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CAP. 4 - STRUTTURA CRISTALLINA E DIFFRAZIONE Introduzione. La struttura reticolare dei cristalli fu possibile iniziare ad investigarla quando von Laue suggerì l'idea (1912) che i cristalli potessero diffrangere i raggi X. Essendo, in un solido, le distanze interatomiche dell'ordine di 1 Å, un'onda che possa interagire con gli atomi deve avere una lunghezza d'onda confrontabile con tale distanza. In realtà, è possibile avere informazioni sulla struttura cristallina studiando la figura di diffrazione prodotta oltre che da fotoni, anche da neutroni e da elettroni. La diffrazione con raggi X richiede fotoni di energia tra 10 e 50 keV, mentre con neutroni l'energia del fascio è di circa 0.1 eV e con elettroni di circa 100 eV (con λ≅ 1 Å ). L'interazione dell'onda con il cristallo deve essere debole per poter penetrare un migliaio di piani reticolari e ottenere una buona risoluzione. Quando un atomo è investito da un'onda elettromagnetica gli elettroni dell'atomo vengono accelerati ed essi irradiano alla frequenza dell'onda incidente (la potenza irradiata da una carica accelerata è proporzionale al quadrato dell'accelerazione che è inversamente proporzionale alla massa, per cui la diffrazione è dovuta agli elettroni che sono più leggeri). I raggi X interagiscono con gli elettroni e quindi danno la distribuzione della densità elettronica del cristallo. Se si usano elettroni, questi interagiscono con il campo elettrico e quindi danno informazioni sulla distribuzione del potenziale. I neutroni, invece, interagiscono essenzialmente con i nuclei perchè il potenziale che li diffonde è diverso da zero solo sui nuclei, e quindi rivelano la distribuzione di questi; possono interagire anche con il momento magnetico degli elettroni e quindi possono fornire indicazioni sulla struttura di sostanze para- e ferromagnetiche. Se si vogliono studiare gli strati superficiali gli elettroni sono adatti perchè penetrano poco; la tecnica che si utilizza è nota come LEED, low energy electron diffraction. Per frequenze ottiche si ha la rifrazione come risultato, mentre per lunghezze d’onda, λ, dell'ordine della distanza interatomica si ha la diffrazione. La relazione esistente tra lunghezza d'onda ed energia è: per i fotoni: ε = h ν = hc/ λ λ(Å) = 12.4/ ε (keV) per i neutroni o elettroni: ε=p 2 /2M=h 2 /2Mλ 2 λ(Å) =0.286/ ε (eV) (neutroni M=1.675 x 10 -27 Kg) λ (Å) = 12/ ε (eV) (elettroni m= 9.11 x 10 -31 Kg) I raggi X sono prodotti dal bombardamento di un anodo di metallo con elettroni veloci oppure fasci intensi sono prodotti dalla radiazione di sincrotrone. Essi V.AUGELLI, Fisica degli Stati Condensati, Cap.4 – Struttura cristallina e diffrazione. 1

