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243 Canto XXVIII Sequenze narrative ® LA NONA BOLGIA Il linguaggio umano non può esprimere adeguatamente l’orrore della nona bolgia. Neppu- re se si potessero riunire tutti i morti e i feriti delle battaglie svoltesi nell’Italia meridionale dall’antichità a oggi, si riuscirebbe a rappresentare uno spettacolo così tremendo. ® MAOMETTO Un dannato, squarciato dal mento all’ano e con le viscere pendenti, dice di essere Maometto e indica il suo successore Alì, che ha invece il volto spaccato dal mento alla fronte. Queste orri- bili ferite sono provocate dalla spada di un diavolo, davanti a cui i dannati si ripresentano con- tinuamente, girando in cerchio nella bolgia. Saputo che Dante è ancora vivo, Maometto lo in- carica di consigliare a fra Dolcino*, capo della setta degli Apostolici, contro cui era stata ban- dita una crociata, di procurarsi grandi scorte di cibo per resistere all’assedio dei suoi nemici. ® PIER DA MEDICINA Allontanatosi Maometto, sopraggiunge un dannato con la gola squarciata, Pier da Medicina, che predice il tradimento di Malatestino da Rimini ai danni di Guido del Cassero e di An- giolello da Carignano, due nobili di Fano; raccomanda pertanto a Dante di avvertirli. ® CURIONE Pier da Medicina gli indica inoltre il tribuno Caio Curione, che consigliò a Cesare di rom- pere gli indugi e passare il Rubicone, fatto che diede inizio alla guerra civile; ora non può più parlare, perché ha la lingua mozzata, come fa vedere lo stesso Piero aprendogli la bocca. ® MOSCA DEI LAMBERTI Si avvicina intanto un altro dannato, alzando i moncherini delle braccia insanguinati; è Mosca dei Lamberti, il cui consiglio di uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti fu all’origine del- le lotte tra i Guelfi e i Ghibellini* di Firenze. Nell’apprendere da Dante che le lotte intestine hanno portato alla rovina anche la sua famiglia, Mosca si allontana sconvolto dal dolore. ® BERTRAM DAL BORNIO Un ultimo dannato avanza verso Dante, tenendo in mano, come fosse una lanterna, la pro- pria testa recisa.Tenendola sollevata col braccio per poter parlare, egli dice di essere il trova- tore Bertram dal Bornio (Bertran de Born), la cui orribile pena deriva dall’aver suscitato la discordia tra Enrico II d’Inghilterra e suo figlio Enrico III. vv 112-142 vv 103-111 vv 91-102 vv 64-90 vv 22-63 vv 1-21 Posizione VIII cerchio - Malebolge - (fraudolenti); 9ª bolgia Peccatori Seminatori di discordia Pena Vengono feriti e mutilati con la spada da un diavolo Contrappasso Agirono per dividere gli uomini e ora vengono orrendamente divisi nel corpo Dante incontra Maometto, Pier da Medicina, Curione, Mosca dei Lamberti, Bertran de Born Inferno, XXVIII, 1-3, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 75 r. Roma, Biblioteca Vaticana.

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Canto XXVIII

■ Sequenze narrative® LA NONA BOLGIA

Il linguaggio umano non può esprimere adeguatamente l’orrore della nona bolgia. Neppu-re se si potessero riunire tutti i morti e i feriti delle battaglie svoltesi nell’Italia meridionaledall’antichità a oggi, si riuscirebbe a rappresentare uno spettacolo così tremendo.® MAOMETTO

Un dannato, squarciato dal mento all’ano e con le viscere pendenti, dice di essere Maometto eindica il suo successore Alì, che ha invece il volto spaccato dal mento alla fronte. Queste orri-bili ferite sono provocate dalla spada di un diavolo, davanti a cui i dannati si ripresentano con-tinuamente, girando in cerchio nella bolgia. Saputo che Dante è ancora vivo, Maometto lo in-carica di consigliare a fra Dolcino*, capo della setta degli Apostolici, contro cui era stata ban-dita una crociata, di procurarsi grandi scorte di cibo per resistere all’assedio dei suoi nemici.® PIER DA MEDICINA

Allontanatosi Maometto, sopraggiunge un dannato con la gola squarciata, Pier da Medicina,che predice il tradimento di Malatestino da Rimini ai danni di Guido del Cassero e di An-giolello da Carignano, due nobili di Fano; raccomanda pertanto a Dante di avvertirli. ® CURIONE

