Canto IX - edu.lascuola.it · 372 Purgatorio Canto IX La concubina di Titone antico già...

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Sequenze narrative ® SOGNO DI DANTE Quando scende la notte Dante, seduto sull’erba della Valletta accanto a Virgilio, Sordello, Nino Visconti e Corrado Malaspina, è vinto dal sonno. In prossimità dell’alba, quando si dice che i sogni siano veritieri, il poeta sogna di trovarsi sul monte Ida e di venire rapito da un’aquila dalle piume d’oro, che lo conduce sino alla Sfera del fuoco, dove entrambi prendono a bruciare. ® RISVEGLIO DI DANTE Destatosi per la forte impressione ricevuta, Dante si accorge di trovarsi in un altro luogo: non c’è più la Valletta ma si vede tutta intorno la distesa marina, le anime sono scomparse tranne Virgilio e il sole è già alto nel cielo. Il maestro gli spiega allora che all’alba è scesa in suo aiuto santa Lucia, che lo ha trasportato nel sonno fin quasi all’ingresso del Purgato- rio vero e proprio. ® LA PORTA DEL PURGATORIO La porta del Purgatorio ha tre scalini di diverso colore: uno bianco, uno scuro, crepato nel mezzo, e uno vermiglio; sulla soglia, che pare di diamante, sta seduto l’angelo guardiano, che tiene nelle mani una spada abbagliante.Virgilio gli dice che essi si trovano lì per vole- re di santa Lucia, quindi fa salire gli scalini a Dante, che si getta ai piedi dell’angelo e, invo- cando misericordia, chiede umilmente di essere ammesso. Allora, con la punta della spada, l’angelo incide sette P (simbolo dei sette peccati capitali, corrispondenti alle sette cornici) sulla fronte di Dante, esortandolo a purificarsi delle sue colpe man mano che salirà nei vari gironi. L’angelo estrae quindi le due chiavi ricevute da san Pietro, una d’oro e una d’ar- gento, con le quali apre la porta e fa entrare i due poeti, ricordando loro di non voltarsi se non vogliono rendere vano il loro viaggio. ® L APERTURA DELLA PORTA Mentre la porta si apre, Dante comincia a sentire il canto del Te Deum, di cui però riesce solo a tratti a distinguere le parole, come capita quando in chiesa si canta accompagnati dall’organo. I due viandanti vengono così accolti nel Purgatorio. vv 139-145 vv 70-138 vv 34-69 vv 1-33 Purgatorio, IX, 130-132, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 121 r. Roma, Biblioteca Vaticana. Canto IX Posizione Antipurgatorio*:Valletta dei principi. Porta del Purgatorio* Dante incontra L’angelo portiere 370

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■ Sequenze narrative

® SOGNO DI DANTE

Quando scende la notte Dante, seduto sull’erba della Valletta accanto a Virgilio, Sordello,Nino Visconti e Corrado Malaspina, è vinto dal sonno. In prossimità dell’alba, quando sidice che i sogni siano veritieri, il poeta sogna di trovarsi sul monte Ida e di venire rapitoda un’aquila dalle piume d’oro, che lo conduce sino alla Sfera del fuoco, dove entrambiprendono a bruciare.

® RISVEGLIO DI DANTE

Destatosi per la forte impressione ricevuta, Dante si accorge di trovarsi in un altro luogo:non c’è più la Valletta ma si vede tutta intorno la distesa marina, le anime sono scomparsetranne Virgilio e il sole è già alto nel cielo. Il maestro gli spiega allora che all’alba è scesain suo aiuto santa Lucia, che lo ha trasportato nel sonno fin quasi all’ingresso del Purgato-rio vero e proprio.

® LA PORTA DEL PURGATORIO

La porta del Purgatorio ha tre scalini di diverso colore: uno bianco, uno scuro, crepato nelmezzo, e uno vermiglio; sulla soglia, che pare di diamante, sta seduto l’angelo guardiano,che tiene nelle mani una spada abbagliante. Virgilio gli dice che essi si trovano lì per vole-re di santa Lucia, quindi fa salire gli scalini a Dante, che si getta ai piedi dell’angelo e, invo-cando misericordia, chiede umilmente di essere ammesso. Allora, con la punta della spada,l’angelo incide sette P (simbolo dei sette peccati capitali, corrispondenti alle sette cornici)sulla fronte di Dante, esortandolo a purificarsi delle sue colpe man mano che salirà nei varigironi. L’angelo estrae quindi le due chiavi ricevute da san Pietro, una d’oro e una d’ar-gento, con le quali apre la porta e fa entrare i due poeti, ricordando loro di non voltarsi senon vogliono rendere vano il loro viaggio.