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CAP. 4 - STRUTTURA CRISTALLINA E DIFFRAZIONE Introduzione. La struttura reticolare dei cristalli fu possibile iniziare ad investigarla quando von Laue suggerì l'idea (1912) che i cristalli potessero diffrangere i raggi X. Essendo, in un solido, le distanze interatomiche dell'ordine di 1 Å, un'onda che possa interagire con gli atomi deve avere una lunghezza d'onda confrontabile con tale distanza. In realtà, è possibile avere informazioni sulla struttura cristallina studiando la figura di diffrazione prodotta oltre che da fotoni, anche da neutroni e da elettroni. La diffrazione con raggi X richiede fotoni di energia tra 10 e 50 keV, mentre con neutroni l'energia del fascio è di circa 0.1 eV e con elettroni di circa 100 eV (con λ≅ 1 Å ). L'interazione dell'onda con il cristallo deve essere debole per poter penetrare un migliaio di piani reticolari e ottenere una buona risoluzione. Quando un atomo è investito da un'onda elettromagnetica gli elettroni dell'atomo vengono accelerati ed essi irradiano alla frequenza dell'onda incidente (la potenza irradiata da una carica accelerata è proporzionale al quadrato dell'accelerazione che è inversamente proporzionale alla massa, per cui la diffrazione è dovuta agli elettroni che sono più leggeri). I raggi X interagiscono con gli elettroni e quindi danno la distribuzione della densità elettronica del cristallo. Se si usano elettroni, questi interagiscono con il campo elettrico e quindi danno informazioni sulla distribuzione del potenziale. I neutroni, invece, interagiscono essenzialmente con i nuclei perchè il potenziale che li diffonde è diverso da zero solo sui nuclei, e quindi rivelano la distribuzione di questi; possono interagire anche con il momento magnetico degli elettroni e quindi possono fornire indicazioni sulla struttura di sostanze para- e ferromagnetiche. Se si vogliono studiare gli strati superficiali gli elettroni sono adatti perchè penetrano poco; la tecnica che si utilizza è nota come LEED, low energy electron diffraction. Per frequenze ottiche si ha la rifrazione come risultato, mentre per lunghezze d’onda, λ, dell'ordine della distanza interatomica si ha la diffrazione. La relazione esistente tra lunghezza d'onda ed energia è:

per i fotoni: ε = h ν = hc/ λ ⇒ λ(Å) = 12.4/ ε (keV)

�per i neutroni o elettroni: ε=p2/2M=h2/2Mλ2 ⇒

λ(Å) =0.286/ ε(eV) (neutroni M=1.675 x 10-27 Kg)

λ (Å) = 12/ ε(eV) (elettroni m= 9.11 x 10-31 Kg) I raggi X sono prodotti dal bombardamento di un anodo di metallo con elettroni veloci oppure fasci intensi sono prodotti dalla radiazione di sincrotrone. Essi

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interagiscono con la materia in quanto il campo elettrico induce dei momenti di dipolo, cioè dà luogo alla polarizzazione del cristallo. La profondità di penetrazione dei raggi X è dell'ordine di 0.1 mm. I neutroni, invece, sono prodotti nei reattori nucleari dall'urto di protoni con nuclei pesanti; la profondità di penetrazione varia tra 0.1 mm nei materiali idrogenati a decine di cm nella grafite. Il campione deve essere abbastanza sottile in modo da diminuire la probabilità che si abbia una seconda diffusione o che, nel caso di particelle, si abbiano due urti. Vi sono due modi equivalenti di descrivere lo scattering di raggi X da parte di un cristallo: quello di Bragg e quello di von Laue. Bragg assunse il cristallo come costituito da piani atomici, speculari, paralleli e distanti d. I fasci riflessi interferiscono in modo costruttivo dando dei picchi di intensità della radiazione diffusa se la differenza di cammino tra i raggi riflessi da piani adiacenti, cioè 2dsinθ, è un multiplo intero di λ:

2dsinθ = nλ (legge di Bragg) (1)

dsin θ

d

θ

θ

θ

Assumiamo che lo scattering sia elastico in modo che la lunghezza d'onda non vari con la riflessione. Per particolari valori di θ, i raggi riflessi da vari piani interferiranno costruttivamente per dar luogo ad un intenso picco diffratto e ciò è frutto della periodicità del reticolo. Ovviamente sinθ= nλ/2d≤1 ⇒ λ≤2d perciò non si può usare luce visibile. Nella riflessione al primo ordine, di una radiazione di lunghezza d'onda 1.54 Å da parte di un reticolo cubico di costante reticolare 4 Å si ha : θ=arcsin (λ/2d) = 11°, cioè al diminuire di λ l'incidenza diminuisce. Questo risultato, sicuramente ben verificato sperimentalmente, si basa su una assunzione non corretta, secondo la quale i piani si comportano come specchi, ma se ciascun piano riflettesse perfettamente solo il primo piano vedrebbe la radiazione e ogni lunghezza d'onda verrebbe riflessa. Calcolo di Laue per l’ampiezza dell’onda diffusa. Laue considera gli ioni costituenti il reticolo di Bravais come sorgenti che re-irradiano la radiazione incidente, in tutte le direzioni. I picchi si osservano nelle

