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Cap Ferrat,23 e 24 Ottobre 2014

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R.I.B. • Reinsurance International Brokers S.p.A.

SOMMARIOIl soddisfacimento delle esigenze di risparmio e protezione dai rischi in un contesto di crisi economica

Dott. Fabio Cerchiai Presidente UnipolSai, Bologna 6

Assicurazioni e finanza per il rilancio del sistema Paese

Dott. Carlo SalvatoriPresidente Allianz S.p.A., Milano 10

Crisi finanziaria come fonte di opportunità

Dott. Fabio InnocenziAmministratore delegato UBS (Italia) S.p.A., Milano 16

Italia: ultima chiamata per la crescita

Dott. Gregorio De FeliceHead of research and chief economist (Intesa Sanpaolo), Milano 20

La sostenibilità del ramo I nel contesto attuale

Dott.ssa Lauretta FilangieriDirettore Commerciale Intesa Sanpaolo Vita, Milano 28

La professione del broker tra cambiamenti normativi ed

evoluzioni di mercato

Dott. Carlo Marietti Andreani - Dott.ssa Antonia BoccadoroPresidente e Segretario Generale AIBA Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, Roma 34

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XXI Convegno R.I.B. S.p.A.

Vincere le sfide di un mercato che cambia: il ruolo dell’agente

Dott.Vincenzo CirasolaPresidente Nazionale ANAPA e Presidente Gruppo Agenti Generali, Roma 48

Finanziamento dell’economia italiana

Dott. Dario FocarelliDirettore Generale ANIA – Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, Roma 52

Emu=Ebu e la morte del btP. Lunga vita all’Italia

Dott. Massimo FignaAmministratore Delegato Tenax Capital Ltd., Londra 58

L’evoluzione digitale della specie

Dott.ssa Mirella Boldrini - Dott. Alberto DamontiAmministratore Delegato R.I.B., Reinsurance International Brokers S.p.A. Direttore Generale Assigeco Solutions S.rl., Milano 64

Reti fisiche e social media: dalla competizione alla

cooperazione

Dott. Andrea BattistaAmministratore Delegato Eurovita Assicurazioni S.p.A., Roma 72

La digitalizzazione dei contratti di assicurazione ed i canali distributivi non tradizionali

Avv. David MorgantiStudio Legale Morganti e Associati, Roma 80

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Franco Curioni, Presidente della R.I.B. porge un caloroso benvenuto a tutti i parteci-panti al XXI Convegno di Cap Ferrat, formulando i migliori auguri per il buon esito dei lavori congressuali.Fausto Panzeri, che avrà il compito di coordinare tutti gli interventi, illustra rapida-mente quali saranno i temi che verranno dibattuti nel Convegno e cede la parola al primo relatore.

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Il soddisfacimento delle esigenze di risparmio e protezione dai rischi in un contesto di crisi economica Dott. Fabio Cerchiai Presidente UnipolSai, Bologna

Vorrei iniziare citando un vecchio adagio popolare che dice: “Pochi, maledetti e subito”. In genere la frase sintetizza il de-siderio di tutti noi di avere un po’ di risorse finanziarie. Nel no-stro caso identifica, in modo non pessimistico o drammatico, il quadro economico in cui viviamo e le esigenze dalla maggior parte di noi.Un recente resoconto del CENSIS mette molto bene in evidenza gli aspetti di cui bisogna tener conto quando si vuole esamina-re, in un’ottica temporale di medio-lungo termine, il contesto attuale che ci circonda e nel quale dobbiamo operare.Oggi c’è una forte ansia per il futuro che è diffusa a tutti i livelli e quei pochi soggetti che non la dimostrano destano in me una preoccupazione ancor maggiore, perché vuol dire che si sono rassegnati. L’ansia in realtà di per sé non è uno stato negati-vo: corrisponde potenzialmente ad un terreno fertile. Quando c’è ansia per il futuro vuol dire che c’è preoccupazione, vuol dire che è stato identificato un problema e che si vuole e si deve cercare di risolverlo. Dalla ricerca del CENSIS è risultato che un italiano su tre oggi teme la povertà. Alcuni parametri misurano chiaramente questo stato d’ansia. I contanti e i de-positi bancari in sette anni (compresi quindi gli anni della crisi) sono aumentati del 9,2%, 324 miliardi di euro in più di quelli che avevamo nel 2006. Perdura la propensione al risparmio, ma si teme di investirlo per periodi medi-lunghi o in strumen-ti che non danno massima tranquillità. C’è quindi la tenden-za a tenere i risparmi “a vista” proprio perché l’ansia ti porta ad avere questo tipo di atteggiamento. Abbiamo contanti e depositi bancari che valgono tutt’oggi 1.209 miliardi di euro; non siamo, quindi, un Paese povero. La liquidità costituisce il 30% dell’attività finanziaria delle famiglie, ma il dato che mi ha colpito di più è che nel 2007 la percentuale era solo del 25%, quindi la liquidità dopo sette anni di crisi è aumentata. Questo testimonia, in termini di numeri, la diffusa percezione del rischio di impoverimento progressivo. L’ansia porta a rispar-miare, ma sempre tenendo a stretta portata di mano risorse finanziarie per l’incertezza ed il timore del domani. Da questo è nata una profonda revisione dello stile di vita delle famiglie medie su cui ci dovremo confrontare a lungo. Infatti lo stile di vita cambia molto lentamente, ma una volta modificato ci mette molto tempo a tornare quello che era. Se

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si vengono a determinare dei cambiamenti significativi nella propensione al consumo, è difficile poi riprendere abitudini del passato anche quando si tornasse ad una crescita econo-mica, perché lo stile di vita è la stratificazione di una serie di esperienze.Un altro dato che emerge da questa indagine è che soltanto il 30% degli italiani si sente le spalle coperte per il futuro. Una percentuale molto contenuta che colpisce, in particolare, se la confrontiamo con altri dati europei come gli spagnoli (58%), gli inglesi (61%), i tedeschi (73%) e i francesi (73%). Tutti paesi che stanno vivendo una crisi economica profon-da come la nostra, ma che avvertono maggiore positività in termini prospettici. Dobbiamo affrontare con ben altro stato d’animo il futuro, individuare le azioni da compiere per ribal-tare questa negativa situazione in un orizzonte temporale di 15/20 anni. Certo partiamo da una situazione che giustifica il pessimismo. Negli ultimi sei anni la disoccupazione in Italia è raddoppiata, il PIL è diminuito dell’11% e la produzione industriale del 25% e tutto questo non è imputabile priorita-riamente a specifiche ed individuate responsabilità politiche, perché in questi sei anni si sono succeduti quattro differenti Presidenti del Consiglio. La politica non è il problema, né può essere la soluzione. Occorre un vero e proprio piano indu-striale che coinvolga l’intero assetto Paese con un interven-to radicale, sia sul piano della spesa, che degli investimenti: le previsioni ottimistiche non servono e non sono fatte per quest’epoca soprattutto se a breve termine, anzi possono es-sere fuorvianti ed elusive. Si deve ragionare su un orizzonte temporale medio-lungo affrontando alla radice i molti proble-mi che si pongono senza cadere nella tentazione di mettere delle pezze. Questo modo di agire sarebbe pura leggerezza e superficialità. Bisogna avere una visione d’insieme che, a mio avviso, poggia molto anche sul ruolo che nel sistema econo-mico di un Paese moderno possono avere banche e assicura-zioni, come industria di riferimento e perno su cui costruire una ripresa durevole e sostenibile. L’aspetto positivo è che l’Italia è ricca di risorse intellettuali, individuali e finanziarie, testimoniata anche dai dati sopra indicati, sulla quale è possi-bile costruire l’indispensabile ripresa della crescita economica.Banche e assicurazioni hanno un doveroso ruolo al servizio

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dell’economia reale, ma hanno ancor prima un doveroso ruolo verso i depositanti e gli assicurati che hanno affidato e conti-nuano ad affidare loro i propri risparmi.Banche ed Assicurazioni hanno il dovere di corrispondere nei loro impieghi con prudenza, trasparenza ed assoluta coerenza alle esigenze espresse dai propri clienti, che per lo più voglio-no sicurezza negli investimenti del loro risparmio. Il rispetto delle regole è un dovere imprescindibile, ma non è di per sé esaustivo ne sufficiente. Gli utenti (risparmiatori ed assicurati che siano) sono sempre più esigenti e consapevoli e l’etica dei comportamenti di banche ed assicurazioni è sempre più indispensabile.La risposta giusta non può essere, quindi, affidata solo alla con-correnza o alle regole. Prezzo, prodotto e qualità del servizio sono elementi che nel loro insieme devono costituire un’offerta trasparente e competitiva. In particolare nella raccolta assicu-rativa che continua a crescere a due cifre in conseguenza di una vivace domanda della collettività di collocare il risparmio in modo sicuro. Quindi, se il punto di partenza e di arrivo devo-no essere le esigenze dei risparmiatori e le loro aspettative, ci deve essere un’assoluta coerenza tra la tipologia della raccolta e quella dell’impiego. Personalmente non sono d’accordo sul fatto che si cerchi di indurre l’investimento delle riserve assicu-rative in prodotti finanziari diversi da quelli per cui si è fatto la raccolta e in cui i risparmiatori si attendono siano investiti. Per questo, pur credendo nei canali distributivi innovativi, pen-so che una materia delicata come quella del risparmio debba essere intermediata da agenti professionisti, cioè individui che sappiano far emergere le vere esigenze del risparmiatore. Que-sto non significa certamente mancanza di apertura a prodotti innovativi anche caratterizzati da rischio elevato, ma deve es-sere assolutamente trasparente, al momento della vendita, che le riserve relative a questa raccolta saranno investite, almeno in una misura significativa, con questo rischio risultato elevato.Le reti professionali devono sapersi evolvere in modo da dare sempre di più una risposta adeguata ai bisogni complessi, ac-centuati dalla situazione difficile in cui ci troviamo, dei sog-getti; bisogni non risolvibili soltanto in termini di prodotto. Il prodotto è l’ultima fase del risultato di confronto che do-vrebbe esserci per far emergere l’esigenza e trovare il miglior modo per soddisfarla. E quanto più occorre arrivare a prodotti “tailor-made”, tanto più si richiede un’intermediazione dav-vero professionale.Da ultimo vorrei parlare di una caratteristica dell’assicurazione, che è quella della protezione, che non si sottrae al ragiona-mento che ho fatto sino ad ora, anzi lo rilancia. La protezio-ne dei rischi attraverso l’assicurazione può essere vista come un “integratore” del capitale disponibile per ciascun soggetto economico (famiglia o impresa).L’assicurazione infatti è una operazione con la quale una fami-

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glia o un’impresa trasferisce parte dei propri rischi a un sogget-to economico forte pagando un prezzo. Ne consegue che per gestire la propria attività, sia essa di vita quotidiana o di impre-sa, c’è bisogno di minor capitale posseduto, pur conservando integra la propria solidità di fronte al potenziale verificarsi del rischio. Allora disporre di adeguate protezioni assicurative non può che accrescere anche il merito creditizio di fronte al si-stema bancario. Non è un caso che nella realtà le imprese più assicurate hanno maggiore possibilità di trovare credito e lo trovano a condizioni migliori. Banche e assicurazioni hanno due ruoli distinti nell’economia ed è un bene che ognuno faccia al meglio il proprio mestiere nel rispetto delle proprie funzioni caratteristiche. L’importante è far bene, operare in trasparenza e rispettando ogni regola. Ruoli distinti, ma con un percorso comune che certamente vale a favorire lo sviluppo economico del nostro Paese.

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Assicurazioni e finanza per il rilancio del sistema Paese

Dott. Carlo SalvatoriPresidente Allianz S.p.A., Milano

Un anno fa definimmo insieme il contesto nel quale operavamo in incertezza condizionata dalla crisi dell’economia dei mercati e della politica e valutammo alcune situazioni. Dicemmo anche che si stava prefigurando un contesto di speranza in un domani migliore. Le incertezze permangono, ma la speranza di un’Italia più viva protagonista in Europa è una speranza che si concretiz-za, oggi, con qualche preoccupazione nuova che nel frattempo si è manifestata e della quale dobbiamo tener conto, ma anche con alcuni elementi positivi in più rispetto a un anno fa.I mercati finanziari possono essere indici di sfiducia in quello che succede in economia e in politica. Per esempio, nei giorni scorsi hanno espresso giudizi negativi su alcuni temi che sono ritornati sul tappeto, come la questione Grecia, ma i mercati finanziari possono anche dirigere il loro termometro verso pro-spettive migliori, se riescono ad intravedere le giuste condizioni.Dall’ultima volta che ci siamo visti i mercati hanno mostrato molto dinamismo, molta volatilità figlia di incertezze che tutt’o-ra permangono, ma anche alcune indicazioni che penso siano da interpretare in maniera positiva. La profonda crisi econo-mica non è ancora rientrata, le tensioni geopolitiche si sono manifestate con segnali più forti in alcune aree del mondo, ma tutto questo non ha frenato l’esuberanza dei mercati. Questa esuberanza ha una ragione d’essere; letti a posteriori i mercati, si può osservare che esprimono quasi sempre i sentimenti di fondo degli operatori che agiscono con i soldi che gestiscono e con la loro credibilità; quindi in caso di nubi all’orizzonte riti-rano i soldi, ma sono disponibili a riportarli in Europa se le nubi si diradano. Le Borse europee e Wall Street hanno recentemente toccato, qualche settimana fa, i valori massimi degli ultimi sei anni e i rendimenti dei Titoli di Stato europei sono scesi ai minimi sto-rici; questo è in linea con la politica monetaria espansiva della BCE. Esiste una politica monetaria sovranazionale; questo, so-prattutto grazie a Draghi e ai recenti crolli in Borsa, e i dati non entusiasmanti della Germania hanno soltanto confermato che la politica utilizzata da Draghi è quella giusta. La fiducia degli investitori verso il sistema Italia è salita, c’è stata una considerevole somma di denaro verso il nostro Paese da parte dei grandi investitori internazionali (America, Sudamerica ed Est) che hanno effettuato grandi trasferimenti di asset dall’I-talia e verso l’Italia.

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La differenza tra i Titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è sta-bilmente sotto i 150/180 punti base, un livello di assoluta tran-quillità per il nostro Paese, e proprio nel mio intervento dello scorso anno dissi che era possibile scendere sotto ai 200 punti di spread e, infatti, ci siamo arrivati.I mercati con gli indici azionari che hanno raggiunto i livelli record a settembre, prima delle recenti correzioni al ribasso, riportano un po’ alla memoria quello che successe nel 2008. Proprio nel settembre di quell’anno la tempesta finanziaria perfetta si manifestò in tutta la sua violenza con il fallimento della Lehman; fu uno shock per gli operatori, per i regolatori e per i Governi. Nel mio intervento dello scorso anno spiegai quali erano, a mio giudizio, le cause più profonde della crisi: in primo luogo, il distacco della finanza dall’economia reale, i movimenti di capitale che si sono moltiplicati rispetto ai con-tenuti dell’economia reale e i bilanci degli intermediari finan-ziari hanno determinato un incremento abnorme del rapporto debito-patrimonio. In secondo luogo, la leva. In una lunga fase di mercato favorevole una leva elevata permette di fungere da moltiplicatore della redditività. Dopo alcuni scossoni si sono iniziati ad intravedere i problemi: attivi svalutati, ingessati e non liquidi e debiti contratti ancora da rimborsare. La crisi fu generata dagli Stati Uniti ed è diventata presto una crisi mon-diale, con ripercussioni non indifferenti in Europa e in Italia. E l’instabilità partita dal mondo della finanza si è trasformata in una crisi dell’economia reale lunga e anomala. Anomala per la sua durata, ma anche perché è una crisi globale con i Paesi a economia avanzata che crescono poco o niente e con quelli in via di sviluppo che crescono molto meno rispetto al passato, e questo è altrettanto grave. In una prima fase le Autorità di vigilanza e di controllo hanno posto un argine agli squilibri e agli eccessi di una finanza senza controllo. Alcune scelte risalgono all’amministrazione di Bush padre e queste scelte hanno contribuito a generare degli squi-libri. Quell’amministrazione, infatti, decise il libero mercato, scelse di fare finanza senza controlli, con il presupposto che gli stessi controlli sarebbero stati garantiti direttamente dal mer-cato. “Il mercato regola se stesso” era lo slogan di quell’epoca che può essere vero in periodi in cui l’andamento è ordinario, ma quando i mercati vanno in fibrillazione – questo accade

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quando entrano in scena i grandi speculatori – hanno bisogno di essere regolamentati.Detto questo, mi pare che oggi la direzione giusta sia stata correttamente tracciata, in Europa molti poteri sono in corso di trasferimento alla BCE ed è in atto un coordinamento più efficace tra la BCE e le altre autorità monetarie. Andiamo verso un nuovo equilibrio post globalizzazione che auspicabilmente sarà in grado di ridurre la capacità di generare nuove crisi e di conferire maggiore stabilità ai mercati finanziari, soprattutto attraverso un monitoraggio più attento ai controlli sugli stru-menti finanziari internazionali.In questo difficile momento, il settore assicurativo ha dimo-strato buone capacità di tenuta e recupero, di redditività, e di saper affrontare i momenti drammatici della crisi, e il mercato è tornato a crescere nel segmento delle polizze vita e, pur se in contrazione, nel ramo danni ha dimostrato nuove capacità di difesa della redditività e soprattutto una fortissima solidi-tà finanziaria. Ritengo che questo sia anche una conseguenza di un rapporto migliore e più collaborativo rispetto al passato con le Autorità centrali, l’IVASS, il Ministero dell’Economia e il Ministero delle Attività Produttive. Le Autorità centrali hanno dimostrato recentemente maggiore capacità di ascolto in or-dine ai problemi e ai temi per l’industria assicurativa. Il DNA delle assicurazioni è quello di essere un investitore istituziona-le di medio-lungo periodo. Soltanto in Italia, le compagnie di assicurazione hanno attivi pari a circa 560 miliardi di euro, le riserve tecniche ammontano a oltre 400 miliardi e nel 2013 la raccolta premi è tornata a crescere sfiorando i 119 miliardi di euro, con un incremento del 13% rispetto all’anno preceden-te, l’innovazione sta crescendo e la tecnologia ha portato, nel settore, forti impulsi a rinnovarsi e a sviluppare strategie digita-li, rendendo le compagnie sempre più vicine, anche con nuove modalità, ai propri clienti e ai propri agenti. Anche noi assicuratori siamo chiamati a fare la nostra parte per il rilancio del sistema Paese, ma perché questo accada, oggi più che mai, si ha necessità di un’azione politica che promuo-va riforme strutturali. C’è una rinnovata attenzione da parte di questo Governo. Le riforme strutturali sono necessarie per sostenere gli investimenti e stimolare la crescita; ovviamente sono necessarie sia in Italia che in Europa. Oltre agli stimoli che possono arrivare da una politica monetaria non convenzionale, che sia di stimolo all’economia, è necessario che l’Europa dia corso a una nuova stagione di riforme strutturali. Il risultato di questo processo, che deve portare a un più elevato livello di produttività e competitività, non è soltanto nell’interesse di un paese, ma anche dell’unione nel suo complesso. La ragione d’essere dell’Euro è che i singoli Stati membri si trovino in una posizione migliore dentro l’Unione Monetaria anziché fuori.Le riforme sono l’elemento cruciale per far si che i cittadini e le imprese possano trarre vantaggio da un’Europa più efficiente.

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Sottoscrivo pienamente la visione europeista e le scelte di Ma-rio Draghi. I mercati finanziari ci fanno capire che prevedono anche loro più Europa; senza l’Euro e con il ritorno alle svalu-tazioni più competitive delle valute deboli, la stessa Germania andrebbe in crisi e non venderebbe più i suoi prodotti, e loro ne sono consapevoli. Questa profonda crisi ha reso evidente che è necessario tra-sferire con gradualità ambiti di sovranità in Europa: più pote-ri legislativi al Parlamento europeo, profonda semplificazione delle commissioni, podestà normativa in materia di politiche fiscali, infrastrutturali, energetiche e di finanza pubblica. L’u-nione bancaria e monetaria può fornire un contributo di lungo termine, per la tenuta dell’eurozona, anche per la funzione di indirizzo, oltre che di controllo, di quei movimenti finanziari che oggi costituiscono ancora un pericolo per la stabilità e ter-reno fertile per la speculazione. Sciogliere l’Europa comunita-ria e rinunciare all’Euro costituirebbe, secondo me, un disastro non sopportabile e torneremmo indietro di almeno vent’anni rispetto agli altri paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, che invece ne hanno già percorsi altrettanti. Nessuno Stato europeo sarebbe in grado da solo di esercitare un’influenza significati-va sui grandi fondamenti e sui valori dell’economia mondiale, nemmeno la Germania: l’unità dell’Europa è, a mio avviso, una necessità di sopravvivenza. Un anno fatto di tante incertezze ci ha convinti ulteriormente che abbiamo tutti bisogno dell’Euro-pa e questo è l’obiettivo che dobbiamo perseguire se vogliamo che paesi come l’Italia, la Francia, la Germania e la Spagna, che hanno scritto la storia del mondo, non siano marginalizzati e perdano il loro ruolo primario che svolgono ancora oggi nel contesto internazionale. Come ho detto prima, l’Italia ha bisogno dell’Europa, ma an-che l’Europa ha bisogno di un grande paese come l’Italia, che però deve essere pronta a svolgere un ruolo un po’ più da pro-tagonista. Oggi la situazione del nostro Paese ci dice che non siamo ancora del tutto pronti per essere protagonisti indiscussi; scontiamo altre crisi oltre a quella dell’economia e dobbiamo cercare di risolverle. Abbiamo problemi di fondo da affrontare e da risolvere. Siamo carenti in investimenti, in ricerca e svi-luppo, in tecnologie avanzate; il livello e qualità dell’istruzione non è quello che vorremmo, il sistema di Welfare non è molto efficiente, la giustizia è lunga e costosa, la burocrazia è molto costosa e il nostro sistema fiscale penalizza chi lavora e con-sente a troppe persone di evadere le tasse. Questi non sono elementi utili per chi vuole investire nel nostro Paese. Come Allianz abbiamo già comunicato queste nostre preoccupazioni; non possiamo investire ora perché le condizioni sono meno fa-vorevoli o più penalizzanti rispetto alle condizioni che troviamo negli altri paesi vicino a noi.Dopo anni in cui la politica non è riuscita ad affrontare i pro-blemi del Paese, mi pare che questo nuovo e giovane Governo

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stia affrontando tutto questo in maniera diversa e credo che oggi non ci siano alternative; speriamo soltanto che riesca ad andare avanti.Auspico anche che l’Italia, come ha già dimostrato in questa fase di presidenza dell’Unione, dia un contributo decisivo e da protagonista al rafforzamento dell’Europa. In Europa man-ca un vero Governo sovranazionale; Parlamento Europeo e Commissione Europea non sono in grado di esprimere ancora una vera leadership e sono ancora piuttosto subordinati agli organismi nazionali che, ancora oggi, fanno troppo da pro-tagonisti. Oggi stiamo ancora verificando come la BCE stia esercitando una funzione di supplenza – anche se sta facendo una buona politica monetaria –, sta riprendendo in carico la visione della regolamentazione dei mercati finanziari, ma la BCE sta facendo anche supplenza nella politica economica, data la carenza di stati membri nel fare politica economica e industriale. È necessario affiancare, il prima possibile, all’Euro un’Europa che sia una vera unità politica, trasferendo in Eu-ropa altri ambiti di sovranità e trasferendo a Bruxelles i veri leader, non dei subalterni. Questa situazione ci consentireb-be di avviare in tempi ragionevolmente brevi un percorso più deciso verso gli Stati Uniti d’Europa, che è difficile da gestire con le deboli norme che regolano oggi i rapporti tra i 28 Stati membri e mi domando se si possa continuare ad andare avan-ti in questo modo. 28 Stati che è sempre più difficile mettere d’accordo tra di loro. Forse è il momento che soltanto alcu-ni Stati si mettano intorno a un tavolo e ridefiniscano nuo-ve regole di comportamento, promulghino una nuova Carta dell’Unione, invitando gli altri Stati a partecipare a un nuovo modello più funzionale di Europa Unita. Noi non possiamo permetterci un’Europa debole senza una politica integrale, forte e autonoma. L’Euro da solo non può fare più di tanto, occorre un’Europa unita in cui i paesi membri siano regioni dello Stato federale con solide autonomie regionali ed ambi-ti ampi di sovranità sovranazionale europea. Ambiti come la politica fiscale, la sanità pubblica e soprattutto una politica estera comune, forte e unitaria, non possono essere trattati con efficacia a livello regionale. I singoli Stati europei non possono avere un ruolo significativo nelle questioni globali. Siamo condannati a viaggiare verso gli Stati Uniti d’Europa più velocemente possibile e potremo così tornare a parlare di sviluppo, di ripresa, di crescita, di benessere sociale, di un vero Governo europeo, di fatti economici e politici e parlare di un futuro migliore per tutti noi.

