CAMMINARE CAMMINARE INSIEMEINSIEME

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1 CAMMINARE CAMMINARE INSIEME INSIEME Lettera del parroco Il desiderio della sapienza Lettera ai lettori Dal quartiere Il martire del Lorenteggio lettera dalle suore Tribolati ma non schiacciati Parrocchia San Leonardo Murialdo-Milano-anno XLI n. 8 - ottobre

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CAMMINARE CAMMINARE

INSIEMEINSIEME

Lettera del parroco

Il desiderio della sapienza

Lettera ai lettori

Dal quartiere

Il martire del Lorenteggio

lettera dalle suore

Tribolati ma non schiacciati

Parrocchia San Leonardo Murialdo-Milano-anno XLI n. 8 - ottobre

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PARROCCHIA SAN LEONARDO MURIALDO Via Murialdo, 9 - 20147 Milano

Tel. 02/48302861 - fax 02/4151014 e-mail: [email protected] - www.murialdomilano.it

Vita della Comunità

ORARI

PARROCCHIALI

Sante Messe Domenica e festivi: ore 8,30; 10,00; 11,30, 19,00 in chiesa Sabato e prefestivi: ore 18 Feriali: ore 8,30 e 18 Adorazione Eucaristica: mercoledì ore 17,15 - 18, ultimo venerdì del Mese 20,30-21,30

Confessioni giorni feriali: dopo le Messe delle ore 8,30 e 18,00 (chiedere al sacerdote); sabato e prefestivi ore 17, domenica e festivi ore 8,30 - 12,00 Ufficio Parrocchiale da lunedì a venerdì: ore 9,30 - 12,00; 15,30 - 18,00 sabato 9,30 - 12,00

Centro di Ascolto: lunedì e mercoledì ore 10 - 12

AI LETTORI DI

CAMMINARE INSIEME

Nel periodo di forzato isolamento, e succes-sivamente in quello nel quale i nostri abituali stampatori non garantivano la loro opera, pur di non fare mancare la voce della comu-nità, avevamo deciso di assicurare un pur minimo sevizio con la pubblicazione di Cam-minare Insieme in veste informatica, e col successivo inoltro tramite posta elettronica; questo è stato possibile, però, ai soli recapiti in nostro possesso. Ci eravamo promessi di dire tutto questo a emergenza finita, sul primo numero realizza-bile, ma quello di settembre era già stato impaginato, quando si prospettò la possibili-tà di farlo uscire in modo cartaceo. Procediamo, ora, a scusarci per il disservizio arrecato, seppur non per nostra volontà. In compenso vi annunciamo un’importante novità, che sicuramente risulterà gradita: la veste interamente a colori dell’ultimo nume-ro sarà garantita anche in futuro, con un Camminare Insieme tutto a colori! Per coordinare l’organizzazione ai nuovi im-pegni d’impaginazione e stampa, l’uscita delle pubblicazioni sarà spostata dalla prima alla seconda domenica del mese, da settem-bre a giugno. Fidiamo sempre nella vostra vicinanza affet-tuosa e attenta, che è quella che ci spinge sempre al continuo miglioramento

La Redazione

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N. 8 - ottobre 2020

Direttore Responsabile:

Don Agostino Liberalato

Redazione:

Gianni Ragazzi, Concetta Ruta,

Gabriella Francescutti, Tania Piria,

Lucia Netti

Progetto Grafico e Coordinamento:

Concetta Ruta

Correzione bozze:

Gianni Ragazzi - Paola e Carmelo Taccia

Disegni: Fulvia Briasco

Segreteria:

Anna Mainetti e Giusy Tedeschi

Foto di Copertina:

Benedetta Fadda

Camminare Insieme on line

Alessandro Dell’Orco

Camminare Insieme esce la seconda domenica del mese, esclusi luglio e agosto; gli articoli non devono supe-rare 40 righe e devono arrivare in re-dazione almeno 10 giorni prima dell’uscita; i testi in esubero saranno pubblicati il mese successivo.

Pro - manuscripto

CAMMINARE INSIEME

Lettera ai Lettori

La Redazione

Dalla Comunità Giuseppina 2

P. Vincenzo Molinaro

Parola di Vita 6

Gabriella Francescutti

Dal Quartiere 8

Gianni Ragazzi

Prime Comunioni al tempo di Covid 10

Monica della Luna

Eccomi manda me 12

Daniela Gennari

Posta 13

Sorelle della Misericordia

1940: I Giuseppini al Lorenteggio 14

Concetta Ruta Lupica

Il Desiderio della Sapienza 16

Carmelo e Paola Taccia

Un lungo fiume tranquillo 18

Maria Grazia Sagliocco

Il Martire del Lorenteggio 20

Concetta Ruta Lupica

Incontro con don Pierangelo 22

Gianni Corlianò

La notte bianca 24

Beatrice Lo Faro

Roberto, il nostro prete 25

Beatrice Lo Faro

Tribolati ma non schiacciati 26

Rodolfo Casadei

Note informative 28

Gianni Ragazzi

Anagrafe Parrocchiale 28

Sommario

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Lettera del Parroco

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Il Padre mio cerca adoratori in spirito e verità

(Lettera alla Parrocchia, 01 aprile 2020, durante il tempo del

lockdown) Quanto ci manca la messa, ve-

ro? Quanto ci manca poter celebrare insieme, radunarci, sentire il calore dell’assemblea, la voce del sacerdote, la musica e i canti, magari anche an-noiarci un po’ per la predica troppo lunga e avere dunque qualcosa da commentare a fine messa sul sagrato.

I riti ci mancano, “andare a messa” ci manca, come dice il nostro Vescovo Mario nella sua lettera “La potenza della sua resurrezione”, invia-ta alla diocesi per la Pasqua. L’uomo è un essere rituale perché celebra ciò che ritiene importante e fonte di gio-ia, di vita. Facciamo riti continuamen-te, anche nella vita ordinaria, non solo in chiesa. Dal bacetto della buona not-te alla pacca sulla spalla, dalla sempli-ce festa di compleanno ai riti quasi sacri della festa dei 18 anni, dall’alloro sulla testa per una laurea ai cori nello stadio, al minuto di silenzio... Conti-nuamente viviamo riti.

E anche se sono gesti semplici li viviamo con una certa importanza e, a seconda dei casi, solennità, perché per noi certi gesti sono segni, hanno un significato che rimanda a qualcosa di grande e importante. I riti umani, naturali, sono segni. Il bacetto della

buona notte, ad esempio, è densissi-mo di significati per un bambino: è messaggio di affetto, di presenza, di protezione, è cura che si prolunga nella momentanea assenza di mamma e papà ricordandogli: io ci sono, non temere!

Una premessa. La liturgia. Tornando alla messa: questo

forzato digiuno può essere una gros-sa purificazione del nostro modo di vivere la liturgia!

La liturgia non è il ritualismo, le rubriche, le modalità celebrative con canti, incenso e varie, in tutte le sue forme. No! L’Eucarestia non è un rito. La messa non è un “atto di culto” che tenta di superare i nostri limiti e avvi-cinarsi a Dio. La messa è un’azione liturgica, e la liturgia è la storia della salvezza realizzata in Gesù che si mani-festa e ci accoglie. L’Eucarestia non rimanda a qualcosa che è lì solo ritual-mente presente, come fosse un se-gno. Nell’Eucarestia è resa presente la vita di Dio nella sua sostanza e nell’unico modo a noi accessibile, per mezzo di Cristo. Questo perché Gesù, con l’incarnazione, ha per sempre unito l’umano al divino, cioè alla “vita comunionale”. Il pane e il vino, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, portati all’offertorio e su cui si invoca lo Spirito Santo nella consacrazione, esprimono l’unità che Gesù è tra la vita di Dio come dono e la vita

Né su questo monte

P. Vincenzo Molinaro

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dell’uomo come accoglienza. Egli è il vero pontefice, la realizzazione della scala di Giacobbe che unisce cielo e terra (Gen. 28, 10-12). Questa unità viene definita dalla chiesa simbolo, dal greco symbállō, (gettare insieme, unire) e sacramento (rendere sacro la cosa). Per questo che il “Credo” si chiama anche simbolo apostolico.

In Gesù questa comunione tra Dio e l’uomo è per sempre. Ed è rea-lizzata pienamente, con la passione, morte e Resurrezione. “Tutto è com-piuto”, dirà Gesù prima di morire. Il compimento è stato esattamente ri-portare “in Dio” l’umanità smarrita della prima creazione, ingannata a causa del peccato e finita nella tom-ba!

