Cap1 Lo Strumento Di Assicurazione Dei Depositi
Embed Size (px)
Transcript of Cap1 Lo Strumento Di Assicurazione Dei Depositi

Le caratteristiche intrinseche delle banche – che gestiscono ad un tempo passività a
breve e attività a lungo – creano i presupposti per situazioni di instabilità nel settore
bancario. Infatti, se i depositanti decidessero improvvisamente di ritirare i loro depositi,
innescherebbero una corsa agli sportelli che, propagandosi al resto del sistema, potrebbe
dare origine ad un panico bancario.
La stabilità delle banche è altresì influenzata dallo squilibrio tra scadenze e liquidità
dell’attivo e quelle del passivo.
La letteratura1, sull’argomento, è concorde nell’affermare che le corse ai depositi si
autorealizzano, vale a dire che, nel linguaggio proprio della teoria degli equilibri
multipli, il mutamento delle aspettative dei depositanti si muove da un equilibrio
benigno a uno «maligno» 2.
La teoria e la passata esperienza indicano che un improvviso timore nella solvibilità
della banca porta ad una corsa dei depositanti al ritiro dei propri fondi che può
contagiare anche altre banche e portare attraverso i rapporti interbancari a una crisi per
l’intero sistema. Che il timore d’insolvenza sia giustificato o no, è irrilevante; una volta
che esso si diffonde induce a presentarsi agli sportelli sia i depositanti inconsapevoli sia
quelli che conoscono la vera situazione della banca, ma che temono di non essere pagati
se le richieste dei primi ne esauriscono le disponibilità liquide.
Questa «naturale» instabilità del sistema bancario e la necessità di tutelare i depositanti
contro il rischio di illiquidità delle banche, hanno spinto i regolatori a creare degli
strumenti che prevengano le crisi bancarie.
1 Bryant, “A Model of Reserves, Bank Runs, and Deposit Insurance," Journal of Banking and Finance; Diamond D.W. & H. Dybvig, “Bank Runs, Deposit Insurance and Liquidità”, Journal of Political Economy, Giugno 19832 Sarcinelli M. “La vigilanza sul sistema finanziario: obiettivi, assetti e approcci”, Moneta e Credito, n. 227, 2004, ripubblicato on line “ Moneta e Credito”, nn. 245- 248, pp. 145-190, anno 2009.
1

Poiché qualsiasi transazione finanziaria comporta l’instaurazione di un qualche rapporto
di debito-credito, quest’ultimo sottintende tre elementi, il primo conoscitivo relativo alla
situazione anche prospettica del debitore, un secondo fiduciario circa i comportamenti
del medesimo dopo il ricevimento del prestito e, infine, un terzo temporale circa lo stato
del mondo al momento del rimborso. Se quest’ultimo influisce sulla propensione al
rischio del creditore, i primi due sono causa rispettivamente di selezione avversa e di
azzardo morale, cui si cerca di porre rimedio con la raccolta d’informazioni e col
monitoraggio. Essendo operazioni dagli alti costi e dai risultati non necessariamente
“robusti” sotto il profilo statistico, è possibile ridurre i primi e rendere migliori i secondi
se le norme legali e contabili sono standardizzate e,spesso rese cogenti, nonché se si
dispone di un’adeguata infrastruttura tecnologica3. La leggibilità dei conti e dei
comportamenti di un’impresa quale prenditrice di fondi determina sicuramente la
disponibilità e/o il costo del credito e spesso il segmento del mercato cui è possibile
rivolgersi: i prenditori più trasparenti sono in grado di ottenere fondi dal mercato dei
capitali, quelli dai conti meno chiari devono necessariamente chiedere finanziamenti
alle banche.
Se l’informazione è l’elemento che alimenta la fiducia del banchiere-creditore
nell’impresa debitrice, bisogna tuttavia rilevare che la banca è finanziata, a sua volta,
da una miriade di piccoli depositanti la cui fiducia non è basata sulla raccolta e sulla
valutazione dell’informazione, ma sull’assegnamento, spesso inconsapevole, che si
ripone in entità percepite più come istituzioni stabili che come imprese soggette alle
leggi del mercato e della responsabilità limitata4. Poiché i depositi a domanda
3 Di Giorgio Giorgio & Carmine Di Noia, “L’impatto della tecnologia sulla regolamentazione finanziaria: Il caso italiano”, in Fondazione Rosselli, 6° Rapporto sul sistema finanziario italiano, Firenze, Marzo 20014 Freixas Xavier & Jean Claude Rochet (1997), Microeconomics of Banking, MIT Press, Cambridge, Mass.
2

