Cap. III - Convertitori statici.

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L. Taponecco - Appunti di Meccatronica 101 Cap. III - Convertitori statici. L'energia elettrica è, come è noto, disponibile quasi esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase a tensione e frequenza fisse. Attualmente però, in un sempre più elevato numero di applicazioni sia industriali che civili, si richiedono alimentazioni flessibili in corrente alternata o in corrente continua, poiché per il controllo del moto dei motori è necessario poter variare la tensione e/o la frequenza di alimentazione. III-1. Componenti elettronici di potenza. Questo problema si risolve inserendo tra rete di alimentazione e motore dei particolari dispositivi, noti come convertitori statici in quanto privi di organi in movimento, la cui notevole attuale diffusione è dovuta alla loro economicità, flessibilità di impiego, affidabilità ed elevato rendimento. Alla base dello sviluppo dei convertitori statici sta, oltre l'adozione di tecniche di controllo sempre più sofisticate, l'evoluzione tecnologica dei vari componenti elettronici di potenza che li costituiscono, sempre più potenti, veloci ed economici. Tali componenti: diodi, tiristori e transistori sono degli interruttori elettronici unidirezionali, che possono assumere i seguenti due stati: stato di conduzione e stato di interdizione, e che nello stato di conduzione consentono alla corrente di circolare in un unico verso. Nello studio dei convertitori statici assumeremo per semplicità di analisi che gli interruttori elettronici siano equivalenti nello stato di conduzione ad un interruttore unidirezionale chiuso con resistenza nulla e in quello di interdizione ad un interruttore aperto con resistenza infinita e che il passaggio da uno stato all'altro sia istantaneo. Le suddette assunzioni semplificative di caduta di tensione nulla nella fase di conduzione, di corrente inversa nulla nella fase di interdizione e di commutazioni istantanee, anche se relative ad un comportamento ideale, ci consentono di comprendere facilmente a livello macroscopico il funzionamento dei differenti convertitori statici. Il diodo (fig. III-1) è un dispositivo con due elettrodi (anodo e catodo) assimilabile ad un interruttore ideale comandato dalla tensione che lo alimenta; è cioè un semiconduttore non controllato che passa automaticamente dallo stato di interdizione a quello di conduzione non appena assume lo stato di polarizzazione positiva (cioè anodo a potenziale maggiore del catodo) e ritorna allo stato di interdizione non appena la corrente che lo attraversa si annulla. Quindi un diodo, inserito in un circuito costituito da un generatore di tensione sinusoidale e da un carico, conduce: -nel caso di carico resistivo solo durante il semiperiodo in cui la tensione di alimentazione è positiva (fig. III-2a) e la corrente che lo attraversa ha lo stesso andamento temporale della tensione;

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Cap. III - Convertitori statici.

L'energia elettrica è, come è noto, disponibile quasi esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase a tensione e frequenza fisse. Attualmente però, in un sempre più elevato numero di applicazioni sia industriali che civili, si richiedono alimentazioni flessibili in corrente alternata o in corrente continua, poiché per il controllo del moto dei motori è necessario poter variare la tensione e/o la frequenza di alimentazione.

III-1. Componenti elettronici di potenza.

Questo problema si risolve inserendo tra rete di alimentazione e motore dei particolari dispositivi, noti come convertitori statici in quanto privi di organi in movimento, la cui notevole attuale diffusione è dovuta alla loro economicità, flessibilità di impiego, affidabilità ed elevato rendimento. Alla base dello sviluppo dei convertitori statici sta, oltre l'adozione di tecniche di controllo sempre più sofisticate, l'evoluzione tecnologica dei vari componenti elettronici di potenza che li costituiscono, sempre più potenti, veloci ed economici. Tali componenti: diodi, tiristori e transistori sono degli interruttori elettronici unidirezionali, che possono assumere i seguenti due stati: stato di conduzione e stato di interdizione, e che nello stato di conduzione consentono alla corrente di circolare in un unico verso. Nello studio dei convertitori statici assumeremo per semplicità di analisi che gli interruttori elettronici siano equivalenti nello stato di conduzione ad un interruttore unidirezionale chiuso con resistenza nulla e in quello di interdizione ad un interruttore aperto con resistenza infinita e che il passaggio da uno stato all'altro sia istantaneo. Le suddette assunzioni semplificative di caduta di tensione nulla nella fase di conduzione, di corrente inversa nulla nella fase di interdizione e di commutazioni istantanee, anche se relative ad un comportamento ideale, ci consentono di comprendere facilmente a livello macroscopico il funzionamento dei differenti convertitori statici.

Il diodo (fig. III-1) è un dispositivo con due elettrodi (anodo e catodo) assimilabile ad un interruttore ideale comandato dalla tensione che lo alimenta; è cioè un semiconduttore non controllato che passa automaticamente dallo stato di interdizione a quello di conduzione non appena assume lo stato di polarizzazione positiva (cioè anodo a potenziale maggiore del catodo) e ritorna allo stato di interdizione non appena la corrente che lo attraversa si annulla. Quindi un diodo, inserito in un circuito costituito da un generatore di tensione sinusoidale e da un carico, conduce: -nel caso di carico resistivo solo durante il semiperiodo in cui la tensione di alimentazione è positiva (fig. III-2a) e la corrente che lo attraversa ha lo stesso andamento temporale della tensione;

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-nel caso di carico omhico-induttivo non solo durante il semiperiodo in cui la tensione di alimentazione è positiva ma, grazie all'energia immagazzinata nell'induttanza, anche quando la tensione si inverte fino a che la corrente non si annulla (fig. III-2b).

Fig. III-1

a) b) Fig. III-2a Fig. III-2b

Il termine tiristore indica in generale una famiglia di dispositivi a semiconduttori (SCR, Triac, GTO, IGCT) che, a seguito di un impulso di corrente inviato ad un elettrodo di controllo detto gate possono passare dallo stato di interdizione a quello di conduzione. Più propriamente con il termine tiristore è indicato un dispositivo costituente un diodo controllato da cui la sigla SCR (silicon controlled rectifier).

Fig. III-3

L'SCR (fig. III-3) oltre ai due elettrodi principali del diodo (anodo e catodo) ha un terzo elettrodo ausiliario (gate), la cui funzione è di controllare l'istante di passaggio dallo stato di interdizione a quello di conduzione. Esso infatti quando è polarizzato positivamente non passa dallo stato off a quello on automaticamente come il diodo ma solo se si invia al gate un impulso di corrente (la cui entità varia da alcuni milliampere a centinaia di milliampere). La variabile di controllo è quindi l'angolo di innesco α, che rappresenta l'angolo elettrico di cui l'accensione dell'SCR è ritardata, a partire dall'istante in cui il componente, essendo polarizzato direttamente, potrebbe entrare in conduzione.

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Una volta che l'impulso di corrente inviato al gate ha portato l'SCR in stato di conduzione, tale situazione rimane inalterata, come nel caso del diodo, finché la corrente che attraversa l'SCR non si annulla. Nelle figure III-4a e III-4b sono mostrati i differenti andamenti della corrente e della tensione nel caso di carico resistivo e di carico omhico-induttivo.

Fig. III-4a Fig. III-4b

Nel circuito di figura III-5a è stato inserito un diodo (di libera circolazione) ai capi di un carico omhico-induttivo alimentato tramite un SCR. La presenza di tale diodo determina l'immediato passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione dell'SCR non appena la polarità della tensione anodo-catodo si inverte (fig. III-5b), con conseguente miglioramento del fattore di potenza di ingresso.

Fig. III-5a Fig. III-5b

Il triac è un tiristore bidirezionale che può bloccare o lasciare passare la corrente in entrambe le direzioni (fig. III-6); esso svolge cioè una funzione analoga a quella di due tiristori collegati in antiparallelo. Anch'esso quindi consente di controllare solo l'istante di passaggio dello stato off a quello on della corrente inviando al gate un opportuno impulso di corrente.

Fig. III-6

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In figura III-7 sono riportati gli andamenti di tensione e corrente nel caso di carico resistivo e di carico induttivo.

Fig. III-7

Il GTO (gate turn-off thyristor - fig. III-8) è uno speciale tipo di tiristore che, rispetto ai tiristori normali, presenta il vantaggio di poter controllare tramite gate sia l'istante di passaggio dallo stato off a quello on sia l'istante di passaggio inverso dallo stato on a quello off. La necessità di circuiti di controllo della corrente (in quanto è controllato in corrente) e di grandi snubber (per assicurare lo spegnimento senza guasti distruttivi) comporta alti costi.