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direzioni e per lunghezze d'onda tali che le onde scatterate interferiscano costruttivamente. Essendo il processo base lo scattering elastico studiamo dapprima tale processo. La diffusione coerente dei raggi X da parte di una distribuzione di elettroni. Vediamo innanzitutto lo scattering elastico da parte di un singolo elettrone usando un approccio classico. E' noto dall'elettromagnetismo che un elettrone libero investito da un campo elettrico variabile si comporta come un oscillatore; la sua accelerazione sarà

r a =

em o

r E inc (2)

L'oscillatore irradia un campo elettromagnetico che a distanza grande rispetto alla lunghezza d'onda e se la radiazione incidente è polarizzata, ha una intensità media data dal vettore di Poynting:

I =e 2

moc2r

⎝ ⎜

⎠ ⎟

2

I incsin2ψ 1 (3)

Se la radiazione incidente non è polarizzata, si deve mediare il termine sin2ψ su tutte le orientazioni di

r nel piano xy se l'onda incide lungo z (vedi figura); si

ottiene la formula di Thomson: E inc

x

y

z

onda X incidente

eEs

Bs

Einc

Bincθ

ϕ

ψ

r

1

r E S =

ec2r

asinψ , ⟨I ⟩ =

c4π

r E S ×

r H S =

c4π

e 2

c4r 2 ⟨a2 ⟩sin2ψ =

=c

4πe2

c4r 2

e2

mo2 ⟨E inc

2 ⟩sin2ψ =e2

m oc2 r

⎝ ⎜

⎠ ⎟

2

I incsin 2ψ

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I =e 2

moc2r

⎝ ⎜

⎠ ⎟

2

I inc1 + cos2 θ

2= I incf T

2 ( r,θ) (4)

dove è la funzione di Thomson e (1f T2 ( r,θ) + cos2 θ) / 2 è detto fattore di

polarizzazione. Le precedenti espressioni dell'intensità media diffusa sono espresse nel sistema di Gauss. Supponiamo che una distribuzione di elettroni con densità ρ(

r r ) sia investita da

un'onda non polarizzata di lunghezza d'onda λ e intensità I nella direzione data dal versore

inc

r u o . Se l'estensione spaziale della distribuzione è piccola

rispetto alla distanza in cui la radiazione diffusa viene rivelata, possiamo assumere sferica tale onda diffusa con centro nella distribuzione. Tale onda sarà la sovrapposizione di tutte le onde di ampiezza infinitesima prodotte dagli elementi costituenti la distribuzione. Bisognerà tener conto dei ritardi di fase delle onde generate da una singola onda polarizzata incidente. (vedi figura). Fissata una origine arbitraria O, il ritardo di fase dell'onda diffusa nella direzione dall'elemento dV individuato dal vettore

r u

r r ' , sarà dato da:

2πλ

r r ' ⋅(

r u −

r u o ) (5)

dV

Ouo u

r'

L'ampiezza del campo elettrico

r E dell'onda diffusa nella direzione dall'intero

cristallo sarà del tipo

r u

E incC( r,θ, t ) exp

2πiλ

r r ' ⋅(

r u −

r u o )

⎡ ⎣ ⎢

⎤ ⎦ ⎥ ∫ ρ(

r r ' )d 3r r ' (6)

Integrando su tutte le possibili direzioni di polarizzazione, l'intensità diffusa media sarà:

I(

r u ) = I incf T

2 ( r,θ) exp2πiλ

r r ' ⋅(

r u −

r u o )

⎡ ⎣ ⎢

⎤ ⎦ ⎥ ∫ ρ(

r r ' )d 3r r '

2

(7)

essendo f T2 = C 2 la funzione di Thomson. Poniamo:

kuu o

rrr∆=− )(1

λ ovvero

2sin2 θ

λ=∆k (8)

