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1 BRUNO BOSCO, LEZIONI DI TEORIA DELLA REGOLAMENTAZIONE VERSIONE SINTETICA DEL CAPITOLO I MESSA A DISPOSIZIONE DE- GLI STUDENTI IN RAGIONE DELLECCEZIONALITADELLA SITUA- ZIONE Monopolio naturale, imprese pubbliche e tariffazione efficiente SOMMARIO: 0. Introduzione. – 1. Monopolio, tariffazione e regolamentazione: il dibattito teorico in prospettiva storica. – 2. L’analisi positiva delle imprese pubbliche. – 3. Tariffa- zione al costo marginale, efficienza e incentivi. Un’anticipazione critica rispetto a Coase. – 4. La tariffazione di c.d. Primo Ottimo in forma analitica. – 4.1. Regola del prezzo pari al costo marginale con informazione completa. – 4.2. L’uso della funzione di utilità del consumatore. – 4.3. Prezzi, tariffazione a più parti e discriminazione dei prezzi con perfetta informazione. – 4.3.1. Regime di scala e regime dei costi nella produzione di un solo out- put. – 4.3.2. Impresa pubblica e prezzo efficiente. – 4.4. Critiche alla regola del prezzo pari al costo marginale e alla sua applicazione. – 4.5. Discriminazione dei prezzi: un approfon- dimento. – 5. La tariffazione di c.d. Second Best in forma analitica. – 5.1. Regola del prezzo di Second Best con informazione completa. – 5.2. La rappresentazione grafica dei prezzi Boiteux-Ramsey. – 5.3. L’inconveniente distributivo e la sua correzione. – 5.4. Una deriva- zione equivalente dei prezzi Boiteux-Ramsey: il benessere dei consumatori “misurato” attra- verso la loro funzione di utilità. – 5.5. Una diversa versione della regola di Boiteux-Ramsey e lo schema (apparentemente di Primo Ottimo) di Löb e Magat. – 5.6. Una versione sempli- ficata dello schema di Löb e Magat. – 6. Monopolio naturale e tariffazione ottima con pro- duzione multipla. – 6.1. Monopolio naturale e c.d. subadditività. – 7. L’introduzione dell’in- certezza. – 7.1. Incertezza e prezzi efficienti. – 7.2. La ripartizione del rischio. – 7.3. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva Il c.d. peak-load pricing. – 7.4. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva. Il c.d. peak-load pricing con domanda ca- suale e possibile razionamento. – 8. Efficienza in presenza di forme alternative di tariffazione e regolamentazione. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli. – Appendice I: Miti e Paradossi (come avrebbe detto Einaudi) del Consumer Surplus. – 1. Il problema della path dependency (in forma grafica). – 2. La (non) soluzione di Willig. – Appendice II: Il monopolio Naturale Multi-prodotto. – Bibliografia Capitolo I. … people of the same trade seldom meet together ... without …

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BRUNO BOSCO, LEZIONI DI TEORIA DELLA REGOLAMENTAZIONE

VERSIONE SINTETICA DEL CAPITOLO I MESSA A DISPOSIZIONE DE-

GLI STUDENTI IN RAGIONE DELL’ECCEZIONALITA’ DELLA SITUA-

ZIONE

Monopolio naturale, imprese pubbliche e tariffazione efficiente

SOMMARIO: 0. Introduzione. – 1. Monopolio, tariffazione e regolamentazione: il dibattito teorico in prospettiva storica. – 2. L’analisi positiva delle imprese pubbliche. – 3. Tariffa-zione al costo marginale, efficienza e incentivi. Un’anticipazione critica rispetto a Coase. – 4. La tariffazione di c.d. Primo Ottimo in forma analitica. – 4.1. Regola del prezzo pari al costo marginale con informazione completa. – 4.2. L’uso della funzione di utilità del consumatore. – 4.3. Prezzi, tariffazione a più parti e discriminazione dei prezzi con perfetta informazione. – 4.3.1. Regime di scala e regime dei costi nella produzione di un solo out-put. – 4.3.2. Impresa pubblica e prezzo efficiente. – 4.4. Critiche alla regola del prezzo pari al costo marginale e alla sua applicazione. – 4.5. Discriminazione dei prezzi: un approfon-dimento. – 5. La tariffazione di c.d. Second Best in forma analitica. – 5.1. Regola del prezzo di Second Best con informazione completa. – 5.2. La rappresentazione grafica dei prezzi Boiteux-Ramsey. – 5.3. L’inconveniente distributivo e la sua correzione. – 5.4. Una deriva-zione equivalente dei prezzi Boiteux-Ramsey: il benessere dei consumatori “misurato” attra-verso la loro funzione di utilità. – 5.5. Una diversa versione della regola di Boiteux-Ramsey e lo schema (apparentemente di Primo Ottimo) di Löb e Magat. – 5.6. Una versione sempli-ficata dello schema di Löb e Magat. – 6. Monopolio naturale e tariffazione ottima con pro-duzione multipla. – 6.1. Monopolio naturale e c.d. subadditività. – 7. L’introduzione dell’in-certezza. – 7.1. Incertezza e prezzi efficienti. – 7.2. La ripartizione del rischio. – 7.3. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva Il c.d. peak-load pricing. – 7.4. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva. Il c.d. peak-load pricing con domanda ca-suale e possibile razionamento. – 8. Efficienza in presenza di forme alternative di tariffazione e regolamentazione. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli. – Appendice I: Miti e Paradossi (come avrebbe detto Einaudi) del Consumer Surplus. – 1. Il problema della path dependency (in forma grafica). – 2. La (non) soluzione di Willig. – Appendice II: Il monopolio Naturale Multi-prodotto. – Bibliografia Capitolo I.

“… people of the same trade seldom meet together ... without …

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the conversation ending in a conspiracy against the public, or in some contrivance to raise prices”.

Adam Smith, Wealth of Nations, 1776

“I cartelli si mettono d’accordo sulle condizioni di vendita, i ter-mini di pagamento, ecc. Si ripartiscono i mercati. Stabiliscono la quantità delle merci da produrre. Fissano i prezzi. Riparti-scono i profitti tra le singole imprese. … La libera concorrenza è l’elemento essenziale del capitalismo e della produzione mercantile in generale; il monopolio è il di-retto contrapposto della libera concorrenza”.

Vladimir Il’ič Ul’janov (Lenin), L’Imperialismo, 1916

0. Introduzione

Nella letteratura economica degli anni ’80 del secolo scorso si leggevano spesso affermazioni di questo tenore

It has always been widely accepted that the really fundamental justification for national-ization is to be found in political ideology. In support of this view, one can point to the Labour Party 1 Manifesto which has always contained a clause committing the Party to the state ownership of productive assets (Curwen, 1986: 25).

Fortunatamente lo stesso autore citato sconfessa in modo efficace il suddetto pre-giudizio, aggiungendo

Yet this view is suspect on two counts. In the first place, nationalization as an issue of principle has not been paralleled by its implementation in practice on any substantial scale other than during one short period in the late 1940s, and in the second place eco-nomic necessity provides an explanation for much of the nationalization which has taken place (Curwen, 1986: 25).

Il riferimento di cui alla prima parte della seconda frase citata è alle politiche laburiste dei governi di Clement Attlee (primo ministro laburista dal 26 luglio 1945 al 26 ottobre 1951) che nazionalizzò la Banca d’Inghilterra, le miniere e le ferrovie, e del ministro Aneurin Bevan, minatore gallese e attivo sindacalista, che entrò ai Comuni nel 1929, divenendo uno dei leader della sinistra del Partito Laburista. Mi-nistro della sanità e della ricostruzione nel 1945, Bevan realizzò la nazionalizzazione del sistema sanitario inglese con la creazione del servizio sanitario nazionale. Altre nazionalizzazioni erano state effettuate in precedenza (ad esempio, quella della rete

1 Di allora, ovviamente …

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elettrica, ma non della generazione, nel 1927) da altri governi, e altre ancora verranno effettuate successivamente (anche da governi conservatori), nel Regno Unito e in tutta Europa (ma non solo) 2. Ad esempio, le ferrovie erano state nazionalizzate in Italia tra il 1905 e il 1915, in Giappone nel 1906, nel 1938 in Francia dal governo del Fronte Popolare e subito dopo la Prima guerra mondiale anche in Germania. I settori minerario, bancario e del trasporto merci vennero (direttamente o indiretta-mente) nazionalizzati durante la pur controversa esperienza della Repubblica di Wei-mar e furono (ri)privatizzati tra il 1934 e il 1937 dal regime nazista, che in questo (e purtroppo in altro ancora) anticipò di circa quarant’anni le politiche dei propri emuli/epigoni cileni di Pinochet. I settori del carbone e del gas erano stati naziona-lizzati anche in Francia nel 1946. Quello delle assicurazioni nel 1912 in Italia. L’elet-tricità verrà quasi completamente nazionalizzata nel 1963 in Italia (sia pure in modo discutibile, almeno per via del valore ingiustificatamente alto degli indennizzi ai vec-chi proprietari privati “espropriati” e per la mancata creazione di un apposito Fondo di Dotazione a beneficio del nuovo ente elettrico) quando già lo era stata fin dal 1947 nel Regno Unito (generazione ed erogazione, in aggiunta alla rete già nazionalizzata nel 1927) durante i governi laburisti ricordati in precedenza.

Come si vede non si è trattato di decisioni di poco conto o che hanno riguardato un ammontare ridotto di risorse 3. Il volume delle risorse coinvolte è stato enorme ed altrettanto importanti sono state le implicazioni sociali, oltre che economiche, delle politiche intraprese. Resta aperta però la questione posta dalla seconda parte della citazione con cui si apre questo paragrafo: per quali ragioni economiche (le economic necessities, al plurale d’ora in poi, di cui parla Curwen) si sono nazionalizzate molte imprese private? Ce ne occuperemo in questo capitolo in cui:

a) Approfondiremo alcune delle ragioni che spiegano le suddette economic necessi-ties delle politiche di nazionalizzazione seguite dai Paesi europei, in particolare nei settori di monopolio naturale in cui esse hanno avuto luogo (elettricità, gas, poste, trasporti ferroviari, acquedotti, telefonia, ecc.).

2 Per comprendere il clima culturale e il contenuto economico-sociale delle politiche britanniche del periodo citato, consiglio, più che la lettura di noiosi libri di storia, la visione del film-documentario di Ken Loach intitolato The Spirit of ’45 (2013) che racconta how the spirit of unity, which buoyed Britain during the war years, carried through to create a vision of a fairer, united and socialist society.

3 In questo testo non faccio riferimento alla nazionalizzazione delle imprese produttive operato nell’URSS dopo la Rivoluzione Bolscevica nel 1917, nei paesi dell’Est europeo dopo il 1948, nella Repubblica Popolare Cinese dopo il 1949, a Cuba dopo la Rivoluzione nel 1959 e in numerosi altri Paesi asiatici e africani a seguito della vittoria nella lotta anticoloniale e all’acquisizione dell’indipen-denza. Solo in Europa occidentale nel periodo 1940-1980 le impese pubbliche producevano circa il 10% del PIL, generavano il 20% della formazione di capitale netto e impiegavano il 10% dell’occupa-zione totale (Millward, 2005, 2011). Particolare fu il caso dell’Austria, il cui Parlamento, pur dominato dai conservatori, nazionalizzò tutte le imprese (pubbliche e private) requisite o istituite dai nazisti dopo l’Anschluss al solo scopo di evitare le conseguenze degli accordi di Postdam tra gli Alleati.

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b) Porremo implicitamente le basi critiche per una simmetrica discussione delle po-litiche di privatizzazione seguite da governi europei di colore politico (almeno in apparenza) diverso a far tempo dagli anni ’90 del secolo scorso. Ci chiederemo se improvvisamente le economic necessities siano oggettivamente venute meno o se le politiche di segno inverso a quelle precedentemente ricordate non debbano più realisticamente spiegarsi sulla base di ragioni riconducibili al mutato “am-biente politico e culturale” generale e all’altrettanto mutato rapporto di forza tra le classi sociali. Queste analisi verranno però condotte in altri Capitoli.

Per riprendere le questioni comprese nel punto a), notiamo che la prima e più conosciuta tra le economic necessities delle politiche di nazionalizzazione riguarda la formazione in alcuni settori produttivi di condizioni di monopolio naturale non contendibile 4, né in tutto né in parte. In monopolio naturale, le imprese (pubbliche o private) possono operare in modo per loro efficiente solo se conquistano (sfrut-tando proprie, esclusive e favorevoli condizioni tecnologiche e quindi non rice-vendo una protezione politico-istituzionale – tipo una licenza di concessione in esclusiva o un benevolo atto amministrativo unilaterale – come nella concezione “classica” di Adamo Smith) una condizione di unicità dell’offerta in un qualche mer-cato. Ovvero se operano come monopolisti grazie allo sfruttamento esclusivo di una specifica condizione tecnologica di cui diremo. Anzi, si potrebbe quasi sostenere che, quando le suddette condizioni tecnologiche si realizzano, o l’impresa è mono-polistica o semplicemente non è. Dalla situazione così creatasi le imprese private cercheranno di trarne il massimo vantaggio: a danno dei consumatori; di altre im-prese operanti in altri settori; dell’efficienza allocativa complessiva. In tali situazioni si rende quindi necessario un intervento pubblico e la nazionalizzazione rappresenta la più diretta tra le possibili forme di intervento. L’intervento è reso necessario dal fatto che, in quei mercati, l’equilibrio domanda/offerta che si raggiunge non com-porta ottimalità nell’uso delle risorse e conseguente massimizzazione del benes-sere sociale. Come si vedrà in altri Capitoli, la nazionalizzazione non è l’unica pos-sibile forma di intervento, ma ogni forma di intervento presuppone che in taluni mer-cati si siano realizzate condizioni di potere (monopolistico) di mercato da parte di talune imprese e che questo venga sfruttato mediante i prezzi a danno della “collet-tività”.

Occorre, quindi, in primo luogo, analizzare quali condizioni tecnologiche gene-rano la situazione descritta in precedenza. Non è difficile individuare tali condizioni nell’elevato (oltre la media) rapporto tra capitale fisso e capitale circolante (costo fisso e costo variabile, se si preferisce) prevalente nei settori considerati. L’alta com-

4 Tali monopoli sono caratterizzati, come vedremo, da funzioni di costo subadditive e da sostenibi-lità (Baumol (1977)): è meno costoso far produrre i beni ad un solo produttore che a molte imprese e i potenziali entranti (ammessa la loro esistenza …) possono essere tenuti fuori dal mercato senza ricor-rere a prezzi predatori.

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posizione organica del capitale induce una concentrazione dell’offerta (riduzione de-gli offerenti e aumento del capitale impiegato nell’attività produttiva) per via di pos-sibili economie di scala il cui eventuale sfruttamento pieno e utile socialmente (mas-simizzazione della produzione) è però incompatibile con la massima valorizzazione del capitale privato impiegato (massimizzazione del profitto). Da ciò il problema sintetizzato sopra: per operare in un settore avente le caratteristiche ricordate in pre-cedenza le imprese devono essere/diventare monopolistiche, ma se esse sono o di-ventano imprese monopolistiche (private) esse si comportano come tali, e quindi re-stringono artificialmente la quantità e aumentano i prezzi rispetto ai valori efficienti. La nazionalizzazione è stata una risposta al problema. A differenza di quelle private, le imprese pubbliche possono espandere l’output oltre il livello corrispondente, data la domanda, a quello del massimo profitto e distribuire il costo del capitale fisso su un volume maggiore di output riducendo il prezzo per i consumatori ma coprendo al tempo stesso i costi variabili dell’offerta (prezzo pari al costo marginale) ovvero il valore del capitale circolante addizionalmente richiesto per la produzione.

In questo capitolo iniziamo l’analisi dell’intervento dello Stato nei settori di mo-nopolio naturale ipotizzando di trovarci prevalentemente in un mondo con perfetta informazione e restringendo l’analisi alla tipologia degli equilibri denominati parziali (trascuriamo, cioè, la presenza di altri settori/mercati) e rinviamo a succes-sivi futuri capitoli l’analisi della tariffazione efficiente in equilibrio generale con set-tori e domande interconnessi (che legheremo al dibattito, sviluppatosi dagli anni trenta del novecento in avanti, sulle proprietà allocative del mercato a proprietà pri-vata delle risorse contrapposte alle proprietà allocative e al tempo stesso distributive della pianificazione con proprietà sociale delle risorse) e all’attuale Capitolo III la trattazione del caso in cui l’informazione sia asimmetrica (disponibile in modo dif-ferenziato tra soggetti economici). Analizzeremo invece sia le politiche di c.d. First Best, che mirano al ripristino o alla generazione ex-novo di risultati analoghi a quelli accreditati alla concorrenza perfetta (prezzo pari al costo marginale e massimizza-zione del surplus sociale) ma generano una perdita di bilancio per l’impresa, sia quelle di c.d. Second Best, che mirano a correggere solo parzialmente l’inefficienza allocativa proponendo criteri di determinazione del prezzo per valori inferiori a quelli di massimo profitto, ma superiori al costo marginale, in modo da permettere all’impresa di conseguire almeno il pareggio del suo bilancio contabile.

Senza voler anticipare alcunché delle trattazioni successive, vale la pena sottoli-neare ancora il fondamento tecnologico del monopolio naturale. L’impresa è mono-polista nel senso naturale se la tecnologia lo impone. Va da sé che se un’impresa di monopolio naturale pubblica viene privatizzata, e non vi sono state rilevanti modifi-che tecnologiche, essa muta dal punto di vista dei diritti di proprietà esercitati sulle sue dotazioni ma non dal punto di vista tecnologico. Nel mercato seguita ad operare una sola impresa che, se privata, sfrutta a suo vantaggio la (immutata) tecnologia. Né vale sperare che essa possa essere indotta a mitigare il suo comportamento (prezzi inferiori a quelli di monopolio) dal timore di subire l’ingresso di qualche competitore

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distrattamente impegnato altrove. La liberalizzazione giuridica dell’accesso al mer-cato non costituisce, di per sé, una credibile minaccia ai comportamenti monopoli-stici privati se non è accompagnata dal realizzarsi di improbabili e molto restrittive condizione per l’entrata. È come dire che un governo, mentre privatizza, emana una Grida manzoniana che elimina i divieti giuridici ad operare in quel settore nella con-sapevolezza che di fatto l’attività produttiva potrà svolgerla una sola impresa. L’at-tività è formalmente “liberalizzata”: grazie all’abolizione dei divieti legali il mono-polista privato “subentrato” all’impresa pubblica è teoricamente esposto alla bene-fica concorrenza dei propri simili, ma di fatto l’attività privata avverrà in regime monopolistico privato non contendibile. Nel Capitolo III esamineremo se e in quali condizioni in mercati privatizzati la benefica concorrenza di cui sopra possa operare nella forma di una competizione per l’accesso al mercato gestita tramite aste.

A questo punto devono essere studiate (anche solo per puro ripasso) le lezioni

che nella pagina e learning sono raggrppate nella sezione dedidicata al Ripasso della teoria della concorrenza, dell’efficienza allocativa e del monopolio. La parte relativa all’oligopolio (Cournot e Bertrand) e alla violazione dell’effi-cienza in oligopolio verrà trattata più avanti in un’apposita despensa on line.

1. Monopolio, tariffazione e regolamentazione: il dibattito teorico in prospettiva storica

NO

2. L’analisi positiva delle imprese pubbliche

NO

3. Tariffazione al costo marginale, efficienza e incentivi. Un’antici-pazione critica rispetto a Coase

NO

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4. La tariffazione di c.d. Primo Ottimo in forma analitica

NO.

4.1. Regola del prezzo pari al costo marginale con informazione completa

La teoria economica discussa nei paragrafi precedenti parte dal presupposto che l’attività di scambio di mercato “crei” nelle tasche dei partecipanti agli scambi un “valore soggettivo” misurabile in moneta (e quindi suscettibile di confronti inte-rindividuali) quale somma del guadagno dei consumatori (minor spesa rispetto a quella massima che sarebbero stati disposti ad effettuare per acquisire ciascuna unità della quantità domandata) e del guadagno dei produttori (maggior introito rispetto a quello minimo che sarebbero stati disposti a ricevere per ciascuna unità della quantità ceduta) 5. Chiamo W tale valore soggettivo, e supponendo che esso esista, ne scom-pongo la metafisica nelle sue presunte parti:

W = TR + S – TC (1)

dove:

W ≡ Guadagno “Sociale” (cioè di consumatori e produttori insieme) Netto; TR = p(x)x ≡ Ricavi totali del venditore/produttore, con p(x) funzione inversa di

domanda continua decrescente, monotona, derivabile sul compatto x [0, ∞]; TC = C(x) ≡ Funzione di Costo Totale del produttore, continua e derivabile, mono-

tona crescente e (a volte ...) convessa, sul compatto x [0, ∞].

0 0 0

Surplus Lordo Spesa

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

x x xS p p y p x dy p y dy p x dy

= Surplus netto del consumatore

Nella definizione di S(p) da inserire nella (1) si è impiegata la funzione inversa di domanda e per tale motivo si è potuta scrivere nel modo indicato (ovvero in fun-zione di p) la misura del surplus in termini di valore netto monetario. Se per qualche misterioso motivo desiderassimo invece utilizzare la domanda definita come fun-zione diretta, x(p), la (identica) misura del surplus sarebbe scritta in modo diverso,

5 In questo e in altri capitoli, il riferimento al surplus “sociale” generato dagli scambi di mercato – quale misura del “benessere” di società nate dalla rivoluzione industriale – sarà fatto unicamente al fine di consentire al lettore di familiarizzare anche con la letteratura dominante, e senza che ciò implichi adesione alcuna ai presupposti concettuali (ed etici) di tale letteratura. Pertanto, l’aggettivo sociale va inteso come sinonimo di complessivo o totale.

