Cap1 formazione in_aula

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Il primo capitolo del mio ebook "Formazione in aula" www.brunoeditore.com

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook

LUCIA ROSATI

Capitolo 1 estratto da:

FORMAZIONE IN AULA

Come Progettare Lezioni e Corsi

nell’Insegnamento agli Adulti

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Titolo

“FORMAZIONE IN AULA”

Autore

Lucia Rosati

Editore

Bruno Editore

Sito internet

www.brunoeditore.it

ATTENZIONE: questo ebook contiene i dati criptati al finedi un riconoscimento in caso di pirateria. Tutti i diritti sonoriservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro puòessere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scrittadell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato

trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, néper denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto dianni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento deimedesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume pienaresponsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasiforma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo e non sostituiscealcun tipo di trattamento medico o psicologico. Se sospetti o sei a conoscenza diavere dei problemi o disturbi fisici o psicologici dovrai affidarti a un appropriatotrattamento medico.

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Sommario

Introduzione

Capitolo 1: Capire come e perché apprendiamo

Capitolo 2: Capire perché è necessaria la formazione

Capitolo 3: Come progettare la formazione

Capitolo 4: Come progettare la lezione in aula

Capitolo 5: Come comunicare in aula

Capitolo 6: Come creare un clima positivo in aula

Capitolo 7: Come riepilogare e sintetizzare

Conclusione

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Introduzione

Mi occupo di formazione ormai da diversi anni, dedicandomi sia

alle fasi di progettazione e gestione dei processi formativi, sia alla

realizzazione di materiali didattici, sia alle docenze, in aula e a

distanza. Gran parte della mia attività consiste, infatti, nelle

docenze di informatica in corsi di formazione per adulti.

Fin dalla prima ora di lezione ho avvertito distintamente due cose:

che avrei amato profondamente questo lavoro e che, nonostante

gli studi fatti, avrei dovuto lavorare molto per apprendere le

tecniche e i segreti del mestiere, per rendere efficaci le mie lezioni

e per riuscire a generare, nei miei allievi, un vero apprendimento.

Inoltre, mi è parso abbastanza chiaro che se volevo fare in modo

che i miei allievi imparassero davvero qualcosa, non dovevo

concentrarmi solo sui contenuti delle mie lezioni, ovviamente

comunque imprescindibili, ma rivolgere la mia attenzione anche

alla relazione, alle strategie comunicative, agli strumenti ecc.

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Da studente, anche in età adulta, ho seguito decine di lezioni

tenute da grandi esperti, la maggior parte dei quali estremamente

preparati sulla materia e molto competenti, ma assolutamente

inadatti a insegnare. Aule fredde, apatiche, lezioni noiosissime.

Autentiche grandi possibilità sprecate.

Nel tempo, continuando a insegnare e contemporaneamente

studiando ed esplorando nuove tecniche e strategie, ho

progressivamente imparato a progettare e gestire sia un percorso

di formazione sia una lezione in aula. Soprattutto l’esperienza in

aula è una grande opportunità, sia per i discenti sia per i docenti.

Opportunità di apprendere, e di migliorare così le proprie

conoscenze e competenze, ma anche opportunità di crescita

reciproca e di scambio.

Personalmente ritengo, infatti, che al di là dello specifico

disciplinare che insegniamo, in ogni momento presentiamo noi

stessi, con il nostro bagaglio di conoscenze, competenze ed

esperienze. Dobbiamo credere in quello che facciamo, diciamo e

siamo, perché, più del contenuto specifico, trasmettiamo noi

stessi.

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Se non crediamo in noi stessi e in quello che vogliamo insegnare

la lezione inevitabilmente fallirà e il nostro senso di

inadeguatezza o di demotivazione passerà immediatamente agli

allievi, compromettendo irrimediabilmente il processo di

apprendimento.

Analogamente, in ogni ora di lezione, siamo chiamati a

incontrare, conoscere, guidare altri individui, ognuno con il

proprio vissuto e con le proprie conoscenze pregresse. È

nell’incontro autentico tra il docente e i discenti, nell’accettazione

positiva dell’altro che si realizza il primo passo del processo di

apprendimento.

