Cantina, estetica e funzionalità in gara

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LA SFIDA “I progettisti che per tre mesi hanno partecipato al concorso, diffuso su tutte le principali piattaforme web frequentate dai gio- vani architetti, non hanno prodotto un mero eser- cizio di stile ma si sono dovuti confrontare con stra- tegie applicabili, tenendo in considerazione tutti i vin- coli presenti, dati dalle caratteristiche della struttura esistente, dagli strumenti di pianificazione previsti dalla Provincia di Verona e quelli fondamentali dati dalle esigenze funzionali della cantina, come la distribuzione del layout produttivo e le necessità impiantistiche”, racconta Alessandro Cecchini, presi- dente di YAC. VQ NUMERO UNO - FEBBRAIO DUEMILA15 48 CANTINA ARCHITETTURA S uperata la stagione delle Archistar e delle cosiddet- te Cattedrali del vino , do- ve la grande firma prevale sull’identità del committen- te e del suo prodotto, la ri- cerca architettonica e la vi- vacità del mondo dei giovani progettisti propongono soluzioni innovative adat- te a valorizzare l’identità delle cantine come luogo di cultura del vino. È quanto emerge dai risultati del Concorso pro- gettuale e di idee del Wine Culture Center organizzato da YAC (Young Architects Competitions) in collaborazione con la Cantina di Valpolicella Negrar, l’Ordi- ne degli Architetti della Provincia di Verona e molti altri partner e spon- sor istituzionali e tecnici. Un vero e proprio successo in termini di par- tecipazione e di qualità dei progetti presentati. Ne abbiamo parlato con i protagonisti, la Cantina, gli organizzato- Cantina: ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI Consulente R&S (Pescia, PT) ri e uno dei tre vincitori del Premio, all’indomani dell’e- vento di premiazione e dell’inaugurazione della mostra del 31 ottobre 2014. I presupposti La storia comincia quando la Cantina di Negrar in Valpo- licella, realtà cooperativa veronese tra le più vivaci in ter- mini di innovazione, nella persona del suo ex presidente Carlo Alberto Recchia (prematuramente scomparso), di fronte alla necessità di ampliamento degli spazi produt- tivi attuali decide di dare una nuova veste estetica alla sua sede e si rivolge per questo all’Ordine degli Architetti del- la Provincia di Verona. “ L’esigenza era quella di creare nuovi spazi produttivi mantenendo tuttavia l’esisten- te, sia per motivi economici, sia per evitare un inutile consumo di suolo nella costruzione di un nuovo stabi- limento, correggendo anche eventuali errori estetici e progettuali fatti nel passato ”, spiega Floriano Fasoli , ex VicePresidente della Cantina. “ Di fronte a questa esigen- za abbiamo voluto associare l’aspetto più tipicamen- te produttivo a quello estetico, coscienti del fatto che la cantina non sia solo un luogo di produzione, ma che debba essere anche in grado di rappresentare il gusto e le emozioni del nostro territorio ”. Respiro internazionale La scelta di trasformare questa esigenza in un contest in- ternazionale è stato il passo successivo, realizzatosi con il coinvolgimento di YAC Young Architects Competitions, un network specializzato nell’organizzazione di concorsi di progettazione architettonica dedicati ai giovani archi- tetti e del quale fanno parte, tra le altre realtà, l’Università estetica e funzionalità in gara Cantina Valpolicella Negrar: il progetto per la nuova veste del team formato da Caveja studio e Davide Lorenzato. Il progetto si è classificato al secondo posto nel’ambito del Concorso ideato allo scopo dal Wine Culture Center.

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LA SFIDA“I progettisti che per tre mesi hanno

partecipato al concorso, diffuso su tutte le principali piattaforme web frequentate dai gio-

vani architetti, non hanno prodotto un mero eser-cizio di stile ma si sono dovuti confrontare con stra-

tegie applicabili, tenendo in considerazione tutti i vin-coli presenti, dati dalle caratteristiche della struttura

esistente, dagli strumenti di pianifi cazione previsti dalla Provincia di Verona e quelli fondamentali dati

dalle esigenze funzionali della cantina, come la distribuzione del layout produttivo e le

necessità impiantistiche”, racconta Alessandro Cecchini, presi-

dente di YAC.

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CANTINA ARCHITETTURA

Superata la stagione delle Archistar e delle cosiddet-te Cattedrali del vino, do-ve la grande fi rma prevale sull’identità del committen-te e del suo prodotto, la ri-cerca architettonica e la vi-

vacità del mondo dei giovani progettisti propongono soluzioni innovative adat-te a valorizzare l’identità delle cantine come luogo di cultura del vino.