Ora un rito (liturgico) senza questa Vita è un formalismo religioso, vuoto e impalpabile. Quando “torneremo a messa”, oltre all’emozioni comprensibili, non baste-rà avere buone intenzioni. È questio-ne di accogliere un’altra vita, cioè di un’alterità che ci abiti. Potremo final-mente vivere la liturgia non come i soggetti di essa, ma neanche come ospiti o spettatori. Ma da figli adottivi, figli nel Figlio. Per mezzo della liturgia si viene invitati, accolti, nel mistero della comunione dell’amore trinitario, e questo per mezzo di Gesù, non per i nostri meriti.

Questo grande mistero della salvezza, come spiega p. Marco Rup-nik, viene scandito nel ritmo circolare della “preparazione” e del “compi-mento” lungo tutto l’anno liturgico.

La Quaresima prepara alla Pasqua, che sarà il compimento della piena manifestazione della verità di Dio: Dio è Amore e ci salva a prezzo della sua stessa vita! Poi ci sarà il tempo pa-squale che preparerà alla Ascensione e alla Pentecoste, che è il compimento del mistero della chiesa, quale vero “corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo” e del suo destino: giungere al Padre.

La liturgia diventa così manife-stazione attuale dell’atto salvifico di Cristo. Nella liturgia veniamo resi pre-senti ai gesti che hanno compiuto la nostra salvezza e che abbracciano tutta la nostra esperienza, dalla nasci-ta alla morte: battesimo, riconciliazio-ne, comunione, cresima, matrimonio, ordine, unzione degli infermi. Per mezzo dello Spirito Santo, che ci vie-ne donato, noi partecipiamo al miste-ro della comunione tra le persone divi-ne e diventiamo noi stessi persone nelle quali la relazione è il cuore dell’identità. Questa realtà di per sé è estranea alla nostra natura che, intac-cata dal peccato, ci ha resi individui.

La vera vita della chiesa è dun-que manifestata nella liturgia e la litur-gia scandisce il tempo cronologico della vita umana in un'armonica sinfo-nia di preparazione e compimento. Il “kronos” diventa “kairos”, cioè lo scorrere anonimo del tempo diventa occasione di grazia: Dio ci visita e noi possiamo accoglierlo.

In fondo anche la natura fa lo stesso. Il tempo faticoso della semina prepara i giorni gioiosi del raccolto;

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l’attesa della maturazione dell’uva, dell’olivo preannunciano la pienezza di festa del vino e dell’olio.

Come ci ha ben insegnato d. Fabio Rosini, sempre la vita biologica è una buona analogia della vita dello spirito. Ed è ben vero, perché la vita dello spirito non è teoria, ideologia, dottrina, ma è prima di tutto vita, una vita nuova caratterizzata dalla “comunionalità”, dal dono, dalla per-sona nel dono e nella relazione.

La messa nella vita. Questa, amici carissimi, era una

premessa importante a quello che è il semplice messaggio che voglio che vi giunga con questa lettera. C’è in me una intuizione che ogni tanto emerge in questi giorni. Dalla sofferenza, cau-sata dal non poter celebrare l’Eu-carestia insieme, può nascere qualco-sa. Mentre dobbiamo evitare di vivere la “messa in streaming” da spettatori passivi, senza coinvolgere il nostro stesso corpo ad esempio, dobbiamo cogliere quello che questa situazione sta originando. Questo momentaneo digiuno, accettato per obbedienza, può diventare l’occasione per evitare di celebrare in un prossimo futuro messe “senza l’humus della nostra vita”, o di vivere il quotidiano “senza celebrare la Vita”. Mi spiego e riparto dal titolo di questa lettera: né su que-sto monte, né a Gerusalemme adorere-te (Gv. 4, 21).

Nell’incontro con la samaritana Gesù fa emergere l’importanza del superamento dell’approccio formali-stico, cultuale, a Dio.

Gesù le disse: «Donna, credimi: l'ora viene che né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre... Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità» (Gv, 4, 21-24). L’adorazione di Dio non è più legata al Tempio e al culto. Siamo davanti al passaggio dalla religione alla fede, all’ingresso nello Spirito e nella Verità che è Gesù. Per questo se anche, per estrema ipotesi, ci vietassero di anda-re in chiesa nulla avrebbero fatto alla possibilità di entrare in comunione con Gesù e il suo corpo, la Chiesa. Questa comunione una volta per tutte ci è donata nel battesimo e si alimen-ta nell’Eucarestia.

Per questo una messa senza spirito e senza verità è solo un rito religioso, come quello dei farisei che avevano fatto del Tempio una spelon-ca di ladri, un luogo di riti che nausea-vano il Signore, perché offerti da mani che grondavano sangue, o molto più spesso, offerto “a norma di legge” ma senza cuore.

E allora mi sono chiesto: queste nostre chiese vuote, mute e silenzio-se, in cosa ci possono far crescere Signore? Cosa ci stai dicendo?

Io sono addolorato del fatto che si possa andare a comprare le sigarette, a far la spesa, ma non si può andare in chiesa (per la preghiera per-sonale) a meno che non sia lungo il tragitto. Questo ci addolora, lo segna-

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liamo, certo, ma resta il fatto che qualcosa questa situazione ci sta gri-dando e vuole insegnarci.

Credo che sia un’occasione di una eccezionalità storica, straordina-ria, per far emergere due cose, che poi sono come due lati della stessa medaglia. Primo, riscoprire la centrali-tà della liturgia nella vita e, secondo, gioire sulle tracce di una liturgia che ha al centro la Vita con la “V” maiu-scola e in cui noi siamo accolti!

Capite? La fede che, come volàno, per

emergere ha bisogno della nostra vita e la nostra vita che si ritrova come a casa dentro la liturgia della Vita (di Dio).

Perché dobbiamo essere onesti, a volte le nostre liturgie non erano il volano, il centro della nostra vita. Ave-vamo catalogato la messa tra le cose da fare. Gli avevamo dato importanza anche, ma pur sempre rimaneva una tra le mille altre cose da fare, anche per noi sacerdoti. Mi faccio dunque due domande.

Cosa è una liturgia senza l’humus la nostra vita concreta? Sa-rebbe solo un rito religioso, dal vago sapore cristiano, vuoto, impersonale e soprattutto teorico.

Cosa è una vita umana senza la liturgia della Vita? È come una donna, che resta sempre assetata e che nes-sun uomo, neanche cinque o sei, e nessun pozzo, neanche “del grande padre Giacobbe”, potrà mai disseta-re… Cosa fare allora?

La messa come sappiamo ha queste parti: l’atto penitenziale, la parola di Dio, l’offertorio e il credo, la preghiera eucaristica, il Padre nostro e la comu-nione, e i riti finali. Vi propongo, per questa settimana, di ritrovare il senso dell’atto penitenziale nella vita, nella vostra vita concreta e quotidiana. Ci deve essere, altrimenti Dio non lo avrebbe messo nella “Liturgia della Vita”, nell’Eucarestia. Troviamolo, scoviamolo, ascoltiamo-lo… Abbiamo assoluta urgenza di ritrovare le tracce della riconciliazione nella vita quotidiana. Sulla via di Emmaus Gesù ascolta i discepoli smarriti, che discutono tra loro, che lo trattano con sufficienza… “solo tu sei così straniero a Gerusa-lemme da non sapere cosa è succes-so?”. Dopo averli ascoltati, dopo es-sersi fatto compagno di strada, non fa mancare per loro la sua parola: “stolti e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto! Non doveva il Cristo soffrire tali cose, e così entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 25-26). Dove siamo stolti, dove il nostro cuo-re è fermo, in ritardo? Dove, in quali circostanze, riconosciamo che Cristo ci ha perdonato e poi scompare agli occhi per prendere posto nel cuore? Senza “l’atto penitenziale” la messa sarebbe menomata, ma anche alla vita umana mancherebbe un pezzo importante... Lo riconosci?

Buona ricerca amici miei, vostro p. Vincenzo

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APRI LA BOCCA E MANGIA CIÒ CHE IO TI DO (Ez. 2,8-9; 3,1-15)

Gabriella Francescutti

PAROLA DI VITA

Approfondimenti

2 8 E tu, figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do". 9 Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'inter-no e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai. 31 Mi disse: "Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, man-

gia questo rotolo, poi và e parla alla casa d'Israele".

