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CAMERA DEI DEPUTATI N. 1272 PROPOSTA DI LEGGE DINIZIATIVA DEI DEPUTATI COVELLO, BINDI, MAGORNO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, BRUNO, CENSORE, D’ATTORRE, OLIVERIO, STUMPO Disposizioni concernenti l’istituzione di zone economiche speciali in aree logistico-industriali collegate a porti di rilevanza internazionale Presentata il 26 giugno 2013 ONOREVOLI COLLEGHI ! — L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea che mag- giormente stanno pagando il prezzo della crisi economico-finanziaria globale che perdura ormai dal 2009. Analogamente a quanto accade in Gre- cia e in Spagna, anche l’Italia ha dovuto realizzare un intenso programma di tagli alla spesa indispensabili per evitare il default. È evidente che un programma di au- sterità, per risultare efficace, deve essere necessariamente accompagnato da misure che favoriscano la crescita economica, an- che mediante la realizzazione di nuovi investimenti. In questo contesto si inseriscono la necessità e l’opportunità di ricorrere al- l’istituzione delle zone economiche speciali (ZES). LA ZONA PORTUALE DI GIOIA TAURO. Un esempio di quanto rilevato in pre- cedenza è rappresentato dalla zona por- tuale di Gioia Tauro in Calabria. Dal 1995 fino al 2008, il porto di Gioia Tauro è cresciuto oltre le aspettative ini- ziali grazie soprattutto al successo del transhipment, che ha portato molte linee di navigazione a utilizzarlo come punto di snodo dei traffici internazionali di merce containerizzata. Il 2009, anno della crisi globale, ha dato un brusco stop al traffico, con un’im- portante riduzione dei volumi e dei noli Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI DOCUMENTI

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CAMERA DEI DEPUTATI N. 1272—

PROPOSTA DI LEGGE

D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI

COVELLO, BINDI, MAGORNO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO,BRUNO, CENSORE, D’ATTORRE, OLIVERIO, STUMPO

Disposizioni concernenti l’istituzione di zone economichespeciali in aree logistico-industriali collegate a porti di

rilevanza internazionale

Presentata il 26 giugno 2013

ONOREVOLI COLLEGHI ! — L’Italia è unodei Paesi dell’Unione europea che mag-giormente stanno pagando il prezzo dellacrisi economico-finanziaria globale cheperdura ormai dal 2009.

Analogamente a quanto accade in Gre-cia e in Spagna, anche l’Italia ha dovutorealizzare un intenso programma di taglialla spesa indispensabili per evitare ildefault.

È evidente che un programma di au-sterità, per risultare efficace, deve esserenecessariamente accompagnato da misureche favoriscano la crescita economica, an-che mediante la realizzazione di nuoviinvestimenti.

In questo contesto si inseriscono lanecessità e l’opportunità di ricorrere al-

l’istituzione delle zone economiche speciali(ZES).

LA ZONA PORTUALE DI GIOIA TAURO.

Un esempio di quanto rilevato in pre-cedenza è rappresentato dalla zona por-tuale di Gioia Tauro in Calabria.

Dal 1995 fino al 2008, il porto di GioiaTauro è cresciuto oltre le aspettative ini-ziali grazie soprattutto al successo deltranshipment, che ha portato molte lineedi navigazione a utilizzarlo come punto disnodo dei traffici internazionali di mercecontainerizzata.

Il 2009, anno della crisi globale, hadato un brusco stop al traffico, con un’im-portante riduzione dei volumi e dei noli

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che ha colpito duramente tutto il sistemaportuale ma soprattutto il settore del tran-shipment. La ricerca affannosa del conte-nimento dei costi ha portato le compagniedi navigazione a orientarsi verso alterna-tive economicamente più convenienti,mentre la nascita di nuovi porti di tran-shipment nel mare Mediterraneo ha con-tribuito ad accentuare la forbice tra do-manda e offerta e ad aumentare la con-correnza.

Purtroppo, nel mercato di riferimentoin cui opera il porto di Gioia Tauro,ovvero il mare Mediterraneo, sono pre-senti i paesi del nord Africa la cui con-correnza negli ultimi anni è diventatamolto forte, nonostante gli attuali eventi diinstabilità politica.

La concorrenza tra i porti di purotranshipment è influenzata da una serie didisomogeneità, ormai insostenibili daparte delle aziende che operano nel portodi Gioia Tauro, così come in quelli diTaranto e di Cagliari.

In particolare, gli elementi che mag-giormente determinano la minore compe-titività sono:

1) la disomogeneità del costo dellavoro;

2) la disomogeneità della tassazionesui vettori;

3) il peso delle accise sull’energia esui carburanti.

Da molti anni i porti di transhiment ele associazioni di categoria stanno pro-muovendo ai tavoli istituzionali (regione eGoverno nazionale) l’adozione urgente dimisure anche temporanee a salvaguardiadei porti di transhipment e delle ragioni disviluppo economico che ne derivano.

TASSAZIONE SUI VETTORI – TASSE DI ANCORAGGIO.

Con il decreto-legge 30 dicembre 2009,n.194, convertito, con modificazioni, dallalegge 26 febbraio 2010, n. 25, è statoconsentito alle autorità portuali di ridurre,negli anni 2010-2011, il gap competitivocon i porti nord africani, ammettendo la

riduzione fino all’azzeramento delle tassedi ancoraggio.

Purtroppo non è stato possibile appli-care integralmente questa norma per ivincoli di bilancio delle amministrazionipubbliche (AAPP). Il successivo decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito,con modificazioni, dalla legge 26 febbraio2011, n. 10, ha previsto il superamento diquei vincoli con lo stanziamento di 20milioni di euro in favore delle AAPP i cuiporti sono interessati da prevalente attivitàdi transhipment e in tale direzione stannogià operando con proprie delibere e proprifondi i porti di Cagliari (riduzione del 90per cento) e di Gioia Tauro (riduzioni dal60 al 100 per cento in funzione dellastazza lorda della nave).

Con successivo regolamento sono peròstati destinati al reintegro alle autorità por-tuali delle minori entrate, conseguenti allariduzione delle tasse di ancoraggio, 12,5 mi-lioni di euro, che le autorità portuali riceve-ranno appena completato l’iter procedurale.

È necessario risolvere il problema inmodo strutturale in quanto è assoluta-mente difficile fare spostare un cliente daun porto concorrente dove non paga opaga in misura molto ridotta queste tasse.

ACCISE SUI CARBURANTI.

La direttiva 2003/96/CE, recepita con ildecreto legislativo n. 26 del 2007, attribui-sce agli Stati membri il potere di detassarei carburanti dei mezzi di trasporto nonomologati alla circolazione su strada, qualii veicoli utilizzati esclusivamente nelleoperazioni portuali.

La stessa misura è stata già largamentepraticata in altri Stati dell’Unione europeaai soggetti di cui alla lettera d) del para-grafo 2 dell’articolo 8 della stessa direttiva,proprio nell’ottica di rendere competitivisettori nazionali interessati, a partire daiporti.

