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Giugno 2016 Parrocchia di S. Giovanni Battista COME FRATELLI IN MEZZO AI FRATELLI I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli. Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo inviato dal Padre agli uomini, il quale dimo- rò presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccettuato il peccato. È un esempio, il suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, « segregato per il Vangelo di Dio» dichiara di essersi fatto tutto a tutti, allo scopo di salvare ciascuno. Così i presbiteri in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all’opera per la quale li ha assunti il Signore. Da una parte, essi non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d’altra parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomi- ni se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. Per il loro stesso ministero sono tenuti, con speciale motivo, a non conformarsi con il secolo presente ma allo stesso tempo sono tenuti a vivere in questo secolo in mezzo agli uomini, a conoscere bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a cercare di ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché anch’esse ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo pastore. (Concilio Vaticano II) CANTERÒ PER SEMPRE L’AMORE DEL SIGNORE MONS. SEVERINO PAGANI Mons. Severino Pagani ricorda con riconoscenza il suoi 40 anni di ordina- zione sacerdotale. Don Severino è nato a Turate (Como) il 24 aprile 1952. Entrato in Seminario in prima media nel 1963, frequentò il liceo a Venegono avendo come Rettore Mons. Claudio Livetti. È stato ordinato sacerdote dal Card. Giovanni Colombo il 12 giugno 1976. Dopo l’ordinazione fu inviato a continuare gli studi di filosofia e teologia e destinato come insegnante nel Seminario di Seveso e di Venegono. Nel 1984 il Cardinal Martini lo chia- mò come Rettore del Liceo nel Seminario di Venegono. Nel 1989 divenne Rettore del Seminario Teologico di Saronno e poi nel rinnovato Seminario di Seveso. Nel 2001 l’Arcivescovo gli diede l’incarico di Vicario Episcopale per la Pastorale giovanile e universitaria. Nel 2012 fu nominato dal Card. Angelo Scola prevosto di Busto Arsizio, nella Parrocchia di S. Giovanni. con riconoscenza per i 40 anni di ministero di don Severino

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Giugno 2016 Parrocchia di S. Giovanni Battista

COME FRATELLI IN MEZZO AI FRATELLI

I presbiteri sono stati presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici in remissione dei peccati vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli. Così infatti si comportò Gesù nostro Signore, Figlio di Dio, uomo inviato dal Padre agli uomini, il quale dimo-rò presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccettuato il peccato.

È un esempio, il suo, che già imitarono i santi apostoli; e san Paolo, dottore delle genti, « segregato per il Vangelo di Dio» dichiara di essersi fatto tutto a tutti, allo scopo di salvare ciascuno. Così i presbiteri in forza della propria chiamata e della propria ordinazione, sono in un certo modo segregati in seno al popolo di Dio: ma non per rimanere separati da questo stesso popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all’opera per la quale li ha assunti il Signore. Da una parte, essi non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d’altra parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomi-ni se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente. Per il loro stesso ministero sono tenuti, con speciale motivo, a non conformarsi con il secolo presente ma allo stesso tempo sono tenuti a vivere in questo secolo in mezzo agli uomini, a conoscere bene, come buoni pastori, le proprie pecorelle, e a cercare di ricondurre anche quelle che non sono di questo ovile, affinché anch’esse ascoltino la voce di Cristo, e ci sia un solo ovile e un solo pastore. (Concilio Vaticano II)

CANTERÒ PER SEMPREL’AMORE DEL SIGNORE

MONS. SEVERINO PAGANIMons. Severino Pagani ricorda con riconoscenza il suoi 40 anni di ordina-zione sacerdotale. Don Severino è nato a Turate (Como) il 24 aprile 1952. Entrato in Seminario in prima media nel 1963, frequentò il liceo a Venegono avendo come Rettore Mons. Claudio Livetti. È stato ordinato sacerdote dal Card. Giovanni Colombo il 12 giugno 1976. Dopo l’ordinazione fu inviato a continuare gli studi di filosofia e teologia e destinato come insegnante nel Seminario di Seveso e di Venegono. Nel 1984 il Cardinal Martini lo chia-mò come Rettore del Liceo nel Seminario di Venegono. Nel 1989 divenne Rettore del Seminario Teologico di Saronno e poi nel rinnovato Seminario di Seveso. Nel 2001 l’Arcivescovo gli diede l’incarico di Vicario Episcopale per la Pastorale giovanile e universitaria. Nel 2012 fu nominato dal Card. Angelo Scola prevosto di Busto Arsizio, nella Parrocchia di S. Giovanni.