Queste pagine sono il frutto delle mie esperienze e delle mie

ricerche, nascono dalla volontà di tradurre e sistematizzare anni di

intuizioni e di esplorazioni metodologiche. Seguendo i miei

consigli, leggendo i casi che presenterò, imparerai a conoscere i

principi fondamentali di apprendimento, le tecniche di

progettazione formativa, di esposizione e di comunicazione

didattica.

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Non un manuale accademico sulle teorie dell’apprendimento e

della formazione degli adulti, dunque, ma un percorso concreto,

ricco di esempi e di spiegazioni pratiche. Ti accompagnerò alla

scoperta dell’affascinante mondo della formazione, aiutandoti a

diventare un vero insegnante, motivato, appassionato e capace

non solo di trasferire conoscenza, ma di generare nei propri allievi

un vero e profondo cambiamento.

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GIORNO 1:

Capire come e perché apprendiamo

Se vuoi diventare un bravo formatore, se vuoi che le tue lezioni

abbiano successo, dovrai per prima cosa imparare alcuni principi

di base circa l’apprendimento degli adulti. Capire perché, come e

secondo quali modalità gli adulti apprendono, ti permetterà di

orientare al meglio la tua lezione e di mettere in atto tecniche per

stimolare e favorire un apprendimento autentico nei tuoi allievi.

Molti errori comuni in aula possono essere evitati semplicemente

ricorrendo a pochi, semplici ma fondamentali principi della

formazione degli adulti. Non voglio proporti una serie infinita e

accademica di teorie sull’apprendimento, ma voglio, prendendo

spunto dai principi di base, guidarti alla scoperta di semplici ed

efficaci intuizioni.

Per prima cosa fermiamoci a riflettere sul significato del termine

apprendimento. Esistono diverse definizioni che, a seconda del

quadro teorico di riferimento, mettono l’accento su alcuni aspetti

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piuttosto che altri. Al di là delle scuole di pensiero e delle

numerose teorie, possiamo definire l’apprendimento come un

processo di cambiamento connesso all’acquisizione di abitudini,

conoscenze e atteggiamenti.

SEGRETO n. 1: l’apprendimento prevede un processo di

cambiamento che deve essere connesso all’acquisizione di

abitudini, conoscenze e atteggiamenti.

Ma come avviene questo processo? Per prima cosa l’individuo,

attraverso i suoi canali di immissione – vista, udito, gusto, olfatto

e tatto – immagazzina le esperienze che fungeranno poi da

parametri di confronto per sviluppare e migliorare le sue

prestazioni. In secondo luogo l’individuo assimila nella memoria

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questa esperienza. Se vuole migliorare, deve ricordare come ha

agito in precedenza. Successivamente agirà sperimentando il

frutto continuo del suo comportamento.

La mente, infine, elaborando continuamente connessioni tra

stimoli ed esperienze, permetterà all’individuo di compiere delle

scelte. Migliorare vuol dire cambiare, e questo è possibile soltanto

attraverso continue scelte che pongano a confronto le esperienze

passate con quelle presenti.

In questo processo è determinante, inoltre, il ruolo della

motivazione. Infatti, come vedremo meglio in seguito, affinché un

individuo apprenda è necessario che sia mosso da motivazioni,

interne ed esterne, che fungono da vere e proprie leve per il

cambiamento.

SEGRETO n. 2: l’apprendimento è un processo in cui gioca

un ruolo fondamentale la motivazione.

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Possiamo individuare quattro comportamenti che danno origine

all’apprendimento umano:

apprendimento per tentativi. È il tipo più semplice e

primitivo di apprendimento. In una data situazione di stimolo, e

in assenza di altre predisposizioni, siamo portati a fare tentativi

alla cieca per guadagnarci una ricompensa o evitare una

punizione. Ogni azione specifica che può provocare una

ricompensa – un successo – viene immagazzinata; all’opposto,

ogni azione che può portare a una punizione – a un insuccesso

– viene evitata e diventerà sempre meno frequente;

apprendimento per organizzazione percettiva. Gran parte

dell’apprendimento umano è frutto della nostra percezione, che

assimila le diverse situazioni “stimolo-risposta” e le organizza

in modo significativo. Questa fase è più complessa della

precedente. Si passa dal semplice tentativo, a volte inconscio e

disordinato, all’organizzazione delle varie percezioni;

apprendimento per modellamento. È la prima forma di

apprendimento, tipica del bambino che imita i genitori e si

modella su di essi nei primi anni della fanciullezza;

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apprendimento per mediazione. Avviene quando le

informazioni che ci vengono da terzi servono come processo di

intermediazione per modificare il nostro comportamento.