costituiscono moneta, l’azzardo morale del banchiere può non solo danneggiare i
depositanti inconsapevoli, ma è in grado di influire negativamente, se la banca ha
notevoli dimensioni e/o innesca una reazione a catena nel ritiro dei depositi, sui consumi
e, attraverso il blocco dei crediti, sugli investimenti. Di qui discende l’opportunità di
un’assicurazione dei depositi sino ad un certo limite, introdotta per la prima volta
nell’America del New Deal nel 1933.
L'assicurazione sui depositi costituisce tuttavia lo strumento principale per rimediare a
crisi di solvibilità di singole istituzioni e garantire, individuando modalità preordinate
per gestire gli effetti di una crisi aziendale, il mantenimento di impegni nei confronti dei
depositanti. Ciò dovrebbe far sì che questi mantengano ex ante la fiducia sulla
convertibilità immediata e completa dei depositi nella moneta legale emessa dal paese,
ma al costo di disincentivare forme di disciplina di mercato esercitate dai depositanti
assicurati e di generare negli azionisti di controllo delle banche comportamenti da
azzardo morale, specie in un contesto di maggiore competizione nell’industria
finanziaria. I limiti, quantitativi e per tipologia di depositi, al rimborso, ovvero forme di
coassicurazione, possono mitigare ma non annullare questi effetti distorsivi; inoltre, in
relazione al ruolo delle grandi banche nei sistemi di pagamento all’ingrosso, può
manifestarsi la sindrome del “troppo grande per fallire” (TBTF, dall’espressione in
inglese), con il ricorso a risorse, fornite in ultima istanza dai contribuenti, per estendere
ex-post il rimborso anche a creditori non assicurati5.
5 Una politica di TBTF, che ha cominciato a essere esplicitamente individuata nella letteratura dopo il caso di insolvenza della Continental Illinois nel 1984, contrariamente a quanto suggerirebbe l’espressione, allude non tanto al fatto che l’istituzione non sia lasciata fallire quanto a quello che non siano penalizzati i depositanti non assicurati e gli altri creditori e, a volte, gli stessi azionisti
3

L’assicurazione ha senza dubbio il merito di circoscrivere la gravità di una singola crisi
bancaria rispetto all’intero sistema, ma è anche vero che un sistema di assicurazione dei
depositi porta con sé una serie di problemi.
Le critiche sollevate al meccanismo sono il fatto che questo comporta dei costi perché è
realizzabile solo tassando altri settori dell’economia6, ed inoltre può succedere che sia
applicato anche quando il bisogno di liquidità sia dovuto semplicemente ad una cattiva
gestione della banca7.
In Europa la direttiva 94/19/CE impone agli Stati membri di garantire l'esistenza di
almeno un sistema di garanzia dei depositi (DGS) sul loro territorio ed è riuscita ad
assicurare ai depositanti un livello minimo di protezione in tutta l'Unione europea.
Essa è stata recepita nella legislazione nazionale di tutti gli Stati membri. La direttiva
offre agli Stati membri margini considerevoli per lo sviluppo di sistemi il più possibile
rispondenti alle condizioni prevalenti sul mercato. Nel contempo, le preoccupazioni di
possibili disparità nelle condizioni di concorrenza sono state fugate dall'inclusione di
disposizioni che consentono alle succursali di banche estere di altri Stati membri della
UE di aderire ai DGS del paese ospitante in modo da offrire lo stesso livello di garanzia
delle banche regolamentate del paese ospitante.
Tuttavia la situazione è caratterizzata da:
- sostanziali differenze tra il livello di garanzia offerto ai depositanti (si va dai 14 481
EURO in Lettonia ai 103 291 EURO in Italia);
6 Bazzana F. - Debortoli F., Il rischio sistemico in finanza: una rassegna dei recenti contributi in letteratura, Alea Tech Report n. 17, dicembre 2002, Centro di ricerca sui rischi finanziari, Dipartimento di informatica e studi aziendali, Università di Trento. 7 Freixas X. , Rochet J. C., 1995. "Fair Pricing of Deposit Insurance. Is it Possible? Yes. Is it Desirable? No," Economics Working Papers 130, Department of Economics and Business, Universitat Pompeu Fabra, revised Jun 1995
4

- sostanziali differenze nel modo in cui i sistemi finanziano gli indennizzi ai depositanti.
Vi sono sistemi finanziati ex post, che ricorrono alla raccolta di fondi presso i membri
una volta verificatosi l'inadempimento di una banca, e sistemi finanziati ex ante, che
raccolgono fondi dai membri del sistema tramite il prelievo di contributi;
- esistono altresì differenze significative tra le dimensioni dei sistemi finanziati ex ante.
Si sostiene8 che tali differenze mettano a rischio il funzionamento del sistema su base
transfrontaliera in situazione di crisi, creino distorsioni della concorrenza - a causa
dell'ingiusto vantaggio di cui beneficerebbero le banche operanti in sistemi con costi
inferiori - e costituiscano un ostacolo per le banche che aspirino a consolidare le proprie
operazioni utilizzando lo statuto della società europea.
In Italia operano due sistemi di Assicurazione dei depositi: il Fondo Interbancario di
Tutela dei Depositi (FITD) e, per le banche di credito cooperativo, il Fondo di Garanzia
dei Depositanti del Credito Cooperativo (FGDCC).
Entrambi i Fondi sono consorzi di diritto privato, riconosciuti dalla Banca d'Italia, che
esercita una attività di supervisione. Le banche sono tenute ad aderire a tali sistemi.
In particolare, al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) aderiscono
obbligatoriamente tutte le banche italiane (escluse le banche di credito cooperativo),
nonché le banche extracomunitarie che non aderiscano a sistemi di garanzia equivalenti.
Possono aderire le succursali di banche comunitarie per completare la protezione offerta
dai propri sistemi di garanzia fino al livello di tutela del FITD (topping up).
Entrambi i Fondi intervengono, previa autorizzazione della Banca d'Italia, nei casi di
crisi delle banche (liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria).
8 COM(2006) 729 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sul riesame della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi;
5

