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CALORI SPECIFICI DEI SOLIDI LA LEZIONE La legge di Dulong e Petit Per buona parte del XIX secolo la legge (regola) di Dulong e Petit aveva rappresentato per i chimici uno degli strumenti da utilizzare per il calcolo dei pesi atomici degli elementi. Il riferirsi a essa come legge o regola dipendeva dalla sensibilità degli autori. La maggioranza della comunità dei chimici propendeva per l'uso del primo termine anche se le forme diverse dell'enunciato della "legge" presentate dai manuali e le eccezioni rilevanti che si osservavano nelle misure di alcuni calori specifici degli elementi testimoniavano contro la sua pretesa universalità. fig.1 Ritratto di Pierre Louis Dulong (fisico e chimico) Walther Nernst, fino alla quarta edizione di Theoretische Chemie del 1903, aveva proposto l'enunciato: "Il calore atomico (il prodotto del peso atomico per il calore specifico è chiamato calore atomico) degli elementi nello stato di aggregazione solido è, approssimativamente, costante, e vale all'incirca 6,4.", precisando solo le cautele che dovevano essere osservate per un'efficace applicazione della legge, "in primo luogo, il calore specifico deve essere misurato a differenti temperature per essere sicuri che esso non vari troppo rispetto alla temperatura; in secondo luogo, la determinazione non deve essere fatta troppo vicino al punto di fusione; e, per ultimo, il peso atomico dell'elemento in questione non deve essere troppo piccolo." Utilizzando una terminologia moderna, il calore specifico molare (ovvero l’energia da trasferire a una mole di sostanza per ottenere la variazione unitaria della temperatura) era pari, per moltissimi elementi solidi monoatomici, in determinati intervalli di temperatura, a un valore prossimo a 3R, con R costante dei gas. Il valore nelle unità impiegate nell’Ottocento era 6 cal/mol °C. Anche con i valori odierni di R=8,315 J/mol K si calcola un valore approssimato di R=2 cal/mol °C (si ricorda che le variazioni di temperatura in kelvin o celsius portano agli stessi risultati). Un modello di solido come insieme di oscillatori giustifica la legge di Dulong e Petit secondo la teoria cinetica. Se si considera l’atomo che oscilla intorno alla posizione di equilibrio l’energia cinetica (come l’energia potenziale) dà, per il teorema di equipartizione, un contributo pari a k B T/2 (impiegando la costante oggi chiamata di Boltzmann k B ) in ogni direzione. L’energia complessiva di un atomo sarà quindi 3 k B T e

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Page 1: Calori specifici dei solidi...CALORI SPECIFICI DEI SOLIDI LA LEZIONE La legge di Dulong e Petit Per buona parte del XIX secolo la legge (regola) di Dulong e Petit aveva rappresentato

CALORI SPECIFICI DEI SOLIDI

LA LEZIONE

La legge di Dulong e Petit

Per buona parte del XIX secolo la legge (regola) di Dulong e Petit aveva rappresentato

per i chimici uno degli strumenti da utilizzare per il calcolo dei pesi atomici degli

elementi. Il riferirsi a essa come legge o regola dipendeva dalla sensibilità degli autori.

La maggioranza della comunità dei chimici propendeva per

l'uso del primo termine anche se le forme diverse

dell'enunciato della "legge" presentate dai manuali e le

eccezioni rilevanti che si osservavano nelle misure di alcuni

calori specifici degli elementi testimoniavano contro la sua

pretesa universalità.

fig.1 Ritratto di Pierre Louis Dulong (fisico e chimico)

Walther Nernst, fino alla quarta edizione di Theoretische Chemie del 1903, aveva

proposto l'enunciato: "Il calore atomico (il prodotto del peso atomico per il calore

specifico è chiamato calore atomico) degli elementi nello stato di aggregazione solido è,

approssimativamente, costante, e vale all'incirca 6,4.", precisando solo le cautele che

dovevano essere osservate per un'efficace applicazione della legge, "in primo luogo, il

calore specifico deve essere misurato a differenti temperature per essere sicuri che

esso non vari troppo rispetto alla temperatura; in secondo luogo, la determinazione non

deve essere fatta troppo vicino al punto di fusione; e, per ultimo, il peso atomico

dell'elemento in questione non deve essere troppo piccolo."