con riconoscenza per i 40 anni di ministero di don Severino

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«Essere-aldiqua che è pieno di disci-plina e nel quale è sempre presente la conoscenza della morte e della risur-rezione...» Disciplina… morte, risurrezione! Noi siamo disce-poli e il discepolo impara, co-nosce, comprende. Lui, il Cri-sto è il maestro, il modello. Noi possiamo essere solo testimoni. La fede cristiana non la si inse-gna, la si testimonia attraverso un camminare, attraverso una conoscenza/amore. E questo dentro un continuo morire a se stessi per poter risorgere da ogni caduta, da ogni fallimen-to, da ogni insuccesso. Perché il nostro Dio cammina sempre avanti a noi. La fede non è ripe-tizione di un passato. «Che si impara a credere solo nel pieno essere-aldiqua della vita... quando si è completamente rinuncia-to a fare qualcosa di noi stessi»La cosa più difficile non è prendere la croce. La cosa più difficile è rinunciare a se stessi. È abbandonarsi nelle mani di un Altro.

Ho detto che Gesù è il model-lo unico, il solo, cui ogni disce-polo deve guardare al fine di raggiungere anche lui la gloria del Cielo. È questa la vocazione cristiana: raggiungere l’eternità. (don Francesco Casati)

Essere preti di Dio nella Chiesa a servizio del mondo. Mi sono domandato che cosa significa tutto questo per un prete. Ho provato a fare memoria di quel-lo che mi ha aiutato a mettere a fuoco cosa potesse significa-re essere prete e continuare ad esserlo. Ho ripreso uno testo di D. Bonhoeffer che mi ha ac-compagnato nel cammino di questi anni.«Negli ultimi anni ho imparato a conoscere e a comprendere sempre più la profondità dell’essere-aldiqua del cristianesimo; il cristiano non è un uomo religioso, ma un uomo semplicemente, così come Gesù era un uomo... Più tardi ho appreso, e continuo ad apprendere ancora ora, che si impara a credere solo nel pie-no essere-aldiqua della vita. Quan-do si è completamente rinunciato a fare qualcosa di noi stessi, e questo io chiamo essere-aldiqua, cioè vivere nella pienezza degli impegni, dei pro-blemi, dei successi e degli insuccessi, delle esperienze, delle perplessità… Allora ci si getta completamente nelle braccia di Dio, allora non si prendono più sul serio le proprie sof-ferenze, ma le sofferenze di Dio nel mondo, allora si veglia con Cristo nel Getsemani, e, io credo, questa è fede, questa è conversione, e così si diventa

uomini, si diventa cristiani.» (D. Bonhoeffer-Lettera del 21 luglio 1944)

Il testo contiene in sé una forza dirompente. Ha in sé la forza della testimonianza di un uomo che ha saputo dare la vita per il Cristo in cui credeva.

«Negli ultimi anni ho imparato a conoscere e a comprendere…»Il tempo è sempre relativo. Non sappiamo quanto ne ab-biamo. Non bisogna sprecar-lo. Occorre farlo fruttificare immediatamente. Il tempo ri-mane sempre dimensione fon-damentale dell’essere umano. Non esiste uomo senza tempo.Il nostro tempo diventa pieno se impariamo a passare dall’e-vento al significato delle cose che ci succedono. Imparare si-gnifica questo.

