Calcolo - Enciclopedia Einaudi [1982]

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ENCICLOPEDIA EINAUDI [1982] CALCOLO Giulio Giorello e Marco Mondadori — CALCOLO pag.4 Walter Endrei — ABACO pag.14 Antoni Mazurkiewicz ALGORITMO pag.22 Massimo Galuzzi, Krzysztof Moszynski, Andrej Wakulicz APPROSSIMAZIONE pag.28 Giuseppe Geymonat e Giulio Giorello — CALCOLO pag.42 Giulio Giorello e Marco Mondadori — NUMERO pag.103 Giulio Giorello ZERO pag.122

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E NCICLOPEDIA EINAUDI [ 1 982 ]

CALCOLO

Giulio Giorello e Marco Mondadori — CALCOLO p ag .4

Walter Endrei — ABACO pag.14Antoni Mazurkiewicz — ALGORITMO pag.22

Massimo Galuzzi, Krzysztof Moszynski, Andrej Wakulicz

APPROSSIMAZIONE pag.28Giuseppe Geymonat e Giulio Giorello — CALCOLO pag.42

Giulio Giorello e Marco Mondadori — NUMERO pag.103Giulio Giorello — ZERO pag.122

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Calcolo x8 I9 Calcolo

IQ Clòl CQO cò O Q

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O Cl Cl Cj +CI O Cl

Q Q N + Cl 4l QCl

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E Q N ClO V V Cò Cl còCt V V + QO O O N O O Cl

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V ò0 cl cò4 4 4 cò cl Ct C( Q Qcò ct cl V V O O V U O O H Q òl 4l Q ò0 ò0 'à0 ÉO A Q

abaco 5 3 4algoritmo 7 2 4 3 4 ' 3 6 6 6

approssimazione6 6

2 2 3 2 3 6 2 6 2 4calcolo 2 4 3 6 3 3 3 7 5 é 2 7 2 3 2 5 8 5 9 7

numero 2 4 8 5 8 4 55 6

2 2 3 2 4 2 3 • 8 8 88 6

zero 4 3 S I 6 6 6 4 3

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O Q Cl OV (ò òà à0C! O cò O 4 V ccl O O4l Cl O l »O O O a a. a 4 k O O+ +

abaco 3algoritmo 5 3 3 3 2 7 ' ' 3 3

approssimazione 3 3 4 4 3 2 6 • • 6 • 2 3calcolo 4 7 3

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numero 2 6 4 2 3 • 3 8 5 5 4 4 ' 2 9 4 6 I 2 3 4zero 3 2 3 2 6 2 2 2 4 • 3 6 • • 5 2

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calcolo 6 2 3abacozero 3 4 m appros- algoritmo

abaco slmazlone3 4

numero • 6 2

algoritmo 6 3approssimazione 6 4 numero

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ambiguità allegoriacodicecompetenza/esecuzione

Calcolo fonetica immagine avanguardiametafora Calcologrammatica classico

concetto analogia e metafora lessico segno criticaesistenza argomentazione lingua significato lilologiasimbolo bello/brutto

essere interpretazione lingua/parala letteratura creativitàfenomeno linguaggio manie m espressioneforma metricaastratto/concreto. poetica fantastico

dialettica idea semantica alfabeto retorica gustoidentità/digerenm proposizionee giudizio sens%ignificato ascolto imitazione

mediazione traduzione gesto immaginazione anthroposopposizione/contraddizibne universali/particolari lettura progetto cultura/culture

qudità/quantità luogo comune etnocentrismiatti linguistici riproduzion%iproducibilitàtotalità orale/scrittodicibil%ndicibile discorso sensibilità natura/cultura

un%mq@i enunciazione comunicazione parola finzione spazialitàdecisloile artiritmo

distribuzione statistica presupposiziane e allusione errore generiscrittura

artigianatodato referente informazione narrazione/narrativitàgiochi artista

etica voce stile acculturazioneinduzione statistica attribuzione

filosofia/Slosafie tema/motivo civiltàprobabilità aggetto

ragione antico/moderno sesso futurorappresentazione statisùea produzione artistica

razionale/irrazionale catastrofi cal e nd ari o selvaggio/barbar%ivilizratoteoria/pratica soggetto/oggetto ciclo decadenza armonia colore

uguaglianza evento escatologia escrementimelodia disegno/progettocaos/cosmo valori periodizzazione età mitiche fertilitàntmica/metnca abbigliamento visione educazione

curve e superfici infinito vero/falso tempo/tomporalità genesi nascitascala cantogeometria e topologia macrocosmo/microcosmo volontà passato/presente suon%umore sensi generazioni

imiariante mondo progress%eazione corpo sessualità infanzia coltivazionealchimia tonale/atonale

natura storia danza vecchiaia morte cultura materiale('j(j)), astrologia atlante maschera amore industria rurale

(,( osservazionc vita/mortecabala collezione moda desiderio matenali

dkduziofia/paag reale elementi documento/monumento credenze ornamento erosequ(valenza unità armi prodotti

esoterico/essoterico fossile isteria clinicadialetto scenadilferenziale formalimazione frontieramemoria pulsione angoscia/colpa cum/normalizzazionefunzioni enigma

logica guerrarovina/restauro fiaba soma/psiche castrazionc e complesso esclusione/integrazioneinfinitesimale possibilità/necessità analisi/sintesi imperi fuoco

mostro cannibalismo sonno/sogno censura farmaco/drogalocale/globale referenza/verità, ,anticipazione funzione nazione i entilicazione e transfert'd homo

dèi fogia/delinosistemi di riferimento popolare

ricotsivita ipotesi misura tattica/strategia inconscio mano/manufattodivino medicina/medicalizzazionestabili@/instabilità jnstematiche modello proverbi tecnica

alienazione tradizioni eroi nevrosi/psicosi normale/anormalevariazione metodo struttura piacerecoscienza/autocoscienza iniziazione salute/malattia utensile

centrato/acentrata teoria/modello demagogiaimmaginazione sociale discriminazione sintomo/diagnosi

combinatoria magia demoni alimentazionegrafo pace repressione ateo messia agonismo

rioni divinazioneservo/signore terrore chierico/laico millennio casta animalecerimonialeqstulato labirinto caso/probabilità mit%itouomo tolleranza/intolleranza chiesa cucinapersona festa donna

continuo/discreto reteabaco causa/effetto utopia tortura diavolo mythos/lagnapuro/impuro cndogamia/esogamia domeaticamentafeticcio

dipendenza/indipendenza certezza/dubbio violenza origini famedivisibilità algoritmo' eresia religione gioco famiglia

coerenza incesto vegetaledualità approssimazione libertino sogno/visione lutto

convenzione libro maschile/femminileinsieme ~ordmfia

categori%ategorizzazione stregoneria regalitàd etcrminato/indeterminato conoscenza peccato matrimoniol'itorazionale/algebrico/trascendente numero empiria/esperienza coppie filosofiche sacro/profano parentela

stmmetria caccia/raccoltazero esperimenta disciplina/discipline santità borghesi/borghesia totem donoalruSuro mntamatiaha legge burocraziaenciclopedia economia uomo/donna eccedentetrasformazioni naturali / categorie libertà/necessità innovazione/scoperta formazione economico-sociale pastorizia(( metafisica contadini lavorocontroll%etroazione insegnamentonatural%rtificiale consenso/dissenso primitivo

energia invenzione ideologia modo di produzioneegemonia/dittatura marne reciprocità/ridistribuzioneoperatività proprietàequilibri%quilibrio rappresentazione

paradigma intellettuali proletariato riproduzioneinterazione ricerca libertà rivoluzione transizioneintefii~ ia/e

previsione e possibilità abbondanza/scarsitàordine/disordine sistematica e classificazioneriduzione maggioranza/minoranza

mac~ ~ :bisognoorganizzaziane ripetizione partiti consumosemplic%omplesso scienza politica accumulazione

sistema apprendimento amministrazione impostaspiegazione capitale lussosoglia comunità

verificabilità/falsificabilità cerveSo autoregolazione/equilibrazionecitaivincolo conflitto oro e argento

comportamento cognizioneconsuetudine costinlzunle èlite distribuzione pesi e misure

e condizionamento induzione/deduzionediritto democrazia/dittatusa fabbrica produzione/distribuzione

controllo sachtle innat%cquisito gergoastronomia giustizia gestione ricchmza

emozione/motivazione istinto g"uppiicosmologie istituzioni pano imperialismo scambio

a om ola mente operazioni marginalità. parmegravitazione conàerv~~ va r ianza percezione responsabilità opinione impresa spreco

luce potere/autmità povertà mercato

materia entropia quoziente intellettuale pubblico/privato propaganda mercefaina società civilespazia-tempo atmosfera cellula ruo(%tatua moneta

litosfera forza/campo abitazioneadattamento • tatadifierenziamento socializzazione pianificazionepiota acquaoceani avolimione immunità società profitto

paricella ambientepianeti mutazione/selezione individualità biologica spazio sociale rendita

sole plasma cittàpolimorfismo integrazione salariouniverso propagazione climaspecie invecchiamento utilità

quanti ecumene valore/plusvalorerelatività organismo insediamento agricoltura

revarfiibifttà/lnevemlbilltà regolazione migrazionecatalisi

città/campsgmstato Ssica sviluppoe morfogenesi paesaggio coloniemacromolecole popolazione commerciometabolismo regione industriaomeostssi eredità risorse

organico/inorganico spazio ecololzlicosuolo sviluppo/sottosviluppo

o!miosi geneterra

vita genotipo/fenotiporazza territorio

sangue villaggio

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Calcolo

Abaco, Algoritmo, Approssimazione, Calcolo,Numero, Zero

riapparizione del caso, degli dèi (infinitamentepiccoli... immaginari).

calcolo di Fermat.esempio di Tantalo, nelle Regulae; applicabile

a scoperte matematiche.in questo universo cristallino della matematica

vengono tese alla ragione le stesse trappole che nelmondo reale (Simone Weil).

La «libertà» del matematico.

r.r. Calcolo e procedure meccaniche.

Nel De corpore(r655) cosi si esprimeva Thomas Hobbes: «Per ragionamen­to io intendo+calcolo+. Ora, calcolare significa o effettuare la somma di molte coseche vengono aggiunte l'una all'altra, o sapere ciò che rimane quando una cosa vienetolta da un'altra. Ragionamento, quindi, è la stessa cosa che addizione e sottra­zione».

Lo storico della logica Joseph M. Bochenski nella sua Logicaformale (For­male Logik, I956) scorge in queste parole «piuttosto il jeu d'esprit di un dilettanteche una teoria logico-matematica»: nessuna inferenza può venir interpretata aquesto modo. Ma il passo hobbesiano contiene una forte immagine: quella dellaragione come calcolo. Un'immagine che si innesta su una pratica che vanta unalunghissima tradizione di successi.

Questa pratica è ormai abbastanza familiare, almeno nei suoi elementi di ba­se. Buona parte dell'insegnamento delle matematiche nella scuola consiste delresto nella presentazione e nell'esercizio di metodi di calcolo. Prima con le quat­tro operazioni fondamentali s'impara a ottenere somma, prodotto, differenza equoziente di due numeri ; seguono poi l'elevazione a potenza, l'estrazione di ra­dice, la soluzione di equazioni lineari... Quel che c'è di comune in tutte questeprocedure computazionali può venir individuato.nel fatto che esse non coinvol­gono nulla piu che l'applicazione meccanica di un insieme finito di istruzioni permanipolare simboli su carta. In linea di principio una macchina potrebbe svol­gere le stesse operazioni con altrettanto successo.

La caratterizzazione del metodo nella «ricerca della verità» non poteva cherisentire del sfascino discreto» del calcolo coi numeri. Dopo Hobbes, Leibniz:« Il vero metodo dovrebbe fornirci un filum Ariadnes, cioè un mezzo concreto epercepibile con i sensi che serva di guida alla mente, come... le forme delle ope­razioni che sono insegnate agli allievi in aritmetica... Per scoprire e dimostrareverità è necessaria l'analisi delle idee... che corrisponde all'analisi dei caratteri

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[scritti ]. Possiamo perciò rendere percepibile con i sensi l'analisi delle idee e gui­ ta una delle situazioni matematiche piu di base e corrisponde all'operazione psi­darla come con un filo meccanico, perché l'analisi dei caratteri è un qualche cosa cologica del contare. Ora, alcune culture non realizzano che l'operazione del con­

di ercepibile con i sensi. [Ci occorre dunque] una caratteristica della ragione, tare può venire prolungata quanto si vuole. Eppure l'universo matematico di que­mediante la quale le verità, in qualsiasi dominio, si presenterebbero alla ragione ste culture «primitive» (per esempio, nulla, uno, due, tre, molti ) è una strutturain virtu di un metodo di calcolo come nell'aritmetica e nell'algebra, purché essa perfettamente consistente, anche se oggi una matematica in cui o + o = o, o+ r =

si sottoponga al corso della deduzione. Di conseguenza, quando sorgeranno con­ = r, r + r = z, o+z = 2, z + z = 4 cioè molti, siano le uniche leggi sembra piut­troversie fra due filosofi, non sarà piu necessaria una discussione, come [non lo è] tosto povera. D'altra parte è bene tener presente che la stessa assimilazione del­

fra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano in mano le penne, l'r e del z agli altri «numeri» è conquista relativamente recente (del pensierosi siedano di fronte agli abachi e (se cosi piace, su invito di un amico) si dicano matematico del Rinascimento: cfr. l'articolo «Numero», ) r) : i pitagorici — mal'un l'altro : Calculemus!» anche molti autorevoli pensatori successivi, per esempio Aristotele — ritenevano

Sul progetto leibniziano si tornerà piu oltre (in particolare alle pp. 47-48) : che l'unità (la monade) andasse distinta dai «numeri», essendone semmai «il ge­preme per intanto a chi scrive insistere sul fatto che, si tratti di calcoli aritmetici neratore». Alcuni distinguevano dai «numeri» anche il 2 (la diade) : né va di­e algebrici o di «calcoli logici» — come le parole di Leibniz suggeriscono — è in­ menticato che il termine greco per numero, up<8páq, sembra indicare per lo piusita nel procedimento computazionale un'idea di necessità che gli stessi termini una pluralità d'individui : si è resa necessaria una notevole tensione del concetto— macchine procedura meccanica, ecc. — evocano. In La science et l'hypot èse

ldi+numero+ per cancellare distinzioni di questo tipo. Le cose si sono svolte in

( ) '1 d t tico H en r i Poincaré affermava che la stessa « invenzione modo ancor piu tortuoso per quanto riguarda lo +zero+: oggi si è soliti inserirematematica» rispecchiava la tradizionale antinomia di «necessità» e «volontà». lo zero tra i numeri naturali ogni volta che ci fa comodo (si tratta di un simboloLa creatività (matematica) non sfugge ai suoi vincoli: quando il matematico essenziale per la scrittura dei numeri, una volta adottata una notazione posizio­— proseguiva Poincaré — formula i postulati di una teoria, proponendo un siste­ nale come la per noi abituale notazione decimale). Ma lo zero è assente in moltema assiomatico, viene a collocarsi esattamente in quel punto in cui la libertà' del­ altre culture, anche matematicamente progredite: progredite, per esempio, all'invenzione si salda con il carattere di rigorosa necessità della catena di succes­ punto di disporre di strumenti — come l'+abaco+ — che consentono di eseguire lesive deduzioni. quattro operazioni fondamentali fino ad ordini di grandezza praticamente illimi­

tati che anticipano inconsapevolmente il concetto di notazione posizionale, sen­

r.z. Due piu due fa davvero quattro? za tuttavia che tale concetto venga necessariamente applicato nella numerazionescritta.

Lo spirito, avrebbe detto Simone Weil nei Cahiers, «è schiavo ogniqualvolta È sostanzialmente nella realizzazione da parte dei matematici indiani di unaaccetta legami non stabiliti da lui ». Ma nel calcolo, qual è la fonte dei legami > Con scrittura posizionale decimale che compare anche un «simbolo per il nulla», l'an­Alexander Pope potremmo anche noi chiederei : «Perché mai, o dèi, due piu ue tenato appunto del nostro zero ; ed è grazie alla mediazione araba che l'Occidente

dovrebbe far quattro?» cristiano ha potuto apprendere nel medioevo l'impiego di tali cifre, zero inclusoAl proposito vale la pena di riportare un argomento di Félix, recentemente (cfr. l'articolo +Zero+, $ ( 3.4-3.6 e 4).

ripreso da vari autori. S'immagini di entrare in un negozio e di chiedere la con­segna di due oggetti ciascuno del peso di due chilogrammi; essi vengono conse­gnati in una scatola che pesa a sua volta un chilo ; in questa confezione due c i i z. La « s tatua di Tantalo».e due chili « fanno» cinque chili. È facile obiettare che l'operazione per cui «z piu2 è uguale a 5» non è un'addizione nel senso abitualmente inteso. Ma l'addizione z.r. Ampliare il dominio numerico.abituale «z+z = 4» non è che un caso particolare dell'addizione «con confezio­ne»: i due oggetti ciascuno del peso di due chili, vengono confezionati in modo) Ma, oltre al sistema dei numeri naturali (zero incluso), che verrà denotatoche il peso della «confezione», dell'«involucro», sia zero. Si tornerà su questo d'ora in poi con N, ci sono altre specie di numeri: ogni manuale di matematica

modo di prospettare le cose. presenta d'abitudine il sistema degli interi relativi Z; quello dei razionali, Q,quello dei reali, R; infine quello dei complessi, C. In che senso queste diverse

I.3. Gli «universi» del calcolo. strutture vengono accomunate dalla parola+numero+? La risposta passa attra­verso la disamina delle motivazioni, emerse nella pratica del calcolo, ad «am­

Quanto detto piu sopra mostra come fin le piu apparenti e banali «verita» re­ pliare» il dominio numerico inizialmente costituito dai soli naturali.lative al «calcolo coi numeri» rappresentino delle conquiste. Come è una con­ Un primo punto è costituito dal fatto che il sistema N non è chiuso rispetto

quista la stessa successione dei numeri naturali (r, 2, 3, 4, 5, 6, ecc.) che rappresen­ alle inverse di addizione e moltiplicazione. Per esempio: il rapporto di due nu­

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meri naturali non è necessariamente un numero naturale. Di qui l 'emergenza, I I I I(I)

nella stragrande maggioranza delle varie culture matematiche, delle cosiddette 3 2 I o

frazioni. Ma, anche qui, la costituzione del «sistema delle frazioni» non è stataqualcosa di immediato. Nelle sue ormai classiche Lezioni sulla storia delle scienze

costituiscono una successione crescente. Per ogni numero naturale m, zero esclu­so, si ha infatti:

matematiche classiche (Vorlesungen uber Geschichte der antiken matematischen Dis­senschaften, I934) lo storico Neugebauer sottolinea come nella lingua dell'antico I I

Egitto non esistano simboli per frazioni come I7/zg, mentre per frazioni come (z) m (m — I)I /zo, I/z5, ecc. esistono soltanto simboli ove il numeratore I non compare ; perI /z, infine, si fa uso di un segno del tutto diverso da quelli che indicano le altre Estendendo la (z) al caso m= o si avrebbe

frazioni. Queste differenze a livello della notazione sono tutt' altro che irrilevanti: I I

con tutta probabilità attestano che, in tempi ancor piu antichi, frazioni come I/z, (3)O — I

I/3, z/3 venivano riguardate come numeri a sé, e non quali formazioni seconda­rie ottenute da coppie di numeri naturali. Ancora una volta — come nel caso del­ e ponendo, com' era relativamente abituale all'epoca (cfr. l'articolo «Zero», ))l'I o del z per N — devono essere state ovvie esigenze calcolistiche a indirizzare 3.4 e 5.3), I /o = infinito si ottiene infinito ( — I .verso una maggiore uniformità. Naturalmente è possibile chiudere la questione dichiarando l'espressione %

priva di significato. Ma si supponga invece di non rappresentare piu gli elementidi Z sull'usuale retta numerica ponendo convenzionalmente a destra dello zero

2.2. Il caso dei negativi. i positivi e a sinistra i negativi, bensi d'impiegare la circonferenza numerica, se­

Piu tormentata ancora la vicenda concernente i numeri «relativi» o «con se­ condo una proiezione centrale, come indicato nella figura I. I l centro di proie­

gno». Regole come «meno per meno fa piu», che ancor oggi lasciano perplesso zione K è l'unico punto della circonferenza che non ha un'immagine sulla retta :

qualche studente, parevano straordinarie a quegli algebristi del Rinascimento ma, come diceva il positivista logico Friedrich Waismann nella sua ormai classi­

che avevano appreso, tramite la mediazione araba, il calcolo di «crediti, debiti e ca Introduzione al pensiero matematico (Einfiihrung in das mathematische Denken,nulla» sviluppato a suo tempo dagli Indiani. Ancora un matematico come Lazare I936), « i matematici hanno l'abitudine, ogniqualvolta incontrano delle eccezioni,Carnot, l'autore delle Réfiexions sur la métaphysique du calcul infinitésimal (I797), di formulare le cose in modo da liberarsi di esse». È immediato constatare, dalla

dichiarava che l'idea che esistessero numeri negativi, «quantità minori del nulla» figura I, che se un punto si allontana sempre piu sulla retta numerica, il suo cor­

(cioè di zero), era assurda: i numeri negativi altro non erano che «utili finzioni » rispondente sulla circonferenza si avvicina sempre piu a K: sulla base di tale

(numeri ficti erano comunemente chiamati dagli algebristi cinquecenteschi!) che constatazione, si può convenire che K rappresenti il «numero» infinito. Con ilandavano introdotte e poi eliminate nella soluzione dei problemi per mere esigen­ che l'intuizione di Wallis è riabilitata.

ze di calcolo, Dunque, non si ofFre sempre un unico modo per ampliare un dominio nume­

Fu solo nell'Ottocento che si produsse una ricostruzione rigorosa del calcolo rico. Quando si passa da un dominio numerico a uno piu ampio, il prezzo da pa­

in Z e di quello in Q concependoli entrambi come calcoli di coppie (per le «rego­ gare è la rinunzia a qualche «proprietà formale», cioè a qualche regola di calcolo,

le» di tali calcoli vedi, per esempio, «Calcolo», ) z.8). Nei vari articoli di questa che pure valeva nel dominio di partenza; inoltre può capitare che si presentino

Enciclopedia si è in particolare presentato il calcolo in Z come un calcolo di cop­pie di elementi di N e quindi il calcolo in Q come calcolo di coppie di elementidi Z. Si sarebbe potuto (il che è meno abituale ma piu vicino all'iter storico effetti­vo) introdurre prima i razionali senza segno come coppie di elementi di N e suc­cessivamente i numeri «con segno» come coppie di razionali «senza segno», ot­tenendosi alla fine un corpo isomorfo al corpo Q ottenuto coli'iter precedente(perlanozione di corpo o campo si veda per esempio «Calcolo», $ z.4). Ma, qualedelle due vie si segua, resta il fatto che l'effettivo processo storico ha conosciutonon pochi punti critici.

Se ne ricorderà uno brevemente. Potrebbe a prima vista apparire bizzarra 5 4 — 3 — z — i 0 +i + 2 + 3 +4 + 5l'idea del matematico inglese del Seicento John Wallis di considerare i numerinegativi plus quam infiniti. Eppure il suo argomento non manca di una certa F igura i .

plausibilità: i numeri razionali La rappresentazione dei numeri relativi sulla circonferenza e sulla retta.

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Sistematica locale 40 4I Calcolo

vie differenti, ciascuna delle quali esige la rinunzia a una diverse regola di calco­ di risultati particolari concernenti le equazioni di grado superiore al quarto ; piulo. Cosi nel caso piu sopra riportato, o si vuoi mantenere la formula di due secoli dopo, infine, doveva emergere l'impossibilità di risolvere per radi­

(4) mom — r cali l'equazione generale di grado superiore al quarto : teorema di Abel e Ruffini ).Tale procedura verrà ora schematizzata brevemente. Data l'equazione

er m = o e in tal caso bisogna sacrificare la (z), oppure si preferisce ampliare ildominio numerico mantenendo la (z) e allora bisogna rinunziare alla (4). (g) x'+Px = q,

Queste «biforcazioni» bene si prestano a chiarire il gioco tra la « libera» in­ s'introducono due quantità U e T esprimendo x come differenza T — U. Postovenzione e i vincoli che sono via via posti dalle conquiste matematiche preceden­ u = Us e t= Ts si richiedeti. Nell'interpretare le varie vicende essenzialisti e nominalisti sono stati spessociechi rispetto al nucleo razionale degli argomenti degli uni e degli altri. Nel­ (6) t — u=q

l'attuale ripresa di una concezione « fallibilista» della matematica (per esempioLakatos, che ne ha sottolineato invece il carattere «quasi empirico», Kline, Da­ (7) tu =

vis e Hersch, ecc.) la «falsificazione» avviene mediante l'introduzione di nuoveentità, assimilate, via tensione di concetto, a entità piu familiari (come alcuni in modo che sia« fallibilisti », in particolare Lakatos, hanno enfatizzato) ; viceversa, la costituzio­ne di nuove ontologie matematiche può comportare «decisioni» concernenti la (8) x = Vt — Vu = T — U.

rinunzia a certe proprietà piuttosto che ad altre. In base alle note relazioni fra coefficienti e soluzioni dell'equazione di secondogrado, da (z) e da (3), per eliminazione si ottiene immediatamente:

2.3. La formula risolutiva dell'equazione di terzo grado e i numeri « imma­ginari ». (9) t =

Il primo punto di riferimento restano i problemi matematici. Un nuovo pro­blema può essere individuato proprio entro quel tipo di procedura che ha per­messo di risolvere con successo il problema di parteriza. C'è una bella metafora

u = — +

nel commento alla Regula tertia decima delle cartesiane Regulae ad directionemingenii. Una statua rappresenta Tantalo, che invano accosta le labbra a un vaso In un primo tempo gli algebristi consideravano nella (q) il radicale positivo e,colmo d'acqua per dissetarsi. « In questo vaso invero l'acqua versatavi era conte­

una volta determinati u e t, ne prendevano le radici cubiche (positive) per otte­

nuta benissimo, fino a che non era abbastanza alta per giungere alla bocca di nere dalla (8) la «cosa», cioè l'incognita x.

Tantalo; ina non appena giungeva alle infelici labbra, subito tutta scorreva via: A quell'epoca la pratica matematica si era ormai lasciata alle spalle il «trau­

sembra dunque, di primo acchito, che tutto l'artificio fosse riposto nella costru­ ma» degli irrazionali (cfr. quanto si dirà oltre, alle pp. 4z-43 ), in quanto questi

zione di tale statua di Tantalo, mentre in realtà questa non dà per nulla luogo potevano facilmente venir approssimati da numeri razionali. Qualche perplessità

alla questione, bensi l'accompagna soltanto. Tutta la difficoltà risiede infatti e­ destavano, come si è detto a p. 38, i numeri negativi. Sul piano del rigore, co­

sclusivamente in questo e cioè nel ricercare come si possa costruire un vaso in munque, era sempre possibile escludere tali «mostri », dicendo, come già aveva­

maniera che l'acqua scorra via da esso interamente, non appena sia giunta ad una no fatto gli antichi Greci, che equazioni come x = z e x +z = o non erano riso­

certa altezza, e prima invece in nessun modo». lubili. Analogamente si poteva asserire che anche un'equazione come xs + r = o

Si esaminerà ora un caso per piu versi esemplare. Il problema originario è non era risolubile, e ciò evitava di dover parlare della radice quadrata di un nu­

quello della soluzione per radicali dell'equazione generale di terzo grado, pro­ mero negativo. Ma con la comparsa del procedimento (g)-(q) le cose erano de­blema affrontato con successo dagli algebristi italiani del Cinquecento, segnata­ stinate a cambiare. Si supponga, per esempio, che l'espressione che compare

mente da Gerolamo Cardano e da Niccolò Tartaglia. Com'è noto, la procedura sotto radice nella (g) risulti negativa, evenienza che caratterizza il caso in cui l'e­

di Cardano e Tartaglia (per la priorità si svolse, tra l'altro, una celebre e dram­ quazione (5) ammette tre soluzioni reali distinte (caso «irriducibile»). Può sem­matica controversia) rappresentò, agli occhi degli stessi matematici dell epoca,d 11' brare un paradosso: nell'equazione xs= r5x +4, per esempio, mentre l'espres­il maggior contributo all'algebra successivo al tempo in cui, circa quattromila sione per la «cosa» ricavata dalla (g) appare linguisticamente assurda (poichéanni prima, i Babilonesi avevano insegnato a «completare il quadrato» per risol­

3 3x= 2+ — Izr + 2 ­ — izr contiene la radice «sofistica» — rz r ) è ab­

vere le equazioni di secondo grado. (Doveva seguire la scoperta della formula ge­ bastanza facile indovinare il valore reale dell'incognita (x = 4 è una soluzionenerale per la risoluzione delle equazioni di quarto grado; e una massa notevole dell'equazione).

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Sistematica locale 43 Calcolo

È stato un altro grande algebrista italiano, Rafael Bombelli, ad affrontare con blema di una data classe. Il termine proviene dal nome del matematico arabo al­successo questo caso «irriducibile», sviluppando nella sua Algebra (prima edi­ Khuwarizmi, vissuto verso l'85o, il «philosopho Algo» dei trattati di calcolozione: rgqz) quella che egli stesso considerava «un'idea assurda». Con equazioni medievali, i cui lavori di algebra e di aritmetica vennero tradotti in latino nel

come x» = r gx+ 4 Bombelli procedeva infatti nel modo seguente : per prima cosa secolo xn. È proprio in questi due campi — contrapposti alla geometria — che hadivideva per 3 il coefficiente del termine di primo grado ottenendo nel caso 5, lo infatti origine una pratica di soluzione di problemi mediante la manipolazioneelevava al cubo, ottenendo rz5, e quindi lo sottraeva dal quadrato della metà del di simboli.termine noto cioè da (4 : z) = 4; si trovava cosi di fronte a un numero negativo, Sono algoritmi, in particolare, tutte quelle procedure che constano di un nu­il risultato dell'operazione 4 — rz5, cioè — r zr. Bombelli accostava allora alla ra­ mero finito di operazioni elementari : esse, tra l'altro, non fanno «uscire» dal cor­

dice quadrata di rzr, cioè zr (risultato di un'operazione lecita) la locuzione «piu po Q dei razionali. Ma i fenomeni piu diversi si possono verificare se si passa adi meno». Abbreviando ora quest'ultima locuzione con la lettera i (una piccola procedure che constano di una successione infinita di operazioni elementari. Leforzatura anacronistica), è allora possibile riassumere cosi l'ulteriore procedi­ procedure per l'estrazione di radice sono appunto di questo tipo: esse, in gene­mento di Bombelli : alla metà di 4, cioè del termine noto, viene aggiunto «piu di rale, fanno uscire dal dominio Q dei razionali, come già sapevano i Greci. La sco­meno r r, cioè r ri. In altre parole siforma il «numero» z+ raie di esso si considera perta che «entità come ~z non appartengono a Q» (uno dei partiti piu estremila radice 1/ad-r ri per cui ei ottiene a+ri <il «a piu di meno » di B be l l i) della cultura matematica greca li considerava addirittura «fuori dei numeri» )analogamente si forma il «numero» z — rai la cui radice cubica dà z — ri (il «z rappresentò del resto una vera e propria crisi per la concezione — a un tempo ma­

meno di meno r» di Bombelli ) ; infine sommando z+ ri e z — ri si ricava 4, che è tematica e cosmologica — dei pitagorici e segnò una cesura tra aritmetica e geo­

appunto la soluzione cercata. metria, non sanata nemmeno con la rifondazione della teoria delle proporzioni

Come la stessa notazione qui utilizzata suggerisce, il «piu di meno» di Bom­ dovuta ad Eudosso(e pervenutaci nel quinto libro degli Elementi di Euclide) che,belli corrisponde all'unità immaginaria delle attuali esposizioni e le espressioni pur risultando applicabile anche a grandezze tra loro incommensurabili, non ave­

composite che Bombelli formava accostando ai numeri tale locuzione o l'altra va a che fare direttamente con «numeri », ma piuttosto con «grandezze».

«meno di meno» corrispondono ai numeri complessi; in particolare l'ultimo passo Per una ricostruzione «aritmetica» (ma meglio sarebbe dire «aritmetico-in­

si basa sul fatto che la somma di due numeri complessi coniugati dà sempre un siemistica») del continuo geometrico soddisfacente i tradizionali standard di ri­

numero reale. gore occorre attendere fino alla seconda metà dell'Ottocento (costruzione di R

Ecco, dunque, nuove « finzioni», gli immaginari, «anfibi tra essere e non es­ a partire da Q secondo i metodi di Weierstrass, Dedekind, Cantor, Méray, ecc.).sere» ancora per Leibniz, se non «assurdi» addirittura per il Cauchy del Cours Ma molto prima, grazie a una tradizione calcolistica che affonda le sue radici in

d'Analyse (r 8zr) : comunque, dalle proprietà sconcertanti (per esempio, il corpo culture pregreche, che la «crisi degli irrazionali » non aveva del tutto spento e che

C dei complessi non è ordinato: cfr. per questa nozione l'articolo «Calcolo», si era rinnovata al contatto con le matematiche degli Indiani e degli Arabi gli

) z.4; come già osservava Bombelli, il «piu di meno», cioè l'unità immaginariai,esperti dell «arte», da Chuquet a Cardano, da Bombelli a Cataldi, ecc. sapevano

non risulta «comparabile» con alcun numero reale), giustificati in chiave geome­ «calcolare» numeri «sordi »(da «assurdi», cioè irrazionali ) nei gradi di+appros­trica (interpretazione di Argand, Gauss e Wessel) solo agli inizi dell'Ottocento simazione+ voluta. La grande rivoluzione scientifica del Seicento sarebbe del

(cfr. per esempio quanto detto in «Calcolo», ) 3.6). resto incomprensibile se non si tenesse conto, per dirla con l'efficace frase diKoyré, della transizione dal «mondo del pressappoco all'universo della precisio­ne». Quando, tra i tanti, un Bombelli nell'Algebra esalta le procedure che per­

3. <<Fermati, attimo fuggente!» mettono di approssimare radici «imperfette» (cioè irrazionali ) «come l'homovorrà», realizza implicitamente entro la propria pratica scientifica l'intuizione

3.r. Procedure finitarie e infinitarie.— assai potente in quell'epoca — che la crescita della conoscenza è un processosenza termine cui contribuiscono, una dopo l'altra, le generazioni degli studiosi

Si potrebbe proseguire ancora ricostruendo «ampliamenti» ancor piu lonta­ e in cui ogni passo rappresenta un progresso, seppur piccolo, rispetto alle con­

ni dall'idea piu familiare di +numero+ (per esempio, numeri «ipercomplessi», quiste precedenti. In questa concezione lavorare per approssimazione significa

come quaternioni di Hamilton e ottetti di Cayley) discutendo le motivazioni che anzitutto valutazione critica degli errori : un aspetto destinato a rivelarsi sempre

hanno portato a questi nuovi «universi di calcolo». A questo punto pare però piu importante, col dispiegarsi dei vari tipi di calcolo e il potenziamento dei mez­opportuno riflettere sulla nozione comune implicita in tutti i procedimenti com­ zi tecnologici messi a disposizione.

putazionali presi via via in considerazione, Tale nozione è quella di+algoritmo+.Intuitivamente : si tratta di un insieme finito di istruzioni per operare su simboliin modo tale da ottenere in un numero finito di passi una risposta a ogni pro­

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numero di secondi trascorsi dal momento in cui si è fatta cadere la pietra. Si vo­glia ora trovare la velocità istantanea della pietra — di cui si possiede, per ora, la3.2. Il calcolo delle «flussioni» e quello dei «diflerenziali».sola intuizione fisica — per esempio dopo che è trascorso un secondo. Come fare?

Ben prima che Georg Cantor o Richard Dedekind con le loro costruzioni di Già Fermat (ma la notazione qui impiegata è quella di Leibniz) riteneva legitti­R a partire da Q o David Hilbert con la sua presentazione assiomatica di R for­ mo considerare un incremento del tempo «infinitamente piccolo» dt e il corri­

nissero quella che è stata detta «la pietra di base dell'edificio dell'analisi» evi­ spondente incremento ds della distanza (anch' esso «infinitamente piccolo») edenziando il ruolo di proprietà come la continuità in R o l'assioma di Eudosso­ definire velocità istantanea il rapporto ds/dt. Per trovare ds, l'incremento della

Archimede (cfr. su questi punti l 'articolo «Calcolo», ( 3.3), uno spregiudicato distanza, da t = t a t = t +dt si calcola la posizione della pietra per t = x che è

approccio a problemi di natura geometrica (come il calcolo delle aree e dei volu­ 4,9 x I = 4,9: e la sua posizione quando t= t +dt, posizione che è 4,9 x (r +dt)'.mi, la determinazione delle tangenti, ecc.) o cinematica (determinazione della ve­ Basta ora ben poca algebra per trovare che ds è 9,8dt+4,9dt . Dividendo per dtlocità, data la relazione tra spazio e tempo ; il problema inverso ; ecc.) dava ori­ si ottiene ds/dt, la velocità istantanea, che risulta uguale a 9,8+4,9dt. Ma poichégine a quella che Lazare Carnot doveva definire nelle Régexions «una delle ri­ si cerca come risultato finale una quantità finita, si elimina il termine 4,9dt che,

voluzioni piu rapide e felici » che mai si siano prodotte nella scienza. Non è questa essendo il prodotto di una quantità finita per una infinitamente piccola, è a sua

la sede per ricostruire, neppure per grandi linee, la storia dell'analisi, la discipli­ volta «infinitamente piccolo». Risultato finale 9,8 metri al secondo (che è il ri­na che gli Anglosassoni chiamano the Calculus, il calcolo per eccellenza. Vale la sultato corretto ).pena, però, di accennare a un punto fondamentale.

Facciamo un passo indietro. Nel libro XI delle Confessiones Agostino escla­ 3.3. Il «principio di omissione».ma: «Che cosa misuro, io Ti domando, o Dio mio, quando dico o approssima­tivamente: questo tempo è piu lungo di quello ; o precisamente: questo tempo è È questa una tipica applicazione di un principio, il cosiddetto principio diil doppio di quello> Misuro il tempo, lo so; ma non misuro il futuro che non è omissione — apertarnente teorizzato da Leibniz ma utilizzato nella pratica anche

ancora, non misuro il presente, che non occupa nessun intervallo, non misuro il dai seguaci inglesi di Newton e da Newton stesso — che consente appunto di

passato che non è piu. Ma allora che cosa misuro? Forse il tempo nell'atto che «tralasciare» nel risultato finale le quantità infinitesime: un principio che dove­passa, e non già quando è passato?» E «cogliere l'attimo fuggente», per usare la va svolgere un ruolo essenziale nella manipolazione dei «differenziali di ordine

bella espressione dello storico delle matematiche Morris Kl ine, doveva essere, superiore». Esso è incorporato, addirittura, tra gli «assiomi» del nuovo calcolo

piu di un millennio dopo Agostino, il primo grande problema di Fermat e Pascal, nella Analyse des ingniment petits di Guillaume-Franqois-Antoine, Marquis dedi Newton e di Leibniz. l'Hopital, il primo (r696) trattato di «analisi infinitesimale»: tali assiomi hanno

Si supponga di compiere in automobile un tragitto di zto chilometri in tre appunto il compito di riportare al discreto di una successione di sequenze di sim­ore. La velocità media, cioè la rapidità media di variazione dello spazio in relazio­ boli l'intuizione originaria del continuo che sottostà al nuovo calcolo. Ridurre a

ne al tempo, sarà di qo chilometri all'ora. Tale numero non rappresenta necessa­ comodi algoritmi le procedure impiegate nello studio delle aree e dei volumi oriamente la velocità in alcun istante di tempo particolare durante il viaggio. Ma se nel problema delle tangenti, ecc. era del resto per Leibniz, promotore del nuovo

a un certo istante, durante il viaggio, si guarda il tachimetro, esso indica una calcolo sul continente europeo, proprio una particolare realizzazione del suo ma­

certa quantità, poniamo 8o chilometri all'ora. Questa è appunto la velocità istan­ tematismo universale (cfr. p. 36).tanea, cioè la rapidità di variazione dello spazio nell'istante in cui si guarda il Differente (e piu vincolata alla tradizionale intuizione geometrica e cinema­

tachimetro; e non significa alcunché né per il prima né per il poi. Ma è chia­ tica) era la giustificazione del nuovo +calcolo+ offerta da Newton e dai matema­

ro che non è possibile ottenere una velocità istantanea come si ottiene una velo­ tici che in Gran Bretagna a lui facevano riferimento. Ma, prescindendo da que­

cità media, perché in un istante si percorre una distanza nulla e trascorre un tem­ sta origine bifida della nuova analisi, il vescovo Berkeley sferrava un duro attac­

po nullo : e dividere zero per zero sembra non avere senso. co contro entrambi gli approcci nel suo The Analyst ( I734), sostenendo che laPer meglio rendere lo slittamento creativo dovuto ai grandi matematici del matematica dei «differenziali » o delle « flussioni » era piu «oscura, precaria e ri­

Seicento e del Settecento, è bene riprendere un noto caso fisico (cfr. quanto os­ pugnante» di qualsiasi punto controverso della teologia. A parte le motivazioni

servato in «Approssimazione», ) t). Il movimento di una pietra che cade viene apologetiche, Berkeley ragionava pressappoco cosi: dt o è uguale a zero oppure

descritto assegnandone la posizione in funzione del tempo ; mentre cade la sua non lo è. Se dt è diverso da zero, allora anche 9,8+4,9dt è diverso da 9,8; se dt

velocità cresce, sicché la sua velocità istantanea è essa pure funzione del tempo è zero, allora anche ds è zero, e la frazione ds/dt si riduce a un'espressione priva

(Newton chiamava « fluente» la posizione e « flussione» la velocità). di significato, zero diviso zero. « Io ammetto, — osservava Berkeley, — che si pos­

Nel caso della caduta della pietra la funzione « fluente», come sappiamo da sano inventare dei segni per denotare o qualche cosa oppure niente»; ma restava

Galileo, è data dalla formula s= 4,9 t ove s è il numero dei metri percorsi e t il «un sofisma manifesto» conferire «un doppio significato» a simboli come dt nel

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calcolo piu sopra esaminato. Berkeley veniva cosi a enunciare — con esemplare sica del Novecento — considerava il tempo come qualcosa di continuo, qualcosachiarezza — quelli che sono i vincoli che il rigore impone alla libertà del matema­ che ininterrottamente fluisce. Il tempo (come altre variabili ) di un modello elabo­tico. Vincoli che non dovrebbero venir violati : altrimenti cosa distinguerebbe la rato da un computer invece è discreto : al contrario che per Aristotele, qui « la na­«scienza» dei matematici da una qualsiasi costruzione dell'immaginazione> (È tura»fa salti. Sarà allora istruttivo osservare che la stessa procedura infinitesima­difficile non farsi convincere, almeno per un istante, dal sarcasmo del Vescovo: le descritta (cfr. pp. 44-4g) a proposito della caduta della pietra potrebbe venir« Il grande autore del metodo delle flussioni... usò le flussioni come l'intelaiatura interpretata come una procedura «discreta». Basterebbe considerare dt come undi un edificio, come cosa da essere rimossa, non appena sono state trovate linee «atomo di tempo», non ulteriormente suddivisibile per ragioni fisiche, senza pe­ad esse proporzionali. Eppure tali termini finiti sono stati trovati mediante le rò ridurlo a un istante : dt non si riferirebbe piu all'intervallo tra due istanti « in­flussioni... E che cosa sono queste flussionit Le velocità di incrementi evane­ finitamente vicini », ma all'intervallo (6nito) tra due istanti distinti. Il calcolo del­scenti. E che cosa sono questi incrementi evanescenti> Essi non sono quantità le velocità istantanee verrebbe allora sostituito da un calcolo approssimato dellefinite, non sono in6nitesimi, non sono niente. Ed allora dobbiamo forse chiamarli velocità medie che, dal punto di vista concettuale, è si diverso da quello delle ve­gli spettri di quantità morte>»). locità istantanee (ed è esente dalle obiezioni di Berkeley), ma che, purché si possa

Eppure i matematici persistettero nell'impiego di quantità «infinitesimali» prendere dt abbastanza piccolo, è fisicamente equivalente a quello delle velocitàancora per un secolo, e con grande successo. Solo la reinterpretazione del calco­ istantanee. Ciò che qui ha apportato l'«era digitale» è un potenziamento senzalo infinitesimale in termini di limiti (con Cauchy) e la sua rigorizzazione (soprat­ precedenti proprio del +calcolo+ approssimato, si da rendere praticabile in tem­tutto con Weierstrass, creatore di quello «stile s-8» che si ritrova oggi nei vari pi molto brevi l'approccio «discreto» a problemi tradizionalmente abbordati contrattati sul calcolo) dovevano relegare le quantità infinitesimali nel «pantheon l'approccio «continuo». Ma i creatori del calcolo — e segnatamente coloro che,degli dèi falsi e bugiardi » come si è espresso piu di uno storico della matematica. come Leibniz, miravano espressamente all'«algebrizzazione progressiva dell'ana­Ma qualcuno ha anche sostenuto che gli antichi dèi sono stati riabilitati — e con lisi infinitesimale, cioè alla sua riduzione a un calcolo operazionale munito di unpregevoli risultati euristici — nell'«analisi non-standard» sviluppata negli anni sistema di notazione uniforme di carattere algebrico» (per dirla con Bourbaki)­'66o dal logico Abraham Robinson: Robinson ha introdotto infatti una strutturs ru ura avevano già al loro tempo realizzato come un calcolo delle differenze finite potesse4 R — che è indistinguibile formalmente dalla struttura R dei reali «standard», ma rivelarsi euristicamente utile in quanto il loro calcolo differenziale poteva venirein cui R puo venir canonicamente immersa — in cui vi sono «numeri » infiniti e in­ ottenuto da questo mediante un passaggio al limite che — osserva ancora Bour­finitesimi relativamente a ogni reale standard. baki — difficilmente «si sarebbe potuto giustificare in modo rigoroso». Questo

(Se una morale da tale storia può essere tratta è forse questa. Per usare le pa­ doppio modo di pensare è oggi un elemento fondamentale del calcolo (in non po­role di un filosofo della scienza — Dudley Shapere —, particolarmente interessato chi settori: equazioni difFerenziali ordinarie e sistemi dinamici, equazioni alleal fenomeno della scoperta scienti6ca: «A dispetto dei continui rimbrotti dei fi­ derivate parziali, calcolo delle variazioni, ecc.) e le giusti6cazioni «rigorose» ven­losofi à la Berkeley, nell'impresa scientifica si sono impiegate con successo tecni­ gono cercate via via nel contesto dell'analisi funzionale.che ed idee nonostante il fatto che, cosi come erano presentate, erano contraddit­ La seconda questione si lega per un verso a quanto si è detto poche. righe piutorie : il calcolo infinitesimale fino a Cauchy e a Weierstrass o da un altro punto

l sopra, poiché riguarda la convinzione, espressa frequentemente da Leibniz e dadl i i l li vista, fiiio a Robinson; la funzone delta di Dirac prima di Schwartz; e ancora alcuni dei suoi continuatori, che « i principi » della nuova analisi si applicano concerte tecniche di idealizzazione. Benché siamo stati addestrati a preferire la successo «tanto al 'finito, quanto all'infinito». Come s'è detto, la giustificazionecoerenza alla incoerenza... non c'è garanzia a priori che troveremo infine una rigorosa in termini di «passaggio al limite» non era possibile in quel contesto : ciòreinterpretazione non contraddittoria delle nostre tecniche e idee, contradditto­ non toglie che Leibniz ne offrisse comunque una giustificazione, anche se di tiporie ma assai praticabili» ). metafisico. Infatti: gli in6nitesimi — forse piu che i numeri negativi o gli imma­

ginari — sono non solo 6nzioni «utili», ma soprattutto «finzioni ben fondate»,

3,4. Calcolo delle diiFerenze; « legge» di continuità. ammesse in virtu di un principio, la loi de continuité (quel che è vero fino al limite,è vero anche per il limite ), che ne giusti6ca il reiterato impiego. Negli Essais de

Per chiudere questo breve accenno alla «rivoluzione» nel calcolo rappresen­ Théodicée (x7io ) Leibniz ne fornisce un interessante chiarimento: «In virtu ditata dalla «nuova analisi», si fisserà l'attenzione su due aspetti, entrambi forte­ questa stessa legge, consegue che è possibile considerare la quiete come un mo­mente presenti nell'euristica di Leibniz. vimento che scompare dopo essere stato diminuito con continuità; allo stesso

Si pensi per un momento all'oggi : gli attuali orologi digitali — piu in generale modo l'uguaglianza come una disuguaglianza che essa pure scompare, come ac­i computer ultrarapidi — rappresentano una concezione del tempo antitetica a cadrebbe se si diminuisse in modo continuo il maggiore di due corpi disuguali,quella tradizionale che — pur con tutte le possibili differenze, da Aristotele a mentre il minore resta costante ; da questa considerazione consegue che la regolaN ewton, da Leibniz a Weierstrass fino a larga parte della matematica e della 6­ generale dei corpi disuguali o dei corpi in movimento è applicabile ai corpi u­

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guaii, o ai corpi di cui l'uno è in quiete, come a un caso particolare della regola». mi matematici ancora aperti. Le cose non andarono esattamente nel senso previ­Questa metafisica loi de continuité di Leibniz contiene in nuce il principio di sto. Nel x93r Godei dimostrava che nessuna meccanizzazione della nozione di

piu di una rivoluzione scientifica. Come osservava Simone Weil, dall'esterno verità aritmetica poteva essere in grado di generare tutte le verità aritmeti che�;delle matematiche, nei suoi Cahiers(pubblicati postumi nel x95r ), intendere questo risultato implicava dunque l'esistenza di problemi aritmetici insolubili inl'uguale come caso particolare dell'ineguale e, piu in generale, «considerare il linea di principio. La convinzione — «ragionevole» nelle parole stesse di Godel­normale come caso particolare dell'anormale (cosi anche il conscio come caso secondo cui ogni problema matematico poteva essere risolto meccanicamente siparticolare dell'inconscio) comporta lo stesso rovesciamento che il considerare rivelava falsa.i numeri naturali come un caso particolare dei numeri complessi, o l'energia mec­ Si apriva cosi alla ricerca la possibilità di affrontare i vari problemi matema­canica come un caso particolare dell'energia elettrica». tici non piu tentando di costruire un+algoritmo+, bensi cercando di dimostrarne

la non-esistenza. Ma i risultati di questo genere imponevano l'uso di una defini­zione rigorosa della nozione di algoritmo. È in questo contesto che vede la luce

Le macchine «inquietanti e profetiche». nel r 93p il fondamentale articolo di Turing On computable numbers, rvith an ap­plication to the Entscheidungsproblem che, nelle parole di Godei, «dà una defini­

4.r. Algoritmi e macchine di Turing. zione precisa, completamente adeguata e generale della nozione di procedurameccanica».

Ci si collocherà ora a un altro livello di astrazione. r934-36: cinque logici Tale definizione era formulata via la nozione di macchina di Turing. Una— Godei, Church, Turing, Post e Kleene — propongono in forma parzialmente macchina di Turing (cfr. fig. z) pretende di rappresentare la forma piu generaleindipendente altrettante definizioni rigorose della nozione sottostante ai processi possibile di calcolatore numerico, mira cioè a conservare degli usuali calcolatoricomputazionali, quella di +algoritmo+ appunto. Ma perché non accontentarsi numerici soltanto le caratteristiche essenziali da un punto di vista concettuale,della caratterizzazione intuitiva (cfr. qui, p. 43)? facendo completamente astrazione dai dettagli della realizzazione pratica. È co­

Tra le molte ragioni una permetterà di riprendere la tematica implicita nelle stituita da una scorta indefinita di carta organizzata sotto forma di un nastro ret­parole di Hobbes e di Leibniz con cui si è iniziato. Ludwig Wittgenstein, nel suo tangolare suddiviso in quadratini, da un organo di «governo», e da un rneccani­Tractatus, aveva affermato perentoriamente : «L'enigma non v'è. Se una doman­ smo di lettura-scrittura che in ogni dato istante esamina un particolare quadra­da può porsi, può pure avere risposta». Si trattava di una formulazione della con­ tino del nastro. Tali quadratini possono essere vuoti o marcati con i simboli «r».vinzione — che il neopositivismo contribuirà a rafforzare nella comunità scienti­ D'altra parte, l'organo di governo può trovarsi in uno tra un certo numero finitofica — secondo cui ogni genuino problema scientifico può essere risolto applican­ di stati, che possono essere pensati come configurazioni diverse di un sistema dido una procedura generale di carattere meccanico. Molti secoli prima, una con­ ruote dentate oppure come diversi livelli di voltaggio. Dato il contenuto del qua­vinzione di questo tipo aveva guidato gli sforzi di Lulla e dello stesso Leibniz(cfr. p. 35) verso la costruzione di un «calcolo universale» capace di generaretutte le possibili verità e di risolvere quindi tutti i possibili problemi. Inutile dire Meccanismo di lettura-scritturache tali sforzi erano falliti. Ma intanto un'idea estremamente feconda era venutaalla luce. Possono infatti essere viste come realizzazioni parziali del «sogno» di NastroLullo e di Leibniz i molti problemi che dal Seicento in avanti i matematici riu­scirono a ridurre in forma algoritmica (cfr. del resto quanto osservato per l'ana­lisi alle pp. 45-4y). Nella stessa direzione si erano mosse anche le prime ricerchesulle macchine calcolatrici. Dalla macchina «aritmetica» di Pascal fino alla mac­china «analitica» di Babbage, verso la metà dell'Ottocento. Di piu, in questostesso periodo di tempo, il matematico George Boole riusciva a mostrare la na­ Organotura algoritmica di alcune importanti operazioni logiche, estendendo cosi la no­ di

zione di calcolo dal suo tradizionale campo di applicazione quantitativo a quello governo

qualitativo. E allo sviluppo di calcoli «qualit tivi » sempre piu potenti e generalilavorarono a cavallo tra Ottocento e Novecento prima Gottlob Frege, poi Russell Figura z.

e Whitehead, e, sia pure in un'ottica diversa, il grande matematico tedesco Da­ Il modello fisico di una macchina di Tur ing. La sua struttura è estremamente sem­

vid Hilbert. «In matematica non si dànno Ignorabimus», scriveva quest'ultimo plice, come pure lo sono le operazioni elementari che è in grado di svolgere. Eppure è ingrado di risolvere qualunque problema matematico per cui si disponga di un «algoritmo»,nel presentare al Congresso dei matematici del r9oo una lista di ventitré proble­ cioè di una procedura meccanica di soluzione.

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dratino esaminato dal meccanismo di lettura-scrittura, e lo stato dell'organo di dine) ammette o meno una dimostrazione entro di esse. Esso si rivelò equivalentegoverno, quest'ultimo può cambiare stato e impartire al primo o nessuna istru­ a un problema molto piu importante entro la teoria degli automi: costruire unzione, nel qual caso la macchina si arresta, oppure una delle seguenti quattro algoritmo che determini se il tempo di esecuzione di un arbitrario programma è oistruzioni; spostarsi un quadratino a destra, spostarsi un quadratino a sinistra, meno finito. Si trattava di un risultato di impossibilità che doveva svolgere entroscrivere il simbolo «r» sul quadratino esaminato (qualunque sia il suo contenuto) questa teoria lo stesso ruolo di analoghi teoremi di impossibilità in matematicae infine cancellare il suo contenuto (qualunque esso sia). (si pensi al teorema di Abel-Ruffini) e in fisica (per esempio : è impossibile un

Il funzionamento di una particolare macchina sarà allora completamente de­ perpetuum mobile del I tipo, è impossibile un perpetuum mobile del II tipo, è im­terminato da un programma consistente in un insieme finito di istruzioni, cia­ possibile lanciare un segnale a una velocità maggiore della luce, ecc.). [G. G. escuna delle quali specificherà — dato lo stato dell'organo di governo e il conte­nuto del quadratino esaminato dal meccanismo di lettura-scrittura in un datoistante di tempo — lo stato successivo del primo e quale delle quattro operazionideve eseguire il secondo.

Apéry, R., e altri

4.z. Risultati di impossibilità. tg8z Pe nser les mathématiques. Séminaire de philosophie et mathématiques de l'Ecole normalesupérieure, Seuil, Paris.

'l'utto qui, concettualmente. Nulla di piu banale, sembrerebbe. Alla luce Apostol, T. M.I969 Ca l culus, Wiley, New York rg6gs (trad. it. Boringhieri, Torino t977-78).di qucst'analisi, non possono che sembrare stravaganti le visioni apocalittiche di

Baron, M.Samuel Butler in Erewhon(rg f z) in cui si racconta di una sanguinosa rivolta rg6g Th e Origins of the Infinitesimal Calculus, Pergamon Press, Oxford - New York.contro le macchine onde evitare che esse prendano il sopravvento sull'uomo. Bochner, S.'l'uttavia, c'è chi — come Claude Shannon, il creatore della teoria dell'informa­ tg66 Th e Role of Mathematscs in the Rise of Science, Princeton University Presa, Princetonzione — le ha descritte come «inquietanti e profetiche». Perché? La ragione di N.J.fondo è che — nonostante il carattere elementare delle operazioni di cui è capace Bos, H. J. M.

una macchina di Turing e la semplicità della sua struttura — non siamo a cono­ t97« Differentéals, higher-order digerentials and the derivation in the Leibnizian calculus, in«Archive for History of Exact Sciencess, XIV, pp. t -go,

scenza di alcun algoritmo (in senso intuitivo) la cui esecuzione non sia program­ Bottazzini, U.mabile su una macchina di Turing. La tesi che avanzò allora Turing (nota so­ rg8 r ll c a lcolo sublime. Storia dell'analisi matematica da Euler a Ifreierstrass, Boringhieri, To­prattutto come tesi di Church) è addirittura che dato un qualunque algoritmo (in rino.

senso intuitivo) esista una particolare macchina di Turing in grado di eseguirlo. Bourbaki, N.

Di piu egli dimostrò che, se questo è vero, allora esiste un'unica macchina di tg6o El é ments dhistoire des mathématiques, Hermann, Paris (trad. it. Feltrinelli, Milano t963).

"l'uring (detta universale) in grado di eseguire qualunque algoritmo, in grado cioè Boyer, C. B.tg68 A H i s tory of Mathematics, Wiley, New York (trad. it. Isedi, Milano tg76).di «simulare» il comportamento di ogni particolare macchina di Turing. Teore­

ma questo che è all'origine delle ricerche di John von Neumann sulle macchine Browder, F.[t97y] (a cura di) Ma thematical Developments Arising from Hilbert Problems. Symposium inche si «autoriproducono». Un'ulteriore evidenza a favore della sua tesi la pro­ Pure Mathematics, Northern Illinois University, r974, American Mathematical Society,

dusse lo stesso Turing dimostrando l'equivalenza tra la sua definizione e quella Providence R. I. 1 976.

di Church. Non solo, ma tutte le definizioni alternative si rivelarono equivalenti Courant, R., e Hilbert, D.

alla prima. La superiorità della definizione di Turing consisteva essenzialmente t953-62 Methodsof MathematicalPhysics, z voli., Interscienceand Wiley, New York - London.

nel fatto che approssimava il modo in cui effettivamente si svolgono i processi Davenport, H.tg7o Th e Higher Arithmetic. An Introduction to the Theory of Numbers, Hutchinson, Londoncomputazionali, sembrava anzi cogliere le loro caratteristiche essenziali.

I970 .'l'anto piu sorprendenti allora i risultati di insolubilità ottenuti dallo stesso

Davis, Ph. J., e Hersch, R.Turing e da molti altri. Tra questi, forse il piu interessante matematicamente è t g8 t Ma t h ematical Experience, Birkhauser, Boston.quello concernente l'insolubilità del decimo problema di Hilbert: costruire un al­ Dieudonné, J.goritmo che determini se una certa classe di equazioni (dette diofantine) ammette sg68 Ca lcul infinitesimal, Hermann, Paris.o meno una soluzione in numeri interi relativi. Il piu interessante filosoficamente rg69 Fo undations of Modem Analysis, Academic Presa, New York.

è quello concernente l'insolubilità del cosiddetto problema della decisione(otte­ z977 Panorama des mathématiques pures. Le choix bourbachique, Gauthier­villars, Paris.t98t Hi st ory of Functional Analysis, North-Holland, Amsterdam.nuto dallo stesso Turing ) : costruire un algoritmo che determini se una arbitraria

formula appartenente a una certa classe di teorie matematiche (dette del prim'or­Dieudonné, J., e altri

1978 Ab régé d'histoire des mathématiques (syoo-rgoo), Hermann, Paris.

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Sistematica locale Calcolo52 53Dugac, P. Randell, B.

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oZ

UJ AbacoS

È caratteristica fondamentale dell'uomo l'essere in grado di costruire stru­menti mediante i quali egli si pone in condizione di esercitare un'azione che

/,// .va oltre le sue facoltà strettamente biologiche. L'invenzione e l'uso di tali stru­

/.j j menti, ossia la tecnica, riguardò dapprima le sfere d'interesse vitale delle atti­

Q Cjl I/ vità meccaniche e chimiche, per poi estendersi a bisogni di tipo essenzialmenteQ CO

Z III

/j sociale. Di questi ultimi fanno parte, innanzitutto, la tecnicizzazione della co­municazione, della numerazione e del calcolo.

z ' j1, Il concetto di numero si forma assai tardi e, al di là di una certa quantitàIl zI1 o v Q (dipendente del resto dal grado di sviluppo culturale), sfugge ad ogni facoltà

cCQ Z rappresentativa: l'uomo ha cominciato dunque col servirsi di quantità ausiliarie.

QCome in ogni altro ramo della tecnica, anche qui si ricorre in primo luogo a

certe parti del corpo umano, in particolare alle dita: in tal modo ha origine il/~­L calcolo, origine che del resto influisce ampiamente in quasi tutte le lingue sulla

determinazione dei caratteri numerali, ma comunque non consente di rappre­

1Io Z Q Z o M

CL"

sentare agevolmente i valori piu elevati.

O C C

In secondo luogo, per ritenere una certa quantità si ricorre ad oggetti d'usocomune e d'ugual forma, come sassolini, bastoncini, grani, ecc.

In terzo luogo, l'intero sistema finisce per divenire uno strumento artificiale,U'IU

quale un bastone segnato con delle tacche o un quipu (cordone a nodi degliI l Inca), oppure in forma di cifre presso i popoli che conoscono la scrittura.

VJZ VC)

Nel passaggio dalla seconda alla terza fase si compie un processo mentale,i jil premessa di tutti i metodi di calcolo successivi: mediante aggruppamento di

RQ I 'LLI

Ppiu unità la serie numerica diviene prontamente aflerrabile. L'aggruppamento

":I di 5, zo o rz unità in un'unità d'ordine superiore avviene presso tutti i popoli,1, o

CI prima ancora che la lingua abbia avuto modo di formare l'intera serie dei nu­merali. Per questo anche nelle lingue piu evolute si possono ravvisare tracce

e, Q," degli aggruppamenti primitivi : s i consideri ad esempio il greco rrsp.wágs/vj ! 'contare per cinque' (e generalmente 'calcolare') o i l f r ancese quatre-r/ingt

'/<3l1 'ottanta' (letteralmente 'quattro volte venti' ).

/'- - ! Le unità dei vari ordini, che includono ordini di numeri in successione ascen­

,1 ICIl '',1 LUCO rICJ - j

LUl ', CC dente, si formano spontaneamente, e il sistema che ne risulta non sempre ub­

Il Ul rrV 1/ r bidisce alla logica matematica. Cosi la numerazione sessagesimale babilonese,

CI jr pur fondandosi sulla serie esponenziale del numero 6o, fa uso altresi del numeroro come unità d'ordine secondaria. I Maya, dal canto loro, aggruppavano le

oZ

B

O 'U unità semplici sotto il ro, quindi sotto il zo e le potenze di quest'ultimo numero(zoo, 8ooo, r6o ooo). La moneta medievale si fondava su una contaminazionedel sistema duodecimale con quello vigesimale.

CLLL Q B U: A quantità ausiliarie ed alla suddivisione in unità d'ordine vieppiu elevato

Q COsi ricorreva in quanto esse erano atte a r) ritenere delle quantità di certi oggetti, ea) addizionare o sottrarre. Per tutte le altre necessità, in particolare per molti­plicare e per dividere, si dovette elaborare un metodo specifico.

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Abaco 6667 Abaco

operazioni elementari di moltiplicazione. Un'altra parola greca per 'calcolare',x. I p r i m ordi dell'abaco.

$71q>t+tv (da /aq>oq 'sassolino', lat. calculus), come pure le espressioni latinecorrispondenti calculos ponere e(nel medioevo) calculare, indicano l'esistenza di

Come oggi, nell'insegnamento che viene impartito ai bambini, la moltipli­ un metodo di calcolo primitivo che consentiva già di eseguire delle moltipli­cazione viene ricavata a partire dall'addizione, si può senz'altro ritenere che in cazioni elementari.origine gli uomini, a partire dalle stesse premesse, eseguissero empiricamente Esso consisteva probabilmente nel trasporre il moltiplicando in tante fi le

di pietruzze disposte l'una sotto l'altra, quante lo richiedeva il moltiplicatore:

• • O • • • • • • • • • • • • • • • • •quindi le pietruzze venivano contate e il numero ottenuto messo per iscritto.

• • • • • • • • • • • O • • • • • • • •

Una variante di questo metodo presso gli Egiziani, che conoscevano la scrittura,è indicata da due papiri del Brit ish Museum: un quadrato formato da dieci

• • • • O • • • • • • O • • • • • • • • puntini per dieci (fig. r) era evidentemente destinato a facilitare l'esecuzione di• • O • • • • • O • • • • • • • • •

• •

moltiplicazioni comprese entro la tavola pitagorica; coprendo una parte del

• • • • • • O • • • O • • • • O • • • •

quadrato oppure tirando delle linee se ne può ricavare qualsiasi risultato, inanalogia con il metodo del calcolo eseguito con le pietre.

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Che questo genere di soluzioni empiriche, il cui schema fondamentale è• • O • • • • • • • • • • • • O • • • •

inerente alla facoltà astrattiva dell'uomo, si ripresenti di continuo, è attestato,

• • • • • • • • • • • • • • • • • O • •

per esempio, dall'invenzione che un artigiano cinese fece nel t t)gt) (fig. z) :grazie ad essa è possibile moltiplicare tra loro numeri di piu c ifre (tenendo

• • O • • O • O • • • • • • • • • O • • conto, naturalmente, del sistema accettato, che in questo caso è quello deci­

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

male) per mezzo di semplici dadi oppure graficamente, senza che sia richiestauna conoscenza specifica del calcolo.

Figura x.

Tavola per eseguire moltiplicazioni dal papiro t o t 84 (Salier 4), British Museum (a si­nistra) ed esecuzione della moltiplicazione 7 x 8 secondo il sistema egiziano. z. Or i g ine dell'abaco.

Per abaco s'intende uno strumento che consente di eseguire le quattro operazioniO fondamentali con numeri interi positivi e con fra ioni semplici fino ad ordini di

O É1 ÉI 7 O O grandezza praticamente illimitati, e in cui il concetto di numerazione posizionale èinconsapevolmente anticipato, senza tuttavia ch' esso venga necessariamente ap­

O plicato nella numerazione scritta.Qui è presupposta la conoscenza della serie numerica oppure della nume­

razione scritta, ordinate con chiarezza mediante la loro suddivisione in unità diO ordine diverso e ascendente, nonché la conoscenza e l'uso della tavola pitagorica.

Bisogna ritenere che queste condizioni si verifichino necessariamente quandol'attività tecnico-amministrativa % commerciale raggiunge un determinato

O Él livello. Tuttavia questo livello, conseguenza dello sviluppo sociale e dell'or­O O ganizzazione statale, venne raggiunto (nell'antichità e nel medioevo) indipen­

O Él dentemente in aree diverse di civiltà. Di conseguenza, strumenti di calcoloadeguati fecero la loro comparsa in Mesopotamia, nei paesi del Mediterraneoorientale, nell'Asia orientale, in America.

a) Disposizione dei fattoti h) Riordinamento. c) Soluzione = 735. L'esistenza dell'abaco non è direttamente accertata a Babilonia, tuttavia sia35 x zt. il ritrovamento di tavole di moltiplicazione con quadrati fino a 743, r isalenti

al principio del n millennio a. C., sia l'impiego di una numerazione posizionaleFigura 2. dotata di segni per i posti vuoti (quasi-zeri), d'epoca posteriore, depongono inMoltiplicazione secondo il metodo di Yu Chen-shan. favore della presenza e dell'uso dell'abaco.

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Abaco 68 6tl Abaco

L'esistenza di economie e di sistemi di computo assai evoluti anche nel­l'Egitto del Nuovo Regno ed a Creta, e le esigenze commerciali delle città 3. I . Numerazione.fenice, fanno supporre una contemporanea presenza dell'abaco nel Mediter­raneo orientale. L'abaco egiziano è tuttavia documentato soltanto nel v secolo Le unità dei vari ordini del sistema decimale sono rappresentate sull'abacoa. C. da un passo di Erodoto [Storie, II, 36] : «Gli Elleni scrivono e fanno il per mezzo di linee verticali (presso i Greci ed i Romani ) oppure orizzontali (aconto portando la mano da sinistra a destra, gli Egizi da destra a sinistra». partire dal Inedioevo). Talvolta sono utilizzati a tale scopo gli spazi compresi

Non vi sono dubbi, invece, circa la forma ed il modo d' impiego dell'abaco tra le linee (spatium), solitamente riservati ai valori intermedi dei numeri ro­greco — prodotto senz'altro di una delle civiltà summenzionate —, il cui nome mani (V, L, D). La tavola viene divisa in due parti onde poter disporre gli uni('superficie piana, tavolo, tavola per far d i conto') ed i l cu i uso passarono accanto agli altri gli addendi o i fattori. Le unità delle migliaia vengono spessoai Romani. Una dozzina di abaci greci in marmo, nonché un gran numero indicate con una X.di passi in autori classici ed alcune figure, ne facilitano la ricostruzione. Ci L'atto di disporre i numeri — a mezzo di pietruzze o di gettoni — si chiamavasono pervenuti anche alcuni èsemplari d'abaco, piccoli e maneggevoli, d'epoca numerazione e veniva eseguito in conformità al sistema delle cifre romaneromana. (fig. 3). Ecco perché i segni numerici romani continuarono a vivere in stretta

Ora, mentre tutti questi tipi di abaco, in parte ipotetici, dovrebbero avere simbiosi con l'uso dell'abaco, anche quando le cifre arabe fornirono una facileun'origine comune, lo stesso non può dirsi dell'abaco dell'Estremo Oriente. alternativa.

L'abaco cinese (s«san pan), posto talvolta in rapporto con quello romano, L'abaco, d'altra parte, dovette essere preferito anche in epoca successiva sebenché documentato soltanto a partire dal xln secolo, ebbe un'evoluzione al­trettanto indipendente della numerazione scritta cinese, simile anch' essa aisistemi occidentali. Ciò è dimostrato principalmente dalla piu che millenariaesistenza dei bastoncini ciau (in giapponese sanghi), che, nell'operazione dicalcolo, venivano disposti su di un'asse secondo principi simili a quelli regolantil'uso dell'abaco. Al piu presto attorno al I6oo, poi, lo swan pan passò(con ilnome di soroban) in Giappone, ed un po' piu tardi in Russia. Queste palline Oordinate su fili o su asticelle sono cosi maneggevoli che lo stoan pan è l'unicaforma di abaco che sia sopravvissuta fino ad oggi.

Anche l'esistenza dell'abaco nell'America precolombiana è soltanto ipote­tica; tuttavia è corroborata da una serie d'indizi. Innanzitutto un calendario MDCCCCLXXVIstraordinariamente raffinato, che si serviva di una numerazione scritta facente Figura g.uso del valore posizionale e dello zero (presso i Maya), ed inoltre due figure

Il numero sp76 rappresentato mediante gettoni disposti su linee.di provenienza azteca ed incaica, fanno pensare che già in epoca precolom­biana fosse nota una forma d'abaco simile a quella esistente nell'emisferoorientale.

Ciò non significa che non siano esistiti abaci in altre civiltà, di cui non siparlerà in questa sede: per esempio è quasi fuor di dubbio che in India, paese

Cd'origine delle cosiddette cifre arabe, si praticò nella tarda antichità un metododi calcolo che doveva necessariamente condurre alla loro scoperta.

O O O O O3. Il calcolo con l'abaco.

Groschen O O O O O O OL'abaco occidentale, la cui ininterrotta esistenza per due millenni deve con­

siderarsi provata, servirà qui ad il lustrare i t ipi di calcolo piu comuni, Data Denare O O O O Ol'oscurità delle prime descrizioni dell'abaco in nostro possesso, risalenti almedioevo, ci si baserà sui manuali del xvl secolo, utilizzando anche i termini Figura 4.tecnici in essi contenuti e desunti dalla tradizione medievale. atg Gulden, 7 Groschen, g Denare disposti fra le linee.

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7I Abaco

si trattava di eseguire calcoli sulle unità monetarie o con sistemi di misura. Ivantaggi dell'abaco risultavano evidenti, per esempio, quando si trattava di fardei conti in fiorini, sapendo che un Gulden conteneva zi Groschen, e un Groscheniz Denare (fig. 4).

78z + z39 Elevazione = 1 0 2 I Si comprenderà allora perché la scomparsa dell'abaco dalla sua ultima rocca­forte — l'amministrazione finanziaria statale francese — abbia coinciso con l'in­troduzione dell'ordinamento decimale nei sistemi monetario e di misura.

3.2. Addizione e sottrazione.

Dopo aver trasposto i due valori numerici l'uno accanto all'altro sull'abaco, igettoni venivano (nel caso dell'addizione) raggruppati, contati e risolti in unità

— 375 + 7z4 Risoluzione I Risoluzione IId'ordine superiore, e quindi elevati : cioè, gettoni del medesimo ordine numerico

7z4 ­ 375 — 300 — 70che venissero ad essere in quantità superiore a Io (oppure a 5), venivano tolti esostituiti da un gettone d'ordine superiore ; questa operazione veniva compiutaprima sulle unità, elevandole a decine, poi sulle decine, elevandole a centina­ia, e cosi via. Infine si leggeva la somma ottenuta e la si metteva per iscritto(fig S)

O Per fare una sottrazione, il sottraendo doveva venir disposto sulla sinistra)

7

Risoluzione III e l operazione era eseguita sulla parte destra dell'abaco (fig. 6). Qui si trattava,— 5 = 349 poi, non di elevare le unità inferiori ad unità superiori, bensi di r isolvere le

unità d'ordine superiore in unità d'ordine inferiore (risoluzione).

3.3. Moltiplicazione.O

Quale fase preparatoria di questa operazione vanno indicati il raddoppiaree il dimezzare, che venivano considerati come una categoria a parte Se per esem­

pio si trattava di calcolare z3 x 64, si procedeva raddoppiando il primo nu­O mero tante volte, quante era possibile dimezzare il secondo (46 x 3z, tIz x I6,

ecc.), finché non si arrivava al risultato desiderato (I472 x I ). In presenza dinumeri dispari, si operava correttivamente sui resti.

z73X45 = z73X4o z73 X5 = iz r85 La moltiplicazione vera e propria comportava una difFicoltà maggiore, so­prattutto perché richiedeva la conoscenza della tavola pitagorica. A questa ca­renza si rimediava spesso con l'ausilio di tavole di calcolo. In questo caso, però,

Divisore 5 occorreva determinare con precisione, ad ogni passaggio, la disposizione delle

X unità di conto: infatti qui s'incorreva spesso in errore. La moltiplicazione co­minciava sempre dai valori piu alti (fig. 7) ; il moltiplicatore, solitamente, non:5 veniva segnato sulla tavola, ma — come è detto in un manuale di calcolo­

O :5T I > «tenuto a mente, ricordato con l'aiuto delle dita oppure messo per iscritto».

O I O 3.4. Divisione.

Dividendo Scomposizione Scomposizione S c omposizione Quoziente Resto Essendo questa operazione di gran lunga la piu difFicile, i manuali di cal­"57:5 I III 23 I colo consigliano molti metodi di divisione, i quali tuttavia — soprattutto in certi

casi — rischiano sempre di condurre a dei punti morti. La determinazione degliFigure 5-8.

1 e quattro operazioni eseguite sull'abaco. Dall 'alto in basso ; addizione, sottrazione,moltiplicazione, divisione.

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Abaco 72 Abaco

esatti valori posizionali delle divisioni singole viene resa piu complicata dalla di calcolo sono spesso menzionati nei testi. Il Quadrivio comprendeva l'inse­risoluzione delle unità d'ordine superiore, che si rende necessaria quando il gnamento dell'aritmetica; tuttavia gli autori, da Boezio, a Beda, a Gerberto,dividendo è minore del divisore. menzionano l'abaco solo di sfuggita.

Eppure anche qui si r ivelò la grande funzione didattica dell'abaco nella A partire dal xv secolo, in tutte le città si trovano delle scuole di calcolo,scoperta e nell'applicazione consapevole del principio posizionale: se, per e­ spesso delle corporazioni, che riunivano i maestri di calcolo (nel r6rg Norim­sempio, si ha da dividere 279 per 9, i due gettoni disposti sulla linea delle cen­ berga aveva già 48 maestri). A volte l'insegnamento era gratuito. Un documentotinaia devono venir risolti in zo sulla linea delle decine, affinché sia possibile della città di Rostock, nella Germania settentrionale, afferma infatti esplicita­eseguire la divisione. Un semplice esempio basta ad illustrare questo principio mente che il maestro di calcolo deve insegnare «gratuitamente a tutti i fanciulli(fg. 8). senza distinzione... a scrivere, a far di conto e a tener la contabilità».

Si sono cosi brevemente delineati i calcoli che venivano eseguiti sull'abaco Grande importanza ebbero altresi i manuali di calcolo (in particolare quelloeuropeo del tardo medioevo : o almeno quelli che bastavano a soddisfare le esi­ del Recorde in Inghilterra, del Clichtovaeus in Francia, del Perez de Moya ingenze di un semplice mercante o d'un'amministrazione comunale. I manuali di Ispagna, del Riese in Germania e del Frisius in Olanda), che, apparsi soprat­calcolo, tuttavia, insegnavano anche a risolvere problemi piu complessi, come tutto con lo scopo d'introdurre le cifre arabe, contribuirono a diffondere, a par­calcoli monetari, calcoli degli interessi e persino estrazioni di radici : assai di ra­ tire dall'ultimo quarto del xv secolo, l'uso dell'abaco. Uno di questi autori,do però tali calcoli venivano praticamente eseguiti. I

Petrus Apianus, osserva nel r5z7 che le monete per far di conto sono maggior­mente usate del calcolo con le cifre,'ed il piu famoso di essi, Adam Riese, scrivenella prefazione al suo Rechnung au/f der Linihen und Federn ( I529) : «Nel corso

L'abaco nella vita quotidiana. della mia attività di ammaestramento della gioventu, ho t rovato che coloroi quali principiano a calcolar sulle linee [ossia sull'abaco], finiscono sempre

Può sembrare ovvia l'affermazione che la scrittura costituisca una conquista per diventare piu abili e piu spediti nel calcolo di quelli che cominciano condell'uomo posteriore alla conoscenza della numerazione scritta e del calcolo. le cifre».Tale affermazione acquista però importanza quando si consideri che nell'anti­ Questa considerazione è suffragata dall'esperienza didattica odierna, la qua­chità e nel medioevo esisteva uno strato sociale incivilito, composto di contadini, le, fondandosi parimenti sull'uso d'.insiemi concreti, insegna agli scolari gli ele­di cittadini e persino di mercanti, che doveva e sapeva far di conto pur senza menti primi del calcolo. Qui è opportuno aggiungere che il diffusissimo pal­essere in grado di scrivere. Nell'introduzione del Livre des Getz ( = desj etons), lottoliere (boulier) usato dai bambini trae origine dall'abaco russo (scoty), etesto francese della fine del xv secolo, è detto espressamente che «vi sono molti ch' esso venne introdotto in Occidente dopo il r8iz dal francese Poncelet, sullamercanti che non sanno né leggere né scrivere, ma devono per forza saper con­ base di una sua esperienza nella regiòne della Volga. È cosi che ancor oggi moltitare bene». L'attività commerciale, l'amministrazione di una proprietà fondiaria scolari imparano le operazioni fondamentali sull'abaco.e persino il cambio di valuta sono concepibili anche senza la conoscenza dellascrittura, ma non senza quella dell'abaco. 4.z. Impiego dell'abaco nella sfera privata.

4.r. L'apprendimento. Un maestro di calcolo tedesco della metà del xvr secolo, Michael Stiefel,afferma non esservi «governo d'una casa, per piccolo e cattivo che sia, a cui non

L'apprendimento del calcolo fu, sin dall'antichità, legato a quello del leggere torni utile tenere una contabilità», e che questa viene «appresa in modo straor­e dello scrivere. I l fanciullo romano è definito «puer l i tteris elementariis et dinariamente facile grazie alle monete per far di conto [cioè l'abaco]». Testimo­calculo imbutus» [Giulio Capitolino, Pertinax, i , 4 ]; inoltre viene esplicita­ nianze letterarie [Giovenale, Satirae, IX, 4o ; Marziale, Epigrammata, II, 48, 2]mente affermato ch' egli si recava a scuola con la tavoletta per il calcolo e i sas­ provano che anche nell'antichità l'amministrazione domestica faceva uso del­solini [Orazio, Satirae, I, 6, 74]. Una caricatura d'epoca romana ci ha conservato l'abaco : ancor meglio ciò può desumersi da un rilievo dell'età imperiale, in cui èun'immagine di vita scolastica, in cui compaiono scolari con tavoletta per scri­ raffigurato un moribondo nell'atto di suddividere i suoi beni tra gli eredi, convere ed abaco. accanto un servitore che addiziona su di un abaco le somme di denaro.

I maestri di calcolo romani o calculatores(da non confondersi con i calculo­ Naturalmente l'uso dell'abaco è molto piu frequente presso mercanti ednes, che erano gli schiavi che facevano di conto ) percepivano, in base alle tariffe usurai, dei quali già nelle lettere di Alcifrone un contadino si lamenta con questeretributive di Diocleziano, un compenso maggiore dei maestri elementari, ma parole: «È un tormento questa gente, che fa di conto con dei sassolini e pie­tuttavia minore degli insegnanti di geometria o arenarii. gando le dita» [I, z6]. Anche la prima raffigurazione pervenutaci di un panno

La documentazione riguardante il medioevo è scarsa, anche se gl'insegnanti per eseguire calcoli, che si trova in un manoscritto inglese del xrv secolo, reca la

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Abaco Abaco74

dicitura « tavola mercantile per tutti i conti ». Scrive il contemporaneo Chaucer :«dispose davanti sulla sua tavola per i conti i suoi libri e molti gettoni»... g.i. Scomparsa dell'abaco in Occidente.

Nelle numerose stampe dei secoli xv-xviii , da Urs Graf fino a Hogarth, sipossono veder rappresentati banchieri, commercianti e r igattieri nell'atto di Di per sé il caso dell'Italia dovrebbe essere tipico: l'introduzione delle cifreeseguire calcoli sull'abaco. arabe, che papa Silvestro alla fine del x secolo applicò all'abaco, e che — due­

Che questo stesso strumento di calcolo fosse altrettanto familiare persino cento anni piu tardi — il Fibonacci indicava già come piu pratiche nella tecnicaal semplice contadino, può desumersi dal monologo del giovane pastore nel commerciale, determinò senz'altro la scomparsa dell'abaco. Né gli svariati LibriWinter's Tale di Shakespeare [IV, ii], come pure dal fatto che in Ungheria quel d'abaco né i numerosi abachetti (brevi manualetti di matematica elementare)metodo di calcolo viene espressamente designato come «calcolo del contadino». menzionano l'abaco ; non si ha notizia di alcun gettone coniato in Italia. L'I talia

deve questa rapida e conseguente trasformazione alla sua posizione d'avanguar­dia nella tecnica finanziaria e nella contabilità medievali; o forse — e questo4.g. Impiego dell'abaco nell'amministrazione.resta da vedere — il rapporto causale è inverso. Comunque, un autore italiano

L'amministrazione cittadina e statale non ha mai potuto fare a meno del­ del xv secolo dice esser l'abaco in uso «hodie apud barbaros».l'abaco. Ad Atene esso veniva impiegato sia nello scrutinio delle votazioni sia Nel resto dell'Europa il processo fu piu complesso. Una delle ragioni di ciònel calcolo degl'interessi. potrebbe essere il fatto che in quei paesi comparve l'abaco a linee orizzontali,

Nel medioevo i sovrani non r i tenevano lesivo della loro dignità prender assai piu pratico e sul quale il calcolo veniva eseguito piu speditamente. I mer­

parte personalmente alle operazioni contabili. Di Carlo il Temerario di Borgogna canti italiani, inoltre, erano stabilmente in contatto con commercianti arabi, esi legge: «lui stesso siede a un capo del tavolo, disponendo dei gettoni e calco­ ciò rese consueto l'uso delle cifre arabe. D'altra parte, la scrittura stessa era

lando come gli altri, e non c'è differenza tra loro in questo esercizio se non che meno diffusa nell'Europa settentrionale che non in Italia.il duca usa gettoni d'oro e gli altri d'argento». A ciò vanno aggiunti i noti svantaggi delle cifre arabe, facili da contraffare e

Le monete per far di conto (i gettoni sono un'invenzione dell'amministra­ mal applicabili ai sistemi monetari e di misura non decimali; inoltre, l 'alto

zione statale francese del xiii secolo ) sono dapprincipio prodotte, come attività costo della carta. Particolare difficoltà presentava poi la comprensione dellosecondaria, dalle zecche, in seguito da maestri specializzati, e finalmente diven­ zero, ch' era considerato un segno — secondo quanto afferma uno scrittore te­

gono di uso comune. desco dell'epoca — «che procura fatica e cagiona confusione».

La camera dei conti della casa reale inglese si chiamava «Court of Green Ma nel xvi secolo la svolta era ormai prossima. Maestri e manuali di cal­Cloth», perché i conti venivano eseguiti sopra dei panni verdi. Panni consimili colo propagavano il nuovo sistema, l'analfabetismo era in regresso. L'abaco

venivano usati dall'amministrazione bavarese attorno al i7oo, e ci sono stati cominciò con lo scomparire dalla contabilità privata: in Inghilterra, prima an­

conservati: su di un panno verde sono cucite delle cordicelle gialle, e le abbre­ cora della rivoluzione; nella tesoreria — la Exchequer Table — il cerimonialeviazioni delle unità dei vari ordini e delle unità monetarie vi sono ricamate. sopravvisse tuttavia fino al i785, e fino al i8z6 si mantenne l'uso, in quello

Nei libri contabili della corte dei Tudor si trovano spesso, accanto agli ad­ stesso ufficio, dei bastoncini con le tacche. In Olanda e in Belgio le ultime mo­dendi scritti in c i fre arabe o romane, dei puntini, che dovevano servire allo nete per far di conto furono coniate verso la fine del xvii secolo. In Germania

scrivano come aiuti mnemonici nel trascrivere i risultati dei calcoli eseguiti sul­ l'abaco fu abbandonato all'inizio del xvin secolo : il padre di Goethe ne faceval'abaco. ancora uso.

Nell'amministrazione finanziaria questo metodo sopravvisse in molti stati Un manuale di calcolo francese del i7gg caratterizza l'uso dell'abaco come

fin verso la metà del xviii secolo, in Francia fino alla rivoluzione, a Basilea fino segue: «Questo modo di calcolare è piu praticato dalle donne che non daglial i798. uomini; tut tavia molte persone occupate nelle Finanze... se ne servono con

molto successo». Nella contabilità statale l'abaco sopravvisse ancora, per cadervittima della rivoluzione poco dopo il i789.

Abbandono dell'abaco e sua sopravvivenza.

5.z. Sopravvivenza dell'abaco in Oriente.L'abaco costitui una premessa didattica per l'introduzione dei segni nume­

rici arabi, in quanto in esso era implicitamente contenuto il valore posizionale. Può sorprendere che in tre grandi stati dell'Oriente — la Cina, il Giappone ePer l'abaco stesso, tuttavia, l'introduzione delle cifre significò la fine, anche se la Russia — l'abaco abbia mantenuto, fino ad oggi, la sua importanza, benché lequesta fu molto piu lenta di quanto ci si sarebbe potuti attendere, e non senza cifre arabe vi fossero conosciute. Il buono cede il passo al migliore, ina l'abaco

ragione. orientale ha uguagliato in rapidità e duttilità il calcolo scritto.

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Abaco 76 77 Abaco

Nel medioevo, tra il x ed il xrr secolo, comparve in Cina lo sroan pan, una deriva dal banco (abaco) degli usurai e dei cambiavalute, il quale veniva­forma razionalizzata di abaco, costituito da palline ordinate su cannucce di tra l'altro — pubblicamente infranto in caso di operato fraudolento (bancarotta).bambu o su fili ; ogni ordine numerico è rappresentato con sette palline, cinque Il concetto di bureau, che in molte lingue è inteso come ufficio o studiolo, inper le unità e due per le cinquine, separate da un listello di legno. Le quantità francese ha ancora il senso primitivo di mobile, sul quale si scriveva e si ese­date vengono rappresentate sospingendo le palline contro i l detto l istello e, guivano calcoli; in origine la parola designava però una coperta di rozza lanaquando si sia raggiunto il valore di dieci, le palline vengono risospinte indietro (frane. bure): un panno per far di conto.per essere sostituite da una pallina dell'ordine superiore, che viene a sua volta Infine è da osservare che anche la parola gettone (frane.j eton) — che derivasospinta contro il l istello. Ciò consente una tale speditezza nell'esecuzione di dal fatto che le monete venivano gettate (frane.jeter ) sulle linee dell'abaco­calcoli semplici (benché, in teoria, il metodo sia analogo a quello descritto al ) g), ha la sua origine in questo sistema di calcolo.che non soltanto l'addizione e la moltiplicazione scritte, ma anche la calcolatricemeccanica si rivelano piu lente. 6.z. Vestigia culturali.

Cosi, anche il giapponese soroban, ridotto a sei sole palline, e il russo scoty,con dieci palline, sono indispensabili nelle banche, alle casse degli empori e dei Non soltanto i semplici gettoni da gioco, ma tutta una serie di giochi di so­negozi e nella contabilità domestica. Risultati ottenuti col calcolo scritto ven­ cietà rammentano l'abaco. Cosf il gioco inglese Shone ha' penny, oppure ilgono ancora spesso controllati con l'abaco, Nelle scuole se ne insegna a tutt' oggi Pochbrett, originario dell'Europa centrale, o il gioco della cordicella (Schnur­l'uso. spiel), popolare nelle regioni che costituirono un tempo la monarchia austro­

Tuttavia i giorni dell'abaco sono contati: esso sarà presto soppiantato dal ungarica. In tutti questi giochi si trattava di buttare o sospingere innanzi dellecalcolatore elettronico tascabile. In primo luogo proprio in Giappone, dove la monete tra due linee.produzione su vasta scala ne consente già la vendita a prezzi accessibili a tutti ; Ancor piu significativo è il fatto che la notazione musicale, quale fu conce­quindi, in un futuro non lontano, anche in Russia, e finalmente in Cina. pita da Guido d'Arezzo nelpxr secolo, ebbe a modello la configurazione del­

l'abaco : le linee del rigo corrispondono alle linee designanti gli ordini numerici,e le note ai gettoni.