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ovvero in funzione di x, fermo restando il suo “valore”. Poiché nel testo verrà impie-gata a volte l’una e a volte l’altra forma della funzione di domanda, nel riquadro seguente (Scheda 1) mostro con un esempio banale le due versioni della (stessa) misura in modo da offrire al lettore un sintetico pro-memoria.

Seguendo l’impostazione che impiega la domanda inversa, la (1) si riscrive come segue:

0 0Ricavi produttore Costi delSurplusLordo Spesa del produttoreConsumatore Consumatore

0Ricavi produttore Surplus Lordo

Consuma

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

x x

x

W p x x p y dy p x dy C x

p x x p y dy

Spesa del Costi delConsumatore produttoretore

( ) ( )p x x C x

Costi delproduttore

Surplus “Sociale” Netto

0

Surplus Lordo del Consumatore

( ) ( )x

TR S

p y dy C x

(2)

Esaminando la (2) deduciamo che, usando la domanda inversa, il Surplus so-ciale è dato dal Surplus Lordo del consumatore meno i costi del produttore. Quale scelta di x(p) rende massima la funzione W definita dalla (2)? La (2) è massima quando

( )

( ) 0W dC x

p xx dx

(3)

Quindi: la quantità, chiamiamola x*, che rende la funzione W massima è quella determinata dall’uguaglianza tra prezzo e costo marginale. Tuttavia perché x* sia un massimo e non un minimo occorre che

2 2

2 2

0 0

( ) ( )0

W dp x d C x

x dx dx

Poiché abbiamo assunto che C(x) è una funzione convessa, la condizione di cui sopra deve essere considerata soddisfatta essendo d2C/dx2 > 0. Non è detto, però, che

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debba essere sempre così. Torneremo dopo su questo punto. La (2) esprime W in funzione di p(x). Come già anticipato, in qualche caso potrà

essere utile esprimere W in funzione di x(p). In questo caso avremo

Surplus Netto del Consumatore Profitto Produttore/Venditore

Surplus “sociale” Netto

( ) ( ) ( )p

W x p dp x p p C x

(4)

dove ∞ può essere sostituito da un qualsiasi valore di p (ad esempio, p , o il valore 100 usato nella Scheda 1, per azzerare la quantità) in corrispondenza del quale x = 0: la domanda diretta si annulla all’estremo superiore e quindi ( ) 0x p . Analoga-mente, la domanda si annulla se supponiamo x(∞) = 0 6.

Quindi, usando la domanda diretta, il Surplus sociale può essere espresso come Surplus Netto del consumatore più il profitto del produttore. La ricerca del mas-simo della (4) richiede allora il calcolo di

( ) ( ) ( )( ) ( ) 0

( )W dx p dC x dx p

x p x p pp dp dx p dp

da cui:

( ) ( )

0dx p dC x

pdp dx

(4)

Se, come nelle forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta, dx(p)/dp < 0 allora dovrà essere pari a zero il termine tra parentesi tonda e quindi il prezzo che massimizza il guadagno “sociale” da scambio sarà pari al costo marginale. Nel caso particolare della concorrenza perfetta si afferma che dx(p)/dp = ∞ perché dp = 0 per ogni singola impresa e, nuovamente, il termine tra parentesi dovrà essere pari a zero. Pertanto la (4) e la (3) forniscono la regola di prezzo che dovrebbe essere applicata perché il meccanismo degli scambi generi la massima “ricchezza o surplus sociale”:

Prezzo = Costo Marginale

6 In questo caso l’integrale improprio di prima specie che definisce il Surplus del consumatore è convergente visto che l’ipotesi di azzeramento in ∞ del valore x(p) con p ∈ [0, ∞) consente di affermare

che ( ) lim ( )p p

p ppx p dp x p dp

= Valore che esiste e che è finito.

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Scheda 1. Sia la funzione di domanda ordinaria (o Marshalliana) diretta x(p) = ln[100/p]

con p > 0. La sua inversa è p(x) = 100[e–x]. La rappresentazione grafica delle due funzioni è la seguente.

x(p)

p x

p(x)

100

100

Con la domanda diretta il Surplus del consumatore viene misurato come area tra ogni p e 100 sotto la curva x(p):

100 100(diretta )

100( ) ln 100 ln

100p pS

px y dy dy p p

y

mentre con la domanda inversa il Surplus Netto del consumatore viene misurato come area sottostante la curva di domanda p(x) tra 0 e ogni x corrispondente (completare i due grafici per esercizio) meno la Spesa data dal prezzo per la quantità:

(inversa)

( ) ( )

0 0( ) ( ) 100( ) ( )

100(1 ) ( )

x p x p y

x

S p y dy p x x e dy p x x

e p x x

Le due misure coincidono per qualsiasi valore di p. Ad esempio se p = 1 il primo integrale vale 99 – ln(100) = 94.39 (circa). Con p = 1 segue che x = ln(100) e il secondo integrale vale 99 e la spesa ln(100). Quindi entrambe le misure valgono circa 94.39. Ovviamente questa coincidenza si verifica per qualsiasi valore di p.

Sulle ambiguità del surplus dei consumatori quale misura di benessere si dirà alla fine del

capitolo. Sull’imbroglio concettuale definito “funzione individuale di domanda” non potrò dire nulla.

Questo è in sintesi il risultato che, seguendo l’impostazione che confusamente

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11

abbozzò Dupuit nei suoi scritti tra il 1844 e il 1853 (ovvero usando di fatto la no-zione di surplus del consumatore), Hotelling 7 ottenne per primo e in forma “mo-derna” nel 1938 (si tratta del suo celebre thrird argument. v. Hotelling, 1938: 244). Mentre in concorrenza perfetta questo risultato emergerebbe quasi meccanicamente (qualcuno direbbe “naturalmente”; ma la natura e il funzionamento dell’economie nate dalla rivoluzione industriale non hanno nulla a che vedere) dal comportamento delle imprese, nelle forme di mercato non concorrenziali esso invece dovrebbe essere in qualche modo “imposto” alle imprese, in maniera tale che il loro comportamento generi sul mercato una specie di simulazione degli esiti della concorrenza perfetta, anche quando questa non c’è. Ovviamente, il problema che si pone è quello di sce-gliere il modo “migliore” per imporre tale comportamento. Tuttavia, quale che sia la sua forma, la finalità dell’intervento pubblico – che prescrive alle imprese di vendere al prezzo pari al costo marginale – resta in ogni caso quello della “resurre-zione” o della costituzione ex-novo degli esiti allocativi della concorrenza perfetta, quando la struttura del mercato non permette di ottenerli “spontaneamente”, anzi li impedisce.

Illustriamo il risultato con un semplice esempio.

Esempio 1 (Semplificato)

Sia la domanda diretta lineare x = 100 – 2p e la generica funzione di costo C(x). Chiara-mente p = 50 implica x = 0. Il prezzo 50 è quel prezzo p che annulla la domanda. Il surplus sociale generato dagli scambi è W = SCNETTO + . Si osservi la figura rappresentata di seguito

7 Una introduzione storica allo sviluppo delle teorie marginaliste, che prevedono l’opportunità di fissare prezzi pari al costo marginale nelle condizioni esaminate nel testo, si trova in Steve (1976, 230-232; in particolare nelle note da 18 a 22). Curiosamente, il tema non è ulteriormente approfondito dall’Autore. Molto difficile da comprendere è la critica (o precisazione?) che ad Hotelling (e anche a Dupuit) muove immediatamente Frisch (1939, 150), in un lavoro spesso citato anche se non in modo convincente. Senza alcun riferimento al problema della copertura fiscale del deficit di bilancio indotto dalla tarifazione efficiente, Frisch sembra unicamente sostenere, quale risultato autonomo e originale l’equivalenza tra tassazione del reddito (con offerta di lavoro fissa) e dei consumi (con risparmio nullo). Ciò affermato, Frisch passa a trattare il tema della tariffazione al costo marginale con trasferimenti fiscali a copertura delle perdite e dice solo, e senza argomentare, che le ragioni a favore di tale politica dipenderebbero da comparazioni “that are not invariant for an arbitrary (monotonically increasing) transformation of the indicator of a given individual…”.

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12

x(p)

p50 p̂

L’area colorata indica il Surplus netto del consumatore al prezzo p^ qualsiasi. Quindi,

prendendo un p a piacere:

2

( ( ))

150 (100 2 ) (100 2 ) ( ( ))

2

2500 ( ( ))

NETTOW SC TR C x p

p p p p C x p

p C x p

Allora

2 2 2W C x C

p pp x p x

Uguagliando a zero otteniamo: p = Costo Marginale. Ripetiamo l’esempio con la domanda inversa. In questo caso

150

2p x .

Con la domanda inversa W = SC LORDO – C(x). Si osservi la figura riportata di seguito. Se (non avendo di meglio da fare) vi divertiste a inserire i valori in corrispondenza delle inter-sezioni con gli assi, vi rendeste subito conto che si tratta della figura precedente “invertita” (a cosa corrisponde ora l’area scura?).

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13

p(x)

x

p

Il surplus lordo del consumatore è dato dalla somma delle aree A e B. Quindi

2 2

1 1ˆ ˆ ( ( )) 50 ( ) (50 ( )) ( ( ))2 2

1 1( ) 50 ( ) ( ) ( ( ))

4 2

W A B C x p p x p x p C x p

x p x p x p C x p

Allora

( )

1 1( ) 50 ( ) 50 ( )

( ) 2 ( ) 2 ( )p x

W C Cx p x p x p

x p x p x p

Uguagliando a zero otteniamo nuovamente: p(x) = Costo Marginale.

Esempio 2

Usando la domanda in forma inversa di cui alla Scheda 1 cerchiamo il prezzo efficiente nel caso in cui C(x) = 100 + 20x. Avremo:

ln(100/ )

0

ln(100/ )

0

100 100100 20 ln

100 100100 20 ln

100 /

p

x

p

dxpe

dxp p

W

Quindi

1 200

Wp

p p p

da cui p = 20.

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14

Analogo è il risultato con la domanda diretta:

100

( )

100 100 100ln ln 100 20 ln

p x

dp pp p p

W

Quindi

201 0

W

p p

da cui p = 20.

L’Esempio 1, in cui si suppone la linearità della funzione di costo variabile (ovvero che il costo marginale sia costante) offre l’occasione per svolgere alcune riflessioni più generali. Iniziamo con la domanda: se sono presenti anche dei costi fissi, la regola p = dC(x)/dx che definisce la x* genera profitti positivi o negativi? La risposta è: Dipende. Il profitto in corrispondenza dell’ottimo x* è

* * *( ) ( )p x x F C x

che per p = dC(x+)/dx* diventa * *

* **

( ) ( )dC x C xx F x

dx x

Quindi se * *

**

( ) ( )dC x C xx F

dx x

ne deriva che 0 oppure 0. Data l’incertezza sul segno del termine tra paren-tesi quadra, che dipende dal rapporto tra costo marginale e costo variabile medio, non è possibile affermare a priori che la regola del prezzo pari al costo marginale implichi profitti positivi (ancorché non massimi) o perdite per l’impresa. L’implica-zione per l’intervento pubblico del segno della differenza tra costo marginale e costo medio è molto importante. Se il costo marginale fosse superiore al costo medio, com-prensivo del costo fisso, si potrebbe pensare di imporre per legge al monopolista (privato) un prezzo pari al costo marginale, consentendogli di conseguire profitti po-sitivi anche se non massimi. Se invece accadesse il contrario, la regola del prezzo pari al costo marginale genererebbe un profitto negativo e non potrebbe essere im-posta all’impresa privata a meno di garantirle un sussidio. In questo caso andrebbero studiate altre modalità per ottenere il raggiungimento delle condizioni di efficienza paretiana in quel settore.

Vi è però una situazione nella quale p = dC(x)/dx genera necessariamente Π < 0. Tale situazione caratterizza l’oggetto di questo capitolo ed è trattata nei paragrafi

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15

successivi. Prima di affrontarla chiediamoci per completezza cosa accade (o meglio, cosa dovrebbe accadere) se il monopolista producesse N > 1 beni e servizi. Se esi-stesse un solo consumatore il “benessere sociale” varrebbe:

1

( ) ( ) ( ( ))i

N

i i i i ipi

W x dp x p C x

p p p

La massimizzazione di W per ogni pi, con i N, richiede (ponendo xi/pj = xj/pi = 0 vedi nota a piè di pagina 6).

1 11

1 1 10

. . 0

. .

. . 0

0N NN

N N N

W dx dCp

p dp dx

W dx dCp

p dp dx

Formiamo il sistema di equazioni e rappresentiamolo in forma matriciale

1 11 1

1 11

2

2

0 0

0 0

0

0 N N N

NN N N

dC dxdx pdx dpdp

dxdp

dx dC dxpdp dx dp

Il determinante della matrice (N × N) dei coefficienti è 1 0N ii

i

dx

dp (come

mai?). Si noti che per avere il determinante non nullo è necessario che dxi/dpi 0 i N. Dato Δ, qualsiasi prezzo pi (scegliamo per esempio p1) si ottiene nel modo seguente:

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16

1 1

1 1

2 2 2

2 2 21

0 0

1

N N N

N N N

dC dxdx dp

dC dx dxdx dp dp

dC dx dxdx dp dp

p

da cui:

1

1

11

1

dCdCdx

pdx

come per ogni altro p. Il benessere sociale è massimo quando, all’ottimo, ogni prezzo è posto pari al corrispondente costo marginale.

* ** *

* prodotti dal monopolista( , , )

( , , ) ii N

i i Ni

dC x xp x x x

dx

Se un monopolista offre tutti i beni che produce in mercati non perfettamente concorrenziali e se si vuole ottenere una allocazione efficiente delle risorse (e una massimizzazione del surplus totale in ciascun mercato) all’impresa monopolistica deve essere imposta la regola di vendere le sue merci al prezzo pari al rispet-tivo costo marginale, ovvero di praticare in ogni mercato un prezzo che simuli quello della (inesistente) concorrenza perfetta. Dobbiamo allora cercare di capire se ed eventualmente come si può imporre tale comportamento ad un’impresa pri-vata che massimizza il profitto. A questo fine è fondamentale sapere se il governo possiede o no tutte le informazioni necessarie. Inizieremo la discussione del pro-blema supponendo che nel sistema economico non ci sia incertezza e che tutti con-dividano interamente le informazioni. Tuttavia, prima di passare a trattare le poli-tiche di prezzo da imporre alle imprese pubbliche analizziamo in che modo le con-dizioni per i prezzi efficienti vengono ricavate ricorrendo alla massimizzazione del benessere sociale definito attraverso il ricorso alle funzioni di utilità dei consuma-tori.

Esempio

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17

Supponiamo che l’impresa pubblica produca due beni X e Y con una funzione di costo C(X, Y) = 10 +3X +6Y

e che le domande, ad elasticità costante (poco importante ai nostri fini) e separabili nei prezzi (molto importante ai nostri fini) siano

100 / 2

100 / 2X

Y

X p

Y p

Dove 100 è l’importo massimo spendibile dato il vincolo di bilancio del consuma-tore (qualcuno lo chiama, a torto, reddito del consumatore).

Il “benessere sociale” varrebbe (lasciate perdere la convergenza degli integrali):

(100 / 2 ) (100 / 2 ) ) 100 3 6X Y

X X Y Xp pCOSTI IMPRESA

SURPLUS LORDOCONSUMATORE

W p dp p dp X Y

La massimizzazione di W per ogni prezzo (facciamo solo con X)

2(50 / ) 3 (50 / ) 0X XX

Wp p

p

Da cui pX = 3 = MCX. Lo stesso vale per pY (fatelo) Il benessere sociale è massimo quando ogni prezzo è posto pari al corrispon-dente costo marginale. Notare l’ipotesi di separabilità delle domande rispetto ai prezzi diversi dal proprio.

4.2. L’uso della funzione di utilità del consumatore

NO

4.3. Prezzi, tariffazione a più parti e discriminazione dei prezzi con per-fetta informazione

Affrontiamo adesso la questione lasciata precedentemente aperta e chiediamoci

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18

quale è la situazione in cui il prezzo posto pari al costo marginale induce necessaria-mente profitti negativi.

Prima di fare ciò è necessario un piccolo ripasso di teoria neoclassica della dualità nella sfera della produzione. Chiedo scusa in anticipo.

4.3.1. Regime di scala e regime dei costi nella produzione di un solo output

Ricaviamo per 3 tipi di tecnologia la relazione tra funzione di produzione e fun-zione di costo.

Caso DRS (Rendimenti di Scala Decrescenti)

Sia

3( , ) cony f K L A KL C rK wL

Primo punto: qual è il grado di omogeneità di questa funzione “di produzione”? Con l’aiuto dell’amico Eulero calcoliamo

3( , ) ( , ) 2 22

3 3f K L f K L A

K L KL yK L

Allora il grado di omogeneità è 2/3 < 1 e quindi abbiamo DRS: se, ad esempio, raddoppiassimo la quantità di “fattori” la y aumenterebbe solo di 2/3.

Secondo punto: Calcoliamo la funzione di costo associata alla suddetta tecnolo-gia. Risolviamo il seguente problema di minimo vincolato:

3, con il vincolo K LMin rK wL y A KL .

Allora minimizziamo

3rK wL y A KL

Le condizioni per la ricerca di un punto di stazionarietà richiedono

23 0

3KA

r KL L

23 0

3LA

w KL K

3 0y A KL

Da cui:

;r w

L K K Lw r

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19

Sostituendo nella funzione di produzione otteniamo: 1

23

3 3r r

y A K K AKw w

.

Pertanto, le domande compensate (H) dei fattori sono: 3

1 1 323 2 2*

Hw y w y

Kr A r A

.

1 32 2*

Hr y

Lw A

.

Sostituendole nell’identità contabile dei costi otteniamo la funzione di spesa (co-sto) seguente:

1 3 1 3 31

2 2 2 2 22( , , ) 2 ( )

w y r y ye w e y r w wr

r A w A A

.

La funzione di costo (spesa) e(w,r,y) è di classe C2 ed è monotona continua (anche nell’origine?) crescente in y (ricavarlo).

Prima di procedere con lo studio del costo medio e marginale lo studente risponda alle seguenti domande: Come si comporta la finzione rispetto a w e r? Come inter-pretiamo A?

Terzo punto: Chiediamoci adesso come sono AC and mc generati dalla suddetta tecnologia. Deriviamo rispetto a y per trovare mc

1 11 1

2 22 2

( , , ) 3 3( ) ( ) 0

e w r y y ymc wr wr

y A A A A

.

con

112 22

2 2

( , , ) 3( ) 0

2

e w r y ywr

Ay A

.

Con DRS la funzione di costo marginale è crescente e convessa in y 8. Cerchiamo adesso il costo medio:

8 Nella vulgata corrente 33 /SP wry A si interpreta come la funzione di offerta in forma in-

versa dell’impresa che fa da esempio DRS. In questo caso il campo di esistenza rispetto a y va da 0 a infinito. Spiegare perché.

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20

321 1

232 2

( , , ) 2( ) 2 ( )

e w r y yAC wr A wry mc y

y y A

.

Quindi AC < mc per ogni valore finito di y. In questo caso p = mc può generare un profitto positivo perché per ogni y prodotto p > AC. Chiediamoci allora che suc-cede alla condizione

* **

*

( ) ( )dC x C xx F

dx x

che avevamo lasciato in sospeso. Se C(x) comprende anche i costi fissi, con DRS abbiamo

* **

*

( ) ( )0

dC x C xx

dx x

e quindi il prezzo efficiente può essere applicato (tanto nel breve quanto nel lungo periodo, se crediamo in queste differenze).

Caso IRS (Rendimenti di Scala Crescenti)

Sia adesso

4( , ) cony f K L A KL C rK wL

Primo punto: il grado di omogeneità

Applicando il teorema di Eulero come prima

3 3( , ) ( , )4 ( ) 4 ( )

8 ( , ) 8

f K L f K LK L A KL LK A KL KL

K Lf K L y

.

Il grado di omogeneità è 8 > 1 e, di conseguenza, abbiamo IRS. Se raddoppias-simo l’uso dei “fattori” la y aumenterebbe di 8 volte.

Secondo punto: Calcoliamo la funzione di costo associata alla suddetta tecnolo-gia. Risolviamo il seguente problema di minimo vincolato:

4, con il vincolo ( )K LMin rK wL y A KL .

Allora minimizziamo

4rK wL y A KL .

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21

Le condizioni per la ricerca di un punto di stazionarietà richiedono

3 04KA

r KL L

3 04LA

w KL K

4( ) 0y A KL .

Da cui:

;r w

L K K Lw r

.

Sostituendo nella funzione di produzione otteniamo

4 48r r

y A K K AKw w

.

Da cui: 1 18 2*

Hy r

KA w

.

1 18 2*

Hy r

LA w

.

Sostituendole nell’identità contabile dei costi otteniamo:

1 1 1 1 11

2 8 8 2 82( , , ) 2 ( )

w y y r ye w r y r w wr

r A A w A

.

La funzione di costo (spesa) e(w,r,y) è di classe C2 ed è monotona continua (anche nell’origine?) crescente in y (ricavarlo). Come si comporta rispetto a w e r? Come interpretiamo A?

Terzo punto: Come sono AC and mc generati dalla suddetta tecnologia? Deri-viamo rispetto a y per avere mc

8( , , )

4

ywre w r y Amc

y y

.

con:

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22

3lim 04y

wr y

y A

Con IRS la funzione di costo marginale è continuamente decrescente e convessa in y 9. Cerchiamo il costo medio:

8

78

2( , , ) 2y

wre w r y wrAACy y Ay

.

Da cui:

78

2lim 0y

wr

Ay .

Quindi AC > mc per ogni valore finito di y. In questo caso p = mc non può gene-rare un profitto positivo perché il prezzo è inferiore ad AC. Che succede alla condi-zione

* **

*

( ) ( )dC x C xx F

dx x

che avevamo lasciato in sospeso? Se C(x) comprende anche i costi fissi, con IRS abbiamo:

* **

*

( ) ( )0

dC x C xx

dx x

e quindi il prezzo efficiente non può mai essere applicato (tanto nel breve quanto nel lungo periodo, se crediamo a queste differenze). Ma c’è di più. Non esiste un valore finito di y che minimizzi il AC ed individui il livello di produzione efficiente, come in “concorrenza perfetta”. IRS non è un regime efficiente in senso allocativo.