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2sin θ/ 2

∆k

u

uo

θ

La (7) può scriversi come:

22 )(),()( kTrfIkI Tinc

rr∆=∆ θ (9)

dove

[ ] ''2exp)'()( 3rdkrirkT rrrrr∫ ∆⋅=∆ πρ (10)

La (10) non è altro che la trasformata di Fourier della densità elettronica ρ(

r r )

e perciò possiamo affermare che la diffusione elastica permette di conoscere il quadrato della trasformata di Fourier della densità elettronica. Diffusione da parte di un singolo atomo. Assumiamo sferica la distribuzione elettronica di un singolo atomo: ρ(

r r ) = ρ(r )

e applichiamo l'Eq. (10) con il sistema di coordinate in figura (l'origine O coincide con il nucleo).

q

r

d3r

O

χ

=∆=∆ ∫∫∫∞ ππ

ϕχχχπρ2

00

2

0

sin)cos2exp()()( ddkridrrrkT

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=∆

∆=

=

=

∫0

2

0 2)cos2exp()(2

χ

πχπχπρπ

krikridrrr

drkrrrk

)2sin()(2

0

∆∆

= ∫∞

πρ (11)

Poniamo ancora 2

sin42 θλππµ =∆= k per cui la (11) diventa:

drrr

rrfkT A2

0

sin)(4)()(µ

µρπµ ∫∞

==∆ (12)

e l'intensità diffusa

I = Iinc f T2 (r, θ)f A

2 (4πλ

sinθ2

) (13)

La funzione f è detta fattore atomico di diffusione. E' evidente che il suo calcolo richiede la conoscenza della distribuzione elettronica nell'atomo; negli atomi leggeri essa è nota.

A ( µ)

Vediamo ora come questi risultati si applicano al caso di un piccolo cristallo. Ogni cella reticolare potrà essere individuata tramite le coordinate di un suo vertice ovvero tramite il vettore reticolare

r r n = n1

r a + n 2

r b + n 3

r c ; il generico atomo

del cristallo sarà individuato dalla terna che individua la cella più un quarto intero n=1, 2,.....,g che lo distingue tra i g atomi della cella; la sua posizione sarà individuata da:

r r n +

r s ν . La posizione dell'elemento di volume dV relativo

all'atomo n-esimo della cella n-esima sarà individuata da:

r r =

r r n +

r s ν +

r s ν

' (14) dove è spiccato dal nucleo dell'atomo. Calcoliamo l'intensità diffusa dal cristallo usando le Eq. (9) e (10). Sia

r s ν

'

ρν (s' ) la distribuzione degli elettroni nell'atomo della specie n, la distribuzione del cristallo sarà:

ρ(

r r ) = ρ(

r r n +

r s ν +

r s ν

' ) = ρν (r r −

r r n −

r s ν )

ν=1

g

∑(n)∑ = ρν (

r s ν

' )ν =1

g

∑(n)∑

dove è estesa a tutte le celle del cristallo. Dobbiamo quindi calcolare (n )∑

rdsrrkrikTn

g

nV

rrrrrrr3

)( 1)()2exp()( ∑∑∫

=

−−∆⋅=∆ν

ννρπ

ovvero

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[ ]∑∑∫=

++⋅∆=∆)( 1

'3'' )()(2exp)(n

g

Vn sdsssrkikT

ννννν ρπ rrrrrr

o

∑ ∑ ∫=

⋅∆⋅∆⋅∆=∆)( 1

'3'' )()2exp()2exp()2exp()(n

g

Vn sdsskiskirkikT

ννννν ρπππ rrrrrrrr

L'integrale non è altro che il fattore atomico )2( kf A ∆πν relativo alla specie atomica ν per cui la precedente può scriversi:

)2()2exp()2exp()()( 1

kfskirkikT An

g

n ∆⋅∆⋅∆=∆ ∑ ∑=

πππ νν

νrrrrr

(15)