Per quanto riguarda il nostro Paese,l’applicazione dell’agevolazione è solo par-ziale in forza delle circolari n. 33/D e 5/Ddell’Agenzia delle dogane, rispettivamentedel 15 settembre 2006 e del 12 marzo2010, che prevedono l’applicazione di

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un’aliquota ridotta sui consumi per laproduzione della sola forza motrice.

In effetti la direttiva 2003/96/CE per-metterebbe una più sostanziosa riduzionedelle accise sul gasolio fino a un minimodi 21 euro per ogni 1.000 litri di prodotto.

Sia sulle tasse di ancoraggio che sulleaccise, il Governo è nella condizione diadottare provvedimenti legislativi idonei,coerenti con i regolamenti europei, il cuionere, tra le altre cose, sarebbe moltomodesto se si confronta con l’impattoeconomico e occupazionale che è neces-sario preservare.

COSTO DEL LAVORO.

Oggi il costo del lavoro di un operaio diun porto africano è inferiore a un decimodel costo di un operaio che lavora in unterminal italiano.

È necessario un intervento anche tem-poraneo di riduzione degli oneri previden-ziali a carico del datore di lavoro pergarantire la continuità economica e occu-pazionale del terminal, un argomento delresto discusso lo scorso luglio a Romapresso il Ministero delle infrastrutture edei trasporti in occasione della firma di unprotocollo d’intesa dove il MISE si impe-gnava ad inserire Gioia Tauro nelle aree dicrisi di cui alla legge 99 del 2009.

OLTRE IL TRANSHIPMENT.

La possibile riduzione degli oneri cheincidono sul costo del lavoro rappresentaun argomento molto più complesso cherimanda inevitabilmente alle valutazioni dicoerenza con le normative europee inmateria di aiuti di Stato, ma che portaanche ad affrontare uno degli argomentipiù dibattuti degli ultimi anni, ovvero lanecessita di andare oltre il transhipment edi creare nell’area di Gioia Tauro le con-dizioni per lo sviluppo di quello che puòessere definito e configurato in diversimodi (retro porto, distretto logistico, zonadi attività logistica eccetera), comunque unterritorio delimitato in cui, in aggiunta alporto, nascano e si sviluppino iniziativeeconomiche di natura logistico-distributivae industriale.

Nel corso degli ultimi anni è cresciutala consapevolezza del fatto che lo sviluppodel porto di Gioia Tauro e di tutta l’areache lo circonda non può essere legatosolamente al transhipment, che di fattorimane un’attività avulsa dal territorio, marichiede iniziative finalizzate alla crea-zione delle condizioni necessarie per at-trarre nel territorio imprese industriali elogistiche. È evidente che lo sviluppo di undistretto logistico-industriale non può cheessere integrato con le funzionalità di ungrande porto di transhipment, che puògenerare non solo flussi di container maanche di merci che possono essere inter-cettate dal sistema logistico di GioiaTauro.

La presa di coscienza dei limiti attualidel porto di Gioia Tauro e ben riflessa nelPiano di sviluppo strategico per l’area diGioia Tauro, elaborato dal Commissariostraordinario del Governo per il coordi-namento delle attività connesse allo svi-luppo dell’area ampia di Gioia Tauro,approvato con decreto del presidente dellaregione Calabria n. 85 del 2008.

Il Piano, parafrasando quanto riportatopoi nell’accordo di programma quadro(APQ) del settembre 2010, definisce unaprospettiva strategica nuova, capace diproiettare il porto di Gioia Tauro dallostatus attuale di porto di transhipment apolo logistico integrato, declinando le se-guenti priorità strategiche: 1) preservare laleadership nel transhipment; 2) realizzareun sistema intermodale eccellente; 3)creare le condizioni per l’insediamento digrandi operatori logistici e industriali na-zionali e internazionali, attraverso la rea-lizzazione del polo logistico integrato co-stituito dal terminal leader nel tranship-ment, dal gateway ferroviario e dal di-stretto logistico.

Il Piano prevede che la priorità strate-gica di creare le condizioni per l’insedia-mento di grandi operatori logistici e in-dustriali nazionali e internazionali debbaconcretizzarsi attraverso la realizzazionedi un distretto logistico, inteso come in-sieme di interventi in grado di creare lecondizioni necessarie a favorire l’insedia-

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mento dei grandi operatori industriali elogistici, e in particolare:

1) la zonizzazione, con definizionedelle destinazioni d’uso delle aree retro-portuali in coerenza e in conformità congli indirizzi del Piano;

2) la lottizzazione in linea con irequisiti dei grandi operatori, all’interno diuna pianificazione complessiva dedicata digrandi dimensioni;

3) la definizione di procedure diinsediamento e di gestione agevolate;

4) il potenziamento dei servizi alleimprese e alla persona (parcheggi, colle-gamenti con mezzi pubblici, poste, spor-tello bancario, mense, hotel);

5) la promozione del prodotto« Gioia Tauro » presso i principali opera-tori logistici mondiali del settore (marke-ting territoriale);

6) l’attivazione, nel medio termine,di un secondo terminal ferroviario desti-nato agli usi e alle esigenze specifici deglioperatori della logistica.

L’APQ per Gioia Tauro contiene, dun-que, l’obiettivo esplicito di creare le con-dizioni di sviluppo nell’area di GioiaTauro. Malgrado questo, ad oggi i risultatisono stati deludenti. Anzi, se si considerala quantità di strumenti normativi, inter-venti dialettici, opinioni e proposte relativiallo sviluppo del retroporto e se si con-fronta tutto questo con l’assenza anche diun minimo risultato degno di nota, è lecitodomandarsi cosa abbia impedito finora lanascita e lo sviluppo di iniziative econo-miche correlate al porto di Gioia Tauro.

A parte la questione delle infrastrut-ture, della sicurezza e della governance,che vanno comunque considerate, il nodocruciale è rappresentato dalla necessità distabilire un sistema di incentivi efficaci infavore delle imprese che intendono inse-diarsi nell’area di Gioia Tauro. La pioggiadi contributi a fondo perduto nel corsodegli anni ha favorito la costruzione didecine di capannoni ad oggi inutilizzati eha dimostrato quanto sia poco efficace

puntare esclusivamente a incentivare larealizzazione di impianti produttivi o dimagazzini, trascurando invece gli incentivial funzionamento delle attività logistico-economiche, in un’area che paga un for-tissimo disagio economico e sociale.

È concreto il timore che strumenti comei 50 milioni di euro di contributi a fondoperduto previsti dall’APQ per la realizza-zione di nuove iniziative imprenditoriali,prossimi ad essere banditi dalla regione edal Ministero dello sviluppo economico,possano far mancare ancora una voltal’obiettivo di sviluppo atteso, in assenza dialtre misure che contribuiscano a ridurreanche i costi di esercizio d’impresa.

