come la curva, sempre disegnata su due decadi, sia ormai a cuspide e come la seconda armonica sia di fatto sparita.

Diagr.01 Diagr.02

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A seconda che la pulsazione ω che si considera sia lontana o molto prossima a quella 0ω di risonanza del circuito, si possono usare espressioni semplificate della (05) per ottenere uno studio più comodo dell’amplificazione. Per ω molto diversa da 0ω , essendo Q , come si è detto, molto grande, si può trascurare l’unità sotto radice e la (05) si trasforma in:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

=0

0

0 Q

1AA (06)

mentre per ω molto vicina a 0ω la (05) si trasforma in:

(2*) 2

0

0Q21

1AA

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω∆+

= (07)

dove abbiamo posto 0ω−ω=ω∆ . Si nota, quindi, che nell’intorno della pulsazione di risonanza 0ω , la curva di risposta tende a risultare simmetrica (cioè assume le stesse ordinate per ω∆ positiva e negativa), mentre non lo è per pulsazioni più distanti. Si vede infatti dalla (06) che la curva effettiva assume gli stessi valori per due pulsazioni 1ω e 2ω = 11 ω , niente affatto equidistanti da 0ω . Nello stesso modo in cui abbiamo fatto per gli amplificatori RC , anche questa volta definiamo la larghezza di banda passante, come quella ai limiti della quale si ha:

21

AA

0= ; cioè quando: 1Q2

0±=

ωω∆

e, quindi la semilarghezza della banda passante è

Q20ω

±=ω∆ (08)

Si utilizza spesso la (08) per la misura del Q : Con un voltmetro elettronico a larga banda, alla pulsazione 0ω si misura il massimo della tensione d’uscita, posizionandolo su 0dB. Si andrà a variare quindi la frequenza, in più e in meno, finché l’ampiezza si è ridotta a 21 (-3dB) del valore massimo e si leggono le due frequenze, per cui ciò accade:

00s ω∆+ω=ω ; 00i ω∆−ω=ω ; Per essere 0ω−ω=ω∆ e per la (08) possiamo scrivere:

Q21

0

0s =ω

ω−ω ; o indiffrentemente: Q21

0

0i −=ω

ω−ω ;

Sottraendo a membro a membro si ottiene:

B

Q 0

is

0 ω=

ω−ωω

= (09)

dove abbiamo indicato con B la banda passante is ω−ω .

Considerazioni sul coefficiente Q Si è vista la grande importanza del coefficiente di bontà Q , che praticamente è quello che definisce il tipo di amplificatore (banda larga o banda stretta) e abbiamo analizzato il suo comportamento. Per gli amplificatori a circuito risonante, ossia a banda stretta, si è data per Q l’espressione (04) che qui riproponiamo:

LC

g1Qa

= (04)

Da questa possiamo rilevare come si abbia l’interesse ad ottenere ag il più piccolo possibile (ossia Ra il più grande possibile) per realizzare un forte valore di Q . Per questo motivo di solito in questi amplificatori si usa il pentodo, che ha una ag molto piccola (Fig.04). La (04) comunque è solo teorica, perché bisogna tener conto anche di altri fattori che intervengono nel circuito. L’espressione (04) di Q viene alterata dal fatto che bisogna tener conto delle varie perdite dei componenti del circuito risonante e degli eventuali carichi associati. Come è noto, il condensatore presenta una resistenza in parallelo, dovuta alle perdite per isteresi e nel dielettrico, ed una resistenza in serie, dovuta alle armature e ai collegamenti. La bobina, a sua volta presenta una non trascurabile resistenza ohmica in serie.

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Torna comodo ricondurre tutte queste resistenze e conduttanze ad una sola conduttanza in parallelo agli elementi puri, per semplificare al massimo il circuito equivalente e i calcoli relativi. Per il condensatore è presto fatto, perché la porzione principale di esse si trova già in parallelo, ad eccezione della resistenza delle armature che può senz’altro essere trascurata.