Utilizzando una terminologia moderna, il calore specifico molare (ovvero l’energia da

trasferire a una mole di sostanza per ottenere la variazione unitaria della temperatura)

era pari, per moltissimi elementi solidi monoatomici, in determinati intervalli di

temperatura, a un valore prossimo a 3R, con R costante dei gas. Il valore nelle unità

impiegate nell’Ottocento era 6 cal/mol °C. Anche con i valori odierni di R=8,315 J/mol

K si calcola un valore approssimato di R=2 cal/mol °C (si ricorda che le variazioni di

temperatura in kelvin o celsius portano agli stessi risultati).

Un modello di solido come insieme di oscillatori giustifica la legge di Dulong e Petit

secondo la teoria cinetica. Se si considera l’atomo che oscilla intorno alla posizione di

equilibrio l’energia cinetica (come l’energia potenziale) dà, per il teorema di

equipartizione, un contributo pari a kBT/2 (impiegando la costante oggi chiamata di

Boltzmann kB) in ogni direzione. L’energia complessiva di un atomo sarà quindi 3 kBT e

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quella legata a N atomi: 3NkBT. Derivando l’energia media rispetto alla temperatura si

ricava la capacità termica a volume costante 3NkB e se si pone, per una mole N=NA (NA

numero di Avogadro) il calore specifico molare a volume costante è uguale a 3R.

Parlare solo di calore specifico e conseguentemente di calore atomico, non precisa in

modo univoco la grandezza fisica in questione, poiché esistono per lo stesso sistema

diversi calori specifici che sono connessi al tipo di condizioni esterne (pressione

costante, volume costante). Ciò non deve sembrare una semplice dimenticanza. La

differenza tra il calore specifico a pressione costante cp e il calore specifico a volume

costante cv per tutti i sistemi termodinamici è esprimibile attraverso una relazione con

altre grandezze termiche che in genere sono funzioni sconosciute della temperatura.

Poiché era praticamente impossibile mantenere costanti i volumi delle sostanze

condensate in esame durante lo scambio di calore con l'ambiente esterno, le misure

dei calori specifici rappresentavano valori (medi) a pressione costante. Mentre le teorie

relative ai calori specifici, modellate inizialmente sulla teoria cinetica dei gas perfetti,

potevano portare al calcolo dell'energia del sistema e quindi ai calori specifici a volume

costante. Dunque la consapevolezza che dal punto di vista termodinamico la differenza

tra i calori specifici a pressione e volume costante fosse in genere una funzione

sconosciuta della temperatura assoluta avrebbe dovuto impedire di collegare in modo

semplice i due calori specifici e soprattutto di dedurre dall'eventuale dipendenza di uno

dei due dalla temperatura un'equivalente dipendenza dell'altro.

Tuttavia molti autori impegnati nella ricerca, e Nernst in questa prima fase ne è un

esempio, si limitavano a discutere genericamente sul "calore specifico" dei solidi, e di

"calore atomico" degli elementi. In tal modo si semplificava notevolmente una parte

del problema; questo permise, almeno in una fase iniziale, di raggiungere importanti

risultati (conviene ripetere che nella vicinanze dello zero assoluto la differenza dei due

calori specifici scompare). Per il seguito ci adatteremo, di volta in volta, alla

terminologia degli articoli presi in esame, cercando di sottolineare, dove possibile,

l'importanza di un'eventuale distinzione tra le due grandezze. Come si noterà per quasi

l'intera lezione avrei potuto evitare simili precisazioni, mi sembrava tuttavia necessario

chiarire un problema concettuale.