® L’APERTURA DELLA PORTA

Mentre la porta si apre, Dante comincia a sentire il canto del Te Deum, di cui però riescesolo a tratti a distinguere le parole, come capita quando in chiesa si canta accompagnatidall’organo. I due viandanti vengono così accolti nel Purgatorio.

vv 139-145

vv 70-138

vv 34-69

vv 1-33

Purgatorio, IX,130-132,

miniaturaferrarese,

1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,

f. 121 r. Roma, Biblioteca

Vaticana.

Canto IX

Posizione Antipurgatorio*: Valletta dei principi. Porta del Purgatorio*

Dante incontra L’angelo portiere

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Canto IX Purgatorio

■ Temi e motivi

Sogno di DanteIl solenne esordio astrologico sottolinea uno dei momenti strutturali della Commedia, cioèil sogno e lo spostamento topografico di Dante all’interno del secondo regno. ComeGiove*, trasformatosi in aquila, rapisce Ganimede*, così Lucia* rapisce Dante e lo condu-ce alla porta del Purgatorio, aiutandolo per la seconda volta (la prima in Inf. II). Prima del-l’entrata in Purgatorio Dante rivolge un ‘appello’ al lettore (vv. 70-72), avvertendolo chequi l’autore deve innalzare lo stile, adattandolo alla materia trattata, il che si traduce in unafitta rete di reminiscenze classiche (da Virgilio* a Lucano* a Ovidio* a Stazio*). Dopo iprimi otto canti del Purgatorio, dominati dalla presenza di Virgilio, col IX cominciamo asentire la voce degli altri autori del canone, e in particolare quella di Ovidio, che diven-terà poi preponderante nei canti del Paradiso terrestre. E questo quasi a marcare l’eclissi diVirgilio personaggio, e a preparare il passaggio alla nuova tematica paradisiaca del trasuma-nar. Ciò consente a Dante di confrontarsi con gli autori antichi e di superarli nel loro stes-so terreno, facendo diventare i loro miti verità cristiane.

La porta del PurgatorioL’incontro con l’angelo a guardia della porta del Purgatorio avviene all’interno del ritua-le della confessione e della successiva penitenza. L’umiltà (v. 108) è la condizione necessa-ria a tutte le anime per entrare nel Purgatorio. Ma il giudizio dato a un’anima è diverso daquello dato ad un vivo, dal momento che essa non può più ricadere nel peccato, come puòinvece succedere ad un uomo ancora mortale come Dante: di qui il monito a non volger-si indietro, una volta entrato. La salita dei tre gradini (di colore diverso, a simboleggiare itre momenti del rito: contrizione del cuore; confessione della bocca; soddisfazione con leopere) corrisponde alla liturgia della confessione, che si conclude quando Dante si ingi-nocchia ai piedi dell’angelo, il quale gli incide sulla fronte sette P, simbolo dei sette pecca-ti capitali, da espiare nel Purgatorio. Subito, quindi, la porta viene aperta con due chiaviche l’angelo ha ricevuto in custodia da san Pietro: l’una è d’oro, e rappresenta il poterericevuto da Cristo di assolvere i peccati; l’altra d’argento, e rappresenta la preparazione delministro di Dio nel somministrare sapientemente la penitenza e il perdono. Infine la portaviene aperta: i suoi cardini «rugghiano» e subito si schiude una profonda aura mistica nelcanto che Dante ode venire da dentro: il Te Deum accompagnato dall’organo, che, nell’at-mosfera di attesa che conclude il canto, infonde nell’animo del pellegrino un senso di stra-niamento* e allo stesso tempo di dolcezza.

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Canto IXPurgatorio

La concubina di Titone antico già s’imbiancava al balco d’orïente,

3 fuor de le braccia del suo dolce amico;

di gemme la sua fronte era lucente, poste in figura del freddo animale

6 che con la coda percuote la gente;

e la notte, de’ passi con che sale, fatti avea due nel loco ov’eravamo,

9 e ’l terzo già chinava in giuso l’ale;

quand’io, che meco avea di quel d’Adamo, vinto dal sonno, in su l’erba inchinai

12 là ’ve già tutti e cinque sedavamo.