Fig.04

Per la bobina invece la situazione è quella di Fig.05, che è il caso di trasformare nel circuito equivalente parallelo di Fig.06.

Fig.05 Fig.06

Per l’equivalenza deve essere:

LjR1

Lj1

R1

s'

p ω+=

ω+

e cioè, con qualche passaggio e ricordando qualche proprietà dei numeri complessi:

222s

s'

p LRLjR

L1j

R1

ω+ω−

Se la bobina con la quale si ha a che fare è abbastanza buona (Q elevato), 2sR è trascurabile rispetto a 22Lω , quindi

possiamo scrivere:

L1j

LR

LLjR

L1j

R1

22s

22s

'p ω

−ω

ω−=

ω−

ed allora si ha, eguagliando separatamente le parti reali e quelle immaginarie: LL' = (10)

s

22

p RLR ω

= (11)

Perciò nel circuito equivalente parallelo, l’induttanza conserva praticamente il suo valore, mentre la pR ha, ovviamente un valore molto più grande. La conduttanza che risulta in parallelo al circuito antirisonante LC risulta perciò essere la somma della conduttanza interna ga del pentodo, della conduttanza dinamica gd del circuito LC e del carico in uscita che potrebbe identificarsi con la conduttanza d’ingresso gg dello stadio seguente, ossia:

gda gggG ++= In termini resistivi:

gpa R1

R1

r1

1R++

=

per cui l’espressione del coefficiente di bontà Q risulta:

LCRQ = (12)

che è più precisa e più realistica della (04). ----*----

Facciamo un piccolo esercizio: Vogliamo costruire un amplificatore a banda stretta. Disponiamo di una vecchia bobina di 200µΗ la cui resistenza dinamica serie Rs è stata valutata intorno a 40Ω. Il tubo utilizzato è un pentodo 7AG7 (locktal) i cui dati principali presi dal manuale sono: ra=0,75MΩ, gm=4,2mA/V alla tensione di Va=Vs=250V, con Rk=270Ω. Il circuito è quello di Fig.04a, accordato alla frequenza f0=1MHz.

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(nella foto è rappresentata una 7AG7 di vecchia data che porta ancora la fascetta della tassa radio con lo stemma di Casa Savoia). Il carico Rg dello stadio successivo è valutato pari a 1MΩ Determiniamo il Q del circuito antirisonante alla frequenza di 1MHz.

Fig.04a

Il Q serie a vuoto della bobina è, alla frequenza di 1MHz:

4,3140

125640

102001028,6R

LQ66

s

0 ==⋅⋅⋅

=−

La resistenza dinamica parallelo risulta:

Ω⋅=⋅⋅⋅

=−

6266

s

220

p 10039,040

)102001028,6(R

LR

Il valore del condensatore d’accordo C è:

.pF126L)f2(

1C 20

=⋅π

=

La resistenza parallelo totale risulta:

Ω⋅=++

=++

= 66

gpa

10036,0

11

039,01

75,01

10

R1

R1

r1

1R

Per cui il Q parallelo del circuito antirisonante risulta:

6,28102001012610036,0

LCR

LRQ 6

126

0≅

⋅⋅

⋅⋅==ω

= −

avendo trascurato le perdite sul condensatore d’accordo C. L’amplificazione alla frequenza di risonanza è:

15110036,0102,4RgA 63m =⋅⋅⋅=⋅= −

La banda passante risulta:

.KHz35Hz109,346,28

10QfB 3

60 ≅⋅===

Diagr.04

Il grafico Diagr.04 mostra l’andamento teorico della curva intorno alla frequenza di risonanza tra 0,9MHz e 1,1MHz dove, con un po’ di attenzione, può essere accertata anche la banda calcolata di 35KHz. Abbiamo costruito un prototipo secondo lo schema di Fig.04a, rispettando i dati forniti dalla casa costruttrice del tubo. Abbiamo fatto le seguenti operazioni ed abbiamo raggiunto i seguenti risultati. 1) Applicato all’ingresso un segnale vobbulato intorno ad 1MHz, abbiamo ottenuto l’immagine del Diagr.05, dove è evidente la selettività dello stadio. 2) Abbiamo cercato la frequenza alla quale lo stadio amplificava al massimo. Il valore trovato è stato: f0=937kHz. Abbiamo regolato il segnale d’ingresso in modo da avere in uscita 0bB. Variando la frequenza in più e in meno abbiamo determinato i punti in cui l’amplificazione è scesa a -3dB. I valori trovati sono stati: fi=920KHz; fs=956KHz.

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Perciò la banda passante è risultata: B=(956-920)KHz=36KHz, con un Q=26 appena più basso di quello calcolato.

Diagr.05

Lo stadio montato su un telaio Lo stadio sotto collaudo di recupero

----*---- Possiamo concludere allora che il circuito ha funzionato normalmente con un accordo su f0 abbastanza vicino a quello previsto e ha messo in luce una posizione iniziale abbastanza valida nella valutazione sia del Q che del valore di L dell’induttanza.

Amplificatore a filtro di banda

Il filtro a risonanza RLC adoperato in Fig.04, pur essendo molto usato nei circuiti a radiofrequenza per la sua semplicità di progettazione e di realizzazione, ha il difetto di avere una curva caratteristica con fianchi non molto ripidi, quando la sua banda passante deve essere relativamente ampia per non perdere i contenuti della modulazione; inoltre non vi è la possibilità di variazione dell'andamento a campana se la banda passante è assegnata, come di solito purtroppo avviene, poiché il segnale porta con sé il contenuto informativo che da luogo ad una precisa larghezza di banda. Quindi il filtro a risonanza RLC è valido solo quando deve discriminare una frequenza pura da tutte le altre (nei generatori e nei moltiplicatori di frequenza, per esempio). E' intuibile invece quanto sia importante nella trasmissione dei dati e nelle telecomunicazioni poter canalizzare i segnali in modo che essi trasmettano l’intera informazione e non interferiscano tra loro. E' anche noto come dovrebbe essere teoricamente, anzi idealmente, un filtro passa-banda. Esso dovrebbe avere attenuazione infinita fuori banda, trasparenza totale (100%) nella banda interessata e fianchi perpendicolari, ossia a pendenza infinita: cioè un filtro dovrebbe avere la caratteristica ad andamento rettangolare come rappresentato in Fig.07 dove 0f è la Frequenza di Risonanza di “Centro-Banda” e “B” la Banda Passante.

Fig.07

Avventurarsi nello studio della pratica realizzabilità di tale andamento è alquanto impegnativo e difficile (filtri a quarzo, meccanici, a lattice, a traliccio, ecc...). Tra le caratteristiche di circuiti più semplici che tentano di avvicinarsi in qualche modo alla forma teorica vi è l'andamento a “campana” del filtro a risonanza RLC che abbiamo già visto con i suoi pregi e difetti e l'andamento a “gobba di cammello” del filtro a circuiti risonanti RLC mutuamente accoppiati o Filtro di Banda, di cui ora parleremo un po’.

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Un circuito selettivo che utilizza il filtro di banda è disegnato in Fig.07a. Il filtro di banda, a parità di banda passante B, ha una caratteristica tale rispetto al filtro a risonanza RLC per cui la pendenza sui fianchi è più ripida ed il tetto abbastanza piatto, quando si è in particolari condizioni critiche di taratura.

Fig.07a

Tenteremo adesso di dimostrare un po' con formule, un po' con deduzioni, il perché di questo particolare funzionamento. Non sarà quindi il nostro, uno studio teorico rigoroso da poter essere utilizzato per la progettazione. Ciò nonostante risulterà, anche così, abbastanza impegnativo. Faremo lo studio su circuiti risonanti serie, perché è più facile avere a disposizione un generatore di frequenza con uscita a bassa impedenza (generatore di tensione) nel caso che si voglia realizzare un circuito sperimentale; ciò comunque senza togliere nulla alla generalità.