Una nuova proposta sui calori atomici dei solidi: Einstein 1907

Albert Einstein nel novembre 1906 inviò alla rivista Annalen der Physik l'articolo "La

teoria di Planck della radiazione e la teoria del calore specifico", che venne pubblicato

nel gennaio 1907. Il giovane Einstein, all'epoca uno dei pochi ricercatori convinti che la

teoria del corpo nero di Planck contenesse elementi di rottura con la tradizione della

fisica ottocentesca, apriva il suo articolo con le parole: "In due precedenti lavori ho

mostrato che l'interpretazione della distribuzione dell’energia della radiazione del corpo

nero del punto di vista della teoria di Boltzmann per il secondo Principio apra la via a

una nuova concezione dei fenomeni di emissione e assorbimento luminosi [...] Nel

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presente lavoro si vedrà come l’introduzione di un’ipotesi tratta dalla teoria della

radiazione, e precisamente dalla teoria di Planck, consenta di rimuovere alcune

difficoltà che ostacolavano fino a questo momento l’elaborazione della teoria cinetico-

molecolare".

Il suo intento primario non era quello di affrontare in modo sistematico il problema dei

calori specifici dei solidi, di cui, tra l'altro, non sembra conoscere in modo approfondito

la letteratura specialistica, ma quello di chiarire la modificazione da apportare alla

teoria cinetica e, al tempo stesso, applicare con semplicità le nuove ipotesi a un

problema particolare. L'impossibilità di conciliare la teoria della radiazione con la teoria

cinetica canonica era semplificata da Einstein attraverso il calcolo dell'energia media di

un risonatore unidirezionale. Secondo la teoria molecolare, che fissa una egual

probabilità per gli stati del sistema rispetto al continuo dell'energia, l'energia media del

risonatore è data semplicemente dalla costante R/NA (secondo la terminologia moderna,

la costante di Boltzmann) moltiplicata per la temperatura assoluta; mentre la teoria di

Planck, portava -secondo Einstein- ad attribuire una probabilità nulla a tutti quei valori

dell'energia che non siano molto prossimi ai valori 0, ,. "Questa convenzione implica

l'ipotesi che l'energia delle entità elementari considerata assuma soltanto quei valori

che sono infinitamente vicini a 0, , etc."

Se a ciò si aggiunge "l'ipotesi quantistica" della proporzionalità tra e la frequenza del

risonatore, si chiarisce, affermava Einstein, "in quale senso debba essere modificata la

teoria cinetica del calore per essere portata in accordo con la legge di distribuzione del

corpo nero."

I calcoli di Einstein per avvalorare le conclusioni precedenti erano basati su

considerazioni statistiche generali, estranee alla preparazione della maggior parte dei

ricercatori chimico-fisici tedeschi. Non fu quindi casuale che la prima parte dell'articolo

di Einstein non ricevette inizialmente alcun commento, mentre fu la parte dedicata al

calore specifico a richiamare l'interesse degli specialisti.

Einstein dopo aver enucleato il nocciolo delle difficoltà inerenti alla trattazione classica

precisava che il risonatore può anche essere uno ione oscillante lungo una linea retta o

una qualsiasi entità caratterizzata da una frequenza determinata e poiché -secondo

l'autore- Drude "ha mostrato che i fenomeni ottici (dispersione) inducono ad attribuire

ad ogni atomo di un composto più masse elementari mobili indipendenti le une dalle

altre", diventava naturale per lui evidenziare attraverso i solidi un esempio di

applicazione delle nuove ipotesi. L'energia del solido con le approssimazioni precedenti

si riduceva a quella di N entità elementari indipendenti ossia alla somma di N energie di

risonatori planckiani con diversa frequenza e di conseguenza il calore atomico si

otteneva attraverso una semplice derivazione rispetto alla temperatura dell'energia.