Ne l’ora che comincia i tristi lai la rondinella presso a la mattina,

15 forse a memoria de’ suo’ primi guai,

e che la mente nostra, peregrina più da la carne e men da’ pensier presa,

18 a le sue visïon quasi è divina,

in sogno mi parea veder sospesa un’aguglia nel ciel con penne d’oro,

21 con l’ali aperte e a calare intesa;

ed esser mi parea là dove fuoro abbandonati i suoi da Ganimede,

24 quando fu ratto al sommo consistoro.

Fra me pensava: ‘Forse questa fiede pur qui per uso, e forse d’altro loco

27 disdegna di portarne suso in piede’.

Poi mi parea che, poi rotata un poco, terribil come folgor discendesse,

30 e me rapisse suso infino al foco.

Ivi parea che ella e io ardesse; e sì lo ’ncendio imaginato cosse,

33 che convenne che ’l sonno si rompesse.

Non altrimenti Achille si riscosse, li occhi svegliati rivolgendo in giro

36 e non sappiendo là dove si fosse,

® SOGNO DI DANTEL’Aurora, moglie (concubina) del vecchio (antico) Titone giàbiancheggiava nella parte orientale dell’orizzonte (balcod’orïente), fuori dalle braccia del suo dolce marito (amico);

la sua fronte riluceva di stelle (gemme), disposte secondo lafigura dello Scorpione, il freddo animale che colpisce (percuo-te la gente) con la coda;

e intanto la notte, nel luogo dove eravamo, aveva fatto due deipassi con cui sale in cielo, e aveva quasi compiuto il terzo (giàchinava in giuso l’ale);

quando io, che sentivo il peso del corpo (che meco avea di queld’Adamo), vinto dal sonno, mi coricai (mi inchinai) sull’erbadove già eravamo seduti tutti e cinque.

Nell’ora che precede l’alba (presso a la mattina), in cui la ron-dinella comincia i suoi lamenti (i tristi lai), forse ricordando (amemoria) le sue antiche sventure (de’ suo’ primi guai),

e in cui la mente umana (nostra), più distaccata (peregrina) dailimiti del corpo (da la carne) e meno occupata (presa) dai pen-sieri, acquista capacità quasi profetiche (è divina) attraverso levisioni oniriche,

mi pareva di vedere in sogno un’aquila librata (sospesa) nelcielo, con penne d’oro, con le ali aperte e in procinto (intesa)di scendere a terra (calare);

e mi pareva di essere là dove Ganimede abbandonò i suoi cari(dove fuoro abbandonati i suoi da Ganimede), quando fu rapito(ratto) e portato al sommo concilio degli dèi (sommo consistoro).

Fra me pensavo: ‘Forse questa è solita (per uso) far preda (fiede)in questo luogo (qui), e forse disdegna di trascinare sù (portar-ne suso) con gli artigli (in piede) qualcosa da un altro luogo(d’altro loco).

Poi mi pareva che, dopo aver roteato un poco (rotata un poco),scendesse terribile come una folgore, e mi afferrasse con gliartigli (me rapisse) portandomi in alto (suso) fino alla Sfera delfuoco (infino al fuoco).

Là (Ivi) mi pareva che lei e io ardessimo; e questo incendiosognato (imaginato) mi sembrava davvero bruciare (cosse), alpunto tale che il sonno dovette interrompersi (convenne che...si rompesse).

® RISVEGLIO DI DANTENon diversamente (Non altrimenti) Achille si riscosse, guar-dandosi intorno (li occhi svegliati rivolgendo in giro) e non ren-dendosi conto (non sappiendo) di dove si trovava (là dove sifosse),

vv 34-69

vv 1-33

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Canto IX Purgatorio

quando la madre da Chirón a Schiro trafuggò lui dormendo in le sue braccia,

39 là onde poi li Greci il dipartiro;

che mi scoss’io, sì come da la faccia mi fuggì ’l sonno, e diventa’ ismorto,

42 come fa l’uom che, spaventato, agghiaccia.

Dallato m’era solo il mio conforto, e ’l sole er’alto già più che due ore,

45 e ’l viso m’era a la marina torto.