Fig. III-8

L'IGCT (Integrated Gate-Commutated Tyristor) è un tiristore che ha la struttura del GTO ma costa meno, è più affidabile, ha minori perdite di conduzione e sopporta più elevati dv/dt per cui non richiede la presenza di snubber; esso viene utilizzato nel campo delle alte potenze come alternativa al GTO. Come il GTO è ottimizzato per basse perdite di conduzione, ma, in relazione ai tempi di transizione dallo stato on allo stato off molto più rapidi, l'IGCT può funzionare a frequenze molto più elevate (diecine di kHz). Però, dato che il massimo valore della frequenza è limitato dalle perdite termiche, a causa delle alte perdite di commutazione, tali elevati valori di frequenza sono possibili solo per molto brevi periodi di tempo e pertanto la tipica frequenza dell'IGCT è attorno ai 500 Hertz. L'MCT (MOS Controlled Tyristor) ha un funzionamento simile al GTO, ma non richiede un circuito di controllo così complesso.

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I transistori (BJT, MOSFET, IGBT) sono dispositivi controllati sia in chiusura che in apertura, che hanno tre terminali: collettore, emettitore e base. I tipi più utilizzati sono: - i BJT (bipolar junction transistor - fig. III-9a) agiscono come tasti chiusi o aperti a seconda che ci sia o no una elevata corrente di base; sono i transistori meno costosi, ma a causa della relativamente complessa circuiteria di comando, del fatto che sono controllati in corrente, del non trascurabile consumo di potenza del circuito di pilotaggio, in quanto la corrente di base è dell'ordine di qualche ampere, e della minore frequenza di commutazione sono stati rimpiazzati da MOSFET e IGBT; - i MOSFET (metal-oxide semiconductor field-effect transistor - fig. III-9b) rispetto ai BJT presentano i seguenti vantaggi: potenza di comando praticamente nulla, in quanto sono controllati in tensione, circuiti di comando più semplici e più efficienti, frequenze di commutazione più alte (>100kHz) ma limitatamente ad applicazioni di bassa potenza (alcuni kVA) e perdite di commutazione molto minori; le perdite di conduzione sono però molto maggiori; - gli IGBT (insulated-gate bipolar transistor - fig. III-9c), se si esclude il campo di potenze oltre il MVA, l'IGBT è attualmente il principale componente di quasi tutti i convertitori statici di potenza che trovano impiego in applicazione quali: azionamenti da qualche centinaio di VA a diverse centinaia di kVA, UPS per utenze privilegiate, alimentatori stabilizzati, alimentazione di lampade fluorescenti, ecc.; essi sono dispositivi ibridi che consentono di trattare elevate correnti con basse perdite di conduzione come i BJT, presentano facilità di controllo e basse perdite di commutazione come i MOSFET richiedono, essendo controllati in tensione, poca potenza di comando e possono resistere a tensioni inverse come i GTO. Gli IGBT passano dallo stato di interdizione a quello di conduzione applicando una tensione continua positiva al loro gate e ritornano allo stato di interdizione rimuovendola; durante lo stato off la tensione di gate viene normalmente mantenuta ad un piccolo valore negativo per impedire che passi allo stato on.

Fig. III-9a

Fig. III-9b

Fig. III-9c

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In figura III-10 sono fornite alcune indicazioni di massima per quanto riguarda la scelta tra MOSFET e IGBT.

Fig. III-10 Nella tabelle III-1 III-2 e nelle figure III-11a e III-11b sono riassunte alcune delle principali caratteristiche e tipiche applicazioni dei semiconduttori.

Tab. III-1

ideale SCR GTO BJT MOSFET IGBT

perdite basse basse alte alte molto alte basse pilotaggio semplice molto complesso complesso medio molto semplice semplice frequenza alta bassa bassa alta ≈5kHz molto alta>100kHz alta ≈10kHz corrente alta alta alta media molto bassa medio-alta tensione alta alta alta media molto bassa media

P alta max ≅ 30MVA ≅ 5MVA ≅ 100kVA ≅ 5 kVA ≅500kVA

Tab. III-2

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Fig. III-11a

Fig. III-11b

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Utilizzando i suddetti semiconduttori è possibile realizzare varie tipologie di convertitori statici che ci permettono di controllare il moto dei motori elettrici, attraverso la trasformazione della generica rete rigida di alimentazione disponibile in una opportuna rete flessibile. Il tipo di convertitore usato dipende dal tipo di alimentazione disponibile e dalle caratteristiche del motore e della macchina operatrice azionata (tipo di dinamica, quadranti del piano C-Ω in cui deve poter funzionare, ecc.). In particolare: - per il controllo dei motori in corrente continua, passo-passo e SR si utilizzano convertitori statici (raddrizzatori, chopper, circuiti di pilotaggio, inverter asimmetrici) in grado di fornire tensioni periodiche a valore medio regolabile; - per il controllo dei motori asincroni, sincroni e brushless si utilizzano convertitori statici (inverter e parzializzatori di tensione) in grado di fornire sistemi trifasi di tensioni alternate di cui si può controllare il valore efficace e/o la frequenza della fondamentale e l'ordine delle armoniche.

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I raddrizzatori più comuni sono quelli a ponte (fig. III-12) in versione monofase o trifase; questi ultimi, pur essendo più costosi, sono più diffusi in quanto presentano ondulazione di tensione e contenuto armonico di corrente molto più piccoli. Essi possono essere costituiti: da soli diodi (raddrizzatori non controllati); da diodi e SCR (raddrizzatori semicontrollati), sono semplici e poco costosi ma possono operare in un solo quadrante poiché non consentono l'inversione né della tensione né della corrente (casi tipici di utilizzazione si hanno negli azionamenti per ventilatori e per pompe); o da soli SCR (raddrizzatori totalcontrollati), sono più complessi e costosi ma possono funzionare in due quadranti in quanto consentono l'inversione della tensione. Per ottenere il funzionamento in tutti e quattro i quadranti si devono utilizzare due raddrizzatori totalcontrollati connessi in antiparallelo.

III-2. Raddrizzatori.

Fig. III-12

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Nei raddrizzatori a ponte trifasi ad ogni istante solo due dei sei elementi (diodi o SCR) conducono: uno del gruppo inferiore ed uno del gruppo superiore, purché non appartenenti alla stessa gamba. L'elemento conducente del gruppo superiore (inferiore) é quello connesso alla tensione di alimentazione più positiva (negativa): sempre se si tratta di diodi, solo dopo che é stato inviato un impulso di accensione al suo gate se si tratta di SCR. In un periodo si verificano quindi sei commutazioni alternativamente nella parte superiore e in quella inferiore del ponte. Pertanto nel caso del ponte trifase totalcontrollato di figura III-13 la tensione ai morsetti di uscita (V0) é uguale alla differenza tra il potenziale (ean , ebn , ecn) di quello tra i punti a-b-c connesso alla tensione di alimentazione più positiva e il potenziale di quello tra i punti a-b-c connesso alla tensione di alimentazione più negativa. Ciascuno di tali potenziali, nel caso di funzionamento ideale, é costituito quindi da una successione di settori di sinusoide delle tensioni di rete, in relazione agli elementi in conduzione e quindi anche all'angolo di ritardo all'accensione α, misurato a partire dall'intersezione tra due tensioni positive o negative. la successione degli SCR in conduzione può essere: T1T6 - T1T2 - T3T2 - T3T4 - T5T4 - T5T6 - T1T6 oppure: T1T6 – T5T6 – T5T4 - T3T4 – T3T2 – T1T2 - T1T6

.

Fig. III-13 Nel caso in cui il raddrizzatore a ponte trifase totalcontrollato alimenti un carico puramente resistivo sono riportati a titolo di esempio: - in figura III-14a: le tensioni di fase (ean , ebn , ecn) e di linea (eab , ebc , eca

- in figura III-14b i circuiti di conduzione per 30°≤ωt≤90° (a), 90°≤ωt≤150° (b), 210°≤ωt≤270° (c), 270°≤ωt≤330° (d);

) in ingresso, la tensione e la corrente in uscita e la corrente in ingresso nel caso di α=0 (andamenti uguali a quelli relativi al caso di un raddrizzatore a ponte trifase non controllato);

- in figura III-14c gli andamenti delle tensioni di linea in ingresso (a) e delle correnti in ingresso per α=0° (b), α=30° (c), α=60° (d). - in figura III-14d gli andamenti delle tensioni in uscita per i seguenti valori dell'angolo di ritardo α: 0°, 30°, 60°, 90°, 120°, 150°, 180°.