È quanto emerge dai risultati del Concorso pro-gettuale e di idee del Wine Culture Center

organizzato da YAC (Young Architects Competitions) in collaborazione con la

Cantina di Valpolicella Negrar, l’Ordi-ne degli Architetti della Provincia di Verona e molti altri partner e spon-sor istituzionali e tecnici. Un vero e proprio successo in termini di par-

tecipazione e di qualità dei progetti presentati. Ne abbiamo parlato con i

protagonisti, la Cantina, gli organizzato-

Cantina:Cantina:ALESSANDRA

BIONDI BARTOLINIConsulente R&S

(Pescia, PT)

ri e uno dei tre vincitori del Premio, all’indomani dell’e-vento di premiazione e dell’inaugurazione della mostra del 31 ottobre 2014.

I presuppostiLa storia comincia quando la Cantina di Negrar in Valpo-licella, realtà cooperativa veronese tra le più vivaci in ter-mini di innovazione, nella persona del suo ex presidente Carlo Alberto Recchia (prematuramente scomparso), di fronte alla necessità di ampliamento degli spazi produt-tivi attuali decide di dare una nuova veste estetica alla sua sede e si rivolge per questo all’Ordine degli Architetti del-la Provincia di Verona. “L’esigenza era quella di creare nuovi spazi produttivi mantenendo tuttavia l’esisten-te, sia per motivi economici, sia per evitare un inutile

consumo di suolo nella costruzione di un nuovo stabi-limento, correggendo anche eventuali errori estetici e progettuali fatti nel passato”, spiega Floriano Fasoli, ex VicePresidente della Cantina. “Di fronte a questa esigen-za abbiamo voluto associare l’aspetto più tipicamen-te produttivo a quello estetico, coscienti del fatto che la cantina non sia solo un luogo di produzione, ma che debba essere anche in grado di rappresentare il gusto e le emozioni del nostro territorio”.

Respiro internazionaleLa scelta di trasformare questa esigenza in un contest in-ternazionale è stato il passo successivo, realizzatosi con il coinvolgimento di YAC Young Architects Competitions, un network specializzato nell’organizzazione di concorsi di progettazione architettonica dedicati ai giovani archi-tetti e del quale fanno parte, tra le altre realtà, l’Università

estetica e funzionalità

in gara

Cantina Valpolicella Negrar: il progetto per

la nuova veste del team formato da Caveja studio

e Davide Lorenzato. Il progetto si è classifi cato

al secondo posto nel’ambito del Concorso

ideato allo scopo dal Wine Culture Center.

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di Bologna, quella di Padova, la Sapienza di Roma, lo IUAV di Venezia, il Department of City Planning di New York e The Plan Magazine. “L’obiettivo del gruppo di lavoro for-mato da questo network è quello di promuovere la cul-tura della ricerca, della cui necessità in altri contesti scientifici siamo tutti più facilmente persuasi, anche in ambito architettonico”, spiega Alessandro Cecchini, presidente di YAC. “La soluzione si è trovata nello stru-mento concorsuale, nel quale si realizza non solo uno scopo filantropico ma che, essendo destinato ai giova-

ni architetti (il concorso prevedeva che nel team di lavoro fosse presente almeno un under 35, ndr) va a coinvolge-re proprio quelle realtà accademiche o neo-professio-nali più vivaci e dedite alla ricerca e all’innovazione”.

La storia di uno spazio in continua evoluzioneCome spiega ancora Cecchini, lo strumento del concorso – al quale il mondo della progettazione è abituato quando si tratta di committenze pubbliche – si sta negli ultimi tempi estendendo anche ai privati, che vi trovano non solo uno strumento di marketing che amplifica l’eco dell’iniziativa di progettazione, ma anche la possibilità di disporre, nel momento della realizzazione, di un ampio paniere di solu-zioni, proposte da una platea internazionale di progettisti, altrimenti difficilmente raggiungibile da un soggetto pri-vato. Nel caso della Cantina di Negrar la sfida lanciata ai partecipanti era quella di trasformare un luogo di produ-

zione, oggi costretto tra i vigneti e l’abitato e sviluppato in tempi diversi, con sovrapposizioni nate da successive esi-genze di ampliamento, in una struttura che fosse imma-gine di eccellenza del suo territorio, dove la cantina, sen-za perdere le sue caratteristiche di funzionalità, potesse divenire anche un Centro Culturale in ambito vitivinicolo. Il concorso ha portato a cimentarsi circa 3.000 progettisti, tra studenti, giovani laureati e studi di architettura emer-genti o già affermati, provenienti da 80 Paesi diversi e che, lavorando in team, hanno prodotto circa 500 diverse solu-zioni progettuali. “Il risultato – commenta ancora Alessan-dro Cecchini – è stato superiore alle aspettative, para-gonabile e addirittura superiore a quello raggiunto da un premio internazionale come lo Schindler Award, probabilmente uno dei più ricchi concorsi dedicati ai giovani architetti che si tiene ogni due anni a Zurigo. A conferma dell’interesse e del fascino che il mondo del vino esercita anche sul mondo dell’architettura”.Un interesse che ci viene confermato da Filippo Pam-bianco di Caveja Studio di Forlì che, con il socio Ales-sandro Pretolani e con Davide Lorenzato di Padova, hanno realizzato il progetto che si è classificato al secondo posto. “Il motivo che forse più di ogni altro ci ha spin-to ad affrontare questo concorso è stata la possibilità di trattare un argomento di rado proposto all’interno dei concorsi di architettura. In questo caso la Cantina di Negrar, in maniera virtuosa, ha accolto in pieno l’i-

Il progetto del team V dell’Università di Lubiana (Repubblica Slovena), vincitore del Concorso promosso dal Wine Culture Center.