6. Er e dità dell'abaco.

Conformemente alla sua straordinaria importanza nella storia della civiltà, Conseguenze nella storia del pensiero.l'abaco ha lasciato piu tracce di quante generalmente non si creda. Nei museisi conservano naturalmente abaci greci in marmo, piccoli calcolatori in rame Si è definito l'abaco uno strumento che permette all'uomo di compiere lecon dischetti mobili d'epoca romana, tavoli per il calcolo medievali originari quattro operazioni fondamentali in modo che va oltre le sue facoltà biologiche,dell'Europa centrale e dell'Inghilterra, panni e talvolta anche berrette che reca­ La meccanizzazione del procedimento di calcolo consente di effettuarlo inno cucite delle cordicelle determinanti le colonne dei vari ordini numerici. Nelle modo relativamente irriffesso. Invece nel calcolo scritto eseguito con le cifrecollezioni numismatiche si trovano migliaia di monete per far di conto risalenti arabe il cervello deve nuovamente essere portato ad un grado superiore di con­ai secoli xrrr-xvIn, spesso con coni di grande interesse politico e storico-cultu­ centrazione.rale. Piu importante è tuttavia l'eredità vivente. In questo caso, dunque, lo svolgimento effettivo contraddice le leggi ele­

mentari della storia delle idee e della tecnica, secondo le quali, invece, l'uomo6.r. Residui nel linguaggio. cerca di proiettare sul mondo esterno i propri sforzi sia fisici sia mentali, con­

cretandoli in uno strumento meccanico.In molte lingue europee la parola che designa l'attività del calcolare è ri­ Non deve dunque far meraviglia se già nel xv secolo vennero in uso le tavole

cavata dall'abaco. Il lat ino classico aveva caleulos ponere 'porre sassolini', i l di moltiplicazione (ted. Rechenknecht, frane. barè me), se nel xvr furono inventatilatino medievale calculare, donde diverse lingue moderne (per esempio l'italiano i logaritmi, ed infine, nel xvn, apparvero non solo le tavole di Nepero, ma anchee il francese) hanno ricavato l'espressione corrispondente. Altre lingue, a loro le prime macchine calcolatrici. Quanto saldamente l'abaco fosse allora radicatovolta, hanno creato autonomamente una qualche locuzione, quali l ' i taliano nella cultura europea, lo mostra il fatto che due dei fondatori della matematicaabbacare e l'inglese to cast 'gettare [monete per far di conto]', oppure l'hanno moderna, Pascal e Newton, eseguivano ancora su di esso i loro calcoli; entrambiimpiegata per espressioni specifiche, come l'ungherese számot eetni 'computare' costruirono però anche delle macchine calcolatrici.(letteralmente 'gettar numeri' ). Pascal, che aiutava il padre nella sua attività d'intendente di finanza, si con­

Anche il vocabolo internazionale banca, a designare un istituto finanziario, vinse, considerando gli errori che si commettevano adoperando l'abaco, che la

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Abaco 78

riproduzione meccanica del procedimento mentale avrebbe portato a risultatiineccepibili. La sua macchina per eseguire addizioni di numeri fino ad ottocifre ( t6yz) è la prima del genere in grado di funzionare.

Lo stesso Leibniz eseguiva ancora sull'abaco calcoli semplici ma, comePascal, inventò una macchina calcolatrice — dotata di un già moderno congegnoautomatico di ruote a gradini —, ch' egli stesso defini un «abaco vivente», giac­ché grazie ad essa tutti i numeri si calcolavano, addizionavano, sottraevano,moltiplicavano e dividevano da soli. Con queste invenzioni comincia però lastoria dei calcolatori elettronici digitali. [w. E.].

Strumento essenziale di un'attività — il calcolo — che precede ed anche resta indipen­dente dalla stessa scrittura (e cfr. numero), l'abaco servi a lungo e nelle piu diverse so­cietà ad eseguire rapidamente operazioni aritmetiche. Soltanto ora si può considerare de­finitivamente soppiantato dal calcolatore elettronico tascabile (cfr. analogico /digitale).La meccanicità delle operazioni eseguibili, fondamento della diffusione del suo uso pra­tico, può essere considerata riassorbita nel concetto attuale di algoritmo, nel quale haampio spazio l 'esigenza di operare in un modo codificato (cfr. codice) con la maggiorprecisione possibile.

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299 Algorrtmo

Algoritmo 2 ) x: 598 y : 55 2 r: 463) x: 552 y : 46 " : 462) x: 552 y : 46 r : o

3) Il risultato è 46.La parola 'algoritmo' pare abbia origine dal nome del matematico persiano Come sarà dimostrato piu oltre, questo algoritmo agisce correttamente per

al-Khuwarizmi il quale formulò delle regole per il calcolo con le cifre decimali. tutti i dati iniziali assegnati.La parola ebbe all'origine il significato di «calcolo mediante decimali»; attual­ La rappresentazione di un algoritmo mediante una lista di istruzioni è ti­mente ha un significato molto piu ampio, riferendosi anche a procedimenti di cal­ pica. Abitualmente le istruzioni sono eseguite nell'ordine dato, a meno che ilcolo di natura assai diversa. Sarà dunque utile circoscrivere il significato del ter­ contenuto di una istruzione non si scosti dalla regola. Il numero di passi neces­mine mediante una definizione, la cui legittimità risulterà dal corso dell'articolo. sari per ottenere il risultato può variare in dipendenza dai dati iniziali, ma per

DEFINIzIoNE. Si dice algoritmo una procedura effettiva, comune per una clas­ qualsiasi scelta di questi, rimane finito. Ogni passo contiene qualche operazionese di dati iniziali, la quale trasformi, in un numerofinito di passi elementari, i dati sui dati ; nell'esempio precedente queste operazioni sono o semplici operazioniparticolari nel risultato richiesto. aritmetiche, o operazioni di denominazione, ridenominaziáne, e confronto dei

dati. Tutte possono essere compiute sia da esseri umani sia da dispositivi elet­I dati iniziali possono essere entità astratte arbitrarie, come simboli, suc­ tronici o meccanici.

cessioni di simboli, numeri, figure geometriche, ecc. Una procedura è detta L'algoritmo di Euclide agisce sui numeri; altri algoritmi agiscono su listeeffettiva se può essere eseguita in maniera puramente meccanica, senza l'uso diinventiva od intelligenza. La classe di dati che possono essere trattati da undato algoritmo. è il suo dominio. La trasformazione dei dati mediante un algo­ iniziaritmo si effettua per passi elementari; ogni passo trasforma i dati assegnati innuovi dati. Si crea cosi, a partire dai dati iniziali, una successione di risultatiintermedi; l'ultimo elemento in questa successione è il risultato dell'algoritmo.

La definizione data, di cui si sono esplicitati i termini, può essere spiegata dati iniziali x, y;concettualmente mediante un esempio famoso: l'algoritmo di Euclide.

Il suo dominio è l'insieme di tutte le coppie di interi positivi; per ogni cop­pia il risultato da ottenersi è il massimo comun divisore (McD) di questi interi.L'algoritmo è rappresentato da una lista di tre istruzioni che devono essere ese­guite nell'ordine dato, iniziando con la prima istruzione della lista,

I ) Si denoti il primo numero della coppia con x, il secondo con y.2) Si calcoli il resto della divisione di x per y e lo si denoti con r. r : = resto (x,y) ;3) Se r è uguale a zero, allora ci si arresti, il r isultato è y. Altr imenti, si

denoti y con x, r con y, e si torni alla istruzione 2.

L'azione dell'algoritmo di Fuclide per la coppia (3542, 4 I4o) può esserevisualizzata mettendo in lista tutti i risultati intermedi, assieme ai numeri delleistruzioni che creano questi risultati : Si

r = o > risultato : = y StopDati iniziali: 3542, 4I40

I ) x: 3542 y: 4 I4o No2) x: 3542 y : 4 I4o r: 35423) X: 4I40 y : 3 54.2 r : 3542 x : = y ; y : = r ;

2) x: 4I4o y : 3542 r: 5983) x: 3542 y : 5 9 8 r : 5982) x: 3542 y : 5 98 r : 552 Figura r.

3 ) x: 598 y : 55 2 r : 552 Diagramma di flusso dell'algoritmo di Euclide.

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Algoritmo 300 3OI Algoritmo

di simboli, come gli algoritmi per le trasformazioni di espressioni, ad esempio lizzazione dell'algoritmo universale. Ogni calcolatore universale digitale a pro­per la semplificazione o la diversificazione; su grafi, come gli algoritmi per gramma è un esempio di un tale dispositivo. Poiché un calcolatore è un dispo­trovare il cammino piu breve in un grafo «pesato». Ben noti algoritmi per la sitivo concreto, e non astratto, è soggetto in pratica a limitazioni di spazio emoltiplicazione di matrici agiscono su tabelle di numeri; le costruzioni geome­ tempo, e di conseguenza non tutti gli algoritmi possono essere effettivamentetriche abituali non sono altro che algoritmi agenti su figure geometriche. eseguiti con il suo aiuto. Tuttavia esso può eseguire una grande quantità di al­

La caratteristica comune (e probabilmente la piu importante) di tutti gl i goritmi «ragionevoli», purché scritti nel suo specifico linguaggio algoritmico.algoritmi è la possibilità di eseguirli in modo meccanico. Una volta inventato, Un algoritmo scritto in un tale linguaggio è un programma, e questo spiegaun algoritmo può essere usato da persone che non ne conoscono la sostanza, o perché si dice allo stesso modo «linguaggi algoritmici» e «linguaggi di program­perfino da un dispositivo, previa opportuna codificazione dei dati. mazione». Non ogni programma tuttavia è la descrizione di un algoritmo; vi

Gli algoritmi possono essere rappresentati in forma grafica (diagrammi di sono programmi che, per certi dati nel loro dominio, non si arrestano.flusso) utile per capirli ed analizzarli (cfr. fig. i) . Trovare algoritmi, scriverli in l inguaggio di programmazione, combinare

Un tale metodo di rappresentazione, sebbene semplice e non richiedente parecchi algoritmi in un sistema, eseguirli mediante i calcolatori è la sostanzaspiegazioni, ha tuttavia due svantaggi: è difficile da formalizzare e può esse­ stessa della pratica che si riferisce ai calcolatori. Di conseguenza molte parti del­re riconosciuto con difficoltà da dispositivi meccanici per il suo carattere bi­ la scienza dei calcolatori, per esempio la progettazione architettonica mediantedimensionale. Sono stati inventati numerosi linguaggi formali per descrivere calcolatori, la teoria dei linguaggi di programmazione, la ingegneria softuarecon precisione gli algoritmi. Un algoritmo, presentato in un tale linguaggio, è hanno alle spalle la nozione di algoritmo.compreso sia da un essere umano sia da una macchina : si può fare l'esempio del­ Dopo aver descritto un algoritmo, bisogna dimostrarne la correttezza, di­l'Algol 6o, un linguaggio formale elaborato nel iil58. Nell'Algol 6o gli algoritmi mostrare cioè che, comunque scelti i dati nel suo dominio, l'algoritmo dà il ri­sono rappresentati mediante liste di simboli. Le costruzioni basilari di questo sultato richiesto. Una tale dimostrazione consiste di solito di due parti; nellalinguaggio sono aflermazioni (esprimenti azioni ) e dichiarazioni (descriventi i prima parte si prova che, se l'algoritmo si arresta, allora esso dà il risultato cor­dati). La principale caratteristica dell'Algol 6o è la cosiddetta struttura a bloc­ retto (correttezza parziale); nella seconda parte si dimostra che l'azione del­chi, che consente di trattare algoritmi in maniera gerarchica e logicamente ele­ l'algoritmo si arresta per tutti i dati nel dominio (arresto). Dopo avere dimo­gante. L'algoritmo di Euclide scritto in Algol 6o ha la forma seguente: strato queste due cose, si ha la dimostrazione della cosiddetta correttezza totale.

Il metodo piu noto per dimostrare la correttezza parziale di un algoritmobegin integer x, y, r ; è quello delle asserzioni invarianti. Per spiegarlo, consideriamo ancora unainput (x) ; input (y) ; volta l'algoritmo di Euclide. Supponiamo che i dati iniziali siano due interi

positivi x„, yo. Bisogna dimostrare che il risultato (se esiste) è il massimo co­if x/o , y +o th e nmun divisore di xo, yo che indicheremo con McD (xo, y~). A tal f ine, occorre

begin a : r : = remainder (x, y) dimostrare dapprima che i numeri indicati con x ed y soddisfano a McD(x, y) =

if r = o then out (y) else = Mc@(x~, y~) ogni volta prima dell'esecuzione della istruzione z. In eRettibegin x : =y ; y : = r; go to a end questa affermazione è vera dopo l'esecuzione della istruzione t. Ora, assumendo

che essa sia vera ad un certo stadio della esecuzione dell'algoritmo, in vir tuend delle leggi dell'aritmetica, ne segue che ivico(x, y) =McD (y, resto(x,y)) ; allo­

end ra, dopo avere ridenominato y con x, ed il resto della divisione di x per y cony, l'aflermazione è ancora vera, e di conseguenza è invariante durante l'ese­

I linguaggi formali creati per la descrizione di algoritmi sono detti linguaggi cuzione dell'algoritmo. Nell'ultimo passo dell'azione, si ha resto (x,y) = o, ilalgoritmici. Un a lgoritmo scritto in tale linguaggio, congiuntamente con i dati che implica y =MCD (x,y). Poiché in ogni momento MCD(x,y) =Mcn (x„, y~)assegnatigli, ha la forma di una lista di simboli e può essere trattato come un allora y = McD (xo, yo), il che dimostra la parziale correttezza dell'algoritmo didato iniziale per un altro algoritmo che agisce nel modo seguente. Esso ana­ Euclide.lizza la descrizione di un dato algoritmo, seguendo le regole della successio­ Per dimostrare l'arresto, si usano argomentazioni di altro tipo. Si può os­ne, compie azioni in accordo alle istruzioni incontrate, e si arresta quando servare, in questo caso, che per ogni coppia di numeri positivi xo, yo il numerotrova l'istruzione stop. Non è difficile (in linea di principio) realizzare la co­ denotato con r decresce ad ogni ritorno all'esecuzione della istruzione 3, rima­struzione di un algoritmo che possa dirsi universale. L'idea di un algoritmo uni­ nendo sempre non-negativo. Poiché non vi sono successioni decrescenti infi­versale ha profonde conseguenze pratiche; ne consegue che per l'esecuzione nite di interi non-negativi, ne segue che la istruzione 3 è eseguita un numeromeccanica di algoritmi è sufficiente un solo dispositivo, cioè quello per la rea­ finito di volte. L'algoritmo cioè deve arrestarsi, come volevasi dimostrare.

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Algoritmo 302 3o3 Algoritmo

La dimostrazione precedente della correttezza totale dall'algoritmo di Eu­ lista, con n ) I, Al lora il numero dei confronti fatto dall'algoritmo A, nel caso

clide è facile e semplice. Tuttavia molti algoritmi d'interesse pratico sono piu peggiore, è n, me ntre questo numero per l ' a lgoritmo B n on s upera mai

complessi e la dimostrazione è un problema reale. log,(n)+z. Di conseguenza, per n sufFicientemente grande è migliore l'algorit­

La dimostrazione della correttezza è solamente uno dei problemi nell'ana­ mo B. Anche considerando il numero totale dei passi, la stima precedente non

lisi matematica degli algoritmi. Un altro problema è l'analisi della complessità. cambierebbe sostanzialmente: per liste iniziali sufFicientemente lunghe, l'algo­

Supponiamo che siano dati due diversi algoritmi, entrambi con lo stesso do­ ritmo B richiede un minor numero di passi per completare la sua azione di

minio, e che diano lo stesso risultato. Per decidere quale è il migliore, occorre quanti non siano necessari per A, entrambi considerati nel loro caso peggiore.

una misura dell'efFicienza dell'algoritmo, o, alternativamente, una misura della In accordo con il criterio precedente l'algoritmo B è piu efFiciente di A.

complessità dell'algoritmo. La nozione di algoritmo, intrinsecamente connessa con la nozione di ef­

Trovare una tale misura, che si accordi con la nostra intuizione, e poi para­ fettività, non è stata analizzata solamente per ragioni pratiche. Sorgono in

gonare gli algoritmi in accordo a questa misura è uno dei problemi piu impor­ matematica questioni di natura filosofica riguardo a ciò che è possibile o non

tanti dell'analisi di complessità degli algoritmi. Quanto segue può dare un'idea di è possibile fare in modo effettivo.

quali siano i problemi dell'analisi di complessità. Ad una prima considerazione'pare infatti che ogni dimostrazione, ogni ri­

Una delle possibili misure di complessità è il numero dei passi eseguiti du­ sultato della matematica sia riconducibile, almeno in linea teorica, ad un algo­

rante l'azione dell'algoritmo. Per confrontare due algoritmi rispetto a questa ritmo. Soprattutto chi ha ricavato dalla matematica essenzialmente esperienze

misura bisogna contare il numero dei passi per ogni scelta dei dati iniziali e di tipo «calcolistico» può essere indotto a pensare in tale senso. Per mostrare

per entrambi gli algoritmi, il che può non essere realistico. Invece, i dati posso­ come nella matematica trovino o possano trovare spazio anche argomentazioni

no essere classificati in accordo ad opportuni parametri e l'estremo superiore del di tipo diverso da quelle algoritmiche, si può menzionare un importante risul­

numero dei passi, per ogni valore del parametro, può essere stimato per entram­ tato, il teorema degli ideali primi.

bi gli algoritmi. Se per ogni valore di questo parametro questo estremo superiore Per esporre tecnicamente questo risultato sarebbe necessario soffermarsi

per il primo algoritmo è minore di quello del secondo, allora il primo algoritmo preliminarmente sulle definizioni di anello, ideale, ideale primo, ideale massi­

può essere considerato migliore. Come esempio di applicazione di questo cri­ male. Per non rendere la esposizione troppo gravosa, preferiamo fare qui libero

terio, consideriamo due algoritmi A e B con lo stesso dominio e che dànno lo uso di queste nozioni: quel che c'interessa, dando per scontata l'importanza

stesso risultato: assegnata una lista non vuota di numeri crescenti ed un nu­ del teorema, è una sua analisi critica.

mero x, il risultato deve essere sf se x è nella lista e No altrimenti. Esso si può enunciare nel modo seguente:

TEQREMA. Ogni anello A g o contiene almeno un ideale massimale.Algoritmo A (ricerca sequenziale) :I ) Si prenda il primo numero della lista e lo si confronti con x; se è uguale Si osserva come la dimostrazione di questo teorema contiene in maniera

allora ci si arresti, il risultato è si; altrimenti si scarti il primo numero essenziale il seguente assioma (cui di fatto equivale) ;dalla lista e si consideri la istruzione z. AssIQMA DI scELTA. Assegnata una famiglia di insiemi (X;} è possibilez) Se la lista è vuota, allora ci si arresti, il risultato è xo; altrimenti si torni scegliere simultaneamente uno ed un solo elemento x; per ogni insieme X;.alla istruzione I.

Algoritmo B (ricerca binaria) : E evidente come questo assioma, facendo riferimento alla possibilità di do­minare contemporaneamente delle scelte che possono essere anche infinite, è

i ) Se c'è solo un elemento nella lista, allora si consideri la istruzione 3; in completa opposizione con il concetto di algoritmo. D'altra parte vi sono moltialtrimenti si consideri la istruzione successiva. e ragionevoli motivi per accettare questo assioma, non ultimo il teorema stesso,

z) Si indichi con m la parte intera del numero che denota la lunghezza della citato, che occupa nell'algebra un posto centrale.lista diviso per z. Se x non è piu grande dell'elemento di posto m del­ Ne consegue dunque che un risultato fondamentale della matematica nonla lista, allora si scartino tutt i gl i elementi ad eccezione dei primi m è riducibile concettualmente ad un algoritmo. k chiaro come si apra qui undella lista, altrimenti si scartino i primi m elementi della lista. Si ritorni ampio spazio per discutere intorno alla natura della matematica. Se in essaalla istruzione I. privilegiamo la nozione di algoritmo, dovremo dare scarso peso al teorema

3) Si paragoni x con il solo elemento della lista; se è uguale la risposta è citato e quindi rinunciare a una gran parte dell'algebra. Se viceversa riteniamosi, e ci si arresti; in caso contrario la risposta è No e ci si arresti. fondamentale questo teorema, dovremo accettare nella matematica accanto a

Prendiamo in esame per l'analisi solamente il numero di operazioni di con­ procedimenti costruttivi anche affermazioni esistenziali, ossia procedimenti

fronto necessarie, invece del numero dei passi necessari. Sia n la lunghezza della non-costruttivi. Il concetto di algoritmo viene di conseguenza ad avere un ruolo

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Algoritmo 3o4. 3o5 Algoritmo

importante ma non esaurisce l'intera matematica. Quale sia il giusto atteggia­ Per esempio, l'algoritmo di Markov definito con l'alfabetomento da tenere non è ovviamente una questione decidibile a priori, ma deve O, I, z, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, (, ), sscaturire da un continuo confronto con l'esperienza. Ed è chiaro come diffe­renti periodi storici possano condurre a situazioni e conseguentemente ad at­ e la successione di istruzioniteggiamenti diversi. A noi interessa qui avere posto, sia pure rudimentalmente,una problematica intorno al concetto di algoritmo ed alla sua eventuale iden­

O S~ ' I

I S~ Rtificazione con la matematica stessa.Una questione di grande importanza circa il problema dei fondamenti della 2 $~ 3

matematica è la seguente: esiste un algoritmo che possa decidere se una for­ 3$ '4

mula della teoria formale dei numeri è o meno valida> La risposta è negativa; 4$ '5

un tale algoritmo non può esistere. Per dare una dimostrazione matematica 5s~ 6

di questa affermazione, occorre una definizione formale di algoritmo. Tale 6s ~ ' 7

definizione è dovuta a Markov.7s~ 88s~

Sia A un insieme finito di simboli (un alfabeto) e si chiami parola ogni se­quenza finita di simboli di A (si consentono anche le sequenze vuote). Le pa­ 9$ ~ so

role possono essere concatenate; la concatenazione della parola (a,, a.. .... a,) (s~ (I

con la parola (bi bo ò~) è la parola (a,, ..., a„, b„. . . , b~). La parola ) - $)

(a,, ..., a,,) è scritta semplicemente a ia,...a„. Se u e m sono parole, allora uzudenota la concatenazione di u e m. La concatenazione e associativa. Se zo= miuw, trasforma ogni intero non negativo scritto in forma decimale e chiuso tra pa­

rentesi nel suo successore scritto nella medesima forma.(con zo, e m~ eventualmente vuote), allora u è detta una sottoparola di m.L'idea principale di Markov consiste nella seguente osservazione : La seguente successione di parole rappresenta l'azione di questo algoritmo

per la parola iniziale ' (5899)' :I ) I dati sottoposti ad un procedimento effettivo possono essere rappresen­

tati da parole di un alfabeto. (5899) ) ~s)z) Ogni trasformazione effettiva di una parola può essere ridotta ad un (5899$) 9 $~ $0

numero finito di sostituzioni nella parola di alcune sue sottoparole me­ (589so) 9s ~ sodiante altre parole. (58soo) 8$~ 9

(59oo)Questa osservazione conduce alla seguente definizione di algoritmo: algo­

ritmo è una coppia (A, S), dove A è un alfabeto ed S una successione di istru­ A sinistra di ogni parola è data la prima istruzione applicabile alla parolazioni; ogni istruzione è della forma seguente: assegnata.

u ~ v ( i struzione regolare) Ci si potrà certo chiedere quale sia il senso di una procedura tanto complica­ta per un'operazione cosi facile quanto quella che consiste nel passare da un

oppure numero al successivo. La procedura ha un senso qualora si considerino i fonda­u ~ . v ( i struzione terminale) menti dell'aritmetica: nella definizione dei numeri naturali data da Peano, in­

fatti, la nozione di successore di un numero occupa un ruolo centrale.dove u, v sono parole sopra A; i segni ~ e . non appartengono ad A. Si dice Gli assiomi dei numeri naturali sono i seguenti :che l'istruzione u ~ v (u ~. v) è applicabile alla parola w, se to contiene u comesottoparola. Data una parola che rappresenti dei dati, questa parola è trasfor­ — o è un numero naturale;mata mediante l'algoritmo a passo a passo in accordo con la regola seguente. — se x è un numero naturale, esiste un altro numero naturale x', il succes­Si trova la prima istruzione nella successione, applicabile alla parola; sia u~v sore di x;(oppure u ~ • v ) ; allora l'occorrenza piu a sinistra di u nella parola è sostituita — o + x' per ogni numero x;

con v, dando luogo ad una nuova parola intermedia. Se l'ultima istruzione ap­ — se x'=y' allora x =y;plicata è terminale, oppure se non ci sono istruzioni applicabili alla parola nella — data una certa proprietà Q che può valere o meno per tutti i numeri na­successione, allora il procedimento ha termine; altrimenti si continua il proce­ turali, se essa vale per o e, ogni volta che vale per x vale per x', allora tuttidimento. i numeri naturali hanno la proprietà P.

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Algoritmo 3o63o7 Algoritmo

Da questi assiomi è agevole vedere come, con l'eccezione del primo, inter­venga sempre la nozione di successore. Si capisce quindi come un'analisi in disposti in un albero binario, e un numero x. Il risultato è sf se x compare nel­termini algoritmici della nozione di successore non sia frutto di un atteggia­ l'albero.

mento bizzarro, ma risponda ad un'esigenza reale; si ponga cioè nell'ottica di I ) Si prenda la radice dell'albero e la si denoti con v.costruire in modo finitista l'aritmetica, almeno in parte. In altre parole si cerca z) Se v è uguale a x, allora ci si fermi, ed il r isultato è si; altrimenti sidi spingere ancora piu in profondità l'analisi di quali concetti siano necessari prenda l'istruzione successiva.per ricavare il concetto di numero. 3) Se v ha figli, allora si prenda l'istruzione 4 oppure l'istruzione g ; altri­

Markov afferma che ogni procedura effettiva di trasformazione di dati in menti ci si fermi, ed il r isultato è possIBILE.risultati può essere rappresentata con un opportuno algoritmo della forma de­ 4) Si prenda il figlio piu vecchio di v, lo si denoti con v, e si ritorni all'i­finita sopra. Questa affermazione non è un teorema, quindi non è possibile di­ struzione z.mostrarla in termini matematici. Il motivo è la mancanza di precisione del ter­ g) Si prenda il figlio piu giovane di v, lo si denoti con v, e si ritorni all'i­mine 'efFettivo'. Comunque, è stato dimostrato che altre definizioni di proce­ struzione z.dure effettive (ad esempio quelle dovute a Turing e Church) sono equivalenti aquella di Markov. Ciò depone a favore della validità dell'afFermazione di Mar­ L'istruzione responsabile del non-determinismo dell'algoritmo è l ' istru­

.kov e indica che la definizione di Markov ben si adatta alla nostra idea intui­ zione 3. Usando questo algoritmo il risultato si indica che x compare nell'albe­

tiva di effettività. Sulla base di questa definizione, la non-risolubilità di qual­ ro; il risultato PossIBILE non dà alcuna informazione.

che problema può essere dimostrata. La seconda generalizzazione è la nozione di algoritmo concorrente. In con­

Un problema (generale) si dice algoritmicamente non risolubile ovvero trasto con l'usuale algoritmo (sequenziale), alcuni esempi di algoritmo concor­semplicemente, non risolubile, se non esiste un algoritmo che risolve ogni par­ rente possono essere eseguiti indipendentemente da tutti gli altri (concorrente­

ticolare istanza di questo problema. Il ben noto problema di corrispondenza mente) ; in tal modo, i risultati intermedi di un algoritmo concorrente non sonodi Post (pcp) è un esempio di problema non risolubile. ordinati linearmente, come nel caso degli algoritmi sequenziali, ma sono ordi­

Due liste finite di parole su un alfabeto (re„res, ..., rc„), (u„ u~, ..., u„), nati solo parzialmente. Questa situazione riflette la possibilità di eseguire al­

n o I si dicono avere la proprietà di Post, se esiste una successione di indici cune trasformazioni definite con l'algoritmo, usando dispositivi che agiscono

i , , i „ .. . , i , I< i , < n , i < j < m, m > i , tal e c he w ; , re,...te; =u ; u , . . .u, indipendentemente.Per esempio le liste (b, bba, a, abb), (a, bah, ah, b) hanno la proprietà di Post, Il seguente algoritmo (per computare la somma di due interi positivi ) è unpoiché per la successione (3, z, I, 3, 4) le concatenazioni corrispondenti sono esempio di algoritmo concorrente. I dati iniziali sono due interi positivi. I lidentiche, cioè entrambe sono la parola abbabaabb. risultato deve essere la loro somma.

Ora il problema di corrispondenza di Post può essere formulato come se­ I ) Si denoti il primo numero con x ed il secondo con y.gue. Sia dato un alfabeto composto di almeno due simboli, Per ogni coppia z) Se y è uguale a o allora ci si fermi, il risultato è x; altrimenti si prendadi liste finite di uguale lunghezza, aventi come elementi le parole sull'alfabeto l'istruzione 3 e l' istruzione 4.dato, è da decidere se questa coppia abbia la proprietà di Post, oppure no. 3) Si calcoli x+ I e si denoti con x; si prenda l'istruzione 5.

È stato dimostrato che non esiste un algoritmo che per qualsiasi coppia di 4) Si calcoli y — I e si denoti con y; si prenda l'istruzione 5.tali liste dia il risultato si o xo in dipendenza dal fatto che essi abbiano la pro­ g) Si attenda fin che le istruzioni 3 e 4 completino la loro azione; si prendaprietà di Post oppure no. Di conseguenza, PcP non è risolubile. Molti risultati l'istruzione z.di non-risolubilità sono stati ottenuti attraverso la non-risolubilità del PcP. Ladimostrazione standard di non-risolubilità di un dato problema è mostrare L'istruzione responsabile per la concorrenza di questo algoritmo è la z,che la risolubilità di questo problema implicherebbe la risolubilità del PcP. che inizia due azioni concorrenti; caratteristica per gli algoritmi concorrenti è

Esistono alcune generalizzazioni della nozione di algoritmo,importanti dal anche l'istruzione 5 che sincronizza queste due azioni.punto di vista teorico e/o pratico. Una tale generalizzazione è la nozione di al­ Concorrenza e non-determinismo sono nozioni completamente indipendenti

goritmo non-deterministico: un algoritmo è non-deterministico se durante la e non debbono essere confuse; possono esservi algoritmi non-deterministici

sua esecuzione la scelta di istruzioni successive è non-determinata; se cioè dopo concorrenti, cosi come algoritmi deterministici concorrenti.l'esecuzione di un ' istruzione, la successiva puo essere scelta arbitrariamente Va osservato che attualmente gli algoritmi non sono usati solamente per

in un insieme finito di possibili istruzioni. ottenere risultati finali. Talvolta è indagato un processo reale ed è possibileIl seguente algoritmo (per cercare in un albero binario) è un esempio di al­ definire un algoritmo in modo tale che successivi risultati intermedi ottenuti

goritmo non-deterministico. I dati iniziali sono: un insieme finito di numeri, durante la sua esecuzione rappresentino gli stadi successivi del processo reale.È possibile allora, osservando il comportamento dell'azione dell'algoritmo, mo­

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Algoritmo go8

strare alcune proprietà del processo, Questo uso degli algoritmi è noto comesimulazione o modellizzazione. Gli algoritmi concorrenti sono particolarmenteutili a tal fine. [A. M.].

Il termine, che indicava originariamente la pratica del calcolo resa possibile dall'in­troduzione delle cifre arabe (cfr. numero e, per altri modi di calcolo, abaco), è ve­nuto ad assumere progressivamente un significato piu ampio, fino ad indicare qualsiasiprocedimento effettivo che, all' interno delle matematiche, possa compiersi in un nu­mero finito di passi (cfr. ricorsività). L'esempio della ricerca del massimo comun di­visore (algoritmo di Euclide) permette di spiegare i vari termini scientifici e fi losoficiconnessi al concetto di algoritmo (cfr. automa, analogico/digitale, invariante, for­malizzazione). La definizione di algoritmo di M arkov e i l p roblema di Post stabi­liscono naturalmente importanti legami non solo con le matematiche, ma anche con lascienza nel suo complesso (cfr. applicazioni e, per gli aspetti logico-filosofici, deter­minato/indeterminato, logica).

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Approssimazione

i. I l c o ncetto di approssimazione è intimamente legato al sorgere dellascienza moderna ed acquista vigore e consistenza soprattutto a partire dal xvrr se­colo. Perché questo concetto possa svilupparsi, occorre infatti che la matematicas'imponga non solo nell'ambito delle concezioni scientifiche ma soprattutto inquello della vita pratica. Naturalmente anche prima di questa data la matematicaoccupava un posto importante, ma non comparabile rispetto a quanto avverrà poi.In effetti, se l'introduzione delle cifre arabe in Europa avviene all'inizio del xenisecolo (il Z,iber Abaci di Fibonacci è del r zoz), l'aritmetica, il calcolo con le nuo­ve cifre diverranno patrimonio comune solo gradualmente, e molto piu tardi.

Se per esempio si confronta la concezione che della scienza aveva Leonardoda Vinci — il quale pure poneva in grande rilievo il valore della matematicaper descrivere la natura — con quella di Galileo si può osservare una grossa diRe­renza qualitativa. Per Leonardo la matematica serve per esprimere,medianterapporti, la natura delle cose; ma l'idea di effettuare misurazioni sistematiche,di valutare criticamente queste misure, in altre parole l'idea di «esperimentoscientifico» è ancora in embrione. Con Galileo si avrà di essa chiara coscienza.

Un brano del famoso saggio di Alexandre Koyré intitolato programmatica­mente Du monde de l'<<à-peu-près» à l'univers de la précision (i96r ] illustra que­sta diversità: «In effetti, quando si studiano i libri di macchine dei secoli xvio xvii, quando si fa l'analisi delle macchine (reali o semplicemente progettate)di cui essi ci offrono descrizioni e disegni, si è colpiti dal carattere approssimativodella loro struttura, del loro funzionamento, della loro concezione. Esse sonospesso descritte con le loro dimensioni (reali) esattamente misurate. In com­penso non sono mai "calcolate". Anche la differenza tra quelle che sono irrea­lizzabili e quelle che sono state realizzate non consiste nel fatto che le primesiano state "mal calcolate", mentre le seconde lo sono state "bene". Né le une,né le altre lo sono state. Tutte — ad eccezione, forse, degli apparecchi di sol­levamento e di qualche altro, come il mulino, che impiega per la trasmissionedella forza motrice coppie di ruote di ingranaggio, mezzi che positivamenteinvitano al calcolo — sono state concepite ed eseguite "a occhio e croce", perstima. Esse appartengono, tutte, al mondo del "pressappoco" » (trad. it. p. 95).

Evidentemente c'è una grande differenza tra il contesto naturale che dàluogo a questa concezione della macchina e quello che si svilupperà successi­vamente all'interno della scienza moderna.

Il concetto di approssimazione, di valutazione critica degli errori non puòessere presente in tutta la sua efficacia quando il calcolo ha solo una fun­zione secondaria all'interno della tecnologia. Cosi, nella scienza greca, nono­stante il suo fiorire rigoglioso, il concetto di approssimazione non giunse a pienamaturità, È sintomatico per esempio che, nonostante le grandi conquiste dellamatematica greca, non si dia all'interno di essa nulla di simile alla teoria de­gli errori. Questo può spiegarsi forse con il fatto che, nonostante l'originario

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Approssimazione 766 767 Approssimazione

profondo contatto tra scienza e tecnologia, avvenga poi una separazione che clusicne con qualunque altra divisione per esperienze ben cento volte replicateprivilegerà l'aspetto teorico. sempre si incontrava, gli spazi passati esser tra di loro come i quadrati e i

È chiaro come in tale situazione non possa esservi spazio per una categoria tempi, e questi in tutte le inclinazioni del piano, cioè del canale nel quale siconcettuale cosi intimamente legata alla progressiva conquista del mondo reale faceva scendere la palla ; dove osservammo ancora, i tempi delle scese per diverse

come quella di approssimazione. In effetti lo sviluppo di una ricca ed efficace inclinazioni mantenere esquisitamente tra di loro quella proporzione che piutecnologia è all'origine dello sviluppo della scuola di Mi leto, come sottolinea abasso troveremo essergli assegnata e dimostrata dall'Autore. Quanto poi allaBenjamin Farrington [r9g7] mostrando come le idee scientifiche di quei filo­ misura del tempo, si teneva una gran secchia piena d'acqua, attaccata in alto, la

sofi siano intrinsecamente legate ai primi ritrovati tecnologici: la ruota del va­ quale per un sottil cannellino saldatogli nel fondo, versava un sottil filo d'acqua

saio, i mantici d'altoforno, il procedimento di filtratura. Sempre Farrington ri­ che s'andava ricevendo con un piccol bicchiero per tutto '1 tempo che la palla

leva come successivamente vi sarà una separazione della scienza stessa dalla scendeva nel canale e nelle sue parti : le particelle poi dell'acqua in tal guisa rac­

tecnologia, dovuta essenzialmente alla schiavitu: «Dalla storia noi sappiamo colte s'andavano di volta in volta con esattissima bilancia pesando, dandoci leche questi pregiudizi aumentarono tra i Greci con i l sorgere della schiavitu. differenze e proporzioni de i pesi loro le differenze e proporzioni de i tempi;Piu essi credevano ai pregiudizi che questa generava e piu si tagliavano fuori e questo con tal giustezza che come ho detto, tali operazioni, molte e moltedalle radici essenziali da cui viene succhiata la linfa della scienza, Staccata da volte replicate, già mai non differivano d'un notabil momento» [Galilei r638,tali radici la scienza greca diventò una pianta malata in cui l'elemento teorico ed. I958 p. I99 ],rimase forte, ma quello pratico diminuito» ( trad. it. p. r79 ). Si noti come l'intera descrizione sia permeata da un'esigenza di precisione.

Certamente con i filosofi della scuola di Alessandria è in atto una netta se­ Le esperienze sono ripetute numerose volte, le misurazioni il piu possibile ac­

parazione tra scienza e tecnologia. Ctesibio, Filone ed Erone hanno lasciato curate. Il concetto di approssimazione è sicuramente presente, ed è chiaro come,descrizioni di macchine, di esperienze ingegnosissime dal punto di vista mec­ con lo svilupparsi della scienza moderna e con la progressiva valutazione dellecanico: oggetti rotanti, aperture automatiche di porte. È assente l'idea d'impie­ descrizioni quantitative dei fenomeni, acquisterà sempre maggior importanza.

gare questi ritrovati tecnici al servizio della vita pratica; gli ingegnosi ritrovati Si può dire infatti che caratteristica essenziale dello svilupparsi della scienzadei filosofi, o meglio dei fisici citati, sono utilizzati come giocattoli, per allie­ moderna sia, oltre alla rinunzia a spiegare le «cause» dei fenomeni, una ricer­

tare le feste con bizzarrie e curiosità. ca di descrizione quantitativa di essi. Porre l'accento sulla misura e sulla misu­L'esperienza descritta da Galileo nel brano che segue mostra un atteggia­ rabilità comporta necessariamente una valutazione critica della misura stessa,

mento verso il mondo reale completamente diverso : anche se l'attrezzatura tec­ e quindi il sorgere di un concetto: quello di approssimazione.

nica di cui dispone Galileo non è tutto sommato molto migliore di quella di­ Ma l'avere elevato a dignità concettuale l'approssimazione — con la conse­

sponibile per un fisico greco del periodo alessandrino, vi è tuttavia di nuovo, e guente valutazione dell'errore come qualcosa di intrinseco alla misura — hanaturalmente in modo piu maturo, una tensione verso il mondo reale parago­ conseguenze anche sulla concezione stessa della scienza. Con il xvn secolo, con

nabile a quella dei filosofi di Mi leto. la grande rivoluzione scientifica e filosofica, si giunge ad una concezione della«In un regolo o vogliàn dire corrente, di legno, lungo circa rz braccia, e scienza radicalmente diversa rispetto al passato : nasce l'idea di progresso scien­

largo per un verso mezo braccio e per l 'altro 3 d i ta, si era in questa minor tifico. Scrive Paolo Rossi [r976, p. 69] : «Questa concezione della scienza [dellalarghezza incavato un canaletto, poco piu largo di un dito, tiratolo drittissimo scienza moderna] — che trova per la prima volta espressione, su un piano "filo­e per averlo ben pulito e liscio, incollatavi dentro una carta pecora zannata, e sofico", nell'opera di Francesco Bacone — giuoca un ruolo decisivo e determi­

lustrata al possibile, si faceva in esso scendere una palla di bronzo durissimo, nante nella formazione dell'idea di progresso giacché essa implica: a) la convin­ben rotondata e pulita; costituito che si era il detto regolo pendente, elevando zione che il sapere scientifico sia qualcosa che aumenta e che cresce, che si attua

sopra il piano orizzontale una delle sue estremità un braccio o due ad arbitrio, cioè attraverso un processo al quale contribuiscono, una dopo l'altra, le gene­si lasciava (come dico) scendere per detto canale la palla, notando, nel modo razioni degli studiosi; b) la convinzione che questo progresso non sia mai, inche appresso dirò il tempo che consumava nello scorreria tutto, replicando il uno qualunque dei suoi momenti o tappe, "completo" ; cioè non piu bisognoso

medesimo atto molte volte per assicurarsi bene della quantità del tempo, nel di successive aggiunte o revisioni o integrazioni; c ) infine la convinzione che

quale non si trovava mai differenza né anco della decima parte di una battuta si dia in qualche modo un'unica tradizione scientifica, che la scienza cioè non sidi polso. Fatta e stabilita precisamente tale operazione, facemmo scendere la presenti come un insieme di teorie contrapposte e di ismi, ma come un processomedesima palla solamente per la quarta parte di esso canale ; e misurato il tempo nel quale anche le svolte piu rivoluzionarie "salvano" il nucleo essenziale ac­della sua scesa, si trovava sempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: quisito dalle generazioni precedenti, presentandosi come teorie piu generali chee facendo poi l'esperienza di altre parti, esaminando ora il tempo di tutta la includono le teorie "vecchie" come loro casi particolari».lunghezza col tempo della metà, o con quello delli due terzi o dei g /y, o in con­ Paragonare il progresso scientifico ad una misura sempre piu accurata,

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Approssimazione 768 769 Approssimazione

ad una esperienza compiuta con sempre maggior precisione, in altre parole adL'ipotesi che vi sia una stretta connessione tra il concetto di approssima­

una serie di «approssimazioni successive» non è un modo di procedere for­ zione ed il concetto matematico di derivata è espressa, per esempio, da Carnot

tuito. Alla radice c'è lo stesso nucleo di pensiero, che concepisce l'errore come [x797] : «La difficoltà che si incontra spesso a esprimere esattamente i diversiqualche cosa di inevitabile e di dominabile al tempo stesso. Questa concezione dati d'un problema con delle equazioni, e a risolvere queste ancora, ha potuto

si rifletterà poi nella migliore tradizione filosofica occidentale, da Hegel alla far nascere le prime idee del calcolo infinitesimale. Infatti allorché è troppo dif­

teoria del rispecchiamento di Lenin. ficile trovar la soluzione esatta d'una quistione, egli è naturale di tentare almeno

Se si esamina, in particolare, il riflettersi della nuova concezione della scienza d'approssimarsene piu che sia possibile trascurando le quantità, che imbaraz­

all'interno della matematica, è dato osservare che anche la nascita del calcolo zano le combinazioni, purché si prevegga che queste quantità trascurate non

differenziale può concepirsi come il r isultato di «matematizzare» il concetto possono, atteso il loro picciol valore, produrre che un error parimenti trascu­

di approssimazione, in un caso specifico. rabile nel risultato del calcolo» (trad. it. p. g).

La geometria di Cartesio aveva fornito gli strumenti per introdurre il concetto Si badi tuttavia che il legame tra approssimazione e calcolo differenziale è

di moto nel campo geometrico: naturalmente, non appena si considera un og­ solamente ideale, e non va inteso nel senso riduttivo che la derivata sia, in qual­

getto in movimento diviene di grande importanza anche considerare la «rapi­ che modo, una grandezza approssimata.

dità» del movimento stesso. Per descrivere matematicamente la «rapidità di In opposizione all'idea che la derivata sia un misurare empirico, ove si tra­

movimento», in termine moderno la velocità, si può prendere come esempio scurano certi elementi ritenuti troppo piccoli, vale la pena di citare il seguente

la legge di caduta dei gravi di Galileo. passo di Hegel [x8xz] : «Se la condiscendenza dell'ordinario intelletto permette

Tale legge si formula matematicamente con s = 4,9t' ove s indica lo spazio una simile imprecisione, tutti i geometri all ' incontro hanno rigettato questa

percorso e t il tempo impiegato. rappresentazione. Salta agli occhi di per sé che nella scienza della matematica

Se consideriamo, a partire da un certo tempo tp (nel quale vogliamo calcolare non si parla, né tanto né poco, di cotesta precisione empirica, e che il misurare

la «rapidità di movimento») un breve intervallo di tempo h, cioè immaginiamo matematico per mezzo delle operazioni del calcolo oppure delle costruzioni

che il tempo scorra da tp a tp+h, lo spazio percorso sarà di conseguenza della geometria, differisce intieramente dall'agrimensura e dalla misurazionedi linee e figure empiriche etc.» (trad. it. p. 286).

s(tp+h) — s(tp) = 4 9( p+ ) 4 9 0 Si vedranno in seguito altri aspetti matematici dell'approssimazione; per

Sarà cioè: il momento importa aggiungere qualche considerazione sul suo significato scien­

( p+h) ( p)= 4~9("(i+ 0 + ) 4~9 0= tifico generale.Se si è insistito in precedenza sul fatto che il concetto di approssimazione=+ tp+ 2 4,9tph+ 4,9h ­+ tp =

non è un semplice risultato dello sviluppo tecnologico, non è stato certo per= 9,8tph4.4,9h'. proporre una concezione della scienza avulsa dal mondo reale, ma piuttosto

La velocità media, che il mobile tiene nell'intervallo (tp, tp+h) (spazio/per sottolineare il.fatto che i rapporti con esso sono molto piu intricati e pro­blematici che non una semplice dipendenza a senso unico del t ipo struttura­

tempo) sarà perciò :sovrastruttura.

$(tp+h) s ( tp) 9 8 tph+4>9h (9)8tp+ 4 9h) h Cosi la realizzazione di un orologio efficiente — esigenza indispensabile per lah h h navigazione in alto mare, poiché per determinare la longitudine occorre avere

con sé l'ora del meridiano d'origine — non è legata alla pratica degli orologiai,= 9,8tp+4,9h. ma agli sviluppi di una teoria scientifica: ovviamente questa teoria trae origine

Se ora si pensa ad intervalli di tempo sempre piu piccoli, cioè a valori di h da esigenze della vita pratica, ma quello che preme sottolineare è che il r i­

che si avvicinano sempre piu a o, si avrà che il valore della velocità media si trovato tecnologico in questione non è immediatamente dedotto dall'istanza

avvicina sempre piu al valore di 9,8tp. Questo valore dà nell'istante t„ la «ra­ pratica. Scrive Koyré [x96x] : «Non è tuttavia dall'orologio degli orologiai che è

pidità di mutamento», in termini moderni la velocità. venuto finalmente fuori l 'orologio di precisione. L'orologio degli orologiai non

La velocità all'istante tp è dunque definita come il valore al quale «si appros­ ha mai superato — né lo poteva — lo stadio del "quasi" e il livello del "pressappo­

simano sempre piu» le velocità medie. co". L'orologio di precisione, l'orologio cronometrico ha tutt'altra origine. Esso

Ciò che si è ottenuto — la derivata della funzione s =4,9tp al tempo tp — puònon è in nessun modo una promozione dell'orologio d'uso pratico. Esso è uno

essere esteso a qualsiasi altra situazione ove compaia una relazione funzionale; strumento, cioè una creazione del pensiero scientifico, o, meglio ancora, la rea­

è possibile cioè calcolare la rapidità istantanea di variazione di una variabile y lizzazione cosciente di una teoria» (trad. it. p. xo6 ). E poco oltre: «Ma non è

rispetto alla variabile x e si ha cos( il concetto matematico di derivata.l'utilizzazione di un oggetto che ne determina la natura: è la struttura. Un cro­

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Approssimazione 77o 77I Approssimazione

nometro resta un cronometro anche se lo adoperano dei marinai, E questo ci Si ha facilmente per le prime due:spiega perché le grandi invenzioni decisive risalgano non agli orologiai, ma ai I + I = 2 I + 3 . I = 4sapienti; non a Jost Burgi e a Isaak Thuret, ma a Galileo e a Huygens (e anchea Robert Hooke), ai quali dobbiamo l'orologio a pendolo e l'orologio a spi­ ma per le altre due abbiamorale» [ibid., p. Io7].

Con la nascita della nuova scienza, alla quale è intimamente legato il con­ VI+I 2l og(I+ I ' ) = logz

cetto di approssimazione, si pone dunque il problema di strumenti di misura sen( I ) sen Isempre piu efficaci. Per la concezione classica spiegare un fenomeno fisico si­gnificava, dopo avere effettuato certe ipotesi semplificatrici, trovarne la sua causa. e non possiamo esplicitare maggiormente il valore numerico senza qualche ul­

Per la scienza moderna, che ha rinunziato alle «cause», si tratta invece di fornire teriore aiuto, ad esempio delle tavole di logaritmi.

di esso una descrizione <?uantitatiz,a precisa quanto piu possibile. È questa la Cosa rende particolarmente facile trattare le prime due funzioni (per x = I

«legge» del fenomeno e ad essa deve esaurirsi la spiegazione. o per qualsiasi altro valore)? La loro forma: esse sono polinomi, cioè espres­

L'esigenza di misure sempre piu precise diventa in tal modo una compo­ sioni che appartengono al tipo generale

nente importante del pensiero scientifico e tecnologico. Basti pensare all'estrema a„+a,x+a,x + ... +a„x".importanza della precisione, dell'attendibilità dei dati nell'attuale tecnologia.Ma anche nel pensiero scientifico attuale misurazioni precise, esperimenti di L'idea della formula di Taylor è ora che, «nell'intorno di un punto x«», cioè

grande accuratezza hanno la piu grande importanza. E persino, sul piano filo­ per valori della variabile x abbastanza vicini a x<i, una funzione f(x) possa esseresofico, la tesi di Popper che sia auspicabile per una teoria un alto grado di fal­ ben approssimata da un polinomio di grado n, tenendo conto del valore della

sificabilità, o di controllabilità, sembra, in ultima analisi, un riflesso della preoc­ funzione nel punto x», f(x«) e delle sue n derivate f'(x»), f"(x«), ..., f'" ' (x«).cupazione di organizzare esperimenti che siano controllabili con la maggior Questa idea conduce alla formula:

accuratezza possibile. (x — x )' (x — xConseguenza di tutto ciò è anche la necessità di una teoria dell'approssi­ (') f(x) = f( o)+ i f ' ( o)+ i f" ( o )+.--+ i f' " ' ( o)+

mazione. Se si considera infatti una celebre esperienza fisica, quella di Michel­son, che ebbe un contributo decisivo nel demolire il concetto di etere, essa ove, naturalmente il «resto» e è della massima importanza.passa attraverso la mediazione di uno strumento sensibilissimo, l'interferome­ Se, s Ipponendo x non troppo discosto da x«, si riesce a fare in modo che que­tro, e richiede tra i suoi dati la velocità della luce nel vuoto e la velocità di rivolu­ sto reste sia abbastanza piccolo, in modo da essere trascurato nei calcoli, lazione della Terra intorno al Sole. Queste due velocità devono quindi essere espressione (") ci permette di considerare f(x) come un polinomio.calcolate con la massima accuratezza e si richiedono strumenti teorici che con­ Se supponiamo, ad esempio, che esista anche la derivata (n+I)-esima disentano di affrontare e dominare calcoli numerici di grande complessità. In f(x) nell'i»tervallo (x«, x) allora s non può superare il valore massimo dellaaltre parole non è possibile pensare ad una scienza e ad una tecnologia avan­ funzionezate senza una buona teoria dell'approssimazione. In questo articolo si tratterà ~ f '"' (c<) (x — x«)"/n! ~di alcuni aspetti matematici della teoria dell'approssimazione, per poi svilup­parne un particolare aspetto nell'ambito della matematica attuale. per c. variabile in (x«, x). In altre parole se noi conosciamo dei limiti per f '" ' (x)

Si è già visto come il concetto di approssimazione sia intimamente legato possiamo circoscrivere l'errore.ai fondamenti stessi del calcolo differenziale, ossia al concetto di derivata. An­ È chiarI l ' importanza di una formula di questo genere, ad esempio per ilche una formula fondamentale di questo calcolo, la formula di Taylor, è legata a calcolo numerico.questo concetto, e sarà i l caso di i l lustrarla brevemente. L'idea c.'ze si è vista esplicitarsi per giungere alla formula di Taylor, di sosti­

Se si considerano diverse espressioni analitiche (diverse funzioni ) quali tuire ad una funzione un polinomio ricavandone le caratteristiche dal com­portamento ,'<locale» della funzione, può applicarsi ad altre situazioni.

Vx+x Si veda il risultato noto come «teorema fondamentale della teoria della in­x + I x«+ 3x log(I+x')

senx terpolazione >.Sia f(x) una funzione definita nell'intervallo [a, b].

si è subito colpiti dal fatto seguente: per calcolarne il valore in qualche punto, Possiamo proporci di approssimaref(x) mediante un polinomio di grado nad esempio per x = I, dobbiamo affrontare diverse difficoltà a seconda della imponendo però questa volta che il polinomio assuma in certi punti x», x, ,funzione. ..., x„esattamente i valori della funzione f(x), cioè f(x«), f(x,), ..., f(x„).

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Approssimazione 772 773 Approssimazione

Siamo cosi condotti al problema di determinare un polinomio e scegliamo i valori f(xs) = f(xl) = ... = f(x„) = ... =o, otteniamo il pol inomionullo che non è affatto una buona approssimazione! Si capisce cosi come sia

P(x) =as+alx+alx + . . .+ a„x" necessario imporre ulteriori condizioni % scegliere oculatamente i valori (nodi)tale che nei quali si impone la coincidenza della funzione data con il polinomio appros­

ao+alxo+" -+a„xo~= f(xo) simante.Senza soffermarsi ulteriormente sui vari particolari aspetti connessi ad ap­

prossimazioni specifiche in casi speciali, si esporranno ora per sommi capi alcu­a,+a,x„+ . . .+a„x„" = f(x„) ne questioni di quella che, all'interno della matematica, viene denominata teo­

L'esistenza di questo polinomio segue immediatamente osservando come il de­ ria dell'approssimazione. [M. r,.].

terminante z. I n numerosi problemi gli oggetti investigati e le loro descrizioni appros­I Xp .. . Xp

simative possono essere identificati con gli elementi di uno spazio metrico X, eI X l ... X l

l'errore commesso prendendo la osservazione approssimativa x dell'oggetto os­

servato x può essere identificato con la distanza p (x, x) tra gli elementi x ed x,

I X . .. X> Sia ZaX un dato sottoinsieme dello spazio metrico X; questo insieme può es­sere identificato con la classe degli oggetti investigati. Si denoti con XA il sotto­

debba essere diverso da zero. Questo è il teorema fondamentale citato sopra. Si insieme delle descrizioni approssimate degli elementi di Z, ottenute usando deinoterà come si sia data una pura dimostrazione di esistenza del polinomio p(x) ; metodi di osservazione indiciati da h. Denotiamo con H l ' i ns ieme di tutti g l iil problema della sua costruzione effettiva va affrontato con tutt'altre tecniche indici dei metodi usati per le indagini. Supponiamo che per ogni s>o si vo­sulle quali non ci si soffermerà in questa sede. glia determinare la classe dei metodi che approssimano gli elementi di Z con

Se supponiamo che f(x) sia derivabile fino all'ordine (n+ I ) nell'intervallo errore non piu grande di s. Questo problema, di ovvia importanza pratica, può

[a, b], è possibile dimostrare come sia essere formulato nel modo seguente:

MB+1 PRoBLBMA I. Trovare un sottoinsieme H, ~H ta le che per ogni xeZ e perf(x) — p(x) ~ ( x ­ Xo)(x — xl) ... (x — x„)

(n+ I)! ogni heH, esista un x>cX> tale che p (x, x>)(E.

Una soluzione del problema I, se esiste, dipende dal numero e, il quale,ove M"+ è una l imitazione superiore perf'"+" (x) in (a, b).

Notiamo ancora come la formula di Taylor e la interpolazione mediante unin ogni problema, è determinato dalla precisione richiesta per il nostro studio.Prescindendo da tale formulazione particolare del problema, consideriamo il

polinomio di grado n per n+ I punti del grafico della funzione siano, in realtà,espressioni della stessa idea. La formula di Taylor si riferisce al caso limite nel

seguente problema piu generale:

quale gli n+ I punti vengono fatti coincidere in xo, il che comporta esattamente PRQBLKMA 2. Sia H un so t t o insieme di (o, I ] tale che infH = o e sia

avere assegnate derivate in xo, fino all'ordine n. [XA]>,< una famiglia di sottoinsiemi di X. Per ogni xe Z trovare una famigliaProcedendo in questo ordine d'idee si pone immediatamente il problema [XA]1„1I tale che per ogni he H e x>e X> si abbia limp(x, XA) = o.

di minimizzare l'errore aumentando il numero dei valori x~, xl , ..., x„, presi A~o

in esame. È lecito attendersi approssimazioni sempre migliori al crescere dei Se esiste una soluzione del problema z, cioè la famiglia [x>]>,II, allora l'in­

; alori considerati. sieme H, = HA(o, h,) è una soluzione del problema I, ove h, è definito da

Tuttavia cosi il problema è posto con molta ingenuità; se infatti conside­ h, = inf [h ~ p (x, XA) ) s].$E'z

riamo una funzionef(x) che abbia infiniti zeri in (a, b) Il problema z è il problema fondamentale della teoria dell'approssimazione.

I. App r ossimazione di insiemi in uno spazio metrico.

Se il problema z è risolubile, la famiglia [X>]>,II è detta l'approssimantea xo Xl X2

dell'insieme Zc:X, quindi [X„)q,II è l'approssimante se per ogni ze Z e per ognihc H esiste x>e X>, che perciò indicheremo con X1,(z), tale che lim p(z, x>(z)) = o.

A-+0

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Approssimazione 774 775 Approssimazione

Generalmente, non ogni famiglia di sottoinsiemi nello spazio metrico X conseguenza che la famiglia (Xh, p»}«,«è un 'approssimazione dello spazioforma l'approssimante dell'insieme dato Zc:X, cioè non ogni famiglia (X»}h,« C[o, I].ammette una soluzione al problema z. Ricercando una approssimazione del sottoinsieme Z nello spazio metrico

Una volta dato l'approssimante dell'insieme Z, la costruzione di una so­ X, dobbiamo risolvere i due problemi seguenti :luzione del problema z si fonda sopra la determinazione della famiglia (p»}» A) Dato in uno spazio metrico il sottoinsieme Z, trovare un approssimantedi funzioni, p« . Z~X« che soddisfano la condizione: l imp (z', p»(z))= o, per (X«}h,)l dl Z.ogni xE Z. a) Dati in uno spazio metrico X i l sottoinsieme Z e il suo approssimante

Se (X«}«,«è l 'approssimante di Z e la famiglia [p«}»,«soddisfa la con­ (X«}) « trovare la famiglia di funzioni (p«}»,)l tali per ogni hE. H,dizione stabilita sopra, la famiglia di coppie (Xh, p«}«,«è detta l'approssima­ p» . Z~X«e per ogni xeZ, l im (x, p«x) = o.zione dell'insieme Zc:X. «-+0

L'errore dell'approssimazione dell'elemento ze Z è determinato con il fun­ La soluzione dei problemi A e 11, negli spazi metrici generali, non è conosciuta.zionale e«, e«(z) = p (z, p«(z)), per ogni h@H. Risultati relativamente completi sono stati ottenuti negli spazi lineari normati

Per il dato approssimante (X»}»,«possiamo in generale trovare molte dif­ [cfr. Singer It)7o ].ferenti approssimazioni (X», p«}»,«dell'insieme Z. Ma nel caso in cui gl'in­ Qui noi discutiamo brevemente solamente l'approssimazione degli spazi disiemi X), siano chiusi per tutti gli he H, l'approssimazione ottimale (X», p),}h,lf Banach, restringendo le nostre considerazioni al caso in cui gli approssimantipuò essere distinta con le relazioni : per ogni ze Z e per ogni kc H e per ogni siano formati da sottospazi lineari di dimensione finita. Questo sembra il casox«e X) - p (z p) (z)) ( p (z, x«). piu importante per le applicazioni pratiche.

Il piu noto esempio di approssimazione è dato dallo sviluppo decimale 6nitodei numeri reali. Si prenda come X l'insieme di tutti i numeri reali con la distan­za definita da p(x, y) = ~x — y~, e sia Z l'intervallo [o, I). Se noi poniamo: 2. A p p rossimazione di uno spazio di Banach con sottospazi di dimensione

H = [k~h(n+ l ) = I , n= o , I , . . .] finita.

X« ­— [y~y= k lo " , k = o, I, ..., Io", h (n+ I ) = I ] Se X è uno spazio di Banach separabile, allora esiste un insieme numera­

allora possiamo veri6care che (X«})„«è l 'approssimante di Z. bile (x;}, 0 denso in X.

Se (p»}«,«è definito dalle relazioni p«(x) = Io " parte intera (x lo"), per Poniamo H = [h~h(n+l) = 1 , n = o, I , ...] e X» ­— Lin(xo, . .., x„} p er

h (n+ l) = l ed ogni xe Z, allora per ogni xe [o, I) si ha e«(x)= ~x — ph(x) ~= x­ 11(n+ I ) = I, n =o, I, . . . ; si vede che (Xh}«,«è l 'approssimante di X ed ogni

— p«(x)(x ­ Io " (x loa — 1) = lo ' ", il che dimostra che l ime«(x) = o e che la X«è un sottospazio di X di d imensione 6nita. Quindi ogni spazio di Banach

famiglia (Xh, p«}«,«è l'approssimazione di Z = [o, I). separabile ha l'approssimante composto di sottospazi di dimensione finita.

È facile provare che, ponendo p» (x) = Io " parte intera (xlo "+ ls ), per L'approssimante che è stato costruito in questo modo, tuttavia, non è van­

h(n+I ) = I e ogni xe [o, I) otteniamo l'approssimazione ottimale (X«ph}«,« taggioso nella pratica, perché contiene sottosequenze composte del medesimo

dell'insieme Z= [o, 1). sottospazio di X; Di conseguenza spesso si costruisce un approssimante partendo

Un altro esempio assai importante è l'approssimazione polinomiale dell'in­ dalle basi algebriche [cfr. Kantorovich e Akilov lt)64] dello spazio X, se queste

sierne C [o, I] di tutte le funzioni reali continue su]l'intervallo chiuso [o, I]. basi esistono e sono date ed hanno proprietà ulteriori util i per studiare certe

Assumiamo come spazio metrico X l ' insieme C [o, 1] con la distanza definita classi di problemi [cfr. Aubin I t)7z ].da p(x, y) = sup ~x(t) — y(t)~. Discutiamo ora i l p roblema 11, assumendo che l'approssimante (X«}»,«

tc[O,11 dello spazio di Banach X sia dato. Ricercheremo una famiglia di applicazioniSia H ancora l' insieme, H = [h~h(nel) = I , n = o , I , . ..] e X» ­— Lin[ 1, t, (p«}h,)t che soddisfi le seguenti due condizioni :

t', ..., ta }" per h(n+ I) = I, n = o, I, ..., ossia l'insieme dei polinomi di grado n. I) per ogni heH e per ogni xcX», p»x= x .

Ponendo: phx(t) =p x tm(1 — t)" ~ per h(n+ I ) = I e per ogni Il ) per ogni heH si ha p» . X~X» e ph è l ineare e limitata.ta = O m

xE C [o, I], s l definisc 11 pollnomlo dl Belnsteln dl grado n e lim p (x, p»x) = o Questo significa che p»p« ­— p» cioè che per ogni hc H, p» è una proiezione li­»MO neare su un sottospazio di dimensione 6nita X». È facile dimostrare che tutte

per il teorema di approssimazione di Weierstrass [Yosida lt)74]. Ne segue di A.queste aPPlicazioni sono della forma: P»x = Pr»j(x)xhj, Per tutti gli xe X, do­

Con Lin(Z) indichiamo il piu piccolo insieme lineare in X che contiene Z(Zc=X). L'insieme j = l

Lin(Z) è detto inv i luppo l ineare dell ' insieme Z [cfr, Ikantorovich e Aki lov t064]. a Cfr. la nota al la pagina precedente.

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Approssimazione 776 777 Approssimazione

(x».}j <„ è la b ase di X j „ c i oè X> ­— Lin(xq,, ..., xjjy„}, Esempio x,

e rt„, ..., r><„sono funzionali lineari continui su X, che soddisfano la condizio­ Sia X = C[o, x] lo spazio di tutte le funzioni reali continue sull'intervallone di biortogonalità :

i se j = k chiuso [o, i], con la norma ffuffc ­— suplu(t)l per ogni uc C[o, x]. Ponendo

r»(x„x) = 8;j pe r j k = i z ... dz 8 j H = [hlhn = i , n= i , z , .. .], tV [0,1]

o se j / k .

Assumiamo che la famiglia (pj,}n«definita da i) e ii) sia uniformemente li­ s„j (t) = f jmitata, cioè

(K) Esiste una costante K, o< K < ~ t a l e che per ogni hcH, Ifpj,ff<K. per o< t ( i hn =i , n = i , z, .. . , j = o , i , . . . , n, d ov e

Allora per ogni vc X>, pj,v = v, e per ogni xe X, f(t) =

pj,x — x =pt,x — pj,v +v — x = (pj, — I)(x — v); o se ftl) x

cosi rj,j (u) = u(jh)ll pi,x — x II((x+ K) llx — v II.

per ogni uc C [o, x], j = o, x, , n , n h = x, n = i , z, ...,' troviamo che la fami­Ne consegue finalmente che esiste una costante reale positiva C, tale che per glia (Sj„p',}j,« definita daogni hc H e per ogni xc X

Sj = Li n[st p, st „...,llpj,x ­x II(Cinf llx v ll.VVXg

In altre parole, se le condizioni i ), ii) e (K) sono verificate la famiglia (X>, pj,}j,«è l'aPProssimazione di X, a Patto che [Xz}x,«sia l'aPProssimante di X. Inoltre ptu =g r j j (u)s»l'errore di approssimazione è uniformemente maggiorato dall'errore dell'appros­simazione ottimale. per ogni uc C [o, i] e hcH è l ' approssimazione dello spazio C[o, x]. Questo

Osservazione. Per il teorema di Banach-Steinhaus possiamo sostituire la segue dalle relazioni PjPj,­— Pj, e IIPj',If( i. I l sistema (s»}j"p j,« è n oto comecondizione (K) mediante la seguente condizione (K') : la base di Schauder dello spazio C [o, i].

(xt') Per o g n i xc X esiste un numero reale positivo K tale che per ogniLe basi di Schauder sono intimamente collegate all'approssimazione mediante

splines. Estendendo questo concetto agli spazi di funzioni di molte variabili ot­he H, Ifpj,x ff <K. teniamo la cosiddetta approssimazione ad elementi finiti.

Vale la pena di notare che non per tutti gli approssimanti possiamo tro­vare delle approssimazioni che soddisfano i ), ii) e (K). È stato trovato da Lo­

Esempio z.

zinsky e Harsiladze [Singer xg7o] che l'aPProssimante [Xj,}j,«, Xt, ­— Lin[x, t, Prendiamo X = C[o, i ] ed H come nell'esempio i .t, ..., t" }, h(n+ i ) = x, n = o, i, . .. dello spazio C [o, i ] non ammette proie­ Definiamo l'insieme delle funzioni (xp»}j p t, tt come segue:zioni lineari che soddisfino alla condizione (K). In effetti se X> ­— inf lfp> If, dove l'e­s tremo inferiore è preso su tutte le proiezioni lineari l imitate p> di X su X j „ ip»(t) = gallora X>)logh /8Vir, e di conseguenza limi> ­— ~. Si osservi che l'approssi­ p — p tt

p+j

mazione dello spazio C [o, i] data dai polinomi di Bernstein per mezzo del dove o< tp< t , « . . t < i , p er j = o, i , . . . , n , n b = x, n = i , z , .. .

teorema di Weierstrass non soddisfa la condizione i). La famiglia di f unzionali ( rP'},"p >« è da t a d a r/, u = u(t ) Per ogniPer formulazioni piu generali di fatti simili si veda Singer xg7O. ué C[o, i.] e j, h come sopra.Quando è data la famiglia di Proiezioni (Pj,}j,«, che soddisfi i) e xx), Possiamo Consideriamo la famiglia [8>, p„}j ,« d e finita dalle relazioni

definire la famiglia (Xj}>«d i sottoinsiemi di X mediante la relazione Xj, ­— p>X,per ogni hcH. Si dimostra che la famiglia (X>, p>}>«è un'approssimazione

II'z ­— Lin(xpj,p, xeni ~" > wt,n}dello spazio X se le condizioni i ), xx), (K) sono soddisfatte e limffp>z — z ff= o per nb = x, n = x, z, ...,

h-+p

per ogni z appartenente a un sottoinsieme arbitrario Z denso in X. Questa os­ p"„'u = g r j,j(u) w»,servazione è spesso utile nelle applicazioni.

>8

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Approssimazione 778 779 Approssimazione

per ogni uc C[o, I ]. La funzione p"„'u è la ben nota interpolazione polinomiale dove {x»)j"x è la base in X), e {r>j)j" I è un insieme biortonormale di fun­di Lagrange della funzione u. Se la funzione ha tutte le derivate fino all'ordine zionali lineari, allora l'applicazione duale p>0 che applica lo spazio X 0 di tutti in che sono continue nell'intervallo chiuso [o, I], allora funzionali lineari di X in X>~ ­— Lin{rlp, r »y , r) , „) è data dalla formula

u(t) — p„u(t) = j u ((Q ( j)I ( )n. p(',y = /y (x»)r»

j=p

per ogni te [o, I] e o < (< I con E dipendente da t. per ogni ye X . Se la famiglia {XI„p),)>«è l 'approssimazione dello spazio X,Prendendo come Z l'insieme allora la famiglia {X ),, p>)),«, con ipotesi addizionali, è un'approssimazione

Idello spazio X 0. Questo può usarsi per una approssimazione dei funzionali.

Z = ulueC [o, I] , l im — t llu'"'II(,"= o Consideriarno lo spazio C [o, I] e la sua approssimazione definita nell'esem­n. pio z. I l funzionale Iu = J u(t) dt è l ineare e definito su C[o, I ]. Di conse­

1

vediamo che {lF>, P>)j,« è l ' aPProssimazione dell'insieme Z nel losPazio guenza si può approssimare il funzionale con la formula

C[o, x]. Osserviamo che in questo esempio la famiglia {pz~)>,11 non è unifor­ 0 n 1

memente limitata in C [o, I]. p„Iu =p (» ) „ j ( ) = Q w„j (t)dt u(t)j= o j

=o 0

Esempio 3.che è la ben nota formula di approssimazione di Newton-Cotes.

Sia X lo spazio Lq(o, x) di tutte le funzioni che sono integrabili alla po­ La relazionetenza q, I <q< ~ . Q uesto è uno spazio normato con la norma definita da l 0 1

1 IIu — p'„"Iul = u(t) dt ­ Q u„,(t) dt u(t,) <llullxq= I ( )I 0 j

= p p

0L'approssimazione {L(, pz )t,«è definita come segue : n

< Ilu'"'llc ,g lt t ' I dt ­ t Ilu" II(:H = [hlh(n+ I ) = I, n= o, I , . . .], 11 j p n

L<z ­— Lin {l00, lei~ ..., l>„) fornisce l'errore della formula d'integrazione di Newton-Cotes sull'intervallo[o, I] [c fr. Hi ldebrand 1974].per h(n+ I ) = I, h e H ,

n

pqu = Qrxj(u)l»Approssimazione ottimale negli spazi di Banaeh.

per ogni ueLq(o, x); dove Se {X>)),«è un approssimante di dimensione finita dello spazio di Ba­t x se tc (o, I) nach X, cioè per ogni hc FI, XI, è un sottospazio di X di dimensione finita, allora

l„(t) =y j , per t e (o, I ), y(t) =

h o se t4 (o, I ) esiste un'approssimazione ottimale dello spazio X.Questo significa che esiste una famiglia di f unzioni {p),)I„II tale che

1I p> . X Xz e Ilpx,x — xll = i nfllx — vll, per ogni xeX ed heH .

r„ .u = ­ u(t)l„j(t) dt vq Y)0 In generale, noi non conosciamo abbastanza gli elementi dell'approssima­

per ogni ueLq(o, x), j = o, x, ..., n, h(n+ I ) = I, h E H . zione ottimale per determinare le funzioni pz.È possibile, per alcuni spazi, la costruzione di algoritmi che determinano

Esempio 4. l'approssimazione ottimale.

È facile dimostrare che se la famiglia {pl,)t,«definita dall'approssimazione Si consideri dapprima lo spazio C (Q) di tutte le funzioni reali continue nel­

{X)), p),)j„«dello spazio di Banach X ha la forma seguentel'insieme compatto Q.

Il sistema di funzioni u„ . . . , u, , uje C (Q), per j = x, ..., n, è detto il si­p~x=fra,:(x) x», stema di Cebysev, in C (Q) se comunque scelti n punti distinti, t l , ..., t„e Q,

det(u;(tj));, , „vs o.

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Approssimazione p8o 781 Approssimazione

L'approssimazione ottimale in C (Q) è caratterizzata dal seguente teorema L elemento vo è unico. In realtà, se esiste un altro elemento ropF V tale che[cfr. Singer ig74] : (t>, u — top) = o per ogni ve V, allora (v, wp — vp) = o per vc V e p rendendo

TEoREMA. Se (Xh}h«è l' approssimante di C(Q) definito nel modo seguente: v ='wp vp6 V si trova o = (top — vo, tt>o — vo) = ~~t op — vo~j, cioè too ­— vo.Xh ­— Lin(uh„. .., uhn} per hn = i, h e H = [h~hn= i , n= i , z > . . .] e uh„. . . , uh„ Ora è possibile trovare l'approssimazione ottimale (Xh, ph}h,rt dello spazioèil sistema di Cebisev in C(Q), allora vhcXh è un elemento di un'approssimazione di Hilbert X. Sia l'approssimante (Xh}h« d ato nella forma Xh ­— Lin(xhl, . . . ,

ottimale di ue C (Q)QXh se e solo se esistono n+ l punti distinti t l, ... tn vt FQ tali che xh„} per hn = i , h e H = [h~nb= i, n= i , z , . . .]. Allora esiste esattamente una

uh,(t,) . .., uh,(tn~,)baseyh,, ..., yh„nel sottospazio Xh che è biortogonale al sistema xhl, ..., xhn,cioè (yhh, xhj) Shj per k, j = i , . . ., n. Questa base è data dalle equazioni:

D = detuhn (tl ) » " hn (tn+l) hu(t,), ..., u(t v,) yhh = ~ ahj"hj

j = l

D;3u(t.) — vh(t ) = »gn — ' suplu( ) vh(t)l per j = i, . . . , n + i per k = i, ..., n, dove gli scalari ahj sono determinati dal sistema di equazio­

ni algebriche linearin

dove D. è il eofattore di u(t ) in D. Z ahj(xh; xh.,) = 8h

Quando si prende come compatto Q l'intervallo [a, b], allora con le ipotesi j=p

del teorema stabilito sopra, si ottiene il seguente corollario: per k, m = i, . . . , n . Questo significa che la matrice (ahj)h j t è l ' inversa dellacoRoLLARIo. vhé Xh è un elemento dell'approssimazione ottimale d i matrice di Gram (xh;, xhj), ," , de l s istema di elementi xhl, ..., xhn che sono

ue C[a, b]QXh se e solo se esistono n+ i punti d istinti t„ t z , . . ., t„+, dell ' in­ linearmente indipendenti, perciò la matrice (ahj) esiste ed è unica.

tervallo [a, b] nei quali la funzione u(t) — vh(t) ha il valore sup)u(t) — vh(t)~ Definendo ph con la relazionetc[a,pi

con segni alternati, cioè con segni opposti in ogni punto t„ t . +1. phu = Z(u, yhj) xhjQuesto risultato è noto come il «teorema dell'alternanza» di P. L. Cebysev

e fornisce la base per gli algoritmi numerici che determinano i polinomi del­ per ogni u@X, he H, hn = i, si verifica facilmente che (v, u — phu)= o per ognil'approssimazione ottimale [cfr. Ramez ltlgy e Stiefel itl6o]. vcXh e ueX, i l che dimostra che la famiglia (Xh, ph}h«è l 'approssimazione

Sia V un sottospazio dello spazio lineare normato X. Come conseguenza ottimale dello spazio di Hi lbert X.del teorema di Hahn-Banach otteniamo la seguente caratterizzazione degli ele­ Si osservi, per concludere, che se il sistema xhl, ... > xh„è ortonormale' ,menti dell'approssimazione ottimale: vp è un elemento dell'approssimazione cioè se (xh, xhh) = 8 jh, per j , k = i , . . . , n, a l l o ra y h .­— xh per j = i ... n eottimale di xeX QV, cioè ~~vp — x~)= inf))v — x~~ se e solo se esiste un funzio­

j » > " » hj hjn

ve V phu =g (u, xhj )xhj, per tutti gli uv X ed he H.naie lineare f di X t a le che ~~f,~~= i , f,(x — vo)= ~~x — vp~~ e f. (v) = o Per ogni j

=p

ve V.La condizione posta sopra è l'estensione della condizione di ortogonalità

nello spazio di Hilbert. In effetti, se X è uno spazio di Hilbert, con prodotto Approssimazione degli operatori.

scalare denotato da (, ), allora, mediante il teorema di Riesz, è possibile dimo­strare che esiste esattamente un funzionale lineare e continuo f su X, ta le che Siano X ed Y spazi di Banach, e sia D (A) c:X il dominio di un operatoreper il dato elemento xe X, fx = ~~x~) e ))f ()= i . Questo funzionale è definito continuo (in generale non lineare) A, A : D(A) ~ Y. Assumiamo che D (A)

sia aperto in X e le famiglie [Xh, ph}h« ( Yh, p(}h«siano approssimazioni de­dalla relazione fy = y , ­ gli spazi X ed Y che soddisfano la condizione (K) incontrata in precedenza.

Di conseguenza, se V è un sottospazio dello spazio di Hilbert X, allora voLa famiglia di operatori [Ah}h« è d etta un'approssimazione dell'opera­

tore A se e solo se:è la migliore approssimazione di ueX QV, cioè ~~vp — u~~= inf))v — u~) se e solo

vaV

se (v, u — vo)= o per ogni ve V. L 'ult ima equazione significa che l'elemento l sistemi ortonormali sono stati studiati in d iversi spazi di H i lbert ; per i pol inomi or­

u — vo è ortogonale a tutti gl i elementi del sottospazio V.togonali cfr. Szego 1959, in particolare si cerchino i polinomi di Cebyhev, Hermite, Jacobi, ecc.Cfr. anche, per le serie di Fourier, Yosida rpyg.

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78z 783Approssimazione Approssiln azione

a) per ogni he H, Ah . Dh(A)~ Yz, dove Dh(A) = D(A)>Xh, 1 ht n j

b) per ogni xe D (A) e ogni s) o esiste un numero positivo h0 tale che per Poiché jshj = f ­ — j dt = h f(~) de­per j = o, n

hogni hcH, h ( h 0 si abbia h p e r I < j < n — I

IIAh(Phx) — A(x) II Y(s. si hah A — l

ghphu= ­ u(o)+ pu(jh)+u(1) .Si osservi che la famiglia (Ah}h,ii dove j =l

Ah(xh)= PhA( h) Questa è la ben nota regola per l'approssimazione mediante trapezi gene­ralizzata.

per ogni xheDi,(A) e he H, è una approssimazione di A. Per verificare quest'as­serzione si osserva dapprima che la condizione a) è soddisfatta per la defi­

Esempio 6.

nizione di Ah. Proviamo ora che è soddisfatta la condizione b). L operatore D D u du/dt apphca lo spazio C' [o, I ] di tutte le funziomPoiché l'insieme D (A) è aperto, per ogni xcD(A) esiste un numero po­ differenziabili nell'intervallo chiuso [o, I] nello spazio C[o, I].

sitivo hl t a le che per ogni hc H , h( hl , p > xeDh(A)= D(A)AXh, poiché Definiamo l 'approssimazione dello spazio C' [o, I] co me la f a m iglia(Xh, p„*}h«è un'approssimazione di X. Assumendo la continuità di A si vede (Ch, ph}h«nel modo seguente:che per ogni xeD (A) e ogni nu inero positivo s esiste un numero positivo hztale che per ogni he H, h (h z H = [hlhn = r, n = I, z, . . . ]

Ch ­— Lin (ch0, ..., ch„} per n b= I, h c H

IIA(PÃx) — A (x) II Y <,KP„'u =y u(jh) c„j per ogni ueC [o, I], hn=r , hc H

dove llpigl(K . D ' a l t ronde, per ogni xe D(A) esiste un numero positivo dovehz tale che Per ogni he H, h( hz, IIPP1(x) — A(x)IIY<s/z, Poiché la famiglia(Yh, ph}h«è un 'approssimazione di Y. g j ­ ­ per j = o, ...,n — I

Infine, Per ogni xe D (A), Per ogni s)o e hc H, h(m i n (h l, hz, hz) ci (t) =

Ila�(phx) — A (x) IIY( IlpÃA(pfx) — PKA(x) II Y+ IIPKA (x) — A(x) II Y < + g — — n per j = n

( Ilphll IIA(phx) — A(x) II Y+ IlphA(x) — A(x) Il i.

<K — + ­ = czK per tg ( — I, z)

che prova che la condizione b) è soddisfatta. — (t+ I)' per — I <t<o2

Esempio 5. g(t) =

1 — t +t+­ per o< t < IL'operatore j, gu = u(t) dt applica lo spazio C[o, I] nello spazio R dei 2

0 I

numeri reali. Prendiamo come approssimazione di C[o,I ] (Sh, ph}h«descritta — (t — z)z per I < t < Znell'esempio I, mentre come approssimazione di R possiamo prendere R stesso,

2

cioè la famiglia costante <IR, I }h,ii. Possiamo prendere come approssimazione Quest approssimazione non soddisfa la condizione I ) richiesta in precedenza)

gj,}h« del l 'operatore j quella che è definita dalle approssimazioni dello spazio cioè ph non è un operatore proiettivo. Tuttavia la famiglia di operatori tip' }h}h«C[o, I] e da R. Allora è uniformemente limitata e limph ­— I, il che ci permette di usare un metodo ge­h-+0

7hphu jp h u= Z u( jh)7shj nerale per trovare un'approssimazione dell'operazione D formulata all'inizio diquesto paragrafo: si veda la dimostrazione di b).

per ogni uc C [o, I] e he H.Come approssimazione dello spazio C [o, I] prendiamo la famiglia defi­

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Approssimazione 784 Approssimazione

nita nell'esempio z (Sh, pf}h«i. Allora la famiglia (Dh}h,ii, che è un'approssi­ Si vuole trovare questa approssiznazione della soluzione risolvendo la se­mazione dell'operatore D, può essere definita nel modo seguente: guente famiglia di problemi di dimensione finita:

PRQBLEMA 2. Per ogni heH tr o v a re xheDA(A) = D(A)AXA che soddisfaDhphu = pADphu = Z(Dphu) (j h) sh, l'equazione

j = O PAA (xh)= Phy.per ueC'[o, z], nh = z, heH. Poiché L'esistenza di una soluzione del problema dipende in generale da un ope­

n ratore A e dalle proprietà delle approssimazioni (Xh, ph}h«r e (Yh, p(}h,it di(Dphu)(j h)=g u(kh)(Dchh) (j h)A =O

X e 1 . Supponendo che esista una soluzione, si possono dare alcune con­dizioni sufFicienti che assicurano che è un'approssimazione della soluzione delproblema z.

per k = o, ..., n — z Si definisce la famiglia di funzionali (Sh(A, x, p)}:Dchh(jh) =

I I Phx Il x— [g'(j — k) — g'(k — j)] = h 8,, +I per k = n

<~zjhiji> I IPKA (z) — PIA (Pgx) II YIIZ — Sllx(O

otteniamo" u((jp I)h) — u(jh) per ogni h@H, xcD (A) ed ogni numero reale positivo p.

DAPhu ­ Z, h Sht Dalla definizione di Sh si ottiene dunque:

per ue C' [o, z]. Ilxh — Phxlix<S A(A x p)lippa(xh) — PAA(p~x)IIY.

Questa è la ben nota approssimazione con le diBerenze finite della derivata Di conseguenza:D. Per una costruzione piu generale si veda Aubin zg7z.

Osservazione. Tutte le nostre considerazioni sono basate sulla nozione di lixh — xllr< lixh — Phxifx+ Ilphx — xllx<approssimazione interna, cioè l'approssimazione di un dato spazio mediante isuoi sottoinsiemi. È possibile tuttavia, e talvolta necessario, usare approssima­ <Sh (A x p)liphA(xh) phuA(phx)IIY+eh(x) =

zioni di spazi che contengono lo spazio dato (approssimazioni esterne). Per Sh(A» p) lippa(x) — PAA(phx) II Y+eh(x)ulteriori dettagli si veda Aubin zg7z.

poiché x è una soluzione del problema z e (xh}h«I una soluzione del pro­blema z.

Approssimazione di equazioni operatoriali. Noi assumiamo-che la famiglia Sh (A, x, p) sia uniformemente limitata ri­spetto ad h, cioè che esista un numero positivo ho tale che per ogni he H, h <ho,

Sia A un operatore continuo, A : D (A) ~ Y, D(A) c:X. Considereremo il Sh(A, x, p)<S(A,x, p) <~ . L ' u l t ima condizione è detta di stabilità locale diseguente problema : Lax-Richtmyer [cfr. Aubin Ig7z e Richtmyer e Morton z967]. Da queste ipotesi

BRoBLEMA z. Per un dato yoE' V trovare xoe D (A) tale che A(xo)=yo.segue che lim iixh — xiiz ­— o, che dimostra che (xh}h,zi è un'approssimazione

AMO

Si supponga che il problema sia ben posto, cioè che per ogni numero posi­della soluzione x del problema z.

tivo s esista un numero positivo 8 tale che per ogni ye Y, con iiy — yii Y<B, Si osservi infine come il problema z sia puramente algebrico. Infatti, poiché

l'equazione Ax=y ha una soluzione x<D (A) che soddisfa la disuguaglianza n

Ilx ­xllx«. Phy = Z rh",(y)yh,In generale non si può trovare la soluzione del problema esattamente, e j = O

ricerchiamo perciò la sua approssimazione. 'nbho~ "-r yhn} e per ogni xheXA ­— Lin/xho, ..., xh„} esistono dei nu­La famiglia zxh}A«I tale che per ogni he H, xj e D(A) g Xh e lim iix — xh ii>. ­— o,

A-+Omeri to, ..., t„ tali che

è detta un'approssimazione della soluzione del problema, purché [Xh, ph}h,izn

Xh=g t X „ ,sia un'approssimazione dello spazio X. j = O

Page 39: Calcolo -  Enciclopedia Einaudi [1982]

787 ApprossimazioneApprossimazione 786Esempio 8.allora il problema 2 può essere formulato nel modo seguente: trovare dei nu­

meri to, ..., t„c h e soddisfino il sistema di relazioni Si consideri il seguente problema con valori iniziali: trovare uc C' [o, i]0 tale che per o ( t ( i

rg,.A g t j~j„ = rg,y duj

=p — — f(t, u) = odt

per k =o, . . . , n ,u(o) = a,

P t,x„pD (A).j

=p dove f è una funzione continua.Esempio 7. Utilizzando i risultati dell'esempio 6 otteniamo

Si consideri l'equazione integrale :1 P'„AP„'u{t) = g ' ' ' f (j h,u , ) sz,

j=p

Au = u(t)+ K(t, s) u(s) ds= f(t),0 per o< t ( i — h, poichéf(jh,(p>u)(jh)) = f(jh, u ), dove uj = u(jh).

Il problema algebrico corrispondente ha la formaper ucC[o, i ] = X. Qui A a ppl ica X su X e p r endendo[$>, pjt,] j„j t comeabbiamo fatto nell'esempio i, come approssimazione di C [o, i], si trova che up = ail Problema aPProssimato ha la forma: trovare dei numeri uj,o, ..., uj,„che sod­ uj+,­— uj +hf{jh, uj)disfano il sistema di equazioni algebriche lineari

n per t '= o, i, ..., n — i, e dunque può essere risolto.

g m~;u„j = f(kh) Se la funzione f è lipschitziana rispetto alla seconda variabile con costantej =p L, cioè

i f (t, u) — f (t, v) i( L iu ­viper k = o, i, ..., n, dove1 allora per il funzionale St, abbiamo la stima

m /~j 81 j + K (khant) sto(t) dt>0 I

S,( — (e — i ).per k,j = o, i, . . . ,n e heH . L

Se1

Questa disuguaglianza implica che la famiglia

sup iK{t, s)i ds( ip<t< i p [ujt)hsB j t g j A'

allora la matrice M> ­— {mij )@"0 non è singolare Poiché è un'approssimazione della soluzione del problema ai valori iniziali considerato.1 Abbiamo dato qui solainente esempi molto primitivi delle soluzioni appros­

[I — Mj,( = max )K(kh, t)( dt( i .p <k< O 0

simate delle equazioni con operatori. Un'esposizione molto buona e partico­lareggiata dei problemi relativi per le equazioni differenziali ordinarie può es­

Quindi il sistema di equazioni discusse sopra ha un'unica soluzione. sere trovata in Henrici 1964; per le equazioni alle derivate parziali si vedanoInoltre si ha Aubin I972, Richtmyer e Morton i967, Babuska e Aziz I973.

1 — 1

Sj,(A, u, p)( i ­ sup iK(t, s)ids = S<~p<t< i p 6. Pr o cessi iterativi. Approssimazioni generate.

e la famiglia di problemi approssimati è globalmente stabile nel senso di Lax­Nel paragrafo precedente abbiamo considerato un'equazione operatoriale

Richtmyer. Ciò dimostra che la famiglia [uj,)j„> dove uj,­— g u>jsjj è un'aP­ in uno spazio di dimensione infinita. Abbiamo descritto un procedimento ge­j

=p nerale che riduce un dato problema di dimensione infinita ad una famiglia diprossimazione della soluzione dell'equazione integrale considerata.