Fissando valori (ragionevoli? ... spero) di A, r e w, riproduciamo la tecnologia con il grafico seguente

9 Nella vulgata corrente 7

884

Swr

P yA

si interpreta come la funzione di offerta in forma inversa

dell’impresa che fa da esempio IRS. In questo caso il campo di esistenza rispetto a y va da 0 (non compreso) a infinito. Spiegare perché. L’impresa ribassa continuamente il prezzo con l’aumento della y. Per chi ci crede …

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23

AC mc

y

0.8

0.6

0.4

0.2

20 15 10 5

La curva superiore è AC mentre quella inferiore è mc. Con IRS, AC > mc per ogni y < ∞. Allora, p = mc non può essere applicato da un produttore privato che massi-mizzi il profitto e non venga sussidiato dalla collettività. Il monopolista privato se-guirà altre politiche di prezzo (quali che siano) ma violerà necessariamente le condi-zioni dell’efficienza nel senso di Pareto.

Esercizio 1. Ricavare cosa accade con CRS (Rendimenti di Scala Costanti) Esercizio 2 per DRS e IRS dimostrare che i punti di stazionarietà trovati corrispondono

realmente a un minimo vincolato delle funzioni di costo. Esercizio 3 Data a funzione di domanda p = 2750 – (45/8)y e la funzione di costo totale TC = (1/30)y3 -15y2 + 2500y, valutare se siamo in presenza di monopolio naturale, usando intuitivamente anche la seguente figura (che relazione c’è tra AC, MC e D?)

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24

Calcolare a) prezzo e quantità che massimizzano il profitto dell’impresa (privata); b) l’elasticità della domanda al prezzo; c) la relazione tra ricavo marginale ed elasticità; d) il prezzo e la quantità efficienti.

La conseguenza di quanto affermato in precedenza è che un’impresa privata che

operi in condizioni di IRS non troverà mai conveniente produrre la quantità efficiente e che essa dovrà essere sostituita da un’impresa pubblica cui affidare l’obiettivo della massimizzazione del benessere sociale in alternativa a quello della massimizzazione del profitto. Il caso della produzione di più merci è trattato più avanti. In quasta sede conviene anticipare solo quanto segue. Se in un mercato per un bene omogeneo operassero K imprese e ciascuna producesse la quantità yi usando la stessa tecnologia ( )iC y la pro-

duzione totale sarebbe 1

Kii

Y y

e la condizione per un monopolio naturale sarebbe

1 2( ) ( ) ( ) ... ( )KC Y C y C y C y

in base alla quale sarebbe meno costoso produrre la quantità totale con una sola impresa anziché distribuire la quantità su K imprese. La leteratura definisce su-badditive (globalmente) le funzioni di costo aventi tale proprietà per (tutti) i va-lori della quantità. (Yoskow, 2007, 1233). Le funzioni di costo che mostrano economie di scala nella produzione di un solo output (costi medi decrescenti per ytuu la quantità producibile) sono subadditive. Pertanto, nel caso di imprese che

MC

AC

D

MR

50 100 150 200 250 300 350y

1000

1000

2000

3000

4000

p AC MC

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producono un solo output le economie di scala coincidono con la subadditività della funzione dei costi e definiscono le condizioni sufficienti10 per avere un mo-nopolio naturale. 4.3.2. Impresa pubblica e prezzo efficiente

Supponiamo che per una ragione di tipo tecnologico la struttura dei costi del mo-

nopolista privato sia caratterizzata da preminenza dei costi fissi (indipendenti dalla quanti prodotta, sopra i costi variabili, che dipendono invece dalla quan-tità prodotta. È questo il caso delle attività che richiedono l’utilizzo nel ciclo pro-duttivo di grandi reti fisse (elettricità, gas, acquedotti, telefonia, trasporti ferroviari, ecc.). La realizzazione e il mantenimento delle reti richiedono spese molto alte che devono essere effettuate indipendentemente dalla quantità di prodotto che effettiva-mente le percorrerà. Un network ferroviario (binari, massicciate, stazioni, segnali, passaggi a livello, ecc.) deve essere realizzato e gestito indipendentemente dal nu-mero di passeggeri che trasportano i treni che lo utilizzano così come i tralicci, i cavi, le centrali, ecc. dell’alta tensione esistono, e costano, indipendentemente dalla quan-tità di KW/h di elettricità che le passa lungo la rete. Analogo discorso vale per il gas, l’acqua e altri servizi a rete. In questi casi le condizioni per il formarsi di un mono-polio si formano “naturalmente”, ovvero per regioni legate alla tecnologia e non ad atti unilaterali delle autorità, quali le concessioni di qualche privilegio o esclusiva da parte del sovrano, come ai tempi di A. Smith. In questi casi, come vedremo, la fun-zione del costo medio sarà continuamente decrescente e anche se in un qualche mo-mento la produzione viene svolta da più imprese alla fine, in presenza di domanda sufficientemente elevata, la conformazione ottimale del settore sarà dalla presenza di una sola impresa, che diventa “naturalmente” monopolistica.

Un esempio della tecnologia che stiamo considerando è dato dalla seguente fun-zione di costo totale

TC = F + cx

dove c è il costo marginale supposto costante, x la quantità ed F il costo fisso. Chia-ramente AC = (F/x) + c da cui

0lim

xAC

e limx

AC c . Quindi c’è l’asin-

toto orizzontale di AC il ché vuol dire che AC > c per ogni 0 ≤ x < ∞. Siamo quindi pienamente nel caso indicato come IRS per il quale la regola del prezzo pari al costo marginale implica necessariamente profitti negativi per ogni valore finito della quan-tità. Un’impresa privata non può operare rispettando le condizioni dell’efficienza allocativa.

10 Joskow (2007, 1234) richiama gli esempi discussi da Sharkey (1982) di funzioni di costo per le quali le economie di scala sono condizoni sufficienti ma non necessarie per la subadditività, ovvero per l’esistenza di un mopolio naturale.

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La soluzione di FB al problema richiede l’intervento pubblico che per il momento consideriamo consistere nell’erogazione di un trasferimento T all’impresa naziona-lizzata pari alla perdita realizzata applicando la regola del prezzo pari al costo mar-ginale. Il profitto dovrà essere riscritto come segue:

Π = p(x)x – F – cx + T

e il governo si dovrà impegnare a fare in modo che Π ≥ 0. Ovvero che il livello di extra-profitto non scenda mai sotto il livello concorrenziale, che possiamo intendere come una specie di valore di riserva sotto il quale l’impresa smetterebbe di operare.

Riformuliamo la (2)

ProfittoVenditore

( ) ( ) ( )p

S

W x p dp x p p C x F T

che è nuovamente massima rispetto a p quando p(x*) = dC(x*)/dx*. Usando la fun-zione del profitto possiamo calcolare l’ammontare di risorse da trasferire all’impresa come segue, ponendo Π = 0

T = p(x*)x* – F – cx* = cx* – F – cx* = –F

In questo caso (costi marginali costanti) il trasferimento è pari al costo fisso. Per-tanto la soluzione di FB è

**

*

( )( )

dC xp x c

dx

T F

che nel caso più generale di costi marginali non costanti diventa

**

*

* *

( )( )

( ) ( ) * Entità della Perdita

dC xp x

dx

T C x p x x

Naturalmente in presenza di informazione perfetta la regola del prezzo pari al costo marginale più un trasferimento pari alla perdita può essere imposta tanto ad un’impresa nel frattempo nazionalizzata quanto, in teoria, ad un’impresa rimasta pri-vata ma obbligata per legge ad accettare questa forma di regolamentazione e con-trollo. Hotelling (1938) ricava e commenta questo risultato inquadrandolo nell’am-bito del suo Fundamental Theorem (p. 248 ss.) che come è noto è formulato in

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termini di criteri di applicazione di imposte e non di prezzi pubblici. Tuttavia, egli ne ricava l’implicazione che a noi interessa deducendo dal Teorema che:

The criterion for a small increase in production is still that its cost shall not exceed what buyers are willing to pay for it; that is the general welfare is promoted by offering it for sale at its marginal cost. It may be that demand will grow as prices decline until marginal cost is pushed to a very low level, far below the average cost of all the units produced. In such a case the higher cost of the first units produced is of the same character as fixed costs, and is best carried by the public treasury without attempting to assess it against the users of the particular commodity as such (Hotelling, 1938: 255-256).

Il prezzo non deve quindi garantire il pareggio del bilancio dell’impresa per-ché è razionale che i ricavi siano integrati dal trasferimento se l’obiettivo è la massimizzazione del benessere sociale. Su questo punto Hotelling è molto chiaro e la sua opinione in merito all’ossessiva ostilità altrui circa il deficit di bilancio dell’impresa pubblica generato dal rapporto tra ricavi ottenuti applicando la regola del prezzo pari al costo marginale e i costi di produzione totali possiamo dedurla dall’illuminante passaggio che segue:

The confusion between marginal and average cost must be avoided. This confusion enters into many of the arguments for lasses-faire policies. It is frequently associated with the calm assumption, as a self-evident axiom, that the whole costs of every enterprise must be paid out of the prices of its products. This fallacious assumption appears, for example, in recent writings on government ownership of railroads. It has become so ingrained by endless repetition that it is not even stated in connection with many of the arguments it underlies (Hotelling, 1938: 256).

Parole sante, e perfino profetiche. Tuttavia, la regola del prezzo pari al costo mar-ginale con trasferimento a copertura del deficit si presta ad alcune riflessioni. La più ovvia è quella legata al finanziamento del trasferimento erogato a copertura della perdita. Hotelling era ben consapevole della necessità del trasferimento ma anche del fatto che, escludendo prodigali apparizioni celesti, questo richiedeva di essere finanziato mediante imposte. Egli riteneva però che tanto le imposte sul reddito quanto le imposte di successione ben si prestassero allo scopo (Hotelling, 1938: 249). Di fatto Hotelling supponeva implicitamente che tali imposte avessero solo effetti di reddito e che quindi non distorcessero l’allocazione delle risorse se questa già era ottima in settori non monopolistici. La teoria neo-classica approfondirà, an-che in modo critico, vari aspetti di questo tema. Ma la letteratura immediatamente successiva a Hotelling non solleverà immediatamente il problema del finanziamento ma quello della desiderabilità stessa del prezzo pari al costo marginale. Per questa ragione il paragrafo seguente riprende il filo dell’esposizione storica dello sviluppo teorico introducendo un altro attore della commedia, lo statunitense Ronald Coase.

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Esercizio

Sia X = 100-2p

C(X) 0 10 + 2X

Calcolare a) il prezzo e la quantità efficienti dellimpresa pubblica; b) il prezzo e la quantità che aplicherebbe il monopolista privato; il trasferimento che occorre dare all’impresa pubblica per coprire la perdita; c) il benessere sociale nei due casi; d) usando le risposte precedenti mostrare che il benessere sociale è mag-giore nel caso di impresa ppubblica e prezzo efficiente anche se i consumatori devono pagare un importo pari alla perdita mediante tassa fissa sul loro surplus.

4.4. Critiche alla regola del prezzo pari al costo marginale e alla sua applica-zione

Come detto nei paragrafi precedenti, una prima critica a Hotelling viene mossa da Coase (946a; 1947) e riguarda la desiderabilità stessa dell’applicazione della regola del prezzo pari al costo marginale. Quando la domanda è molto elastica e genera un surplus del consumatore di modesta entità potrebbe non essere ottimale ricorrere a pa-gamenti a carico del bilancio pubblico per consentire all’impresa l’applicazione del prezzo efficiente e potrebbe, perfino, non essere ottimale chiedere allo stesso consu-matore (il diretto beneficiario) un pagamento T (da prelevare dal suo surplus) da tra-sferire all’impresa per coprire la perdita. Si osservi la seguente figura dove d1 e d2 sono due diverse curve di domanda. La tecnologia genera TC = F + cx da cui c = Costo Marginale e c + F/x = Costo medio. Con la curva d1 se il prezzo fosse pari al costo marginale anziché al costo medio il consumatore guadagnerebbe l’area 1234 e la parte di costo fisso non coperta dall’incremento di surplus del consumatore sarebbe solo l’area 253. La d1 però è tale da generare un surplus totale (tutta l’area sotto la domanda e sopra c) da cui prelevate un T tale da coprire la perdita “sociale” 253 con vantaggio per l’intera collettività. Nel caso della d2, invece, il vantaggio per il consumatore deri-vante dal prezzo pari al costo marginale è l’area 1634 e la parte di perdita con coperta da aumento del suo surplus è pari all’area 653.

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???

????x* x1 x2

*

Fc

x

c

1

4 7

6 2 5

3

d2

d1

La critica di Coase

Di conseguenza per coprire la perdita si dovrebbe effettuare un prelievo T (uguale a quello di prima) sul surplus netto che però, data la posizione della d2 nel piano potrebbe non essere sufficiente. In questo caso la regola del prezzo pari al costo mar-ginale non sarebbe giustificata dal guadagno di surplus del consumatore.

Supponiamo però che la curva di domanda sia la d1. Anche con tale domanda la regola del prezzo pari al costo marginale può porre problemi. In particolare: come si deve finanziare il trasferimento da erogare all’impresa? Naturalmente con modalità non distorsive altrimenti l’aggiustamento verso l’efficienza effettuato nel settore di monopolio naturale sarebbe accompagnato dall’introduzione di distorsioni e ineffi-cienze in altri settori, che invece supponiamo efficienti. Purtroppo l’unica modalità efficiente per raccogliere le risorse da trasferire all’impresa è data dall’applicazione di imposte in somma fissa (lump-sum taxes) in quanto prive di effetto sui prezzi re-lativi preesistenti. Si tratta di imposte applicate sulla base di caratteristiche sogget-tive non modificabili da parte dei contribuenti che non rappresentano alcuna base imponibile in senso stretto (reddito, consumo, patrimonio, ecc.) e pertanto non legate ad attività di lavoro, consumo, risparmio degli individui. Le imposte lump-sum sono quindi applicabili solo se il governo possiede un insieme talmente ampio di informa-zioni extra-fiscali da essere addirittura difficile da immaginare oppure intende con-centrare il prelievo su alcune determinate caratteristiche individuali quali l’età, la statura, ecc. 11.

11 Un classico esempio di imposta in somma fissa è la poll tax (inglese: per testatico); che nel 1381 fu imposta in Inghilterra a tutti gli abitanti di età superiore ai 15 anni (esclusi ovviamente clero e nobiltà) indipendentemente da reddito e ricchezza. Tuttavia nel mondo reale sono ormai scarsissimi i casi di applicazione di tale principio fiscale. La ragione principale è che questa modalità impositiva non ri-sponderebbe ai più elementari paradigmi della giustizia distributiva. Alcuni emblematici esempi sono rintracciabili nella storia della Gran Bretagna. Il primo è quello appena citato. Nella seconda metà del

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Non essendo utilizzabile la regola del prezzo pari al costo marginale con coper-tura della perdita mediante trasferimento, la teoria economica ha cercato altre solu-zioni a tale problema.

Una prima importante soluzione prende il nome di tariffa a due o più parti. Nella sua versione più semplice essa può essere esposta come segue. Supponendo di co-noscere il numero e l’identità dei consumatori (come nel caso di consumo di beni e servizi la cui fruizione richiede un contratto di allacciamento alla rete tramite un dispositivo che fa da “contatore” del consumo) si può suddividere la perdita tra tutti costoro indipendentemente da quanto consumano e determinare il pagamento totale P di ciascuno come somma del pagamento indipendente dal consumo e di quello ottenuto moltiplicando le unità effettivamente consumate per un prezzo posto pari al costo marginale. Avremo quindi

( )

( )

p

FSPESA TOTALE p x x

N

dC xT x

dx

dove P è il pagamento totale di un consumatore, F è il costo fisso (che corrisponde, nell’ipotesi più semplice studiato, al valore della perdita), N è il numero di consuma-tori allacciati alla rete e x è la quantità consumata. Nel secondo rigo si è semplice-mente posto T = F/N e il prezzo è stato sostituito dal costo marginale. In definitiva una tariffa a due parti è una tecnica di discriminazione dei prezzi che consiste nel caricare i consumatori di una specie di tassa forfettaria per il diritto di acquistare il prodotto e nella successiva applicazione di un prezzo (pari al costo marginale) per

Trecento, re Riccardo II si rese protagonista dell’imposizione di una serie di tasse in ammontare fisso per finanziare le proprie operazioni militari. Queste decisioni, giudicate profondamene inique, esaspe-rarono ulteriormente il malcontento della popolazione, già minata da una profonda crisi economica e sociale, a tal punto da sfociare nella rivolta dei contadini del 1381. Un esempio più recente di tassazione lump sum è rappresentato dal community charge, la contribuzione locale imposta in Gran Bretagna dal governo di M. Thatcher nel 1989. Il governo impose alle autorità locali di sostituire il vecchio sistema di prelievo basato sulla rendita fondiaria con una contribuzione, dovuta da ogni individuo adulto, in un ammontare stabilito da ciascuna municipalità. Facevano eccezione gli studenti, i pensionati e i disoc-cupati, per i quali era prevista una riduzione dell’80%. Il governo conservatore millantava che tale scelta avrebbe generato maggiori effetti positivi rispetto al regime fiscale precedente, sia dal punto di vista dell’efficienza sia dell’equità. Tuttavia, anche in questo caso la riforma fiscale fu accolta con profondo disappunto (diciamo) da parte dell’opinione pubblica e causò furibonde reazioni in alcune città, soprattutto da parte dei ceti svantaggiati. Per queste ragioni, la tassa fu rapidamente revocata ma M. Thatcher purtroppo rimase al governo.

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unità consumata 12. Nel caso dell’impresa pubblica che deve massimizzare la quan-tità di prodotto acquistata dai consumatori, l’impresa deve applicare un prezzo uguale al costo marginale.

Questo è l’esempio più semplice di tariffazione non lineare. Essa ha un inconve-niente di tipo equitativo: il pagamento totale medio, ovvero P/x, diminuisce al cre-scere di x perché la quota fissa T “pesa” di più quando il consumo è basso. Il grafico seguente illustra il problema.

La retta che parte da T misura il pagamento totale per ogni valore di x. Prendiamo due possibili valori del consumo: x1 < x2 e i loro rispettivi pagamenti totali P1 < P2. Chi consuma di più paga effettivamente di più. Tuttavia se consideriamo il paga-mento medio ci accorgiamo che P1/x1 > P2/x2, come chiaramente indicato dalla di-versa pendenza delle semirette a e b. Ciò vuol dire che relativamente ad ogni unità consumata, il consumatore che consuma di meno paga mediamente di più rispetto ad un consumatore che consuma più di lui.

L’inconveniente equitativo della tariffa a componente fissa

P

xx1 x2

T

P1

P2

a

b

P = T + px

Questo dipende dalla diversa incidenza del pagamento fisso (es. canone di allaccia-

mento) sui due pagamenti totali: T/P1 > T/P2. Quindi la tariffa a due parti penalizza chi consuma di meno e avvantaggia che consuma di più perché chi consuma poco paga mediamente di più. Se supponiamo che gli individui a basso consumo siano anche individui a basso reddito e che quelli ad alto consumo siano individui ad alto reddito, è evidente che la tariffa a due parti svantaggia i primi rispetto ai secondi e ha conse-

12 Questa pratica è seguita anche da imprese private (club di tennis/golf, parchi di divertimento, TV via cavo, ecc.). L’impresa fissa sia la tassa di iscrizione al club o il prezzo dell’ingresso al parco dei divertimenti sia il prezzo per unità di prodotto venduta (affitto del campo per unità oraria; ingresso alla singola “attrazione” del parco) che massimizza il suo profitto.

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guenze regressive sulla distribuzione dei redditi tra i consumatori. Dalla consapevo-lezza di questo problema sono derivate una serie di possibili correzioni alla tariffazione a più parti generalmente rappresentate dal superamento della regola del pagamento fisso uguale per tutti i consumatori. In Europa, tali applicazioni hanno riguardato vari settori: elettricità, gas, telefonia. I governi che le hanno applicate hanno visto nella tariffazione a più parti un modo per soddisfare porzioni sempre maggiori di domanda senza violare il vincolo di assenza di perdite di bilancio per l’impresa pubblica. Willig (1979) dimostò che una struttura non lineare dei prezzi (quale la tariffazione a due o più parti) è preferibile alla tariffazione (uniforme) tipica dei prezzi alla Boiteux-Ram-sey (vedi oltre) in quanto in grado di catturare ogni surplus infra-marginale da finaliz-zare alla copertura della perdita di bilancio pur applicando un prezzo pari (o molto vicino) al costo merginale. ____________________________________________________________________

Esempio

Sia P1 la spesa totale del consumatore per la quantità X1 con il prezzo posto pari al costo marginale c:

1 1P F cX da cui 1 1 1/ /P X F X c . Quindi 2

1 1 1 1/ / / 0d P X dX F X Il pagamento (complessivo) medio decresce all’aumentare di X (chi consuma di meno paga in media di più). Per avere un pagamento complessivo medio che almeno non decresca nella quantità occorre imporre un pagamento “fisso” funzione cre-scente della quantità consumata F(X). Ovvero

( )P F X cX da cui / ( ) /P X F X X c . Quindi / / 0 se ( ) ( ) /d P X dX f X F X X .