Dal punto di vista operativo, però, è necessario applicare queste

teorie nella pratica quotidiana dell’attività didattica. Il primo

errore che compiono molti formatori, poco esperti, è quello di

pensare di rivolgersi a una classe scolastica e di muoversi, agire,

progettare, comunicare proprio come abbiamo visto, e sentito,

fare dai nostri insegnanti quando andavamo a scuola.

Questo è sbagliato per un motivo molto semplice. Gli adulti sono

diversi dai bambini o dai ragazzi, hanno motivazioni, interessi,

abilità e capacità profondamente diverse. La vita stessa che

vivono è molto diversa dalla vita che vivono i bambini.

Per questo, in contrapposizione alla pedagogia, la scienza

dell’educazione per eccellenza, che si rivolge a bambini e ragazzi,

prenderemo in esame soprattutto l’andragogia, la scienza che si

occupa dell’apprendimento degli adulti.

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SEGRETO n. 3: la pedagogia è la scienza che si occupa

dell’educazione dei bambini e dei ragazzi; al contrario,

l’andragogia si occupa dell’apprendimento degli adulti.

Analizziamo gli aspetti fondamentali di questi due approcci. Il

termine “pedagogia” deriva dalle parole greche pàis, paidòs,

“bambino” (la stessa radice dalla quale proviene il termine

pediatria), e agogòs, “guida”. La pedagogia, quindi, è

letteralmente l’arte e la scienza di insegnare ai bambini, ed è il

tipo di approccio al quale siamo tutti abituati, poiché lo abbiamo

sperimentato fin dalla scuola elementare.

Questo modello, come sappiamo, è caratterizzato dalla centralità

dell’insegnante nel processo di insegnamento/apprendimento. É il

“maestro”, infatti, che decide che cosa verrà appreso, come e

quando verrà appreso e se sia stato appreso. Al discente rimane un

ruolo essenzialmente passivo: seguire e accettare le istruzioni

dell’insegnante.

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Sintetizzando, e riprendendo la sistematizzazione di questi due

modelli teorizzata dallo psicologo Knowles, possiamo individuare

sei principi di fondo della pedagogia:

il bisogno di sapere. I discenti hanno bisogno solo di sapere

che, se vogliono andare avanti ed essere promossi, devono

apprendere ciò che il docente insegna loro; non hanno bisogno,

per attivarsi nel processo di apprendimento, di conoscere e

comprendere come ciò che apprendono potrà applicarsi alla

loro vita reale;

il concetto di sé del discente. L’insegnante ha del discente la

percezione di un soggetto dipendente, che ripone nel docente

tutta la responsabilità del processo di insegnamento;

il ruolo dell’esperienza. L’esperienza del discente ha poco

valore come risorsa per l’apprendimento. L’esperienza che

conta è solo quella del docente, che viene visto come unica

autorità e fonte indiscussa di sapere e conoscenza. Gli stessi

metodi didattici, infatti, si identificano con tecniche di

trasmissione dei contenuti: lezioni, assegnazione di letture ecc.;

la disposizione ad apprendere. I discenti devono esser pronti

ad apprendere ciò che il docente dice loro di apprendere, se

vogliono andare avanti ed essere promossi;

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l’orientamento verso l’apprendimento. L’orientamento ad

apprendere dei discenti è centrato sulla materia; lo stesso

sistema scolastico ci abitua a suddividere i contenuti per

materie;

la motivazione. I discenti sono motivati ad apprendere da

moventi esterni quali i voti, l’approvazione o disapprovazione

dell’insegnante, le pressioni da parte dei genitori. Non cercano

motivazioni interne per impegnarsi nel processo di

apprendimento.

Come puoi notare, secondo questo modello il processo di

apprendimento viene a configurarsi per il discente non come

processo dinamico ma come puro trasferimento di competenze e

conoscenze.