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Crisi finanziaria come fonte di opportunità

Dott. Fabio InnocenziAmministratore delegato UBS (Italia) S.p.A., Milano

Cercherò di inquadrare il mio intervento sul tema del Convegno: la crisi e i social network. La crisi sui mercati finanziari è stata re-lativamente breve, il vero problema è stato il lungo impatto che questa ha avuto sull’economia reale. La durata dell’impatto della crisi sull’economia reale di tutto il mondo è stata di una durata accettabile eccetto in Europa, e soprattutto in Italia, dove non è ancora finita. È una crisi strana: breve sui mercati finanziari, abbastanza breve sull’economia reale mondiale ma permanente in Italia. I dati sui mercati finanziari e sul risparmio sono già noti e ne ag-giungerò soltanto altri tre. Il primo è riferito al settore del wealth management, del quale mi occupo. In questo periodo di crisi articolata è aumentato il risparmio della categoria dei benestanti e, sempre quest’ultimi, hanno aumento la percentuale (1,7%) annua di chi si è rivolto a strutture professionali per gestire il ri-sparmio. È cresciuto, inoltre, il peso degli intermediari che hanno avuto un approccio specializzato e professionale alla gestione del segmento dei benestanti. È stato anche un periodo in cui è aumentato il peso dei prodotti assicurativi del 4,5%, che sono cresciuti a doppia cifra in un mondo del risparmio che è cresciu-to. Questa ha portato un aumento di peso delle polizze all’inter-no della componente più qualificata di clientela. Il terzo dato di crescita a doppia cifra è quello della consulenza, il cui peso è cresciuto dell’11% in questo periodo di incertezza. C’è stata una reazione all’ansia: “Voglio essere aiutato, voglio ragionare e capire meglio quello che succede”. È un dato im-portante perché la consulenza in Italia è sempre stata conside-rata di difficile introduzione. L’evoluzione del mercato in questi anni ha dato una risposta opposta: c’è un interesse molto forte per la consulenza e quest’ultima viene presa sul serio dentro a una richiesta di corrispettivo. Un rappor-to di consulenza, che dà soddisfazione al cliente e impegna il personale, potrebbe meritare un corrispettivo più alto della ge-stione nel senso stretto dei patrimoni (che ha dei costi di produzione inferiori). Dieci anni fa pensare che un cliente potesse ac-cettare di pagare la consulenza era quasi impensabile. Oggi, invece, si sta entrando in un mondo in cui il prezzo della consu-lenza può anche essere superiore al prezzo

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della gestione. Questo è un dato importantissimo e ha senso in-dustriale perché fare gestione costa meno che fare consulenza: c’è la stessa attività di ricerca e di negoziazione, ma c’è meno tempo relazionale per parlare con le persone. Possiamo dire che la crisi ha aiutato a valorizzare un servizio im-portantissimo. La consulenza va presa sul serio, deve garantire qualità per evitare un effetto boomerang. Consulenza significa investire in risorse e nella loro formazione, in sistemi ad hoc per la loro remunerazione, in sistemi informa-tici specializzati e in processi di investimento che devono essere alla base della consulenza stessa. Purtroppo qualche realtà italiana ha fatto un taglio dei costi nel settore della consulenza come conseguenza di inevitabili scelte generali di riduzione dei costi. Bisogna essere bravi a evitare tagli lineari e continuare a investire su una parte di business che può dare un servizio di importante qualità ai risparmiatori.La prospettiva della consulenza è positiva, in questi ultimi anni in Italia i dati sulla sua diffusione sono diventati molto simili a quelli dei paesi dell’Europa e sono decisamente avanti rispetto ai paesi dell’Asia dove, invece, sono ancora nella fase della grande crescita quantitativa della ricchezza. Questo è un aspetto im-portante, paradossalmente, nel momento in cui tutto va bene, l’esigenza di avere un consiglio di qualità diventa meno utile e, se si dovesse tornare a momenti di euforia, solo la consulenza di assoluta qualità continuerà ad espandersi. Per quanto riguarda i social network, invece, ci sono dei dibat-titi accesi su quale strada prendere nel wealth management, ma manca la condivisione su dove si voglia andare. Nei social network ognuno viene immediatamente travolto all’interno di un dibattito di tipo orizzontale e questo fa si che spesso si per-de l’elemento di base per cui il dibattito è nato. Ho dei dubbi su come social network e consulenza andranno a trovare un equilibrio per il futuro. Il primo punto certo è quel-lo anagrafico. I social network ormai si stanno diffondendo in modo scollegato e indipendente dai trend demografici. Fino a qualche anno fa c’era un’opinione consolidata nella quale si sosteneva che esistessero due mondi: quello degli intermediari finanziari tradizionali, popolato da persone di una certa età, e quello degli intermediari finanziari innovativi, popolato da per-sone giovani. Si pensava che lo sviluppo informatico si sarebbe raggiunto in modo lento e in un ampio periodo di tempo. Invece le nuove tecnologie hanno avuto uno sviluppo rapido e indipen-

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dente dalla demografia, perché le tecnologie vengono utilizzate da tutti, indistintamente dall’età, perché sono di facile utilizzo. Aumentando l’età, c’è la medesima ricerca di semplicità da parte di tutti: questo è un elemento che tende a spiazzare perché, con una demografia come quella italiana, dove ci sono più anziani che giovani, si pensava erroneamente di avere delle difficoltà sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Il secondo punto riguarda l’aspetto del risparmio. Troppe volte viene confuso il risparmio, soprattutto nelle fasce elevate della clientela del private banking, con il lusso o con il piacere, cioè come qualcosa in più nella vita di chi sta di fronte a noi. Questo è un errore, perché parlare di risparmio non è parlare di cose superflue, ma di cose serie come la salute dei propri figli. Il risparmio è un elemento strutturale che sta all’interno delle esigenze primarie della famiglia e anche per questo motivo l’impatto sui social network è profondamente diverso da quello degli altri beni. Se si analizzano i dibattiti dei social network sul nostro mondo, al di là del sentimento di astio nei confronti di banche e di assi-curazioni, possiamo osservare che è molto più simile a quello dei dibattiti sul bene della famiglia e dei figli. Nel social network la consulenza è di tipo orizzontale, quindi non esiste l’esperto che risponde e che dà consigli né quello che riceve consigli. È una consulenza nella quale si incrociano le esperienze e porta, quindi, ad avere molte informazioni che sono come dei puzzle dove i tasselli sono le singole esperienze che le varie persone hanno fatto. È però interessante che nono-stante ci sia questa percezione di trasversalità delle informazioni, anche per temi come il risparmio e i prodotti assicurativi e ban-cari, ci sono ormai sempre più persone (anche nella fascia di età compresa tra i 50 e i 60) che nel momento in cui pensano a un prodotto assicurativo vanno ad attingere informazioni proprio sui social network. Possiamo definirla come una sfida interessan-te, ma quali potrebbero essere le evoluzioni future? La più sem-plice è che la nuova tecnologia si affianchi, ma non sostituisca, la consulenza. In passato si era pensato che il digitale si sareb-be affiancato alla banca tradizionale e quindi si era immaginato una struttura industriale che affiancasse tradizionale e digitale. Questo è stato un errore, perché il traffico fisico all’interno delle filiali italiane negli ultimi 7 anni è sceso del 52%. È stata una grossa rivoluzione. Per quanto riguarda la consulenza non esiste oggi al mondo nes-suno che sia riuscito a fare consulenza di qualità esclusivamente sul digitale. Questo perché alla base della consulenza c’è la fi-ducia. La consulenza deve avere un rapporto fisico e fiduciario che può anche avvalersi dello strumento digitale, ma non può essere sostituita completamente da quest’ultimo. Come tutto questo andrà a trovare un equilibrio è difficile da ipotizzare, di sicuro l’aspetto tecnologico è importante e ci sono alcune realtà che stanno investendo nell’interazione tra fisico e digitale. Ma questi esperimenti sono leggermente indietro nei social network e a volte sono proprio i soggetti che vogliono dare consulenza che provano a creare e promuovere un social network.

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Italia: ultima chiamata per la crescitaDott. Gregorio De FeliceHead of Research and Chief Economist (Intesa Sanpaolo), Milano

Aprirò la mia presentazione parlando del quadro internazionale. Le prospettive di crescita globale esercitano, infatti, un’influenza determinante sull’economia di un paese fortemente esportatore come l’Italia. Passerò poi ad analizzare se, come e quando l’Italia potrà finalmente uscire dalla recessione.Partiamo dunque delle previsioni internazionali, in relazione alle quali emergono, a mio avviso, diversi punti di attenzione.Il primo punto riguarda la crescita, che nel 2015 sarà in miglio-ramento rispetto al 2014. La previsione di crescita del PIL mon-diale per il prossimo anno è infatti del 3,7%, dopo il 3,1% di quest’anno. Rispetto al passato c’è però un cambiamento strut-turale. Oggi, infatti, prevale nel mondo un grado di leverage più basso rispetto agli altri anni pre-crisi: ciò costituisce un vincolo per la crescita futura, in una prospettiva di medio-lungo termine (i.e.: superiore ai due anni). È come se il motore del sistema eco-nomico girasse ad un ritmo depotenziato. Un secondo aspetto riguarda un’eredità che questa lunga crisi ci ha lasciato. Tutti i paesi industrializzati - anche quelli in cui le dif-ficoltà possono dirsi ormai risolte o in via di risoluzione - presen-tano, oggi, un’incidenza del debito pubblico sul PIL decisamente più alta di quella avuta fino al 2007: un debito pubblico elevato riduce significativamente i margini di manovra della politica fi-scale e ne limita il ruolo espansivo.Il terzo punto riguarda il commercio inter-nazionale, che da sempre è uno dei prin-cipali motori dello sviluppo. Le previsioni del WTO anticipano un incremento del commercio mondiale del 3%. Si tratta di un dato positivo, ma abbastanza lontano dalle performance degli ultimi anni. Pos-siamo quindi dire che anche questo driver di crescita è sottotono.Una quarta caratteristica dello scenario, per i prossimi anni, riguarda la dinamica dei prezzi. L’inflazione rimarrà bassa per parecchio tempo. Non c’è inflazione da domanda, perché la domanda interna nei Paesi avanzati è debole; non c’è inflazione da costi, perché i più grandi consumatori di commodity stanno rallentando e quindi

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spingono meno sui prezzi delle materie prime. La debole dinami-ca dei prezzi può essere un vantaggio per alcuni e uno svantag-gio per altri. È sicuramente uno svantaggio per chi è indebitato, che si tratti di imprese o di Stati sovrani. Una inflazione negativa aumenta il valore reale del debito e rende difficile il suo ammor-tamento. Il quinto punto riguarda la politica fiscale. Il debito pubblico dei paesi industriali avanzati è salito dal 73% circa, prima della crisi, a quasi 107% alla fine del 2013: la politica fiscale non potrà dunque più essere espansiva, soprattutto in Europa.L’ultimo punto riguarda la politica mone-taria. Fino a non molto tempo fa si pen-sava alla politica monetaria in termini di indipendenza delle banche centrali. Oggi, la politica monetaria è diventata quasi “ancella” della politica fiscale: deve cioè aiutare i bilanci pubblici a ritrovare l’equi-librio e l’unico modo per poterlo fare è te-nere i tassi di interesse bassi il più a lungo possibile.Sono passati sei anni dal tracollo di Lehman Brothers ed è tempo di bilanci sull’uscita dalla crisi. Se esaminiamo i cicli economi-ci di Stati Uniti ed Eurozona, vediamo che c’era un’ampia sincronizzazione fino al 2008. Quando poi in Europa è scoppiata la crisi del debito sovrano, tutti i nodi sono venuti al pettine: tra questi, in particolare, la mancanza di una governance unitaria e l’assenza di un vero e proprio prestatore di ultima istanza (per statuto, la BCE non può prestare soldi agli Stati sovrani in caso di difficoltà, cosa che invece accade negli Stati Uniti). I vincoli strutturali che gravano sull’Europa e i gravi errori di politica eco-nomica (scarsa tempestività delle decisio-ni, politica monetaria divenuta espansiva in ritardo rispetto a quando necessario e assenza di politiche comunitarie di bilancio anti-cicliche) si sono tradotti, nell’arco di

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pochi anni, in una minore dinamica della produzione industriale. L’effetto sulla disoccupazione è amplificato, tant’è che oggi gli Stati Uniti hanno la disoccupazione al 5,9%, mentre quella eu-ropea si attesta intorno all’11,5%.Gli Stati Uniti hanno trovato la via d’uscita dalla crisi grazie a una politica monetaria iper-espansiva, accompagnata da una politica di bilancio fortemente espansiva. La storia economica insegna che l’utilizzo della sola leva mone-taria può far guadagnare tempo, ma non conduce alla crescita. Nel caso dell’Eurozona, le recenti misure di politica monetaria annunciate da Draghi sicuramente aiuteranno, ma non potran-no, da sole, riavviare il ciclo economico; non è possibile, infatti, modificare la propensione delle imprese ad investire semplice-mente abbassando i tassi di interesse. D’altra parte, i margini di manovra della politica fiscale in Europa sono stati drasticamente ridotti di comune accordo tra tutti i Paesi: resta la possibilità di aggiustamenti a livello redistributivo (tra le varie voci di bilancio di entrate e uscite), ma si tratta comunque di misure di entità limitata rispetto a quello che sarebbe necessario fare.Negli Stati Uniti le cose sono andate in maniera assai diversa. La politica monetaria è stata molto espansi-va ed è stata accompagnata da politiche strutturali e interventi di politica industria-le che hanno permesso di rafforzare il si-stema produttivo e di agevolare il rientro delle imprese americane che erano andate a produrre all’estero. Disoccupazione in diminuzione e reddito disponibile in au-mento permettono una vivace dinamica dei consumi. Le buone prospettive di do-manda e la ritrovata attrattività degli Stati Uniti garantiscono una crescita degli inve-stimenti previsti per quest’anno e il 2015 su valori superiori al 6%. Nella nostra previsione, la ripresa ameri-cana appare solida. Dopo un rimbalzo del 4,6% nel secondo trimestre, tra luglio e dicembre l’economia crescerà del 3% cir-ca. La disoccupazione si è portata sotto il 6%. Resta qualche problema sotto il pro-filo della qualità dell’occupazione creata, c’è molta occupazione precaria e ci sono persone che lavorano con salari molto bas-si, ma le imprese segnalano la possibilità di aumenti in arrivo.La questione centrale della politica mone-taria americana è se e in quale misura la Federal Reserve alzerà i tassi: le nostre pre-visioni anticipano un primo aumento en-tro giugno 2015, seguito da una serie di

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rialzi che porteranno il tasso di riferimento all’1,25% entro la fine del prossimo anno e al 2,5%/2,75% entro il 2016. L’andamento del cambio del dollaro po-trebbe modificare questo scenario. Un “anticipo” in questo senso si è avuto la scorsa settimana quando, a seguito dei crolli del mercato azionario, per riportare la calma alcuni esponenti della Fed hanno fatto balenare la possibilità di una revisio-ne della politica di rialzo dei tassi e della riapertura di un quarto QE (cioè di una nuova fase di immissione di liquidità nel mercato). Il cambio è tornato da 1,25 a 1,28 (una comfort zone, per gli Stati Uniti) e i mercati si sono placati. Nel complesso, però, questa non rappresenta una buona notizia per l’Europa: significa anzi che, an-cora una volta, sono gli Stati Uniti a tenere saldamente in mano le redini dell’econo-mia globale.Sono stato a Washington per l’Assemblea del Fondo Monetario Internazionale. Si respirava un’atmosfera molto più cupa ri-spetto all’anno scorso: gli Stati Uniti sono stanchi di attendere la ripresa dell’Europa. In sei anni, gli americani si sono assunti le proprie responsabilità, hanno cercato di ri-solvere i problemi interni e hanno portato il mondo fuori dalla recessione. La Germa-nia, al contrario, pur essendo un’economia molto forte, non intende, evidentemente, farsi carico della crisi dell’Europa e tiene i partner continuamente sotto tiro.Gli Stati Uniti sono un’economia aperta. È questo il motivo per cui il cambio è entrato nel radar della Federal Reserve e per cui si discute con tanta insistenza di come un dollaro eccessivamente forte possa mette-re a rischio la ripresa e il ritorno dell’infla-zione verso il 2%. L’implicazione di tutto ciò è che - pur essendoci condizioni per vedere l’euro ancora in calo verso quota 1,20 - gli americani sono disposti ad accet-tare un apprezzamento limitato del dolla-ro e premono perché l’Europa si impegni di più sul fronte della crescita. Qual è la natura della fase ciclica che l’Europa sta attraversando? È un rallenta-mento temporaneo, oppure la crescita è

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ormai cronicamente bassa? Per quanto mi riguarda, propendo per la seconda ipote-si. La gestione della crisi europea è stata caratterizzata da una incredibile lentezza nel prendere le decisioni importanti. Pri-ma di arrivare alla famosa frase risolutiva di Draghi, nel luglio 2012, su una politi-ca monetaria pronta a ‘whatever it takes’ per difendere la sopravvivenza dell’euro, ci sono voluti ben 32 summit europei, in cui si è discusso della crisi cercando di indivi-duare soluzioni, non raggiungendo accor-di efficaci. La nostra previsione per la crescita euro-pea nel prossimo anno è dell’1%. Le per-formance dei diversi Paesi saranno tuttavia molto diversificate: la Spagna occuperà la posizione di testa, seguirà la Germania e molto più indietro si collocheranno Francia e Italia. I rischi per l’inflazione rimarranno verso il basso. Solo con grande fatica si riuscirà a tornare verso il 2%. La dinamica dei prezzi continuerà a risentire della bassa domanda domestica e dell’assenza di pressioni sui co-sti, dovuta all’ampia capacità produttiva non utilizzata. L’unico elemento in controten-denza potrebbe essere il cambio. Infatti sti-miamo che un deprezzamento dell’euro del 10% possa esercitare, nell’arco di un anno, un impatto sull’inflazione di circa lo 0,6%. Questo ovviamente non risolve tutti i proble-mi, ma riequilibra l’andamento dei prezzi.La BCE punta a stimolare il credito au-mentando le dimensioni del proprio bi-lancio da 2 a 3 trilioni di euro. In realtà, il bilancio della banca centrale toccava già i 3 trilioni nel 2012. Al contrario però del-la Federal Reserve, della Bank of Japan e della Bank of England - che hanno conti-nuato ad accrescere le dimensioni dei loro bilanci - la BCE ha avviato i rimborsi delle vecchie LTRO, riducendo il proprio. Ab-biamo stimato che, con le due TLTRO (i.e.: prestiti a lungo termine condizionati alla crescita degli impieghi), le banche euro-pee chiederanno complessivamente 250 miliardi dei 400 che sarebbero potenzial-mente disponibili. Gli acquisti di tranche senior di asset-backed securities potran-

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no attestarsi al massimo a 200 miliardi. A questi andranno a sommarsi 40/50 miliardi di covered bonds, i cui acquisti sono cominciati da poco. Nella migliore delle ipotesi, la somma di queste opera-zioni comporterà la creazione di 500/550 miliardi di euro di nuova liquidità da parte della BCE, circa la metà di quanto preven-tivato. Guardando alle previsioni di crescita mon-diale, dico spesso che vale la “regola del tre”. La crescita americana è infatti più o meno tre volte quella europea. All’interno dell’Europa, la crescita tedesca è intorno all’1,5 più o meno tre volte quella attesa per l’Italia. Abbiamo paragonato tante volte la cresci-ta dell’Italia con quella di altri Paesi euro-pei o degli Stati Uniti. Oggi vorrei invece confrontare la dinamica del PIL italiano con quella del Giappone, che sicuramen-te non si è collocato tra i Paesi con uno sviluppo particolarmente marcato negli ultimi quindici anni. Per tutto lo scorso de-cennio l’Italia ha registrato tassi di crescita più elevati rispetto al paese asiatico, ma negli ultimi 3/4 quattro anni non è riuscita tenerne il passo.Come mai il 2014 è stato così deludente? La sorpresa negativa è venuta in partico-lare dagli investimenti. In ogni svolta cicli-ca la variabile che generalmente riparte per prima è l’investimento, soprattutto in macchinari e attrezzature. In Italia questa svolta non c’è stata né per le costruzioni, né per i macchinari. C’è troppa incertez-za da parte delle imprese, troppa paura di non farcela e una buona dose di de-pressione tra gli imprenditori. Penso che quello della depressione sia un elemento molto grave che solo in parte può essere attribuito a inquietudini politiche, è qual-cosa che sta entrando nel nostro DNA di dirigenti e imprenditori. Dobbiamo riusci-re a innescare un meccanismo di maggior fiducia ed entusiasmo sul futuro. In eco-nomia, il ruolo delle aspettative è sempre molto importante. Hanno deluso anche le esportazioni, dove sicuramente ha inciso l’euro forte (1,37 nel primo semestre), le

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tensioni politiche con la Russia (che han-no fatto crollare l’export italiano verso il Paese) e la minor domanda provenien-te dai Paesi emergenti (America Latina, Turchia). Guardando avanti, ci aspettia-mo una piccola ripresa degli investimenti nel 2015, legata agli interventi di politica industriale del Governo. La Sabatini-bis, per esempio, sta avendo un buon suc-cesso con quasi 2,5 miliardi richiesti dal-le aziende per investire e, finalmente, si prevedono anche incentivi fiscali per gli investimenti in ricerca e sviluppo. In realtà, già il Decreto “Destinazione Italia” del febbraio 2013 aveva introdot-to un credito d’imposta del 50% per gli investimenti in ricerca e sviluppo, manca-va però la copertura con la conseguenza che, pur avendo una legge dello Stato, non si è mai riusciti ad applicarla. Come banca, percepiamo qualche timido se-gnale di ripresa della domanda di prestiti anche per investimenti. Ci sono, invece, poche speranze per le costruzioni: la ripresa è rimandata a fine 2015, per la presenza di forti problemi strutturali.Per i consumi non è andata così male come ci si sarebbe potuti attendere. Le critiche circa il possibile impatto sui con-sumi dei famosi “80 euro” sono state molte. Se però analizziamo i dati, il se-gno della variazione è per lo meno po-sitivo (0,2%) ed è la prima volta che ciò accade negli ultimi tre anni. Cosa serve per incrementare i consumi? Naturalmente servono più lavoro e la te-nuta dei salari, ma il problema degli 80 euro è che non sono ancora stati per-cepiti come un taglio permanente della tassazione. La teoria economica ci ricor-da che un aumento del reddito dispo-nibile è efficace solo se percepito come permanente. Nel 2007 l’Italia vantava un consumo pro-capite di quasi 15mila euro, men-tre nel 2014 siamo scesi a poco più di 13mila. La modesta ripresa attesa per i prossimi due anni non sarà comunque sufficiente a riportare i consumi ai livelli precedenti la crisi.

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Ormai gran parte delle spese delle fami-glie italiane sono obbligate, la compo-nente libera (i.e.: l’indice delle possibilità effettive di scelta, dato dalla differenza tra il reddito disponibile e le spese obbli-gate) sta diventando sempre più bassa e si colloca ormai attorno al 10%.L’euro debole è la nostra maggiore spe-ranza per l’anno prossimo, perché ci fa-vorisce in termini di export: un deprez-zamento permanente del cambio pari al 10% implica un rialzo nelle espor-tazioni del 2,4% e un aumento del PIL dell’1,1%. Mi avvio a concludere. Il mondo cresce a ritmi modesti, ma le potenzialità ci sono. Anche per l’Italia emerge in pro-spettiva qualche elemento positivo. Una crescita dello 0,6% nel 2015 non si può vedere però, come una ripresa, se segue un periodo in cui si è perso il 25% della produzione industriale e il 10-11% del PIL. Il miglioramento del-le condizioni monetarie può aiutare le imprese, ma la liquidità abbondante e a tasso zero non modifica il rischio di credito di un imprenditore. Avendo un funding più economico, le banche potranno dare credito a condizioni più basse. Chi però non meritava il credi-to prima della TLTRO, non lo meriterà neanche dopo. In tutti i campi, l’innovazione sta facen-do la differenza per tante imprese italia-ne - e la farà sempre di più nel futuro. Le nostre analisi evidenziano che le impre-se che brevettano godono di un miglior posizionamento competitivo, hanno una maggior tenuta del fatturato e del-la redditività e creano più occupazione. Credo che, pur con le dovute differenze, questa sia la via da percorre anche per le banche e le compagnie di assicurazione: l’innovazione di prodotto e di processo, il potenziamento della multicanalità, il continuo affinamento dei sistemi di ge-stione dei rischi rappresentano anche per le nostre aziende fondamentali fat-tori abilitanti per una solida e sostenibile creazione di valore nel lungo periodo.

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La sostenibilità del ramo I nel contesto attuale

Dott.ssa Lauretta FilangieriDirettore Commerciale Intesa Sanpaolo Vita, Milano

Con il mio intervento vorrei condividere con voi alcune riflessioni su quali conseguenze l’attuale contesto di tassi bassi può avere su aziende che producono e vendono prodotti di Ramo I. Intesa Sanpaolo Vita è, ad oggi, leader in questo mercato con, al terzo trimestre, più di 12 miliardi di Nuova Produzione di Ramo I. La domanda che penso tutti ci poniamo è: cosa succederà se questa situazione di tassi bassi continuerà ancora per molto? E se i tassi ripartissero all’improvviso?Se osserviamo i titoli dei giornali delle ultime settimane si può notare che c’è una grandissima attenzione sui rendimenti delle obbligazioni in genere, che continuano a scendere, e di come si consideri l’assicurazione vita il porto sicuro. L’assicurazione vita può essere sicuramente definita un porto si-curo. Infatti, il settore oggi sta riconoscendo ai clienti rendimenti frutto dell’avvicendamento di investimenti anche di altri clienti nati, a volte, anche 20/30 anni fa. I meccanismi di rivalutazione delle Gestioni Separate (che vanno a costo storico) generano sicuramente in questo momento un volano che aiuta la propo-sizione dei prodotti di ramo I, che offrono un profilo di rischio bassissimo e livelli di rendimento che non riflettono ancora pie-namente la discesa dei tassi di mercato. Questo effetto “boom” porta in sé dei rischi prospettici per le compagnie e impone delle riflessioni. Se noi guardiamo, infatti, quello che viene riportato sulla stampa più specialistica notiamo che c’è una grandissima preoccupazione in chi opera nel settore: questi enormi volumi di raccolta costituisco-no una forte sfida nel riuscire a mantenere la promessa principale fatta ai nostri clienti: la promessa della stabilità dei rendimenti.Questa promessa si basa su un patto di fi-ducia che in questo momento è particolar-mente delicato, perché le famiglie italiane sono sempre più scettiche nei confronti de-gli intermediari finanziari. Inoltre la digita-lizzazione ha reso più frequente e facile il ricorso ad amici e blog, per risolvere i propri dubbi. Ed è così che, a volte, si rischia di avere risposte sbagliate o allarmiste, gene-rando ancora di più confusione ed entropia informativa.