L'intensità diffusa sarà quindi data da: 2

1

2

)(

2 )2()2exp()2exp(),( ∑∑=

∆⋅∆⋅∆=g

An

nTinc kfskirkirfIIν

νν πππθ rrrr (16)

La prima sommatoria è nota come fattore d'interferenza, la seconda come

fattore di struttura; entrambi dipendono da )(2ouuk rrr

−=∆λπ

cioè dalla

direzione di diffusione, fissata quella d'incidenza. Poichè la prima sommatoria contiene moltissimi termini, al contrario della seconda, la sua dipendenza da θ è più importante, cioè, è il fattore d'interferenza che determina le direzione lungo cui osservare i fasci diffratti; l'altro fattore ne determina l'intensità che può a volte annullare, anche se ammessa dal fattore d'interferenza. Se il cristallo ha la forma di un parallelepipedo di spigoli N1

r a , N2

r b , N 3

r c , il

fattore d'interferenza può scriversi:

∑∑∑∑−

=

=

=

∆⋅∆⋅∆⋅=⋅∆1

032

1

0

1

01

)(

3

3

2

2

1

1

)2exp()2exp()2exp()2exp(N

n

N

n

N

nnn kcinkbinkainrki

rrrrrrrrππππ

Ciascuna somma è una serie geometrica troncata che vale:

=∆⋅−

∆⋅−

∆⋅−=∑

=−∑

==∑

=

∆⋅ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

kaie

kaNiekaieNnn

N

n

kaine rr

rr

rr

rr

π

π

π

π

21

2

21

1

0

1

0

2 1

111

1

1

1

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=kaie

kaNierr

rr

∆⋅−

∆⋅−π

π

21

21 1

=kaiekaie

kaNiekaNierrrr

rrrr

∆⋅⋅∆⋅−

∆⋅⋅∆⋅−ππ

ππ

1

1 11

=

kaikaNi

kaie

kaNierr

rr

rr

rr

∆⋅

∆⋅

∆⋅

∆⋅

ππ

π

π

sin2sin2 1

1

Moltiplicando per la complessa coniugata si ha che:

kckcN

kbkbN

kakaN

nrr

rr

rr

rr

rr

rr

∆⋅

∆⋅×

∆⋅∆⋅

×∆⋅

∆⋅=∑

ππ

ππ

ππ

23

2

22

2

21

22

)( sinsin

sinsin

sinsin

(17)

Le tre frazioni sono note come funzioni di Laue. Esse sono del tipo:

y(x) =sin2Nπxsin 2πx

(18)

Tale funzione è periodica di periodo 1 e quindi basta studiarla nell'intervallo [0, 1]. N è almeno dell'ordine del migliaio per cui la funzione risulta significativamente diversa da zero solo agli estremi dell'intervallo, cioè per x intero (0 oppure 1). Per x=0, si ha un massimo che vale N ; si hanno massimi ogni volta che Nx=(m+1/2), m=0, 1, 2,........ che per πx<<1 valgono

2

y=N /π2 2 m ± (1 / 2)[ ]2 (19) questi massimi o sono molto più piccoli di quello principale o gli sono molto vicini che si confondono con esso. Possiamo quindi dire che il fattore d'interferenza ha un valore molto grande N solo quando i denominatori delle funzioni di Laue si annullano, cioè quando si verificano le condizioni di Laue-Bragg:

12N2

2N 32

uka =∆⋅rr , vkb =∆⋅

rr, wkc =∆⋅

rr (20) con u, v, w interi. Le (20) determinano le direzioni lungo cui si possono osservare i fasci diffratti, fattore di struttura permettendo. Il primo zero del

si ha quando kaNrr ∆⋅π1sin ε+=∆⋅ uka

rr essendo ε il più piccolo numero

diverso da zero per cui πε1sin N =0; si ottiene ε=1/N1. La larghezza del massimo risulta essere pertanto proporzionale a 1/N1N2N3 e l'area racchiusa dal massimo centrale, essendo larghezza per altezza (proporzionale ad N ), sarà proporzionale ad N1

2N22N 3

21N2N3.