Questa impostazione, che può essere funzionale in contesti

scolastici o dove, comunque, il processo di apprendimento

riguardi bambini o adolescenti, risulta del tutto inappropriata nella

formazione degli adulti.

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SEGRETO n. 4: nel modello pedagogico la responsabilità del

processo di insegnamento/apprendimento è tutta nelle mani

dell’insegnante e al discente non è riconosciuto un ruolo

attivo.

Veniamo all’andragogia. Il modello andragogico, come abbiamo

già accennato, si pone in contrapposizione alla pedagogia e ci

offre delle riflessioni molto interessanti riguardo l’apprendimento

degli adulti. Per prima cosa devi considerare che il discente adulto

ha un grado di autonomia molto forte: è in grado di decidere,

valutare, agire secondo le proprie motivazioni e con le proprie

risorse.

Dovrai sempre prestare attenzione a questo aspetto: riconoscere

l’autonomia del discente significa non relegarlo al ruolo

dipendente dell’allievo e riconoscergli pari dignità. Vediamo nel

dettaglio, a questo punto, le caratteristiche fondamentali e le

modalità secondo le quali avviene l’apprendimento negli adulti.

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Bisogno di conoscere

Gli adulti sentono l’esigenza di sapere perché occorre apprendere

qualcosa, prima di intraprendere l’apprendimento. Infatti, quando

gli adulti iniziano ad apprendere qualcosa per conto loro,

investono una considerevole energia nell’esaminare i vantaggi che

trarranno dall’apprendimento.

Un adulto che lavora, che ricopre ruoli diversi nella società,

valuta sempre con attenzione i benefici che può trarre da

un’esperienza di formazione. Vorrà sapere per quale motivo dovrà

apprendere qualcosa di nuovo, perché dovrà modificare il proprio

comportamento o acquisire nuove competenze e abilità. Tu stesso,

saresti disposto a investire parte del tuo tempo, ed in alcuni casi

anche del tuo denaro, in un progetto di cui non conosci nulla?

In questo senso sarà tuo compito di docente chiarire fin dall’inizio

gli obiettivi didattici del percorso d’apprendimento e, quando

necessario, aiutare i discenti a prendere coscienza del proprio

bisogno di sapere. Dedica del tempo a illustrare gli obiettivi, a

chiarire cosa apprenderanno alla fine del percorso di formazione e

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ad analizzare il loro stato di conoscenza/competenza specifica

attuale.

I partecipanti al percorso formativo, in quanto attori coinvolti nel

processo di apprendimento, dovranno credere nella necessità del

lavoro che andranno a svolgere. Più sarai chiaro ed efficace in

questa fase, maggiore sarà il loro grado di partecipazione, e

maggiori saranno i risultati che otterranno al termine del percorso

di formazione.

SEGRETO n. 5: gli adulti hanno bisogno di sapere perché

devono apprendere qualcosa. Dedica il tempo necessario a

spiegarlo e ad aiutare i tuoi allievi a prendere coscienza del

loro bisogno di apprendere.

Il concetto di sé del discente

Man mano che una persona matura e diventa adulta, il concetto di

sé passa da un senso di totale dipendenza a un senso di crescente

indipendenza e autonomia. L’adulto deve sentire che il proprio

concetto di sé viene rispettato dall’educatore e quindi deve essere

collocato in una situazione di autonomia, contrapposta alla

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situazione di dipendenza tipica della relazione

insegnante/studente.

Presta attenzione a come ti poni nei confronti dei discenti, ricorda

che sono persone adulte, autonome, in grado di prendere

decisioni: non trattarle come bambini! Nella mia attività di

docente ho a che fare sempre con classi composte da persone

adulte, molte delle quali hanno diversi anni più di me.

Persone che lavorano da molti anni, con diversi livelli di

scolarizzazione e lunga esperienza professionale. Spesso, il loro

atteggiamento iniziale nei confronti del processo di formazione è

di scetticismo e distacco. Non vogliono sentirsi trattati come

scolari, ma anzi rivendicano, più o meno esplicitamente, la loro

autonomia.