IL RETROPORTO E LA ZONA FRANCA ESISTENTE.

Il sistema logistico di Gioia Tauro sisviluppa su un territorio di circa 7,4milioni di metri quadrati (m2) retrostanteil porto e può essere scomposto in tremacroaree:

aree portuali: 2.400.000 m2;

zona franca: 800.000 m2;

aree della prima zona industriale(Asireg): 600.000 m2;

aree della seconda zona industriale(Asireg): 3.600.000 m2.

Entro i confini dell’area demanialesono insediate:

l’autorità portuale (dal 1998), la ca-pitaneria di porto (dal 1997), l’ufficio do-gana (circoscrizione di Reggio Calabria), laGuardia di finanza, la polizia, i carabi-nieri, i vigili del fuoco e la sanità marit-tima;

due attività terminalistiche: Medcen-ter Container Terminal e BLG logisticsAutomobile Italia;

aziende di servizi logistici (lnLog,Cold Global Service, Sea Work Serviceeccetera);

aziende di servizi marittimi e acces-sori (Contug, Serport, All Service, ContainerRepair GT eccetera).

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Figura 1 – Veduta aerea del porto di Gioia Tauro e delle aree del retroporto.

La legge della regione Calabria 26 feb-braio 2002, n. 10, aveva promosso la co-stituzione di una società di scopo capita-lizzata con 2,5 milioni di euro. La zonafranca aperta di Gioia Tauro è stataquindi istituita con provvedimento del-l’Agenzia delle dogane con protocollon. 32534 del 1o agosto 2003.

L’attivazione dell’istituto della zonafranca è avvenuta su richiesta dall’ammi-nistrazione provinciale, sulla base dellaconsiderazione che, citando le parole delprovvedimento, « la richiesta è motivatadalla necessità di promuovere iniziativeindustriali e commerciali connesse con lamovimentazione di merci e con il trafficodei containers nel porto di Gioia Tauro cherappresenta un centro logistico di estremaimportanza nel bacino meridionale delMediterraneo, costituendo, per la sua ubi-cazione strategica, un polo di smistamentoproiettato verso i mercati del nord, sianazionali che europei ».

Le zone franche possono essere di tipoI o II e quella che è stata istituita nel 2003nel porto di Gioia Tauro è di tipo II, chenon necessita di recinzioni e nella quale icontrolli doganali avvengono in manierasemplificata.

I vantaggi derivanti dall’implementa-zione di questa zona non si limitano allasemplificazione delle procedure doganali,ma permettono anche benefìci di cash-flow derivanti dalla sospensione del paga-mento dei dazi sui prodotti immessi finquando questi non sono destinati allalibera circolazione se questa avviene nelterritorio europeo.

Le attività permesse in una zona francadi tipo II sono quelle di stoccaggio dellemerci a tempo illimitato (salvo alcune tipo-logie), semplici attività per preservare lamerce, migliorarne la presentazione e pre-disporla alla distribuzione, oppure l’attivitàproduttiva vera e propria o l’assemblaggioin regime di perfezionamento attivo da cuisi generano prodotti compensatori.

La zona franca di Gioia Tauro occupauna superficie di circa 80 ettari, di cuirisultano attualmente allocati soltanto 20ettari, con risultati tra l’altro poco signi-ficativi.

A distanza di quasi dieci anni, la zonafranca nel porto di Gioia Tauro è stata difatto un fallimento.

Serve dunque una visione diversa,l’orientamento verso l’istituzione di unazona di attività logistica allargata, separata

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comunque dal territorio europeo, in cuiesistano condizioni realmente incentivantiper gli investitori: serve orientarsi versol’istituzione di una ZES.

DALLA ZONA FRANCA ALLA ZES.

Nel mondo sono state realizzate nume-rose aree logistico-industriali (zone fran-che, distripark eccetera) situate nei retro-porti di dieci realtà portuali, in cui sonosvolte attività industriali, imprenditoriali,produttive e logistiche alimentate dallapresenza di merci movimentate dal portoadiacente.

Tali aree possono trovarsi all’internodelle zone franche o « free trade zone »,come nel caso di Barcellona, Tangeri,Malta e Càdiz, che sono in generale dellearee separate dal resto del Paese, dovequalunque tipo di merce può venire im-magazzinato senza subire tasse di impor-tazioni e tasse locali. Si tratta di zone incui si possono trovare aree attrezzate(magazzini) oppure appezzamenti di ter-reni non attrezzati. Solitamente le zonefranche occupano una posizione strategicarispetto alle principali vie di comunica-zione: l’aeroporto, il porto, la stazioneferroviaria per la merce e le principaliautostrade.

Un’altra tipologia di aree destinate adattività logistiche strettamente relative allamovimentazione di container, e perciò rea-lizzate subito a ridosso dei terminal deicontenitori, sono le cosiddette « logisticactivity zone » (ZAL), presenti nelle aree diretroporto dei terminal container iberici diBarcellona e di Valencia (vi è una ZALanche ad Algeciras).

Molto simile al concetto di zona francaè quello invece del distripark, piattaformalogistica avanzata, situata in un’area allo-cata nei pressi dei terminal portuali eintegrata con un sistema di trasporto in-termodale. Il distripark è un’area dove èpossibile la libera manipolazione dellemerci, beneficiando di agevolazioni doga-nali, perché « free area » o « free port ».

Le aree logistico-industriali delle realtàportuali prese in considerazione sono inalcuni casi gestite da soggetti concessionari

(developer), che poi a loro volta affidano inconcessione, per un determinato numerodi anni variabile a seconda della realtà,appezzamenti di terreno o magazzinistrutturati (superfici all’aperto o coperte)ai locatari occupier (imprese, società in-ternazionali di trasporti e di logistica) chesvolgono attività imprenditoriali, commer-ciali o di manipolazione, stoccaggio, ma-nutenzione e riparazione delle merci, se-condo le modalità previste in appositiregolamenti definiti dagli stessi developer.

I developer nei casi analizzati possonoessere soggetti differenti:

1) consorzi industriali costituiti daenti pubblici e privati: come nei caso dellazona franca di Barcellona o del Parco diSagunto di Valencia. È sempre a gestionemista pubblico e privata quella dell’An-talya free trade zone in Turchia affidata auna società per azioni;

2) consorzi industriali costituiti dasoli enti pubblici ad esempio per la ge-stione della zona franca di Cadice;

3) consorzi industriali costituiti dasole imprese private il caso dell’operativazona franca aeroportuale di esportazionedi Tangeri, nata come soggetto privato e inseguito trasformato in soggetto pubblico;

4) autorità portuali: nel caso delleZAL del porto di Valencia e del porto diBarcellona, del fos distriport del terminaldi Graveleau a Marsiglia e della zonafranca di Trieste;

5) società private internazionali inve-stitrici: è il caso della gestione della JAFZAinternational, già gestore della free zone diDubai, ed è anche il caso della Maltafreeport corporation Ltd, società a respon-sabilità limitata, che gestisce e regola gliaffari delle società e delle imprese econo-miche e industriali locatarie nella freeportzone di Malta.