Il Testo Unico Bancario prevede che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi
(FITD) e il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo (FGDCC)
proteggano i depositi fino a euro 103.291,389, per depositante; pertanto il limite si
calcola con riferimento alla somma dei depositi e dei fondi che uno stesso cliente
detiene presso la banca e non ai singoli conti o rapporti. Il predetto limite massimo di
rimborso, nel caso di rapporti congiunti, si applica con riferimento a ciascuno degli
intestatari e i conti si presumono ripartiti in eguale proporzione tra i medesimi.
Esempio – tratto dal sito della Banca d’Italia10
Nel caso di un cliente A - titolare di un deposito di euro 70.000 a sé intestato e di un
deposito di euro 150.000 intestato congiuntamente a sè e al cliente B - il cliente A
detiene la somma complessiva di euro 70.000 + ½ di 150.000 = euro 145.000, mentre il
cliente B detiene la somma di euro 75.000 (1/2 di 150.000).
In tal caso, i Fondi rimborseranno al cliente A euro 103.291 (limite massimo) e al
cliente B euro 75.000.
Il FITD garantisce i depositanti delle banche italiane e delle loro succursali straniere nei
Paesi membri dell’UE; l’opzione della garanzia integrativa (topping up) è applicabile
9 Sono escluse dalla protezione alcune fattispecie come: i depositi al portatore; le obbligazioni e i crediti derivanti da accettazioni, pagherò cambiari e operazioni in titoli; il capitale sociale, le riserve e gli altri elementi patrimoniali della banca; i depositi riconducibili ad operazioni per le quali sia intervenuta una condanna per i reati di riciclaggio e di impiego di denaro di provenienza illecita; i depositi delle amministrazioni dello Stato, degli enti regionali, provinciali, comunali e degli altri enti pubblici territoriali; i depositi interbancari in nome e per conto proprio, nonché i crediti delle stesse; i depositi di alcuni soggetti tra i quali le compagnie di assicurazione, gli organismi di investimento collettivo del risparmio; altre società dello stesso gruppo bancario; i depositi dei componenti gli organi sociali e dell'alta direzione della banca o della capogruppo del gruppo bancario; i depositi dei soci che detengano almeno il 5% del capitale sociale della consorziata; i depositi per i quali il depositante ha ottenuto dalla consorziata, a titolo individuale, tassi e condizioni che hanno concorso a deteriorare la situazione finanziaria della consorziata stessa, in base a quanto accertato dai commissari liquidatori. Sono inoltre esclusi i titoli obbligazionari, i quali sono invece garantiti dal FGDCC.10 http://www.bancaditalia.it/servizi_pubbl/conoscere/sistemi_garanzia/limite_garanzia , aggiornato al 04.10.2010
6

alle succursali in Italia di banche comunitarie, mentre le succursali di banche
extracomunitarie autorizzate in Italia hanno l’obbligo di aderire a uno schema italiano,
salvo che non partecipino a un sistema equivalente nel paese di provenienza.
Per quanto riguarda le modalità di finanziamento, i sistemi di assicurazione dei depositi
sono consorzi di diritto privato alimentati con premi versati ex post e commisurati alla
dimensione dei depositi assicurati, in particolare al peso relativo di ciascuna banca
aderente rispetto ai depositi rimborsabili. Le contribuzioni al FITD sono definite in
funzione del profilo di rischio del singolo aderente, essendo quest’ultimo calcolato sulla
base dei cosiddetti indicatori dei profili gestionali.
Riguardo al FITD, cui si riferimento per le dimensioni di intervento rispetto al
FGDCC11, un primo profilo di criticità concerne le modalità di finanziamento12.
L’alimentazione del FITD non viene effettuata tramite contribuzioni periodiche, bensì
solo attraverso contribuzioni in caso di intervento a favore di una banca consorziata.
Tale modalità, tuttavia, può risultare inefficace ai fini della prevenzione di crisi di
fiducia nella rete di sicurezza finanziaria13: meglio sarebbe prevedere il versamento di
premi periodici secondo un regime di prefinanziamento. Per incoraggiare il passaggio a
quest’ultimo regime sarebbe tuttavia importante consentire la deducibilità fiscale delle
contribuzioni (così come accade, peraltro, in molti paesi comunitari). Si potrebbe
prevedere inoltre l’investimento delle risorse raccolte dal FITD in titoli di Stato, che
all’occorrenza potrebbero essere scontati presso la Banca d’Italia. Qualora il rapporto
predefinito tra risorse del Fondo e depositi assicurati fosse superato, in seguito
11 Lanciano N., L’assicurazione dei depositi tra teoria economica e crisi finanziaria. Riflessioni su alcune ipotesi di riforma, Rivista Bancaria – Minerva Bancaria n.4/2009;12 il FGDCC, pur avendo un numero di aderenti significativamente più elevato, garantisce un ammontare di depositi di gran lunga inferiore a quello riferibile al FITD, a seguito delle ridotte dimensioni delle banche cooperative. 13 Lanciano N., op. cit.
7