Ricorda che le basi per un buon percorso di formazione si gettano

all’inizio, durante le prime lezioni, se non addirittura nei

primissimi minuti, in cui il livello dell’attenzione e delle

aspettative nei confronti della nuova attività è molto alto.

Personalmente, quando entro in aula, dopo essermi presentata e

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aver iniziato a illustrare le fasi del percorso di formazione, dedico

sempre del tempo a conoscere le persone che ho davanti.

In questa fase pongo l’accento sul ruolo che i discenti svolgono

all’interno di una certa organizzazione, aiutandoli a mettere in

luce l’importanza e il valore della propria figura professionale,

delle proprie capacità e conoscenze specifiche. Dimostro interesse

verso il loro lavoro, mi faccio spiegare, quando possibile, quello

che fanno, evidenziando l’insieme di competenze, conoscenze e

abilità che quotidianamente mettono in atto nello svolgimento

della loro attività.

In questo modo restituisco loro piena dignità di soggetti

autonomi, in grado di partecipare attivamente al processo di

apprendimento. È un modo per “scendere dalla cattedra” e

stabilire un rapporto tra pari, pur mantenendo i ruoli stabiliti.

Questo aiuta a creare un clima positivo: i discenti ritrovano

fiducia in se stessi, si sentono riconosciuti nella dignità del

proprio ruolo e delle proprie capacità e smettono di vedermi come

“un’estranea” che vuole dimostrare loro che non sanno fare nulla.

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Credo che questo aiuti anche a contrastare la naturale diffidenza

iniziale che i discenti hanno nei confronti dei docenti, soprattutto

nel mio caso, in cui si trovano davanti una persona spesso molto

più giovane di loro.

SEGRETO n. 6: rispetta, riconosci ed evidenzia la dignità dei

discenti come soggetti adulti e autonomi. Ricorda che non sei

a scuola e che non stai parlando a dei bambini!

Il ruolo dell’esperienza

Come abbiamo visto, gli adulti intraprendono un’attività di

formazione già avendo un enorme bagaglio di esperienze.

Ovviamente, il vissuto di un adulto in formazione è molto più

ricco e complesso di quello di un giovane. La maggiore

esperienza degli adulti assicura maggiore ricchezza e possibilità

d’utilizzo di risorse interne.

Qualsiasi gruppo di adulti sarà più eterogeneo – in termini di

background, stile di apprendimento, motivazioni, bisogni,

interessi e obiettivi – di quanto non accada in gruppi di giovani.

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Sarebbe un grave errore non valorizzare questo enorme bagaglio

di esperienza.

Un metodo semplice e al tempo stesso efficace per mettere in luce

e contemporaneamente sfruttare il bagaglio di esperienza dei

discenti consiste, durante l’attività in aula, nel presentare un

particolare problema, ad esempio di natura tecnica, e di sollecitare

possibili soluzioni proposte dai discenti stessi.

Questo semplice metodo, che potrebbe risultare fin troppo banale,

produce un duplice effetto. I discenti, infatti, in questo caso si

sentono gratificati e aumentano il loro livello di autostima.

Contemporaneamente vengono trovate e sperimentate nuove e

creative strade e soluzioni, nell’ottica di un apprendimento

collaborativo e dinamico.

SEGRETO n. 7: evidenzia l’enorme risorsa dell’esperienza

pregressa di ogni discente adulto. Questo aumenta la sua

autostima e suggerisce intuizioni e soluzioni creative.

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La disponibilità ad apprendere

Un’altra caratteristica fondamentale dell’apprendimento degli

adulti riguarda la necessità di collegare i contenuti

dell’apprendimento alla vita reale. Gli adulti, infatti, sono

maggiormente disposti ad apprendere ciò che hanno bisogno di

sapere e di saper fare per far fronte efficacemente alle situazioni

della loro vita reale.

In questo senso la motivazione ricopre, come abbiamo visto, un

ruolo fondamentale. Tutti noi possiamo investire tempo e risorse

solo in qualche cosa che possa servirci veramente e

concretamente. Se voglio trasferirmi in un Paese straniero, la mia

disponibilità ad apprendere la lingua sarà molto più alta rispetto a

quando andavo a scuola, quando magari non riscontravo alcuna

attinenza tra i contenuti della disciplina e la mia vita reale.