I vari modelli presentati, ed esistenti suscala mondiale, di fatto presentano nume-rosi punti di raccordo, ma il modello disviluppo ritenuto più idoneo per Gioia

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Tauro è tuttavia quello che viene definitoZES.

UNA ZES PER GIOIA TAURO.

Una ZES è una zona all’interno di unanazione in cui sono applicate specificheleggi finanziarie ed economiche. Le leggisono redatte con l’obiettivo di attrarreinvestitori stranieri che potrebbero essereinteressati a far affari in una zona dovericevono un trattamento di favore. Alcunedelle ZES più estese si trovano in Cina,dove il Governo ha avviato l’istituzione ditali aree dal 1980, ma ci sono esempianche in Europa (regione di Madeira;Lettonia), anche se numerose free tradezone in realtà hanno caratteristiche ana-loghe alle ZES. All’interno della ZES letasse sono ridotte e possono essere ancheeliminate completamente e le aziende pa-gano tariffe più basse.

L’idea alla base di una ZES è che essapuò essere in grado di stimolare unarapida crescita economica. Attirando gliinvestitori stranieri, le nazioni possonoattingere ricchezze provenienti da altroPaesi per migliorare le loro economie econdizioni di vita. Tali zone possono svi-lupparsi molto rapidamente, attirando la-voratori provenienti da tutta l’area diriferimento. Numerose nazioni hanno spe-rimentato un boom economico a causadelle ZES. L’istituzione di una ZES nel-l’area di Gioia Tauro potrebbe interessaresia la zona franca attualmente esistenteche le aree industriali e portuale, in totalefino a un massimo di 700 ettari.

Una ZES, in generale, dovrebbe garan-tire prevalentemente i seguenti vantaggieconomici per le imprese che intendonooperare:

a) incentivi per la realizzazione degliinvestimenti iniziali;

b) agevolazioni doganali: sospensionedel pagamento dell’imposta sul valore ag-giunto (IVA) e dei dazi e semplificazionedelle procedure doganali;

c) esenzione fiscale: esenzione o ri-duzione dell’imposta regionale sulle atti-vità produttive (IRAP) e dell’imposta sul

reddito delle società (IRES), dell’impostamunicipalizzata propria (IMU), del tributocomunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)e di altre imposte o tasse;

d) esenzioni o deroghe alla regola-mentazione sui contratti di lavoro: esen-zione o riduzione degli oneri sociali sulleretribuzioni;

e) disponibilità di terreni a canoni dilocazione ridotti e utenze a tariffe agevo-late.

In gran parte dei casi descritti, l’intro-duzione di agevolazioni specifiche non puòessere liberamente decisa dai Governi na-zionali, ma sono necessari provvedimentiad hoc, per i quali potrebbe essere richie-sta la notifica alla Commissione europeaper la verifica di coerenza con le norma-tive europee, in particolare con l’articolo107 del Trattato sul funzionamento del-l’Unione europea (TFUE) in materia diaiuti di Stato.

Occorre precisare che le eventuali age-volazioni, non solo favorirebbero il rilan-cio di un’area economicamente depressa,ma permetterebbero anche di consolidarele attività di transhipment, che comunquerimangono il motore primario di tutto losviluppo economico dell’area, favorendo lacapacità del porto di Gioia Tauro di com-petere con i porti del nord Africa, ovverocon Paesi extra-europei.

La ZES appare dunque la ricetta idealeper rilanciare i foreign direct investment inItalia, cioè gli investimenti esteri in Italiacatalizzando l’interesse dei grandi gruppiinternazionali che oggi non sono in Italiae creando, dunque, occupazione e sviluppoeconomico. Tali benefìci sono attesi inmisura nettamente superiore alle perditeche l’erario sostiene per realizzare il si-stema di incentivazione dal momento chesi tratta di entrate fiscali oggi inesistenti.

In altre parole, se si considerano sol-tanto i benefìci e gli oneri marginali chederivano dall’istituzione di una ZES aGioia Tauro, il saldo rimane di gran lungafavorevole.

Alcune considerazioni si possono fare,in particolare, per dazi e per imposte

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dirette e per il pagamento dei contributi acarico del datore di lavoro.

IRES. Attualmente, la legislazione ita-liana non prevede la possibilità di ridurrel’IRES. Per favorire la nascita di nuoveimprese nella ZES è necessario un prov-vedimento legislativo ad hoc.

Alcuni progetti di legge (atti Senatonn. 1662, 2557 e 2335), presentati allaCamera negli anni 1996-1997 in relazioneall’istituzione della zona franca a GioiaTauro, prevedevano anche una ridotta im-posizione fiscale, ipotizzando un regime ditassazione basato su un’imposta sostitutiva(5 o 10 per cento), nonché un’ulterioreesenzione nel caso di utili reinvestiti.

Questo tipo di iniziative non andaronoa buon fine ed è evidente che la ripropo-sizione di un analogo percorso non puòprescindere da una notifica all’Unione eu-ropea.

Il Codice di condotta in materia ditassazione delle imprese per le misurefiscali del 1997 prevede una serie di prin-cìpi che dovrebbero guidare i Governinazionali in materia di imposte sul redditodelle imprese:

a) fatte salve le competenze rispettivedell’Unione europea e degli Stati membri,il codice si applica alle misure che hannoo che possono avere una sensibile inci-denza sull’ubicazione di attività imprendi-toriali nel territorio dell’Unione. Le attivitàimprenditoriali comprendono anche tuttele attività svolte all’interno di un gruppo disocietà. Le misure fiscali alle quali siapplica il codice prevedono le disposizionilegislative o regolamentari nonché le pra-tiche amministrative;

b) entro l’ambito di applicazione dicui alla lettera a), vanno considerate po-tenzialmente dannose e pertanto copertedal codice le misure fiscali che determi-nano un livello d’imposizione effettivo net-tamente inferiore, compresa l’imposizionedi entità zero, ai livelli generalmente ap-plicati nello Stato membro interessato.Tale livello d’imposizione può risultaredall’aliquota fiscale nominale, dalla baseimponibile o da altri elementi pertinenti.

Nel valutare il carattere pregiudizievoledi tali misure si deve tenere conto, tral’altro, delle seguenti caratteristiche:

1) se le agevolazioni sono riservateesclusivamente ai non residenti o per tran-sazioni effettuate con non residenti;

2) se le agevolazioni sono completa-mente isolate dall’economia nazionale, inmodo da non incidere sulla base imponi-bile nazionale;

3) se le agevolazioni sono accordateanche in mancanza di qualsiasi attivitàeconomica effettiva e di una presenzaeconomica sostanziale all’interno delloStato membro che offre tali agevolazioni;

4) se le norme di determinazione deiprofitti derivanti dalle attività internesvolte da un gruppo multinazionale sidiscostano dai princìpi generalmente rico-nosciuti a livello internazionale e, in par-ticolare, dalle norme concordate in sede diOrganizzazione per la cooperazione e losviluppo economico (OCSE);

5) se le misure fiscali difettano ditrasparenza, compresi i casi in cui lenorme giuridiche sono applicate in ma-niera meno rigorosa e in modo non tra-sparente a livello amministrativo.