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dea di un concorso, che ci ha consentito di elaborare una soluzione per aumentare spazi produttivi ed al contempo multifunzionali”.

Evitare gli sprechi“L’idea basilare del nostro progetto – continua Pambian-co, descrivendo il modo con il quale lui e i suoi colleghi han-no risolto il quesito posto dalla competizione – parte dalla volontà di limitare al minimo possibile gli interven-ti demolitivi. Siamo consapevoli del fatto che le opere effettuate precedentemente sulla cantina sono tuttora funzionanti e ci sembrava superfluo intervenire in maniera drastica su un manufatto, solo per aggior-narlo dal punto di vista della forma. Per questo ab-biamo deciso di conservare la palazzina degli uffici, le diraspatrici, le pese e gran parte delle botti ester-ne in acciaio, per consentire una riduzione dei costi di realizzazione del nostro progetto, evitando inutili sprechi. Al contempo abbiamo proposto di rimuovere

l’attuale grande copertura voltata e sostituirla con un piano costituito da una struttura reticolare in legno che ricorda, nella costante ripetizione di un modulo base inclinato, i filari di vite che si trovano proprio a ridosso della cantina. Il vero e proprio cuore di questo nuovo piano da noi progettato è il fruttaio, che a livel-

lo volumetrico rappresenta la parte preponderante del progetto, per dare spazio all’appassimento delle uve, elemento chiave per la produzione del vino top della cantina, l’Amarone”.

Finito il tempo delle Archistar?Passati gli anni della cantina come semplice luogo di pro-duzione, dove le funzioni si risolvevano in pratica nella co-struzione di un capannone industriale, e sviluppato un nuo-vo senso di espressione della cultura del vino, attraverso la forma anche del luogo di produzione, in sintonia con il suo territorio e con il paesaggio, le istanze emerse dai progetti del Concorso fanno pensare che siano finiti anche gli anni delle cosiddette Archistar, dove il progettista diveniva in un certo senso il soggetto principale della cantina, preva-ricando talvolta le esigenze produttive e funzionali e dive-nendo addirittura più riconoscibile del suo committente o del suo prodotto. “L’architettura – spiega Alessandro Cec-chini – produce buoni risultati quando riesce a tenere presenti tutte le istanze di natura tecnica, perché so-stanzialmente l’architettura è una disciplina che ser-ve a dare un luogo alle funzioni dell’essere umano, co-struendo scatole per funzioni. Se l’architettura smette di pensare una cantina come luogo produttivo vuol di-re che ha fallito. È questo talvolta il limite del grande architetto che si piega solo a istanze di natura estetica e di riconoscibilità della propria firma e non a quelle che sono esigenze tecniche proprie dell’attività produt-tiva. Le cantine sono sì centri culturali, ma sono fon-damentalmente e soprattutto centri produttivi e quella tecnico-produttiva deve restare l’istanza principale”.Un’attenzione al rispetto della funzione della cantina che si legge anche nelle parole dei membri della giuria che hanno tenuto il seminario formativo dell’Ordine degli Architetti di Verona che ha preceduto la cerimonia di premiazione, dove Alfonso Femia ha invitato a spostare l’attenzione dall’architetto al progetto, forma e immagine che l’azien-da ha o vuole dare di sé, Markus Scherer ha sottolinea-to la necessità di coinvolgere la committenza per rendere nel progetto la filosofia produttiva dell’azienda e di lavora-re fianco a fianco con imprese ed impiantisti e Fiorenzo Valbonesi ha confermato l’importanza e le difficoltà di confrontarsi con le esigenze enologiche e la linea produt-tiva del committente e di scegliere un giusto team di im-piantisti e strutturalisti. n

L’elenco dei premiati e la composizione della giuria sono consultabili su http://www.youngarchitectscompetitions.com

La mostra dei progetti selezionati

presso la Cantina Valpolicella

Negrar

Spiega Filippo Pambianco a nome del suo team: “Vista la difficile congiuntura economica, riteniamo che oggi sia diventato difficile pensare a progetti di grande impatto economico, come accaduto in un recente passato.

Attualmente il modo più corretto per affrontare la progettazione di un edificio produttivo non è quello di puntare a stupire il cliente con effetti speciali ma quello di fargli percepire il valore intrinseco del prodotto che va ad acquistare. La cantina in questo

senso diventa un riferimento per il cliente, che identifica il prodotto non più soltanto con un’etichetta, ma anche attraverso un’architettura, un luogo di produzione preciso, che rispecchia le caratteristiche della terra da cui nasce”.

L’ARCHITETTURA DELLA CANTINA IN TEMPI DI CRISI©

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