2 Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, 3 di-

cendomi: "Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le visce-

re con questo rotolo che ti porgo". Io lo mangiai e fu per la

mia bocca dolce come il miele. 4 Poi egli mi disse: "Figlio

dell'uomo, và, recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole, 5 poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua barbara, ma agli

Israeliti: 6 non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua barbara, dei quali tu non

comprendi le parole: se a loro ti avessi inviato, ti avrebbero ascoltato; 7 ma gli Israeliti

non vogliono ascoltar te, perché non vogliono ascoltar me: tutti gli Israeliti sono di dura

cervice e di cuore ostinato. 8 Ecco io ti do una faccia tosta quanto la loro e una fronte

dura quanto la loro fronte. 9 Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte.

Non li temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genìa di ribelli”…...

Come nel caso di Isaia e Geremia an-che in Ezechiele la vocazione è ac-compagnata da un’azione simbolica: a Isaia un serafino purifica le labbra con un carbone ardente così che possa annunciare autenticamente la Parola di Dio, a Geremia Dio tocca la bocca e pone in essa le sue parole. Nel caso di Ezechiele c’è ancora una mano tesa verso la sua bocca, la ma-no porge un rotolo nel quale la Paro-la di Dio è scritta sotto forma di ora-coli e di lamenti ma, c’è di più, ad Ezechiele è chiesto di mangiare il rotolo. La Parola di Dio si incarna sempre più profondamente fino a

diventare carne e sangue, entra in Ezechiele in modo più intimo e lo coinvolge; quando Dio chiama a par-lare in suo nome chiede all’uomo la disponibilità non solo della memoria e della bocca ma di tutto l’intimo dell’uomo, anche delle sue viscere. Nel suo cammino profetico a Eze-chiele verranno comunicate molte parole, egli comunque non dovrà mai dimenticare che non sono stac-cate dalla mano celeste che le porge perché rischierebbero di esprimere la mentalità dell’uomo e cesserebbe-ro di essere verità; infatti nella tradi-zione cristiana “il dito della mano

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destra di Dio” è il nome che si attri-buisce allo Spirito Santo. La prima accoglienza della Parola avviene quindi con un gesto simbolico cui seguirà la sua comprensione. Questo gesto comporta la disponibilità del profeta ad assumere come propria la causa stessa di Dio; deve accettare di mangiare tutto subito, di fare un at-to di fede. Il profeta diventa segno di un’accoglienza coraggiosa e solitaria che precede la comprensione delle parole Prima ancora di ascoltare le parole che è chiamato a comunicare è portato a conoscenza che esse ri-suoneranno agli orecchi di questo popolo di ribelli come parole stranie-re e quasi incomprensibili. Egli dovrà proclamare perentoriamente: “così dice il Signore” sia che ascoltino sia che non ascoltino; il suo compito è quello di far risuonare la parola di Dio ai loro orecchi. Quel rotolo era scritto all’interno ed all’esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai ma, risulta dolce per il profeta: per Ezechiele, il gesto di mangiare il ro-tolo esprime, in modo vivido e sug-gestivo, quel momento silenzioso e nascosto del rapporto tra il profeta e Dio, intimità, comunione, bisogno e risposta, fame e cibo per sfamarsi; il profeta partecipa dello sdegno di Dio, e tuttavia confida e spera nella possibile conversione del popo-lo, accoglie le vie sconosciute di Dio, si fa strumento. Il cibo che con-tiene quel rotolo passa per la bocca e scende non solo nel ventre, ma anche nelle viscere. Il figlio dell’uomo subisce un’autentica tra-

sformazione a cominciare dalla natu-ra umana. Le sue parole cambieran-no il suo gusto, il suo corpo, il suo sentimento. Nella sua bocca esse faranno sentire il loro sapore «dolce come il miele». Scese nel ventre ver-ranno con cura recepite e lavorate fino a essere metabolizzate, nell’im-pegno profetico. Nelle viscere, che sono una metafora classica dell’amo-re e della compassione di Dio, anche il profeta sarà toccato ed esse diven-teranno sensibili e feconde come quelle di Dio. Non bastano neppure le cavità delle viscere, ci vuole la cavi-tà dell’orecchio ad accogliere sino in fondo le sue parole, e, specialmente la cavità del cuore. Le parole sono spirituali così come il figlio dell’uomo è corpo, sì, ma anche spirito. Il cuore deve uscire mutato per sempre dall’ascolto delle parole che oggi il Signore gli consegna. In questo atto di vocazione il profeta anticipa ciò che, poi, sarà di tutto il popolo: l’acquisizione di un cuore nuovo. Il destino del profeta anticipa e rivela il destino di tutti i credenti: la prima notizia della Parola di Dio precede la comprensione delle sue parole. Solo chi si convertirà alla sua Parola potrà anche udire e intendere singolar-mente le sue parole. Anche per il cristiano prima è necessaria la fede affinché la Parola venga compresa. Sempre su questa linea Ezechiele ci illumina sul mistero del Messia: è attraverso l’incarnazione del Verbo che la Parola di Dio diventa piena-mente vita umana e una Vita Umana diventa perfettamente Parola di Dio.

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LO SVILUPPO DEL TRASPORTO IN ZONA

Dal Quartiere

Buone notizie per il futuro del servizio di mobilità disponibile alla cittadinanza della nostra zona, e di tutta l’area milanese: agli inizi di set-tembre, sono sbucate all’inizio di Via Solari le “Talpe” che hanno creato le due gallerie dello scavo che ave-vano iniziato esattamente due anni fa dal capolinea a sud - alla Stazione San Cristoforo - della futura metro-politana M4, il cui percorso si snode-rà per 15 chilometri sino all’aero-porto di Linate.

Ora prosegue la nuova fase dei lavori, con il completamento delle opere e la realizzazione delle stazio-ni, dei manufatti, della posa dei bi-nari, degli impianti e, infine, con le

prove di collaudo; già si è raggiunto l’obiettivo di togliere i cantieri di superficie, con la possibilità di per-correre Via Lorenteggio nel tratto di Piazza Bolivar.

La tratta dell’opera tra l’aero-porto e la stazione Forlanini della linea S9 - quella che da Albairate dopo aver toccato la Stazione San Cristoforo, percorre in circolo la cit-tà sino a Saronno - dovrebbe entra-re in funzione nella primavera dell’anno prossimo, ma i tempi di-

penderanno anche da quella che sarà la funzionalità del-lo scalo, aereo che si presenta però con buone pro-spettive, dopo la recente decisione di Alitalia di sgan-ciarsi all’aeroporto di Malpensa a fa-vore di quello mila-nese. Un’altra buona no-tizia, strettamente legata alla funzio-

nalità della metropolitana M4 per le possibilità d’interscambio, è la rea-lizzazione di una nuova infrastruttu-ra sul tracciato della linea S9, che va vista nella prospettiva di rigenera-

Gianni Ragazzi [email protected]

L’aspetto della nuova stazione “Tibaldi”

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zione dello scalo ferroviario San Cri-stoforo. Aumenterà anche la fre-quenza dei treni, dagli attuali trenta minuti a sei.

All’inizio dell’estate sono partiti i lavori per la realizzazione di una nuova stazione, che si aggiunge alle fermate San Cristoforo e Romolo, all’altezza di Via Fedro e che prende-rà il nome “Tibaldi”, rendendo age-vole il collegamento con l’Università Bocconi. Altre nuove fermate sono previste, per completare il collega-mento attorno a Milano: Dergano, Istria, Zama.

Prende così sempre più forma la realizzazione dell’anello da utilizza-re quale metropolitana leggera, complementare alla rete metropoli-tana già disponibile e al Passante Ferroviario, coi quali s’incrocerà.

Vedremo così completata un’im-portante infrastruttura, che proprio col nodo di Piazza Tirana avrà la sua attuazione; un’opportunità unica, con lo sviluppo dei servizi di traspor-to, col collegamento diretto col cen-tro e con l’aeroporto.

Di questa occasione qualcuno ha già intuito l’utilità: in Piazza Tirana, nel tratto che porta ai giardini Gonin/Giordani, è stato realizzato un albergo di pregio (chi l’avrebbe mai immaginato!), molto utilizzato in occasione delle giornate della moda in Via Tortona.

La pubblicità dell’albergo bene descrive quelle che sono, ora e in

prospettiva, le potenzialità di svilup-po della nostra zona: “Struttura ele-gante e di design …, a breve distanza dai Navigli e dalle principali vie dove si trovano locali alla moda e atelier innovativi. A soli 6 km dal centro sto-rico, la vicinanza alla metropolitana e alla stazione ferroviaria di San Cristo-foro garantisce rapidi collegamenti con tutta la città”.