Fig.08

Siano dati due circuiti risonanti serie 111 CLR e 222 CLR come in Fig.08, accoppiati per mutua induzione M ed alimentati da un generatore di tensione, di segnale 1E . Si vuol determinare l'andamento della tensione d'uscita )(V2 ω al variare della pulsazione ω e del coefficiente di accoppiamento K tra i due circuiti. Si considera, per semplicità di calcolo, che i due circuiti siano già isocroni cioè già accordati sulla stessa frequenza di risonanza (ossia 021 fff == oppure 021 ω=ω=ω ). Il sistema di equazioni che scaturisce dalla risoluzione alle maglie del circuito di Fig.08, e che tiene conto anche della mutua induzione, è dato da:

⎪⎪

⎪⎪

⋅+⋅⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛++=

⋅+⋅⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛++=

122

22

211

111

IMjICj

1LjR0

IMjICj

1LjRE

ωω

ω

ωω

ω (13),(14)

Organizzando i termini e chiamando con 1Z e 2Z i termini complessi tra parentesi, scriviamo più sinteticamente:

⎪⎩

⎪⎨⎧

⋅+⋅=

⋅+⋅=

221

2111

IZIMj0IMjIZE

ωω

(15),(16)

Ricaviamo subito dalla 2ª equazione la 2I in funzione di 1I :

12

2 IZMjI ⋅−=

ω (17)

Necessariamente, la tensione d’uscita 2V deve essere prelevata sul condensatore 2C , poiché altri punti di prelievo, praticamente, non sono possibili (infatti la resistenza R rappresenta le perdite del circuito e non è presente effettivamente, mentre l’induttanza L è anche fonte di segnale). Per conoscere questa tensione 2V occorre conoscere la

2I che scorre in 2C . Ma questa 2I dipende dalla 1I tramite la (17). Questo è il nodo di tutto il problema. E' importante, allora, conoscere bene l'andamento di 1I . Circuito Primario Definiamo, allora, il circuito equivalente del primario con le impedenze secondarie riportate al primario e determiniamo la corrente 1I (Fig.09). Per far ciò, dalla (15) utilizzando la (17), si ottiene:

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12

2211

2111 I

ZMZI

ZMjMjIZE ⋅⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=⋅

−⋅+⋅=

ωωω (18)

che è una funzione della sola variabile I1.

La: 2

22

ZM⋅ω è un'espressione complessa in cui non sono esplicitate la parte reale e la parte immaginaria perciò non è

un numero complesso secondo la definizione. Per far diventare l'espressione un numero complesso nella sua forma canonica (ossia dotato di parte reale e parte immaginaria), dobbiamo moltiplicare il numeratore ed il denominatore per il complesso coniugato del denominatore. Abbiamo:

( ) 222

2222

2

22222

2

22X

ZMjR

ZMjXR

ZM

⋅ω

−⋅ω

=−⋅ω *2*2 jXR −= (19)

dove *2R e *

2X rappresentano la resistenza e la reattanza secondarie riportate al primario.

Fig.09

Si può notare dai segni come la *2R si somma alla 1R mentre la *

2X si sottrae alla 1X (Fig.09). Questa differenza di comportamento tra R e X è alla base di tutte le stranezze di questo circuito. Studiamo il suo funzionamento alla luce delle relazioni su scritte. Con il secondario aperto, o posto molto lontano dal primario, (teoricamente a distanza infinita, ossia con coefficiente di accoppiamento K = 0 e di conseguenza M = 0), *