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La formula del calore molecolare risultante:

C = 5, 94

(e Tbn

- 1)2

å e Tbn

( Tbn)

2

(con b=4, 86 x 10-11

costante legata alla teoria del corpo nero),

dipendeva dalle frequenze delle masse elementari mobili e variava con la temperatura seguendo un andamento del tipo:

fig.2 Confronto delle misure del calore specifico del diamante con la curva di Einstein, tratto dall’articolo del 1907

avvicinandosi ad alte temperature ai valori previsti dalla legge di Dulong e Petit e a

basse temperature a valori estremamente piccoli. Einstein capiva che la curva

(ipotizzata) ottenuta era simile alla forma indicata da Weber nei suoi articoli sulle

ricerche dei calori specifici del diamante, e fece vedere, fissando arbitrariamente un

valore per la frequenza propria del diamante, il discreto accordo quantitativo tra le

sue misure teoriche e quelle sperimentali al variare della temperatura (nel grafico

sull’asse orizzontale era riportato il valore adimensionale del rapporto T/).

Le conoscenze sui calori specifici dei solidi nel 1908

Durante il 1906 Max Thiesen, un fisico di Berlino, aveva affrontato il problema del

legame tra le grandezze termiche (calore specifico e coefficiente di dilatazione termica)

e la temperatura, attraverso l'uso di formule empiriche, spesso utilizzate dagli

sperimentali, in cui le grandezze termodinamiche venivano sviluppate in serie di

potenze della temperatura.

Dalla constatazione dell'incapacità di esprimere in modo generale l'andamento dei calori

specifici rispetto alla temperatura attraverso una semplice equazione Thiesen, in un

articolo di rassegna del 1908, prendeva l'avvio per descrivere qualitativamente tale

andamento, unendo misure sperimentali e convinzioni personali che già denunciano la

profonda impressione che aveva avuto nel leggere l'articolo di Einstein. "Si può

considerare una realtà il fatto che il calore specifico dei solidi (cioè dei cristalli) tende

quasi ad annullarsi con la temperatura, che esso però non sale per temperature

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crescenti in modo infinitamente rapido, come predice la formula esponenziale, ma

cresce tuttavia molto velocemente, nella maggior parte dei casi, a temperatura quasi

sempre ancora molto basse, e che questa salita procede quindi con una velocità

fortemente ridotta finché il punto di fusione o un'altra temperatura relativa ad un

passaggio di stato interrompe l'andamento continuo della variazione."

Una volta definite le principali caratteristiche "sperimentali" della dipendenza dei calori

specifici dei corpi solidi dalla temperatura, l'anziano fisico cercava di delineare un

possibile modello capace di fornire una spiegazione teorica di un simile andamento,

questo era centrato sulla interpretazione delle ipotesi di Einstein. Così apriva il suo

discorso sulla teoria cinetica dei solidi: "Il corretto fondamento per una teoria del calore

specifico dei solidi potrebbe essere stato posto da Einstein. Facendo riferimento a

questa teoria, assumiamo che gli atomi chimici di un solido alla temperatura dello zero

assoluto siano tenuti fermi da forze elastiche, in una determinata posizione, all'incirca

quella dei vertici di un reticolo spaziale. A una temperatura più alta quindi gli atomi

compiranno delle oscillazioni smorzate quasi isocrone intorno alla loro posizione di

equilibrio; le frequenze di tali oscillazioni in tre direzioni determinate saranno

indipendenti l'una dall'altra. L'inizio di queste oscillazioni è dovuta alla radiazione nera,

che riempie il corpo; l'energia delle oscillazioni deve porsi in equilibrio con l'energia

della radiazione. In questo modo viene dato il mezzo di calcolare il contenuto termico

del corpo e quindi anche il suo calore specifico."

"Dalle premesse finora poste -poi continuava- si può derivare la legge di Dulong e Petit

insieme alle sue estensioni per i composti come legge limite per alte temperature, e si

ottiene anche il valore teorico, dato per la prima volta da Boltzmann, del coefficiente di

questa legge. Inoltre viene contemporaneamente spiegata la diminuzione del calore

specifico al decrescere della temperatura. E l'annullarsi del coefficiente di dilatazione a

temperatura assai basse".