___________________________________________________________________

Una seconda possibile soluzione prende il nome di prezzi differenziati, o discrimi-nazione dei prezzi. Il tipo di discriminazione che abbiamo descritto nel nostro esem-pio si definisce discriminazione dei prezzi di primo grado. È un tipo di discrimina-zione completa in quanto il monopolista pratica un prezzo diverso per ogni unità del bene. In altri termini, il monopolista non solo discrimina tra consumatori ma anche tra le unità di bene vendute allo stesso consumatore. Per ovvie ragioni, questo tipo di discriminazione è di difficile applicazione pratica così come risulta complesso renderla efficace. Più comuni sono forme di discriminazione meno complete. Nella pratica è possibile osservare due forme di discriminazione: la discriminazione dei

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prezzi in relazione alla quantità acquistata e la discriminazione di prezzo in base all’acquirente. Il primo tipo si definisce discriminazione dei prezzi di secondo grado e il secondo discriminazione dei prezzi di terzo grado. Un esempio di discrimina-zione di secondo grado è la concessione di uno sconto su acquisti multipli: ad esem-pio, è molto diffusa la concessione di sconti su acquisti consistenti nei supermercati. Un esempio di discriminazione di terzo grado è la vendita dello stesso bene a prezzi differenziati in relazione al consumatore; ad esempio, i biglietti ferroviari sono più economici per i giovani e gli anziani che per le persone di mezza età. Tali tipi di discriminazione hanno la capacità di accrescere il surplus del monopolista. In un certo senso, discriminazione di secondo e terzo grado si collocano a metà strada tra le due situazioni estreme di assenza di discriminazione e discriminazione di primo grado, quando il surplus aggregato viene estratto per intero dallo scambio e la si-tuazione è identica a quella di concorrenza perfetta (con le dovute differenze rela-tive agli aspetti di distribuzione). Naturalmente, il monopolista è interessato a mas-simizzare la propria quota di surplus aggregato e, di conseguenza, preferisce forme di discriminazione di grado più elevato.

Di queste politiche di tariffazione ci occuperemo più approfonditamente nel quarto capitolo in cui introduciamo l’asimmetria informativa sulle preferenze (di-sponibilità a pagare) dei consumatori. Completiamo questo paragrafo con la sem-plice illustrazione algebrica della tariffazione con discriminazione nell’ipotesi di preferenze osservabili in modo esatto.

4.5. Discriminazione dei prezzi: un approfondimento

Nel gergo economico, la discriminazione dei prezzi è solitamente riferita ai prezzi

praticati da una monopolistica privato, visto che la discriminazione dei prezzi non può avere luogo in un settore perfettamente competitivo in equilibrio. Deve esistere potere monopolio perché esista la possibilità di praticare una discriminazione dei prezzi, ovvero che venga utilizzata la pratica di far pagare per uno stesso prodotto prezzi diversi a consumatori diversi. Solo in presenza di potere monopolistico può esistere l’opportunità per l’impresa di offrire condizioni diverse (di cui il prezzo è solo una componente) a diversi acquirenti, segmentando il mercato, perché solo il monopolista ha il potere di controllare il prezzo cambiando la propria produzione. Gli acquirenti del suo prodotto non hanno altra scelta se non acquistarla da lui in quanto il prodotto non ha, per ipotesi, stretti sostituti.

Ci sono tre tipi di discriminazione sui prezzi: la discriminazione dei prezzi di primo grado, la discriminazione dei prezzi di secondo grado e la discriminazione dei prezzi di terzo grado.

La discriminazione dei prezzi di primo grado si riferisce ad una situazione in cui il monopolista pratica un prezzo diverso per diverse unità di produzione in base alla disponibilità a pagare del consumatore. Ad esempio, in un contesto in cui la

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sanità è offerta dal solo mercato, un medico che è l’unico super specialista della città può richiedere un prezzo diverso per effettuare gli stessi interventi chirurgici a pa-zienti diversi discriminando tra loro in base alla loro capacità di pagare.

Ovviamente i monopolisti si impegnano nella discriminazione dei prezzi quando così facendo possono aumentare i loro profitti, espropriando i consumatori del loro surplus. Conviene anticipare subito che una strategia ritenuta utile per cercare di rea-lizzare la discriminazione di primo grado dei prezzi è quella di vendere lotti di og-getti identici tramite aste sequenziali. L’approccio all’asta è ritenuto più adatto per situazioni in cui il volume delle vendite è basso (di solito a causa della scarsità del prodotto: pochi lotti di terreno identici), dove ci sono molti potenziali acquirenti che non sono in grado di colludere tra loro e dove tutti gli acquirenti hanno accesso alle stesse informazioni sulle caratteristiche dei prodotti. L’approccio all’asta permette-rebbe al venditore di “separare” dagli altri quei compratori con la massima disponi-bilità a pagare massimizzando per tale via i ricavi, dati gli stessi costi di produ-zione/offerta. La discriminazione dei prezzi perfetta o di primo grado può verificarsi quando l’impresa conosce il prezzo massimo che l’individuo è disposto a pagare per ogni unità successiva. L’impresa potrebbe poi applicare quest’ultimo prezzo alla unità immediatamente successiva e proseguire applicando alla terza unità la dispo-nibilità marginale a pagare del consumatore della seconda unità e così via, acqui-sendo l’intero surplus del consumatore. L’approccio basato sulle aste sequenziali tende a tale obiettivo. Le aste verranno trattate in altri capitoli.

La discriminazione dei prezzi di secondo grado si riferisce ad una situazione in cui il monopolista pratica prezzi diversi per diversi “lotti” di unità dello stesso prodotto. Ad esempio, le tariffe unitarie per il consumo di energia elettrica per unità comprese nei primi 100 Kwh di consumo energetico possono essere diverse da quelle applicate per i 100 Kwh aggiuntivi. Un altro esempio è quello delle tariffe ferroviarie per il trasporto passeggeri: la tariffa al chilometro è maggiore per i primi chilometri e poi diminuisce con l’aumento della distanza. In questi casi, la discriminazione si basa sul volume degli acquisti.

Quando l’approccio all’asta non è fattibile, il monopolista privato deve fare del suo meglio per approssimare il risultato di primo grado utilizzando una “appropriata” struttura dei prezzi. Questo si basa sulla nozione dell’utilità marginale decrescente del consumo: più chilometri percorri in treno meno utile è l’ultimo chilometro, anche se ti avvicina alla meta (ma chi ci crede?). Questa forma di discriminazione dei prezzi, basata sul volume degli acquisti di consumatori, è molto comune e conosciuta come discriminazione dei prezzi di secondo grado. Altre forme di discriminazione dei prezzi di secondo grado comprendono le già trattate tariffe a due “stadi” o parti, cioè quei prezzi in cui il consumatore deve pagare una quota forfettaria per l’accesso (canone, vedi sopra) e successivamente pagare un importo (che può essere zero) per l’utilizzo (suona meglio se diciamo: two-tier tariffs, i.e. prices where the consumer must pay a flat fee for access and then a separate fee (which may be zero) for

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usage?). Nella sfera privata Questo meccanismo è tipico di molte attività: club di tennis/golf, parchi di divertimento e strutture di trasporto che offrono passaggi men-sili o annuali. L’idea che sostiene la pratica del c.d. per il travel pass, per esempio, è che il viaggiatore “infrequente” (ovvero il contrario del più noto frequent flyer pro-tagonista degli annunci commerciali in cabina) paga in media, un prezzo più alto per viaggio, perché il costo di accesso fisso è spalmato su meno viaggi. Al contrario, l’utente ad alto volume suddivide questo costo fisso su tanti viaggi e Km. La discri-minazione dei prezzi di secondo grado è talvolta indicata anche come prezzo multi-plo. È una tariffazione a blocchi o a scalini, in cui il primo lotto di unità viene ven-duto ad un prezzo, un secondo lotto a un prezzo inferiore, un terzo a un prezzo ancora più basso e così via. Questo sistema non deve essere confuso con lo sconto sulla quantità consumata perché in quest’ultimo caso il prezzo scontato si applica a tutte le unità acquistate. Con la discriminazione di secondo grado, invece, il prezzo ribas-sato si applica unicamente al lotto cui si riferisce mentre sui lotti precedenti sono già stati pagati i prezzi più alti.

Un primo esempio: le telefonate interurbane

Si consideri l’esempio di cui alla figura seguente, che supponiamo di riferire alle telefonate a lunga distanza (chiamate una volta interurbane) su rete fissa.

Quando si effettua una telefonata interurbana, di solito si paga una tariffa più alta per i primi X minuti che per il tempo successivo ed è ovviamente impossibile com-prare solo i secondi X minuti di ogni telefonata, saltando i primi. È infatti necessario aver usato i primi tre minuti. Anche questo è un esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado che esamineremo in forma grafica. In figura, il venditore affronta la curva di domanda (D) di un consumatore tipico. Sebbene la funzione di costo non sia mostrata nella figura, supponiamo che ricavi marginali e costi marginali si inter-sechino e conducano a un prezzo ottimale (ovviamente per l’impresa) P* cui corri-sponde la quantità Q*. L’area ombreggiata rappresenta il surplus del consumatore. L’impresa però potrebbe utilizzare un sistema di prezzo a più parti (multipart pri-cing) per “confiscare” al consumatore una porzione di questo surplus. Supponiamo che l’impresa fissi un prezzo di P1 per le prime unità Q1 acquistate e che le unità aggiuntive si vendano a P2 < P1 (sistema di determinazione dei prezzi a due stadi/fasi). Il consumatore acquista Q1 al prezzo P1 e Q2 al prezzo P2. Quella parte del surplus del consumatore che corrisponde all’area P1BCP2 rappresenta un surplus che l’impresa sottrae al consumatore. Ma ne rimane ancora. Allora l’impresa po-trebbe accaparrarsi anche il surplus rimasto al consumatore, utilizzando in modo an-cora più frazionato la strategia di prezzi multipart (ulteriori prezzi ribassati), se sup-poniamo che la domanda di mercato (disponibilità marginale a pagare) sia sufficien-temente conosciuta.

In questo esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado o di prezzi mul-tipart, il primo blocco di unità (unità Q1) viene venduto al prezzo P1 e il secondo

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blocco (unità Q2) viene venduto al prezzo P2, come nel caso delle telefonate interur-bane). Ciò consente al venditore di appropriarsi di quella parte del surplus del con-sumatore rappresentata dall’area P1BCP2.

Price

P1

P2 = P*

Demand

B

C

A

Q1 Q2 Q*

Ricordarsi che l’accesso alla tariffa più bassa è possibile solo se si è precedente-mente consumata la quantità tariffata al prezzo più alto.

Un secondo esempio: i prezzi del Ratoncito Miguel

Per aumentare i loro profitti, gli ideatori dei parchi di divertimento ispirati ai car-toni animati del Ratón Miguel di solito impiegano un sistema di prezzi strutturati secondo il criterio della discriminazione di secondo grado. Per vedere come funziona lo schema, supponiamo che il Ratón Miguel gestisca un parco a tema e abbia un monopolio locale. La seguente figura mostra la domanda di utilizzo di singole attra-zioni nel parco (ad esempio, giri su una giostra aerea in compagnia dell’anatra Do-nald) da parte di un qualsiasi turista, insieme al ricavo marginale e al costo marginale di ogni singolo giro. Supponiamo che la domanda in forma inversa sia p = 10 – X, dove X indica il numero di giri sulla giostra. Supponiamo inizialmente che il costo marginale di ogni giro sia fisso e pari a 2 dollari (non rappresentato nella figura) e che il puro ingresso al parco sia gratuito. Con l’applicazione di un unico prezzo di monopolio, il turista pagherà 6 dollari di Mouseton (Topolinia in versione italiana, distretto della città di Duckburg, ovvero Paperopoli) a giro e “consumerà” (data la sua domanda) quattro giri di giostra per ogni ingresso al parco, spendendone in totale 24 dollari. Ma il Ratón Miguel è piccolo ma furbo, e sa che può ottenere di più. Data la curva di domanda tracciata, ogni turista sarebbe disposto a pagare più di 24 dollari per entrare nel parco a tema e usare quattro giostre, ciascuna una volta sola. Miguel conosce (in questo capitolo lo supponiamo quasi sempre) la curva di domanda per i giri in giostra, e quindi sa che l’inconsapevole tipico turista (italiano?) si sta godendo

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un surplus di 8 dollari, corrispondente all’area del triangolo ABC (nel grafico: area ABC = 0.5 × 4 × 4). Perché lasciarglieli? Se Miguel gli facesse pagare una quota di iscrizione/tessera/diritto di ingresso giornaliero di 8 dollari oltre ai 6 per singola corsa, potrebbe aggiungere ai suoi profitti 8 dollari per turista, e quest’ultimo conti-nuerebbe ad entrare nel parco e consumare X = 4.

Price($ per ride)

10

Demand

Rides per visit

6

10

MR

$24

B

4

$8 A

MC C

Ma Miguel può fare ancora meglio: semplicemente eliminando il prezzo per sin-golo giro sulla giostra e fissando un corrispettivo per l’ingresso al parco pari al sur-plus del consumatore generato ponendo pari a zero il prezzo per giro di giostra. In-fatti, se il prezzo per corsa fosse pari a zero, un turista andrebbe a fare un giro su 10 giostre (X = 10) per ogni ingresso e Miguel otterrebbe un ricavo di 50 dollari per turista (Surplus a prezzo nullo = 0.5 × 10 × 10) invece dei 32 che otterrebbe dalle due parti dello schema tariffario precedente (8 + 24). Tuttavia, se i costi marginali fossero crescenti (come nella figura) il profitto potrebbe non aumentare. Inoltre, se si estraesse l’intero surplus del consumatore con un solo pagamento “forfettario” (una sola quota di iscrizione/ingresso/tessera giornaliera), si aumenterebbe il costo per ingresso dei turisti, e quindi il numero totale di ingressi potrebbe diminuire. A questo punto, una tariffa in due parti potrebbe essere preferibile per aumentare il profitto di Miguel estraendo in parte, ma non completamente, il surplus del consu-matore. Una tariffa in due parti è spesso un buon modo per aumentare il profitto privato estraendo parte del surplus del consumatore dai clienti di un monopolista senza ridurre troppo il numero di turisti che entrano nel parco di divertimenti 13.

13 Gli impianti di risalita per sciatori (costi marginali costanti) offrono invece un ottimo esempio dell’uso del pagamento forfettario che massimizza il profitto del monopolista.

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La discriminazione di prezzo di terzo grado. Quando l’impresa monopolistica divide il mercato (per il suo prodotto) in due o più mercati (due o più gruppi di ac-quirenti o due o più segmenti territoriali), e applica prezzi diversi in ciascun mercato (gruppo, segmento), siamo in presenza di discriminazione dei prezzi di terzo grado. I biglietti ferroviari o aerei sono (o sono stati) un esempio comune di questa forma di discriminazione dei prezzi perché è (o era) pratica diffusa quella di applicare prezzi più bassi a consumatori anziani o molto giovani e più alti ai viaggiatori per affari. La differenziazione si basava sulla diversa disponibilità a pagare e quest’ul-tima, veniva generalmente dedotta da particolari caratteristiche dei consumatori (l’età, nell’esempio i cui sopra) ed era indipendente dalla quantità consumata. Per fare un altro esempio ricordiamo che, nel caso dell’elettricità, le tariffe applicabili agli utenti residenziali sono (o erano, ai tempi delle imprese pubbliche …) inferiori a quelle applicati a negozi, seconde case, stabilimenti commerciali e così via.

Il prezzo applicato sulla base della “tipologia” del consumatore che sta effet-tuando l’acquisto, anziché sul volume degli acquisti (quantità), è la caratteri-stica essenziale della discriminazione di prezzo di terzo grado. Ciò è tanto più possibile quanto più facilmente i consumatori possono essere segmentati in gruppi tra loro diversi. L’idea è che i gruppi (le tipologie) potrebbero differire notevolmente quanto a disponibilità a pagare in base a determinati attributi facilmente identifica-bili. Pertanto, la discriminazione di prezzo di terzo grado o la segmentazione del mercato richiede che il venditore sia in grado di:

(1) segmentare, o separare, il mercato, in modo che le merci vendute in un mercato (segmento) non possano essere rivendute dagli acquirenti di quel segmento agli acquirenti di un altro segmento, con “arbitraggio” sul prezzo;

(2) identificare curve di domanda tra loro distinte e con differenti elasticità al prezzo per ciascun segmento di mercato.

Benché i punti (1) e (2) possano (giustamente) apparire cervellotici al lettore sano di mente, occorre tuttavia sottolinearne l’importanza. Quando nei capitoli successivi verrà introdotta l’asimmetria informativa (chi vende, pubblico e privato che sia, non può osservare la “tipologia” di chi compra alle condizioni che teoricamente dipen-dono proprio dalla inosservabile categoria tipologica di appartenenza), il lettore avrà modo di divertirsi nello scoprire trucchi e (apparenti) sottigliezze della moderna teo-ria neo-classica e di osservare la vacuità delle soluzioni proposte ai fini dell’applica-zione della tariffazione multipart. Per il momento possiamo proseguire l’illustra-zione della discriminazione di terzo grado mantenendo l’ipotesi di perfetta informa-zione e utilizzando l’esempio seguente.

Un esempio di discriminazione di terzo grado

La discriminazione di prezzo di terzo grado è la più comune nella pratica reale, quindi ha senso esaminare un esempio dettagliato di come essa funziona. Limiteremo la nostra discussione al caso di due sotto-mercati, ma la tecnica è del tutto generale

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e può essere applicata a qualsiasi numero di sotto-mercati. Consideriamo un monopo-lista che ha una tecnologia evidenziata dalla funzione di costo C = 50 + 20X (monopo-lio naturale). Supponiamo che l’impresa sia in grado di separare i suoi clienti in due gruppi/mercati distinti (c’è perfetta informazione) aventi le seguenti funzioni di do-manda:

P1 = 80 – 5X1, P2 = 180 – 20X2.

Si può facilmente verificare che la curva di domanda inversa sull’intero C.E. compatibile con un prezzo non nullo X [0, 25] diventa 14:

180 20 per 0 5

100 4 per 5

X XP

X X

.

Controllate a questo punto la continuità nel punto X = 5 valutando opportuna-mente i due limiti. I ricavi totali sono

2

2

180 20 per 0 5( )

100 4 per 5

X X XP X X

X X X

e quindi

180 40 per 0 5( )

100 8 per 5

X XdMR P X X

X XdX

.

In ciascun mercato, i rispettivi ricavi marginali devono essere uguali ai MC al fine di determinare la quantità ottimale. Quindi

*1

*2

180 40 20 4 per 5

100 8 20 10 per 5

X X X

X X X

.

Allora: P1 = 100 con X1 = 4 e P2 = 60 con X2 = 10. Il profitto ottenuto dai due segmenti e il conseguente profitto totale ammon-

tano a:

ΠTOT = Π1 + Π2 = (100 × 4 – 20 × 4) + (60 × 10 – 20 × 10) – 50

= 320 + 400 – 50 = 670.

14 Occorre passare alle domande dirette di X1 e X2 e sommarle orizzontalmente (X1 + X2 = XT) per ottenere la domanda del totale dei consumatori per ogni possibile prezzo maggiore o uguale a zero. Occorre poi invertire (risolvere per P) la XT così ottenuta. Ci si accorgerà che P = 180 – 20 XT per X compresa tra 0 e 5 e P = 100 – 4X per ogni X > 5.

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Per valutare il beneficio della segmentazione, il lettore può per esercizio, calco-lare il valore del profitto (sarà pari a 350) in caso di unificazione dei mercati (XT = 25 – (1/4)p), e interpretare la differenza rispetto al risultato ottenuto sopra conside-rando il valore delle elasticità della domanda al prezzo per le domande separate e per la domanda unificata.

5. La tariffazione di c.d. Second Best in forma analitica

La polemica di Hotelling si rivolgeva contro la tariffazione al costo medio. La critica di Coase sfociava nella proposta di tariffazione a due o più parti, quale com-promesso di second-best tra tariffa al costo medio e tariffa al costo marginale. Come già detto, Coase giudicava superiore sul piano distributivo la tariffa a più parti perché non implicava trasferimento di ricchezza tra consumatori e non con-sumatori. Implicitamente, egli assumeva che gli individui differissero tra loro non solo per differenze nelle dotazioni iniziali, ma anche per struttura delle preferenze. È pertanto abbastanza paradossale che il tentativo di raggiungere un nuovo com-promesso tra le diverse ipotesi di tariffazione, che tenesse esplicitamente conto del problema distributivo, venne formulato da Baumol e Bradford nel 1970 partendo dall’assunzione di omogeneità delle preferenze e di uniformità delle dotazioni e ricavando in pratica lo stesso risultato già ottenuto da Boiteux. Tale risultato può essere ricavato tanto con riferimento alle tariffe lineari quanto con riferimento a quelle non lineari. In quest’ultimo caso è possibile introdurre differenziazioni tra pagamenti di consumatori diversi e per tale via dimostrare, da un lato, che è possi-bile costringere i consumatori a valutare la merce prodotta dallo Stato al suo costo e, dall’altro, che è altrettanto possibile evitare una redistribuzione di risorse in fa-vore dei contribuenti consumatori e a discapito dei contribuenti non consumatori, e contemporaneamente coprire interamente, data l’ipotesi di costi marginali co-stanti, i costi fissi suddividendoli tra i diversi gruppi di consumatori. In questi pa-ragrafi esaminiamo lo sviluppo di questa teoria in forma analitica.

5.1. Regola del prezzo di Second Best con informazione completa

La consapevolezza che per ottenere il rispetto dell’efficienza paretiana l’impresa debba operare in perdita – quale che sia la forma della sua copertura – ha stimolato la ricerca di forme di tariffazione che pur allontanandosi dai criteri del FB rappre-sentassero comunque un miglioramento rispetto alla situazione creata di un mono-polista privato libero di massimizzare i profitti. Come il lettore avrà già notato tale consapevolezza era ben presente nei lavori di Boiteux già ampiamente ciati nei pa-ragrafi precedenti. Si dovette attendere il 1970 perché sulla base di una “riscoperta”

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di Boiteux contenuta in un celebre lavoro di Baumol e Bradford (anch’esso già am-piamente citato) diventasse possibile definire i contorni di una teoria della tariffa-zione di SB in linea con il linguaggio e gli schemi di ragionamento prevalenti, e quindi accettati dalla letteratura neoclassica.