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Fig. III-14a Fig. III-14b

Fig. III-14c Fig. III-14d

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III-3. Chopper. I raddrizzatori controllati, cioè i convertitori statici a commutazione naturale, non sono utilizzabili nel caso in cui la rete di alimentazione disponibile sia in corrente continua (azionamenti per ferrovie, metropolitane, tranvie, veicoli a batteria), e quando (con alimentazione in corrente alternata) si desidera realizzare un azionamento ad alta dinamica (robot, azionamenti per macchine utensili, ecc.). In tali casi si devono necessariamente utilizzare convertitori a commutazione forzata, cioè chopper a transistori o a tiristori. I chopper a transistori consentono elevate frequenze di commutazione (5-20 kHz), ottima risposta dinamica del sistema e limitato declassamento del motore. Tali chopper sono largamente utilizzati nella struttura a ponte per gli azionamenti di potenza medio-piccola funzionanti in tutti e quattro i quadranti del piano C-Ω . I chopper a tiristori invece consentono elevate potenze di commutazione ma comportano complicazioni nel circuito di potenza e in quello di controllo e basse frequenze di commutazione (0,1-1 kHz).

III-3a. Chopper a transistori. In figura III-18a è riportata una rappresentazione semplificata di un chopper a ponte a transistori, la cui tensione di ingresso è fornita da una rete trifase tramite un raddrizzatore a ponte trifase non controllato e la cui tensione di uscita è applicata al circuito di armatura di un motore a corrente continua.

Fig. III-18a

Fig. III-18b

Dei quattro tasti di tale chopper, ognuno costituito da un transistore con un diodo in antiparallelo, solo due sono attivi contemporaneamente: T1 T1' oppure T2 T2

'. Inoltre i due transistori di ogni gamba del ponte, che hanno un funzionamento complementare, se attivati allo stesso istante potrebbero trovarsi entrambi per un breve periodo nello stato di conduzione, con conseguente corto circuito. Per evitare ciò, un opportuno piccolo ritardo temporale (tempo morto) deve essere previsto tra l'istante in cui avviene il passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di un transistore e l'istante in cui avviene il passaggio inverso dell'altro transistore presente sulla stessa gamba del ponte (fig. III-18b).

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Analizziamo il funzionamento a regime stazionario di tale azionamento nel caso di strategia di commutazione unipolare. a) Primo quadrante (macchina in corrente continua funzionante da motore). - Quando entrambi i transistori T1 e T1' sono nello stato di conduzione la corrente ha un andamento crescente e l'energia elettrica fornita dalla rete di alimentazione viene in parte trasformata in energia meccanica, in parte immagazzinata nel campo magnetico del motore e in parte dissipata. Quando uno dei due viene portato nello stato di interdizione la corrente si richiude attraverso il diodo in antiparallelo al transistore disposto sulla stessa gamba a cui appartiene quello che è stato portato nello stato di interdizione, ne consegue l'annullamento della tensione ai morsetti di uscita del chopper e quindi un andamento decrescente della corrente e l'energia immagazzinata nel campo magnetico del motore in parte si trasforma in energia meccanica e in parte viene dissipata.

b) Quarto quadrante (macchina in corrente continua funzionante da freno). - Se durante il funzionamento da motore, attraverso una modifica del duty-cycle dei transistori, si diminuisce bruscamente il valore della tensione ai morsetti di uscita del chopper in modo da realizzare la condizione Va<E , la corrente si inverte e la macchina funziona da freno fino a che la velocità non si riduce ad un valore tale da ripristinare la condizione Va>E. Se entrambi i transistori T1 e T1' sono nello stato di interdizione la corrente, generata a spese dell'energia elettrica immagazzinata nell'induttanza del motore e dell'energia cinetica immagazzinata nelle parti in movimento, fluisce nel condensatore attraverso D1 e D1' e ha un andamento decrescente. Quando uno dei due transistori (T1) passa allo stato di conduzione la corrente si richiude attraverso l'altro transistore posto sulla stessa gamba (T2) e il

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diodo D1

c) e d) Secondo e terzo quadrante. - Sono analoghi ai due casi precedenti, però essendo attivi T

', ne consegue l'annullamento della tensione ai morsetti di uscita del chopper e quindi un andamento crescente della corrente, generato dall'energia cinetica immagazzinata negli organi in movimento.

2 e T2

', la tensione e la corrente hanno verso opposto (fig. III-19a e III-19b).

Fig. III-19a

Fig. III-19b

Quando, a seguito di una decelerazione o di un movimento verticale del carico verso il basso, si verifica una inversione del flusso di energia l'energia cinetica delle masse in movimento o quella potenziale dei carichi sollevati si trasforma in energia elettrica e può essere in parte recuperata nella rete di alimentazione. Se la rete di alimentazione disponibile è in corrente alternata, spesso il sistema di conversione (come ad esempio nel caso di fig. III-18a) è tale da non consentire il recupero in rete dell'energia. In tali casi l'energia deve venire dissipata sotto forma termica in una idonea resistenza di frenatura, posta a monte del chopper in parallelo al condensatore di spianamento. Le più semplici topologie di chopper a transistori sono: Buck converter (convertitore riduttore - fig.IV-20a). La tensione di uscita presenta una ondulazione alla frequenza di commutazione che si sovrappone alla componente continua; la corrente in ingresso pulsa tra un valore massimo e zero. La variazione brusca dell'energia di ingresso comporta problemi di compatibilità elettromagnetica e richiede quindi la presenza di un filtro in ingresso, ciò costituisce un limite all'aumento della frequenza di commutazione per convertitori di alta potenza; in quanto i filtri di ingresso sono ingombranti e costosi. Boost converter (convertitore elevatore - fig.IV-20b). Un suo difetto è la notevole ondulazione della corrente in uscita, dovuta al fatto che durante il tempo di carica dell'induttore tutta la corrente di uscita è fornita dalla capacità. Buck-Boost converter (fig.IV-20c). Consente di elevare o ridure la tensione di uscita rispetto a quella di ingresso; comporta però l'introduzione di correnti pulsanti in ingresso e in uscita. Cuk converter (fig.IV-20d). I vantaggi di questa configurazione sono: -capacità intrinseca di funzionare con correnti e tensioni costanti sia in ingresso che in uscita come un vero e proprio trasformatore cc-cc; -non necessita di filtri di ingresso addizionali per i problemi legati all'EMI in quanto le correnti di ingresso non sono pulsanti; -rendimento molto più elevato; -circuteria di comando non complessa in quanto è presente un solo commutatore; -pesi e dimensioni ridotte.

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a) b)

c) d)

Fig. IV-20

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III-3b. Chopper a tiristori. In figura III-21 è rappresentato un chopper a tiristori ad un quadrante che alimenta un motore in corrente continua ad eccitazione serie, tipicamente impiegato nella trazione. Analizziamone il funzionamento a regime stazionario (fig. III-22).

Fig. III-21

Passaggio da off a on del tiristore principale T1 (da gate). Prima dell'accensione di T1 il condensatore C é caricato positivamente e la corrente del motore ia si richiude attraverso il diodo di libera circolazione D1. L'accensione di T1 provoca: la scarica del condensatore, l'aumento di ia e la diminuzione della corrente circolante nel diodo di ricircolo D1 fino al suo annullamento. Il transitorio di tipo oscillatorio nel circuito di commutazione é interrotto da D2 quando la corrente cerca di cambiare senso e pertanto il condensatore resta caricato negativamente. Passaggio da on a off del tiristore principale T1 (annullando la corrente che lo attraversa). L'accensione da gate del tiristore ausiliario T2 fa sì che il condensatore, ora caricato negativamente, si scarichi attraverso T1 e T2. Quando la corrente si annulla il tiristore principale T1 passa allo stato off e la corrente ia si trasferisce al tiristore ausiliario; allo stesso tempo il condensatore inizia ad invertire la sua carica e inizia a circolare una corrente attraverso il diodo di ricircolo D1. Quando la tensione ai capi di T1 ridiventa positiva il ripristino della barriera interna di blocco deve essere stato completato. Quando il condensatore ha invertito completamente la sua carica la corrente che lo attraversa si annulla e T2 ritorna nella condizione di blocco; tutta la corrente del motore si richiude quindi attraverso D1Fondamentale per il funzionamento del chopper a tiristori é quindi che la tensione alternata ai capi del condensatore di commutazione sia di ampiezza tale da assicurare l'applicazione ai morsetti del tiristore principale di una tensione di polarizzazione negativa per un tempo tale da consentire il ripristino completo della barriera interna di blocco del tiristore; in caso contrario T

.