Thiesen conosceva le discrepanze dei risultati della teoria di Einstein rispetto alle

misure di Dewar relative al calore specifico del diamante alle basse temperature, e

naturalmente, era conscio dei limiti del modello rispetto ai fenomeni che avvengono in

prossimità del punto di fusione. Tuttavia pensava di poter trovare una ragione ed un

rimedio a simili problemi. Per le basse temperature osservava che la formula di Einstein

"indubbiamente fallisce" se vengono prese in considerazione le misure di Weber e

quelle più recenti di Dewar sul diamante, che sembravano indicargli un andamento per

il calore specifico di tale sostanza proporzionale alla terza potenza della temperatura

assoluta, ma allo stesso tempo cercava di proporre giustificazioni qualitative da

affiancare al modello precedentemente descritto.

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fig.3 Andamento dei calori

atomici descritto da Thiesen: alle

basse temperature C varia come

la terza potenza della

temperatura, alle alte

temperature tende al valore 3R

Dopo aver indicato una strada per ovviare alle incongruenze tra teoria ed esperimento,

Thiesen concludeva con altre interessanti osservazioni sul mancato contributo degli

elettroni al calore specifico degli isolanti, deducibile attraverso il modello di Einstein, e

con una sorta di "appello" a nuove ricerche sperimentali sui calori specifici dei solidi,

affermando: "La teoria di Einstein rimuove in parte una difficoltà della teoria precedente

collegata al fatto che oltre agli atomi bisogna supporre altre strutture capaci di

compiere oscillazione periodiche sotto la spinta della radiazione [...] Se si associa ad

ogni atomo anche solo un ulteriore grado di libertà allora la teoria precedente conduce

già a valori non affidabili per il calore specifico. La teoria di Einstein rimuove questa

difficoltà perché il contributo di tali strutture al calore del corpo diventerebbe sensibile,

a causa della loro alta frequenza, solo a temperature non osservabili. " "Di contro si

potrebbe pensare che per metalli buoni conduttori abbia importanza l'influenza degli

elettroni liberi, che vengono supposti la causa della conducibilità. Quindi il calore

specifico di tali metalli al diminuire della temperatura non dovrebbe tendere a zero ma

a un piccolo valore costante, e da questo numero si dovrebbe poter calcolare il numero,

finora del tutto sconosciuto, degli elettroni di conduzione.”

“In ogni caso sarebbe oltremodo desiderabile come verifica e sviluppo della teoria, che

il materiale utilizzabile per i calori specifici alle basse temperature venisse

moltiplicato."

Le esperienze del gruppo di Nernst sui calori specifici dei solidi alle basse temperature (1909-1911)

Misurare il calore specifico di una sostanza a una certa temperatura è concettualmente

molto semplice e praticamente assai complicato. La definizione di questa grandezza

c=Q/mT (limite per T che tende a 0) porta direttamente a suddividere il problema

della sua determinazione in due parti: la valutazione del calore che serve per la

variazione della temperatura della sostanza in esame, e la misura della temperatura

prima e dopo il riscaldamento (o raffreddamento). Gli strumenti "naturali" atti a questo

scopo sono quindi i calorimetri e i termometri.

Walther Nernst, quattro anni dopo il suo arrivo all’Istituto fisico chimico di Berlino,

costruiva nel 1909 il calorimetro proposto da un suo collaboratore Eucken e iniziava, da

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solo, le misure del calore specifico "assoluto" dei solidi e dei liquidi alle basse

temperature.

fig.4 Walther Nernst (alla guida) e la sua famiglia in auto a Göttingen nel 1905, prima

della partenza per Berlino (circa 340 km: una distanza quasi proibitiva per i mezzi e le

strade dell’epoca)

fig.5 Schema dell’apparato sperimentale per le misure dei calori specifici utilizzato da