2R e *2X sono nulli perciò il primario si comporta come un comune

circuito risonante “RLC” serie e la corrente primaria 1I seguirà il normale andamento della curva di risonanza a vuoto. Quindi, detta 0f la sua frequenza di risonanza, abbiamo i tre casi sull’asse delle frequenze: 1) per 0ff < 11 jXZ −→ (il circuito si comporta capacitivamente) 2) per 0ff = 11 RZ = (il circuito è puramente resistivo) 3) per 0ff > 11 jXZ +→ (il circuito si comporta induttivamente) (20)

Fig.10a Fig.10b

Il valore massimo di 1I si ottiene alla risonanza ( 0ff = ) ed è:

1

1M1

REI = (21)

come abbiamo rappresentato in Fig.10a. La curva si modifica con l'avvicinarsi del secondario, che si presenta puramente resistivo perché è anch’esso accordato alla stessa 0f (Fig.10b), per cui si verifica ora un accoppiamento 0K ≠ e l’intervento della sola *

2R ( *2X è uguale a

zero perché il circuito secondario è anch’esso alla risonanza). Alla risonanza adesso sarà:

*21

1'M1RR

EI+

= (22)

Quindi, con accoppiamento diverso da zero, la corrente assume alla risonanza valori più bassi (Fig.10b) perché il denominatore della (22) è più grande di quello della (21). Quindi la chiave per la comprensione del problema è nel considerare che, all'aumentare dell'accoppiamento, aumenta la parte resistiva trasferita dal secondario al primario, facendo così diminuire la 1mI secondo la (22).

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Fuori risonanza ( 0ff ≠ ), invece, le cose sono alquanto diverse perché sono presenti anche le reattanze primaria e secondaria. La reattanza secondaria riportata a primario, per il segno negativo nella relazione, va a sottrarsi alla reattanza primaria. Possiamo, cioè, scrivere (Fig.09): ( ) ( )*21*211 XXjRRZ −++= (23) Analizziamo quindi l'andamento di ( )ω1I . Alla risonanza, come abbiamo già visto, la 1I diminuisce all'aumentare dell'accoppiamento. Fuori risonanza, a destra e a sinistra di 0ω , da un certo valore di K in poi, può verificarsi, per un intorno ω∆± da

0ω , che le parti immaginarie 1X e *2X risultino tra loro eguali e quindi tali da annullare di nuovo la parte reattiva. Si

ottengono cioè altri due punti di ω in cui il circuito è, di nuovo, puramente resistivo e quindi, per definizione, tale che si verifichino ancora le condizioni di risonanza.

Fig.11

Avremo, perciò, sulla curva di risposta non un solo punto ma tre punti a tangente orizzontale, (cioè luogo di massimi o di minimi, come la matematica c'insegna). E' da dimostrare, allora, che in 0ω vi è un minimo e in *

1ω e *2ω vi sono due massimi. Controlliamo il valore di *

2R . In 0ω=ω è:

2

2222

2

22*o2

RMR

ZMR ω

=⋅ω

= (24)

perché, alla risonanza è: 222

2 RZ = (cioè è puramente reale). In 0ω≠ω è, invece:

22222

2222

2

22*2 R

XRMR

ZMR ⋅

=⋅ω

= (25)

con il denominatore più grande rispetto alla (24). Il valore di questa espressione risulta minore di *o2R , e di conseguenza, nei punti *

1ω e *2ω la corrente sarà maggiore che in 0ω .

Risulta con ciò spiegato sommariamente l'andamento a gobbe di cammello della corrente ( )ω1I , come è disegnato in Fig.11. Tra il caso della Fig.10 e il caso della Fig.11, ovviamente, vi è un'infinità di condizioni che modificano con continuità la curva di risposta al variare di K , facendola passare dalla forma a campana man mano a quella a gobba di cammello.