all’assenza prolungata di interventi di rimborso, le contribuzioni potrebbero essere
opportunamente e temporaneamente ridotte.
Il secondo profilo meritevole di riflessione riguarda l’ammontare delle risorse che le
consorziate si impegnano a somministrare annualmente al FITD. In particolare, tale
ammontare è stabilito dall’assemblea del FITD in misura compresa fra lo 0,4 e lo 0,8%
dei fondi rimborsabili di tutte le banche aderenti alla data del 30 giugno dell’anno
precedente14. Ciò è in linea con le raccomandazioni del FMI, secondo il quale le
contribuzioni annuali non dovrebbero eccedere l’% dei depositi15, e con i valori rilevati
con riferimento al rapporto tra le contribuzioni e i depositi rimborsabili per i sistemi di
assicurazione dei depositi dei paesi dell’area UE per il periodo 2005-200616.
Sembrerebbe, dunque, che il FITD sia potenzialmente in grado di far fronte al dissesto
delle banche consorziate, così come emerge anche da uno studio condotto dalla
Commissione Europea in materia di solidità finanziaria dei sistemi di assicurazione dei
depositi17; non si può non osservare, tuttavia, che data l’impossibilità del FITD di
attingere a risorse esterne (né da altre istituzioni, né dal mercato) è fondata l’aspettativa
di un intervento statale nell’eventualità di una crisi sistemica. È quanto è accaduto, ad
esempio, nell’ottobre 2008, quando il governo italiano ha approvato alcuni piani di
14 Qualora, per effetto degli interventi, l’ammontare delle risorse risulti inferiore allo 0,4%, il ripristino della percentuale minima deve essere effettuato nel termine di quattro anni.15 Livelli di contribuzione superiori si tradurrebbero in un onere eccessivo per il sistema bancario. Sul piano teorico, il fondo di garanzia dovrebbe essere alimentato con versamenti corrispondenti agli esborsi che potrebbero essere necessari nel caso di interventi “ordinari”. Nella prassi, le contribuzioni complessive vengono calcolate in percentuale dei depositi assicurati nell’eventualità che il fondo debba affrontare il dissesto di un certo numero di banche di piccole dimensioni (o di un equivalente numero di istituzioni di media grande dimensione; Garcia, Gillian. 2000. Deposit Insurance and Crisis Management. Working Paper. International Monetary Fund.).16 Si veda European Commission and Ispra (2008). Il campione include i seguenti paesi: Belgio, Bulgaria, Estonia, Grecia, Spagna, Finlandia Francia, Latvia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia.17 Si veda, in particolare, l’indicatore di solidità utilizzato in European Commission and Ispra (2008), p. 26. Tale indicatore stima la percentuale delle banche aderenti al sistema di garanzia che potrebbero essere coperte in un unico intervento. Per quanto riguarda l’Italia (ossia con riferimento ad entrambi gli schemi operativi), nel 2006 circa il 10% delle banche risultava avere depositi assicurati in eccesso rispetto alle risorse dei fondi.
8

stabilizzazione e sostegno prevedendo, tra le altre cose, la concessione di una garanzia
pubblica per i depositanti (che integra quella fornita dai due fondi privati) per 36 mesi18.
Le modalità di calcolo delle contribuzioni individuano un ulteriore aspetto meritevole di
attenzione. Il FITD definisce le contribuzioni in funzione di indicatori relativi a tre
profili gestionali concernenti rispettivamente il rischio di credito, il grado di
patrimonializzazione e indicatori di redditività ed efficienza19. Tali indicatori sono
aggregati in un indice sintetico, in funzione del quale le banche vengono assegnate a
una delle sei classi nelle quali vengono distribuiti gli aderenti (la peggiore delle quali
contempla l’esclusione dal Fondo con l’assenso di Banca d’Italia). Se adeguatamente
definite, le contribuzioni risk-based costituiscono un deterrente all’eccessiva assunzione
di rischio da parte delle banche aderenti. Uno studio recente, tuttavia, solleva dubbi
circa le modalità di calcolo delle contribuzioni, risultando queste ultime correttamente
commisurate al livello di rischio complessivo del sistema bancario italiano ma non
opportunamente distribuite tra gli aderenti20.
L’ultimo punto riguarda la copertura della garanzia e i termini di rimborso.
Il FITD interviene nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle banche
consorziate autorizzate in Italia e, per le succursali di banche comunitarie consorziate
operanti in Italia, nei casi in cui sia intervenuto il sistema di garanzia dello Stato di
appartenenza, nonché nei casi di amministrazione straordinaria delle banche consorziate
autorizzate in Italia. Il rimborso dei depositanti è solo una delle tre tipologie di
18 Il 9 ottobre 2008 il Governo Italiano ha varato il decreto legge n.155 contenente "misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali" (pubblicato sulla G.U. del 9 ottobre 2008, n. 237). In particolare, ad integrazione e in aggiunta agli interventi dei citati sistemi di garanzia della clientela bancaria, il decreto legge autorizza il Ministero dell'Economia e delle Finanze a garantire i depositanti delle banche italiane per un periodo di 36 mesi dal 9.10.2008.19 FITD, 2009.20MACARIO F.-LOBUONO M., Le modificazioni del patrimonio del debitore fra scenari normativi e autonomia privata, in Riv. dir. priv., 3, 2004, 513
9