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Fornire le informazioni corrette in modo semplice e trasparente è, a nostro parere, sempre più fondamentale per poter costru-ire un rapporto di fiducia con i clienti. Monitorando costantemente le informazio-ni presenti sul web ci siamo resi conto che esiste una forte esigenza di educazione fi-nanziaria: troppo spesso dai commenti sul web si ha l’impressione che il cliente non ha idea di cosa ha veramente acquistato.Stretti da una parte da mercati sempre più difficili e dall’altra da clienti sempre più esi-genti e sfiduciati, qual è veramente il futuro del ramo I? A nostro parere la vera sfida è trasformare il rapporto con il cliente da contrapposizione di interessi a integrazione degli stessi. Le Compagnie di Assicurazione devono in-terrogarsi sulla ricerca del giusto equilibrio tra l’appetibilità dei prodotti proposti e le esigenze di redditività e assorbimento di capitale. Portando all’estremo l’esempio, ingegne-rizzare prodotti che minimizzano solo l’as-sorbimento di capitale farebbe perdere di vista i bisogni dei clienti, spostando la pro-posizione su prodotti di breve periodo, con costi elevanti e senza nessuna garanzia. In realtà le assicurazioni devono riscoprire e valorizzare anche il loro ruolo sociale e capire quali rischi correre, per dare qualco-sa di diverso da quello che un potenziale cliente può avere da un asset management. I clienti, infatti, stanno cercando sicurezza e qualcuno a cui rivolgersi per chiederla, qualcuno che parli in modo chiaro, sen-za sotterfugi e che gli spieghi perché, per esempio, i rendimenti scenderanno. In un contesto così complicato il cliente è sempre più difficile da capire e non ci sono

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più distinzioni tra giovani o vecchi o tra i modelli di consumo, anzi, per questi ulti-mi, c’è stata una vera e propria ibridazione. Tutti vanno su internet e cercano qualsiasi informazione. Basta pensare alle assicura-zioni danni, dove ogni giorno entrano nuo-vi competitor, che portano nuove regole di trasparenza e comparazione, rendendo veramente liquidi i confini tra i settori. Il vero competitor di un’assicurazione dan-ni, in questo momento, non ha una vera e propria identità, ma può essere Google, Amazon, Apple, Alibaba ... La digitalizzazione aumenta la competizio-ne, ma non sostituisce il rapporto umano: i clienti vogliono e cercano a chi affidarsi e a chi delegare le proprie “ansie”. Il rap-porto one-to-one rimane, in tutte le analisi e i confronti, la cosa più importante quando il cliente deve prendere una decisione riguardo ai propri investimenti. E questo è stato confermato an-che dall’ultima Multifinanziaria: più del 40% delle persone in-tervistate volevano avvalersi di una persona di fiducia (agente e broker) scegliendola in un rapporto faccia a faccia. Un altro 20% del campione intervistato vorrebbe avere l’amico di fiducia come esperto del ramo che sappia dargli dei consigli giusti. Si può dire che ci troviamo di fronte a un cliente che da una parte è extra-connesso e dall’altra cerca valori “antichi”, come la relazione personale e la fiducia, ma, soprattutto, ha bisogno di sicurezza e semplicità. In Intesa Sanpaolo Vita stiamo lavorando molto sia sulla comunicazione e la rela-zione, sia sulla gestione dei rischi di por-tafoglio.Per quanto attiene a questi ultimi, penso sia utile analizzarli distinguendo tra la situa-zione dei portafogli in essere e la situazione dei prodotti di nuova generazione.Tutto il settore, chi più chi meno, si porta dietro il fardello del passato, che, a secon-da della storia e del product mix, porta ad avere livelli più o meno alti di rendimento medio garantito: product mix, orizzonte temporale delle passività, duration e qua-lità degli asset possono generare distanza tra il mantenimento delle promesse fatte ai clienti e la minimiz-zazione dell’assorbimento del capitale.Solvency II cambierà molto questa prospettiva. Ad oggi, su que-sto argomento sembra ci siano delle certezze, che però potreb-bero cambiare. A mio avviso ci sono tre aspetti fondamentali che non devono cambiare: in primo luogo i BTP, che devono mante-nere l’attuale formulazione priva di specifici requisiti di capitale.

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Ci sono, infatti, altre modalità oltre al capital charge per riuscire a governare i rischi (e quindi anche questi rischi). In secondo luogo serve cambiare il trattamento dell’equity: si dice che le imprese di assicurazione debbano essere partecipi e parte fon-damentale dello sviluppo economico investendo nelle aziende e nelle infrastrutture, ma poi vengono penalizzate se investono nell’equity delle aziende e delle infrastrutture. In quest’ultimo caso anche se normalmente si tratta di investimenti assistiti da garanzie reali e finanziarie. Da ultimo, c’è il tema della liquidità, almeno quando questa è depositata infragruppo. Guardando al futuro, costruire oggi prodotti assicurativi è ve-ramente un esercizio di equilibrio instabile tra appetibilità e sostenibilità, tra prodotti che devono necessariamente ridurre le promesse in termini di garantito e prodotti che si aprono al ramo III. Serve allungare l’orizzonte temporale degli investi-menti, ma abbiamo un cliente che confonde la liquidità del suo investimento con la sua liquidabilità: molti clienti “parcheg-giano” su investimenti di breve per anni i propri soldi! È importante far loro capire che non conta solo la liquidità, ma anche la liquidabilità. Questo è un passaggio cul-turale importante.Come Intesa Sanpaolo Vita offriamo dal 2013 prodotti di ramo I a capitale garanti-to. All’inizio avevamo un po’ di timore ad uscire dalla logica del rendimento garanti-to, ma l’esperienza ci ha mostrato che per il gestore è facile e semplice spiegare il pro-dotto (in fondo è una gestione patrimonia-le a capitale garantito con in più altre cose).L’attenzione alla definizione dei prodotti e l’afflusso di nuova produzione ci consente di avere oggi un rendimento medio garan-tito di portafoglio molto contenuto. Stiamo cercando di inserire elementi di flessibilità nei prodotti perché non bisogna mai di-menticare che il prodotto non è solo relati-vo alla gestione finanziaria, ma necessita di altre opzioni che il cliente non è abituato ad apprezzare, come i versamenti aggiuntivi, le opzioni di differimento, ma in prospetti-va possono divenire “opzioni pesanti”. L’o-biettivo è mettere flessibilità nelle opzioni di prodotto, definendo regole chiare, og-gettive e ancorate a parametri esterni, così da garantire la massima trasparenza nella comunicazione con il cliente. Per il futuro continueremo a investire nell’innovazione di prodotto, cercheremo di alleggerire il ramo I affiancandogli una

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parte, sempre più forte, di ramo III. Continueremo ad analizzare il portafoglio per vedere se si possono trovare delle ottimizzazio-ni da fare sulla vecchia produzione. In questo momento c’è un’altissima possibilità di stabilire un nuovo patto con i nostri clienti fatto su basi diverse con stru-menti diversi; la digitalizzazione, a mio avviso, non sostituisce la presenza personale, ma può aiutare a mostrarci sempre più pre-senti per il cliente. Utilizzare, quindi, tanti sensori per ascoltarlo, cosa che non avveniva tanto spesso in passato, e cercare di es-sere presenti per fidelizzarlo, perché i clienti fedeli sono sempre meno in quanto non hanno più la fiducia che genera stabilità nella relazione tra le due parti, anche quando le cose non vanno bene o i prezzi, comparati con gli altri, sono più alti.La trasparenza deve essere sempre presente. Negli assorbimenti di capitale abbiamo lavorato tantissimo per prendere impegni ragionevoli, monitorarli e cercare rendimenti sostenibili nel tem-po. Abbiamo messo tantissima attenzione agli oneri operativi che sono una leva molto importante per ridurre e contenere l’as-sorbimento di capitale.Vorrei concludere con una frase che per noi è trasformata in un impegno costante: bisogna pensare che oggi è già domani, ci portiamo dietro il passato, ma stiamo già costruendo il nostro futuro. Dobbiamo lavorare perché questo futuro sia davvero so-stenibile, soprattutto per chi viene dopo di noi e deve prendere in mano l’eredità di quello che stiamo costruendo.

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La professione del broker tra cambiamenti normativi ed evoluzioni di mercato

Dott. Carlo marietti Andreani - Dott.ssa Antonia boccadoroPresidente e Segretario Generale AIBA - Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, Roma

Dott.ssa Antonia boccadoro

Cercherò di darvi delle informazioni utili sul mondo dei broker di assicurazione e delle prospettive di questa professione tenuto conto dei cambiamenti sia di scenario economico che di aspetti normativi. Qualche settimana fa è uscito su Panorama un articolo nel qua-le si mettevano in evidenza le professioni che, probabilmente, nei prossimi 10 anni avranno alta probabilità di scomparire: tra queste si annovera l’intermediazione assicurativa insieme agli shampisti e ai portalettere. Non sappiamo bene quale tipo di correlazione statistica possa esistere tra queste professioni, ma la notizia è che il mondo dell’intermediazione tradizionale potreb-be essere soggetta a sparire dallo scenario economico.Oggi non ci sono molti dati sul mondo dell’intermediazione as-sicurativa e spesso quei pochi che esistono sono condizionati da presupposti di partenza non sempre condivisi, quindi non abbia-mo dati sufficientemente consolidati. Ci sono però alcune ana-lisi che vengono periodicamente aggiornate, quali ad esempio le ricerche internazionali in ambito europeo condotte da BIPAR (federazione degli intermediari assicurativi europei) con cui stiamo collaborando, oggi, per il rinnovo di un’indagine compiuta nel 2010 su 20 dei 27 paesi che all’epoca com-ponevano l’UE. L’indagine da aggiornare proponeva la domanda: quanto pesa, sul PIL europeo, l’intermediazione assicurati-va? Nel 2010, secondo le stime rilevate, pe-sava lo 0,8% del PIL e l’Italia si posizionava nella parte alta della media con uno 0,9%, quindi tra i paesi in cui l’intermediazione ha un peso preponderante. Sulla base di que-sto dato di partenza, BIPAR stimava che tale valore corrispondesse nel 2010 a 94 milioni di euro per i 20 paesi interessati dall’inda-gine. Parametrato sui 27 paesi che compo-nevano l’UE, il dato si portava a 143 milioni di euro. Ulteriore caratteristica del mercato dell’in-termediazione tradizionale è la sua compo-sizione, prevalentemente rappresentata da

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piccole e medie imprese che si confrontano con colossi multinazionali, grandi player del-la distribuzione (dalla bancassicurazione ai servizi postali) e ai comparatori professionali. L’ultima novità è l’intervento di Google nella comparazione su prodotti standard in alcuni mercati come in Germania - con un piccolo tentativo in Francia con scarso successo -, ma comunque con un dichiarato interesse a en-trare nel mercato della intermediazione assi-curativa.Quando si parla di canali di distribuzione bi-sogna fare una piccola osservazione: il termi-ne distribuzione piace pochissimo ai broker perché la loro mission non è la distribuzione; il broker, infatti, compara e acquista copertu-re assicurative. Questo è un dettaglio troppo spesso trascurato, soprattutto a causa di una omogeneizzazione terminologica dettata dal-la normativa comunitaria del 2002 che parla indifferentemente di intermediari assicurativi. Come si differenzia l’intermediazione assicu-rativa per canali di distribuzione? Un recente studio commissionato da ANIA a European Economics mostra le performance della distribuzione nei prin-cipali Paesi europei. Dai grafici, a fianco, si evidenzia come il modello inglese sia completamente diverso da quello francese, dove l’intermediazione viene effettuata in maggioranza dalle reti agenziali. I grafici si riferiscono alla distribuzione assicu-rativa dei rami elementari. I dati francesi sono molto simili a quelli italiani, ove si registra una preponderanza di intermediazione operata da agenti di assicurazione con una presenza un po’ meno ammassata di broker, banche e vendita diretta. Anche su questo dato c’è molto da dire, perché non si tiene conto del fatturato del brokeraggio assicurativo che passa attraverso la collaborazione con gli agenti. Secondo le nostre stime i dati ANIA e

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delle compagnie italiane che rilevano soltanto la collaborazione diretta tra broker e compagnie, sono sottostimate del 20% cir-ca. Secondo le rilevazioni di AIBA, la quota di mercato del com-parto danni assorbita dai broker assicurativi è intorno al 40%, tenuto conto dell’intermediazione a favore di compagnie non italiane e soprattutto tenuto conto di una collaborazione molto forte tra broker e agenti. Perché quest’ultima è una componente forte sul mercato italiano? Perché spesso le compagnie italiane non hanno interesse a sviluppare un rapporto di collaborazione con i broker sia per motivi commerciali e strategici, sia per motivi dimensionali. Se il broker non produce e non porta un volume di affari consistenti, la compagnia non ha interesse nell’istaurare un rapporto diretto, ma preferisce farlo mediare da un agente di assicurazione. Questo ovviamente non comporta nessun dan-no per il cliente/consumatore, perché l’eventuale provvigione è suddivisa tra i due intermediari senza che questo porti a una duplicazione di costi per il contraente. Visto che quella dell’intermediazione po-trebbe diventare una professione in via di estinzione, cerchiamo di capire qual è il valore aggiunto che deve dare questa professione e quali sono gli spunti di mi-glioramento. Dovendo ragionare sul valore aggiunto del broker assicurativo, il primo punto sul quale dobbiamo focalizzare la nostra attenzione è l’attività di consulenza. Per una buona consulenza bisogna, innan-zitutto, identificare i rischi, aspetto sostan-ziale dell’azione di brokeraggio e del suo intrinseco valore aggiunto. Il broker, inoltre, garantisce efficien-za nell’analisi di comparazione delle offerte di copertura, soprat-tutto considerando la poca chiarezza dei testi contrattuali: basti pensare alla difficile interpretazione del wording contrattuale: districarsi tra condizioni generali, speciali e particolari, limitazioni ed esclusioni di rischio non è certamente una delle operazio-ni più semplici e l’assistenza di un professionista può risultare determinante per la scelta più appropriata delle garanzie, dei massimali e delle franchigie associate.Certamente il broker contribuisce alla riduzione delle asimmetrie informative, cioè aiuta il cliente a declinare meglio le proprie esigenze e quindi a rappresentarle meglio alla compagnie per individuare le coperture più idonee. Non sarà sempre un best advice, ma sicuramente è un professional advice. Il contributo del brokeraggio è anche nel supporto alla gestione dei contratti e dei sinistri perché la vendita di una copertura as-sicurativa in realtà è la vendita di un servizio che non si conclu-de con il collocamento della copertura, ma prosegue nella sua gestione. Infine, è giusto ricordarlo, il brokeraggio è una valvola di mi-tigazione di un problema di concorrenza in un mercato di of-

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ferta che diventa sempre di più un fattore critico. Nell’ultima relazione IVASS Salvatore Rossi ha denunciato un livello di con-centrazione nel comparto dell’offerta assicurativa sui primi 5 gruppi assicurativi che è tre volte superiore alla concentrazione dei primi 5 gruppi bancari. Questo significa che il nostro mer-cato è fatto di pochissimi player e la presenza di un broker può mitigare questa situazione di assenza o di riduzione sostanziale della concorrenza.Naturalmente standardizzazione, comparazione e digitalizzazio-ne sono problemi che vanno affrontati anche da parte del broke-raggio assicurativo. Ricordando i 5 punti di forza su cui si basa la consulenza del broker abbiamo cercato di capire quali di questi punti sono minacciati dalla standardizzazione, dalla comparazio-ne e dalla digitalizzazione. Nell’identificazione dei rischi riteniamo che non ci sia nessun cambiamento. Il cliente continua a non essere il miglior esperto per l’analisi dei propri rischi e quindi ritenia-mo che da questo punto di vista la consu-lenza del broker non sia minacciata da que-sti fenomeni economici che si appalesano.Sulla migliore efficienza dei costi di analisi del mercato bisogna dire che i comparatori, laddove il prodotto è standardizzato, fanno un efficiente lavoro di comparazione, ma spesso lo fanno bene soltanto sul fattore prezzo e un po’ meno sulle caratteristi-che di copertura. In un contesto da terzo millennio al broker assicurativo serve uno strumento di comparazione professionale che possa costituire il primo screening di comparazione su macro informazioni (prezzi, principali garanzie, massimali, franchigie ed esclusioni) al quale fare seguire l’analisi professionale. Nel mondo anglosassone i comparatori professio-nali sono ormai noti e accettati da 10 anni e danno un apporto importante sia al broker, per quanto riguarda la sua analisi, che al rapporto quando si tratta di inter-relazionarsi con le compa-gnie di assicurazione e con i clienti.Riteniamo che per le riduzioni delle asimmetrie informative la standardizzazione, la comparazione e la digitalizzazione non in-fluenzano e non minano il ruolo del broker.Nel supporto della gestione dei contratti e dei sinistri il broker dovrà immaginare di dotarsi di strumenti di gestione economica-mente più vantaggiosi e meno legati al fattore umano attraverso procedure che possono snellire e favorire un contatto diretto con il cliente, un aggiornamento migliore e una gestione e archi-viazione delle informazioni maggiormente efficiente. Sullo sviluppo della concorrenza del mercato di offerta possia-mo dire che c’è un’eccessiva focalizzazione sul fattore prezzo che, specialmente per alcuni prodotti come la RC auto, è un elemento critico per l’attività di un intermediario assicurativo in

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generale. Per il broker pesa molto questo aspetto; in genere si dice che il broker non è interessato a prodotti standardizzati o al mass market, quindi si può dire che questo è un problema mar-ginale. Si tratta di una generalizzazione troppo drastica perché il mondo del brokeraggio è fatto di tante realtà sia grandi che piccole. Forse c’è un elemento critico che è la dimensione mini-ma accettabile in un mondo di cambiamento come questo che potrebbe fare da fattore discriminante nei prossimi anni.Un’altra considerazione che spesso si fa è sul contributo del brokeraggio all’economia reale. Soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, il broker è un consulente imprescindi-bile anche perché il mondo della piccola e media imprenditoria italiana è fortemente sotto assicurato: quindi è un settore che può rappresentare una prateria da investigare, ma in una situa-zione di crisi economica come quella attuale è una prateria dove non ci sono risorse e una delle prime scelte dell’imprenditoria in crisi è il taglio dei costi, a cui spesso segue, in una catena logica sicuramente poco previdente, il taglio della sicurezza. Abbiamo fatto un’analisi di quali sono gli elementi che caratterizzano la media im-prenditoria italiana di oggi. La crisi continua a mordere e non si fanno investimenti in macchinari, quindi non si investe in nuova tecnologia; di conseguenza non ci si pone il problema di mettere al riparo la continuità di business della piccola e media imprendi-toria che naviga a vista. In questo difficile contesto non è chiaro se le maggiori re-sponsabilità della grave sotto assicurazione delle PMI siano da attribuire ai broker che non riescono a far percepire in modo efficiente ai clienti il valore aggiunto di alcune coperture assicurative e quindi piccoli e medi imprenditori rinunciano, sulla base di logiche di risparmio di bre-vissimo periodo. In ogni caso, si tratta di un circolo vizioso aggra-vato dai wording contrattuali criptici su cui si alimenta una diffi-denza e un’ignoranza che probabilmente porta al mantenimento della sottoassicurazione. Ma la sottoassicura-zione è un problema che, se valorizzato dal punto di vista del merito di credito, potrebbe essere contrastato provocando una positiva inversione di tendenza: in altri termini, se il metodo di credito tendesse a valorizzare le coperture assicurative di cui gode il debitore richiedente probabilmente si potrebbe inseri-re un volano positivo. In alcuni interventi che ci hanno preceduto, abbiamo sentito che, nonostante la miglio-re liquidità presente nel sistema finanziario italiano, le banche continuano a non pre-

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stare denaro esattamente come prima, tenuto conto che chi non si meritava il credito continua a non meritarselo. Ma quali criteri di analisi vengono utilizzati oltre ai bilanci e alla situazione fi-nanziaria? Ci siamo posti più volte questa domanda. ANIA ha suggerito di valutare il merito di credito anche sulla base di un indicatore che segnala il grado di copertura assicurativa. Questa prospettiva rappresenta certamente un elemento da valorizzare, perché riteniamo che, al di là della situazione storica di un bilan-cio, le garanzie assicurative che mirano alla business continuity potrebbero costituire un indicatore ben più sostanziale e impor-tante per garantire alla banca la continuità dei pagamenti su una posizione debitoria. Di recente abbiamo visto che ANIA ha fatto qualche progresso, non solo in merito ai sistemi di misurazione del grado di copertura assicurativa, ma anche in merito alla cor-relazione tra grado di copertura assicurativa e merito di credito basato sull’analisi dei default rate a 12 mesi. Certamente lo stu-dio ha bisogno di ulteriori approfondimenti, sia con riferimento ai criteri di determinazione dell’indice di copertura assicurativa, sia con riferimento alla clusterizzazione dei comparti impren-ditoriali: in tal modo si potrebbe verifica-re con maggiore precisione se e in quale misura esiste una correlazione tra grado di copertura assicurativa e default rate a 12 mesi. I dati finora messi a disposizione di ANIA mostrano maggior correlazioni nel settore dell’edilizia, meno evidenti in altri comparti quali il turismo e il settore manifatturiero. Difficile a questo stadio poter trarre conclusioni, ma certamente ci sembra che l’ipotesi di studio individuata sia virtuosa e andrebbe ulte-riormente approfondita.Siamo certi che gli elementi sopra individuati debbano essere va-lorizzati per un cambio di prospettiva del rapporto tra coperture assicurative, merito di credito e sviluppo della cultura assicurativa, soprattutto nelle piccole e medie imprese. Una delle questioni che sollevano spesso i nostri associati è che è molto difficile far capire a un imprenditore familiare, o in ge-nere ad un piccolo imprenditore, quanto sia importante una copertura di business continuity. La garanzia assicurativa in que-stione non è semplice, è difficile da spiega-re e spesso i contratti sono lessicalmente complessi. Semplificare il wording contrat-tuale assicurativo e avere un approccio di-verso da parte della finanza della valoriz-zazione delle coperture assicurative potrebbero rappresentare i due presupposti per lo sviluppo del mercato nazionale. Questi sono i condizionamenti economici, a cui si associano i

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condizionamenti normativi che sono anco-ra più dirompenti nel breve e medio termi-ne, con una crescente preoccupazione da parte del brokeraggio assicurativo naziona-le, con riferimento al rispetto del principio di level playing field. La vigilanza assicura-tiva è ormai una costola di Banca d’Italia e quest’ultima ha una mentalità e un approc-cio all’attività regolamentare che guarda ai grandi sistemi. Tuttavia l’intermediazione è caratterizzata dalla compresenza di grandi player, ma anche di realtà molto piccole. Tra le tematiche in discussione, occorre valutare il costo della regolamentazione e della vigilanza di settore. In Europa il sistema della regolamentazio-ne è molto complesso e articolato. Il primo asse portante è rappresentato dall’analisi macro prudenziale: tale analisi, di tipo si-stemico, tiene conto della integrazione dei mercati finanziari e della stretta correlazio-ne esistente tra servizi finanziari ed assicu-rativi. In anni recenti abbiamo assistito a un sostanziale avvicinamento dei sistemi rego-lamentari dei differenti mercati finanziari, sia per quanto attiene le regole generali di stabilità, sia con riferimento alle norme di comportamento. Relativamente a quest’ul-timo aspetto, se è certamente condivisibile una omologazione delle regole quando ci si riferisce ai prodotti assicurativi di inve-stimento, lo scenario cambia radicalmente quando si parla degli altri prodotti assicu-rativi di puro rischio (sia Vita che Danni). Indubbiamente, la forza di attrazione del-la normativa e della regolamentazione dei servizi finanziari sul settore assicurativo è uno degli aspetti di preoccupazione: come si tende ad uniformare il sistema delle rego-le dell’industria assicurativa, analogamente si ritiene di poter uniformare le regole della intermediazione assicurativa a quelle della intermediazione finanziaria. Tuttavia, non sempre questa operazione si sposa benissi-mo nel nostro settore, che è caratterizzato da una forte differenziazione di prodotti e servizi.Un’altra preoccupazione riguarda gli as-setti della vigilanza finanziaria e il relativo impatto sugli operatori, in termini sia di