«Non aver tema», disse il mio segnore; «fatti sicur, ché noi semo a buon punto;

48 non stringer, ma rallarga ogne vigore.

Tu se’ omai al purgatorio giunto: vedi là il balzo che ’l chiude dintorno;

51 vedi l’entrata là ’ve par digiunto.

Dianzi, ne l’alba che procede al giorno, quando l’anima tua dentro dormia,

54 sovra li fiori ond’è là giù addorno

venne una donna, e disse: “I’ son Lucia; lasciatemi pigliar costui che dorme;

57 sì l’agevolerò per la sua via”.

Sordel rimase e l’altre genti forme; ella ti tolse, e come ’l dì fu chiaro,

60 sen venne suso; e io per le sue orme.

Qui ti posò, ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta;

63 poi ella e ’l sonno ad una se n’andaro».

A guisa d’uom che ’n dubbio si raccerta e che muta in conforto sua paura,

66 poi che la verità li è discoperta,

mi cambia’ io; e come sanza cura vide me ’l duca mio, su per lo balzo

69 si mosse, e io di rietro inver’ l’altura.

Lettor, tu vedi ben com’io innalzo la mia matera, e però con più arte

72 non ti maravigliar s’io la rincalzo.

quando la madre, mentre lui dormiva (dormendo) tra le suebraccia, lo condusse (trafuggò) presso il centauro Chirone all’i-sola di Sciro (Schiro), da dove (onde) poi Ulisse e Diomede (liGreci) lo costrinsero ad allontanarsi (il dipartiro);

così mi destai io (scoss’io), non appena (sì come) il sonnoabbandonò (mi fuggì) i miei occhi (da la faccia), e divenni pal-lido (ismorto), come accade (fa) a chi (l’uom) si sente raggelare(agghiaccia) per lo spavento (spaventato).

Al mio fianco (Dallato) vi era solo Virgilio (il mio conforto), e ilsole era già alto da più di due ore, e il mio viso era rivolto(m’era... torto) al mare (a la marina).

«Non aver paura (tema)», disse la mia guida (segnore); «rassicu-rati (fatti sicur), poiché siamo (semo) a buon punto: non frena-re (non stringer), ma cerca piuttosto di stimolare (rallarga) ognitua energia (vigore)».

Tu sei oramai giunto al Purgatorio: vedi là la fascia rocciosa(il balzo) che lo chiude tutto intorno; e là dove essa appareinterrotta da una spaccatura (digiunto) puoi scorgere l’entrata.

Poco fa (Dianzi), durante l’alba che annuncia il sorgere delsole (procede al giorno), quando la tua anima dormiva nel corpo(dentro dormia), sopra i fiori di cui la Valletta (là giù) è ornata(addorno)

venne una donna, e disse: “Io sono Lucia; lasciatemi prende-re (pigliar) costui che dorme, in modo che io possa renderglipiù agevole il cammino (sì l’agevolerò per la sua via)”.

Sordello e le altre nobili anime (genti forme) rimasero laggiù;ella ti prese (ti tolse), e non appena fece chiaro (come ’l dì fuchiaro), venne qui sopra (suso); e io la seguii (per le sue orme).

Qui ti posò, ma prima i suoi occhi belli mi mostrarono quel-la spaccatura nella roccia (intrata aperta); poi ella se ne andòinsieme al sonno (ad una se n’andaro)».

Come (A guisa) chi (uom) che passa dal dubbio alla certezza(che ’n dubbio si raccerta), e trasforma (muta) in conforto la suapaura, dopo avere scoperto (li è discoperta) la verità,

così mutai io; e non appena (come) la mia guida (’l duca mio)mi vide senza preoccupazioni (sanza cura), cominciò a risali-re (si mosse) il ripiano (balzo), e io la seguii (di rietro) verso(inver’) l’alto (l’altura).

® LA PORTA DEL PURGATORIOLettore, tu vedi bene come io innalzo l’argomento del miopoema (matera), e perciò (però) non ti meravigliare se io lo for-tifico (rincalzo) con uno stile più elevato (con più arte).

vv 70-138

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Noi ci appressammo, ed eravamo in parte che là dove pareami prima rotto,

75 pur come un fesso che muro diparte,

vidi una porta, e tre gradi di sotto per gire ad essa, di color diversi,

78 e un portier ch’ancor non facea motto.