interventi possibili: in particolare, il FITD rimborsa il singolo depositante fino a un
massimo di 103.291,38 euro21. Fino a un massimo di 20.000 euro, i depositi sono
rimborsati entro 3 mesi dalla data del provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa (questo termine, tuttavia, può essere prorogato dalla Banca d’Italia, in
circostanze eccezionali o in casi speciali, per un periodo complessivo non superiore a
nove mesi). Il rimborso dell’ammontare residuo dipende dai riparti erogati e dai tempi
della liquidazione: esso può comportare, dunque, tempi di attesa significativi; ciò può
avere effetti pregiudizievoli sulla fiducia riposta dai risparmiatori nella garanzia fornita
dal FITD.
Negli Stati Uniti (USA) opera, invece, la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC)
21 Il FITD, in alternativa al rimborso dei depositanti, ove sia prevedibile un minor onere, può intervenire in operazioni di cessioni di attività e passività, di azienda, di rami di azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Il terzo tipo di intervento, infine, concerne il sostegno della consorziata in amministrazione straordinaria quando vi siano prospettive di risanamento e ove sia prevedibile un minor onere rispetto a quello riveniente dall’intervento in caso di liquidazione. In particolare, gli interventi possono consistere in finanziamenti, garanzie, assunzioni di partecipazioni e altre forme tecniche. Qualora l’intervento assuma la forma di partecipazione al capitale, la detenzione della partecipazione è limitata al tempo occorrente per procedere al suo smobilizzo
10

che ha origine pubblica essendo stata istituita dal Banking Act del 193322, al culmine
della grande depressione, al fine di ripristinare la fiducia nel sistema bancario, di
proteggere i depositanti e promuovere la sicurezza e la solidità dei servizi bancari.
Già prima di tale data 14 stati avevano istituito dei propri sistemi di garanzia rivelatisi
però fallimentari nella quasi totalità dei casi.
L’assicurazione dei depositi bancari è obbligatoria solo per le banche federali e per le
banche statali che partecipano al Federal Reserve System (FRS). Anche le banche
statali che non fanno parte del FRS hanno tuttavia quasi tutte assicurato i propri
depositi23. I depositi detenuti presso le commercial banks e le savings institutions sono
assicurati presso la FDIC, mentre quelli detenuti dalle credit unions sono assicurati
attraverso la National Credit Union Administration, un’agenzia federale che si occupa
della vigilanza sulle credit unions federali.
La quota contributiva di ciascuna banca è, anche in questo caso, calcolata in base alla
“virtuosità” della stessa.
La gestione è demandata ad un comitato di direzione composto da un Chairman, da un
Vice Chairman, da un Appointive Director, dal Comptroller dell’Offfice of the
Comptroller of the Currency (OCC), e dal Director dell’Office of Thrift Supervision.
Il Chairman, il Vice Chairman e il Director sono nominati dal Presidente degli Stati
Uniti e confermati in questo ruolo dal Senato per un termine di sei anni.
La Federal Deposit Insurance Corporation pertanto, accanto alla funzione primaria di
garantire i depositi delle banche commerciali e delle savings institutions, esercita la
22 Bagella M. , "Il sistema finanziario internazionale", Giappichelli, 200723 Boccuzzi, “I rapporti tra sistemi di garanzia dei depositanti e autorità di vigilanza nell’esperienza italiana e internazionale”, FITD Work paper n° 9, 2005
11

vigilanza in qualità di primary regulator sulle banche commerciali state-chartered che
non aderiscono al sistema federale e che sono assicurate presso di essa.
La FDIC vigila, inoltre, sulle filiali e agenzie statunitensi di banche federali estere ad
essa aderenti; può inoltre esercitare la vigilanza su altre banche associate, in virtù di
accordi con i loro primary regulators.
L’intensa attività di vigilanza è svolta sia on-site (cioè presso le singole banche
controllate), sia off-site. In particolare è previsto anche un meccanismo sanzionatorio
per le istituzioni che vertano in situazioni poco soddisfacenti dal punto di vista
gestionale/patrimoniale. Il limite massimo di rimborso è pari a 250 mila statunitensi 24)
e riguarda le categorie classiche di depositi nonché quelli relativi a piani pensionistici.
Per quanto riguarda, infine, i metodi di intervento in caso di necessità, la FDIC ha a
disposizione diverse opzioni:
- rimborsare i depositanti;
- cedere attività e passività della banca insolvente ad altre banche;
- costituzione di una bridge-bank che vada a sostituire la banca insolvente;
- sostegno alla banca insolvente.
Sono assicurate tutte le tradizionali categorie di deposito (a vista, in conto corrente, a
risparmio, a tempo..), nonché gli intestatari di conti accesi nell’ambito di piani di
carattere pensionistico. Non sono tuttavia protetti i depositanti di succursali di banche
estere né i depositanti di succursali all’estero di banche americane.
Sono escluse dalla protezione le seguenti fattispecie:
a) i depositi accesi per l’acquisto di titoli di Stato;
b) i depositi accesi per l’acquisto di fondi comuni;
24 A marzo del 2009 il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha innalzato, fino al 31 dicembre 2013, il precedente limite di 100.000 dollari
12

c) i depositi accesi per l’acquisto di azioni, di obbligazioni e di altri prodotti di
investimento;
d) i depositi accesi per la sottoscrizione di contratti di investimento bancari;
e) i depositi di istituzioni finanziarie;
f) i depositi di imprese di assicurazione;
g) i depositi di imprese di investimento collettivo;
h) i depositi di altre istituzioni creditizie.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza spettante per legge alla FDIC, i compiti ispettivi, di
pertinenza degli uffici periferici con il supporto amministrativo della divisione centrale,
rivestono un ruolo di assoluto rilievo. Tale attività è suddivisibile in due tipologie:
a) on site examinations: si tratta di ispezioni sul campo, durante le quali i funzionari dei
diversi organi di vigilanza si recano presso le singole banche controllate;
b) off site examinations: si tratta del processo continuo di monitoraggio delle istituzioni
controllate, basato sull’esame dei rapporti periodici che queste sono obbligate a
trasmettere trimestralmente.
Con riguardo al livello di capitalizzazione le banche vengono suddivise in cinque
categorie25 (Ben capitalizzate, Adeguatamente capitalizzate, Sottocapitalizzate,
Significativamente sottocapitalizzate, Criticamente sottocapitalizzate) sulla base dei
criteri riportati nella tavola successiva.
25 F. Pistelli, I Sistemi Nazionali di Assicurazione dei depositi, Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi Roma 1999, consultabile all’indirizzo http://www.fitd.it/attivita/pubblicazioni/monografie/surassdep.pdf
13