Nell’ipotesi che il monopolista produca un solo bene e che ci sia per semplicità un solo consumatore il problema di cui sopra diventa quello della massimizzazione di una qualche misura di benessere sociale (la somma del surplus netto del consuma-tore e del profitto dell’impresa, ad esempio) effettuata non più in modo libero ma imponendo l’esistenza di un vincolo di non negatività alla differenza tra ricavi e costi dell’impresa. Il problema si formulava nei termini seguenti:

( )

0

Surplus Lordo Spesa

ProfittoSurplus Netto Consumatore

Max ( ) ( ) ( ) ( ( ))x p

x W p x dx x p p x p p C x p

con il vincolo Π = x(p)p – C(x(p)) 0 dove C(x) indica i costi totali. Il problema si risolve formando la seguente funzione lagrangiana ipotizzando che il vincolo valga nella forma x(p)p – C(x(p)) = 0. Allora

( )

0( ) ( ( )) [ ( ) ( ( ))]

x pp x dx C x p x p p C x p

le cui condizioni di primo ordine sono:

( ) ( ) ( )( ) [ ( ) ] 0

dC x dp x dC xp x x p x

x dx dx dx

da cui:

( )( ) (1 )

dC x dxp x x

dx dp

e dividendo per p a destra e a sinistra del segno di uguaglianza otteniamo (chiamando d l’elasticità della domanda al prezzo)

0

( )( )

10

( ) (1 ) d

dC xp x

dxp x

.

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Prima di commentare il risultato, sottolineiamo che la via rappresentata dall’im-piego della domanda diretta nella definizione del surplus del consumatore avrebbe condotto allo stesso risultato. Infatti, ricorrendo alla domanda diretta, il problema si massimo si riscrive come segue:

( )Profitto

Surplus Netto del Consumatore

Surplus “sociale”

Max ( ) ( ) ( ( ))p p xW x p dp x p p C x p

con il vincolo Π = x(p)p – C(x(p)) 0, che useremo nuovamente in forma stretta. La funzione lagrangiana è:

( )

( ) ( ) ( ( )) [ ( ) ( ( ))]p x

x p dp x p p C x p x p p C x p

le cui condizioni di primo ordine generano, esattamente come nella versione prece-dente,

( )( )

10

( ) (1 ) d

dC xp x

dxp x

.

La formula così ottenuta non determina un valore puntuale del prezzo dati i costi. Essa definisce una “regola” che governa lo scarto percentuale tra prezzi e costi (mar-ginali) del tutto analoga a quella che emerge dall’indice di Lerner per il monopolio privato, mitigata dal termine in λ.

È questa la versione più popolare della regola di prezzo chiamata prezzi à la Boi-teux Ramsey 15 e discussa nei paragrafi precedenti. L’interpretazione che ne pos-siamo dare è agevole. Il termine di sinistra rappresenta lo scarto percentuale

15 La regola ottenuta da Boiteux e successivamente popolarizzata da Baumol e Bradford (1970) viene accostata a quella ricavata da Frank Ramsey nel 1927 a proposito dell’ottima tassazione delle merci attraverso accise. Ma la somiglianza non sta solo nel fatto che in entrambi i casi l’elasticità della domanda magicamente compare in un qualche denominatore di un qualche termine dell’equazione della “maggiorazione percentuale del prezzo” (prezzo su costo marginale in un caso; prezzo lordo su prezzo netto d’imposta nell’altro) e neppure nella equi-proporzionalità della riduzione delle domande di mer-cato risultante da entrambe le regole. Questa è la parte più superficiale (e più facile da trattare didatti-camente) dell’analogia che viene correntemente sottolineata. Il carattere più profondo dell’analogia sta nella concordanza delle ipotesi di base dei due modelli (Ramsey 1927 e Boiteux 1956): il modello della deviazione ottimale del prezzo dal costo marginale richiede effetti di reddito trascurabili o nulli nella struttura delle preferenze del consumatore (vedi Appendice) e l’equivalente assunzione di Ramsey in

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(positivo) del prezzo rispetto al costo marginale, ovvero quella maggiorazione percentuale del prezzo rispetto al costo marginale che permette all’impresa di ottenere dei ricavi che coprano i costi senza incorrere in perdite. La misura di questo scarto è data dal termine Θ che dipende dal moltiplicatore λ (dΘ/dλ > 0) e dal valore dell’elasticità della domanda, che compare al denominatore. Dato Θ, lo scarto varia inversamente al grado di elasticità della domanda e, data l’elasti-cità, esso varia direttamente (ovvero, positivamente) rispetto a Θ e quindi a λ. Pertanto, con domanda molto elastica sarà basso lo scarto percentuale del prezzo dal costo marginale e con domanda poco elastica (rigida) sarà elevato lo scarto del prezzo dal costo marginale a parità di λ. In sintesi, l’equazione del prezzo indica in che modo devono essere fissati i prezzi se si desidera massimizzare il “benessere sociale” senza incorre in profitti negativi, ovvero evitando che l’impresa incorra in perdite di bilancio: occorre applicare un ricarico percentuale maggiore nei mercati con domande a bassa elasticità.

Esempio 3 semplificato

Usiamo la funzione lineare di domanda di cui all’Esempio 1

x(p) = 100 – 2p

cui corrisponde un valore dell’elasticità della domanda x = – p/(50 –p). La domanda in forma inversa è p(x) = 50 – (1/2)x. Usando la domanda inversa scriviamo il Surplus sociale (fare grafico) come segue

Costi produttoreSurplus Consumatore Netto Spesa

1 1Costi 50 50 50 ( )

2 2 2LORDO x

W SC x x x C x

ovvero

2 21 150 ( )

4 2W x x x C x .

Il Surplus sociale deve essere massimizzato rispetto a x rispettando il vincolo TR = C(x). La funzione lagrangiana è

tema di imposizione sulle merci richiede che siano ignorati gli effetti sul bilancio pubblico delle varia-zioni di gettito indotte dalla sostituzione delle aliquote dell’ottima struttura impositiva a quelle della tassazione non ottima di partenza (assenza di “effetto di reddito” per il governo).

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2 2 2

0

1 1 150 ( ) 50 ( )

4 2 2TR

W

x x x C x x x C x

da cui:

1 ( ) ( )50 50 0

2dC x dC x

x x xx dx dx

che riscriviamo come segue:

1 ( )50 1 50 0

2p

dC xx x

dx

e quindi

( )1 50 (100 2 ) 0

dC xp p

dx

da cui:

( )1 ( 50)

dC xp p

dx

Dividendo per p otteniamo:

( )50 1

01 1 ( ) x

dC xp pdx

p p

che corrisponde al risultato cercato.

Una seconda (altrettanto nota) versione della regola possiamo ricavarla come se-gue utilizzando la prima versione. Chiamiamo

( )( )

dC xp x p

dx

e riscriviamo le condizioni di ottimo usando Δp

dxp x

dp .

Il termine a sinistra indica la variazione della domanda di x che sarebbe provocata dal passaggio da un prezzo pari al costo marginale al prezzo ottimo nel senso di Boiteux-Ramsey. Indichiamo detta variazione con Δx. Allora

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xx

.

Poiché il termine Θ è una costante per qualsiasi merce di cui cerchiamo il prezzo ottimo nel senso di Boiteux-Ramsey, la conclusione ottenuta ci dice che la riduzione percentuale della quantità domandata è pari a Θ (una costante che dipende da λ) in tutti mercati in cui viene applicata la regola. In altre parole, i prezzi ottimi di second best fanno sì che le domande si riducano tutte nella stessa proporzione, esattamente come dovrebbe accadere applicando la struttura di ottima imposizione sulle merci proposta da Ramsey (da ciò la paternità surrogata attribuita a Ramsey).

Il ruolo di λ lo possiamo valutare 16 in generale ricorrendo al Teorema dell’In-viluppo in base al quale possiamo dare una semplice rappresentazione grafica del rapporto tra λ e il prezzo in funzione di λ sfruttando il rapporto che si determina in corrispondenza del prezzo efficiente. Dall’applicazione del Teorema della Fun-zione Implicita al risultato dello scarto ottimale e ricordando che le funzioni di domanda sono (ipotizzate) concave (quasi-concave) nei prezzi, ricaviamo che:

2

( )( )

0

dC xp dx

H

da cui:

2

2 3

( )2 (1 )( )

dC xp dx

H

con [ ]H . La derivata seconda è negativa per valori sufficientemente bassi dell’elasticità. Per valori di 1 la funzione ( )p tende a trasformarsi in una retta. Nel contempo, per qualsiasi valore dell’elasticità, se 0 allora anche

0 e il prezzo tende al costo marginale. Viceversa, per 1 torniamo alla ver-sione tradizionale dell’indice di Lerner e al prezzo di monopolio privato. Il grafico seguente mostra la relazione tra p e λ per valori di 1 .

Fig 7 La funzione p(λ)

16 Nel caso di domanda ad elasticità costante quale, ad esempio, x(p) = kp-ε e di costi marginali costanti, si può ricavare che il valore ottimale di λ è quello che rende il profitto nullo. Ovvero quello

per cui 1/ / 0k MC F dove MC è il costo marginale ed F il costo fisso.

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p(x)

( )( )

Mp mc

λ

mc

All’ottimo, l’aumento del valore di λ provoca un aumento meno che proporzio-nale del prezzo [vedi Bös, 1986]. Le proprietà dei prezzi alla Boiteux-Ramsey sono quindi sintetizzabili dalla funzione p(λ, dC/dx) le cui proprietà rispetto a λ sono

a) p(λ, dC/dx) è continua e non decrescente in λ e dC/dx per ogni valore di ; b) p(λ, dC/dx) è concava in λ per – 1; c) p(λ, dC/dx) è convessa in λ per – 1.

Le implicazioni di a e b (in particolare di b) le vedremo in altri futuri capitoli.

5.2. La rappresentazione grafica dei prezzi Boiteux-Ramsey

L’applicazione della regola di prezzo Boiteux-Ramsey si presta ad una semplice illustrazione grafica. Definiamo il surplus dei consumatori attraverso la domanda diretta e supponiamo che un consumatore consumi due beni, x1 e x2, le cui domande dipendano separatamente dai due prezzi. Allora il surplus netto totale (vedi Scheda 1) del consumatore è

1 1 2 21 2 1 1( ) ( )

1 2

( , ) ( ) ( )p x p x

S S

S p p x z dz x z dz

da cui:

1 2( , )( ) con 1,2i i

i

S p px p i

p

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Calcolando il differenziale totale di S e azzerandolo otteniamo come segue la mi-sura della pendenza della curva di iso-surplus definita nel piano dei prezzi:

dS(p1,p2) = – x1(p1)dp1 – x2(p2)dp2 = 0

ovvero, attraverso il teorema della Funzione Implicita applicato alla funzione S,

2 1 1 1 2 1

1 2 2 1 2 2

( ) ( , ) /

( ) ( , ) /

dp x p S p p p

dp x p S p p p

.

Valutiamo adesso il profitto (Ricavi meno Costi) dell’impresa scritto in forma implicita

Π – x1(p1)p1 – x2(p2) p2 + C(x1(p1)p1,x2(p2)p2.

Applicando il Teorema della Funzione Implicita a Π otteniamo

1 1 1 1 1 12 1 2 1

1 1 2 22 2 2 2 2 2

( ) / / ( , ) /

( , ) /( ) / /

x p p C x x pdp S p p p

dp S p p px p p C x x p

.

Eguagliando le due derivate dei prezzi verifichiamo che le curve di iso-surplus e iso-profitto sono tangenti quando

1

2

2 22

1 11

/

/

d

d

Cp p

x

Cp p

x

.

Ciò implica, quale caso particolare, che con eguali elasticità il rapporto tra i prezzi è uguale al rapporto tra i corrispondenti costi marginali.

La condizione ottenuta è illustrata nel grafico seguente. Sugli assi sono misurati i due prezzi e le curve corrispondono al livello di profitto minimo (eventualmente nullo ma non negativo) dato e al livello di surplus ottenuto compatibilmente on i prezzi ottimali. Ogni altra combinazione di prezzi compatibile con il vincolo sul pro-fitto, e quindi illustrata da una retta tangente alla curva di iso-profitto in qualche punto diverso da quello a gradiente comune, richiederebbe una nuova curva di iso-surplus a questa tangente ma più lontana dall’origine e quindi corrispondente ad un minor livello di benessere del consumatore.

Fig. 8 Prezzi alla Boiteux-Ramsey

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48

p2

p1

dS (p) = 0

d Π(p) = 0

Come si vede dal grafico il punto di tangenza tra le due curve determina il mas-simo benessere sociale compatibile con il vincolo sul profitto.

Esempio 4

Si supponga che un’impresa in condizioni di monopolio naturale produca due output x1 e x2 con la tecnologia “fotografata” dalla funzione di costo

C(x1, x2) = F + x1 + x2

dove F = costo fisso, α e β sono coefficienti positivi fissi. Siano le seguenti funzioni di do-manda diretta e inversa (con separabilità) di un consumatore (l’unico esistente):

1 1 1

2 2 2

1/1 1

1/2 2

1/ 1/

( )Forma Diretta

( )

Forma Inversa

con e

x p kp

x p Sp

p kx

p Sx

k k S S

da cui:

1 2 1 2; ; 1/ ; 1/x x p p (Ricavare per esercizio le elasticità indicate).

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49

Calcoliamo i prezzi alla Boiteux-Ramsey. Usiamo le domande inverse per definire il sur-plus sociale W

1 1 2 2( ) ( )1/ 1/

1 1 2 2 1 20 0

x p x p

W kx dx Sx dx F kp Sp

Formiamo la funzione Lagrangiana

1 1 2 2 1 2

1 1 2 2

W p kp p Sp F kp Sp

W kp p Sp p F

e quindi, per un massimo rispetto a p1, deve essere che:

(1 ) (1 )1 1 1 1 1( / ) 0p p p p p

Da cui dopo semplici calcoli

1

1

1

01 1 x

p

p

Ricavare l’analogo risultato per p2 e mostrare che:

2

1

1 2

1 2

/ x

x

p p

p p

Ripetere la derivazione del risultato utilizzando le domande dirette. Offrire un’interpre-tazione.

Che ruolo pensiamo che abbia λ nelle condizioni di ottimalità? Definiamo come prima

1

Da cui ricaviamo che se λ aumenta anche aumenta:

2

1

1

d

d

Supponiamo adesso che il vincolo venga riformulato come segue:

Π ≡ x1(p1)p1 + x2(p2)p2 – C(x1(p1),x2(p2)) = 0

In altre parole, supponiamo che ci sia un profitto minimo (fissato in anticipo) richiesto dal governo. Allora è evidente che tanto λ quanto ogni prezzo efficiente

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50

dipendono da secondo due funzioni crescenti la cui forma è già stata discussa in precedenza. Poniamo

*

( )

( )p

e definiamo

1 2

* *( ) ( ( ), ( ))F W p p cioè la funzione di massimo valore del benessere to-

tale, dato il vincolo. A questo punto (vedi scheda 2)

* *1 2 1 2 0

( , , , ) ( ( ), ( ))p p W p p

e quindi

( )dF

d

λ misura la variazione infinitesimale della funzione di benessere sociale al suo mas-simo se per caso cambia il valore del profitto minimo richiesto dal governo. Essa misura il sacrificio ombra che sopporterebbe il consumatore se il governo decidesse di rendere il vincolo più duro (maggior profitto minimo richiesto).

Esercizio

Completare l’esempio precedente supponendo che ε = γ = h e ricavare che = h(F/C). Interpretate il risultato ottenuto. Esercizio Nello stupido caso di domanda ad elasticità costante q kp per la quale p e di costi C F q , ricaviamo l’espressione del prezzo di SB come segue.

1/

1// ( / )q

oK q dq F q k q q F q

Da cui per un massimo

1/1 1

1 1

p k

p q p

Lo scarto percentuale del prezzo dal costo marginale è costante.

Esercizio

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51

Dimostrare che il prezzo di cui all’esercizio precedente genera profitti nulli se

1

F

C

Ovvero: quanto maggior è la quota di costo fisso sul costo totale tanto maggiore deve essere λ, data l’elasticità. Interpretare alla luce del successivo Teorema dell’Inviluppo.

Scheda 2 – Il Teorema dell’Inviluppo

Massimi (minimi) non vincolati

Sia la funzione continua e derivabile f(x, α) che dipende da x e da un parametro α. Chia-meremo f*(α) = f*(x*(α), α) = maxx f(x, α) il valore massimo di tale funzione rispetto a x e chiameremo x*(α) quel valore di x che la massimizza. Il Teorema dell’inviluppo dimostra che:

*

*

( )

( , ) ( )

x x

f x df

d

La variazione infinitesima di f*(α) (funzione massimizzata o del massimo valore) corri-sponde alla variazione infinitesima di f(x, α) quando quest’ultima è valutata ponendo x = x*. Ad esempio se

f(x,) = 2x2 – 2x.

il suo massimo rispetto a x si ottiene quando x = (1/2α). Sostituendo tale valore in f(x(α), α) otteniamo che f*(x*(α), α) = (1/2α2). Ma allora

*

2(1/2 )

( ) 1 ( , )

2 x

df f x

d

Massimi (minimi) soggetti a vincolo

Supponiamo adesso che la f(x, α) debba essere massimizzata rispettando un vincolo (scritto qui in forma implicita) g(x, α) = 0. La funzione langragiana è Λ(x, α, λ) = f(x, α) – λ[g(x, α)]. Per ogni x del dominio, sia x*(α) il valore di tale x che massimizza Λ(x, α, λ), allora

*

*( )

( ) ( , , )

x x

df x

d

La variazione infinitesimale della funzione lagrangiana valutata al suo massimo (ponendo cioè, per ogni x, x = x*(α)) è pari alla variazione infinitesimale della funzione f(x, α) valutata

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52

anch’essa al suo massimo.

5.3. L’inconveniente distributivo e la sua correzione

(LEGGERE E INTERPRETARE IL RISULTATO FINALE)

L’applicazione della regola di prezzo Boiteux-Ramsey presta il fianco ad una cri-tica di tipo equitativo, come del resto è normale che sia in un contesto di second best (trade-off tra equità ed efficienza). Le domande di mercato a basso grado di elasticità si rivolgono prevalentemente al consumo di beni “fisiologicamente necessari” men-tre quelle ad elevato grado di elasticità riguardano generalmente il consumo di beni “superflui”, di lusso o comunque non necessari. Se ipotizziamo, come appare ragio-nevole, che il livello di consumo di beni necessari sia distribuito in modo tendenzial-mente uniforme tra tutti i consumatori mentre i beni superflui o di lusso siano con-sumati in maggior misura (in proporzione alla spesa totale) da consumatori ad alto reddito, dobbiamo immediatamente riconoscere che per consumare lo stesso am-montare di beni necessari i poveri impiegano una quota del loro reddito maggiore di quella dei ricchi. Allora il risultato della regola di prezzo alla Boiteux-Ramsey è che i consumatori poveri (che destinano una quota maggiore del proprio reddito al con-sumo di beni necessari) sono svantaggiati rispetto ai consumatori ricchi (che desti-nano una quota minore del proprio reddito al consumo di beni necessari). Questa indesiderabile ricaduta distributiva della regola Boiteux-Ramsey ha indotto la lette-ratura a studiare possibili forme di correzione della regola stessa. Nel 1972 Martin Feldstein ha proposto la correzione che esaminiamo in questo paragrafo.

Abbandoniamo nuovamente l’idea dell’esistenza di un solo consumatore e sup-poniamo di avere I consumatori, identici quanto a struttura delle preferenze di con-sumo ma diversi quanto a reddito individuale y. Sia y una variabile casuale con ri-partizione F(y) continua avente una densità f(y) = dF(y)/dy nell’intervallo chiuso [y_, y+]. La domanda per la merce j.ma qualsiasi di un individuo i.mo qualsiasi sarà (nell’originale di Feldstein le merci sono solo due)

Xj(p1,L,pN,y)

da cui la domanda totale di mercato della j.ma merce (intesa come numero dei con-sumatori moltiplicato per il valor medio preso rispetto al reddito della domanda di ciascuno di loro) è

1_( , , , ) ( )

y

j j NyX I x p p y f y dy

.

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53

Facciamo uso della funzione di utilità indiretta dei consumatori (tutti identici, a parte il reddito) v(p1, …, pN; y) ed assegniamo a ciascun individuo un “peso” definito dal governo in funzione del suo reddito. Sia tale peso dato dalla funzione continua w(y) che è decrescente in y. Agli occhi del decisore pubblico (governo) gli individui non sono tutti uguali: quelli che dispongono di un minor reddito me-ritano più considerazione. La funzione w(y) è la misura di tale considerazione dif-ferenziata. Feldstein (1972a) introduce tale differenziazione nelle caratteristiche di ciascuna merce e definisce nel modo seguente le caratteristiche distributive di cia-scuna merce

1_( , , , ) ( ) ( ) ( )

y

j j Nyj

IR x p p y y w y f y dy

X

dove γ(y) indica l’utilità marginale del reddito di un individuo avente reddito y. In pratica Rj non è altro che il rapporto tra gli integrali che compaiono nelle due funzioni di domanda totale: quello che misura la domanda media di mercato non pesata (de-nominatore) e quello che misura la domanda media pesata e valutata in base all’uti-lità marginale del reddito ed al peso assegnato ad ogni individuo (denominatore). Rj dice quanto “vale” la merce j secondo criteri distributivi.