Cosa significa questo? Cosa puoi fare concretamente per far leva

sulla potente spinta della motivazione ad apprendere? Innanzitutto

dovrai preoccuparti di analizzare bene il contesto nel quale vivono

e lavorano i discenti. Quanto più saprai del loro lavoro o, in alcuni

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casi, dei loro interessi, tanto più potrai progettare i contenuti del

percorso di formazione in relazione ai loro reali bisogni.

SEGRETO n. 8: prendere informazioni sui tuoi discenti ti

aiuta ad aumentare la loro motivazione ad apprendere.

Questo compito, in genere, è affidato alla fase di analisi dei

fabbisogni, della quale parleremo più avanti. Nonostante questo,

capita spesso di entrare in aula e di non saper nulla, o quasi, delle

persone che abbiamo davanti. Uno dei miei “successi” più grandi

come docente l’ho riscontrato in un corso di informatica di base

rivolto a una classe composta perlopiù da madri di famiglia

disoccupate.

Il corso si proponeva di illustrare tutti gli argomenti e le

applicazioni più importanti del pacchetto Office. Il momento di

maggior partecipazione, e che ha generato un maggior livello di

apprendimento, l’ho riscontrato quando ho proposto, nel corso di

una lezione su Excel, la realizzazione di un semplice ma efficace

foglio di calcolo per la gestione del bilancio familiare.

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Tutte le mie allieve, infatti, si trovavano regolarmente con la

necessità di gestire e far quadrare i conti in casa. Presentare gli

strumenti di Excel come utili risorse per la risoluzione di un loro

praticissimo e quotidiano problema ha stimolato la loro

partecipazione e il loro coinvolgimento.

Questo è solo un esempio tra tanti altri che qualsiasi docente con

un po’ di esperienza potrebbe raccontare. In questo caso è

indispensabile calarsi nella realtà dei discenti per proporre loro

contenuti quanto più pratici e utili possibile.

SEGRETO n. 9: tutti noi siamo più disposti ad apprendere

qualcosa che ci serve per risolvere un problema reale. Collega

i contenuti della tua lezione ai problemi concreti dei

partecipanti al corso.

L’orientamento verso l’apprendimento

Un altro aspetto che devi considerare è che gli adulti, a differenza

dei bambini, riescono ad apprendere meglio se il contenuto

dell’apprendimento è centrato sulla vita reale piuttosto che sulle

materie. Gli adulti, infatti, apprendono nuove conoscenze,

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capacità di comprensione, abilità e atteggiamenti molto più

efficacemente quando sono presentati in questo contesto.

Tenendo presente questo principio dovrai cercare di allontanarti il

più possibile dalla logica scolastica della suddivisione dei

contenuti in materie, ma dovrai trovare, come abbiamo già visto,

il modo più efficace per connettere i contenuti dell’apprendimento

alla vita concreta dei discenti. Ricorda che nella vita quotidiana

siamo tutti chiamati ad affrontare e risolvere una gran quantità di

problemi. Non sottovalutare questa risorsa, ma sfruttala per le tue

lezioni.

SEGRETO n. 10: presenta i contenuti non sotto forma di

materia, ma come risposta a problemi della vita reale. La

necessità di risolvere un problema concreto aumenta il livello

di apprendimento e di partecipazione.

La motivazione

Abbiamo già visto che, affinché si verifichi un processo di

apprendimento, è necessario che ci sia una motivazione. Le

motivazioni sono tutti quei fattori che ci conducono a compiere

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una data azione fra altre possibili. Gli adulti rispondono ad alcuni

moventi esterni quali un lavoro migliore, una promozione, un

aumento di stipendio, ma le motivazioni più potenti sono le

pressioni interiori, quali il desiderio di maggiori soddisfazioni

professionali, l’autostima, il miglioramento della qualità della vita

ecc.

Anche in questo caso dovrai conoscere bene le motivazioni reali

che hanno spinto i tuoi allievi a essere lì. Tutti gli adulti, in

condizioni normali, sono motivati a continuare a crescere e a

evolversi ed è proprio su questa naturale propensione del discente

che deve concentrarsi il tuo lavoro.