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azione che di costi. Da una recente indagine condotta dall’uni-versità LUISS di Roma è stato messo in evidenza come i modelli regolamentari di vigilanza europei siano molto differenti tra loro. Ci sono paesi che hanno adottato il modello cosiddetto di single regulator, nonché paesi che dopo un primo approccio al single regulator hanno ripensato il modello. Sono state indivi-duate 6 tipologie diverse di organizzazione della regolamenta-zione: ognuna ha i suoi pregi e i suoi difetti, non esistendo un modello intrinsecamente migliore dell’altro. Abbiamo pertanto vigilanze uniche, sistemi di vigilanza organizzati per finalità, ovvero per soggetti; ognuna di queste strutture deve essere valutata dal punto di vista della efficacia rispetto al sistema nazionale degli operatori, nonché per la sua onerosità econo-mica espressa da costi diretti, indiretti e di distorsione. L’analisi condotta dalla LUISS non si spinge a svolgere una valutazione sulla efficacia dei modelli, ma si concentra sull’aspetto dei co-sti, evidenziando una sostanziale disomogeneità.L’analisi ha messo in evidenza come il nostro Paese ha segui-to un orientamento piuttosto innovativo che affianca le Auto-rità di settore e le microstrutture deputate alla vigilanza sugli intermediari di settore. Nasce prima l’APF per la vigilanza sui promotori finanziari, l’OAM per gli intermediari creditizi e infine dovrà nascere l’ORIA, cioè la struttura che si occuperà di vigilare sugli intermediari assicurativi. Nell’ambito di queste autorità di micro vigilanza non esiste nemmeno un’uniformità di obietti-vi, probabilmente per una ragione storica, poiché le rispettive norme istitutive sono collocate in momenti storici diversi.Questa organizzazione non ha equivalen-ti in Europa e in quelle 6 diverse organiz-zazioni: nessun paese ha ritenuto di do-ver organizzarsi con delle microstrutture di vigilanza. L’unico esempio simile, ma non uguale, è la Francia che ha costituito un organismo (ORIAS) che ha competen-za di vigilanza su tutti gli intermediari fi-nanziari, creditizi e assicurativi in maniera trasversale. Nell’analisi fatta dall’Università LUISS di Roma si sono comparati i costi diretti per alcuni dei grandi paesi relativamente a tutto l’assetto regolamentare del settore finanziario. In quanto a costi siamo terzi, ma dietro ai costi c’è un giudizio di effi-cienza che è basato sui fatti di crisi siste-mica e default ed è proprio su questo che si basa la sostanza di un sistema regola-mentare. All’interno di quei costi ognuno dei paesi ha sperimentato delle situazioni

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di crisi, più o meno importanti su cui para-metrare l’efficienza.Il nuovo assetto di vigilanza immaginato in Italia si dovrà poi confrontare con le nuo-ve disposizioni comunitarie, a partire dalla MIFID2 che avrà un impatto immediato sul settore assicurativo, poiché modifica par-zialmente la direttiva vigente sugli interme-diari assicurativi (IMD1) relativamente alla distribuzione di prodotti assicurativi vita quali i PRIPs. I PRIPs sono tutti i prodotti assicurativi vita, anche quelli che di conte-nuto finanziario hanno solo una parte, quindi questo significa che per effetto delle MIFID, cioè di una regolamentazione che riguarda tutti i prodotti finanziari, si verificherà un immediato effetto nella intermediazione assicurativa a partire dal 2016, con l’implementazione nelle disposizioni nazionali.I capisaldi della MIFID2 sono una maggio-re responsabilizzazione degli intermediari e una maggiore consapevolezza degli inve-stitori. Sostanzialmente queste norme na-scono dalla crisi finanziaria del 2007/2008 come un’esigenza per restituire fiducia agli investitori e ai consumatori sugli acquisti di prodotti finanziari. La crisi ha colpito soprat-tutto i prodotti finanziari, ma ha avuto un impatto anche sul settore delle polizze as-sicurative, soprattutto su quelle che sono la spina dorsale della crescita e dello sviluppo delle polizze assicurative in Italia: i prodotti di ramo terzo, unit e linked, prevalentemen-te distribuite dal sistema bancario nazionale, e che di contenuto assicurativo hanno po-chissimo. Nel vissuto collettivo italiano spes-so sentiamo fare considerazioni legate alla circostanza che solo la bancassurance ha dato uno sviluppo al mercato assicurativo vita: bisognerebbe tuttavia esaminare i dati di portafoglio e le performance dei prodot-ti collocati via bancassurance con un’analisi sulle trasformazioni contrattuali intervenute.La scelta di MIFID2 è stata di operare diret-tamente alcune modifiche sul testo attuale della direttiva IMD1, al fine di realizzare un immediato level playing field delle coper-ture assicurative di investimento compara-te con i prodotti finanziari, senza attendere l’implementazione della IMD2; in sostanza, il legislatore europeo si è preoccupato di

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non dare regole diverse per prodotti simili, con il risultato di avvantaggiare i prodotti assicurativi di investimento. La IMD2, cioè la normativa sugli interme-diari assicurativi, dovrà prendere vita, se-condo le dichiarazioni della Presidenza italiana, entro la fine dell’anno, quando si concluderà l’iter legislativo della revisione della direttiva sugli intermediari. La dichia-razione di principio è che questa direttiva amplierà il campo di applicazione e creerà un migliore level playing field perché all’in-terno delle norme sull’intermediazione assicurativa rientreran-no le vendite dirette e i comparatori web. Questo è quello che richiedono i mercati, soprattutto quelli Nordeuropei, perché la concorrenza tra comparatori e vendita diretta è ormai molto for-te. Questa dichiarazione di principio è un po’ tradita dai fatti perché le esclusioni sono state ridotte ed è stata introdotta la figura di un intermediario ausiliario che risponderà soltanto a una parte delle regole della direttiva con il risultato di sbilanciare, secondo noi, il cam-po di applicazione di questo nuovo assetto normativo.Abbiamo già 5 testi che la Presidenza italia-na ha elaborato in questi mesi, testi di com-promesso per cercare di avvicinarsi sempre più ad una formulazione che sia generi-camente soddisfacente per tutti. Uno dei temi che più interessa è proprio il concetto di far rientrare, nell’intermediazione assicu-rativa, il ruolo dei comparatori. Molti com-paratori non concludono il contratto, ma semplicemente orientano i consumi e guadagnano sulla base dei passaggi sul sito internet del comparatore. Uno degli aspetti di maggiore dibattito con la Presidenza italiana ha riguardato l’opportunità di estendere l’applicazione delle nuove disposizio-ni comunitarie a tutti i comparatori web, compresi quelli che si limitano ad orientare il consumatore senza provvedere alla con-clusione del contratto. Nell’ultimo testo di proposta del Consi-glio sotto Presidenza italiana si è cercato di far rientrare nel campo di applicazione della direttiva tutte le forme di compara-zione online con esclusione dei siti pubblici a carattere istituzionale come ad esempio il preventivatore IVASS. Tuttavia le ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della direttiva sono state riviste in senso estensivo. Per capire meglio l’impatto dei cambiamenti abbiamo riportato in una ta-

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bella l’attuale testo della IMD1 e la propo-sta prevista dalla IMD2, comparandone gli effetti in termini di rispetto della parità di regole tra operatori. Il level playing field, dal nostro punto di vista, peggiora perché si escludono una serie di condizioni che saranno oggetto di intermediazione senza regole. Questo non è solo un fattore nega-tivo per gli operatori di mercato, ma anche per i consumatori perché gli esclusi neces-sariamente andranno a sviluppare forme di collocamento assicurativo, soprattutto nei confronti dei clienti retail e dal nostro pun-to di vista, in questo modo, non si agevola né la conoscenza dei prodotti né la tutela dei clienti, né la percezione finale di quanto sia importante acquistare protezione assi-curativa. Ma la cosa che cambia ancora di più le re-gole del gioco è la presenza dell’interme-diario ausiliario che risponderà a regole più blande rispetto agli intermediari professio-nali, creando un ulteriore squilibrio concor-renziale. Sommando l’effetto delle esenzioni con le agevolazioni previste per gli intermedia-ri ausiliari, il nostro bilancio finale è che il quadro normativo peggiora il livellamen-to del campo di gioco, che era l’obiettivo principale che la direttiva si poneva. Ovvia-mente ci auguriamo che prima della stesu-ra definitiva ci siano occasioni di revisione del testo: si apre ora la fase più delicata della redazione normativa, rappresentata dal processo cosiddetto di trilogo, ovvero di accordo tra la proposta originaria della Commissione, il testo elaborato dal Parla-mento europeo e la proposta del Consiglio europeo.

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Dott. Carlo marietti Andreani

Fino ad ora abbiamo disegnato lo scenario all’interno del quale il broker deve operare. Come si sente il broker in questo perio-do? Direi che si sente nervosamente ottimista. Sono due i fronti con i quali ci confrontiamo di più, che sono il rapporto con le istituzioni e il mercato. Per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni vorrei soffermarmi su alcuni spunti: recentemente al-cuni associati mi hanno chiesto e invitato a perseguire un atteg-giamento di AIBA il più concreto possibile sui temi contingenti, abbandonando a volte quella che può essere una forma di filo-sofia, e cercare di “volare bassi”, che è ormai una specialità con la quale mi trovo a mio agio. Con le istituzioni il problema più grosso è la mancanza di conoscenza, in particolare, del lavoro del broker. Il fatto che la normativa approcci in modo unitario le diverse professioni non aiuta né il legislatore italiano, né il rego-latore ad essere consapevole di alcune specificità che non sono sempre di contorno. Con questo non voglio dire che il broker vuole prendere le distanze dal mondo dell’intermediazione, anzi negli ultimi mesi ci sono stati alcuni episodi significativi di colla-borazione tra associazioni di intermediari che hanno sottoscritto comunemente dei documenti inviati alle Autorità, secondo un approccio del tutto nuovo; ciò a mio giudizio sta a significa-re che a volte, per ottenere qualcosa, bisogna adottare alcuni approcci comuni e compatti, ovviamente per altri argomenti ci sono delle specificità che non sono condivise, ma devono essere nobilmente sottolineate e tutelate.A proposito della non conoscenza delle istituzioni mi sono reso conto, in una serie di colloqui sia con l’IVASS che con il Ministero dello Svilup-po Economico, che non vi è alcuna con-sapevolezza di cosa gli intermediari, in genere, o i broker, in particolare, fanno dalla mattina alla sera. Nel senso che c’è una concentrazione di interesse totale e assoluta sul momento dell’intermediazio-ne in senso tecnico, cioè nel momento in cui l’intermediario entra in pista per fa-vorire la conclusione del contratto di as-sicurazione tra la compagnia e il cliente. L’attività dell’intermediario e del broker

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in particolare non finisce con la conclusione del contratto perché, se fosse così, significherebbe che la nostra categoria ha sbagliato completamente l’impostazione della propria atti-vità, nel senso che il broker ha senso di esistere se è in grado di generare del valore aggiunto alla propria clientela. Se non genera valore aggiunto è corretto che “abbassi la saracine-sca”, perché rischierebbe di diventare un passaggio in più che erode tempo, chiarezza e denaro. La nostra attività non si esaurisce in quel momento peculiare, che tra l’altro è vissuto con difficoltà perché, come abbiamo detto prima, c’è grande concentrazione di mercato e assenza di concorrenza. Alla luce dei processi di integrazione conseguenti alle acquisizio-ni importanti a cui abbiamo assistito di recente sul mercato assi-curativo, si verificano notevoli difficoltà di interazione con i due principali player del mercato, con cui spesso risulta impossibile individuare persino l’interlocutore commerciale, e questo non aiuta nel momento della discussione dei contenuti delle polizze, perché sono d’accordo nel dire che si va verso una standardizza-zione inarrestabile, soprattutto per quanto riguarda le tipologie di rischio quotidiane e più diffuse. Basti pensare alle polizze di assicurazione con rischi standard, dove è difficile coordinare le condizioni generali con le condizioni particolari, ma non è solo questo, come esempio personale posso dire che, poco prima dell’estate, ho ricevuto una polizza di assicurazione che sarebbe dovuta essere il compendio degli accordi presi, invece era una soluzione standard, ma tendente al tragicomico; nel senso che mi sono visto recapitare una polizza caratterizzata da condizio-ni generali di assicurazione, speciali, particolari e condizioni ag-giuntive, ma la cosa che mi ha colpito di più è quando ho letto che le condizioni particolari speciali e aggiuntive tra parentesi portano l’indicazione: sempre operanti. È evidente che i testi contrattuali andrebbero semplificati, coordinati e resi intellegibili al cliente e all’intermediario, che spesso ha difficoltà nel presen-tare al cliente i contenuti contrattuali.Una delle più grosse soddisfazioni del lavoro di questi mesi è che sul fronte IVASS e su quello del Ministero dello Sviluppo Econo-mico non sia cambiato nulla. Apparentemente sarebbe il trionfo dell’illogicità, ma in realtà c’è una certa soddisfazione nell’essere riusciti a fermare una serie di iniziative che avrebbero portato conseguenze assolutamente negative. È chiaro che visto dal di fuori parrebbe rappresentare una forma di immobilismo totale; la considerazione è amara, ma a volte l’immobilismo in uno o due passaggi della normativa è come un successo. Questo ov-viamente non è l’obiettivo finale perché aspettiamo l’IMD2, che sarà un momento importante su cui, al momento, il legislatore e il regolatore italiano attendono di conoscere la portata definitiva delle disposizioni per potersi correntemente adeguare. Per esempio AIBA era d’accordo sul fatto che, su proposta del MISE e in funzione del nuovo assetto che vedrà l’ORIA come or-gano responsabile della gestione del RUI e dell’attività di vigilan-

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za sugli intermediari, potesse essere utile e necessario rivedere l’impianto sanzionatorio. Il MISE partiva da una considerazione condivisibile, ovvero che il regime attuale delle sanzioni per gli intermediari è poco efficiente perché prevede una sanzione in-termedia, rappresentata dalla censura, che viene scarsamente percepita come una sanzione di rilievo. Di fronte a una dichiara-ta disponibilità a ragionare sull’argomento ci siamo sentiti dire che sarebbe stata fatta una proposta unilaterale che avremmo potuto prendere in considerazione. Questa risposta/proposta è a mio giudizio l’emblema della scarsa conoscenza della profes-sione del broker. In questo impianto ipotetico infatti la sanzione intermedia viene copiata dal settore della intermediazione finan-ziaria e creditizia, prevedendo la fattispecie della sospensione temporanea dell’attività. Per la caratteristica del lavoro della in-termediazione assicurativa, che non si limita al collocamento del prodotto, ma garantisce una assistenza nel continuo, la sospen-sione dell’attività produce, dal punto di vista della tenuta del portafoglio, la medesima conseguenza della radiazione, con una penalizzazione incomprensibile a carico del cliente del broker che si troverebbe, dalla mattina alla sera, senza interlocutore e, quindi, nell’impossibilità di muoversi sul mercato. Il fatto di aver fermato queste iniziative lo considero un successo, vedremo poi cosa penserà di fare l’ORIA.In generale c’è tantissima difficoltà di comunicazione e spesso si fa questo “copia e incolla”, ma in realtà gli intermediari di assicurazione svolgono un’attività diversa dagli intermediari fi-nanziari. In questo momento c’è un tentativo, per motivi anche comprensibili, ma non condivisibili, di fare un’attività di “copia e incolla” tra la regolamentazione dell’attività degli operatori fi-nanziari e la nostra, sempre e solo sulla concentrazione del mo-mento esclusivo dell’intermediazione in senso tecnico.I mutamenti tecnologici e la potenziale erosione di concorrenza creata dalle vendite dirette online o mediante l’utilizzo di com-paratori non credo siano una minaccia o preoccupazione per il settore del brokeraggio, tenuto conto che la clientela prevalente del settore è rappresentata da quella aziendale e professionale. Non mi preoccupa il comparatore come possibile antagonista o concorrente, anzi lo considero uno strumento con ampie poten-zialità di utilizzo professionale, laddove si possano contempo-raneamente comparare i prezzi con le coperture offerte. Sono pertanto convinto che il broker abbia la possibilità e il dovere professionale di occupare nuovi spazi in questo settore.

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Vincere le sfide di un mercato che cambia: il ruolo dell’agente

Dott. Vincenzo CirasolaPresidente Nazionale ANAPA e Presidente Gruppo Agenti Generali, Roma

Sono, come agente, in prima linea per mettere in contatto quel-lo che le compagnie cercano di erogare ai clienti, infatti, noi agenti siamo degli intermediari professionisti, insieme ai broker. Ho iniziato il mio lavoro come agente nel 1985 e ancora oggi sono contento della professione che ho scelto. L’anno prima del-la mia “nascita” lavorativa si è creata la nuova figura del broker. Considero i broker come dei seri concorrenti che mi hanno aiu-tato a crescere professionalmente, anche perché, a quei tempi, a noi agenti le mandanti non davano molte clausole, mentre per loro era diverso. Quindi grazie ai broker ho dovuto imparare tante nuove estensioni di garanzia, che erano tipiche del mondo broker e che poi sono state applicate anche al nostro mondo. Bisogna dire che oggi il 25% del portafoglio danni viene inter-mediato da broker e agenti insieme.Le agenzie ben strutturate, nel nostro Paese, offrono l’oppor-tunità di collaborare positivamente con i broker; invece in Fran-cia, questi sono per esempio, dei veri e propri concorrenti degli agenti.Sono qui oggi per difendere la mia professione che sempre più spesso dicono sia in estinzione. In realtà non è vero e lo dicono anche i dati. Operare in Borsa è un lavoro estinto, ma per quanto riguarda gli agenti, i broker e gli assicuratori in questo momento stanno solo vivendo un momento di grande crisi. I dati dimo-strano che la percentuale di concentrazione del fatturato degli agenti è passata dall’89% all’81%, che è una percentuale tra le più alte rispetto a quella degli altri paesi intermediati dagli agen-ti. È vero che nella percentuale è inclusa anche l’intermediazione dei broker (20/22%), ma questi ultimi lavo-rano basandosi anche sull’agenzia. I broker possono anche lavorare direttamente con la compagnia, lo fanno anche in Italia, ma è peculiare. Anche i miei subagenti passa-no tramite l’agenzia e sono altri interme-diari, ma passare all’interno dell’agenzia vuol dire la centralità dell’agenzia, da parte di alcune compagnie che rispettano il ruolo dell’agente. Il modello distributivo italiano è un unicum europeo. Se però togliamo la RC auto nell’unicum europeo questa per-centuale cala molto e non ci troviamo più

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tra i primi. Questo vuol dire che il mercato italiano, purtroppo, è stato per anni un po’ troppo auto dipendente per noi agenti e questa dipendenza porta adesso a dei momenti molto drasti-ci. Generali (la mia compagnia mandante), per esempio, è nata più di 180 anni fa ed è tuttora la compagnia leader del merca-to italiano; questo grazie agli agenti. Adesso stanno arrivando i “cinesi”, come li chiamo io, e cioè Google, Facebook e Amazon, che sono arrivati in Italia, considerata un mercato fertile, per-ché sotto assicurata. In Italia ci sono ogni 100mila abitanti solo 60 agenti e 8 broker, invece in Germania ogni 100mila abitanti ci sono 203 agenti, in Spagna 193, in Portogallo 130. L’Italia è all’ottavo posto come penetrazione sul ter-ritorio da parte dei broker. Per noi agenti di assicurazione è in atto una progressiva e seria disintermediazione nella RCA, a cau-sa delle novità legislative: Home Insurance, dematerializzazione del contrassegno e non tacito rinnovo e quindi i nostri “cine-si” sono facilitati ad entrare in un mercato auto, ma è tutta una concorrenza basata sul prezzo e questo ci preoccupa molto. Infatti, noi abbiamo avuto perdita di fattura-to Auto, da 22 miliardi circa di premi passando a 18 miliardi. Un agente bravo che ha mantenuto gli stessi clienti ha subito ugualmente un calo di fatturato perché i premi sono diminuiti. La dipendenza dall’auto porterà, indubbiamente, a un calo di redditività.Se una compagnia crede nel canale agenziale, come la mia com-pagnia, investe risorse e tempo; capita poi che ci sia un cambio e si cerca di fare degli interventi che minano quello che è stato per anni il lavoro di canale agenziale. Allora mi chiedo, come si fa a far vendere a una banca, con lo stesso logo, le polizze che fino ad ora sono state esclusivamente in mano alla rete agenziale? Se pensiamo che la crisi dell’auto sia tanto forte da portare la rete agenziale a subire una recessione economica notevole, perché vogliamo che le banche facciano lo stesso lavoro dell’agente? Io penso sia sbagliato e critico questo modo di fare, adoperando lo stesso logo sembrerebbe come se si facesse del “cannibalismo”

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e farlo sulle reti agenziali vuol dire, a mio avviso, farlo sull’azienda stessa, perché gli agenti da 180 anni portano utili agli azio-nisti e alti compensi agli amministratori. Portano quella che noi chiamiamo raccolta industriale, che servirà poi agli amministra-tori per fare investimenti finanziari. A volte si fanno degli investimenti giusti e a volte no e in questo caso tocca agli agenti an-dare e portare a casa i premi per cercare di riparare “l’errore”.Mi permetto di dire, con la mia trasparen-za, che rispetto molto le scelte aziendali, però mi posso permettere di non condivi-derle. I risultati contano perché esempi del passato, tipo Gencasse (cassa di previdenza dove si doveva fare soltanto un click) non ha avuto successo. Strategicamente poteva essere una bella cosa, ma non ha funziona-to perché per fare previdenza è importante l’apporto professionale e umano dell’inter-mediario. Anche l’accordo RCA tra Gene-rali e Comit non ha funzionato, perché la RC auto non ha un prezzo fisso e non è un bene tangibile. Non credo abbiano succes-so le polizze RC auto vendute dalle banche online, perché vendere una polizza RC auto è diventata una trattativa che comporta perdita di tempo, va personalizzata e se va bene dopo 40 minuti di trattativa si guada-gna meno dell’anno scorso.Compagnie come Allianz e UnipolSai cre-dono negli agenti perché hanno acquisito compagnie con tanti agenti, però non è solo con l’investimento che si possono ap-poggiare le compagnie. Oggi le compagnie agenziali devono essere sostenute per sta-re sul mercato perché stanno diminuendo nei numeri, stanno andando a casa molti agenti e produttori. Agenti/produttori è un modello che ha portato ricchezza e sulla RC auto non è facile un passaggio, perché il mix del portafoglio agenti è sempre stato molto alto, quasi il 50% del mercato, quin-di si può dire che le compagnie si sono ar-ricchite con l’RC auto, infatti, hanno un ROE più alto delle com-pagnie normali. Per esempio Allianz oggi ha un ROE medio del 13%, ma sull’Auto è di circa un 30%. Mentre il ROE è alto per le compagnie e gli agenti perdono le provvigioni per questo che bisogna sostenerli. Se si va a ridurre un premio RC auto da 1.000

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euro a 700 euro, grazie alla concorrenza, non solo prendo il 30% di provvigione in meno, ma non riesco a fare in modo che il cliente pensi anche alla polizza infortu-ni. Compensare il gap con polizze retail ha bisogno di protezione, ma in Italia non ci si assicura perché manca la cultura, le per-sone pensano di investire i loro risparmi in altro che non sia l’assicurazione, soprattut-to in un momento come questo.Gli agenti devono essere aiutati, soprat-tutto credendo in loro, perché il cliente sa benissimo che il prodotto non è solo la vendita; quello è solo l’inizio poi c’è il post-vendita e l’assistenza.Noi siamo disposti a rivedere il modello agenziale e anche il modello di agente perché quest’ultimo non può essere solo un produttore, ma deve essere anche agente, manager e imprendi-tore. L’agente imprenditore è colui che fa fare le polizze perché è difficile farle, ma è altrettanto difficile farle fare. Oggi c’è nell’a-genzia un modello completamente diverso che sta ritornando agli anni Ottanta: accorpamenti e quiescenza. Gli accorpamenti possono essere mono e plurimandatari, nel senso che al modello di agenzia nuovo, oltre a continuare a mantenere la tradizione che vuol dire professionalità, competenza ed esperienza, vanno aggiunte delle innovazioni. L’innovazione non è solo di prodotti, di processi e di rapporti con i clienti.Anche noi agenti tradizionali siamo disposti a rinnovarci con in-tegrazione con le nostre compagnie mono e plurimandatarie e su questo, con molta franchezza, devo dire che ci sono com-pagnie che stanno investendo sugli agenti come Allianz, Generali e UnipolSai, perché integrare i brand vuol dire sul piano socia-le mettere insieme delle persone per farle convivere in una comune società; sul piano aziendale, invece, vuol dire diminuzione dei costi immediati. Quindi le compagnie diminuiscono i costi e aumentano i divi-dendi e quindi significa lavorare meglio.Noi agenti vogliamo lavorare con le com-pagnie, farle crescere, con la reciproca convinzione che la figura dell’agente non potrà essere sostituita. Ecco perché sono fi-ducioso che una professione nata 180 anni fa, seppur necessariamente deve cambiare per adattarsi al nuovo mercato, durerà a lungo, perché non è un dito o un click che potrà sostituire il calore di una mano.