In terzo luogo, essa svolge il ruolo di receiver e di liquidator delle failed banks. In tali
casi, la decisione di far cessare l’attività di una banca revocando la licenza spetta al
primary regulator, il quale invita la FDIC ad effettuare le conseguenti attività operative.
Nel disbrigo di tali attività la Federation ha poteri molto ampi, in quanto può decidere in
assoluta autonomia le modalità più appropriate per la cessazione della banca, ivi
comprese la fusione con altra banca aderente al sistema o la creazione di una nuova in
funzione di bridge bank. Nei confronti delle banche in crisi essa può intervenire con
modalità alternative rispetto al rimborso dei depositi, nel rispetto del least cost criterion
previsto dal proprio statuto.
Infine, esercita le azioni legali nei confronti degli esponenti bancari.
Nel 1989 il Financial Institutions Reform, Recovery, and Enforcement Act –
FIRREA riforma, ricapitalizza e consolida il sistema federale di assicurazione dei
depositi, dopo il fallimento delle Savings and Loans. Tale atto ha creato nel frattempo il
Bank Insurance Fund (BIF), il Savings Association Insurance Fund (SAIF) e il Federal
Savings and Loan Insurance Corporation (FSLIC) Resolution Fund (FRF).
Questi tre Fondi, pur essendo tutti amministrati dalla FDIC, mantengono la loro
individualità, avendo scopi differenti: il BIF e il SAIF sono, infatti, destinati alla
protezione dei depositanti rispettivamente delle operating banks e delle Thrift
Institutions; il FRF è destinato alla gestione di tutte le attività e le passività delle thrift
institutions fallite prima del 1 gennaio 1989 e in precedenza gestite dalla FSLIC che, dal
9 agosto 1989, ha cessato le sue attività per volontà del Congresso americano.
Nel 1991 il Deposit Insurance Corporation Improvement Act – FDICIA, prevedendo
nuove regole di vigilanza e di gestione del fondo di assicurazione dei depositi ha
decretato a) la suddivisione delle banche in differenti fasce di rischiosità con la
14

previsione per le autorità di vigilanza di adottare iniziative obbligatorie o, in alcuni casi
discrezionali, volte a ridurre la rischiosità delle banche (prompt correction action); b) la
determinazione di un premio di assicurazione diversificato tra le banche; c) la riduzione
del grado di discrezionalità degli organismi di vigilanza e della banca centrale nel caso
di crisi finanziarie con l’introduzione del criterio del minor onere per il Fondo.
Come stabilito dal FIRREA del 1989, la FDIC amministra tre Fondi (BIF, SAIF, FRF),
i quali mantengono una propria identità e sono alimentati dal ricorso alle seguenti forme
di finanziamento:
a) versamento dei premi degli enti aderenti;
b) proventi derivanti dalla disponibilità e dalla gestione delle attività acquistate dalle
istituzioni fallite;
c) interessi maturati dall’investimento di una parte delle risorse disponibili in titoli di
stato;
d) eventuali prestiti richiesti, in caso di necessità, al Tesoro e al Federal Financing Bank
(FFB), fino all’ammontare massimo di 30 miliardi di dollari, il cui utilizzo è limitato a
15 anni.
Con la riforma del meccanismo di contribuzione, introdotto con il FIDCIA del 1991, il
livello dei premi corrisposti è commisurato al rischio specifico del singolo istituto. Ogni
ente, infatti, è tenuto a pagare un premio alla Federal Deposit Insurance Corporation il
cui ammontare (p) è dato da:
p = k*d
dove d è il livello dei depositi acquisiti da ciascuna banca sul mercato interno (domestic
deposit) e k è il coefficiente di contribuzione, calcolato semestralmente sulla base del
capitale della banca e delle valutazioni che di essa fanno gli organismi di vigilanza.
15

A tal proposito la FDIC classifica le banche in tre categorie: banche ben capitalizzate,
adeguatamente capitalizzate e sottocapitalizzate. Entro ciascuno dei tre raggruppamenti
sono individuati tre sottogruppi, corrispondenti ad altrettanti classi di rating assegnato
dalle autorità di vigilanza sulla base dell’applicazione del CAMELS (Capital adequacy,
Asset quality, Management quality, Earnings potential, Liquidity, market sensitivity).
Una volta verificatasi una situazione di insolvenza di un ente aderente la FDIC ha a
disposizione diverse modalità alternative di gestione della crisi, la cui scelta deve
comportare per il sistema il minor onere, tenendo tuttavia in adeguata considerazione i
seguenti aspetti:
1. la tutela della fiducia del pubblico nei confronti del sistema bancario;
2. la disciplina del mercato;
3. l’equità di trattamento dei depositanti non assicurati e degli altri creditori.
Le alternative a disposizione del sistema sono:
il rimborso diretto dei depositanti (Straight Deposit Pay-Off - SDPO) o il trasferimento
dei depositi assicurati ad altra banca (Insured Deposit Transfer - IDT);
b) l’intervento per favorire la cessione delle attività e passività della banca insolvente ad
altra banca interessata ad acquisirla (Purchase & Assumption - P&A);
c) la chiusura della banca insolvente e costituzione al suo posto di una “bridge bank”,
gestita, sotto la supervisione della FDIC, dal management esistente o da nuovi dirigenti
nominati dallo stesso ente di assicurazione.
d) l’intervento di sostegno al fine del risanamento della banca e di una sua eventuale
cessione (Open Bank Assistance - OBA);
e) altre forme di intervento.
a) deposit Pay-Off – SDPO e insured Deposit Transfer – IDT
16