Annuncio che bene descrive i vantaggi che i nuovi collegamenti ci offrono, e offriranno.

Giovedì 15 ottobre 2020 alle ore 16,30 riprende la

Catechesi

Biblica

Sul Vangelo di Giovanni

Guidata da d. Agostino Liberalato Tutti i giovedì dalle

ore 16,30 alle 17,50

in Sala Paolo VI

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Terzo anno di catechismo:

due tappe importanti: prima confes-

sione e prima comunione

Ad inizio settembre 2019 si decidono le date: 23 novembre e 8

maggio….poi… tutto cambia, ll Vi-

rus arriva a sbaragliare i nostri pro-

getti e le nostre vite. Stop a catechi-smo, S. Messe in presenza, incontri

vari…. Cambiano anche le nostre abitudini: trovando per strada i ra-gazzi e le loro famiglie i gesti che ci

vengono spontanei: abbracci, baci,

strette di mano, devono essere re-pressi. Ci teniamo in contatto con

whatsapp, video incontri, ma non è la stessa cosa…

Finalmente i primi di settem-bre padre Vincenzo convoca noi catechisti per preparare la celebra-

zione. Devo essere sincera, ho avu-

to qualche perplessità sulla tempi-

stica, ma come al solito lo Spirito

Santo lavora meglio di noi…

Sabato 19 settembre, alle ore 10, i ragazzi e i loro genitori si sono

trovati in chiesa per un momento di

riflessione e per le confessioni. Il

raccoglimento e il silenzio di alcuni momenti mi ha molto colpito, ragaz-

zi e genitori hanno lavorato su alcu-ne semplici domande (ringrazio per-ché... chiedo scusa perché...) e si

percepiva la loro partecipazione

attiva. Domenica 20 settembre alle

16 si sono celebrate le prime comu-nioni e anche 6 battesimi: tre dei

ragazzi del catechismo e 3 fratellini. Cerimonia molto semplice, ma

toccante, che fortunatamente è sta-

ta condivisa su facebook per chi non

Prime Comunioni al tempo di covid

Monica della Luna

Vita della Comunità

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ha potuto entrare in chiesa per la limitazione dei posti disponibili.

Tutti i ragazzi splendevano di

una luce speciale, i loro occhi tra-

smettevano la gioia di questo incon-

tro tanto aspettato e rinviato. Grazie Alessia, Alessia Kate,

Alia, Alice, Angelo, Areli, Ashlin, Bea-

trice, Benedetta, Cris Lorence, Den-nis, Domini-que, Federi-

co, Gabriele, Giacomo,

Giorgia, Giu-

lia, Irene, Jo-

ey, Timothy, Lorenzo,

Marc Emer-son, Marghe-

rita, Martina, Matilde, Ma-tia, Nicko,

Prinz, Riccar-

do, Silvia, Simone e Stefano per aver

condiviso un po’ del vostro cammi-no con noi e per averci fatto parte-

cipare al vostro primo incontro

con il vostro e no-stro Amico più

grande e più vero: Gesù.

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Angolo Missionario

Nel suo messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, Pa-pa Francesco ricorda che lo scorso anno abbiamo celebrato il mese mis-sionario straordinario: "Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo".

Quest'anno, segnato dal co-vid 19, il cammino missionario conti-nua alla luce del versetto di Isaia 6,8 "Eccomi, manda me", che risponde alla domanda del Signore: "Chi man-

derò? " (ibid). Questa chiamata pro-viene dal cuore di Dio ed interpella la Chiesa e l'umanità nell'attuale cri-si mondiale. Siamo spaventati, im-pauriti e disorientati ma abbiamo imparato che siamo tutti sulla stessa barca e che non ci si salva da soli.

La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall'io pauroso e chiuso all'io ritrovato e rinnovato dal dono di sé.

Nel sacrificio della croce, che è dono per tutti, Dio ci chiede la no-stra personale disponibilità ad esse-re inviati. Gesù è il missionario del Padre e Lui, il Risorto, fa di noi i suoi discepoli e ci invia in missione verso il mondo: fa di noi una Chiesa "in uscita" perché tutti hanno una di-gnità umana fondata sulla chiamata ad essere figli di Dio.

Il Papa ci invita a chiederci:

siamo pronti ad accogliere la pre-senza dello Spirito Santo nella no-stra vita ordinaria di tutti i giorni? Siamo disposti ad essere inviati o-vunque per testimoniare la nostra fede in Dio Padre misericordioso e proclamare il Vangelo di salvezza di Gesù? Insomma qual è la nostra di-sposizione interiore verso la sua do-manda "chi manderò ?".

Questa è la sfida del mese missionario in tempo di pandemia

dove anche la sofferenza, la malat-tia, la paura, l'isolamento, la pover-tà di chi muore solo, di chi perde il lavoro, di chi non ha casa, di chi non ha cibo diventano terreno di missio-ne che attende il nostro "Eccomi, manda me".

“ECCOMI MANDA ME"

Daniela Gennari

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POSTA

Abbiamo ricevuto il vostro gior-nale “Camminare insieme” e siamo rimaste commosse nel trovare il ri-cordo della nostra presenza di Sorelle della Misericordia! Grazie infinite!

Veramente la comunione fra le due attività, parrocchia San Leonardo Murialdo e scuola Devota Maculan delle Sorelle della Misericordia, è sempre stata intensa e feconda e di questo ne benediciamo ancora il Si-gnore.

Il ricordo “storico” descritto, è puntuale e pie-no di affetto e di un po’ di no-stalgia per que-gli anni che, se pur travagliati, sono stati vis-suti con pienez-za di spirito di donazione e di c o n d i v i s i o n e con la vita dei bimbi e delle famiglie della parrocchia e quartiere.

Il bene che insieme è stato operato resta nella vita di tanti e le suore, alcune citate, non possono dimenticare il Devota Maculan e sicu-ramente il ricordo di preghiera non manca.

I nostri beati Fondatori, don Carlo Steeb e madre Vincenza Maria Poloni, con san Leonardo Murialdo continuino a benedire la parrocchia, il quartiere e “quella scuola” per un’e-ducazione cristiana, umana e sociale degli allievi.

Grazie ai Padri della parrocchia, grazie a voi tutti che ne fate parte e con i quali collaborate.

Ogni bene! Con il ringrazia-mento la promessa di un ricordo par-ticolare di preghiera.

Un cordiale e riconoscente sa-luto da parte della superiora genera-le, delle sorelle che hanno operato al Lorenteggio e mio personale.

Sr. Maddalena Silvestri Segreteria generale

Istituto Sorelle della Misericordia

Alla Parrocchia S. Leonardo Murialdo

Una Suora e le allieve nel prato in Piazza Tirana. (anni ‘50)

In riferimento all’articolo dello scorso numero, di Gianni Ragazzi, ci scrivono:

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Continuiamo con i ricordi di Padre Silvio Sambucaro, che ha scritto que-sto testo nel 1990, su richiesta di don Tarcisio Balzarin, allora nostro parro-co. In quel periodo Padre Silvio viveva nella comunità Giuseppina Santa Lu-cia di Bergamo.

...Qualche giorno dopo ci recam-mo alla Cascina Lorenteggio che veniva chiamata Palazzotto. La ca-scina, che era al confine con il comu-ne di Cesano Boscone e a pochi me-tri del Dazio, era di proprietà del Cav. Lorenzo Borasio e della sua consorte, signora Laura. Il sovrin-tendente della cascina era un pie-montese, si chiamava Pochettino, aveva moglie e due figli. Anche al Palazzotto c'era una cappellina con l'entrata dal cortile interno. lo sarei dovuto diventare il prete stabile di quella cappella. Per ospitarmi i Bora-sio mi misero a disposizione una stanza molto grande ricavando un angolo con un paravento per il letto e qui portai le mie poche cose dalla soffitta di Città Studi. Subito comin-ciai con le visite alle famiglie e agli ammalati nelle case e cascine della zona fra la via Gonin e piazza Tirana. La via Lorenteggio non era asfaltata, i tram 9, per il centro, e 28, per le stazioni, arrivavano fino al vecchio rondò di via Giambellino e poi si do-

veva proseguire con una vecchia corriera su strade non asfaltate. Lungo la via Giambellino c'erano alcune case popolari di 3-4 piani co-struite sulla destra mentre a sinistra c'erano ancora orti e prati.