1 si riaccende e si perde il controllo del chopper. Pertanto la frequenza di funzionamento di tale chopper è limitata dai tempi necessari per l'inversione di carica del condensatore da +V a –V e da –V a +V e varia in genere tra 100 e 1.000 Hz.

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Fig. III-22

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III-4. Circuiti base di controllo del moto dei motori passo-passo. Analizziamo struttura e caratteristiche funzionali dei convertitori statici utilizzati per il controllo del moto dei motori passo-passo a magneti permanenti e ibridi, nel caso più comune di motori bifasi con due fasi alimentate contemporaneamente. Il compito dei circuiti di pilotaggio nel caso di motori con configurazione sia bipolare che unipolare è far sì che la corrente ad ogni commutazione raggiunga il valore di regime nel più breve tempo possibile.

Nel caso di motori con configurazione bipolare il circuito base di comando è un doppio ponte ad H che consente l'inversione del flusso della corrente in entrambe le fasi del motore, ciascuna delle quali è collegata ai quattro transistori (in genere MOSFET) di uno dei due ponti e non ha alcun punto in comune con l'altra (fig. III-23). In antiparallelo ad ogni MOSFET è disposto un diodo di protezione che deve avere una velocità di commutazione paragonabile a quella del MOSFET e deve essere adeguatamente dimensionato in modo da evitare possibili danni ai MOSFET e a se stesso, causati dalle punte di tensione prodotte dall'annullamento del campo magnetico attorno a ciascun avvolgimento negli istanti in cui la corrente è rimossa.

Fig. III-23

Per far circolare corrente in una delle due fasi è necessario portare nello stato di conduzione due MOSFET diagonali del relativo ponte; per invertire la direzione della corrente si devono disattivare i suddetti due MOSFET e quindi attivare gli altri due (fig. III-24). In modo analogo si procede per l'altra fase. Nel presente caso di due fasi alimentate contemporaneamente il passaggio da una configurazione alla successiva si verifica invertendo alternativamente il senso della corrente in una delle due fasi. Nel caso in cui i MOSFET abbiano i diodi in antiparallelo integrati e tali diodi siano in grado di condurre tutta la corrente del motore, i diodi addizionali mostrati in figura III-23 possono essere omessi. Per passare (fig. III-24) da una generica configurazione (ad esempio AB) a quella successiva (AB*) é necessario invertire il senso della corrente in una fase (B) nel più breve tempo possibile, interdicendo i due transistori attivi del relativo ponte (T5 e T8) e mandando quindi in conduzione gli altri due (T6 e T7).

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Successive configurazioni

Es. andamento corrente 1) Q1-Q4 on 2) Q3-Q4

3) Q

on

2-Q3

on.

Fig. III-24

Esaminiamo ora il convertitore statico (fig. III-25) utilizzato nel caso di motori con configurazione unipolare, in cui ogni fase é sdoppiata in due bobine, ciascuna di sezione metà di quelle utilizzate nel caso di configurazione bipolare, avvolte strettamente assieme sullo stesso circuito magnetico in modo da minimizzare i flussi dispersi e collegate in senso opposto in modo da invertire le polarità dello statore quando si commuta l'alimentazione tra di esse e il flusso della corrente dal circuito di

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pilotaggio alle bobine non si inverte mai. In tale caso per passare da una configurazione alla successiva il dispositivo di comando, invece di invertire la corrente alternativamente in ciascuna fase, annulla la corrente in una delle due bobine di una fase e la fa fluire in direzione opposta nell'altra bobina della stessa fase. Essendo le due bobine concatenate con lo stesso flusso, la corrente in una di esse può presentare nel transitorio di commutazione una variazione a gradino purché la corrente nell'altra vari in modo equivalente ed opposto in modo che la somma delle due correnti e quindi il flusso magnetico non presenti alcun gradino, secondo il principio di continuità del flusso.

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Fig. III-25 Il circuito di pilotaggio unipolare richiede un numero di transistori e diodi dimezzato rispetto al circuito di pilotaggio bipolare (fig. III-26) e quindi i relativi circuiti di potenza e controllo sono più semplici e meno costosi. Per applicazioni ad elevate prestazioni si utilizza il pilotaggio bipolare; in quanto i motori, a parità di dimensioni, sviluppano approssimativamente il 40% di coppia in più di un equivalente motore con pilotaggio unipolare.

Fig. III-26

I motori passo-passo presentano in genere otto morsetti, in quanto per una maggiore flessibilità funzionale ognuna delle due fasi del motore è divisa in due bobine, che possono essere connesse in serie o in parallelo nel caso di pilotaggio bipolare, in serie con una presa centrale nel caso di pilotaggio unipolare.

Il controllo con una sola fase attiva per volta (fig. III-27a) è il più semplice, quello con due fasi attive contemporaneamente (fig. III-27b) sviluppa il 41.4% in più di coppia; infine quello in modalità semipasso (combinazione dei due precedenti - fig. III-27c) raddoppia la risoluzione.

Fig. VIII-27a Fig. VIII-27b Fig. VIII-27c

In figura III-28 è rappresentato il circuito base per il controllo del moto di un motore passo-passo a riluttanza variabile. I diodi in antiparallelo alle tre fasi devono essere adeguatamente dimensionati per protegge i MOSFET dalle punte di tensione che si producono quando si interrompe l'alimentazione di una fase.

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Fig. III-28

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Il motore a riluttanza commutata per poter funzionare ha necessariamente bisogno di un particolare convertitore costituito da uno stadio di ingresso (batteria o più comunemente raddrizzatore), un filtro capacitivo intermedio e uno stadio di uscita, controllato in corrente, costituito da tante gambe quante sono le fasi del motore (3 in fig. III-29a). Sono inoltre necessari due sensori per rilevare la posizione dell'albero rotorico e la corrente di fase ed un sistema di controllo, che, in base ai segnali fornitigli dai sensori di corrente e di posizione, determina gli istanti di commutazione dei tasti del convertitore e controlla quindi la corrente di alimentazione del motore in modo da consentirgli di produrre la coppia richiesta e quindi regolarne la velocità.

III-5. Convertitore per motori a riluttanza commutata.

Fig. III-29a

Il segnale di retroazione della posizione del rotore, che consente di sincronizzare il controllo con il movimento del rotore, può essere fornito da un sensore calettato sull'asse del motore, o può essere decodificato mediante un opportuno algoritmo di stima in modo da permettere un funzionamento sensorless; in questo secondo caso è necessario rilevare alcuni parametri e grandezze del motore e disporre di una elevata potenzialità computazionale. Tra le differenti tipologie di convertitori sviluppate la più semplice è costituita dall'inverter asimmetrico in cui ogni fase è comandabile separatamente mediante due transistori. In figura III-29b è rappresentato un inverter asimmetrico che alimenta un motore a riluttanza commutata con tre fasi. Tre sono le modalità di funzionamento dall'inverter asimmetrico: - magnetizzazione; in tale modalità di funzionamento, che si verifica quando entrambi i transistori di una gamba del convertitore sono nello stato di conduzione, la corrente nella relativa fase aumenta rapidamente e il flusso di energia è diretto dalla rete di alimentazione, attraverso il bus DC, al motore; - libera circolazione; in tale modalità di funzionamento, che si verifica a seguito del passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di uno dei due transistori

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di una gamba, la corrente continua a circolare nella stessa fase passando nell'altro transistore e in uno dei due diodi di libera circolazione e diminuisce lentamente in quanto l'avvolgimento non è più alimentato; in questa fase non c'è scambio energetico tra bus DC e motore; - smagnetizzazione; in tale modalità di funzionamento, che si verifica a seguito del passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione di entrambi i transistori di una gamba, la corrente continua a circolare nella stessa fase passando nei due diodi di libera circolazione e diminuisce rapidamente; in questa fase il flusso di energia è diretto dal motore verso il bus DC e carica il condensatore.

Fig. III-29b

L'inverter di Miller (fig. III-29c), che deriva dal precedente sostituendo ai tre transistori superiori ed ai tre diodi inferiori un unico transistore (QA) e un unico diodo (DA), comporta una riduzione del numero dei dispositivi di potenza e dei cavi di collegamento al motore e presenta fasi di funzionamento analoghe, non permette però il controllo totalmente disaccoppiato delle fasi.

Fig. III-29c

I convertitori dei motori SR rispetto ai convertitori dei motori asincroni e brushless presentano, come vedremo, alcuni vantaggi: - a parità di numero di fasi possono essere realizzati con un numero di transistori inferiore, in quanto la loro coppia è indipendente dalla polarità della corrente; sono state sviluppate infatti tipologie di convertitori con q, q+1, 1,5q e 2q transistori (con q numero di fasi); - nel caso in cui entrambi i transistori di una gamba vengano per qualche motivo a trovarsi contemporaneamente nello stato di conduzione, essendo tali transistori, nei convertitori dei motori SR, in serie ad una fase, la relativa induttanza può ritardare la crescita della corrente di un tempo sufficiente per consentire ai dispositivi di protezione di intervenire, evitando danni irreparabili.