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Approssimazione q88 Approssimazione

problemi di dimensione finita, Qui discuteremo un altro modo per costruire 3) Molto difficili, ma in generale impossibili da evitarsi, i problemi nel co­un'approssimazione di soluzioni di un'equazione operatoriale. struire le approssimazioni considerate in questo paragrafo sono connessi con

Siano X, Y spazi lineari normati e sia f un'applicazione da Uc:X su Y . la determinazione di un opportuno insieme X, e di una opportuna successionePer un dato elemento ye Y si consideri l'equazione f(x) =y, sotto l ' ipotesi: (A. } 1 di operatori che generano una convergenza. Considereremo qui que­esiste un insieme aperto convesso V<:U tale che l'equazione considerata ha sti problemi in due casi particolari.un'unica soluzione in U. a) Supponiamo che A, = A per j = i, z, ... Al lora F. (x) = F(x) = x +

Si supponga che esista una data sequenza di operatori lineari invertibili +A [f (x) — y] per ogni j ed xe U. Sia f dif ferenziabile nel senso di Fréchet(A,.}-, tale che per ogni j, j= i, z, ..., A- :f(U) ~X. Definendo la sequenza [cfr. Kantorovich e Akilov lq64 ] nel Punto xo, e [(dfdx)f(xo)] es ista e siadi funzioni (F/}J, con la formula F,(x) = x+A,[f (x) — y] per ogni xe U e limitata. Applicando il teorema del valor medio abbiamo per la successione

j = i, z, ..., si può vedere che per ogni j, j= i , z , . . ., l 'equazione F/ (x) = x è [yh}h 1 definita sopra al punto z la stima seguente:equivalente all'equazione f(x) =y, poiché esiste A ' .Sia xo l'unica soluzione dell'equazione considerata nell'insieme V. Suppo­ d

niamo che esistano due numeri reali positivi r ed L ta l i che l ' intorno aperto llyhit — xoll= IIF(yh) — F(x.) II (sup ll — F(~) II lly — x.ll=dx

K(xo r) K (xo t ) = [xfxe X, Ifx — x<, Il (r], sia contenuto in V, e per L, o( L ( i , dla disuguaglianza = sup III+A — f(z) II llyh — xoll,dx(b) IIF'(x) xoll = IIF (x) F'(xo) II(L llx xoll

dove I è l'operatore identico su X e l 'estremo superiore è preso su tutti gli zs ia soddisfatta per tutti gl i xeK (xo, r) e j = i, z, . .. Def in iamo una famiglia della forma z =tyh+ ( i — t)xo, o( t ( i .(X„, p„}h,B come segue: Si può dimostrare che la successione [yh}h 1 converge ad xo in qualche intor­

H = [hfnh = i; n= i , z , . . .] no sferico K (xo, r)< V, se l'operatore A è abbastanza prossimo (in norma)all'operatore lineare

1 ( O > )> 1/<n+i) h( 1/ n)per n =l , z , . . .,

Ph(xo) = F.F.- i " F i (x), f(x,)

dove x è un elemento fissato da X, e nb = i, h cH .Per dimostrare che la famiglia (Xh p>~}h,// è un'approssimazione dell'elemento

Quando la funzione F soddisfa una condizione di Lipschitz allora, per il teore­

xo osserviamo dapprima che ma del punto fisso di Banach-Cacciopoli, si può dimostrare l'esistenza e l'uni­cità della soluzione xo della equazione F (x) = x ( f(x) =y ) negli spazi di Banach.

IIP» (xo) xo II= IIFn(P1/<n — 1) (xo)) xoll IIFn (P l/<n — 1) (xo)) Fn (xo) II ( b) Un'altra classe importante di approssimazioni di una soluzione del­— I-lfPu<n — <i(xo) xoll ­ " ( L n flx — xoff (r l'equazione considerata può essere ottenuta supponendo:

per ogni xeXt . Questo significa che p<i/„(xo)c X,, per cui Xh e ph sono bendefiniti per ogni he H. Inoltre, per ogni he H ed xc X„p~z(xo)@Xh e lim ffph(xo)­ A, = ­ — f(puixo)

h-+o

xoll= o. Questo dimostra che la famiglia (Xh, p/s}h,// è un'approssimazione del­l'elemento xo. per j = i, z, . .. Un processo iterativo y, = x, y;+,­— F.(y,) per j = i, z , . . . o t t e­

Facciamo ora alcune osservazioni che concernono l'approssimazione discussa. nuto mediante tale scelta della successione [A }, i è i l b en noto metodo dii ) Per prima cosa si noti che l'approssimazione considerata in questo pa­ Newton-Kantorovich per risolvere la equazione f(x) =y in uno spazio di Ba­

ragrafo differisce da quelle discusse in precedenza. Gli insiemi Xh e le appli­ nach [cfr. Dieudonné i</6q]. [ K. M. e A. w. ].cazioni pg non sono date a priori, ma sono formati con un procedimento itera­tivo, cioè l'approssimazione è generata.

z) Poiché una successione (P,/„(xo)}„ i converge ad xo Per ogni xEK(xo, r) Aubin, J P.allora una successione (yn}n i definita dalle relazioni y, = x, yh ­— Fk 1(yh,), per t972 Approssimation of El l iptic Boundary-Value Probtems, Wiley-lnrerscience, New York.h = 2, 3, ..., converge pure ad xo, poiché yh ­— p»lh 1>Xo. Babuhka, I ,, e Aziz, A. K.

Le formule che determinano la successione (yh}h 1 formano il ben noto >973 Survey Lectures on the Mathematical Foundations of the Finite Element Method, in A. K.metodo iterativo per risolvere l'equazione f(x) = y . Aziz (a cura di), The Ma thematical Foundations of t l>e Finite Element Method evi/h

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L'elevarsi dell'approssimazione da semplice esigenza del calcolo (e della misura)a concetto è intimamente legato al sorgere della scienza moderna. AI concetto di appros­simazione è anche strettamente connessa l'origine del calcolo infin i tesimale (cfr. dif­ferenziale, infinitesimale). I successivi sviluppi del concetto di approssimazione al­l'interno della matematica, di pari passo con il progressivo astrarsi e generalizzarsi di

essa (cfr. matematiche, strutture ma temat iche), conducono ad una riformulazionedel concetto stesso in termini sempre piu sofisticati e specifici. Cosi tu tta la secondaparte dell'articolo che precede tratta a titolo esernplificativo di un problema importantema specifico alpinterno della' matematica.

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Calcolo

x. A m bito del problema.

'Calcolo' e anche 'conto' e 'computo': tre termini per uno stesso concettoo meglio tre termini per una famiglia di concetti abbastanza simili per essereraggruppati insieme, abbastanza diversi per non poter essere sussunti tutt isotto un unico schema. Una famiglia, un raggruppamento che nella costella­zione delle voci portanti del progetto enciclopedico si situa tra meccanico ecreativo, tra tecnica e filosofia, tra descrizione e spiegazione, tra pratica e teoria,tra concreto e astratto. Due citazioni. Per Lichtenberg, «il cosiddetto mate­matico pretende di essere ritenuto un profondo pensatore. Eppure tra di loro cisono i piu grandi confusionari che esistano sulla faccia della terra, incapaci diqualsiasi cosa che richieda riflessione quando non si possa subito ridurre allafacile combinazione di segni che sono piu frutto del mestiere che del pensare»[r844-47, I, trad. it. p. iz6]. Per Hobbes, «calcolare è cogliere la somma di piucose... ragionare, dunque, è la stessa cosa che addizionare e sottrarre... non solonumeri ma anche un corpo a un corpo, ... un'azione a un'azione, un concettoa un concetto, un nome a un nome, e in questo consiste la filosofia» [De corpore,I,i, $z].

In molte lingue innegabilmente il termine richiama lo strumento fisico:il latino classico aveva calculos ponere 'porre sassolini', il latino medievale cal­culare, onde l'italiano calcolo, il francese calcul e l' inglese calculusfcalculation.Tramontato l'abaco, 'calcolo' si associa spesso con 'macchina'. E macchina cal­colatrice vuoi dire molte cose : dalla„calcolatrice meccanica al calcolatore elettro­nico programmabile «grande» o «piccolo» che sia: sono tutti riferimenti ormaifamiliari anche ai non-specialisti.

Ma la dipendenza dallo strumento è relativa. Tommaseo, nel Dizionario deisinonimi : «CALcOLo e cALOULO. Computo o conto, cosi detto perché gli antichida principio computarono per via di calcoli, o pietruzze. Ora ha un senso piuesteso, e significa ogni operazione, nella quale si tien computo o ragione nonpur di numeri, ma eziandio di quantità o grandezze, quali che sieno. E si dicetalvolta anche Calcolo o Calculo, o Scienza del Calcolo, quella parte delle ma­tematiche la quale insegna a fare il calcolo. E dicesi Calcolo tanto l'Operazionedel calcolare, quanto i l Computo già finito».

Il rimando piu ovvio è a 'matematica', ma i due termini coprono due areedistinte e la sovrapposizione è solo parziale. C'è un calcolo non-matematico(per Jeremy Bentham c'è addirittura un calcolo del piacere e del dolore) e c'èuna matematica non-calcolistica.

Ciò viene curiosamente riflesso dai dizionari. Un calcolo vi è definito come«ogni metodo che serve a eseguire operazioni matematiche» e un aggettivo('aritmetico', 'algebrico', 'infinitesimale', ecc.) specifica la natura di tali ope­razioni. Ma si affianca all'accezione «rigorosa» il senso figurato: precisione,

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Calcolo 38o 38i Calcolocongettura. Chi è piu attento allo «stile corretto» informa che «calcolare, ofarcalcolo nel significato confidare, fare assegnamento,far conto, giudicare, stimare, aspetti piu familiari, in due opposte direzioni. La direzione piu comune è co­

considerare, valutare, ponderare, pensare e sim. è modo che dispiace ai puristi» struttiva e procede verso una complessità gradualmente crescente... L'altra

(Gabrielli, Dizionario dello stile corretto), pur concedendo che «l'uso antico direzione, che è meno comune, procede per analisi verso una sempre maggior

e moderno dei due termini, anche da parte di buoni e ottimi scrittori, li rende astrazione e semplicità logica» [Russell I9I9, t rad. it . p. i i ]. Ma l 'opposi­

tollerabili». C'è qualche attenuante per scrittori «buoni » e meno buoni : non zione non è rigida, i due termini interagiscono. Per questo, limitandoci entro

si dà infatti né predizione scientifica né pianificazione razionale senza calcolo. l'orizzonte della matematica, abbiamo delineato non solo alcuni aspetti della

Di qui la vaghezza o meglio l'ambiguità ma anche la ricchezza del termine: transizione dal calcolo coi numeri al calcolo come «sistema formale» (( z),spettro amplissimo di accezioni che vanno dall'aritmetica di un primitivo che il ruolo centrale dell'analisi reale e complessa, the Calculus per eccellenza,

non conta oltre cinque, a quella impostata sugli ultrarapidi calcolatori elettro­ come dicono ancor oggi gli Anglosassoni () 3), le caratteristiche specifichenici. Ma calcolo non è sinonimo di manipolazione di numeri. La «famiglia» si è della moderna analisi numerica ($4), ma abbiamo anche dedicato un certoarricchita di sempre nuovi componenti via via che è cresciuta l'importanza del spazio alla analisi della nozione di effettivo e allo studio della crescente com­

calcolo, o meglio dei calcoli, nell'impresa scientifica e tecnologica ed è tramon­ plessità che l'approccio costruttivo sembra comportare. Piu precisamente, si

tata l'immagine della matematica come «scienza dei numeri e delle figure» è fatto cenno all'esplicazione della nozione di funzione «calcolabile» (o «com­

per lasciare il posto a una complessa attività intellettuale difficilmente riduci­ putabile») ($ 5) e alla cosiddetta complessità computazionale () 6). I l r i feri­bile a una formula. Si può calcolare, dunque, con tante cose che non sono mento ad algoritmi ideali (per esempio macchine di Turing) o reali (come gli

numeri: è calcolo, in senso lato, «l'operare con la logica, il tradurre lingue, il esempi del ) 6) non mira qui a una trattazione sistematica, ma solo ad appro­fondire la nostra concezione intuitiva di cosa sia un calcolo.progettare circuiti, il giocare, il coordinare dispositivi di senso e di manipola­

zione e, in generale, assumere complicate funzioni associate al cervello umano» Tale approfondimento non necessariamente andrà in un 'unica direzione.

[Shannon i953, trad. it. p. 94 ].Già l'immagine intuitiva, come abbiamo premesso all'inizio del paragrafo, ri­

Benché nella storia del 'calcolo' o dei 'calcoli' il calcolo coi numeri a noi vela una famiglia di concetti: a maggior ragione il passaggio a nozioni rigoro­

piu familiari (l'insieme dei numeri naturali 0, i, 2, 3, 4, ... che indicheremo con samente determinate aprirà nuove ramificazioni, destinate spesso a disorientare

N, e poi quello degli interi, quello dei razionali, quello dei reali e infine quello il lettore non matematico. Cosi del resto è avvenuto ogniqualvolta nuove idee

dei complessi, che indicheremo rispettivamente con Z, Q, R, C) sia stato unhanno spento una tradizione di r icerca, mostrando che le procedure che la

autorevole paradigma, il calcolo con entità diverse dai numeri ha acquistato costituivano erano superate e hanno stabilito un nuovo paradigma: la conti­

sempre piu una sua consistenza e specificità (anche se, sotto un certo profilo,nuità nello sviluppo delle teorie e il recupero del passato sono conquiste del

opportune codificazioni possono ricondurre calcoli non-numerici a calcoli nu­ dopo, di quando si è ristabilito l 'equilibrio tra innovazione e tradizione.

merici). Una dinamica presente in quello che il matematico italiano Giuseppe Né c'è da stupirsi che sia cosi. La stessa teorizzazione scientifica sarebbe

Peano chiama pressoché agli inizi del Novecento «il sogno» di Leibniz [Peanoinutile se le rappresentazioni intuitive risultassero sempre adeguate ai bisogni

r898]. Del resto, per Leibniz [citato in Bochenski r956, trad it . p. 357] « [ne­che motivano la ricerca; inoltre la dicotomia intuizione/rigore è mobile. Muta

cessita] una caratteristica della ragione, mediante la quale le verità, in qual­ nel tempo e talvolta anche bruscamente.

siasi dominio, si presenterebbero alla ragione in virtu di un metodo di calcolo «Iniziare uno studente al calcolo è un po' come doveva essere il navigarenello stretto di Messina una volta: da un lato Cariddi che trascina l'imbar­come nell'aritmetica e nell'algebra». «Di conseguenza, quando sorgeranno con­

troversie fra due filosofi, non sarà piu necessaria una discussione, come [noncazione nel gorgo, dall'altro Scilla che attende che la nave si infranga sulle rocce.

lo è] fra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano in mano le Il gorgo che inghiotte tanti insegnanti è costituito da tutt i quegli enunciati

penne, si siedano di fronte agli abachi e... si dicano l'un l'altro: Calculemus!» falsi circa quantità infinitamente piccole; le rocce su cui i l p r incipiante fa

[Leibniz, citatoibid. ]. La combinatoria di Leibniz adombra due accezioni chia­ naufragio sono i solidi fondamenti dell'analisi. Un insegnamento adeguato del

ve del calcolo: la manipolazione di un insieme finito di simboli secondo regole calcolo deve accuratamente eliminare tutti gl i asserti privi di senso, ma allo

prefissate e la procedura effettiva. stesso tempo fare a meno di ragionamenti pedantemente rigorosi. Se aggiun­

Non daremo qui né una trattazione sistematica dei vari tipi di calcolo né giamo che anche una semplice introduzione dovrebbe mirare a far capire allo

una storia del calcolo: ci orienteremo invece nel labirinto degli indispensabi­ studente il senso del calcolo piuttosto che a dargli un'abilità puramente mec­

li riferimenti di carattere specialistico alle tecniche del calcolo (e anche, dovecanica nel maneggiare le formule, abbiamo piu o meno descritto le difficoltà

lo riterremo opportuno, alla loro storia ) usando come «filo di Ar ianna», perche l'insegnante ha di fronte» [Menger I945, p. 28].

riprendere una metafora dello stesso Leibniz, una dicotomia fondamentale: Come la navigazione anche la mediazione tra questi due estremi — esposizione

«La matematica è una disciplina che può essere sviluppata, partendo dai suoi analitica ultraspecialistica e generico richiamo sintetico — richiede strumentidelicati. In questa sede le tematiche generali svolte negli articoli «Assioma/po­

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383 CalcoloCalcolo 38z

È immediata la procedura di calcolo che permette di trovare la rappresen­stulato» e «Applicazioni» di questa stessa Enciclopedia costituiranno un terminetazione n-aria di un dato naturale a. Si determina innanzitutto i l numerodi riferimento; in particolare saranno presupposti i primi elementi e le corri­ t)o che soddisfa le diseguaglianze n'+ )a ) n ; do po d i c he si ha v ia v ia:spondenti notazioni della teoria degli insiemi, delle strutture algebriche e to­

pologiche che il lettore ritrova ampiamente spiegate e commentate in tali voci. a =q,n ' t r , con o<r ,< n ' o<q,<nSolo qualche paragrafo, data la complessità degli argomenti trattati, richiederà

r i =qt i n +r i 1i — 1 con o<r , 1<n ' ' o< q, , < nulteriori riferimenti matematici (è il caso, per esempio, dei $) 3.7 e 3.8).

z. Da l calcolo coi numeri al calcolo logico. r» = q?n+fi c on o<r ,< n o<q,<n .

2.?, Preliminari sulla notazione. Si può allora esprimere a (in un unico modo) come q,n'+q, in' +".+q ?n+q»ove si è posto r , =q»; cioè possiamo associare ad a la sua rappresentazione

Se certe comunità «primitive» riescono a far fronte alle esigenze pratiche di­ n-aria (q,qi 1 qiq«)„: q», q,, ..., q, si dicono cifre di a in base n.sponendo nel loro linguaggio di nomi solo per i primi cinque o sei numeri, la Varie ragioni — per esempio esigenze proprie della tecnologia dei calcolatori,padronanza del calcolo con numeri grandi appare oggi una necessità della società ma non solo — possono consigliare rappresentazioni con ngxo, per esempiocivile. Questa considerazione che sembra ovvia è i l punto di arr ivo di una n = z, n = 12, n=? 6 , e cc. Per n = ?6, poniamo, abbiamo bisogno delle sedicivicenda che ha visto per lunghi periodi la scissione tra rigore geometrico e cifre o, x, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, g, A, B, C, D , E , F : i l numero 48 543, perabilità aritmetica e algebrica, tra astrazione e pratica del calcolo, tra tecnica esempio, in base sedici si scrive BDgF, ecc. Dalla rappresentazione esplicitacalcolistica e numerazione scritta.

È noto che nelle antiche scritture (babilonese esclusa) il valore di un numero a = q(n' + ... + q«si otteneva come somma dei valori convenzionalmente attribuiti ai segni ele­ b = q,'n' + ... + q»mentari che costituivano il simbolo che li denotava, cioè quel che i Latinichiamavano nota. Nella scrittura- dei Romani, per esempio, 36 viene denotato si ricava immediatamente che in ogni sistema n-ario si possono eseguire le

da XXXVI, una nota ove compaiono tre segni X che stanno ciascuno per operazioni di addizione a+b, di moltiplicazione a x b, ecc. in modo analogodieci, un segno V che sta per cinque e un segno I che sta per uno: ?o +?o+ a come le si esegue in base dieci. Cosi, per esempio, si dominano addizione e

+ Io+ 5 +I = 36. Si comprende subito come tale scrittura fosse particolar­ moltiplicazione non appena si siano apprese le rispettive « tabelline» del sistema

mente inadatta a un calcolo semplice e sistematico. n-ario. Per esemplificare riportiamo la tabella di moltiplicazione in base sedici:L'abaco, di tradizione antichissima, costitui una premessa per l'introduzio­

ne dei segni numerici «arabi», in quanto in esso il concetto di numerazione o I 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E Fposizionale era inconsciamente anticipato. Ma che dall'invenzione del calcolo

o o o o o o o o o o o o o o o ocon l'abaco non sia derivata immediatamente la notazione posizionale non deveO I 2 3 4 6 7 8 A B C D E F

stupire: come l 'elaborazione intellettuale in certe culture orali non sembra2 6 8 A C E I O 12 x4 ?6 x8 I A I C xE

necessitare della parola scritta, cosi per lungo tempo scrittura del numero e o 2 43 o 3 6 C F 12 15 ? 8 I B I E 2? 24 z 7 2 A 2Dcalcolo sono rimasti atti distinti e indipendenti.

4 5 6 7 8 9

o 4 8 C xo 14 18 IC 20 24 28 2C 3o 34 38 3CIl nostro attuale sistema di conto è pervenuto in Europa, da fonti arabe,o 5 A F 19 I E 23 28 2D 32 37 3C 4? 46 4Bin scritti isolati nel xxx secolo: nel Liber /baci, con cui in I talia viene diffusao 6 C 1 2 x 8 I E 2 4 2A 3o 36 3C 42 48 4E 54 5Anel xzoz la conoscenza delle «novem figurae yndorum» e del segno o «quodo 7 E 15 xC 23 2A 31 38 3F 46 4D 5B 62 69

arabice zephirum appellatur», Leonardo Pisano già appare pienaxnente consa­o 8 xo 18 2 O 28 3o 38 4o 48 5o 58 6o 68 7o 78

pevole del fatto che con la nuova notazione il procedimento di calcolo vieneo 9 12 I B 2 4 2D 36 3F 48 51 5A 63 6C 75 7E 87ridotto a un certo numero di calcoli elementari su numeri inferiori a xo.

A B o A x4 I E 2 8 3 2 3C 4 6 5o 5A 64 6E 78 82 8 C g6Nel sistema decimale si scompone infatti ogni numero naturale secondo

o B x6 2 1 2 C 3 7 42 4 D 58 63 6E 79 84 8F g A A5le potenze del numero xo: 36 è 3 x xo' +6x xo ; 5681 è 5 x xo +6x xo +

C D E F

o C 18 24 30 3C 48 54 6o 6C 78 84 go gC A 8 B4+8 x Io'+x X xo ; ecc. In l inea di principio non c'è ragione di non conside­

o D x A 27 34 4E 5B 68 75 82 8F 9 C Ag B6 C3rare la scomposizione dei numeri naturali secondo le potenze di un qualsiasi o E x C 2A 38 46 54 62 7o 7E 8C gA A8 B6 C 4 D znumero prefissato n) x. Cosi facendo si ottengono enunciati generali i cui casi

o F I E 2D 3C 4B 5A 69 78 87 96 A5 B4 C3 D z E xspeciali per n = xo sono ben noti.

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Calcolo 385 Calcolo

Le tabelle diventano ovviamente tanto piu semplici quanto piu piccolo è «articuli» a partire dal Cinquecento sono destinati a essere rimpiazzati dalle pa­il numero n. Per n = z abbiamo rispettivamente: role 'piu', 'meno', 'per', 'diviso' mentre si introducono i corrispondenti segni,

+ — x : . M a i l modo di esprimersi dell'ignoto autore quattrocentesco ci of­Addizione aritmetica MoltiPlicazione aritmetica fre un filo rosso: come la grammatica regge l'uso degli articoli nel linguaggio

quotidiano, cosi le parole 'piu', 'meno', ecc. vanno usate secondo una gram­O I O I matica, che compendi le regole della «pratica aritmetica» proprio come la

grammatica italiana compendia le regole della lingua italiana. Piu oltre daremola grammatica del calcolo coi numeri naturali come grammatica di un « linguag­

O I o o gio perfetto»(cfr. $ z.7). Qui invece vediamo come le regole (associative, com­mutative, distributive, ecc.) autorizzano degli schemi operativi che nella stessa

IO O Iterminologia sono spie ora delle motivazioni pratiche ora delle giustificazioniteoriche.

Prendiamo in esame per esempio una sottrazione, 222 — Io8. Siamo solitiPeraltro si ha l'inconveniente che per n piccolo un elevato numero di cifre eseguirla in questo modo : 2 — 8 non si può effettuare in quanto 8 è maggiore

è necessario per rappresentare numeri anche non molto grandi. Cosi il nu­ di z ; prendiamo « in prestito» una decina dal z (che diventa I) ; Iz — 8 fa 4,mero 4oz in base dieci si scrive I I ootooto in base due. che scriviamo. Si è in tal modo sottratto il numero 8 della prima decina dal

Sul sistema binario torneremo piu oltre (cfr. )) z.4 e z.6); concludiamo numero Iz della seconda decina. «Il procedimento per prestito era, secondoosservando che si dànno procedure standard con cui è agevole passare da una Tartaglia, quello piu antico. È ancora usato anche il procedimento senza pre­base n a un'altra base m e rinviando a Knuth [ I969, pp. I6z-76] per ulteriore stito; dovendosi, ad esempio, sottrarre 39 da 6z, si aumenta di dieci i l 2 delinformazione, in particolare sull'impiego di basi negative, ecc. Nel seguito, minuendo (che diventa Iz ) e il 3 del sottraendo (che diventa 4). Eseguiamosalvo avviso contrario, impiegheremo il tradizionale sistema decimale, il che poi Iz — 9 = 3 e 6 — 4= z ottenendo il risultato 23». In un terzo procedimentoappunto non riduce la generalità del nostro discorso. in uso anticamente si venivano a sottrarre solo due numeri della prima decina.

Dovendosi, per esempio, effettuare 52 — z9 si procedeva cosi: z — 9 non si puòz.z. Le quattro operazioni elementari e i numeri naturali, eseguire ; 9 al Io manca I ; I + z = 3, che scriviamo; 4 — 2 = z, che scriviamo.

«Non limitando la somma al caso in cui la cifra del sottraendo superi la cor­Non è casuale che la parola 'algoritmo' nella tradizione matematica dell'Oc­ rispondente cifra del minuendo, l'operazione si trasforma di fatto in una addi­

cidente abbia avuto dapprima il significato di «calcolo' mediante decimali» zione tra il minuendo e il complemento del sottraendo... intendendosi per compLe­(cioè, cfr. $ z,I, di calcolo «posizionale»). Ancora Nicolò Tartaglia spiega al­ mento di un numero la sua differenza dalla potenza della base a esso immedia­l'inizio del libro secondo del suo Generai Trattato di numeri et misure che «laPratica Arithmetica, come afferma Giovan de Sacrobusto, fu data Compen­ Odiosa in luce da un Philosopho detto Algo et per questa causa fu chiamata Al­gorismo, over Algorithmo» [I556, p. 3]. I l «Philosopho Algo» è al-Khuwa­

Q 9 3 +rizmI, già nella prima traduzione latina della sua Aritmetica battezzato Algo­ i I fritmo (il titolo del l ibro era infatti Algorithmi de numero Indorum) ; Giovan de z l ~ ' / 9 %1 i Xf i %1+Sacrobusto è Giovanni di Sacrobosco (versione latina del nome John Holy­ o / o owood), astronomo e matematico inglese del xIII secolo. efZwfr~ i + fi o Xln X f o X f i

La «pratica aritmetica» di cui parla Tartaglia sarà destinata a fornire per fsecoli il paradigma di quel che deve essere «un calcolo»: essa consta in primo o%f i X f3luogo di quegli «atti » che oggi costituiscono le quattro operazioni elementari: S 0NNN~ i 9 3«iongere», «cavare», «moltiplicare» e «partire», per usare la terminologia diuno dei primi manuali di aritmetica a stampa, Larte de labbacho, pubblicato a Figura n

Treviso nel I478 a beneficio dei giovani veneti che intendevano darsi alla Schema «a gelosia» da Larte de labbacho. Moltipl icando (per esempio 934) e molti­mercatura. Ciascun atto è ivi caratterizzato da un suo proprio «articulo»: « Ion­ plicatore (per esempio 3I4) si scrivono ai lati di un rettangolo suddiviso in caselle. Si

riempiono poi le caselle con i prodotti parziali, come nella tavola pitagorica. Si sommagere ha per suo articulo et. Cavare ha per suo articulo de. Moltiplicare ha per suo infine in diagonale (nell'esempio il risultato è 293 276). Si noti che col termine 'somma'articulo fia. Partire ha per suo articulo in» [cit. in Picutti I977, p. 66]. Tali si denota qui i l p rodotto.

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Calcolo g86 Calcolo387tamente superiore» [Picutti I977, p. 67, anche per altri interessanti dettagli]. che agli occhi stessi di coloro che vi ricorrevano ogni volta che si imbattevano inSe la terminologia — «con prestito», «senza prestito» — rimanda imme­ una divisione di una certa difficoltà, il procedimento appariva cosi astruso dadiatamente ai libri dei mercanti, lo schema adombra un ordine di idee che pre­ rappresentare una «sfida» al talento matematico : in tale ambito il calcolo appa­ude ai numeri relativi — cosi «assurdi » per i matematici cultori del rigore an­

re dunque un pezzo di bravura per specialisti. Scrive per esempio Tartaglia:cora nel Seicento e nel SSettecento, ma cosi «naturali » in certe situazioni (cre­ «Costumasi in Venetia, quando che un discepolo ha inteso ben questo partirediti/debiti, profitti /perdite). per batelo, a darvi per ispasso alcuni partiri, che nella espeditione di quelli nePer fare un altro esempio, lo schema della moltiplicazione detto «a gelo­ danno una figura simile a una galea materiale, con la prova et poppa ellevatasia» ( g. x), al di là del pittoresco nome («gelosia intendiamo quelle graticelle anchora nel luogo dell'arboro et le depenature rapresentano poi li remi, ondeche si costumano mettere alle finestre de le case dove habitano done; acio che per non preterire a tal ordine te ne voglio dare alcuni, quali ti faran tal effetto,non si possino facilmente vedere», spiega Pacioli [cit. in Picutti x977, p. 7o] ), delliquali il primo sarà questo partitore 888888ooooooo8888oooooooo888888,fornisce una rocedur h 'dp ra che riduce al minimo la possibilità di sviste e permette, per questo numero 99999000000009990000000009999... il medesimo t i verràin poco spazio, di maneggiare numeri anche molto grandi. a partire 7777777ooooooo7777ooooooooo77777777 per 88888oooooooo8880000

La divisione è notoriamente l'operazione elementare piu delicata: a parte oooooo8888888 et cosi infiniti altri da te medesimo ne potrai trovare, che ti fa­la vexata quaestio della divisione per 0, l'operazione inversa della moltiplica­ranno un simil effetto» [ t 5g6, p. gg]. Nella figura z riportiamo lo schema relativozione — dati a e b trovare x tale che a= bx — ha significato solo se a è multiplo al primo esempio, il quoziente è 88, il resto 88968oooooooo968ooooooooo8976.

di b. Tuttavia anch e quando ciò non si verifica, è possibile determinare uni­ È del matematico, non meno che del poeta, «il fin: la meraviglia»l Il cal­vocamente «senza uscire dal sistema dei numeri naturali » (vedremo nel ) z.3 colo sembra oscillare tra i due poli dell'opposizione procedimento meccanico/cosa questa locuzione significa esattamente) due numeri q e r tali che a = bq+r creativo ovvero svolgimento di una procedura in modo irriflesso/consapevole.con o ( r (q , de tt i r i spettivamente «quoziente» e «resto» (il «partitore» e Ma la 'struttura fine', per cosi dire, di tale opposizione rivela la presenza diP«avanzo» nel medioevo). Ma la storia degli schemi via via utilizzati è per lo insospettate mediazioni. Per avere risposta al quesito di come sia nato un pro­meno curiosa.

cedimento del genere e soprattutto come possa essere rimasto il metodo gene­Uno dei piu adoperati fino a tutto il Seicento è infatti quello «per battello» rale per secoli si individua allora una connessione con le procedure di fattoo «per galera», denominazione che deriva dall'aspetto simile alla galera (cfr, impiegate sull'abaco, strumento di calcolo per eccellenza ancora ai tempi difig. z) che lo schema scritto assume a fine operazione. Troppo lungo sarebbe Pascal e di Newton, in particolare con la tecnica detta «divisione aurea» diqui descriverne il funzionamento [si veda Picutti r977, . 86-8 ] : b ' d'77, pp. — 9] : asti i r e cui la divisione «per galera» risulta probabilmente la trasposizione scritta [cfr.

Picutti I977, pp. 88 e zo6-zo].Possiamo qui solo accennare alla transizione dalla divisione per galera a

6 quella detta «per danda» che è il tipo di divisione tuttora in uso. Un paradigmal —­ di tale transizione si trova alla fine del libro secondo del Generai Trattato di

E g Tartaglia ove sono riportati alcuni schemi semplificati di divisione per galera(fig. g). La «scoperta» di schemi piu «semplici », cioè piu maneggevoli e piu

8 8applicabili, è certo un frutto della «ingegniosità» del ricercatore: ma ingegno­

o 8 sità è sinonimo spesso di capacità di astrazione dagli schemi che regolanoo c7 o 9 «H «secondo Pordinario» la pratica del calcolo.r 8 6 g t o g gf o $ Concludiamo queste brevi note sulle quattro operazioni nel sistema dei nu­S S S 5 v 6 t S S meri naturali (zeroincluso) osservando che nel calcolo della somma e del prodot­

8 o o O O O o f p p p S o o o o o o o to di due numeri naturali qualsiasi, nel calcolo della differenza di due numeri&PP'6 6 6 6 S di cui il secondo non sia maggiore del primo, e infine nella d eterminazione del5 5 8 8 8 6

S S S S S S S S S S quoziente e del resto della divisione di due numeri (cfr. sopra, p. g8g) gli uniciS SSSSS l s s errori possibili sono gli sbagli soggettivi di chi impiega le varie procedure. Dip pp p p y@y y pp p p p qui la richiesta di maggior semplicità che sottende l'impiego di non pochi degli

p p p p p @ &pp schemi per le quattro operazioni ; di qui anche «gli artifizi » che permettono di«vedere» certi risultati saltando alcuni passaggi dello schema. Nella divisione

Figura z.438 8z r : 9, per esempio, possiamo vedere che il resto è 7 « infilzando le figure»

Schema della divisione «per galera» lTartaglia x556, p. 3I]. come diceva Luca Pacioli, cioè addizionando le cifre di 438 8r t e ottenendo

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Calcolo 388 389 Calcolo

8 yfao pp 2.3. Dal calcolo coi naturali a quello con gli interi relativi e coi razionali.Partition fatta iecon r S i t i >j6

do l'ordinario,cioe a SS~d Non adoperiamo però nel «far di conto» solo i numeri naturali, ma anchei numeri relativi o, come si diceva una volta, i numeri «con segno», i numeri

principiar a multipli o p p p razionali (press'a poco quelle che si chiamano comunemente frazioni ) e infinecar & a sottrar dalla r 8 6 6 6 8 i numeri reali e i numeri complessi. «Fra di essi, i numeri naturali sembranobanda itniitra, S SS S S e l 8 8 essere i "numeri" per eccellenza, i veri e propri numeri, con un'assoluta prio­

p p p p p j rità su tutti gli altri ; tanto che Kronecker una volta ebbe a scrivere press'a poco

p p p una frase come questa: "I numeri naturali li ha fatti Dio, tutti gli altri li hannofabbricati gli uomini". A parte questa incontrollabile ipotesi sul loro fabbri­catore, la priorità dei numeri naturali posa in primo luogo su una molto pro­

Par titio fatta a prin yfa babile verità storica, e in secondo luogo sul fatto che mediante piu o menocipiar a mttltiplicar, ~j6 complicati accorgimenti tecnici il calcolo sugli altri numeri può venir ridotto a

&aCottrardallabá o 8 9 6 una serie di operazioni sui numeri naturali» [Preti r953, p. 17o].dadefba,perilche o S S p 8 8 Utilizziamo questo accenno come traccia. Oltre ad aggettivi come 'uno',

auanaamanco6gix S S S S S 6 l 8 8'due', 'tre', ... anche le lingue piu primitive hanno termini numerici quali

re depenate,come p p p p p j'un mezzo', 'un terzo', 'un quarto' ; dire invece che segni quali — i o a maggiorragione g z, g — i stanno per numeri è uso di questi ultimi secoli (cfr. ol­

vedi ppp tre, )( 3.2, 3.3 e 3.6). Ma questo sviluppo è proprio connesso con la praticadel calcolo. Supponiamo che la considerazione di un problema, magari un ba­nale problema della vita di tutti i giorni, ci abbia portato a formulare l'equazionex+3 = z (pensiamo a un mercante dei tempi andati che vuoi sapere quanto

Partiror 9 9 9 9 S SS S S gf 88 denaro aveva «al banco» prima di portare il proprio conto a z fiorini versan­t»SS p 6 8 done 3). L'equazione non si risolve in termini di numeri naturali, ma se ammet­

o 8 9 6 tiamo che si parli di numeri negativi possiamo allora scrivere x = — i (il mer­Figura 3. cante aveva col banco il debito di i fi o r ino ). Possiamo rappresentare tali nu­Tre schemi per dividere 888 88o per gggg offerti da Tartaglia. I l p r imo è quello meri ponendo su una retta segni a intervalli uguali a sinistra di un punto che

«secondo l'ordinario» e cioè per galera. Il secondo ne differisce nella parte superiore in convenzionalmente scegliamo per rappresentare lo 0 (fig. y).conseguenza della «part i t ione fatta a p r inc ipiare, a mult ip l icare, e a sottrar dalla bandadestra». L'ult imo schema, a parte la posizione del divisore gggg e del quoziente 8, è In un analogo ordine di idee dobbiamo ammettere numeri come 3 /z perlo schema a danda, quello che rappresenta per noi «l 'ordinario». parlare di soluzione esatta di equazioni come zx — 3=o. Con essi si ha una

notevole aggiunta ai numeri che possono venir rappresentati dai punti di unaretta. Infatti, tra due frazioni qualsiasi, possiamo sempre trovarne un'altra,

z5 e quindi addizionando le cifre di z5, che dà 7. È lo stesso ordine di idee il che è come dire che vi è un'infinità di frazioni in qualsiasi intervallo finitoche sottende tecniche come la celebre «prova del 9». Si tratta di un t ip ico come [o, r]. Tuttavia non dobbiamo presumere di aver individuato con questoesempio di questioni di divisibilità che troveranno il loro quadro naturale nella ampliamento tutti i punti della retta. A suo tempo l'immagine della scienza deiteoria gaussiana delle congruenze, ove una notazione ordinata e compatta per­ pitagorici venne messa in crisi dalla «scoperta» del fatto che, se costruiamo unmette di ritrovare tutte le giustificazioni piu o meno ad hoc che di tali «artifizi »avevano fornito i matematici precedenti. Un salto di qualità che bene illustracome il passaggio a un maggior livello di astrazione permetta di cogliere piuprofondainente il senso di tutta una serie di pratiche impiegate in concreto. Vi — 2 — I o + I + 2 + 3

faremo un riferimento piu dettagliato nel $ 2.4. Figura 4.

La rappresentazione sulla retta degli interi relativi fornisce una suggestiva imma­gine geometrica. A sinistra del punto che rappresenta lo 0 sono collocati gl i in teri ne­gativi; a destra gli in teri positivi .

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39i CalcoloCalcolo 39o

quadrato il cui lato ha lunghezza di un'unità e se, a partire dall'origine delPer quanto riguarda la rilevanza di un approccio di tipo algebrico ai nu­

lato, tracciamo la diagonale del quadrato, il punto che individuiamo sulla rettameri complessi rimandiamo il lettore al ( 3.6. Qui osserviamo che l'insistenza

non è uno di quelli cui (fig. 5) finora abbiamo assegnato numeri (cfr. oltre,sull'aspetto algebrico è motivata da questo semplice fatto: le nozioni di addi­zione e di moltiplicazione appropriate nel calcolo coi naturali non possono ap­

) 3.z). Ma queste lacune e infinite altre vengono colmate con un terzo am­pliamento del concetto di numero, che viene a comprendere gli irrazionali al­

plicarsi immediatamente in un calcolo di numeri di al tro t ipo. Lo studente

gebrici, come g z e gli irrazionali trascendenti come sr. Con i primi possiamodelle medie inferiori associa spesso all'apprendimento delle regole dei segni

parlare di risoluzione di certe equazioni algebriche, come x~ — z= o; con gli per la moltiplicazione degli interi relativi

altri possiamo completare il continuo lineare. Infine, con un quarto amplia­ (+a)(+b) = ~ a bmento riconosciamo nel numero «immaginario» g : x una radice propria

(+a)( — b) = ­ abdell'equazione x~ +x = o. Qui l ' intuizione geometrica sembra venir meno:sulla retta non vi è un punto che corrisponda a g : x . Va d a sé che l' in­ ( — a)( — b) = +ab

troduzione di «nuovi» numeri (relativi, razionali, reali, complessi) può averedelle conseguenze controintuitive, almeno a prima vista. Certi modi l ingui­

l'impressione che si tratti di ricette che vanno apprese a memoria perché, po­

stici non sono trasferibili dagli usuali numeri naturali, poniamo, ai comples­niamo, 'meno' per 'meno' deve fare 'piu'. Ma la parola 'deve' è mal scelta: in

si: non ha senso, per esempio, dire che in una stanza ci sono x5 +3g: x realtà non si tratta di necessità, ma di convenzione: come scriveva Gauss aBessel nel x8xx e come ribadiva poi Hankel, tali regole «sono stipulazioni ar­

uomini, ecc,Ma allora cosa sono i numeri> Un quesito cui si può rispondere in vari

bitrarie, scelte allo scopo di conservare il formalismo nel calcolo» [cit. in Wais­

modi. Nel ) 3 illustreremo alcuni aspetti del calcolo differenziale e integralemann x936, trad. it. p. 53]. Le regole basilari del calcolo coi numeri sono mo­

nei quali sono utilizzati come strumento principe i numeri reali e i numeritivate in concreto dalle piu svariate pratiche, ma finiscono coli'indicare in

complessi. Nel seguito di questo paragrafo vedremo invece come l'impulsoastratto certe condizioni logiche che devono essere soddisfatte dalle operazioni

all'ampliamento (a partire dai naturali ), basato sulla possibilità di calcolare condi qualsiasi calcolo che vogliamo ancora considerare un «calcolo coi numeri».

simboli utilizzando opportune regole formali, sia collegato allo sviluppo dell'al­Quelle che prima abbiamo chiamato «regole di calcolo» si mutano allora in

gebra : questa è appunto « la funzione creativa della forma», per usare una«proprietà formali». Un simile slittamento di prospettiva bene si individuain quello che Peacock battezzò nel x833 «the principle of the permanence of

fortunata locuzione degli algebristi dell'Ottocento.«Dubito... che sia pratico trattare radici, potenze, serie, logaritmi, ecc., sia

equivalent forms» e che divenne noto in seguito come «principio di perma­

pur elementarmente, soltanto con numeri (senza tutti gli altri sussidi algebrici,nenza delle proprietà formali». Tale principio euristico sul piano della teoria

e in fact senza presupposti di nozioni di algebra elementare). Per quanto buonogiustifica il passaggio ai nuovi sistemi di enti impiegati nella pratica, purché

sia l'impiego di esempi numerici per le spiegazioni, tuttavia qui la limitazionein tali sistemi siano mantenute « le regole generali dell'algebra». Anche un punto

a numeri mi r iesce meno evidente che la semplice trattazione algebrica condi vista conservatore può sottenderne l'utilizzazione: è il caso di tutti quei ma­

a+b, appunto perché l'espressione generale algebrica è piu semplice ed evi­tematici che consideravano ogni innovazione un passo obbligato cui erano

dente» (Engels, lettera a Marx, Manchester, 3o maggio x864).costretti per risolvere i problemi posti nello stadio precedente, «senza concepirel'algebra astraendo dalle sue esemplificazioni e senza tentare di inventare nuovicalcoli per portare lo sviluppo il piu avanti possibile» [Kneale x96z, trad. it.P 453]

È con l'emergere della concezione astratta dell'algebra tipica dell'Ottocentoche la situazione si è sbloccata. Peacock non fu infatti il solo ; Gregory nel x838pubblica l'articolo On the Real Nature of Symbolie Algebra; tra il x839 e il x844compaiono i quattro saggi On the Foundations of Algebra di De Morgan; con­temporaneamente emergono calcoli decisamente nuovi rispetto alla pratica ma­tematica corrente: del x844 sono la fondamentale Ausdehnungslehre di Grass­mann, che attua il progetto leibniziano di un calcolo geometrico (ponendo lebasi del calcolo delle forme differenziali esterne in senso moderno ) e il primosaggio sui quaternioni di Hamilton. Questi richiami paiono suScienti ; va aggiun­to però che solo una visione deliberatamente astorica può presentare esiti del ge­

Figura g. nere come generalizzazioni fini a se stesse: il progetto hamiltoniano, per esem­Costruzione sulla retta dell ' immagine di

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Calcolo 39z 393 Calcolo

pio, trovava la sua motivazione nell'esigenza di un calcolo che, per il moto nello numeri naturali: la nostra esposizione è volutamente informale, ma, ovviamen­spazio tridimensionale, facesse ciò che la teoria dei numeri complessi sembrava te, queste stesse considerazioni sono suscettibili di una t rattazione rigorosafare adeguatamente per il moto in un p iano. Come i numeri complessi sono (cfr. anche ) 3.i ).esprimibili nella forma x+yi (cfr. $ 3.6) cosi i quaternioni di Hamilton so­no esprimibili nella forma x+y i+z j +zvh (ove le lettere i, j, h rappresentano z.g. Concetto di corpo. Corpi finiti. Corpi ordinati.rotazioni in tre piani perpendicolari l'uno all'altro ). Ma a differenza del sistemadei complessi, quello dei quaternioni non soddisfa tutte le usuali «leggi del­ Fermiamoci ancora sul sistema dei numeri razionali (per cui possiamol'algebra»; com'è noto, proprio per conservare altre regole, Hamilton dovette svolgere un discorso analogo a quello con cui abbiamo concluso il $ 2.2; cf l.abbandonare la regola commutativa della moltiplicazione (nell'algebra dei qua­ anche ( 3. i ). Com'è noto, tale sistema costituisce un cospicuo esempio di cor­ternioni è, per esempio, j i = — ji ). Un fenomeno per certi versi analogo si ripre­ po commutativo (o campo) : per corpo (commutativo ) intendiamo un sistema Asenta in un al tro sistema ipercomplesso, di poco posteriore ( t845 e i847) a costituito da un insieme A, da due applicazioni binarie a un sol valore + equello hamiltoniano, quello degli ottetti di Cayley ottenuti come coppie ordi­ x di A x A in A, da due elementi specifici distinti o e i , da un'applicazionenate di quaternioni; qui, oltre alla proprietà commutativa, viene abbandonata a un sol valore — di A in A e di una applicazione a un sol valore ' di A~ inanche quella associativa per la moltiplicazione. (ove A~ denota l'insieme degli elementi di A d iversi da o ) in modo che

Un esame approfondito dei sistemi numerici — dagli interi relativi ai com­ valgono gli assiomi seguenti:plessi — mostra che anche in tali casi il passaggio da uno stadio a uno stadio I .i . a ) Per ogni a , b in A , a+ b= a+b ]proprietàsuccessivo esige l'abbandono di qualche legge: per esempio, come il lettore può b) Per ogni a , b in A , a x b= bxa f commutativeagevolmente verificare, il passaggio dal sistema dei naturali a quello degli in­teri relativi impone la rinunzia alla legge di monotonia della moltiplicazione: I.z. a) Per ogni a, b, c in A, (a+b)+c = a+(b+c) J proprietà

cfr. su questo punto le penetranti osservazioni di Waismann [ l936, trad. it . b) Per ogni a, b, c in A, (axb) xc = ax (bxc) f associative

pp. g8-63]. Se ancora pensiamo che con tali leggi si «colga» la «natura» dei 1 proprietànumeri come enti a sé, per «numeri » dobbiamo allora intendere soltanto i nu­

I.3. Per og ni a , b, c in A, a x (b+c) = (axb)+(axc) )d.meri naturali e gli enti degli altri sistemi sono «numeri» solo in senso pick­ I.g. a) Per ogni a in A , o+ a= awickiano. Ma una volta riconosciuto che il punto di vista essenzialistico non è b) Per ogni a in A , i x a = anecessario per «potenziare» il calcolo, l'attenzione viene diretta alle formule che I.g. Per og ni a in A, a+( — a)= oforniscono definizioni implicite dei vari tipi di espressioni numeriche: a se­

I 6. Per o g n i a in A ~, a x a ' = i .conda che si voglia privilegiare l'aspetto calcolistico o quéllo formale tali for­mule verranno viste come regole speciali di calcolo o r ispettivamente come Gli assiomi I ricostruiscono adeguatamente il complesso di regole su cuiassiomi da cui derivare teoremi. L'importante sarà comunque l'enunciazione si fonda la pratica del calcolo letterale con le quattro operazioni elementari,non ambigua di tali formule. Sulla opposizione essenzialismo/nominalismo ri­ ove, come si dice usualmente nei manuali, le lettere a, b, c, «sta n no per»torneremo nel ( 2.7. delle «quantità» (di solito numeri razionali ): in particolare le applicazioni­

Ci sono dunque vari tipi di numeri e corrispondentemente vari tipi di cal­ e ' permettono di trattare le inverse dell'addizione + e della moltiplicazionecolo (nell'accezione tipicamente algebrica di manipolazione formale di sim­ x : a — b abbrevia a + ( — b) e a : b (o a/b) abbrevia a x b ' : la restrizione ad A ~boli). in I.6 corrisponde al «divieto» di dividere per o, ecc.

Il passaggio dai naturali agli interi relativi e dagli interi relativi ai razionali Gli assiomi della teoria astratta dei corpi valgono pure in sistemi molto(e per ora fermiamoci qui ) non è però un semplice processo di generalizzazione: diversi dal sistema dei razionali. Per rendercene conto basterà un breve accennose dico, per esempio, che ho invitato tre ospiti, posso sostituire al 'tre' della lin­ alla teoria delle congruenze, la cui prima trattazione sistematica si trova nellegua comune il '3' dei naturali, ma non il ' +3 ' degli interi relativi: altrimenti Disquisitiones arithmeticae [t8or ] di Gauss. Due interi relativi r e s si diconoavrebbe senso anche parlare di un invito di ' — 3' ospiti. A r igore il sistema congrui modulo m (m relativo ovviamente diverso da o e da i ) — si scrive se­dei naturali e quello degli interi sono due sistemi di numeri distinti (e lo stesso guendo la notazione gaussiana r =s mod m oppure r­= s se non c'è pericolo disi può dire negli altri casi ) : z — 3 resta un problema irrisolubile nel sistema dei confusione — se e solo se la differenza r — s è divisibile per m, cioè se divisinaturali, quel che si risolve con l'introduzione del sistema degli interi è il pro­ per m i numeri r e s dànno lo stesso resto. Si mostra agevolmente che la rela­blema «corrispondente» (+z) — (+3). L'uso di questa locuzione implica che zione di congruenza mod m è una relazione riflessiva (r ­= r ), simmetrica (sesi può isolare nel sistema dei relativi un opportuno sottosistema (costituito nel r = s, allora s —= r ) e transitiva (se r =—. s e s = t, allora r == t ). Tali proprietà mo­caso da zero e dai numeri positivi ) che viene agevolmente «identificato» con i tivano tra l 'altro la scelta del simbolo = . «Abbiamo adottato questo segno a

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Calcolo 394 395 Calcolocausa dell'analogia tra uguaglianza e congruenza», precisa Gauss in una notain calce dell'articolo z delle Disquisitiones; ma, riferendosi all'Essai d'une théo­ sentanti r +s e r x t rispettivamente: per rendersene conto basta vedere questo

calcolo dei resti come un calcolo coi relativi ove la somma di due numeri r, srie des nombres (1797) di Legendre aggiunge subito che se «per la stessa ra­ non è piu l'usuale somma, ma la somma mod m, cioè il resto della divisione digione [questi] ha usato lo stesso segno per uguaglianza e congruenza» occorre r+s per m, e analogamente il prodotto di r per s non è piu l'usuale prodotto, mafare una distinzione «per evitare ambiguità». il prodotto mod m, cioè il resto della divisione di r x s per m. Se poi m è un nu­

Limitiamoci ora a m intero positivo (ciò non è restrittivo, in quanto la con­ mero primo (cioè se gli unici interi positivi che dividono m sono i e m stesso),gruenza mod — m è identica alla congruenza mod m ) e ripartiamo gli interirelativi in classi avendo cura che tutti i membri di ciascuna classe siano tra loro

il sistema delle classi mod m rispetto a tali operazioni costituisce un corpo, as­sumendo come o e i del corpo le classi [o] e [ i] rispettivamente, come ­ [r]congruenti. Il numero di classi distinte (classi di congruenza o di resto) che la classe[ — r] e come [r] ', se il resto della divisione di r per m non è o, la classeotteniamo è proprio m e ciascuna di queste classi può venir rappresentata da [r™ ­2] (ciò è giustificato da un celebre teorema di Pierre Fermat, secondo cuiuno degli m numeri non negativi inferiori a m (appunto i resti della divisione se m è un numero primo non-divisore dell'intero m è r ' = i mod m: dunque

per m: cfr. fig. 6) ; inoltre possiamo anche definire una addizione e una mol­ f • rIII — 2 r™ — 1=— x mod m ).tiplicazione per classi di resto mod m ponendo: Oltre a un'articolata teoria delle congruenze — nel cui contesto Gauss di­

[r]+ [s] = [r+s] mostra rigorosamente il celebre principio dell'univocità della decomposizione

[r] x [t] = [r x t]. in fattori primi degli interi — nelle Disquisitiones sono sviluppate altre idee fon­damentali per la teoria dei numeri, quali le forme quadratiche (e la legge di

Si tratta di definizioni «ben poste» in quanto le operazioni in definitiva risul­ reciprocità quadratica) e una trattazione abbastanza sistematica di quelli chetano due applicazioni a un sol valore, cioè la somma [r+s] e il prodotto [r x s] oggi chiamiamo campi ciclotomici. Varrà inoltre la pena di ricordare che nellasono ancora due classi mod m e vengono univocamente determinate dai rappre­ quinta sezione dell'opera viene ripresa la relazione di equivalenza tra forme

quadratiche axs+bxy+cy 2 a coefFicienti interi (con lo stesso discriminanteb2 — 4ac) introdotta a suo tempo da Lagrange (due forme sono equivalenti quan­do una di esse si deduce dall'altra con un cambiamento di variabili : x' = mx + Py,

o y' = yx +8y, ove a, [l, y, 8 sono interi tali che ot8 ­ [iy = i ) e che per le corri­5 spondenti classi di equivalenza viene introdotta una legge di composizione per

— 4IO I la quale tali classi formano quello che oggi chiamiamo un gruppo abeliano.

6 Nonostante l'analogia tra tale composizione e la moltiplicazione degli interimod m con m primo, analogia che Gauss stesso segnala, per tale legge di compo­sizione nelle Disquisitiones viene utilizzata la notazione additiva. «Questa indif­ferenza in fatto di notazioni testimonia una volta di piu la generalità che Gaussaveva certamente raggiunto nelle sue concezioni relative alle leggi di compo­sizione» [Bourbaki 196o, trad. it. p. 7o]. Aggiungiamo solo che, se pure Gaussnon ebbe occasione di sviluppare sistematicamente idee che avrebbero potutocontribuire alla formazione di concetti fondamentali dell'algebra astratta, nonmancano nella sua opera spunti in tale direzione. Valga come esempio la com­

3 patibilità, appunto, di una relazione di equivalenza con le operazioni in una2 struttura algebrica.7 Per m = z la teoria delle congruenze riprende un ordine di idee che risale

almeno all'opposizione pari /dispari cara ai pitagorici: 'pari' e 'dispari' appaiononomi per la classe [o] e per la classe [ i] e le regole pitagoriche (l'unità è «pari/impari» perché aggiunta a un 'pari' dà un 'dispari', a un 'dispari' un 'pari ' ;'pari' per 'pari' dà 'pari', 'dispari' per 'dispari' dà 'dispari', ecc.) si possonoreinterpretare, scrivendo o e i per [o] e [ i] rispettivamente, con le tabelle per

Figura 6. l'addizione e la moltiplicazione nel sistema binario (cfr. ) z.z) ricordando cheRappresentazione geometrica degli interi relativi modulo 5. I l le t tore confronti con nella prima è t +t = io ma io rappresenta il numero due che è appunto con­

la rappresentazione degli interi relativi nella figura 4. gruo a zero modulo due: il campo delle classi di resto mod z è quindi il corre­

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Calcolo 396 397 Calcolo

lato formale rigoroso di quella aritmetica binaria che per Leibniz come in uno boli, le cui leggi di combinazione sono «note» e «generali» e i cui r isultati

specchio forniva «l'immagine della creazione» [cit. in Courant e Robbins i94I, ammettono «globalmente» (cfr. ( z.7) un'interpretazione coerente. È questa

trad. it. p. 44 ] e che ci permette di individuare una nuova struttura, l'algebra idea, in particolare, che sottende l'enunciazione fatta da Boole del proprio pro­

di Boole a due elementi, che si rivela uno strumento essenziale per quella che gramma: «Scopo di questo trattato è d'indagare le leggi fondamentali di quelle

chiameremo nel $ z.6 la tecnologia del pensare. operazioni della mente per mezzo delle quali si attua il ragionamento; di dar lo­

Dagli accenni alla teoria delle congruenze, vediamo subito che gli assiomi I ro espressione nel linguaggio simbolico di un calcolo e d'istituire, su questo fon­

non discriminano tra corpi con infiniti elementi (come il sistema dei razionali ) damento, la scienza della logica costruendone il metodo; di fare, di questo

e corpi con un numero finito di elementi (come i sistemi delle classi di resto stesso metodo, la base di un metodo generale per l'applicazione della dottrina

mod m con m primo ). Per un sistema assiomatico piu sottile ci basta constatare matematica della probabilità e, in ultimo, di r icavare dai diversi elementi di

che i razionali — come i naturali e i relativi — possono venir ordinati dalla re­ verità portati alla luce nel corso di queste indagini alcune indicazioni probabili

lazione a<b che si legge «a è minore od uguale a b». In particolare il sistema sulla natura e la costituzione della mente umana» [Boole i854, trad. it. p. 9 ].dei razionali risulta un corpo ordinato, cioè un sistema A in cui è definita una Qui non possiamo nemmeno accennare ai precedenti di tale progetto (l'algebra

relazione binaria < tale che non solo A è un corpo commutativo, ma valgono simbolica, la revisione del calcolo infinitesimale intesa soprattutto come svin­

anche gli assiomi : colamento da tecniche «intuitive» e come generalizzazione sempre crescente deimetodi dimostrativi, il dibattito filosofico sulla natura della logica e della gram­

II.x. Per ogni a, b, c di A, se a<b e b<c, allora a<c matica, ecc.) né delineare la realizzazione del programma nelle direzioni daII.z. Per ogni a , b di A, a<b e b<a se e solo se a= c Boole indicate [per tali tematiche rimandiamo a Bochenski I956, Kneale r96z

II.3. Per ogni a , b di A, a <bob< a e alla prefazione alla trad. it. di Boole i854] ; ci limitiamo a richiamare l'atten­zione sul calcolo della logica, cioè sulla logic of class 'logica delle classi', che in

II.4. Per ogni a, b, c di A, se a<b, allora a+c<b+c via di principio Boole distingue dalla «filosofia di tutto il pensiero che sia espri­II.5. Per ogni a , b di A, se o<a e o<b, allora o<a x b. mibile in segni, qualunque sia l'oggetto di quel pensiero» [cit. in Kneale i96z,

I l lettore può osservare che II.5 è la piu semplice regola dei segni e può trad. it. p. 463].

dedurre dagli assiomi anche le altre regole dei segni ricordate nel $ z.3. Diamo Supponiamo allora che lettere quali a, b, c, ... stiano ora non per quantità

qui subito alcune definizioni che utilizzeremo nel seguito: in un corpo ordi­ (come accade nel calcolo algebrico letterale) ma per classi: fungono — dice

nato l'intervallo chiuso di estremi a, b, denotato con [a, b], è l'insieme degli xBoole — da «simboli elettivi » (eLective), in quanto eleggono (cioè trascelgono)

tali che a< x <b ; l'intervallo aperto, denotato (a, b), è invece!'insieme degli x ta­ certe cose come oggetti d'attenzione e che l'uso del simbolo = t ra due simboli

li che a<x<b ( ove la notazione a<x significa a<x e a/ x ). di classi indichi che le classi da tali simboli denotate hanno gli stessi membri

Ricordiamo ancora che, in un corpo ordinato, intendiamo per valore asso­ (sono cioè coestensive). Tra tutte le classi distinguibili Boole segnala due casi­

luto di un elemento a (e scriviamo ~a ~) a stesso se a ao, e — a se a< o. limite per cui introduce due appositi simboli o e i, la classe universale (la classeSi può agevolmente verificare che anche altri sistemi, per esempio il sistema della quale ogni cosa è membro) e la classe nulla (la classe della quale nessuna

dei numeri reali (cfr. ) 3.3), soddisfano gli assiomi I e I I ; ma l 'aggiunzione cosa è membro), con l,'intesa che il segno i significhi ciò che nel suo Formai

degli assiomi II permette di escludere i corpi finiti e pone le premesse del di­ Logic [i847] De Morgan aveva chiamato universe of discourse 'universo del di­scorso maggiorare/minorare/approssiniare come vedremo meglio nel ( 3. scorso', ossia non, genericamente, la totalità di tutti gli oggetti concepibili di

qualsiasi genere, ma piuttosto la totalità di una determinata categoria di cose chesono oggetto della discussione (per esempio, in un contesto ove si suppone che i

z.5. Il calcolo di Boole. termini 'greco' e 'straniero' determinino due classi complementari, l 'universo

Sono senza dubbio gli sviluppi dell'algebra (cfr. quanto detto nei )( 2.3del discorso è il genere umano [De Morgan i847, p. 55]) : felice prudenza,dato che — come ben ci si accorse nella controversia sui fondamenti della mate­e z.4) che permettono di individuare calcoli con «entità» che non sono ne­

cessariamente numeri che forniscono un paradigma per gli stessi calcoli logici. matica agli inizi del Novecento — l'uso senza restrizione della nozione di classe

Già in Leibniz è presente l'idea di una somiglianza tra disgiunzione e congiun­ universale porta ad antinomie logiche.

zione di concetti da un lato e addizione e moltiplicazione di numeri dall'altro, Ma vediamo le operazioni di questo calcolo: innanzitutto Boole richiama

anche se tale somiglianza non è formulata con precisione. È sostanzialmentel'attenzione sulla intersezione o moltiplicazione di due classi a, b (cioè sulla

nell'opera logica di George Boole che questo progetto trova piena attuazione, classe di tutte le cose che appartengono sia ad a che a b), che indicheremo conIn Boole [t847 e ancor piu i854] un calcolo, nel senso piu ampio del ter­ il simbolo a x b che per certe proprietà rimanda alla moltiplicazione dei numeri.

mine, viene caratterizzato come un metodo che si fonda sull'impiego di sim­ Proprio dal confronto con l'usuale calcolo dei numeri Boole pone il problema

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Calcolo 398399 Calcolo

se anche nel calcolo della logica si possa definire l'operazione inversa; purconstatando che dall'equazione ab = cb non si ricava l'equazione a = c (la classe La derivazione sarà qui intenzionalmente eseguita non solo senza tralasciare

degli arcidiaconi celibi può forse essere coestesa alla classe degli arcidiaconi alcun passaggio ma addirittura giustificando anche quelli apparentemente bana­

biondi, ma da ciò non segue che tutti i celibi siano biondi ), Boole non abban­ li, dato che lo scopo del calcolo, nell'accezione di questo paragrafo, non è quel­

dona la funzione euristica dell'analogia coi calcoli piu familiari, dato che anche lo di persuadere della «verità» di un risultato, ma di mettere in evidenza la strut­

nell'algebra numerica vi sono limiti proprio nell'uso dell'operazione di divisione tura dell'inferenza dalle premesse alle conclusioni. Abbiamo dunque:

(da z x o = 3 x o non possiamo passare all'equazione 2 = 3). a+a' = x (per ga).Nell'algebra delle classi il segno a+b denota la classe delle cose apparte­ a x (a+a') = a x x (l'applicazione x è a un solo valore)

nenti o alla classe denotata da a o alla classe denotata da b: la parola 'o' verrà a x a+ a x a' = a x x (per 3b).intesa qui, salvo avviso contrario, sempre in senso inclusivo (in questa acce­ a xa+ o = a x z (per 5b).zione nella classe degli uomini che sono greci o biondi rientrano anche quegli a x a = axx (per 4a).uomini che sono greci e biondi ). Presentiamo ora una versione delle leggi (che a x a =a (per 4b).hanno per il calcolo della logica la stessa funzione che avevano quelle elencatenel ( z.4 per i l calcolo coi razionali ) un po' diversa da quella originale di L'ultimo anello della catena deduttiva esprime appunto per il caso n = z la leg­

Boole [x854]. Si tratta sostanzialmente di un riadattamento di Edward V. Hunt­ ge che Boole chiama the inde~ lareington [z9o4, pp. z88-3o9] di un'idea contenuta nella Universal Algebra di a n= a cioè a x ... x a = a;Whitehead [x898]. n volte

Per «algebra di Boole» intendiamo dunque un sistema B costituito da un una legge analogainsieme B, dalle due applicazioni binarie a un solo valore + e x d i B x B na = a c ioè a+.. .+a = ain B, da un'applicazione a un solo valore ' di B in B e da due elementi specifici n voltedistinti di B, o e x, in modo che valgano gli assiomi :

vale per l'addizione (per n = z possiamo ottenerla dalla derivazione precedentez. a) Per ogni a , b in B , a + b= b+a ] proprietà per dualità).

b) Perogni a , b in B , a x b= bxa J commutativa L'antitesi forma/interpretazione si delinea con chiarezza: già le considera­z. a) Per ogni a, b, c in B, (a+b)+c = a+(b+c) [proprietà zioni di «dualità» rimandano piu alla manipolazione dei simboli che a una loro

b) Per ogni a, b, c in B, (a x b) x c = a x (b x c) J associativa interpretazione. Ciò era ben presente a Boole che cosi scriveva nell'Analysis

3. a) Per ogni a, b, c in B, a+ (b x c)= (a+b) x (a+c) $ proprietà of Logic [x847] : «Coloro che hanno familiarità con lo stato attuale della teoriab) Per ogni a, b, c in B, a x (b+c) = (axb)+ (a x c) j distributiva dell'algebra simbolica, sono consapevoli che la validità dei procedimenti del­

4. a) Per ogni a in B, a+ o= al'analisi non dipende dall'interpretazione dei simboli che vi sono impiegati,

b) Per ogni b in B, a x z = a ma soltanto dalle leggi che regolano la loro combinazione. Ogni sistema diinterpretazione che non modifichi la verità delle relazioni che si suppone sus­

g. a) Per ogni a in B, a+ a' = z sistano tra tali simboli è egualmente ammissibile, ed è cosi che il medesimob) Per ogni a in B, a x a '= o .

processo può, secondo uno schema d'interpretazione, rappresentare la soluzio­

Si nota immediatamente che gli assiomi sono formulati in modo da mettere ne di una questione riguardante le proprietà dei numeri, secondo un altro sche­

in risalto il cosiddetto principio di dualità: se una proposizione è derivabile ma quella di un problema di geometria, e, secondo un altro ancora, quella di

dagli assiomi x-g la proposizione duale (ove + è sostituito da x , x d a + , un problema di dinamica o di ottica» (trad. it. pp. gx-gz). Per illustrare taleo da z e z da o) è derivabile da z-g. Inoltre un'indagine piu attenta mostra che considerazione, limitiamoci alle «proprietà dei numeri ». Prendiamo per B l 'in­

in questa formulazione non tutti gl i assiomi sono indipendenti: alcuni sono sieme dei naturali che sono divisori di qo, cioè (z, z, g, p, zo, x4, 3g, 7o) : perricavabili dagli altri e solo per maggior chiarezza sono stati elencati qui [per a x b intendiamo il McD (massimo comun divisore) di a e b, per a+b il loro McMuna versione degli assiomi che evidenzia l'indipendenza di ogni postulato cfr. (minimo coinune multiplo), per a' infine 7o/a, per z e o rispettivamente 7o e z :Kneale i96z, trad. it. p. 48z ]. Ciò premesso, mostriamo come possiamo deri­ il lettore può agevolmente verificare che abbiamo ottenuto un sistema per cui

vare «formalmente» (senza cioè sfruttare alcuna interpretazione degli assiomi ) valgono gli assiomi di Whitehead e Huntington, cioè un'algebra di Boole: sta­

la legge a x a = a che per George Boole individuava la specificità del proprio volta '+' e ' x ' indicano operazioni tra numeri, ma non gli usuali + e x , ben­calcolo in quanto indicava la piu vistosa differenza dall'ordinaria algebra dei si le operazioni che determinano McM e McD di due numeri, ecc.

numeri. Prima di concludere questo paragrafo mostriamo ancora come l'ordine diidee introdotto da Boole permette di interpretare come un particolare calcolo

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Calcolo 400 40x Calcolo

Universale affermativo (A) Universale negativo (E) prova sulla indesc lazo come sulla sillogistica aristotelica sono, per cosi dire,Ogni uomo contrari nessun uomo «applicabili meccanicamente».

è greco è greco Per chiarire questa locuzione premetteremo qualche cenno sull'algebra adue valori, su un ixnportante teorema del calcolo booleano e sul calcolo propo­

cocod . sizionale, limitandoci a una esposizione informale e inviando il lettore per esem­

ocy pio a Mendelson [xt)64] per ulteriori particolari.coo Il corpo delle classi di resto mod z che abbiamo già visto nel ( z.4 si tra­

Qualche uomo Qualche uomo sforma immediatamente in un'algebra di Boole interpretando il prodotto di dueè greco non è greco classi come prodotto logico, definendo la somma logica per a, b nel corpo come

(a+b) — (a x b) ove + e x sono definiti come nel ) z.4 e prendendo come o e xParticolare affermativo ()) Particolare negativo (O) booleani [o] e [x] r ispettivamente e infine [o]' = [x] e [x]'= [o],

Figura p. In tale algebra «i simboli a, b, c, ecc. ammettono indifferentemente i valori

Lo schema del quadrato logico, i l lustrato con un esempio tratto da Ar istotele. La o e x e solo questi» [Boole x854, trad. it. p. 6o ].notazione booleana descritta in questo paragrafo è sufficiente ad esprimere le proposizioni Chiamiamo ora espressione booleana ogni espressione ricavata dai simboliA, E, l, O pu rché le proposizioni A ed E siano prese senza portata esistenziale, come a, b, c,, applicando le operazioni booleane +, x, ' un numero finito di volte.venne mostrato da Franz Brentano nella Psychologie vom empirischen Standpunkt (t874). In altre parole x) tutte le lettere a, b, c, ... sono espressioni booleane; z) se wLa lettera u sta per la classe degli esseri umani, la lettera g per la classe dei Greci. A, E,I, O po ssono essere allora espresse rispettivamente dalle formule u xg '= o (o anche e cr sono espressioni booleane tali sono anche cr+t., cs x w, ~', g ) sono espres­u xg =g), u xg = o, uxg / o , u x g ' / o. sioni booleane solo quelle espressioni determinate da x) e da z). In particolare

indichiamo con z (a„. .., at,) una espressione costruita con le k lettere a„ . . . ,a>. Un importante teorema garantisce allora che w può scriversi come ze som­

la sillogistica aristotelica. Per esempio (cfr. fig. p) il sillogismo in BARBARA può ma di prodotti di espressioni dell'insieme (an ..., ax, ax, ..., a@} dove al solitovenir trattato cosi : u stia per la classe degli esseri uomini, a per la classe degli ani­ con a,' denotiamo il complemento di a,; si dice pure che ~a è una forma nor­mali, m per la classe dei mortali ; le premesse 'Ogni essere umano è un animale' e male disgiuntiva di z. Da esso segue [Mendelson xt)yo, trad. it. p. 6z] che un'u­'Ogni animale è mortale' possono venir rimpiazzate per esempio dalle equazioni : guaglianza se vale per un'algebra booleana, in particolare per un'algebra a due

(x) u+a = aelementi, vale per tutte le algebre booleane.

Ciò premesso, diamo qualche cenno al calcolo delle proposizioni. Ci limi­(z) a+m = m tiamo a considerare proposizioni «composte» la cui verità o falsità risulti de­

e quindi sostituendo nella (z) l'espressione per a data dalla (x) otteniamo: terminata dalla verità o falsità delle proposizioni che concorrono a formarle.Con x e o indicheremo ora convenzionalmente i valori di verità 'vero' e 'falso'

(3) (u+ a) + m= m (l'applicazione + è a un sol valore) rispettivamente.(4) u+(a+m) = m (per za) La negazione ('non') è una delle operazioni piu semplici sulle proposizioni :

se A è una proposizione, con ~A denotiamo la negazione di A che caratteriz­e usando ancora la (z) ziamo con la seguente tavola di verità:

(g) u+m = m

che il lettore può, se vuole, trasformare agevolmente in :

(6) u x m'= o.

(5) ovvero (6) possono appunto venir interpretate come 'Ogni essere umano èmortale'.

z.6. Algebra a due valori. Calcolo proposizionale. Circuiti logici.Altre operazioni su proposizioni sono la congiunzione ('e'), la disgiunzione

L'interesse delle derivazioni formali del ( z.g non è puramente teorico; inclusiva ('o') che per proposizioni A, B denoteremo rispettivamente A8zB,risiede anche nel fatto che i metodi introdotti da Boole che abbiamo visto alla A VB e che caratterizzeremo con le seguenti tavole di verità:

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4o3 CalcoloCalcolo 402

Le tavole di verità permettono dunque di decidere in un numero finito diAvB passi l'uguaglianza di due espressioni booleane come l'equivalenza logica di due

forme proposizionali. È in questo senso che i metodi di Boole sono riduci­bili a regole meccaniche e come tali r imandano a quella che in modo forsenon del tutto esatto ma pregnante è stata chiamata «la tecnologia del pensare»con esplicito riferixnento al progetto booleano di studiare the la«os of thought'le leggi del pensiero' [Boole I854].

I O È stato Jevons il primo a intuire un fatto del genere e a costruire nel I869una macchina logica, presentata l'anno successivo alla Royal Society, macchina

O I che egli stesso assimila a un piccolissimo piano verticale. «Noi la paragone­remmo piuttosto a un registratore di cassa, poiché i segni che indicano le variecombinazioni possibili di elementi (siano queste classi o proposizioni ) son

o o fatti apparire e sparire premendo tasti» [Kneale x96z, trad. it. p. 479 ]. NelI885 Allan Marquand progetta un analogon elettrico della macchina di J evons ;

Chiamiamo ora forma proposizionale ogni espressione ricavata dai simboli ma è nel 1947 che il progetto trova piena attuazione, sfruttando una tecnologia

A, B, C, ... applicando le operazioni V, &, ~ un numero finito di volte, in al­ piu sofisticata: il calcolatore costruito a Harvard da Kalin e Burkhart è in gradodi risolvere problemi booleani in cui intervengono sino a dodici variabili logi­tre parole x ) tutte le lettere A, B, C, . . . sono forme proposizionali; z) se che, cioè dodici lettere proposizionali o lettere di classi.

S e T sono forme proposizionali allora lo sono anche S & T, S VT, ~S ; 3) for­ L'antitesi forma/interpretazione ci ripropone quella astratt %oncreto. Co­me proposizionali sono solo quelle definite in I ) e z). minciamo col passare dalle generalissime «leggi del pensiero» allo studio deiCiò premesso, è ovvio che l'assegnazione di valori di verità I oppure ocircuiti di coxnmutazione. In seguito alla memoria di Shannon (I938) un cir­a ogni lettera che compare in una forma proposizionale fa corrispondere un

valore di verità per la forma proposizionale che può venir «calcolato» utiliz­ cuito elettrico contenente solo interruttori a due posizioni (quando l'interrut­

zando un'opportuna tavola di verità che possiamo costruire servendoci delle tore è chiuso passa la corrente, quando è aperto no ) viene rappresentato da uno

tavole date sopra. Possiamo anche dire che una qualsiasi forma proposizionale schema in cui, vicino a ogni interruttore, si pone una lettera che rappresenta

determina una funzione di verità, cioè un'applicazione di (o, I }" in (o, I}una proposizione tale che l'interruttore è chiuso quando la proposizione è veraed è aperto quando è falsa. La condizione di passaggio della corrente attraversoove n è il numero delle lettere che compaiono nella forma proposizionale. In

particolare chiameremo logicamente equivalenti forme proposizionali che de­ l'intero circuito è dunque rappresentabile con una forma proposizionale (siterminano la stessa funzione. Una conseguenza di un profondo teorema, che ri­ veda per un esempio la figura 8 ).prende un'idea di Peirce (Sheffer, I9I3), assicura che ogni funzione di verità, Una volta «concretizzata» l'algebra booleana come algebra dei circuiti di

commutazione, è agevole la trattazione dei problemi booleani: per esempio,cioè ogni applicazione di (o, I }" su (o, I } per n qualsiasi, può a sua volta ve­ certi aspetti dell'articolazione logica dell'ordinario calcolo coi numeri su unnir determinata da una forma proposizionale in cui occorrono solo i connettivicalcolatore digitale.~, V, oppure solo i connettivi ~ , & (il teorema di Sheffer è piu forte: a ri­

gore è sufficiente un opportuno connettivo, come la doppia negazione di Sheffer,ma per i nostri scopi basta quanto abbiamo detto ).

È immediato ora scorgere l'affinità dei due calcoli (proposizionale e delleB A

classi). Possiamo infatti tradurre espressioni booleane in forme proposizionalie viceversa, facendo corrispondere alle lettere a, b, c,... le lettere A, B, C, ...,ai segni booleani +, x , ' i connettivi V, &, ~ (sicché le tabelle riportate sopra

~D Ccaratterizzano quindi anche la moltiplicazione e il prodotto logico che abbiamointrodotto nel $ z.g), allo o e all'x booleani le proposizioni ~A & A («legge di Figura 8.contraddizione») rispettivamente ~A VA («terzo escluso»). cr e w siano allora Il c i r cu ito vi ene ra ppresentato da l Ia f o rma p r o posizionale (A & B gt C 8r D) Vdue espressioni booleane e S e T le corrispondenti forme proposizionali ; per V(A gt B gr ~C)V(~B & C gr D) che si può ottenere cercando tutte le plausibili v ievedere se S e T determinano la stessa funzione di verità basta ricorrere alle attraverso il circuito. Si osservi che la via da ~B a ~ C a t t raverso C non viene presatavole di verità: dai teoremi sopra ricordati segue subito che rr =w se e solo se in considerazione, in quanto essa darebbe la congiunzione elementare ~B li tz C gr ~C

S e T sono logicamente equivalenti. logicamente falsa A l c i r cu ito v iene cosi associata una funzione di ver i tà.

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Calcolo 4o4. 4o5 Calcolo

A tale strumento tocca infatti un importante ruolo di elaborazione dell'in­formazione e proprio a questo scopo si realizzano i cosiddetti blocchi logici ele­mentari.

Per esempio un blocco AND è un dispositivo che opera su n) z «entrate»A„ . . . , A„ c ioè su n grandezze fisiche in cui si distinguono due stati indicatial solito con o e t : lo stato r si determina quando A; (t <i( n ) è vera, e lo statoo quando A; è falsa. La «uscita» AND ha solo due possibili stati o e r : è t see solo se AtRA»R...RA„ è vera, è o se e solo se A,RA,R...RA„ è falsa. Dalpunto di vista astratto l'uscita di AND non è altro che il prodotto logico delle a)

entrate e per n = z può venir caratterizzata dalla tavola di verità di R nellatabella a p. 4oz.

Un altro blocco è l 'QR. Se le entrate sono An . .., A„ (n)z) , l 'uscita èA,VA, V . . . VA„ : c ioè, dal punto di vista astratto, la somma logica inclusivadelle entrate e per n = z può venir caratterizzata dalla tavola di verità di Vnella stessa tabella.

Infine il blocco No T è un dispositivo che ha un'entrata A e produce un'uscita~A : l'uscita di NQT può dunque venir caratterizzata dalla tavola di verità di ~nella tabella a p. 4oz.

Possiamo ora definire i circuiti logici combinatori appunto come combi­ b)Figura p.

nazioni di blocchi t ipo AND, OR, NQT: sotto il profilo astratto ci basta anchemeno di AND e oR (per due entrate) e di NoT (cfr. quanto detto sopra a propo­

In a) e raffigurato un circuito logico per (A, & ~As) V ~A i V(As & As) che adoperai blocchi NOT, OR, AND simbolizzati con ~, & , V rispettivamente. In b) è raffigurata unasito del teorema di Sheffer: ovviamente è possibile anche un blocco a due serie di circuit i d i commutazione serie-parallelo in cu i l a corrente passa se e solo se

entrate NAND che corrisponde alla doppia negazione di Sheffer). Per un esem­ la formula in questione è vera: il collegamento in serie corrisponde all'AND, quello in

pio si veda la figura 9. parallelo all'oR.

Ma riprendiamo l'ottica astratt %oncret%stratto: per attuare una datafunzione di verità sono possibili, come si è visto, piu circuiti in astratto logi­ il che mette in risalto l'importanza delle forme normali disgiuntive che tale esi­camente equivalenti e la possibilità di scelta conduce allora alla ricerca del cir­ genza soddisfano. La seconda pone un problema di minimizzazione dei blocchi,cuito «ottimale». Orbene la determinazione di cosa sia ottimale può differire cioè il problema di determinare una forma normale disgiuntiva logicamenteda tecnologia a tecnologia e da utilizzazione a utilizzazione. Poiché diversi equivalente a una data forma proposizionale A e tale che nessun'altra formafattori sono da tenersi in conto nella definizione (costo, affidabilità del circuito normale disgiuntiva piu semplice sia ad A logicamente equivalente. E infinerealizzato, rapidità della risposta, ecc.), un circuito ottimale non può che rap­ l 'esigenza pratica si riconnette a rilevanti sviluppi teorici: metodo di Quinepresentare un compromesso tra tali fattori quando si dia a ciascuno di essi un e McCluskey, mappe di Karnaugh, ecc. ciascuno coi rispettivi vantaggi e svan­peso diverso in relazione alle diverse utilizzazioni. Tale mediazione è di nuovo taggi. Per tali metodi r imandiamo il lettore interessato a Mendelson [ t970]:un passo verso l'astratto: tecniche di progetto ottimali si dànno solo relativa­ qui abbiamo voluto piuttosto dare un esempio della non semplice dialetticamente a specifiche definizioni di ottimalità. Ma la ineliminabile componente inerente al problema dell'ottimizzazione di certe procedure, un problema checonvenzionale di una definizione formale di cos'è ottimale non è indice di ri­ avremo modo di r iprendere in altro contesto.cerca sterile. Per esempio possiamo assumere che il fattore di maggior rilievosia quello relativo alla rapidità di risposta del circuito e che il solo altro fattore z.7. Calcolo logico e concetto astratto di calcolo.che deve essere tenuto in conto sia quello relativo al numero dei blocchi, pre­scindendo dalla considerazione di elementi NQT dato che la presenza o l as­ Quegli elementi che abbiamo isolato nella concettualizzazione di Boole esenza del segno di negazione risulta spesso da una decisione arbitraria (di qui negli sviluppi a questa connessi — calcolo delle proposizioni, funzioni di verità,la convenzione di considerare le negazioni delle lettere come entrate iniziali forme normali disgiuntive — nella direzione indicata da parole come 'calcola­e di non contare i blocchi NDT tra gli elementi del circuito ). Dalla prima as­ tore', 'macchina', 'tecnologia' assumono rilevanza anche nella direzione appa­serzione deriva la richiesta che il circuito sia a due stadi (un segnale che si rentemente opposta, quella cui rimandano termini come 'metodo assiomatico',trasferisca dall'ingresso all'uscita non deve cioè attraversare piu di due blocchi), 'linguaggio perfetto', 'sistema formale'.

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Calcolo 4o6407 Calcolo

Non è minimamente possibile accennare, in quest'ottica, ai grandi sviluppidella logica da Boole agli anni '3o del Novecento. Basteranno poche citazioni:

lettere proposizionali). Possiamo ora ricavare gli enunciati primitivi sostituendo

nella International Encyclopedia of Unified Science l'analisi dei fondamenti lo­proposizioni alle lettere proposizionali in ciascun elemento di un insieme finito

gici delle scienze muove dalla premessa che «un calcolo K è un sistema di re­di schemi di assiomi come quello proposto da Russell e Whitehead [r9ro], oves i utilizzano solo i due connettivi ~ , V :

gole formali che consiste di una classificazione dei segni, di regole diformazione(che definiscono le formule di K ) e di regole di deduzione. Le regole di dedu­ R.i. ~ (AVA)VAzione consistono di solito in enunciati primitivi ed in regole di inferenza (che R.z. ~ B V (A V B)definiscono "direttamente derivabile in K" ). Talvolta K contiene anche regoledi refutazione (che definiscono "direttamente refutabile in K" ). Se K contiene R.3. ~(AVB) V(BVA.)

definizioni queste possono venir considerate come regole addizionali di dedu­ R.4. ~ (~B V C) V (~(A V B) V (A V C))zione» [Carnap i94z, p. r55]. Sotto un certo profilo dietro Carnap riemergeLeibniz, dietro Leibniz, Hobbes (cfr. ) i ) , ma attraverso la mediazione non

Tale sistema è riportato qui seguendo le usuali convenzioni sulle parentesi.

solo dell'«algebra della logica» ma anche delle «grandi logiche» progettate Oltre alla naturale regola di sostituzione l'unica regola di deduzione è il classico

da Frege e quindi da Russell e Whitehead. Senza contare che la caratterizza­ modus ponendo ponens: possiamo inferire B da A e ~A VB .

zione puramente sintattica della deduzione (per Carnap stesso 'calcolo' è si­Calcoli piu sofisticati, per esempio il calcolo dei predicati del primo ordine,

nonimo di syntactical system o di formai system [i942, pp. x55 sgg.]) è presen­in genere, non sono «meccanici » nel senso del ( z.6: non possono venir ridotti,

te nelle indagini oramai classiche di Hilbert sui fondamenti della geometriacioè, a tavole di verità o a qualche altra procedura effettiva. In generale per

(r899-x9oo) e si puntualizza nelle meticolose analisi promosse dai formalistiun calcolo K si richiede che siano effettivi i metodi di controllo [Mendelson

della «scuola di Hilbert » negli anni 'zo e '3o. Ed è a questa tradizione che si r964, trad. it. p. 4z ], che cioè si possa decidere, in un numero finito di passi,

riconnette l'idea del «calcolo logico» in generale come «rappresentazione dise siamo di fronte a un'espressione di K, cioè a una sequenza finita di segni di

un sistema deduttivo eseguita in modo tale che a ciascun principio di dedu­ K, a una formula di K, a un assioma di K e se, data una sequenza finita di for­

zione corrisponda una regola di manipolazione dei simboli » [Braithwaite I953,mule di K, ciascuna di queste sia un assioma o sia ottenuta dagli assiomi appli­

trad. it. p. z7 ]. Il r igore matematico diventa cosi rigore formale: se Poincarécando una delle regole di deduzione di K. Dunque non sempre possiamo ef­

[i9oz] ammoniva matematici e fisici-matematici a guardarsi dal servirsi di hy­fettivamente decidere se una formula di K è un teorema di K, se cioè esiste una

pothèses cachées nei loro ragionamenti, in Braithwaite [r953] c'è un passo ulte­derivazione formale di tale formula in K; possiamo però decidere effettivamente

riore : «L'uso del calcolo per rappresentare un sistema deduttivo presenta l e­ se una data successione che termina con una certa formula è una derivazioneformale oppure no.

norme vantaggio pratico di rendere possibili deduzioni effettuate unicamente I l concetto astratto di calcolo testé caratterizzato ridefinisce in un modomediante manipolazioni di simboli e la correttezza di queste deduzioni può es­sere controllata automaticamente [checked automatically ] con la mera verifica

singolare l'antica idea del calcolo come «arte» o come «gioco». Whitehead [ i898,delle relazioni tra i simboli », sicché con sguardo all'indietro (cfr. ) z.i) si può p. 4]: «Una volta note le regole per la manipolazione dei segni del calcolo,

concludere che «se è per questa ragione che l'invenzione indiana dei numeril'arte della loro manipolazione pratica può venir studiata prescindendo dall'at­

"arabi" fu un evento cosi decisivo nella storia della civiltà... l'uso del calcolo tenzione al significato assegnato ai segni. È ovvio che possiamo prendere tutti

garantisce [a sua volta] che il pensiero venga completamente esplicitato, poichéi contrassegni [marks] che vogliamo e manipolarli secondo regole che asse­

nessun principio di deduzione può essere usato nel sistema deduttivo che non gnamo a nostra scelta». Ma convenzionalismo matematico ed economia di pen­

sia rappresentato da una regola di manipolazione simbolica del calcolo» [Braith­ siero vanno di pari passo: là dove diversi sistemi di oggetti, «pur determinati

waite r953, trad. it. p. 27 ].da differenti proprietà» dànno origine alle stesse «notae caratteristiche», ven­

Per dare un'idea piu precisa del calcolo in questa accezione basta vedere ingono cioè analizzati con calcoli analoghi dal punto di vista formale anche se

qualunque buon manuale di logica [per esempio Mendelson t964] le presen­ differenti per la scelta dei contrassegni [ibid., p. i], è «facile» tradurre un te­

tazioni del calcolo proposizionale, del calcolo dei predicati del primo ordinesto nell'altro. Ciò avviene abitualmente per le teorie algebriche, ove un siste­

senza/con identità, del calcolo dei predicati di ordine superiore, ecc. Il lettorema di assiomi è soddisfatto da un numero indefinito di sistemi di oggetti — cioè,

stesso puo interpretare la presentazione del calcolo delle proposizioni data nelcome diciamo piu abitualmente, di strutture — anche notevolmente diverse : ri­

$ z.6 come una descrizione — ancora piuttosto informale — di un particolarecordiamo, per esempio, la teoria generale dei corpi commutativi (cfr. ) z.4) e

calcolo K. Nel ) z.6 abbiamo classificato dei simboli, abbiamo fornito dellequella delle algebre di Boole (cfr. $ z.5).

regole di formazione (cosi infatti possono venir interpretate la definizione diTraduzioni non banali sono infatti possibili anche con calcoli a prima vista

forma proposizionale qualora si autorizzi a r impiazzare con proposizioni lemolto meno «astratti ». Riprendiamo l'esempio di Carnap [1939] concernente lateoria dei numeri naturali di Peano-Dedekind e la teoria dei numeri cardinali

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Calcolo 4o8 409 Calcolo

finiti [trattata per esempio in Russell e Whitehead rgro ]. I l pr imo è inteso prima che egli cominci a giocare saranno chiamateformule primitive. Le regolecome esempio di calcolo matematico che ammette tra gli enunciati primitivi del gioco sono le istruzioni date al giocatore su come egli possa scrivere nuoveoltre agli assiomi di un opportuno calcolo logico con identità anche specifici formule sul foglio di carta; ciascuna delle nuove formule viene derivata da al­assiomi non di tipo logico ; il secondo è inteso invece come un frammento di un cune o da tutte quelle precedenti secondo le regole del gioco. Se chiamiamocalcolo logico superiore, conformemente alla concezione logicista. lo scrivere una nuova formula fare una mossa, giocare consisterà nel fare una

Negli assiomi di Dedekind-Peano compaiono i segni pr imitivi specifici serie di mosse secondo le regole» [Braithvvaite I953, trad. it. p. zg]. Il senso delb, N, linguaggio « logicamente perfetto», cioè artificiale e non-ambiguo, dalla gram­

P i . b è u n N . matica rigorosamente specificata si unisce alla caratterizzazione delle teorie co­me «sistemi ipotetico-deduttivi » (Pieri, Peano, ecc.) e a quella piu sofisticataP.z. Per ogni x, se x è un N, allora x~ è un N. come sistemi assiomatico-formali (Hilbert). Il problema dell'interpretazione di

P.3. Per ogni x, se x è un N e y è un N e x~ =y~, al lora x = y . un «calcolo» o di un « testo» in questa particolare accezione porta alla coppiaP.4. Per ogni x, se x è un N, allora b/x~. sintassi/semantica [Carnap i 94z].P.5. Per ogni F [se b è un F e per ogni x (se x è un F allora x~ è un F)] 1Va questo raffinarsi della dicotomia forma/contenuto in una forma / piu

allora per ogni y (se y è un N, allora y è un F). interpretazioni può essere ancora una volta riletto nell'ottica dell'opposizioneessenzialismo/nominalismo. Occorre non andar oltre la definizione rigorosa

Nell'interpretazione abituale b designa il numero o, se '...' designa un nu­ delle regole con cui si manipolano i simboli I «Nel gioco degli scacchi non in­mero naturale n, allora '...~' designa n+ i e N designa l'insieme dei naturali; teressa conoscere o definire l'essenza dei vari pezzi, ma conoscerne o definirne lema se, per esempio, sostituiamo a o, n, n+ i, ins ieme dei numeri naturali, ri­ regole... il cavallo si identi6ca perfettamente con il modo che esso ha di muo­spettivamente z, zn, zn+ z, insieme dei numeri pari maggiori di o , anche versi sulla scacchiera» [Frola e Miranda ig4i , p. z59 ]. Ma alle forme piu oquesta interpretazione soddisfa gli assiomi P.i-P.5. Carnap [I939] sostituisce meno sofisticate di convenzionalismo si può r ibattere che progettare un cal­ai segni primitivi b, ~, N rispettivamente o, +, 'numero cardinale finito' : colo matematico come un «gioco» cui «non è connesso pensiero» è diverso

P'.i. o è un numero cardinale finito. dal prescindere per scopi particolari (cfr. per esempio ) 5.3) dal significato diun calcolo nella pratica matematica. Quel che l'ottica «nominalista» non vede

P',z. Per ogni m, se m è un numero cardinale finito, allora m+ è un numerocardinale 6nito.