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sin2

20x

sin2 x

x0.1 0.3 0.5

1

10

100

Considerando le equazioni (20), se gli assi sono perpendicolari tra loro, una soluzione è data da:

ccwb

bva

auk ˆˆˆ ++=∆

r

Se gli assi non sono paralleli è conveniente introdurre il concetto di reticolo reciproco. Poniamo CsBrAqk

rrrr++=∆ , con q, r, s, interi e determiniamo i vettori A

r, B

r,

in modo che Cr

kr

∆ soddisfi le equazioni di Laue. Si devono verificare le seguenti condizioni:

1=⋅ aA rr; 0=⋅ aB rr

; ; 0=⋅ aC rr

0=⋅ bArr

; , ; 1=⋅ bBrr

0=⋅ bCrr

0=⋅ cA rr; 0=⋅ cB rr

; 1=⋅ cC rr

Si trova facilmente che tali condizioni sono soddisfatte da:

cbacbA rrr

rrr

×⋅×

= ; cba

acB rrr

rrr

×⋅×

= ; cba

baC rrr

rrr

×⋅×

= 2

Mentre il reticolo diretto appartiene allo spazio reale, quello reciproco, i cui punti reticolari sono sono individuati dai vettori CsBrAqk

rrrr++=∆ , appartiene allo

2 Altri autori definiscono i vettori del reticolo reciproco moltiplicando per 2π le espressioni sopra riportate.

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spazio di Fourier. Se moltiplichiamo scalarmente un vettore del reticolo diretto, ρr

, con uno del reticolo reciproco, Gr

, otteniamo un numero intero e quindi

, pertanto se 12 =⋅Gierrρπ k

r∆ =G

r, le equazioni di Laue sono soddisfatte.

Alcune proprietà del reticolo reciproco. I proprietà. Ogni vettore del reticolo reciproco è perpendicolare ad un insieme di piani reticolari del reticolo diretto. Sia un vettore del reticolo reciproco e

un vettore del reticolo diretto. Abbiamo visto che r K = k1

r b 1 + k2

r b 2 + k3

r b 3

r R = n1

r a 1 + n2

r a 2 + n3

r a 3

=⋅ RKrr

intero. Consideriamo un piano cristallografico di indici di Miller (hkl) intersecante gli assi cristallografici nei punti individuati dai vettori

, n1

r a 1 n2

r a 2 ,

. Il vettore n3r a 3

r K sarà perpendicolare a tale piano se il prodotto scalare tra

ed un qualunque vettore reticolare appartenente al piano è zero. In particolare, considerando i vettori in figura, deve aversi: r K

r K ⋅ (n1

r a 1 − n 2

r a 2 ) =

r K ⋅ (n1

r a 1 − n 3

r a 3 ) =

r K ⋅ (n 2

r a 2 − n 3

r a 3 ) = 0

ovvero:

k1n 1 − k 2 n 2 = k1 n1 − k 3n 3 = k 2 n 2 − k 3 n3 = 0 da cui: . Una soluzione, a meno di un fattore intero, è: k1n 1 = k 2 n 2 = k 3 n 3k1 = 1 / n 1 , k 2 = 1 / n 2 , k 3 = 1 / n 3 .

n1a

1

n a2 2

n a33

n1a

1- n a2 2

n a2 2 n a3

-3

n a3 3-n

1a

1

Ma 1 / , , non sono altro che gli indici di Miller del piano (hkl) e pertanto

n 1 1 / n 2 1 / n 3r K è perpendicolare al piano e a tutti quelli ad esso paralleli.

II proprietà. La separazione )(hkld dei piani cristallini individuati dagli indici h, k, l vale

)(/1)( 1 hklKhkldr

=

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essendo il vettore più corto in quella direzione. r K 1

Infatti sia r un vettore del reticolo diretto che va dall'origine (arbitraria) O al piano cristallino (hkl) e

r K =

r u K un vettore del reticolo reciproco che, per il

teorema precedente, è normale al piano. La proiezione di r nella direzione u sarà:

r u ⋅

r r =

r K K

⋅r r = d . Inoltre, NrK =⋅

rr con N intero, per cui

)(hklKNd r= è la

distanza dall'origine del piano considerato. O

ru d

u r =d.