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Il controllo del moto dei motori in corrente alternata trifasi (asincroni, sincroni, brushless) avviene generalmente utilizzando convertitori statici di frequenza a due stadi che operano una duplice conversione passando per uno stadio intermedio a tensione/corrente continua (fig. III-30). Il convertitore lato rete (raddrizzatore) ha il compito di raddrizzare ed eventualmente regolare la tensione o la corrente della rete di alimentazione, quello lato motore (inverter) ha invece il compito di invertirle regolando la frequenza ed eventualmente l'ampiezza della fondamentale della tensione/corrente alternata in uscita.

III-6. Inverter.

a)

b)

c)

d)

Fig. III-30

Il convertitore lato rete è un raddrizzatore a ponte trifase non controllato nelle configurazioni b e c di figura III-30, controllato nelle configurazioni a e d. Il raddrizzatore controllato, poiché presenta un basso fattore di potenza di ingresso nel caso di basse tensioni di uscita e a causa dell'elevata ampiezza delle armoniche di basso ordine nella tensione di uscita, richiede un filtro di notevoli dimensioni con conseguenti maggiori costi e peggiore risposta dinamica.

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Esistono due tipi base di inverter totalmente differenti nel loro comportamento: - inverter a tensione impressa (VSI) del tipo six-step o ad onda quadra e del tipo PWM, a seconda che la forma d'onda della tensione alternata imposta al motore sia rettangolare di ampiezza regolabile o costituita da impulsi di ampiezza costante e frequenza elevata modulati in durata; tali inverter, che sono adatti per potenze che vanno dal kW alle centinaia di kW, utilizzano in genere IGBT; - inverter a corrente impressa (CSI) che impongono una forma d'onda di corrente rettangolare al motore; tali inverter, che sono adatti per potenze dell'ordine dei MW, utilizzano in genere SCR, GTO, IGCT o MCT. Tutti gli inverter VSI, come anche il chopper a transistori a ponte, sono dotati di una resistenza di frenatura in serie ad un transistore, disposta nello stadio intermedio tra raddrizzatore e inverter in parallelo al condensatore di spianamento. Il suo dimensionamento può non essere adeguato nei casi in cui il motore alimentato dall'inverter funzioni per lunghi periodi da generatore. Ogni resistenza ha infatti una potenza nominale Pf che corrisponde alla massima potenza termica che essa può dissipare per effetto Joule in condizioni di funzionamento continuativo e pertanto indicando con V la tensione del BUS e con Rf la resistenza di frenatura, deve essere verificata la condizione V2/Rf ≤ di Pf

.

In figura III-31 è evidenziata la similitudine strutturale tra un chopper ed un inverter VSI.

Fig. III-31

Oltre che per il controllo del moto dei motori in corrente alternata trifasi, gli inverter hanno molteplici altre applicazioni nell'industria, nei trasporti, nella trasmissione di energia elettrica e nei gruppi di continuità.

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III-6a. Inverter VSI six-step o ad onda quadra.

L'inverter VSI six-step è costituito (fig. III-32) da: - un raddrizzatore a ponte trifase totalcontrollato ad SCR lato rete che raddrizza la tensione e ne regola il valore medio; - un filtro L-C nel circuito intermedio, con una batteria di condensatori di elevata capacità per livellare la tensione raddrizzata e fornire una via per le correnti rapidamente variabili prelevate dall'inverter; - un inverter lato motore, costituito da tre gambe in ognuna delle quali sono disposti due tasti funzionanti in modo complementare, che fornisce una terna simmetrica di tensioni concatenate in onda quadra (a cui corrisponde una terna simmetrica di tensioni stellate a sei gradini) e ne regola la frequenza; i sei tasti di tale convertitore, di cui tre (uno per gamba) sono attivi ad ogni istante, sono costituiti da transistori, con in antiparallelo dei diodi; diodi essenziali per fornire all'apertura dei transistori una via di ricircolo per la corrente del motore e per consentire nei periodi di frenatura l'inversione del flusso di potenza dalla macchina azionata al circuito intermedio.

Fig. III-32

Il funzionamento di tale inverter consiste nel mantenere in stato di conduzione per metà periodo uno dei due tasti di una gamba e per l'altra metà l'altro tasto; in modo analogo ma sfasati nel tempo sono fatti funzionare i tasti delle altre due gambe. Come esempio in figura III-33 per 0≤t<T/2 è S1 ON e S4 OFF e per T/2≤t<T è S1 OFF e S4 ON; le accensioni e gli spegnimenti delle coppie di transistori S3-S6 e S5-S2

In base agli andamenti di v

si verifichino in modo analogo ma sfasate nel tempo rispettivamente di T/3 e 2T/3.

an vbn e vcn si ottengono quelli delle tensioni concatenate in onda quadra vab vbc e vca e delle tensioni di fase a sei gradini del motore vas vbs e vcs. Effettuando la scomposizione in serie di Fourier, si nota che nella tensione concatenata ai morsetti di uscita dell'inverter sono presenti tutte le armoniche di tensione di ordine 6n±1. A causa dell'elevata ampiezza delle armoniche di basso ordine di tale tensione, con gli inverter six-step é opportuno utilizzare motori ad alta induttanza di dispersione per limitare le corrispondenti armoniche di corrente e quindi le perdite per effetto Joule, il declassamento del motore e gli stress meccanici

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causati dalle pulsazioni di coppia alle basse velocità.

Fig. III-33

Altri inconvenienti connessi all'uso degli inverter six-step sono:

- non elevate prestazioni dinamiche a causa della presenza di due convertitori controllati e di un grosso filtro capacitivo (C = 2.000-20.000 µF), - basso fattore di potenza in ingresso in corrispondenza delle basse tensioni di uscita, (tale inconveniente può essere eliminato e le dimensioni del filtro possono essere ridotte utilizzando un ponte a diodi seguito da un chopper al posto del raddrizzatore controllato), - valore minimo della velocità pari a circa il 10% della velocità nominale, in relazione al sovra-riscaldamento determinato dall'elevato contenuto armonico alle basse velocità - complicazioni circuitali, nel caso di funzionamento su quattro quadranti e frenatura a recupero, - non é adatto per il funzionamento a flusso costante del motore dato che la componente fondamentale della tensione concatenata é invariante con la frequenza.

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III-6b. Inverter VSI-PWM.

E' il tipo di inverter attualmente più diffuso; esso é costituito (fig. III-34a) da:

- un raddrizzatore a ponte trifase non controllato lato rete, la cui funzione è raddrizzare la tensione;

- un filtro L-C con una batteria di condensatori di bassa capacità per livellare la tensione raddrizzata nel circuito intermedio;

- un inverter lato motore con tre tasti attivi ad ogni istante che regola sia la frequenza che l'ampiezza della fondamentale della tensione ai suoi morsetti di uscita e in cui i due transistori di ogni gamba hanno un funzionamento complementare e possono essere considerati come una singola unità controllata da un singolo generatore PWM (fig. III-34b).

Fig. III-34a

Fig. III-34b

Le tensioni concatenate di alimentazione del motore sono costituite da una successione di impulsi (positivi e negativi) di ampiezza uguale alla tensione continua di ingresso e di larghezza variabile (fig. III-35a). In figura III-35b è riportato un dettaglio dell'andamento degli impulsi.

Fig. III-35a Fig. III-35b

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Modulando opportunamente la durata di ciascun impulso si regola l'ampiezza della fondamentale di tensione (fig. III-36) e si spostano nel contempo le armoniche verso frequenze molto più alte, ottenendo così, grazie alla più energica azione di filtraggio dell'induttanza di dispersione del motore, una corrente pressoché sinusoidale (fig. III-37a) rispetto al caso di inverter six-step (fig. III-37b).