Quanto esposto evidentemente vamesso in relazione con l’articolo 107 delTFUE che, in materia di aiuti di Stato,prevede che sono compatibili con il mer-cato comune:

gli aiuti destinati a favorire lo svi-luppo economico delle regioni ove il te-nore di vita è anormalmente basso o siregistra una grave forma di sottoccupa-zione;

gli aiuti destinati a promuovere larealizzazione di un importante progetto dicomune interesse europeo a porre rimedioa un grave turbamento dell’economia diuno Stato membro;

gli aiuti destinati ad agevolare losviluppo di alcune attività o regioni eco-nomiche, sempre che non alterino le con-

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dizioni degli scambi in misura contraria alcomune interesse.

Dal quadro descritto non sembra af-fatto improponibile la definizione di stru-menti di politica fiscale che permettano ilrilancio dell’area di Gioia Tauro, un’areaeconomicamente depressa in una regione,la Calabria, che paga un indubbio ritardodi sviluppo economico, continuando arientrare tra le regioni dell’obiettivo Con-vergenza.

Le ultime linee guida per gli aiutiregionali approvate dall’Unione europea,per il periodo 2007-2013 (lP/05/1653 e2006/C 54/08), confermano purtroppo chela Calabria, insieme alla Puglia, risultanoancora essere tra le regioni più povereanche al livello dell’Europa allargata, conmeno del 75 per cento di prodotto internolordo (PIL) pro capite rispetto alla mediadell’Unione europea con 25 Stati membrie, pertanto, ammissibili ad aiuti regionali(in particolare la Calabria) per gli importimassimi concedibili di aiuto in base al-l’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), delTFUE, anche per aiuti funzionali (aiutiregionali volti a ridurre le spese correntidelle imprese).

Il tasso di disoccupazione oltre il 25per cento contribuisce evidentemente adaggravare a situazione sociale ed econo-mica.

IRAP. L’IRAP, istituita con il decretolegislativo 15 dicembre 1997, n. 446, pre-vede una base imponibile determinata dalvalore netto della produzione, ossia dalladifferenza tra il valore e il costo dellaproduzione. Il grande problema è che neicosti della produzione non vanno consi-derati i costi del lavoro dipendente, né leperdite finanziarie causate da crediti persio da interessi pagati.

È proprio questo il punto fondamentaleche ha fatto dell’IRAP una delle impostepiù contestate e discusse: pagare sul valoredella produzione senza tenere conto deicosti del personale significa far pagarel’imposta anche a chi, magari, è in passivo.

Di fatto la consapevolezza di questaanomalia è ben evidente in vari provvedi-

menti legislativi che hanno avuto lo scopodi « ammorbidire » questo effetto, consen-tendo in una qualche misura la deducibi-lità di parte dei costi del personale (adesempio il cosiddetto « cuneo fiscale »).

Il comma 1 dell’articolo 2 del cosid-detto « decreto salva Italia » (decreto leggen. 201 del 2011, convertito, con modifica-zioni, dalla legge n. 214 del 2011) hariconosciuto il diritto alla deduzione dalreddito imponibile, ai fini dell’imposta sulreddito delle persone fisiche (IRPEF) edell’IRES, dell’intero ammontare dell’IRAPrelativo alle spese per il personale dipen-dente e assimilato, al netto delle deduzionispettanti in base all’articolo 11 del decretolegislativo n. 446 del 1997.

La misura integra e sostituisce, abro-gandola per la parte relativa alle spese delpersonale, quella introdotta dall’articolo 6del decreto-legge n. 185 del 2008, conver-tito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del2009, con cui, in deroga al principio ge-nerale di indeducibilità dell’IRAP dalleimposte statali, era stata per la primavolta consentita, ai fini delle imposte suiredditi, la parziale deducibilità, nella mi-sura del 10 per cento, dell’IRAP versata inrelazione alla quota imponibile degli inte-ressi passivi e degli oneri assimilati, alnetto degli interessi attivi e dei proventiassimilati, unitamente alla quota imponi-bile delle spese per il personale dipendentee assimilato.

Altre misure recenti hanno introdottola possibilità, a partire dal 2012, di de-durre, ai fini dell’IRAP, il costo di nuovicontratti a tempo indeterminato di lavo-ratrici e di giovani sotto i 35 anni di età.

In un contesto di crescente confusionesull’applicazione dell’IRAP appare neces-sario poter adottare provvedimenti chetendano a ridurre o a eliminare tempo-raneamente l’IRAP a carico di potenzialinuove imprese che intendano avviare unanuova attività nella ZES di Gioia Tauro.

ONERI DOGANALI. Nelle operazioni com-merciali di import ed export, una delle vocidi maggior rilevanza e di cui tenere contoè quella relativa ai dazi doganali.

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I dazi sono imposte, normalmenteespresse in percentuale del valore dellemerci, che colpiscono i prodotti importatiall’atto della loro immissione in liberapratica nel territorio doganale dello Stato.Per immissione in libera pratica si intendel’espletamento di tutte le pratiche doganali(tra cui il pagamento del dazio relativo aiprodotti commercializzati), atte a intro-durre la merce nel territorio dello Statodestinatario, liberandola degli obblighi do-ganali e permettendole di circolare libe-ramente, fatta eccezione per quanto ri-guarda il pagamento di specifiche impostedi carattere fiscale (IVA, accise, imposte diconsumo) dovute allo Stato di destinazioneper la sua immissione in consumo.

È evidente che un’azienda straniera chedecidesse di operare nell’area retro por-tuale di Gioia Tauro, dovendo acquistarebeni provenienti da diversi Paesi, ancheextra-europei, si troverebbe davanti alproblema di anticipare il pagamento deidazi, oltre che dell’IVA, ancora prima dipoter rivendere i prodotti o che le materieprime subiscano le lavorazioni necessarieper mettere in commercio il prodottofinito.

Per tali ragioni esiste il regime deldeposito doganale che è il luogo, autoriz-zato dall’autorità doganale e sottoposto alsuo controllo, deputato ad immagazzinaremerci non europee e senza che esse sianoassoggettate ai dazi di importazione, al-l’IVA o a qualsiasi altra imposizione orestrizione quantitativa eventualmenteprevista per la loro immissione in liberapratica.

Il regime del deposito doganale è unregime economico sospensivo in quanto,durante lo stoccaggio della merce nel de-posito, il pagamento dei diritti doganaliresta sospeso e la procedura sospensivaconsente di negoziare le merci giacenti neldeposito come se si trovassero ancoraall’estero.