Si ricordi che per l’identità di Roy

11

1

( , , , ) /( , , , )

( , , , ) /N j

j NN

v p p y px p p y

v p p y y

da cui nel nostro caso, per v(p1,L,pN,y)/ y = 1 (interpretare), l’identità di Roy si riduce a

v(p1,L,pN,y)/ pj = xj(p1,L,pN,y)(y)

Il surplus dei consumatori da massimizzare sotto il vicolo di profitti pari ad un qualche valore prestabilito (eventualmente anche negativo)

11( , , )

Nj j Nj

p X C X X

è

1_

1_

( , , , ) ( ) ( )

( , , , ) ( ) ( )

y

i Ny

y

i Ny

W I v p p y w y f y dy

I S p p y w y f y dy

dove Si(p1,…,pN, y) è il surplus netto del consumatore i.mo. Il termine di destra cor-risponde all’espressione usata da Feldstein. La funzione lagrangiana è (nella versione con la funzione di utilità indiretta)

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54

1_

11

( , , , ) ( ) ( )

( , , )

y

i Ny

Nj j Nj

I v p p y w y f y dy

p X C X X

.

Le condizioni di primo ordine per un massimo richiedono per tutti gli j

1

_

1

( , , , )( ) ( )

( , , )[

y i N

yj j

jNj j

j j

v p p yI w y f y dy

p p

XC X XX p

X p

1( , , )0]N k

kk jk j

C X X Xp

X p

.

Usando la definizione di Rj e l’identità di Roy possiamo riscrivere le condizioni ottenute come segue

11

( , , ) /1

N k N kj jkk

k

p C X X XR

p

dove ηjk (elasticità incrociata della domanda di xj al prezzo di pk) rispetta l’egua-glianza jkpjXj = kjpkXk nell’ipotesi di simmetria degli effetti incrociati e di assenza o trascurabilità di effetti di reddito 17. L’equazione precedente si riscrive

11

( , , ) /( )

N jk N kjkk

k

Rp C X X Xp

che nel caso semplice di una sola merce (diciamo la merce 1) diventa:

11 1 1 1

1 1 1

0 per < ( ) / 1

0 per >

Rp C X X Rp R

.

La correzione è resa esplicita dal numeratore del termine di destra. Se R < λ il ter-mine di destra diventa positivo (η < 0) e in questo caso il consumatore è gravato da un prezzo che, data l’elasticità, eccede il costo marginale anche se in misura meno elevata di quella corrispondente al puro indice di Lerner di un eventuale mono-polio privato. Al contrario, se R > λ lo scarto percentuale è negativo e il consuma-tore è gravato da un prezzo perfino inferiore al costo marginale. In altre parole, il

17 Feldstein nota giustamente che “The use of the Slutsky compensated demand relation, ikpiXi = kipkXk ignores the income effect … this correction for the income effect is likely to be of no practical significance”. Ancora una volta è la trascurabilità degli effetti di reddito il punto fondamentale del modello.

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55

consumo delle merci a più basso R (relativamente a λ) sussidia il consumo delle merci ad alto (relativamente a λ) R, date le elasticità. Chiaramente, R è alto quando il prodotto γ(y)w(y) è alto, ovvero quando y è basso. Rispetto alla versione originale, l’aggiunta al modello della componente γ(y) permette di estendere il risultato di Feldstein al caso di funzioni di utilità aventi utilità marginale del reddito costante e rende più esplicita una eventuale politica redistributiva del governo.

Ricordando che Feldstein (1972, 34) si limita al solo caso con due merci rica-viamo il risultato in termini di rapporto tra le due variazioni percentuali. Con due merci ed elasticità incrociate nulle otteniamo

1 1 1 1 2 1

2 2 2 2 1 2

( ) / / ( )( ) / / ( )

p C X X p Rp C X X p R

.

Se R1 = R2 oppure se Rj = 0 per tutti gli j, torniamo al risultato generale di effi-cienza non corretta in senso distributivo (elasticità inversa ed equi-proporzionalità delle riduzioni nelle domande). Si noti bene che con R1 ≠ R2 le domande si riducono in proporzioni diverse.

Ancora una volta la variazione di λ deve essere interpretata alla luce del Teorema dell’Inviluppo. Dice Feldstein:

The derivative of the optimal “tax” ratio of equation with respect to λ shows that an increase (decrease) in λ raises (lowers) the relative price of good 1if R1 exceeds R2; i.e., if the consumption of good 1 is more concentrated in low income families than the con-sumption of good 2. Since λ is the shadow price of the budget constraint, an increase in the required surplus raises λ. Therefore as the required surplus increases (or as the sub-sidy decreases), the price of the good with the lower income elasticity rises relative to the price of the good with the higher income elasticity. Lower income families contribute an increased share of total revenue as a larger surplus is required.

5.4. Una derivazione equivalente dei prezzi Boiteux-Ramsey: il benessere dei consumatori “misurato” attraverso la loro funzione di utilità

NO

5.5. Una diversa versione della regola di Boiteux-Ramsey e lo schema (apparentemente di Primo Ottimo) di Löb e Magat

Un altro problema che genera risultati analoghi a quelli condensati nella regola à la Boiteux-Ramsey è il seguente. Si supponga che il governo fissi un valore minimo del surplus netto dei consumatori e poi dica all’impresa di scegliere liberamente come massimizzare il profitto rispettando però il vincolo che il surplus dei consumatori non

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sia minore del valore fissato. Se l’impresa è di proprietà dei lavoratori ciò equivale a dire che essi sono liberi di massimizzare il proprio reddito netto con il vincolo che i consumatori non vengano sfruttati oltre un limite indicato dalla legge.

Definiamo il surplus lordo dei consumatori (che farà da vincolo) come segue:

( )

0( ) ( )

x pG x p x dx

da cui:

( )

0

( )( ) ( )

x pdG x dp x dx p x

dx dx .

Chiamiamo S il surplus netto ovvero S = G(x) – p(x)x. Proviamo adesso ad “invertire” il problema tradizionalmente studiato nell’analisi

delle tariffe di second best (massimizzare il benessere sociale con vincolo sui profitti dell’impresa pubblica) e definiamo il nuovo problema come quello in cui si cerca di massimizzare il profitto dell’impresa pubblica (ma anche, ad esempio, di un’impresa a capitale costante pubblico e posseduta dai lavoratori che aggiungono capitale va-riabile) con un vincolo sul livello minimo di benessere dei consumatori. Allora il problema è quello di massimizzare il profitto Π = p(x)x – C(x) con il vincolo S = S0 (valore fissato)18. La nuova funzione lagrangiana è:

= p(x)x – C(x) + [S – S0].

Le condizioni del primo ordine implicano con 0 ≤ µ < 1 (perché?)

( ) ( ) ( )( ) [ ] 0

dp x dC x dp xp x x x

x dx dx dx

da cui:

( )( ) (1 )

0( ) D

dC xp x

dxp x

.

La regola dello scarto percentuale tra prezzo e costo marginale opera analoga-mente al caso precedente per ciò che attiene all’elasticità della domanda. Con µ = 1/(1 + λ) otteniamo esattamente il risultato à la Boiteux-Ramsey mentre con µ = 0

18 Nel testo il vincolo è dato dal solo surplus netto del consumatore. Joskow (2007, 1275) ne pro-pone una versione “sociale”: surplus lordo del consumatore meno i costi dell’impresa. In questo caso si riottiene pedissequamente il risultato di Boiteux-Ramsey.

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57

torniamo al caso generale dell’indice di Lerner per il monopolio privato non regolato e con µ = 1 al caso del prezzo pari al costo marginale. Per tutti gli altri valori di µ poiché il valore inverso dell’elasticità della domanda è moltiplicato per (1 – µ) < 1, l’effetto dell’elasticità sul prezzo viene smorzato quando il governo assegna un peso alto al vincolo sul surplus rafforzato: a parità di elasticità, in questo caso lo scarto prezzo-costo marginale è minore rispetto a quanto sarebbe nei casi di cui ai parr. 5.1 e ss. Non mancherebbero esempi storici sul funzionamento di imprese ope-ranti secondo criteri simili a quelli appena discussi. La gestione delle grandi coope-rative di lavoratori operanti nei Paesi del vecchio COMECON e, parzialmente, nella ex Jugoslavia (Ward, 1958) possono essere indicati come esempi.

Sicuramente più a la page è il caso in cui µ = 1 (stesso peso al surplus dei consu-matori e al profitto) che consente di esporre il modello e il meccanismo di regola-zione proposto nel 1979 da Löb e Magat (1979). Si supponga che il governo auto-rizzi il monopolista (pubblico o privato) ad operare liberamente in un certo set-tore e lo autorizzi a fissare il prezzo che ritiene di chiedere ai consumatori con la clausola che il surplus netto generato a tale prezzo (libero) verrà tolto ai con-sumatori e trasferito al monopolista. Data la regola (e la clausola), la funzione obiettivo del monopolista sarà (usando la domanda diretta)

Π = px(p) – C(x(p)) + (S(p) – A)

dove A è, nella versione di Löb e Magat (p. 400, nota 8), un prelievo (charge) in somma fissa sul consumatore indipendente dal prezzo 19. Visto che impieghiamo la domanda diretta (l’inversa, nel paper originale), avremo che

( )( ) ( )

p xS p x p dp

indica il surplus netto del consumatore. Per un massimo (con C(x) convessa) dovrà essere

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( ) 0

dx p dC x dx pp x x p x p

p dp dx dp

da cui

( ) ( )( ) 0

dx p dC xp x

dp dx

.

Con il meccanismo di Löb e Magat (1979) si ottiene un risultato già visto

19 Mi divertirò a criticare un po’ il paper di Löb e Magat. Da ciò lo scrupolo nelle citazioni.

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Prezzo = Costo Marginale

come se fossimo in condizioni perfettamente concorrenziali o alla ricerca di un prezzo di first best. In questo caso il prezzo è “spontaneamente” pari al costo margi-nale e il trasferimento all’impresa è dato dall’intero surplus netto del consuma-tore. Tale trasferimento di surplus (che consente di coprire i costi e di massimizzare i profitti positivi) genera il più alto sussidio possibile all’impresa ed è ovviamente massimo quando il prezzo è pari al costo marginale. Per tale motivo il monopolista applica il prezzo di first best e si serve del consumatore quale cassa contabile attra-verso cui transita (sotto forma di surplus che si trasforma in sussidio) una parte del suo ricavo.

Diamo adesso un’interpretazione del risultato cercando di collegarlo alla regola di Boiteux-Ramsey. Se il governo assegnasse un peso μ [0, 1) al surplus del con-sumatore avremmo che il monopolista dovrebbe risolvere

Maxp [px(p) – C(x(p))] + (S(p) – A).

Un massimo richiede

( )( ) (1 )

0( ) D

dC xp x

dxp x

che riproduce il risultato precedente: per μ = 1 (il monopolista valorizza allo stesso modo il denaro ottenuto dalla vendita dei beni e quello derivante dal trasferimehnto) otteniamo che il prezzo che massimizza il “profitto” è pari al costo marginale. Lo schema di Löb e Magat non genera quindi un risultato originale; esso è solo un ma-scheramento o una variante della regola di second best. Gli autori fanno passare per risultato efficiente di first best la completa espropriazione del surplus del consuma-tore e µ misura il valore marginale sociale dell’espropriazione di ogni unità moneta-ria sottratta al consumatore (vedi scheda su Teorema dell’Inviluppo). Allora, dove sta l’importanza del lavoro di Löb e Magat? Non certo nel banale risul-tato analitico ottenuto, perché esso è, come detto, già implicito nella riformulazione del modello di tariffazione di second best presentato all’inizio del paragrafo. Il lavoro è molto importante non per ciò che viene esplicitamente ricavato e commentato, ma per ciò che resta non (o poco) esplicitato. Gli autori sono consapevoli del fatto che il loro meccanismo decentrato di regolazione da un lato non richiede informazioni sui costi dell’impresa (perciò lo assimiliamo in questo capitolo alla famiglia dei mecca-nismi tariffari pensati per il caso di perfetta informazione e non distinguiamo tra impresa pubblica e privata) ma soprattutto che il loro schema richiede, attraverso il sacrificio del consumatore, un “substantial subsidy” all’impresa (quale che ne sia il

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finanziamento) e ciò appare loro negativo. Che non sia l’eventuale sacrifico imposto al consumatore il loro cruccio si evince però dalla valutazione finale data al risultato ottenuto (pag. 402): il finanziamento del sussidio comporta “a highly visible form of income redistribution (from the general public to utility customers)”. È quindi neces-sario fare trasferimenti all’impresa, espropriando i consumatori. Tuttavia gli au-tori avevano appena finito di criticare, per ragioni allocative e non distributive, gli schemi regolatori, quali Rate of Return Regulation (vedi Capitolo II), allora prevalenti negli USA e non potevano rischiare di proporre un meccanismo altrettanto vulnerabile a critiche dello stesso tenore (la quantità scambiata è massima solo perché sussidiata), per di più maggiorate da considerazioni distributive. Ed ecco allora l’uovo di Colombo:

The scheme presented here can be combined with the sale of a franchise to reduce or even eliminate the net subsidy provided to regulated firms, while retaining the attractive features of price decentralization and the decentralization of cost information. Potential utilities would bid for the monopoly knowing it would be regulated (that is, subsidized) as described earlier. Under such circumstances, we could expect bids to capitalize part of the subsidy.

Oppure che:

Rather than (or in addition to) selling a franchise, the regulatory agency may impose a lump-sum tax on the utility in order to recover part of the subsidy and to reduce the amount of information needed about the demand function.

Infine, in una nota, gli autori graziosamente riconoscono che:

… our scheme does not protect the consumer against rapid price rises, which may or may not be cost-justified. One desirable characteristic of traditional forms of regulation may be that consumers prefer gradual changes in price, even when large cost increases dictate rapidly rising utility rates. Certainly the problem of rapidly rising prices which are based on irrational action by the utility’s management, rather than on cost increases, is a serious consideration.

E con quest’ultima citazione Löb e Magat sembrano addirittura anticipare la re-golazione denominata price-cap (vedi Capitolo II).

Perché la letteratura successiva concederà tanta attenzione ad uno schema rego-lamentativo tecnicamente al limite del ridicolo? La risposta deve essere cercata nelle (implicite ed esplicite) ipotesi di politica regolativa contenute nelle citazioni di cui sopra (in particolare in quella relativa alla concessione tramite asta); sono questi i “punti di forza” che conferiscono una potenziale importanza applicativa al lavoro di Löb e Magat (1979) che quella parte della letteratura successiva e più sbilanciata in senso liberista non si è lasciata sfuggire. In realtà i primi a intravedere le implicazioni potenziali di cui sopra sono gli stessi Löb e Magat. Infatti, sulla scia di congetture

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già avanzate da una precedente letteratura orientata anch’essa in senso liberista, quale quella facente capo ad esempio a Demsetz 20, gli autori, per correggere il loro stesso risultato, suggeriscono l’adozione di un meccanismo regolativo a due fasi che non richiede la sostituzione dell’impresa monopolistica privata con un’impresa (sempre monopolistica) pubblica. Nella prima fase verrebbe definito un contratto di produzione in esclusiva (diritto di monopolio) congegnato come previsto da loro (prezzo “libero” e devoluzione all’impresa di un importo equivalente al surplus netto del consumatore generato dal prezzo effettivamente applicato). Nella seconda fase si procederebbe con la messa all’asta di tale contratto in modo da estrarre preventi-vamente dal profitto totale dell’impresa vincitrice la maggior parte possibile del sur-plus che il consumatore perderebbe con la pura e semplice applicazione del contratto senza asta preventiva, e che comunque perderà una volta che il vincitore inizierà l’attività produttiva vera e propria. In questo modo (le due fasi …) si rimedierebbe, almeno in parte, alle due debolezze fondamentali del modello: una esplicitamente riconosciuta e l’altra no. Da un lato, il meccanismo integrato dall’asta non richiede di erogare un sussidio all’impresa e, dall’altro lato, l’asta attenua lo sbilanciamento

20 Anche sui mercati si combatterebbero – come sui campi di battaglia sin dai tempi delle guerre persiane – una preventiva competition for the field ed una successiva competition within the field. Con la prima forma di competizione, la preventiva occupazione delle migliori aree sul campo prima della battaglia militare precede lo scontro vero e proprio. Quest’ultimo viene condotto partendo dalle posi-zioni precedentemente occupate (per la cavalleria, gli opliti, gli arcieri, e poi l’artiglieria, i fucilieri, ecc.) quindi in condizioni di maggiore o minore vantaggio a seconda dell’esito della prima fase “in-cruenta” del confronto. L’idea è che l’esito della prima fase condizioni in qualche modo il risultato della seconda.

Forse indossando l’elmo dell’ammiraglio Temistocle (la battaglia navale di Salamina del 480 A.C. è un ottimo esempio “nautico” di competition for the field) o il tricorno napoleonico, Demsetz (1968) vagheggia, come già Chadwick oltre cento anni prima di lui (1859), l’esistenza in economia di simili meccanismi competitivi a più fasi e li immagina sfruttabili dal legislatore in quanto potenzialmente applicabili alla regolazione di mercati non competitivi per cause tecnologiche. Quali, nel suo celebre esempio? Quelli per la fornitura ai privati di … targhe automobilistiche in regime di esclusiva. I poten-ziali fornitori di targhe devono essere messi in concorrenza preventiva tra loro per l’aggiudicazione del contratto generale di fornitura con la pubblica amministrazione (fase uno: competition for the field). Vince la fase uno, e si aggiudica il contratto, chi si impegna ad applicare, per ogni targa venduta durante la successiva fase due, il prezzo più basso. Siccome tale prezzo può essere persino pari al costo margi-nale (dice Demsetz), la preventiva competition for the field può addirittura generare un esito comples-sivo para-concorrenziale quale effetto della combinazione delle due fasi. In definitiva, una buona fase uno preventiva (concorrenza per l’esclusiva tra potenziali ipotetici produttori) eliminerebbe l’ineffi-cienza di ogni mercato in monopolio naturale, con o senza targa, e non richiederebbe né le forme spe-cifiche di Regolamentazione dei comportamenti privati (vedi Cap. II) né (ovviamente) la nazionalizza-zione del monopolio privato con sua gestione sociale da applicarsi dopo la nazionalizzazione. Una fase uno al giorno toglierebbe gli effetti del monopolio naturale privato di torno perché ogni forma di mer-cato sarebbe sempre definibile – ex cathedra – come un “mercato contendibile in ogni caso”: o per via dell’esistenza di sue caratteristiche tecnologiche che solleciterebbero direttamente l’iniziativa privata competitiva o, mancando quelle, perché attraverso un’appropriata fase uno gestita da una qualche isti-tuzione a ciò deputata tali iniziative competitive potrebbero essere sempre magicamente evocate. O dal redivivo Temistocle o da Topolino apprendista stregone!

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distributivo a danno del consumatore implicito nello schema della variante senza asta: il pagamento del vincitore dell’asta potrebbe perfino essere “restituito in anti-cipo” al consumatore in modo da rimborsargli una parte del surplus che perderà dopo. Per valutare l’effettiva applicabilità del meccanismo di Löb e Magat e di mec-canismi analoghi occorre aspettare la trattazione degli schemi di regolazione attra-verso aste. In questa fase possiamo solo anticipare che:

a) È difficile immaginare l’esistenza di una fitta schiera di potenziali partecipanti all’asta per un mercato in monopolio naturale, ovvero per un mercato che esiste proprio perché in esso vi può operare una sola impresa previamente attrez-zatasi allo scopo grazie alla propria ed esclusiva tecnologia21; e da ciò la do-manda: ma chi dovrebbero essere le altre imprese partecipanti all’asta?

b) Nessun meccanismo d’asta permetterebbe, in ipotesi ragionevoli, di ottenere l’in-tera estrazione preventiva della rendita informativa del partecipante/vincitore (compratore o venditore che sia). Per il monopolista la rendita informativa è data dal suo profitto atteso al netto del pagamento per il contratto e al lordo del surplus del consumatore. Il pagamento per l’aggiudicazione del contratto (bid vincente) non corrisponderà mai a tale valore. Al più, l’asta di Demsetz permetterà, nelle ipotesi che a suo tempo faremo, di selezionare l’eventuale impresa (bidder) più efficiente (minori costi di produzione) se, inverosimilmente, più imprese si iscri-vessero alla fase uno e competessero tra loro in modo non collusivo. In questo caso, l’asta avrebbe proprietà di selezione efficiente tra i partecipanti ma non per-metterebbe di estrarre dal vincitore la sua intera rendita informativa (il profitto atteso, che solo essa conosce). A quest’ultimo fine non c’è tricorno napoleonico che tenga (vedi nota precedente): il meccanismo delle due fasi sarà inefficace. Al più concederà ai consumatori la soddisfazione di sapere che essi sacrificano il loro surplus a favore della “migliore” impresa possibile.

c) Lo strumento a cui si dovrebbe ricorrere per prelevare l’importo A (vedi sopra) dovrebbe essere non distorsivo, ovvero non dovrebbe modificare le de-cisioni di offerta/domanda degli agenti economici. Non dovrebbe, quindi, dipen-dere neanche indirettamente dalla quantità consumata e/o (come detto dai due autori, vedi nota precedente) dal prezzo, ovvero dal profitto atteso dell’impresa vincitrice l’asta. Il pagamento del vincitore dell’asta, se frutto di strategia ottima, dipende invece proprio dal guadagno atteso, e quindi dal profitto che ogni parte-cipante (se inverosimilmente ve ne fosse più di uno) pensa di ottenere. In questo senso l’asta è uno strumento “distorsivo” perché il prezzo pagato dal vincitore non ha le caratteristiche richieste per giocare il ruolo dell’importo compensatorio A. Gli autori hanno ragione ad affermare “we could expect bids to capitalize part

21 Commentando le valutazioni che la letteratura più recente da’ del meccanismo in questione, Jo-skow (2007, 1268) è costretto a citare lavori che partono dal presupposto di sufficiente numerosità dei “pretendenti al contratto”. Tali questioni saranno affrontate nel capitolo relativo alla regolamentazione tramite aste.

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of the subsidy”, ma dovrebbero aggiungere che ciò avviene a discapito dell’effi-cienza.