è che la concezione astratta dei calcoli permette «una riproduzione della [pra­tica matematica] nel piano del formale puro» [Waismann ig36, trad. it. p. 93] ;P'.3. Per ogni m, n, se m è un numero cardinale finito e n un numero car­ quel che la concezione «essenzialista» non intende è invece che tale «ripro­

dinale 6nito e m+ = n+, allora m = n. duzione» non pretende di fornire l'esatta copia o tanto meno di esaurire la pra­P'.4. Per ogni m, se m è un numero cardinale finito, allora o+m+. tica matematica stessa.

P'.5. Per ogni H [se o è un H e per ogni m (se m è un H allora m+ è un H)]allora per ogni n (se n è un numero cardinale finito allora n è un H). z.8. Macchine calcolatrici e automi finiti.

Per il logicista in questo modo l'aritmetica è ricondotta alla logica ed è de­ Siamo rimandati quindi alla coppia astratto/concreto e tralasciando due im­terminato univocamente il significato dei numeri naturali ; ma non entriamo qui magini entrambe fortemente riduttive del calcolo, esempli6chiamo approfon­in merito alle difficoltà di questo punto di vista [per cui cfr. Waismann ig36, dendo quanto detto nel ( z.6 sui circuiti di commutazione. Essi possono venirtrad. it. pp. iz6 sg. ]. Piuttosto osserviamo che senza che nemmeno gli sia ri­ intesi, seguendo Church (rg57), come automi deterministici finiti. Tali automichiesto di conoscere il significato di o, +, 'numero cardinale finito', il lettore sono caratterizzati in generale da un numero 6nito n di e nt rate E„ . . . , E.„,può cogliere immediatamente le «caratteristiche formali» comuni a P. i -P,5 un numero finito di uscite U„ . . . , U„e ancora di un numero finito p di elementie a P'. i - P'.5. Se si entra in quest'ottica, «un calcolo, in sé, non richiede alcuna interni L„ . . . , L„: ciascuno di questi «elementi » (entrate, elementi interni,giustificazione» [Carnap ig39, p. zo]. «Considerato isolatamente, senza un'in­ uscite) è capace di un certo numero di stati, diciamo due, per considerare soloterpretazione qualsiasi, è una partita fatta per un solo giocatore e giocata con automi binari; inoltre è data una scala del tempo t = o, i, z, ... e in ogni istantesegni tracciati sulla carta... L'apparato del gioco consiste di un foglio di carta ogni elemento si t rova esattamente in uno dei suoi stati. Gl i s tati S (E;, t)rigato da linee orizzontali, con certi segni, o sequenze di segni, già tracciati delle entrate vengono assegnati dall'esterno e gli stati S (Ui„ t) vengono quindisulle prime righe. Ciascuno di questi segni, o di questa sequenza di segni, prodotti «automaticamente» dalla «macchina»,verrà chiamato formula, laddove "formula" sta appunto per il segno o sequenza Supponiamo, per semplicità, che sia n = i c ome nei casi presentati neldi segni scritti su una riga. Le formule che il giocatore trova scritte nel foglio ) 2.6 e consideriamo per esempio il comportamento di NQT: è S (U, t) = i s e

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Calcolo 4xx Calcolo4xo

e solo se S(E, t) = o. Cosi la logica dei predicati a un posto, in cui riusciamoa esprimere che 'x ha la proprietà P' scrivendo P (x) ove P è appunto un pre­dicato a un posto, e addirittura che 'ogni x ha la proprietà P' o che 'esiste unx che ha una proprietà P' cioè VxP (x), AP(x) rispettivamente, sembra l'am­ St

bito piu naturale (ricordiamo che A ~ B non è c he un 'abbreviazione per(~A VB) w (~BVA )) : lo stesso possiamo fare per oR, Axn e gli altri circuitilogici discussi nel ) z.6. Ma tali automi restano ancora piuttosto banali, poiché E,

il carattere temporale non svolge alcun ruolo. I l valore di uscita si stabilisceistantaneamente e non dipende in alcun modo della storia precedente. Introdu­ E,ciamo perciò un elemento ritardatore L con l 'azione seguente:

~ U(o)U(t+ x) ~E(t) per t = o, x, z, . . . S,

L'elemento L corrisponde all'incirca a una memoria temporale. Con esso sipossono assegnare automi già piu interessanti. Cosi l'automa della figura xofornisce l'addizione di due numeri in scrittura binaria, se questi numeri (comein una macchina in serie ) sono rappresentati da impulsi elettrici che si susse­guono come appare dalla figura xo. S, somma mod z; S, calcola il riporto (esi comporta come l'usuale congiunzione) che viene restituito a Sa attraverso L:

U(t) (E , ( t) & E,(t) &R(t))V (E,(t) & ~E,(t) & ~R(t))(~Ex(t) & E (t) & R(t)) V (~E,(t) & E,(t) & R(t)) Figura io .

Circuito di addizione bmartoR(o)R(t)~ (E,(t — x) & E,(t — x)) V (Ei(t — x) & ~E,(t — x) & R(t — x))

V (~E,(t — x) & E (t — x) & R(t — x)). pratica — il comportamento di macchine calcolatrici intese come automi finit inel senso di Church — e ripropone a livello piu complesso le questioni di otti­

Nel sistema interviene il predicato ausiliare R, che sta a significare la pre­ mizzazione cui abbiamo accennato per i circuiti logici combinatori nel ( z.6; nelsenza del riporto. Inoltre, la caratterizzazione di U è per induzione e non­ $ g.z tracceremo un confronto tra le macchine calcolatrici, intese come automi fi­esplicita. Si ottiene però una caratterizzazione esplicita di U in dipendenza da niti, e la loro idealizzazione, cioè la macchina di Turing intesa come automa cre­E, e da Es scrivendo, nel calcolo dei predicati a un posto del secondo ordine, scente.

U(t) ~SR(xe�(E» E» R, t) & ~R(o) & Vz(~(t ~V(E„E» R, z)))

ove xlx(Ex, Ea, R, t) e V(E„E a , R, z) sono il secondo membro rispettivamente3. Il calcolo coi numeri reali e coi numeri complessi.

della prima e della seconda equivalenza scritte sopra. Abbiamo quindi de­scritto il comportamento dell'automa della figura xo mediante una f ormula 3.x. Il calcolo coi razionali come calcolo di coppie.l'(E,, E„ t) de lla logica dei predicati del secondo ordine a un posto(ove cioèpossiamo esprimere locuzioni come 'esiste una proprietà R...' ), che definisce il Riprendiamo in esame i vari sistemi di numeri e i relativi calcoli cui si è

predicato di uscita U corrispondente ai predicati di entrata Ei, Ea secondo accennato nel ) z.3. Il calcolo coi numeri relativi può essere presentato come

la U(t) ~I ' (Ex, E„ t) . I l calcolo delle proposizioni (o dei circuiti, che da esso un calcolo di coppie ordinate di numeri naturali, soggetto a speciali regole ope­

differisce solo nella terminologia) è dunque insufficiente per automi come que­ rative; è infatti sufficiente introdurre le seguenti definizioni dell'uguaglianza,

sti: un nuovo calcolo formulato in un linguaggio piu espressivo permette in­ della somma e del prodotto fra tali coppie, definizioni che possono venire ri­

vece una descrizione di tali automi. Una trattazione già notevolmente sofisti­ guardate come ulteriori regole di deduzione in un calcolo dei naturali (cfr.cata a livello di linguaggio «perfetto» permette quindi la «riproduzione» di una < z V):

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Calcolo 4I2 Calcolo4r3

Z.r. (a, b) = (c, d) se e solo se a+d =b +c tali che r ) q,+„­— q, per t) k, e z) k e h sono i due piu piccoli interi che go­Z.z. (a, b)+ (c, d) = (a+c, b+d) dono di questa proprietà. k — r dà il numero delle cifre dell'antiperiodo, h

Z.3. (a, b) X (c, d) = (ac+bd, ad+bc). quello delle cifre del periodo. Se k = r, lo sviluppo n-ario di (a, b) è dettoperiodico puro (mancando l'antiperiodo). Per convenzione si scrive

Basta introdurre le abbreviazioni +a e — a rispettivamente per le coppie (a) b) = (qo, %...S — i@ "@+a — r)n.standard (a, o) e (o, a), cui per Z.r ogni coppia è riducibile, per ritrovare i Il numero razionale (a, b) possiede sviluppo periodico puro se e solo senumeri con segno. Con Z.z e Z.3 si ottengono immediatamente le usuali regole b e n sono primi fra loro. Nel caso generale si può scomporre b in un pro­operative del calcolo dei relativi: il lettore, per esempio, può agevolmente giu­ dotto b,bz ove b, è un divisore di n' con s intero positivo e bz è primo con n.stificare anche per questa via la non piu «misteriosa» regola dei segni, e può Definito c, dalla relazione b~cg= n' risulta (a, b) = (r, n') (acn bz) ove ac,inoltre controllare facilmente che gli assiomi I.r-I.5 e I l . r - I I .g del ( z.4 sono e bz sono primi tra loro. (ac„bz) possiede quindi lo sviluppo n-ario periodicovalidi; tuttavia non verificando I.6 il sistema dei relativi non è un corpo (co­ puro (q~, q,qz...q„)„e pertanto (a, b) a causa della divisione per n' possiedeme si suoi dire, esso forma solo un anello ordinato).

Analogamente possiamo presentare il calcolo coi razionali come un calcolouno sviluppo in cui prima di qr ci sono ancora s cifre.

Possiamo dunque limitarci al caso di b primo con n. Si dimostra allora chedi coppie ordinate di numeri relativi. Piu precisamente: nella coppia (a, b) h è il minimo intero positivo A per cui b è un divisore di n~ — r e quindi h noni simboli a e b denotano ora «numeri» relativi (cioè coppie di naturali) con dipende dal numeratore a della frazione. Questo teorema può venir espressob/o tal i che in modo elegante nel linguaggio gaussiano delle congruenze (cfr. ) z.4) : h è il

piu piccolo X per cui n~= r mod b.Q.x. (a, b) = (c, d) se e solo se ad= bc

Introduciamo ora la cosiddetta funzione p di Eulero che a ogni intero po­Q.z. (a, b)+(c, d) = (ad+bc, bd) sitivo c fa corrispondere il numero p (c) di tutti gli interi positivi minori di cQ.3. (a, b) x (c, d) = (ac, bd). e primi con c (è, per esempio, p(z) = r, q(3) = z, q>(4)= z, <p(5)= 4, ecc. e per

convenzione <p(r) = r) : è dovuto sostanzialmente a Fermat e a Eulero il fon­Anche in questo caso il lettore può ritrovare servendosi di Q.r, Q.z, Q.3 damentale teorema per il quale n>' ' = r mod b, onde h(q >(b). (Un risultato

le usuali regole di calcolo delle frazioni (con segno). In particolare la clausola ulteriore assicura che h è addirittura un divisore di cp(b)). Poiché determinareche il secondo numero di una coppia sia sempre diverso da o corrisponde al­ esattamente h per n e b abbastanza grandi può risultare laborioso, la maggio­l'esclusione della divisione per zero. razione h(q>(b) appare interessante in quanto da b=p~ ' . . .p„ » con p„. . . , p„

In riduzioni di questo tipo sono compresenti un aspetto logico e uno algo­ primi distinti (cfr. il teorema di Gauss ricordato nel ( z.4) si ricava (teoremaritmico: il primo concerne la chiarificazione degli enti su cui e delle regole con di Eulero ) q>(b)= b [r — (t/p,)]...[r — (r/p„)j.cui opera un calcolo, in modo da dissipare incertezze e ambiguità, il secondo Come è noto, la q di Eulero svolge un ruolo essenziale in molti settori del­fonda invece procedure effettive di calcolo. Esaminiamo in particolare quest'ul­ la teoria dei numeri.timo aspetto. Inversamente ci chiediamo se a una qualsiasi rappresentazione n-aria perio­

I numeri relativi e quelli razionali sono rappresentabili in notazione n-aria, dica (pura o mista ) corrisponda esattamente una frazione — una coppia — cheper esempio decimale. Ovviamente gli interi relativi non creano difficoltà al­ ha quello sviluppo. La risposta è (in entrambi i casi) affermativa, con esclusionecuna. Piu complicata è la faccenda per i razionali. Un razionale — per semplicità degli sviluppi della forma (q~, q,...qr.,qz)„per q~= n — r.

prescindiamo dal segno — può venir espresso da una frazione a/b ridotta ai Ciò premesso, osserviamo che sostituire lo sviluppo n-ario — per esempiominimi termini, cioè da una coppia (a, b) tale che McD(a, b)= r (a e b sono in base ro — alle coppie (a, b) nel calcolo coi razionali, in forza di una lungadetti in tal caso primi fra loro ). Un'opportuna procedura, che generalizza ade­ tradizione è certo piu accettato psicologicamente, ma comporta l'inconvenienteguatamente quella che abbiamo dato nel ) z.r, permette di associare ad (a, b) di aver a che fare con sviluppi infiniti. Anche se a inconvenienti del genere siin modo univoco uno sviluppo n-ario (q~, q,q,...q....)„ove q~ denota un in­ può ovviare con qualche espediente ad hoc, quale quello di sopralineare le cifretero )o grande a piacere, mentre per j)o è o(q,<n — r, sicché ogni q~ per dcl periodo come abbiamo fatto piu sopra, la rappresentazione dei razionalij) o può scriversi come una cifra del sistema n-ario. Lo sviluppo n-ario di a/b come coppie ordinate di interi pare piu vantaggiosa, Siccome la rappresenta­risulta finito se e solo se esiste un intero positivo s tale che b risulta un di­ zione su macchina da calcolo può invalidare le regole (proprietà associativa,visore di n' e il numero di cifre dopo la virgola è dato appunto dal piu piccolo distributiva, ecc.) piu sopra ricordate e assunte in un approccio formale comes che gode di tale proprietà. Ci sono quindi sviluppi n-ari infiniti: tali sviluppi assiomi per gli usuali calcoli, nel caso dei razionali l'impiego di coppie ordinatesono periodici, nel senso che per ogni sviluppo esistono due interi k) r e h) o permette almeno in parte di «salvare» tali regole (ovviando agli errori di ar­

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CalcoloCalcolo 4I54I4

Sia ora m = z ed xp = (i, I) ; allorarotondamento, ma non a quelli overflorv-underPozv) (per questa terminologiae questa problematica cfr. ) 4.3). xi = (3 2) = i 5

X» = ( I7, Iz ) = I >4I63.2. Una procedura per la radice quadrata di un numero razionale. ,= (577, 408) = i , 4 42

Riepiloghiamo: un numero finito di operazioni di addizione e di moltipli­ x4 = (665 857> 470 832) = I >4I42 I 3...

cazione sui naturali dà come risultato ancora un naturale; diciamo allora cheil sistema dei naturali è chiuso rispetto a procedure di calcolo contenenti un e l i l o l t re I ,5 = 2 , 2 5; I ,4 I6 = 2 , 0 0 5056; I , 4 I 4 2 I 5 = 2 , 0 0 0 0 0 4.; 1 ,4I42I3

numero finito di addizioni e moltiplicazioni. Non è chiuso invece rispetto alle = I , 999998...Da questi due esempi il lettore può inferire che la procedura di calcolooperazioni inverse di sottrazione e divisione (per un numero go ). Il sistema

ora descritta — che è un caso particolare del metodo di Newton (cfr. ( 4.5)­degli interi relativi è chiuso rispetto alle procedure contenenti un numero finitodi addizioni, moltiplicazioni e sottrazioni, ma non divisioni. Il corpo dei nume­ fornisce un'approssimazione di gm per m>0. Tuttavia gm può non essere

un numero razionale. Per esempio, gz non è un razionale: infatti se fosseri razionali, infine, è chiuso rispetto alle procedure contenenti un numero fini­to delle quattro operazioni elementari. (p, q) = gz con p e q interi primi fra loro, per definizione di radice quadrata

Tuttavia, se si considerano le procedure di calcolo contenenti una succes­ (cfr. ) 2.3) si avrebbe (p, q) =2 onde p = zq > il che è assurdo come il letto­

sione infinita di operazioni elementari, la situazione cambia completamente e re può agevolmente verificare sfruttando la decomposizione in fattori primi.

si possono avere i fenomeni piu diversi. Eccone un esempio. + 2 è forse il piu celebre esempio di irrazionale quadratico, intendendosi per

Assegnati un intero m e un razionale xp = (ap bp) si definisca la procedurairrazionale quadratico ogni soluzione di un'equazione ax'+bx+c = o con a,b, c interi e 0(b~ — 4ac / r' per ogni r intero. Lo studio degli irrazionali quadra­

xi = (ai> bi) ( ap+ mbp zapbp) tici, un ordine di idee promosso da Eulero, Lagrange, Gauss, ecc., ha svolto un

X»= (a„b~) = (a~+mbi, zaibi) ruolo chiave nello sviluppo della teoria dei numeri (vi ritorneremo piu avantinel ( 3.3).

Come abbiamo accennato nel) 2.3, la 'scoperta' degli irrazionali segnò perXn+I ( n+l> n+l) (an+ mb~, zanòn) i Greci una profonda frattura tra aritmetica e geometria, tra matematica del

discreto e matematica del continuo. La terminologia stessa è significativa: algreco àkoyoq per 'irrazionale' (cioè 'non esprimibile con un rapporto numerico'),

Cominciamo con l 'osservare che tale procedura non è definita se ap = o o sesi affiancano termini come xppqwoq, cioè où pqráq 'non dicibile', áu.swpoq 'in­si perviene ad an+i ­— a„+mb„ =o per qualche n, il che implica m<o. Vice­commensurabile' o addirittura oùx kv @pi&p,o7q, cioè 'non numero', «termini

versa, se per qualche n è m(o, si può mostrare che, qualora la procedura nonnon rigorosamente sinonimi » [Michel i950, p. 4i4 ] che insistono rispettiva­si arresti (e cioè, sia semPre an+,+0 ), allora i numeri xn cambiano di segno e mente sulle difficoltà di espressione (cioè di notazione), sulla dicotomia continuodiventano arbitrariamente grandi in valore assoluto (il lettore può verificare tale

fatto Prendendo Per esemPio m = — I ed xp = (2, I)). (geometria) j discreto (aritmetica), sull'esclusione degli irrazionali dai veri epropri numeri.Per m>o invece si ha xn+,<x„ per ogni n> i comunque si sia scelto xp>o

Punti di vista che riemergono a distanza di secoli: nel caso di un numerocome è facile verificare ; inoltre lo scarto fra xn ed x„+, diminuisce semPre almenoche non sia un quadrato perfetto «mai si potrà per pratica alcuna numerare laper n abbastanza grande giacché per tali n risulta ~x,+, — x,~ ( ]X„— X„ i~/2 do­sua radice aponto assegnare», dice Pacioli, ma «aponto se darano per via de lineeve abbiamo usato la notazione come frazione per semplicità.e geometria»; il suo contemporaneo Chuquet in Le triparty en la science desIllustriamo la procedura su due esempi.

Sia m = 4 ed xp= ( i, i ) ; alloranombres ( i484) dichiara che estrarre radici imparfaictes (cioè approssimate) è«fatica senza util i tà», anche se aggiungeva che si deve andare avanti '«per

x,= (5, 2) = 2 , 5 conseguire la perfezione»; nel Cinquecento Rafael Bombelli osserva ancora

X» = (4I, 20) = 2,0 5 che «la Radice quadrata è il lato di un numero non quadrato : il quale è impos­

x» = (328I, I640 ) = 2,00060 9... sibile poterno nominare: però si chiama Radice sorda, overo indiscreta» [I579]cercando nella geometria la via d'uscita all' inadeguatezza del linguaggio arit­

X4= (2I 523 36I, I076i 68o ) 2 > 0 0 0 0 0 0 . . rnetico.

e quindi tale procedura permette di trovare la radice quadrata aritmetica di 4,cioè l'intero positivo x tale che x» = 4.

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Calcolo 4i6 Calcolo4'7

Dedekind, Méray e Cantor che completano la rigorizzazione di Cauchy. L'im­

3.3. Continuità e numeri reali. piego del metodo assiomatico infine fa slittare il problema dell'esistenza deinumeri reali in quello della non-contraddizione degli assiomi che implicita­

«Ad ogni modo, nonostante le premesse teoriche e le riserve, Chuquet e mente li definiscono, questione spesso riportata nel contesto piu ampio dellaPacioli e Tartaglia e Bombelli, come Greci e Arabi prima di loro, estraevano teoria degli insiemi (si veda per la teoria assiomatica degli insiemi e la connes­radici di numeri, quadrati o meno che fossero» [Picutti i977, p. i6o ]. La pra­ sa questione di non-contraddittorietà l'articolo «Assioma/postulato» di questatica matematica, di fatto, disponeva di un' idea ingenua di numero reale che stessa Enciclopedia).«si può esprimere dicendo che un numero si considera definito dalla possibilità Per definire i numeri reali ci si può limitare quindi ad aggiungere un op­di ottenere dei valori approssimati e di introdurre questi ultimi nel calcolo. Ciò portuno assioma della continuità agli assiomi di corpo ordinato dati nel ( 2.4.del resto implica necessariamente un certo grado di confusione fra le misure di Premettiamo alcune definizioni. Sia F un corpo (commutativo) ordinato egrandezza date dall'esperienza, che naturalmente non sono suscettibili di ap­ sia A un sottoinsieme non vuoto di F; dic iamo allora che b, elemento di F,prossimazione indefinita, e dei numeri come gz (ammesso che vi sia un al­ è un maggiorante di A quando a(b per ogni a di A; se A ammette un maggio­goritmo per l'approssimazione indefinita di quest'ultimo ). Tale punto di vista rante, allora A è detto limitato superiormente; b è detto estremo superiore di A,"pragmatista" riappare quindi in tutte le scuole matematiche nelle quali la mae­ e si scrive b = sup A quando b è un maggiorante di A e ogni c<b non èstria del calcolo ha la meglio sugli scrupoli rigoristici e sulle preoccupazioni maggiorante di A; se poi b appartiene ad A diciamo che è il massimo di A.teoriche» [Bourbaki i96o, trad. it. p. i48 ]. Ciò premesso, l'insieme R dei numeri reali è un corpo commutativo (cfr. p.

Uno dei piu grandi successi della matematica greca classica è la teoria eu­ 393) ordinato (cfr. p. 396) che verifica il seguente assioma:dossiana delle grandezze, magistralmente esposta nel quinto l ibro degli Ele­ III . Se A~ R è un insieme non nuoto e limitato superiormente, allora A am­menti di Euclide: la retta geometrica — il continuo lineare — diventa il modello mette estremo superiore.privilegiato per l'insieme dei numeri reali e i metodi della geometria fornirannogli standard del rigore matematico fino alla metà del secolo scorso. Ma, come ab­ Possiamo definire in modo analogo i concetti di minorante, limitato inferior­biamo visto, l'algebra nel Cinquecento e l'analisi nel Seicento e nel Settecento mente, estremo inferiore (b= infA) e minimo ed avere una proposizione equi­si svilupparono però in aperta violazione di questi canoni, recuperati, anche valente a III . Piu profondo è osservare che l'assioma III è equivalente all'as­se in un quadro concettuale diverso, da Gauss e da Cauchy, solo agli inizi del­ isoma (detto di Dedekind ) :l' Ottocento. II I ' . Siano A e B sottainsiemi di R tali che:

Cosi Cauchy, per esempio, nell'introduzione al celebre Cours d'Analysei) A U B = R

[i 8zi ] contrappone rigore geometrico e pratica algebrica : «Per quanto riguardaii ) Ayg e B + gi metodi, ho cercato di dare loro tutto il rigore richiesto nella geometria in modo

m) Se ae A e be B allora a (b .da non ricorrere mai ai ragionamenti tratti dalla genericità dell'algebra. Ragio­namenti di tale fatta, benché siano usualmente accettati, in particolare nel pas­ Esiste allora un z in R ta le che u,<x implica xe B e x<x im pl icasaggio dalle serie convergenti a quelle divergenti e dalle quantità reali alle xe A.espressioni immaginarie, non possono a mio avviso essere considerati altro che Da II I (o da I I I ' ) si deduce facilmente il cosiddetto principio di Archi­' delle induzioni atte a far intuire talvolta la verità, ma che poco si accordano con mede :la tanto vantata esattezza delle scienze matematiche. Si deve anzi osservare

IV. Pe r ogni x positivo e per ogni y esiste un intero ) o ta le che nx) y.che tali ragionamenti tendono ad attribuire alle formule algebriche un'esten­sione indefinita, mentre di fatto per la maggior parte tali formule sussistono Un'immediata conseguenza è che dati due reali a, b con a(b , esiste ununicamente sotto opportune condizioni e per opportuni valori delle quantità numero razionale r compreso tra a e b. Questo risultato ci permette di ap­che esse contengono. Determinando tali condizioni e tali valori, e fissando in prossimare i reali con i razionali e costituisce il fondamento teorico della pra­modo preciso il significato delle notazioni di cui mi servo, faccio scomparire tica abituale della misurazione (si veda l'articolo «Approssimazione» di questaogni incertezza; le diverse formule presentano allora solo relazioni tra quanti­ stessa Enciclopedia, al ) i).tà reali, relazioni che è sempre facile verificare sostituendo numeri alle quantità Ricordiamo che una successione (a„) di numeri reali è un'applicazione del­stesse» [Cauchy i8zi , pp. i i - i v ]. l'insieme dei naturali N in R ; una successione(a„) di reali è detta poi con­

La separazione dell'idea di numero reale dalla teoria delle grandezze e vergente al limite X se per ogni s) o esiste un npGN tale che n)ns implicaquindi la costruzione. di numeri reali a partire dai soli numeri razionali viene ~a„— A~ <s; è detta successione di Cauchy se per ogni s)o e s iste un npGNottenuta però solo nella seconda metà dell'Ottocento a opera di Weierstrass, tale che n,m)n~ implica ~a„— a„,~ <s. È facile verificare che una successione

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Calcolo 418419 Calcolo

convergente è di Cauchy. Un'implicita conseguenza di II I è la proprietà in­versa, nota anche come criterio di convergenza di Cauchy: Se inoltre la successione

V. (Proprietà di completezza). Ogni successione di Cauchy è convergente. qp = a p

ql ap+ l /alDi tale proprietà non godono per esempio i numeri razionali (come si evince q2 0+ /( 1+ / 2)dall'esempio del ) g.z) ; in effetti le proprietà IV e V possono essere assunte co­

me assiomi della continuità. Osserviamo tuttavia che IV in tale contesto è essen­q. =..+ /( ,+ / ( . + - + * / ( . ) - ) )ziale: esistono infatti campi ordinati (e completi nel senso di V ) che non soddi­

sfano IV : un celebre esempio è dovuto a Veronese. L'idea di corpo ordinato non­archimedeo è del resto alla base delle ricerche di analisi non-standard promosse è convergente al limite q si dice che q è il valore della frazione continua infinitada Robinson e Luxemburg negli anni '6o. e si scrive per convenzione a= /ap, a„ . .., a„, .../.

La definizione di limite di una successione sopra introdotta permette di giu­ Tenendo conto di tali definizioni il lettore può agevolmente adattare il cri­stificare, nell'ambito dei numeri reali, l'utilizzazione di somme, prodotti e quo­ terio di convergenza di Cauchy per le successioni al caso delle serie, dei pro­zienti con infiniti termini ; illustriamo rapidamente tali concetti che si sono ri­ dotti infiniti e delle frazioni continue infinite.velati fra i piu fecondi dell'analisi. Fra le molteplici applicazioni delle serie vogliamo ricordare il modo con il

Alla successione di numeri reali (a„) associamo la successione quale si ottiene la rappresentazione n-aria di un numero reale x completandocosi quanto si è detto per la rappresentazione n-aria di naturali, interi e razio­sp=apnali (cfr. ) ) z. t e 3 .1). Per semplicità assumiamo x positivo e minore di 1.

l 0+ l 0+ 1 Per il principio di Archimede esiste un intero q, con o<q , ( n — 1 tale che$2 = ap y al 4- a2 = sl y a2 ql/n < x < (q, + l)/n, se poi x — (q,/n) ) o allora esiste un intero q, con o < q, < n — 1

tale che q,/n (x ­ (q,/n) < (q, +l )/n ; proseguendo in questo modo si costruisces„ = ap+ a, + ... + a„ = sp l+ a , una successione di numeri interi (ql, q2, ..., qk, ...) ed è possibile provare che

'= Z —.qkSe la successione s„è convergente al limite s si dice che s è la somma della k — lserie di termine generale a„e si scrive per convenzione Diremo allora che (o, q,q2...qk...)„è la rappresentazione n-aria di x.

Analogamente al caso dei numeri razionali, a ogni successione (q„q„...,s =g a„n 0 qk, ...) di interi con o <qk<n — l è infine possibile associare esattamente un nu­

mero realeLa serie è invece detta divergente se la successione (s„) è divergente, cioè seper ogni e) o es iste np tale che n) np impl ica ~s„~) s. k l n

In modo analogo se la successionecon esclusione delle successioni ove qk ­— n — 1 per k) k p .

Pp ap Peraltro i numeri reali possono essere anche rappresentati mediante le fra­

P l 0 1 Pp 1 zioni continue regolari, mediante cioè quelle frazioni continue per cui ak è un

P 0 1 2 P 1 2numero intero positivo per ogni k) l . Nel caso particolare in cui x sia un irra­zionale quadratico allora la frazione continua regolare è anche periodica. (Que­sto teorema, dovuto a Lagrange, fornisce l'analogo della rappresentazione deci­

P„ = apal...a„ = p„ l a „ male periodica dei razionali esposta nel $ g.r).La presentazione dei reali qui abbozzata (in particolare la proprietà V )

è convergente al limite p si dice che p è il valore del prodotto infinito di ter­ mette in luce il ruolo che svolge già a questo livello il concetto di limite, ideamine generale a„e si scrive per convenzione su cui si fonda gran parte dell'edificio dell'analisi. Sarà facile al lettore riper­

correre tale cammino estendendo in modo naturale a funzioni di R in R le de­

P = g a „ . finizioni date sopra per successioni (cioè applicazioni di N in R) di limite finito( f(x) tende a X per x che tende a xp quando per ogni s) o esiste 8) o tale cheo<[x — xp](8 implica ] f(x) — X) <s, in simboli lim f (x ) = X; si veda del resto

SM'

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Calcolo 4zo 42 I Calcolo

l'articolo «Applicazioni » di questa stessa Enciclopedia al ) 3.4) e di limite in­finito. La funzione f(x) si d irà poi continua in xp se lim f(x) = f(x«). Per i 3.4. Maggiorare/minorare/approssimare.x-+ p'p

limiti di funzioni (o di successioni) si stabilisce immediatamente un calcolo «Per acquisire il "senso dell'analisi" indispensabile fin nelle speculazioni piuformale (lim( f+g) = lim f+lim g, lim( f-g) = lim f l im g, ecc.), che permette astratte bisogna aver imparato a distinguere ciò che è "grande" da ciò che èfra l'altro di verificare che le funzioni continue formano uno spazio vettoriale, "piccolo", ciò che è "dominante" e ciò che è "trascurabile". In altr i terminiaddirittura un'algebra su R (per queste nozioni, si veda ancora l'articolo «Ap­ il calcolo infinitesimale... consiste nell'imparare a maneggiare delle disuguaglian­plicazioni », $ 3.z). ze piuttosto che delle uguaglianze e si potrebbe riassumere in tre parole: MAG­

Ricordiamo anche alcune proprietà globali delle funzioni continue: GIORARE, MINORARE, APPROSSIMARE» [Dieudonné x968, p. 9].a) sia f una funzione definita continua nell'intervallo chiuso e l imitato È proprio in tale ottica che si utilizzano i procedimenti calcolistici basati

[a, b], allora l'insieme dei valori assunti daf in [a, b] ammette massimo sul concetto di limite e le sue applicazioni alle serie, prodotti infiniti e frazionie minimo (teorema di Bolzano-Weierstrass) ; continue.

b) una funzione continua trasforma intervalli in intervalli; L'uso spregiudicato di tali procedimenti ha permesso a grandi matematici

c) se f è continua e strettamente crescente (cioè se xx<x» implica f(x,) < del Settecento, come Eulero, di conseguire risultati notevoli; alcuni di questi

<f(x»)), allora la funzione inversa è continua e strettamente crescente, vennero riottenuti dai matematici della prima metà dell'Ottocento nel contestodi una discussione della nozione di convergenza condotta «in modo estrema­

P er esempio la funzione x~x" è continua e strettamente crescente per x) o mente rigoroso, e fatta per soddisfare coloro le cui preferenze vanno ai metodiqualunque sia n intero )z . Esiste dunque la sua funzione inversa(continua, rigorosi dei geometri antichi» [Gauss x8I3, ed. x866 III , p, I39].strettamente crescente e definita per x) o ) detta radice n-esima aritmetica. Ma il punto di vista è radicalmente cambiato. Eulero [I755, $$ Io8-xx]:

L'algebra dei limiti, non appena teniamo conto anche del limite infinito, «Diciamo dunque che la somma di una serie infinita è l'espressione finita, dalporta naturalmente a completare il continuo lineare con un punto all'infinito cui sviluppo viene generata la serie stessa. In tal senso la somma della serieche denoteremo al solito con il simbolo ~. In tale modo la retta risulta omeo­ infinita x — x+x» — x»+... sarà x/(x+x) poiché la serie si ottiene dallo svi­morfa (cfr, l'articolo «Applicazioni», $ 3.5) alla circonferenza (compattifica­ luppo della frazione, qualunque numero si metta al posto di x. Se ci accordiamozione di Hausdorff ). Si badi però che la relazione di ordine < non si estende in su questo, la nuova definizione della parola somma coincide con il significatomodo naturale da R a R U (~ ). usuale quando la serie converge ; e poiché le serie divergenti non hanno somma

In effetti, matematici come John Wallis ed Eulero vedevano nei numeri in senso proprio del termine, nessun inconveniente può sorgere dalla nostranegativi numeri «plus quam infiniti», ragionando nel modo seguente. I nu­ terminologia». Cauchy [I8zx, p. Iv], quasi rispondesse direttamente ad Eule­meri I /3, x/z, x/ I, % formano una successione crescente, in termini generici ro: «È duro [ammettere] di primo acchito [che] una serie divergente non haI/m<x/(m — I), Per m = o si ricava %< x/ ( — x) cioè ~ < — x. In realtà tale somma», ma è rinunzia necessaria se si vuoi restare «fedeli » ai principi del ri­idea appare del tutto plausibile: usualmente manteniamo valida la formula gore. Un punto di vista destinato a durare per buona parte dell'Ottocento al­m)m — x per m= o e in tal caso sacrifichiamo la formula x /m<x/(m — x), ma meno sino ai r isultati ottenuti da Poincaré e alla trattazione rigorosa deglinulla ci vieta, appunto, di fare l'inverso, sostituendo, per cosi dire, alla retta sviluppi asintotici di Landau e di Hardy, variamente motivata (dalla mecca­dei numeri il cerchio dei numeri. nica celeste al teorema dei numeri primi ). Il punto di vista formale adom­

Possiamo aggirare difficoltà del genere completando in modo diverso il con­ brato nel passo di Eulero è recuperato invece nell'ambito delle serie formali ditinuo lineare. Aggiungiamo formalmente i simboli — ~, +~ con le regole al­ potenze che svolgono oggi un ruolo importante in varie direzioni.gebriche: a+~ = +~, (+~)+(+~) = +~, ( — ~)+ ( — ~)= — ~, a (+~) = Maggiorare, minorare e approssimare i numeri reali è facile sfruttando la= + ~ per a ) o , a (+~) = ~~ per a< o , (+~)(+~) = +~ secondo la re­ rappresentazione n-aria (cfr. ) 3.3), basata sull'utilizzazione di una unità digola dei segni; e con l'ordine — ~ <x< +~ per ogni x di R. La retta nume­ misura e sul principio di Archimede.rica cosi completata, R U ( — ~, +~ ) risulta omeomorfa a un intervallo chiu­ Assai piu complicata è la situazione quando si confrontino funzioni infini­so di R: basta considerare, per esempio, la funzionef(x) =x /(x — ~x~) definita tesime (rispettivamente infinite) in un intorno del punto xp; ricordiamo che laper — I <x<+ I e osservare inoltre che limf(x) = — ~ e lim f (x) = +~ (ove funzione f(x) è detta infinitesima per x tendente ad xp se limf(x) = o, infinita

s-+ — 1 p:-+ ~l x-+p:p

è stata estesa in modo naturale la definizione di limite infinito: per esempio, per x tendente ad x«se lim ~f(x)~= ~. Tuttavia il comportamento delle fun­lim f(x) = +~ significa che per ogni s)o esiste 8)o tale che o<~x — x»~ <8 SWSp

p:~sp zioni, poniamo, infinite per x tendente ad xp può essere assai diverso, comeimplica f(x)) s). risulta dalla tabella I.

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CalcoloCalcolo 423

Tabella I. Ritornando al problema delle serie divergenti, si sceglie come funzione

Valori assunti da alcune funzioni per x v icino ad x 0= +c l ) . (I numeri in corsivo sonocampione g(x) una funzione il cui comportamento (per x tendente a +~ )

da prendersi come ordine di grandezza; ro 3 '~ significa xo ' ~ ' ). si ritiene sufficientemente noto (per esempio g(x) =x ) e si classificano le seriedivergenti in base al confronto con tale campione. È questo il nucleo della mo­derna teoria degli sviluppi asintotici che si è rivelata particolarmente fruttuo­

logx x x'sa nella teoria analitica dei numeri; per esempio il celebre teorema dei nume­

I I I 4 ri primi di Hadamard e di La Vallée — Poussin asserisce che il numero xt (x) deio>693 2 4 16 primi minori di x è asintotico a x /log x e tende ad essere un po' piu grande1,609 5 25 32 4)3 ' » di tale valore, come risulta anche dalla seguente tabella:

Io »3O3 I o I o 1024 x,8 • x o"6xx (x) x/log x

IO' 4,6o5 xos xo" r O30 ro3 l 0106 168Io 6,9o8 I os 10 6 ro 303 ro3 30 145xo'xo' 9,1xo xo4 I o 6 ro3030 3 l03009 78 498 72 38z10

106 1010 ro30)03 3 • 3030)03 xo' 5o 847 534 48 254 942I o 11, 510 ro

La famosa ipotesi di Riemann, tuttora non dimostrata, precisa il comportamentodi rt(x) per x tendente a +~ c o l la formula:

Analoghi esempi si possono dare per funzioni infinitesime. Osserviamo poiche usando il cambiamento di coordinate x'= I /(x — xo) ci si può limitare a i

~(x) = dt+R(x)confrontare le funzioni infinite ed infinitesime in un intorno di +~ ovvero , log tdi o. Per semplicità ci limiteremo a confrontare le funzioni infinite per x ten­dente a +~ . ove, per ogni s)o , ~R (x)~= O(x' '+') ; ricordiamo che J, (i /log t) dt è asinto­

Siano f e g due tali funzioni e consideriamo il loro quoziente h = f/g ; di­ tico proprio a x /log x.stinguiamo i seguenti quattro casi per x tendente a +~ : Vogliamo ricordare ancora l'applicazione fatta da Eulero degli sviluppi asin­

totici alla valutazione della serie armonicai) h è infinitesimo ed allora si dice che g è un infinito di ordine superiore

ad f; I I I Ii+ - + - + .. . + - = l o g n+v ,+ — +ps

n) h è infinito ed allora si dice che f è un infinito di ordine superiore adf ; 2 3 n 2nm ) esistono costanti o<a< A < +~ (ovvero — ~<B < b < o ) per cui r i­

sulta sempre a<h (x) <A (oppure sempre B<h(x) <b) ed allora si dice ove il resto y„è in f initesimo di ordine superiore a I /n per n tendente a +~che f e g sono infinite dello stesso ordine; e y è la costante di Eulero un cui valore approssimato è ys =o,g7721.

iv) altrimenti, f e g non sono confrontabili. Valutare quanto ps = o,g772r approssimi la costante di Eulero y è u nesempio della problematica connessa alla nozione generale di approssimazione.

Si dice inoltre piu precisamente che f è asintotico a g (per x tendente a Carnot, nelle sue Réflexions sur la métaphysique du calcul infinitésimal coglie il+~) quando risulta lim h (x) = I (ed allora si è necessariamente nel caso m); nocciolo della questione: «Quando è troppo difficile trovare la soluzione esatta

si usa in tal caso la notazione f~g. di un problema, è naturale tentare almeno di approssimarla il piu possibile,

Un esempio per iv si ha prendendo (per x grande) f(x) = x sin'x +xs cossx trascurando le quantità che imbarazzano le combinazioni [combinaisons], pur­

e g(x) = xs sinsx+ x cossx. ché si preveda che tali quantità trascurate non possono, dato il loro piccolo

Ricordiamo inoltre che si scrive f = O(g) quando ~ f(x)/g(x)~ è limitato su­ valore, produrre altro che un errore del pari trascurabile nel risultato del cal­

periormente in un intorno di +~ . colo» [x797, ed. Itizx p. 4 ].Limitiamoci naturalmente a considerare infiniti confrontabili in un intorno È, sostanzialmente, un problema di credibili ty gap 'intervallo di confidenza' :

di +~ ; preso un infinito campione g(x) diremo che f(x) ha ordine k (reale ) o)non si sa quanto credere nell'approssimazione trovata. Fin dal Seicento i ma­

rispetto a g (x) se f(x) risulta dello stesso ordine di g" (x). È facile verificare chetematici hanno incontrato tale problematica nella costruzione delle tavole dei

log ~g(x)~ è allora un infinito di ordine inferiore a tutte le potenze reali positivelogaritmi (e piu tardi di altre funzioni speciali ). In effetti, come si è visto nel

di g(x) mentre e~«'*" è un infinito di ordine superiore atuttele potenze dig (x), ) 3.3, i numeri reali hanno una rappresentazione deciinale (in generale non­

Vediamo cosf che l'usuale scala numerica non è adeguata; il principio di Ar­ periodica) con infinite cifre; simboli ad hoc furono introdotti per speciali nu­

chimede non vale anche limitandosi a infiniti confrontabili. meri reali : rr (lunghezza della circonferenza di diametro i ), e (base dei logaritmi

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Calcolo 4z4 4z5 Calcolo

naturali ), y (la costante di Eulero sopra ricordata), ecc., ma ciò non risolve ov­ Come è noto la derivata ammette un'interpretazione geometrica (coefficienteviamente il problema generale: nella pratica si impiegano rappresentazioni de­ angolare della tangente al grafico di f nel punto (xo, f(xo)) ed una cinematicacimali con un numero finito di cifre e si commette cosi un errore di appros­ (velocità o flussione), ma qui pr ivilegiamo, nell'ottica maggiorare/minorare/simazione. approssimare, l'aspetto di approssimazione che tra l'altro permette di estendere

Nella pratica scientifica occorre tener presenti ovviamente altri tipi di er­ tale definizione al caso generale di una applicazione da R" in R co me osser­rore quali gli errori connessi con la rilevazione dei dati sperimentali. Questo vato nell'articolo «Applicazioni» di questa stessa Enciclopedia (I, p. pz4).nostro accenno alla dicotomia esatto /approssimato rimanda naturalmente a una La continuità di f in xo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per lateoria sistematica degli errori che storicamente si è cominciata a delineare all'i­ derivabilità; mentre quindi per ogni funzione costruita esplicitamente (connizio dell'Ottocento con Gauss e Laplace. Di fronte al problema del credibility procedura finita) da funzioni elementari è possibile determinarne esplicitamentegap si deve innanzitutto supporre che esista il valore esatto e questo primo la derivata prima, e quindi iterare quanto si vuole il procedimento (derivateassunto è ragionevole proprio alla luce della teoria dei numeri reali data nel successive), in generale per una funzione continua ciò non si dà. Questo osta­$ 5.r. Si tratta poi di stabilire un criterio che permetta di costruire, partendo colo è brillantemente superato con la teoria delle distribuzioni. (Come osservadalle approssimazioni trovate, il «valore piu probabile» del valore esatto di cui Schwartz [rg66, pp. 84-85], «abbiamo introdotto le distribuzioni per poterovviamente il r icercatore ha solo un'idea congetturale. derivare le funzioni continue: vediamo che non abbiamo introdotto nulla di

Un primo punto di vista (Gauss in Teoria motus corporum coelestium, r8o9) troppo, poiché [si dimostra che], dal punto di vista locale, ogni distribuzione èconsiste nel fissare in prima ipotesi la scelta del valore piu probabile e ricavare la derivata di una funzione continua»).conseguentemente la distribuzione dell'errore. Data la funzionef(x) definita in un intervallo I, diremo poi che la funzione

Un secondo punto di vista (Laplace e piu tardi Bessel) consiste nel fissare F(x) è una primitiva (o un integrale) di f(x) in I quando DF(x) = f(x) per ogniinvece la distribuzione di probabilità dell'errore e nel ricavarne quindi la stima x di I. Scriveremo, al solito, F (x) = J f(x) dx. Analogamente al calcolo alge­del valore piu probabile del valore vero. brico (addizione/sottrazione, moltiplicazione/divisione) il calcolo della primi­

Concludiamo osservando che in tale contesto Laplace ottiene per integra­ tiva appare come operazione inversa della derivazione; ma la determinazionezione per parti i l seguente sviluppo asintotico della funzione di errore: della primitiva non è univoca (F(x) integrale di f(x) in I è infatti determinata

e * ~ ( — r)m(zm)! a meno di una costante additiva arbitraria ). Inoltre la determinazione di una" ( . ) = primitiva di una funzione f(x) costruita esplicitamente (con procedura finita)zx o m! (zx)' da funzioni elementari è questione delicata. Già una primitiva di r /x è la fun­

La serie in questione è divergente ina Laplace ha usato tale serie per cal­ zione log x, una primitiva di r /(r+x' ) è arctg x, ecc.: da funzioni razionalicolare Erfc (x) per valori grandi di x. Sempre in tale contesto Laplace ha stu­ si perviene quindi a f unzioni «speciali »; piu in generale integrali come

diato il comportamento asintotico per t~+ ~ d i i n tegrali del tipo Jf(x, e*) dx, J f(x, cos x, sin x) dx, ecc. ove f è a lgebrico o addirittura ra­zionale, dànno luogo a nuove funzioni «speciali» (teorema di Liouville), al­

+co

I(t) = g(x) e' "'*' dx. cune delle quali hanno avuto un grande ruolo nell'analisi (per esempio i cosid­0 detti integrali ellittici ).

Questo modo d'introdurre «nuove funzioni », diventato pressoché canonicoancora nella fase pionieristica del calcolo infinitesimale (diciamo con Eulero),

3.5. Derivazione e integrazione. viene meno con l ' indagine del concetto di funzione promossa dai matematici

Utilizzando il concetto di l imite s'introduce la nozione di funzione diffe­ della scuola tedesca verso la metà dell'Ottocento: perde interesse, nel contestodi una teoria astratta sufficientemente generale, definire con le primitive nuoverenziabile nel punto xo e di derivata di f nel punto xo. Precisamente, siaf(x) famiglie di funzioni, a meno che non siano richieste da particolari esigenze ap­

una funzione definita in un intorno del punto xo; si dice che f è derivabile (oplicative o teoriche. È il paradigma di come muore una tradizione matematica.differenziabile) nel punto xo se esiste un numero reale A tale che Il calcolo integrale sopravvive però nella direzione indicata da un'altra delle

(r) f ( xp+ A )= f(xp)+AA+/ l z(h) sue motivazioni iniziali, quella del calcolo delle aree e dei volumi che rappre­senta il naturale sviluppo di problemi già presenti nella matematica greca, per

ove s(h) è una funzione infinitesima per h tendente a o. A è detto derivata di esempio con Archimede.f in xo (e indicato con uno dei simboli f ' (xo), f(xo), Df(xo) (df/dx)(xp) • ). Per semplicità trattiamo qui solo il problema dell'area delle figure nel pianoSe f è derivabile in ogni punto dell'intervallo I si può definire in I la (funzione) euclideo in cui supponiamo fissato un riferimento cartesiano ortogonale. Co­derivata di f (e indicata con f', f, Df, ...). minciamo col definire l'area (o misura piana) di un rettangolo E come prodotto

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Calcolo 4z6 4z7 Calcolodella base per l'altezza. Il calcolo dell'area del rettangolo è ricondotto alle mi­ L'idea intuitiva del metodo consiste nel cercare di approssimare tali insiemisure dei segmenti: in base a quanto visto nel ) 3.3 si esprime la lunghezza di con una successione di figure elementari.un segmento con un numero reale )o ; conseguentemente l'area di E è un nu­ Sia dapprima G un insieme aperto, non-vuoto e limitato e cioè contenutomero reale oo. A partire dall'area del rettangolo si può definire l'area di un nel quadrato Q> ­— ((x, y) ( )x]<h e [y[ (h ). La misura di G è l 'estremo su­triangolo e quindi di ogni poligono come unione di un numero finito di trian­

periore delle aree delle figure elementari F contenute in G; in s imboligoli che sono disgiunti o hanno in comune solo dei lati o parti di lati.La fase seguente consiste nel definire l'area per figure piu generali quali le m(G) = sup(m(F) ~ F~G, Fe $6).

regioni con frontiera curva (per esempio area di un cerchio, di un settore di Siccome F<G r : Qi, risulta m (F)<4h e q u indi l ' insieme,ovviamente nonparabola, di iperbole, ecc.). A questo punto il problema presenta due aspetti: vuoto, (m(F) ~ FaG, Fe $5) è l im i tato superiormente; dall'assioma III d ii ) definizione di una classe di sottoinsiemi E< Ra per i quali l'area è ben de­ R si deduce che m(G) esiste.finita (insiemi misurabili ) e studio delle proprietà generali dell'area; z ) metododi calcolo di tale area.

Se G è un insieme aperto e non-vuoto qualsiasi si può ancora considerarel'insieme dei numeri reali (m(F) ~ F<G, Fe $5) . Se tale insieme è limitatoDefiniamo innanzitutto una famiglia particolare di sottoinsiemi di R detti superiormente allora l'area o misura di G è per definizione l'estremo superiore

figure elementari per le quali la misura dell'area è ben definita. Diremo che due di tale insieme; in simbolirettangoli chiusi R, e R, a lati paralleli agli assi sono quasi-disgiunti se talirettangoli hanno intersezione vuota oppure la loro intersezione si riduce a una m(G) =sup (m(F) ~ F~G, FESE).parte di un lato; figura elementare un insieme ottenuto come riunione di un Se tale insieme non è limitato superiormente si dice che G ha area +~. Pernumero finito di rettangoli quasi-disgiunti; per comodità diremo che anche

esempio G = (a, b) x R e G = Rs hanno area +~.l'insieme vuoto g è una figura elementare. La famiglia di tutte le figure ele­In questo modo abbiamo definito la misura di ogni insieme aperto G< R~.

mentari verrà indicata con $$ ; essa gode delle seguenti proprietà: Si possono ancora verificare le proprietà A.r-A.4; inoltre l'area del rettan­E.r. g e Séè. golo aperto (a, b) x (c, d) è data da (b — a)(d — c).E.z. Se R,Se PK allora RUS, RAS, R /S sono in P@ Sia ora K un insieme chiuso (tale cioè che RsgK sia aperto) e limitato,

e quindi contenuto in un quadrato Q>. L'area di K è l'estremo inferiore delle(per la notazione insiemistica, si veda l'articolo «Assioma/postulato» di questa misure delle figure elementari che contengono K; in simbolistessa Enciclopedia).

Per induzione si mostra subito che l'unione e l'intersezione di un numero m(K) = inf (m(F) ~ K <:F, Fc M ).finito di figure elementari è una figura elementare. Tale estremo inferiore esiste sempre per l'assioma III di R po iché ogni m(F)Ricordando che l'area del rettangolo chiuso [a, b] x [c, d] è (b — a)(d — c), è > o. Gli insiemi chiusi e limitati sono quindi insiemi misurabili, per i qualil'area della figura elementare viene definita come la somma delle aree dei ret­ valgono le proprietà A.r-A.g.tangoli chiusi la cui unione dà E<'; si verifica senza difficoltà che tale area non Sia ora E un qualunque insieme limitato.dipende dalla particolare decomposizione di E< in un numero fini to di re t tan­ Definiamo la misura esterna m, (E) come l'estremo inferiore delle misuregoli a lati paralleli agli assi presa in considerazione. L'area è dunque un'ap­ degli insiemi aperti G che contengono E; in simboliplicazione m . M ~ R c he gode delle seguenti proprietà:

m,(E) = inf (m(G) ~ G aperto, E~G ).A.i. m (E))o per Ee $$.A .z. m(g ) = o. Tale estremo inferiore esiste sempre per l'assioma di continuità di R. De­

finiamo poi la misura interna di E come l'estremo superiore delle misure degliA.3. Siano E,Fc$5; se E+F al lora m(E)(m (F). insiemi chiusi e limitati K contenuti in E; in s imboliA.4. m(EUF ) ( r n (E)+ m(F) e se E<BF = P alloram (EUF) =m (E)+m(F). m;(E) = sup(m(K) ~ KáE, K chiuso e limitato).A.5. Se E = [a, b] x [c, d] allora m(E) = (b — a)(d — c).

Tale estremo superiore esiste sempre per l'assioma di continuità di R poi­Si osservi che in particolare l'area di un punto o di un segmento è 0 e piu in ché E è limitato e quindi Ec Q> ed allora K<:F<: Qi, ed m(K)(4 h .generale l'area di un numero finito di punti e /o di segmenti è 0. Perveniarno cosi alla definizione fondamentale: l'insieme limitato E è mi­

Vogliamo ora estendere la famiglia degli insiemi misurabili in modo da surabile se la sua misura interna coincide con la sua esterna; in tal caso il nu­recuperare in particolare gli insiemi con frontiera curva (del tipo cerchio, set­ mero m (E) =m; (E) =m, (E) è detto area (o anche misura piana) di E.tore di parabola, ellisse, iperbole, ecc.). L'estensione al caso di un insieme E non-limitato si ha dicendo che l'in­

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Calcolo 4z8 Calcolo4z9

sieme non-limitato E è misurabile se per ogni h intero ) x r isulta Ego, mi­ ) o definita in [a, b] ; se f è monotona e limitata in [a, b], allora f è integrabilesurabile. Se poi (m(Ego,) ~ h intero > i } è un insieme di numeri reali li­ (e cioè Rt è misurabile con area finita).mitato superiormente allora si pone per definizione m (E) =sup(m(Ego,) ~ h Si dimostra pure che se la funzione f(x) è continua in tutto l ' intervallointero ) i }. Se invece (m(EAQ i,) ~ h intero ) i } non è un insieme limitato [a, b] allora Rt è misurabile. Data una tale funzione f possiamo quindi defi­superiormente, allora si dice che l'insieme misurabile E ha misura +~. Ci nire la funzione integrale di fsono insiemi piani limitati e non misurabili: un esempio può essere costituitodal seguente «pettine per pidocchi». Sia E= ((x, y) ~ o<x< i ove se x è ra­ (z) Rt(x) = f(t) dt ;z ionale, allora o<y< i e se x non è razionale, allora o<x< z }. È possibile ve­ adere che ogni K è contenuto in [o, i] x [o, i ] ed ogni G contiene [o, i ] x [o, z]e quindi m;(E) = i, m, (E) = z. le proprietà dell'integrale permettono di verificare che Rt(x) è continua in tutto

l'intervallo [a, b], è ivi derivabile e vale inoltre D Rt(x) = f(x). Rt(x) è dun­Tenendo conto di quanto detto si ricava che la famiglia % degli insiemimisurabili e la misura cosi definite rispondono al nostro obiettivo. que una primitiva di f(x). Indicando con F(x) una qualunque primitiva di

Se Ec% è tale che m (E) = o si dice che E è trascurabile. Tali sono, per f(x) si ha dunque la formula fondamentale del calcolo integrale dovuta a Tor­ricelliesempio, gli insiemi formati da un numero finito di punti. Anche un insieme

bformato da un numero finito di segmenti è trascurabile, giacché per ogni s>o

(3) f ( x) dx= F (b) — F(a),esiste una figura elementare di area minore di s che contiene un tale insieme.È infine trascurabile l'insieme formato dai punti del perimetro di un poligono,di una circonferenza o di una ellisse, ecc. Nel contesto dell'area, come si può che lega intimamente il calcolo delle aree al calcolo differenziale.notare, abbiamo una teoria che dà il correlato preciso della frase di Dieudonné A titolo d'esempio definiamo in modo rigoroso la funzione logaritmo usandocitata all'inizio del ( 3.3. la teoria dell'integrazione. Consideriamo a tal fine la funzione F(x) =j~i dt /t;

Si tratta ora di vedere come calcolare nella pratica l'area degli insiemi risulta allora F ( i ) =o, F (x,x,) = f*,'*' dt /t = f i 'dt/t+ f~', ' dt/t = F(x i)+F(x~)misurabili; i l lettore può rendersi conto immediatamente che la definizione giacché fg~>dt/t = f *,'ds/s (ove poniamo s = x,t: è questo un caso particolare

data è assai poco maneggevole, ad esempio cercando di calcolare l'area di della cosiddetta regola di integrazione per sostituzione). Inoltre la funzione

Ez ­— ((x, y) ~ o<x<b e o<y<x~} con k intero >z fissato, oppure l'area del F(x) è ovviamente strettamente crescente in (o, +~) e ivi convessa verso il

cerchio Ss = ((x, y) ~ xs+ys< i}. La poca maneggevolezza è dovuta al fatto basso (jl suo codominio è R ). Tale funzione per definizione è detta logaritmoche si utilizza nella sostanza il metodo di esaustione (per il calcolo dell'area di naturale di x e viene indicata col simbolo log, x o piu brevemente log x. LaS~ si veda appunto la tavola zo). funzione inversa è continua monotona strettamente crescente : si tratta della fun­

Il calcolo delle primitive fornisce invece uno strumento estremamente po­ zione esponenziale; il numero e è definito implicitamente da f~ dt/t = i . I n

tente e maneggevole per il calcolo delle aree; a tale fine premettiamo ancora modo analogo si consideri la funzione, definita per u e R, &(u) = z g dt/(i + t').qualche definizione. Sia f una funzione reale definita in [a, b] con f(x) ) o ; Si tratta di una funzione dispari e crescente; definito allorasi dice rettangoloide chiuso di base [a, b] relativo alla funzionef l' insieme dt

(4)Rt = ((x,y) ~ a<x<b e o<y< f (x)} . 0

È naturale chiedersi per quali funzioni >o r isulti Rt insieme misurabile; risulta lim S (u)= +vr. Utilizzando la funzione inversa u (&) definita in ­ ir<

l'esempio del «pettine per pidocchi» coincide con Rt ove sia SM+co

<&<i r si assume per definizionei per x razionale zu(&)f(x) =

i — u'(&)z per x i rrazionale i+u'(&) i+u'(&)

e quindi Rt non è misurabile. che vengono prolungate per continuità in & = +ir ponendoSe l'insieme Rt è misurabile e l'area di Rt è finita, tale area viene indicata

con il simbolo J~ f(t) dt (che viene detto integrale definito fra a e b di f ); cos(+ir ) = lim cos & = — i, sin (+ iv) = lim sin 9 = o.&-++~

si dice pure che la funzione f è integrabile nell'intervallo [a, b].Un'utile condizione sufficiente per la misurabilità di Rr (e quindi per l'in­ Le funzioni cosi definite si possono quindi prolungare per periodicità a R.

tegrabilità di f fra a e b) è fornita dal teorema di Riemann: sia f(x) una funzione Ed è poi agevole ricavare le usuali formule di trigonometria e di derivazione:

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Calcolo43o 43i Calcolo

il calcolo trigonometrico trova in questo contesto una delle sue piu naturali col­locazioni. Concludiamo osservando che la formula (4) può essere usata per

Come il lettore sa fin dalla scuola secondaria, è possibile sommare, sottrarre,approssimare il valore di rr ; basta infatti approssimare numericamente tale moltiplicare, dividere tra loro non solo i numeri, ma anche i polinomi a coeffi­integrale definito, per esempio usando proprio la definizione di integrale de­ cienti numerici: è possibile anche — l'idea è già presente nelle Disquisitionesfinito. di Gauss — sviluppare, sulla falsariga della teoria delle congruenze per gli in­

Non possiamo certo sviluppare nemmeno per grandi linee il calcolo di&e­ teri relativi () 2.4), una teoria delle congruenze per polinomi, poniamo, arenziale/integrale; ricordiamo solo il teorema della media che è ovvia conse­ coefficienti reali. Se A e B sono due polinomi nell'indeterminata x, l'estensione

guenza della nostra definizione di area: se m ( f(x) (M i n [a, b] si ha per ogniai polinomi dell'usuale algoritmo euclideo della divisione permette di determi­

funzione g (x)oo in [a, b] nare univocamente, per B diverso dal polinomio nullo, due polinomi Q e Rtali che A = BQ+R (ove il grado di R è minore di quello di B): due poli­

b b b nomi Ai e A~ si diranno congruenti modulo un polinomio B se divisi per B dàn­m g( t ) dt( f( t) g(t) dt(M g(t) dt no il medesimo resto R (e scriveremo ancora ~, :­ s mo d B,. Il le t tore da

a a aAi = BQi + R i e c l ~= BQa+ R, può agevolmente ricavare A, + cl, ­= Ri+ R ,

che costituisce il fondamento teorico del «procedimento piu importante dell'ana­ mod B e Ai d s ­= R,R, mod B.lisi per ottenere maggiorazioni o minorazioni» [Dieudonné i968, p. 42 ]. Possiamo ora intendere il ragionamento di Cauchy, Nulla vieta di divi­

La teoria dell'integrazione fu radicalmente rinnovata da Lebesgue (I902) dere un qualsiasi polinomio a coefficienti reali f(x) per il polinomio xe+i :che forni uno strumento molto ffessibile e adatto a nuove esigenze di ricerca si ha allora f(x) ­= a +bx mod x'+ i po iché il resto è di grado minore del divi­(calcolo delle probabilità, analisi funzionale, calcolo delle variazioni, ecc. ) : il sore e a e b sono reali (grazie all'algoritmo euclideo). Se quindi g(x) è un altroconcetto di misura ivi utilizzato è un'estensione estremamente potente di quel­ polinomio e g (x) =— c+dx mod xe+ i, abbiamo subitolo da noi presentato, in quanto i soli esempi di insiemi non misurabili nel sen­so di Lebesgue sono ottenuti in modo non costruttivo uti l izzando l'assioma f(x)+g(x) ­: (a+c)+ (b+d) x m od xa+ idella scelta (esempio di Vitali ). Sfruttando i metodi introdotti da Cohen per f(x) xg(x) :— (ac — bd)+ (ad+bc) x m o d xe+ ile dimostrazioni di indipendenza, Solovay ha trovato un modello della teoria de­ e se g(x) non è congruo a 0 modulo x'+ i si mostra pure che g (x) «ha un in­gli insiemi (con una versione indebolita dell'assioma della scelta) in cui tutti gli verso» h (x), cioè esiste un polinomio h(x) tale che h(x) g(x) è congruo a iinsiemi del piano sono misurabili nel senso di Lebesgue. modulo xa+ i. Cosi le scritture formali a+bx, c+dx si combinano come i nu­

meri complessi ampiamente utilizzati nella pratica: tali numeri possono dun­3.6. Calcolo coi numeri complessi. que venir identificati con le classi di polinomi congruenti mod xa+i .Il calcolo coi numeri complessi deve la sua origine, come abbiamo già Il lettore ritrova i numeri complessi nella scrittura che gli è piu familiare,

accennato nel ) 2.4 a un dilemma che si presentò agli algebristi del Rinasci­ sostituendo al segno x il segno i.mento: per affrontare certi problemi, per esempio la risoluzione dell'equazione Cauchy osserva: «La lettera i cessa di rappresentare il segno simbolicoxs+ i = o, veniva naturale introdurre l'unità « immaginaria» g — i

e tuttaviag — i che r ipudiamo completamente e che abbandoniamo senza rimpianto,

appariva poco intuitivo e scarsamente rigoroso ammettere nella famiglia dei perché non sappiamo che cosa con tale segno si voglia denotare o che significatonumeri enti del genere, non rappresentabili sulla retta numerica. Solo grada­ si debba attribuire a esso. Al contrario con la lettera i denotiamo una quanti­

tamente (cfr. del resto il passo di Cauchy riportato nel ) 3.3) i matematici riu­tà reale [sic!] ma indeterminata e sostituendo al segno = il segno =— trasfor­

scirono a superare le loro prevenzioni nei riguardi degli immaginari e a stabi­ miamo quel che una volta si chiamava equazione immaginaria in una equiva­

lire per essi un'apposita dottrina matematica, scoprendo che la radice quadrata lenza algebrica relativa alla variabile i e al divisore is+i » [i847, pp. 84 sg.].di — i può essere combinata con i numeri reali, dando luogo ai numeri «com­ Coerentemente con il g iudizio espresso nel Cours d'Analyse (riportato nel

plessi» e che questi obbediscono alle solite regole del calcolo. Oggi il calcolo ) 3.3), Cauchy di nuovo condanna in nome del rigore la pratica degli algebristicoi complessi è uno strumento di uso universale sia nella matematica pura sia del suo tempo e mostra di aver ben assimilato la lezione di Gauss. L'approccio

nelle applicazioni alle scienze empiriche e all'ingegneria; è la chiave per lo prettamente calcolistico degli Exercices pone a sua volta le premesse di un

studio dei numeri primi, si applica a svariati problemi di aeronautica, d'idro­ pro on ofondo rinnovarnento dell'algebra nel senso di maggior generalita e rigore.dinamica, di progettazione dei circuiti elettronici, ecc. Basti dire che nel i882 Kronecker, prendendo spunto proprio dal proce i­d l­

R interessante, dunque, alla luce di quanto detto piu sopra, ricordare il mento di Cauchy, fa dell'aggiunzione di indeterminate a un corpo la pietra an­

modo in cui Cauchy introdusse i numeri complessi nei suoi Exercices d'analyse golare della sua trattazione della teoria dei numeri algebrici e si rivela perfet­et de physique mathématique [ i847].

tamente consapevole del fatto che le «indeterminate» sostengono, nella sua teo­ria, solo il ruolo di elementi di base di un'algebra e non quello di variabili nel

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Calcolo 4.3z 433 Calcolo

senso dell'analisi. Tale idea verrà ripresa cinque anni dopo nel contesto del suo complesso z ed è usualmente notata ~z~. Dal teorema di Pitagora si ha imme­ambizioso programma inteso alla ristrutturazione dell'intera matematica ripu­ diatamentediando tutto quanto non è riducibile a operazioni algebriche su numeri interi

~a~= ~ a'+b'(ricordiamo il motto riportato nel ) z.3 : «Dio ha creato i numeri naturali, tuttoil resto è opera dell'uomo»). ove il segno g d enota la radice quadrata aritmetica(cfr. ) 3.3),

C'è un altro aspetto dei numeri complessi che ci pare interessante richia­ Il modulo è dunque una applicazione di C in R che gode delle seguentimare qui. Quel che rappresentava un rompicapo prima della trattazione rigo­ proprietà :rosa di Cauchy era il fatto — per usare le parole di Eulero [x768] — che «tutti i N.x. ~z~)o e ]z~ =o se e solo se z = o.numeri concepibili sono maggiori, minori o uguali a o ed è dunque chiaro chele radici quadrate di numeri negativi non rientrano tra i numeri possibili ». Eule­ N.z. /z+n/(/z/+fxs].ro ne concludeva che si trattava di «numeri impossibili »; in una presentazio­ j z' I= Izl ltal.ne rigorosa appare immediato che il sistema dei complessi forma un corponon ordinato (soddisfa cioè gli assiomi I .x-I.6 ma non quelli I l . x - l l .5 del Se z =a +oi =a allora ~z~ coincide con l'usuale valore assoluto di a.

) z<). Grazie a tali proprietà è possibile definire l'analogo degli intervalli (i cosid­Tuttavia l'ottica maggiorare/minorar%pprossimare si adatta anche al cal­

detti dischi ) e generalizzare senza difficoltà la nozione di limite e le sue con­colo coi complessi; per rendercene conto utilizziamo l'interpretazione geome­ seguenze.

trica dovuta a Wessel (x7x)7), Argand (x8o6) e Gauss (i8xx, lettera a Bessel). In particolare la funzione f : U~ C (dove U è un aperto di C) è derivabile

Nel piano cartesiano è possibile infatti associare al numero complesso (od olomorfa) in zec U se esiste ae C tale che per ogni he C con ze+he U siz = a +bi il punto di coordinate (a, b), o anche il vettore che congiunge l'ori­

abbia f(ze+h) =f(zo)+ah+he(h) con s(h) infinitesimo per h tendente a zero.

gine con tale punto. L'addizione dei numeri complessi si interpreta allora im­ Con la rappresentazione precedente è naturale scrivere f(z) = u(x, y)+mediatamente come l'addizione dei due vettori; per quanto riguarda la molti­ +in(x, y) se z = x+iy; un teorema fondamentale asserisce chef è derivabile

plicazione rimandiamo alla figura xx. se e solo se le funzioni u (x, y) e v(x, y) sono differenziabili (come funzioni delleLa lunghezza del vettore (a, b) è per definizione il modulo del numero

variabili reali x, y ) e valgono le equazioni di Cauchy-Riemann

òu òvòx òy

La proprietà fondamentale delle funzioni f : U~C è che l 'olomorfia di fin U equivale al fatto chef sia analitica in U e cioè sviluppabile in serie di po­tenze in un intorno di ogni suo punto.PP'

Se f è olomorfa in tutto C alloraf deve essere costante(teorema di Liou­yx+ys zl + z2 ville). Da tale teorema è possibile ricavare che ogni polinomio a coefficienti

z l complessi o è identicamente nullo o ammette almeno uno zero in C (teoremaI fondamentale dell'algebra: Gauss, x7x)x)).I Il teorema fondamentale dell'algebra chiude il problema, cosf sentito dagli

yl -- — I­ z1I

algebristi del Cinquecento (Cardano, Tartaglia), di estendere il sistema dei nu­meri in modo che ogni equazione algebrica ammetta ivi soluzione.

z, z, y z , Tale teorema è ormai un classico esempio di teorema esistenziale ma nona) costruttivo ; approssimare numericamente le soluzioni di una equazione algebri­

ca può essere un'impresa difficile anche usando i piu sofisticati e potenti mezziFigura x x. di calcolo numerico.Addizione e moltiplicazione di due numeri complessi. a) Regola del parallelogramma

per trovare la somma z, +z, di z, = xx+y,i e zs =xt+y si ; b) moltiplicazione dei due nu­meri z e z'. 'L'angolo formato dal semiasse positivo x e dalla retta oz fornisce il cosiddetto 3.7. Equazioni differenziali ordinarie.argomento di z che indichiamo con rp; con p indichiamo il modulo di z che pud scri­versi allora z =p (cos y+i sin rp ) ; nella moltiplicazione, come si vede, i moduli si molti­ Molti dei fenoxneni oggetto di studio nelle varie branche della scienza eplicano e gli argomenti si sommano. della tecnologia sono caratterizzati dalla loro evoluzione durante un intervallo

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435Calcolo Calcolo434

di tempo I~R, Ta li fenomeni sono generalmente detti processi(cfr. l'articolo«Applicazioni» di questa stessa Enciclopedia, ( z.i) e, opportunamente sche­matizzati, sono oggetto di indagine matematica. La pr ima tappa di questaschematizzazione consiste nell'individuare l'insieme M di tutti gli stati possibi­ v (x)

li, cioè il cosiddetto spazio delle fasi. Un processo durante l'intervallo I è al­lora una famiglia di applicazioni g' di M i n M ; p e r ogni x@M l ' insieme(gx ~ tcI } viene detto orbita e l'applicazione t~p (t) =g'x di I i n M è d e t­ta movimento di x durante il processo.

Un processo è detto deterministico se tutto il suo passato e tutto il suo futu­ a)

ro sono univocamente determinati dal suo stato presente (nel caso in cui I = R Figura rz.e g' è un gruppo a un parametro di applicazioni di M si parla di flusso ). Per Rappresentazione schematica di un vettore velocità (a) e di un campo di vettori (b).esempio nella meccanica classica si studia il movimento di un sistema di puntimateriali il cui passato e il cui futuro sono univocamente definiti dalla posizionee velocità all'istante ta di ogni punto del sistema. Nella meccanica quantistica Ad ogni processo di dimensione finita e differenziabile è possibile associareinvece si studia una situazione assai piu complicata in cui la conoscenza dello un campo di vettori v, detto il campo delle velocità locali del processo, nelstato del sistema all'istante te determina soltanto la probabilità che in un t empo modo seguente: se x= q>(ts) eM allora v (x) = (dry'/dt)l., . ; scr iveremo talvoltasuccessivo il sistema sia in un certo sottoinsieme di M. La propagazione del x od x' invece di (dq/dt)~, „, (fig. rz).calore è un processo in cui i l presente determina il futuro ma non i l passato. Illustriamo le definizioni precedenti con alcuni esempi.

Un processo è di dimensione finita se il numero dei parametri necessari perdescriverne lo stato è finito, e cioè se lo spazio delle fasi ha dimensione finita. Esem p i o t .

Per esempio in meccanica classica un sistema di n punti materiali è descritto È noto sperimentalmente che la velocità di disintegrazione radioattiva èda 6n parametri (in effetti per ogni punto 3 parametri ne individuano la posi­ proporzionale alla quantità di materia x. Lo spazio delle fasi è quindi la se­zione e 3 parametri la velocità), un sistema di n corpi rigidi liberi è descritto da miretta M= (x ~ x)o ), mentre la legge di disintegrazione radioattiva si scriverzn parametri; naturalmente se tali sistemi sono vincolati allora la dimensione x= — kx per cui v (x) = ­ kx, k) o .dello spazio delle fasi diminuisce.

Un processo è poi detto differenziabile se il suo spazio delle fasi 'M può E semp i o z .essere munito di una struttura di varietà differenziabile (definita nell'articolo La caduta libera di un grave da un'altezza poco elevata è tale che la sua«Applicazioni», ) 3.6) e se i suoi cambiamenti di stato nel tempo (e cioè la accelerazione è costante (legge di Galileo). Lo spazio delle fasi è rappresentatolegge di evoluzione g') sono definiti da funzioni differenziabili. Anche in que­ dal Piano (x„xs) dove x, è l'altezza e x, la velocità (fig. r3), la legge sPeri­sto caso un esempio è fornito dal movimento di un sistema di punti materiali, mentale si esPrime con le formule x, =xs, xs= — g (ove — g è l'accelerazionequando questo avvenga senza urti. di gravità) e quindi il campo della velocità v ha componenti vy =xa e vs = g .

Lo strumento matematico sostanzialmente ideato da Newton per lo studiodei processi deterministici, di dimensione finita e differenziabili, è costituito E semp i odalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie. In meccanica classica infatti Le piccole oscillazioni del pendolo semplice sono descritte da un intornoil movimento di un sistema può essere descritto mediante equazioni differen­ M dell'origine del Piano x„x , ove x, è l'angolo dalla verticale e xs la velocitàziali ordinarie che traducono la legge fondamentale della meccanica forza== massa x accelerazione. Altri esempi di processi deterministici, di dimensione

angolare. Per la legge di Galileo l 'accelerazione è proporzionale all'angolo

finita e differenziabili, sono la disintegrazione radioattiva e la riproduzione diPer cui risulta xr = x „ x s = ­ kx, con k = I/g ove l è la lunghezza del Pendoloe gl'accelerazione di gravità. Risulta quindi v = (v„vs) con vr = x „ v a = ­ kxy',batteri in un brodo di coltura (in quantità sufficiente). In entrambi i casi lo

spazio delle fasi è unidimensionale: lo stato del processo è definito nel primol'origine delle coordinate è tale che v = O, si tratta per definizione di un puntosingolare del campo di vettori (cfr. fig. r4).caso dalla quantità restante di materia radioattiva e nel secondo dal numero

di batteri. Naturalmente la forma dell'equazione differenziale ordinaria che E semp i o 4 .descrive il processo concreto (ed il fatto stesso che tale processo sia determi­nistico, di dimensione finita e differenziabile) può essere stabilita solo sperimen­

Una descrizione piu precisa delle oscillazioni del pendolo (non necessaria­

talmente e quindi solo con un certo grado di approssimazione. mente di piccola ampiezza) conduce alla legge x, =x„ x , = — k sin x,. Come

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Calcolo 436 437 Calcolo

spazio delle fasi può assumersi tutto il piano (x„x,) (fig. r3) o, meglio per laperiodicità della funzione sin, la superficie del cilindro (fig. rg).

Illustriamo quindi alcuni aspetti della teoria delle equazioni differenzialiordinarie.

Sia f(t, x) una funzione definita in I x H e a valori in E dove I è un intervalloaperto di R e H un aperto dello spazio di Banach E (per la nozione di spazio diBanach, si veda anche il ) 3.8). Una funzione differenziabile u definita nell'in­tervallo g I ed a valori in H è detta soluzione dell'equazione differenziale or­dinaria

Figura I3. (s) x= f(t, x)Piano di fase della caduta libera di un grave.

se per ogni te/ si hau'(t) = f(t, u(t)).

Se E = R si ha una equazione differenziale ordinaria scalare, se E = R" si haun sistema di n equazioni differenziali ordinarie.

Si dice spazio delle fasi esteso dell'equazione (g) il prodotto cartesianoRx E e si dice curva integrale di (g) ogni soluzione di tale equazione.

Nel caso E = R lo spazio delle fasi esteso è la striscia R x H; in ta le casoil campo delle direzioni corrispondenti all'equazione (>) è ottenuto tracciandoper ogni punto (t, x) di I x H la retta di coefiiciente angolaref(t, x) (e cioè laretta che forma un angolo con l'asse x la cui tangente valef(t, x)). Una curvaintegrale, in ognuno dei suoi punti, è tangente al campo delle direzioni.

Il problema di Cauchy consiste nel determinare una soluzione di (>) cheverifichi la condizione iniziale u (tp)= xp.

a) b) Osserviamo che ogni soluzione del problema di Cauchy verifica l'equazioneFigura I4. integraleRappresentazione schematica delle piccole oscillazioni (a) e del campo delle velo­

cità (b) del pendolo. u(t) = xp+ f(s, u(s)) ds.tp

Nel caso particolare in cui f non dipende da x la risoluzione dell'equazionedifferenziale si riduce al calcolo della primitiva di f. Nel latino di Eulero [r768,p. r] : «Calculus integralis est methodus, ex data differentialium relatione inve­niendi relationem ipsarum quantitatum».

Il teorema di esistenza di Cauchy, sotto l'ipotesi che f sia derivabile concontinuità, assicura per ogni tpÈg ed ogni xpc H l 'esistenza e l'unicità in unintervallo j = (tp 8 t p +S) della soluzione del problema di Cauchy. Tale so­luzione dipende con continuità dai dati (tp xp).

Si tratta di un teorema di esistenza locale e cioè in un piccolo intervallo ditempo; sotto ulteriori ipotesi perf si hanno risultati di esistenza globale e cioèin tutto I .

Figura r5. Una possibile dimostrazione del teorema di Cauchy consiste nel costruireSpazio delle fasi cilindriche per il pendolo. con procedimento iterativo la successione

Is

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Calcolo 438 439 Calcolo

up (t) x p Si consideri in particolare il problema di un'asta rettilinea, in assenza dit sollecitazione esterna, diretta come l'asse x, su cui agiscono soltanto due forze

ut (t) = xp+ f( s , up(s)) dstp

opposte dirette anch' esse come l'asse x, cosi come è indicato nella figura r6.Se y = f(x) rappresenta l'asta in condizione di equilibrio, tale funzione verifica

t l'equazione differenziale (detta equazione della linea elastica piana)u„(t) =xp + f(s, u„,(s)) ds

t» fA+ y") + k y

e nel dimostrare che tale successione ammette un limite : è il metodo di Peano­ con le condizioni al contorno y (o) = y (l) = o. k è per un'asta omogenea una co­Picard. stante )o che dipende solo dalla natura elastica dell'asta e dalla forma e dalla

Nel caso in cui E= R (od E = R") è possibile approssimare la curva inte­ dimensione della sezione trasversale del corpo tridimensionale che rappresen­grale passante per (tp, xp) mediante una successione di poligonali. Il piu sem­ tiamo con la linea elastica monodimensionale. Un integrale particolare dellap lice modo è quello di Eulero; precisamente, posto t = t p +mh (ove h)o è (7) è evidente. y = o, in corrispondenza al quale l'asta non muta la sua con­il passo del metodo ) si approssima il valore u (tm) della soluzione esatta con figurazione rettilinea.u ove la successione u,„è definita da Se il carico f„ non è eccessivo e se la lunghezza 1 dell'asta non è troppo

up =xp grande rispetto a k, l'asse dell'asta resta rettilineo e la deformazione si riduce(6) a una contrazione proporzionale afz che corrisponde alla sola soluzione y = o.

um+t = um+ h f (tm> um) m = o, r > Se però f~bk è grande abbastanza si ha anche una soluzione non nulla che cor­

I punti (u , t ) geometricamente si interpretano come i vertici di una poli­ risponde a un'asta incurvata (nel caso di una colonna o di un pilastro in una

gonale che approssima la curva integrale che costituisce la soluzione del pro­ costruzione muraria si ha una catastrofe — il crollo della costruzione! — poiché

blema di Cauchy. allora la soluzione y = o corrisponde a un equilibrio instabile e dunque ha si­

Le formule (6) possono interpretarsi anche come approssimazione dell'e­ gnificato fisico la soluzione non nulla ).quazione integrale; infatti si ha Ha quindi grande importanza determinare il primo carico critico f> in cor­

rispondenza del quale si ha la prima biforcazione. La determinazione della

u(t +t ) — u(tm)= f(s, u(s)) ds configurazione dell'asta condusse Eulero (1744) a intraprendere lo studio deglitm

integrali ellittici

ed allora (6) si ottiene approssimando l'integrale a secondo membro, Proprio V r — k'sin'8 d& (I — k sin' &) '" d8.a partire da tale interpretazione si possono costruire metodi numerici assai pre­ f>t/2

f»/s

cisi (i cosiddetti metodi di Runge-Kutta ).Un quesito naturale in questo contesto è quello della convergenza della In questo modo si può ricavare che il primo valore critico è fz ­— tt»k/ls; tale

soluzione ottenuta con il metodo di Eulero alla soluzione esatta di (>) quando risultato può venir agevolmente ottenuto applicando la moderna teoria dellail passo h tende a zero. Tale questione rientra nella problematica generale af­ biforcazione.frontata nell'articolo «Approssimazione» di questa stessa Enciclopedia e il risul­ Lo studio degli integrali ellittici fu poi ripreso da Legendre (r8z5), Abeltato dell'esempio 8 (I, p. 787) assicura tale convergenza; cfr. anche oltre, ) 4.8. ( t8z8), Jacobi ( t83z) e infine da Riemann che nel t857 rivoluzionò l'argomento

In connessione con i problemi di meccanica delle vibrazioni, particolaresviluppo ha avuto lo studio dei problemi periodici in cui I = R , f è una fun­zione periodica in t e si cerca una soluzione periodica; si tratta di problemiche grande infiuenza hanno avuto nello sviluppo dell'analisi non-lineare degli

.ultimi decenni.Concludiamo questa sezione ricordando che un'altra applicazione fonda­

mentale delle equazioni differenziali ordinarie si ha nella descrizione della con­ A fa >t

figurazione spaziale di mezzi continui, soggetti a opportune distribuzioni di for­ Figura /6.ze, nei quali predomini una sola dimensione spaziale. Asta soggetta a due forze opposte.

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Calcolo 44o 44i Calcolo

introducendo considerazioni geometriche e topologiche completamente nuove Questo è proprio ciò che accade nei modelli che esamineremo e che corri­che sfociarono nel celebre teorema di Riemann-Roch che è uno dei capisaldi spondono a situazioni semplici; esistono peraltro fenomeni piu complicatidella moderna geometria algebrica. (per esempio in fluidodinamica) di cui si ignora se il modello costruito sia

Le funzioni ellittiche ottenute da Jacobi e Abel «invertendo» gli integrali el­ aderente alla realtà. In tale caso lo studio matematico, o almeno numerico, dellittici ed estendendone la definizione al campo complesso si sono rivelate assai modello proposto diventa fondamentale anche nella valutazione della sua ade­importantie significative nell'ambito della geometria algebrica e della teoria dei renza alla realtà.numeri, grazie anche ai fondamentali contributi di Weierstrass. Osserviamo infine che da un punto di v ista strettamente matematico per

dire che il problema è ben posto vanno individuati in modo corretto gli spazi3.8. Problemi ben posti. funzionali in cui si cerca la soluzione e quelli in cui variano i dati (cfr. quanto

diremo oltre, dopo l'esempio 3 ).Di una data situazione fisica possono venir costruiti modelli matematici di­ Diamo ora alcuni esempi.

versi, in funzione delle «contraddizioni principali » in esame, dipendenti in ge­nerale dalla nostra conoscenza piu o meno approfondita della realtà. Esem p i o r ( t r a t t o d a l l ' e l as t i c i t à l i n e ar e).

In ogni caso «un problemamatematico che voglia corrispondere alla realtàfisica dovrebbe soddisfare i seguenti requisiti fondamentali: i ) la soluzione esi­ Consideriamo una membrana elastica Q (isotropa e con tensione uniformeste; z ) la soluzione è determinata univocarnente; 3 ) la soluzione dipende con T) o ) fissata alla frontiera 1 sul piano x, y. Se la membrana è sottoposta a una

continuità dai dati (condizione di stabilità). distribuzione di forze verticali di densità f(x, y) subirà uno spostamento ver­«Il primo requisito esprime la condizione logica che alla soluzione non sia ticale u (x, y). Nell'a inbito della elasticità lineare lo spostamento incognito u

imposto troppo, e cioè proprietà tra loro incompatibili. può esser ottenuto considerando diverse formulazioni del problema.«Il secondo requisito implica la completezza del problema: incertezza e Prima formulazione. Lo spostamento u è la soluzione del problema al con­

ambiguità devono essere escluse se non inerenti alla situazione fisica. (Vi sono torno

casi in cui l'unicità non è un requisito adeguato. Per esempio, nel caso di au­ ò'u ò'utovalori inultipli esistono intere famiglie di soluzioni del problema agli auto­ — T — + ­ = f in Q

(8) òx~ òy'valori ).

« II terzo requisito, particolarmente stringente, è necessario aflinché la for­ u = o su 1mulazione matematica descriva fenomeni naturali osservabili. I dati sperimen­tali non possono venir concepiti come fissati rigidamente; il semplice processo Secondaformulazione. Si definisca lo spazio degli spostamenti ammissibilidi misurazione comporta piccoli errori. Per esempio, valori assegnati delle V = (v ~ v è «regolare» in Q e v = o su l' ) e l'energia totale corrispondente acoordinate spaziali o temporali sono sempre stabiliti entro un certo marginedi uno spostamento ammissibileprecisione. Pertanto possiamo pensare che un p roblema matematico corri­

I(v) = energia di deformazione+ energia delle forze esterne =

sponda in modo realistico a fenomeni fisici solo nel caso in cui una variazionesufficientemente piccola dei dati implica una modificazione arbitrariamentepiccola della soluzione. Questo requisito di "stabilità" è essenziale non solo T ­ + — dx d y — fv dx dy.per problemi dotati di senso nella fisica matematica, ma anche per i metodidi approssimazione. Un qualunque problema che soddisfi i nostri tre requisiti Il principio di minima energia dice che la soluzione u è quello spostamentosarà detto problema ben posto» [Courant e Hilbert rt l6z, p. z']. ammissibile che rende minima l'energia totale e cioè è soluzione del problema

La nozione di problema ben posto, introdotta originariamente da Hadamard(rizzi), può essere considerata come espressione del determinismo. Cosi il teo­ u@Vrema di Cauchy ricordato nel $ 3.7 significa appunto che il problema dei va­ I(u)( I ( v ) per og n i ve V.lori iniziali è ben posto.