Il cardinale Schuster dopo poche settimane venne di persona alla ca-scina Lorenteggio e parlò con il si-gnor Pochettino il quale gli disse che ero in giro, in visita agli ammalati. Mi lasciò i suoi saluti ed alcune immagi-nette. All'inizio mi fermavo per pran-zo in una trattoria in via Sant' Anata-lone, ma poi donna Laura Borasio mi disse di fermarmi che la cuoca a-vrebbe pensato anche a me. Nella zona di via Inganni l'Istituto Case Popolari aveva fatto costruire una serie di abitazioni da destinare ad italiani rimpatriati dall'Algeria e dalla Francia e nella primavera del 1941 la

a cura di Concetta Ruta - co.lupica@ gmail.com

1940: I giuseppini al lorenteggio

Storia della Parrocchia

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zona per la mia attività pastorale era diventata così impegnativa che pa-dre Velo pensò di mandarmi in aiuto don Claudio Domeniconi. All'inizio del 1941 andammo ad abitare in via Inganni 6, mettendo là l'ufficio della futura parrocchia. Ricordo che per i mobili ci ar-rangiammo con quelli scartati dalla Cassa di Risparmio e portati nel loro deposito all'e-conomato di via Giam-bellino. Venne con noi anche padre Velo che traslocò da Città Studi le sue cose con un car-ro della famiglia Bozzi della Cascina Corba e ci sistemammo in due ap-partamentini comunicanti fra loro. Nei primi mesi del '41 faceva molto freddo e per scaldarci andavamo a raccogliere i pezzi di legno scartati dai vicini cantieri. In quei giorni sul giornale cattolico L'Italia apparve la notizia che i Padri Giuseppini di don Leonardo Murialdo avevano la Dele-gazione arcivescovile al Lorenteg-gio, Padre Velo aveva già adocchiato il terreno dove la Curia avrebbe co-struito, in quello stesso anno, il ca-pannone della chiesa provvisoria. Con l'arrivo della primavera si co-minciò a celebrare la messa all'aper-to in uno spiazzo fra le case popolari di via Segneri 3, dove i muratori ci avevano allestito un piccolo altare.

Don Claudio Domeniconi celebrava la messa, don Velo predicava e gui-dava i canti con la sua voce possen-te ed io giravo con un canestro per raccogliere le offerte.

Ricordo che buttavano monetine fin dal terzo piano. Intanto i lavori al capannone provvisorio erano iniziati sotto la guida dell'architetto Ugo Zanchetta, anche lui di Bassano co-me padre Velo. All'inizio di giugno il cardinal Schuster ci convocò in Curia chiedendoci quale titolo dare alla parrocchia. lo a Venezia mi occupa-vo dei giovani che erano aggregati nel gruppo di Azione Cattolica «San Sebastiano» e intendevo fare altret-tanto al Lorenteggio; quindi suggerii proprio quel santo. Il cardinale mi fece notare che a Milano c'era già un San Sebastiano, il tempio civico, in centro. Però mi volle accontenta-re e disse: «La chiameremo San Se-bastiano extra moenia, fuori le mu-ra». (continua)

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Vita della Chiesa

Paola e Carmelo Taccia

Il desiderio della sapienza

Vi presentiamo la nostra sintesi della Proposta Pa-storale dell’Arcivescovo Mario Delpini per l’anno 2020/21, con l’intento di favorire l’interesse di chi non avesse, ancora, letto questo prezioso libretto. Si sviluppa in due sezioni: pro-posta e lettera per l’inizio dell’anno pastorale cui fa-ranno seguito altre tre lettere che ci accompagneranno nei momenti for-ti del cammino dell’anno liturgico.

“Infonda Dio sapienza nel cuo-re” (Sir 45,26) è il titolo: è un’invo-cazione, che mette in luce la dispo-nibilità del dono della “sapienza che viene dall’alto” (Gc 3,17), ma anche una richiesta di benedizione per i cittadini ambrosiani, che cercano di riacquistare una buona e serena quotidianità pur convivendo con il covid 19, è infine una preghiera fidu-ciosa per ottenere risposte dal Pa-dre, nella consapevolezza di essere figli amati e mai abbandonati.

Il sottotitolo,“Si può evitare di essere stolti”, conferma la possibili-tà di evitare la stoltezza ed anche la responsabilità di vivere questo mo-mento scegliendo tutto il bene che è possibile.

L’immagine della copertina, che è una porzione di un dipinto astrat-to di R. Reece, indica la Via sapiente, il Crocifisso trasfigurato nella Croce,

luminoso e glorioso. Nella prima parte della proposta c’è un invito a ripensare a quanto abbia-mo vissuto durante la pandemia e stiamo anco-ra affrontando nel nostro quotidiano così eccezio-nale, per far emergere le domande profonde, che interpellano la nostra fe-

de e il pensiero del nostro tempo. Domande, alle quali non corrispon-de lo schema domanda/risposta. L’Arcivescovo infatti sottolinea che la risposta, che viene dalla fede, pre-vede l’ascolto umile e paziente della percezione del reale e l’interpreta-zione del vissuto cercando il bene in un contesto “ferito e solcato dalle tragedie nella logica della Rivelazio-ne il cui compimento è Gesù”; quin-di la risposta non si riduce ad una formula, ma apre sempre nuovi iti-nerari, provoca al coinvolgimento personale e comunitario, porta all’essenziale per riconoscere, nella complessità della situazione, la Via per rinnovare la relazione con il Pa-dre. Ecco che nasce, dallo smarri-mento, il desiderio della Sapienza per tradurre “i principi e i valori in stili di vita, in attenzioni quotidiane, in vigilanza su di sé, in capacità di discernimento che favorisca il ri-spetto dei più deboli e l’ordine so-ciale”. Il desiderio che nasce dal

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cuore non è sufficiente per ricevere la grazia della Sapienza, occorre l’invocazione, cioè la preghiera in-stancabile e costante, personale e comunitaria. Delpini sottolinea che la ricerca della Sapienza nella Sacra Scrittura è un libero percorso che non si costruisce solo in maniera individualistica, ma è anche un eser-cizio di conversazione e amicizia, “paragonabili a quelle dell’ultima cena di Gesù”, un camminare insie-me illuminato dallo Spirito verso la Verità.

“Se ti è caro ascoltare, se porge-rai l’orecchio sarai saggio” (Sir 6,33) è il titolo della Lettera per l’inizio dell’Anno Pastorale. Viene suggerito alle comunità pastorali, prima di agire con proposte e inizia-tive, di leggere in ogni inizio un’oc-casione, una grazia, una novità, si-milmente ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52) per trovare l’essenziale, “il segreto per l’irradia-zione della gioia” nel percorrere il cammino che Dio affida. Delpini invita anche ad inoltrarsi nella lettura/preghiera del libro del Siraci-de avvalendosi dei sussidi apposita-mente preparati dall’Arcidiocesi (vedi “La sapienza di Dio ispira la felicità”ed. in dialogo) e di rileggere l’Enciclica “Laudato Si’”, in partico-lare i capitoli IV e VI nei quali papa Francesco tratta di Ecologia Integra-le e di Spiritualità Ecologica.

“O la Chiesa è missionaria o non è la Chiesa di Gesù”. Così viene in-

trodotto l’appuntamento con l’Ot-tobre Missionario. Nella logica della Chiesa dalle Genti e della Missio ad Gentes l’Arcivescovo auspica, per le comunità cattoliche ambrosiane, incontri di preghiera, momenti di ascolto ecumenico, interreligioso, culturale e sociale, iniziative a livello parrocchiale e decanale per far cre-scere la consapevolezza di nuovi bisogni, di nuove sfide e di vocazioni missionarie; suggerisce di leggere l’esortazione apostolica “Querida Amazonia”; invita a partecipare alla Veglia Missionaria del 24 ottobre e alla celebrazione della Giornata Mis-sionaria Mondiale del 25 ottobre, che con il suo sguardo cattolico e missionario sarà “di grande aiuto in tutte le successive riflessioni e inizia-tive.”

Una novità: il 4 di ottobre è stato caratterizzato come Domenica del-l’Ulivo, “occasione per un annuncio di pace, di ripresa fiduciosa, di augu-rio che può raggiungere tutte le ca-se”, proprio nel giorno in cui si fa memoria di S. Francesco d’Assisi.