ESSERE ALDIQUA DELLA VITA don Francesco Casati

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Ho incontrato don Severino agli i inizi degli anni 60, quan-do io ero prete novello e lui un bambino di 11 anni, nel semi-nario minore di Masnago e poi lo ritrovai nel 1975 di ritorno dalla missione per un vacan-za, nel Seminario di Venegono Inferiore, ove fui invitato per una testimonianza. In quella occasione cercai di condivi-dere come, nel contesto della esperienza che stavo vivendo in missione, ero stato aiuta-to a percepire un po’ di più il senso della fede cristiana. Lo feci usando un’immagine che qui non ripeto perché richie-derebbe tempo per presentarla e spiegarla. Ciò che mi preme dire è che questa immagine

fece particolar effetto su Se-verino, allora all’ultimo anno di teologia, al punto che anche negli anni successivi, quando ebbi occasione di incontralo, me la ricordava. E confesso che ciò mi sorprendeva un po’. Mi chiedevo che cosa potesse aver fatto vibrare così forte le corde del suo cuore.Lo capii più tardi, quando pa-recchi anni dopo mi fu dato di condividere con lui due anni di cammino nel Seminario di Sa-ronno, dove lui era rettore e io padre spirituale. Quando penso a don Severino, soprattutto du-rante quei due anni ciò che mi viene in mente più immediata-mente è una sua domanda, che più di una volta, in occasioni diverse, mi ha rivolto. Era una domanda che riguardava pro-prio la fede in Gesù. Non era la domanda di chi non ha ancora ricevuto il dono della fede, era come se volesse essere accompagnato nel suo cammino di ricerca di una fede che fosse sempre più autentica. Ho avuto modo di ammirare la sua intelligenza, che doveva fare i conti con la sua passione

affettiva. Sì, don Severino ha dovuto, penso, coniugare l’acu-me dell’intelletto e la “passio-ne” affettiva: un esercizio, non sempre facile, che però è neces-sario per avvicinarsi alla Verità che è Amore. Don Severino ha servito in diverse forme di mi-nistero nella diocesi di Milano, mai decidendo lui in anticipo, pur avendo certamente una sua sensibilità che lo avrebbe portato a fare le sue scelte. Si è lasciato condurre con discer-nimento da chi gli affidava dei compiti in risposta ai bisogni pastorali della diocesi. Penso che ovunque lui si sia trovato, abbia sempre potuto avere la pace interiore di chi può dire: sono qui perché il Signore mi ha condotto qui.

Diversi sono stati i servizi da lui svolti, ma un punto è rimasto fermo: Il caso serio della fede. Ciò non gli ha impedito di dare tutto se stesso ai vari impegni richiesti, senza però perdersi in essi, guidato dalla convinzione che una è la “ parte migliore”, il “necessario”: la fede in Gesù, Cristo Nostro Signore.

Ho conosciuto don Severino in stagioni diverse della sua vita presbiterale. Dapprima, a metà degli anni novanta, come educatore del seminario; dopo una quindicina di anni, come diretto superiore nella pasto-rale giovanile diocesana. An-che per questo mi legano a lui sentimenti sinceri di stima e di affetto, oltre che di profonda

riconoscenza.In questi quarant’anni di mini-stero ha fatto molte cose, ma soprattutto e prima di tutto, è stato un vero prete. Il suo mi-nistero si è distinto certamen-te per la qualità e l’ampiezza dell’annuncio. In questi anni, ha parlato molto don Severino: nelle omelie come nella predi-cazioni di esercizi, nei ritiri spi-

rituali come nelle conferenze. La sua parola ha saputo davve-ro toccare il cuore di molti, at-traverso un annuncio del Van-gelo profondamente incarnato, capace di integrare sapiente-mente la dimensione antropo-logica con le istanze della cultu-ra contemporanea. Non ha mai smesso di coltivare il gusto del pensiero, attraverso lo studio e

IL PRETE E LA FEDE IN GESÙ Mons. Emilio Patriarca Vescovo emerito di Monze in Zambia

L’AMORE PER LA CHIESA Don Samuele Marelli responsabile della Pastorale giovanile

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Sede della Direzione: Via Tettamanti 4, Busto Arsizio - Direttore responsabile: Emanuela BonecchiRegistrazione Tribunale di Busto Arsizio N. 7/67 - Fotocomposizione interna - Stampa: Grafiche Casbot - Samarate - VA