I modelli di molti fenomeni fisici sono descritti da un sistema di equazio­ Terzaformulazione. Il lavoro virtuale dello spostamento v rispetto allo spo­ni a derivate parziali, eventualmente non-lineari, con le relative condizioni al stamento u è dato dalla «forma bilineare»contorno e iniziali; il loro studio è in generale coinplicato, anche se è natura­le pensare che, in quanto tali modelli sono stati costruiti in modo «aderente»

a(u,v) = ( T + dxdyòu òv òu òv

alla realtà, i problemi da risolvere siano ben posti. òx òx òy òy

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Calcolo 443 Calcolo

mentre il lavoro virtuale delle forze esterne rispetto allo spostamento e è da­ della soluzione di (8). Ritroviamo questa problematica alla base di molte ri­to dalla « forma lineare» cerche recenti di analisi volte a risolvere i problemi XIX, XX, XX I I I d i H i l­

bert [per i problemihilbertiani [r900] e ln particolare pel queste 'tematiche, cfr.(f, v)= fedxdy. Browder r976, pp. z6-z7, z7-z8, z9-34, e ancora pp. 507-24, 525-35, 6II-28 ].

La soluzione u deve essere uno spostamento ammissibile tale che E sem p i o z ( t r a t t o d a l l a p r o p ag az i o n e d e l c a l o r e).

(ueV L'evoluzione del campo di temperatura (adimensionale) S(x, t) i n u na

sbarra omogenea unidimensionale di lunghezza l )o è retta dall'equazionea(u, v) = ( f, v) p er og n i v e V.

àeAccanto alle formulazioni precedenti, in termini esclusivamente di sposta­ (9) — — a — =g(x, t) per x e (o , l )

à'menti, altre sono possibili in termini di sforzi o di deformazioni, basate su altriprincipi variazionali. ove a) o è un parametro assegnato e Q designa la densità di quantità di caloreAffinché le formulazioni precedenti diventino completamente rigorose è

prodotto. All'equazione si devono aggiungere la condizione iniziale S(x, o) =

necessario precisare la regolarità di v edf in modo che I(e) abbia minimo e nonsolamente estremo inferiore.

= &p(x), e la condizione al contorno, che per semplicità assumeremo &(o, t) =

= &(l, t) = o per te [o, T].Il problema (8) è noto come problema di Dirichlet e l'esistenza del minimo Del problema testé proposto si può dare la seguente formulazione varia­di I(v) è nota come principio di D i r ichlet. Nello studio della seconda for­ zionale: determinare la funzione S (t) definita per te [o, T] e a valori nellomulazione è cruciale distinguere fra estremo inferiore e minimo. In e6etti,

spazio V = Hp(o, l) tale chementre è facile trovare classi di funzioni per cui I (m) è limitato inferiormente,non è altrettanto evidente determinare classi in cui tale minimo sia raggiunto ò8 òr(Weierstrass) ; è questo un caso particolare della problematica che è alla base del f — r+ ­ — dx = gr dx per og n i re V e & (o) = &p.

òt à x àxcalcolo delle variazioni.

Supponiamo per semplicità f@L'(Q) e cioè tale che fn ~ f~s dx dy(+~ Anche in questo caso se ge L~((o, l) x (o, T)) si verifica che il problema cosiove l'integrale è quello di Lebesgue. Vogliamo solo indicare una classe di fun­ formulato è ben posto.zioni per le quali I (m) ammette minimo, almeno per Q limitato e a frontierasufficientemente regolare (per esempio poligonale). Si tratta dello spazio di So­ Illustriamo ora il cosiddetto metodo di Fourier nel caso particolare in cuibolev Hp(Q) che si ottiene conrpletando C~ (Q)= [v ~ v è continuamente deri­ g = o, la cui idea di fondo consiste nel cercare la soluzione come superposizionevabile in un intorno aperto di Q e risulta t = o su l' ) rispetto alla norma della di soluzioni particolari del tipo X (x), T(t). Si ottiene allora da (9) che X(x)energia e T(t) devono verificare la relazione

lit' lli, n= ­ + — dx dy T'(t) X" ( x )a T(t) X(x)

Hp(Q) è uno spazio di Hi lbert ed è allora possibile dimostrare (Weyl, Lax­ con À. costante reale; quindi T (t) e X(x) verificano T'(t) = X a T(t), X" (x) =

Milgram) che il problema nella seconda formulazione ammette una e una sola = XX(x). Tenendo conto delle condizioni al contorno otteniamo una soluzionesoluzione che dipende con continuità dal dato f assumendo U= H~(Q). X(x) non nulla solo per ), = ­ (k'~'/l ) con k intero ) r. Appare allora naturale

La terza formulazione non è altro che la condizione di Eulero di estremo cercare la soluzione & (x, t) nella formacorrispondente alla seconda.

Assai piu delicato è i l problema della prima formulazione e di una sua krrxeventuale equivalenza alla terza (e quindi alla seconda). In generale tali for­ (ro) 8.(x, t) = /&k sin e ~'-«~'u'u

k =1

rnulazioni possono non essere equivalenti nel senso che la soluzione u della se­conda (o terza) formulazione può non ammettere derivate parziali seconde; ove i coefficienti Sk sono ottenuti dalla relazioneper tale motivo la terza formulazione viene considerata una formulazione debole

k~xdella prima. Se si considerano le derivate nel senso della teoria delle distri­ (rr) &(x, o) = P &ksin = &p(x).buzioni allora l'equivalenza è assicurata, ma si pone il problema della regolarità lk = l

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Calcolo445 Calcolo

Fu proprio la ricerca delle soluzioni scritte in questo modo a condurre bito delle serie di Fourier fra gli spazi piu significativi sono lo spazio di Ba­Joseph Fourier a studiare la possibilità di rappresentare una funzione come nach L'(o, l) formato da tutte le funzioni (a valori reali o complessi) integrabilisomma di una serie trigonometrica I18zz]. Tale problematica si è quindi natural­ secondo Lebesgue e munito della normamente biforcata in queste due nuove questioni :

l

I) data la funzione u (x) definita nell'intervallo (o, l) è possibile determi­ ll f llg'(o,t)= If(x) I dx0

nare una successione di numeri ak tali che u (x) =g ak sin kzrx/l? (Sitratta della cosiddetta analisi armonica); k = l e lo spazio di Hilbert L' (o, l) formato da tutte le funzioni (a valori reali o com­

n) data una successione di numeri ak esiste una funzione u (x) definita plessi) integrabili secondo Lebesgue e munito del prodotto scalare

l lin (o, l) tale che u (x) = ~ ak sin kzrx/l? (È i l p roblema della sintesi (fig) = f(x) g(x) dx risp. (fig) = f(x) g(x) dxspettrale). k =1

0 0

Si può rispondere alle domande I ) e 11) solo quando il contesto ci permette Riprendendo allora il nostro esempio: se &0e L2(o, l) allora la (I I) permettedi definire la convergenza di una serie di funzioni; ambiti naturali per tali di determinare i coefficienti &k con la formulaquestioni sono i cosiddetti spazi di Banach e di Hilbert di cui ora ricordiamo ladefinizione. Uno spazio normato E sul corpo K (con K = R oppure K = C) z l' . kzrxè uno spazio vettoriale su K nel quale sia definita una norma e cioè una appli­ Sk = ­

J 80(x) sin dx

cazione che a ogni e di E associa un numero reale denotatoffeffz (o solo Ifeff)che gode delle proprietà e tali coefficienti verificano la condizione g I~9kf2( +~.

k=1

N'.I. Ifefi)o e fleff= o se e solo se e = o È allora facile dimostrare che la serie ( Io ) e tutte le sue derivate sono con­N'.z. Ile+f II (llell+ llf II p e r ogni e,f eE vergenti per ogni t) o e che vale inoltre lim &(x, t) = o, risultato che s'inter­

t-++(x>N .3. per ogni Xe K e per ogni es E. preta fisicamente dicendo che la temperatura di una sbarra non scaldata e con

gli estremi mantenuti a temperatura nulla tende a zero per t~ + ~ . P er t ( oUn confronto di N'.I — N'.3 con N.I-N.3 del ) 3.6 mostra immediatamente la serie (Io) è divergente a meno che la successione dei coefficienti &k con­che C si può concepire come uno spazio normato su R prendendo come verga molto rapidamente a zero per k~~ . Ciò significa che il problema re­norma del numero complesso z il suo modulo. In generale alla norma si puòtrogrado è in generale mal posto (esempio di Hadamard).associare una distanza d (e, f ) = If e — f If. Se poi per tale norma lo spazio è Concludiamo osservando che i problemi dell'analisi armonica e della sintesi

completo, nel senso che per esso vale una proprietà analoga alla proprietà V spettrale sono stati oggetto di profondi studi nel corso degli ultimi centocin­del ( 3.3, si dice allora che E è uno spazio di Banach. Uno spazio di Hilbert quant'anni. Ci basta qui ricordare che fu proprio in connessione con tali studiE su K è inf ine uno spazio di Banach in cui la norma verifica la legge del che per Georg Cantor, motivato in particolare da ricerche di Riemann, maturòparallelogramma a partire dal I87o la necessità di una precisa classificazione dei sottoinsiemi di

llx+yll'+llx — yii'= z(llxif'+llyll2) p« og n 1 x y « R destinata a segnare una svolta anche nella problematica stessa dei fondamentidella matematica.

(cfr. del resto la figura Ira ). In tale spazio possiamo allora definire il prodot­to scalare di x e y ponendo E sem p i o 3 ( t r a t t o d a l l a p r o p ag az i o n e d el l e o n d e ).

I I I Le onde sonore in un fluido perfetto compressibile sono movimenti vibra­(x I y)= ­ llx+yll' ­- Ifxlf' ­— llyll s nel caso K = R

z 2 Ztori di piccola ampiezza ; le equazioni della meccanica dei fluidi si possono alloralinearizzare intorno alla posizione di equilibrio e tutte le incognite possono es­

I(x ly) = ­ (lfx+ylla — llx — yfl 2+iffx+iyff2 — ilfx — zyffa) ne l caso K= C. sere espresse in funzione della sola funzione q>(detta il potenziale delle velocità)

4 che verifica l'equazione delle onde'(dove c) o è la velocità del suono)Non possiamo approfondire qui tali argomenti, di fondamentale importanza ò2(p ( ò2(p ò2@ ò2@ )

per lo sviluppo della matematica del xx secolo. Ricordiamo solo che nell'am­ (»))

= '

at l òx òy òz )

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Calcolo Calcolo

Infatti, nota qi si ricavano La formula (14) fornisce la cosiddetta soluzione classica se q>o è due voltederivabile con continuità in R e q>1 è una volta derivabile con continuità.

à' Dalla (Ig) si vede come il comportamento in Po=(xo ro) di cp sia de­terminato solamente dal comportamento di capo e di qi, nell'intervallo (xo — cto,xo+cto). Nel piano x, t le due famiglie di rette x+c t = cost sono dette ca­

dove po è la velocità del fluido non perturbato e v = (v„e~, vo) è la velocità del­ ratteristiche dell'equazione (13) e il triangolo individuato da Po e dalle duel'onda. caratteristiche che escono da Po è detto triangolo di influenza (cfr. fig. Ip).

L'equazione (12) è fondamentale nei fenomeni vibratori ed è stata introdotta Nel caso di una corda finita di lunghezza l, fissata alle estremità, le cuida d'Alembert nel 1746 proprio nello studio delle vibrazioni di un corpo elastico. ascisse sono x = o e x = l l'equazione (13) e le condizioni iniziali vanno con­

Nel caso particolare in cui tutte le quantità dipendono dalla sola coordi­ siderate solo per o<x< l . Affinché il problema sia ben posto si aggiungono lenata x (e cioè il movimento è omogeneo nel piano y, z: si tratta della cosid­ condizioni agli estremi q>(o, t) = o e <p(l, t) = o, p er t ) o .detta onda piana) l'equazione (12) diventa La soluzione del problema è ancora data nella forma di d 'Alembert con

fI e f~ individuate da (14) ; ma c'imbattiamo in una difficoltà in quanto quo(x)e <pi(x) sono definite solo per o <x<l. Si tratta allora di prolungare tali funzionial di fuori di tale intervallo; ciò può essere fatto, tenendo conto delle con­dizioni al contorno, ponendo qo ( — x)= — q>o(x) per — l<x<o , e q i ( X )=

(equazione delle corde vibranti ) ed è allora possibile vedere che almeno for­ = — qi,(x) per — l<x ( o ; e qu indi per periodicità di periodo zl su tutta lamalmente la soluzione generale è qi(x, t) = f,(x — ct)+f,(x+ct) con f,, f, ar­ retta. Ne consegue che gli estremi x = o e x = l riflettono l 'onda di sposta­

bitrarie. Si tratta naturalmente di una soluzione classica (detta soluzione di mento e tale riflessione è legata al cambiamento di segno dello spostamento.d'Alembert ) del problema nel caso in cui f, ed f, siano derivabili due volte; Nel piano x, t si ha la situazione indicata in figura 18. I punti della regione«se esse sono solo continue o una volta derivabili si ha tuttavia l'impressione I corrispondono a punti della corda raggiunti da impulsioni provenienti soloche la funzione qi definita sopra sia pur sempre una soluzione, in un senso da punti interni; nei punti delle regioni II e I I I v i è anche l'influenza dellaopportuno, dell'equazione delle corde vibranti. Di qui l ' idea di soluzione ge­ riflessione dell'onda dovuta all'estremità; nelle regioni IV, V, VI si ottengono

neralizzata» [Schwartz 1972, p. 179]. Tale idea introdotta da Leray (1934),onde che hanno subito varie riflessioni.

Sobolev (1936), Friedrichs (1939), venne sviluppata in modo completamente Un esempio particolarmente semplice di applicazione di tale procedimento

rigoroso nella teoria delle distribuzioni di Schwartz (1945).si ha nel caso della «corda pizzicata» che all'istante iniziale è fissata in uno dei

Osserviamo che f,(x — ct) rappresenta un'onda piana che si propaga nel suoi punti senza velocità (e cioè cp,= o). Posto w = l/c, nella figura 19 è indicatasenso positivo dell'asse x, mentre f,(x+ct) rappresenta un'onda che si pro­

la forma successiva della corda negli istanti t = o, t = w/4, t =w /2, t = 3</4, t = v.

paga in senso inverso. Un argomento attualmente al centro di profondi studi è quello della pro­Consideriamo dapprima l'equazione (13) con xc R e cerchiamo una solu­ pagazione delle singolarità : se i dati iniziali q o e q, hanno una singolarità in xo,

zione che verifichi le condizioni iniziali q>(x, o) = quo(x) e (òq>/òt)(x, o)= (pi (x) le singolarità di <p si propagano a partire da xo secondo le leggi dell'ottica geo­

ove quo e q>1 sono funzioni definite per xc R (il caso in cui qi rappresenta lo spo­ metrica? La 'risposta relativamente semplice nel caso dell'equazione (13) di­stamento verticale della corda è detto caso della corda infinita). Tali condizioni

venta assai piu complicata nel caso di problemi misti iperbolici di carattere

iniziali permettono di fissare le funzioni f, e f, ; precisamente si hagenerale e di domini Q c: R" con n) 2.

I 1 j ' * Osserviamo che i problemi precedenti sono attualmente affrontati, in ge­fi (x) = q>o(x) ­

J (pr(z) dh2 2C

nere, nel contesto della teoria degli operatori lineari fra opportuni spazi di

(14) Banach (o di Hilbert ) sul corpo reale o complesso. Indicando con K indiffe­I I rentemente R o C, ricordiamo che A : E~F è detta applicazione od operatore

f>(x) =-q>,(x)+ — q,(z) dx2 2C

lineare (con E, F Banach o Hilbert) se A(x+y) = Ax+Ay per ogni x,y e E,e A(? x) = XAx per ogni xeE e ogni XcK.

da cui si ricava la soluzione L'operatore lineare A è detto poi continuo (o limitato) se esiste 1VI)otale che ~iAxii~<Mi~x~iz per ogni x e E; il piu piccolo M per cui tale maggiora­

( ) ( ) q'0( )+ q 'o( + ) ( ()dzione è vera è detto norma di A e viene indicato con iiiA~i~ ; gli operatori conti­nui da E in F fo rmano uno spazio di Banach per tale norma.

2 2C

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x+ ct = cost Calcolo449

I nostri problemi possono allora scriversi nella forma seguente (una volta' ;P,, scelti opportunamente gli spazi E, F e l'operatore A) : dato b e F trovare xe E

tale che Ax = b, Le condizioni di unicità e stabilità del problema ben postoI x — ct = cost si dimostrano in generale provando una maggiorazione a priori del t ipo

('6) Ilx l le~Lllb Ilecon L che non dipende né da x né da b. Per esempio nel caso del problema

I I di Dirichlet (cfr. l'esempio i ) si dimostra abbastanza agevolmente la maggio­razione Ilullr 'tst (L I I f 'IL.<ti> e quindi il problema ha certo unicità e stabilità.

Osserviamo peraltro che per provare la maggiorazione (i6) basterebbe prova­re che esiste l'operatore A ' inverso di A e che A ' è continuo da F in E.

t Vogliamo concludere questa sezione sui problemi ben posti ricordando cheFigura ty . «questo ideale di determinismo matematico-causale è stato gradualmente erosoLe caratteristiche e i l t r iangolo di in fluenza. dal confronto con la realtà fisica. Fenomeni non l ineari, teoria quantistica e

infine il sorgere di potenti metodi numerici hanno mostrato che i problemi"ben posti" sono ben lungi dall'essere gli unici che riflettano in modo appro­priato i fenomeni reali. Fino a ora, tuttavia, sono stati ottenuti scarsi pro­gressi matematici nell'importante compito di r isolvere o anche solo d'identi­ficare e formulare quei problemi che non sono "ben posti" rna sono tuttaviaimportanti e motivati da situazioni concrete» [Courant e Hilbert ig62, p. 230].

L'obiettivo proposto da Courant è stato perseguito negli ult imi anni, inV VI cui si sono sempre piu studiati i cosiddetti «problemi mal posti» (per esempio

IV problemi inversi, problemi di controllo, problemi di f rontiera libera, ecc.).I Tuttavia alcuni di questi problemi si rivelano ben posti quando una piu accu­

m rata analisi del problema fisico fa apparire nel modello delle condizioni supple­mentari (per esempio del tipo ottimizzazione di qualche funzionale come nei

M, M; L M s problemi di controllo, ecc. ). La dicotomia principa1%econdario tra le varie

Figura rg, contraddizioni e negli aspetti di una singola contraddizione non è fissa, maslitta: nel caso in questione le difficoltà matematiche fanno emergere l'inade­Diagramma nel piano x, t de l le regioni ùi inf luenza dei dati iniziali e delle con­

dizioni al contorno. guatezza del modello, retroagiscono sulla stessa schematizzazione della strut­tura fisica ponendo l'esigenza di una schematizzazione pii fine.

4. Il calcolo numerico.o L

4.i. I l punto di vista predittivo. Il programma di Fourier.t=~ /z'L

l Talete previde un'eclisse e divenne uno dei Sette Savi ; Descartes nei Prin­cipia Philosophiae [i644] affermava che sappiamo che le nostre ipotesi sono cor­rette quando possiamo da esse «dedurre tutte le altre piu particolari, alle quali

L o non avevamo badato» (trad. it. voi. Il, pp. i39-4o). Leibniz da parte sua scrivevaa Conring ( i678) che «la miglior garanzia di un'ipotesi... è che con il suo aiuto si

t= 3</4 possono fare predizioni anche intorno a fenomeni ed esperimenti non previsti »[citato e discusso in Lakatos tgqo, trad. it. pp. ig8 sg.], Nel pensiero occidentale

Figura r o. almeno, è comune a tradizioni intellettuali, per altri aspetti molto diverse, l'ab­Corda pizzicata. binamento del potere predittivo e di quello esplicativo delle teorie. Senza dubbio

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Calcolo 45o Calcolo45r

furono la formulazione della meccanica newtoniana e il corrispondente sviluppo Se in quest'ottica un calcolo, in via di principio, deve terminare, ma nondell'analisi nell'età moderna a far rifiorire il calcolo preventivo degli eventi na­ importa quando, nella tecnologia invece i vincoli di tempo si rivelano spessoturali e con esso la fiducia nel «valore della scienza». Newton aveva espresso le essenziali. I modelli vanno risolti rapidamente proprio per poter fornire ef­sue leggi del moto e della gravitazione come equazioni differenziali. Laplace agli ficaci strumenti euristici a chi controlla il fenomeno, il quale se ne vale perinizi dell'Ottocento enunciava un grandioso programma in cui tutta la cono­ prendere decisioni sulla conduzione del sistema stesso.scenza della realtà veniva modellata sul determinismo della meccanica celeste: La gamma delle posizioni intermedie tra la concezione per cosi dire «og­anche «la curva descritta da una semplice molecola di aria o di vapore, è rego­ gettivista» (propria della fase spiegazione scientifica) e quella «strurnentali­lata con la stessa certezza delle orbite planetarie» [Laplace r 8r4, trad. it. p. z45]. sta» (propria della fase realizzazione tecnologica) rappresenta l'esito di unaNel $ g.8, del resto, abbiamo visto come la nozione di problema ben posto ri­ concezione del calcolo che affonda le sue radici almeno nella mediazione otto­prenda proprio l'idea generale del determinismo matematico-causale. centesca tra l'immagine del sapere ereditata dagli autori illuministi delPEncy­

Non c'è quindi da stupirsi del fatto che Comte, fondatore del positivismo clopédie e l'idea «positivista» che vede nella «rete matematica» uno schema perfrancese, compendiasse le funzioni della scienza pura e di quella applicata nel mot­ calcoli adeguati piuttosto che la chiave per intendere la natura profonda deito «scienza significa previsione ; previsione sinonimo d'azione» [Comte r 8go-4z, processi naturali. Cosi leggiamo agli esordi del muthematical poem (il terminetrad. it. p. ro6 ], fondando l'efficacia di una tecnologia sul successo predittivo. è di Engels) di Joseph Fourier che «se i corpi sono collocati lontano da noi,

Una forte esigenza predittiva permane anche nelle piu drammatiche contrap­ nell'immensità dello spazio e se l'uomo vuole conoscere lo spettacolo dei cieliposizioni della scienza degli ultimi due secoli (meccanica deterministica / mec­ in epoche distanti un gran numero di secoli... è l'analisi matematica che puòcanica quantistica, meccanica newtoniana / meccanica relativistica, ecc.) che enunciare le leggi di questi fenomeni, rendendoceli presenti e misurabili»hanno fatto emergere esigenze di elaborare schemi concettuali piu profondi. [r8zz, p. xxrv]. Ma «i risultati del calcolo» devono essere passibili di «interpre­Non è casuale quindi che per esempio Karl Popper, pur guardando all'impresa tazione numerica», necessaria in tutte le applicazioni alle scienze naturali tantoscientifica da un'ottica fallibilista e antinduttivista, caratterizzi piu di un se­ che «si può dire che, nella misura in cui non la si è ottenuta, le soluzioni restanocolo dopo Comte la « logica della scoperta» come una logic of tests 'una logica dei incomplete e inutili : la verità che ci si proponeva di scoprire è celata nellecontrolli' e prospetti il progresso scientifico come aumento del contenuto em­ formule di analisi tanto quanto prima lo era nello stesso problema fisico» [ibid.,pirico almeno parzialmente corroborato delle teorie [cfr. Popper r959, r97z; p. 9]. Fourier delineava cosi un paradigma per la ricerca.Lakatos r97o; e l'articolo «Anticipazione» di questa stessa Enciclopedia]. Questa prospettiva viene meno però una volta emerse le difncoltà insite nel

La stessa caratterizzazione dei calcoli come sistemi formali nell'Encyclopedia tipo di equazioni usate per rappresentare matematicamente i fenomeni. Ne èof Unified Science (cfr. ) z.p) si estende in modo naturale alle scienze empi­ un sintomo, nella seconda metà delPOttocento, lo sl ittamento del termineriche aggiungendo alla descrizione sintattica di un calcolo l'interpretazione in­ 'modello', che decade a sinonimo di espediente atto a rendere piu intuit ivatesa «in forma di regole semantiche»: cosi, per esempio, la meccanica del l'immagine dei processi naturali. Mach offre sotto questo profilo passi esem­punto materiale è un calcolo fisico in questa particolare accezione : certi termini plari (si veda per esempio il giudizio sul calcolo delle variazioni, ridotto a purovengono scelti come primitivi, le leggi fondamentali della meccanica fungono da schema analogico [r883, trad. it. p. 468 e anche pp. 478-q9]).assiomi specifici e le regole semantiche specificano quel che i segni primitivi Perché riemerga appieno il paradigma di Fourier si deve attendere il no­designano, per esempio la classe dei punti materiali, le tre coordinate spaziali stro secolo: tale rinascita del resto si comprendesolo alla luce delle profondedi un punto materiale P al tempo t, la massa di P, la classe delle forze agenti trasformazioni della produzione scientifica e tecnologica. Per esempio : «Lasu P al tempo t, ecc. [Carnap r9g9, pp. 56 sgg.]. teoria e la pratica della costruzione numerica delle soluzioni delle equazioni

Caratterizzazioni di questo tipo adombrano l'idea piu generale di modello differenziali ordinarie ha ricevuto un impulso dalle richieste della tecnologiamatematico di processi reali: un certo insieme di relazioni (algebriche, diffe­ moderna, di cui l 'esplorazione dello spazio è solo l'esempio piu cospicuo. Larenziali, integrali, ecc.) viene ritenuto rappresentativo dei fenomeni presi in tecnologia spaziale senza metodi efficienti per risolvere le equazioni differenzialiconsiderazione e, detto in breve, fornisce numeri da mettere in confronto coi ordinarie è impensabile quanto la città di Los Angeles senza l'automobile»dati empirici, non bruti beninteso, ma fi l trati attraverso sofisticati procedi­ [Henrici r963, p. vt].menti di misurazione. Si tratta di definizioni di modello che si collocano suun piano di notevole astrazione: il controllo dello schema — o il vaglio stesso

4.z. «Metodi numerici » e «analisi numerica».delle conseguenze delle ipotesi e delle semplificazioni introdotte — è, per esem­pio, fuori di ogni vincolo di tempo reale. «Diamo il nostro contributo all'edifi­ Le origini del «calcolo numerico» nell'accezione di questo paragrafo risal­cio della conoscenza oggettiva come artigiani che costruiscono una cattedrale» gono ovviamente a molto prima di Fourier. I Babilonesi possedevano ottime[Popper I959, trad. it. p. xv ]. approssimazioni di gz sin da dodici secoli prima che i Greci si convincessero

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Calcolo 45z 453 Calcolo

dell'incommensurabilità della diagonale con il lato del quadrato. Nella Misura renti. Anche quando l'esistenza era dimostrata con metodi costruttivi, i calcolidel cerchio Archimede determina, verso il z5o a. C., la stima di vc tra 3 + r%t che di fatto richiedevano queste dimostrazioni costruttive d'esistenza erano die 3+ xo/7o (cfr. tav. zo ). La «tavola delle corde» (funzioni trigonometriche) di regola troppo pesanti per qualsiasi impiego pratico. Di conseguenza, quandoClaudio Tolomeo ( t5o d. C.) costituisce già un'applicazione esemplare dei meto­ si trattava di soluzioni numeriche, si insisteva soprattutto sui problemi che per­di numerici dell'epoca. mettevano, in una forma o nell'altra, una soluzione esplicita. Se una soluzione

Ma non è il caso di continuare in una ricostruzione, anche per grandi li­ del genere non era disponibile, si ricorreva a tecniche numeriche solo connee, dello sviluppo di tal i metodi dalla tarda antichità ai giorni nostri. Qui grande riluttanza e ben piccolo era l'incentivo per un'indagine matematica ri­vogliamo ricordarne solo due tratti caratteristici, in un certo senso antitetici, gorosa di tali metodi. Questa situazione è mutata radicalmente con l'avvento deiin quanto l'uno inquadra gli aspetti della creatività nella scoperta matematica, dispositivi digitali elettronici. Molte tecniche costruttive dell'analisi classica,mentre l'altro sembra concernere il lavoro di routine. Metodi teorici / dispo­ concepite in origine soprattutto come strumenti per dimostrare teoremi, pos­sitivi concreti: a questa opposizione rimanda la constatazione che l'esigenza sono ora venir messe all'opera con grande facilità per ottenere risposte nume­di ottenere risposte numeriche ai piu svariati quesiti ha motivato spesso ardite riche. Conseguentemente c'è stato un r i torno di in teresse per tali algoritmiinnovazioni nell'analisi matematica, mentre, col diventare sempre piu compli­ costruttivi generali, e si può dire cum grano salis che l'analisi numerica è oggicati i problemi da r isolvere, l'esecuzione materiale di calcoli numerici si è — o, almeno, diventerà presto — lo studio dettagliato degli algoritmi costruttivirivelata faccenda laboriosa, pesante e troppo spesso viziata da inesattezze. Pro­ dell'analisi. Contemporaneamente gli esperti di problemi computazionali siprio ciò ha stimolato l'invenzione e il perfezionamento di una vastissima gamma dimostrano sempre piu sensibili... al grado di costruttività di un dato algo­di strumenti materiali di calcolo, dalle prime calcolatrici da tavolo ai calcola­ ritmo. Per essi fa dunque diAerenza se qualche oggetto matematico esiste solotori elettronici moderni. sulla base dell'assioma di scelta, o per il teorema di Arzelà, o come limite di

C'è dunque un profondo intreccio tecnologia/calcolo: per rendercene conto una successione di Cauchy i cui elementi possono venir costruiti mediante iriprendiamo l'esempio di Carnap [I939] citato nel ( 4.r e supponiamo, piu razionali» [Henrici t963, pp. r-z ].in particolare, di studiare il moto di un proiettile quando siano assegnate po­ Il riferimento allo strumento di calcolo è cruciale: le normali calcolatricisizione e velocità iniziali. I l procedimento piu opportuno per esprimere nu­ da tavolo possono solo dispensare dal compiere le operazioni elementari (ilmericamente posizioni e velocità successive in funzione del tempo può benis­ lavoro essenziale — raccolta di risultati intermedi, decisioni relative al prose­simo dipendere dai mezzi materiali di cui disponiamo: se abbiamo solo carta guimento del calcolo, ecc. — resta compito dell'uomo) ; la progettazione di mac­e matita o magari anche un calcolatore elettromeccanico da tavolo organizziamo chine in grado di pianificare il calcolo a somiglianza del soggetto umano ha in­i calcoli in un certo modo: se disponiamo di un calcolatore elettronico, li orga­ vece aperto nuove strade. Ciò che era adombrato nel progetto (r 8zz ; cfr. tav. 29)nizziamo diversamente e possiamo inoltre utilizzare programmi già compilati di Babbage — Panalytical engine, capace di eseguire calcoli al di là delle normalieventualmente in nostro possesso, sfruttando le caratteristiche peculiari del limitazioni umane — è stato realizzato solo dopo la seconda guerra mondiale.nostro strumento. In casi del genere ci si trova di fronte a diverse vie pos­ Il z946 è l'anno di nascita ufficiale di ElvtAc (Electronic Numerical Integratorsibili e tocca all'«analisi numerica» valutarie una per una. and Calculator ), i l calcolatore programmabile dovuto agli sforzi congiunti di

L'attenzione ai mutamenti terminologici in genere è produttiva; lo è tanto Eckert, Mauchly, Goldstine e Neumann, progettato originariamente per cal­piu in una enciclopedia che è condizionata dalla costellazione delle idee, dei colare tabelle di tiro, ma agevolmente modificabile in modo da poter eseguirelinguaggi, dei testi in cui i l p rogetto che la sottende viene a inscriversi e al altri calcoli, come la soluzione di equazioni alle derivate parziali, ecc. : è ormaicontempo modifica col suo stesso apparire tale costellazione. 'Calcolo appros­ tradizione che questa data segni l'inizio di quella che con una certa enfasi èsimato', 'metodi numerici' e simili fanno pensare a un semplice insieme di stata battezzata «la rivoluzione del calcolatore» e di cui oggi cogliamo nellatecniche; invece 'analisi numerica', prima del r95o locuzione praticamente sco­ pratica quotidiana l'aspetto di costume legato all'utilizzazione dei calcolatorinosciuta, coli'aggettivo rivendica la propria specificità rispetto all'analisi tout tascabili come fenomeno di massa.court, col sostantivo ne sottolinea Paffinità, complessivamente richiama l'idea Uomo/macchina: una contrapposizione/interazione di fondo che sottendedi una disciplina autonoma e omogenea. per il calcolo la contrapposizione/interazione tra la matematica del matematico

«Nell'età pre-computer l'analisi numerica — cioè l'analisi pratica, com' era «puro» e la «matematica delP ingegnere». Per dirla con John von Neumann, pre­di solito chiamata — aveva, come disciplina matematica, ben pochi punti di parare un problema per un moderno calcolatore, digitale è un po' come fornirecontatto con l'analisi matematica cosi come era praticata dal matematico puro. istruzioni a un soggetto umano non troppo intelligente che, munito di una cal­Provare l'esistenza di un oggetto matematico, come la soluzione di qualche colatrice da tavolo, esegue tutti i compiti assegnatigli senza avere altre comuni­equazione funzionale ed esibire quello stesso oggetto, per esempio costruendo cazioni con l'esterno, finché presenta le risposte ai quesiti posti. Questa carat­una tabella di valori numerici della soluzione, erano due cose del tutto di8e­ terizzazione può ancora apparire riduttiva (in certe versioni piu sofisticate la

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Calcolo 454 455 Calcolo

macchina può, per cosi dire, «apprendere», «dialogare» con l'utente, ecc.), funzionale fra i dati d'ingresso — le cosiddette variabili indipendenti del pro­ma qui ci basta per comprendere che non tutti i metodi di calcolo naturali per blema — ed i dati di uscita, i risultati desiderati. I dati d'ingresso e quelli diil soggetto umano si rivelano adatti a un calcolatore e viceversa. E, detto an­ uscita sono rappresentati da vettori (a elementi reali ) di dimensione finita. Lacora un po' schematicamente, occorre pure ricordare che, in confronto all'uo­ relazione funzionale può essere espressa tanto in forma implicita quanto in for­

mo, il calcolatore è piu rapido e piu economico : la tecnologia segna quindi un ma esplicita.

potenziamento del «calcolo» e introduce nuove esigenze (per esempio, di tec­ Un algoritmo per la risoluzione di un problema computazionale è una de­niche piu raffinate per analizzare il problema, che va scomposto in un numero scrizione completa di operazioni ben definite che trasformano i dati d'ingressofinito di passi prima di essere affidato alla macchina). ammissibili in dati di uscita in un numero finito di passi. Per operazioni ben

Di nuovo possiamo apprezzare la dialettica della coppia astratt%oncreto. definite intendiamo operazioni aritmetiche e logiche che, almeno in teoria, pos­Bene tale dialettica è colta in Turing [i95o] : i dispositivi di calcolo digitali sono sono essere eseguite esattamente e in un tempo finito da una persona che usi

«macchine a stati discreti », in quanto si «muovono a salti o a scatti improvvisi soltanto carta e penna. Per un dato problema computazionale si possono con­

da uno stato definito a un altro» (trad. it. p, iz5 ) ; ma già cosi definiti sono delle siderare diversi algoritmi; essi forniscono in generale risultati con diversi gradi

astrazioni, in quanto la fisica che ne fonda la tecnologia è una fisica del con­ di approssimazione. «Il modo in cui sono trattati dettagli piccoli ma crit ici

tinuo (pensiaino, per esempio, ai circuiti elettrici cui è fatto cenno nel ) z.6, negli algoritmi può influenzare la precisione del risultato in maniera che il neo­ove supponevamo che un interruttore fosse o chiuso o aperto, prescindendo fita difficilmente sospetterebbe» [Dahlqvist, Bjorck e Anderson r974, p. i38 ].dalle inevitabili posizioni intermedie). D'altro canto l'analisi classica incentrata La differenza fra algoritmo e problema computazionale può apparire un po'sull'idea di continuità solo apparentemente fornisce reti matematiche adeguate, artificiosa: tuttavia «il punto essenziale è che nella formulazione di un proble­

anche se in linea puramente teorica gli schemi che essa offre sembrano riflet­ ma si considerano solo lo stato iniziale e quello finale. In un algoritmo, invece,

tere piu fedelmente processi continui reali. Tale ingenua concezione non si si deve chiararnente definire ogni tappa lungo il cammino dall'inizio alla fine»adatta al paradigma delineato da Fourier (a parte la questione, peraltro di [ ibid., p. i4].grandissima importanza, degli schemi piu adatti per lo studio di situazioni in Questa caratterizzazione include certamente la vecchia idea dell'algoritmo

cui forze e motivazioni che cambiano gradualmente portano a bruschi cambia­ come «calcolo con decimali » (cfr. $ z.z), ma non si riduce certo a essa.

menti: vedi per esempio la teoria matematica delle catastrofi). L'impostazione Ecco alcuni esempi di algoritmi numerici: l 'algoritmo euclideo della divi­del calcolo tipo maggiorare/minorare/approssimare (cfr. $ 3.4) fa invece dei sione, che abbiamo supposto noto al lettore, il procedimento euclideo per la ri­

«metodi numerici » un potente strumento di approfondimento sia di questioni cerca del massimo comun divisore degli interi, il crivello di Eratostene per la

tradizionalmente ritenute «scienza pura» sia di questioni altrettanto rigidamente determinazione dei numeri primi; ovviamente, la somma ed il prodotto di nu­

confinate nell'ambito «scienza applicata e tecnologia». meri naturali, interi, relativi, razionali, sono tutti esempi di algoritmi. Non lo èin ré la procedura per la radice quadrata di m descritta nel ( 3.z ; lo diventa peròfissando un limite superiore per l'indice n che in essa compare. Il concetto di

4,3. Problemi computazionali. algoritmo, infine, può essere anche introdotto in problemi d i carattere com­

Una prima limitazione di un modello matematico, per esempio, è connessa pletamente diverso (linguistica matematica, traduzione automatica, ecc. ; si ve­

con la disponibilità dei dati d'ingresso e si comprende subito che il successo di da anche l'articolo «Algoritmo» di questa stessa Enciclopedia ).una simulazione matematica dipende notevolmente dal tipo d'informazione di­ Esaminiamo ora la questione preliminare degli errori connessi con la rap­

sponibile (del resto, anche l'Intelligenza di Laplace [i8i4] deve pur essere in­ presentazione dei numeri reali su un calcolatore realizzabile praticamente.

formata sulle condizioni iniziali dell'universo), informazione che dipende in Abbiamo visto nel ( 3.3 come i numeri reali siano rappresentabili in basemodo notevole dalle conoscenze di base. Una seconda limitazione concerne n mediante una successione di infinite cifre. Ovviamente tali numeri non pos­

direttamente gli strumenti di calcolo e la questione degli errori: sono fonti sono essere scritti in modo effettivo ; si tratta perciò diapprossimarli;lo possia­d'errore la sostituzione di variabili continue con variabili discrete, il tronca­ mo fare in virgola fissa (in cui si lavora con un numero costante di decimali )mento di procedimenti matematici in l inea di principio infiniti, i l necessario oppure in virgola mobile (in cui si lavora con un numero costante di cifre si­

arrotondamento dei valori numerici con cui si opera, come avremo modo di gnificative).vedere tra poco. Limitiamoci ad illustrare quest'ultima approssimazione, sviluppata da Wil­

Ciò premesso, possiamo reinterpretare la richiesta di Fourier come quella di kinson intorno al x96o.

tramutare un problema «scientifico» in un «problema computazionale», che Si chiama rappresentazione n-aria in virgola mobile (v. m.) normalizzatadefiniremo nel modo seguente [cfr. Knuth i965 ; e Dahlqvist, Bjorck e Anderson del numero reale a+o una rappresentazione della forma a = f nr dove i /n(

x974] : un problema computazionale è una descrizione precisa della relazione < ~ f ~ (i e p è un intero relativo. Tale rappresentazione è possibile in modo

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Calcolo 45tx 457 Calcolo

unico per ogni numero reale ago. L ' intero p è detto esponente e il numeroreale f è detto mantissa (o frazione). bt-I bt-I ba + a, a, a(

In un calcolatore il numero delle cifre per f e per p è limitato: solo un in­sieme finito di numeri razionali può essere rappresentato in macchina; gli ele­ Esponente Mantissamenti di questo insieme sono detti numeri macchina. Piu precisamente un nu­mero macchina in v. m. (normalizzata) è, per definizione, lo zero oppure un Figura 21.

numero razionale avente rappresentazione n-aria nrf dove p è un intero tale che Rappresentazione schematica di un numero macchina.t

— m<p<M e dove f è tale chef = + p a<n — x con t intero >z, atro e o<a><X = I I l risultato fondamentale nell'ambito dell'approssimazione in v. m. è for­

(n — x per k = z, ..., t ; t è detto il numero delle cifre della mantissa. L'insieme nito dalla seguente maggiorazione dell'erroredi tali numeri macchina verrà indicato F (n, t, m, M) (o solo con F se nonci sono ambiguità) ; si tratta, ovviamente, di un insieme finito (cfr. fig. zo). (z) fl(x) = x(x + 8)

l — 1

Se scriviamo p nella forma p = g g bznt" con o <b>(n — x allora ogni nu­k=o con )8) <n' ' /z (arrotondamento) o ]8[ (n ' - ' (troncatura) valida per ogni x

mero macchina, diverso da zero, può essere rappresentato su calcolatore con la che verifica la (x).forma schematica illustrata nella figura zx. Un tale numero occupa quindi Tenendo conto di ciò è naturale chiamare unità della macchina (o unitàl+ t+z posizioni di memoria. Se invece scriviamo p = r — s dove s è il cosiddetto di approssimazione) il numero u definito da

t — 1

eccesso, stabilito a p r iori , e r =g cxnt' con o(c b<n — x, si può guadagnare nl — tse è usato l'arrotondamento

una posizione di memoria.Osserviamo che ogni numero diverso da zero in v. m. normalizzata verifica n'-' se è usata la troncatura

la disuguaglianza n — '<~n>f~ <n (x — n ) e l'intervallo [n , n ( I — n)] èdetto rango della variabile in virgola mobile. tale numero u può essere considerato infatti come unità naturale per le va­

Dato un numero reale x vogliamo allora associarvi un numero macchina in riazioni relative e per gli errori relativi.v. m, normalizzata che verrà indicato con fl (x). Naturalmente se x = o allora L'insieme finito F dei numeri macchina in v. m. non è certamente chiusofl(x) = o. Se x~o verifica rispetto alle quattro operazioni dell'aritmetica (per esempio il prodotto di due

(x) n ' < ~x~ <n™(x — n ') numeri x, y in v. m. con t cifre di mantissa è un numero razionale rappresentatoin v. m. con zt oppure zt — x cifre di mantissa). A tale inconveniente si può

si può operare in uno dei due modi seguenti: ovviare approssimando il risultato con un numero in virgola mobile che noi— troncatura: fl (x) è l'unico elemento di F che ha distanza minima da x e indicheremo con fl (x+y), fl(x — y), fl(x.y), fl(x/y).

verifica il vincolo ~fl (x)(((x) ; Un problema naturale è quello di valutare gli errori che si commettono

— arrotondamento : fl (x) è l'elemento di F a distanza minima da x con la eseguendo le pseudo-operazioni cosx definite, errori che dipendono dalla strut­

convenzione che se vi sono due elementi di F a distanza minima allora si tura interna (hardutare) del calcolatore: in generale, qualora il risultato verifichiprende quello dei due che è maggiore in valore assoluto. la (x), esso viene approssimato per troncatura od arrotondamento; se invece il

risultato non verifica la (x), allora l'elaboratore segnala il tipo di errore com­Se poi ~x~ non appartiene a [n ', n — '~x(x — n ')j non vi è possibilità ragio­

messo, detto di oeerpottI, rispettivamente di underffow, se l'esponente diventanevole di approssimare x con elementi di F; in tale caso si dice che ~x~ ~è al di troppo grande, rispettivamente troppo piccolo.fuori del rango dei numeri in virgola mobile. Se il risultato dell'operazione verifica la (x), si dànno le seguenti valutazioni

dell'errore con )8)( u :

fl (x +y) = (x-+y) ( x + 8)I I I I

— I o I2 2 fl(xy) = xy(x+ 8)

(3)Figura zo. f l ­ = ­ (x y8)R appresentazione dei 33 punt i d i F p e r n = z, t . = 3, m = t , M = z .

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Calcolo 458 459 Calcolo

È importante sottolineare come le pseudo-operazioni cosi de6nite non ve­ definizione z-8 di Weierstrass — a ogni s)o p iccolo a piacere corrisponde al­ri6cano tutti gli assiomi del ( z [uno studio assai accurato delle regole delle meno un 8)o ; ma nei problemi numerici non possiamo piu prendere s arbi­pseudo-operazioni si trova in Knuth i 969, cap. iv ]. trario: per esempio non possiamo prendere s al di sotto della soglia dell'under­

Per esempio l'associatività non vale per la pseudo-operazione somma. Si floui, cioè di n ~ ' .considerinoinfatti inumeri inbase ioconpcifre di mantissa: a = o ,3z345zr io ,b = o,48593I2 IO y C 4.4. Algebra lineare numerica.Risulta allora fl (b+c) = o e qu indi f l (a+fl(b+c)) = a, Peraltro a + b =

= o,4859635452I. Io', e quindi fl (a+b) = o,4859635 ros, da cui fl (apb) 4-c = Gli operatori lineari s'incontrano comunemente nello sviluppo di argomenti= 0,0000 323 Io~, e infine fl(fl(a+b)+c) = o,3z3oooo. io +fl (a+ fl (b+c)). sia teorici sia applicativi (basti pensare per esempio che la derivata e l'integrale

L'esempio mostra come due algoritmi possano essere equivalenti dal punto sono operatori lineari, che i problemi ben posti considerati nel ( 3.8 si inter­di vista matematico (se eseguiti cioè con in6nite cifre decimali ) ma possano pretano come operatori lineari, ecc.). Un operatore lineare in R" è rappresen­dare risultati numerici diversi. tato da una matrice quadrata e quindi risolvere il sistema di equazioni lineari

«Il calcolo in virgola mobile è per natura inesatto e non è difficile usarlocosi male che le risposte calcolate consistono quasi esclusivamente di "rumore" aiixi+ ai~x~+ ... + ai„x„ = bi[noise]. Uno dei problemi principali dell'analisi numerica è quello di determinare a»x,+a„x , + „ . +asrxn ­— b,quanto siano accurati i r isultati di un certo metodo numerico; si tratta di un (4)problema di credibility gap: non sappiamo quanto credere alle risposte del cal­ a ixi+a gx~+... + a Xcolatore. Chi usa il calcolatore per le prime volte risolve la questione avendofede nel calcolatore come in una autorità infallibile; tende a credere che tutte significa: dato be R" trovare xc R" tale che Ax=b dove A è l 'operatore asso­le cifre di una risposta stampata siano significative. Chi usa il calcolatore da ciato alla matrice (a;t)s ; imolto tempo ha proprio l'attitudine opposta: teme costantemente che le rispo­ È stato valutato che la soluzione di un sistema di equazioni interviene inste siano quasi senza senso» [Knuth i969, p. i95 ]. un modo o nell'altro nella risoluzione di tre problemi scientifici su quattro;

Le formule (3) possono essere interpretate dicendo che il risultato di una è quindi cruciale avere un modo efficiente per risolvere tali sistemi.pseudo-operazione su x e y coincide con il r isultato di una operazione esatta «L'algebra lineare è una buona illustrazione della differenza tra matemati­su x ed y (i+B) e cioè con il risultato di un'operazione esatta in cui l'operando ca classica ed analisi numerica. Anche se la teoria era nota da secoli, i passiè stato perturbato con un errore relativo inferiore ad u. L 'analisi retrograda decisivi nel trattamento numerico del problema [(4)]... sono stati fatti perdell'errore di un algoritmo applica tale interpretazione a ogni tappa dell'algo­

la prima volta negli ultimi decenni. Le formule esplicite coi determinanti per laritmo. Si può in tal modo dimostrare che il risultato ottenuto mediante l'algo­ matrice inversa e per la soluzione di un sistema di equazioni lineari (regola diritmo (tenendo conto degli errori di arrotondamento o troncatura) è il risultato Cramer) sono assolutamente antieconomiche nei calcoli numerici tranne che peresatto di un problema dello stesso tipo nel quale i dati d ' ingresso sono stati matrici z x z o 3 x 3 o eventualmente per matrici con struttura molto parti­perturbati di poche unità u. La misura di tale cambiamento viene detta condi­ colare» [Dahlqvist, Bjorck e Anderson i974, pp. r37-38].zionamento dell'algoritmo; ovviamente quanto piu essa è piccola tanto piu Supponiamo che (4) sia ben posto: a tal 6ne è necessario e sufficiente chel'algoritmo è efficiente o, come si suoi dire, ben condizionato.

det A /o poiché allora la soluzione esiste ed è unica comunque sia dato be R";In modo analogo si dice condizionamento di un problema computazionale il inoltre A-' : R" ~ Rn è un operatore lineare e continuo per ogni norma ragionevo­

massimo errore relativo a cui possono essere soggetti i risultati in seguito ad un tl. i/aerrore relativo nei dati d' ingresso. le su R (per esempio la norma euclidea ~~x))~= g x ~ oppure la norma del

Quest'ottica ci permette di raffinare ulteriormente i requisiti esposti nel t = l

) 3.8 circa i problemi ben posti : le tre condizioni di esistenza, unicità e di massimo J]x// = max fx;f ; indicheremo con IIIAIII> iisp. Ill~Ill- la corrispon­I~s<B

dipendenza continua dei dati fanno propria, in certo qual modo, l'esigenza dente norma per la matrice A ).«positivista» di trattare solo questioni «significanti »: ma ciò non basta ancora. Se det A go la soluzione di (4) è in astratto x = A 'b ; ma il problema con­I problemi possono infatti essere ben posti, ma mal condizionati (si vedano per creto è quello di calcolare tale soluzione : basti pensare che nella pratica si pos­esempio nel )4.4 i casi tratti dall'analisi numerica lineare o nel $4.8 quanto sono incontrare sistemi di equazioni con n dell'ordine di 5o ooo o anche ioo ooodetto per le equazioni differenziali ordinarie). (in tali casi già il problema della memorizzazione dei coefficienti e l'organiz­

La ragione principale di tale fatto si r i trova nella dicotomia continuo /di­ zazione dei dati in ingresso ed in uscita pongono seri problemi: cfr. anchescreto: nella definizione di funzione continua in x~ data nel $ 3.3 — la classica il ( 6).

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Calcolo 46o 461 Cal colo

Per risolvere il sistema (4) sono stati studiati diversi metodi che possono Se a33 Q o si può eliminare x3 e cosf via ; otteniamo infine :dividersi in due categorie:

arrx, + a 12 x,+ a x + ... + a nx„ = b(1) (1) (1) <1)

— metodi diretti: la soluzione è ottenuta — a meno degli errori dovuti allea22x, +a23x3+... +a2»x„ = b2

(2) (2) (2) (2)pseudo-operazioni — in un numero finito di passi;

— metodi iterativi: la soluzione è il l imite di una successione di vettori. a( )x + ... +a( )x = b( )33 3 " 3 n n = 3

Poiché nel ( 4.g esarninererno i procedimenti iterativi per risolvere equa­zioni non-lineari, ci limitiamo qui a illustrare brevemente il piu famoso dei me­ a x = b(n)

nn n ntodi diretti: i l metodo di eliminazione di Gauss in cui a ogni tappa viene eli­minata una incognita nel modo seguente.

dove per comodità abbiamo introdotto la notazione ar ' = a , , br " = b , pe r i

Supponiamo arrpo. Si può allora eliminare x, dalle ultime (n — 1) equazioni coefficienti ed i l termine noto del sistema originale.

sottraendo dalla i-esima equazione la p rimaequazione moltiplicata per Gli elementi ar ) a 2 2 a 33 . . che abbiamo supposto ~o sono detti i p i­vot del metodo ed essi risultano certamente go pur di fare una eventuale per­

a(1mil r = z~ • " ) n. mutazione delle righe (a causa dell'ipotesi det Ag o). Converrà anzi sceglie­

11 re i pivot in modo che Im(rl( r per ogni i , A.Il sistema (4) si trasforma allora nel sistema equivalente Il sistema triangolare (r)) può essere poi facilmente risolto con le cosid­

dette formule di sostituzione all'indietro ottenendoa,rx, + a12x, + a13x3+ ...+ a,»x„ = br b(n)

a22'x2+ a23'x3+" + a2nx„= b2 '(2) nx(n)nn

a32x2+a33x3+ ... +a3n)xn = b3(2)b(n-1) (»- 1)bn — 1. an — 1, n Xn

(ro) (n — 1)an — r,n — 1

n2X2+ n3X3+ " + nnXn n(2) (2) ( 2) 1,(2 )

1(1) (1) (1)anrxndove i nuovi coefficienti sono dati da X)11

Dal punto di vista del numero totale delle operazioni è agevole verificareche per ottenere il sistema (<)) si devono effettuare in generale n (n — 1)/z di­

Supponiamo a(22) +o. Si può allora eliminare x, dalle ultime (n — z) equa­ visioni, (n' — n)/g addizioni e lo stesso numero di moltiplicazioni. La risoluzione

zioni sottraendo dalla i-esima equazione la seconda moltiplicata per del sistema (g) r ichiede poi n divisioni e n(n — r)/z addizioni e altrettantemoltiplicazioni. In totale dunque il numero di addizioni e di moltiplicazioni è

at»(7) m;, = (,') i = z, " ) n (n3/g)+O(n') per n tendente all'infinito. Il metodo di Gauss è dunque incom­

parabilmente piu veloce della regola di Cramer per la quale necessitano O(n!)operazioni.

Il sistema equivalente che si ottiene è il seguente: Osserviamo subito che il numero di operazioni può essere sostanzialmente

a x a x + a x + ... + a x = b11 1+ 12 2 13 3 1n n 1ridotto nel caso di matrici sparse (e cioè con molti elementi = o) tenendo op­portunamente conto della presenza degli elementi certamente nulli. Per i l

a22 2+a23 3+"'+ 2n». 2(2) (2) (2) b(2)

problema generale di quale sia il numero minimo di operazioni teoricamentea' 'x + +a' 'x =b ' 3 'a33 3 " 3n n = 3 necessario nel caso di una matrice qualunque si veda il Il 6.2.

. Alla luce di quanto detto nel Il 4.g esaminiamo ora la questione del con­dizionamento del sistema (4). Si tratta allora di confrontare la soluzione deidue sistemi A x = b ed A(x+8x) = b+òb, e cioè Pinfluenza di una perturba­

dove zione del dato d'ingresso b. In tale caso si ottieneaC3' = aC ' — m;2ag'

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Calcolo 46z 463 Calcolodove >(A) f ffAfff/ fjjA­I jjj) I è d e tto i l condizionamento di A (llxll «strategia pivotale» e cioè dalla scelta dei pivot. Se i pivot sono scelti in modoqualunque norma su R" e f fAjff la corrispondente norma per la matrice e che fm<»f < I per ogni i, k allora nell'ipotesi che sia nu<o,oI (ove u è l'unitàcioè lffA Ill= sup IIAxll / Ilxll cfr. g 3.8).

x40di approssimazione della macchina; cfr. p. 457 ) si ottiene la maggiorazione

Si consideri ad esempio la matrice ( II ) fff8 Ajjf( I ,or (ns+3n')p fffA fff u

dove p =max ja+­f/fffA fjf, quantità che può essere facilmente calcolata du­I I ,OO OO I <,j,k

allora p.(A) è circa Io» e quindi i l problema è mal condizionato, infatti as­rante l'esecuzione dell'algoritmo. Si osservi che, pur dipendendo 8A da b,la maggiorazione ( II ) risulta indipendente da b. Inoltre tale maggiorazione è

sumendo b= ( 2l a soluzione è x r =x»= I m en t r e a ssumendo b = certamente pessimistica: «Noi non conosciamo alcun esempio in cui

fjj8Ajfj(2 )ooooI/ anche solo si avvicini alla maggiorazione trovata» [Forsythe e Moler I967,

la soluzione è x, = I z, x, = — I o. P. I 07].EI 9999La prima analisi completa degli errori (di arrotondamento o troncatura)

Argomento di studio è naturalmente la determinazione a priori di quanto

del metodo di Gauss è stata fatta da Wilkinson (I96o). Illustriamo brevementepossano crescere i coefficienti fá<f>f durante il processo di eliminazione di

tale analisi seguendo l'esposizione fattane da Forsythe e Moler [ I967]. Sup­Gauss, per esempio quando ja;,j < I per ogni i, j =r, ..., n. Wilkinson ( I967)

poniamo innanzitutto che akkk'go per ogni k = I, ..., n, cosa come si è vistoha provato che, usando la strategia del pivot parziale per r ighe, per cuifm,kj(I per ogni i, k, si ha la maggiorazione (catastrofica! : cfr. la tabella nelsempre possibile a meno di una permutazione di righe. <]34)

L'algoritmo corrispondente al metodo di Gauss consiste nel calcolare unasuccessione di Inatrici A" ' = A, A' ', ..., A'" ' dove la matrice A'k' ha elementi max ja<,.>j

tutti null i sotto la diagonale delle prime k — I colonne. La matrice A.'k+ ' è g(n) = ' ' (zn — Imax fa,,f

poi ottenuta dalla matrice A'k' sottraendo un multiplo della k-esima riga daogni rigo sotto la k-esima; il resto di A<k' non essendo modificato. I moltipli­catori sono scelti in modo che se non ci fossero errori di arrotondamento (o e che esistono matrici, invero assai speciali, per cui tale l imitazione è rag­

troncatura) nella matrice A<k+" tutti gli elementi sotto la diagonale della k-esima giunta. Se si usa la piu complicata strategia del pivot totale per cui il pivot è

riga sarebbero nulli. Noi non li calcoliamo: li assumiamo nulli per definizione. l'elemento piu grande in valore assoluto dell'intera matrice delle equazioni chemodo pru preciso Indich<amo con a< ' gli elementi d~ll~ matric rimangono, allora Wilkinson ha provato che si ha g ( n)( I ,8n ' " « " .

allora risulta (cfr. le formule 5-8) La maggiorazione per g (n) con pivot totale è molto minore per grandi va­

a<k)lori di n, e giustificherebbe il maggior lavoro necessario, Il guadagno è, tutta­

m k = fl ­' i = k+I , . .., n via, piu che altro teorico giacché l'esperienza pratica mostra che assai rara­<k)kk

mente g(n) supera 8 anche con la strategia del pivot parziale! [Dahlqvist, Bjorcko per kg I (<i <n e j = k e Anderson I974, p. I8o ].

;<k+» = f ! (a<k> — m,kak<k>) per k+ I < i, j< na <k) altrimenti. 4 5 Processr Iterat)v)

ij

Tenendo conto delle formule (3) si prova che la soluzione calcolata x +8x Le radici di una equazione non-linearef(x) = o non possono in generalepuò essere considerata come la soluzione esatta del problema perturbato scriversi in modo esplicito e quand' anche ciò è possibile l'espressione è spesso

(A+8A)(x+8x) = b ove la perturbazione 8A dipende in generale da b. di nessuna pratica utilità. Per risolvere le equazioni non-lineari si devono dun­Nell'ipotesi jjj8Ajjj( I /jjA-' jj si dimostra la maggiorazione que utilizzare dei metodi approssimati iterativi e cioè tali che partendo da uno

o piu punti iniziali essi definiscono una successione x», x„x», ... di numeri che!I (A) si spera convenga alla soluzione voluta. Tali metodi iterativi sono essenzial­

Il x ff I — III8A III IIIA-'III mente basati su due possibilità: approssimazioni successive, oppure lineariz­zazione. Illustreremo ora alcuni metodi che rientrano nell'una o nell'altra ca­

e quindi i l problema è ricondotto a valutare jjj8Ajfj. È questa la parte piu tegoria per la determinazione di una radice F» dell'equazione f(x) = o.delicata del lavoro di Wilkinson in quanto tale maggiorazione dipende dalla Ricordiamo preliminarmente la definizione di ordine di convergenza della

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Calcolo 46S Calcolo

successione x„a Fp. Supponiamo a tal f ine che sia lim x „ = (p e poniamofl.-+oo

s„ = x„— Fp. Se esistono un numero p ed una costante C+o t a l i che

lim = Cn~

allora p è detto ordine di convergenza della successione. Per p = t, z, 3 la con­vergenza è detta lineare, quadratica e cubica rispettivamente. Figa I p zz.

Ricordiamo poi che il confronto fra metodi iterativi per approssimare Fp c„e ben condwtonpto, E, e m~l condtztonato.è fatto non solo in termini di ordine di convergenza ma anche di quantità dicalcoli richiesti ad ogni iterazione (essenzialmente il numero di volte in cui sideve calcolare f(x) o le sue derivate) : si tratta di un esempio di problema di L'idea è allora quella di sostituire a f un polinomio di primo grado L(x )complessità computazionale (cfr. ) 6). che prende gli stessi valori di f negli estremi a e b. Orbene, per l'ipotesi fatta

Relativamente all'influenza degli errori di arrotondamento (o troncatura) L si annulla in un punto (t di [a, b] che si prende come valore approssimativoosserviamo subito che in generale non si raggiungerà la soluzione esatta, ma ' di Fp. Si tratta cioè di un processo di linearizzazione di f.ci si fermerà a una soluzione approssimata FP che a priori non si conosce quanto Il procedimento viene iterato prendendo l'intervallo [a, F,] o quello [F „b]possa distare dalla soluzione esatta. Tuttavia si può valutare l'accuratezza rag­ in cui f assume valori di segno diverso agli estremi.giungibile Per la soluzione esatta Fp nel modo seguente. Quando Fp è radice In modo piu formale, dati i valori iniziali xp = a ed x, = b si definisce persemplice, e cioèf '((p) go, dal teorema del valor medio si haf(x,) = (x„— Fp) f '(pt) induzione la successionedove ptcg intervallo di estremi Ep ed x„, e quindi x X '

'" f ( " ) f ( ) — A )

ove n' è il p iu g rande intero minore n ta le chef(x„) f(x„) <o.ove M,) I f'(x)I per xc j . I l valore calcolato f(x„) di f( x „) verifica in gene­ Il vantaggio della regulafalsi è che essa risulta sempre convergente, ma larale f(x„) = f(x„)+8(x„) ove I8(x„)I <8 indipendente da x; l 'accuratezza con sua convergenza è solo lineare (come si vede per esempio nel caso di unacui Fp può essere valutato dipende da 8; ed al meglio si può avere f(x„) = o funzione convessa).e quindi If (x„)I <8. Supponendo che f' (x) non vari molto vicino a Fp si ot­tiene in conclusione z. Metodo dk Newton-Raphson. L'idea di fondo di questo metodo è molto

8Ix. — F.pl <­

simile a quella della regulafalsi, ma, invece di prendere per L il po l inomio1

tale che L (x) =y risulti l 'equazione di una secante alla curva y = f(x) (cfr. fi .r . g .23), tale polinomio si prende in modo che L (x) =y sia l'equazione di una pa­

ove 8/M t ha circa il valore di s~,= 8/f'(Fp), e dunque la migliore maggiora­ rallela a una tangente di tale curva. Si pone cioèzione dell'errore, qualunque sia il metodo usato, è s~,.

Se la radice Fp ha molteplicità p per cui f (Fp)= ... = f~> — "((p) = o e f r'(Fp) go L(x) = f'(~)(x-x,) 4-f(x,).si ha in modo analogo

8pt 'l 1/p Anche questo procedimento di linearizzazione può venir iterato e permette di

If"'(Kp)lJstabilire l'esistenza e l'unicità della radice Fp dell'equazione f(x) = o nell'in­tervallo [xp — c, xp+c] ; per esempio quando esiste A)o tale che I f(xp)I( c /z) e

Appare chiaro che il problema del calcolo di F p sarà tanto peggio condizionato inoltre tale che quali che siano i punti x, y in [xp c xp+c ], si ha I f'(x)I) t/Xquanto piu f' " ' (c~) è piccolo (cfr. fig. 22). e I f '(x) — f '(y)I <t/z X. Sotto tale ipotesi se (zp) è una successione qualsiasi di

P unti di [xp c x p+c] si Può definire una successione (x„) di Punti di questointervallo con la formula iterativa

r. Regula falsi. Su pponiamo chef sia definita e continua nell'intervallochiuso [a, b] e che f(a) f(b)<o; una proprietà fondamentale delle funzioni f(x.)continue (cfr. ( 3.3) assicura che allora esiste almeno un FpE [a, b] tale che

n+1 n ff( )f(E )= o (fig. z3). e tale successione tende a (p.

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Calcolo 466 467 Calcolo

y = x+xs

> = f(x)E

E, b

Figura z3.o E x, x, /

Regula falsi. xp X o x2 xi tu s 0 xox l x 2 x s

Il metodo di Newton-Raphson ha convergenza quadratica ed è quindi di Figura z4.

grande interesse pratico; tuttavia, come si è visto, converge solo partendo ab­ Metodo delle iterazioni successive. Servendoci dcl grphco della funzione g possiamofacilmente rappresentare la costruzione delle approssimazioni x„ a l la soluzione E, delbastanza vicini alla soluzione Fp. problema. Da tale rappresentazione si vede che il metodo non dà piu una successioneconvergente a Ep se si abbandona la restrizione che la derivata di g' di g s ia in valore

g. A1etodi di approssimazione successiva. La regulafalsi ed il metodo di assoluto minore di t. Pe r r endersene conto basta prendere g(x) =x +xs e x~) o per

Newton-Raphson possono essere considerati come casi particolari del metodo avere una successione (xs) che tende a +ao.

generale di approssimazione successiva, che consiste nel determinare x +tcome funzione dif e delle sue derivate negli m punti x„, x „ „ ..., x „ »+t . .

x„~, =g (x„ . . . , x„ „~,). zioni di esistenza / procedure di approssimazione, giacché il teorema precedente

La funzione g è detta funzione di iterazione a m punti, Nel caso parti­ si estende facilmente al caso degli spazi di Banach.

colare in cui m = t la convergenza del metodo significa intuitivamente deter­minare un punto fisso di g e cioè un punto (p tale che 4.6. Approssimazione di funzioni.

(» ) (p=g (<p). «Un problema fondamentale che si presenta in molte varianti, è approssi­

Tale punto fisso è poi soluzione di f(x) =o se si assume per esempio g(x) = mare una funzione f mediante un elementofe di una classe di funzioni facili= x ­ f(x). da trattare matematicamente (per esempio, polinomi, funzioni razionali o po­

La determinazione di un punto fisso è uno strumento generale dell'analisi linomi trigonometrici ) dove ogni funzione particolare della classe è determi­

non-lineare anche per provare l'esistenza della soluzione di una equazione (e nata dai valori numerici di un certo numero di parametri... Vi sono due tipi

non solamente per approssimarla) come si è visto col procedimento di Peano­ di imperfezione da prendere in considerazione: imperfezioni nei dati d'ingresso

Picard nel ) 3.7. Nel caso di g, applicazione di uno spazio di Banach in sé, lae imperfezioni nel modello particolare (classe o forma delle funzioni ) che si

teoria dei punti fissi è strettamente collegata con profonde considerazioni di to­ vuole adattare ai dati d' ingresso. Per semplicità chiameremo tali imperfezioni

pologia (teoria del grado topologico, teoremi di Brouwer, Leray-Schauder, ecc.). errore di misura e rispettivamente errore del modello... In p ratica sia i dat i

Relativamente alla ricerca di un punto fisso per ( tz ) ricordiamo il seguente d'ingresso sia il modello sono in generale insu%cienti. Si può considerare l'ap­

teorema: se xp è un punto di I = [a, b] e supponiamo che esista un intervallo prossimazione come caso speciale di un problema piu generale e veramente

(xp — c, xe+c) incluso in I e un numero q tale che o<q(t co n le p roprietà importante: adattare un modello matematico ai dati assegnati ed altri fatti noti.

Ig(xt) g( z)l<qlxt xzl p ' g n ' coppia x t xs di (xp xp+c) e Ig(xp) — xpl( I problemi di approssimazione possono essere considerati analoghi a quelli

( c (t — q); allora esiste una e una sola soluzione FpE'(xp c xp+c ) della equa­ dell'ingegneria delle comunicazioni : filtrare il segnale dal rumore» [Dahlqvist,zione ( tz ) e si può inoltre definire per induzione una successione (x„) po­ Bjorck e Anderson zt)74, pp. 8r, 8g ].nendo xu~t =g (x„) per n)o per cui vale I(p — x„I <cq onde (x„) converge a Fp(cfr. fig, z4). x. Interpolazione di Lagrange. È noto che due punti distinti individuano

Sottolineiamo per concludere che il metodo delle approssimazioni successive una retta, tre punti una parabola (con asse parallelo all'asse y), ecc. Conget­costituisce un modo notevolmente suggestivo di risolvere la dicotomia dimostra­ turiamo allora che esista e sia unico un polinomio di grado n, la curva del quale

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Calcolo 468469 Calcolo

passa per n+ r punti prefissati. La teoria astratta conferma agevolmente la no­ per x che varia nell'intervallo base I= [a, b]. Due sono i nostri obiettivi: damestra congettura: dati gli n+ r punti distinti x,, i = o, r, ..., n e i corrispondenti un'espressione esplicita e stimarlo, cioè maggiorarlo e minorarlo. Si dimostravalori f(x;) =y;, si tratta di «trovare» i coefficienti ap, an ..., a„del cosiddettopolinomio di interpolazione P„ (x) = apx"+ ... +a„ in modo tale da minimizzare

che per ogni punto x di [a, b] esiste un punto E= F(x) dipendente da x nel­l'errore l'intervallo aperto (a, b) tale che

n min(xp > xr» • • • xn> x) <E <max(xp xr • " > xn> x)(r3) Z If(x') — P (x')l>=O tale che l'errore R„(x) risulta uguale a

cioè la somma degli scarti (in valore assoluto) tra P„e f nei nodi x;. Se impo­niamo che l'errore (r3) sia nullo è (r S) " f'"+"(()

(n+ r)!(r4) P„(x,) = f(x,) i = o, r, ..., n

ove al solito abbiamo indicato con f'"+" la d er ivata n+r-esima di f. D iper gli n nodi x; e il nostro problema diventa quello di determinare i coeffi­ questo teorema «classico» vediamo l'uso «costruttivo» se riusciamo a deter­cienti ap, ..., a„ intesi come le n+ r incognite del sistema (r4) di n+ r equa­ minare nell'intervallo [a, b] il massimo e il minimo di f ' " + " (x); la formulazioni lineari. È un problema classico di algebra lineare : perché (r 4) ammetta una (rg) ci permette di stimare l'errore.e una sola soluzione, è necessario e sufficiente che il sistema di equazioni omo­ Tale stima dipende dunque dalla nostra conoscenza dei massimi e minimigenee corrispondente P, (x,) = o ammetta solo la soluzione banale ap = a „ = . .. = di f' "+" (x). Siamo qui al nocciolo della questione. Ovviamente il polinomio= an = o. Questo è proprio il nostro caso, dato che il sistema omogeneo impone P„(x) è compatibile con tutte le funzioni di una certa classe che assumono ial polinomio P, (x) di grado al piu n di annullarsi in n+ r punti distinti xp, xn valori y; nei nodi x;; ma appunto sotto il profilo predittivo risulta essenziale..., x„e in questo modo si impone al polinomio una radice zero di troppo. chiedersi sotto quali condizioni l 'errore puntuale d'interpolazione converge

Sfruttando cosi una classica proprietà dei polinomi che li privilegia rispetto a o al crescere dei nodi, cioè con l'aumento della nostra informazione. La spe­a funzioni di diverso tipo (il numero delle radici distinte di un polinomio non ranza di un teorema ottimale è presto delusa: se per f(x) prendiamo x sin rp/xnullo non supera il suo grado), possiamo dare risposta affermativa al nostro nei nodi x„= r /n i polinomi di interpolazione risultano tutti identicamente nulliquesito. Ma per n «abbastanza» grande i metodi algebrici «classici » sono di e quindi in generale non convergono alla funzione interpolata. Possiamo peròfatto inutilizzabili per determinare la soluzione del problema. La nostra ri­ rendere «piu esigenti » le condizioni che imponiamo su f. Cosi, se la funzionesposta affermativa valeva dunque quanto una pura dimostrazione di esistenza. f è analitica, la successione dei polinomi di Taylor (che possono essere consi­Tuttavia queste considerazioni teoriche non sono sterili: esse garantiscono la derati come polinomi di interpolazione in cui xo = x, = ... = x„ ) converge af in uncorrettezza grammaticale della locuzione 'il ' quando esprimiamo il polinomio intervallo g. Questo intervallo è però il diametro del massimo cerchio nel qualedi interpolazione per altra via. f si può prolungare in modo olomorfo: di conseguenza l'intervallo (reale) /diPossiamo per esempio procedere in questo modo. Introduciamo i polinomi convergenza può essere notevolmente minore dell'intervallo base I: r /(r+x')interpolatori di Lagrange è analitica per ogni x reale, mentre l'intervallo j di convergenza dei polinomi

ton(x) = (x xp)(x xr) "(x xn) peri=o,r, ..., n d'interpolazione con l'unico nodo 0 è l' intervallo aperto ( — r, +r). Ci chie­diamo allora se si può rimuovere questa limitazione interpolando in piu di un

e posto pp„'(x;) = (dcp„x/dx), ~, definiamo per i = o, r, ..., n nodo questa funzione. La risposta è solo in parte affermativa: se, per esem­

op„(x) pio, interpoliamo la funzione nell'intervallo [ — 5, +5] in n punti equidistanti

(.— ;) .'(.,) la successione dei polinomi P„ (x) converge a r/(r+x ) in [ — 3, +3], ma di­verge per IxI)4 . Agl i inizi del Novecento Poincaré metteva in guardia con­

e otteniamo allora tro gli eccessi in tale direzione che finivano col generare mostri e additava lan

P. (x) = Z f(x;) ~n,;(x)piaga delle funzioni continue senza derivata [Poincaré r9o8, pp. r3r sgg. ]. Ma

>=Onon c'è bisogno di spingersi cosi oltre; la funzione del fenomeno di Runge faancora parte del cantuccio delle funzioni buone: la foi du charbonnier è una

Questa strategia — usualmente nota come interpolazione di Lagrange — com­ cattiva compagna di strada già nella piu consueta pratica matematica.porta ovviamente un errore puntuale Dobbiamo quindi concludere che, anche sul terreno del calcolo, ci siamo

Rn(x) = f(x) — P„(x) imbattuti in un museo teratologico [ibid., p. r33] ) Una situazione è in realtàparadossale proprio nella misura in cui sembra essere non vera in base a idee

r6

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Calcolo 47o 47 I Calcolo

preconcette [Meschkowski i96o, trad. it . p. 7 r ] . Nel caso il preconcetto è Fra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento sono state costruite al­

quello che porta — specie nelle applicazioni — «ad accettare come "evidente"cune famiglie notevoli di polinomi ortogonali quali i polinomi di Cebysev, quel­

ciò che non lo è affatto e a dimenticare che la nostra "intuizione è uno stru­7) l i di Legendre e quelli di Gram.

mento piuttosto rudimentale, che ci inganna grossolanamente alla prima oc­casione» [Dieudonné i968, p. ro]. 4.7. Metodi degli elementi finiti.

La contrapposizione intuizion %igore è però mobile: la scoperta di un pa­radosso apre la strada a metodi piu produttivi, anche se il cammino non è sem­

I metodi degli elementi finiti sono fra i metodi attualmente piu usati per

pre lineare. Nella fattispecie l'ostacolo è la convinzione non critica che la si­risolvere i problemi di meccanica delle strutture di cui il problema di Dirichlet

m ulazione «piu accorta» o «piu fedele» dell'andamento complessivo i u n a considerato nel ) 3.8 è il caso particolare forse piu semplice. Tali metodi si

funzione si basi necessariamente sulla scelta di nodi equidistanti c e per sono sviluppati impetuosamente a partire dalla metà degli anni '5o nell'ambito

n~~ si addensano nell'intervallo di base. Piu adeguata si rivela invece una degli ingegneri, ma i risultati sulla maggiorazione degli errori, che costituiscono

diversa scelta dei nodi.itno degli aspetti piu nuovi e interessanti della teoria, sono stati ottenuti solo

Si ha infatti, per un teorema enunciato da Bernstein nel i9i6, che, nell'ipo­nell'ultimo decennio dopo un primo lavoro di Zlamal ( i968), anche se Courant

tesi che per la funzione f continua in I = [a, b] esiste la derivata f' l i m i tata in un lavoro pionieristico (r943) aveva già considerato tale problematica.in I, allora in I convergono uniformemente ad f i polinomi di interpolazione Ricordando la seconda e la terza formulazione del problema, l'idea prin­

formati nei nodi di Cebysev: cipale dell'approssimazione interna (cfr. anche l'articolo «Approssimazione»tli questa stessa Enciclopedia, ) ) z.z, z.4 e z.5) consiste nel prendere un sotto­

b4.a b — a kr 'x = ­ + — c os k = o , i, ..., n+ i . spazio V~ di V d i d imensione finita e nel risolvere il problema approssimato

z z n + i( i6) Dato f cercare u>c V> tale che a(u>, v) = (f, v) per ogni ve V>.

2. Polinomi ortogonali. Una famiglia di polinomi (pi>)>)p costituisce una Tale problema, che ammette una soluzione unica u>, è equivalente allafamiglia ortogonale rispetto alla funzione peso oi(x) nell'intervallo [a, b] se per soluzione di un sistema lineare di dimensione finita W. Infatti se [ro/ ~ i = i ,

due polinomi qualunque si ha:..., X} è una base di V> allora u> ­— g F;ro+ dove i coefficienti si ottengono ri­

fb

> (x)@ (x)oi (x)dx = o qua ndo n / m i= l

solvendo il sistema lineare (che scriveremo per semplicità A>-u' ­— f~)a

iv

(r7) ga(wP, zp )F; = (f, zp ) j = i, . .., dim V>g(x) cp(x) dx+o.

0

Lo sviluppo di una funzione f (x) in termini di polinomi ortogonali è assaiI problemi che si pongono sono allora i seguenti:

utile poiché i polinomi ortogonali sono in generale facili da manipolare, hanno a) determinare una maggiorazione (se possibile ottimale in un senso op­buone proprietà di convergenza e forniscono una rappresentazione ben condi­ portuno, cfr. «Approssimazione», ( z.i , p. 779) dell'errore s (V~) =

zionata della funzione. = ~~u — u>[(i ri quando la dimensione di V> tende all ' infinito;

Il principio dell'approssimazione di una funzione in tale ambito è basato su b) costruire concretamente dei sottospazi Vz per i quali tale maggiorazione

di un'estensione del metodo dei minimi quadrati; in effetti si approssima f sia valida;

con f P(x) = cp (Pp(x)+ci (Pi(x)+... +-c„P„(x) ed i coefficienti cp, ci , ..., c„.sono c) risolvere il sistema (i7) dopo averne calcolato i coefficienti ed il terminedeterminati con la condizione che )~ f p — f j(' = f p ~ f p(x) — f(x)( o i (x) dx sia mi­ noto.

nimo. L'esistenza dei coefficienti cp, c„..., c è un fatto caratteristico degli spa­zi di Hi lbert e i coefficienti c. sono determinati dalle formule

Indichiamo brevemente un esempio di costruzione di sottospazi U>., a talfine sia Q un poligono limitato del piano e si costruisca una triangolazione

(fl v>)7~' di Q tale che l'intersezione di due triangoli sia vuota, o ridotta ad un vertice,o ridotta ad un lato comune (e in questo caso i due triangoli sono detti adia­centi).

che costituiscono l'analogo delle formule per la determinazione dei coefficienti In corrispondenza di ogni t r iangolo K s i c onsideri un insieme finito

dello sviluppo in serie di Fourier. h = [a„ . . ., a<} di punti detti nodi ed uno spazio vettoriale Pt„- di dimensione

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47z 473 CalcoloCalcolo

finita formato di funzioni definite su K con la condizione che ogni p c Ptr sia mente i coefficienti a («c,, «o,) eseguendo in modo esatto l' integrazione; qualora

determinata per interpolazione di Lagrange dai valori cp(a; ), i = t , . . ., d. Gl i ciò non avvenga, ma si usino opportune formule di integrazione numerica, le

elementi della base di P~ sono detti funzioni di forma dell'elemento finitomaggiorazioni dell'errore precedenti sono ancora valide, anche se non è provata

(K, Z, P<). Per esempio se K è un triangolo di vertici a„a », a» si può pren­la loro asintotica ottimalità.

dere Z = (a~, a„a») e P <= (p(x, y) ~ cp(x, y)= x+Px+yy) ; r i sulta allora Per quanto riguarda la soluzione del sistema (x7) si possono applicare le

dim Pz ­— 3; si possono anche considerare i polinomi di secondo grado ed al­considerazioni del )4.4 tenendo naturalmente conto delle proprietà speciali

lora Z è formato da a„ a», a» e dai punti medi dei lati.della matrice A>, siccome per esempio tale matrice è sparsa, si dimostra che

Si assume allora come sottospazio U> ­— (ve U ~ per ogni triangolo K la il numero delle operazioni per r isolvere il sistema è O ((dim V )s) e noniVO((dim U>) ). Per quanto riguarda il condizionamento della matrice A»r esso3

restrizione di v a K è in P~) .Nella pratica si assume un triangolo di riferimento K con relativo insieme dipende fortemente da Q, dalla triangolazione e dall'ordinamento dei nodi;

e spazio Pg ed il passaggio da K a K t r i angolo generico è fatto con unain ogni caso esso cresce e quindi peggiora al diminuire di h„.

trasformazione affine che deve indurre un isomorfismo di Pz su P<.Per ulteriori sviluppi, si vedano Strang e Fix r973, e Ciarlet 1978.

È facile ora costruire una base di Vz, basta infatti per ogni nodo j dellareticolazione considerare la funzione w; che ivi vale z e vale o in tutti gli altri 4.8. Metodi numerici per problemi di evoluzione: consistenza, stabilità,nodi. Si tratta di funzioni +o sul triangolo K solo se il nodo jeK, e in tale convergenza.caso «c, coincide con una delle funzioni di forma di Ptr. I c oefficienti dellamatrice A„ d i ventano allora

Riesaminiamo ora sotto il profilo del calcolo numerico alcuni argomenti deli­neati nei $( 3.7 e 3.8.

a(m,, m ) =" T ' ' + — ' — ' d x d y=J„~

à', òm, ò«c, òw,r. Equazionidifferenzialiordinarie. Ri p rendiamo il problema di Cauchy(o

dei valori iniziali ), studiato nel ) 3.7; determinare una soluzione di= yf rl',"","+',"',"),; — = f(t y)

dy=

( i 8)

f r 1',""," +',"', ) ..; y(a) = c

con f tale che ) f„'~ (L.dove P; = (K ~ i è un nodo di K) e quindi a(«e;, «o,)+o solo se J;QP;+ P La soluzione di tale problema può essere considerata come una funzionee cioè solo se esiste K con i, jc K. Ciò significa che la matrice è sparsa e questo y(t, c) dove c è la condizione iniziale; al variare di c si avrà una famiglia difatto è di grande importanza per la risoluzione numerica di (x7) (nonché per curve nel piano y, t. Pur essendo il problema ben posto, la dipendenza dila memorizzazione dei coefficienti). y(t, c) da c è tuttavia di grande importanza nel trattamento numerico dell'e­

Per quanto riguarda la maggiorazione dell'errore si consideri una succes­ quazione differenziale; e per esempio, nei cosiddetti metodi numerici ad unsione di tr iangolazioni Cn, n = z, z, ..., tale che detto h„ i l piu grande dia­ passo, quale appunto il metodo di Eulero visto nel ( 3.7, si procede passo dopometro dei triangoli di G„ r isulti lim h„ = o e tale che, detto & (K) il piu picco­ passo nel calcolo di valori approssimati yr, y„ . . . d i y (t,), y(ts), ... introdu­

lo angolo al vertice di K, risulti &(K) )8~) o per ogni Ke G„e per n = z, z, ... cendo a ogni passo una piccola perturbazione — dovuta agli errori di troncatura

Sotto ragionevoli ipotesi di regolarità per la soluzione del problema esatto, si% di arrotondamento — che produce il passaggio di y (t) ad un'altra «pista»

dimostra che )(u — u„~~t n ­— O(h ) nel caso di polinomi l ineari e ~)u — u„(~t ~'= nella famiglia delle curve integrali.

= O(h») nel caso di polinomi quadratici dove ovviamente u„è la soluzioneSi può confrontare il processo precedente ad un processo di interesse; ad

approssimata corrispondente alla triangolazione G„. Se inoltre il rapporto fraogni tappa si paga un «interesse» sugli errori commessi in precedenza. Al tempo

il piu grande e il piu piccolo diametro dei triangoli di "G„è limitato uniforme­stesso un nuovo «capitale di errore» (errore locale) è aggiunto. È possibile

mente rispetto a n, è possibile provare che tali maggiorazioni sono asintoti­tuttavia che la «rata di interesse» sia negativa, il che costituisce un guadagnoin questo ambito.

camente ottimali,Ma tali risultati hanno interesse prevalentemente teorico perché nella pra­

Se le curve nella famiglia delle soluzioni si allontanano l'una dall'altra ra­

tica ci si arresta dopo aver fatto poche triangolazioni successive. Inoltre una loropidamente, il problema di Cauchy è mal condizionato, altrimenti esso è ben

limitazione è costituita dal fatto che in essi si suppone di aver calcolato esatta­condizionato [Dahlqvist, Bjorck e Anderson I974, pp. 334-35].

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Calcolo 474 475 Calcolo

In questo contesto è fondamentale distinguere fra errore di discretizzazione un controllo dell'errore locale al controllo dell'errore globale mediante una con­locale ed errore globale. L'errore globale nel Punto t„+i è yn+i — y(t„+,) dove dizione supplementare (la stabilità, anch' essa indipendente dalla conoscenzay(tn+i) è la soluzione esatta del problema di Cauchy ( i8 ). L'errore locale in della soluzione del problema). Proprio un'argomentazione del genere motivatn+, è la differenza fra il valore calcolato yn+, ed il valore in t„+, della curva in­ un criterio generale — noto come principio di Lax — secondo cui nei problemitegrale che passa per (y„, t,). di evoluzione (ordinari e alle derivate parziali, lineari e non-lineari, ecc.) con­

Piu in generale si parla di metodi a passo multiplo (a k passi) quando il sistenza e stabilità implicano la convergenza.valore y„è aPProssimato usando i valori y, „ y n „ .. . , y„ i , r i solvendo l'e­ R elativainente al condizionamento del problema ( i8), e soprattutto del suoquazione ana ogo nel caso in cui y sia un vettore, osserviamo che esso dipende dalla co­

stante L. Il problema di Cauchy è mal condizionato se tale costante L è grande(i9) $ (O(.;y„; — hglf (tn n y„ , ) ) =O COn O( i O(O+O. «se inoltre

t =O

— f„'(t,y)oa )o per og n i y e per ogni tc [o, TJ;Naturalmente per utilizzare un tale metodo bisogna conoscere i valori di

partenza y(„..., yi i. Se [lo+o allora il metodo è implicito e ad ogni tappain tale caso si parla anche di equazione differenziale stiff. Il lustriamo su di un

bisogna risolvere una equazione non-lineare usando i metodi dal ) 4 ,5. «sempio il tipo di difficoltà che si incontrano in tale situazione. Data g continua

Introduciamo ora le seguenti definizioni fondamentali: fissato h)o, deno­«(>n la derivata prima in [o, T J si consideri il problema di Cauchy per Pequazio­

tiamo con j» l' insieme degli interi n ) o tali che tn = to+nb< T, Ciò premesso: n«differenziale lineare

il metodo (rg) è detto consistente se l'errore locale di discretizzazione è infini­ y =- ~ (y'- g(t))+g'(t)tesimo e cioè se per ogni funzione f con ) f„'~ <L e per ogni curva integrale y(o) =y .di (i8)

lim — mtx P (x y(t„ , ) ht>(.f(t­„;, y(t„ ())) ~ — ok (>vc X e un numero reale )o , la cui soluzione è

I

f> +O h t tc' > O y () (ye g( ) ) +g( )Supponiamo À molto grande, yo +g(o) e g(t) funzione che varia lentamente e

1

(cfr. anche «Approssimazione», ) z.4, pp. 78i-8z).Il metodo (rq) è detto convergente se l'errore globale è infinitesimo, e

n«r»pre )c i ) o ; a l lora la soluzione y(t) presenta un regime transitorio iniziale

cioè se per ogni f con ~ f„' ~ <L risulta max ~ yn — y(t„) ~ infinitesimo per h ten­i» cui y"(t) è dell'ordine di V; peraltro dopo un tempo dell'ordine di r /), il con­

>h'J)t( > il>uto del termine e ~' diviene trascurabile e la soluzione si comporta essenzial­

dente a zero, comunque siano scelti i valori di partenza purché lim y; = c , n>( nte come la funzione g(t) : si tratta del cosiddetto regime stazionario. Se vic­n~operi=o,„ „ k — i . o«utilizzato il metodo esplicito di Eulero (cfr. ) 3.7) per il quale p(z) =z — i

Il metodo è detto stabile se per ogni funzione f con ~ f„'~ <L e comunque r (r (z) = r il corrispondente errore locale di discretizzazione risulta

siano scelti i valori di partenza purché ~y,~ <M per i = o, ..., k — i la famiglia s , =y (t ) — y(t ,) — (t — t, ,)f(t i yn — i) =

delle soluzioni yn è uniformemente limitata per n tendente a zero e cioè esi­ste M, dipendente da M tale che per ogni h) o e h < ho si ha max ~y„~ <M,

=y (t.) — y(t.- ) — (tn — t.­ )y'(t.- ) =

(cfr. anche «Approssimazione», ( 2.5, p. 785). "'yn (t — t( 'B I> 1) f f/ nI risultati chiave in questo contesto sono allora i seguenti teoremi: ' y (~,)

a) Il metodo (rq) è convergente se e solo se esso è stabile e consistente.b) Una condizione necessaria e sufficiente per la stabilità è che ogni radice

(»n tn (<&„< t „ . Te n endo allora conto della forma dell'equazione di questo

in c del polinomio p(z) = o(ozi+ ..+o(i verifichi ~z;~(r e l e radici ve­( n«n>)>io si ottiene per induzione la seguente espressione per l'errore globale:

rificanti ~z„~= i abbiano molteplicità uno. n — 1 n — 1

c) Una condizione necessaria e sufficiente per la consistenza è che p(i) = o e„=y (t„) — y„ =g s, g (r — Reti)l =O f t = l+i

ed inoltre p' ( i ) =(s (r) ove (r (z) = (ozi+...+p>.(>«t ni «posto ht „ = t i + ,— ti. A p pare quindi naturale scegliere un passo Atn

La dicotomia continuo /discreto.che abbiamo visto emergere ogniqualvolta «>n i >l>ilc c cioè molto piccolo finché ) ' i> t„è molto minore di r ed un passo mol­si segue l'approccio numerico ai problemi classici porta dunque nel contesto ((> ~>i>> gr;>nde nel regime stazionario. Purtroppo tuttavia se sn è piccolo ~ i — ) 6t„~esaminato in questa sezione (problemi di evoluzione) alla coppia locale/globale. tl>o(< n«>nolto grande e quindi gli errori commessi per tl< t„sono amplificati inPrendiamo per esempio il teorema a ): esso autorizza appunto a passare da n»n>i( >",> catastrofica Ciò significa che il metodo di Eulero esplicito è inadeguato

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alla risoluzione delle equazioni differenziali mal condizionate. Come ha provatoDahlqvist nel 1>)63, è questa la situazione di tutti i metodi lineari a passo multi­

(n+ x) At

plo espliciti ed anche di quelli impliciti piu accurati. Piu adeguati in questo con­ (metodo esplicito)testo si sono rivelati invece i metodi impliciti del t ipo di Runge-Kutta.

x ntlx

z. Equazione del calore. Riprendiamo il problema considerato nel $3.8della diffusione del calore : (i — x) t>>x (i+x) t>x

òS à '— = a­ o<x< l o< t < Tòt òxz x (n+ x) t>>x

&(x, o) = &o(x) o<x< l(metodo implicito)

&(o, t) = &(l, t) = o t ) on txx

e introduciamo una discretizzazione nel tempo con passo At) o e nello spaziocon passo Ax = l/I; l'approssimazione di S(i Ax, n At) verrà indicata con &1 „. (i — x) t>>x (>'y x) A»L'equazione a derivate parziali viene sostituita dall'equazione alle differenze fi­nite per i = r, ..., I e d n)o I "ilrura zg.