Esempio 5

Sia, come negli esempi precedenti (vedi Esempio 1)

x(p) = 100 – 2p

e la domanda in forma inversa p(x) = 50 – (1/2)x. Supponiamo che il costo del monopolista C(x) = 30 + 3x. Il profitto di un monopolista privato sottoposto alla regola di Löb e Magat, con rimborso del costo fisso supposto noto, è:

Rimborsocosto fisso Surplus Consumatore Netto

Fare un grafico!

Trasferimento Totale

1 150 (30 3 ) 30 50 50

2 2 2x

x x x x

Da cui:

150 3 0

2d

x xdx

e quindi

94

150 (94) 3

2

x

p mc

che corrisponde al risultato cercato perché il prezzo è pari al costo marginale e la relativa quantità è quella di FB. Inserendo questi valori nella funzione del profitto otteniamo che Π = 2209 = Surplus Netto Consumatore.

Occorre per completezza ricordare almeno altre due critiche all’ipotesi di appli-

cazione dell’asta alla Demsetz richiamata da Löb e Magat (1979). Poco dopo la pubblicazione del lavoro di Demsetz, Telser (1969) opportunamente

ricordò agli svagati che l’asta per la concessione basandosi su un’idea di concorrenza ex-ante non forniva alcun incentivo a quei comportamenti effettivamente effi-cienti che l’aggiudicatario avrebbe dovuto tenere ex-post operando sul mercato (al di là delle promesse di comportamento evidenziate da costui nell’asta). A Telsen la fase due giustamente appariva “autonoma” dalla fase uno. In secondo luogo, Wil-liamson (1976) sottolineò che il meccanismo del “franchise bidding” (termine adot-tato dalla letteratura italiana giovane in luogo del più nazionale: licitazione compe-titiva per una concessione) trascurava completamente il problema dell’incomple-tezza contrattuale in condizioni di incertezza e, pertanto, il contratto da mettere

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all’asta non poteva mai assimilarsi ad un contratto “completo” (non potendo con-templare ex-ante tutti i necessari termini negoziali corrispondenti a tutte le possibili situazioni indotte da tutte le possibili realizzazioni di tutte le possibili variabili ca-suali coinvolte date tutte le possibili distribuzioni di probabilità).

Considerando, sia pure sinteticamente, le questioni poste da Telsen e da William-son, possiamo dire che la licitazione (chiedo scusa, il franchise bidding) apparve subito come un’arma spuntata rispetto alle problematiche ex-ante e (per allora) so-prattutto ex-post considerate dalla letteratura. Queste principalmente sono: a) impo-sizione ex-post delle condotte conformi al contratto e b) controllo e rinegoziazione successiva o in itinere della prestazione (ovvero, aggiungiamolo anche nel gergo che consentire anche ai giovani studiosi di comprendere ciò di cui si discorre: enforce-ment, monitoring and renegotiation). La pregnanza di tali questioni era tale da spin-gere Williamson (1976) e Goldberg (1976) a considerare il contratto attivabile at-traverso la licitazione alla stregua di una proposta negoziale quantomeno in-completa (parole loro, non mie). L’oggetto dell’asta non era quindi definibile effi-cacemente ai fini desiderati. Ma questa critica non sembrò riguardare le proprietà del puro e semplice meccanismo di attribuzione del contratto, ossia l’asta. Attribuendole sempre la proprietà di selezionare con efficienza il “miglior partecipante” e di im-porgli un pagamento pari “al dovuto”, la letteratura di ispirazione liberista si abban-donò ad una contemplazione malinconica dell’asta quale meccanismo di aggiudica-zione e di regolazione il cui utilizzo era impedito dai pregiudizi anti mercato dei cattivi maestri. La malinconia sopravvisse sotto traccia, tanto che nel “nuovo clima culturale” della fine degli anni ’80 del secolo scorso l’idea della licitazione compe-titiva per la concessione (scusate, del franchise bidding) tornò prepotentemente e talvolta tragicamente in auge. Tratteremo di questo Adda venì! liberista nell’apposito capitolo sui meccanismi d’asta22.

5.6. Una versione semplificata dello schema di Löb e Magat

Una più tradizionale versione semplificata dello schema di Löb e Magat è quella

22 Un revival dell’opzione Demsetz lo propone Demsetz stesso. La sua risposta alla critica di Telsen (1969) (vedi sopra) circa la mancata eguaglianza del prezzo al costo consisterebbe nel imporre la pre-sentazione di offerte costituite da tariffe a due o più parti (Demsetz, 1971). Queste aumenterebbero il surplus totale ancor di più rispetto ai prezzi uniformi (Willig, 1978) e, pertanto, si potrebbe pensare di sollecitare offerte costituite da blocchi tariffari, in cui le soglie sono determinate dal banditore e asse-gnare conformmente il contratto a chi formula il bid associato al surplus totale più elevato. Purtroppo, come è stato spesso affermato, un'adeguata valutazione delle offerte da parte del banditore, in generale, è possibile solo se il banditore conosce la funzione della domanda del mercato, ipotesi invece non ne-cesaria nel contratto alla Löb e Magat in cui quello che conta davvero e che la dmanda la conoscano le imprese che participano all’asta.

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che riproduco di seguito 23. Un diritto di monopolio deve essere aggiudicato in con-cessione ad una impresa privata per un mercato in cui la funzione di domanda è fissa e nota. Le imprese potenzialmente interessate all’aggiudicazione (?) sono caratteriz-zate da costi marginali di produzione che sono informazione privata. I costi margi-nali sono decrescenti nell’ambito della domanda di mercato. Il meccanismo proposto da Löb e Magat (1979) si basa sui seguenti elementi chiave:

a) l’impresa da regolamentare viene invitata a dichiarare il suo livello di costi mar-ginali;

b) il prezzo viene fissato al livello di costo marginale dichiarato; c) l’impresa riceve un trasferimento dal governo pari valore dell’intera area di be-

nessere dei consumatori che viene a generarsi in conseguenza del prezzo e della quantità stabiliti.

Il meccanismo caratterizzato dai punti a), b), e c) è chiaramente in grado di in-centivare le imprese a rivelare il loro vero livello di costi marginali. Questo risultato si ottiene poiché, attribuendo all’impresa l’intero surplus, in sostanza si fa coincidere l’obiettivo del governo con quello dell’impresa. In particolare, il profitto dell’im-presa è maggiore minori i suoi costi marginali. Tuttavia, appare subito evidente che il risultato della tariffazione al (vero) costo marginale viene conseguito solo a prezzo di una estrema disparità allocativa a favore dell’impresa. Lo schema di Löb e Magat (1979) richiede quindi un meccanismo correttivo in grado di ripristinare una riparti-zione del surplus più equilibrata tra consumatori e produttori. Gli autori propongono due alternative: la prima è quella di tassare l’impresa (possibilmente in forma lump-sum) mentre la seconda, assai più interessante ai nostri fini, è quella di aggiudicare preventivamente in asta il contratto caratterizzato dai punti a)-c). Lo schema incen-tivante di Löb e Magat può essere meglio interpretato con l’ausilio della Figura se-guente.

23 Tratta da Bosco-Parisio (2003).

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P

QQ*

D = P(Q)

A

W(Q*)

B

C

P* = MC

Nella Figura D = P(Q) indica la funzione di domanda inversa ed MC indica il costo marginale. Nelle ipotesi di Löb e Magat, se l’impresa fissa un prezzo concor-renziale P* = MC otterrà ricavi pari all’area 0P* AQ*, un sussidio dal governo pari all’area area P* AB. I suoi costi variabili di produzione sono dati da 0Q* AC e quindi il suo profitto è pari all’area ABC cui vanno sottratti i costi fissi di produzione. Il trasferimento totale all’impresa associato ad una coppia [c,Q*(c)] viene indicato con T(c) ed è pari a:

T(c) = W(Q*) – PQ*(c) – F

dove F indica un canone in somma fissa (indipendente rispetto al prezzo) richiesto all’impresa e W indica il surplus lordo.

In presenza di questo regime regolatorio, il problema dell’impresa è allora quello di scegliere di dichiarare quel livello di costo marginale che massimizza il surplus totale al netto dei costi. Il profitto dell’impresa può infatti scriversi come segue:

E[Π] = PQ(P) + T(P) – C(Q(P)).

Poiché l’annuncio del costo marginale equivale alla fissazione del prezzo di ven-dita, ed implicitamente della quantità, l’impresa troverà ottimale annunciare quel li-vello di prezzo-costo marginale che massimizza il suo profitto. Le condizioni del primo ordine del problema di massimo prevedono che sia soddisfatta la seguente uguaglianza:

P(.) = MC(.)

per cui l’impresa annuncerà il suo vero livello di costo marginale ed il prezzo prati-cato ai consumatori sarà fissato di conseguenza. È agevole dimostrare che ogni altra

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(mendace) dichiarazione di costo marginale, tesa a sovra o sotto-stimare i costi de-termina una situazione meno profittevole per l’impresa.

Oltre ad essere efficiente dal punto di vista allocativo, il meccanismo considerato ha anche la proprietà di garantire una efficiente gestione dell’attività data in mono-polio poiché lascia all’impresa concessionaria i profitti legati ad ogni eventuale ri-duzione di costo conseguita tramite investimenti o eliminazione di sprechi.

Le considerazioni che precedono non alterano tuttavia il problema centrale del meccanismo di Löb e Magat che resta essenzialmente legato agli aspetti distributivi del modello. È evidente infatti che l’impresa monopolista ottiene tutta la rendita, come nel caso di perfetta discriminazione dei prezzi. Per correggere questa disparità nella ripartizione del surplus, il meccanismo prevede che venga applicata una impo-sta in somma fissa, che deve venire fissata in modo indipendente dal costo marginale dell’impresa. Tale somma deve però essere fissata in via preventiva dal governo e, in presenza di asimmetria delle informazioni sui costi, non vi è garanzia che il livello di questa imposta lump-sum sia quello corretto. In particolare, una somma troppo elevata può scoraggiare la produzione, mentre un’imposta troppo bassa può lasciare una eccessiva rendita all’impresa. La proposta alternativa di Löb e Magat (1979) è quella di completare lo schema di regolamentazione sopra proposto con una vendita competitiva del diritto di monopolio tramite asta. Il modello di asta che emerge in questo caso è assai simile a quello che abbiamo considerato nell’ipotesi di Demsetz (1968) e consente di giungere a risultati comparabili.

Supponiamo che le imprese in competizione per il contratto siano n 2 e che ciascuna di esse sia caratterizzata da un livello di costi marginali (c1,…,cn). Ora as-sumiamo che l’impresa 1 sia la più efficiente e che c = c1 siano i suoi costi marginali, rappresentati nella Figura 10. La valutazione del contratto dell’impresa 1 è pari all’area BAC (meno i costi fissi) che è anche la massima valutazione tra le (eventuali …) N imprese concorrenti. Poniamo che sia Π1 il valore dell’area BAC meno i costi fissi K.

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P

QQ1*

D = P(Q)

B

C

P1* = MC1

A

D

Q2*

P2* = MC2

E

Nel grafico poniamo che MC2 sia la funzione di costo marginale della seconda migliore impresa, e * *

2 2,P Q il prezzo e la quantità indotti dallo schema di Löb e Ma-gat. La valutazione del franchise per l’impresa 2, che definiamo con Π2, corrisponde all’area EDB, meno i costi fissi K. Se il governo aggiudicasse il franchise in un’asta in busta chiusa al primo prezzo, l’impresa 1 sarebbe la vincitrice e pagherebbe un canone pari in valore atteso all’area EDB, ovvero la valutazione del contratto per la seconda migliore impresa (vedi Capitolo V). Il governo non riesce quindi ad estrarre la totalità del surplus dal monopolista. Dall’equazione del profitto, risulta evidente che il profitto che resta all’impresa vincitrice dell’asta è pari al valore monetario della riduzione di costi dell’attività che essa induce nel sistema producendo al posto della seconda migliore impresa (area EDAC).

6. Monopolio naturale e tariffazione ottima con produzione multipla

Supponiamo adesso che l’impresa monopolistica produca più beni e servizi con lo stesso processo produttivo e poniamo quindi N > 1. Ricordiamo che per aversi monopolio naturale l’attività produttiva deve avere caratteristiche tecnologiche tali per cui l’ottimalità della produzione si consegue quando sul mercato opera una sola impresa. Per valutare se tali condizioni esistono gli strumenti sinora impiegati nel caso di produzione singola (costi medi decrescenti nell’intervallo rilevante di quan-tità ed economie di scala) non sono più sufficienti. Il primo passo della discussione sulla regolamentazione di un eventuale monopolio naturale multi prodotto dovrà es-sere dato proprio nella direzione della definizione delle condizioni tecnologiche della sua esistenza.

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6.1. Monopolio naturale e subadditività

Supponiamo che un’impresa che produce N merci possa decidere di raggruppare la produzione in m possibili vettori definibili come segue

1x ,..., con 1,...,i i inx x i m .

In ciascun vettore i possono esseri una, più o addirittura tutte le n merci. Ad esem-pio se i beni e servizi fossero lana, carne e latte (n = 3), ogni i.mo vettore degli m possibili sarebbe composto da diverse quantità non negative di lana, carne e latte. Esiste monopolio naturale se la funzione di costo C(.) legata al processo produttivo delle tre merci è strettamente e globalmente subadditiva (Baumol, 1977). Ovvero se

C(x1 + L + xm) < C(x1) + L + C(xm)

per ciascuno degli m vettori formabili con le quantità degli n output. In questo caso è più “economico” produrre

1 11 1( ) ( )m m

n n x x x x

mediante una sola impresa. Concentrare la produzione (quali che siano le combina-zioni degli output prodotti) in una sola impresa genera costi inferiori alla somma dei costi sostenibili suddividendo la produzione tra n imprese 24. Nel caso in cui n = 1 (impresa mono-prodotto) al posto degli m vettori di quantità di merci eterogenee avremo m scalari e ciascuno rappresenterà diversi valori della quantità dell’unica merce prodotta. La condizione sui costi illustrata in precedenza diventa

1 1( ) ( )

m mi ii i

C x C x

.

Se dividiamo tutti i termini a destra e a sinistra di < otteniamo che il costo medio della produzione concentrata in una sola impresa è minore della somma dei costi medi della stessa produzione complessiva spezzettata su m imprese. Questo vuol dire che la tecnologia incorporata nella funzione C(.) genera un costo medio decrescente per qualsiasi livello della domanda rilevante sul mercato, come nel caso trattato nel

24 Ad esempio si supponga che in un settore possano esserci due imprese, la 1 e la 2, ciascuna delle quali produce un output. Diciamo che la funzione di costo è subadditiva se, data la migliore tecnologia disponibile, per qualsiasi valore di x1 e x2 vale che:

C(x1 + x2) < C(x1) + C(x2) Se la C(.) è la funzione esponenziale x0.5, allora per qualsiasi valore di x1 e x2 ∈ R+ (come ad esempio

25 e 9), avremo

25 9 25 9

5.8 8

.

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paragrafo 4.2. Se adesso supponiamo che la condizione di subadditività valga, ci chiediamo se

restano validi i risultati ottenuti nel caso mono-prodotto con economie di scala. Ini-ziamo dai prezzi ottimali di first best.

Sia la funzione di utilità (separabile) di un unico consumatore che consuma gli n beni prodotti dall’impresa data da

1(x) ( )

ni ii

U u x y

.

Dove y è un bene numerario il cui prezzo è posto pari a 1. La massimizzazione (libera o vincolata) dell’utilità del consumatore richiede

( )( )i i

i ii i

du xUp x

x dx

da cui, supponendo invertibile la funzione derivata otteniamo la domanda diretta

xi(pi) ≡ Qi(pi).

Il profitto del monopolista possiamo scriverlo come

1( ) ( ) ( )

ni i ii

p Q p C

p x

e il surplus social come

(p)

1 0(p) ) (x)

iQnii

W p z dz C

.

La condizione di massimo per ogni prezzo pi richiede

( ) ( ) 0jii i j jj i

i i j i

QC Q Cp Q p Q

Q p Q p

.

Ovvero che tutti i prezzi siano simultaneamente pari ai rispettivi costi marginali. In caso di effetti incrociati nulli torniamo al risultato per cui:

( ) 0ii i

i i

C Qp Q

Q p

.

Se valgono le condizioni di subadditività dei costi avremo:

i ii i

C CMC AC i n

Q Q

da cui

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70

0 0

0n

i jj ii i j j

C C C CQ Q

Q Q Q Q

con la necessità di coprire le perdite come nel caso mono prodotto.

7. L’introduzione dell’incertezza

I risultati analizzati sin qui sono stati ricavati ipotizzando la completa certezza e osservabilità delle variabili che compaiono nei problemi di ottimo. Discutiamo di se-guito il caso in cui dal lato della domanda o dal lato dell’offerta qualcuna delle variabili in questione sia invece una variabile casuale di cui tutte le parti in gioco (produttori e consumatori) conoscono la distribuzione e il relativo supporto. Dimostriamo che que-sta forma di incertezza (diciamo generale e simmetrica) non altera i risultati ottenuti. In altre parole il prezzo efficiente resta pari al costo marginale anche se quest’ultimo potrà essere riscritto con una barretta sopra o preceduto dalla lettera E[.]. Cionono-stante, la presenta di una qualche forma di incertezza dal lato della domanda o dal lato dei costi incorpora nei problemi di ottimo un aspetto nuovo: quello della ripartizione del rischio tra produttori e consumatori indotto dalla realizzazione (che prima o poi avviene) della variabile casuale. Questo problema verrà affrontato più ampiamente, insieme a quello degli incentivi, nella parte relativa alla tariffazione efficiente con asimmetria informativa.

Per semplificare l’esposizione evitando inutili appesantimenti delle formule suppo-niamo di avere a che fare con un’impresa mono-prodotto e con agenti neutrali al ri-schio.

7.1. Incertezza e prezzi efficienti

FB con incertezza sui costi marginali. Supponiamo che F (costo fisso) sia noto e rimborsabile con trasferimento in somma fissa ma che i costi marginali siano una variabile casuale che può assumere solo due valori

con Probabilità Note a tutti

con Probabilità (1- )

c

c

.

Il problema è quello di determinare ex-ante (ovvero prima che il manager del-l’impresa al ritorno dalla partita di golf apprenda che il costo marginale è alto o basso) l’ottimo prezzo di first best. Definiamo il valore atteso del benessere sociale come segue:

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71

( )

0( ) ( ) (1 ) ( )

x pE W p x dx F cx p cx p .

Un massimo si ottiene quando

( ) (1 ) [ ]p x c c E c .

In questo caso il prezzo efficiente ex-ante è pari al valore atteso del costo margi-nale che può anche essere scritto come c c c . Interpretare la differenza tra costo massimo e intervallo di variazione.

SB con incertezza sui costi marginali. Valgano le stesse ipotesi sui costi. La funzione lagrangiana è (ponendo 0 )

( )

0( ) ( ) (1 ) ( )

( ) ( ) (1 ) ( )

x pp x dx F cx p cx p

x p p F cx p cx p

.

Il prezzo ottimale secondo il criterio di SB è:

1 x

p c c cp

ovvero

[ ]

01 x

p E cp

Anche in questo caso non ci sono variazioni alla regola di prezzo (a parte il rife-rimento al valore atteso del costo marginale).

FB con incertezza sui gusti dei consumatori. Supponiamo che i costi siano certi e osservabili da tutti ma che la domanda dei consumatori sia X(p, ϴ) = x(p) + ϴ, dove ϴ > 0 indica l’intensità del desiderio di consumare la merce x. Poniamo che si diano solo due possibili stati di natura: desiderio alto e desiderio basso (entrambi positivi) con

con Probabilità Note a tutti

con Probabilità (1- )

.

Ciò vuol dire che il valore atteso della domanda di mercato è

( , ) ( ) (1 ) ( ) ( )

( )

E X p x p x p

x p

da cui:

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72

( , )p x E p .

Il costo è a sua volta dato da

( [ ( , )] [ ( , )C E X p F cE X p .

Il problema è quello di determinare ex-ante l’ottimo prezzo, ovvero fisare p prima che i consumatori svegliandosi la mattina apprendono che desiderano molto o poco intensamente la merce x. Definiamo il valore atteso del benessere sociale come se-gue:

( , )

0( , ) ( [ ( , )])

X pE W p X dX F c E X p

.

Un massimo si ottiene quando

( , ) ( [ ( , )]d

p x C E X p cdx

.

In questo caso il prezzo efficiente fissato ex-ante è pari al valore atteso del costo marginale corrispondente alla quantità attesa del consumo (interpretare). Ad esempio supponiamo che:

x(p) = 100 – (1/2)p

e che = 1 con = 1/3 mentre = 5 con = 2/3.

In questo caso

1( , ) ( ) (1 ) 100

2E X p x p p

e

( , ) 200 2 ( ) 2E p X x p .

Il Surplus sociale da massimizzare rispetto a x è

( , )

0200 2 ( ) 2 ( [ ( , )])

X pE W x p dX C E X p

che richiede

( ) 100 ( [ ( , )])2

x p C E X px

. Quando tale valore è sostituito nella domanda

si ottiene il prezzo atteso dato da

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73

( , ) 200 2 2(100 (1 / 2) ( [ ( , )]))

( [ ( , )])

p X C E X px

C E X px

c

.

Viste le ipotesi su ϴ > 0 la quantità consumata sarà

1 1( ) 100 con = 1/3

2 3o

1 10( ) 100 con (1 ) = 2/3

2 3

x p c

x p c

.

Il grafico seguente illustra il risultato ottenuto, usando come funzione di con-fronto la domanda con ϴ = 0.

Fig 9 Domande con realizzazioni diverse del parametro ϴ = (0, 1, 5)

x100

2

c

1

1002 3

c

10

1002 3

c

p(x)

C

200

Come si vede il prezzo è sempre lo stesso ma la quantità cambia ex-post in rela-zione alla realizzazione del parametro dei gusti.