E come l’occhio più e più v’apersi, vidil seder sovra ’l grado sovrano,

81 tal ne la faccia ch’io non lo soffersi;

e una spada nuda avëa in mano, che reflettëa i raggi sì ver’ noi,

84 ch’io drizzava spesso il viso in vano.

«Dite costinci: che volete voi?», cominciò elli a dire, «ov’è la scorta?

87 Guardate che ’l venir sù non vi nòi».

«Donna del ciel, di queste cose accorta», rispuose ’l mio maestro a lui, «pur dianzi

90 ne disse: “Andate là: quivi è la porta”».

«Ed ella i passi vostri in bene avanzi», ricominciò il cortese portinaio:

93 «Venite dunque a’ nostri gradi innanzi».

Là ne venimmo; e lo scaglion primaio bianco marmo era sì pulito e terso,

96 ch’io mi specchiai in esso qual io paio.

Era il secondo tinto più che perso, d’una petrina ruvida e arsiccia,

99 crepata per lo lungo e per traverso.

Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia, porfido mi parea, sì fiammeggiante

102 come sangue che fuor di vena spiccia.

Sovra questo tenëa ambo le piante l’angel di Dio sedendo in su la soglia

105 che mi sembiava pietra di diamante.

Per li tre gradi sù di buona voglia mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi

108 umilemente che ’l serrame scioglia».

Noi ci avvicinammo (appressammo), e giungemmo (eravamo)in un punto (parte) in cui, dove prima mi era sembrato discorgere (pareami) una spaccatura (rotto), proprio (pur) comeuna crepa (fesso) che divide un muro in due parti (diparte),

vidi una porta, e al di sotto di essa tre gradini (gradi) per acce-dervi (per gire ad essa), di diverso colore, e un custode (portier)che ancora non parlava (non facea motto).

E quando rivolsi lo sguardo verso di lui (l’occhio… v’apersi) consempre maggiore attenzione (più e più), lo vidi seduto (vidil seder)sulla soglia (sovra ’l grado sovrano), talmente luminoso (tal) in vol-to che io non potei sopportarne la vista (ch’io non lo soffersi);

e aveva in mano una spada nuda, che rifletteva verso di noi iraggi con tale intensità (sì), che io cercai più volte (spesso), mainutilmente (in vano), di guardarlo (drizzava... il viso).

«Dite voi, dal luogo in cui siete (costinci): che cosa volete?»,cominciò a dire, «dov’è la vostra guida (scorta)? Fate attenzio-ne (Guardate) che il salire i gradini (’l venir sù) non vi arrechidanno (non vi nòi)».

«Una donna del cielo, esperta (accorta) di queste cose», rispo-se il mio maestro all’angelo (a lui), «proprio poco fa (pur dian-zi) ci (ne) disse: “Andate là: in quel punto (quivi) c’è laporta”».

«E Lucia (ella) faccia procedere (avanzi) verso il bene i vostripassi», ricominciò il cortese angelo portiere (portinaio): «Venitedunque davanti (innanzi) ai gradini (nostri gradi)».

Giungemmo là; e il primo gradino (lo scaglion primaio) era dimarmo bianco così levigato (pulito) e rilucente (terso), che iomi ci specchiai nitidamente (qual io paio).

Il secondo era più scuro che il color perso (tinto più che perso),di una pietra (petrina) ruvida e riarsa (arsiccia), fessurata (crepa-ta) in lunghezza (per lo lungo) e in larghezza (per traverso).

Il terzo, che grava sugli altri due (di sopra s’ammassiccia), mipareva di porfido, fiammeggiante come il sangue che sgorga(spiccia) fuori da una vena.

Sopra quest’ultimo teneva entrambi i piedi (ambo le piante)l’angelo di Dio, seduto sulla soglia, che mi sembrava (sembia-va) di diamante.

La mia guida mi trasse, di buona voglia, su per i tre scalini(gradi), dicendo: «Chiedi umilmente che ti apra (scioglia) laporta (serrame)».

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Canto IX Purgatorio

Divoto mi gittai a’ santi piedi; misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,

111 ma tre volte nel petto pria mi diedi.

Sette P ne la fronte mi descrisse col punton de la spada, e «Fa che lavi,

114 quando se’ dentro, queste piaghe» disse.