Reticolo di discretizzazione.

(metodo esplicito)

oppure ll>«atre nel caso del metodo implicito la matrice invertibile B di ordine(I — 1) è

— & 8 — z& + S>,n+1 >, n t+1,n+l >,n+X 1 — 1,n+l (metOdO xmplxextO) 1+2À — À o o o

h,t (tt>x)' r+zÀ o oo x+zÀ o o

Tali equazioni sono rappresentate schematicamente sul reticolo di discretiz­ B­

zazione (cfr, fig. zg). x+zÀ — ÀA tali equazioni vanno aggiunte le condizioni iniziali x+zÀ

&to = So(i Ax) i =o, . . . , II ,> nl>prossimazioni assunte sono consistenti nel senso che per At o e i t>x~o

~On In n = o > 1 , 2 > l'» r»lc locale di discretizzazione tende a zero.

Introdotto xl vettore & = (&x > ~z n> ".> ~t — tn ) e posto À=.a h t((ixx) ™­ H i dirà poi che l'approssimazione è stabile se esiste una costante M) o

todi esplicito e implicito possono scriversi come sistemi lineari lai> «h«per ogni n) 1, per ogni vettore So e per ogni 5t e Ax r i sulta

>)»1.1 A>)n metodo esPlicito

B&n x = 9» metodo implicito.>l»;l opportuna 'norma dei vettori (per esempio la norma euclidea) ; l'ap­

Nel caso del metodo esplicito la matrice tridiagonale A di ordine (I — 1) è ottenuta i»»n»i>»;>zione è convergente se per ogni xoe (o, 1) e to)o ~&(ihx, n ht) — 81»~mediante la formula l»»l> ;> o quando 5t te nde a o e t t x t e nde a o i n m o do che i tt x tende

o o lo t n At tende a to

1 — 2À o Il it x>rema fondamentale di Lax-Richtmyer (rx)56) asserisce allora che se

1 — zÀl» n> I» >»:> alle difFerenze finite è stabile e consistente allora l'approssimazionel»>cal» t convergente.

1 — zÀ À I >l»x metodi considerati sono entrambi consistenti; per quanto riguardao o o o À 1 — zÀ la»lai>ililà osserviamo che risulta &„ = An&o (metodo esplicito ) e &„ = B n&o

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Calcolo 478 479 Calcolo

(metodo implicito) e quindi la maggiorazione a priori (zo) risulta verificatase e solo se gli autovalori di A sono in modulo ( r (rispettivamente quelli di B L'esplicazione del concetto di calcolabilità.sono in modulo > r ). È facile mostrare che mentre B è incondizionatamentestabile comunque si scelgano At e 6x il metodo esplicito è stabile se e solo se g.r. Posizione del problema.a At/(hx)s( t /z, condizione ottenuta per la pr ima volta da Courant-Frie­drichs-Lewy nel r9z8 in un lavoro pioneristico sulla convergenza delle solu­ Nel ) 4 abbiamo incontrato una vasta gamma di problemi che venivanozioni delle equazioni alle differenze finite quando At~o e A x ~ o . risolti trovando in modo effettivo dei risultati numerici. A ogni problemaveniva

associato (almeno) un opportuno algoritmo. Chiediamoci ora se è possibile da­g. Equazioni delle onde. Le considerazioni svolte per l'equazione del ca­ re una caratterizzazione generale di applicazione di N+ in N calcolabile in mo­

lore si adattano anche all'equazione delle onde; ricordiamo che anche in tal do effettivo o, come altri dice, computabile. Abbiamo visto molte applicazioni dicaso vale il teorema di Lax-Richtmyer. Senza entrare nei dettagli osserviamo N~ in N (o sostanzialmente riconducibili ad applicazioni del genere) di fatto cal­solo che la condizione di stabilità nel metodo esplicito s'interpreta in termine colate. Ma in questa sede non poniamo la questione «di fatto», ma quella «didi triangolo d'influenza : il triangolo numerico di influenza dev' essere piu gran­ diritto», quella cioè di una definizione sufficientemente rigorosa della compu­de di quello continuo (e cioè c 6t/Ax( r : è la condizione di Courant-Friedrichs­ tabilità di un'applicazione intesa come proprietà intrinseca, non dipendenteLewy). quindi dalle capacità umane e tecnologiche dispiegate nella pratica del calcolo.

L'esempio che segue mostra che ci stiamo collocando a un livello di astra­

Possiamo concludere questo paragrafo riprendendo il paradigma di Joseph zione maggiore che nel ( 4. Definiamo infatti con esattezza un'applicazioneFourier; per questi giudice ultimo della bontà di un modello era l'accordo con senza che ciò comporti asserzioni circa il modo e /o la possibilità di calcolarla:l'esperienza. In una prospettiva che contempla un approccio pluralistico allo ciò rientra perfettamente nello spirito di tutta quella pratica che si basa sulla

studio di un processo, accuratezza e attendibilità vanno intese in un'accezione nozione di applicazione comunemente accettata in matematica (per esempiopiu sfumata. «È chiaramente inadeguato valutare i risultati esclusivamente sulla nel contesto della teoria degli insiemi : cfr. anche l'articolo «Applicazioni » di que­base degli errori introdotti dal metodo numerico. Spesso questi errori sono mol­ sta stessa Enciclopedia, ) z). Sia allora F(n) = r se esistono numeri naturali diver­to piu piccoli di quelli dovuti a precedenti decisioni circa le formulazioni mate­ si da o, x, v, z tali che x" +y" = z", F(n) = o altrimenti. Anche se sono noti mol­

matiche usate nel modellizzare il problema assegnato. L'accuratezza dei risul­ ti valori della F (per esempio F(o) = o, F(r) = t, F (z) = r, F(3) = F(4) = . . . =

tati numerici dovrebbe dunque essere una misura della loro deviazione dalla so­ = F(4ooz) = o) non sappiamo ancora se per F esista per cosi dire una ricettaluzione di un modello matematico "superiore". Inoltre questi risultati possono per ricavare valori in N da argomenti in N, cioè una procedura effettiva divenir considerati attendibili solo se i cambiamenti nel modello di riferimento calcolo. (L'applicazione F corrisponde infatti al celebre problema posto dal­

e, piu in generale, nell'intera sequenza di passi dalla formulazione del problema l'«ultima congettura» di Fermat: «Non è possibile dividere un cubo in dueall'esito finale hanno effetti relativamente piccoli. Questo concetto di attendi­ cubi, o un biquadrato in due biquadrati, né, in generale, alcun'altra potenza dibilità è di importanzacentrale. Al confronto l'accuratezza dei risultati svolge grado superiore al secondo in due altre potenze dello stesso grado; della qualun ruolo secondario» [Babuska e Rheinboldt r977, pp. g-4]. La concezione so­ cosa ho scoperto una dimostrazione veramente mirabile che non può essere con­

fisticata dell'attendibilità dei risultati lascia dunque al ricercatore una maggio­ tenuta nella ristrettezza del margine» [r67o, trad. it. p. r8 ]).re autonomia della concezione di Fourier: uno studio attento degli schemi ma­ Ma cosa intendiamo per «procedura effettiva»? Se un «computista», una

tematici impiegatie controlli ben pianificati [nel senso chiarito dalla citazione volta messo alla prova nel calcolo di una applicazione numerica, è anche indi Babuàka e Rheinboldt r977] pertnettono significativi approfondimenti delle grado di fornire ogni volta il valore giusto della funzione aritmetica, questoquestioni in esame senza troppa preoccupazione per gli stessi errori introdotti fatto non depone ancora a favore della cornputabilità di detta funzione: egliusando un particolare metodo numerico, Ma è altrettanto naturale che un ap­ deve ancora direi in che modo procede e altre persone debbono poter appren­

proccio del genere metta in primo piano il problema del costo delle cornputa­ dere il procedirnento (il computista potrebbe fruire di una sorta di «intuizione

zioni e quindi della mediazione con le esigenze di attendibilità e accuratezza, bergsoniana»!) l 'usuale desideratum di intersoggettività nella pratica scienti­ecc. Si tratta, ancora una volta, di definire ciò che è «ottimale»: il che ci ri­ fica prende qui la forma della richiesta dell'esibizione di un testo in cui vengonomanda di nuovo alla dinamica concreto/astratto (in modo analogo a come in­ scritti tutti i passaggi del calcolo in modo comprensibile e controllabile.dicato nel ) z.6).

5.2. Macchine di Turing e tesi di Church,

Per chiarire quest'ultimo punto supponiamo che un calcolatore (uomo omacchina non ha importanza, dato che il nostro è, dopo tutto, una sorta di

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CalcoloCalcolo g8o y8r

dallo stato q~ della cella piu a sinistra che contiene un i : il numero naturale di«esperimento mentale») scriva i suoi numeri in una forma standard (già questarichiesta è essenziale : se nell'esempio del ) 5.i fosse assegnato il calcolo F (g"), (<uscita» sarà il numero totale degli i che appaiono ovunque nel nastro prima

del ~ seguente quando (e se) la macchina si ferma.il calcolatore potrebbe «non capire» questo tipo di rappresentazione e non Piu astrattamente, una macchina di Turing può venir identificata con un'ap­farebbe quindi alcun conto) : i numeri vengono rappresentati, per esempio, da

plicazione di un sottoinsieme finito di N x T in U x N ove l'insieme dei naturalisequenze di segni i, piu precisamente n+ i tacche per rappresentare il naturale N fornisce degli indici per gli stati, T = (o, s) rappresenta le condizioni possi­n (anche lo o infatti è elemento di N ) e supponiamo ancora di disporre di un

bili di una cella del nastro e U = (I, B, D, S).nastro potenzialmente infinito, diviso in quadrati tutti uguali o celle in modo Che il procedimento con una macchina siffatta sembri già troppo prolissoda poter collocare un solo segno i per cella, pressappoco come faceva il tro­ per calcoli notevolmente semplici in linea di principio non ha molta importanza.glodita quando incideva sulla parete della caverna una tacca per ogni oggettoche voleva contare. A questa notazione a tacche per i numeri (piu semplice Si può avere semmai qualche perplessità di fronte al fatto che per ogni applica­

zione di N in N calcolabile in modo effettivo occorre una particolare macchinadelle stesse scritture binarie per le macchine calcolatrici o decimali per gli es­ di Turing: detto in breve, ogni macchina di Turing calcola solo una funzione,seri umani ) aggiungeremo un segno, per esempio ~ (detto blank), che verrà uti­ mentre le calcolatrici automatiche reali sono universali e possono venir adattatelizzato per distinguere una sequenza di i rappresentante un numero qualsiasi da a una vasta gamma di problemi mediante un'opportuna programmazione. Maun'altra rappresentazione di un secondo numero.

poiché una macchina di Turing viene identificata con una tabella di istruzioniCiò premesso, concepiremo il nostro calcolatore come un dispositivo che (tale è infatti l'interpretazione naturale delle applicazioni di sottoinsiemi finiti diesamina il nastro che scorre, poniamo da sinistra a destra. Il dispositivo esegue N x T in U x N), una tecnica di codificazione permette di assegnare a ogni tabel­queste quattro operazioni-base : i ) può scrivere i nella cella che sta esaminando la un numero di catalogo (numero di Godei della macchina) e pertanto una mac­se i non compare già in tale cella; z ) può cancellare i nella cella che sta esa­ china di Turing, dotata di nastro potenzialmente infinito che contenga i numeriminando, mettendoci il blank se già non c'è; 8) può spostare la sua attenzione di catalogo di tutte le tabelle e munita di una chiave per l'interpretazione del co­a una cella a sinistra (tecnicamente: spostando di una cella il nastro verso de­ dice del catalogo, è allora in grado di riprodurre il calcolo per cui è stata proget­stra) ; 4) può spostare la sua attenzione a una cella a destra (tecnicamente : spo­ tata la corrispondente macchina di Turing. In altri termini esiste un modo distando di una cella il nastro verso sinistra). Eseguire un'operazione-base co­ catalogare tutte le possibili macchine di Turing tale che si può concepire unastituisce un passo del calcolo e alla conclusione di ogni passo il nostro di­ macchina di Turing universale costruita in modo che quando legge il numerospositivo assume un solo stato tra un insieme finito di stati possibili. Se deno­

di catalogo di una macchina di Turing particolare può eseguire il calcolo propriotiamo con q;, i = o, i, z, ..., tali stati distinti e indichiamo con I, B, D, S l e di quella macchina. In questo senso qualsiasi macchina calcolatrice potrebbeoperazioni-base i ), z), g), 4) r ispettivamente, possiamo f ormulare'l'insieme

essere una macchina di Turing universale se sapesse come richiedere un mag­delle regole che determinano il comportamento del dispositivo come un insiemegior numero di schede perforate e domandare la restituzione di quelle che ha giàdi quadruple, consistenti ciascuna di simboli di i ) uno stato, ii) una possibileperforato. Evidentemente quest'ultima condizione è l'equivalente del nastro po­

condizione della cella (o i o ~), iii ) un'operazione-base, iv ) uno stato, in modo tenzialmente infinito di una macchina di Turing universale. Nel linguaggio dellache una quadrupla ( i, n, i i i , iv ) esprima la regola che dati i ) e ii ) il dispositivo

teoria degli automi(cfr. ) 2.8) la coppia formata dalla macchina di Turing e dalesegue iii ) e si sposta su iv ), con l'unica restrizione (coerenza) che due qua­

suo nastro rappresenta una particolare idealizzazione degli automi finiti e forni­druple distinte devono differire per i ) e per ii ), in modo da evitare che l'in­ sce il paradigma dei cosiddetti automi crescenti.sieme delle regole autorizzi due differenti modi di procedere al medesimo Dalla opposizione universale/particolare a quella explicandum/explicatum:istante. Ammettiamo infine che il dispositivo possa in certe circostanze non

come in molte altre discipline scientifiche, anche nella teoria della computa­eseguire alcuna operazione (stop). bilità vogliamo sostituire a un concetto impreciso, intuitivo, «prescientifico»Questa caratterizzazione comportamentistica del calcolo venne data da Tu­ (explicandum:applicazione computabile) un concetto preciso, puntuale, «scien­

ring (rrlg6). Una macchina di Turing non è null'altro che l'insieme 'delle qua­ tifico» (explicatum: applicazioni Turing-computabili, cioè computabili con unadruple che descrivono il comportamento di un dispositivo come quello sopra macchina di Turing particolare o con la macchina di Turing universale).descritto : piu precisamente un qualsiasi insieme di quadruple che usi un qual­ Quello fornito da Turing non è l'unico explicatum. A partire dagli anni '3osiasi numero (finito) di stati costituisce una macchina di Turing, purché sod­ altri ne sono stati proposti: applicazioni ricorsive generali (Godei, Kleene),disfi la restrizione della coerenza. Data una macchina di Turing, un nastro, una A-computabili (Church), definibili in termini di sistemi economici (Post), cal­cella sul nastro e uno stato iniziale, la macchina di Turing esegue una sequenza

colabili con algoritmi di Markov (Andrej A, Markov) : ne è nata cosi una teoriadi operazioni univocamente determinate, che può terminare o può non aver rigorosa dell'effettivo. Se qui si è dato un certo spazio alla Turing-computa­termine in un numero finito di passi. Per rappresentare un naturale n come bilità è perché l'approccio di Turing si può motivare in modo estremamente«entrata» si segnano in sequenza n+ i tacche sul nastro ; si fa partire la macchina

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CalcoloCalcolo ygz P3

naturale come un'analisi ideale degli elementi in cui possiamo scomporre l'at­ non vengono in tale contesto identificate con le funzioni computabili, ma costi­tività reale del calcolo da parte di un «computista» uomo o macchina che sia. tuiscono invece quella porzione (molto ristretta) di aritmetica necessaria alla

È dunque in tale ottica doppiamente esemplare: vuoi per la chiarezza con cui formalizzazione della sintassi di una teoria. Nel caso delle funzioni che appar­ricostruisce tale pratica, vuoi per la stessa macchinosità che esso comporta, tengono alla famiglia $ (incluse propriamente in quella delle ricorsive primi­macchinosità che corrisponde a quella routine che innegabilmente accompagna tive [cfr. Ritchie r963, p. r45 ]) l'interesse risiede nel fatto che esse permet­

certe fasi dell'attività di computazione. Ma i teoremi ottenuti negli anni 30 tono di valutare la complessità di un calcolo prevedendone, per cosi dire, lae 4o (Kleene, Church, Turing, Rosser, ecc.) i quali mostrano che gli explicata

) lunghezza.su ricordati, caratterizzanti tutta la stessa classe di applicazioni, sembrano de­porre a favore della tesi, formulata da Church nel I936, che explicata del genere 5.3. Cenni su decidibilità e indecidibilità.sono adeguati, che, cioè, tutte le applicazioni «computabili» sono Turing­computabili (o ricorsive, o calcolabili con algoritmi di Markov, ecc. ). Natural­ Dopo il breve accenno a certe questioni di sottoricorsività richiamiamo permente si tratta di un argomento di carattere euristico e informale, in quanto sommi capi qualche aspetto della teoria della decidibilità. Abbiamo finora con­la tesi di Church non è, in via di principio, suscettibile di dimostrazione rigo­ siderato applicazioni di N in N ; questa restrizione può però venir abbandonatarosa proprio perché afferma che hanno la stessa estensione un concetto rigoroso nel contesto della teoria della ricorsività o (il che è lo stesso, della Turing­e uno vago. Si possono solo portare argomenti a favore o contro la sua plausi­ computabilità). Nella nozione di algoritmo abbiamo ammesso domini di defini­bilità. Non è questa la sede per esaminare gli sviluppi connessi alla questio­ zione anche non-numerici e non abbiamo rigidamente specificato che tipo dine. Ci limitiamo a sottolineare il fatto che attualmente la classe delle funzio­ oggetti tali algoritmi manipolano. In tale caratterizzazione generale la definizio­ni Turing-computabili «è accettata come classe di tutte e solo quelle funzioni ne di un algoritmo richiede una preliminare determinazione linguistica dei nomiper cui si dà una procedura meccanica per ottenere i valori dagli argomenti» che vengono assegnati biunivocamente agli oggetti in questione; piu preci­[Ritchie l963, p. i39 ]. Orbene, «proprio perché tale classe comprende qualsiasi samente, un algoritmo dovrà sempre venir definito relativamente a un linguag­

funzione calcolabile, in essa rientrano calcoli arbitrariamente complicati » [ibid.] gio finitamente specificato (ossia con alfabeto finito e con regole finite per lamentre questo non è ovviamente il caso della classe F delle funzioni calcolabili costruzione delle espressioni). Una tecnica usualmente nota come aritmetiz­

con automi finiti. F costituirà sostanzialmente [per precisazioni di carattere zazione (di Godei) o godelizzazione permette di normalizzare ogni linguaggiotecnico, cfr. Ritchie l963, pp. i6r-6p ] «la classe delle funzioni calcolabili nel di questo tipo assegnando biunivocamente e in modo effettivo a ogni espres­modo piu immediato possibile». Costruiremo allora una gerarchia di classi di sione del linguaggio un numero naturale (il suo numero di Godei ), con il che

funzioni, tutte ovviamente Turing-computabili ponendo F»=F e F; p e r, i )o si giustifica il fatto che ci si limita usualmente (come abbiamo fatto nei ) ( 5.rcome la classe delle funzioni computabili dalla macchina di Turing che impie­ e 5.z) ad applicazioni di N in N. La godelizzazione rappresenta un particolaregano nei calcoli una quantità di nastro (cioè un numero di celle) limitata da una tipo di codificazione, che permette di estendere al caso generale la teoria dellefunzione appartenente a Fi, È possibile mostrare che per ogni i= i , z, 3, ... la funzioni Turing-computabili (o delle funzioni ricorsive, ecc.). Ogni algoritmo,

classe F, contiene la funzionefi(x) ove fl(x) è z~ e fi+,(x) è definito come infatti, potrà venir considerato allora come descrivente una funzione su numeri ;

f,( fi(x)) mentre fi+, 4Fi. La gerarchia F, costituisce una stratificazione di fun­ ma, proprio per quanto detto sopra, dovremo servirci, per la definizione del­zioni computabili, che ha un profondo significato intuitivo: ciascuna funzione l'algoritmo stesso, di un linguaggio che possegga nomi per i numeri (come ab­

della classe F; risulta una funzione la cui complessità computazionale viene biamo fatto appunto nei )) 5.r e 5.z).«predetta» [Ritchie l963, p. I39 ] da una funzione della classe precedente. Si Questo tipo di codificazione è tutt' altro che banale: per esempio i numeri

interi e gli stessi numeri razionali ammettono una codificazione del generemostra inoltre che $ = Q Fi non coincide con la classe delle funzioni Turing­ (come nel $ 3.r, il lettore li pensi come coppie ordinate di naturali, rispetti­

i = l vamente di interi ). Invece, alla luce di quanto abbiamo visto nel ) 3.3, noncomputabili: è un tipico caso di «sottoricorsività» che gode di alcune proprietàesiste un sistema di notazione per i numeri reali. Non possono infatti fungereparticolarmente interessanti. Ma qui non discutiamo se tali proprietà autoriz­da nomi per i numeri reali gli sviluppi in base n, per esempio gli usuali svi­zino a considerare le funzioni della famiglia l ' un correlato formale piu ade­luppi in base z, ro, iz , l6 , ecc. Lo sviluppo n-ario di x reale è in generaleguato delle funzioni Turing-computabili [per tale questione e la relativa biblio­ infinito, mentre, come abbiamo specificato piu sopra, un nomè è compostografia rimandiamo in particolare a Ritchie l963 ]. C'interessa invece sottoli­ invece sempre e soltanto da un numero finito di segni.neare l'analogia con un altro caso particolare di sottoricorsività, quello rappre­

Ciò premesso, correliamo alla nozione intuitiva di funzione computabilesentato dalla classe delle funzioni dette usualmente ricorsive primitive e in­quella, altrettanto intuitiva, di insieme decidibile: diremo che un qualsiasi in­trodotte da Kurt Godei nella celebre memoria del r93r in cui viene dimostratosieme M~N è decidibile se la sua funzione caratteristicaf»t (f~(x) = o se x< M;

il teorema di incompletezza sintattica per l'aritmetica: orbene, tali funzioni

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Calcolo Calcolo

f~(x) = r se xe M) è computabile. Ciò equivale a considerare decidibile M se solo se è ricorsivamente enumerabile (e cioè è vuoto oppure è il codominio di unaesiste una procedura effettiva che permette di stabilire per ogni oggetto x se x k-pia di funzioni ricorsive primitive di una variabile).appartiene a M oppure no. È quindi immediato, accettando la nozione di fun­ Un risultato fondamentale nella teoria degli algoritmi assicura peraltro l'esi­zione Turing-computabile come explicatum della nozione di funzione compu­ stenza di un insieme ricorsivamente enumerabile Kc:N che non è ricorsivo (otabile, fornire un correlato rigoroso anche per la nozione di insieme decidibile. Turing-computabile ). Si può quindi trovare una equazione diofantea ad un pa­Non crea problemi estendere la nozione di decidibilità qui introdotta da sotto­ rametro P (a, z„..., z'„)= o (quella che definisce K ) per la quale non esiste alcuninsiemi di N a sottoinsiemi di N». algoritmo in grado di deciderne la risolubilità in z i , ..., z per valori assegnati

Come abbiamo già accennato nel $ 5.z è possibile assegnare un numero di del parametro a. In questo modo Matijasevic è venuto a capo, dandone una ri­Gádel a ogni macchina di Turing. Definiamo allora un insieme T~N e u na sposta negativa, del X problema di Hilbert. Tale risposta negativa, come semprefunzione t a valori in N nel modo seguente: nella storia della matematica, ha in realtà aperto molte nuove questioni ed ha

— xe T se e solo se x è il numero di Godei di una macchina di Turing che gettato nuova luce su problemi classici della teoria dei numeri [cfr. Browdercalcola una funzione (x è allora detto numero di Godei della funzione) ; iqp6, pp. 35-36 e anche pp. 323 sgg.].

— t(x) =y + r se xc T e y è il valore che assume nel posto x la funzione che Possiamo accennare solo brevemente a tutta una vasta gamma di altri r i­ha x come suo numero di Godei; t (x) =o altr imenti. sultati di indecidibilità (varie teorie algebriche, teorie assiomatiche dei numeri

naturali, teorie assiomatiche dei numeri reali, logica dei predicati, problemi del­Supponiamo che t sia Turing-computabile; allora può venir calcolata da la parola per gruppi e semigruppi, ecc.). Per quanto riguarda invece problemi

una macchina che ha un certo numero di Godei, poniamo x«. Sia yp = t (xp) : della decisione in senso stretto non solo richiamiamo brevemente il fatto che ilsi ha allora x«e T e, stando alla definizione, t (x«)=y«+ r. L ' ipotesi che t sia calcolo booleano e corrispondentemente il calcolo proposizionale sono ovvia­calcolata da una macchina di Tur ing conduce dunque a una contraddizione. mente decidibili (cfr. ) z.7), ma ricordiamo in particolare un r isultato delNon è dunque decidibile se una macchina di Turing calcola o no una fun­ iq6o di Richard Buchi, il quale ha mostrato che è decidibile l'aritmetica delzione. Dalla tesi di Church otteniamo subito che la t non è computabile. Natu­ secondo ordine debole a un posto, la teoria cioè che permette di trattare inralmente, poiché l'insieme delle applicazioni di N in N ha numero cardinale modo duttile gli automi finiti (cfr. ) z.8).superiore al numerabile, potevamo immediatamente concludere che esistonofunzioni non-calcolabili effettivamente. In questo modo non avremmo peròdato esplicitamente una funzione di questo tipo, funzione che abbiamo invece 6. Co m plessità computazionale.definito con un procedimento di diagonalizzazione, concettualmente analogo aquello con cui Georg Cantor dimostrò la non-numerabilità dell'insieme dei 6. r . Analisi «metanumerica».numeri reali.

Il lettore troverà una trattazione sistematica e rigorosa di questi argomenti Come l'indagine generale sulle proprietà logiche delle teorie si indica colin altri articoli dell'Enciclopedia. Qui vogliamo solo mostrare, con pochi accenni nome di metarnatematica, almeno dagli anni '3o, cosi la riflessione sui problemischematici, come queste considerazioni astratte permettano di capire piu a fondo computazionali può venir designata come «analisi metanumerica». Già le con­problemi matematici classici. Molt i d i essi sono da tempo senza soluzione, siderazioni del $ 5 si collocavano a un livello del genere, trattandosi di un'e­nonostante gli intensi sforzi fatti per venirne a capo. Intuitivamente non è fa­ splicazione della nozione «intrinseca» di computabilità perseguita nel contestocile trovare ricette per dimostrare o refutare una congettura matematica. Non è della teoria della Turing-computabilità o equivalentemente della teoria dellafacile, cioè, trovare un procedimento di decisione. Questa sensazione, vaga e ricorsività. Orbene, se in certe situazioni non pare necessario che la ricostru­generica, può venir rigorizzata esplicando come nel $ 5.z il concetto di compu­ zione a livello di analisi metanumerica del procedimento di calcolo debba te­tabilità e conseguentemente quello di decidibilità. ner rigidamente conto degli algoritmi reali e soprattutto degli strumenti di

Facciamo subito un esempio. Se P (a„..., a», z„..., z„) è un polinomio a calcolo, un modello adeguato può essere appunto una macchina di Tur ing ocoefficienti interi nelle variabili a„. . . , a» zi z l 'equazione diofantea un algoritmo di Markov, resta il fatto che tali idealizzazioni «sembrano modelli

(r) P(a„ . .., a», z„. . ., z„) = o abbastanza "poveri" di un Ibm 370 se appena vogliamo studiare problemi comela determinazione del valore di un polinomio» [Borodin e Munro i i ly5, p. z ] :

permette di definire l'insieme delle k-pie (a„ . . ., a») di N» tali che ( i ) ammette per le considerazioni metanumeriche si aprono quindi altre direzioni di r i­una soluzione nei numeri naturali z„. . . , z„ (in questo caso a„..., a» sono i pa­ cerca.rametri dell'equazione). Un insieme cosi definito è detto diofanteo. Analizziamo piu da vicino questo riferimento, tanto piu significativo in

Matijasevic ha dimostrato nel I970 che un insieme SaN è d i o fanteo se e quanto i polinomi rappresentano, per cosi dire, un ponte tra analisi e algebra

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Calcolo 486 48p Calcolo

e quindi sotto il profilo pratico il 'calcolo numerico di una funzione viene spesso detto nel ) 5 sulla computabilità o come un particolare «metadiscorso» inerentesostituito dal calcolo di un polinomio che l'approssimi abbastanza bene, come alle procedure effettive di cui si è trattato nel ) 4, ma permette di approfondireabbiamo accennato nel ( 4. Supponiamo di dover calcolare il valore del poli­ quelle stesse accezioni di «calcolo» che sono state delineate nei primi tre para­nomio P(x) = a„x"+.. .+arx+as in un punto x = xe. Invece di procedere nel grafi.modo tradizionale, possiamo scrivere P (x) nella forma Sono ricerche che come disciplina autonoma, dotata di una propria termi­

(... ((a„x+a„~) x+a„~)x+ ... +ar) x+as nologia specifica, si sono definite solo negli anni '6o : dopo lavori per certi aspet­ti pionieristici, come quello di Ostrowski (rg54), una svolta in questa direzione

nota usualmente come schema di Horner e utilizzare l'algoritmo che tale forma è stata segnata da Vinograd [rg67] che mirava a dare un quadro già abbastanzasuggerisce. Cosa abbiamo guadagnato> Lo schema di Horner richiede n mol­ sistematico delle questioni inerenti alla determinazione del numero di molti­tiplicazioni e n addizioni, ma dispensa da n — r moltiplicazioni necessarie per cal­ plicazioni necessarie per calcolare delle applicazioni da N in N. L' idea di fon­colare P (x) coli'algoritmo tradizionale. do può essere schematizzata, rozzamente ma efficacemente, come un'esplici­

È allora tipico dell'atteggiamento metanumerico chiedersi se lo schema di tazione della «impressione, difficile da digerire, che sotto il profilo computa­Horner sia «il miglior metodo possibile» rispetto al numero delle operazioni zionale le cose stiano diversamente per l'addizione che per la moltiplicazione»elementari richieste (nella fattispecie il problema, posto da Ostrowski (rg54), [Cobham rq65, p. 24; cfr. Knuth rg69, cap. tv ].è stato risolto affermativamente da Pan (rg66)) e proprio problemi del genere Un esempio permette al solito di chiarire: nell'algebra lineare, come ab­giustificano la terminologia qui impiegata. «Il nome "analisi metanumerica" biamo già avuto modo di accennare marginalmente, non è che manchino clas­sembra appropriato non solo perché indica bene gli argomenti, cioè la meto­ siche formule risolutive dei problemi. Nell'approccio formale tali questioni ap­dologia del calcolo [computation], ma anche per il fatto che ha una relazione paiono chiuse dopo la sistemazione ottocentesca: l'algebra lineare appare oggicon il calcolo abbastanza analoga a quella della metamatematica con la mate­ lfiu uno strumento ausiliare di notevole importanza che una zona di frontieramatica. In tale contesto affrontiamo problemi che riguardano particolari sistemi nella ricerca. Non c'è nessuna difficoltà teorica, poniamo, nella risoluzione di undi dimostrazione, come l'esistenza di una dimostrazione di una certa forma o sistema di n equazioni in n incognite, proprio come, in via di principio, nullal'adeguatezza di un sistema in un dato contesto, ma incontriamo anche pro­ «i impedisce di cercare gli autovalori di una matrice scrivendone l'equazioneblemi che hanno a che fare con la dimostrabilità in generale senza riferirsi però caratteristica e cercandone le radici.a un particolare sistema di dimostrazione. Pensiamo, per esempio, all'indeci­ Naturalmente, nella pratica, tutto ciò appare molto «etereo»: per risolveredibilità di teorie matematiche [cfr. ) 5.3], Nell'analisi metanumerica analoga­ uu sistema di n incognite sviluppando direttamente gli opportuni determinantimente non solo incontriamo problemi che concernono specifici sistemi di cal­ si richiedono n!n operazioni aritmetiche: siamo ben oltre la capacità di qua­colo o certi tipi di macchine da calcolo, ma anche problemi come quello prima lunque automa oggi realizzato. Ma non dobbiamo nutrire «illecite» speranzericordato, che, pur avendo a che fare con il calcolo, sono indipendenti da ogni u~ mmeno per la tecnologia di domani. Per convenirne, basta un piccolo espe­particolare metodo computazionale» [Cobham r965, pp. 24-25]. rhucnto mentale: supponiamo di utilizzare un dispositivo di volume di lato V

Come l'analisi numerica ha una storia molto piu antica del termine che la composto di elementi ciascuno dei quali occupa un cubo D e pr endiamodesigna (cfr. $4.4), cosi l'ordine di idee che abbiamo qui brevemente deli­ i inno velocità di trasmissione dell'informazione addirittura la velocità della luceneato ed esemplificato ha i suoi autorevoli precedenti nella riflessione sulla r — 3. ro" m/s, sicché il tempo necessario a un qualsiasi elemento per effettuarebontà dei metodi computazionali via via proposti a partire da approcci ormai u(i'(>pcrazione elementare è almeno D /c. Ora maggioriamo con Uc/D 4 il nu­«classici », come in Newton e in Gauss ; tuttavia l'aspetto istituzionale è ben piu uu io totale di operazioni elementari eseguibile in un secondo dalla macchina erecente, poiché finora si è soprattutto presa in considerazione la complessità pensi:imo ad un dispositivo enorme e composto da un numero altissimo di pic­computazionale dei problemi aritmetici e algebrici, in cui rientra tra l'altro la a i>lissimi elementi, ponendo per esempio V = r kma e D= r o cm, ordine diquestione della procedura ottimale ricordata sopra per determinare i valori di ynud«zza del raggio atomico; la nostra stima dà un numero grande, nel casoun polinomio. i<i"'. Ma non «abbastanza» grande se abbiamo a che fare — come si è anti­

i i~suo nel ) 4.4 — con un sistema a un centinaio di incognite, per cui è6.z. Complessità computazionale aritmetica e algebrica: un esempio. t ini ! r o '" ... Nemmeno il nostro gigantesco dispositivo avrebbe la capacità

nuffi< àrnte per un calcolo del genere.Detto in breve — e in generale — la complessità computazionale è «lo studio I u<dtre i metodi classici appaiono non-adeguati anche per n relativamente

di "ciò che rende le funzioni difficili da computare" » [Borodin e Munro ry75, ~uiiiil<>, poniamo n=zo, a causa degli errori di arrotondamento. Occorronop. r]: l 'accenno alle questioni specinche che uno studio del genere comporta i~uuiili dei trattamenti differenti, che si rivelano piu o meno vantaggiosi a se­si presenta qui non solo come un naturale completamento di quel che abbiamo i iniils dcl numero di incognite, o dell'ordine, o del t ipo della matrice qua­

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Calcolo 488 489 Calcolo

drata del sistema preso in considerazione, ecc. Tale classificazione non è per­ cll = Pl+P4 — P5+P7altro rigida, ma va di continuo rivista alla luce della riduzione del volume, cl2 = P3+ P5dell'aumento della rapidità di funzionamento, ecc., delle varie modificazioni,

c„ = P,+P 4insomma, dei dispositivi di calcolo.Ciò premesso, limitiamoci a un problema particolare, quello del sistema c„=P , + P ,— P,+P, .

linearex' = ax +by Un primo bilancio: abbiamo risparmiato I moltiplicazione, ma abbiamo iny' = ex + dy piu 14 addizioni, dato che l'algoritmo di Strassen ne impiega complessivamente

18, mentre quello usuale 4. Piu che «importante», come pure l'abbiamo de­Denotiamo al solito con x = (x, y) i l vettore delle incognite e con x' = (x', y') finita, l'idea sembra a prima vista futile. Ma l ' intuizione può sbagliare. Riflet­il vettore dei termini noti : lo specchio tiamo per un attimo alle proprietà formali del calcolo delle matrici: quel che

=() aveva già colpito gli algebristi inglesi dell'Ottocento, come Cayley e Sylvester,era stato il fatto che per questo calcolo non valeva la regola commutativa. Or­bene, il punto di forza dell'algoritmo di Strassen è che la proprietà commuta­

formato dai quattro numeri a, b, c, d, rappresenta al solito la matrice associata tiva della moltiplicazione non viene mai sfruttata. Gli elementi di A e di B

al sistema, che riscriviamo compattamente sono usuali numeri: ma perché non generalizzare? Sostituiamo a tali numeridelle matrici, in modo da definire per induzione un opportuno algoritmo.

(1) x' = Sx;Matrici di ordine z l' possono venir moltiplicate in I moltiplicazione, ovviamen­

sotto l'ipotesi che S sia non-singolare, che cioè il suo determinante non sia te. Matrici quadrate di ordine zl+' possono venir moltiplicate in y moltiplica­nullo, è possibile determinare la matrice S tale che zioni di matrici di ordine z» (e in 18 addizioni di matrici ). M(n) denoti allora

(z) x = S-'x' . il numero di moltiplicazioni che l'algoritmo usa per moltiplicare due matrici diordine n (se n non è una potenza di z, basta «completare» con degli o le matri­

Il problema di determinare le soluzioni x di ( I) dato x' si r iduce allora al ci in modo che prendano questa forma).problema di invertire la matrice S, cioè di determinare S . Un possibile me­ Abbiamo allorat odo consta dei due passi seguenti: 1) r iduciamo la determinazione di S ' auna moltiplicazione di matrici; z ) diamo un algoritmo per eseguire, tale ope­ M( 1) = I M(zl+1) = pM (z~)razione.

Prescindiamo ora dal primo passo e concentriamoci sul secondo. L'algoritmo da cui si ha subito M (z»)= 71'. Posto n=z» e scrivendo log a per indicare

usuale per la moltiplicazione di due matrici quadrate di ordine n richiede n3 il logaritmo di a in base z otteniamo M (n) =n"2' ove log p ha il valore ap­

moltiplicazioni e n3 — n2 addizioni. A pr ima vista sembra senza speranza il prossimato z,81. Se n non è una potenza di z, l'algoritmo richiede al piu m =

tentativo di r idurre i l numero delle operazioni richieste. Per n = z esiste però =pn " ' mol t iplicazioni. Un r isultato buono> Per n abbastanza grande m è

Ull Importante l lsultato di St làssen [ 1969] : questi presenta infatti un algoritmo notevolmente minore di n 3, il numero delle moltiplicazioni richieste dall'algo­

che richiede y e non 8 moltiplicazioni. Posto ritmo standard. E le addizioni? Strassen [1969] mostra che sono limitate dauna costante Inoltiplicata per n"3 7.

B =' AB = C = Ritorneremo sull'algoritmo di Strassen tra poche pagine. Per ora passiamo

al primo passo, che momentaneamente avevamo lasciato da parte. L' idea difondo si deve ancora a Strassen [1969]. Poniamo

possiamo allora calcolare C con la seguenza di operazioni

Pl (all + a22)(bll + b22)

P2 (a21+ a22) bll

P, = a„(b» — b22)P4 ­— a„( — b„+ b 21) ove h = a — ca — ' b. Allora possiamo calcolare

P5 (a l l + a12) b22( a l l+ a21) (bll + b12)

7 ( 1 2 22) ( 2 1+b22)

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CalcoloCalcolo 49o 49'

e abbiamo risolto il problema di invertire la matrice S (e di conseguenza anche e sul quale la conoscenza positiva fa sentire la propria influenza e diffonde la

il problema (x)). Anche in questo caso non si applica la regola commutativa propria luce in maniera piu o meno grande» [Boole x854, trad. it. p. 547]. Ma

del prodotto: per induzione si può quindi definire un algoritmo generale per «è importante qui come ovunque togliere alla scienza il velo del mistero» [Marx

matrici di ordine n. Sarà istruttivo segnalare una limitazione: nei passi inter­ x87o-8o, trad. it. p. x53].medi l'algoritmo richiede che un certo numero di matrici piu piccole venganoinvertite e alcune di esse potrebbero essere singolari anche se la matrice originalenon lo è: in questo caso l'algoritmo si blocca. Ma ci sono sofisticazioni di que­ Conclusione.

sto algoritmo in cui l'ostacolo è aggirato [Borodin e Munro x975, pp. 5o sgg.].Ricerche come quelle cui abbiamo fatto cenno tendono, ancora, piu a chiari­ La battuta di Marx con cui abbiamo chiuso il $ 6 si riferiva a quella fase

ficare teoricamente la pratica del calcolo che di fatto a potenziarla. Il metodo di dello sviluppo del calcolo differenziale in cui si passa dalla concezione di dy/dx

Strassen per la moltiplicazione di matrici può venir ulteriormente perfezionato come rapporto di quantità evanescenti a quello di «espressione simbolica, che

(per esempio Vinograd nel x97x ha ridotto a x5 il numero delle addizioni del­ indica quali operazioni dobbiamo eseguire con f(x) per ottenere il valore effet­

l'algoritmo base). Non trattiamo qui le ragioni [Borodin e Munro x975, p. 5] tivo di dy/dx, cioè f'(x)» [Marx x87o-8o, trad. it. p. 8o]. Nei Manoscritti mate­

per le quali in molti casi l'algoritmo di Strassen risulta poco produttivo sotto matici marxiani l'approccio di Lagrange, a un tempo operativo e algebrico, do­

il profilo dell'applicazione immediata: basti pensare che con una matrice di veva segnare l'inizio della fase rigorosa destinata a liquidare quei «presupposti

ordine n con z" (n ( z " + ' l ' espediente di completare con degli o può rivelarsi metafisici celati o palesi che a loro volta portano a conseguenze di ordine me­

sul piano pratico un vero impiccio per k abbastanza grande (secondo la tabel­ tafisico» [ibid,, p. xo7], anche se non tutti gli assunti del genere erano indivi­

la di p. 4zz). In un certo qual senso il metodo di Strassen è ancora notevolmente duati come tali, discussi e superati da Lagrange (del resto questi — osserva an­

astratto: il suo interesse, peraltro, si coglie proprio a questo livello, nella ac­ cora Marx — segue in modo diretto il teorema di Taylor nella sua teoria delle

quisizione notevolmente profonda che la moltiplicazione di matrici non è un funzioni derivate: altrettanto direttamente «Fichte segui Kant, Schelling segui

processo che richiede ns operazioni, contrariamente ad aspettative che paiono Fichte, Hegel segui Schelling, senza che né Fichte, né Schelling, né Hegel aves­

naturali a chi guarda esclusivamente all'algoritmo standard. Queste considera­ sero discusso la base generale di Kant, cioè l'idealismo; altrimenti non avreb­

zioni ci portano naturalmente ai problemi dell'algoritmo ottimale. Una gamma bero potuto continuare a svilupparlo» [ibid., p. x64].

di domande, ancora senza risposta: qual è il numero minimo di operazioni ele­ Non entriamo nel merito del giudizio di Marx come giudizio storico sul

mentari richiesto per la moltiplicazione di due matrici di ordine n? È ns, ns log n contributo lagrangiano ; ci limitiamo invece a riflettere sul tipo di dialettica che

o proprio n' s ? Come trovare un algoritmo del genere? E come dimostrare che è cosi si individua. La constatazione della razionalità insita nell'atteggiamento di

ottimale? chi non mette in discussione le basi di un paradigma per poterne invece svilup­

La ricchezza di problemi aperti è segno della vitalità di una disciplina mate­ pare le piu feconde direttive di ricerca fino ad esaurirle ci riporta all'antitesi

matica. Il punto di vista maggiorare/minorare che abbiamo qui ritrovato sotten­ arte/scienza nel contesto del calcolo, che implicitamente abbiamo già incontrato

de cosi notevoli approfondimenti di un ordine di idee che nelle sue componenti nei paragrafi precedenti.

essenziali risale alle pratiche computistiche della tradizione aritmetica e alge­ Naturalmente il calcolo differenziale — come abbiamo accennato nel ) 3­

brica che abbiamo delineato nel ) z. Il ben piu recente articolarsi del punto ha lasciato ormai alle spalle l'epoca pionieristica in cui la parola 'arte' pareva

di vista «metanumerico a (anche in contesti piu sofisticati dell'algebra lineare, piu adatta di 'scienza' per denotare un complesso di tecniche disparate, di

come quello degli elementi finiti nel $ 4.7) secondo modalità che non hannoespedienti ingegnosi ma non rigorosi, di metafisiche rivali, di crescita della

ancora assunto il carattere cumulativo e sistematico di altre regioni del sapere conoscenza su fondamenti contraddittori. I l tempo in cui il vescovo Berkeley

matematico ma hanno assunto il carattere di tentativi è un passaggio obbligato, poteva rinfacciare in The Analyst (x734) che era piu oscuro un solo calcolo

che riproduce in questo settore una dinamica che altri aspetti del calcolo hanno fatto dagli analisti newtoniani che non l ' intera teologia razionale ci appare

già conosciuto. Boole [x854] lo diceva a suo tempo delle versioni piu astratteestremamente remoto.

delle regole di calcolo guardando alla determinazione delle piu generali «leggi Ma per altri aspetti del calcolo (o dei calcoli, cfr. $ x) le cose non stanno cosi :

del pensiero»; possiamo parafrasarlo a proposito anche delle nostre analisi come abbiamo visto nei ( ) 4, 5 e 6, certe tematiche di fondo dell'analisi nume­della calcolabilità e della difficoltà di calcolo delle funzioni. «Come i regni del rica, dell'esplicazione del concetto di computabilità, della complessità compu­

giorno e della notte non sono nettamente delimitati, ma sono separati da una tazionale rispettivamente sono ricche di situazioni ben diverse da quella ideale

zona crepuscolare nella quale la luce dell'uno sfuma gradualmente nell'oscurità in cui un paradigma è in grado di individuare in modo univoco quali sono i pro­

dell'altro, cosi possiamo dire che ogni regione della conoscenza positiva è cir­ blemi e che tipo di soluzioni ci aspettiamo. Per quanto concerne la nozione di

condata da un territorio in cui hanno libero campo la disputa e la speculazione computabilità e la complessità computazionale riteniamo che bastino come esem­

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Calcolo 492 Calcolo493

plificazioni quanto abbiamo detto nel ( 5 sulla tesi di Church, sulla ricorsività eseguire tale esame, ovviamente con un piccolo giudizioso aiuto del programma­e sulla sottoricorsività e, rispettivamente, la stessa conclusione del $ 6. Ripren­ tore» [Lehmer r969, p. rr8 ]. Una rassegna di applicazioni alla teoria dei nu­diamo invece in considerazione l'analisi numerica. meri si trova in Atkin e Birch r97I. Altre branche della matematica hanno co­

«La contrapposizione arte/scienza [in questo contesto] è dovuta a una sorta nosciuto fenomeni analoghi: per esempio si dànno congetture di t ipo geome­di principio d'indeterminazione, in cui spesso ci imbattiamo nel risolvere i pro­ trico nate dalla evidenza numerica e inimmaginabili a priori, cioè senza calcoloblemi, il fatto cioè che determinare il modo migliore per risolvere un problema (è il caso della cosiddetta congettura di Birch e Swinnerton-Dyer [r965]).può richiedere la soluzione del problema stesso» [Ralston x965, p. r] . Non Accenniamo a uno dei piu celebri rompicapo della topologia combinatoria,meno intricata è la situazione in cui il modo migliore di risolvere un problema la congettura dei quattro colori, secondo cui quattro soli colori sono sufficientidipende dalla conoscenza delle proprietà delle funzioni che vengono utilizzate, per colorare una carta geografica nel piano (o sulla sfera) in modo che regionifunzioni che spesso risultano non-ottenibili sia dal punto di vista teorico che contigue abbiano colori diversi. Questa congettura (che già aveva messo allada quello pratico (un caso del genere abbiamo segnalato, per esempio, nel prova nell'Ottocento matematici come Moebius e Cayley) ha eluso i tentativi( 4.8 trattando del metodo degli elementi finit i [cfr. anche ibid., pp. r-z e diretti via via elaborati ed è stata risolta in senso affermativo solo nel r976 da trepassim]). E dunque: «Come scienza l'analisi numerica ha a che fare con quei matematici, Appel, Haken e Koch, che hanno utilizzato per un tempo conside­procedimenti mediante i quali i problemi matematici possono venir risolti dalle revole un potentissimo calcolatore elettronico.operazioni aritmetiche. Ciò potrà talora richiedere lo sviluppo di algoritmi per L'esempio dei quattro colori è per noi doppiamente interessante, In primorisolvere problemi formulati già in un modo in cui le soluzioni possono venir luogo ci permette di indicare un nuovo settore applicativo, ben diverso dall'areatrovate con mezzi aritmetici (per esempio sistemi di equazioni lineari: cfr. da cui abbiamo tratto la maggior parte degli esempi dei () 3 e 4 ( l 'area cioè(4.4 e anche ) 6) ; ma qualche volta capiterà di dover sostituire quantità che che una volta veniva etichettata come «meccanica razionale» o «meccanicanon possono venir calcolate in modo aritmetico (per esempio derivate e inte­ analitica» e cioè: meccanica del continuo, ottica, teoria dell'elasticità, ecc.):grali) con approssimazioni che ci permettono solo di t rovare una soluzione il settore di ricerca che grosso modo concentra la sua attenzione su collezioniapprossimata. In quest'ultimo caso dovremo necessariamente prendere in con­ di oggetti a carattere discreto, i quali agiscono in combinazione, un passo persiderazione gli errori che ne] corso dell'approssimazione abbiamo commesso. volta.Ma in entrambi i casi gli strumenti che impieghiamo nello sviluppo delle pro­ In secondo luogo rappresenta un tipico caso di un problema il cui enun­cedure dell'analisi numerica restano strumenti dell'analisi matematica esatta in ciato è ingannevolmente semplice, com'è del resto per molti altr i rompicaposenso classico. Come arte l'analisi numerica ha a che fare con la scelta di quella affrontati dall'analisi combinatoria. Può parere forse paradossale il fatto che,procedura che risulta ottimale nell'applicazione alla ricerca della soluzione di un dopo secoli di polemica sulla liceità dell'infinito matematico, siano le collezionidato problema. Ne consegue che chiunque impiega il calcolo numerico deve finite a rivelarsi gli oggetti di studio piu difficili. Nei successi e nelle speranzeavere esperienza e, possibilmente, anche intuizione» [ibid., p. z]. che offrono oggi i calcolatori in settori del genere possiamo ritrovare ancora

Tutto ciò comporta una revisione di quel che usualmente intendiamo per le antitesi astratto/concreto, procedimento meccanico /procedimento creativo,«scoperta matematica»: i l matematico, si chiedeva per esempio Hadamard ecc. che già ci hanno fornito dei riferimenti nel corso dei paragrafi precedenti.[r945; in particolare l'introduzione] «scopre» o «inventa»? È paragonabile a Con tutta la sua complessità come macchina, il calcolatore elettronico serve aCristoforo Colombo che trova un nuovo continente o a Benjamin Franklin semplificare problemi che altrimenti sembrano soverchiare l'intelletto umano.che escogita il parafulmine? I calcolatori ultraveloci non solo hanno profon­ Ha dunque lo stesso scopo della matematica tradizionale, ma delle modalità didamente mutato l'analisi numerica, aprendo nuovi problemi ma anche rista­ comportamento differenti. All ' invenzione ardita e geniale sostituisce una pro­bilendo paradigmi che potevano parere desueti (cfr. quanto abbiamo detto nel cedura di ricerca-scoperta, per cosi dire, a setaccio. «Si tratta di uno sforzo coor­) 4, in particolare di Fourier), ma hanno permesso di affrontare in un modo dinato uomo-macchina nel quale l'uomo fornisce la migliore informazione chenotevolmente diverso classici rompicapo che non rientrano immediatamente possiede sul tipo di dimostrazione che ha piu probabilità di successo e la mac­nelle questioni usualmente affrontate dai professionisti dell'analisi numerica. china tenta di eseguire tutte le tappe in modo esaustivo» [Lehmer r969, p. r r9].Non è difficile esemplificare. «Molti dei classici teoremi importanti nella teoria Tale aspetto non dev' essere tuttavia estremizzato: l 'approccio calcolisticodei numeri furono scoperti come sottoprodotto della preparazione e dell'esame ai problemi (per esempio combinatori, di teoria dei numeri, geometrici, ecc.)di tavole. Queste ultime erano costruite a mano. Le macchine moderne possono non è di per sé riduttivo del carattere astratto della ricerca matematica: nelprodurre tavole con velocità e precisione superiore di molti ordini di grandezza senso che abbiamo chiarito nei paragrafi precedenti, aritmetica e logica boo­a quanto è umanamente possibile. Non solo la pubblicazione di tali tavole è im­ leana costituiscono infatti i riflessi fondamentali dell'elaboratore ed è questo ilpossibile ma anche il loro esame è spesso di gran lunga superiore alle possibilità motivo per cui appare lecito asserire che l'elaboratore possiede una capacitàumane. Diviene quindi evidente che dovrebbe essere compito della macchina intrinseca di manipolare concetti astratti. Il fatto che in questo ordine di idee

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CalcoloCalcolo 494 495

Borodin, A., e Munro, I.si siano escogitati metodi con cui l'elaboratore può manipolare concetti molto z975 The Computational Complexity of Algebraic and Numrrrc Problems, American Elsevier,generali, scoprire la dimostrazione di congetture generali e addirittura indiriz­ New York.

zare le proprie esplorazioni concettuali in base a principi euristici di eleganza, Bourbaki, N.

efFicacia, ecc. e che tuttavia l'indagine motivata dall'esplicazione del concetto zg6o El éments d'histoire des mathématiqucs, Hermann, Paris ( trad. it . Fel tr inelli, M i lanoz963).intuitivo di calcolabilità metta in luce anche l'inadeguatezza di certi strumenti

Braithwaite, R. B.e di certe strategie per particolari problemi o per classi di problemi riproponez953 Scicntific Explanation, Cambridge University Press, London (trad. it. Feltr inelli, Mi­

a un nuovo livello le dicotomie scoprire/inventare, arte/scienza, ecc. da cui in lano zg66).

questo paragrafo abbiamo preso le mosse. Browder, F.Potremmo quindi terminare indicando in quest'ultima chiave di lettura una zg76 (a cura di) Mathematical Developments Arising from Hilbcrt Problezns, American Mathe­

matical Society, Providence R.I.(non certo Punica) possibilità. di ritrovare un'unità concettuale sottostante allesvariate accezioni di 'calcolo'. Ma siamo debitori di una confessione al lettore Carnap, R.

x 939 Foundations of Logic and Mathematics, Chicago University Presa, Chicago (trad. i t .che ci ha seguito fin qui : Joyce definiva il resoconto delle peregrinazioni dubli­ Paravia, Torino x967 ).nesi di Ulisse-Bloom «una cronaca omnicomprensiva, micraniosa e farragino­ zg42 Studzesin Semantics, I. Introduction to Semantics, Harvard University Presa, Cambridge

Mass.sissima». La nostra invece può aspirare solo alle ultime due qualifiche. Gli svi­luppi dei calcoli algebrici e logici, l'analisi reale e soprattutto quella complessa, Carnot, L,-N.-M.

x7g7 Réfiections sur la métaphysique du calcul infinitésimal, in fEuvres mathématiques, Decker,l'estensione del calcolo alle varietà, la teoria generale delle equazioni differenziali, Basle.

la teoria delle distribuzioni, ecc. ben altro spazio avrebbero meritato e l'elenco Cauchy, A.-L.di quel che non c'è potrebbe continuare ancora. Valgano, a parziale scusante, x82z Co u rs d'Analyse, Imprimerie royale, Paris.

quei riferimenti e accenni che nei vari paragrafi possono suggerire un aggancio x84o-47 Ex e rcices d'analyce et dc physique mathématique, 4 voli., Bachelier, Paris.

ad altre voci delPEncielopedia. Ciarlet, P. G.xg78 Nu m erical Analysis of thc Finite Element Method for Elliptic Boundary Value Problems,Si diceva nel ) i della difFicoltà di orientare il lettore nelle ramificazioni North-Hol land, Amsterdam,

che, in contesti sempre piu specialistici, ha l'idea di calcolo. La specializzazio­ Cobham, A.ne è il prezzo che si paga per il rigore: l'abbandono della foi du charbonnier ha z965 The Intrinsic Computational Difficulty of Functiozzs, in Y. Bar-Hil lel (a cura di), Logic,

spesso come compagno l'aumento della complessità. Cosi non abbiamo nem­ Methodology and Philosophy of Sciences, North-Hol land, Amsterdam, pp. 24-3o.

meno tentato di fornire al lettore una mappa del labirinto; abbiamo solo cer­ Comte, A.z83o-42 Co urs de philosophie positive, 6 vol i ., Rouen Frères (Bachelier), Paris ( trad. i t .cato di fargli intendere che si trova in un labirinto. [G. G. e G. G.]. parziale Radar, Padova zg67).

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don.

Il calcolo, sia quello con i numeri naturali (cfr. nuxnero) — zero incluso — sia quellocon le funzioni, sia il calcolo differenziale e infinitesimale, sia quello logico (cfr.logica) è al centro e della matematica «speculativa» (cfr. matematiche) e della scienzaapplicata. Infatti, nello studio dei modelli (cfr. modello) inerenti alla fisica (cfr. siste­ma, energia), alla biologia (cfr. vita, gene) o ai vari campi delle applicazioni tecniche,gli strumenti del calcolo esaminati nell 'articolo che precede svolgono — insieme a quellidi pt'obabilità e di combinatoria — un ruolo fondamentale anche nell'applicazione deiconcetti astratti di locale/globale, stabilità/instabilità, continuo/discreto, ricorsi­vità. La costruzione dei modelli r invia naturalmente anche al calcolo numerico e quindialla simulazione mediante opportuni strumenti (cfr. macchina, analogico/digitale,automa) dei fenomeni esaminati.

Page 103: Calcolo -  Enciclopedia Einaudi [1982]

9r9 Numero

Numero nel concetto di numero» [ibid.]. La morale della storia è chiara: «Quel cheGiamblico prendeva per una confusione, oggi noi lo teniamo per certo... La pa­lese assurdità potrebbe rivelarsi una funzione della sottostante classificazioneche vien data per scontata. La classificazione usuale dei numeri presso gli anti­

r. 'Uno' è un numero' chi Greci è chiaramente differente dalla nostra. Differenti risulteranno quindile violazioni dell'ordine e della coerenza, differenti, di conseguenza, saranno le

Questa domanda suonerebbe perlomeno strana a qualsiasi principiante di confusioni e le contraddizioni» [Bloor r976, p. 98]. La ragione della differenzamatematica che abbia una minima dimestichezza con la successione infinita dei va cercata specificamente nella concezione dell'unità come xpyq 'principio' onumeri «naturali» r, z, 3, ... Eppure nella matematica greca è abbastanza abi­ 'fonte' dei numeri.tuale imbattersi, dai pitagorici in poi, in affermazioni tipo «'Uno' non è un nu­ Ma l'infrazione è anche in grado di diventare nuova regola. Nella sua Arith­mero»; «'Uno' non è né pari né dispari», ecc. [cfr. Bourbaki r96o, trad. it. p. métique Simon Stevin, dopo aver detto che «l'aritmetica è la scienza dei nu­r 49]. meri» [rg85, p. rv] e che «numero è ciò mediante cui si esplica la quantità di

Affermazioni del genere sono oggi usualmente ritenute false, se non addirit­ ogni cosa», aggiunge subito che «l'unité est nombre», 'uno' è un numero. Con­tura prive di senso. Ma per i Greci la cosa era diversa: «socRATE.... Un uomo tro l'opinione di «vecchi e nuovi filosofi» [ibid., p. zr] dichiara di essere certotale [il matematico] potrà mai da sé a sé fare calcoli di numeri che abbia solo di tale tesi proprio «come se la Natura stessa me l'avesse detto di sua bocca».nella mente ; o farà altri calcoli di cose che sono fuori di lui, fra quante sono nu­ La contrapposta tesi circa l 'uno come semplice «cominciamento» è comple­merabili? TEETETo. E come no? socRATE. Ma fare un calcolo non è altro, dire­ tamente falsa: la parte — dice Stevin — è «della stessa materia» del tutto ; l'uni­mo, che computare quanto un numero viene a essere» [Platone, Teeteto, r98c]. tà è parte di una moltitudine di unità ma «la matière de multitude d'unitez estDunque qui il termine ùp<&p.áq «indica in ogni caso un numero definito di cose nombre», quindi «materia» dell'unità è il numero, ovvero l'unità è essa stessa undefinite... Quando Platone parla di numeri (Repubblica, gzgd) che hanno "corpi numero. Chi nega quest'ultimo passo si sentirebbe di negare che un pezzo di pa­visibili e tangibili", bisogna prenderlo pressoché alla lettera» [Klein r934-36, ne non sia ancora del pane? Stevin ha in questo modo fondato una nuova classi­ed. r968 pp. 46-47]. Il detto «Ogni numero è numero di qualcosa» pare inoltre ficazione «naturale» [cfr. le osservazioni di Bloor r976, pp. ro3-5].compendiare la stessa opinione di Aristotele, come chiarisce il commentatoreAlessandro : trarsi yùp ùp<&páq ~<váq scrw<[Commento alla Metafisica, 86, 3].

La contrapposizione fra il greco ùp<&p.oq e il 'numero' attuale non è adegua­ z. La ~ a e le metafisiche influenti.tamente descrivibile come una particolare versione della contrapposizione con­creto/astratto. Anche il numero «puro» cui si è oggi abituati (senza qualifica­ Leibniz soleva illustrare la distinzione fra verità necessarie e contingenti,zioni, cioè senza intendere «numero di qualcosa») può venir considerato tanto fra grandezze commensurabili e incommensurabili con «un esempio tratto dalla«concreto» quanto un dato numero di mele, bambini, pietruzze, ecc, Dopo tut­ geometria e dai numeri» [cfr. Grua r948, I, p. 303]. Pur avendo anche una cop­to, pressoché cent' anni fa, il logico Gottlob Frege era solito dire che «il numero pia di grandezze incommensurabili un determinato rapporto, l'esplicitazioneè una cosa... » Quel che caratterizza il «numero» dei Greci è, allora, «una doppia numerica di questo comporta, come le verità contingenti, una sorta di procedu­determinatezza; è, innanzitutto, e sempre, numero di oggetti determinati in un ra infinita, che solo Dio è capace di afferrare, in quanto penetra l'infinito condato modo ed è, in secondo luogo, un'indicazione del fatto che ci sono tanti di un'unica intuizione. E la metafora delle grandezze incommensurabili r icorrequegli oggetti... Nel far di conto [cfr. il passo di Platone di cui sopra], nell'actus ancor oggi nella considerazione di «paradigmi» incommensurabili [cfr. Kuhnexercitus (per usare la terminologia scolastica) è solo la molteplicità delle cose t976, p. r9r]. Del resto, si cita ~z in questa stessa Enciclopedia per piu aspetti :contate oggetto di attenzione. Può venir "contato" solo ciò che è davanti a noi come esemplificazione del passaggio da algoritmi finiti a procedure infinite (cfr.in un certo numero : né un oggetto percepibile dai sensi né una pura unità è un l 'articolo «Calcolo», voi. Il, p. 4rg ) ; come paradigma di modificazioni del pen­numero di cose o unità. L' "unità" come tale non è un ùp<&p.oq, un fatto che pa­ siero matematico ostacolate dai residui di precedenti ontologie (cfr. «Cono­re bizzarro solo se si presuppone la nozione della "successione dei numeri na­ scenza», voi. III, p. 787) ; come caso tipico dell'emergenza di nozioni implicite,turali" » [Klein r934-36, ed. r968 p. 49]. favorita dal succedo di tecniche di calcolo o di dimostrazione (cfr. «Deduzio­

Ci sono ovviamente eccezioni a questo punto di vista. Ma queste eccezioni ne/prova», voi. IV, p. 495) ; come slittamento sul piano del rigore (cfr. « Iden­sono infrazioni. L'episodio [riportato e commentato in Heath r9zr, I, p. 69 ] re­ tità /differenza», voi. VI, pp. r r3z-33) ; come spia di inadeguate modellizzazionilativo a Crisippo di Soli (trr secolo a, C.) che avrebbe parlato di una «moltitu­ (cfr. «Modello», voi. IX, ) z), ecc. Si tratta quindi di un caso storico estrema­dine uno», è significativo. Giamblico, secoli piu tardi, lo rimprovera di palese mente «pregnante» e per il pensiero matematico e per la stessa molteplicità con­assurdità; Heath ne valuta invece l'apporto come «tentativo di far entrare t flittuale delle filosofie. In cosa sta il suo « fascino»? A nostro avviso, sostanzial­

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mente nel fatto di essere legato, nella tradizione intellettuale occidentale, ad un' zione tra grandezza e numero opposta alla loro precedente tendenza a immagi­cambio di metafisica. nare linee, superfici, ecc. costituite di punti materiali... Ma [in una differente

Si riconsideri la tradizionale dimostrazione dell'irrazionalità di ~ z (com' è cosmologia] quel che fu una crisi sarebbe stata una semplice anomalia» [ibid.].r iportata, per esempio, in «Calcolo», voi. Il , p. 4rg ). «A rigore, essa mostra L'eco delle «metafisiche influenti» di Eudosso e di Platone, di Aristotele e disolo che ~z non è numero razionale; ma per noi non c'è evidentemente altro si­ Euclide, ecc. perverrà fino alle teorie dei numeri reali di Weierstrass, Cantor,gnificato: se ~z non è un numero razionale è certo un numero irrazionale. Ma Dedekind, ecc. [per cui si veda, ad esempio, Kline r97z, pp. 98z-87] : in talenon era questo che provava per i Greci. Per essi provava invece che ~z non contesto la dimostrazione classica potrà venire agevolmente e «rigorosamente»era a6atto un numero... Cosa davvero dimostra, allora, una tale dimostrazione? reinterpretata come la dimostrazione che ~z è un numero irrazionale.Che ~z è irrazionale o che non è un numero? La risposta dipende dalle assun­zioni di sfondo circa il numero con le quali si considera lo stesso processo calco­listico» [Bloor r976, p. ro9]. L'idea di numero come aggregato di piccoli punti 3. Estensioni del dominio numerico.(come era sia nel pitagorismo sia nell'atomismo antico ) è la «metafisica influen­te» (per questa terminologia, cfr. l'articolo «Metafisica», in questo stesso volu­ I due riorientamenti di cui si è detto, concernenti rispettivamente r e ~z ,me, p. x67), che permette di escludere ~z dai «numeri» (oùx sv izpi&poi c ;cfr. rientrano a loro volta in un piu articolato processo incentrato sulla nozione di«Calcolo», voi. Il, p. 4rg ), metafisica digerente dalla attuale che tranquillamen­ numero, che vede progressivamente l'estendersi del dominio numerico dai nu­te contempla la possibilità di assegnare a ogni punto della retta geometrica un meri naturali — fatte salve le obiezioni a considerare r un «numero» (cfr. ) r)­«numero» (cfr. ibid., p. 390). alle frazioni e agli interi relativi, per pervenire ai «numeri» reali e complessi.

Questa dilferenza non deve mettere in ombra il fatto che le due metafisiche Questa dinamica complementare al rigore «geometrico» tipico della tradizione— la greca e quella definitivamente impostasi con l'analisi ottocentesca del con­ greca è stata una sorta di «pragmatismo matematico» [Bourbaki r96o, trad. it.tinuo — hanno pure elementi in comune. In entrambe, per esempio, i «nume­ p. r48] che sembra aver le sue radici nella straordinaria abilità calcolistica deiri» per eccellenza, cioè i numeri naturali (o interi positivi ), a parte il caso del­ popoli del Vicino Oriente antico e poi di Indiani e Arabi: nell'articolo «Cal­l'unità (cfr. ) x), vengono ripartiti in «pari» e «dispari »; Bloor al proposito de­ colo» di questa stessa Enciclopedia il lettore troverà delineati i tratti di questalinea allora il seguente esperimento mentale: «Immaginiamo una cultura in cui « tensione essenziale» fra « tradizione e innovazione» (per dirla con Kuhn [r 977])si siano apprese molte cose interessanti sui numeri, ma senza mai dare troppa che ha visto infine tramutare regole empiriche di calcolo in proprietà formali.importanza alle categorie di "pari" e "dispari" ; in cui magari si sono anche uti­ Sarà qui presupposto quanto detto in quella sede, in particolare circa i sistemilizzate proprietà del genere, ma senza isolarle o dar loro troppo peso. I mate­ Z e Q degli interi relativi e dei razionali (con segno), che si affiancano al sistemamatici di quella cultura non si sarebbero mai sognati di compilare una tavola N dei naturali (potenziato dall'aggiunzione dello zero) e relativo apparato alge­delle opposizioni; al contrario dei pitagorici, si sarebbero limitati ad affiancare brico (cfr. «Calcolo», ) z), e circa la presentazione assiomatica dei numeri realiil pari e il dispari ad altre dicotomie cosmiche. Forse, al contrario che ai pitago­ R e dei numeri complessi C come spazio normato su R (cfr. ibid., ) 3).rici, giorno e notte, buono e cattivo, bianco e nero, ecc. non sarebbero parsi loro Locuzioni come quelle che si leggono nello straordinario latino di Newtondegli opposti cosi irriducibili e ovvii. Dopo tutto, la notte sfuma nel giorno, il o di Leibniz testimoniano delle difficoltà di questo processo in cui il concetto dibuono nel cattivo e il nero nel bianco... Una simile cosmologia sarebbe stata an­ numeri è stato sottoposto a una sorta di «tensione» [per la tensione dei concetticora intellegibile, e avrebbe potuto anzi essere notevolmente sofisticata. Il cal­ in matematica, si veda, in generale, Lakatos x96r-74] che ha permesso di ritro­colo [su cui si regge la dimostrazione dell'irrazionalità di ~z ], interpretato come vare nei vari sistemi numerici via via prodotti una sorta, direbbe Wittgenstein,una dimostrazione che i numeri possono essere pari e dispari, non avrebbe creato di «aria di famiglia»; ma al prezzo di violare «leggi dell'aritmetica» che in pre­problemi, anzi avrebbe ulteriormente confermato l'idea che rigidi confini non cedenza si riteneva esprimessero proprietà «essenziali» del «numero». Cosisono realistici» [r976, p. xxo]. Forse Borges ha, in qualche sua favola, delineato Newton nella sua Arithmetica universalis: «Per numerum non tam mult i tudi­i contorni di una civiltà dotata di una simile cultura matematica... Ma per i pi­ nem unitatum, quam abstractam quantitatis cuiusvis ad aliam eiusdem generistagorici, e per i Greci in genere, l'unico ente matematico parimpari era l'unità, quantitatem, quae pro unitate habetur, rationem intelligimus. Estque triplex:che non è propriamente un «numero» (cfr. ) r) ; dunque la scoperta dell'irra­ Integer, Fractus et Surdus, Integer quem unitas metitur, Fractus quem uni­zionalità di ~z, cioè dell'incommensurabilità della diagonale e del lato del qua­ tatis pars submultiplex metitur, et Surdus cui unitas est incommensurabilis»drato, cui presto dovevano affiancarsi altri problemi — come la duplicazione del («Per numero intendiamo non tanto una raccolta di piu unità, quanto il rap­cubo e la trisezione dell'angolo — tutti implicanti l'esistenza di irrazionali (per porto astratto di una quantità qualunque rispetto ad un'altra quantità dello stes­non dire di quello del rapporto fra la circonferenza e il diametro di un cerchio! ), so genere, che si considera come unità. Ed è di tre specie : intero, fratto e sordo.costituisce una genuina «crisi » proprio perché «suggerisce ai Greci una separa­ L'intero è misurato dall'unità, il fratto da un sottomultiplo dell'unità, sordo è

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incommensurabile con l'unità») [ t7o7, I, tt, capov. III ]. Surdus, ovviamente da viene detta comunemente, anche se con una certa improprietà, teoria dei nu­absurdus. E Leibniz, a proposito dell'unità immaginaria, parla di «analyseos mi­ meri : «Irrazionalità e trascendenza di certi numeri» (problema vtt ), «problemiraculum, idealis mundi monstrum, pene inter ens et non ens amphibium» («pro­ concernenti i numeri primi » (problema vttt ), «dimostrazione della legge di re­digio dell'analisi, mostro del mondo ideale, quasi anfibio tra ente e non ente») ciprocità piu generale in un corpo qualsiasi di numeri» (problema tx), «possi­[ t7oz]. Ed è proprio questo dispiegarsi del calcolo come una manipolazione di bilità di soluzione di una equazione di Diofanto» (problema x), « forme quadra­simboli secondo regole che hanno tramutato le «assurdità» e le «patologie», che tiche a coefficienti algebrici qualsiasi» (problema xt ), «estensione del teoremaemergono via via nella pratica del calcolo, in strumenti intellettuali atti a rimo­ di Kronecker sui corpi abeliani a un dominio di razionalità algebrico qualsiasi»dellare i confini di quella stessa pratica. «Mostri», si, ma «mostri promettenti» (problema xt t).(hopeful monsters) [per questa terminologia, cfr. Lakatos r96r-74, trad. it. pp. Non è scopo del presente articolo delineare, seppure schematicamente, la6t sgg.], che tale pratica sono destinati a rinnovare. mappa delle regioni della matematica che le ricerche relative a ta! i problemi han­

no delineato facendo emergere connessioni impreviste [il lettore è rimandato airelativi articoli in Browder r976], dato che non è la teoria dei numeri l'argo­

Numeri primi e aritmetica moltiplicativa. mento specifico dell'articolo stesso, bensi quella «famiglia di concetti» che hapreso vita (per rimanere nella tradizione dell'Occidente e per non risalire piu

4.t. Problemi aritmetici. oltre!) da uno «strano» antenato, P@p<&!so' greco, talora articolando il paradigmaoriginario, talora, invece, movendo controcorrente. In questo paragrafo si esem­

«Chi cerca dei metodi senza aver in testa un problema cerca, per la maggior plificherà — con una scelta inevitabilmente soggettiva — con uno dei problemiparte del tempo, invano». È in quest'ottica che, al II Congresso internazionale aritmetici di Hilbert [ t9oo] per dare almeno un'idea di questa crescita dei proble­dei matematici tenuto a Parigi nel r9oo, Hilbert ha proposto i suoi celebri ven­ mi e attraverso i problemi. La scoperta dei «ponti » è, tra l'altro, il problema dellatitré problemi la cui soluzione necessita nuovi metodi destinati a rivelarsi «im­ stessa Enciclopedia : l'immersione nello specifico dei singoli articoli come premes­portanti » nelle matematiche [Hilbert r 9oo, ed. 1976 p. 6]. Ma per utilizzare una sa per la scoperta di interconnessioni nel piano globale dell'Enciclopedia stessa.distinzione su cui si articola la stessa Enciclopedia, se i metodi sono importanti,i problemi, a loro volta, sono portanti. Costituiscono infatti la nervatura della 4.2. La distribuzione dei primi.ricerca: per dirla ancora con Hilbert, sia che si tratti — come nel caso del pro­blema relativo alla congettura di Fermat — di «libera invenzione della ragione «Da tempo immemorabile gli indiani sono eccellenti matematici e hanno inpura», sia che vengano motivati dalla «necessità di comprendere i piu sempli­ questo campo delle capacità del tutto peculiari. Ho sentito a proposito di un loroci fenomeni naturali» [ibid., p. z], essi costituiscono un «ponte» fra discipline scienziato il seguente aneddoto : un amico europeo gli chiese una volta per scher­i cui specialisti, altrimenti, «faticherebbero a intendersi» [ibid., p. 34]: «sen­ zo se 1729, il numero di matricola del taxi di cui egli si era appena servito, fossetieri che guidano in un labirinto di verità nascoste» [ibid,, p. z]. Ma garanti co­ un numero nefasto; con tutta naturalezza egli replicò: "Niente affatto, al con­si dell'unità «profonda» delle matematiche, i problemi debbono entrare, per trario I729 è un numero molto interessante. È il pr imo numero che può essereciò stesso, nello specifico della ricerca. Pur riconoscendo, e trattando ampiamen­ espresso in due maniere differenti come somma di due cubi, dal momento chete [cfr. ibid., problemi t-vt], «il fascino dei fondamenti», Hilbert è infatti con­ Io + 9 e rz + sa fanno entrambi r7z9" » [Péter t957, trad. it. p. 68]. Insomma,vinto che «per penetrare nel regno della scienza è indispensabile occuparsi an­ per gli Indiani, almeno per lo scienziato dell'aneddoto, i numeri anche di quattroche di problemi particolari » [ibid., p. t5], come già Weierstrass aveva a suo tem­ cifre sono una sorta di «amici personali»: al contrario, nella nostra scuola, si at­po ammonito. Ovvero «solo l'architetto che conosce a fondo, in tutti i dettagli, tribuisce un simile «carattere individuale» [ibid.] solo a numeri molto piccoli.le diverse funzioni dell'edificio, sarà in grado di porne in piena sicurezza le fon­ Si «colora», per cosi dire, la successione dei numeri fino a ro o poco piu oltre;damenta» [ibid.]. gli Indiani, invece, non arretrano di fronte a grandi numeri di quattro cifre (o

Dunque non basta una qualche fondazione (assiomatica: cfr. gli assiomi di qualche cifra in piu ) Ma ciò è ancora niente davanti alla successione infinita de­Peano riportati nel già citato articolo «Calcolo», voi. I l , p . 4o8; o logicista: gli stessi naturali I, 2, 3, ..., r729, ... Solo un demone come quello di Laplacecfr. la reinterpretazione di tali assiomi, riportata ibid., ma soprattutto l'articolo o l'eroe di qualche racconto di Borges può «colorare» l'intera successione dei«Logica» in questa Enciclopedia, voi. VIII, in particolare pp. 5I9-zo) per poter numeri... A noi, come alle nostre macchine, anche le piu raffinate, non resta, daasserire di conoscerei numeri : occorre, per Hilbert come per Bourbaki, cimentarsi un certo punto in poi, che smettere di contare e chiudere con l'indeterminatocon quelle «sfide all'umano ingegno» che i problemi «particolari» rappresen­ «molti » la successione dei numeri.tano [cfr. per tutti Dieudonné t977, p. xtt ]. Per questo in Hilbert [t9oo] emer­ Ma il disporre di una successione infinita come «oggetto» matematico per­gono come stimoli di progresso matematico non pochi problemi di quella che mette, in un senso un po' sofisticato, di superare questa ovvia impasse psicolo­

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gica. Ciò comporta nuovi problemi, e mette in evidenza la natura «meraviglio­ Per s= r il primo membro della (r) è finito, mentre il secondo membro è unasa» (nel senso che attribuivano i Greci alla parola) dei numeri. Molti celebri pro­ serie divergente: dunque, una contraddizione.blemi di aritmetica sono nati da elementari considerazioni sulle quattro opera­ Nella dimostrazione di cui sopra i punti essenziali sono da una parte il legamezioni in N. Per esempio, in N è immediato constatare che ogni numero è divisi­ che emerge fra il « teorema fondamentale dell'aritmetica» e l'infinità dei numeribile per se stesso e per l'unità (uno è ancora una volta «eccezionale» : per l'unità primi, e dall'altra l'impiegodi un teorema tipicamente analitico, cioè la divergen­questi due divisori banali coincidono! ) Ma ci sono numeri, come 4, 6, 8, ecc., za della serie armonica che figura al secondo membro della (z) nella dimostra­che ammettono come divisori anche numeri diversi da se stessi e dall'unità; al­ zione di un teorema aritmetico. (Eulero, tra l'altro, si spinge oltre la semplicetri numeri come 2, 3, 5, ecc. non godono invece di questa proprietà. Sono i co­ dimostrazione dell'infinità dei numeri primi, in quanto dimostra pure che lasiddetti numeri «primi ». Essi, in un qualche modo, consentono di «strutturare» «somma» Z (r /p) presa su tutti i primi è divergente).la successione dei naturali, un po' come i mattoni forniscono la struttura di un È sintomatico che, piu tardi, lo stesso Eulero, commentando la ridda di ipo­edificio. tesi circa la distribuzione dei primi entro la successione dei naturali abbia scrit­

to: « I matematici hanno tentato fino ad ora, vanamente, di scoprire qualche or­Da Euclide a Eulero. La p r ima rappresentazione sistematica dei naturali e dine nella progressione dei numeri primi e pare lecito credere che si tratti di un

delle loro proprietà di divisibilità si trova negli Elementi. Qui Euclide presenta mistero che lo spirito umano non saprà mai penetrare. Per convincersene è suf­un algoritmo per trovare il massimo comun divisore di due numeri naturali (un ficiente gettare uno sguardo sulla tavola dei primi che certuni si son dati la penaalgoritmo per molti versi diventato paradigmatico ; si veda, in questa stessa En­ di continuare oltre centomila e ci si accorgerà subito che non vi regna alcuno or­ciclopedia, l'articolo «Algoritmo», voi. I, in particolare le pp. z8o-3or ) ; dimostra dine o regola» [t75r, ed. 19II-57 II , p. 24I] .inoltre che se p è un numero primo che divide il prodotto ab, allora esso dividea o b. Euclide prova addirittura che esiste un'infinità di numeri primi (cfr. l'ar­ Legendre, Gauss e il «teorema» dei numeri primi. Eu l e ro pone cosi i propriticolo «Divisibilità», voi. V, p. r7 ). Ma «può sembrare strano che, spintosi cosi risultati come una sorta di colonne d'Ercole: non oltre! Ma nell'evoluzione dellelontano, Euclide non dimostri il " teorema fondamentale dell'aritmetica", cioè matematiche non è nuovo il caso di chi riesce ad attraversare tali colonne, sol­che ogni numero naturale può scriversi come prodotto di numeri primi e che cando quindi con successo «l'immenso oceano» (il termine è di Cavalieri, a pro­questa rappresentazione è unica a meno dell'ordine dei fattori. La ragione di posito degli indivisibili : ma è metafora ricorrente nella storia del pensiero mate­questa omissione è semplice: Euclide non disponeva di alcun calcolo formale matico) che gli si apre davanti. Come nella modellizzazione di molti processiper la moltiplicazione e per l'elevazione a potenza. Era semplicemente impossi­ reali un'operazione di media (una sorta di «socchiudere gli occhi») permette dibile per lui enunciare il teorema e a fortiori dimostrarlo» [Ellison I978, pp. trascurare i dettagli troppo fini di una morfologia per conservarne un'apparenzaz69-7o]. La prima dimostrazione pubblicata di questa verità già risaputa nella media che reintroduce la regolarità [cfr. Thom I97I, p. 3 ], cosi, fin dal r785,tradizione matematica si trova nelle Discluisitiones Arithmeticae di Gauss [r8or]. per esempio, Legendre tralascia la spiegazione della struttura «profonda» dei nu­

C'è come una sorta di lacuna: dopo Euclide occorre attendere fino a Eulero meri primi per chiedersi invece se ci sia una certa regolarità nel comportamen­che nel r737 dà una nuova dimostrazione dell'infinità dei numeri primi. La di­ to medio dei primi Posta cosi la questione, la risposta di Legendre consiste nelmostrazione euleriana lega strettamente l'«aritmetica» intesa come studio delle dire che rr (x), cioè il numero dei primi minori di x, è «approssimativamente»quantità discrete all'«analisi», studio di quantità continue. Si procede per as­ uguale ad Ax/(B logx+ C), ove A, B, C sono certe costanti numeriche. Sisurdo. Sia pn p~, ..., p>- un elenco completo di tutti i numeri primi. Per s) r, tratta di una sorta di congettura pressoché empirica, in quanto estrapolata daEulero considera il prodotto tavole di numeri primi minori di 4o ooo. Successivamente, grazie a ulteriori

«osservazioni» numeriche, Legendre migliora la sua formula nella

x(3) ~( )-I

Ogni prodotto di numeri primi appare esattamente una volta nel secondo mem­ Un approccio per molti versi simile è quello di Gauss. Questi muove dal­bro di (r) e in forza del « teorema fondamentale dell'aritmetica» (che Eulero co­ l'idea di contare i primi per «blocchi » di un migliaio di naturali consecutivi. Unanosce ma non dimostra in modo esplicito ) ogni frazione r /n', s) r appare esat­ buona approssimazione della densità media dei primi nell'intorno di un numerotamente una volta nello sviluppo in parentesi al secondo membro di (r), sicché abbastanza «grande» x è r /logx. Dunque come approssimazione di n (x) GaussEulero ha fornisce

P du(4) ~(x) ­JJ logu

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ove l'integrale al secondo membro è il cosiddetto «logaritmo integrale», notatoove s è una variabile reale, Ma se è ormai chiaramente emerso che vi è una strettausualmente li (x) (cfr. anche «Divisibilità», voi. V, in particolare p. 18). Ora, ap­ relazione tra la funzione g (s) e i numeri primi, lo slittamento fondamentale del

parentemente i due risultati (3) e (4), rispettivamente di Legendre e di Gauss, problema avviene con Riemann [1859], «probabilmente l'articolo piu importantesono differenti, ma, grazie a un'integrazione per partipubblicato sui numeri primi» [Ellison 1978, p. 27g]: la chiave della compren­

du x 2(

* d u x ( x sione profonda di tale relazione si rivela qui la considerazione della funzione f (s), logu l og x lo g z J (lo gu ) logx l log x come una funzione della variabile complessa s. (È lo stesso Riemann che mostra

come j (s) possa venir prolungata analiticamente nel piano complesso).risultano asintoticamente equivalenti (per la notazione di Landau O (g(x)) cfr. È sostanzialmente certo che Riemann mirasse a dimostrare il teorema dei nu­«Calcolo», voi. Il , p. 422). È una notevole applicazione dell'ottica maggiorare/ meri primi: ora, anche se egli non raggiunge lo scopo, offre un certo numero diminorare/approssimare che si viene articolando nel calcolo (cfr. ancoraibid., in congetture destinate a fornire la nervatura della ricerca successiva. (Tali conget­particolare pp. 421-23). ture sono riportate qui seguendo le notazioni ormai usuali ; in particolare, per ogni

«Non sappiamo veramente come Legendre e Gauss abbiano interpretato le numero complesso s = a+ib, si scriverà Re(s), Im(s) per a e b rispettivamente) :loro approssimazioni di w (x) a partire dalle loro tavole numeriche. L'uno e l'altrohanno calcolato la differenza tra 1r(x) e la loro formula, ma solo perché pensavano a) j(s) ha un'infinità di zeri complessi (cioè di numeri complessi s tali cheche tale difFerenza fosse limitata. Tuttavia Gauss ha congetturato che si avesse j(s) = o), simmetrici rispetto alle rette Re(s)= I /2 e Im(s) = o.sempre'(x) < l i (x) (ma questa congettura è falsa...) In ultima analisi, si può con­ b) La funzione F(s)= ( I /2)s(s ­1)n ~ / ~sl (s/2)g(s), ove I' è la cosiddettacludere che entrambi abbiano pensato che le loro formule fossero asintoticamente funzione gamma di Eulero, si può scrivere nella formaequivalenti a sr(x)» [Ellison I978, p. 272], cioè s

1r(x) 1r(x) ( (S) eA+BsP I es/ p

lim (logx — I,o8633)= I lim ­. = I Ps~ x li (x)

ove A, B sono costanti e il prodotto è preso per p che percorre tutti glida cui segue la piu semplice asserzione zeri complessi di ((s).

log x c) Se N(T) designa il numero degli zeri di ( (s) nel rettangolo O< Re (s) < I,(g) lim Ic(x) ­ = I

X-+oo x ~lm(s)~ < T, alloraT T i T

divenuta quindi celebre come «teorema dei numeri primi». N(T) = ­ log ­ ) ­— + O(log T).2 1t 2 1r 2 TC

La svolta riemanniana. Il « teorema dei numeri primi» è, fino a questo pun­ d) Tutti gli zeri complessi di j (s) si trovano su Re(s)= I /2.to, una semplice congettura, una sorta di asserto, si potrebbe dire con una ter­ e) Per x>I s i può definire una funzione II (x) ponendo II(x) = Pminologia già introdotta in questa Enciclopedia (si veda per esempio l'articolo ploo(s m

«Matematiche»), «quasi empirico». Come si trasformi in un teorema nel senso Questa funzione è legata alla funzione n (x) in quantousuale del termine, è istruttivo per piu versi. Nel 1848 Cebysev mostra che seil limite del primo membro della (g) esiste, allora il suo valore è I. Due anni II(x) = ~ (x)+-*n(x / )+-*~(x / )+ ... = n(x)+ O(~x).dopo ottiene 2 3

log x log x Riemann congettura allora che, per x non intero, si abbia la formula esplicita(6) o,92129<lim infIr (x) < I < lim super�(x) < I, Iogg48

SM X s~( x dulog 2successivamente perfezionato da Sylvester. Ma ben presto ci si rende conto che (8) H(x) = li(x) ­P li(x»)+JJ, (u' — I) ulogu

i ragionamenti combinatori ut i l izzati non riescono ancora a dimostrare l'esi­stenza del limite. ove la somma va estesa a tutti gli zeri complessi di ((s). E proprio la (8) che

Ma il punto che qui vale la pena enfatizzare è che Cebysev, come già Eulero esplicita la relazione tra gli zeri di j (s) e il valore di 1r(x).(cfr. la (2)), prende in considerazione la relazione: a) e b) sono state dimostrate per la prima volta da Hadamard nel 1893 e

oo I oo I 1 hanno a loro volta svolto un ruolo importante nelle prime dimostrazioni del( 7) <(s )=g —,= P I teorema dei numeri primi. L'asserzione c ) è stata dimostrata da Mangoldt nel

— ln '=1 p' 189) con un lieve errore, poi corretto nel 19og. Sempre a Mangoldt si deve la

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Numero 9z8 Numero9z9

dimostrazione della formula esplicita e). Sulla asserzione d) si tornerà in seguito ove s()(q) denota il numero delle classi residue modulo q. Applicando la (xx) si(PP. 931-33). ottiene

oOx p — sasL'approccio di Dirichlet. Esso precede, cronologicamente, la svolta segnata (») ZX(a)logL(s,x) = ~ P '+Z

V(q) X p =-a m = 1 pm=-a mda Riemann [x859j, e rappresenta un'articolazione del punto di vista di Eulero (mod «) (mod «)(cfr. in particolare la (z)) inaugurando — dopo il carattere relativamente casualedei lavori di un Jacobi e dello stesso Eulero — una fase sistematica di applicazione In (xz) si mostra facilmente che la doppia somma al secondo membro è conver­delle funzioni analitiche nella teoria dei numeri [cfr. per tale valutazione Kline gente per s) x. Il «teorema» di Legendre sarà allora dimostrato una volta che si

197z, p. 8z9]. sia provato che Zy (a) logL(s,y) tende all'infinito per s tendente a x. Ora, laNel 1785 Legendre aveva congetturato che se a e q sono primi tra loro, la X

progressione aritmetica nq+a, n = x, z, ... contiene una infinità di primi. È una funzione L (s,y) ove yp è il cosiddetto carattere principale (cioè il carattere ytale che y (n)= x se n e q sono primi tra loro ) è un multiplo della funzione ( (s)generalizzazione dell'ordine di idee espresso dal teorema di Euclide, ma di cuidi cui a P. 927 e tende all'infinito Per s tendente a x. Cosi lim yp (a) log L(s, yp) =

manca, fino a Dirichlet, una dimostrazione generale. Il punto di partenza del­ s-+1= + co.l'approccio di Dirichlet è ancora Eulero, in particolare la sua dimostrazione dellaResta infine da dimostrare che, Per ygXp ogni termine logL(s,yp) della

divergenza della serie Zp (cfr. p. 925). Lo scopo di Dirichlet è di stabilire che,(xz) è limitato per s tendente a x. Dirichlet riesce a mostrare che, se y +X„per a e q primi tra loro, la serie resta divergente limitandosi ai numeri primiL(s,y) converge per s)o e rappresenta una funzione continua (è un'applica­tali che p=— a (modq) (per la nozione di congruenza, cfr. l'articolo «Calcolo»zione del celebre «criterio di Dirichlet» per le serie infinite ). Di conseguenza il

in questa stessa Enciclopedia, voi. Il, p. 394).La novità sta innanzitutto nell'util izzazione dei cosiddetti caratteri modulo

fatto che logL (s,y) sia limitato per s tendente a x equivale a L(x, y) po: la ve­rifica di quest'ultimo passo è la pietra terminale della dimostrazione (tale veri­

q (per q intero positivo qualsiasi, y (n) è una funzione aritmetica a valori comples­ fica è ottenuta da Dirichlet nel corso della dimostrazione, via le funzioni L (s, y),si, periodica di periodo q, nulla sugli n che non sono primi con q e soddisfacenti di una celebre formula che dà il numero delle classi di forme quadratiche bi­le relazioni y (x) = x, y (mn)= X(m)y(n)) per generalizzare l'identità di Euleronella narie di dato discriminante; cfr. p. 939).