P

Possiamo trovare un vettore r'' tale che )1('' +=⋅ NKrrr

per cui )(

1''hklK

Nd r+

= .

La distanza tra due piani consecutivi sarà pertanto )(

1hklK

d r= .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

d''d r

r'

r''

Il volume di una cella unitaria del reticolo reciproco è inversamente proporzionale al volume di una cella unitaria del reticolo diretto.

Infatti: ( ) ( ) ( )[ ][ ]3321

211332321.. aaa

aaaaaabbbV rr rrr

rrrrrrrrr

×⋅×××⋅×

=×⋅=

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( ) ( )[ ] ( )[ ]{ } ( )3

..

1..323

..

3211121332

dr

dr

dr VaVaa

Vaaaaaaaaaa rrrrrrrrrrrrr

⋅×=

×⋅−×⋅⋅×= =

=..

3..

2.. 1

drdr

dr

VVV

= 3

Si può provare che il reciproco del reticolo reciproco è il reticolo diretto,

cioè, definiti i vettori ci come ⎟⎠⎞⎜

⎝⎛ ×⋅

×=

kbjbib

kbjb

ic rrr

rr

r

si ha ci=ai.

Calcoliamo, come esempio, il reticolo reciproco di un reticolo cubico semplice i cui vettori base sono

r a 1 = a

r i ,

r a 2 = a

r j ,

r a 3 = a

r k ; per definizione:

ia

iaa

aaaaa

brr

rrr

rrr 13

2

321

321 ==

×⋅×

=

e analogamente ja

brr 1

2 = e ka

brr 1

3 = ; quindi il reticolo reciproco é ancora

cubico semplice. Se il reticolo diretto è fcc, i vettori primitivi sono:

r a 1 =

a2

(r j +

r k ) ,

r a 2 =

a2

(r k +

r i ),

r a 3 =

a2

(r i +

r j ).

ai j

k

a a12

3

reticolo cubico fcc I vettori del reticolo reciproco saranno:

)(1

321

321 kij

aaaaaa

brrr

rrr

rrr+−=

×⋅×

= ,

3 (

r a ×

r b ) ×

r c = (

r a ⋅

r c )

r b − (

r b ⋅

r c )

r a .

Se la definizione dei vettori del reticolo reciproco è quella riportata nella nota 2, la relazione sarà: r.d.r.r. /VV 38π=

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r b 2 =

2 πa

(r i +

r k −

r j ) ,

r b 3 =

2πa

(r i +

r j −

r k ) .

che sono i vettori primitivi di un reticolo bcc di lato /a. 2 4

x

y

z

b

b

b 1

2

3

ij

k

reticolo cubico a corpo centrato

• La cella unitaria del reticolo reciproco è la zona di Brillouin che si ottiene costruendo la cella di Wigner e Seitz per il reticolo reciproco.

Calcolo del fattore di struttura.

Dalla (16) il fattore di struttura è dato da: . Calcoliamo tale

fattore nel caso di un reticolo bcc (Na metallico). Supponiamo che la base sia costituita da atomi identici situati in (0,0,0) e (1/2,1/2,1/2); i vettori

hanno pertanto le terne u

νν

π νA

gski fe∑

=

⋅∆

1

2 rr

r s ν = u ν

r a + v ν

r b + w ν

r c 1 = v1 = w1 = 0 e . Il fattore di struttura FS varrà pertanto: u 2 = v 2 = w2 = 1 / 2