Pier da Medicina gli indica inoltre il tribuno Caio Curione, che consigliò a Cesare di rom-pere gli indugi e passare il Rubicone, fatto che diede inizio alla guerra civile; ora non puòpiù parlare, perché ha la lingua mozzata, come fa vedere lo stesso Piero aprendogli la bocca.® MOSCA DEI LAMBERTI

Si avvicina intanto un altro dannato, alzando i moncherini delle braccia insanguinati; è Moscadei Lamberti, il cui consiglio di uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti fu all’origine del-le lotte tra i Guelfi e i Ghibellini* di Firenze. Nell’apprendere da Dante che le lotte intestinehanno portato alla rovina anche la sua famiglia, Mosca si allontana sconvolto dal dolore.® BERTRAM DAL BORNIO

Un ultimo dannato avanza verso Dante, tenendo in mano, come fosse una lanterna, la pro-pria testa recisa. Tenendola sollevata col braccio per poter parlare, egli dice di essere il trova-tore Bertram dal Bornio (Bertran de Born), la cui orribile pena deriva dall’aver suscitato ladiscordia tra Enrico II d’Inghilterra e suo figlio Enrico III.

vv 112-142

vv 103-111

vv 91-102

vv 64-90

vv 22-63

vv 1-21

Posizione VIII cerchio - Malebolge - (fraudolenti); 9ª bolgia

Peccatori Seminatori di discordia

Pena Vengono feriti e mutilati con la spada da un diavolo

Contrappasso Agirono per dividere gli uomini e ora vengonoorrendamente divisi nel corpo

Dante incontra Maometto, Pier da Medicina, Curione, Mosca deiLamberti, Bertran de Born

Inferno, XXVIII, 1-3, miniaturaferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,f. 75 r. Roma, BibliotecaVaticana.

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■ Temi e motivi

La poesia delle armiIl XXVIII si presenta come il canto della guerra e delle armi, uno dei tre grandi soggettidell’alta poesia, condotto all’insegna del trovatore Bertran de Born*, che sarà l’ultimo pec-catore qui incontrato, che delle armi fu il poeta per eccellenza, come indicato dallo stessoDante nel De vulgari eloquentia*. E dato che il tema militare non aveva ancora trovato inItalia un illustre rappresentante, Dante stesso, dopo le prove già offerte in precedenza (cfr.Inf. XXI, 94-96; XXII, 1-9), proprio in questo canto intende proporsi come il Bertran ita-liano, superiore tuttavia al provenzale in virtù di una superiore coscienza etica, che consi-dera le ‘armi’ nei loro tragici effetti e nei loro moventi remoti. Il canto evoca infatti tuttauna serie di conflitti: del passato (le guerre combattute dai Troiani, quelle sostenute daiRomani contro Annibale*, la guerra civile tra Cesare* e Pompeo*, la conquista dell’Italiameridionale da parte di Roberto il Guiscardo*), del presente (Benevento nel 1266, Taglia-cozzo nel 1268, ma anche la rissa tra nobili fiorentini che, istigata da Mosca dei Lamberti,portò all’uccisione di Buondelmonte nel 1216, e quindi alla divisione della città tra Guel-fi e Ghibellini*) e anche del futuro (l’assedio posto dai Novaresi alle montagne biellesi sucui si era rifugiato fra Dolcino*), anticipato dalla profezia-consiglio di Maometto* (vv. 55-60). Battaglie famose vengono poste sullo stesso piano di piccoli scontri locali, che agliocchi di Dante rivestono però non minore importanza, e nel loro insieme rappresentanole sanguinose conseguenze dell’odio umano, che ancora avviliscono l’Italia e in particola-re Firenze, mietendo vittime illustri come lo stesso autore, che tali lacerazioni denuncialungo tutto il poema.