Circuito secondario Dopo aver individuato in qualche modo l'andamento della corrente primaria ( )ω1I , determiniamo finalmente la tensione ( )ω2V , che, poi, è la tensione d'uscita che vogliamo trovare. Riferiamoci al circuito secondario di Fig.12, dove con 2E indichiamo la tensione indotta secondaria su 2L , prodotta dalla corrente primaria ( )ω1I . La tensione 2E indotta nel secondario dalla corrente primaria è: ( )ω⋅ω−= 1IMjE2 (26) e quindi la corrente secondaria 2I è espressa da:

( ) ( ) ( ) ( )ω⋅ω

ω−=

ω=ω 1

22

22 I

ZMj

ZEI (27)

dove, con )(Z2 ω rappresentiamo l'intera impedenza secondaria. Per la legge di Ohm generalizzata possiamo finalmente scrivere l'espressione di 2V :

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 10

( ) ( )( ) ( ) ( )ω⋅

ω⋅−=⋅

ω⋅

ωω

−=ω

ω=ω 1

221

222

22 I

Z1

CMI

Cj1

ZMj

CjIV (28)

Fig.12

Se poniamo:

( ) ( )ω=ω

22

YZ

1 (29)

si ottiene:

(3*) ( ) ( ) ( )ω⋅ω−=ω 122

2 IYCMV (30)

L'espressione trovata mostra che la ( )ω2V segue un andamento che, a parte un coefficiente, è il risultato del prodotto degli andamenti della corrente primaria ( )ω1I , che già conosciamo (Fig.13a), e della ammettenza secondaria ( )ω2Y . L'ammettenza ( )ω2Y avrà, ovviamente, un andamento rovesciato rispetto a ( )ω2Z , in particolare avrà un massimo dove ( )ω2Z avrà un minimo.(Fig.13b). L'andamento di )(V2 ω (Fig.13c) sarà, perciò, abbastanza ripido sui fianchi perché prodotto di attenuazioni, e abbastanza piatto al vertice perché prodotto di andamenti opposti. Possiamo concludere allora che un Filtro di Banda, in particolari condizioni di messa a punto approssima accettabilmente il filtro ad andamento rettangolare (Fig.13c).

× = Fig13a Fig.13b Fig13c

E' importante la taratura del circuito: Infatti, se la ( )ω1I avrà molto accentuata la forma a gobba di cammello (valore di K alto cioè induttanze molto vicine), anche ( )ω2V tenderà ad avere la stessa forma; se, invece le gobbe di ( )ω1I sono poco accentuate, (valore di K basso), la ( )ω2V avrà la forma più o meno cuspidale, a campana. La massima piattezza di vertice si ottiene, allora, quando l'accoppiamento tra i circuiti primario e secondario fa assumere al coefficiente di accoppiamento K un particolare valore Kc che viene chiamato Kappa Critico. Al Kappa Critico, il filtro di banda si avvicina discretamente alla curva teorica di Fig.07, almeno per quanto riguarda il tetto. Sui fianchi la situazione non è però così ottimale. Si può dimostrare che il valore del K critico alla risonanza è:

(4*) 21

c QQ1K⋅

= (31)

Dove Q1 e Q2 sono i coefficienti di bontà del circuito primario e del circuito secondario.

Realizzazione sperimentale di un Filtro di Banda La curiosità ci ha fatto realizzare in laboratorio un circuito sperimentale il cui schema elettrico è rappresentato in Fig.14. Costruito con materiali occasionali e di recupero, è stato valido oggetto di studio per i risultati interessanti e sorprendenti che ha offerto. Diamo uno sguardo al circuito.

Fig.14

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 11

C1 e C2 sono condensatori variabili ad aria da 200pF, le induttanze L1 e L2 sono formate da 85 spire di rame smaltato con diametro mm5,0=φ avvolte su unico tubo di plastica da 19mm (cannetta da impianti) con L2 fissa e L1 mobile per poter variare la sua posizione rispetto a L2 (L1 è avvolta su un tubetto di sottile carta di diametro leggermente superiore a 19mm per avere la possibilità di scorrere sul tubo).