(9) L(s,X) = py ( n )n ' =g (x — X(p)p — ')­ 1 Il teorema dei numeri primi. Dimostrazioni analitiche e dimostrazioni «elemen­n =1 p tari». Co me nel caso del teorema di Eulero(p. 9z5), si ha nel procedimento

di Dirichlet un teorema di aritmetica come conseguenza di un risultato analitico.ove s) x : Dirichlet resta però al di qua, per cosi dire, della svolta riemannianaLo stesso può dirsi per l'ordine di idee che porta a stabilire la congettura rie­(cfr. p. 9z7), in quanto la generalizzazione dell'identità di Eulero (z) non con­

cerne valori complessi, ma solo reali della variabile s, manniana e) di p. 927. E, in un certo senso, i due approcci — quello di DirichletDalla (9) Dirichlet ottiene, passando ai logaritmi: e quello di Riemann —, che si biforcano da un medesimo archetipo (la formula

(z) di Eulero), trovano una prima ricomposizione nelle ricerche che si incentra­

( ) I L ( ) y l g X ( P ) y y X ( P ) no intorno alla dimostrazione del teorema dei numeri primi, dovuta nel 1896,

u i P' / u p .= xmP"" indipendentemente, a Hadamard e a La Vallée-Poussin. Tre anni dopo La Val­lée-Poussin pubblica uno studio dettagliato dell'approssimazione di xr (x) me­

Per isolare, al secondo membro della (xo), la somma Zps per p­= a (mod q) Di­ diante le due funzioni li (x) e x/logx, in cui mostra che li(x) è la miglior ap­richlet moltiplica la (xo) per y(a) (ove y(a) designa il complesso coniugato di prossimazione e che, di fatto,X(a)) e somma su tutti i caratteri, sicché:

(13) rr(x) — li(x) = O(x exp( — cVlogx))

)I( ) g y g X ( )X(p™) ove c è una costante positiva che La Valleé-Poussin riesce a determinare espli­X X u m =X mP""

citamente.A questo punto emerge l'importanza dei caratteri di Di r ichlet, in quanto Una volta dimostrato il teorema dei numeri primi, è relativamente facile

essi sono costruiti in modo da verificare le relazioni stabilirne l'analogo per i primi in una progressione aritmetica (cfr. p. 928). Ilfatto che la teoria delle funzioni di variabile complessa sviluppata per la funzionezeta di Riemann si applichi anche alle funzioni L di Dir ichlet, permette di tra­

V(q) x [o altrimenti durre, per cosi dire, le asserzioni riemanniane relative a ( (s) in asserzioni analo­

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Numero 93o 93' Numero

ghe per L (s,y) e le dimostrazioni sono degli adattamenti molto naturali delle stra conoscenza della distribuzione dei numeri primi e le correzioni che appor­dimostrazioni di cui si dispone per j (s). tano non sono abbastanza buone quanto quelle ottenute per via analitica» [El­

Non c'è quindi da stupirsi che nello stesso r896 Hadamard e La Vallée­ lison r978, p. z8o].Poussin abbiano dimostrato per n (x,q,a), cioè per la funzione che dà il nu­ 3) Il folclore matematico riporta la leggenda secondo cui a coloro che aves­mero dei primi minori di x nella progressione (nq+a) di p. 928, la formula sero dimostrato il teorema dei numeri primi sarebbe toccato in premio l ' im­asintotica mortalità (Hadamard e La Uallée-Poussin raggiunsero, peraltro, entrambi quasi

logx r il secolo). Al fascino della sfida intellettuale si è, evidentemente, sovrapposto(r4) lim r r (x, q, a) ­ =

v(q) anche il significato profondo che comporta questa immersione della successionedei numeri naturali nel continuo dei reali. « Il fatto che vi sia un teorema dei nu­

a suo tempo congetturata da Legendre e che, nel r899, La Vallée-Poussin abbia meri primi significa che, benché i numeri primi siano distribuiti in modo irre­esteso a sr(x,q, a) la stima (r3). golare lungo le sezioni della successione dei numeri che possono venir prese in

Occorrono qui tre ulteriori considerazioni : esame, sono nondimeno soggetti a un qualche tipo di ordine se sono conside­r) Il Novecento vede un miglioramento della stima di sr (x) — li(x). Nel r9zr rati nella loro infinita totalità. Mi viene in mente un paragone che ho letto da

Littlewood, sviluppando un'idea di Weyl, ottiene con un brillante metodo delle qualche parte a proposito del problema del libero arbitrio: se osserviamo da vi­correzioni non banali nella (r3) : ed è tale metodo, in seguito semplificato da cino uno sciame di api, ci sembrerà che volino di qua e di là in tutte le dire­Landau, che è stato ampiamente sviluppato dal sovietico Vinogradov. Il miglior zioni; tuttavia l' intero sciame si muove in una certa direzione verso una metarisultato conosciuto è quello di Vinogradov e Korobev (r958) : precisa» [Péter 1957, trad. it. p. 77].

(r5) rr(x) — li(x) = O x exp(log log x)'~s) jc(logx)s~s hf

4.3. Un problema aperto : l'ipotesidi Riemann.

Si resta però ben lontani dalle stime ottenute supponendo vera la congettura d ) « I lavori di teoria analitica dei numeri in genere si limitano a presentare queldi Riemann. Ma su questo punto si tornerà fra poco. che l'autore è in grado di dimostrare, mentre di rado vengono menzionati obiet­

z) II teorema dei numeri primi, i risultati ausiliari come la (r3) e le ulteriori tivi piu ambiziosi. In questa occasione facciamo il contrario elencando le princi­correzioni sono ottenute con tecniche di teoria delle funzioni di variabile com­ pali congetture e problemi che motivano grandissima parte della teoria analiticaplessa estremamente complicate. Ben presto è emersa una tendenza alla sempli­ dei numeri. Abbiamo bisogno di menzionare solo poche questioni : basterebberoficazione (per esempio, metodo di Landau nella dimostrazione del teorema dei le risposte a queste a fornire la soluzione a un ampio numero di problemiormainumeri primi, rivelatosi quindi di notevole utilità in teoria «analitica» dei nu­ familiari. Si potrebbe obiettare che una lista del genere non è utile, in quantomeri, ecc.), spesso combinata con un'insoddisfazione per il fatto che un enun­ non fornisce in realtà problemi accessibili, ma penso che giovi avere un'idea piuciato aritmetico in cui compare in modo abbastanza naturale una variabile reale ampia di quella che è la verità che sospettiamo, rispetto alla quale controllare lex ricorra per la dimostrazione all'analisi complessa. Ciò ha spinto alla ricerca di nostre idee» [Montgomery r976, p. 3o7]. Questo approccio quasi empirico alledimostrazioni «elementari», che non utilizzino cioè la teoria delle funzioni di questioni aperte è del resto motivato dalla situazione intricata che intorno al­variabile complessa, ma solo qualche elemento di analisi reale. l'apparentemente «immediata» idea di numero si è venuta formando. Sia lecito

Verso la fine degli anni 'zo queste ricerche hanno permesso di accertare che qui impiegare una metafora coniata per altra situazione matematica [Bauerla sola proprietà di g (s) che interviene nella dimostrazione del teorema dei nu­ r974, p. 4r] : poteva sembrare un tempo che un certo ordine di problemi — comemeri primi è che g (s) non si annulla sulla retta Re (s)= r ; si era anche dimo­ quelli di teoria moltiplicativa dei numeri che si sono fin qui esaminati — costi­strato che questo fatto, a sua volta, era una semplice conseguenza del teorema dei tuissero un grande incrocio stradale per molti settori della matematica. «Ora ilnumeri primi. «Si ha cosi una sorta di equivalenza tra una proprietà analitica di traffico è cresciuto, gli incroci sono diventati degli snodi di vie sopraelevate»j(s) e il teorema dei numeri primi, che è un puro enunciato della teoria delle [ibid.] : la rilevanza di un problema rispetto a un altro slitta nel tempo e la ri­funzioni di variabile reale. Ciò ha persuaso i matematici dell'impossibilità di cerca stessa può venir modellata con un'immagine piu articolata di quella cheeliminare il ricorso alla teoria di una variabile complessa dalla dimostrazione del la riferisce a un problema «centrale». (Ancora una volta è, metaforicamente,teorema dei numeri primi. Ma, come molte idee puramente euristiche, anche lo stesso problema per PEnciclopedia...)questa convinzione è falsa: nel r948 Erdás e Selberg hanno pubblicato indipen­ La storia dell'«ipotesi di Riemann», cioè della congettura d ) riportata adentemente versioni della "dimostrazione elementare" cosi a lungo attesa. Ben­ p. 927, è al proposito significativa. Proprio sull'onda dei successi di Mangoldt,ché di interesse metodologico considerevole, le diverse illustrazioni elementari Hadamard e La Vallée-Poussin, Hilbert [r9oo, ed. r976 p. t6] si augurava chedel teorema dei numeri primi oggi note non hanno però aggiunto molto alla no­ potesse venir presto decisa anche tale ipotesi. La si riesamini piu nei partico­

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Numero 93z 933 Numero

lari; la zeta di Riemann (cfr. la (7) di p. 926) ((s) non ha zeri in Res) i e i = O(~x logx) uniformemente per q(x , O ra, in molte applicazioni, questasoli zeri che ha in Res( o sono i semplici zeri s= — z, — 4, ..., — zn, ... (zeri stima puntuale può venir sostituita da un'opportuna stima di media, ancora unabanali). Ma nella fascia critica o<Res< i la funzione zeta ha invece una infi­ volta, dunque, «socchiudendo gli occhi» (cfr. p. 925). È questo il significatonità di zeri (detti' non banali ). La congettura di Riemann consiste nel supporre [cfr. per esempio Chandrasekharan I974, pp. 3 sgg.] di un profondo risultatoche tutti gli zeri (non banali) giacciono sulla retta critica Res = i /z. dimostrato da Bombieri (i965), sostitutivo per certi versi dell'ipotesi genera­

Seguendo l'impostazione di Richards si possono distinguere almeno tre linee lizzata :di attacco all'ipotesi di Riemann. Innanzitutto quella prettamente calcolistica:essa — consistente in un vero e proprio controllo della congettura eseguendo i (r6) P max m a x ~ E (y ,q,a)~<<x(logx) ~

g<Q y ( x a, ( a ,q)=1

conti per uno zero dopo l'altro — è una prospettiva di ricerca praticamente perse­guibile solo con l'impiego di calcolatori sempre piu rapidi. Ma naturalmente ove (a,q) = r abbrevia, al solito, che a e q sono primi tra loro, A è una co­questo tipo di controllo — eseguito finora su piu di tre milioni di zeri — «nulla di stante qualsiasi )o e Q è definito dalla Q = x' ( logx) o v e B = B(A) è unadefinito dice sugli infiniti zeri che restano» [Richards I978, p. 54] : questo tipo di costante ) o che dipende da A.controllo può solo falsificare l'ipotesi di Riemann. Il fatto che non vi sia riuscitodice solo che la congettura è stata corroborata per i primi tre milioni di zeri e«poco piu». Ma a questo impiego del calcolatore come equivalente del controllo Aspetti della teoria «classica» dei numeri algebrici,«empirico» della congettura si può affiancare «anche un approccio piu teorico»[ibid.] consistente nel determinare con metodi che ovviamente non usino la con­ 5.i. Che cos'è un intero (algebrico)?gettura o un suo equivalente la percentuale degli zeri della g (s) che giaccionosulla retta Res = r /z. Dopo alcuni classici risultati di Selberg negli anni '4o, Esemplari, sia sotto il profilo dell'estensione della nozione di numero sial'informazione maggiore proviene dalle ricerche di Levinson ( i974), il quale ha sotto quello dell'approfondimento delle proprietà piu tipicamente «aritmetiche»,dimostrato che, degli zeri non banali, almeno un terzo si trova sulla retta critica. sono alcune vicende connesse con la nozione di numero algebrico. Un numero,Resta, infine, l'approccio «creativo»: l'attacco sia diretto sia indiretto dei vari notoriamente, si dice algebrico (sul corpo Q dei razionali) quando è radice diricercatori al problema, cercando cioè di ottenere la dimostrazione come risul­ un polinomio in una indeterminata a coefficienti in Q (o, il che è lo stesso, di untato collaterale di ricerche primariamente intese ad altro obiettivo. È in questa polinomio a coefficienti in Z). Com'è noto — e come è del resto ampiamente trat­prospettiva che assumono un importante valore ausiliario la gamma di equiva­ tato in altri articoli di questa stessa Enciclopedia — i numeri algebrici, pur in­lenti e quella di conseguenze dell'ipotesi, su cui già a suo tempo Hilbert [ I900] cludendo come parte propria i razionali, non esauriscono la totalità dei com­richiamava l'attenzione. plessi : anzi, ne costituiscono un'esigua minoranza, dato che l'insieme degli al­

Si tocca qui uno dei nodi piu delicati della ricerca attuale: come del resto gebrici ha solo la potenza del numerabile. Ma, in questa sede, interessa una veramostra in piu punti il presente articolo, la funzione zeta può venir generalizzata e propria « teoria» dei numeri algebrici, relativamente autonoma dalla dicotomiain molti modi (funzioni L di Dirichlet, funzione zeta di Dedekind, ecc.), dando algebrico/trascendente e piu tarda della semplice comparsa di numeri algebriciorigine ad uno studio delle «funzioni zeta» perseguito coi metodi tipici della nel corso della soluzione di equazioni algebriche di grado non elevato.teoria delle funzioni analitiche. Per tali funzioni, in generale, è possibile allora L'idea base è quella della costruzione dell'anello di polinomi Z [S] a coeffi­formulare gli analoghi della congettura riemanniana: si tratta delle cosiddette ciente in Z per S algebrico : già essa appare nella costruzione gaussiana dei co­ipotesi di Riemann generalizzate. Anche qui è rilevante il confronto tra quel che siddetti «interi di Gauss» (impiegati da questi nel r83r per lo studio della reci­tali ipotesi implicano in aritmetica moltiplicativa e altrove e i risultati ottenuti procità quadratica ove è & = i unità immaginaria) e, piu oltre, nel contesto dellein modo indipendente. Si riconsideri, per esempio, il problema che aveva mo­ ricerche di Eisenstein ( i844), sulla reciprocità cubica, ove S = p e pa = i. Ora, «ètivato l'approccio di Dirichlet (cfr. $ 4.z, p. 9z8 in particolare): un importan­ probabilmente a causa del "buon" comportamento di tali anelli che nessuno,te teorema di Siegel (r936) circa il non annullarsi delle funzioni L di Dirichlet per lungo tempo, sembra essersi accorto che esistono numeri algebrici & per cuivicino al punto s = i (una volta che anche esse siano state prolungate analiti­ l'aritmetica dell'anello Z [&] differisce radicalmente dall'aritmetica dei razionali»camente a tutto i l p iano della variabile complessa s) permette una stima del­ [Ellison i978, pp. i9 i -9z ]. L'idea che l'aritmetica di Z [S] rispecchi quella dil'errore E (x,q,a) =t r (x,q,a) — li(x)/y(q) nel teorema dei numeri primi per le Q può essere, in realtà, responsabile di curiosi abbagli, su alcuni dei quali si fon­progressioni (cfr. anche p. 93o) : si ricava infatti, per ogni m e n, E(x,q,a) = dano ancora certe ottocentesche «dimostrazioni» della congettura di Fermat= O(x/log"x) uniformemente per q( log x con lo svantaggio che la costante [per un esempio cfr. ibid.].(dipendente da m e n) implicita nel simbolo O non è effettivamente calcolabile. Tale congettura, il cosiddetto «ultimo teorema», lasciato senza dimostra­La corrispondente ipotesi di Riemann generalizzata implica invece E (x,q,a) = zione, a detta di Fermat stesso, semplicemente perché gli mancava lo spazio per

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proseguire sul margine del testo di Diofanto su cui appuntava le sue «annota­ suscettibili di essere chiamati « interi algebrici ». Si tratta di imporre, per ciascunzioni», non è altro che uno dei tanti problemi di «analisi diofantina»: si tratta, K, che:notoriamente, di mostrare che l'equazione x" +y"=z " per n) z n o n ammette a) i soli elementi di Q che sono degli «interi algebrici» sono gli elementisoluzioni intere (non banali). Ora la congettura «non ha grande interesse in sé: d( Zj

una dimostrazione completa la priverebbe dell'aura di magia che la circonda», b) la definizione di «intero algebrico» deve essere tale che se L è un'esten­commentava Dickson [ I9I9-23, ed. t95z II , p. x(x ]. La «dimostrazione com­ sione di K, gli interi algebrici di K restano interi algebrici di L ;pleta» non è stata ancora trovata: l'alone di magia è rimasto... Eppure, Dickson c) gli interi algebrici formano un anello;ha sostanzialmente ragione quando soggiunge che la congettura «se ha acqui­ d) se o( è un intero algebrico, tutti i coniugati di o( sono interi algebrici.stato una posizione di rilievo nella storia della matematica è perché ha fornitol'ispirazione che portò Kummer a inventare i suoi numeri ideali, dai quali si svi­ Ed è da queste condizioni che risulta: z ) le funzioni simmetriche (per cui siluppò la teoria generale dei numeri algebrici che è oggi una delle branche piu veda, per esempio, l'articolo « Invariante» in questa stessa Enciclopedia, voi. VII,

significative della matematica» [ibid.]. p. 893) di (z e dei suoi coniugati devono dare degli interi algebrici ; ma, z ) poichéÈ noto che Kummer riusci a dimostrare, per una classe estesissima di numeri c( è algebrico, le funzioni simmetriche di c( dànno valori in Q. Dunque da r ) e z)

primi p, che x" +y t'= vt' non ammette soluzioni intere (non banali), Non riusci si ottiene che i valori delle funzioni simmetriche di o( sono degli interi a;cZ.

però a dimostrare la congettura per tutti i numeri primi : «Certi numeri primi ec­ Quindi o( è un intero algebrico (di K) se e solo se annulla un polinomio monicocezionalmente agili sfuggirono alla sua rete e vi sfuggono ancora» [Beli r937, a coefficienti interi ovvero è soluzione di un'equazione

trad. it. p. 5zo]. Ma dal r 835 al r 847 Kummer sviluppò le ricerche che dovevano ( t ) x"+a,x" — '+...+a„ = o con a;cZ.culminare «nell'introduzione dei numeri ideali e nella scoperta del teorema del­la scomposizione univoca dei numeri di un corpo ciclotomico in fattori primi È immediato mostrare che l'insieme degli interi algebrici di K cosi definitiideali, teorema che, grazie all'estensione fattane successivamente da Dedekind e forma un sottoanello di K e il corpo delle frazioni di tale sottoanello — costruitoda Kronecker ai domini algebrici qualsiasi, è divenuto il punto centrale della secondo regole che costituiscono l'analogo formale delle Q.r-Q.3 di «Calcolo»teoria moderna dei numeri e ha oggi un'importanza che va oltre i limiti di questa (voi. Il, p. 4tz ) — riproduce proprio K. Non è il solo anello incluso in K cheteoria, fino a spingersi nelle regioni dell'algebra e della teoria delle funzioni» riproduce K in questo modo: ma, osserva Dedekind, Ot( è quello massimale.[Hilbert t9oo, ed. t976 p. z ]. Di piu, si può mostrare che Oz è uno Z-modulo libero di rango n = [K : Q].

Qui si articolerà, in particolare, il punto di vista di Dedekind (z87z-93). Una Data una base o(n ..., c(„si chiama discriminante del corpo K i l numeroragione va cercata nel fatto che, pur preceduto da Abel e Galois con la loro ideadi «dominio di razionalità», Dedekind è sostanzialmente il primo matematico ~(1) ~(n)

1 " ' 1

che definisce formalmente il concetto di corpo(per cui si veda l'articolo «Calco­ (z) D(Otr) =

lo», voi. Il, p. 393) e considera, sistematicamente, sottocorpi del corpo comples­so C, in particolare corpi di numeri algebrici K, di grado n su Q, cioè estensionifinite di Q. ove c(P' designa lo j-esimo coniugato di (z;. Il numero D (Oz), che verrà abbre­Ciò premesso, si riconsideri la costruzione dei razionali (con segno) Q a par­tire dall'anello degli interi (relativi) Z (cfr. le regole Q.r-Q.3 riportate in «Cal­

viato D<, è razionale e non dipende dalla scelta di una base particolare di Oz.

colo», voi. Il , p. 4tz ) e, conseguentemente, l'immersione canonica di Z in Q: Sussiste il teorema che per Kg Q è ~D((~) t (Minkowski, t89r ). Inoltre, per

lo scopo di gran parte della teoria dei numeri algebrici dell'Ottocento si può al­ ogni intero m di Z c'è solo un numero finito di corpi algebrici K tali che Dtc ­— m.

lora caratterizzare come la generalizzazione «corretta» [Ellison z978, p. z9t ]Su questo importante risultato (Hermite e Minkowski, x896) — ottenuto impie­

dell'aritmetica degli interi Z in Q. Ma qual è in K il «candidato» opportuno per gando tecniche della cosiddetta «geometria dei numeri» — si tornerà nel $ 6.2.l'analogo di Z in Q t Un primo tentativo di Dedekind mirante a costruire una fat­torizzazione unica per l'anel!o Z [&] con & algebrico era destinata ben presto a 5.2. G!i ideali.fallire. Né miglior fortuna ebbero i tentativi di altri matematici intesi a definirela nozione di «intero algebrico» in modo da avere fattorizzazione unica in interi O< è anche l'ambito adeguato per la generalizzazione ai numeri algebrici

algebrici «primi ». della teoria classica della divisibilità, in quanto, al contrario che nel corpo K,

La domanda «Che cos'è un intero>» (ovviamente nel contesto K ) riceve da la proposizione a divide P (in simboli o( ~ [!) resta una particolarità, proprio co­Dedekind risposta grazie ad un'indagine astratta (assiomatica) delle condizio­ me lo è, del resto, in Z. Ma già nella ricerca di un analogo del «teorema fon­ni che dovrebbe ragionevolmente soddisfare un insieme di numeri algebrici damentale dell'aritmetica» (cfr. p. 934) si incontra una serie di difficoltà (per

32

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esempio, in K = Q(~ 5) , g l i interi algebrici non ammettono in generale una se un ideale ne contiene un altro, si dice che il primo ideale divide il secondo.fattorizzazione unica (cfr. «Divisibilità», voi. V, p. 30 )). Si può dimostrare che ogni ideale è un insieme di numeri interi della forma

Dedekind ha ristabilito questa unità sfruttando appunto quelli che ha chia­(3) Y sxl+Ysxa+" +Ynxnmato «ideali». Ora «la nozione di un "ideale" non è difficile ad afferrarsi, ben­

ché ci sia un "ma" (la classe piu inclusiva divide la classe meno inclusiva come dove x„xa, ..., xn sono degli interi determinati nel corpo K di grado n in que­spiegheremo fra poco) che urta il senso comune ; ma il senso comune è fatto per stione, e dove ognuno dei Y„ Ys, ..., Y„Può essere un intero qualunque delessere urtato; se tutte le nostre facoltà fossero immuni da ur ti , saremmo una corpo. Ciò dato, è comodo rappresentare un ideale scrivendo i soli interi fissirazza di cretini. Un " ideale" deve possedere almeno due proprietà; lasciare l'a­ x„ x „ . . . , x„ , e lo si fa prendendo(x„ x „ .. . , x„) come simbolo dell'ideale.ritmetica ordinaria (razionale) essenzialmente qual è, obbligare gli interi alge­ Bisogna ora definire la moltiplicazione degli « ideali ». Il prodotto di due idealibrici, piu o meno recalcitranti, a obbedire a questa legge fondamentale dell'arit­ (xn xa> ..., x„), ([l» [is > ..., Pn) è l'ideale il cui simbolo è (x,[ir> xr[la» ... x] [in>metica che essi sfidano; la scomposizione unica in numeri primi» [Beli r937, xp[iy> xp[iz> xg[ln, ..., xn[in), nel quale si trovano tutti i prodotti possibili ottenutitrad. it. p. 529]. moltiplicando un intero del primo simbolo con un intero del secondo ; per esem­

La questione della classe piu inclusiva che divide la classe meno inclusiva è Pio, il Prodotto di (xn x,) Per ([i„ [ i ,) è (x,[ i „ x , [ i „ x , [ in x,[i,). È semPre Possi­in relazione col fenomeno seguente (e con la sua generalizzazione, come si ve­ bile ridurre tale simbolo di prodotto, per K di grado n, a un simbolo conte­drà). Si sa che z divide 4 aritmeticamente, cioè senza resto; al posto di questo nente tutt' al piu n interi.fatto evidente che non conduce a nulla se lo si applica ai corpi di numeri alge­ Un ideale il cui simbolo non contiene che un intero, per esempio (x,), sibrici, si sostituisca z con la classe di tutti i suoi multipli interi, ..., — 8, — 6, — 4, chiama un ideale principale. Impiegando la notazione (x,) ~(P,) per esprimere— 2, o, 2, 4, 6, 8, ... ; per comodità, si rappresenti questa classe con (z) ; allo stes­ che (x,) contiene([i,), si vede senza difficoltà che si può scrivere (x,) ~ ([i,)so modo, (4) rappresenterà la classe di tutti i multipli interi di 4; fra questi, al­ quando, e solo quando, l'intero x, divide l'intero [i,. Allora, come sopra, la nozionecuni sono ..., — r6, — rz, — 8, — 4, o, 4, 8, rz, r6, ... È evidente che (z) è la di divisibilità aritmetica è in questo caso, per interi algebrici, completamenteclasse piu inclusiva; infatti, essa contiene tutti i numeri di (4) e inoltre, per non equivalente a quella d'inclusioni di insiemi. Un ideale primo è un ideale che noncitarne che due, — 6 e 6. Si rappresenta il fatto che (z) contiene (4) col simbo­ è divisibile per, o incluso in un ideale qualsiasi, salvo l'«ideale» generale Oz,lo (z) ~(4). Si può facilmente vedere che se p., v sono numeri interi, si ha che comprende tutti gli interi algebrici nel corpo dato. Se si sostituiscono gli(p.) ~ (v) quando, e solo quando, it. divide v. interi algebrici con i loro ideali principali corrispondenti, resta provato che un

Questo potrebbe suggerire l'idea di sostituire la nozione di divisibilità arit­ ideale dato è il prodotto di ideali primi in un'unica maniera, esattamente comemetica con quella d'inclusione di classi, ma tale sostituzione sarebbe vana se non nel teorema fondamentale dell'aritmetica un intero razionale è il prodotto diconservasse le proprietà caratteristiche della divisibilità aritmetica. Fortunata­ numeri primi in una maniera sola.mente tali proprietà sono conservate. La conclusione è che la sostituzione deinumeri con le loro classi corrispondenti risponde a ciò che si cerca se si ag­giunge la definizione di «moltiplicazione». Si definisce ad esempio (p.) x (v) co­ 5.3. Confronto tra gli ideali di Dedekind e i «numeri ideali» di Kummer.me la classe (isv) : (z) x (6)= (rz). Si noti che questa è una definizione, e nonsignifica che essa risulti dai significati di (p.) e (v). Sarà infine istruttivo confrontare la nozione dedekindiana di ideale (intero)

Gli ideali di numeri algebrici di Dedekind sono le generalizzazioni di ciò con la primitiva intuizione di Kummer. Un ideale, nel senso di Dedekind, «nonche precede. Secondo la sua abitudine, Dedekind ne dà una definizione astratta, è un numero, propriamente parlando» [Beli I937, trad. it. p. 529], ma un insiemecioè basata su delle proprietà formali piuttosto che su una relazione con qualche di numeri. Questa è la ragione per cui la nozione dedekindiana di ideale ha mes­particolare maniera di rappresentare o di descrivere la cosa definita. so in ombra la precedente nozione di « ideale» elaborata a suo tempo da Kummer

Si consideri l' insieme Ot; di tutti i numeri interi algebrici contenuti in un al punto che, comunemente, le usuali storie della matematica sorvolano suglicorpo K; in questo insieme ci sono dei sottoinsiemi. Un sottoinsieme x è detto ideali di Kummer in quanto «superati» da quelli di Dedekind [cfr. per tutti

ideale se possiede le due proprietà seguenti: ibid., p. 5zo]. Ma in questa sede, poiché della nozione di numero si tratta, saràbene sottolineare che, al contrario che per Dedekind, per Kummer gli ideali

r) la somma e la differenza di due interi qualsiasi di x si trovano in x; erano numeri, allo stesso titolo che erano «numeri» i numeri reali o i numeriz) se si moltiplica un intero qualsiasi di x con un intero qualsiasi di Oz, complessi per Bombelli o per Cataldi, o addirittura per Cavalieri o Torricelli,l'intero che ne risulta si trova in x. ai tempi della grande algebra italiana o degli esordi della «geometria degli indi­Un ideale è dunque una classe infinita d'interi. Si vede facilmente che (is,), visibili ».

(v), ..., definiti sopra, sono degli ideali secondo r ), z). Come si è detto prima, « In una memoria di Kummer, — si legge in Ellison [1978, p. z96], che dedica

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invece non poche pagine a un'esposizione delle idee originali di Kummer in ma­ Oz, Per h(K) = r ogni ideale intero di K è PrinciPale, il che vuoi dire che Ozteria, — Kummer tenta di giustificare la... esistenza [dei numeri ideali ] per ana­ è a fattorizzazione unica.logia con una teoria chimica dei radicali ai nostri giorni completamente supe­ Ciò premesso, il passo successivo è l'individuazione di un soddisfacente ana­rata; ma, in fin dei conti, la giustificazione ultima per la loro introduzione è che logo della zeta di Riemann. Si consideri, per s reale ) r, lasono utili e conducono a teoremi matematici significativi. Indipendentementedalla loro utilità, si trovano negli autori dell'epoca frasi sconcertanti come que­sta: "I numeri ideali non hanno esistenza quantitativa, ma un numero ideale, (4) 4 (s) = g N(„),.elevato a una certa potenza, è eguale a un numero complesso ben determinato" ». ove la somma va estesa a tutti gli ideali interi a di K e N (a) è la norma dell'i­Non manca, anche in Ellison, il giudizio del senno di poi circa le «idee confuse» deale o definita da D (a)= Dz N(a)' e N(a)) O (ove D(a) è definito analoga­di Kummer «superate» dai matematici successivi [ibid., p. r96 in particolare]. mente a Dz come indicato a p. 935 ). Ora, come la funzione ((s) di RiemannIn un certo senso, è naturale che, anche per le « tensioni » cui il concetto di nu­ poteva venir utilizzata per studiare i primi, cosi il comportamento della funzio­mero è stato via via sottoposto, le cose vadano cosi : per dirla con Kuhn [r96z], ne gz(s), detta poi zeta di Dedekind, dà informazioni sul numero delle classiche riecheggia Whitehead, «una scienza che esita a dimenticare i suoi fonda­

h(K) e quindi sull'aritmetica di K. Cosi si deve ancora a Dedekind la formulatori è perduta» (trad. it. p. r69 ).Ma a giustificazione del punto di vista di Kummer per cui i suoi ideali erano z"i (z<)"sRz

(5) lim(s — r) (z(s) = h(K)numeri si può invocare il fatto che si sono pure chiamati numeri (reali) le sezioni ~~~+ W~ IDzldi Dedekind o le successioni di Cantor, che sono insiemi infiniti di numeri (ra­zionali) ; ma, mentre i «numeri ideali » di Kummer erano da questi e dal suo al­ ove Dz è il discriminante (cfr. P. 935) di K, h(K) il numero delle classi, W il nu­l ievo Kronecker introdotti via la considerazione di un numero finito di con­ mero delle radici dell'unità in K, Rz i l cosiddetto regolatore di K (che è unagruenze [cfr. Ellison r978, p. r97], per i «numeri reali» definiti come sezioni o costante che dipende solamente dai generatori del gruppo delle «unità» di Oz ),successioni «interviene... un'idea assolutamente nuova, e cioè il concetto di leg­ rr è il numero delle immersioni canoniche di K in R e z'~ il numero delle im­ge (nella teoria di Cantor ), ovvero quello di classe, o proprietà (nella teoria di mersioni canoniche di K in C. È servendosi della funzione zeta che DedekindDedekind)» [Waismann 1936, trad. it. p. 236]. ritrova la formula di Kummer per il numero delle classi di un corpo ciclotomi­

co e la stima effettuata da Dirichlet del numero di classi di un corpo quadratico.

5.4. Un esempio tratto dalla teoria analitica degli ideali. Inoltre, come si è già accennato, la dimostrazione del teorema dei numeriprimi si basa essenzialmente sulle proprietà della zeta di Riemann: è dunque

Nel suo vita problema Hilbert, accanto ai vari «problemi circa i numeri naturale pensare che la dimostrazione del teorema degli ideali primi dipenda daprimi», aggiunge «un problema che... sembra forse di un'importanza ancora piu proprietà analitiche della funzione zeta di Dedekind. L'unico ostacolo era chenotevole... ; Trasportare i risultati ottenuti per la distribuzione dei numeri primi ancora nel i 896 non si sapeva ancora se gz (s) ammetteva o no un prolungamentoalla teoria della distribuzione degli ideali primi di un dato corpo K» [x9oo, trad. analitico a tutto il piano. Solo nel I903 Landau mostra che la si può prolungareingl. p. rp]. analiticamente al semipiano Re (s)) r — r/[K — Q] e riesce a dimostrare il teo­

La teoria dei numeri primi funziona da paradigma: in perfetta analogia, nel rema degli ideali primi. Sono i metodi ivi usati che consentono quindi la dimo­contesto dei numeri algebrici si tratta infatti di trovare una formula asintotica strazione semplificata del teorema dei numeri primi di cui a p. 93o.per il numero degli ideali primi p di K di norma inferiore a x, ove la normaN(p) non è altro che il numero finito degli elementi di Oz /p. Detto ~z(x)tale numero, la congettura immediata è vcz (x) (x / logx) (o «teorema» degli 6. Al cu ni aspetti del punto di vista attuale in teoria dei numeri.ideali primi ). L'analogia tra ideali e numeri è dunque, come si vedrà tra poco,euristicamente promettente. 6.r. Corpi locali, adeli, ideli.

Dedekind introduce, riprendendo ancora una volta uno spunto di Kummer,Non è certo scopo del presente articolo delineare, seppur brevemente, il

la nozione di classe di ideali. Per ideali interi si dice che a è equivalente ad a' e sipunto di vista attuale in teoria dei numeri. Ma poiché tale punto di vista è af­

scrive a rt ' se esiste un ideale ttt tale che attt e ntrt' siano entrambi ideali prin­ frontato in altri articoli della presente Enciclopedia con molti dettagli tecnici,cipali. Se A è la classe di à e B quella di b, si possono moltiplicare le classi di sarà qui possibile accennare a ciò che tali sviluppi significano nella prospettivaideali definendo come prodotto AB la classe di ab : per tale operazione le classi di un approfondimento della nozione di numero e delle sue proprietà. Comedi ideali formano un gruppo commutativo finito H (K): l'ordine di H(K), in­ nel paragrafo precedente, il punto di partenza è un corpo K di numeri algebrici,dicato abitualmente h (K), dà notoriamente informazioni sull'«aritmetica» di di dimensione n sul corpo Q dei razionali.

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Come si è osservato in altri articoli dell'Enciclopedia (cfr. in particòlare matematici (si pensi, per esempio, alla ricerca di soluzioni di certe equazioni dif­l'articolo «Divisibilità», voi. V, ) 5), la generalizzazione a K di una delle piu ferenziali alle derivate parziali in opportuni completamenti di spazi prehilber­familiari nozioni del calcolo, quella di valore assoluto (per cui cfr, «Calcolo», tiani di funzioni «ammissibili» come soluzioni del problema originario [cfr.voi. Il, pp. 396 e 443), e la conseguente distinzione di valori assoluti ultrametrici Courant I 950]).(tali cioè che ~x+y~( sup (~x~, ~y~)) e archimedei (tali cioè che per ogni x, y di Comunque, quale sia la particolare «filosofia» che nel contesto qui esamina­K con xeno esiste un numero naturale m tale che ~mx~) ~y~), comportano fonda­ to inquadra questo modo di procederè, la sua rilevanza e la sua capacità di sin­mentali sviluppi di tipo topologico (nozioni esposte in «Geometria e topologia», tesi emergono indiscutibilmente. « I valori assoluti ultrametrici sono quelli chevoi. VI, in particolare pp. 656 sgg. saranno qui presupposte) che coinvolgono svolgono il ruolo piu importante nelle questioni di divisibilità ; i valori assolutialcune non banali generalizzazioni della nozione stessa di numero. Infatti: se archimedei, al contrario, predominano nelle questioni di approssimazione dio­si passa da K al suo completato K rispetto a valori assoluti archimedei (che sono fantina, di geometria dei numeri e nello studio dei numeri trascendenti. Ma i ri­in numero finito ) si ritrova o il corpo R o il corpo C. Nulla di nuovo sotto il so­ sultati piu profondi si possono ottenere solo tenendo conto insieme dei due tipile : si tratta delle cosiddette immersioni canoniche reali o complesse già richiama­ di valori assoluti, il che si esprime nella concezione fondamentale degli adeli ete nella formula (5) di p. 939. (Se ancora si indica con r, il numero delle immer­ ideli» [Dieudonné r977, p. I53].sioni reali e con zr, il numero di quelle complesse vale r, +r~ = n). Ma se l'o­ Come il lettore può vedere in «Divisibilità» (voi. V, p, 36 in particolare), aperazione di completamento (sostanzialmente ricalcata sul classico procedimen­ ogni elemento di K si può associare il vettore in cui ogni componente è data dalto di Cantor che permette di «generare» dai razionali Q i reali R completando corrispondente dell'elemento in k , per ogni valore assoluto. L'idea base, do­rispetto all'usuale valore assoluto) viene invece svolta a partire da un valore ul­ vuta a Chevalley (r936 e r94o), è stata quella di sostituire alle immersioni ditrametrico (ve ne è un numero infinito ) il corpo K che per ciascuno di tali va­ K nei vari corpi locali K un opportuno anello Az o anello degli adeli costituitolori si ottiene risulta estensione di grado ( n di un corpoQ di numeri p-adici da quei vettori le cui componenti sono ottenute, salvo un numero finito, consi­(per i quali si rimanda all'articolo «Divisibilità», voi. V, pp. 34 sgg.). Ma giova derando valori ultrametrici. Le «unità» (elementi invertibili ) di A< sono poi det­ricordare che i «numeri» p-adici, introdotti originariamente da Hensel (r9o8), te ideli. Il fatto essenziale è allora che A> può venir dotato d'una topologia com­

sono espressione della forma g a;p' con p primo, a„po, rc Z, aieZ, o(a i ( ppatibile con la sua struttura di anello e risultare localmente compatto. Quanto

i = r agli ideli essi formano un gruppo moltiplicativo K~~ ancora localmente compattoche «in generale non hanno valore come numeri usuali e però per definizione per una topologia piu fine di quella indotta dalla topologia definita sugli adeli.sono enti matematici» [Kline i972, p. rr47]. La loro considerazione come nu­meri e i l passaggio ai corpi completati K r i spetto a valori u l t rametrici sono 6.z. Funzioni zeta e funzioni L. Una sintesi.un'ulteriore articolazione del paradigma costituito dal completamento di unospazio (metrico), paradigma che ha avuto gran peso nello studio sia di spazi nu­ In questo sofisticato contesto topologico trova adeguata sistemazione pro­merici sia di spazi di funzioni, ecc. «L'insieme dei concetti (o oggetti) che un lin­ prio la teoria «classica» dei numeri algebrici (cfr. ( 5), come il lettore può con­guaggio (o modellizzazione) permette di rappresentare può venir "completato", statare consultando l'elegante e sintetica esposizione di Dieudonné [I977, inin certi casi, dai concetti (o oggetti) che questo linguaggio (o modellizzazione) particolare p. s55]. Ma il fatto che il gruppo degli ideli sia un gruppo commu­permette di "approssimare indefinitamente". Questi elementi ottenuti per com­ tativo localmente compatto rende possibile anche un'applicazione dei risultatipletamento aspirano dunque, irresistibilmente, all'esistenza» [Vallée r979, p. dell'analisi armonica che consente un'esposizione unitaria e semplificata dellaz8]. Cosi, chiedersi se elementi di K siano numeri è ancora una volta come chie­ teoria classica delle funzioni zeta e delle funzioni L. È questa oggi, forse, «l'ap­dersi [cfr. Waismann r936, cap. xtv ] se i numeri reali definiti alla Cantor siano plicazione piu inattesa» [ibid., p. zr6] di uno strumento tipico dell'analisi.numeri o no. Quest'ultima definizione, cosi fondamentale da giustificare rigoro­ Anche in tale contesto si presupporranno, nel delineare brevemente questosamente l'usuale scrittura degli irrazionali come decimali infiniti [cfr. ibid., trad. tipo di approccio, nozioni ampiamente trattate in altri articoli dell'Enciclopediait. pp. zii sgg. in particolare] diventa problematica ogni volta che una determi­ (in particolare «Dualità», voi. V, pp. r73 sgg., e «Invariante», voi. VII, pp. 925nata prospettiva «epistemologica» tende a escludere come illegittimo il proce­ sgg.). Cosi sul gruppo degli ideli si definisce una misura di Haar privilegiatadimento con cui tali nuovi enti sono introdotti. Ma, in sé, tali enti «sono degli (usualmente detta misura di Tamagawa) rispetto a cui il secondo membro dellainosservabili, per cosi dire, ma non degli inesistenti: un cambiamento di l in­ formula di Dedekind (5) del ( 5 risulta un invariante dotato di particolare signi­guaggio [cioè di ontologia] può permettere infatti una loro rappresentazione o ficato geometrico. Tate ha quindi definito (r95 i ) una funzione zeta generaleuna loro approssimazione» [Vallée r979, p. z8], Che tipo di raffinamento mate­matico sottenda tali cambiamenti di linguaggio (o di ontologia) può venir esem­ g(f, c)= f(z) c(z) d~zplificato non solo da questioni di teoria dei numeri, ma anche in altri contesti I<g

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ove l'integrazione, rispetto alla misura in questione, è fatta sul gruppo degli [ibid., p. 157; si veda anche l'articolo «Locale/globale» in questa stessa Enciclo­ideli: f è una funzione su Arc che verifica certe condizioni di regolarità (come pedia, voi. VIII, in particolare pp. 48z-85].anche la sua trasformata di Fourier ) e c è un «quasi carattere», cioè un omomor­fismo continuo del gruppo detto delle classi di ideli Ctr (ottenuto come quozientedel gruppo degli ideli modulo il gruppo moltiplicativo del corpo K, cioè K­ 6.4. Ipotesi di Riemann per varietà su un corpo finito.

— [o]): si tratta di una generalizzazione della nozione di carattere, dovuta a L'influenza della geometria algebrica sulla teoria dei numeri può venir beneHecke (t9x 8-zo). messa in luce accennando a un ordine di idee che rappresenta, di nuovo, un'ul­

La teoria di questa nuova funzione zeta compendia sia quella della zeta di teriore generalizzazione del paradigma emerso nella teoria moltiplicativa deiRiemann (prendendo per K il corpo Q ) sia quella delle funzioni L variamente numeri con Riemann [r859]. Come già si è detto in altri articoli della presentegeneralizzate. Esprime dunque, in modo estremamente sintetico, questioni di Enciclopedia (si veda in particolare «Geometria e topologia», voi VI , pp. 695teoria dei numeri primi (cfr. ( 4) e questioni di teoria degli ideali primi (cfr. sgg.), l'approccio di Hasse e Weil in geometria algebrica ha portato alla formu­$ 5) unificando due trattazioni che si è visto procedere pressoché parallelamente, lazione di «ipotesi di Riemann» per varietà su corpi finiti. Il senso profondo deima in modo distinto. risultati recentemente ottenuti da Pierre Deligne si coglie, ancora una volta,

L'interesse delle funzioni L sta soprattutto nelle relazioni che forniscono in­ non solo nella potenza degli strumenti geometrico-topologici (coomologia l,formazioni sui numeri h (K) e R<. Il risultato piu notevole in questa direzione cfr. ibid.), ma nella retroazione che questi e analoghi risultati hanno sulla teoriasi deve aSiegel:se per una successione infinita di corpi di numeri algebrici K è dei numeri [cfr. per tali aspetti Bombieri I976; Katz r976 ]. L'originaria ipotesilimn log(Dtc) = o si ha allora logh(K)R tc log~ ~Dtc~. Per le estensioni quadra­ riemanniana resta ancora non decisa, ma la dimostrazione dei suoi analoghi pertiche K = Q(~d) di Q, ove d = D+ la considerazione delle funzioni L aveva corpi finiti e lo spiegamento delle ipotesi «generalizzate» (cfr. p. 932) può costi­condotto a suo tempo Dirichlet (cfr. p. 929) a formule esplicite per h (K). Il tuire la nervatura di una nuova sintesi.teorema di Siegel ha permesso di mostrare che per d(o esiste solo un numerofinito di valori di d per cui h è fissato. È in particolare finito il numero dei corpiK per cui h(K) = r (cioè per cui ogni ideale è principale) : di recente si è riu­ 6.5. Elementi per una valutazione complessiva.

sciti a determinare esplicitamente tutti tali corpi (sono in tutto nove, per — d= «Bisogna anche tener conto del ruolo che hanno svolto i numeri naturali nel­= r, z, 3, 7, rx, x9, 43, 67, r63 ) sfruttando relazioni intercorrenti tra differenti la maggior parte delle filosofie e delle religioni antiche, e in particolare, nei pita­funzioni L, corrispondenti a caratteri y differenti, e proprietà di approssimazio­ gorici e in tutti gli altri pensatori che hanno subito la loro influenza; questi ul­ne diofantina legate alla teoria dei numeri trascendenti; gli stessi metodi hanno timi non avevano che disprezzo per coloro che volevano infangare con bassepermesso di determinare i numeri d( o per cui h(K) = z (teoremi di Baker e preoccupazioni pratiche le gioie della contemplazione del Bello e del Vero cheStark). procurano le proprietà dei numeri a coloro che si dedicano al loro studio»

[Dieudonné e altri t978, I, p. ro ]. A distanza di piu di un secolo, sembra di ri­6.3. Corpi locali e corpi globali. sentire un detto di Kummer : la teoria dei numeri «ha per oggetto la matematica

stessa, senza riguardo alle sue applicazioni » [citato in Beli t937, trad. it. p. 5zr ].Una teoria analoga si può sviluppare per estensioni algebriche finite dei cor­ E sulle applicazioni della teoria dei numeri nelle sue formulazioni classiche epi F (X), corpi delle funzioni razionali su una curva algebrica definita sul corpo nell'impostazione attuale c'è chi, drasticamente, conclude : «Nessuna, almeno perfinito F . Per questi corpi si possono definire tutte le nozioni precedenti: adeli, il momento!» [valga per tutti Dieudonné x977, p. t7o ]. C'è dunque una spac­ideli, funzioni zeta, ecc. e i risultati si estendono con poche modificazioni. Di catura fra l'approfondimento delle proprietà che avvicinano il matematico «pu­fatto sono piu semplici a causa dell'assenza dei valori assoluti archimedei: cosi ro» odierno, non meno che il pitagorico, «alla contemplazione del Bello e del«la geometria algebrica consente spesso di dimostrare delle proprietà di questi Vero» e le applicazioni alle scienze empiriche. A parere di chi scrive, l'utilizza­corpi che conducono a congetturare proprietà analoghe (generalmente molto zione dei risultati di teoria dei numeri nella modellizzazione dei processi realipiu difficili a dimostrarsi ) per i corpi numerici» [Dieudonné 1977, p. 156]. Sotto può emergere solo per canali molto indiretti. Sviluppi astratti di una modelliz­il nome di corpi globali si designano talvolta le estensioni algebriche finite di Q zazione, a prima vista molto naturale (cfr. le osservazioni sviluppate a tale pro­e di F (X). «Lo studio di tali corpi K è inseparabile da quello dei corpi locali

p . posito nell'articolo «Modello» di questo stesso volume dell'Enciclopedia, in par­K che si ottengono da K completandolo rispetto ai suoi diversi valori assoluti : ticolare nel ) z), come quelli qui esposti costituiscono il banco di prova di me­il modo di procedere seguito nello studio di una questione concernente K con­ todi generali che investono anche settori delle matematiche piu direttamentesiste nella maggior parte dei casi a "localizzarla" considerandola innanzitutto coinvolti nella maternatizzazione delle scienze empiriche. Sotto questo profilo lasu un corpo locale; quindi a "globalizzare" i risultati ottenuti per i diversi K» sintesi delineata in questo paragrafo è davvero esemplare: teoria dei numeri e,

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per esempio, meccanica quantistica diventano insieme terreno privilegiato del­ dalle unità di misura fissate! Secondo problema dunque: che relazioni sussi­l 'applicazione della analisi armonica. Kummer pensava che i suoi fattori primi stono tra i diversi numeri che rappresentano — entro diversi sistemi di misura­

ideali rivelassero «l'essenza dei numeri complessi», rendendoli come trasparenti una stessa proprietà o relazione empiricamente determinabile>

e scoprendo «la loro cristallina struttura intima» [citato in Beli I937, trad. it.

P 5'7]. 7.r. I l primo problema fondamentale.Oggi noi forse non riteniamo piu che, poniamo, l'impiego di certi invarian­

ti rispetto a certe misure (cfr. sopra, pp. 94z sgg.) rivelino una qualche «essen­ Un abbozzo di risposta al primo problema sta già nell'idea pitagorica secondo

za»; ma possiamo a buon diritto credere che rendere sempre piu «trasparenti» cui ogni cosa «modella la sua natura sui numeri ». Un modo di interpretare que­

alcune situazioni, siano esse matematiche o empiriche, possa costituire un esem­ sta aAermazione consiste nel sostenere che certe situazioni empiriche hanno la

pio non banale di progresso scientifico. stessa struttura di certi sistemi numerici. I termini cruciali di questa reinterpre­tazione sono ovviamente tre: 'situazione empirica', 'avere la stessa struttura' e'sistema numerico'.

Dare «numeri » alle «cose». Si presupporranno qui alcuni concetti base della teoria degli insiemi (siveda del resto l'articolo « Insieme» in questa stessa Enciclopedia ). In questo con­

È questa, come qualcuno direbbe, « la posta in gioco» : dalla numerologia testo, si può identificare una «situazione empirica» con un sistema relazionale,

pitagorica alla meccanica quantistica (e, ancora una volta, l'accoppiamento non è e cioè con un insieme di oggetti su cui sono definite certe proprietà e relazio­

casuale: cfr. le considerazioni finali dell'articolo «Fisica» in questa stessa En­ ni, che nel caso dovranno risultare empiricamente determinabili. Potrebbe per

ciclopedia). Cosi il basare una porzione rilevante della modellizzazione del reale esempio trattarsi di un insieme di eventi e della relazione «x è almeno tanto pro­

su relazioni numeriche è stato via via la leva della «rivoluzione galileiana», lo babile di y, per il soggetto X». Piu formalmente un sistema relazionale (finitario)strumento di grandi sintesi scientifiche come quella di Newton (o di Einstein, è una sequenza finita della forma A = (A, R„ . . ., R ) dove A è un insieme non­o di Heisenberg), il segno della maturità di una scienza (Kant, per esempio) o vuoto di elementi detto dominio del sistema relazionale, e R„. . . , R„sono rela­

del distacco profondo dal «mondo della vita» (Husserl, Heidegger)... In questo zioni definite su A. Il sistema relazionale A è detto finito se A è finito ; altrimenti

senso teorie scientifiche e metafisiche infiuenti hanno giocato con i numeri, non infinito. Dal nostro punto di vista, un sistema relazionale non è che la codifica­

meno dell'antica gematria, tendenza «magica» ad associare ai numeri significati zione insiemistica di certi dati empirici di carattere qualitativo concernenti la

iniziatici. Le riflessioni che seguono mirano a chiarire l'elemento base di questo questione se date relazioni sussistono o meno tra opportune sequenze di og­

«gioco», l'assegnazione di «numerz'» a «cose>). La sfida — proprio come nel caso getti del dominio del sistema relazionale considerato. Si dice inoltre tipo di un

dei grandi problemi della teoria dei numeri — è contenuta, di nuovo, in una tesi sistema relazionale la sequenza finita di numeri naturali la cui lunghezza è pari

che Aristotele attribuisce ai pitagorici: «Pareva loro evidente che tutte le altre al numero di relazioni appartenenti al sistema relazionale e al cui i-esimo posto

cose modellassero sui numeri la loro intera natura e che i numeri fossero l'essen­ sta l'intero che rappresenta il numero di posti della relazione R, appartenente al

za primordiale di tutto l'universo fisico ; e per tutte queste ragioni essi concepi­ sistema relazionale.

rono gli elementi dei numeri come elementi di tutta la realtà, e l' intero cielo Per sistema numerico si intenderà qui semplicemente un sistema relazionale

come armonia e numero» [Metafisica, 985b, 33 - 986a, 3]. il cui dominio è costituito dall'insieme dei numeri reali o da un suo sottoinsieme.

Come negli sviluppi astratti considerati nei paragrafi precedenti si è rive­ Infine, dati due sistemi relazionali, A = (A, R„ . . ., R ), di tipo (m„ . . ., m„),lato cruciale il progressivo slittamento dalla successione dei naturali al continuo e B = (B, S„. . . , S„), dello stesso tipo, si dice che hanno la stessa struttura, o chelineare R o al continuo bidimensionale C, anche nella «aritmetizzazione» delle sono isomorfi, se e solo se esiste una funzione biunivoca f da A su B tale chesituazioni empiriche che viene esaminata in questo paragrafo l'estensione dal R;x,...x , se e solo se S.;f(x,)... f(x,), per i = r, z, ..., n.

caso dei naturali N ai reali R e ai complessi C solleva piu di un problema. Quan­ La condizione chef sia biunivoca è però troppo restrittiva agli e8etti del no­do si passa dalla semplice assegnazione di numeri naturali a collezioni finite di stro problema; accade infatti spesso che a piu oggetti venga assegnato uno stesso

oggetti ai casi piu complicati, tipo misurazione di masse, lunghezze, ecc., emer­ numero. Conviene perciò disporre di una nozione piu generale che si ottiene

ge questo primo problema: che cosa giustifica questo modo di procedere, che lasciando cadere il requisito chef sia biunivoca. In tal caso, si dice che i due si­conferisce ai numeri un ruolo privilegiato come strumento di comprensione stemi relazionali sono omomorfi.della natura? La natura sarà perciò davvero fatta ad immagine dei numeri in tutti e soli

D'altra parte, tali assegnazioni numeriche non sono in generale uniche: un quei casi in cui esiste un omomorfismo tra una data classe di sistemi relazionaliunico numero intero rappresenta la cardinalità di una collezione finita di og­ (empirici) e un appropriato sistema numerico. È questo il cosiddetto «problema

getti, ma quale numero reale rappresenti la lunghezza di una pertica dipende della rappresentazione» per una data classe di sistemi. La sua soluzione positiva

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Numero 946 947 Numero

— un teorema di rappresentazione — fa di questa classe una teoria della misura­zione, giustificando l'assegnazione di numeri alle proprietà e relazioni coinvolte. a) Assegnazioni numeriche ordinali. In q uesto caso ci si aspetta dai numeri

Il problema della rappresentazione risulterebbe matematicamente banale se che codifichino solo l'ordine di un dato insieme di oggetti rispetto a una dataqualunque classe di sistemi relazionali (di uno stesso tipo, chiusa rispetto ad iso­ proprietà empirica. Un esempio noto è la scala di Mohs per la durezza dei mi­morfismi ) fosse una teoria della misurazione, ammettesse cioè un omomorfismo nerali. Eccone una «ricostruzione razionale» che mette bene in luce le sue ca­in un sistema numerico. Un semplice controesempio stabilirà che questo non è ratteristiche concettualmente salienti. Si fissi come A. un certo insieme di mine­il caso. Sia K la classe di tutti i sistemi relazionali di tipo (z) che sono ordina­ rali, e come R la relazione «x è piu duro di y». Per rendere empiricamente de­menti semplici, tali cioè che R è antisimmetrica, transitiva e fortemente con­ terminabile questa relazione, Mohs propose di definirla nel modo seguente: xnessa. Sia (A, R) un elemento di K, tale che R bene ordina A, tale che cioè ogni è piu duro di y se e solo se x scalfisce y. Si fissi ora come sistema numerico l'in­sottoinsieme non-vuoto di A ha un primo elemento rispetto alla relazione R, e A sieme dei reali con l'usuale relazione di maggiore. Un modo ovvio per costruireha una cardinalità che non sia uguale o minore a quella del continuo. Si sup­ un omomorfismo f appropriato è : si sceglie un minerale a caso e gli si assegna unponga allora, per assurdo, che E sia una teoria della misurazione rispetto al si­ numero arbitrario Se ne sceglie un secondo, e si controlla quale dei due scal­stema numerico (Reali, $), dove S è una relazione binaria arbitraria. Dalla de­ fisce l'altro. Se il primo scalfisce il secondo, si assegna a quest'ultimo un qualsi­finizione di teoria della misurazione segue che esiste una funzione f da A su voglia numero minore, e se il secondo scalfisce il primo, un qualsivoglia numero(un sottoinsieme) dell'insieme dei reali tale che Rxy se e solo se Sf(x) f(y), per maggiore. Con il terzo si procede allo stesso modo, salvo nel caso in cui scalfiscatutti gli x e y di A. Siano a e b due elementi di A tali che f(a) = f(b). Dato che R uno dei due precedenti e sia scalfito dall' altro ; in questo caso gli si assegna unè un ordinamento semplice, vale o che Rab oppure che Rba. Si assuma che val­ numero arbitrario tra i due precedentemente assegnati. Non è difficile vederega Rab. Ne segue che Sf(a) f(b), e dato che per ipotesi f(a) = f(b), anche che che questa procedura può essere continuata indefinitamente, senza che le prece­

Sf(b) f(b), e infine che Rba. Ma R è antisimmetrica, dunque a = b. Questo im­ denti assegnazioni debbano essere riviste alla luce delle successive, grazie allaplica che f è biunivoca e quindi che A ha la stessa potenza di un sottoinsieme densità dell'insieme dei reali.dell'insieme dei reali, i l che contraddice la nostra ipotesi che A ha una po­ Una difficoltà che si potrebbe incontrare in questo caso è che potrebberotenza che non è minore o uguale a quella del continuo. esservi due minerali a e b tali che né a scalfisce b né b scalfisce a. Una possibilità

Ma che succede se si restringe E alla classe K' che contiene solo sistemi al naturale sarebbe di concludere allora che a e b sono ugualmente duri ed asse­massimo numerabili — caso che di fatto si verifica nella pratica della codifica­ gnare ad essi lo stesso numero. Tuttavia, se il test è insensibile a piccole dif­zione di dati empirici qualitativi? Si può dimostrare allora che esiste sempre un ferenze di durezza, ci si potrebbe trovare di fronte a tre minerali a, b e c, taliomomorfismo f del tipo richiesto. La ragione per cui questo risultato non ba­ che a sia duro tanto quanto b, b tanto quanto c, ma a piu duro di c, il che esclu­nalizza da un punto di vista empirico il problema della rappresentazione è che derebbe l'esistenza di un omomorfismo. Test di questo genere per la misurazio­il sistema numerico richiesto per ottenerlo è cosi «patologico» da non essere di ne ordinale sono perciò appropriati quando la loro sensibilità è maggiore dellealcuna utilità computazionale. Infatti, non appena si pongono su di esso alcune differenze tra i minerali sotto esame. Tuttavia, perché la funzione f cosi definitarestrizioni del tutto naturali in vista dello scopo principale dell'assegnazione di costituisca davvero un omomorfismo, la relazione «x scalfisce » deve godere dinumeri a proprietà e relazioni empiriche, e cioè la disponibilità di efficienti stru­ certe caratteristiche formali. Deve, per esempio, essere transitiva. Si suppongamenti di calcolo, non sempre esistono omomorfismi appropriati. infatti che non lo sia. Si potrebbero allora avere tre minerali a, b e c tali che a

In queste circostanze, il problema della rappresentazione diventa il proble­ scalfisca b, b scalfisca c, ma c scalfisca a. Si avrà allora, in base alla definizione dima di quali caratteristiche debbono godere date proprietà e relazioni empiriche f, f(a))f (b) ) f ( c ) ) f ( a ) , il che è impossibile. È perciò una delle difficoltà prin­per poter essere rappresentate numericamente in modo «naturale». Per quanto, cipali, quando si vogliono assegnare numeri a proprietà e a relazioni empiriche,contrariamente a un'opinione assai diffusa, vi siano vari sistemi di caratteristiche quella di interpretarle in modo tale che esse godano — di fatto — delle caratteri­che consentono tale rappresentazione, non sono correntemente noti molti me­ stiche formali che consentano un omomorfismo del tipo voluto. È precisamen­todi di costruzione di omomorfismi appropriati, di omomorfismi cioè che con­ te questo il cosiddetto «problema dell'assiomatizzazione»: quali caratteristichesentano l'immersione di sistemi relazionali empirici in sistemi numerici «na­ formali debbono essere soddisfatte dalle proprietà e relazioni empiriche con­turali», almeno se ci si limita a prendere in considerazione i metodi «fondamen­ siderate perché esista un omomorfismo del tipo voluto? Si illustrerà questo pro­tali», che non dipendono cioè da precedenti assegnazioni numeriche. Per esem­ blema con un esempio semplice. Come d'uso, per A insieme e R relazione bina­pio, la lunghezza ammette un metodo di misurazione fondamentale, mentre la ria su A, si dice che (A, R) è un ord ine debole se e solo se, per tutti g l idensità dipende per la propria misurazione da una precedente misurazione di x,y,zeA, vale: x ) Rxy o Ryx; z) se Rxy e Ryz, allora Rxz. L' insieme deimassa e volume, essendo definita come il rapporto fra massa e volume. Di tali reali con l'usuale relazione di ( è un ordine debole, che soddisfa inoltre la con­metodi fondamentali ne sono stati distinti essenzialmente tre. dizione: se Rxy e Ryx, allora x =y. Un ordine debole che soddisfa anche que­

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Numero 948 949 Numero

sta condizione viene detto semplice o totale. Si può allora dimostrare il seguente che il secondo è Io volte piu duro del primo. La ragione è che tale omomorfismoteorema: non è unico, ovvero che tali numeri sono del tutto arbitrari eccetto che per la

TEQREMA DI RAppREsENTAzIQNE (Krantz, Luce, Suppes, Tversky). Sia A. loro proprietà di conservare l'ordine degli oggetti considerati rispetto alla pro­

un insieme non-vuoto finito e (A, R) un ordine debole. Esiste allora unafunzione prietà o relazione empirica considerata.

f a valori reali tale che per ogni x,yeA, Rxy se e solo sef(x) ( f (y).b) Assegnazioni numeriche basate sul conteggio delle unità. Se su un insieme

Questo teorema stabilisce dunque che la classe di tutti gli ordini deboli finiti di oggetti risulta definita non solo una relazione d'ordine, ma inoltre un'opera­

è una teoria della misurazione relativamente al sistema numerico ( Reali, ( ) . zione di «concatenazione», diventa allora possibile pensare agli oggetti consi­

La sua dimostrazione esemplifica una delle tecniche principali per dimostrazioni derati come costituiti da un certo numero di «unità» ed utilizzare questo numero

di esistenza di ornomorfismi, e inoltre illustra la relazione tra assiomi e proce­ come misura della proprietà corrispondente alla relazione d'ordine considerata.

dure di misurazione. Essa dà anche un metodo per costruire un omomorfismo È proprio questo il modo di procedere usuale con grandezze come la massa, la

del tipo voluto, metodo che costituisce precisamente la procedura di misura­ lunghezza, ecc. Si veda l'esempio della lunghezza. In questo caso A è un insie­

zione. me di pertiche rigide e diritte, e R è relazione «x è piu lunga di y». Ovviamente,Il primo passo consiste nell'associare all'ordine debole dato un ordine sem­ si dirà che x è piu lunga di y se, una volta sovrapposte in modo che coincidano a

plice, identificando tutti gli elementi di A tali che Rxy e Ryx. A partire da R, una delle loro estremità, x si estende oltre y all'altra estremità. Nel caso in cuisi definisce perciò una nuova relazione, I, nel modo seguente: Ixy se e solo se coincidano anche all'altra estremità, si dirà invece che hanno la stessa lunghez­

Rxy e Ryx. Non è difficile dimostrare che I è una relazione di equivalenza. Si può za. Fino a questo punto, si ha a che fare con un ordine debole. Non è però dif­

perciò formare l'insieme quoziente di A rispetto a I, A/I, e denotare la classe di ficile definire in questo caso un'operazione di concatenazione. Si dirà che la per­

equivalenza determinata da ye A, con [y]. L'ordine debole R induce allora un tica z è il concatenato delle pertiche x e y se z è la pertica che risulta disponendo

nuovo ordine R' su A /I ponendo: R'[x][y] se e solo se Rxy. È facile dimo­ x e y in linea retta estremità a estremità, e si denoterà z con «x c y». Data questa

strare che R' è un ordine semplice. interpretazione dell'operazione di concatenazione, è intuitivamente chiaro che

Ora, se la funzionef del teorema esiste, essa deve necessariamente assegnare eventuali assegnazioni numeriche dovranno soddisfare condizioni addizionali

lo stesso valore a tutti gli elementi di una data classe di equivalenza. Si supponga rispetto a quella precedentemente considerata. Siano per esempio a„a, , a, ,. . .

infatti che Ixy; allora Rxy e Ryx; dunque f(x) ( f(y), e f(y) ( f(x), che implica copie perfette l'una dell'altra, e si supponga valido che a, o a, è piu lungo di b

f(x) = f(y). Nella costruzione di f ci si deve preoccupare semplicemente del fatto e che b è piu lungo di a,. Come prima, ci si aspetta che f sia tale che f(a, o a,) oche essa rispetti l'ordine tra le varie classi. Basterà perciò costruire una F dall'in­ )f (b)) f (a,) = f(a,), ma ora ci si aspetta anche che f(a, o a,) = f(a,)+f(a,) =

sieme-quoziente nell'insieme dei reali tale che R' [x][y] se e solo se F([x])( = zf(a,).~F([y]), La f voluta risulterà determinata allora ponendo f(x) = F([x]). Anche in questo caso, il problema è quello di determinare di quali caratte­

Questo riduce il problema della rappresentazione per gli ordini deboli a ristiche debbano godere la relazione R e l'operazione di concatenazione perché

quello per gli ordini semplici. Si definisce allora F ([x]) ponendolo uguale al esista un omomorfismo del tipo voluto. Si considera qui il caso dei cosiddetti si­

numero di classi di equivalenza [y] tali che R'[x][y], che cioè precedono [x] stemi estensivi. Innanzitutto, un sistema estensivo è un sistema relazionale

rispetto a R'. Si noti che la condizione di finitezza è essenziale perché questa de­ (A, R, o), in cui R è una relazione binaria, o è un'applicazione di A x A ad Afinizione abbia senso. Infatti, essa implica che tali classi sono necessariamente in che soddisfa le seguenti condizioni per tutti gli x, y e z in A :

numero finito. I ) Se Rxy e Ryz, allora Rxz.Non è difficile, infine, verificare che F è un omomorfismo. z) R ((x c y) <> z)(x c (y c z)).Questo teorema si estende senza difficoltà agli ordini semplici numerabili, 3) Se Rxy, allora R(x o z) (z o y).

semplicemente rafFinando il metodo di costruzione delineato per la scala di 4) Se non Rxy, allora esiste uno z in A tale che Rx(y c z) e R(y o z)x.Mohs. 5) Non si dà il caso che Rx (x c y).

Si è detto che un teorema di rappresentazione giustifica l'assegnazione di nu­ 6) Sia nx definito induttivamente nel modo seguente:meri a ben specificate situazioni empiriche. In generale, tuttavia, non giustifica a) Ix = xaffatto un'interpretazione «essenzialistica» di tale assegnazione, in base alla qua­ b) (n+ I )x = nx o x.le i numeri assegnati catturerebbero l'intera essenza della proprietà o relazione Se Rxy, allora esiste un n tale che Ry (nx).empirica misurata. Nel caso di assegnazioni numeriche ordinali sarebbe peresempio del tutto fallace concludere, dal fatto che, sotto un particolare omo­ I )-6) implicano in particolare che R è un ordine debole. La sua interpretazione

morfismo, un minerale a ha una durezza pari a Io e un minerale b pari a ioo, nel caso della lunghezza è «x è meno lungo di y oppure ha la stessa lunghezza

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di y», dato che è tecnicamente piu semplice lavorare con questa relazione piut­ Qualunque soluzione di questo sistema in cinque incognite ci darà allora un in­tosto che con quella prima considerata «x è piu lungo di y». L' interpretazione sieme di valori possibili per xn ..., X». Naturalmente, questo metodo può esseredell'operazione di concatenazione resta invece la stessa. generalizzato e risulta particolarmente comodo quando, pur essendo ragione­

Se a questo punto si sceglie come sistema numerico l'insieme dei reali posi­ vole assumere l'esistenza di un omomorfismo appropriato, o essendo addirit­tivi con l'usuale relazione d'ordine e operazione di addizione, si è in grado di di­ tura in grado di dimostrarla, è troppo complesso mettere in atto una proceduramostrare il seguente di misurazione basata su sequenze standard.

TEQREMA DI RAPPREsENTAzIQNE. Se (A, R, o) è un sistema estensivo, alloraesiste una funzionef da A dei reali positivi tale che per tutti gli x e y in A : 7.z. Il secondo problema fondamentale.

I ) Rxy se e solo se f(x) ( f(y); Si tratta qui di rispondere alla domanda: in che misura una data assegnazio­

z)f(x y) = f(x)+f(y) ne numerica è convenzionale e in che misura invece rispecchia l'«essenza» dellaproprietà misurata? E inoltre: in quanto un'assegnazione è convenzionale, altre

L'idea della sua dimostrazione (Krantz, Luce, Suppes, Tversky ) — che qui assegnazioni saranno ugualmente accettabili. Che relazioni devono sussistere tranon viene riportata — consiste nella sua riduzione a un teorema di Holder ( I9oI ) queste assegnazioni alternative? Questo punto di vista consente una classifica­concernente i gruppi archimedei semplicemente ordinati. I l passo principale zione particolarmente interessante degli omomorfismi da un sistema relazionaledella riduzione consiste di nuovo nella definizione di un'opportuna relazione di a un sistema numerico. Per usare una terminologia piu familiare, si introdurràequivalenza su A x A: I ' (x,y)(rc,z) se e solo se I(x o z)(y o 3c), dove Ixy è de­ la nozione di scala. Per scala si intenderà una tripla costituita da un sistema re­finito come al solito con Rxy e Ryx. Utilizzando I', è allora possibile costruire lazionale, un sistema numerico e una funzione f che stabilisce un omomorfismoun nuovo sistema relazionale che risulta un gruppo archimedeo semplicemente tra i due. Diverse scale saranno allora caratterizzate dalla relativa unicità dellaordinato. funzione f, e cioè dalla relazione che sussiste tra i vari omomorfismi dal sistema

Il teorema stabilisce allora che la classe di tutti i sistemi estensivi è una teo­ relazionale dato al sistema numerico dato. Questa nozione può essere resa pre­ria della misurazione rispetto all'insieme dei reali positivi con l'usuale ordina­ cisa mediante la nozione di trasformazione ammissibile. Si suppongano fissatimento e operazione di addizione. Fortunatamente esso può essere generalizzato sia il sistema relazionale A sia il sistema numerico, che per comodità si deno­in varie direzioni in modo da renderlo applicabile ai sistemi estensivi con cui si terà con B. Sia infine (A, B, f ) una scala. Si dice allora che G è una trasforma­ha effettivamente a che fare nella pratica. La generalizzazione piu interessante zione ammissibile se e solo se (A, B, G( f )) è di nuovo una scala.da questo punto di vista riguarda il caso di quei sistemi in cui l 'operazione diconcatenazione non è definita su tutto A. a) Scale assolute. Le scale assolute sono quelle caratterizzate dall'unicità

dell'omomorfismo. Questo implica che la trasformazione ammissibile è quella

c) Assegnazioni numeriche basate sulla soluzione di diseguaglianze. Si sup­ identica per cui G( f )= f. Il contare, l'assegnazione cioè di un numero interoponga di avere a che fare con un sistema estensivo per cui si dispone dei se­ ai membri di un dato insieme finito, è un esempio non controverso di scala as­guenti dati qualitativi, dove Rsxy sta per Rxy e non Ryx : Rs(x, o x»)(x3 o x4) ; soluta: dato un insieme finito di oggetti, esiste un unico numero intero che rap­Rs(x» o X4)(xl o X3) ; Rs(x, o x»)x»i Rsx»X4, Rsx4x3; Rsx,x»; Rsx»xn presenta la sua cardinalità.

Ora, assumendo che un omomorfismo f da questo sistema estensivo in (Realipositivi, ( , + ) esista, si è qui interessati a determinare i valori che esso assegna b) Scale ordinali. So no quelle che si situano all'estremo opposto delle scaleagli elementi di A considerati. Sia allora r,. il valore (incognito) che esso assegna assolute. Come già si è notato, sono totalmente convenzionali eccetto che per

a x;, i = I , . . . , 5. I dati qualitativi precedenti determinano allora il seguente si­ l'ordine. Questo implica che le trasformazioni ammissibili devono essere mono­

stema di diseguaglianze lineari : tone, devono cioè soddisfare una delle due seguenti condizioni:

I ) se f(x)(f(y), allora G(f(x))(G( f ( y)), oppureri+ r» — l'3 — l'4) O z) se f(x)(f (y), allora G(f(x))>G(f (y)).r3+ r4 — rl — r3) or,+r» — r»)o Le scale ordinali vengono perciò dette uniche a meno di trasformazioni mo­r» — r4>o notone.r4 — r3> or3 — l») O c) Scale di rapporti. Al cune delle piu importanti scale fisiche sono scale dir3 — rt) O . rapporti, come la scala per la lunghezza, la m assa, ecc. In questo caso, la compo­

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Numero 95z 953 Numero

nente convenzionale è ristretta alla scelta di un'unità di misura, come si è visto [Thom i98o, cap. Iv ]... In altri articoli della presente Enciclopedia (come «Con­nella nostra discussione dei sistemi estensivi. Quel che risulta dunque determi­ tinuo /discreto» e, per gl i aspetti calcolistici e meccanici, ancora «Calcolo»,nato univocamente sono i rapporti f(x)/f(y). Perciò, se A è un sistema estensivo «Automa» e «Analogico/digitale») sono esaminate queste tematiche articolatee (A, B, f) è la scala corrispondente, dovef è un'assegnazione numerica basata tra «applicazione» e « fondazione». Qui è sufficiente osservare, trasferendo unsulla scelta di u come unità, e (A, B, f ') è un'altra scala, dove f ' è un'assegnazio­ detto celebre di Mi]l, che la pluralità dei punti di vista, «è un bene e non unne numerica basata sulla scelta di u' come unità, si avrà f(x)/f(u)= f'(x)/f'(u'), male». C'è piu di un architetto per la nostra città, ci sono piu vie per risponderee quindi, dato che f(u) = r, f(x) = f'(x)/f'(u'). Ponendo f(u') = k, si ottiene al­ alla domanda «Cos'è un numero>» [G. G. e M. M.].lora f'(x) = kf(x). Trasformazioni G tali che G(f (x)) = kf(x), con k) o , ven­gono dette trasformazioni di similarità. Si dimostra facilmente che se A è un si­stema estensivo e (A, B, f) una scala, allora lo è anche(A, B, f') se e solo seesiste un k)o tale che f'(x) = kf(x). Le scale di rapporti sono quindi uniche a Bauer, H.

meno di trasformazioni di similarità. [tg74] Aspects of Modem Potential Theory, in Proceedings of the International Congress of Ma­thematicians, Vancouver B.C. ?974, voi. I, Canadian Mathematical Congress, Montreal'975 PP- 4t -55.

d) Scale di intervalli. Du e esempi importanti di scale di intervalli sono Beli, E. T.quelle per la temperatura e per l'utilità. In questo caso, la componente conven­ t937 Men of Mathematics, Stmon and Schuster, New York (trad. it. Sansoni, Firenze tg66),

zionale è costituita non solo dalla scelta di un'unità di misura, rna anche di Bloor, D.un'origine. Quel che risulta perciò univocamente determinato sono i rapporti fra tg76 Kn o reledge and Social Imaginery, Routledge and Kegan Paul, London.

intervalli, nel senso che se (A, B, f) è una scala, allora lo è anche (A, B, f ' ) , Bombieri, E,

dove: tg76 Hi l b e rt 's gth Problem: an Analogue, in Browder tg76, pp. z6g-74.

Bourbaki, N.r g6o El éments d'histoire des mathematiques, Hermann, Paris (trad. it. Feltrinelli, Mi lano t g63).

Browder, F.sg76 (a cura di) Ma t hematical Developments Arising from Hi lbert Problems, A merican Ma ­

Trasformazioni che soddisfano questa condizione vengono dette affini e definite thematical Society, Providence R.I.

come segue: G (f(x)) = kf(x)+m, dove k)o . Per esempio la relazione tra la Chandrasekharan, K.

scala Celsius e quella Fahrenheit è determinata dalla seguente trasformazione: [ tg74] The Worh of Enrico Bombieri, in Proceedings of the International Congress of Mathema­ticians, Vancouver B.C. r974, voi. I, Canadian Mathematical Congress, Montreal lg75,

C = (5/9) (F — 3z). PP 3 « ­Courant, R.

tg5o Di r i c h let's Pr inciple, Conformal Mapping and M in imal Sur faces, Interscience, NewYork - London.8, In v ece della conclusione.

Dickson, L. E.[tgtg-z3] Hist ory of the Theory of Numbers, 3 voli., Carnegie Institution of Washington,

Le questioni delineate nel paragrafo precedente sottendono l'impiego dei Washington ; ed. Chelsea, New York sg5z.numeri come strumento essenziale e di conoscenza e di azione (cfr. «Modello» Dieudonné, J.di questo stesso volume e, ancora, nell'Enciclopedia, gli articoli «Dato» e «Mi­ 1977 Panorama des mathématiques pures. Le choix bourbachique, Gauthier-vi l lars, Paris.

sura») : quanto si è trattato negli altri paragrafi (in particolare $ ) 4, 5, e 6) con­ Dieudonné, J., e altri

cerne soprattutto il ruolo e i nessi fondamentali dei numeri con altri concetti tg78 Ab r égé d'histoire des mathématiques(ryoo-rgoo), Hermann, Paris.

base delle matematiche. I due aspetti spesse volte si sono accavallati (si pensi alle Ellison, W. J., e Ellison, F.

considerazioni dei primi tre paragrafi) facendo emergere insospettate connes­ 1978 Théorie des nombres, in Dieudonné e altri tg78, voi. I, pp. t65-334.

sioni (per esempio, crisi del pitagorismo concomitante alla scoperta dell'irra­ Eulero, L.[ t75t] Dé couverte d'une loi toute extraordinaire des nombres par rapport à la somme de leurs di­zionale, ) z; questioni evidenziate alla fine del ) 6, ecc.). E su questi «snodi», viseurs, in Opera omnia, Teubner und Ore l l -Fùssli, Leipzig-Berlin-Zi ir ich t g t t -57,

per riprendere la metafora di p. 93r e ampliarne la portata, si tende a inserire Uoj. I I p p . ?40-53.

quella gamma di «giustificazioni» e di «fondazioni» del numero che le diverse Gauss, C. F.

filosofie hanno via via elaborato, Dalle giustificazioni psicologistiche dei naturali t8ot Di sq u is it iones arithmeticae, Fleischer, Le ipzig.

al programma logicista di un Frege o di un Russell fino all'idea di chi oggi, ro­ Grua, G.tg48 (a cura di) Textesinédits de Leibniro Presses Universitaires de France, Paris.vesciando una tradizionale impostazione, vede nel continuo la nozione primaria,

Heath, Th. L.«la struttura soggiacente» in grado di «generare» le stesse «strutture discrete» t ga t A H i s tory of Greek Mathematics, Clarendon Presa, Oxford.

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Nutnero 955 Numero954Hilbert, D.

t9oo M at h ematische Probleme. Vortrag, gehalten auf dem Internationalen Mathematiker Kon­ Per tutta la sua storia l 'uomo è stato affascinato dai numeri e pressoché ogni civi l tàgress zu Paris rqoo, in «Nachrichten von der Kán igl ichen Gesellschaft der W issen­schaften zu Gott ingen, Mathematisch-physikalische Klasse», pp. 253-97 (trad. ingl. in (cfr. anche cultura/culture) ha prodotto i suoi esperti di aritmetica, quella che GaussBrowder 1976, pp. s-34). chiamava «la regina delle matematiche»: prima che di matematici spuri » si è trattato di

Katz, N. M. maghi e stregoni (cfr magia, stregoneria), cabalisti (cfr. cabala), compilatori di calen­t976 An O vervierc of Deligne's Proof of the Riemann Hypothesis for Varieties over Finite Fields dari (cfr. calendario, ma anche ciclo e periodizzazione), astrologi (cfr. astrologia),

(Hilbert's Problem 8), in Browder 1976, pp. z75-3o6. preti (cfr. religione), creatori di miti e/o di filosofie (cfr. mythos/logos, filosofia/filo­Klein, J. sofie), tecnici esperti della misura dei terreni, cioè «geometri» nel senso originale del

t934-36 Di e g r iechische Logistik und die Entstehung der Algebra, in «Quellen und Studien zur termine (cfr. però anche geometria e topologia). Il numero appare del resto una delleGeschichte der Mathematik, Astronomie und Physik», sezione B, IH, s, pp. t8-ro5, nozioni piu comuni e familiari della mente e, comunque, una componente fondamentalee z, pp. 12?-235 ; ed. ingl. Greek Mathematical Thought and the Origin of Algebra, Mi tPress, Cambridge Mass. t968. del linguaggio (cfr. anche apprendimento). Ma la sua articolazione nel contesto delle

Kline, M. matematiche e la scoperta dei suoi nessi con altre nozioni di base rivela il ruolo sempre

t97z Ma th e matical Thoughtfrom Ancient to Modem Times, Oxford University Presa, New piu rilevante dell'astrazione (cfr. astratto/concreto). Gli stessi sviluppi della notazioneYork. (cfr. segno, simbolo, scrittura), l' introduzione dello zero, la creazione dei vari sistemi

Kuhn, Th. S. numerici — numeri interi, razionali, reali, complessi —, le questioni di fondo dell'approssi­1962 Th e S t ructure of Scientific Revolutions, University of Chicago Press, Chicago (trad. it mazione numerica, le estensioni piu o meno ardite (per esempio la costruzione dei «nu­

Einaudi, Torino t976 ). meri transfiniti»: cfr, infinito), la cosiddetta aritmetizzazione dell'analisi e della geome­t976 The ory-change as structure-change, in «Erkenntnis», n. to, pp. s79-99. tria (cfr. continuo/discreto) e infine la stessa questione dei fondamenti dell'aritmeticat977 The Essential Tension. Selected Studies in Scientific Tradi t ion and Change, University

of Chicago Presa, Chicago.(cfr. insieme e logica), si sono via via intrecciati con le esigenze del calcolo (cfr. anche

Lakatos, I.algoritmo). Lo sv i luppo di opportuni s trumenti matematici (cfr. curve e superfici,

[s96r-74] Pr o o fs and Refutations. The Logic of Mathematical Discovery, Cambridge Universityfunzioni, applicazioni e, piu in generale, strutture matematiche) ha d'altra parte

Presa, London r976 (trad. it. Feltrinelli, Mi lano 1979). consentito una vasta problematica interna alla matematica stessa, la teoria dei numeri

Leibniz, G. W. (per aspetti specifici cfr. in particolare divisibilità, razionale/algebrico/trascenden­[t7oz] Specimen novum analyseos, in Mathematische Schriften, voi. V, Schmidt, Ha l le s858, te). Se alcune delle «sfide» piu stimolanti per l ' intell igenza dei ricercatori provengono

PP. 35o-6t. proprio da questo settore, non va dimenticato il ruolo essenziale svolto dai numeri nellaMontgomery, H. L. modellizzazione (cfr. modello, teoria /modello) del reale, nelle discipline piu svariate

t976 Pr o b lems Concerning Prime Numbers (Hilbert's Problem 8), in Browder 1976, pp. 3o7-to. (cfr. disciplina/discipline), dalla astronomia e dalla fisica alle scienze del vivente (cfr.Newton, I . gene, vita) e alle stesse scienze sociali (cfr. economia, società). Gli sviluppi dei mezzi

s7o7 Ar i t h metica universalis; s ive, De compositione et revolutione arithmetica liber, Tooke, tecnici connessi al calcolo (cfr. abaco, automa, analogico/digitale e, per aspetti piuLondon. generali, strumento, macchina e tecnica) hanno permesso di sofisticare, talora in mo­

Péter, R. do estremamente sottile, i procedimenti via via seguiti (cfr. metodo) per «dare numeri1957 ji a tek a vegtelennel, Matematikai kivùlálloknak, Bibliotheca, Budapest (trad. it. Feltri­ alle cose».

nelli, Milano I 973).Richards, I.

r978 Nu m ber Theory, in L. A. Steen(a cura di), Mathematics Today. TrcelveInformal Essays,Springer, Berlin - Heidelberg - New York, pp. 37-64.

Riemnan, B.I 859 Ube r die An zahl der P r imzahlen unter einer gegebenen Grosse, in «Monatsberichte der

Berliner Akademie», pp. 67t-8o.Stevin, S.

s585 L' A r i t h metique de Simon Stevin de Bruges, contenant les computations des nombres arith­metiques ou vulgaires; aussi l'algebre, avec les equations de cinq quantitez, Plantin, Leiden.

Thom, R.t97t Mo d è les mathématiques de la morphogenèse, Accademia nazionale dei Lincei, Scuola nor­

male superiore, Pisa.198o Pa r abole e catastrofi, Il Saggiatore, Milano.

Vallée, R.s979 I n t e rvento nella discussione di R. Thom, Mo délisation et scientijicité, in Elaboration et

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t936 E i nfi ihrung in das mathematische Denken, Gerold, Wien ( trad. it. Boringbieri, Tor inoL 965).