La legge del contrappassoSono qui puniti i seminatori di discordia, che provocarono odi e divisioni all’interno delconsorzio civile, e di scissioni nel corpo religioso, sia nell’ambito privato che in quello pub-blico. Di tali lacerazioni è figura il corpo orrendamente violentato di questi dannati, cosìcome degradato a pianta era quello dei suicidi (Inf. XIII) e sottoposto a mostruose meta-morfosi quello dei ladri (Inf. XXIV-XXV); quello stesso corpo che, in contrasto con quel-lo avvilito dei dannati, in Paradiso tornerà ad essere rivestito, sostanziato di luce, dai beati.Non a caso, dunque, Dante ha scelto proprio questo canto per codificare il contrappasso*,ossia il rapporto tra peccato commesso e pena subita che regola il sistema giudiziario infer-nale. Lo presuppongono dapprima le parole di Maometto (vv. 34-36), poi quelle di Dantenei confronti di Curione (vv. 100-102), e lo dichiarano infine esplicitamente quelle di Ber-tran de Born (Perch’io parti’ così giunte persone,/ partito porto il mio cerebro, lasso!,/ dal suo prin-cipio ch’è in questo troncone./ Così s’osserva in me lo contrapasso, vv. 139-142).

Canto XXVIIIInferno

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Canto XXVIII Inferno

Chi poria mai pur con parole scioltedicer del sangue e de le piaghe a pieno

3 ch’i’ ora vidi, per narrar più volte?

Ogne lingua per certo verria menoper lo nostro sermone e per la mente

6 c’hanno a tanto comprender poco seno.

S’el s’aunasse ancor tutta la genteche già in su la fortunata terra

9 di Puglia, fu del suo sangue dolente

per li Troiani e per la lunga guerrache de l’anella fé sì alte spoglie,

12 come Livïo scrive, che non erra,

con quella che sentio di colpi doglieper contastare a Ruberto Guiscardo;

15 e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie

a Ceperan, là dove fu bugiardociascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,

18 dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo;

e qual forato suo membro e qual mozzomostrasse, d’aequar sarebbe nulla

21 il modo de la nona bolgia sozzo.

Già veggia, per mezzul perdere o lulla,com’io vidi un, così non si pertugia,

24 rotto dal mento infin dove si trulla.

Tra le gambe pendevan le minugia;la corata pareva e ’l tristo sacco

27 che merda fa di quel che si trangugia.

Mentre che tutto in lui veder m’attacco,guardommi, e con le man s’aperse il petto,

30 dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!

vedi come storpiato è Mäometto!Dinanzi a me sen va piangendo Alì,

33 fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

E tutti li altri che tu vedi qui,seminator di scandalo e di scisma

36 fuor vivi, e però son fessi così.

® LA NONA BOLGIAChi potrebbe (poria) mai rappresentare adeguatamente(dicer… a pieno), anche in prosa (pur con parole sciolte), se ancheripetesse più volte la narrazione (per narrar più volte), l’orroredel sangue e delle ferite che io vidi in questa bolgia?Ogni forma espressiva (lingua) verrebbe (verria) meno a causa(per) del nostro linguaggio (sermone) e del nostro intelletto(mente), che hanno poca capacità (seno) di contenere (com-prender) simili cose (a tanto).

Se anche (S’el… ancor) si radunasse (s’aunasse) tutta la genteche un tempo (già), nella sfortunata (fortunata) Italia meridio-nale (terra di Puglia), fu martoriata (fu del suo sangue dolente)

a causa dei Troiani (Troiani) e del lungo conflitto che, comescrive Livio esattamente (che non erra), portò a un enormebottino (sì alte spoglie) di anelli,

insieme a quella (gente) caduta (che sentio di colpi doglie) percontrastare (contastare) Roberto il Guiscardo; e quella le cuispoglie (ossame) giacciono ancora (s’accoglie)

a Ceprano (Ceperan), dove tutti i baroni (ciascun Pugliese) sicomportarono da traditori (fu bugiardo), e (a quella le cui spo-glie giacciono) nei pressi (là da) di Tagliacozzo, dove il vec-chio Alardo vinse anche senza armi;

e se ciascuno (di quei morti) mostrasse le proprie membraferite (forato) e quelle mozzate (mozzo), sarebbe in ogni casoimpossibile (nulla) eguagliare (d’aequar) la ripugnante condi-zione (modo… sozzo) della nona bolgia.

® MAOMETTOUna botte (veggia), che abbia perduto (per… perdere) il mez-zule o la lulla, non appare così sfasciata (così non si pertugia)quanto un dannato che io vidi, squarciato (rotto) dal mentofino all’ano (dove si trulla).Le interiora (minugia) pendevano in mezzo alle gambe; appa-rivano (pareva) gli organi del torace e dell’addome (corata) e ilripugnante (tristo) sacco (lo stomaco) che trasforma (fa) inmerda ciò che si mangia (trangugia).