SB con incertezza sui gusti dei consumatori. Supponiamo che i costi siano certi e osservabili da tutti ma che la domanda dei consumatori sia X(p, ϴ) = x(p) + ϴ, dove ϴ > 0 indica l’intensità del desiderio di consumare la merce x. Poniamo che,

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come nel caso precedente si diano solo due stati di natura (desiderio alto e desiderio basso) con le stesse probabilità già ipotizzate.

( , )

0( , ) ( [ ( , )]) ( , ) ( [ ( , )])

X pp X dX F c E X p Xp X F c E X p

da cui, per un massimo

( , )

( , ) [ ( , )] 1( , ) 1 0

[ ( , ) 1( , ) X p

p X E X pp X c

E X p Ep X

.

Esercizio. In che modo si riscrive la condizione di cui sopra se i possibili valori di sono con Probabilità

con Probabilità (1 )

e si suppone che questi dati siano noti a tutti? Esercizio: per quale motivo nella definizione del surplus non abbiamo esplicitamente in-

serito una densità di ?

7.2. La ripartizione del rischio

La derivazione dei risultati di cui sopra mostra che l’introduzione dell’incer-tezza non modifica le regole di prezzo quando esaminiamo le scelte di individui neutrali al rischio. Che succede se invece pensiamo che o i consumatori o i decisori interni all’impresa (il governo) o entrambi siano avversi al rischio? Ciò introduce nell’analisi un problema nuovo: quello della ripartizione del rischio tra impresa e consumatore. Nel contesto caratterizzato da assenza di asimmetria informativa il problema non riveste particolare importanza. Con l’eccezione di alcuni aspetti trat-tati nei paragrafi seguenti lo rimandiamo al Capitolo II.

7.3. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva. Il c.d. peak-load pricing

L’idea di porre la tariffazione in relazione all’utilizzazione della capacità pro-duttiva venne sviluppata in maniera originale da Boiteux (1951b), con riferi-mento ad imprese, quali quelle che producono e offrono elettricità, che hanno di fronte a sé una domanda aleatoria (spesso stagionale) per una merce non immagaz-

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zinabile. Quest’ultima caratteristica della merce prodotta implica che alcune attrez-zature possono essere utilizzate solo quando la domanda non supera determinati li-velli di capacità istallata (una turbina di una certa “potenza”), mentre quando la do-manda supera tale capacità occorre passare ad un altro impianto più potente e dotato di più capacità produttiva (un’altra turbina di maggior potenza al posto della prima). Tale secondo impianto è ovviamente più costoso del precedente, nel senso che il semplice fatto di decidere di attivarlo – diciamo, di accenderlo – implica una spesa per l’impresa. I consumatori che avanzano una domanda per le quantità eccedenti i livelli compatibili con certi valori della capacità produttiva sono quindi “responsa-bili” di un salto dei costi totali il cui onere dovrebbe essere in qualche modo posto a loro carico. Dal punto di vista della teoria della tariffazione questa condizione della domanda si presta ad un’analisi di due tipi. Da un lato appare interessante ricavare le regole di tariffazione che addossano ai consumatori c.d. di punta il salto dei costi. Dall’altro, appare opportuno approfittare dell’argomento in oggetto per trattare in questa sede anche la seconda questione richiamata all’inizio, e cioè quella posta dalla stocasticità della domanda. La definizione delle regole di tarif-fazione peak-load in ipotesi comode sulla variabilità della domanda sovrabbondano in letteratura e nei libri di testo 25. La discussione sulla stocasticità della domanda appare invece meno sviluppata. Inoltre, essa si presta ad introdurre nella trattazione alcuni primi accenni di teoria dell’affidabilità statistica (statistical reliability) che nelle parti successive impiegheremo ampiamente. Infine si noti che la presenza di domanda variabile lascia già intuire che su mercati così caratterizzati si determinano le condizioni favorevole all’applicazione di forme di tariffazione basate su discrimi-nazioni di terzo grado, nelle quali la base per applicare le differenze di prezzo è la variazione nel tempo della domanda e della sua elasticità.

Al fine di introdurre il modello di tariffazione oggetto di analisi in questo para-grafo conviene, come sempre, iniziare con il caso deterministico. Nel grafico se-guente supponiamo essere noto a) che un’impresa ha due impianti caratterizzati da diversa capacità produttiva (le due turbine di cui sopra) e b) che in un certo momento la domanda sarà DA e in un altro momento DB.

25 Oltre al ricordato contributo originale di Boiteux, si può vedere Mohring (1970), Panzar (1976), Berg e Tschirhart (1988), tra gli altri.

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76

Fig 10 Peak-load pricing con domande note

xx2

p(x)

c2

x1

DA

DB c1

β

II Impianto

I Impianto

Il primo impianto ha un costo marginale operativo fisso (ad esempio il prezzo

unitario del combustibile impiegato) pari a c1 per tutte le unità producibili sino al limite della sua capacità (tutto il tratto orizzontale) e se la domanda dovesse restare entro il limite della capacità (DA ad esempio può essere la domanda di elettricità di notte) i consumatori pagherebbero c1. Se la domanda dovesse eccedere tale limite (come nel caso della DB che potrebbe essere la domanda di elettricità nelle ore di punta) verrebbe venduta la sola quantità corrispondente alla massima capacità ai soli consumatori disposti a pagare il prezzo corrispondente al valore (impennatosi) del costo marginale dato che non sarebbe materialmente possibile produrne e venderne di più. Se l’impresa disponesse di un secondo impianto dotato di maggiore capacità in presenza di domanda DB verrebbe spento il primo impianto e accesso il secondo che implica un nuovo costo marginale c2. Ma tale costo è dato dal costo marginale operativo che è sempre c1 (il prezzo del carburante supponiamo che non cambi) più il costo della pura e semplice chiamata in causa del secondo impianto (un costo di accensione, ad esempio) che esiste a prescindere da quanta quantità produrrà il se-condo impianto. Nel grafico avremo quindi che c2 = c1 + β, dove β è il costo fisso dell’accensione del secondo impianto. La regola efficiente di determinazione del prezzo dovrebbe essere

1 1

1 1 2

per

per

c x xp

c x x x

dove X1 e X2 sono i limiti di capacità produttiva dei due impianti espressi in termini

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77

di quantità producibile. I consumatori con domanda alta si devono fare carico del costo di attivazione del secondo impianto a prescindere dal volume di quantità verrà richiesta a tale impianto per il semplice fatto che tale impianto viene comun-que chiamato a produrre (tanto o poco, non importa). Come si vede la regola di prezzo rappresenta una forma, pur semplificata, di discriminazione del prezzo del terzo grado.

Ricaviamo adesso questo risultato in un modello più generale a più impianti. Per tenere le due trattazioni separate cambiamo i simboli di qualche variabile. Suppo-niamo che un’impresa produttiva di servizi sia operativa in n periodi di tempo, in ognuno dei quali essa può adoperare m impianti cui corrispondono altrettanti livelli di capacità produttiva. Seguendo, a titolo di esempio, la parte preponderante della letteratura sul peak-load pricing (Crew e Kleindorfer, 1995) ipotizziamo che i costi siano rappresentabili da una funzione lineare in cui il parametro bh, con h m, indi-chi il costo operativo per ogni unità prodotta in ogni periodo entro l’intervallo di output che definisce la capacità h.ma e βh quello sopportato per essere saltati su tale unità (la turbina più grande; il camion di distribuzione della posta con maggior ca-rico, ecc.) di capacità h.ma (data l’insufficienza di quella precedente) indipendente-mente dall’effettivo volume di produzione che verrà raggiunto entro tale capacità. Allora h, m, t en e chiamando Qh la capacità di livello h, avremo la funzione

th h th h hC b q Q

che indica nel tempo t il costo sopportato per produrre q con l’impianto h che ha capacità Qh.

Appare chiaro che il costo totale per l’impresa può essere scritto come segue:

1 1 1 1 1

n m n m m

th h ht h ht h t h h

TC C b q Q

Definendo con Xtn=∑hqht la quantità prodotta e venduta in ogni periodo e sup-ponendo che la “disponibilità marginale a pagare” tale quantità sia differenziata per ogni t, il problema della determinazione della tariffa efficiente corrisponde alla so-luzione del seguente problema di massimo

, ,0

1 1 1 1

( )t

t h h

n n m mX

X Q q h th h ht t h h

Max W p y dy b q Q

(1)

soggetto ai vincoli

1

m

ht th

q X

(2)

1

0m

h hthQ q

(3)

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0 0 0t h htX Q q (4)

Massimizzare la (1) con i vincoli (2), (3) e (4) richiede la massimizzazione della funzione lagrangiana

01 1 1 1 1 1 1

1 1

( )t

n m n m m n mX

th h th h h t th tt h t h h t h

n m

th h tht h

p y dy C b q Q q X

Q q

(5)

Le condizioni del primo ordine per la (5) sono:

( ) 0t t tt

p X tX

(6)

1

0n

h tht t

hQ

(7)

1

0n

h t thth t

b t hq

(8)

Ricavando λt dalla (8) e sostituendolo nella (6) otteniamo:

1

( )n

t t h tht

p X b

(9)

da cui usando la (7)

( )t t h hp X b (10)

La (10) deve essere valutata tenendo conto delle condizioni complementari di Kuhn-Tucker seguenti:

Prima condizione: 0 con ( ) 0th th h thQ q .

Per cui se μth = 0, allora Qh > qth e nella (9) pt(Xt) = bh; se invece μth > 0 allora Qh

= qth e quindi pt(Xt) = bh +βh.

Seconda condizione: 1

0n

th h ht

Q

Terza condizione: 1

0n

t h th tht

b q

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Dalla (7) vediamo che il termine tra parentesi nella seconda condizione è nullo e quindi Qh > 0 e lo stesso possiamo dire rispetto a qth nella terza condizione.

In sintesi, in presenza di domande indipendenti, otteniamo

per

( )per

h th ht t

h h th h

b q Qp X

b q Q

(11)

La (11) rappresenta il tradizionale risultato della teoria dei prezzi di peak-load in presenza di domande indipendenti ed assenza di ogni forma di incertezza. La regola dice che il prezzo che viene richiesto ai consumatori la cui domanda resta entro il limite della capacità produttiva deve essere pari al costo marginale relativo a tale livello di capacità mentre il prezzo che viene richiesto ai consumatori la cui domanda raggiunge detto limite deve essere pari al costo marginale relativo a tale livello di capacità più il costo sopportato dall’impresa per utilizzare una unità di capacità h.ma addizionale indipendentemente dall’effettivo volume di produzione raggiunto entro tale capacità. In altre parole, in quest’ultimo caso ai consumatori è richiesto di pagare il costo della “messa in moto” della nuova capacità (la turbina più potente; il camion più grande; ecc.) indipendentemente da quanta di tale maggiore capacità verrà effet-tivamente usata per soddisfare la loro domanda.

Nel successivo paragrafo tratteremo il caso della domanda incerta.

7.4. Tariffe e grado di utilizzazione della capacità produttiva. Il c.d. peak-load pricing con domanda casuale e possibile razionamento

NO

8. Efficienza in presenza di forme alternative di tariffazione e regola-mentazione. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli

Il capitolo ha trattato di come un’impresa pubblica possa rimediare all’ineffi-cienza provocata dal monopolio naturale privato. La letteratura ha considerato anche i problemi di efficienza interna alle imprese pubbliche (o imprese private regolamen-tate) che si pongono in presenza di varie forme di tariffazione – regolamentazione. Già nel 1962 Averch e Johnson avevano evidenziato che la regolamentazione attuata nella forma di saggio di rendimento di alcuni fattori (e, implicitamente, dei prezzi degli output) incentivava l’utilizzazione inefficiente degli input. Del modello di Averch e Johnson ci occuperemo nel Capitolo II in cui cercheremo di illustrare la

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relazione tra i prezzi ottimali generabili da tale modello e i prezzi tipo Boiteux-Ram-sey. Studi successivi confermarono questa conclusione di Averch e Johnson e stimo-larono la ricerca di altri metodi di regolamentazione, tra i quali occorre ricordare almeno il c.d. incremental surplus subsidy scheme (ISSS) proposto da Sappington e Sibley (1988) ed la c.d. price-cap regulation 26. Il modello ISSS ricorda in parte il meccanismo à la Finsinger-Vogelsang ed è stato criticato da Sappington sulla base di argomenti analoghi a quelli che vengono in genere avanzati per spiegare il c.d. ratchet effect. Questi temi verranno affrontati nel Capitolo II. Nel contempo pos-siamo già anticipare che Baron e Besanko (1984), Townsend (1979) e altri hanno analizzato forme di regolamentazione consistenti in procedure ottime di controllo ex-post di bilancio, aventi la proprietà di indurre ex-ante comportamenti efficienti. Occorrerà collegare tra loro questi spezzoni di letteratura. In questo capitolo un posto importante lo avevano occupato Löb e Magat (1979) che avevano studiato un mec-canismo avente la proprietà di indurre l’impresa pubblica o privata regolamentata a praticare tariffe ottime anche in assenza di informazione sulla funzione di costo dell’impresa. Sul tema occorrerà ritornare per due principali ragioni. Da un lato per-ché mentre con l’impresa pubblica i consumatori-contribuenti erano i c.d. preten-denti ultimi del profitto dell’impresa, nel modello di Löb e Magat sono le imprese private i pretendenti ultimi del surplus dei consumatori. Da ciò la ragionevole aspet-tativa che esse trovino conveniente per loro stesse praticare prezzi pari ai costi mar-ginali ma anche lo sbilanciamento distributivo che è stato ampiamente discusso. La seconda ragione per ritornare sullo schema di Löb e Magat è data dai vari tentativi di riesumazione della c.d. concorrenza à la Demsetz, avvenuti con la riscoperta negli anni ’60 del secolo scorso del fondamentale lavoro pubblicato nel 1961 da premio Nobel 1996 per l’economia, il canadese William Vickery (1914-1996). Il risultato fondamentale di Vickrey venne snobbato per oltre vent’anni ma venne prontamente “riscoperto” quando ne apparve chiara la possibile utilizzazione nella giustificazione di politiche di privatizzazione e di de-regolamentazione. Tratteremo dell’uso delle aste nella regolazione del monopolio naturale (e non solo) nel Capitolo V.

Lo stacco (apparente) con filoni di letteratura studiati in questo capitolo sarà dato dal riconoscimento della rilevanza di un problema che non poteva figurare tra i ter-mini del dibattito Hotelling-Coase: le imprese (anche pubbliche) seguono, o sono costrette a seguire, politiche di tariffazione correlate a livelli di costo da esse poten-zialmente “manipolabili”. Ciò crea una potenziale differenza tra costi comunicati, direttamente o indirettamente attraverso i prezzi, al governo e costi minimi poten-zialmente conseguibili con maggior impegno gestionale o maggior fortuna. Questi ultimi livelli di costo non sono osservabili da parte del governo ma solo dalle imprese le quali, di conseguenza, possono trovare conveniente non praticare le tariffe minime possibili (correlate ai costi minimi possibili). Piuttosto, i dirigenti delle imprese si

26 Sulla regolamentazione price-cap si veda il fascicolo n. 3 del “Rand Journal of Economics”, 1989, ed i saggi ivi contenuti.

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appropriano della rendita creata rispetto al vero valore dei costi minimi dall’applica-zione di prezzi correlati a livelli “gonfiati” di costo. Nel capitolo ho posto una certa cura nel non indurre confusione tra esistenza di una incertezza generale e comune a tutti sul valore dei e asimmetria informativa sul valore della loro realizzazione. Nel Capitolo II si studierà in che modo la letteratura ha formulato meccanismi regola-mentativi volti ad aggirare (più che a risolvere) il problema posto dagli effetti dell’asimmetria informativa. Infatti, l’elemento comune ai modelli che discuteremo sarà rappresentato dalla ricerca di condizioni che rendano non necessaria né la cono-scenza né l’inferenza dei costi delle imprese. Non essendo quei modelli concepiti in modo da formulare il problema regolamentativo come un problema di controllo ot-timo in presenza di asimmetria informativa (Acton e Vogelsang, 1989: 369, nota 1), i meccanismi descritti optassero pregiudizialmente per schemi regolamentativi non bayesiani, (o anonimi) ovvero non caratterizzati da assegnazione di distribuzione di probabilità agli eventi rilevanti dal punto di vista regolamentativo. Per tale ragione molti dei modelli cui si è fatto precedentemente cenno sono modelli in cui l’ottimiz-zazione è di tipo intertemporale, perché è necessario utilizzare l’aggiustamento nel tempo delle variabili oggetto di massimizzazione al fine di ottenere le soluzioni di equilibrio. In questo caso RoRR, Price Cap e altri meccanismi anonimi possono es-sere trattati congiuntamente non solo per la comune matrice analitica non bayesiana, ma soprattutto per via delle somiglianze reciproche e per la concordanza di alcuni effetti (e discordanza di altri).

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Appendice I. – Miti e Paradossi (come avrebbe detto Einaudi) del Consumer Surplus

NO

1. Il problema della path dependency (in forma grafica)

NO

2. La (non) soluzione di Willig

NO

Appendice II. – Il monopolio Naturale Multi-prodotto

Ricordiamo la nozione: si definisce monopolio naturale un settore avente carat-teristiche tecnologiche tali per cui l’ottimalità nella produzione si consegue quando l’intera offerta di mercato è esercitata da una sola impresa. Nel caso multi-prodotto la condizione di monopolio naturale si verifica quando la funzione di costo è subad-ditiva. Chiamando C(.) la funzione di costo corrispondente alla miglior tecnologia disponibile per produrre N output. Supponiamo che questi output siano raggruppabili in m diversi vettori

1 , , con 1, , , ,i i iNx x x i i m

in ognuno dei quali vi può essere uno o più degli N output. Esiste un monopolio naturale se la funzione di costo è strettamente e globalmente

subadditiva, ovvero se

1 1( ) ( )m mC x x C x C x (1)

per ciascuno degli m vettori di output. In questo caso, produrre

1 11 1, , , ,m m

N Nx x x x

è più “economico” farlo con una sola impresa. Per N = 1, la condizione si riduce a

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1 1( )

m mi ii i

C x C x

In questo caso rientra l’esempio dei rendimenti crescenti con costo fisso e costo marginale costante del testo. Un esempio semplice è la funzione data dalla radice qua-

drata, cosicché, per N = 2, 1 2 1 2x x x x con gli output definiti non negativi.

Esercizio

Sia C = 1+x2.. Il costo medio è AC = (1/x) + x, che ha un minimo quando x* = 1. Se ci fossero due imprese (una fotocopia dell’altra) Riprodurre il grafico del costo medio con una sola impresa e poi con entrambe. Mostrare che quando l’output fosse x = 2 (giusto il doppio dell’ottimo valore per ciascuna) sarebbe più efficiente che ciascuna impresa producesse per proprio conto x* e che i costi sono minori con due imprese separate che con una per ogni valore dell’output maggiore o uguale a quello corrispondente all’intersezione dei due costi medi mentre per valori minori esistono condizioni di subadditività.

Economia di scala nel caso multiprodotto

Per esaminare le economie di scala nel caso multiprodotto definiamo un vettore input/output come segue (con R input)

1 1, , ; , ,R Nl l x x

e prendiamo due scalari w > 1 e δ > 0. Le economie di scala esistono in senso stretto se il vettore

1 1 1, , ; , ,R N Nwl wl v x v x

è un altro vettore input/output effettivamente ottenibile (feasible) e se

per qualsiasi .iv w i In altre parole: riscalare il valore di tutti gli input della misura w comporta un incremento ancora maggiore degli output.

Economia di scopo e di “varietà”

Se nella (1) ogni vettore contiene un solo output positivo e non ci sono coppie di vettori con lo stesso output positivo (ovvero aventi lo stesso valore), allora la (1) definisce le condizioni per le economie di varietà o di diversificazione.

Molte imprese di pubblica utilità presentano economie di varietà (ma anche di scala). L’illustrazione più semplice è data dal grafico seguente con N = 2 (latte, L, e lana, W, come nel celeberrimo esempio di Adamo Smith)

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LLX

W

WA

LA

LB

WB

WX

B

X*

A

Quindi in A la prima impresa produce (LA, WA) e la seconda produce (LB, WB) e

se un’impresa produce (LX, 0) e l’altra produce (0, WX) la somma vettoriale delle due produzioni è il prodotto totale X*. Avremo economia di scopo se

* ( ,0) (0, )X XC X C L C W .

Avremo subadditività in X* se

* ( , ) ( , )A A B BC X C L W C L W (2)

In altre parole, il costo di produrre X* = A + B deve essere minore della somma dei costi quando un’impresa produce A e l’altra B. Poiché il punto X* può essere ottenuto per somma vettoriale di infini vettori L e W, la condizione (2) deve valere per ciascuna di tali possibili somme, ovvero deve valere per qualsiasi A, B la cui somma vettoriale sia X* (fare grafico). Il grafico seguente può aiutare il lettore a farsi un’idea. La funzione di costo rappresentata è

1 1 14 4 4, ( )C L W L W LW .

Come si può verificare

1 14 4,0 0, ,C L C W L W C L W .

Quindi le economie di varietà esistono per ogni valore degli output. Nello stesso tempo

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1 1 14 4 4

1 1 1 1 1 12 4 2 4 2 4

1 1 1 1 1 14 4 4 4 4 4

, ( )

( )

( )

,

C L W L W LW

L W LW

L W LW

C L W

L

C(L, W)

W

da cui si vede che la funzione mostra anche economie di scala per qualsiasi valore degli output. Ogni combinazione (L,W) sul piano orizzontale genera un corrispon-dente punto sulla superficie convessa della funzione di costo cui corrisponde un va-lore del costo della produzione della combinazione inferiore al valore della somma dei costi per le produzioni separate. Per convincersene, completare il grafico. Le combinazioni di output per ogni livello di costo totale hanno la forma delle curve di cui al grafico che segue.

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4.0

3.5

3.0

2.5

2.0

1.5

1.0 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0

Come si intuisce la subadditività è una condizione più restrittiva delle economie

di scopo.

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