Fig. III-36

Fig. III-37a

Fig. III-37b

Pertanto, gli azionamenti con inverter PWM presentano, rispetto a quelli con inverter six-step, molteplici vantaggi (che dipendono dal numero e dalla posizione delle commutazioni, cioè dal tipo di componenti usati e dalla tecnica di modulazione scelta) tra cui: - migliori prestazioni dinamiche; - funzionamento alle basse velocità dolce, praticamente senza ondulazioni di coppia; - fattore di potenza praticamente unitario e indipendente dalla velocità; - minore inquinamento in rete; - filtro del circuito intermedio più piccolo; - maggiore rendimento e quindi minore declassamento del motore; - semplificazione e minore costo della sezione di potenza. Tali vantaggi sono ottenuti a spese di un circuito di controllo più complesso, di più alte perdite di commutazione e di un maggior rumore acustico (che può essere eliminato spostando la frequenza di commutazione nella zona non udibile >16 kHz mediante l'uso di componenti veloci, o attenuato utilizzando la sottoscillazione random). Inoltre l'elevata frequenza di lavoro degli elementi di potenza pone dei limiti alla potenza dell'azionamento.

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Tra le tecniche PWM basate sull'elaborazione di segnali analogici la più impiegata é quella della sottoscillazione. In tale tecnica le commutazioni coincidono con le intersezioni tra una terna di tensioni di riferimento sinusoidali dette modulanti, di ampiezza proporzionale a quella desiderata per l'armonica fondamentale delle tensioni fornite dall'inverter e di frequenza uguale a quella desiderata, ed una tensione triangolare detta portante di ampiezza costante e di frequenza pure costante e multipla di quella dell'onda fondamentale (fig. III-38). Il rapporto tra la frequenza della portante e quella delle modulanti deriva da un compromesso tra due contrastanti obiettivi: minimizzare l'effetto delle armoniche sul funzionamento del motore migliorandone in particolare il rendimento e ridurre le perdite di commutazione dell'inverter.

Fig. III-38

In figura III-39 sono riportati due andamenti della tensione concatenata ai morsetti di uscita dell'inverter, in relazione a due diverse ampiezze della modulante.

Fig. III-39

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Altre tecniche di sottoscillazione diverse dalla sinusoidale sono: a) sovramodulazione: per aumentare l'ampiezza della componente fondamentale; b) modulazione uniforme: facilmente implementabile su microprocessore; c) PWM random: per attenuare il rumore acustico; d) PWM vettoriale: per trattare l'inverter nella sua globalità, invece di trattare separatamente ciascuna delle tre fasi. Vi sono poi tecniche PWM impieganti microprocessori; queste sono basate essenzialmente su due differenti approcci: a) eliminazione armonica, in cui la scelta degli istanti di commutazione é tale da eliminare determinate armoniche; b) ottimizzazione del residuo armonico, in cui la scelta degli istanti di commutazione é tale da minimizzare un opportuno indice di qualità, che tiene conto dell'incremento delle perdite negli avvolgimenti del motore e/o delle coppie alternative presenti all'asse del motore.

Nel caso di azionamenti che richiedono ampi campi di variazione della velocità, si utilizza la modulazione PWM fino alla velocità nominale; mentre al disopra della velocità nominale il motore é così filtrante che potrebbe convenire far passare l'inverter dal funzionamento PWM a quello in onda quadra e quindi il motore dal funzionamento a coppia costante a quello a potenza costante. Nella figura III-40 è riportata la foto di un inverter.

Fig. III-40

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III-6c. Inverter CSI. Tale inverter è costituito (fig. 41a) da: - un convertitore a ponte trifase a SCR lato rete con due tasti attivi ad ogni istante, che controlla il modulo della corrente nelle fasi del motore in funzione della coppia da sviluppare; esso funziona da raddrizzatore o da inverter a seconda che la macchina asincrona funzioni da motore o da generatore; - un grande filtro induttivo nel circuito intermedio in corrente continua, che riduce le ondulazioni della corrente nel DC-link, dovute alle commutazioni del convertitore lato rete e di quello lato motore, e che assieme ad un anello di corrente fa sì che la parte a monte dell'inverter si comporti praticamente come un generatore di corrente; - un convertitore a ponte trifase a SCR lato macchina con sei tasti di cui solo due (non appartenenti alla stessa gamba) attivi ad ogni istante; in tale convertitore, che funziona da inverter o da raddrizzatore a seconda che la macchina asincrona funzioni da motore o da generatore, oltre ai 6 SCR, sono presenti 6 condensatori, che realizzano con le induttanze del motore dei circuiti risonanti per lo spegnimento ciclico dei tiristori, e 6 diodi, la cui funzione è disaccoppiare i condensatori dal motore; tale convertitore, che, in relazione alla velocità desiderata, controlla la frequenza del motore commutando ciclicamente (ogni 120° elettrici) la corrente attraverso due delle tre fasi del motore, non può funzionare a vuoto in quanto l'impedenza del motore alimentato é parte integrante del circuito di commutazione.

Fig. III-41a Fig. III-41b

Negli inverter CSI la forma d'onda della corrente statorica (fig. III-41b) é praticamente rettangolare (con blocchi di 120° elettrici di conduzione separati da intervalli di 60° a corrente nulla) con una frequenza variabile in funzione della velocità ed una ampiezza variabile in funzione della coppia che il motore deve fornire, mentre la forma d'onda della tensione statorica é sinusoidale con sovrapposti dei picchi di tensione causati dai processi di commutazione.

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Nei motori asincroni alimentati da inverter CSI, poiché l'induttanza magnetizzante è molto alta rispetto a quella rotorica, le armoniche di basso ordine della corrente statorica fluiscono nel rotore, e quindi la corrente magnetizzante è virtualmente una sinusoide di frequenza pari alla fondamentale. Conseguentemente il flusso, la f.c.e.m. e la tensione ai morsetti del motore sono sinusoidali. Solo la componente fondamentale della corrente contribuisce pertanto alla coppia ed alla potenza sviluppate; le armoniche invece aumentano le perdite nel rame e nel ferro e quindi il declassamento del motore e producono coppie pulsanti, i cui effetti sono particolarmente sentiti alle basse velocità. Osservando gli andamenti delle correnti applicate al motore e delle relative fondamentali, si nota che per quanto riguarda queste ultime la situazione in cui una corrente è nulla e le altre due sono di uguale ampiezza ma di senso opposto si verifica solo sei volte nel periodo. In altri termini il motore é alimentato “correttamente” solo in sei istanti per ciascun periodo della corrente di alimentazione, al di fuori dei quali riceve un'alimentazione “avanzata” o “ritardata” rispetto al dovuto, con conseguente ondulazione di coppia di frequenza pari a sei volte quella dell'alimentazione.

L'ondulazione di coppia all'asse del motore (fig. III-41b), causata dalla forma d'onda rettangolare della corrente, genera un'ondulazione di velocità generalmente non accettabile se il motore funziona a bassa velocità; a velocità sufficientemente elevata invece le pulsazioni di coppia non sono fonte di sensibili variazioni di velocità della macchina poiché il loro periodo (1/6f) risulta molto breve rispetto al tempo di risposta meccanica della macchina asincrona.

I principali inconvenienti connessi all'uso degli inverter CSI sono: - dimensioni e costo dell'induttanza del circuito intermedio e dei condensatori di commutazione elevati; - scadenti prestazioni dinamiche; - elevate ondulazioni di coppia, particolarmente sentite alle basse velocità, e conseguenti costi aggiuntivi connessi all'impiego di speciali provvedimenti (opportune tecniche di modulazione della corrente ed oculata scelta del giunto di accoppiamento) per evitare oscillazioni torsionali pericolose per la parte meccanica; - impossibilità di funzionare ad anello aperto; infatti nel tratto stabile della caratteristica meccanica di un asincrono alimentato a corrente impressa (fig. III-42), essendo lo scorrimento piccolissimo e quindi le correnti rotoriche quasi nulle, la macchina andrebbe in saturazione con conseguente aumento delle perdite nel ferro, della corrente magnetizzante e del ripple di coppia; è quindi necessario lavorare nel tratto instabile con un anello di controllo che forzi la macchina a rimanere nel suo punto di lavoro;

Fig. III-42

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- scadente fattore di potenza in corrispondenza dei bassi valori della tensione del circuito intermedio; - elevato contenuto armonico nella corrente con conseguenti perdite nel motore, perdite che possono essere limitate solo aumentando la frequenza di commutazione, cioè utilizzando una tecnica di comando degli interruttori di tipo PWM, in tale caso però dovremmo utilizzare componenti con elevata frequenza di commutazione, cioè semiconduttori non particolarmente adatti per gli inverter CSI, nei quali gli alti valori delle capacità dei condensatori di commutazione limitano notevolmente la massima frequenza di funzionamento dell'inverter; pertanto il PWM viene usato solo per basse velocità (inferiori a circa il 10% della velocità nominale) principalmente per eliminare le pulsazioni di coppia; ma non alle alte velocità, in corrispondenza delle quali le pulsazioni di coppia, anche se non provocano fluttuazioni di velocità, riducono la vita del motore. Un pregio degli inverter CSI, oltre alla robustezza ed affidabilità, é che il recupero dell'energia in rete durante le fasi di frenatura, contrariamente al caso degli inverter VSI, non comporta nessuna complicazione, in quanto il flusso di energia si inverte cambiando la polarità della tensione continua del circuito intermedio, ritardando gli istanti di accensione degli SCR del convertitore lato rete, mentre la direzione della corrente rimane inalterata e l'energia viene restituita alla rete dai due convertitori che si scambiano le relative funzioni di raddrizzatore e di inverter (fig. III-43).