Mentre ero tutto concentrato (m’attacco) ad osservarlo (in luiveder), mi guardò e si aprì il petto con le mani, dicendo:«Guarda come mi divarico (mi dilacco)!

guarda come è deturpato (storpiato) Maometto! Davanti a meva piangendo Alì, col volto tagliato (fesso) dal mento alla fron-te (ciuffetto).

E tutti gli altri che tu vedi qui intorno furono (fuor) sulla terra(vivi) seminatori di discordia (scandalo) e di divisione (scisma),e per questo sono tagliati in questo modo.

vv 22-63

vv 1-21

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Canto XXVIIIInferno

Un diavolo è qua dietro che n’accismasì crudelmente, al taglio de la spada

39 rimettendo ciascun di questa risma,

quand’avem volta la dolente strada;però che le ferite son richiuse

42 prima ch’altri dinanzi li rivada.

Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,forse per indugiar d’ire a la pena

45 ch’è giudicata in su le tue accuse?».

«Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena»,rispuose ’l mio maestro, «a tormentarlo;

48 ma per dar lui esperïenza piena,

a me, che morto son, convien menarloper lo ’nferno qua giù di giro in giro;

51 e quest’è ver così com’io ti parlo».

Più fuor di cento che, quando l’udiro,s’arrestaron nel fosso a riguardarmi

54 per maraviglia, oblïando il martiro.

«Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,tu che forse vedra’ il sole in breve,

57 s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di nevenon rechi la vittoria al Noarese,

60 ch’altrimenti acquistar non saria leve».

Poi che l’un piè per girsene sospese,Mäometto mi disse esta parola;

63 indi a partirsi in terra lo distese.

Un altro, che forata avea la golae tronco ’l naso infin sotto le ciglia,

66 e non avea mai ch’una orecchia sola,

ristato a riguardar per maravigliacon li altri, innanzi a li altri aprì la canna,

69 ch’era di fuor d’ogni parte vermiglia,

e disse: «O tu cui colpa non condannae cu’ io vidi in su terra latina,

72 se troppa simiglianza non m’inganna,

Qua dietro vi è un diavolo che ci concia (n’accisma) così fero-cemente, sottoponendo di nuovo (rimettendo) ciascuno diquesta schiera (risma) al taglio della spada,

ogni volta che abbiamo compiuto il giro (volta) della bolgia(strada) dolorosa; dal momento che le ferite si richiudonoprima che ciascuno gli ricompaia (rivada) davanti.

Ma chi sei tu che te ne stai a guardare (muse) sul ponte dellabolgia (scoglio), forse per ritardare (indugiar) di andare (ire) allapena che ti è stata assegnata (giudicata) sulla base della tua con-fessione (in su le tue accuse)?»

«La morte non l’ha ancora raggiunto (’l giunse), né alcunacolpa lo conduce (’l mena)», rispose il maestro, «a subire tor-menti; ma per consentirgli una completa conoscenza(esperïenza piena) del male,

è necessario (convien) che io, che sono morto, lo accompagni(menarlo) di cerchio (giro) in cerchio giù nell’Inferno; e ciò èvero come è vero che ti sto parlando».

Furono (fuor) più di cento i dannati che, quando l’ebberoudito (l’udiro), si fermarono nella bolgia (fosso) a guardarmifissamente (riguardarmi) per lo stupore, dimenticandosi (oblïan-do) della propria pena (martiro).

«Tu che forse tra poco (in breve) ritornerai a vedere (vedra’) laluce del sole, riferisci (dì) a fra Dolcino, se questi non vuoleal più presto (tosto) seguirmi (seguitarmi) quaggiù, che si prov-veda (s’armi)

di vettovaglie (vivanda), in modo che l’assedio (stretta) dellaneve non conceda la vittoria all’esercito di Novara (Noarese),cosa che altrimenti non sarebbe (saria) facile (leve) ottenere».

Maometto mi disse queste parole dopo aver sollevato (sospe-se) un piede per andarsene (girsene); quindi lo posò a terra perallontanarsi (a partirsi).