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Finanziamento dell’economia italiana

Dott. Dario FocarelliDirettore Generale ANIA – Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, Roma

La riduzione dei finanziamenti, in particolare di quelli a lungo termine (e, tra questi, di quelli destinati soprattutto alle pic-cole e medie imprese), non è un fenomeno solo italiano, ma europeo e mondiale. I comparti che ne hanno risentito mag-giormente sono, come evidenziato da un recente lavoro della Banca d’Italia, gli investimenti in infrastrutture e le piccole e medie imprese. La forte contrazione dei finanziamenti bancari è attribuibile principalmente a due fattori: l’eccesso di credito derivante dalla crisi finanziaria - e la conseguente difficoltà nel ripor-tare la situazione alla normalità - e l’innalzamento del costo del capitale per il settore bancario, quasi raddoppiato rispet-to al passato in conseguenza degli interventi regolamentari. Quest’ultimo ha, ovviamente, effetti disincentivanti sulla con-cessione di credito. A livello europeo sono in corso una serie di iniziative, ma mi soffermerò sugli interventi messi in atto dalla Banca Centrale Europea. La BCE ha recentemente annunciato un programma di acqui-sti di due tipologie di strumenti: attività di cartolarizzazione (Asset-Backed Securities, ABS) e covered bonds bancari. Men-tre l’acquisto di covered bonds ha trovato immediato consen-so nell’ambito dell’Eurosistema, quello di titoli cartolarizzati ha suscitato perplessità in alcune BCN. Nella realizzazione del programma relativo alle ABS un ulteriore ostacolo è rappre-sentato dalla dimensione ridotta del mercato. Il Presidente Draghi ha annunciato di voler incremen-tare il totale di bilancio della Banca Cen-trale Europea da 2 a 3 trilioni di euro; il totale dei titoli ABS e covered bonds in circolazione è, tuttavia, pari a circa un trilione di euro. L’unico modo per rag-giungere l’obiettivo dichiarato è, quindi, quello di acquistare tutti i titoli esistenti, compresa la parte senior e la parte mez-zanina, a condizione che per quest’ulti-ma ci sia una garanzia dello Stato o di ente equipollente. Il dilemma in questo momento è quindi se la BCE abbia lanciato i nuovi program-

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mi di acquisto nel presupposto che fosse-ro in grado di realizzare l’espansione del bilancio desiderata o nella prospettiva di passare successivamente all’acquisto di titoli pubblici. Al tempo stesso, quanto forte si rivelerà l’opposizione ai program-mi di QE?La questione quindi è legata a compren-dere quale impulso darebbero all’eco-nomia i programmi di acquisto di assets recentemente avviati. Oltre all’imme-diato impulso quantitativo, l’economia potrebbe giovarsi dello sviluppo di un mercato della carta privata? Draghi ri-tiene che gli acquisti di tranches senior – e quindi meno rischiose – da parte della BCE innescherebbero un processo che porterebbe alla creazione di un mer-cato della carta privata e di un bench-mark. Anche molti economisti concor-dano sull’idea che ciò agevolerebbe la creazione di un mercato specifico per tali strumenti finanziari, ma allo stesso tempo vedono, in queste iniziative, delle difficoltà.Dal punto di vista degli assicuratori, l’am-pliamento del mercato dei titoli privati appare una prospettiva interessante. Siamo di fronte a una grande opportu-nità (scommessa) perché in un contesto, come quello europeo, largamente incen-trato sul sistema bancario, esistono vera-mente potenzialità per la creazione di un mercato di titoli privati, soprattutto ove vengano risolti i potenziali notevoli con-flitti di interesse.Come ho già detto in precedenza, la con-trazione del credito è stata un fenomeno europeo; tuttavia, mentre negli altri paesi si è tornati su consistenze superiori a quel-

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le precedenti la crisi, in Italia la ripresa è stata totalmente nulla. Nel nostro paese sono state messe in atto numerose iniziative. In primo luogo, è sta-to creato lo strumento dei minibond, uti-le per favorire l’ingresso nel mercato da parte di nuove imprese di medie dimen-sioni. I risultati sono stati, tuttavia, molto esigui da un punto di vista quantitativo: poche emissioni, con tassi di rendimento intorno al 6% su durate di 5 anni.Il recente Decreto-legge n.91 (il c.d. D.L. “Competitività”), in secondo luogo, ha introdotto tre novità per le imprese di assicurazione: i) la possibilità di erogare finanziamenti diretti; ii) la possibilità di acquistare titoli cartolarizzati – soprattut-to di minibond e di finanziamenti diretti –; iii) la possibilità di investire direttamen-te in fondi di debito. Queste sono le tre nuove opzioni introdotte anche nel nuo-vo Regolamento 36 di IVASS. Il Decreto chiarisce alcuni punti relativi alla concessione del credito e, in partico-lare, alle modalità e ai limiti operativi da rispettare. Si dispone che una compagnia di assicurazioni possa erogare credito fino ad un ammontare pari (o inferiore) al 5% degli attivi. I criteri in base a cui viene definito il limite per la specifica operazio-ne sono: i) l’individuazione dei prenditori dei finanziamenti in partnership con una banca o un intermediario finanziario; ii) la presenza di un merito di credito dell’im-presa adeguato; iii) la presenza di un adeguato livello di patrimonializzazione dell’impresa. Quanto all’esistenza di un interesse da parte degli assicuratori, ci sono da fare alcune considerazioni. I dati mostrano come lo spread pagato dalle imprese in paesi come l’Irlanda, l’O-landa e la Germania si sia ridotto rispetto al livello massimo raggiunto durante la crisi del debito sovrano dell’area dell’eu-ro; in Italia e in Spagna, invece, i livelli sono rimasti pressoché immutati. In ge-nerale, nei portafogli delle grandi impre-se di assicurazione europee la quota di government bonds e quella di corporate

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bonds sono sostanzialmente analoghe, entrambe intorno al 30%; in Italia, inve-ce, la percentuale di titoli di Stato è mol-to più alta. Dagli investimenti in titoli di Stato le assicurazioni hanno guadagnato, negli ultimi tre anni, 100 miliardi di euro, che hanno grandemente contribuito a salvaguardare la stabilità dei loro bilanci. In questo comparto sono stati realizzati guadagni in conto capitale effettivi, non solo legati al recupero delle perdite subi-te nella seconda metà del 2011. Il rendi-mento dei BTP decennali oscilla nell’in-torno del 2%, mentre era dell’ordine del 5% prima della crisi. Stiamo ovviamente parlando di valutazioni di bilancio ma è certo che la fiducia data all’investimento in titoli di Stato si è rivelata una scelta di successo. Ciò non toglie che, in una prospettiva di lungo termine, una com-posizione del portafoglio concentrata sui titoli di Stato appare peculiare nel con-fronto internazionale.Sommando queste due considerazioni ri-tengo che la tendenza ora, in una visione di lungo termine, sia verso il corporate. Un terzo importante tema che affronta-no gli assicuratori, e che contribuisce a rafforzare questa mia idea, è quello del rispetto delle garanzie in portafoglio. La media europea di tali garanzie è intorno al 2,5%; il tasso quinquennale sui BTP è ritornato al 2,5% in questi giorni, ma una decina di giorni fa era addirittura in-feriore. Ciò vuol dire che, nonostante la garanzia mediana sia scesa dal 3% del 2009 al 2,5% del 2013, investire in BTP non consentirebbe alle imprese di assicu-razione di coprire il loro valore mediano. Per quanto riguarda Solvency II, invece, ad essere penalizzati sono i portafogli con duration maggiori; Solvency II sco-raggia, infatti, gli investimenti a lungo termine a meno che non siano perfetta-mente in matching con le passività. Ma potremo essere in grado di farlo e con basso contenuto di capitale perché im-porteremo in Italia il sistema dei surplus funds tedeschi, normativamente parlan-do, per poi far giudicare il mercato. È

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un sistema che riguarda sia i surplus fun-ds tedeschi sia il meccanismo inglese di matching. Le ultime novità contenute nel Decreto-legge “Competitività” mostrano un atteggiamento molto più favorevole rispetto al passato per le cartolarizzazio-ni (e in misura minore sugli investimenti in infrastrutture), anche se sotto speci-fiche condizioni, tra cui quella di essere cartolarizzazioni senior. Se da un lato tali condizioni sono incentivanti (perché le cartolarizzazioni senior sono poco capi-tal intensive), dall’altro sono difficilmente raggiungibili: le cartolarizzazioni senior sarebbero in gran parte acquistate dalla BCE rendendo il mercato, di fatto, ine-sistente. L’altra novità positiva relativa a Solvency II riguarda il trattamento dei project bonds, ora parificato a quello dei corporate bonds. Ritengo che queste no-vità siano certamente positive, nella mi-sura in cui danno l’opportunità per una diversificazione dei portafogli rispetto ai titoli di Stato. La domanda che ci si pone è se sia possibile un più ampio coinvolgimen-to degli assicuratori nel finanziamento dell’economia reale. La mia risposta è positiva. Tuttavia non penso che que-sto sia sufficiente a compensare l’am-pio deleveraging creato dalle banche. Ritengo che queste misure possano rappresentare un importante incentivo per le compagnie di assicurazione ad investire nelle nuove tipologie di stru-menti finanziari, ma la questione del finanziamento diretto è più complicata. La modalità più facile e più rapida per farlo è, al momento, ancora il rapporto con le banche. Anche il Regolamento 36 dell’IVASS favorisce la partnership al 50%, esonerando coloro che utilizzano tale opzione dalla richiesta di autorizza-zione per concedere il finanziamento. Le banche tuttavia non hanno grandis-sima voglia di fare partnership al 50%. L’investimento tra il 5% e il 50% è più limitato in termini di quantitativi, però è soggetto a uno scrutinio maggiore da parte dell’IVASS.

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Un esempio è rappresentato da AXA, che ha erogato in un anno e mezzo 2 miliardi di finanziamenti diretti (di nuovo credito) a imprese, tutti in partnership con le ban-che (100 operazioni da 20 milioni di euro ognuna). Le operazioni sono state valuta-te nel merito una ad una dalla compagnia in un modo di procedere poco praticabile per operazioni di importo inferiore. Quin-di da un lato capisco che c’è attrattiva per questo mercato mentre dall’altro si va a concorrere su un pezzo di credito che già esiste. Tale modo di procedere presenta però il vantaggio di dar vita a nuove linee di lavoro, di dare impulso a nuovi rapporti con le banche senza essere destinatari di crediti già esistenti. Non si tratta certa-mente di una strada priva di difficoltà, ma vale la pena di esplorarla!

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EMu=Ebu e la morte del btP. Lunga vita all’Italia

Dott. massimo FignaAmministratore Delegato Tenax Capital Ltd., Londra

Il titolo è impegnativo e spero sia anche provocatorio ed esplica-tivo del messaggio che voglio dare. Prima di iniziare vorrei parlarvi velocemente di TENAX e di cosa ha fatto negli ultimi 10 anni. Spiegherò cosa significa EMU=EBU e, infine, parlerò del concetto di lunga vita all’Italia che è rappre-sentato da una tesi concreta.TENAX è una boutique che nasce con una forte specializzazione negli investimenti finanziari e come joint venture con il gruppo Generali. Ha 10 anni di track record, è definita stock pickers, cioè ci focalizziamo esclusivamente su società finanziarie. La fi-losofia con cui nasciamo è quella di ottenere rendimenti azionari con una volatilità pari a quella degli strumenti obbligazionari e con la protezione del capitale. Questi due principi, che sembre-rebbero molto banali perché dovrebbero essere alla base di tutti gli investimenti, dieci anni fa non erano obiettivi che ci si poneva quando si facevano investimenti.Il profilo di rischio del Flagship Hedge Fund che abbiamo gestito ha un ritorno annualizzato del 4% con una volatilità uguale a quella del bond, che abbiamo deliverato su 10 anni investendo solo in titoli finanziari.EMU=EBU vuol dire che, a mio avviso, l’importanza dell’U-nione Bancaria (che è una decisione politica e non di attori che operano sul mercato) è di pari importanza alla creazione dell’Euro. Con questa frase voglio dire che l’Unione Moneta-ria è stata fatta nel 1999, ma prima di creare l’Euro c’era stato il serpentone monetario durato diversi anni. Durante questa fase il periodo dal 1992 al 1999 è stato molto turbolento e lo vediamo anche con la misurazione dello spread. Nel 1993 esce la Sterlina dal serpentone monetario con la famosa speculazione di Soros, alla fine del 1995 la Lira italiana esce parzial-mente per poi rientrare; insomma periodi molto complessi, ma nonostante questo nel 1999 si fa l’Euro con una decisione politica di tre principali padrini: Ciampi, Mitterrand e Kohl. Nel 2008 si arriva al default di Lehman. Prima del “whatever it takes” di Draghi passano 4 anni e arri-viamo a quella che definisco aberrazione

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finanziaria, cioè la perdita del risk free. Perdita del risk free significa la differen-za negativa tra un’attività priva di rischio governativo e un’attività a rischio. Que-sta situazione si è verificata solo due vol-te in America, misurata da una chart mol-to famosa di Schiller, dal 1900 ad oggi, cioè durante la grande depressione negli anni Trenta. Vivendo su un sistema capi-talistico basato sul Capital Asset Pressing Model, cioè le valutazioni delle aziende e delle società sono basate sul concetto di risk free, se viene meno quest’ultimo col-lassa tutto il sistema capitalistico su cui è stata creata la nostra società. Il “whate-ver it takes” fa ritornare il risk free. Il 4 novembre di quest’anno c’è la creazione dell’Unione Bancaria, che è un evento molto più rilevante di quanto percepia-mo tuttora. Per esempio, oggi in Italia un incaglio di-venta tale dopo 90 giorni; in Francia sono 180 giorni. Non c’è una motivazione eco-nomica, è una regola che, per un piccolo artigiano o un piccolo imprenditore, di cui l’Italia è piena, è una differenza enorme tra fallire o no. Secondo esempio in Danimar-ca un mutuo pesa sul risk asset (capitale pesato delle banche) il 25%, mentre in Italia il 48%, e non c’è una ragione economica, ma è una regola. Tutte queste piccole differenze fanno si che lo spread, di cui si accennava prima del costo che le aziende paga-no sulle obbligazioni, non scende. Draghi, il 12 febbraio 2014, per sostenere l’approvazione dell’Unione Bancaria al Parlamento europeo, dice una cosa molto semplice, cioè non esiste Unione Monetaria senza integrazione finanziaria, che sostanzialmente è questo acronimo.Vorrei porre alla vostra attenzione come è la composizione del BTP in questi anni. Il BTP a 10 anni è composto da 2 fattori, come si può osservare dall’immagine. A sinistra abbiamo il bund tedesco, in alto a destra c’è il BTP/bund; la somma dei due fa il

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decennale del BTP. Il bund ha rotto la soglia dell’1% (1% per investire a 10 anni) ed è molto difficile ipotizzarne una crescita. In realtà volevo fare un’altra analisi, volevo parametrare la mia immagine allo spread nello stesso arco temporale dal 1992 ad oggi. La prima barretta nera la creazione dell’Euro; si può notare che lo spread dal 1992 fino all’introduzione dell’Euro ha raggiunto livelli pari a quelli che ha rag-giunto in questa crisi, anche se nessuno se ne rendeva conto. Perché non era così rile-vante? Primo perché era un discorso relati-vo, nel senso che se i tassi erano al 9% dei bund uno spread di 3/4 punti percentuali non ha l’importanza di quando il tasso è all’1% e lo spread è al 4/5. Lo spread è arrivato a 400/500 ed è sceso sotto i 50 basis point ed è rimasto fermo fino al default di Lehman (segnalato con la seconda barretta nera nel grafico). Il default di Lehman crea la perdita di risk free e poi arriviamo al “whatever it takes” di Draghi, lo spread raggiunge circa i 500 proprio come nel periodo di turbolenza quando la Lira stava per uscire dal serpentone monetario. Il “whatever it takes” di Draghi è sostanzialmente una forte affermazione, ma soprattutto è politicamente sostenuto dalla Merkel che fa si che le grandi istituzioni smettano di vendere i BTP (soprattutto quelle italiane) perché si rendono conto che l’Euro non si rompeva. La conclusione di tutto questo è, a mio avviso, se è vero che EMU=EBU, cioè se l’Unione Bancaria vale come l’Unione Moneta-ria, lo spread italiano arriverà sostanzialmente, in un certo arco di tempo, allo stesso livello dei 50 basis point. Ebbene, se arriviamo ai 50 basis point e se il bund, perché non ci sarà una grande in-flazione, rimane intorno all’1%, vuol dire che il decennale del BTP andrà più o meno all’intorno dell’1,5. L’unica cosa che può negare questo aspetto è se ci sarà una vera e propria inflazione, però se c’è inflazione vuol dire che c’è un minimo di ripresa e comunque sia lo spread italiano scenderà. Se arriva la troika è possibile che ci sia un allargamento dello spread, però poi le compagnie italiane che crescono al 30% nel Vita prenderebbero quell’opportunità per comprarsi i BTP; presumo, quindi, che più o meno si arriverà a quell’intorno. Se il BTP a 10 anni è all’1,5 vuol dire che a 5 anni sta in-torno a 50/60 basis point e ovviamente sono delle considerazioni importanti per capire an-che tante altre cose.Per esempio se i fondi comuni italiani sono mezzo trilione di euro, il 70% di questi fon-di comuni è investito in fondi obbligazionari che hanno come sottostante per l’80% BTP a 4 anni. Il fondo obbligazionario ha una

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managent fee di 70/80 basis point; se il sottostante rende 60/70 basis point non si sa quanto possano rendere questi fondi. Que-sto è un problema, da un certo punto di vista, ma è anche una opportunità, quando dico lunga vita all’Italia intendo dire che il BTP misurato a 15 anni ha un profilo di rischio rendimento migliore secondo solo all’oro. La considerazione da fare è che, ovviamente, avendo in casa uno dei migliori assets al mondo è normale che non si va a cercare nient’altro. La provocazione del “lunga vita all’Italia” sta nel fatto che per poter drenare le risor-se (quello che ha fatto finora il BTP) allocate all’economia reale, quindi finanziamenti alle PMI, bisogna che il BTP diventi poco attraente. Secondo me ci stiamo arrivando; ecco perché l’Unio-ne Bancaria ha una rilevanza molto più importante di quella che noi percepiamo oggi, perché quando c’era stata l’introduzione dell’Euro uno vedeva la moneta diversa in tasca e quindi aveva la forte percezione del cambiamento; l’Unione Bancaria invece è un insieme di norme che un normale cittadino non sa, ma che in realtà ha una rilevanza enorme. Io trovo che oggi siamo un po’ come eravamo nel 1996, quando la Lira stava per uscire dal serpentone monetario e sembrava non entrasse nell’Euro. Per 15 anni bisognava strategicamente investire in una sola assets class. Il macro trend era, dal 1992 al default di Lehman, andare lunghi di dura-tion e di tasso. Con il “whatever it takes” di Draghi nasce un nuovo trend macro economico, cioè andare lunghi di credito, nel senso che si riesce ad avere un ritorno solo e soltanto prestando denaro. Il dena-ro si può prestare solo a tre soggetti: so-cietà private, società pubbliche e privati. Ma sostanzialmente un extra rendimento che veniva generato dal BTP a 4/5 anni lo si otterrà solo con il prestito, questo è così anche per il resto dell’Europa. Il pro-blema dell’Italia è che è un paese banco e tasso centrico. Banco centrico perché ci sono 10mila abitanti per sportello banca-rio quando in Germania sono 20mila e in Inghilterra 30mila per sportello bancario. Tasso centrico perché gli utili delle socie-tà finanziarie italiane sono molto spostati sul tasso rispetto al resto dell’Europa. Per esempio la correlazione tra il titolo di In-tesa Sanpaolo e l’Euribor a 3 mesi è del 90%, su 20 anni, questa correlazione scende all’80% tra le banche spagnole e l’Euribor e man mano che ci spostiamo verso il Nord Europa questa correlazione scende e arrivando ai paesi nordici si at-testa tra il 25/30%. Per questo che l’Italia

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viene definita banco centrica e tasso centri-ca, è un problema che va affrontato, però la discesa del rendimento del BTP è una gran-dissima opportunità.La più grande anomalia italiana sta nel fatto che da un lato abbiamo un enorme utilizzo del BTP perché è un ottimo rischio rendimento e dall’altro abbiamo i prestiti bancari che per le PMI sono del 70% di emanazione bancaria (in Francia al 39%, in Germania al 45%, nell’area Euro il 50% e negli UK il 30%). Il deleveraging bancario è un processo che ve-drà le banche contrarsi costantemente.Nel 2012 TENAX ha lanciato quello che oggi in Italia è il più grosso fondo di credito alle PMI con investimenti di compagnie di assicu-razione europee ed entro la fine di quest’an-no lanciamo questo secondo fondo che avrà degli strumenti analoghi a quello che abbia-mo già fatto.Abbiamo delle chiare idee su come il processo di merito verrà strutturato, quindi ci rivolgia-mo a società, che sono circa 900 in Italia, che hanno un fatturato tra i 50 e i 250 milioni di euro. Una posizione finanziaria netta, quindi non più una leva di 4.0/4.5 di EBITDA. In Italia ci sono circa 52mila piccole-medie im-prese e quelle che hanno le caratteristiche che abbiamo appena elencato sono circa 2mila, di cui con una leva inferiore ai 4.5 sono solamente 1.200 e da qui arriviamo alle 900 imprese. Molte di queste imprese esportano molto all’estero e la domanda che faccio sempre alle compagnie di assicurazione è: meglio comprare un BTP, oppure prestare soldi a un’azienda che esporta il 60/70% all’estero, dove l’imprenditore spesso inizierà a darti la security perché questo è un po’ il trend dove si andrà? Questa secondo me è un po’ l’alternativa sul fatto che le PMI sono un problema della crescita dell’Italia, ma un altro problema è che le banche faranno molta fatica a prestare a più di 5 anni di duration. Il problema è che le aziende per poter investire de-vono avere denaro a 5/6/7 anni che è la duration delle liabilities delle compagnie di assicurazione. Ci focalizzeremo su aziende sane e con mo-derata underperformance come fondo, non ci focalizziamo su quelle di stress o severa un-derperformance.Infine l’eccesso di ritorno di questo tipo di in-vestimenti al 3% sopra il BTP a 4 anni.Il track record del fondo, che attualmente è l’unico fondo di credito approvato dalla Ban-ca d’Italia è partito nel 2012, ci dà la credibi-lità per lanciare il secondo fondo.

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Dott.ssa mirella boldrini

Dopo tanti anni ho pensato di cogliere l’invito del dottor Curioni a parlare in questo Convegno, e oggi lo faccio per presentarvi un’eccellenza del nostro Gruppo: Assigeco Solutions.Chi ci conosce da tempo sa che noi prestiamo una particola-re attenzione ai nostri clienti, alle compagnie, agli assicuratori e a tutte le figure del mercato italiano ed estero e li ascoltia-mo. Attraverso l’organizzazione di questi Convegni diamo poi un’opportunità di ascolto e di confronto a tutti, creando così l’occasione per migliorare il nostro futuro.L’Assigeco Solutions ha delle caratteristiche specifiche e realizza - grazie all’ascolto che è stato effettuato delle vostre esigenze e dei trend del mercato - delle soluzioni che spero potranno essere di vostro interesse, ma, soprattutto, spunto futuro di discussione all’interno delle vostre aziende.Il dottore generale Damonti spiegherà meglio cosa Assigeco Solutions è in grado di fare, soprattutto per i prodotti “tailor-made”, cioè: se avete delle esigenze organizzative particolari noi abbiamo la flessibilità, la capacità e la professionalità per aiutarvi nel vostro lavoro.Passo la parola ad Alberto Damonti.