Cenere, o terra che secca si cavi, d’un color fora col suo vestimento;

117 e di sotto da quel trasse due chiavi.

L’una era d’oro e l’altra era d’argento; pria con la bianca e poscia con la gialla

120 fece a la porta sì, ch’i’ fu’ contento.

«Quandunque l’una d’este chiavi falla, che non si volga dritta per la toppa»,

123 diss’ elli a noi, «non s’apre questa calla.

Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa d’arte e d’ingegno avanti che diserri,

126 perch’ella è quella che ’l nodo digroppa.

Da Pier le tegno; e dissemi ch’i’ erri anzi ad aprir ch’a tenerla serrata,

129 pur che la gente a’ piedi mi s’atterri».

Poi pinse l’uscio a la porta sacrata, dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti

132 che di fuor torna chi ’n dietro si guata».

E quando fuor ne’ cardini distorti li spigoli di quella regge sacra,

135 che di metallo son sonanti e forti,

non rugghiò sì né si mostrò sì acra Tarpëa, come tolto le fu il buono

138 Metello, per che poi rimase macra.

Io mi rivolsi attento al primo tuono, e ‘Te Deum laudamus’ mi parea

141 udire in voce mista al dolce suono.

Tale imagine a punto mi rendea ciò ch’io udiva, qual prender si suole

144 quando a cantar con organi si stea;

ch’or sì or no s’intendon le parole.

Devotamente (Divoto) mi gettai ai santi piedi dell’angelo; im-plorai misericordia e chiesi che mi aprisse la porta, ma prima(pria) mi battei (mi diedi) il petto per tre volte.

Mi incise (mi descrisse) sulla fronte sette P con la punta (pun-ton) della spada, e disse: «Quando sarai dentro, fai in modo dilavare (Fa che lavi) queste ferite (piaghe)».

La sua veste (vestimento) aveva lo stesso colore (d’un color fora)della cenere o della terra secca appena raccolta (che... si cavi); dasotto di essa (da quel) estrasse (trasse) due chiavi.

Una era d’oro e l’altra d’argento; agì (fece) sulla porta primacon quella bianca, poi (poscia) con quella gialla, appagando intal modo il mio desiderio (sì, ch’i fu’ contento).

«Ogni volta che (Quandunque) una di queste chiavi fallisce(falla), non girando (che non si volga) correttamente (dritta)nella toppa», disse a noi l’angelo, «questo ingresso (calla) nonsi apre.

Una delle due chiavi (quella d’oro) è più preziosa (cara); mal’altra richiede (vuol) molta perizia (arte) e molto acume (inge-gno) prima (avanti) che essa riesca ad aprire la porta (che dis-serri), perché è quella che scioglie (digroppa) il nodo del pec-cato (nodo).Mi sono state date (le tegno) da san Pietro (Da Pier); e questimi disse di sbagliare piuttosto nell’aprirla (chi’i’ erri anzi adaprir) che nel tenerla chiusa, a patto che (pur che) le anime sigettino ai miei piedi sinceramente pentite (s’atterri) ».

Poi spinse l’uscio della porta sacra (sacrata), dicendo: «Entrate,ma vi avverto (facciovi accorti) che chi si volta a guardare indie-tro (chi ’n dietro si guata) ritorna di nuovo fuori (fuor torna)».

E quando i perni (spigoli) di quella porta (regge) sacra, chesono di metallo sonante e forte, furono fatti girare (fuor...distorti) nei cardini,

non stridette (rugghiò) così né si dimostrò tanto (sì) dura daaprire (acra) Tarpea, quando le fu trascinato via (tolto le fu) ilvaloroso (buono) Metello, per la qual cosa (per che) venne poidepredata del tesoro (rimase macra).

® L’APERTURA DELLA PORTAIo mi rivolsi attentamente al primo rumore proveniente dallaporta (al primo tuono) e, nelle parole mescolate (in voce mista)al dolce suono, mi pareva di udire il canto del ‘Te Deum’.

Ciò che udivo mi dava (mi rendea) proprio (a punto) la stessa sen-sazione (Tale imagine) che si è soliti ricevere (qual prender si suole)quando si assiste (si stea) a un canto a più voci (cantar con organi),

in cui le parole si comprendono distintamente (s’intendon)solo ai (or sì or no).

vv 139-145

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