® PIER DA MEDICINAUn altro spirito, che aveva la gola squarciata (forata) e il nasotagliato (tronco) fin sotto le ciglia, e aveva soltanto (mai ch’una)un orecchio,

ed era rimasto (ristato) a guardare stupito (per maraviglia) insie-me agli altri, prima degli altri aprì (per parlare) la gola (canna),che era scoperta (di fuor), rossa di sangue (vermiglia) in ogniparte,

e disse: «Tu che non sei condannato da alcuna colpa (cui colpanon condanna) e che io, se una quasi totale (troppa) somiglian-za (con qualcun altro) non m’inganna, ho conosciuto in Italia(terra latina),

vv 64-90

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Canto XXVIII Inferno

rimembriti di Pier da Medicina,se mai torni a veder lo dolce piano

75 che da Vercelli a Marcabò dichina.

E fa saper a’ due miglior da Fano,a messer Guido e anco ad Angiolello,

78 che, se l’antiveder qui non è vano,

gittati saran fuor di lor vaselloe mazzerati presso a la Cattolica

81 per tradimento d’un tiranno fello.

Tra l’isola di Cipri e di Maiolicanon vide mai sì gran fallo Nettuno,

84 non da pirate, non da gente argolica.

Quel traditor che vede pur con l’uno,e tien la terra che tale qui meco

87 vorrebbe di vedere esser digiuno,

farà venirli a parlamento seco;poi farà sì, ch’al vento di Focara

90 non sarà lor mestier voto né preco».

E io a lui: «Dimostrami e dichiara,se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella,

93 chi è colui da la veduta amara».

Allor puose la mano a la mascellad’un suo compagno e la bocca li aperse,

96 gridando: «Questi è desso, e non favella.

Questi, scacciato, il dubitar sommersein Cesare, affermando che ’l fornito

99 sempre con danno l’attender sofferse».

Oh quanto mi pareva sbigottitocon la lingua tagliata ne la strozza

102 Curïo, ch’a dir fu così ardito!

E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,levando i moncherin per l’aura fosca,

105 sì che ’l sangue facea la faccia sozza,

gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca,che disse, lasso!, “Capo ha cosa fatta”,

108 che fu mal seme per la gente tosca».

ricordati (rimembriti) di Pier da Medicina, con l’augurio (semai) che tu possa ritornare a vedere la dolce pianura che daVercelli scende (dichina) fino a Marcabò.

E fa sapere ai due più insigni (miglior) di Fano, a messer Guidoe anche ad Angiolello, che, se in questo luogo non è fallace(vano) il vedere in anticipo il futuro (l’antiveder),

essi saranno gettati fuori dalla loro nave (vasello) e fatti anne-gare (mazzerati) presso Cattolica a causa del tradimento di untiranno crudele (fello).

In tutto il Mediterraneo (Tra l’isola di Cipri e di Maiolica [Maior-ca]) Nettuno non vide mai un delitto (fallo) così grande, né daparte di pirati (non da pirate), né di Greci (gente argolica).

Quel traditore, che vede solo (pur) con un occhio (l’uno) eche governa (tien) la terra che un tale qui vicino a me vor-rebbe non aver visto mai (vorrebbe di vedere esser digiuno),

li farà andare incontro (a parlamento) con lui (seco); poi farà inmodo (sì) che essi non avranno bisogno (non sarà lor mestier)né di voto né di preghiera (preco) [per scampare] al vento diFocara».

® CURIONEEd io a lui: «Dimmi con chiarezza (Dimostrami e dichiara), sevuoi (vuo’) che rechi notizia (novella) di te sulla terra (sù), chiè lo spirito a cui fu dannoso l’aver visto quella terra (da laveduta amara)».Allora pose (puose) la mano sulla mascella di un suo compa-gno vicino e gli aprì la bocca gridando: «È proprio costui(Questi è desso), e non può parlare (non favella).

Costui, esiliato (da Roma), pose fine (sommerse) all’esitazione(dubitar) di Cesare, affermando che chi è pronto ad agire (’lfornito) ha tollerato (sofferse) sempre con suo danno l’attesa(l’attender)».

Oh quanto mi sembrava smarrito (sbigottito), con la linguatagliata nella gola (strozza), Curione (Curïo), che (allora) fucosì audace (ardito) a parlare!