L’evoluzione digitale della specie

Dott.ssa mirella boldrini - Dott. Alberto DamontiAmministratore Delegato R.I.B., Reinsurance International Brokers S.p.A. e Direttore Generale Assigeco Solutions S.r.l., Milano

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Dott. Alberto Damonti

Cercherò di illustrarvi brevemente quanto il “concetto di mul-ticanalità e centralità del cliente” siano il reale fondamento dei servizi offerti da Assigeco Solutions. Utilizzerò questa prima slide, che fotografa Alessandro Ba-ricco durante un suo monologo in teatro, che proietta sullo sfondo del palcoscenico una cartina storica della Francia del 1791, che rappresenta la tempistica con la quale si è diffu-sa la notizia della fuga Luigi XVI, avvenuta il 7 giugno del 1791. Nella notte il Re di Francia decide di abbandonare Pari-gi e di scappare, e come potrete notare sulla cartina, ci sono delle zone della Francia che hanno ricevuto la notizia solo 9 giorni dopo. Quello che mi ha colpito durante la visione del monologo, e che voglio condividere con voi, è come Baricco racconta la figura centrale del Re, che era considerato dal popolo francese al pari di una divinità, non solo una figura carismatica, ma un vero e proprio punto di riferimento per la vita stessa. Basti pensare che tutto era dipendente dalla mo-narchia, anche per la produzione del pane era necessaria una licenza monarchica, cosi come per produrre olio e rivenderlo; tutto dipendeva dalla volontà del Re. Baricco ha utilizzato un raffronto importante durante il suo spettacolo, paragonando lo shock provocato a tutti i francesi al venir meno della figura assoluta del Re, paragonandolo allo shock che ha subito il mondo durante il tragico evento delle Torri Gemelle, che, a differenza della fuga del Re, è stato visto in diretta televisiva da milioni di persone. Allora ci sono voluti 9 giorni perché la notizia della fuga del Re raggiungesse ogni angolo del territorio francese, oggi viviamo di “real time”; abbia-mo visto in diretta il secondo aereo schiantarsi su una delle torri; la morte di Bin Laden è stata comunicata 3 minuti dopo su Twitter e, il 67% degli inglesi ha utilizza-to i social media per visionare i Giochi Olimpici. La successiva slide “fotografa” i numeri degli utilizzatori del “mondo E-social” generatosi negli ultimi 4 anni, dove possiamo evidenziare quale escalation si sia verificata: da 1,5 miliardi di utenti internet nel mondo in soli 4 anni il numero degli utilizzatori è raddoppiato. Gli utenti Face-book si sono decuplicati arrivando a 1 miliardo, e come

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si può evincere, gli altri dati continuano nel trend e ci fanno comprendere quanto sia diventato fondamentale il “mondo Web”.Per quanto concerne il mercato italiano, possiamo ri-scontrare che gli utilizzatori Internet sono il 63% rag-gruppati in due fasce di età distinte, ma quello che cer-tamente oggi dobbiamo considerare quando vogliamo rivolgerci al “pubblico internet” è che tali utilizzatori sono abituati a reperire molte delle informazioni neces-sarie ad ogni bisogno, tramite i motori di ricerca, Fa-cebook, YouTube, Google ecc... Ormai l’utente digitale è stato posto al centro della comunicazione, mentre prima la “subiva” (nel senso che era trasversale) trami-te stampa, tv e radio, senza avere modo di interagire. Oggi invece l’utente digitale è posto al centro nella mi-sura in cui va a ricercare le informazioni necessarie, ma non solo, diventa altresì un attore attivo nel momento in cui interagisce e partecipa alla composizione di par-te di queste notizie immettendo nel sistema le proprie opinioni.La centralità dell’utente principale ha portato a una “democratizzazione dell’informazione”, perché oggi l’utente ha la possibilità di fare delle ricerche sistema-tiche durante la visione di pubblicità, di trasmissioni te-levisive e di prodotti specifici. Un terzo degli utenti web è l’unico decisore finanziario della famiglia; parliamo di circa 10 milioni di italiani. È banale dire che il web è un canale di comunicazione e di vendita, è meno banale l’attenzione che le aziende dovranno porre alla gestione del cliente digitale, la quale, per molte realtà, in effetti è una strada che stanno già percorrendo. Da un’indagine Nielsen si può notare qual è la perdita di mercato per un’azienda, derivante dalla cattiva gestione del clien-te, soprattutto quando si tratta di un cliente digitale che denuncia all’interno della rete il disservizio ricevuto, contribuendo cosi al passaparola tipico della rete. Il contatto con il cliente digitale deve diventare una par-te fondamentale del rapporto e delle diverse forme di comunicazione, mentre spesso e volentieri i nostri siste-mi di accoglienza al cliente sono abbastanza ridondanti e pesanti. Come si può notare, sempre da un’indagine Nielsen, si è calcolato che un utente medio impiega 9,5 minuti per parlare con un operatore preparato alla ge-stione della richiesta e, converrete con me, che questo è fondamentalmente inaccettabile. Fino a 5 anni fa il canale di contatto preferenziale era quello telefonico; oggi invece è palese riscontrare che l’utenza ha cambiato effettivamente necessità e che si autoregolamenta gestendo le proprie problematiche con prodotti di self service messi a disposizioni dalle

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stesse aziende. Tutto ciò comporta un fisiologico cam-biamento sia delle aziende che dei consumatori; per le prime mutano le strategie rivolte agli investimenti che sempre più sono rivolte agli aspetti tecnologici, per i consumatori cambiano le modalità di accesso all’infor-mazione e le modalità d’acquisto. Ma per entrambe le categorie, oggi esiste uno strumento che consente l’utilizzo della multicanailità, uno strumento che tutti portiamo in tasca, che è lo Smart Phone e da dove noi riusciamo a gestire tutte una serie di canalità, sia come individuo e sia come consumatore, e a volte capita che le aziende non riescono a gestire una piattaforma così ampia. Per gestire si intende che alcune delle informa-zioni provenienti dalle diverse canalità vengono ancora editate a mano e quindi questo comporta, a volte, per-dita di tempo e di informazioni e non solo, non viene garantita una cross canalità al consumatore.Il cattivo servizio implica una perdita reale Assigeco Solutions in collaborazione con Icona Srl ha re-alizzato una piattaforma tecnologica in grado di gestire la multicanalità in real time da un operatore specializ-zato, è attiva 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. Questa soluzione ci ha permesso anche di sviluppare altre im-plementazioni gestionali della comunicazione a distanza in real-time, fornendo la possibilità a consulenti finan-ziari di banche di offrire il servizio di consulenza da sedi remote; una soluzione che è già stata attuata da una Cassa di Credito Rurale. La piattaforma che Assigeco Solutions ha realizzato è in grado di gestire tutte le multicanalità, producendo un beneficio sia in termini di gestione e salvaguardia dello storico, sia un aggiornamento matematico e sistematico del ticket, quindi, ogni qualvolta l’azione viene svolta da una delle diverse canalità, viene riportata all’interno della piattaforma e salvata aggiornando lo storico delle comunicazioni intercorse.È stata realizzata una sala riunioni all’interno di un pic-colo istituto di credito che detiene tre filiali sul territorio e la necessità di avere un unico consulente finanziario. Quindi, all’interno di uno spazio, insonorizzato e riser-vato, sono state poste delle tecnologie in grado di ac-cogliere il cliente appena ha terminato un prelievo dal bancomat; per esempio, si apre una porta che affaccia sulla sala riunioni ed un assistente virtuale che appare su un maxi televisore lo invita ad entrare. L’assistente virtuale non è altro che il consulente finanziario che in quel momento controlla, appena inserito il bancomat, lo status finanziario del cliente e procede alla forma-lizzazione di proposte mirate. Altresì può essere preso un appuntamento telefonico e gestito poi sempre in

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video conferenza, a distanza, quindi non nella sede della banca. Assigeco Solutions utilizza questa piattaforma per la gestione di altri servizi che svolge attualmente per i propri clienti, come i servizi di apertura sinistri nella RC auto. In collaborazione con aziende partner Assigeco Solutions ha realizzato una piattaforma software in gra-do, tramite Smart Phone o Tablet, di entrare in contat-to, a seguito di un incidente auto, con un operatore specializzato. Abbiamo realizzato una app con la quale si accede automaticamente al servizio e un nostro ope-ratore specializzato fornirà tutta l’assistenza e le infor-mazioni necessarie al fine di rassicurare il cliente e coa-diuvarlo nella gestione dell’evento e, cosa secondo noi molto importante, l’operatore sarà in grado di assistere il cliente nel luogo e nel momento dell’accadimento. Ognuno di noi è un “cliente” e credo che, da clienti, se ci ponessimo una banale domanda: “quale sarebbe secondo te il miglior servizio possibile?” l’unica rispo-sta sarebbe la seguente: un assistente a disposizione 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno. Assigeco Solutions ha fatto della centralità del servizio al cliente la propria filosofia di vita; scaricando una semplice app il cliente potrà intrattenere una conversazione non solo telefoni-ca, ma potrà vedere in viso l’operatore associando una voce anonima ad un volto. Abbiamo sviluppato questo prodotto che non solo è in grado di rassicurare il cliente quando ne ha bisogno, ma è altresì in grado di effettua-re delle riprese video e fotografiche dell’incidente per poi poter aprire contestualmente il sinistro sul sistema gestionale della Compagnia. Il sistema pensato, con-sente innanzitutto il rispetto delle ottemperanze IVASS in termini di temporalità dell’apertura del sinistro, ma anche un impatto sulla gestione dei costi della compa-gnia e non solo derivanti dalla riduzione delle tempisti-che gestionali del sinistro, ma derivanti anche da una consapevolezza del Cliente delle riprese video e/o delle fotografie effettuate ed agli atti, utili alla diminuzione delle frodi alle Compagnie.Avrei potuto, e forse dovuto, terminare qui il mio inter-vento, ma questo evento è anche un momento di con-fronto e quindi colgo l’occasione per lanciare una pro-vocazione: attualmente possiamo considerare i social media dei partners oppure dei futuri competitors? A quanto possiamo riscontrare dal mercato, le conclusioni sono che i grandi player mediatici stanno per entrare nel mercato assicurativo, e non sono gli unici a farlo, già da diversi anni assistiamo alla costante ingerenza di nuovi player, che non hanno nulla a che fare con il nostro mondo, ma che detengono la relazione con il

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cliente finale e che quindi decidono di usare i loro punti vendita e le loro reti distributive per la commercializza-zione di prodotti assicurativi; basti pensare alla gran-de distribuzione, ai rivenditori di tecnologia, rivenditori d’auto e circuiti di carte di credito. Proprio la settimana scorsa leggevo che un importante produttore di mobili ha deciso di effettuare un primo test di distribuzione di polizze di assicurazione, ed è lo stesso attore che 5 anni fa ha deciso di commercializzare, oltre ai mobili, i relativi elettrodomestici da incasso chiamando al tavolo soggetti del calibro di Whirlpool ed Electrolux e, tro-vando un accordo, ha iniziato la commercializzazione. Cinque anni dopo il Gruppo Ikea è diventato il primo rivenditore al mondo di elettrodomestici da incasso. Se consideriamo che attualmente detiene 55 milioni di fidelity card attive e che, se la proposta assicurati-va dovesse cogliere un risultato di penetrazione pari all’1%, potremmo serenamente affermare che sarà nato un nuovo player assicurativo con 550mila clienti.Motivare la scelta di molti player di sbarcare nel mon-do assicurativo è banale, semplicemente perché, se ben gestito, il rischio assicurativo produce ancora i suoi buoni effetti ed è certamente redditizio. Forse la domanda che noi assicuratori dovremmo porci è perché a difesa dei nostri mercati non dovremmo ef-fettuare un’invasione di altri mercati? Come intera-gire con altri mercati a beneficio del core business primario, quello assicurativo? Certamente partendo da una prima analisi dei competitors e dei loro mer-cati core e, in alcuni casi, assimilando le loro espe-rienze ed adeguandole ai nostri bisogni. Cercherò di essere più chiaro: qual è il nostro attuale costo di acquisition client? Dobbiamo fare campagna di so-stegno al brand e al singolo prodotto. A questo dob-biamo aggiungere i costi delle reti di vendita, almeno il 30/35% del premio viene eroso dai predetti costi di acquisition. Certo competere con social media che hanno qualche miliardo di clienti può risultare un’im-presa ardua, soprattutto considerando che, loro, i clienti li hanno tutti i giorni collegati sui loro sistemi e che, per loro, il costo di contatto è praticamente nullo. Abbiamo pensato, quindi, che un incubatore di servizi e prodotti esclusivi a costi agevolati e addi-rittura, in alcuni casi, completamente gratuiti, messi a disposizione dei consumatori con offerte giorna-liere, possa essere un’attrattiva che consentirebbe alle compagnie di intercettare il cliente senza doverlo cercare e facendo in modo che il consumatore sia co-stantemente stimolato ad accedere ai nostri sistemi. Assigeco Solutions ha realizzato un nuovo prodotto,

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inizialmente pensato quale prodotto ideale a soste-gno di “campaign loyalty”, e/o servizio integrativo a coperture infortuni e malattia; ma riconducendovi all’incubatore poc’anzi citato, perché non pensare di regalarlo a tutte le mamme? Sono convinto che avremmo contatti mensili con gli utilizzatori, essendo il prodotto SAVE.ME un passaporto sanitario elettro-nico, un archivio elettronico in cui creare, consultare e aggiornare in ogni momento e luogo il personale Profilo Sanitario, archiviare i referti e gli esami diagno-stici. Consultabile in ogni momento in ogni parte del mondo, con un semplice “click”, il servizio è accessi-bile grazie ad una app dedicata, tramite PC e Smart Phone, anche in modalità off-line; un numero verde internazionale e chat consentono il contatto diretto con una Centrale Operativa 24 ore su 24, 365 giorni l’anno e con un Operatore pronto a fornire assistenza ed a mettere in contatto l’utilizzatore con un medico per un primo consulto sanitario in caso di necessità. Il Cliente utilizzatore viene dotato anche di una card da portare sempre con sé e, qualora, durante un’emer-genza sanitari, non fosse autosufficiente o incapace di intendere e volere, il personale sanitario di primo intervento, riscontrando la card e seguendo le istru-zioni riportate sul retro, potrà accedere velocemente alle informazioni sanitarie e riscontrare le informazioni salva vita contenute nella sezione “ALERT BOX”, che compare sulla prima videata, e che contiene informa-zioni utili in caso di emergenza, quali se allergico a far-maci, se diabetico, se portatore di pacemaker o altro, l’utilizzatore potrebbe essere soccorso e salvato grazie a una semplice card. Il servizio prevede inoltre, in caso di gravi patologie, di poter beneficiare dell’accesso immediato a consul-tazioni specialistiche in tutto il mondo offerte da cen-tri di eccellenza specializzati per le patologie in que-stione. Grazie al prodotto SAVE.ME ed al servizio di Second Opinion, oggi possiamo pensare di eliminare anche i famosi, e ahimè tristi, “viaggi della speranza” spostandosi dal Sud al Nord Italia o addirittura all’e-stero, al fine di potersi garantire il miglior trattamento sanitario possibile. Oggi potrebbe non essere più ne-cessario, c’è una cartella sanitaria elettronica che può essere trasferita ai centri di eccellenza, e solo dopo aver ricevuto un secondo parere da medico specia-lizzato, si possono decidere le migliori cure possibili. Brevemente illustro come avviene l’upload dei referti sanitari, delle cartelle cliniche: innanzitutto come ab-biamo potuto osservare viene rilasciata all’utilizzatore una card con una password, il cliente si collega e co-

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struirà per la prima volta la sua anamnesi all’interno dello spazio dedicato. C’è una password di sola lettura messa a disposizione, indicata direttamente sulla card per poter accedere alla storia sanitaria. Oggi una per-sona su 25 riceve un’assistenza medica sbagliata, non solo per l’incapacità di chi interviene nel riconoscere l’evento, ma anche perché il personale sanitario non è a conoscenza della storia pregressa del paziente. Al fine di consentire anche a chi non ha molta dimesti-chezza con la tecnologia il semplice caricamento degli esami e referti sanitari, il sistema consente il carica-mento tramite foto con il proprio Smart Phone; le im-magini saranno archiviate nella sezione di riferimento per cronologia temporale.Inoltre, grazie ad un servizio di traduzione, la cartel-la sanitaria può essere tradotta nelle principali lingue straniere e divenire un valido strumento di viaggio per pazienti con patologie croniche che necessitano di as-sistenza costante; questo vorrebbe dire poter disporre della propria storia clinica ed accedere alle cure appro-priate anche in viaggio all’estero.Pensiamo ai nostri figli coinvolti in programmi di stu-dio all’estero, che potrebbero cosi disporre in ogni momento delle informazioni sanitarie.SAVE.ME offre inoltre un servizio di Geolocalizzazione in grado, tramite GPS inserito in accessori di utilizzo comune, orologi, braccialetti, Smart Phone, Tablet, collari per animali, di offrire tutta una gamma di assi-stenze in grado di assicurarvi una serenità nel caso di situazioni di difficolta per voi, i vostri cari e i vostri ani-mali. Localizzare e tracciare la posizione dei vostri figli, parenti affetti da malattie degenerative della memo-ria, in caso di escursionismo, sci, sport estremi, viaggi avventura e per rintracciare gli animali domestici.

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Reti fisiche e social media: dalla competizione alla cooperazione

Dott. Andrea battistaAmministratore Delegato Eurovita Assicurazioni S.p.A., Roma

Nella giornata di ieri Fabio Innocenzi, trattando di questi temi, ci ricordava che ad oggi esistono più domande che risposte. Que-sto è senza alcun dubbio vero. A me piace sempre citare questa frase: “Una proposizione non deve necessariamente essere giusta: deve essere interessan-te…”, che si applica benissimo al nostro tema: siamo di fronte a fenomeni privi di precedenti, di reali robusti e applicabili para-digmi interpretativi. Credo che l’obiettivo di ciascuno di noi sia quindi di provare a offrire gli stimoli giusti e di animare la riflessione. Probabilmente, fra qualche anno, rileggendo quanto scritto e detto oggi ci metteremo a ridere per come vedevamo il mondo; però tutto questo avrà sicuramente avuto un valore di riflessione e potrà magari aver contribuito a fare qualche passo avanti e a imboccare una strada, purtroppo senza sapere se sarà quella “giusta”. Uno dei miei punti chiave è che una strategia, comunque per-dente a priori, è quella di stare fermi. Non è ovvio e non è per forza sempre così.Parlando di assicurazione al tempo di Facebook, Google o Apple si può parlare di innovazione contro la tradizione, ma per quan-to mi riguarda mi schiero - anche forse per motivi biografici - con una visione che viene spiegata bene da una frase di Friedrich von Hayek, il quale definiva la tradizione come “l’innovazione anda-ta a buon fine”. In altri termini, l’innovazione non è qualcosa di opposto e contrario alla tradizione. Faccio questa precisazione in apertura per schierarmi in modo chiaro: non sono un “pasdaran” del virtuale.Quando parliamo di digitale non possiamo non fare riferimento al contesto. Infatti, il digitale non nasce endogeno al settore assicurativo, pervade tutta la nostra vita e molti settori ne sono stati coinvolti e scon-volti già tempo prima del nostro. Ci sono forse motivi logici, tecnici e microecono-mici per cui il settore assicurativo e quello finanziario in generale tendono a ricevere l’innovazione in tempi successivi. È da un lato la loro natura imperfetta nel senso tecnico del termine, cioè caratterizzata da

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asimmetrie informative che rappresenta-no non la distorsione ma l’essenza stessa del mercato e, dall’altro, la natura profon-damente regolata del mercato stesso. Im-perfezioni da asimmetrie informative (non come distorsione, ma da natura profonda) e regolazione rallentano, ma non fermano: in coda al resto del mondo, l’ondata arri-va e a volte arriva più forte, come se fosse stata trattenuta da una diga. Ci sono due scelte di fondo davanti a quest’ondata: surf o ombrellone, cioè proattività o contempla-zione, “aspettiamo per vedere cosa succe-de e poi ci muoviamo” oppure, con il rischio di sbagliare e dover correggere in corsa, si anticipa l’ondata percorrendo una qualche strada che si propone davanti a noi. Sempre rimanendo in una visione gene-rale: se ci ponessimo su una sorta di os-servatorio dall’alto come a bordo di un elicottero, credo che sarebbe difficile non concordare che è il combinato disposto, direbbero i giuristi, di tecnologia e rego-lazione il driver principale dell’innovazione e del cambiamento nei servizi assicurativi e più in generali in quelli finanziari. Tec-nologia e regolazione sono due driver che si combinano: se prendiamo il caso della firma grafometrica, capiamo che la tecno-logia la rende possibile già da un po’ di tempo, ma è stato quando ci si è convinti tutti che la cosa si può fare legalmente che la firma digitale è partita come un’onda che è stata libe-rata dalle sue catene. Questa combinazione si accompagna a un trade-off che è tipico di tutte le innovazioni nel mondo dei media tout court, ove nasce la famosa espressione “apocalittici o integrati”, prima ancora che dei social media. L’innovazione c’è chi la rifiuta e chi l’accetta in modo entusiasta. E per quanto dicevo in apertura - per qualche motivo strutturale e non per qualche distrazione di chi vi opera - esiste qualcuno e qualche settore che affronta sempre questo tipo di innovazione prima

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di noi assicuratori, quindi è bene osservar-li. Sappiamo che il puro “copia e incolla” nel settore assicurativo da altre arene non funziona, però guardare quello che suc-cede in chi ha affrontato trend analoghi, pur in contesti molto diversi, credo pos-sa essere molto utile. Vorrei approfondire il valore della proattività e il costo della contemplazione. L’esempio che viene su-bito in mente è quello di Barnes & Noble verso Amazon: una rendita di posizione, in senso tecnico, di grandissimo brand di-strutta in pochi anni, perché molto proba-bilmente vent’anni fa avremmo pensato che Barnes & Noble fosse inattaccabile nel mondo dell’editoria (la sensazione che personalmente ebbi la prima volta che andai a New York, per esempio). E ci sono altri esempi come questo: basti pensare a Netflix vs. Blockbuster e anche tutti gli altri fenomeni di confronto/scontro che portano alla “morte” dello store. Una posizione peraltro che non mi sento di condividere, provocato dall’ondata di cambiamento.Un’altra caratteristica è l’orizzontalità. Il 72% degli utenti Inter-net fa delle autodiagnosi mediche tramite ricerche in rete, ma la cosa più sorprendente, e forse un po’ più preoccupante, è che i medici fanno lo stesso con una percentuale del 50%. Questo ci da un’altra caratteristica del mondo digitale, cioè che i confini e le barriere tendono a sfumare e i mondi dei consumatori e dei produttori del servizio si sovrappongono.In questo contesto di fortissima innovazio-ne di costo della contemplazione, di valore della proattività e di “sfumatura” dei con-fini credo che l’impatto diretto, che oggi possiamo individuare nel mondo assicurati-vo per quanto concerne il segmento retail e il business danni, possa essere diviso in due aspetti importanti ed eterogenei tra loro: la competizione nel mondo processi (front e back office) e la competizione nel mondo delle informazioni (social media).Prima dicevo che la premessa di tutto è stata quando è partita l’ondata della firma grafometrica con la voglia di recuperare il tempo perduto. Que-sto richiede, però, alcune avvertenze, che, al di là del timing e delle differenti modalità che hanno le singole imprese in ogni specifico contesto, sono almeno due. Il primo è che il paperless è fondamentalmente totale. Il paperless mi ricorda un po’ il con-cetto di probabilità: tra il 99% di probabilità e il 100% di certez-za c’è un mondo che cambia e nel paperless è un po’ così, cioè il rischio che rimangano processi automatizzati e digitali insieme a

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processi tradizionali è tale che è come se si salisse su un treno la cui velocità è data dal vagone più lento. Per cui il valore di effica-cia ed efficienza indubbia rischia di essere spostato in avanti, nella misura in cui intere catene del valore vengano digitalizzate. La seconda avvertenza richiama una lezio-ne imparata dall’ondata di prima automa-tizzazione, quando processi che andavano ripensati e strutturati radicalmente furono “solo” automatizzati. Credo che l’unica ri-flessione che potremmo condividere è che bisogna correre verso la digitalizzazione senza guardarsi indietro.Un po’ più articolata è la riflessione sulla gestione delle informazioni; infatti, la domanda che dovremmo porci è: perché oggi parliamo di social media quando parliamo di assicurazione o di finanza? Tutto sommato, se consideriamo quanto arriva a casa in termini di ricavi a ciascuno di noi, oggi quasi nessuno considererebbe così rilevante il mondo digitale, al di là del peso del canale diretto in alcuni specifici comparti. Le possibili risposte sono varie e ne vorrei prendere in conside-razione qualcuna. Grazie al mondo digitale la multicanalità è una realtà. La multi-canalità è il cliente che accede al mondo del sistema assicurativo e finanziario dove, come e quando vuole. La multicanalità è cen-trale e lo dimostra anche il fatto che non c’è più una barriera anagrafica per il suo effettivo utilizzo.Il digitale è anche uno strumento di rela-zione tra clienti e aziende ed è un poten-tissimo strumento di dialogo trasparente e meno ambiguo tra fabbrica e reti. Quasi tutti, prima di fare un acquisto, van-no su Internet per cercare informazioni e così ne discendono due conseguenze: che il nostro brand si costruirà sempre più in rete - dove sappiamo che le cose “sono per sempre” - e che si creerà un enorme data-base per la conoscenza del singolo clien-te. La gestione e l’analisi dei dati dovrebbe esaltare il settore assicurativo perché ci di-stingue, in meglio, come più capaci rispetto a molti altri settori. Attenzione: i dati del cliente in rete sono dati comportamentali e non tecnici, però penso che questa sia comunque una grossa opportunità per il settore assicurativo, almeno a tendere.In una recente ricerca di Accenture è comparso questo nuovo dato, cioè che nove decimi delle informazioni esistenti in rete sono state generate e postate nel 2011, 2012 e 2013. Quindi, se il mondo non avesse avuto nessuna informazione e fosse nato

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tre anni fa, oggi avremmo comunque nove decimi delle informazioni che abbiamo!In questo quadro astratto mi piacerebbe fare un piccolo focus verticale sui com-paratori. La domanda di fondo è: perché questa tecnologia è così potente e pare destinata a irrompere su tutti i mercati? Perché opera in modo efficiente, tanto da permettere il salto di scala nell’attività di comparazione “prendendo atto” e infor-matizzando una caratteristica innata nella specie umana. Tutti noi compariamo e sia-mo sempre alla ricerca di modi migliori ed efficienti di farlo. Per cui credo che la po-tenza della tecnologia da un lato e il fatto che venga incontro ad un bisogno reale dall’altro possa farci riflettere sufficientemente su quanto può essere ampio il poten-ziale di questa tecnologia. Ho reperito alcuni dati dei comparatori aggiornati al 2012, sicu-ramente ne usciranno altri alla fine del 2014. In questa classifica di comparatori c’è anche l’Italia, anche se si colloca all’ultimo posto, mentre UK è in cima alla classifica con 445 ml. di euro revenues che sono state generate dall’in-termediazione dei comparatori. È doveroso, nell’approcciare questo tema, richiamare due o tre aspetti di carattere re-golamentare e legale, che in questo mo-mento non vanno sottovalutati, anzi, a vol-te, sono dei piccoli macigni da rimuovere verso un utilizzo della tecnologia a benefi-cio di tutta la catena degli stakeholders: sto parlando della trasparenza e dei conflitti di interesse. C’è un grandissimo e necessa-rio bisogno di trasparenza. Se ripensiamo agli ultimi vent’anni, possiamo dire che il tema della trasparenza è sempre stato pre-sente e più volte è stato detto quanto sia necessaria. Fatico, quindi, a pensare che un’ondata di innovazione così forte non possa affrontare, senza sottovalutarli, i problemi della trasparenza. Se ci trovassimo qui tra 5 anni e dicessimo che è stata solo una bolla di sapone ne sarei molto sorpreso, come sarei molto sorpreso se i comparatori fossero, in futuro, limitati dal fatto di essere, ad oggi, oggettiva-mente incentrati solo sul fattore prezzo. Non è la tecnologia che blocca: l’intelligenza artificiale riesce a elaborare delle informa-zioni qualitative di ogni genere e non credo che possiamo pen-sare che una tecnologia come la comparazione non funzionerà laddove non ci sono solo i numeri che devono essere comparati.Cosa possono fare le compagnie tradizionali? Si inizia con una reazione minimizzante: si dice che durano poco, sono per una

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nicchia di consumatori, sono digitali, ma perché dobbiamo fare come in Inghilterra che hanno distrutto il conto economico delle compagnie con un combined ratio a 120% per molti anni? Quindi si decide lo-gicamente di starne fuori. È una reazione comprensibile, ma dubito che sia sosteni-bile. Il tema è sempre quello dell’onda e probabilmente dopo una fase di attesa c’è il riposizionamento, la proattività, l’in-dividuazione di opportunità all’interno di quella che potrebbe sembrare solo una tecnologia che erode i margini delle fab-briche ed è altresì un pericolosissimo com-petitore per le reti. Qualche esempio però bisogna farlo, al di là del moto di positività e ottimismo con cui credo tutti noi dobbiamo af-frontare queste novità. Ho pensato a tre esempi: il primo riguarda la fabbrica ed è il micro targeting. Pensiamo a quante combinazioni competitive abbiamo nella tariffa RC auto; se una compagnia tra-dizionale, che ritiene di essere fortissima solo su quel segmento, perché non può utilizzare il comparatore per raggiungere nuovi clienti? Il secondo è quello dell’ac-quisizione di un comparatore. E l’ultimo è l’integrazione fisica e digitale del com-paratore, come, per esempio, l’assicura-zione auto del Banco di Santander che è una banca fortissima nella bancassicurazione e che è partita da una riflessione: il prodotto RC auto è una commodity e la gente sceglie in base al prezzo, quindi cosa dobbiamo offrire ai nostri clienti? Sempre il prezzo migliore. Ma come facciamo “noi del Santander” a offrire sempre il prezzo migliore? Ci riusciamo solo integran-do un’offerta che abbiamo solo noi, cioè la digitalizzazione supportata dal compa-ratore che integriamo allo sportello. Ov-vio che non è un modello per tutti e che non è senza problemi, però è un modello chiarissimo di reazione alla sfida. Ci può piacere o non piacere, ma siamo solo all’i-nizio. Oggi ha iniziato a funzionare ed è una sfida, laddove il prezzo è considerato un elemento assoluto. I clienti continueranno a comparare anche in modo diverso e si passerà dalla quantità (prezzo) alla qualità (contenuti). La tecno-logia andrà avanti, quindi, dobbiamo solo

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imparare a competerci e a conviverci sia come impresa che come intermediari. Ciò non ha solo aspetti negativi, ma ha innanzitut-to l’enorme carica energetica di una sfida epocale. Dall’altro lato ci porta a scoprire opportunità laddove non le immaginavamo neanche. È difficilissimo provare a sintetizzare in affermazioni compiute e non scontate quello che ho provato a gettare sul tavolo in questa riflessione. Parliamo di nuove opportunità che vengo-no generate continuamente, che ci piaccia o no. L’anticipo è premiante anche laddove è fonte di potenziali errori e vi sono necessari aggiustamenti nella strada da percorrere. Non è solo un tema che riguarda i grandi player, perché queste tecnologie sono dei driver di concentrazione, ma non c’è nulla di automati-co. I fallimenti dietro le strategie sono girato l’angolo e dobbia-mo essere pronti anche sotto il profilo organizzativo e culturale ad affrontarli.L’unica raccomandazione che mi sentirei di fare è che l’atten-zione a tutti i livelli organizzativi deve essere pervasiva e con un atteggiamento un po’ particolare dal punto di vista ana-grafico nel senso che serve: quello che ha il bambino, cioè la curiosità, quello che ha il giovane, cioè la proattività e quello che ha il senior, cioè l’esperienza. Quindi in assenza di ricette facili, credo ci sia un tema di meccanismi organizzativi e spe-rimentali sempre pronti a correggere e tollerare l’errore (pop-perianamente!) e di atteggiamento manageriale, articolato e complesso. E per chiudere, parafrasando una celebre frase di Oscar Wilde, il mondo prima ci farà l’esame e poi, tra qualche anno, potremo trarne la lezione.