Un altro appuntamento molto importante è la Festa di Inizio Anno Pastorale: “educando alla fede cri-stiana, essi siano promotori di nuovi scenari di fraternità”. Delpini loda il protagonismo di molti giovani nelle esperienze caritative durante la pan-demia e raccomanda di valorizzarlo con cammini di formazione. Incorag-gia a curare in modo particolare la pastorale giovanile/universitaria in chiave missionaria.

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Riflessione Riflessione

Un lungo fiume tranquillo

Maria Grazia Sagliocco - Volontaria Lilt (Lega Italiana per la lotta contro i Tumori)

TOC, TOC, sono Grazia e mi uni-sco con gioia al vostro coro, felice di condividere anche con voi questo momento di vita!

Ricordo anni addietro (1987/1988) di aver visto un film, non parlava di guerre, virus, pan-demie o altro, semplicemente di due famiglie di estrazione sociale molto differente che, a un certo punto della propria esistenza, se la vedono sconvolgere da un fat-to (inaspettato) che le accomuna entrambe, conseguenza di un evento molto traumatico, per il quale non troveranno subito u-na soluzione per superarlo, ma un punto di compromesso.

Alla fine non saranno più le stesse persone di prima, le rea-zioni dei singoli, saranno state tutte differenti e ognuna con diver-se sfaccettature emotive/esi-stenziali.

Ecco, in scala più ampia, credo che questo stia accadendo ora.

Perchè questo ricordo? Riflettevo che, mentre percorria-

mo la nostra vita, talvolta, ad alcuni essa appare come un "lungo fiume, apparentemente tranquillo, magari noioso" senza rendersi conto di quanto siamo fortunati e di come tutto potrebbe svanire da un mo-mento all'altro.

Ma, quando a un certo punto del suo fluire, improvvisamente, per un eccesso di acqua questo fiume e-

sonda e distrugge tutto attorno a sè /a noi, ci costringe a rivedere quanto abbiamo costruito fino a quel momento, facendo cadere tutte le nostre certezze, le nostre sicurezze ed è lì che veniamo messi alla prova, emergono i nostri limiti, le nostre fragilità di esseri umani o magari la nostra forza.

Questo non significa che ci dob-biamo abbattere, anzi!

Trasferito ad ora, pur nella piena consapevolezza della tragedia che stiamo vivendo e delle ripercussioni

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future che certamente avremo, dob-biamo fare di tutto per rimanere in equilibrio, per il nostro bene e per il bene di coloro che amiamo e ci cir-condano, per essere d'aiuto.

In questo periodo, malgrado tut-to, mi sono imposta di esserlo e spe-ro anche voi.

Questo è un periodo di profonda riflessione, che mi porta indietro nel tempo, nel 2011, quando, per altri eventi negativi che avevano traccia-to la mia vita, avevo iniziato ad a-scoltare profondamente me stessa, cercando di imparare e trarne inse-gnamenti utili al mio cammino di vita futura.

In quel periodo ho tentato di im-parare a guardare e ascoltare con il cuore: assaporando il valore vero della

vita, gli affetti, percependone i colori, i profumi e i suoni che essa mi regalava;

accogliendo l'altro e donandomi all'altro;

cercando di trovare in ogni situa-zione anche la minuzia più na-scosta "positiva" e non quella negativa

non facendo prevalere la rabbia sui miei sentimenti, ma la pace interiore;

allontanando la paura, affron-tando con audacia il mio cammi-no e accettandone la fatalità de-gli eventi che la vita mi poneva di fronte;

Ora sto ripercorrendo le stesse orme, non mi focalizzo sulle mie percezioni negative ma mi impegno a far emergere e prevalere la mia volontà di affrontarle in maniera positiva.

Sono certa che alla fine ce la fare-mo e riusciremo tutti insieme ad incontrarci nuovamente, non sa-rà certamente presto, sarà un cam-mino impervio, lungo che ci lascerà delle cicatrici senz'altro MA ce la faremo, ce la dobbiamo fare per continuare ad essere parte attiva verso chi ha bisogno.

(Articolo pubblicato

anche sul sito della Federa-zione Cure Palliative (Persone: racconti di un tempo sospeso)

Lunedì 5

ottobre

Iniziano i la-vori del nuo-vo Oratorio

Domenica 11 ottobre

ore 10.30 S. Messa con Mandato Catechistico ed educativo: all'aper-to se il meteo lo permette altri-menti in chiesa con alcuni rappre-sentanti. Ore 11.30 Posa prima pie-tra nuovo Oratorio-Impianti Spor-tivi e Aperitivo - ore 15.30 Assem-blea di inizio Anno Pastorale

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Concetta Ruta Lupica

il martire del Lorenteggio

Angolo Missionario

Maria Luisa, una cara parrocchiana ,

ha portato un libro per la Parrocchia da mette-

re in archivio perché racconta la vita di Anto-

nio Bargiggia: “Ho scoperto di saper Amare” di Giuseppe Caffulli.

Ho raccontato la storia di Antonio a P.

Vincenzo ed il libro è stato archiviato nella stampa parrocchiale.

Faccio memoria anche a voi cari letto-

ri di questo giovane a 20 anni del suo marti-

rio., perché è uno di noi, nato e vissuto nel

nostro quartiere per 10 anni, ed ha fatto an-che la Cresima nella nostra Parrocchia.

Antonio Bargiggia è nato a Milano nel 1958, missionario laico nel Burundi,

apparteneva alla famiglia religiosa dei consacrati «Fratelli dei Poveri». È stato

ucciso il 3 ottobre 2000, nella periferia di Bujumbura, capitale del Burundi, dove si trovava da una ventina di anni, impegna-

to nell'assistenza ai carcerati, nel riscatto

dei giovani e nell'assistenza agli ultimi.

Alcuni balordi lo hanno ucciso per

rubargli i sandali.

Durante l’omelia della Messa di mezzanotte del Natale 2000, nel segno giubilare della “memoria”, il

parroco di allora lo ha ricordato in forma un po’ più estesa rispetto ad

altre “memorie”, in quanto aveva

scoperto con sorpresa che Antonio

aveva vissuto per una decina d’anni

nel nostro quartiere e che il 7 giu-gno 1967 aveva ricevuto la Santa

Cresima nella nostra chie-

sa parrocchiale.

Ha letto anche una sua lette-

ra inviata ad una signora, sua benefattrice del nostro

quartiere, adesso in cielo

anche lei. Riporto uno stral-

cio: “Carissima signora, mi faccio sentire proprio poco

ma la penso e le sono tanto riconoscente. ...Qui ho sem-pre tanto lavoro la sera

sono stanco ma contento

di avere fatto qualcosa, per gli altri. ...Sono tanto impegnato nelle carceri

adesso, dove ci sono situazioni terri-bili. Le chiedo una preghiera per me e

per la mia gente che io contraccam-bio con un augurio di Buon Natale. Le sono vicino suo Antonio. Buterere, 12,

12, 1999.

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L’arcivescovo di allo-ra Carlo Maria Martini

nell’omelia pronunciata al suo funerale, celebrato a

Dervio il 7 ottobre 2000, ha detto:

...“Quando parliamo di martiri pensiamo ai primi

secoli della Chiesa: oggi pren-diamo coscienza dei martiri

contemporanei. Fratel Anto-nio ha vissuto la misericordia degli operatori di pace, la

sua speranza era solo in Cri-

sto, sapeva che la sua vita

era in pericolo, ma aveva

scelto di stare lì”. Antonio era un amico

degli ultimi, diceva “Amo i

poveri come miei figli”, in-

carnava la “Chiesa in usci-ta” che Papa Francesco in-

dica come il vero volto della

comunità cristiana.

PROGRAMMA Ottobre Missionario

"Come mettere in pratica la nostra missione su questa

Terra? Facendoci Tessitori di fraternità,

ciascuno nella propria vita quotidiana, nel proprio

ambiente parrocchiale, nella vita pastorale della Chiesa".