Il rimborso dei depositanti (Deposit Pay-Off) costituisce senza dubbio la modalità di
intervento estrema che si verifica qualora non sia percorribile alcuna strada alternativa,
meno onerosa per il sistema. Dal 1980 al 1994, su un totale di 1.617 interventi, 296
sono stati di rimborso dei depositanti.
In questa situazione la FDIC svolge due ruoli: come sistema di garanzia provvede a
rimborsare i depositanti assicurati; come liquidatore (receiver) aliena le attività delle
banca in crisi e rimborsa pro-quota gli altri creditori.
Esistono due forme alternative di deposit pay-off:
• rimborso diretto dei depositanti (Straight Deposit Pay-Off);
• trasferimento dei depositi assicurati ad altra banca (Insured Deposit Transfer - IDT).
Il rimborso diretto dei depositanti rappresenta la forma più costosa di intervento sia per
il sistema di tutela, il quale, oltre a sopportare i costi della liquidazione dell’attivo, deve
anche provvedere al rimborso dei depositanti, che per gli stessi depositanti, i quali
devono cercare una nuova banca ove aprire un conto. Per tale motivo a questa soluzione
si ricorre, principalmente, nel caso di crisi di banche di modeste dimensioni.
Una forma alternativa al rimborso diretto dei depositanti, introdotta nel 1983, è
rappresentata dal trasferimento dei depositi assicurati ad altra istituzione, attraverso il
quale il sistema di tutela evita di pagare direttamente i depositanti e questi ultimi non
vedono interrotti i propri rapporti bancari.
L’istituzione che acquisisce i depositi protetti ottiene un vantaggio da questa soluzione
derivante dall’ammontare aggiuntivo di fondi che potrà impiegare (franchise-value). Per
questa ragione essa paga un premio alla FDIC corrispondente al valore del diritto legato
alla disponibilità dei fondi.
17

L’esborso da parte della FDIC è pertanto pari all’ammontare dei depositi assicurati
(trasferiti) al netto del “franchise-value”.
b) purchase & assumption
La cessione delle attività e passività di un ente aderente in crisi (P&A) ad altro istituto
rappresenta la modalità di intervento maggiormente seguita.
La cessione delle attività e passività rappresenta la soluzione che offre il maggior grado
di tutela per i depositanti, siano essi assicurati o no. Con questa procedura il Fondo
rileva interamente l’ente insolvente, e quindi anche le passività non assicurate, per poi
rivenderla ad un altro istituto capace di offrire garanzie di un adeguato processo di
risanamento. Tale pratica offre una copertura totale ai creditori della banca insolvente, e
contemporaneamente garantisce la continuità dei servizi offerti da quest’ultima.
Al fine di rendere più flessibile e “attraente” l’operazione di P&A e avere un sufficiente
numero di acquirenti, massimizzando in tal modo il prezzo di cessione, la FDIC prevede
diverse forme di cessione di attività e passività:
• standard (Basic P&A): prevede la cessione delle attività liquide, o equivalenti a queste
come i titoli, e dei soli depositi assicurati. I locali della banca vengono offerti su una
base opzionale e il prezzo di cessione viene determinato in base a una perizia effettuata
successivamente alla chiusura. Generalmente questa tecnica viene adottata quando non
c’è abbastanza tempo per effettuare una “due diligence” delle attività della banca;
• con acquisto di impieghi (Loan Purchase): oltre alla cassa e alle attività liquide viene
ceduta una parte del portafoglio crediti della banca, quelli più facilmente trasferibili alla
banca subentrante. Con questa modalità si riesce a trasferire una quota compresa tra il
10 e il 25 % delle attività della banca;
• modificata (Modified P&A): viene prevista anche la cessione di una parte dei mutui
18

(mortage loans), oltre alle attività cedute con il Loan Purchase. In questo modo si riesce
a raggiungere una percentuale di attività cedute pari al 50%;
• con Opzione Put: si concede alla cessionaria un’opzione put (di vendita) sulle attività
trasferite. Sulla base di essa la banca acquirente ha un periodo di tempo (tra 30 e 90
giorni) per restituire gli asset acquisiti alla liquidazione (opzione A) oppure per
selezionare tra le attività quelle preferite (opzione B). Poiché questo forma di cessione
presenta il rischio di portare a diminuzione del valore delle attività, essa è stata
abbandonata;
• con raggruppamenti di attività (P&A with Asset Pools): con questa modalità le diverse
componenti del portafoglio crediti vengono raggruppate in categorie omogenee e offerte
separatamente rispetto ai depositi. Vengono inoltre raggruppati anche i crediti “non
performing” i quali vengono offerti per l’acquisto. Le banche interessate possono
presentare delle offerte separate per i diversi “pool” e per il “franchise value” dei
depositi;
• cessione completa della attività e passività (Whole Bank P&A): con questa modalità si
richiede ai potenziali acquirenti di presentare offerte per acquisire tutte le attività della
banca, così come sono (“as is”), a un prezzo “scontato” rispetto al book-value e senza la
previsione di ulteriori garanzie da parte della FDIC. E’ evidente che questa rappresenta
una forma di cessione assai conveniente dal momento che i rapporti con la clientela non
vengono interrotti, la FDIC minimizza l’esborso di cassa non ha ulteriori obbligazioni
nei confronti dell’acquirente, infine le attività in capo alla liquidazione sono ridotte. Va
da sé, tuttavia, che questo tipo di cessione non risulta di facile attuazione il che può
portare a un numero di offerenti non sufficientemente elevato per giungere a un prezzo
di cessione economicamente conveniente;
19