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PremessaLa stipulazione di contratti a distanza per l’acquisto di beni e servizi è ormai una realtà in rapida diffusione. Il Legislatore ha ri-sposto alla rapida evoluzione del fenomeno dettando negli anni una disciplina sempre più stringente per garantire la conclusione di atti negoziali “a distanza”, nonché per consentirne la corret-ta esecuzione, mediante la tutela del soggetto tradizionalmente più debole, ovvero il consumatore. La disciplina ha dapprima avuto carattere generale. Nel tempo sono stati adottati provvedimenti legislativi e regolamentari con specifico riguardo ai vari settori economici ed anche con riguar-do ai contratti bancari ed assicurativi, dove la tutela delle esi-genze del contraente più debole è particolarmente sentita dalla collettività.

1 Fonti normative. La stipulazione di contratti “a distanza” nella legislazione comunitariaNell’ambito della legislazione comunitaria la Direttiva 97/7/CE ha dettato le prime norme in tema di “contratti a distanza” in un’ottica di complessiva armonizzazione delle discipline nazionali dei singoli Stati membri e di progressiva integrazione del mercato interno a tutela della libera con-correnza fra imprese e della libera circola-zione di beni e servizi. La Direttiva definiva il “contratto a distan-za” come qualunque contratto avente ad oggetto beni o servizi stipulato tra un for-nitore ed un consumatore “nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contrat-to, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazio-ne a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”.Sempre ai sensi della normativa richiamata: (i) per “consumatore” deve intendersi qualunque persona fisica che agisca per fini che esulano dalla propria attività professio-nale;

La digitalizzazione dei contratti di assicurazione ed i canali distributivi non tradizionali

Avv. David morgantiStudio Legale Morganti e Associati, Roma

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(ii) per “fornitore” qualunque persona fisi-ca o giuridica che agisca nell’ambito della sua attività professionale; (iii) per “tecnica di comunicazione a distan-za” qualunque mezzo utilmente impiega-bile per la conclusione dei detti contratti e che non necessita della presenza fisica e simultanea del fornitore e del consuma-tore, quali, a mero titolo esemplificativo, “pubblicità stampa con buono d’ordine”, “catalogo”, telefono con o senza inter-vento di un operatore, radio, posta elet-tronica, fax, televisione (cfr. All. I, Direttiva 97/7/CE).Tra i principi chiave introdotti dalla norma-tiva comunitaria vale la pena di citare, seppur senza pretese di esaustività: (i) l’obbligo di informativa precontrattuale di cui all’art. 4 della Direttiva, in forza del quale al consumatore dovevano esse-re comunicata l’identità del fornitore, le principali caratteristiche dei beni e/o dei servizi oggetto di negoziazione, il prezzo e le modalità di pagamento, di consegna e di esecuzione del con-tratto, la durata del contratto, nonché l’esistenza del diritto di recesso; (ii) l’obbligo di trasparenza e di buona fede negoziale tan-to nella fase della informativa precontrattuale, quanto in quella successiva della esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della Direttiva; (iii) l’obbligo di consegna al consuma-tore di informazioni scritte “all’atto del-la esecuzione del contratto ed al più tardi al momento della consegna per quanto riguarda i beni”, sulle condizioni e sulle modalità di esercizio del diritto di recesso, sulle modalità di presentazioni di eventua-li reclami, sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti, sulle condi-zioni di recesso, salvo che tali informazioni non gli siano state già fornite, per iscritto

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o su altro supporto duraturo a disposizio-ne del consumatore ed a questi accessibile prima della conclusione del contratto, ai sensi dell’art. 5 della Direttiva;(iv) il diritto di recesso, esercitabile dal consumatore, ai sensi dell’art. 6 della Di-rettiva, entro sette giorni lavorativi dal giorno del ricevimento del bene, ovvero per i contratti aventi ad oggetto la presta-zione di servizi a decorrere dal giorno della conclusione del contratto, salve le ecce-zioni al diritto di recesso previste dal terzo comma della norma richiamata.

Fin dalla sua emanazione ed anche a seguito del suo recepimen-to in ambito nazionale con il D.Lgs. n. 185/1999, la Direttiva 97/7/CE ha creato alcuni problemi interpretativi ed applicativi.La Direttiva, infatti, escludeva dal proprio ambito di applicazione i servizi finanziari, ivi compresi i servizi d’investimento, le ope-razioni di assicurazione e di riassicurazione, i servizi bancari, le operazioni riguardanti fondi di pensione, nonché i servizi riguar-danti operazioni a termine o di opzione (cfr. Allegato II della Direttiva 97/7/CE).Il vuoto legislativo della Direttiva 97/7/CE è stato colmato con la Direttiva 2002/65/CE, che ha introdotto le prime misure volte a garantire un più elevato livello di protezione dei consumatori conformemente ai principi espressi dagli artt. 95 e 153 del Trat-tato CE nonché a favorire la circolazione nel mercato unico dei sevizi finanziari che, per la loro natura immateriale, ben si pre-stano al commercio a distanza.La Direttiva 2002/65/CE risponde, altresì, all’intenzione di accresce-re la fiducia del consumatore nell’utilizzazione delle nuove tecni-che di commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, come il commercio elettronico, anche mediante “l’instaurazione di un qua-dro giuridico applicabile alla detta commercializzazione”.La Direttiva, quindi, richiamate le definizioni di contratto a di-stanza, fornitore e consumatore rimaste sostanzialmente inva-riate rispetto alla previgente normativa, in primo luogo, defini-sce la nozione di “servizi finanziari” nella quale, ai sensi dell’art. 2, lett. b), è da ritenersi ricompreso “qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individua-li, di investimento e di pagamento” ed abroga quanto previsto dall’Allegato II della Direttiva 97/7/CE (cfr. art. 18 della Direttiva 2002/65/CE).L’aspetto più innovativo della normativa, tuttavia, è costituito dalle disposizioni dettate in materia di informazioni preliminari e di esercizio del diritto di recesso. Nello specifico, con riguardo alle informazioni precontrattuali, l’art. 3 della Direttiva prevede l’obbligo per il professionista di fornire una serie di informazioni “prima che il consumatore sia

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vincolato da un contratto a distanza o da un’offerta”. Il meccanismo è analogo a quello già previsto dalla normativa previgente, ma sostanzialmente più ampio nella quantità e qua-lità delle informazioni che dovranno essere fornite al consuma-tore nella fase preliminare alla conclusione di qualsivoglia con-tratto a distanza. Segnatamente e sempre senza pretese di esaustività: (i) con riguardo al fornitore, oltre alla sua identità, al suo in-dirizzo ed all’attività svolta in via principale, obblighi informativi già previsti dalla normativa previgente, al consumatore dovran-no essere comunicati altresì (a) l’identità del rappresentante del fornitore con sede nello Stato membro di residenza del consu-matore, (b) l’identità del professionista con cui il consumatore intrattenga relazioni commerciali, ove diverso dal fornitore, (c) il registro di commercio in cui il fornitore è iscritto e il numero di registrazione, ovvero ogni altro dato utile per identificarlo, (d) gli estremi della competente autorità di controllo per il caso in cui l’attività del fornitore sia soggetta ad autorizzazione; (ii) con riguardo al servizio finanziario, oltre alla descrizione delle principali caratteristiche del prodotto offerto, del prezzo e delle modalità di pagamento con l’indicazione delle eventuali tasse e/o imposte aggiuntive, qualora si tratti di servizi finanziari connessi con strumenti particolarmente rischiosi in ragione delle loro caratteristiche o delle operazioni da effettuare, il fornitore è tenuto a dare avviso all’utente di tali rischi; (iii) con riferimento al contratto a distanza, devono essere oggetto di specifiche informazioni (a) “l’esistenza o la mancan-za del diritto di recesso (…) e se tale diritto esiste, la durata e le modalità di esercizio, (…), (b) le “conseguenze derivanti dal man-cato esercizio di detto diritto”, (c) gli eventuali diritti delle parti di risolvere anticipatamente il contratto e le penali applicabili, ove previste, (d) le modalità pratiche per l’esercizio del diritto di recesso e la legislazione applicabile anche in punto di foro competente per il caso denegato di insorgenza di controversie giudiziali; (e) la lingua e/o le lingue utilizzate nelle condizioni contrattuali; (iv) il consumatore, infine, dovrà essere reso edotto (a) della “esistenza o mancanza di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso accessibili al consumatore”, (b) delle modalità per esperire reclamo o ricorso, ove esistenti; (c) della esistenza di eventuali fondi di garanzia o di altri sistemi di indennizzo.Ai sensi dell’art. 5 della Direttiva tale informativa deve essere fornita al consumatore su supporto cartaceo o su altro supporto durevole “prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza” unitamente alle condizioni contrattuali.La norma in commento è di particolare rilievo.Diversamente dalla previgente normativa, difatti, la quale richie-deva che la conferma scritta delle informazioni preliminari do-vesse essere fornita “all’atto della esecuzione del contratto ed al più tardi al momento della consegna per quanto riguarda i beni”,

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quindi dopo la conclusione del contratto, con la novella comuni-taria in commento è previsto che le informazioni vengano forni-te prima ancora che il contratto sia concluso.Altra importante novità introdotta dalla Direttiva 2002/65/CE attiene al diritto di recesso, il quale potrà essere esercitato nel termine più lungo di quattordici giorni lavorativi dalla conclusio-ne del contratto, in luogo dei sette giorni lavorativi previsti dalla normativa previgente, e fino a trenta giorni nel caso di contratto avente ad oggetto assicurazioni sulla vita o schemi pensionistici individuali (cfr. art. 6 della Direttiva 2002/65/CE).Peraltro, nel caso di violazione dell’obbligo di informativa come sopra descritto, il dies a quo per la decorrenza del termine rima-ne sospeso (cfr. art. 6 della Direttiva 2002/65/CE), principio del tutto nuovo non previsto dalla Direttiva 97/7/CE.

La disciplina nazionale – Il Codice del ConsumoLa normativa italiana si è nel tempo ade-guata alle Direttive CE, sia con normative di carattere generale inerenti i contratti a distanza, come il D. Lgs. n. 185/1999, confluito poi nel D. Lgs. n. 206/2005, c.d. Codice del Consumo, sia con specifico ri-guardo a contratti di assicurazione e ban-cari, come il D. Lgs. n. 190/2005 che ha recepito la Direttiva 2002/65/CE, recente-mente abrogato dal D. Lgs. n. 221/2007.In particolare le novità normative introdot-te dal D. Lgs. n. 221/2007 sono confluite pressoché pedissequamente nell’ambito del Codice del Consumo, Sezione IV bis, articoli dal 67 bis al 67 vicies bis, i quali dettano la disciplina nazionale in tema “commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori” e ne recepiscono le disposizioni più innovative in tema di: (i) comunicazioni mediante telefonia vocale, nel qual caso le informazioni preliminari sopra richiamate dovranno essere integralmente fornite dall’operatore telefonico il quale dovrà identificarsi all’inizio della telefonata e precisare lo scopo della chiamata; (ii) servizi non richiesti, nel qual caso è precisato che il con-sumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta e che, in ogni caso, l’assenza di risposta non implica consenso del consumatore, (iii) comunicazioni non richieste, per le quali il Legislatore na-zionale precisa che, in assenza del previo consenso del consuma-tore, l’utilizzazione da parte del fornitore di sistemi di chiamata senza intervento di un operatore mediante dispositivo automati-co, telefax, non sono consentite; (iv) sanzioni applicabili nel caso di violazione da parte del forni-tore delle dette disposizioni di legge.

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Sempre a tutela del consumatore il Codice del Consumo preve-de dei casi di nullità contrattuale nell’alveo dell’art. 67 septiesde-cies e dell’art. 67 duodevicies, a norma dei quali il contratto è nullo (a) nel caso in cui sia impedito al consumatore di esercitare il diritto di recesso, (b) il fornitore ometta di rimborsare al con-sumatore che ha esercitato il diritto di recesso quanto pagato, (c) il fornitore violi gli obblighi di informativa precontrattuale “in modo da alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche”. Ai sensi dell’art. 67 septiesdecies, comma quinto, del Codice del Consumo la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore ed obbliga le parti alla restituzione di quanto ricevuto. Nei contratti di assicurazione l’impresa è tenuta alla restituzio-ne dei premi pagati, fermo restando l’obbligo di adempiere alle obbligazioni concernenti il periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione. In ogni caso rimangono irripetibili gli indennizzi e le somme eventualmente corrisposte dall’impresa agli assicurati ed agli al-tri aventi diritto. È fatto salvo comunque il diritto del consumatore di agire per il risarcimento dei danni.Il principio di irrinunciabilità dei diritti conferiti dal Codice del Consumo è affermato dall’art. 67 duodevicies, il quale prevede altresì che è nulla ogni pattuizione che abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dalle norme suddette.

2 La digitalizzazione dei contratti di assicurazionePassando all’analisi della disciplina regolamentare vigente in tema di contratti di assicurazione, occorre menzionare il Regola-mento ISVAP n. 34/2010 che detta la disciplina generale in tema di promozione e collocamento a distanza dei contratti di assicu-razione, in attuazione del disposto normativo di cui all’art. 191, comma primo, lett. b) del Codice delle Assicurazioni. Ai sensi dell’art. 3 il Regolamento si applica esclusivamente ai contratti di assicurazione sulla vita rivolti a contraenti aventi il domicilio abituale o sede legale in Italia, nonché ai contratti di assicurazione contro i danni per la copertura di rischi ubicati in Italia, i quali siano oggetto di promozione e di collocamento da parte di imprese di assicurazione mediante tecniche di comuni-cazione a distanza. Sono escluse le attività di promozione e di collocamento di con-tratti di assicurazione mediante internet rivolti a contraenti do-miciliati o aventi sede in Stati diversi dall’Italia nonché di contrat-ti di assicurazione contro i danni per la copertura di rischi ubicati al di fuori dall’Italia.

2.1 Il perfezionamento dei contratti di assicurazione in via telematicaIl Regolamento riproduce pressoché pedissequamente la norma-

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tiva comunitaria e nazionale vigente in tema di conclusione di contratti a distanza, già oggetto di disamina e più specificamen-te la disciplina relativa al collocamento di contratti di assicura-zione mediante telefonia vocale e/o mediante siti web nonché alla trasmissione della documentazione precontrattuale e con-trattuale.

Collocamento di contratti di assicurazione mediante tele-fonia vocaleL’art. 12 del Regolamento prevede che le imprese sono tenu-te a comunicare al contraente, nel caso di chiamata effettuata dall’impresa, la propria denominazione sociale e la finalità com-merciale della telefonata nonché, previo consenso del contra-ente: (i) il codice identificativo o le generalità della persona che con-tatta il contraente; (ii) la descrizione delle principali caratteristiche del contratto di assicurazione; (iii) nel caso di contratti di assicurazione obbligatoria della re-sponsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a mo-tore e dei natanti, le garanzie offerte, i soggetti esclusi dalla garanzia, i massimali, le rivalse e le franchigie; (iv) il premio totale che il contraente dovrà corrispondere all’im-presa per il contratto di assicurazione, comprese le imposte ver-sate tramite l’impresa; (v) l’indicazione dell’eventuale esistenza di altre imposte o costi non versati tramite l’impresa o non fatturati da quest’ultima; (vi) l’esistenza o la mancanza del diritto di recesso conforme-mente all’articolo 67 duodecies del Codice del Consumo e, se tale diritto esiste, la durata e le modalità d’esercizio, comprese le informazioni relative all’importo che il consumatore potrà es-sere tenuto a versare ai sensi dell’articolo 67 terdecies, comma primo, del Codice del Consumo. Il terzo comma della norma prevede peraltro una deroga all’ob-bligo di consegna delle informazioni precontrattuali e contrat-tuali prima che il contraente si sia vincolato a qualunque con-tratto a distanza. Nello specifico il terzo comma dispone che, in caso di colloca-mento di un contratto a distanza mediante telefonia vocale su richiesta del contraente, le imprese in deroga all’art. 10, com-ma primo, lettera a), adempiono agli obblighi di trasmissione della documentazione ivi prevista, subito dopo la conclusione del contratto a distanza, e comunque non oltre i cinque giorni successivi.

Collocamento di contratti di assicurazione mediante sito webNel caso di promozione e di collocamento di contratti di assicu-razione tramite internet, l’art. 13 del Regolamento distingue a seconda che si tratti di imprese di assicurazione italiane o comu-nitarie, prevedendo informazioni differenti per ogni sito web.

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Nello specifico, con riguardo alle imprese di assicurazione italia-ne, il sito web dovrà contenere le seguenti informazioni: “a) la denominazione sociale e l’indirizzo della sede legale o della sede se-condaria dell’impresa; b) il recapito telefonico, il numero di telefax e l’indirizzo e-mail dell’impresa; c) gli estremi del provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa; d) il numero di iscrizione all’albo delle imprese di assicurazione tenuto dall’ISVAP ai sensi del Regolamento ISVAP n. 10 del 2 gennaio 2008, con l’av-vertenza che consultando tale albo è possibile verificare la regola-rità dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività; e) l’indicazione che l’impresa è soggetta al controllo dell’ISVAP”. Nel caso di imprese di assicurazione comunitarie, oltre alle infor-mazioni su indicate, il sito web dovrà fornire le seguenti informa-zioni ulteriori “(…) c) l’indirizzo, il recapito telefonico, il numero di telefax e l’indirizzo e-mail della sede in Italia, se l’impresa co-munitaria opera in regime di stabilimento; d) la dichiarazione del possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività assicurativa in Italia e il numero di iscrizione nell’elenco annesso all’albo delle imprese di assicurazione tenuto dall’ISVAP ai sensi del Regola-mento ISVAP n. 10 del 2 gennaio 2008, con l’avvertenza che consultando tale elenco è possibile verificare la regolarità dell’a-bilitazione all’esercizio dell’attività; e) l’indicazione dell’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine; f) l’indicazione del rappresentante per la gestione dei sinistri di cui all’articolo 25 del decreto, per le imprese comunitarie operanti in regime di libera prestazione di servizi per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a mo-tore e dei natanti”.In ogni caso, per la promozione ed il collocamento di contratti di assicurazione tramite internet, tutte le imprese sono tenute a pubblicare sul proprio sito web il fascicolo informativo, integrato con le informazioni sopra evidenziate.

Sulle modalità di trasmissione della documentazione Ai sensi dell’art. 10, comma secondo, del Regolamento al con-traente spetta la scelta se ricevere copia della documentazione precontrattuali e contrattuali su supporto cartaceo o su ogni altro supporto durevole, fatto salvo comunque il diritto di ri-chiedere l’invio della documentazione predetta su supporto car-taceo in qualsiasi momento e senza oneri aggiuntivi nonché di modificare la tecnica di comunicazione a distanza utilizzata a meno che tale circostanza non sia incompatibile con il contratto concluso.Quanto ai contratti di assicurazione obbligatoria della respon-sabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, peraltro, sempre il secondo comma della norma menzionata prevedeva che la trasmissione del certificato di assicurazione, del contrassegno e della carta verde dovesse comunque avvenire su supporto cartaceo, tramite posta, nei termini di cui all’articolo 11 del Regolamento ISVAP n. 13 del 6 febbraio 2008.

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(i) Le novità introdotte in tema di assi-curazioni danni In tema di RCA Auto particolari novità sono state introdotte dall’art. 22 del De-creto Legge n. 179/2012, cosiddetto De-creto Crescita, convertito nella Legge n. 221/2012 nell’intento di indirizzare il con-sumatore verso scelte contrattuali sempre più consapevoli. Il Decreto rimette al Ministero la definizio-ne del “contratto base” per garantire una scelta contrattuale consapevole del consu-matore. Tale contratto base reca la regolamenta-zione minima prevista dalla legge. È arti-colato secondo classi di merito e tipologia di assicurato e determina casi di riduzione del premio e di ampliamento della coper-tura. Il prezzo del “contratto base” è de-terminato liberamente da ciascun impresa, anche tramite sito internet e link ad altre società del gruppo. Resta ferma comun-que l’offerta di garanzia aggiuntiva. L’offerta deve essere conforme ad un mo-dello elettronico approvato dal Ministero, sentita l’IVASS.Allo stato, il Ministero non ha ancora ap-provato il decreto attuativo. L’art. 22, comma quindicesimo bis, del De-creto suddetto, l’IVASS ha emesso documento di consultazione n. 3 del 18 marzo 2014 concernente la definizione delle misu-re di semplificazione delle procedure e degli adempimenti nei rapporti contrattuali tra imprese di assicurazione, intermediari e clientela.Si è evidenziato che l’art. 22, comma quindicesimo bis, del De-creto, come modificato in sede di conversione, prevede che l’IVASS provveda, limitatamente al ramo assicurativo danni, alla definizione di misure di semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici, con particolare riferimento alla riduzione degli adempimenti cartacei e della modulistica, nei rapporti contrattuali fra le imprese d’assicurazione, gli in-termediari e la clientela, anche favorendo le relazioni digitali, l’utilizzo della posta elettronica certificata, la firma digitale e i pagamenti elettronici e on-line.La finalità della norma è, pertanto, quella di realizzare una “sem-plificazione” sia mediante il ricorso all’innovazione tecnologica, sia attraverso una riduzione degli adempimenti cartacei e della modulistica.Ebbene, all’esito delle consultazioni avviate dall’IVASS con l’ANIA e le principali Associazioni rappresentative degli inter-

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mediari, l’IVASS ha ritenuto di concentrare le future previsioni regolamentari:(i) sulla necessità rappresentata dagli intermediari di ridurre la documentazione da raccogliere in fase assuntiva e la possibilità di acquisirla una sola volta in caso di più contratti con la stessa impresa conclusi tramite il medesimo intermediario; (ii) sulla necessità di ridurre la copiosa documentazione che imprese e intermediari devono rilasciare in forma cartacea alla clientela nella fase precontrattuale e contrattuale, anche attra-verso l’adozione di documenti informativi più sintetici ed efficaci che consentano una riduzione dei costi legati all’emissione ed alla stampa della documentazione.Quanto alle maggiori criticità rilevate dalle associazioni dei con-sumatori, viceversa, lo sforzo regolamentare dell’IVASS dovrà essere incentrato sulla maggiore trasparenza e comprensibilità delle informazioni fornite tanto in sede precontrattuale che di esecuzione del contratto, nonché sulla necessità di garantire la “revocabilità” delle scelta eventualmente effettuata dal contra-ente di ricevere le comunicazioni on line.In attuazione della norma in commento l’IVASS ha emesso il Documento di con-sultazione n. 3 del 18 marzo 2014, con il quale, tenuto conto delle diverse esigenze delle categorie interessate, introduce, da un lato, misure riguardanti imprese ed in-termediari tese a garantire ed incentivare l’uso di strumenti informatici, quali la po-sta elettronica certificata, la firma elettro-nica e quella digitale, i mezzi di pagamento elettronici e, dall’altro, misure atte a disci-plinare le modalità di “digitalizzazione” del rapporto, in modo da salvaguardare la libertà di scelta del contraente e facendo salva, in ogni caso, la necessaria valutazione dell’adeguatezza del prodotto offerto ad opera dell’intermediario, attività prodro-mica a qualsiasi successivo contratto, tradizionale o informatico.La rivisitazione prevista dal Documento di consultazione del Regolamento n. 5/2006 sull’intermediazione assicurativa, e del Regolamento n. 34/2010 sulla vendita a distanza di prodotti assicurativi nonché ancora del Regolamento n. 35/2010 sugli obblighi di informazione mira a ridurre gli adempimenti burocra-tici, ma anche a fornire al consumatore lo strumento per poter effettuare una prima valutazione rapida ed efficace del prodotto che si accinge ad acquistare mediante la consultazione, per i contratti relativi ai prodotti dei rami danni, di una apposita Sche-da sintetica.Nello specifico ai sensi dell’art. 15 del Capo VII del documento di consultazione in commento tale “Scheda Sintetica” è volta a fornire al contraente un’informazione di immediata fruibilità sul-le caratteristiche, sulle garanzie e sui costi presenti nel contratto.