Nernst

La soluzione escogitata da Eucken per le esperienze calorimetriche era intelligente ed

essenziale: la sostanza da esaminare, chiusa in un recipiente in cui era praticato l’alto

vuoto, doveva essere riscaldata da un filo conduttore di platino percorso da corrente, e

lo stesso filo funzionava da termometro a resistenza. Il calore fornito dal circuito per

unità di tempo si calcolava attraverso misure elettriche, mentre la variazione della

resistenza del filo permetteva di risalire alla variazione di temperatura.

fig.6 Curve sperimentali e teoriche sui calori

specifici dei solidi proposte da Einstein al

primo Congresso Solvay nel 1911 e riprese

da un articolo di Nernst. Per ogni elemento

(piombo, argento zinco, rame, alluminio) la

curva dei calori atomici centrale è posta tra

due curve teoriche con diverso valore della

frequenza. L’accordo come si vede è solo

qualitativo.

L'effettiva realizzazione del calorimetro, da parte di Nernst dovette superare una serie

di difficoltà tecniche: raggiungimento dell’alto vuoto all'interno del calorimetro;

controllo del legame tra resistenza del platino e basse temperature; capacità di

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controllo delle correzioni da apportare alle misure nello scambio di calore filo-sostanza;

"avvolgimento" del filo sulla sostanza; ecc.

Nernst risorse brillantemente simili ostacoli: costruì più calorimetri per le diverse

sostanze; utilizzò una pompa di Gaede per ottenere il vuoto; si servì delle tavole e dei

risultati di Kamerling Onnes e altri per ricavare una relazione univoca tra resistenza del

platino e temperatura; valutò e corresse i risultati delle misure elettriche e termiche.

Il primo insieme di misure dei calori specifici, con precisione dell'1% -come dichiarava

orgogliosamente Nernst-, era pronto nel febbraio 1910, e veniva presentato in una

seduta dell' Accademia Prussiana delle Scienze di Berlino. Ancora la variazione di

temperatura che il direttore dell'Istituto faceva subire alle sostanze esaminate non era

del tutto trascurabile (in molti casi il salto termico era compreso tra 1 °C e 10 °C); i

valori ottenuti non erano del tutto coerenti; la temperatura più bassa raggiunta (-212

°C) grazie all'ausilio dell'aria liquida era ben distante dalle temperature ottenibili con le

tecniche criogeniche a disposizione in altri laboratori. Nonostante ciò, l'andamento dei

calori specifici di alcune sostanze si accordava bene a formule empiriche di potenza

della temperature come pure ai risultati sperimentali di altri ricercatori; inoltre

l'andamento confermava qualitativamente le formule teoriche di Einstein. Nernst era

ormai arrivato a un punto di non ritorno, egli si era convinto che l'annullarsi dei calori

specifici dei solidi e liquidi allo zero assoluto, insieme a considerazioni "molecolari",

potesse giustificare la sua teoria e, al tempo stesso, che l'insieme dei valori ottenuti

confermava le supposizioni di Einstein.

Alcuni suoi allievi si occupavano già della verifica quantitativa delle formule della teoria

sui calori specifici di Einstein, e Nernst si preparava ad affrontare, finalmente, il

problema di come costruire semplici apparati per la liquefazione dell'idrogeno e quindi

del raggiungimento di temperature più basse di quella propria dell'aria liquida.

Dal marzo 1910 la storia dei calori specifici si sviluppò troppo velocemente per

seguirne, in questa sede, tutti i dettagli; Nernst, sufficientemente convinto della bontà

della teoria di Einstein, andò a trovare Einstein a Zurigo, ed è possibile che Einstein

facesse capire-intravedere a Nernst gli aspetti di rottura che il nuovo modello, relativo

ai calori specifici dei corpi cristallini, comportasse rispetto alla teoria cinetica della

materia fino allora accettata. Nello stesso mese di marzo il chimico di Berlino, in un

lungo articolo pubblicato su una rivista francese, affermava con enfasi: "Einstein ha

teoricamente reso verosimile che i calori specifici dei corpi cristallini diventino nulli o

estremamente piccoli allo zero assoluto. Noi abbiamo recentemente [...] studiato i

calori specifici alle basse temperature di un certo numero di corpi, sia liquidi

sottoraffreddati che solidi, […]

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A nostro avviso, le curve ottenute, nel loro insieme, mostrano senza dubbio che i calori

specifici si comportano come Einstein ha supposto." E in aprile, davanti alla Società

francese di fisica, ribadiva:

“Questa teoria può interessare in modo particolare nel paese nel quale ho l'onore di

parlare, poiché questo vecchio enigma, la legge di Dulong e Petit e le sue eccezioni,

possono essere chiarite attraverso la formula assai semplice di Einstein.