Anno dopo anno, al mutare di ogni stagione, il Signore con-tinua la sua opera: un amore e una fedeltà seminati quasi di nascosto sulla terra, ma resi stabili nel cielo. Un legame con Gesù, fratello e Signore, con Dio Padre e con lo Spirito Con-solatore che gli anni trascorsi raccontano e gli anni futuri pro-mettono. La fedeltà di Dio non può essere taciuta: va racconta-ta con l’annuncio della Parola, nelle le relazioni con i fratelli e le sorelle che si incontrano nel cammino. Questo racconto della fedeltà esprime ricono-scenza verso anni trascorsi, in cui “il Signore ha dato, il Signo-re ha tolto” (Gb 1,21), in vista di un bene più grande, sotto lo sguardo della sapienza di Dio. Con gratitudine si raccolgono i covoni della messe mietuta e allo stesso tempo non si smette di seminare in vista dei nuovi frutti, anche se non saremo noi a raccoglierli. Così il racconto della fedeltà diventa speranza e desiderio del futuro, perché il Signore è fedele, fedele per sempre. La fedeltà di Dio, segno della sua promessa, chiede di cam-minare ogni giorno con perse-veranza. Come ci ha detto una

volta il nostro cardinale Carlo Maria Martini, “la perseveran-za permette di collegare la vita presente con la vita eterna, e di essere fedeli e lineari nel cam-mino”. Perseverare è credere in una fedeltà forte come la vita eterna stessa, che non teme le nostre fragilità e cadute; perse-verare è il nostro modo uma-no di rispondere alla fedeltà di Dio, è resistere, forti e lineari nel cammino, anche quando la mano di Dio sembra allentare la presa. La perseveranza nella vita evangelica, ci diceva anco-ra Martini, è l’“inizio della vita eterna già presente”, è l’energia che proviene dalla certezza che nulla potrà mai separarci dall’a-more che il Signore ha per noi. La fedeltà di Dio ha un volto e un nome, Gesù. Il Figlio di Dio è fedeltà incarnata, amo-re che si dona fino alla fine, che consacra nella verità (Gv 17,17). Gesù, che ancora oggi come quarant’anni fa chiama a gettare le reti, a seguirlo, a par-lare di Lui, è l’unico necessario, il riferimento incrollabile della vita. Gesù, fratello e Signore, è fedele per sempre.

Caro don Severino, il racconto di questa fedeltà, la perseveran-za di un cammino condiviso e

costruito insieme, il riferimen-to costante a Gesù ci uniscono in quel legame vero e profon-do che è la paternità spirituale. Nella gioia ringraziamo con te il Signore per questi qua-rant’anni di fedeltà, che con forza suggestiva fanno pensa-re ai quarant’anni del popolo di Israele nel deserto: anni in cui il Signore ha parlato e si è rivelato, ha esaudito e messo alla prova, ha umiliato e con-solato. “Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni” (Dt 8,4). Perché fedele è il Signore, fe-dele per sempre. Con affetto. (Comunità Sorelle del Signore)

l’aggiornamento. Questo gli ha permesso di maturare sempre più una capacità di analisi nitida e rigorosa, non solo sui vissuti personali ma anche sulle situa-zione ecclesiali e sociali.Probabilmente don Severino ha potuto parlare molto e bene, anzitutto perché ha ascoltato tanto. Ha cercato di essere il prete di tutti, senza correre per questo il rischio di non esserlo

di nessuno. Per questo ha de-dicato tempo e profuso energia nell’accompagnamento spiri-tuale di molti: uomini e donne, giovani e adulti, sposi e consa-crati. Pur essendo appassiona-to ai cammini di fede personali don Severino è sempre stato un uomo di Chiesa. Ha amato la Chiesa, nella fatica, talvolta anche molto gravosa, della cura della sua dimensione più isti-

tuzionale: da rettore, da vicario episcopale e da parroco.

Termino con augurio, che è qua-si una certezza. Si dice che chi è stato virtuoso nell’età giovanile, maturando, acquista ancor più saggezza e diventa come il buon vino che, invecchiando, diviene più gustoso. Che sia così anche per te, caro don Severino. (don Sa-muele Marelli)

IL SIGNORE È FEDELE PER SEMPREComunità Sorelle del Signore