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La “Scheda sintetica”, la quale dovrà es-sere consegnata al contraente dalla Com-pagnia di assicurazione unitamente agli ulteriori documenti contenuti nel fasci-colo informativo ai sensi dell’art. 30 del Regolamento n. 35/2010, ossia alla Nota Informativa comprensiva del glossario, alle condizioni contrattuali ed al modulo di proposta, ove previsto.Lo schema della “Scheda sintetica” di cui all’allegato 10 del Documento di consulta-zione prevede che, oltre alle informazioni generali relative all’impresa di assicurazio-ne, alla tipologia di contratto stipulato, alla durata ed al recesso nonché al pagamento dei premi e di eventuali costi aggiuntivi, al contraente debbano essere fornite, in maniera sintetica, informazioni inerenti le “prestazioni assicurative e garanzie of-ferte” e le “informazioni sulle procedure liquidative”.Ad ogni buon conto lo schema propo-sto dall’IVASS non è da intendersi come schema rigido. Le informazioni potranno essere integrate dall’impresa con ogni al-tro elemento necessario ad illustrare il pro-dotto nei suoi elementi salienti in modo chiaro ed efficace.(ii) Le modifiche apportate alla disciplina degli intermedia-ri assicurativi di cui al Regolamento ISVAP n. 5/2006Con specifico riguardo al Regolamento n. 5/2006 le principali modifiche sono contenute nell’ambito dell’art. 13 del Capo V del documento di consultazione, il quale introduce: (i) l’obbligo di indicazione nei registri di cui all’art. 4 del Regola-mento, oltre che delle informazioni previste dall’art. 5, comma secondo, del Regolamento, anche dell’indirizzo di posta elettro-nica dell’intermediario; (ii) l’obbligo per l’intermediario di affiggere nei propri locali, in posizione visibile al pubblico, un documento redatto con carat-teri tipografici di particolare evidenza e conforme al modello di cui all’allegato n. 7A, che riepiloghi i principali obblighi di com-portamento cui gli intermediari sono tenuti a norma del decreto e del Regolamento; (iii) l’obbligo di consegnare al contraente, prima della sotto-scrizione della proposta o della stipula del contratto, “copia di una dichiarazione, conforme al modello di cui all’allegato n. 7B, da cui risultino i dati essenziali dell’intermediario e della sua attività. (…)”.Si tratta dunque di modifiche volte a ridurre gli adempimenti burocratici in capo agli intermediari.

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Ed a tale finalità risponde anche la successiva previsione dell’art. 13, laddove nel riformare l’art. 49 del Regolamento n. 5/2006 prevede che l’allegato n. 7B, contenente le informazioni gene-rali sull’intermediario, sulle situazioni di potenziale conflitto di interesse e sugli strumenti di tutela del contraente, deve essere consegnato al cliente una sola volta, a prescindere dal numero dei contratti da questo sottoscritti e salvo che non vi siano mo-difiche dei dati ivi contenuti.(iii) Le modifiche apportate alla disci-plina della vendita a distanza di pro-dotti assicurativi di cui al Regolamen-to ISVAP n. 34/2010L’articolo 14 del Capo VI del documento di consultazione modifica il Regolamento n. 34/2010, introducendo importanti novità in tema di promozione e collocamento a distanza dei contratti di assicurazione. Nello specifico, tra le novità più rilevanti, vi è si l’inserimento nell’ambito delle “de-finizioni” di cui all’art. 2 del Regolamento della nozione di “polizza”, quale “docu-mento probatorio del contratto di assicu-razione”, e l’eliminazione nell’ambito dell’art. 8 del Regolamen-to, del riferimento alla necessaria “non onerosità” della richiesta dell’assicurato di ricevere la documentazione informativa su sup-porto cartaceo o di modifica della tecnica di comunicazione a distanza prescelta.In buona sostanza il documento di consultazione, pur mante-nendo fermo il diritto dell’assicurato di richiedere, anche per i contratti a distanza, l’invio su supporto cartaceo della documen-tazione e la modifica della tecnica di comunicazione, esclude che l’operazione suddetta debba necessariamente essere a ti-tolo gratuito, proprio nell’ottica di favorire la progressiva digi-talizzazione della documentazione informativa e dei contratti di assicurazione nonché al fine di incentivare l’uso dello strumento elettronico nei rapporti tra imprese, intermediari e contraenti che l’IVASS intende perseguire.

2.2 Gli obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela nella stipulazio-ne di contratti telematici - Il Regola-mento IVASS n. 5/2014Sempre in tema di contratti di assicura-zione stipulati in via telematica, il Regola-mento IVASS n. 5 del 21 luglio 2014 ha introdotto importanti misure in tema di antiriciclaggio, in attuazione dell’art. 7, comma secondo, del D. Lgs. n. 231/2007, ed ha dettato le disposizioni attuative sulle modalità di adempimento degli obblighi

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di adeguata verifica della clientela e di registrazione, conforme-mente al Regolamento ISVAP n. 41/2012. Il Regolamento, che si applica, oltre che alle imprese di assicura-zione, anche agli intermediari assicurativi che operano nel ramo vita inseriti nell’elenco annesso al Registro Unico Intermediari, aventi residenza o sede legale nel territorio di un altro Stato membro, per il caso in cui svolgano attività di agente o di media-tore di assicurazione, si ispira al principio di proporzionalità ed adatta gli obblighi di adeguata verifica della clientela in ragione del maggiore o minor grado di rischio di riciclaggio e di finanzia-mento del terrorismo.In buona sostanza, sulla base della valutazione del rischio, cia-scun cliente è assegnato ad una specifica classe di rischio alla quale è associato un coerente livello di profondità ed estensione degli adempimenti agli obblighi normativi previsti.Ebbene, uno degli elementi di novità consiste nell’inserimento tra le figure di cui verificare l’identità del “beneficiario”, sogget-to non necessariamente coincidente con la figura del “cliente” e del “titolare effettivo”. L’art. 21 del Regolamento prevede che l’obbligo di applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela sussiste, non soltanto in presenza di un elevato ri-schio di riciclaggio e/o finanziamento del terrorismo, risultante da specifiche previ-sioni normative ovvero dall’autonoma va-lutazione dell’impresa sulla base dei criteri di cui al Capo II, Sezione I, del Regolamen-to, ma anche nel caso di “operatività a di-stanza”.In particolare, rientra nell’ambito della “operatività a distanza”, ai sensi dell’art. 22 del Regolamento, “l’operatività svolta dal cliente o dal beneficiario senza la sua presenza fisica presso le imprese”. Ebbene, ai sensi dell’art. 22, comma ter-zo, del Regolamento, nel caso di contrat-ti di assicurazione conclusi a distanza, gli obblighi di adeguata verifica si intendono assolti quando l’identificazione e la verifi-ca sono già state effettuate in relazione a un rapporto continuativo in essere ovvero quando l’impresa acquisisce i dati identifi-cativi e le altre informazioni richieste ai fini dell’adeguata verifica mediante atti pub-blici, scritture private autenticate, certifica-ti qualificati utilizzati per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici ai D. Lgs. n. 82/2005 nonché mediante una dichiarazione della rappresen-tanza e dell’autorità consolare italiana.

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L’obbligo di verifica rafforzata si intende assolto altresì quando l’impresa si avvale, ai fini della identificazione, di sistemi e pro-cedure interni per il riconoscimento dei clienti e del personale legittimato a rappresentarli nelle transazioni, ai sensi dell’art. 18, comma terzo, del Regolamento n. 5/2014.Ove non sia possibile per le imprese verificare l’identità del con-traente e/o del beneficiario mediante i meccanismi sopra descrit-ti, le imprese sono comunque tenute ad acquisire i dati iden-tificativi mediante una copia – acquisita tramite fax, a mezzo posta, in formato elettronico o con modalità analoghe – di un documento di identità non scaduto.Nel caso in cui non si possibile acquisire i dati e le informazioni richieste, ovvero la verifica dell’attendibilità dei dati acquisiti non abbia dato esiti certi e dalle verifiche e dalle misure effettua-te emerga la falsità o l’incoerenza delle informazioni fornite a distanza, le imprese e gli intermediari sono tenuti a non dare corso all’operazione ovvero a porre fine al rapporto già in esse-re, valutando l’opportunità di effettuare la segnalazione delle operazioni sospette.

2.3 Il rafforzamento dei requisiti di professionalità degli intermediari di prodotti assicurativi a seguito della cre-scente diffusione dei contratti di assicurazione stipulati in via telematicaLa crescente diffusione dei rapporti assicurativi telematici ha in-dotto l’IVASS ad intervenire anche sul piano della necessaria for-mazione professionale degli intermediari, in un’ottica di progres-sivo rafforzamento dei requisiti professionali degli intermediari assicurativi di cui all’art. 111 del Codice delle Assicurazioni e di complessiva armonizzazione della disciplina esistente in materia.Come noto, nell’ambito degli articoli 17, 21, 38, 42 e 58 bis del Regolamento n. 5/2006, sono disciplinati gli obblighi di formazio-ne e di aggiornamento cui gli intermediari sono tenuti, con diffe-renze sostanziali in relazione alla sezione del RUI di appartenenza.Il Documento di consultazione n. 2/2014, in conformità all’art. 22, comma nono, del Decreto legge n. 221/2012, convertito nella Legge n. 221/2012, introduce una serie di previ-sioni innovative finalizzate ad elevare gli standard professionali degli addetti alle reti distributive, sul presupposto che un adeguato livello di conoscenza e di capa-cità professionale dei medesimi costituisca snodo cruciale ai fini di un corretto e affi-dabile rapporto con la clientela e rappre-senti la condizione per lo sviluppo di sane dinamiche di mercato nell’ottica della pro-tezione del consumatore.Le principali novità contenute nello sche-ma di regolamento riguardano:

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(i) la piena equiparazione e integrale intercambiabilità dei corsi a distanza rispetto ai corsi in aula, al fine di favorire una maggiore flessibilità nelle scelte organizzative dei soggetti vigilati;(ii) la previsione di specifiche e più rigorose caratteristiche per la formazione a distanza mediante video-conferenza e sistemi di e-learning, basate soprattutto sui principi di tracciabilità e interattività;(iii) la maggiore flessibilità negli obblighi di aggiornamento, pre-visti su base biennale anziché annuale;(iv) i requisiti richiesti per i soggetti formatori, con la precisa-zione che, se la formazione è in outsourcing, per gli enti ero-gatori è previsto l’obbligo della certificazione di qualità per la formazione iniziale;(v) le modalità di accertamento delle competenze acquisite; (vi) il ruolo più attivo e incisivo degli organi amministrativi delle imprese nella definizione di linee strategiche in materia di forma-zione degli intermediari e di controlli interni sulla rete distributiva.La disciplina relativa all’aggiornamento, tenuto conto degli adempimenti richiesti, entrerà in vigore soltanto il 1° gennaio 2015.

3 I Social network: nuove forme di interazione tra imprese di assicura-zione, intermediari e consumatoriNell’ambito della progressiva digitalizza-zione dei rapporti contrattuali un ruolo rilevante è svolto dai social network. Le sempre più ampie informazioni for-nite dagli utenti nell’ambito dei social network, quali l’acquisto di una nuova auto, la nascita di un figlio, la ricerca di un fondo di pensionamento, costituisco-no difatti un ampio bacino informatico da cui le imprese di assicurazione e le so-cietà finanziarie possono attingere dati rilevanti ai fini dell’offerta di prodotti assicurativi e finanziari. D’altra parte l’attività degli intermediari assicurativi e finanziari è proprio quella di raccogliere notizie utili per potere presentare ai clienti offerte mirate. Circostanza, questa, che consente di affermare che l’offerta di prodotti assicurativi e finanziari costituisce una sorta di estensio-ne naturale delle potenzialità offerte dai social network.(i) I rischi derivanti dalla raccolta di dati tramite i social network e le potenziali criticità connesse alla normativa legislativa e regolamentare di settore ed alla vigilanzaI principali rischi connessi all’utilizzo dei social network nella raccolta di dati attengono evidentemente al rispetto delle norme legislative e regolamentari vigenti in tema di modalità di raccolta delle infor-mazioni, di trasparenza e completezza delle informazioni fornite sui prodotti offerti nonché più in generale di tutela del consumatore.

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Si è evidenziato che alle imprese di assi-curazione ed agli intermediari competono copiosi e stringenti obblighi di raccolta e consegna delle informazioni e della docu-mentazione, nel rispetto delle procedure indicate. Tali obblighi peraltro non sono stati intac-cati dalle novità normative e regolamentari commentate, essendo la nuova disciplina intervenuta esclusivamente sulle modalità di acquisizione delle informazione e di ri-lascio della documentazione, attività che potrà essere svolta in via telematica e/o in formato digitale. È evidente, pertanto, che l’utilizzo dei so-cial network da parte dell’industria assi-curativa evidenzia potenziali criticità sul fronte della regolamen-tazione e della vigilanza, nonché ancora più a monte sull’esatta qualificazione dell’attività svolta dall’intermediario o dall’impre-sa di assicurazione su tali canali. In altri termini si tratta di verificare se l’attività di raccolta di dati e la successiva offerta di prodotti assicurativi equivalga a mera pubblicità, ovvero se si sia già nell’ambito della intermediazione assicurativa. In particolare, nel caso in cui si guardi al ricorso ai social network da parte delle compagnie di assicurazione e degli intermediari come mero canale pubblicitario, le problematiche saranno con-nesse alla veridicità ed alla completezza delle informazioni for-nite, le quali dovranno essere tali da non indurre il consumatore in errore. Il rischio difatti sarebbe quello di incorre-re in possibili responsabilità per pubblici-tà ingannevole, la quale è da intendersi, ai sensi del D. Lgs. n. 145/2007 che ha attuato la Direttiva 2006/114/CE, come qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche e giuridiche alle quali è rivolta, oppure possa ledere un concor-rente. A mero titolo esemplificativo sono state ritenute ingannevoli quelle pubblicità in cui la brevità del messaggio pubblicitario non consentiva al consumatore di avere piena contezza di tutti i dati rilevanti con riguardo al contrat-to stipulando, ovvero quelle pubblicità in cui informazioni su aspetti rilevanti dei prodotti e/o dei contratti erano state collo-cate in note a piè di pagine, ovvero fornite mediante generici rinvii a testi normativi o clausole contrattuali, salvo il caso in cui

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si tratti di rinvii a testi facilmente conoscibili dal consumatore come può essere il sito internet della stessa società proponente o i fogli informativi presenti in agenzia e/o in filiale.Diversamente, nel caso in cui l’attività svolta sui social network si risolva in un’attività di intermediazione, considerevoli sarebbero le problematiche connesse alla verifica dell’adeguatezza del pro-dotto alle esigenze dell’utente.Altra problematica connessa all’utilizzo dei social network nella offerta e proposta di prodotti assicurativi attiene alla gestio-ne dei “reclami” e/o delle contestazioni da parte dei consumatori. La visibilità che le eventuali lamentale po-trebbe avere sui canali social potrebbe ar-recare alle imprese di assicurazioni ed agli intermediari gravosi danni, in termini di immagine e di ritorni negativi in termini di business.Da un lato, agli utenti dei vari canali social, deve ritenersi consentito di manifestare i propri dubbi circa un determinato prodotto, quale normale esercizio del diritto di critica. Dall’altro, per le imprese di assicurazio-ne, sorge l’esigenza di dare immediato riscontro agli “eventuali reclami”, fornen-do informazioni quanto più possibile tra-sparenti e complete al fine di resistere alle contestazioni e nel contempo tutelare la propria immagine e l’affidabilità e credibi-lità dei prodotti offerti.(ii) uno sguardo al mercato assicurati-vo e riassicurativo statunitense: best practice e linee guida in tema di Social Networking Websites and business CommunicationsGli esempi più significativi e le best practi-ces circa l’utilizzo dei social network come strumento di raccolta di informazioni su clienti attuali e potenziali, nonché come mezzo di contatto e (in qualche caso) di stipula del contratto assicurativo, proven-gono dagli Stati Uniti.Un caso emblematico è quello del Gruppo Farmers Insurance, la cui attività si basa su agenti indipendenti incaricati di vendere prodotti altamente regolamentati.1 Nello specifico, gli agenti utilizzano i social network per costruire relazioni di business, garantendo al tempo stesso la qualità e la conformità con i requisiti normativi.

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Per affrontare questa sfida la società forma gli agenti al corretto uso dei canali social, anche mediante la redazione e la diffusione di una adeguata social network policy.Farmers Insurance è stato uno dei primi gruppi assicurativi negli Stati Uniti a comprendere l’importanza dell’utilizzo dei giochi per iphone ed android nella promozione di prodotti assicurativi del gruppo. In particolare Farmers Insurance ha utilizzato le reti dei suoi agenti come base per una promozione importante sul sito del gioco FarmVille, con la conseguente acquisizione di oltre due milioni di fan su Facebook in meno di dodici ore.2

Un interessante spunto in tema di best practice è stato for-nito dalla Financial Industry Regulatory Authority la quale ha pubblicato numerosi rapporti sull’argomento, nei qua-li viene esaminato il ricorso ai social network da parte del-le imprese assicuratrici negli Stati Uniti come mezzo per interagire con la clientela e vengono identificati i rischi de-rivanti dalla raccolta di dati tramite i social network, non-ché le difficoltà sussistenti sotto il profilo regolamentare.3 (iii) L’utilizzo dei social network in ItaliaIn Italia, le Compagnie di assicurazione che stanno muovendo i primi passi nel so-cial business sono ancora poche.In particolare, da una ricerca effettuata dalla Università Cattolica sembrerebbe che le Compagnie di assicurazione maggior-mente presente sui canali Facebook, Twit-ter e YouTube sono Genialloyd, Directline, Cattolica Assicurazioni, Axa Assicurazioni. Nessuna delle compagnie di assicurazio-ne maggiormente presenti in Italia invece adopera i blog quale sistema per racco-gliere dati ed informazioni e/o offrire pro-dotti assicurativi. Un interessante e attivo utilizzo della comunicazione social nell’ambito assicurativo è quello del Gruppo Linkedin Interme-diario Assicurativo, che ha raggiunto oltre tremila membri e am-bisce a diventare una community di riferimento per i professio-nisti assicurativi online.Si tratta in verità di una sorta di forum in cui intermediari si scambiano le rispettive opinioni su determinati prodotti assicura-tivi e potenziali assicurandi esprimono le proprie perplessità e/o dubbi sui contratti stipulandi.

1 Cfr. “Rassicurazioni e assicurazioni: prospettive e opportunità social”, in www.socialminds.it.

2 Cfr. “Rassicurazioni e assicurazioni: prospettive e opportunità social”, in www.socialminds.it.

3 Cfr. “Social network websites and the use of personal devices for business communications ”, in www.finra.org.

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(iv) Riflessioni finaliConcludendo, è evidente che la mancanza di regolamentazione specifica sull’utilizzo di questi nuovi canali distributivi impedisce attualmente ai social network di esprimere in ambito assicurati-vo il proprio potenziale di business e di comunicazione.Nell’attesa che il Legislatore e l’Autorità di Vigilanza inter-vengano con una normativa ad hoc sul tema, all’attività svolta dalle compagnie di assicurazione e dagli intermediari sui social network è attualmente applicabile la normativa vigente in tema di obblighi di trasparenza e buona fede con-trattuale, di completezza e veridicità delle informazioni for-nite, di corretta ed adeguata verifica delle esigenze dell’as-sicurando. La pubblicità dei prodotti assicurativi è già oggetto di disciplina nell’ambito dell’art. 182 del Codice delle Assicurazioni, ai sensi del quale la pubblicizzazione di tali prodotti deve essere effettuata avendo riguardo alla correttezza ed alla confor-mità delle informazioni fornite rispetto al contenuto della nota informativa e delle condizioni contrattuali cui i prodotti stessi si riferiscono.Sull’adempimento ai detti obblighi e sul-la correttezza della condotta tenuta dal-le imprese di assicurazione e dagli inter-mediari, anche sui canali social, pertanto continuerà a vigilare l’IVASS sia mediante la richiesta di trasmissione del materiale pubblicitario utilizzato dalle imprese e dagli intermediari, sia mediante (i) la sospen-sione della pubblicità in caso di fondato sospetto di violazione delle disposizioni in materia di trasparenza e correttezza, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, (ii) il divieto di diffusione della pubblicità in caso di accertata violazione agli obblighi richiamati nonché (iii) il divieto di commercializzazione dei prodotti in caso di mancata ottemperanza ai detti provvedi-menti di sospensione e di divieto di diffusione.La condotta delle imprese di assicurazione e degli intermedia-ri dovrà altresì essere conforme ai criteri di riconoscibilità della pubblicità e di chiarezza e correttezza dell’informazione fissati dall’IVASS nell’alveo degli articoli 39 e seguenti del Regolamen-to n. 35/2010.A conferma della applicabilità della normativa richiamata all’at-tività svolta sui social network, si richiama l’attenzione proprio sull’art. 2 del Regolamento n. 35/2010, che definisce la “pub-blicità” come “ogni messaggio, diffuso con qualsiasi mezzo di comunicazione e con qualunque modalità, avente la finalità di promuovere i prodotti assicurativi”, ivi compresi quindi i canali social.È indubbio altresì che nell’offerta di prodotti assicurativi median-

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te i social network, le compagnie di assicurazione e gli interme-diari saranno comunque tenuti a (i) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati; (ii) acquisire dai contraenti le informazioni necessa-rie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali ed operare in modo che siano sempre adeguatamente informati; nonché (iii) ad evitare situazioni di potenziale con-flitto di interesse, ovvero, nel caso in cui sussista un potenziale conflitto di interessi ad informare gli assicurati sugli effetti sfa-vorevoli e comunque ad evitare eventuali pregiudizi per i contraenti.Deve quindi concludersi nel senso che, nell’attesa che il Legislatore intervenga sul tema con una disciplina ad hoc, nel ricor-so ai social network a fini pubblicitari e/o di offerta di prodotti assicurativi le com-pagnie di assicurazione e gli intermediari saranno comunque tenuti ad osservare gli obblighi informativi, di trasparenza e buo-na fede attualmente vigenti.

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Conclusioni

Sig. Franco CurioniPresidente R.I.B. - Reinsurance International Brokers S.p.A., Milano

Fausto Panzeri ci ha sottolineato che il nostro Convegno, negli ultimi anni, ha abbandonato la sua vocazione monotematica ed è ormai diventato una sorta di “contenitore”, nel quale vengono annualmente inseriti e analizzati quelli che paiono i temi di mag-giore interesse, nei vari momenti storici dell’attività assicurativa e bancaria. Anche quest’anno non ci siamo fatti mancare niente spaziando da temi di carattere generale, affrontati con maestria da Fabio Cerchiai, Carlo Salvatori e Dario Focarelli ad ambiti più settoriali e specialistici esaminati con estrema competenza dai rispettivi relatori.Non vorrei apparirvi troppo autoreferenziale, ma ritengo davve-ro che nel nostro Convegno abbiamo ascoltato relazioni di alto profilo, sia sul piano dei contenuti che su quello della profondità delle analisi e della chiarezza delle esposizioni. Ci è di conforto pensare che molti dei protagonisti di questo Convegno stanno accompagnando, con la capacità dimostrata, le loro aziende in una fase sempre più rapida di mutamenti tecnologici e strategici. Il nostro Convegno ha ormai compiuto ventun anni e ripercor-rendo mentalmente i temi trattati in questo lungo periodo pos-siamo constatare che, in diversi momenti storici, abbiamo sapu-to cogliere e individuare le tendenze che negli anni successivi si sono consolidate. Il nostro piccolo merito è stato quello di indi-viduare, anno per anno, i relatori che hanno saputo accendere i fari su queste tendenze aiutandoci, almeno in parte, a svol-gere sempre meglio la nostra professione. Ritengo che anche quest’anno l’obiettivo sia stato centrato e per questo ringrazio vivamente tutti i partecipanti.Un affettuoso saluto a tutti e un arrivederci al prossimo anno.

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Edizione a cura di:R.I.B. Reinsurance International Brokers S.p.A.

Studio Panzeri & C. S.a.s.

FotoFabrizio Marchesi

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