. La parte frontale del filtro di banda a 2,5MHz.

Alcune foto del filtro di banda sperimentale. Alla destra in alto, si notano i morsetti d’ingresso

che fanno capo all’avvolgimento primario mobile per avere la variazione di K. Alla sinistra i morsetti d’uscita. Si nota su L1 un pezzetto di plastica che serve da maniglia per muovere la

bobina. Nella foto di destra è visibile il diodo AA116 e il condensatore da 100pF. La resistenza di rivelazione è nascosta dal condensatore.

La barretta di ferrite estratta dal tubo è infilata in una guaina di plastica che funge da manicotto per il movimento. Il filtro è montato su uno spesso supporto di bachelite recuperato da un vecchio

quadro elettrico.

Le Rd1 e Rd2 sono, invece, le resistenze dinamiche dei circuiti (che ovviamente non sono presenti sul circuito pratico). Per aumentare l'accoppiamento si è inserita nel tubo una bacchetta di ferrite che può entrare ed uscire per variare il coefficiente K. Per poter rivelare il segnale e visualizzare la curva di risposta sull’oscilloscopio è stato necessario aggiungere un circuito ausiliario di rivelazione a valor massimo (formato dal diodo al germanio AA116 e dal gruppo RC di 1Mohm e 100pF). Abbiamo supposto che i coefficienti di bontà Q dei due circuiti fossero uguali. Con questi valori la fo di accordo è risultata intorno a 2,5 Mc/s. Gli strumenti necessari per l'esperimento sono un generatore vobbulato con una tensione d’uscita Vg = 1V su una Rg = 50ohm, con campo di vobbulazione f∆ almeno di +/-0,5Mc/s intorno a fo e un qualsiasi oscilloscopio in posizione X-Y. Sull'asse X poniamo il segnale temporizzatore a dente di sega proveniente dal vobbulatore e sull'asse Y il segnale d'uscita rivelato dal gruppetto formato dal diodo AA116 e da RC.

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 12

Il filtro di banda sul banco di prova. In basso si nota il generatore che fornisce la frequenza

vobbulata. In alto, sullo schermo dell’oscilloscopio, è mostrata la curva di risposta all’accoppiamento critico.

Accoppiamento super-critico Accoppiamento critico

Le curve ottenute sullo schermo dell'Oscilloscopio sono dipendenti dalla posizione di L1 rispetto a L2 e, quindi, sono in funzione del coefficiente di accoppiamento K. Mostriamo nelle Figg.15, 16, 17 le tre curve d'uscita più interessanti, nelle tre condizioni di accoppiamento subcritico, critico e supercritico, che si verificano quando L1 e L2 sono lontane, vicine e molto vicine tra loro. Si nota nettamente il passaggio graduale da una forma a campana ad una forma insellata, passando per la condizione critica, dove è chiara la massima piattezza per un discreto tratto intorno alla frequenza di risonanza.

Fig.15

In fig.15 abbiamo un’uscita su C con accoppiamento lasco: (K subcritico). Le bobine sono lontane e non è inserita la ferrite.

Fig.16

In Fig.16 abbiamo un’uscita su C con accoppiamento critico:

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 13

(K critico). Le bobine sono vicine con la presenza della ferrite.

Fig.17

In Fig.17 abbiamo un’uscita su C con accoppiamento stretto: (K supercritico). Le bobine sono vicinissime con la ferrite completamente inserita.