• con condivisione delle perdite (Loss Sharing P&A): in questo caso le attività della
banca vengono cedute al “book-value”, e la FDIC condivide con l’acquirente una parte
delle perdite che dovessero sorgere in futuro. Con questa modalità si riescono a cedere
anche portafogli crediti di grandi dimensioni. Solitamente la FDIC si fa carico dell’80%
delle perdite future e riceve l’80% dei recuperi su crediti che precedentemente erano
stati portati a perdita. L’accordo di condivisone delle perdite tra FDIC e banca
acquirente può variare da due a cinque anni. E’ prevista, inoltre, la copertura delle
perdite su crediti eccedenti quelle stimate dalla FDIC: in questo caso la FDIC si fa
carico del 95% delle perdite (anziché l’80).
Il problema di tale tipo di cessione è che essa comporta dei notevoli costi amministrativi
per il tutto il periodo di condivisione;
Potrebbe infatti capitare che l’acquirente acquisisca le attività, le tenga in portafoglio, se
ne disinteressi per tutto il periodo di put e poi le restituisca alla liquidazione. Ciò può
avere un effetto negativo sul loro valore in quanto si accresce il “liquidation
differential”.
c) Bridge Bank
Con questa soluzione, che rappresenta una particolare forma di P&A, la banca
insolvente viene chiusa e le sue attività e passività passano alla Bridge Bank. Questa è
una banca a operatività piena autorizzata dall’Office of the Comptroller of the Currency
(OCC) e controllata dalla FDIC, le cui finalità sono di non interrompere le relazioni con
la clientela e creare l’opportunità di cedere in modo definitivo le attività e le passività a
una terza istituzione. La Bridge Bank, la cui operatività è comunque temporanea, viene
solitamente attuata per la soluzione di crisi di notevole complessità, in cui è necessario
un certo periodo di tempo per valutare le attività della banca e trovare acquirenti.
20

d) Open Bank Assistance
Con questa soluzione si preferisce non giungere alla chiusura della banca insolvente a
causa degli effetti destabilizzanti che la sua chiusura potrebbe avere sull’intero sistema
creditizio. L’Open Bank Assistance (OBA) si sostanzia in una serie di provvedimenti di
assistenza finanziaria verso l’istituzione in crisi con i quali si tenta di favorire una
eventuale acquisizione da parte di un’altra banca. Tali misure possono assumere la
forma di erogazione di prestiti, assunzione di partecipazioni, acquisto di assets e
concessione di garanzie.
e) altre forme di intervento
In aggiunta ai metodi classici di intervento la FDIC ha adottato altre forme di soluzione
delle crisi bancarie. Queste, note come “Forbearance Programs”, sono tutte indirizzate
al salvataggio dell’istituzione in crisi e vennero adottate per lo più negli anni ’80 per far
fronte alle difficoltà delle Saving & Loans.
Tali programmi si sostanziavano in diverse forme di assistenza:
1. Net Worth Certificate (NWC) Program: constano di un’immissione di capitale verso
l’istituzione in difficoltà. Il NWC emesso dalla banca viene acquistato dalla FDIC
attraverso l’emissione di un pagherò cambiario avente le stesse condizioni del NWC. In
questo modo non si hanno movimenti di cassa. Il NWC viene considerato patrimonio a
fini di vigilanza e dovrebbe costituire una misura temporanea che la banca sostituisce
nel momento in cui torna a livelli di redditività positivi;
2. Income Mantainance Agreements: misure volte a favorire la fusione (o
l’acquisizione) della banca in difficoltà con altra entità bancaria sana. Al fine di favorire
detta operazione la FDIC garantisce un certo rendimento minimo agli asset acquisiti. In
pratica viene pagata la differenza tra il rendimento delle attività acquisite e il costo della
21

provvista della banca ceduta più uno spread che va a compensare i costi amministrativi
e di struttura;
3. Capital Forbearance Program: attraverso questo programma si permise alle
istituzioni “ben gestite”, ritenute economicamente solide e con una concentrazione dei
crediti nel settore agricolo ed energetico superiore al 25%, di possedere un coefficiente
patrimoniale al di sotto di quello minimo richiesto a fini di vigilanza;
4. Loan Loss Amortization Program: si consentì alle banche con almeno 100 milioni di
dollari di attività e con una percentuale di crediti nel settore agricolo di almeno il 25%,
di ammortizzare le perdite su crediti nel settore agricolo in un periodo di sette anni.
Queste due ultime misure vennero intraprese per far fronte alla crisi che colpì il settore
agricolo negli anni ’80.
22