Come tutti gli anni il Gruppo Missionario è impegnato ad animare l’Ottobre Missiona-rio, seguendo le direttive della Diocesi e delle Pontificie Opere Missionarie, che invitano ogni battezzato a far conoscere la bontà, la misericordia e l’amore di Dio per tutti gli uo-mini, prima di tutto attraverso un atteggia-mento di accoglienza e uno stile di vita basa-to sulla fraternità. In questo mese cercheremo di sensibilizza-re, noi e la comunità, con queste iniziative: metteremo i cartelloni in chiesa, verrà letta una preghiera missionaria in

tutte le Messe, il 7 ottobre alle ore 21,00, verrà proposto il

Rosario Missionario in chiesa per tutti, sul "foglio giallo" verrà pubblicata una ri-

flessione di supporto alla Parola settimana-le che verrà esposta sull’ambone,

il 24 ottobre alle ore 20,45, parteciperemo alla Veglia Missionaria in Duomo,

il 25 ottobre, “Giornata Missionaria Mon-diale” in tutte le Messe metteremo in chie-sa una busta per le offerte ed una immagi-netta con la preghiera che leggeremo dopo la Comunione.

Le offerte verranno inviate alle Pontificie Opere Missionarie, per le Chiese Sorelle più povere del mondo.

Per il Gruppo Missionario, Concetta

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Per il Gruppo Missionario, Gianni Corlianò

INCONTRO CON don PIERANGELO

Sabato 19 e Domenica 20 Set-tembre don Pierangelo Valerio, sa-cerdote Giuseppino con esperienza missionaria maturata in diverse parti del mondo, ha fatto gradita visita alla nostra comunità e condiviso la sua attuale esperienza missionaria in Sierra Leone.

In questo paese africano i Giuseppini del Murialdo sono pre-senti da oltre 40 anni in alcune re-gioni del nord (Lunsar e Makeni) e in altre occidentali (Kissy- Free-town). L’incontro con la nostra co-munità è iniziato sabato 19 con la celebrazione della Santa Messa del-le ore 18 presieduta da don Agosti-no e concelebrata da don Pierange-lo e don Silvio. La serata è proseguita con un momento conviviale e formativo, decisamente riuscito e caratterizza-to da uno spirito di comunione e condivisione fraterna.

Parte centrale del sabato sera è stato l’intervento di don Pierange-lo sulla attuale situazione e sugli sviluppi futuri in Sierra Leone, dal punto di vista missionario e focaliz-zato soprattutto, sul progetto dell’apertura di una nuova Opera “San Leonardo Murialdo” a Koidu

(località Wordu, distretto di Kono) nella zona est del Paese. Dopo una breve introduzione sulla situazione in quell’area, carat-terizzata soprattutto dalle attività inerenti l’estrazione e il commercio di diamanti -con tutti i problemi che ne sono derivati nel corso degli ulti-mi decenni-, don Pierangelo ha illu-strato nello specifico il progetto da lui stesso definito come il “sogno”, la “speranza” e il “futuro” dei gio-vani e delle famiglie di Koidu. Il progetto si basa sulla realiz-zazione di una serie di strutture e precisamente: una chiesa semplice ed acco-

Angolo Missionario

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gliente; un oratorio o centro sociale per

gli incontri, catechesi, eventi ed altro;

la “Mission House”, residenza della comunità Giuseppina;

una scuola materna, per i bimbi e le mamme in difficoltà,

le scuole elementari, medie e superiori;

aree attrezzate per attività spor-tive.

Domenica alle ore 11 ha cele-brato la Santa Messa, nell’omelia ha illustrato il nuovo progetto e ringra-ziato i parrocchiani per il nostro so-stegno costante per le opere Giu-seppine dell’Africa. Anche noi ringraziamo lui per la sua visita alla nostra comunità, è stato per noi un momento di rifles-sione, in vista dell’ottobre missio-nario, per la sua testimonianza e per il suo lungo e generoso servizio per i fratelli lontani.

De tempore

Chi lo ha detto che il tempo passa

e rassegna, che cancella il buio

dei sogni e li fa decollare?

L'ho visto io passeggiare lungo

il corso di quel rivo impetuoso

su un declivio della Val D'Ayas,

inciampare e andare e danzare

lungo la riva di quel mare,

tra Pescoluse e Leuca,

dove colori diversi si abbracciano

e si separano,

ballare il valzer più dolce e baciare

il profilo della vita in fiore.

Chi lo ha detto che il tempo

passa e dimentica,

che spegne la luce e ne conserva i

segreti?

L'ho visto io correre a perdifiato

lungo un campo di grano della bassa

padana, fermarsi e ripartire senza

mai voltarsi e stringere forte

il tronco della malinconia, intento a

contemplare il

presente intorno.

Chi lo ha detto che

io non ami il tempo?

Ne adoro il passo,

il breve pensiero,

la rotta segreta,

il fine sbagliato,

l'incedere senza

sosta, l'incedere,

il non ritorno.

Giovanna Secondulfo

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In ospedale alle nove di sera scende il grande silenzio. Sulla porta l'infermiera gentile: "Tutto bene?"

Senza aspettare risposta, spegne la luce e va.

Tu vorresti dire non va tutto be-ne, che il letto è una croce, che il respiro è affannoso e che la notte ti fa paura.

Ma taci e guardi la finestra con lo spicchio di luna appena velato dalla tenda.

Vorresti contare le stelle per ri-trovare quelle a cui hai dato il nome dei tuoi affetti, dei tuoi amici, dei volti della gente che ti rallegra con il suo saluto. Ma le stelle si nascondo-no.

Abituate ad occhieggiare nelle finestre, non amano il cielo dell'o-spedale perché si vergognano del dolore che offuscherebbe il loro splendore.

Meglio brillare sulle case dei gio-

vani sposi, dove ci sono le culle dei bambini e le risate della famiglia riu-nita intorno alla mensa.

Meglio il chiostro dei monasteri dove a quest'ora si recita la compie-ta, che sussurra la gioia, il dolore, le fatiche e le speranze, che nei salmi arcani diventano preghiera.

Salve Regina di questa valle di lacrime dove nonostante tutto è bello piangere, perché le lacrime lavano il cuore e rendono lievi come

una danza i sospiri. Il vero morire è non amare. Chi ama ha vissuto e vivrà per sempre nelle mani di Dio, come il sole, la luna e le stelle. Se uno accetta la croce, Cristo lo aiuterà a portare il suo peso. Non sei solo, insieme a te ci so-no tutti i disperati che non tolle-rano la loro sorte, che soffrono come te, ma sono angosciati

perché hanno smarrito il senso di Dio.

Coraggio fratelli e sorelle, la luce del nuovo giorno disperderà la not-te e ognuno avrà la sua goccia di gioia.

Ormai è quasi l'alba. Salve Regina di questa valle di

lacrime, gravida del dolore del mondo, nello stupore di tutto il creato donaci ancora un'ora per dire il nostro sì.

LA NOTTE BIANCA

Beatrice Lo Faro

Riflessione

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ROBERTO, IL NOSTRO FIGLIO PRETE

Tutte le mamme alzano lamenti in Rama e non vogliono essere consolate perché non ci sono parole, sillabe e suoni, che non scavino ancora di più il già profondo abisso. Lasciateci sole nel dolore. I figli li abbiamo partoriti gratis. Già dal primo vagito sapevamo che non sarebbero stati per noi. Sono il nostro dono gratuito al mondo, come Gesù sulla Croce. Sono il Dio Bambino affidato alle nostre mani. Con le mani abbiamo accarezzato e sorretto la dignità degli uomini

liberi, chiamati a forgiare il mondo. I nostri figli non sono i nostri, lo abbiamo sempre saputo. Il destino delle madri è di accompagnarli in silenzio al destino della loro vocazione. Per noi solo lacrime e preghiere, in silenzio, col volto lieto di chi non conosce il patire. Eccoci tutte qui, ma non piangiamo, perché siamo noi la forza della loro vita Imprevedibile e il riparo nel giorno della tribolazione Tutte madri innocenti di tutti, vittime e assassini, tutte nascoste nel manto dell'unica Madre Maria.

Beatrice

Preghiera

Con questa

preghiera, vogliamo

ricordare

don Roberto

Malgesini,

Martire della Carità.

Ucciso a Como

mentre era

al servizio degli

ultimi.

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Approfondimenti

Rodolfo Casadei

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Tribolati ma non schiacciati

Il Libano è un piccolo paese del Vicino Oriente grande come l’Abruzzo e abitato solo da 5 milioni di persone, ma la Chiesa cattolica lo ha talmente a cuore, nel 1997 Papa Giovanni Paolo II dedicò ad esso un’esor-tazione apostolica dal titolo “Una spe-ranza nuova per il Libano”, e che dopo la tragedia del 4 ago-sto scorso, quando tonnellate di nitrato di ammonio sono esplo-se nel porto di Beirut causando 200 morti, 7 mila feriti e danni fra i 7 e gli 8 miliardi dollari , Papa Francesco ha indetto una giornata di preghiera, solidarietà e di digiuno in tutto il mondo il 4 settembre scorso. Oggi quel piccolo paese è sull’orlo del col-lasso politico, economico e umanita-rio, dopo la rinuncia del premier che era stato incaricato di formare un nuovo governo di tecnici per gestire in maniera onesta e trasparente gli aiuti internazionali di cui il paese ha disperato bisogno per non sprofon-dare nella miseria e nell’instabilità politica.