L’utilizzo del deposito doganale offreindubbiamente agli operatori economiciinteressanti facilitazioni in quanto favori-sce il commercio, soprattutto di transito,consentendo in qualsiasi momento la ri-spedizione all’estero delle merci depositate

e la loro vendita sul territorio nazionale,scegliendo il momento più vantaggioso dalpunto di vista remunerativo. Inoltre dà lapossibilità di effettuare acquisti nel mo-mento in cui l’offerta nel mercato esternoè più favorevole e di vendere quando ladomanda nel mercato interno o esterno èpiù propizia.

Accanto al regime del deposito doga-nale, che favorisce sostanzialmente le at-tività commerciali, il Codice doganale eu-ropeo prevede anche il regime di perfe-zionamento attivo, che dà la possibilitàall’operatore interessato di sottoporre, al-l’interno dell’Unione europea, le merci noneuropee a qualsiasi trattamento per lariparazione, la messa a punto e la tra-sformazione, senza l’obbligo del paga-mento dei diritti doganali (dazi ed IVA) esenza che alla merce in oggetto sianoapplicate misure di politica commerciale.

È chiaro che per incentivare l’insedia-mento di nuove imprese nel retroporto diGioia Tauro, sia di natura logistica cheindustriale, non si può fare a meno diimmaginare l’esistenza di regimi doganalifavorevoli come quelli descritti, peraltrogià sufficientemente regolamentati.

FISCALIZZAZIONE DEGLI ONERI SOCIALI.

In considerazione dell’enorme divarioesistente tra i costi del personale nel portodi Gioia Tauro rispetto a quello dei porticoncorrenti del nord Europa è necessarioadottare un provvedimento che permetta,nel breve termine, di riequilibrare il con-fronto garantendo da un lato la continuitàoperativa del terminal di transhipment, equindi del porto, e dall’altro lo sviluppo diuna zona franca ad alta densità di im-prese.

La richiesta avanzata da tempo daparte dei terminal di transhipment (GioiaTauro, Cagliari, Taranto) e delle associa-zioni di categoria (Assologistica) è quellaridurre gli oneri sociali a carico delleimprese che gestiscono i terminal di unimporto pari al 45 per cento del totale deicontributi. Evidentemente lo Stato si dovràfare carico del versamento di questa partedi contributi.

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L’intervento in oggetto è stato dunqueprospettato finora per garantire la conti-nuità produttiva delle aziende di cui al-l’articolo 18 della legge n. 84 del 1994 cheoperano nei porti italiani del sud Italiacaratterizzati dalla prevalenza delle atti-vità di trasbordo di contenitori (+ del 75per cento del traffico annuale).

Questo tipo di intervento deriva dasoluzioni analoghe già sperimentate inaltri contesti, in particolare nel settore delcabotaggio, e può risultare uno dei fattorichiave per la reale incentivazione all’inse-diamento di nuove imprese nell’area por-tuale e retroportuale di Gioia Tauro.

Tuttavia, la riduzione dei costi del la-voro è una delle condizioni fondamentaliper definire un quadro di incentivi chepossano realmente attrarre investitoristranieri ma anche nazionali.

LE ZONE FRANCHE E LE ZES NEI PESI DEL-L’UNIONE EUROPEA.

L’attenzione della Commissione euro-pea sulla corretta erogazione di aiuti diStato è sempre molto alta.

Ogni Stato membro dell’Unione euro-pea ha l’obbligo di comunicare in tempoutile i progetti di sgravi che intende adot-tare, fermo restando che nelle more delprocedimento, lo Stato membro non puòdare esecuzione agli interventi prima chel’istruttoria sia pervenuta al suo termineproducendo la decisione finale.

Questo presupposto, nel corso degli anni,è stato spesso utilizzato dai rappresentatipolitici nazionali come motivo per non per-seguire con convinzione iniziative e propostedi sviluppo dell’area di Gioia Tauro, perchéritenute in contrasto con le normative euro-pee in materia di aiuti di Stato.

Eppure, in Europa ci sono esempi chedimostrano la possibilità di adottare prov-vedimenti speciali per favorire lo sviluppodi aree disagiate. L’assenza di armonizza-zione della legislazione degli Stati membridell’Unione europea in materia di fiscalitàha consentito la nascita di regimi fiscali,ossia di aree geografiche o settoriali chehanno goduto di una tassazione effettivanotevolmente inferiore rispetto alle medie

nazionali. A volte territori già caratterizzatida regimi doganali particolarmente favore-voli, in funzione della loro perifericità ri-spetto all’insieme dell’Unione europea odelle loro condizioni economiche disagiate,hanno ottenuto le necessarie autorizzazionieuropee per poter aggiungere a tali vantaggiun regime fiscale speciale, creando una si-tuazione che non va confusa con i paradisifiscali extra-europei.

Negli ultimi tempi anche la Grecia hamanifestato il suo interessamento versol’istituzione di ZES come strumenti ecce-zionali per lo sviluppo di aree depresse macon forti potenzialità legate alla presenzadi porti di rilevo.

Recentemente, secondo quanto ripor-tato su articolo del « Financial Times », ilPremier greco Samaras ha sottolineato,durante i colloqui avuti con i leader tede-schi e francesi, che la Grecia ha bisognodel sostegno dei suoi partner per gettare lebasi per la crescita futura all’interno del-l’euro zona.

Ha aggiunto, però, che insieme ai taglialle spese, l’istituzione di ZES darebbe unoslancio all’economia reale, creando la pos-sibilità di operare all’interno di un regimespeciale per attrarre investimenti e au-mentare le esportazioni. Tutto questo po-trebbe avvenire proprio nei pressi delporto di Pireo dove è operativo un granterminal container.

Il caso di Madeira (Portogallo). LaCostituzione portoghese del 1976 garanti-sce un’ampia autonomia politica e ammi-nistrativa alla regione di Madeira, costi-tuita da un insieme di isole, ferma re-stando la sua soggezione alla normativa ealle autorità di governo portoghesi.

La posizione periferica e le particolaricondizioni socio-economiche dell’isolahanno reso necessaria l’adozione di unregime di agevolazioni dirette a consentireil graduale raggiungimento di un livello disviluppo assimilabile a quello delle regionidell’Europa continentale. Inizialmente,tale obiettivo è stato perseguito con l’isti-tuzione, nel 1980, di una free trade zone(FTZ), paragonabile al modello della ZES,all’interno della quale le merci potevanocircolare liberamente, creando condizioni

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di particolare favore per lo sviluppo del-l’industria e dell’occupazione. Successiva-mente, intorno alla FTZ, è stato realizzatoun vero e proprio sistema economico au-tonomo, denominato « International busi-ness centre » (IBC).