® MOSCA DEI LAMBERTIE un altro, che aveva entrambe le mani mozzate (mozza), al-zando i moncherini nell’aria tenebrosa (fosca), così che il san-gue (che colava) gli sporcava (facea… sozza) di sangue la faccia,

gridò: «Dovrai ricordarti (Ricordera’ti) anche del Mosca, chedisse, purtroppo (lasso)!, “Cosa fatta capo ha”, che fu l’originedella divisione (fu mal seme) del popolo fiorentino (gente tosca)».

vv 103-111

vv 91-102

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E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»;per ch’elli, accumulando duol con duolo,

111 sen gio come persona trista e matta.

Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,e vidi cosa ch’io avrei paura,

114 sanza più prova, di contarla solo;

se non che coscïenza m’assicura,la buona compagnia che l’uom francheggia

117 sotto l’asbergo del sentirsi pura.

Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,un busto sanza capo andar sì come

120 andavan li altri de la trista greggia;

e ’l capo tronco tenea per le chiome,pesol con mano a guisa di lanterna:

123 e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».

Di sé facea a sé stesso lucerna,ed eran due in uno e uno in due;

126 com’esser può, quei sa che sì governa.

Quando diritto al piè del ponte fue,levò ’l braccio alto con tutta la testa

129 per appressarne le parole sue,

che fuoro: «Or vedi la pena molesta,tu che, spirando, vai veggendo i morti:

132 vedi s’alcuna è grande come questa.

E perché tu di me novella porti,sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli

135 che diedi al re giovane i ma’ conforti.

Io feci il padre e ’l figlio in sé ribelli;Achitofèl non fé più d’Absalone

138 e di Davìd coi malvagi punzelli.

Perch’io parti’ così giunte persone,partito porto il mio cerebro, lasso!,

141 dal suo principio ch’è in questo troncone.

Così s’osserva in me lo contrapasso».

E io aggiunsi: «E della rovina (morte) della tua stirpe (schiatta)»;per cui egli, aggiungendo dolore (duol) a dolore, se ne andò(sen gio) avvilito (come persona trista) e fuori di sé (matta).

® BERTRAM DAL BORMIOIo invece restai a guardare la schiera dei dannati (stuolo), e vidiuna cosa che avrei paura a raccontarla (contarla) da solo, senzaaltra testimonianza (sanza più prova);

mi assicura tuttavia la coscienza (di dire il vero), la buonacompagna che rende sicuro (francheggia) l’uomo sotto il ripa-ro (asbergo = scudo) del sentirsi priva di colpa (pura).

Vidi con certezza, e mi sembra (par) ancora di vederlo (veg-gia), un corpo senza testa andare allo stesso modo in cui anda-vano gli altri della misera schiera (trista greggia);

e teneva per i capelli la propria testa mozzata, sospesa (pesol)in mano come (a guisa) di una lanterna: e quella testa (quel)guardava (mirava) noi e diceva: «Misero me!».

Con i suoi occhi (Di sé = di una parte di sé) faceva luce (lucer-na) a se stesso, e queste due parti appartenevano a uno stessoindividuo (due in uno) e questo individuo era diviso in due(uno in due); come questo può accadere, lo sa soltanto Dio(quei… che sì governa).

Quando giunse (fue) esattamente (diritto) ai piedi del ponte,levò in alto il braccio insieme alla testa, per indirizzarci(appressarne) le sue parole,

che furono (fuoro): «Guarda questa pena avvilente (molesta), tuche vai visitando il regno dei morti (vai veggendo i morti) anco-ra vivo (spirando = respirando): guarda se mai ve ne è un’altracosì grande.

E affinché tu possa riportare notizia (novella) di me, sappi chesono Bertran de Born, colui che diede al re giovane i perfidi(ma’) suggerimenti (conforti).

Io resi (feci) tra loro nemici (in sé ribelli) il padre e il figlio;Achitofel, con i suoi malvagi incitamenti (punzelli), nonoperò peggio di me (non fé più) nei confronti di David eAssalonne (Absalone).

Poiché io divisi (parti’) persone così unite (così giunte), sonoora costretto a portare, misero me!, il mio cervello (cerebro)separato (partito) dal midollo spinale (suo principio), che si trovain questo busto troncato (troncone).

In questo modo viene applicato (s’osserva) in me il principiodel contrappasso.

vv 112-142

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