FS= ( )[ ]∑∑==

++=⋅∆2

1

2

12exp)2exp(

ννννν

ννν ππ lwkvhuifsKif rr

= f 1 + exp iπ( h + k + l )[ ]{ } essendo f il fattore di scattering atomico. FS è zero ogni volta che exp=-1, cioè ogni volta che h+k+l è un intero dispari, mentre FS=2f quando h+k+l è un intero pari. Nel caso del Na metallico, lo spettro di diffrazione non contiene le righe del tipo (100), (300), (111), (221), mentre sono presenti righe del tipo (200), (110), (222). 4 adab /22/32//31 =⇒=== ll

r

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Consideriamo un reticolo fcc avente la base costituita da atomi identici in (0,0,0), (0,1/2,1/2), (1/2,0,1/2), (1/2,1/2,0). Il fattore di struttura è:

FS = f 1 + exp iπ(k + l )[ ]+ exp iπ( h + l)[ ]+ exp iπ(h + k)[ ]{ } Se gli indici sono tutti pari o tutti dispari, FS=4f. Se, invece, uno solo degli interi è pari o dispari FS sarà zero. Perciò nel reticolo fcc non vi potranno essere riflessioni per le quali gli indici sono in parte dispari e in parte pari.

2080° °50°

KCl(200)

(220)

(222)(400)(420)

Dipendenza dalla temperatura dell’intensità delle righe del fascio diffratto. Sia )()( tut o

rrr+= ρρ il vettore che individua la posizione di un atomo, somma di un

vettore oρr che individua la posizione dell’atomo in assenza di vibrazioni e un

vettore tu(r ) che individua lo spostamento istantaneo a causa delle vibrazioni termiche. L’ampiezza dell’onda diffratta si può scrivere come:

kuio eAA

rr∆⋅=

Sviluppando in serie l’esponenziale si ha: kuierr

∆⋅ = 1+ ( ) ......21 2

+∆⋅+∆⋅ kukuirrrr

Essendo il moto dell’atomo casuale e scorrelato da kr

∆ , il secondo termine è nullo

e il terzo può scriversi come: ( )2kurr

∆⋅ = 22

31 ku ∆ , 1/3 deriva dalla media

geometrica in tre dimensioni. Per una qualunque fluttuazione gaussiana avente

0=ϕ , si trova 2/2ϕϕ −

= eeiper cui

kuierr

∆⋅22

61

kue

∆−≈ . Se indichiamo

con Io l’intensità diffratta in assenza di vibrazioni, l’intensità sarà data da:

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3/22 ukodiff eII ∆−

=

il fattore esponenziale è noto come fattore di Debye-Waller.

Possiamo prendere come energia media dell’atomo kTumE23

21 22 == ω ,

essendo ω= 1013 – 1014 Hz, la frequenza delle vibrazioni reticolari. L’intensità vale

quindi: , cioè diminuisce all’aumentare di T. )/exp( 22 ωmkkTII odiff ∆−=

Quantisticamente a T=0, ωω h43

21 22 == umE e quindi

)2/exp( 2 ωmkII odiff ∆−= h . Posto =10k∆ 9 cm-1, ω= 1014 Hz, m=10-22 g, l’esponenziale vale circa 0.997 e quindi

. odiff II ≈ Metodi sperimentali per la diffrazione. Metodo di Laue. Un fascio di lunghezza d'onda variabile con continuità tra lo e l1 investe un cristallo fermo. E' un metodo opportuno per la determinazione dell'orientazione del cristallo. Il fascio diffratto può essere osservato o in trasmissione o in riflessione. Il metodo di Laue non è usato per determinare la struttura perchè su una stessa macchia possono confluire riflessioni da uno stesso piano di ordini diversi.

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Metodo del cristallo rotante. Il fascio X è monocromatico e il campione può ruotare intorno ad un asse fisso. La pellicola è su un cilindro rotante concentrico all'asse. Ogni volta che si verifica la condizione di Bragg il fascio è diffratto.

Metodo delle polveri o di Debye-Scherrer. Il fascio monocromatico colpisce un campione polverizzato o policristallino. Si ha la diffrazione da tutte le possibili orientazioni. L'intensità diffratta è proporzionale al fattore di struttura: f 2 . Si utilizzano rivelatori di piccola accettanza angolare al posto della pellicola fotografica usato nel metodo di Laue.

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