Con l’ingresso del Portogallo nell’Unioneeuropea, avvenuto nel 1986, si rese necessa-ria la « negoziazione », tra le autorità porto-ghesi e quelle europee, del particolare re-gime di agevolazioni introdotto che, ovvia-mente, costituiva una chiara ipotesi di aiutodi Stato, in linea generale vietato dalla nor-mativa europea (articoli 107 e seguenti delTFE). Gli accordi stipulati per inquadrarel’ordinamento della regione autonoma diMadeira nell’ambito dell’Unione europeahanno consentito il mantenimento delleagevolazioni fino al 31 dicembre 2011, rico-noscendo la funzionalità del regime intro-dotto e la sua capacità di favorire il gra-duale superamento delle condizioni di ri-tardo nello sviluppo socio-economico dellaregione.

Lo schema degli aiuti di Stato delladurata di venticinque anni prevedeva eprevede un programma di verifica perio-dica da parte della Commissione europea(avvenuta di fatto ogni cinque anni) del-l’incidenza di tali aiuti sullo sviluppo so-cio-economico della regione.

Le società operanti nell’ambito dellaFTZ beneficiano, in aggiunta alle esenzionio agevolazioni fiscali relative alle impostesui redditi, di notevoli vantaggi anche inmateria di dazi doganali: le materie primee i prodotti semilavorati importati nellaFTZ sono esenti dal dazio di importazionese destinati alla trasformazione in loco innuovi prodotti che, essendo per questoconsiderati fin dall’origine europei, sonoesenti da dazi di importazione al momentodella loro immissione nel mercato del-l’Unione europea.

Le specifiche normative adottate per laregione di Madeira, in relazione a opera-zioni concluse con soggetti non portoghesi,prevedono tra l’altro:

a) per le società, l’integrale esenzionedalle:

imposte sul reddito;

imposte sulle plusvalenze;

imposte sui trasferimenti immobi-liari di terreni e di fabbricati acquistatiper lo svolgimento di attività economichenella FTZ;

imposte locali;

b) per i soci, l’integrale esenzionedalle:

imposte sulle cessioni a titolo one-roso o gratuito di azioni o di quote;

imposte sui capital gain derivantida operazioni sul capitale;

imposte sui proventi derivanti darapporti di finanziamento con le rispettivesocietà.

Il caso delle special economic zone inLettonia. La Lettonia, grazie alla sua po-sizione geografica strategica, costituisceper i Paesi dell’Europa occidentale la prin-cipale porta di ingresso verso gli altri Paesibaltici. Il Paese rientra negli obiettivi disostegno della programmazione europea2007-2013, finalizzati all’attrazione di in-vestimenti, in particolare nell’innovazionee nella tecnologia.

La Lettonia fa parte dell’Unione euro-pea dal 2004 e possiede due zone franchesituate a Rezekne e a Liepaja, oltre a 2porti franchi, di cui uno nella capitaleRiga.

Le due zone franche della Lettoniaassumono la formale definizione di ZES ele imprese che vi operano godono dinumerosi vantaggi.

Ai sensi della legge sull’applicazionedelle imposte nei porti franchi e nelle ZES,è dunque applicato un regime fiscale spe-ciale alle aziende che operano nelle ZES diLiepaja e di Rezekne.

Le esenzioni fiscali applicabili o lecondizioni favorevoli includono, tra le al-tre cose:

lo sconto dell’80 per cento sulla tassaimmobiliare;

lo sconto dell’80 per cento sull’impo-sta sul reddito delle società;

lo sconto dell’80 per cento sulla ri-tenuta alla fonte per dividendi;

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l’esenzione dell’IVA per la maggiorparte dei beni e dei servizi forniti alleimprese nelle zone franche o esportati aldi fuori di esse.

Nell’allegato alla presente relazione èriportato l’elenco integrale delle zone fran-che presenti nei Paesi dell’Unione europea.La denominazione free zone non è esau-stiva in quanto in molte zone, oltre alleesenzioni dogana, prevedono altre agevo-lazioni di natura fiscale per cui la deno-minazione di ZES sarebbe più aderentealle caratteristiche reali di alcune di que-ste, come nel caso della regione di Ma-deira.

Si può osservare la quantità rilevante dizone franche nei Paesi dell’est (quattro inLituania, sei in Romania e sette in Polo-nia), e comunque la presenza in gran partedei Paesi dell’Unione europea ferma re-stando la necessità di distinguere le zonefranche dove esistono vantaggi di naturaprevalentemente doganale, da quelle in cuiinvece si può beneficiare di numerose altreagevolazioni (fiscali, sugli investimenti, suiservizi eccetera).

LA PROPOSTA DI LEGGE.

La Calabria è una regione che rientraancora nell’obiettivo Convergenza, quindi

tra quelle maggiormente interessate aprovvedimenti utili per il rilancio econo-mico-sociale e al superamento del gap conaltre ragioni italiane ed europee. La pianadi Gioia Tauro, all’interno del territoriocalabrese, è una delle aree caratterizzateda maggiore ritardo nello sviluppo econo-mico. La presenza di una grande porto ditranshipment non ha finora permesso diesprimere le potenzialità enormi di svi-luppo che invece sono strettamente colle-gate alla presenza di terminal in cui cir-colano enormi quantità di merci prove-nienti da tutto il mondo. Molti dei prov-vedimenti nazionali ed europei adottati nelcorso del tempo si sono rivelati finorainsufficienti per garantire lo sviluppo(legge n. 488 del 1999, APQ eccetera).

L’area retroportuale offre enormi op-portunità di sviluppo per la disponibilitàdi spazi e di collegamenti alla rete stra-dale e ferroviaria, oltre che per la vici-nanza a uno dei più grandi porti delMediterraneo.

È necessario, quindi, introdurre misuredi incentivazione allo sviluppo dell’areaattraverso strumenti che favoriscano l’at-trazione di investitori internazionali e,quindi, l’avvio di iniziative logistico-indu-striali nell’area di Gioia Tauro.

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ALLEGATO

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PROPOSTA DI LEGGE__

ART. 1.

(Oggetto e finalità).

1. La presente legge stabilisce le pro-cedure, le condizioni e le modalità per larealizzazione di zone economiche speciali(ZES), costituite da un territorio delimi-tato e chiaramente identificato nel quale leaziende possono beneficiare di regimi par-ticolari.

2. La finalità della presente legge èquella di creare condizioni favorevoli intermini doganali, fiscali, finanziari e am-ministrativi per favorire l’insediamentonelle ZES di imprese internazionali chesvolgono attività logistica o industriale,promuovendo lo sviluppo economico el’occupazione.

ART. 2

(Istituzione delle ZES).

1. Nelle aree logistico-industriali sonoistituite ZES collegate funzionalmente aporti di rilevanza internazionale e situatein regioni ammissibili a fruire del sostegnoall’obiettivo convergenza e del sostegnotransitorio all’obiettivo competitività regio-nale e occupazione in base alle politiche dicoesione 2007-2013 dell’Unione europea.

2 Le ZES sono istituite nelle regioniCalabria, Sicilia, Sardegna, Puglia e Cam-pania.

ART. 3

(Caratteristiche e amministrazionedelle ZES).