Perché il Libano sta tanto a cuore alla Chiesa? Essenzialmente per due motivi. Il primo è che il Libano è il luogo dell’eroica testimonianza di fede di comunità cristiane che sono rimaste fedeli pur trovandosi al cen-tro di una regione del mondo dove erano e sono una minoranza circon-data da una maggioranza religiosa islamica che ha anche un peso politi-

co dominante; la seconda è che il Libano ha saputo e sa ancora essere, attraverso mille fatiche, drammi e con-traddizioni, un paese dove persone di fede religiosa diversa (ci son ben 18 diffe-renti confessioni religiose) hanno imparato a convive-re e a costruire insieme una civiltà. Scrisse Giovanni Paolo II nel 1989 in un mes-

saggio diretto ai vescovi cattolici di tutto il mondo: «il Libano è qualcosa di più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l'Oriente come per l'Occidente!». A quel tempo il Libano stava vivendo il penultimo dei suoi sedici anni di guer-ra civile che fra il 1975 e il 1990 hanno causato 150 mila morti. L’equilibrio fra le comunità religiose che dal 1943 (data dell’indipendenza del paese) per oltre trent’anni aveva garantito al paese pace e prosperità era stato spezzato dalla presenza di centinaia di migliaia di palestinesi in armi, pro-fughi dalla Palestina dopo la nascita dello stato di Israele e decisi a fare del Libano la rampa di lancio della loro guerra. Il Libano indipendente è nato soprattutto per la volontà dei maroniti, la principale Chiesa cattolica di rito orientale presente nel paese. Per questo e per il peso demografico complessivo di tutte le comunità cri-stiane (che erano la metà della popo-lazione totale) i cristiani per molti

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anni hanno avuto un ruolo politico di primo piano, che la vicenda palestine-se ha messo in discussione. Con gli accordi del 1989, che hanno messo fine alla guerra civile, il potere politi-co dei cristiani è stato ridimensiona-to, ed è aumentato quello di sunniti e sciiti, le due correnti più importanti dell’islam. In qualche modo il Libano è tornato ad essere il paese dove il pluralismo religioso poteva essere vissuto pacificamente e dove i cristia-ni, pur trovandosi in minoranza ri-spetto ai musulmani diventati nel frattempo maggioranza, godevano di piena libertà religiosa e civile. Perché allora oggi il Libano è sull’orlo del col-lasso, e con esso il suo “messaggio” di pacifica convivenza fra uomini e donne di differente fede religiosa? La ragione sono intricate. Il sistema liba-nese è incentrato sulla politica con-fessionale: ogni fede religiosa ha dirit-to a un certo numero di deputati, mi-nistri, cariche dello Stato, ecc. Questo nel tempo ha fatto sì che chi occupa-va le cariche pubbliche in rappresen-tanza della sua comunità ne approfit-tasse per arricchire sé, la propria fa-miglia e il proprio clan. Inoltre i vari partiti a base religiosa hanno trovato appoggio nei potenti governi della regione: l’Arabia Saudita e l’Iran so-pra tutti. Al riparo della politica con-fessionale e delle alleanze internazio-nali, i politici e le grandi faniglie liba-nesi, di ogni confessione religiosa, hanno saccheggiato la ricchezza pub-blica senza fornire i servizi pubblici alla popolazione. Nei mesi scorsi il Libano è andato in bancarotta, cioè

non è riuscito a pagare gli interessi sui debiti. L’inflazione e la disoccupa-zione erano alle stelle già prima che cominciasse l’epidemia del Covid 19 e che esplodesse il porto di Beirut, il principale polmone economico del paese. La comunità internazionale è disposta ad aiutare il paese, ma solo se prima le autorità dichiarano la vera entità delle perdite finanziarie e viene formato un governo tecnico che non risponda agli interessi dei clan. Que-sto fino ad oggi non è stato possibile, e questo fa temere un collasso che avrebbe effetti inimmaginabili: in Li-bano vivono un milione e mezzo di profughi siriani e mezzo milione di palestinesi.

Di fronte a questa crisi il patriarca maronita Bechara Rai, la più alta au-torità religiosa cristiana del paese, già da prima dell’incidente del porto ha lanciato una proposta di neutralità internazionale del Libano che facilite-rebbe l’arrivo degli aiuti internazionali e proteggerebbe l’indipendenza del paese. Il patriarca propone una “neutralità attiva” che significhereb-be «Il rifiuto definitivo di entrare a far parte di coalizioni, assi, conflitti politi-ci e guerre regionali e internazionali, la solidarietà del Libano con le cause dei diritti dell’uomo e della libertà dei popoli, che significa anche proseguire a difendere i diritti del popolo palesti-nese e, infine, il rafforzamento dello Stato libanese anche dal punto di vi-sta militare, per preservarne i confini dopo aver definito la delimitazione delle frontiere con Israele e con la Siria».

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Gianni Ragazzi [email protected]

Note informative sociali

Notizie Utili

INDENNITÀ DI FREQUENZA L’indennità di frequenza è una

prestazione economica, a sostegno dell’inserimento scolastico e sociale dei ragazzi con disabilità, fino al compimento del loro 18° anno.

Poiché si tratta di una presta-zione assistenziale, è necessario a-vere un reddito non superiore alle soglie previste annualmente dalla legge, che per l’anno in corso è pari a 4.926,35 euro annui. L’indennità viene corrisposta per tutta la durata della frequenza, ma solo nei mesi di scuola, fino a un massimo di 12 men-silità. Per l’anno 2016 l’importo corri-sposto è pari a 286,81 euro mensili.

Per ottenerla sono necessari i seguenti requisiti: età inferiore ai 18 anni, riconoscimento di difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della minore età, oppure perdita uditiva superiore a 60 decibel nell'orecchio, frequenza continua o periodica di centri ambu-latoriali specializzati nel trattamen-to terapeutico e nella riabilitazione e recupero di persone portatrici di handicap, di scuole pubbliche o pri-vate di ogni ordine e grado (asili ni-do compresi), di centri di formazio-ne o addestramento professionale pubblici o privati purché convenzio-nati e finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti, stato di biso-

gno economico, cittadinanza italia-na; per i cittadini stranieri comunita-ri, iscrizione all’anagrafe del Comu-ne di residenza: per i cittadini stra-nieri extracomunitari, permesso di soggiorno di almeno un anno di cui all’art. 41 TU immigrazione; residen-za stabile ed abituale sul territorio dello Stato italiano. L'indennità di frequenza è incompatibile con: qual-siasi forma di ricovero, di indennità di accompagnamento, di speciale indennità prevista per i ciechi parzia-li, indennità di comunicazione previ-sta per i sordi.

Per poter presentare la do-manda, è necessario prima recarsi dal proprio medico di base e chiede-re il rilascio del certificato medico relativo, il cui codice identificativo va obbligatoriamente allegato. La domanda può essere presentata esclusivamente per via telematica direttamente dal sito www.inps.it, con il codice PIN rilasciato dall’Is-tituto, che deve essere quello del minore, non quello del genitore o del tutore.

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ANAGRAFE PARROCCHIALE

Vita della Comunità

HANNO RICEVUTO IL SANTO BATTESIMO

09. Niccolò 14. Prinz Arge 10. Pietro 15. Silvia 11. Manuel 16. Dennis 12. Arabella 17. Dominic 13. Ely Luis 18. Nicolò

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RICORDIAMO I DEFUNTI

53. IRENE MARIA STELLA SPADA DI ANNI 49

54. CARLA BOTTOLI DI ANNI 88

55. GABRIELE VESCOVO DI ANNI 59

56. CAMILLA ELSA DEL SOLE DI ANNI 98

57. ANNALISA LA BARBERA DI ANNI 48

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RESTATE: si sono concluse le giorna-te del centro estivo di settembre. Un grazie di cuore a tutti i volontari, agli animatori, allo staff e tutte le persone che ci hanno aiutato a ren-dere possibili queste bellissime gior-nate. Grazie anche ai bimbi che si sono divertiti con noi.