Fig. III-43 Il senso di rotazione del motore può poi essere invertito semplicemente cambiando la sequenza delle accensioni degli SCR del convertitore lato macchina, senza nessun intervento sul circuito a monte, consentendo così il funzionamento nei quattro quadranti del piano C-Ω. Concludendo tale tipo di inverter é particolarmente adatto per azionamenti di grande potenza funzionanti su quattro quadranti con recupero dell'energia durante le fasi di frenatura e che non richiedono elevate prestazioni dinamiche.

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III-6d. Confronto fra i vari tipi di inverter. La tabella III-3 riassume sinteticamente le principali caratteristiche connesse all'uso dei vari tipi di inverter. VSI Six-step con

raddrizzatore controllato VSI six-step con chopper

VSI PWM CSI

Dinamica − − + −− Ondulazioni di coppia − − ++ − Recupero energia − − − ++ Fattore di potenza − + + −− Robustezza − − − + Dimensioni e peso + + + −− Azionam. multimotori + + + −−

Tab. III-3

Con gli inverter VSI, in cui le armoniche di tensione sono determinate dall'inverter e quindi le conseguenti armoniche di corrente e le relative perdite sono limitate dalla reattanza del carico, conviene utilizzare motori asincroni con elevata induttanza di dispersione. Nel caso invece di inverter CSI conviene utilizzare motori asincroni con bassa induttanza di dispersione per limitare l'ampiezza dei picchi presenti nella tensione di fase e le armoniche di tensione e quindi le perdite. L'aumento delle perdite nel ferro e nel rame nei motore alimentati tramite inverter comporta, per evitare pericolosi sovrariscaldamenti, la necessità di effettuare un certo declassamento della coppia del motore (≅10%). Il declassamento dovuto alla ridotta asportazione del calore alle basse velocità é però molto più significativo (al di sotto del 50% della velocità nominale e per coppia di carico costante può variare linearmente fino a circa il 50% a velocità nulla). Nel caso di azionamenti per pompe, ventilatori e compressori il declassamento di coppia alle basse velocità non costituisce normalmente un problema, a causa delle conseguenti ridotte richieste di coppia.

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III-6e. Inverter tradizionali e inverter rigenerativi Negli inverter tradizionali il convertitore lato rete (ponte di diodi o a SCR) se fornito di induttanza di ingresso linea (fig. III-44) è sicuramente una soluzione robusta e di basso costo, ma comporta alcuni inconvenienti: contenuto armonico non irrilevante, flusso di energia unidirezionale e tensione in uscita al massimo uguale a quella di alimentazione.

Fig. III-44

Nella maggior parte delle applicazioni i suddetti inconvenienti non comportano particolari problemi (es. nella regolazione della velocità di pompe, compressori, ventilatori, ecc.); però nelle applicazioni nelle quali è richiesta la frenatura elettrica, e quindi l'energia cinetica/potenziale del sistema deve essere dissipata in un resistore, tale soluzione diventa precaria se sono in gioco grosse potenze, oppure frenature di lunga durata (es. gru a pieno carico in marcia discesa o aspi svolgitori). In tali casi il convertitore a ponte a diodi lato rete deve essere sostituito con un convertitore bidirezionale costituito da due ponti trifasi a SCR disposti in antiparallelo (fig. III-45) o meglio da un inverter (fig. III-46).

Fig. III-45 Fig. III-46

Nel convertitore bidirezionale costituito da due ponti trifasi a SCR in antiparallelo, utilizzato negli azionamenti in corrente continua ma raramente in quelli in corrente alternata, in genere un ponte funziona da raddrizzatore erogando energia all'inverter lato motore tramite il filtro LC e l'altro è disattivato. Solo nelle fasi di frenatura, nelle quali si inverte il senso della corrente mentre la polarità della tensione del circuito

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intermedio rimane invariata, il ponte che era in funzione viene bloccato e l'altro funziona da inverter e restituisce energia alla rete tramite un autotrasformatore. Il convertitore bidirezionale costituito da un inverter, che funziona in genere da raddrizzatore e nelle fasi di frenatura da inverter, é controllato in modo da assorbire dalla rete di alimentazione o fornire alla rete di alimentazione correnti sinusoidali in fase con la tensione di linea. I convertitori lato rete bidirezionali, poiché consentono il recupero in rete di parte dell'energia di frenatura, non necessitano di una resistenza di frenatura e risultano molto utili nel caso di applicazioni, quali gru, ascensori, centrifughe ecc., in cui le frenature si ripetono regolarmente, o la potenza di frenatura è molto elevata, o il risparmio energetico costituisce un obiettivo primario. Un numero sempre maggiore di industrie tende a sostituire gli inverter tradizionali con quelli rigenerativi non solo per il risparmio energetico conseguibile ma anche per i seguenti vantaggi connessi alla possibilità di controllare l'ampiezza e la fase della tensione lato rete: - notevole riduzione della distorsione della corrente scambiata con la rete (si passa da valori maggiori del 30% alla quasi assenza di armoniche di linea <4%) ed eliminazione di problemi di risonanze elettriche con altre apparecchiature alimentate dalla stessa rete; risonanze inevitabilmente presenti nei sistemi con molti inverter e con condensatori di rifasamento; - fattore di potenza unitario e addirittura impostabile, con conseguente diminuzione del valore efficace della corrente fornita dalla linea e quindi riduzione delle perdite nei cavi e nel trasformatore a monte; - possibilità di aumentare la tensione raddrizzata sul DC bus oltre al valore di picco della tensione di alimentazione; - possibilità di compensare lo sbilanciamento e l'abbassamento della tensione di rete.

Il recupero dell'energia di frenatura, oltre che con convertitori lato rete rigenerativi, può essere ottenuta anche con un unico convertitore lato rete e vari inverter, alimentanti ognuno un diverso carico, tutti connessi ad uno stesso DC bus (fig. III-47).

Fig. III-47

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I convertitori statici che eseguono la conversione diretta alternata-alternata senza stadio intermedio in corrente continua appartengono a due tipologie:

III-7. Convertitori ca/ca.

- parzializzatori di tensione

-.

che modificano solo l'ampiezza della fondamentale della tensione di uscita;

cicloconvertitori

che modificano sia l'ampiezza che la frequenza della fondamentale della tensione di uscita.

Un modo semplice ed economico per il controllo continuo della velocità di un motore asincrono trifase consiste nell'inserire tra rete e motore un convertitore ca/ca, costituito da due SCR in antiparallelo per ciascuna fase del motore (fig. III-48). Agendo sui ritardi di innesco degli SCR é possibile parzializzare più o meno la tensione di alimentazione e quindi variare la caratteristica meccanica in proporzione quadratica rispetto alla variazione del valore efficace della componente fondamentale della tensione di alimentazione provocando quindi una variazione della velocità.

III-7/1. Parzializzatori di tensione.

Un tale dispositivo viene anche utilizzato per limitare la corrente durante l'avviamento di grossi motori; dopo l'avviamento in genere gli SCR vengono cortocircuitati da un interruttore elettromeccanico per eliminare le perdite nei semiconduttori di potenza.

Fig. III-48 Tale sistema di regolazione é particolarmente adatto per ottenere piccole variazioni della velocità di pompe e ventilatori entro limiti del 10% in meno della velocità a pieno carico e consente di limitare la corrente di spunto. Presenta però i seguenti inconvenienti: rendimento, fattore di potenza e coppia di spunto ridotti, notevole inquinamento della rete di alimentazione e sensibili stress termici e meccanici del motore.

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III-7/2. Cicloconvertitori.