Il calore atomico:

dove R, è la costante dei gas; quanto alla sola costante sconosciuta dell'equazione a, si

può, sotto certe condizioni, determinarne il valore grazie a misure ottiche." Nernst

terminava il suo intervento riportando gli ultimi risultati del suo gruppo: "Magnus ha

trovato che tale formula non è che un'approssimazione, e l'ha completata con un

termine correttivo:

.”Nell’estate del 1910 Nernst indirizzò i suoi passi verso l'industriale Ernest Solvay,

accarezzando l'idea di un grande Congresso che avrebbe dovuto, nelle sue intenzioni,

segnare anche l’affermazione del suo teorema di calore, evento fino ad allora non

verificatosi.

"Sembra che -affermava Nernst in una lettera a Solvay- ci troviamo oggi nel mezzo di

una riformulazione della base della teoria cinetica della materia finora accettata.

Da una parte, una sua elaborazione coerente porta a un formula della radiazione [del

corpo nero] che è in disaccordo con l'esperienza, […]; le conseguenze di quella stessa

teoria comprendono teoremi sui calori specifici (costanza del calore specifico dei gas al

variare della temperatura, validità della regola di Dulong e Petit per le temperature più

basse) che sono contraddette del tutto da molte misure.

Come Planck ed Einstein hanno in particolare fatto vedere, queste contraddizioni

spariscono se si limitano i moti degli elettroni e degli atomi alle loro posizioni di

equilibrio (dottrina dei quanti di energia), ma questa correzione è così estranea alle

equazioni del moto usate in precedenza che il fatto di accettarla deve senza dubbio

C =

(e T

-a

- 1)2

3R e T

-a

(Ta

) 2

C =

(e T

- a

- 1)2

3R e T

-a

(Ta

)2

+ b T3/2

.

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essere accompagnato da una riforma ad ampio raggio della nostra intuizione

fondamentale."

Le parole del chimico all'industriale rilevavano una comprensione e un'attenzione nuova

verso i problemi della fisica dei quanti. Nernst aveva già cercato di convincere Planck a

organizzare un Congresso dedicato ai nuovi temi: radiazione del corpo nero e calori

specifici; e Planck stesso si preparava a compiere un passo decisivo per l'affermazione

della nuova chimico-fisica: la formulazione entropica generalizzata dal teorema di

Nernst, capace di spiegare l'annullarsi dei calori specifici e del coefficiente di dilatazione

termica allo zero assoluto, e al tempo stesso, connessa all'interpretazione statistica del

quanto di azione. La

discussione sul

"teorema di Nernst"

da parte di Planck e

la propaganda di

Nernst verso "la

teoria dei quanti di

energia di Planck-

Einstein", portarono

al I Congresso Solvay

del 1911.

fig.7 I partecipanti al primo Congresso Solvay del 1911

Il ruolo propulsore di Berlino per l’affermazione della prima fisica quantistica fu sancito

pochi anni dopo dal premio Nobel per la fisica assegnato a Planck nel 1918 per la

scoperta dei quanti di energia, dal premio Nobel per la chimica nel 1920 a Nernst per le

sue ricerche di chimica termodinamica, dal premio Nobel per la fisica a Einstein nel

1921 per la scoperta della

legge dell’effetto

fotoelettrico.

fig.8 L’importanza di Max

Planck è stata ricordata

nella moneta da due marchi

coniata a 10 anni dalla sua

morte in Germania