----*----

Per i più esigenti: Approfondimenti

(1*)

Giustifichiamo la (03) che qui riproponiamo:

Tenendo presente che è am gg=µ ed introducendo la pulsazione di risonanza 0ω , per cui si può scrivere:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

ω−

ωω

−ω 0

0

0

0 LC

LLC

LCC

L1C (04a)

si ottiene:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

+µ−=

0

0a LC

g1j1

1A

ed ancora, posto:

LC

g1Qa

= (04)

tenendo presente che in condizioni di risonanza è:

0L

1C =ω

−ω

e perciò:

0a

m AggA =µ−=−=

risulta:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ωω

−ωω

+=

0

0

0 jQ1

1AA

(03)

----*----

(2*) Giustifichiamo la (07) che qui riportiamo:

2

0

0Q21

1AA

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω∆+

=

Per ω assai prossimo a 0ω , si può porre ω∆+ω=ω 0 , per cui si può scrivere:

00

0

01

ωω∆

+=ω

ω∆+ω=

ωω

;

0

0

00

1

1

ωω∆

+=

ω∆+ωω

=ωω

Ricordando che lo sviluppo in serie della funzione 1/(1+x) è:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

+

=0

0

0 jQ1

1AA

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 14

....xxx1x1

1 32 +−+−=+

e fermandoci al secondo termine perché i successivi sono trascurabili, possiamo scrivere:

0

0

0

00 11

ω∆−≅

ωω∆

+=

ω∆+ωω

ω

quindi:

000

0

0211

ωω∆

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω∆−−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω∆+=

ωω

−ωω

;

perciò la (05):

2

0

20

Q1

1AA

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω−

ωω

+

= (05)

diviene:

2

0

0Q21

1AA

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ω

ω∆+

= (07)

----*---- (3*)

La formula (30) che qui riportiamo

( ) ( ) ( )ω⋅ω−=ω 122

2 IYCMV

potrebbe trarre in inganno dimensionalmente, perché sembra non rispettare la legge di Ohm. Però, se riposizioniamo i termini ωj che abbiamo semplificato nella (28):

( ) ( )ω⋅ω⋅ω

⋅ω−=ω 122

2 I)(YCj

1MjV

vediamo che il quoziente non è altro che il prodotto di due impedenze, il quale moltiplicato per l’ammettenza riporta le dimensioni nei giusti valori.

----*---- (4*)

Cerchiamo di giustificare la (31):

21c QQ

1K⋅

=

Studiamo il circuito di Fig.08 che qui riportiamo:

Fig.08

Trasferiamo, ora, tutta l’impedenza primaria al secondario, con i metodi già visti (Fig.18):

Fig.18

dove la tensione indotta E2 è data da:

1

112 Z

EMjIMjE ⋅ω=⋅ω=

considerando il primario a sé stante. La corrente secondaria sarà allora, ad una pulsazione qualsiasi:

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N.d.C. – Ampl. Banda Stretta 15

1

22

2

1

1

2

ZMZ

ZEMj

+

ω=

Alla risonanza il circuito diventa puramente resistivo, perciò possiamo scrivere:

122021

0

1

220

2

1

10

2 EMRR

Mj

RMR

REMj

Iω+

ω=

⋅ω+

ω= (32)

Vogliamo trovare per quale valore di M la corrente secondaria 2I è massima. Il valore massimo della corrente fornirà anche il valore massimo

della tensione in uscita sul condensatore C . L’analisi ci insegna che bisogna derivare la (32) rispetto a M e porre uguale a zero il risultato. Ricordando che la derivata di un quoziente è data da:

2v'uvv'u

vuD −

=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

risolviamo:

( ) =ω+

ωω−ω+ω=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

ω+ω

2220

2200

220210

22021

0

MRR

)M2(M)MRR(MRR

MdMd

( ) 0MRR

MRR222

0

230210 =

ω+

ω−ω= (33)

Per azzerare la (33) basta porre uguale a zero il numeratore, per cui:

0MRR 230210 =ω−ω

Risolvendo si ottiene:

20

212 RRMω

=

Dividendo ambi i membri della (34) per 21LL e ricordando che 21LL

MK = si ottiene:

2

2120

2

10

1

21

2K

Q1

Q1

LR

LR

LLM

=⋅=ω

⋅ω

=

da cui la (31).

21

c QQ1K⋅

= (31)

----*---- Novembre 2014

N.d.C.