I cicloconvertitori sono convertitori bastati su ponti a tiristori, che per le loro caratteristiche intrinseche possono essere vantaggiosamente utilizzati per alimentare, in un campo di frequenze più basse (< 1/3) di quella della rete di alimentazione, motori asincroni o sincroni in applicazioni di elevatissima potenza (5-20 MW) con forti coppie e basse velocità, quali ad esempio laminatoi o mulini per cementifici. Ogni fase del cicloconvertitore è costituita da un convertitore bidirezionale in tensione e corrente (fig. III-49), ottenuto in pratica da due raddrizzatori totalcontrollati montati in antiparallelo. Mediante una opportuna successione di impulsi di accensione ripetuta ciclicamente si riesce a variare nel tempo il “valor medio della tensione raddrizzata”, approssimando una forma d'onda sinusoidale di ampiezza e frequenza voluta. La determinazione degli istanti di accensione degli SCR dei due ponti può essere effettuata per via analogica (fig. III-50) attraverso la comparazione di due tensioni sinusoidali di riferimento (di uguale ampiezza e frequenza e sfasate di 180°), di frequenza uguale a quella a quella desiderata in uscita, con funzioni triangolari sincronizzate con la rete di alimentazione a frequenza fissa.

Fig. III-49

Fig. III-50

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In figura III-51 è riportato un esempio di possibile schema di cicloconvertitore e la forma d'onda di tensione ottenibile .

Fig. III-51

Pregi dei cicloconvertitori: -reversibilità in tensione e corrente; -elevato rendimento e robustezza; -ripple di coppia abbastanza contenuti. Difetti: -basse frequenze in uscita rispetto alla frequenza di alimentazione; -elevato numero di componenti richiesti ; -complessità del circuito di controllo derivante dal numero di SCR; -basso fattore di potenza ed elevato contenuto armonico.

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Le aziende distributrici forniscono l'energia elettrica con tensioni praticamente sinusoidali, ma le correnti assorbite dai carichi non lineari, in genere dovuti alla presenza di convertitori statici (azionamenti elettrici, personal computer, elettrodomestici, soft starter, UPS, saldatrici, ecc.), non sono sinusoidali. Pertanto, a causa delle conseguenti cadute di tensione distorte, le tensioni in prossimità dei suddetti carichi non sono più sinusoidali e quindi anche nei carichi lineari situati in prossimità si hanno armoniche di corrente, che producono vari fenomeni indesiderati, quali:

III-8. Armoniche.

-diminuzione del fattore di potenza e quindi correnti più alte del necessario; -aumento delle perdite nei cavi di alimentazione e quindi surriscaldamento dei conduttori e invecchiamento accelerato degli isolanti; -danneggiamento dei condensatori di rifasamento e spianamento a causa delle maggiori correnti dovute alla diminuzione della reattanza capacitiva; -interferenza con altri dispositivi allacciati alla stessa rete di alimentazione. -possibilità di risonanze elettriche gravi per l'intero sistema. Per proteggere gli utenti dagli effetti delle armoniche causate dai carichi non lineari, le aziende distributrici hanno stabilito che ogni utilizzatore deve, mediante l'adozione di idonei dispositivi, ridurre le armoniche ad un livello tale da non superare determinati valori del fattore di distorsione totale THD, che per i sistemi a bassa tensione è l'8%. Dei limiti sono anche fissati per singole armoniche. Gli edifici adibiti ad uffici con elevata densità di personal computer e gli impianti industriali che utilizzano un notevole numero di azionamenti elettrici sono tipici luoghi in cui frequentemente si possono verificare i suddetti problemi. Come regola generale solo se i carichi non lineari rappresentano una aliquota maggiore del 20% di tutti i carichi allacciati allo stesso sistema di alimentazione si devono adottare alcune delle seguenti strategie per ridurre il livello di contenuto armonico della corrente. 1) Utilizzare dove possibile raddrizzatori trifasi, che comportano correnti con un contenuto armonico minore (circa il 30%) di quello dei monofasi di pari potenza. In figura III-52 sono riportati gli andamenti della corrente in ingresso a raddrizzatori a ponte a diodi monofasi e trifasi relativi rispettivamente ad azionamenti in corrente continua e ad azionamenti trifasi asincroni.

Fig. III-52

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2) Inserire induttanze addizionali in serie all'ingresso di un azionamento. Soluzione robusta ed economica che oltre a proteggere il ponte a diodi dalle sovratensioni di rete, allunga la vita dei condensatori di spianamento e riduce il sovraccarico di eventuali condensatori di rifasamento. Nelle figure III-53a e III-53b sono mostrati gli andamenti a pieno carico della corrente (con relativo spettro armonico) in ingresso ad un raddrizzatore a ponte trifase a diodi di un azionamento asincrono nel caso rispettivamente di assenza e di presenza di induttanze di ingresso.

Fig. III-53a

Fig. III-53b

3) Utilizzare invece di raddrizzatori standard a 6 impulsi raddrizzatori con un numero di impulsi più alto (fig. III-54), in quanto nei raddrizzatori con numero di impulsi pari ad N la più bassa armonica presente è la (N-1)a

.

Fig. III-54

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4) Utilizzare filtri armonici passivi costituiti da più rami LC connessi in parallelo al carico da filtrare. Tali filtri, semplici ed economici, sono oggi gli elementi di più largo impiego per la riduzione nelle reti di distribuzione dei disturbi causati dai carichi non lineari. La loro inserzione è però una operazione da eseguire con cautela in quanto, modificando l'impedenza della rete alle diverse frequenze, altera la risposta in frequenza dell'impianto e pertanto può generare fenomeni di risonanza, anziché una attenuazione dei disturbi e se sullo stesso sistema di alimentazione sono inseriti più filtri passivi si possono verificare interazioni e risonanze ad impreviste frequenze. Non sono inoltre adatti per carichi con correnti variabili continuamente e rapidamente nel tempo, in quanto il ritardo tra un repentino aumento di carico e l'inserzione del nuovo gradino è dell'ordine di qualche diecina di secondi. 5) Utilizzare filtri armonici attivi, cioè dispositivi che praticamente annullano la distorsione nel nodo a cui sono collegati iniettando nella rete correnti armoniche uguali ma di fase opposta alle correnti da filtrare (fig. III-55). I filtri attivi, essendo equivalenti a generatori ideali di corrente, non modificano l'impedenza della rete, pertanto la loro inserzione, a differenza di quanto avviene con i filtri passivi, non provoca fenomeni di risonanza. Con essi è poi possibile far fronte anche a correnti armoniche rapidamente variabili nel tempo. Infine consentono di ottenere una minore distorsione armonica residua (5% rispetto al 10-15% dei filtri passivi ben dimensionati); tali filtri però attualmente sono in generale piuttosto costosi.

Fig. III-55

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6) Sostituire al raddrizzatore a ponte a diodi o ad SCR uno stadio di ingresso attivo (inverter a IGBT), che forza la corrente di ingresso ad essere praticamente sinusoidale (THD < 4%) ed in fase con la tensione di alimentazione (fig. III-56) e quindi con fattore di potenza di ingresso prossimo all'unità. Questo convertitore di ingresso è complesso e costoso, ma, oltre ad eliminare in modo globale qualunque problema di risonanza elettrica con altre apparecchiature alimentate dalla stessa rete, consente il recupero in rete dell'energia di frenatura del carico e una eccellente regolazione della tensione del circuito intermedio, che può essere regolata a valori superiori a quelli che si hanno con un normale ponte a diodi.

Fig. III-56

Mentre nei circuiti elettrici interessati da grandezze elettriche sinusoidali il fattore di potenza è il coseno dell'angolo di fase tra tensione e corrente, in quelli comprendenti convertitori statici, a causa della presenza delle armoniche, è dato dal rapporto tra potenza attiva e apparente (ottenuta come prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente); esso è cioè dato dal prodotto del fattore di spostamento (rapporto tra potenza attiva e prodotto dei valori efficaci delle fondamentali di tensione e corrente, che dipende dall'angolo di fase) per il fattore di distorsione (rapporto tra il prodotto dei valori efficaci delle fondamentali di tensione e corrente ed il prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente, che dipende dal contenuto armonico). Il problema delle armoniche rientra in quello più ampio della compatibilità elettromagnetica, cioè quell'insieme di regole che stabiliscono i limiti di emissione dei disturbi e il livello di immunità ai disturbi stessi, in modo che più apparecchi elettrici alimentati dalla stessa rete possano funzionare correttamente. Dal 1996 tutti gli apparecchi elettrici per poter essere immessi nel mercato Europeo devono soddisfare le norme previste dalla direttiva europea 89/336/CEE, devono cioè essere elettromagneticamente compatibili o brevemente EMC Le norme della direttiva suddividono i disturbi in due grandi categorie: -disturbi condotti: a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che si propagano lungo i cavi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 150 kHz a 30 MHz; -disturbi radiati; a questa categoria appartengono tutti quei disturbi che utilizzano l’etere per propagarsi e il campo di frequenza previsto per questi disturbi va da 30 MHz a 1 GHz.