Dovrai preoccuparti di rinforzare positivamente i loro progressi,

di stimolare l’acquisizione di nuove competenze e di mantenere in

aula un clima positivo e di fiducia, in cui si sentiranno stimolati

ad apprendere per se stessi, più che per motivazioni esterne.

Vedremo in seguito quelle tecniche, didattiche e di

comunicazione, che ti permetteranno di creare e mantenere un

clima positivo in aula.

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SEGRETO n. 11: la motivazione che spinge il discente ad

apprendere è perlopiù legata all’autostima. Incoraggia i

discenti ad apprendere per se stessi, non per motivazioni

esterne.

Abbiamo visto che, per quello che riguarda l’apprendimento,

esistono diversi quadri teorici di riferimento. Al di là dei singoli

approcci teorici, però, è bene puntualizzare alcune condizioni

fondamentali dell’apprendimento:

l’apprendimento richiede un’attività rivolta a un fine, è

necessario che ci sia un obiettivo: di crescita, di cambiamento o

sviluppo di nuove conoscenze e competenze;

l’apprendimento è un processo nel quale viene coinvolto

l’individuo come totalità, interessa tutte le dimensioni

dell’individuo;

l’apprendimento tende a dare le soluzioni, ad affrontare

problemi e a stimolare reazioni;

sapere il “perché” approfondisce l’apprendimento;

l’apprendimento richiede sempre un interesse e una

motivazione in chi deve imparare;

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il riconoscimento e la fiducia promuovono l’apprendimento: il

rinforzo gioca sempre, in ogni contesto di apprendimento, un

ruolo molto importante;

apprende di più chi deve rispondere di ciò che apprende;

il successo rinforza l’apprendimento;

l’apprendimento più efficace si ha quando ai contenuti appresi

segue immediatamente l’applicazione;

la continua valutazione è essenziale per un efficace

apprendimento.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 1:

SEGRETO n. 1: l’apprendimento prevede un processo di

cambiamento che deve essere connesso all’acquisizione di

abitudini, conoscenze e atteggiamenti.

SEGRETO n. 2: l’apprendimento è un processo in cui gioca un

ruolo fondamentale la motivazione.

SEGRETO n. 3: la pedagogia è la scienza che si occupa

dell’educazione dei bambini e dei ragazzi; al contrario,

l’andragogia si occupa dell’apprendimento degli adulti.

SEGRETO n. 4: nel modello pedagogico la responsabilità del

processo di insegnamento/apprendimento è tutta nelle mani

dell’insegnante e al discente non è riconosciuto un ruolo attivo.

SEGRETO n. 5: gli adulti hanno bisogno di sapere perché

devono apprendere qualcosa. Dedica il tempo necessario a

spiegarlo e ad aiutare i tuoi allievi a prendere coscienza del loro

bisogno di apprendere.

SEGRETO n. 6: rispetta, riconosci ed evidenzia la dignità dei

discenti come soggetti adulti e autonomi. Ricorda che non sei a

scuola e che non stai a parlando a dei bambini!

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SEGRETO n. 7: evidenzia l’enorme risorsa dell’esperienza

pregressa di ogni discente adulto. Questo aumenta la sua

autostima e suggerisce intuizioni e soluzioni creative.

SEGRETO n. 8: prendere informazioni sui tuoi discenti ti aiuta

ad aumentare la loro motivazione ad apprendere.

SEGRETO n. 9: tutti noi siamo più disposti ad apprendere

qualcosa che ci serve per risolvere un problema reale. Collega i

contenuti della tua lezione ai problemi concreti dei partecipanti

al corso.

SEGRETO n. 10: presenta i contenuti non sotto forma di

materia, ma come risposta a problemi della vita reale. La

necessità di risolvere un problema concreto aumenta il livello

di apprendimento e di partecipazione.

SEGRETO n. 11: la motivazione che spinge il discente ad

apprendere è perlopiù legata all’autostima. Incoraggia i discenti

ad apprendere per se stessi, non per motivazioni esterne.

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LUCIA ROSATI

Capitolo 1 estratto da:

FORMAZIONE IN AULA

Come Progettare Lezioni e Corsi

nell’Insegnamento agli Adulti