1. Ciascuna regione definisce i limitispaziali della ZES e gestisce i rapporti coni diversi soggetti pubblici e privati chegodono diritti di proprietà o di utilizzo

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delle aree che sono annesse alla ZES. Leimprese già presenti nel territorio di rife-rimento, all’atto dell’istituzione della ZES,continuano a godere degli eventuali dirittidi concessione di cui sono in possesso.

2. Nella ZES sono ammesse impreseche svolgono attività di natura logistico-distributiva o di natura industriale nonchéimprese di servizi. In particolare, nellaZES sono consentite le attività di:

a) importazione di merci;

b) deposito di merci;

c) confezionamento di merci;

d) trasformazione di merci;

e) assemblaggio di merci;

f) riesportazione di merci.

3. Nella ZES sono vietati:

a) la produzione e lo stoccaggio dimateriali radioattivi;

b) la produzione di sostanze chimicheche possono avere un impatto negativosull’ambiente;

c) la fabbricazione di armi;

d) la produzione di tabacco.

4. All’interno della ZES non sono con-sentiti, inoltre, insediamenti o unità pro-duttive o di trasformazione delle merci ilcui ciclo di lavorazione è in contrasto conle disposizioni vigenti in materia di tutelaambientale o di salvaguardia del territorio.

5. Le nuove imprese che si insedianonella ZES devono operare in conformitàalle disposizioni nazionali vigenti e agliapposti regolamenti adottati per il funzio-namento della stessa ZES.

6. Le imprese già presenti nel territoriointeressato all’atto dell’istituzione giuridicadella ZES sono registrate come impresedella ZES e assimilate alle nuove imprese,fatta eccezione per le agevolazioni fiscaliper le quali è applicato un sistema diffe-renziato.

7. La gestione della ZES è affidata a unsoggetto giuridico di capitale misto pub-blico e privato, promosso dalla regione in

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cui è istituita la ZES, ferme restando lecompetenze che la normativa nazionale edeuropea attribuiscono all’autorità doganaleo ad altre autorità.

8. Rientrano nei compiti del soggettogiuridico di cui al comma 7:

a) la predisposizione di un pianodelle attività nella ZES;

b) la definizione di procedure sem-plificate per l’insediamento di nuove im-prese e per la costituzione di uno sportellounico nella ZES che assicuri il confrontocon i potenziali investitori;

c) la definizione dei requisiti ammi-nistrativi e tecnici necessari per l’ammis-sione di un’impresa nella ZES;

d) la definizione dei termini per laconcessione o per la vendita di aree co-perte o scoperte per nuove iniziative nellaZES;

e) la lottizzazione dei terreni dellaZES;

f) la progettazione e la costruzione dinuove infrastrutture funzionali allo svi-luppo della ZES;

g) la progettazione e la realizzazionedi opere di pubblica utilità e di serviziessenziali nella ZES;

h) la promozione sistematica dellaZES nei confronti dei potenziali investitoriesteri;

i) la supervisione amministrativa, am-bientale e sanitaria dell’attività nella ZES.

9. Alla regione nella quale è istituita laZES spetta la presidenza degli organi di-rettivi della medesima ZES.

ART. 4.

(Regime fiscale delle ZES).

1. Le nuove imprese che iniziano unanuova attività economica nella ZES nelperiodo compreso tra il 1o gennaio 2013 eil 31 dicembre 2016 possono fruire delle

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seguenti agevolazioni, nei limiti delle ri-sorse stabilite:

a) esenzione dall’imposta sul redditodelle società (IRES) per i primi otto pe-riodi di imposta. Per le piccole e medieimprese (PMI), definite ai sensi della rac-comandazione n. 2003/361/CE della Com-missione, del 6 maggio 2003, l’esenzione siapplica anche negli anni 2017, 2018 e 2019nella misura del 50 per cento dell’importodovuto;

b) esenzione dall’imposta regionalesulle attività produttive (IRAP) per i primicinque periodi d’imposta. Per le PMIl’esenzione si applica anche negli anni2017, 2018 e 2019, nella misura del 50 percento dell’importo dovuto;

c) esenzione dall’imposta municipalepropria (IMU) e dalla tariffa regionale suirifiuti urbani (TARSU) per cinque anniper gli immobili posseduti dalle imprese eutilizzati per l’esercizio delle nuove attivitàeconomiche;

d) riduzione dei contributi sulle re-tribuzioni da lavoro dipendente a caricodelle imprese per i primi cinque anni diattività nella misura del 50 per cento peri contratti a tempo indeterminato o atempo determinato per una durata noninferiore a dodici mesi. Per gli anni 2017,2018 e 2019 la riduzione è determinatanella misura del 30 per cento.

2. Le imprese che operano nella ZESbeneficiano dell’esenzione totale dalle im-poste doganali e dall’imposta sul valoreaggiunto (IVA) per l’importazione, l’espor-tazione, il consumo e la circolazione deiprodotti che entrano e sono lavorati nellaZES e che sono esportati dalla stessa ZES.

3 Alle imprese già presenti nel territo-rio interessato all’atto della costituzionegiuridica della ZES si applicano le agevo-lazioni fiscali di cui ai commi 1, lettere b),e d), e 2. Per quanto riguarda l’IRAPl’esecuzione è riconosciuta nella misuradel 50 per cento.

4. Il riconoscimento delle agevolazionifiscali di cui al presente articolo è soggettoalle seguenti limitazioni:

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a) le nuove imprese devono mante-nere la loro attività per almeno cinqueanni, pena la revoca retroattiva delleagevolazioni fiscali già concesse e godute;

b) almeno il 90 per cento del perso-nale dell’impresa deve essere reclutatonell’ambito della regione nella quale èistituita la ZES;

c) il beneficio fiscale complessivo èriconosciuto ad ogni impresa nei limiti diuna percentuale del fatturato di ciascunesercizio stabilita con decreto dal Ministrodello sviluppo economico, di concerto conil Ministro dell’economia e delle finanze,da emanare entro un mese dalla data dientrata in vigore della legge.

5. L’efficacia della disposizioni del pre-sente articolo è subordinata all’autorizza-zione della Commissione europea ai sensidell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattatosul funzionamento dell’Unione europea.

ART. 5.

(Disposizione finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall’istituzione edal funzionamento delle ZES si provvedemediante i finanziamenti dell’Unione eu-ropea destinati al sostegno degli investi-menti nell’ambito del programma opera-tivo regionale (POR) 2007-2013 e dei PORsuccessivi.

ART. 6.

(Verifica periodica).

1. La verifica sull’attività delle ZES èeseguita dagli organi regionali competentidopo il terzo e dopo l’ottavo anno dal-l’istituzione delle singole ZES sulla base diindicatori predefiniti quali:

a) il numero di imprese insediate;

b) l’occupazione creata;

c) il volume di affari;

d) l’entità dei benefìci consuntivati.

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