Page 122: Calcolo -  Enciclopedia Einaudi [1982]

r3I9 Zero

Zero rappresentato da una scatola vuota. È allora abbastanza facile ricavare le sueproprietà aritmetiche: se si indica la scatola vuota con l'usuale simbolo o siha subito, per ogni naturale n, n +o = n, poiché n+-o indica l'addizione di unascatola n con la scatola vuota (cfr. fig. rd). Per n o = o bisogna riflettere forse

«ro Puoi descriverlo a parole? ~) r.sr È tutto ( qualche istante di piu : tuttavia n x o altro non è che una scatola senza colonne

è nulla ) è la morte ~ la morte meccanica degli es­ e una scatola senza colonne è appunto una scatola vuota...

seri umani ( un buco nero ~ Zero», Proprio una rappresentazione «concreta» dei numeri (naturali) e delle ope­[Laing rg76, trad. it. p. 32]. razioni fondamentali cosi «rudimentale» mostra come nella «leggera estensione»

non ci sia apparentemente alcuna difficoltà, alcun mistero. Eppure intere cul­ture, dotate talora di .una matematica progredita e sofisticata, non sono state

r. Premessa. La «scatola vuota». in grado di, o hanno esitato a, compierla; altrove la comparsa dello zero ha

La teoria matematica dei numeri naturali (r , z, 3, 4, ecc.) si basa sul fattocostituito l'intrusione di un vero e proprio «sovversivo» dalla Legge R ordinematematici... Col senno di poi, tutto sembra ridursi a un'agile combinatoria...

che le operazioni fondamentali per tali numeri sono regolate da ben determina­ Secondo un celebre aneddoto, però, uno dei piu sottili indagatori del concettote « leggi». Un modello concreto che bene si presta a metterne in evidenza la ba­ di numero, Richard Dedekind, immaginava gl'insiemi semplicementecome deise intuitiva può venir costruito come segue [cfr. Courant e Robbins r 94r, trad. sacchi contenenti determinati oggetti, mentre il creatore della teoria degli in­it. pp. 35 sgg.]. Invece di usare i soliti simboli r, z, 3, 4, ecc. si possono rap­ siemi, Georg Cantor, quando diede a conoscere la sua rappresentazione di unpresentare i numeri che indicano gli oggetti di dati insiemi come insiemi di insieme, «drizzò la sua colossale figura, descrisse con il braccio alzato un gestopalline poste in apposite scatole rettangolari, una pallina per ciascun oggetto grandioso e disse con uno sguardo sperduto nel vuoto : "lo immagino un insieme(cfr. fig. r) . È immediato, allora, interpretare le operazioni sui naturali: peresempio, per addizionare due numeri interi m e n si possono porre le scatole

come un abisso" » [cfr. Meschkowski r96o, trad. it. pp. 6z-63]. Segno di qual­

corrispondenti l 'una accanto all'altra e si r imuove quindi la parete divisoriacosa e, allo stesso tempo, «segno di niente», dunque «detestabile figura» [cfr.Badiou r969, p. x64], lo zero ha, in particolare, il suo proprio «abisso». Per

comune (cfr. fig. ra) ; per moltiplicare m e n si forma una nuova scatola con mrighe, ciascuna composta di n palline, ottenendo cosi anche n colonne, ciascuna

gettarvi almeno uno sguardo, sarà opportuno tornare indietro nel tempo, amolto prima della vittoria della concezione attuale di che cosa «sono» i numeri

composta di m palline. Le «leggi dell'aritmetica» vengono dunque a corrispon­ a molto prima anche dello scambio di battute tra Dedekind e Cantor, a primadere a proprietà di queste scatole (cfr. figg. rb, rc). ancora della stessa affermazione e diffusione dello zero — come concetto e come

Si può anche «leggermente estendere» [ibid., p. 37] il dominio dei naturali simbolo — nella matematica dell'Occidente.rappresentati da scatole di palline introducendo un nuovo «numero», lo zero,

• • • • Il nulla e Fredegiso.• • • •

• • • • • X • • • • • • • •

• • • •

• • • •

C'era una volta, nei secoli «bui» del medioevo, l'abate Fredegiso di Tours

a) (morto appunto nell'834), la cui fama è legata principalmente a una Epistolade nihilo et tenebris [in Migne, Patrologia latina, CV, coli. 75I-56 ], in cui, dettoin breve, da una interpretazione letterale del Genesi, là ove si aflerma che Dio

• • • • • • •

(HZ + ~ ) = + Cl = ~ha creato il mondo dal nulla (ex nihilo), si conclude che il nulla è qualcosa di

• • • • • • •reale. Ora, qualcuno, come De Wulf nella sua Histoire de la philosophie mé­diévale (r9z5), liquida gli argomenti di Fredegiso come semplici enfantillages

c) o sophismes verbaux. Altri storici del pensiero medievale sono piu clementi e

Figura r . li valutano come qualcosa di piu che «un puro esercizio di abilità dialettica»

Un modello «concreto», per molti versi analogo all'antico abaco, per l'interpretazionc[cfr. per esempio Vasoli r 96r, p. 53]. Comunque pare «piu facile sorridere della

delle operazioni aritmetiche fondamentali (sull' insieme dei naturali) [Courant e Robbins soluzione di Fredegiso, che non trovarne un'altra di maggior consistenza» [Gey­ry4t, trad. it. p. 36]. Esso consente un'agevole e intuitiva realizzazione di molte «leggi monat I952, ed. r953 p. ro3],dell'aritmetica». In a) è interpretata l'addizione, in b) la moltiplicazione, c) offre un im­mediato riscontro della legge distributiva, e d) i l lustra infine una proprietà aritmetic; )

Infatti: Fredegiso si pone la domanda «nihilne aliquid sit, an non», se cioè

dello zero, quella di essere elemento neutro per l'addizione (esempio: g +o =g ). i l nulla (nihil) sia qualcosa(aliquid) oppure no. Ora, «si quis responderit

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Zero I320 I32I Zero

"Videtur mihi nihil esse", ipsa ejus quam putat negatio compellit eum fate­ anche quando viene collocato prima di un numero, non lo cambia, scrivere o3ri aliquid esse nihil, dum dicit "Videtur mihi nihil esse". Quod tale est qua­ è come scrivere 3, e anche qui lo zero è nulla, nullafigura! Ma se si scrive losi dicat "Videtur mihi nihi l quiddam esse" » [Epistola de nihilo et tenebris, in zero dopo un numero, esso moltiplica allora improvvisamente il numero perMi ne, Patrologia latina, CV, col. 75I]. Il latino barbaro e scolastico di Fre­ dieci: 3o = 3 x Io. Cosi, ora, zero è qualcosa, qualcosa di incomprensibile madegiso è quasi trasparente: perché si possa predicare qualcosa di un soggetto, potente, se pochi 'nulla' possono mutare un piccolo numero in uno grandis­questo soggetto deve essere qualcosa di determinato. Poiché « tutti siamo con­ simo» [Menninger I957, trad. ingl. p. 422].vinti di poter parlare sensatamente del "nulla", di intenderei fra noi allorché Ancora nel xv secolo, a piu di duecento anni da quando Leonardo Pisanousiamo questo termine... esso deve avere per noi un significato ben determinato : (Fibonacci) nel suo Eiber Abaci ( Izoz) aveva annunziato che con le «novem"nihil aliquid significat". Proprio questo fatto però, che esso significhi qual­ figure Indorum» e con «hoc signum o, quod arabice chepirum appellatur» sicosa, che denoti un'effettiva realtà, sembra particolarmente ripugnante al pen­ scriveva in linea di principio qualsiasi numero, un autore francese definiva losiero comune» [Geymonat I952, ed. I953 p. Ioz]. I l «coraggio» di Fredegiso zero «une chiffre donnant umbre et encombre», un segno che produce con­sta nel concludere l'esistenza del nulla sfidando tale «ripugnanza» e sancendo fusione e difficoltà: altri, nel constatare che ogni aggiunzione di o dopo un nu­questo scandalo dell'ontologia e della logica. Certo, come osserva Gilson [ I944, mero appunto lo moltiplica per dieci, riscontrava con meraviglia che essotrad. it. . 236 in particolare], si rivelerebbe qui una concezione della logica e «ommia ex nichillo creat, conservat atque gubernat » [citati ibid., pp. 4zz, 423].del linguaggio integralmente realistica. L'interesse maggiore risiede però nel Carico talora di pregnanza entro la «metafisica cristiana», visto ora quasi comefatto che tale realismo si manifesta proprio in riferimento a una specifica i ea, un demone, ora quasi come un dio, lo zero, entro il contesto dell'arte del cal­appunto quella del nulla. Sia lecito un accostamento. Hegel, Scienza della colo, realizzava appunto la violazione del ex nihilo nihil fit, la proposizione inlogica [ I8I2- I6 ]: «Quando la metafisica posteriore, soprattutto la cristiana, cui, alternativarnente, si può scorgere o «la vana tautologia che nulla è nulla»ri ettò la r oposizione che dal nulla venisse nulla, essa affermò un passaggio o l'esclusione di «alcun effettivo diven i r e » [Hegel I8I2-I6, trad. it. I, p. 72 ].dal nulla nell'essere. Per quanto, ora, questa proposizione fosse a

' pMa da dove veniva questo «sovversivo»? La risposta non è facile, il suo

sinteticamente o in guisa semplicemente rappresentativa, pur nondimeno anche cammino è tutt' altro che pacifico e lineare. Nelle pagine immediatamente se­nella piu imperfetta unione è contenuto un punto in cui l'essere e il nulla coin­ guenti si delineeranno allora alcuni momenti di questo cammino, senza pretesacidono, e la differenza loro sparisce... Cosi perfino in Dio la qualità, cioè l'at­ alcuna di completezza, ma con maggior sensibilità per quelli in cui maggior­tività, la creazione, la potenza ecc., contiene essenzialmente la determinazionc mente si dispiegano umbre et encombre, cioè le di%coltà concettuali che all'uso edel negativo; coteste qualità consistono nella produzione di un altro» (trad. it. alla definizione dello zero si sono via via legate, a causa del suo, come si è detto,

statuto ambiguo: segno di una mancanza o mancanza di segno.'e[cfr. del resto leosservazioni di Badiou I969].

Zero: mancanza di segno o segno di una mancanza,p3.I. La «lacuna» babilonese.

Che la contrapposizione tra o e le altre cifre significative (in particola><". L'importanza di una notazione posizionale per il calcolo è stata sottolineatatra o e I nella notazione binaria) adombrasse «il passaggio del nulla all'esscn» altrove in questa stessa Enciclopedia (cfr. in particolare il citato articolo «Cal­era già opinione di Leibniz (cfr. l'articolo «Calcolo» in questa stessa Enci<!<> colo» alle pp. 382-84 ). È altresi noto che il sistema sessagesimale escogitatopedia, in particolare alla p. 396). Qui si vuoi sostenere che le ambiguità <I< I«nulla», che il realismo estremo di Fredegiso dissipava sfidando il senso « >

mune, si ripropongono nel caso dello o entro la tradizione matematica de11't )<.cidente. Si potrebbe addirittura sostenere che la problematica concernente I:> YT TT TT p Y Tgiustificazione dello zero entro le matematiche non è altro che una partic<>l:«<. a)versione del problema del nulla di Fredegiso [cfr. Geymonat I952, ed. I953 1>1>. Figura z.

«Ma che tipo di folle simbolo è mai questo [cioè o], che per l'appunt<>,. iLa «mancanza del segno» (a) e «il segno della mancanza» (b) nella notazione babi­

lonese. Nel periodo antico un segno come quello riprodotto in a ) può significare tantognifica il nulla? È una cifra, o non lo è? I, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 stanno tutti 1><.> 2 x 6o + z quanto zo x 6o' + z, cioè tanto s zz quanto 7zoz : 1 ambiguità veniva usualmente

numeri che si possono intuire o comprendere, ma o? Se o è nulla, allora <I<> chiarita dal contesto. Nel periodo seleucidico, invece, due piccoli cunei disposti obliqua­

vrebbe essere sempre nulla. Ma qualche volta è nulla e qualche altra v<>lu> mente funzionano da indicatore della mancanza di una cifra. Cosi in b) il nostro pzoz=

qualcosa: 3+o = 3 e 3 — o= 3, qui zero è nulla, nel risultato non compare 1>i<>,r Z x 6o"­+o X 6o+z è scri tto in modo non ambiguo ed è facilmente distinguibile da>T YT, cioè da 2 x 6o+z [Boyer <O68, trad. it. p. Sz],

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Zero t3zz t3z3 Zero

dai Babilonesi «costituisce la prima comparsa del fondamentale "principio (katun, cioè 7zoo giorni ), zo di queste unità fanno un'unità del quinto ordinedella posizione" nella scrittura dei numeri» [Cajori t9z8, p. 4], ma con una (baktun 'ciclo', cioè x44 ooo giorni ), ecc. Nelle rappresentazioni ufficiali e sacresingolare lacuna: «Nella sua applicazione generale e sistematica, questo prin­ delle teste raffigurano i vari ordini, ma le unità di ogni ordine vengono «contate»cipio infatti esige un simbolo per lo zero» [ibid.], ma questo manca nelle ta­ mediante un'elegante combinazione di punti e l inee secondo la convenzionevolette che risalgono ai primi secoli del n millennio a. C. (periodo babilonese seguente: t, z, 3 e 4 vengono rappresentati da uno, due, tre, quattro punti ri­antico ) anche se talvolta viene lasciato uno spazio vuoto là dove si collocherebbe spettivamente; una linea raggruppa cinque unità (cfr. fig. 3). In questa nota­uno zero. Un accorgimento non privo di difficoltà (cfr. Fig. za ), anche se in zione il valore attribuito ai segni dipende dunque dal posto che il segno occupa,molti casi era di fatto possibile eliminare l'ambiguità grazie al contesto; co­ ma ogni particolare ordine ha il suo «nome», rappresentato dalla testa che vienemunque «la mancanza di un simbolo per lo zero, come quello che oggi ci per­ afFiancata al numerale (cfr. fig. 4). In questo contesto, lo zero non è ancoramette di distinguere a prima vista tra 22 e zoz, deve avere costituito un grave necessario. Ma nei manoscritti maya i t9 simboli costruiti con punti e linee cheinconveniente» [Boyer r968, trad. it. p. 3z ]. Inconveniente aggirato però nelle rappresentano i numeri da x a t9 perdono via via il loro legame con la notazionetavolette degli ultimi secoli del i millennio a. C. (periodo seleucidico, o forse ufficiale e sacerdotale esemplificata nella figura 4 per dare luogo a una vera eanche prima? [cfr. Ifrah t98t, p. 4oz nota]) : un segno apposito, consistente di propria notazione posizionale astratta in cui compare un simbolo per lo zero,due piccoli cunei disposti obliquamente, funziona da indicatore dello spazio una sorta di occhio semichiuso, come appare nella figura 5. Una paziente ri­in cui manca una cifra (cfr. fig. zb). Tuttavia tale indicatore è impiegato dai cerca storica [cfr. per esempio Menninger i957, trad. ingl. pp. 6z, 4o4] ha per­matematici soprattutto per «vuoti» intermedi. Per qualche storico delle ma­ messo di ricostruire, per lo meno parzialmente, questo sottile trapasso (in cui iltematiche ciò sarebbe spia del fatto che «i babilonesi dell'antichità non giunsero legame con il calendario resta evidenziato, comunque, dal fatto che l'unità delmai a un sistema le cui cifre avessero un valore posizionale assoluto» [Boyer terzo ordine resta sempre costituita da diciotto unità del secondo ordine; cfr.

I968, trad. it. p. 32; cfr. però le osservazioni di I frah t98r, pp. 4oo-z ]. Co­ anche la didascalia della figura 5) ma «siamo di fronte sempre a un enigma nellamunque le vicissitudini della notazione babilonese bene esemplificano l'oscil­ storia della cultura: una notazione posizionale astratta, provvista di zero, basatalazione di cui sopra: mancanza di segno / segno di una mancanza. sul zo, che compare in apparente isolamento lontano nel Nuovo Mondo» [ibid.,

pp 4o4-5].3.2. «L'occhio» dei Maya.

3.3. Lo ou8sv di Tolomeo.Per «la prima applicazione compiuta e sistematica del simbolo per lo zero

e del principio di posizione» [Cajori i9z8, p. 4] si deve lasciare il vecchio con­ Quasi nulla si sa della notazione impiegata dai primi matematici greci (pertinente e spostarsi tra i Maya dello Yucatán in un'epoca che corrisponde cir­ esempio, dai pitagorici ), mentre sono noti pregi e limiti del sistema «letterale»ca agi'inizi dell'era cristiana. Il sistema maya, com'è noto, sembra strettamen­ sviluppato successivamente nella cultura greca (cfr, quanto osservato nell'ar­te legato al calendario. Al primo ordine, l'unità rappresenta r giorno (kin) e zn ticolo «Modello» in questa stessa Enciclopedia, IX, pp. 389-9r [per una det­giorni costituiscono t «mese» (uinal) cioè l'unità dell'ordine immediatamenti tagliata discussione delle diverse varianti cfr. per esempio Heath t93t, ed. I963superiore; t8 mesi costituiscono l'unità del terzo ordine o «anno» (tun, ci<ii. in particolare pp. t4-zo; cfr. anche Ifrah r98t, pp. zpy-9o ]). Papiri riportabili36o giorni ; per ottenere l'anno solare i Maya aggiungevano nel calendario cin­ alla prima parte del periodo alessandrino (gli ultimi tre secoli avanti Cristo )que giorni: t8 x zo+5 = 365), zo anni costituiscono un'unità del quarto ordin i. contengono qualcosa di simile a un simbolo che «proprio come lo zero babi­

lonese del periodo seleucidico, veniva impiegato per indicare cifre mancanti»• • • • • • • [Kline t97z, p. x3z].

• e • • • • • • • La testimonimma piu interessante è forse quella offerta dai manoscritti

• • • •

bizantini dell'opera di Claudio Tolomeo. Il sistema sessagesimale di originebabilonese si era rilevato particolarmente utile nei calcoli astronomici e nel­l opera ùi Toloineo e pienamente articolato un sistema di frazioni sessagesimale11

che permette una notevole precisione [cfr. ancora Heath t93t, ed. t963 pp.Figura g. z3-z4] : la circonferenza di un cerchio è divisa in 36o vp,il a.«<wx o p.o<.p<z<. (let­I simboli maya per i numeri da i a i<i (procedendo da sinistra verso destra). Si è teralmente 'segmenti' o 'parti': oggi si direbbe gradi ) e ogni parte viene divisalasciato appositamente il «posto vuoto» per lo zero (ma si veda la successiva figura q).

Questi simboli, nelle rappresentazioni sacre e ufliciali, venivano combinati con le celebriin 6o «minuti » (o «primi sessantesimi »), ciascuno dei quali è a sua volta diviso

teste che denotavano i vari ordini (come viene esemplificato nella figura 4 ) [cfr. SmitJ< in 6o «secondi sessantesimi» e, in linea di principio, questo procedimento puoi9z s ed. <95tl p. 44) venire iterato ad libitum. Quando non c'è qualche particolare denominazione

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1325 Zero

delle <frazioni cosi ottenute, viene introdotto il simbolo o che abbrevia ou8sveFv!xoawáv (letteralmente 'nessun sessantesimo'i e

' '1. Isim o o può comparire anche in posizione terminale (nel senso che, per esem­pio, ci si imbatte in scritture come o t cov o»1' " o"'"cov o»1 0 o c ' e oggi si scrivereb­

O 000 La presenza di un simbolo o in Tolomeo (e congetturalmente in autori

O • precedenti [cfr. Smith 1925, ed. 1958 p. 69, nota 4 ] difficilmente poteva venirnon enfatizzata. Alexander von Humboldt: «Uche sta erc e sta per l'assenza di una qualche unità, viene utilizzato da Tolomeo nellasua sca a sessagesimale discendente quando mancano gradi, minuti o secondi...

o zero è dunque molto piu vecchio, nell'Occidente, dell'invasione degli Ara­i e dell'opera di Massimo Planude dedicata l' ' 8 ' ' 8

zz4; cfr. anche le osservazioni di Cajori 1928, p. 54]. Un'autorevole tradizionevuo e inoltre che il simbolo o attualmente in uso altro non sia che una modi­ficazione dell'o dell'ou8kv di Tolomeo. Si può ' b' bbsimbosim olo indicante una posizione vuota che compare in alcune delle versioni e­sistenti delle tavole delle corde di Tolomeo semb ' '1o meo sem ri simi e a un omicron, i i u

Figura 4. antichi simboli e r l o zero cheLa notazione «ufficiale» maya. Dalla riga piu alta e procedendo da sinistra a destr:

i : P compaiono nelle frazioni sessagesimali greche

9 unità del quinto ordine, cioè 9 x (zo» X 18) = i 296 ooo ; 14 uni tà del q ua r to o rd ine, sono forme rotonde variamente decorate e nettamente diverse dalla forma di

cioè 14 x (zo» x 18) = ioo 8oo; 12 un i tà del terzo ord ine, cioè 12 x 36o=432o; 4 'uniI i un semplice uovo. Inoltre, quando nel xv secolo dell'Impero bizantino venne

del secondo ordine, cioè 4 x zo = 8o; 17 unità del p r imo ord ine, cioè 17 x 1= 17 [Mcn­ e a orato un sistema posizionale decimale a partire dalle antiche cifre alfabe­

ninger 1957, trad. ingl. p. 4o4]. Si osservi che, se non vi fosse al terzo ordine l'anomali:i

per cui 18 «mesi» costituiscono un «anno» — che è spia dello stretto legame con il cale»­tic e asciando cadere le ultime diciotto lettere e aggiungendo alle prime nove

dario — la faccia che rappresenta l'ordine n (n = i , 2 , 3, 4, ecc.) verrebbe a denotare I: i lettere un simbolo e r lo zerop , il segno indicante lo zero assunse forme molto

potenza n — i di zo (a cominciare da zo', cioè 1).diverse da quella di un omicron. Talvolta assomigliava a una forma rovescia­ta e a nostra lettera minuscola h ta]altra compariva come t Bme un pun o» ' oyer19 , t rad. it. pp. z51-5z ; cfr. anche Neugebauer 1957, cap. t,) Io]. Forse una

• • • •

congettura intermedia è possibile [cfr. per esempio Waerden 1 61, . 6-689 , p. 5o] : il penetrare della cultura matematica alessan­

• • •

Notazione maya • • drina verso Oriente, in Persia e poi nell'India, avrebbe posto le premesse del­• • • '«invenzione» dello zero nella cultura indiana:: come ogni gran e innovazioned

concettuale, anche lo zero sarebbe rimasto r k,s o un ~rea, cioè una stranezza, una36o 19 360 stravaganza, una semplice devianza se non avesse trovato una o ort

Trascrizione I 15 200 0

13 20in cifre decimali 17 0

c ia» ove collocarsi. E la formazione di «nicchie» del genere richiede talora la­13 vori di secoli e incroci di piu tradizioni.

Valori 20 37 300 36o 7113 3.4. Il sunya indiano.

Il s istema di numerazione decimale di cui o i s i a ~~c~~a argmssimo us1(cfr.(c r. però le osservazioni nel citato articolo «Calcolo», II, . 8 -8 e

Figura 5. è no o come sistema «indo-arabico». Esso «deriva sem l' t dAi diciannove segni della figura 3 si è aggiunto anche un simbolo per lo zer

i>. l i i emp icemente a una nuova

questa notazione posizionale i Maya scrivono i numeri vert icalmente [per le origiiii i combinazione di tre pr incipi fondamentali, tutt i d i or igine molto piu antica:

possibili impieghi di questa notazione, cfr. ad esempio Smith 1925, ed. 1958 pp. 44, !5 )x) una base decimale; z) una notazione posizionale; 3) un simbolo diverso per

Si osservi infine che non trattandosi di una notazione vigesimale in senso stretto (i ! i . ciascuna delle dieci cifre» [ibid., p. 251], Ora, anche se nessuno di questi prin­

quanto osservato nella figura 4 ), lo zero maya (al contrario del nostro!) non svolge a!i cipi venne originariarnente inventato dagli Indiani, è indubbio che l'elabora­

pieno il ruolo di operatore aritmetico. Come si vede nella figura, ioo maya corrisponih i i l

nostro 36o e non a 4oo, come sarebbe in un sistema vigesimale in senso stretto.(D' : i l I i.i zione di questo sistema rappresenti uno dei piu rilevanti contributi della cultu­

parte il nostro 4oo si scrive nella notazione maya izo, poiché 400=1 x 360+ 2 x zo ! < ~ I

Se ne deve concludere «la non-identità della funzione svolta dallo zero maya con <Ii i i ! I , i 43

svolta dal nostro zero» [I f rah 1981, p. 451 nota ].

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Zero I3z6 I 327 Zerora dell'India alla crescita della matematica, anche se la comprensione della gh altn, assoggettato a regole di calcolo che estendono « in modo naturale»portata di tali innovazioni deve essere stata agi'inizi ben limitata (il che rivaluta le regole del calcolo (cfr. le osservazioni informali del ) I ). Ma quanto «na­il ruolo dei matematici arabi di cui al paragrafo successivo, come qualcosa di turale»> Come si è visto per altre estensioni delle «leggi dell'aritmetica» fuoripiu che semplice tramite per il passaggio delle cifre indiane da Oriente a Oc­ dell'abituale dominio dei naturali I, 2, 3, 4, ecc., è in gioco anche qui un equi­cidente [cfr. le osservazioni di Kl ine I98o, p. I I I ]). L'originalità della mate­ librio assai delicato, tra intuizione e convenzione, tra economia di pensiero ematica indiana sta invece nell'aver «per la prima volta collegato i tre principi intelligibilità degli enti matematici introdotti.a formare il sistema di numerazione moderno» [Boyer I968, trad. it. p. 25I ], Ora, nel caso specifico dello zero, proprio l'atteggiamento dei matematicianche se « la nostra perfezionata notazione indo-arabica venne prodotta attra­ indiani è doppiamente significativo : e sotto il profilo del perfezionamento delleverso una lenta evoluzione» [Cajori I928, p. 54]. tecniche del calcolo e sotto quello del divorzio dal senso comune a cominciare

Già su un piatto del 595 d. C. è scritta la data, 346, in notazione posizionale dal profondo rivolgimento intellettuale che la notazione con lo zero impose ri­decimale [cfr, Struik Ig67, p. 7I ; cfr. anche Boyer I968, trad. it. p. 28o ], ma spetto alle rappresentazioni sull'abaco (cfr. fig. 7).« la comparsa certa di un simbolo per zero in India si trova per la prima volta Qualche esempio. Il matematico e astronomo Brahmagupta nel suo Brahmain una iscrizione dell'876 a Gwalior, in cui 5o e 27o appaiono entrambi scritti Sphuta Siddhanta (628 d. C.) discute sei operazioni (addizione, sottrazione,con uno zero» [Smith Ig25, ed. I958 p. 69 ; cfr. fig. 6 ]. Ora, «senza lo zero il moltiplicazione, divisione, potenza, estrazione di radice ) su «crediti », «debiti »sistema di numerazione indiano non sarebbe stato certo meglio di molti altri, e «nulla» (dhana, rna, khattt), cioè su numeri positivi, numeri negativi e suldato che la sua peculiarità piu distintiva è proprio il valore locale» [ibid.] ; ma, numero zero [ibid., p. 487 nota]. Quindi lo zero, concepito in precedenza comein questo come in altri casi, per usare le stesse parole che Ifrah usa per lo operatore aritmetico (cioè come un segno che aggiunto a una cifra «significa­«zero» babilonese, occorre sempre «distinguere tra la "data" presunta di una tiva» la moltiplica per dieci ), comincia ad essere trattato come un ente mate­"invenzione", quella della sua diff usione e quella delle prime testimonianze» matico a sé. Nella prospettiva del presente articolo, allora, piu che chiedersi[I98I, p. 4oz nota ]. I-a questione è delicata : una corrente storiografica sembra quale sia l'origine del segno, la sua provenienza, ecc. parrebbe interessante chie­insistere sul fatto che gli Indiani non avrebbero posseduto un simbolo per lo dersi «a partire da che epoca e in che modo, questo concetto (che, all'origine,zero prima del Ix secolo ; altri invece sposta l'impiego di una notazione decimale denotava il vuoto, la colonna vuota dell'abaco) si è arricchito acquistando ilscritta provvista di zero anche prima di Sebokt, sulla base di iscrizioni dcl senso di "nulla", di Io — Io» [ibid.]. Tanto piu che questo creativo slittamentoSud-Est asiatico [cfr. per esempio ibid., pp. 466 sgg.]. di significato si è poi riprodotto (come il lettore avrà modo di vedere nei pa­

Comunque, a prescindere dall'enigma maya — ove peraltro la stessa nota­ ragrafi successivi ) nella matematica dell'Occidente. Ma «sfortunatamente, allozione posizionale in base zo e provvista dello zero sembra utilizzata meramcn­ stato attuale delle nostre conoscenze, è impossibile rispondere a un quesito delte per esprimere il tempo trascorso tra due date significative, piu che per cssi­ genere» [ibid.].re utilizzata in veri e propri calcoli [cfr. Smith I925, ed. I958 p. 44; cfr. a»" Inoltre: il matematico indiano Mahavira, del Ix secolo d. C,, cosi enunciache quanto detto sopra, lj 3.2] —, sia che venga anticipato dalla notazione greca(cfr. ( 3.3) o che derivi dal circolo poi usato nei caratteri « letterali» brahmi lii ril Io, o ancora da un punto utilizzato dagli Indiani, magari racchiuso da uncircoletto per meglio evidenziarlo, non ci sono molte probabilità che l'oril i nidel simbolo o — come del resto dei simboli delle altre nove cifre decimalivenga chiarita al di là di ogni ragionevole dubbio... Quel che interessa qid operò lo slittamento da semplice indicatore di un posto vuoto, come dcl n : lo

I O 2 4 6 O 7 I 3 O O O O

mostra ancora uno dei termini del sanscrito, sunya (che in origine sigifi li< a a)

appunto 'vuoto', altri termini sono : kha 'cielo', gagana 'spazio', ambara 'almosfera', bindu 'punto', ecc. [cfr. Ifrah I98I, pp. 472-73, 486] ), a numero conio © ~~ Q M ~ O Q O O

jOig gq O qg g g OI O ? 4 6 o 7 i 3 O O O O

bl9 3 3 2 7 o i 8 5 O Figura 7.

Figura 6. Evoluzione dello zero : da «po»io vuoto» sull'abaco a cifra scritta. Lo stesso numero

@all'j»crizlone di Gwalior [I frah ig8i , p . 463].i o24 6o7 i3o ooo simbolizzato in a ) sull'abaco a colonne e in b) con nove cifre indianecompreso il circoletto per lo zero [Ifrah r g8x, p. 486].

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Zero t3z8 t329 Zero

le regole del calcolo delle quattro operazioni fondamentali nel caso dello zero: calcoli vengono effettuati per mezzo di nove segni» [citato e discusso in Smith«Un numero molt iplicato per zero, dà zero, e tale numero resta immutato i923, ed. r958 pp. t66-67; cfr. anche t9z5, ed. r958 p. 7z]. Il r i ferimento aquando viene diviso, aumentato o diminuito di zero» [citato e discusso in Smith nove invece che a dieci simboli mostra però che lo zero non è qui preso in con­

I923, ed. I958 p. r6z]. Come dire, per ogni naturale n ) t , siderazione. La tradizione vuole che sia nel 733 che un insieme di tavole astro­nomiche venga tradotto, per ordine del califfo di Baghdad, dal sanscrito al­

(r) nx o = o l'arabo: e qui si troverebbe la prima precisa informazione circa la notazione

(z) n : o = n indiana, zero incluso [cfr. ibid.]. Meno di un secolo piu tardi se ne doveva già(3) n+o = n a vere buona conoscenza: verso l'8z5 il grande al-Khuwarizmi i l « h ' I h

(4) r< — o= n go» e la tradizione occidentale, compila un breve trattato inteso a spiegarnel'uso. È i l testo che verrà tradotto in latino, probabilmente da Adelardo di

Ora se si considera zero come equivalente a nulla, nessuno, convenzioni come la Bath, verso il i izo, come Liber Algorithmi de numero Indorum.

(3) e la (4) appaiono abbastanza plausibili. Ma qualcuno potrebbe già sospet­R'icostruire come la notazione indiana abbia soppiantato nel mondo arabo

tare convenzioni come la ( i ) [Black i977, p. 77o; cfr. però le osservazioni al $ r]. un tipo di notazione alfabetica ricalcata su quella greca (ma ovviamente conInfine qualche giusti6cazione intuitiva potrebbe venir escogitata anche per lettere dell'alfabeto arabo ) e come via via se ne siano prodotte differenti ver­

la (z) : se si possiede, ad esempio, una torta, e non c'è nessuno per dividerla, si sioni non è compito facile. Numerose varianti erano einerse già in India; maresta con l' intera torta. Ma di f ronte alle difficoltà che immediatamente sca­ quelle presenti nella vasta area che va dalla Persia alla Spagna, unificata con leturiscono da una convenzione del genere (vi si ritornerà piu avanti ) non è «ra­ armi nel nome di Allah, sono cosi notevoli da far avanzare l'ipotesi di originigionevole» [ibid.] vietare la divisione per zero, come del resto è oggi insegnato in diverse per le forme «arabo-orientali» e per quelle «arabo-occidentali»: leogni manuale (cfr. oltre)? prime proverrebbero piu direttamente dall'India, anche se con qualche non

Si deve, però, concluderne che Mahavira peccava di irragionevolezza? E lieve modi6cazione, mentre le seconde sarebbero corruzioni di forme greche oche di una diversa irragionevolezza si rendeva colpevole anche l'indiano Bhaska­ romane. Ma non si entrerà qui nella questione [per una disamina del problema,ra (nato circa verso il i i i4 ) quando, oltre a riprendere le convenzioni ( i ), (3) cfr. per esempio Menninger t957, trad. ingl. pp. 4o8-t7; Ifrah r98i, pp. 5OI-3 ] :e (4), a proposito della divisione per zero si impegnava audacemente in un nella tematica del presente articolo, «sono i principi all'interno del sistema ditrapasso dal finito all'infinito che doveva giustificare teologicamer<te? Bhaskara numerazione che sono importanti, e non le forme specifiche che possono as­scriveva infatti: «Enunciato: Dividendo 3, Divisore o. Quoziente la frazione sumere le cifre» [Boyer t968, trad. it. p. 277].3/o. Questa frazione, il cui denominatore è zero, viene definita una quantitàinfinita. In questa quantità, consistente in ciò che ha come divisore lo zero, 3.6. Della «cecità» di Gerberto d'Aurillac.non v'è nessuna alterazione, anche se vi viene aggiunto o tolto molto : infattinessun mutamento ha luogo nella infinità e immutabilità di D io» [citato c La denominazione 'indo-arabiche' per le nostre usuali cifre è dunque pie­discusso in Boyer i968, trad. it. p. 259; cfr. anche Smith r9z3, ed. i958 pp. namente giustificata. Ma l'acquisizione di quei dieci simboli a noi cosi familiari

277-78]. Boyer commenta: «Questa affermazione suona promettente, ma l'ul­ ha notevolmente stentato a penetrare nella Cristianità. I l caso di Gerbertoteriore asserzione di Bhaskara che (%) o = a mostra la mancanza di una chi;ira d'Aurillac (nel 999 papa Silvestro II ) è abbastanza signi6cativo: fu probabil­comprensione del problema» [r968, trad. it. p. z59 ]. Questi atti «irragioncv<>­ mente il primo a insegnare in Europa l'uso delle cifre indo-arabiche ma... èli», questa «mancanza di comprensione», sono però germi da cui può <lisi>i<­ per noi molto difficile valutare la portata di tale insegnamento. Intanto quasigarsi una rilevante crescita matematica, appena questa si situi nel contest<> <>l>­ nulla si sa delle sue fonti. Una ipotesi, ma difficilmente comprovabile, è cheportuno (si tornerà piu avanti sulla questione, alle pp. t34o-4t ). Gerberto, durante un viaggio in Spagna, sia venuto in contatto, probabilmente

a Barcellona, con la cultura matematica moresca che cominciava a 6ltrare nella

3.5. La mediazione araba.Cristianità (cfr. fig 8), in particolare con le cifre di forma occidentale o gobar(letteralmente 'polvere' ). Va altresi ricordato che in certi manoscritti contenen­

Nella cultura dell'Occidente la prima menzione della notazione in<li;u>;< .;i ti le opere di Boezio compaiono cifre di forma abbastanza simile (i cosiddettiha nel 66z d. C. quando il vescovo siriano Severo Sebokt polemicamente c<><> «apici»: cfr. fig. 9), impiegate usualmente come contrassegni per far di contotrappone alla cultura «ufficiale» di lingua greca tradizioni scientifiche dill<:n <>t i, coli'abaco e si potrebbe pensare che da questi invece Gerberto venne a cono­

tra cui menziona, degli Indiani, «le sottili scoperte astronomiche, pi<> i<>g< scenza del nuovo sistema. In6ne, non si può escludere che gli apici boezianignose di quelle dei Babilonesi e dei Greci», nonché « i loro preziosi rn«t<><li ili siano una interpolazione posteriore [cfr. Smith i9z5, ed. r958 pp. 73-74; Boyercalcolo, che superano ogni descrizione». E aggiunge : «Voglio solo dire cl>«' [» < > i968, trad. it. p. 292].

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g»M »» t»oof fxa

~~I,LJ,[« x33 I Zero

k.x-[l .t~« ~l ~«,i»a e~1» 1~ Tra le cifre gobar (rappresentate nella figura xo) non compare lo zero : di fat­

f>ep«>t qwI» >[>I>>i«nu'»ns~ ~ + y rhe»>.to esso è inutile, perché dei «punti» collocati sulle cifre usualmente indicano« l'ordine» nel sistema gobar. Un punto per le decine, due punti per le centinaia,

~VI i«t+ p«««»,late~l»> tre per le migliaia, ecc. Il sistema gobar utilizza dunque dei «nomi» in modoanalogo al primo sistema maya di cui qui si è parlato nel ( 3.z (ma si può an­che obiettare che, dopo tutto, un punto è ormai un segno convenzionale per lo

i i I[$$17I zero e dunque il sistema gobar utilizza una sorta di zero non a@ancodelle cifresignificative ma al di sopra, come esemplificato nella didascalia della figura xo[cfr. del resto la discussione della questione in Cajori xqz8, pp. 53-54 ]). Non

Figura 8. deve comunque stupire che in Gerberto e nei suoi immediati continuatori loIl primo manoscritto conosciuto (Biblioteca San Lorenzo del Escoriai, Codex Vigi­ zero non compaia: esso «comincia a svolgere il suo ruolo fondamentale solo

lanus Ms. lat. d. x.z, fol. 9v) in cui gl i Europei riportano le nove cifre «significative»indo-arabiche. Si tratta di un manoscritto spagnolo (976 d. C.) in cui le cifre sono assaisimili a quelle gobar. Manca un simbolo per zero [lf rah I98I, p. 5o4].

Brahmi

i t < s q j ( 7 , p .

Indiano (Gwalior)

I3( 30 8 gjgUC( o

Sanscrito-devanàgari87

l ~> ~ 5 j 6 a Z 5 i )')" l 'o j q v t ] q .

40I9 Arabo occxdentale(gc>bar) Arabo orientale

l FP~ ~I j [2 ~ 8 P400 520

xx secolo (apici)

539 • 3~ 4 j r g < • l à3+$ l á 7 8 9 o

xv secolo xvx secolo(Diirer)

xoo o65 Figura Io .

La genealogia delle nostre cifre «indo-arabiche» [cfr. Menninger I957, trad. ingl.p. 4x8 ; Boyer x968, trad. it. p. 277]. La «migrazione verso occidente» è cosi immediata­

Figura 9. mente visualizzata: dalle lettere brahmi per le prime nove cifre (da cui si ipotizza sianoLa rappresentazione dei numeri naturali medianti apici sull 'abaco perfezionato d:> derivati i segni indiani) si ha la notazione indiana cui va aggiunto i l simbolo zero. I l

Gerberto di Auri l lac e dai suoi discepoli [I frah x98x, p. 507]. Su questo abaco, dotato di lettore potrà inoltre agevolmente confrontare le due forme «arabo-orientale» e «arabo­

ventisette colonne raggruppate a tre a tre, gli apici prendevano un valore posizionale che occidentale». Nel sistema gobar manca un esplicito simbolo di zero, ma, come si è detto

variava a seconda della colonna in cui erano collocati. L 'assenza di unità di un certo or­ a p. I33 I, nei manoscritti viene adottata la convenzione per cui dei punti posti sopra le

dine era qui indicata semplicemente lasciando vuota la colonna corrispondente. In questo cifre indicano gli «ordini » : un punto le decine, due punti le centinaia, ecc. (è dunque unmodo Gerberto era dispensato da «capire» e «introdurre» lo zero. La terminologia di espediente per molti versi analogo a quello maya esemplificato nella figura 5 ) : cosi 4 5 6Gerberto per i numeri da x a 9 era : igin, andras, ormis, arbas, quimas, caltis, zenis, temenias, è il nostro 456, mentre 4 5 è il nostro 45o, e 4 6 il nostro 4o6, ecc, Sotto le due versionicelentis [per l'origine, assai oscura, di questa nomenclatura e il gioco delle varie influenz« arabe è riportato il discusso sistema degli apici. Infine le due ultime scritture dànno duelinguistiche — arabo, sanscrito, greco e latino — cfr. Menninger I957, trad. ingl. p. 325 h versioni delle nostre cifre decimali notevolmente successive alla «rivoluzione culturale»

Si aggiunse quindi successivamente anche lo zero, chiamato in questo contesto sipos, promossa fin dal secolo xxxx dagli «algoristi». Occorre dire che questi riuscirono a im­

che pare corruzione del greco )xicpoc, letteralmente 'ciottolo' o 'p ietruzza', termine de­ porsi sugli «abacisti» in modo definitivo solo nel secolo xvx.stinato, come l'analogo latino calculus, a indicare poi 'conto', 'coxnputo' e 'calcolo' (i»quanto un sassolino denota l'ordine delle decine, due sassolini quello delle centinaia, ecc.).

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I332Zero '333 Zero

con dei calcoli scritti ; poiché Gerberto e i suoi discepoli non avevano cono­ Ma i dubbi e le perplessità circa lo zero traspaiono dalla stessa varietà deiscenza di tali calcoli, non erano in grado di afferrare l'essenza dei "nuovi" si­ vocaboli coniati (cfr. del resto quanto osservato a proposito della nomenclaturastemi di numerazione. Si limitarono ad adottare i simboli, la cui origine miste­ indiana a p. x3z6). È molto istruttivo, per esempio, scorrere il capitolo che Smithriosa e il cui significato erano offuscati dai loro oscuri nomi [cfr. la didascalia e Karpinski gli dedicano : « Il nome di questo importantissimo simbolo richiedealla figura 9], alcuni d'origine araba... Ci s'imbatte qui in un punto assai istrut­ un po di attenzione, — scrivono i due autori, rivolti particolarmente a lettoritivo della storia culturale dei numeri. Il sistema perfezionato e maturo per scri­ di lingua inglese, — per il fatto stesso che anche ai nostri giorni resta una certavere i numeri che gli Arabi ormai possedevano e che doveva in futuro rivelarsi indecisione. Ne parliamo infatti come zero, naught o anchecipher;il centralino

cosi essenziale per l'Occidente, venne adottato già nel primo medioevo, ma in telefonico lo chiama spesso O, mentre la persona illetterata o semplicementemodo cieco... La nuova acquisizione rimase morta, perché il suo spirito non trascurata lo chiama aught» [I9I I, p. 56 ].venne compreso» [Menninger I957, trad. ingl. p. 325]. È sempre con gli oc­ Si può quindi immaginare la Babele del passato. Tanto per fare un esempio,chiali di una tradizione che si leggono e si introducono (o traducono) acquisi­ uno dei pionieri di quello che verrà considerato il punto di vista degli «algo­zioni di altre tradizioni, come piu volte si è detto nelle pagine di questa stessa risti» (cioè degli esperti del calcolo scritto in contrapposizione agli esperti del­Enciclopedia (cfr. in particolare gli articoli «Matematiche», «Paradigma» e l'arte dell'abaco o «abacisti» : due punti di vista contrapposti — il lettore li trova«Scienza»), Forzando un po' le cose, si potrebbe dire che i Latini discepoli di esposti rispettivamente negli articoli «Abaco» e «Calcolo» della presente En­Gerberto, se anche si fossero imbattuti in uno zero, non lo avrebbero ricono­ ciclopedia — tra cui non è mancata però anche una certa commistione' l ' astro­

sciuto come tale, ovvero, semplicemente non avrebbero saputo cosa farsene. nomo e matematico inglese del XIII secolo John Holywood (Giovanni di S crboosco) scrive nel suoAlgorithmus :«Sciendum quod iuxta 9 limites 9 inveniunturfigurae significative 9 digitos representantes qui tales sunt o 9 8 7 6 5 4 3 2 Idecima dicitur vel circulus vel cifra vel figura nihil quoniam nihil significat,

Il «molto» e il «niente». ipsa tamen locum ten /n/ens (?) dat aliis significare, nam sine cifra vel cifrispurus non potest scribis articulus» [citato e discusso in Menninger I957, trad.

Complessivamente, «la situazione, per quanto riguarda l'introduzione delle ingl. pp. 4oz-3].cifre numeriche in Europa, è altrettanto confusa quanto quella che circonda L archetipo è, ovviamente, il sanscrito sunya. Esso viene reso in arabol'invenzione di tale sistema forse mezzo millennio prima. Inoltre, non è chiaro as-sifr o sifr, da cui il latino cifra (cfr. fig. Ix ). Si legge nel Carmen di Ales­che vi sia stato uso continuo delle nuove cifre in Europa nei due secoli succes­ sandro De Vi l la Dei : «Cifra ni l s ignificat dat significare sequenti» r ' tat[rci a osivi a Gerberto; i n fatti è soltanto nel xIII secolo che il sistema indo-arabico ib 'd.i i ., p. 423]. Massimo Planude( I33o), che scrive sotto influenza sia greca siavenne definitivamente introdotto in Europa, e ciò per opera non di un solo araba, lo rende con wg<pp<x(e non è il solo [cfr. le osservazioni di Sm'thi e

uomo, ma di parecchi» [Boyer x968, trad. it. p. 292]. Le modalità di questa Karpinski x9xx, p, 57, nota 4 ]). Alla medesima parola as-sifr si riconducono indiffusione, in un contesto profondamente diverso da quello dei tempi di Ger­berto, sono state analizzate in opere ormai classiche [come per esempio Hill

I9I5 ; Smith e Karpinski I9I I ; per un quadro della diffusione del sistema in­Sanscrito (vi-vin secolo) sunya vuoto'

diano, non solo, tramite gli Arabi, in Occidente, ma «mondiale», si veda l'esau­riente Ifrah I98I , pp. 487-5I8]. Qui basterà ricordare che mentre il sistema

Arabo (ix secolo)indo-arabico veniva spiegato ai lettori latini da un Adelardo di Bath, pressap­poco negli stessi anni 'Abraham ibn 'Ezra, vissuto tra il Io9z e il Ix67, introduce Latino (xm secolo) c if r a zefir u'un analogo schema di numerazione: le prime nove cifre alfabetiche ebraicheindicano i numeri da I a 9, mentre un circoletto denota lo zero. Allo stesso modo

Francese (xiv secolo) chiffre I @egro-severo-zero Italiano

nella cultura matematica bizantina un segno speciale per lo zero si aggiungealle prime nove cifre alfabetiche greche. Tedesco(xv secolo) Zi f fer zero Francese, inglese

Lo zero ha quindi raggiunto piena cittadinanza? Alessandro De Villa Dei,che insegna a Parigi verso il Iz4o, cosi inizia il suo Carmen deAlgorismo :«Hinc a) b)

incipit algorismus. ~ Haec algorismus ars praesens dicitur in qua ~ talibus indo­rum fruimur bis quinque figuris ~ o 9 8 7 6 5 4 3 z I » [citato in Menninger I957, Figura i x.

trad. ingl. pp. 4xz, 4I5]. L'ordine rovesciato delle dieci cifre, comune anche aa) Il termine arabo per zero [cfr. Ifrah rO8i, p. 509]. b) Uno schema (non completo)

altre delle prime presentazioni latine, è tipica traccia dell'archetipo arabo.per la genealogia dei termini p iu in uso per denotare lo zero, in part icolare del termine'zero' stesso [Menninger Ig57, trad. ingk p. 4ox].

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Zero '334 i335 Zero

modo naturale l'inglese cipher e il francese chiffre ; ma in italiano cifra non denotaspecificamente lo zero, e una situazione analoga si produce in altre l ingue. La «setta dei neminiani». Il contesto dell'algebra e dell'analisi.Non mancano dunque usi ambigui : ancora Johann Huswirt, nel suo EnchiridionAigorismi (Koln i5oi ) usa cifra sia come zero sia come semplice numero che A proposito della «tentazione» di trattare termini come 'zero', 'nulla', ecc.dà per zero i quattro appellativi del Sacrobosco: theca, circulus, cifra e figura come se denotassero «enti fuori dall'ordinario dotati di una sorta di misteriosanihili [cfr. ibid., p. 58]. esistenza», Max Black trova un curioso precedente «nella setta detta dei ¹

E si potrebbe ancora continuare. Ma basterà qui ricordare che è Leonardo miniani» fiorita sul finire del xiir secolo, cosiddetta da coloro che «adoravanoPisano, nel Liber abaci (izoz ), che conia il termine zephirum; in un trattato di Nemo (cioè nessuno), la persona cui supponevano si riferisse quel termine neiaritmetica scritto in italiano da Jacopo fiorentino, circa un secolo dopo (i307), testi biblici e classici »[ ig77, p. 77I ] e insinua che non pochi filosofi, per esem­compare la forma zeuero: «Et doveto sapere chel zeuero per se solo non signi­ pio «esistenzialisti come Martin Heidegger», nel trattare la questione metafisicafica nulla ma è potentia di fare significare... Et decina o centinaia o migliaia non del nulla si ritrovano, per cosi dire, a ripercorrerne le orme. Non si vuole, insi puote scrivere senza questo segno o» [citato e discusso in Smith e Karpinski questa sede, discutere quest'ultima tesi; ci si limiterà invece ad osservare cheigri , p. 58, nota i ]. Due paiono essere stati gli schemi di derivazione per la proprio quella profonda rivoluzione intellettuale con cui si è imposto in Oc­parola 'zero'; i ) zef ir, zeviro, zeiro, zero; e z) zefiro, zefro, zevro, zero [Jor­ cidente il punto di vista degli «algoristi» (cioè una notazione posizionale prov­dan iqo5]. La prima opera a stampa in cui compare la forma finale zero è vista di o come strumento di calcolo scritto) in un intreccio molto forte di vital'aritmetica di Calandri del r4qi : «Sono dieci le figure con le quali ciascun civile e pratica matematica (cfr. quanto osservato passim nel citato articolonumero si pu6 significare: delle quali n'è una che si chiama zero ; et per se sola «Calcolo») ha posto le premesse della considerazione dello zero come un entenulla significa» [citato e discusso in Smith e Karpinski rgri , p. 5il]. Ma zero matematico, anche se non della sua... adorazione.

già si trovava nei manoscritti della metà del xiv secolo [ibid.] ; si diffonderà co­ Black caratterizza il simbolo o come qualcosa che «non sta per qualchemunque anche fuori d'Italia, per esempio in Francia e in Inghilterra (cfr. an­ entità peculiare o misteriosa, anche se vi sono modi ben specifici di usarlo»:cora la figura io ). dopo tutto si è trattato di «uno strumento ausiliare, impiegato per una semplice

Elemento unificante delle citazioni qui riportate è ancora quella natura pa­ assenza, [che] via via ha preso l'apparenza di un simulacro di sostanza, cheradossale dello zero cui si è accennato a pp. x3zo-zr : zero — nulla figura o nulla sembra stare per un vero numero» [ibid., p. 770]. A secoli di distanza da chicome è spesso chiamato — di per sé nulla significa (dunque: significa nulla, beffeggiava zero paragonandolo, come si è visto, all'asino che vuoi essere leonedunque qualcosa obietterebbe un Fredegiso che fosse al corrente dell'«arte» o alla scimmia che vuoi essere regina la storia dello zero sarebbe dunque, an­insegnata dal «philosopho Algo»), ma scritto opportunamente dopo una cifra cora, la storia di una sorta di usurpazione...significativa ne aumenta il valore. Fino a che punto è dunque una cifra come Nulla da obiettare. Purché si tenga conto che non poche altre estensionitutte le altre? Se non si vuole ammettere che sia un segno (un segno per il del concetto di numero sono allo stesso titolo «usurpazioni», «sfide al sensonulla) è una semplice mancanza. Dunque non è una cifra. «Come l'asino vor­)> comune», «atti violenti», ecc.: il «calcolo dei profitti e delle perdite», ad esem­rebbe essere un leone e la scimmia una regina, cosi lo zero si da arie e pretende pio, motivava l'introduzione dei numeri «con segno» (o «numeri relativi» )di essere una cifra», si trova scritto ancora sul finire del Quattrocento [citato in ma per lungo tempo i numeri negativi restano semplici segni dell'impossibilitàMenninger ig57, trad. ingl. pp. 422-23]; e nel i 5 i 4 i l m atematico tedesco di calcolare (in termini di naturali) differenze tipo i — z, 3 — 5, ecc. e venneroKobel parla di nove bedeutlichen Figuren 'cifre denotanti' contrapposte al solo abitualmente chiamati numerificti; già con i grandi algebristi del CinquecentoZetffer 'zero': «Ringlein O, die Ziffer genannt, die nichts bedeut» [citato e era emersa l'utilità dei numeri complessi nel maneggiare equazioni algebrichediscusso ibid., pp. 402-3]. Nel King Lear [I, iv] la natura imbarazzante e pa­ a coefFicienti reali, ma per molto tempo ancora la «radice di meno uno» nonradossale dello zero spicca nelle parole del Matto a Lear: «Now thou art an doveva essere altro che una nota inexplicabilis, semplice pro memoria del fattoo without a figure : I am better than thou art now ; I am a fool, thou art nothing» che un apparentemente semplice equazione come x' + i = o non ammette « in

)

(«Adesso sei uno zero a sinistra. Ora io sono piu di te ; io sono un matto e tu un realtà» soluzione; gli stessi irrazionali se non venivano respinti «fuori dai nu­niente»). Zero o pazzia, dunque> E perché non zero e pazzia? Come si legge, a meri», come volevano i piu radicali tra i «r igoristi» della matematica greca,proposito del matto dei tarocchi: «Noi, questo Atout, lo chiamiarno zERo, an­ dovevano venir giustificati sulla base di intuitive considerazioni «di continuità.»corché venga situato, nel Gioco, dopo il XXI, considerando che non conta quan­ prima di trovare una spiegazione soddisfacente gli standard di rigore...do è solo, e non ha che il valore che conferisce alle altre Carte, esattamente come Fppure questo «sviluppo illogico di una materia logica» (per usare unail nostro zero: come a dimostrare che nulla è in grado di esistere senza la Fol­ felice espressione di Kline [rg8o, p. ioo]), si è rivelato, come è noto, proficuolia» [Court de Gébelin i773-8z, trad. it. p. z4]. almeno sotto tre aspetti: l 'approfondimento della problematica concernente la

successione dei naturali, la pratica del calcolo, la modellizzazione matematica

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Zero r336 '337 Zero

dei processi reali (questi tre aspetti sono trattati negli articoli «Numero», commutativa, inoltre se si somma un qualsiasi intero con zero dà ancora quel­

«Modello» e «Calcolo» in questa stessa Enciclopedia). Sotto tutti e t re questi l'intero e per ogni intero è possibile definire «l'inverso» (quello che abitualmen­punti di vista l' introduzione dello zero ha rappresentato un'importante inno­ te si chiama «l'opposto») che sommato con quell'intero dà zero. In particolarevazione. Già della pratica del calcolo si è detto ampiamente nei paragra6 pre­ zero è l'opposto di se stesso. Si è cosi descritta una realizzazione «concreta»

cedenti: alcuni aspetti calcolistici, legati al dominio dell'algebra e dell'analisi, di una fondamentale struttura «astratta»: quella di gruppo (commutativo ).verranno però ripresi in questo paragrafo. Nel ) 6 si affronterà invece la que­ Ora in qualsiasi gruppo (commutativo ) zero funziona da «elemento neutro»stione dello zero dal punto di vista dell'assiomatica dei numeri naturali e della rispetto alla «legge di composizione considerata». L'unicità dello zero in Z si

stessa teoria degli insiemi (e ricompariranno in questa occasione le ombre dei ritrova in ogni gruppo, sotto un profilo del tutto generale. Si supponga infatti

Neminiani e il realismo logico-linguistico di Fredegiso ) ; nel $ 7 il riferimento che in un gruppo (commutativo) o e o~ siano due elementi neutri: dunque,

allo zero (o meglio alla «classe vuota») permetterà un'esplicazione dei cosid­ per ogni elemento a del gruppo valgono le equazioni seguenti (dove la legge didetti «zeri puri di esistenza». composizione, seguendo la cosiddetta notazione additiva, è ancora indicata

da +) : a+o =a e a +o~=a. In particolare sarà o~ +o = o~ e o+o~= o ondeper la commutatività o~ = o (è possibile, peraltro, dimostrare l'unicità del­

5.x, Gruppi e anelli. l'elemento neutro anche per gruppi non commutativi ).È bene ribadire che dimostrazioni come quelle testé riportate valgono per

Si assumerà nel seguito che il lettore sia familiare con l'usuale ricostruzione un'in6nità di realizzazioni della struttura astratta di gruppo (in cui anchedegli interi relativi Z e delle frazioni Q a partire dai naturali N (zero incluso), certe strutture «degeneri» non sono del tutto prive d'i nteresse; cfr. la scherzosanonché con le teorie dei reali R e dei complessi C che dopo la «rigorizzazione» esemplificazione della figura t3 ). Ma si sposti ora l'attenzione su una strutturaottocentesca sono entrate a far parte delle basi dell'edificio delle matematiche. piu ricca di quella di gruppo, cioè quella di anello e si pensi ancora a Z, ma(Tali argomenti sono del resto ampiamente svolti in altr i articoli della pre­ questa volta con le due leggi di composizione rappresentate dall'usuale addi­sente Enciclopedia, in particolare «Calcolo» e «Insieme»). Per economia di zione e moltiplicazione. In linea generale l'elemento neutro del gruppo additivopensiero e comodità di linguaggio nelle pagine immediatamente successive ci di un anello viene ancora chiamato zero e per ogni elemento a dell'anello si hasi muoverà entro la cornice «strutturale» (delineata nell'articolo «Strutture ma­ a+o = a e a o = a. Queste non sono altro che le generalizzazioni delle duetematiche» della presente Enciclopedia) come quella che assai adeguatamente og­ leggi (3) e (t) di p. x3z8. Ma entro il contesto della trattazione assiomatica dellegi si presta alla presentazione delle proprietà algebriche che qui interessano. strutture, le due proprietà hanno un peso diverso. La prima non è altro che la

Nell'abaco, zero è semplicemente un posto vuoto (come del resto era una de6nizione dello zero come elemento neutro dell'addizione; la seconda vienescatola vuota nella realizzazione concreta data nel ) t ; cfr. 6g. xz) ; nell'arit­ invece ricavata dalla proprietà distributiva. Infatti, da o +o = o si ha:metica di Z (come già si è detto a proposito dei matematici indiani) può venir a o =a (o+o) =a o +a opreso da solo: esso è un elemento di Z come gli altri, se pur dotato di notevoliproprietà. Ora, a o r isolve l'equazione a o +x = a o; ma anche o risolve tale equazio­

Si consideri ora la semplice operazione di addizione in Z: la somma di due ne e, poiché in un gruppo (ogni anello è un gruppo commutativo rispettointeri relativi è ancora un intero relativo, valgono le proprietà associativa e alla sola «addizione») equazioni siffatte possiedono una sola soluzione, segue

a o = o.

[ =g o o o o 5.2. I corpi e la divisione per zero.

o o o o In un anello equazioni del tipo o x= b con b+o sono dunque insolubili:7 Q o o o questo aspetto assume piena rilevanza quando si 6ssa assiomaticamente la pos­

a) b) sibilità della divisione e ci si restringe a quei particolari anelli che costituiscono

Figura xa. i cosiddetti corpi o campi. L' importanza di queste ultime strutture (si pensi aiEvoluzione della notazione cinese. In una prima fase il sistema cinese (a base dieci,

numeri razionali Q, ai numeri reali R e ai numeri complessi C con leggi dialmeno dalla nostra era cristiana in poi) ignora però lo zero: i simboli sono posti entro composizione rappresentate dalle usuali addizione e moltiplicazione) difFicil­caselle, in certi casi lasciate «vuote», a somiglianza di come si opera con l'abaco (a). Con mente potrebbe essere sottovalutata nelle matematiche. È proprio in questol 'influenza indiana si passa però a una notazione posizionale provvista di zero (b) [ I f rahxg8t, pp. 487 e 488; per la di ffusione dello zero nell 'Estremo Oriente cfr. ib id., pp.

contesto che si ritrova sotto un profilo generale la questione della divisione perzero.

y87-89].

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NEOTOMATICA E ICO5I L ELEMENTO BA5i­ '339 ZeroALLORA CI IN5EGNERAI FOIùDATA 5ULL'UTILIZ­ LARE Dl QUESTA NUOVAUNA NUOVA MATEMATICA? ZAZIONE DEI CONCE)TI 5CIENZA E' LO ZERO!

5l, LA 50PRAVI55UTI ALLAj P NEOIOMATICA!MODERNA CRITICA DEL

Pare che Aristotele facesse notare che non si può dividere un numero come

LA MATEMATICA TRA­ LO ZERO' quattro per il «nulla» [cfr. Boyer I943] ; niente da obiettare, finché il «nulla»DIZIONALE... coME E'

P055I BILE 2f non è un numero. Ma ora che zero è un numero come tutti gli altri>7Z Ci si collochi al livello di generalità costituito dalla teoria dei corpi (com­

mutativi ). Come immediatamente si evince dagli assiomi elencati nell'articolo«Calcolo», qui piu volte citato (II, p. 393), gli elementi diversi dallo zero for­mano un gruppo (commutativo ) rispetto all'operazione di moltiplicazione: in

'5-19 particolare il sesto degli assiomi ivi elencati sancisce l'esistenza di un «inver­so» moltiplicativo (il cosiddetto «reciproco») solo per elementi diversi dallo zero :

+Ml ZE~IKl NELlA MATEMATICA MO­DERNA,NIENTE E'5ICU­ poiché la divisione è definita ricorrendo al reciproco del divisore, sembra che

NIENTEF VOLBO DIRE... ORA, VEDETE QUI UN ALITENTI­ RO,. LI N CONIGLIO PIU UlùLA N05IRA NUOVA CO, 5ANO E GENUINO

CONIGLIO NON DA DUE...non ci siano strade per la divisione per zero. Che dire allora di «leggi» come

5CIENZA51 FONDA ZERCI...MA PUO ANCHE DARE 5EDI. la (z) di p. I3z8? Perché di essa non viene fornita una generalizzazione come si

5UL PU87 t (. Ci CONIGU­ è fatto per la (3) e per la (r) > La ragione può essere trovata nel modo seguente:

("'~ -p si supponga, per esempio, % = I ; si è ancora disposti a moltiplicare entrambi imembri di questa uguaglianza per uno stesso elemento, per esempio in parti­colare zero, e concludere I = o I = o, quando sappiamo I / o > «Che anche inmatematica ogni cosa non è proprio la migliore in questo mondo che pure èil migliore dei mondi possibili, lo ricorda proprio la vexata quaestio della de­finizione della divisione» [Suppes I957, p. I63].

5l­ MA ADE550 NEUA MIA NEDTOMATICA, BENI55IMO PRO­ Scartata la soluzione proposta fin dai tempi di Mahavira, si aprono altreGNO­PARLI Dl INOLTI­ NOI LAVORIAMO 50LO 5ULIO P VIAMO APRSNDERE possibilità. Senza ricostruirne l'origine e la storia, ma con l'occhio rivolto piut­REI PIU'-CAZIOIVI! ZERO..OxO=O E

ROVIAMO A LF MI5URE DEL(A IUA tosto ai problemi matematici, logici e linguistici sottostanti, si distinguerannoMOLTIPLlcHE O ECD5ATI Dá?NIENE... CO U5NùDO LA FARE VNPROBLFj +PR»T( j TESfA TANTO PER

NON SONO CHE NEOTOMATICA E5EMPIO .. [cfr. ibid., pp. I63-69] cinque differenti approcci alla divisione per zero : tutti eUNA DIVSRSA FOR­ v I CONTI

I««M

MAMI MAMME, f 'I IMEIMIM Q Iicinque cattureranno, come si avrà modo di constatare, alcuni aspetti ri levantidella pratica matematica e corrisponderanno a difFerenti «metafisiche del cal­

AM colo».l~A ~I

oI ) Tagliare il nodo gordiano; ovvero espressioni come I /o = I /o non hanno

significato. È forse la soluzione piu drastica, quella apparentemente piu sem­5 7M» Ml ' av P « MZ plice, quella che pare implicitamente suggerita da non pochi manuali quando

si esplicita il «divieto» della divisione per zero. Eppure cosi facendo si insinua

NON 5AREBBE QUE5TO: PROVIAMO A ALLORA vEDIA»RI-. Gl I ...ZERO bop ZEROuna nuova difficoltà, poiché non pare agevole (o addirittura possibile ) decidere

MEGLIO fORMULARE PRENDERE LE MI5URE DEL MOLTIPLICATO PER NON TlIL PROBLEMA lATUA TE5TA ... «IMM ... ZERO PORTp LpzEgf PIACRREB

sempre circa la «significanza» delle espressioni. In R si consideri ad esempioIN UN ALTIZO L UNICO 5IMBOIO DELLA LA CIRCONFERBùZA DEL [cfr. ibid., p. I66] per ogni naturale n diverso da zero l'espressione

MODO 2 N EOTOMAT I CA TUO CRANIO E ZERO» CE'LO ZERO, lùO? NESSONA DOMANDA? 8IARE I IE FACOLTÁ.

QUALE R (s)(( n»« ne

CI ~l ove n~ è definito come segue: na = I se n è dispari o se n è pari e somma di due) numeri primi; n*= o se n è pari e non è somma di due primi. Poiché l'esisten­

za di numeri pari che non sono somma di due primi è un problema di teoriaCi~ dei numeri ancora aperto (congettura di GGOldbaCh, rimane aperta, alla luce di

quanto sopra, la significanza (non la falsità o la verità! ) di un'espressione comeFigura I5. la (S).La «neotomatica» del gufo della strip di Pogo Possum (Walt Kelly, tg65 [«Linus»,

I (r965), 5, pp. 57 e g8)). Tra le leggi della «neotomatica» compaiono tra l'altro le rela­z) Definizione «condizionale» della divisione: ci si limita a R. x/o è un nu­

zioni o x o = o e o+o =o, che rappresentano un gruppo «degenere» di un solo elemento mero reale, ma la divisione viene definita ricorrendo a una «definizione con­

(cioè l'elemento neutro) in notazione moltiplicativa, rispettivamente additiva. dizionale>l: se yvco allora x /y =z se e solo se x=y . x . Cosi facendo per ogni

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Zero I34o I34.I Zero

x, x/o è un numero reale, ma non si è in grado di indicare quale elemento sia. il prodotto di due numeri reali sono ancora numeri reali. In questo modo l'in­

Conseguentemente non si possono decidere asserti tipo troduzione del predicato R amplia il dominio: ora, infatti, non è detto che tuttele entità del dominio in cui s'interpretano le espressioni del linguaggio siano

I 2(6) numeri reali; in particolare non è detto che I /o sia un numero reale!

o o Si potrà definire la divisione nel modo seguente:

ecc. [R(x) R R (y) R R (z) 8r y 4 o] ~ [x/y = z ~ z =y. z ]3) Definizione indipendente dagli assiomi: sempre in R, per eliminare que­

st'ultimo inconveniente, si può definire x /o = o per ogni x. La definizione della Per questa via non si dimostra né che % è un numero reale né che x /o

divisione suona allora :non è un numero reale, «ma non si è nemmeno costretti alla situazione controintuitiva di chiamare numero reale x /o» [Suppes I957, p. I68].

x= z ~(yp o ~ x =y z ) R(y = o ~ z = o)

5.3. Dallo zero all'infinito.La divisione è estesa a ogni numero reale nullo o non nullo. Per molti versi pa­re dunque un approccio piu soddisfacente, in quanto la definizione della divi­ Si consideri ancora per qualche istante il quinto approccio alla divisione

sione è «indipendente dagli assiomi» cioè «non richiede alcun teorema che la per zero trattato nel ( 5.z. Si introduca nel sistema cosi delineato un oggetto

giustifichi» [Suppes I957, p. I64]. che non è un numero reale, poniamo v, formulando l'assioma ~R (v).È la via che, sul piano generale, può venir seguita in qualsiasi corpo: ogni Si modifichi quindi la definizione della divisione data piu sopra cosi:

elemento del corpo x ammette ora inverso moltiplicativo che viene definito [R(x) 8c R(y)] ~ [x/y = z ~ [(y + o ~ R(z) 8ccome quell'y per cui x xy = I per x / o e c ome o per x= o. Ne consegue che 8c (x= y z )) 8c (y= o ~ z = v)]].per decidere la verità o la falsità di espressioni tipo x x x = I ove x — ' abbrevia

il reciproco di x per qualsiasi x del corpo occorrerà considerare una ulteriore In questo modo non solo % è escluso dal dominio dei reali, ma, se x e y

condizione (se x sia o no diverso da zero). Complicazioni del genere sono spia sono reali e pure è x~y, si ha % =y /o, con il che si vieta la proliferazione di

di un fatto abbastanza profondo dal punto di vista algebrico: al contrario di «strani» enti matematici.

gruppi e anelli, i corpi non sono «algebre» nel senso ristretto del termine, cioè, Nel reale sviluppo storico delle matematiche mosse analoghe sono state di

detto piu precisamente, non possono venir completamente descritti servendosi fatto e piu volte compiute. Per esempio il passaggio all'infinito «)ia la divisione

solo di equazioni (la classe dei corpi, per utilizzare la terminologia di Tarski, di un usuale numero finito per zero è un archetipo che si è già visto operante in

non è una «classe definibile con equazioni» o, come altri dice, «una varietà» Bhaskara. Lo si ritrova apertamente teorizzato — con pochi scrupoli verso il rigo­

[cfr. per esempio Cohn I965, trad, it, in particolare pp. 7z-73, I86 sgg. e an­ re matematico — nell'Algebra [I77o] di Eulero: qui egli pone ~ = %; ma non

co"a pp. zI4 sgg.]). compie affatto l'ultimo passo implicito nella ridefinizione della divisione data

4) I corpi come strutture relazioncdi: appare allora abbastanza naturale, an­ poche righe piu sopra; anzi gli pare naturale che z/o sia z~, cioè il doppio di %.che se poco confacente alla pratica abituale, sostituire ai simboli per operazioni Inoltre nelle considerazioni fin qui fatte su v non si è ancora alluso al fatto che

simboli per relazioni. I l s imbolo o viene allora sostituito dal predicato a un R è un corpo ordinato (cfr. ancora il citato articolo «Calcolo» alla p. 396 ) e

posto Z (ovvero Z(x) vuoi dire che x è l'elemento neutro per l'addizione, cioè si è tacitamente assunto che l'usuale ordinamento continui a valere relativiz­

zero), un predicato a tre posti S sostituisce il simbolo +, un predicato a tre zato a R [cfr. Suppes I957, p. I67]. Nulla si dice a proposito del posto di v ri­

posti M sostituisce il simbolo x , ecc. negli usuali assiomi dei corpi. L'opera­ spetto alla usuale relazione d'ordine. Ma se s'identifica v con l'infinito? Se per

zione di divisione si può allora definire, eliminando gl'inconvenienti di I ), z) v , ovvero per ~, si istituisce un calcolo o se si considera, poniamo, +~ come

e 3) per esempio cosi: maggiore di ogni numero (finito) positivo e — ~ minore di ogni numero (finito)negativo?

D(x,y, z) ~ ~Z(y) RM(y, z, x). Qui si è al centro della «palude dell'analisi» (per usare la pittoresca espres­

5) Ampliare il dominio: data l'importanza che ha avuto nello sviluppo di sione di Kline [I98o]). Detto in modo molto schematico: a ) la divisione per

non poche idee matematiche, vale però la pena di accennare a un quinto ap­ zero di un qualsiasi numero usuale (cioè «finito») giustifica l'introduzione del­

proccio, limitandosi di nuovo al caso dei numeri reali. Mantenendo l'usual« l'infinito [cfr. a questo proposito la discussione in Couturat I896, pp. 277-9I ] ;notazione per le operazioni fondamentali, si può introdurre un simbolo R com« b) la divisione per l' infinito di un qualsiasi numero finito è anch' essa lecita;

un predicato a un posto che significa appunto «essere un numero reale» e ri­ c) curiosamente, non si riottiene da quest'ultima operazione zero, ma una nuo­

formulare i tradizionali assiomi in modo che si possa esprimere che la somma « va entità, una quantità «minore di ogni quantità finita assegnabile» ma «di­

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Zero r 342 r343 Zero

versa da zero», cioè un infinitesimo. Ora, in al tr i art icoli della presente En­ realtà alcuna fallacia: in un calcolo come quello appena esposto, dx e quindiciclopedia (in particolare «Calcolo», «Differenziale», «Infinitesimale» e «In­ zx+ dx sono considerati «a tempi diversi » : non c'è dunque nessuna incoerenzafinito» e, per aspetti piu generali, «Matematiche») la questione dell'infinito e nel supporre «in tempi diversi» zx e zxpdx prima disuguali e poi uguali: «Edell'infinitesimo nelle matematiche è stata ampiamente trattata : qui ci si limiterà c'è da meravigliarsi che un fine ragionatore come il nostro Autore [Berkeley]ad osservare che la strategia piu sopra sommariamente schematizzata può venir non sia in grado di distinguere fra tempi diversi » [ 1736, p. 39]. E conclude : «Sevista sia come un volgare «trucco», come avrebbe detto qualsiasi rigorista, o supponiamo [due quantità] prima disuguali e poi divenire uguali, non c'è piucome un «enigma», come avrebbe riconosciuto uno di quegli analisti incorag­ ombra di difFicoltà in ciò. E non c'è nulla di strano nel fatto che dalla supposi­giati dai successi ma sconcertati dall'oscurità dei fondamenti; comunque essa zione di queste due cose che accadono l'una dopo l'altra, posso dedurre unarappresenta una problematica tipicamente «mal strutturata» che però si rivela, conclusione che non seguirebbe dall'una o dall'altra supposizione presa per sé»sul lungo periodo, una «matrice» di buoni problemi [per gli aspetti generali di [ibid., p. 4o].questa tematica, cfr. quanto osservato nell'articolo «Ricerca» in questa stessa Nella concezione «dinamica» di Bayes, dunque, «quantità» diverse da zeroEnciclopedia; sulla questione cfr. ancora Morini r98o, pp. r9r-93 ]. possono diventare zero. Ma si confronti questa posizione con le mosse di coloro

Ovviamente lo schema a ), b), c) è solo un abbozzo di come gli infinitesimi che sul Continente reagiscono alle critiche. Per esempio, Eulero, in particola­possono venir introdotti nel calcolo. Ben piu sofisticate metafisiche (cioè «me­ re nelle sue Institutiones calculi differentialis [i755], opera un notevole slitta­tafisiche applicate» come specificato nel ) 3 dell'articolo «Metafisica» in questa mento da (e contro) Leibniz. Quel dx che Leibniz considerava un infinitesimostessa Enciclopedia ) furono di fatto messe all'opera: dalla concezione newtoniana per Eulero è semplicemente zero : non c'è, dunque, « trucco». Conseguentementedelle «flussioni» e delle « fluenti» alla teoria leibniziana dei «differenziali» giu­ dy/dx che per Leibniz era il rapporto di due infinitesimi, è per Eulero in realtàstificati ricorrendo alla legge della continuità, alla «teoria degli zeri» di Eulero %. Solo che per Eulero questo simbolo scritto come rapporto di due nulla può(polemicamente rivolta contro «i sofismi dei monadisti» ). assumere vari valori!

In questa sede si vuole ancora insistere solo su un aspetto che di nuovo allo Si veda il ragionamento di Eulero piu in dettaglio: come già si è piu voltezero rimanda. Per fare un esempio classico, si supponga di calcolare — via in­ ripetuto, per ogni numero n è n . o = o : s e si d iv ide per zero si ott iene allorafinitesimi, giustificati in nome di Newton o di Leibniz qui non importa — la n= %. In questo modo viene «giustificato» l'abituale procedimento di calcoloderivata della funzione y = xs. Sulla curva corrispondente nel piano cartesiano della derivata di una funzione, per esempio quello che da y = xs ha ricavatosi considera allora il punto di coordinate (x, xs). Se x varia per un incremento dy/dx = zx. Quel che per Leibniz restava sempre un infinitesimo diverso dainfinitesimo dx, allora zero (e Leibniz doveva poi giustificare perché si potesse mai passare da zx +

dy = (x+ dx)s — x = zx dx + (dx) . +dx a zx) diventaria zero per Eulero e, diventando zero anche dy, risultavauguale a zx il rapporto o /o.

Dividendo per dx si ottiene Cosi nella «teoria degli zeri » di Eulero trovava un importante ruolo euristi­dy co la forma simbolica o /o, impiegata anche da altri matematici come d'Alem­— = zx+dxdx bert, ma già rifiutata da Lagrange e da Carnot; proprio tale forma verrà a co­

stituire «il piu temibile di tutt i i s imboli o enigmi del calcolo difFerenziale»e poiché dx è infinitesimo si ha pure [Bledsoe r867, p. zr5], a rappresentare quindi «il campo di battaglia delle

scuole di pensiero rivali a proposito del calcolo» [Cajori i9z9, p. z6i ] , per— = zx.dx finire infine come una semplice e relativamente innocua abbreviazione in qual­

che testo di analisi dopo la rivoluzione del rigore promossa da Weierstrass.Ed è un altro modo di «truccare le carte»: dx è assunto diverso da zero nel È facile del resto, col senno di poi, relegare nel cimitero delle concezioni

primo passo (divisione per dx di entrambi i membri di un'equazione ) e uguale prescientifiche (se non antiscientifiche) le intuizioni di Newton e dei suoi di­a zero nel secondo (posizione di zx+dx come uguale a zx ). Proprio espedienti fensori, o di Leibniz e dello stesso Eulero. La concezione che si è imposta condel genere censurava implacabilmente il vescovo Berkeley, polemizzando sia Weierstrass ha ritrovato per altra via i grandi risultati ottenuti via infinitesimi econ Newton sia con Leibniz, là dove riteneva inammissibile dare al medesimo ha fatto si che anche in analisi l'infinito (e l'infinitesimo) si riducesse afafonsimbolo (il dx di cui sopra) un «doppio significato», compiendo in questo mo­ de parler. Tuttavia, come è ampiamente mostrato nell'articolo « Infinitesimale»,do «un sofisma manifesto» [i734, in particolare ) r5, e anche $f z5, z6 e 27]. questo drastico giudizio va non poco ridimensionato. Infine, in un adeguatoMa se Berkeley riteneva che il calcolo deviasse dal retto cammino della «di­ contesto come quello fornito dall'analisi «non standard» di Robinson e Luxem­mostrazione scientifica» per diventare a knack, an art, an artifice, due anni dopo burg (cfr. il citato articolo «Infinitesimale», $ 3), gli infinitesimi vengono ri­il reverendo Bayes gli ribatteva che «in quel modo di ragionare» non c'era in trovati come elementi della «monade» dello o reale: essi quindi non sono zero

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Zero x344 '345 Zero(e la divisione per zero è, ovviamente, anche qui interdetta ) ma la loro «vici­nanza» con lo zero è soddisfacentemente chiarita dallo studio delle proprietàdell'«allargamento» non standard R~ di R. 6.z. Lo zero nel contesto insiemistico. Definizione dell'insieme vuoto.

Un passo ulteriore viene compiuto con una tipica riduzione (cfr. per gli6. Lo z e ro di Peano, l'insieme vuoto e la classe nulla. aspetti generali l'omonimo articolo in questa stessa Enciclopedia ) della teoria

dei naturali alla teoria degli insiemi. In quest'ultimo contesto, come si puòvedere in altri articoli di questa stessa Enciclopedia (in particolare «Assioma/6.x. Gli assiomi di Peano per i numeri naturali. postulato» e «Insieme» ), i numeri naturali vengono espressi come «potenze» o

Una volta messe in luce le proprietà algebriche dello zero e, al contempo, «numeri cardinali » di insiemi finiti (cfr. anche la reinterpretazione degli assiomi

tenendo conto delle estensioni del concetto di numero a partire dai naturali, le di Peano P.x-P.5 come P'.x-P'.5 nel citato articolo «Calcolo» ). Lo zero risultapagine che seguono s'incentreranno sulla definizione dello zero dei naturali, e allora la «potenza» o «numero cardinale» dell'insieme vuoto (empty set nellaanzitutto sulla formulazione assiomatico-formale fornita da Peano nelle varie terminologia corrente ) o classe nulla (null class nel linguaggio delle classi)edizioni del suo Formulaire. Gli assiomi peaniani sono stati piu volte trattati (cfr, del resto il citato articolo «Insieme», VII, p. 755 ).nella presente Enciclopedia (cfr. per esempio l'articolo «Calcolo», ove com­

Ma «le diflxcoltà di Fredegiso ricompaiono tutte, immediatamente, in que­

paiono con la sigla P.x-P.5 alla p. 4o8 ) : essi, come è noto, utilizzano tre ideest'ultimo concetto, a proposito della sua definizione e della sua esistenza»

non definite che sono appunto numero (come abbreviazione di numero naturale),[Geymonat x95z, ed. x953 p. xo5]. Se con il creatore della teoria degli insiemi,

zero e successore. In tale sistema zero è dunque qualcosa, il primo dei numeri, Georg Cantor, s'intende per classe o insieme (Menge: la successiva distinzionema determinare che cosa è un altro problema! tra «insieme» e «classe», abituale al logico matematico dopo «la crisi dei fon­

È lo stesso Peano che nel Formulaire [x899, p. 3o] osserva: «Vi è un'infinitàdamenti», non sarà esplicitamente richiamata o utilizzata qui ) «l'unione in un

di sistemi che soddisfano tutte le proprietà primitive [cioè gli assiomi P.x-P.5].tutto di oggetti distinti della nostra intuizione o del nostro pensiero» (cfr. del

Esse risultano per esempio tutte verificate se si sostituiscono numero e o con resto quanto osservato nel citato articolo « Insieme», ) x), che tipo di esistenzanumero diverso da o e x». La stessa oscillazione di Peano e della sua scuola nel si dovrà attribuire alla classe vuota che appunto non «unisce in un tutto» alcun

formulare gli assiomi per i naturali senza lo zero o con lo zero appare dunque elemento> E «se essa non esiste, con che diritto potremo parlarne, come di

nella sua vera luce: gli assiomi peaniani non assegnano ai numeri o, x, 2, 3, fatto ne parliamo, in tutta la matematica>» [ibid., pp. xo5-6]. In linea teorica siecc. alcun significato, specificano soltanto che essi devono godere di certe pro­ potrebbe anche sostenere che è bene fare a meno della classe nulla (dunqueprietà enunciate dagli assiomi. Di piu la posizione di Peano sembra essere stata anche dello zero, o almeno di una interpretazione che lo renda «intelligibile»).quella di considerare numero, zero e successore non solo come tre nozioni in­ Ma una soluzione cosi «reazionaria» (per usare le parole di Russell [x903,definite, ma come vere e proprie indefinibili [c f r. le osservazioni critiche di

trad. it. p. x3o]) riporterebbe all'antica ambiguità (zero: segno di mancanza oRussell x9o3, trad. it. in particolare pp. x96-zox ]. Ma Peano, personalmente,

mancanza di segno>), in contrasto però con la stessa pratica del calcolo cosifu sempre piuttosto restio a costruire una vera e propria filosofia sulla base di come si è venuta via via articolando.

questo approccio. Non sono mancate però nel Novecento differenti versioni del Una celebre via per eludere esiti cosi drastici, risalente sostanzialmente a

formalismo, tutte unanimi nel concludere che numero, zero e successore sono Frege [x884] consiste nel modificare l'«archetipo» cantoriano di insieme. Dare

semplicemente (ed esclusivamente) quel che è implicitamente definito dagliuna classe M non vuoi piu dire, come pretendeva Cantor, dare un raggruppa­

assiomi peaniani o da qualche loro variante. Bertrand Russell era solito para­ mento : vuoi dire invece precisare una regola di appartenenza, determinare cioè

gonare costoro a degli orologiai cosi preoccupati della raffinatezza dei congegni per ogni x se x appartenga o non appartenga a M. Ora, perché escludere una

da loro costruiti, da dimenticarsi che un orologio deve usualmente segnare le regola tipo 'Per ogni x, x non appartiene a M'? Questa regola può venir sugge­

ore e che va quindi provvisto anche di un quadrante. Con terminologia diversa, rita da qualsiasi concetto contraddittorio, per esempio «disuguale da se stesso».

si potrebbe dire che, se anche il punto di vista formalista ha successo nel rico­ Se infatti si pone 'x appartiene a M se e solo se xgx', si trova immediatamente

struire in larghissima misura la pratica del calcolo, sotto questo profilo soddisfa la classe vuota [per un riepilogo della questione cfr. Bunn x98o, pp. zz6-3x ].forse un'esigenza di «razionalità», ma non ancora un'esigenza di «intelligi­ Com'è noto, l 'originaria versione fregeana delle classi è stata modificata

bilità »... dopo la scoperta di celebri antinomie: è però facile riadattare il procedimentodi Frege piu sopra delineato a una qualche teoria assiomatica degli insiemi,come per esempio alla versione di Zermelo, Fraenkel e Skolem (per cui sivedano i citati articoli «Assioma /postulato» e «Insieme»: qui, grazie al cosid­detto «principio di isolamento» o «assioma del sottoinsieme», è possibile de­

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ZeroZero r346 r347

andati assai al di là del suo divieto? TEET. E p<.'l'CI>I.'? <,o s'r><. Piu di quellofinire un insieme vuoto isolando in un dato insieme A l'insieme M con la con­dizione x+x. Sarà poi immediato mostrare che tale insieme M è unico utiliz­ ch' egli ci proibi di prendere in esame, noi riccrc:><»<»<>, procedendo oltre il

zando il principio di estensionalità [cfr. per esempio Fraenkel e Bar-Hillel limite e anche piu avanti, e gl iene demmo di»><>sl<;>zi<>nc. TEET. Ma come

r958, pp. 4z-43 ; cfr. anche per un approccio lievemente differente il citato fu? i .o sTR, Perché egli in qualche luogo dice: '" l '<> infatti mai costringeraiad essere ciò che non è, ~ tu invece da questa vi;>, <>cl <u<> cercare, tieni lontanoarticolo «Assioma/postulato», in particolare $ 4].

Per questa via si potrebbe anche concludere che la «regola» su accennata il pensiero" » [ibid., 258b-d].Ora, «nulla è un concetto denotante chc n<n> <lcn<>ta alcunché... La pro­«fornisce la definizione operativa (di un operativismo matematico, s'intende! )

della classe vuota e quindi dello zero, e riesce con ciò a risolvere appieno le posizione... riferita, che sembra cosi paradossale, n<>n significa altro che questo :

difficoltà di pr incipio che sembravano legate a questo fondamentale concetto nulla, il concetto denotante, non è un nulla, ci<>è n<>n è ciò che esso stesso de­

della scienza» [Geymonat I952, ed. r953 p. ro6]. L'autore del presente articolo nota» [Russell I903, trad. it. p. r3r] . Questa >n<>ssa c<>mporta la seguente dif­ficoltà. Si considerino, per esempio, proposizioni co<ne 'Le chimere sono ani­è però d' accordo con una valutazione del genere solo per la prima metà: infat­

ti che tale definizione «operativa» dissolva «appieno» le difficoltà concettuali mali'. «A prima vista, — commenta Russell, qu este proposizioni sembrano

legate allo zero è per lo meno discutibile: dopo tutto in una teoria assiomatico­ vere, e parrebbe che esse non si riferiscano ai concetti denotanti, ma a ciò che

formale come quella di Zermelo, Fraenkel e Skolem si sa solo che esiste un questi concetti denotano ; eppure ciò è impossibile, p<>iché i concetti in questionenon denotano alcunché. La logica simbolica <lice chc questi concetti denotanoinsieme che non ha elementi (quello che tecnicamente è talvolta detto <'un ato­

mo») e che di tali «atomi» ve n'è uno solo (cfr. per esempio quanto osservato la classe-nulla, e che [tali] proposizioni... asseriscono che la classe-nulla ècontenuta in certe altre classi. Ma... una classe chc non abbia termini non puòda Fraenkel e Bar-Hillel [r958, pp. 3r e 42"43] : va anche detto che in certeassolutamente essere qualcosa: ciò che è pura>ncntc e semplicemente una col­varianti della teoria si possono anche ammettere piu «atomi» differenti, con

risultati tecnici di notevole interesse; la questione non sarà però affrontata lezione di termini [cfr. quanto si è detto a p. x345], non può sussistere quando i

qui). Una volta abbandonato l'archetipo cantoriano, resta dunque il problema termini siano tolti » [ibid., p. rz9]. Ciò richiede una «correzione» che può venird'individuarne un altro, che permetta di ritrovare l'intelligibilità dei passi for­ brevemente schematizzata come segue.

Tutti i c oncetti denotanti, osserva ancora Russell, derivano da concettimali compiuti.Una soluzione del genere è stata già individuata da Russell e benché essa classe: a è un concetto classe quando 'x è un a' è una funzione proposizionale,

una «funzione» cioè che assume i valori di verità 'vero' o 'falso' a ogni sosti­comporti una notevole complicazione rispetto alla dottrina che associa a untuzione della variabile x con una costante. Ora «i concetti denotanti uniti ad aconcetto la classe degli individui che tale concetto soddisfano, varrà la pena dinon denoteranno alcunché quando e soltanto quando "x è un a" r isulta falsaaccennarvi nelle pagine che immediatamente seguono anche per il fatto che essa

permetterà di specificare la natura dei cosiddetti «zeri puri di grandezza» di per tutti i valori di x» [ibid.]. Tali concetti classe verranno battezzati «concetticlasse nulli». Il riferimento della classe nulla sarà allora la classe di tutti i con­cui si tratterà nel ) 7. cetti nulli, oppure la classe di tutte lc funzioni proposizionali nulle. «Se quindivogliamo avere una entità analoga a quella che altrimenti si chiamerebbe classe,

6.3. Russell, i concetti classe e la classe nulla. ma corrispondente ai concetti-classe nulli, siamo costretti... ad introdurre un

«È chiaro, — scrive Russell [r9o3], — che esiste un concetto quale il nulla, e termine che risulti identico per concetti-classe uguali, ed a sostituire dappertuttola classe dei concetti-classe uguali ad un dato concetto-classe, alla classe cor­che in un certo senso nulla è qualcosa. In realtà la proposizione "il nulla non

è nulla" è senza alcun dubbio suscettibile di un'interpretazione che la rende rispondente a quel concetto-classe... La classe-nulla, in effetti, è in qualchemodo analoga ad un irrazionale in aritmetica: non può cioè venir interpretatavera» (trad. it. p. rz8). Riappare ancora l'argomento di Fredegiso (cfr. ( z) e,

risalendo nella tradizione del pensiero occidentale, tutta la tematica del non secondo gli stessi principi che servono per le altre classi, e se noi vogliamo dameessere discussa già da Platone, in ispecie nel Sofista [in particolare z54 sgg.]. un'interpretazione analoga in sede diversa, dobbiamo sostituire alle classi altre

Per esempio: «Lo sTRANIERo Come hai detto, ciò non è inferiore, quanto al­ entità piu complicate» [ibid., p. I3I] .1>l essere, a nessuna altra cosa. E non occorre dire ormai coraggiosamente che"ciò che non è" è saldamente ed ha una sua propria natura, come vedemmo cheil grande è grande, e che il bello è bello, e ciò che non è grande non-grande, e Lo «zero puro di grandezza»: Russell a proposito di Kant e Meinong.

ciò che non è bello non-bello? Anche "ciò che non è", per la stessa ragione,vedemmo essere, ed è non essendo, ed è un genere da annoverare fra i molti Accettando la soluzione del paragrafo precedente — in particolare la variantc

altri che sono. Oppure, Teeteto, v'è ancora qualche perplessità in ciò? TEET.proposta da Russell —, il problema del non essere che « lo straniero», protagonist;>

Nessuna. Lo sTR. Lo sai che noi abbiamo abbandonato Parmenide e siamo del Sofista, formula «procedendo oltre il limite» posto da Parmenide, per quant<>

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Zerot 349Zero I 348

i vari «gradi» della grandezza in questione a numeri razionali e costruire unariguarda il contesto delle matematiche sembra avviato se non a soluzione, a una successione (cfr. il «numero infinito di gradi sempre piu piccoli» di cui parlachiarificazione. Ma che portata può avere tale chiarificazione fuori dal contesto Kant ) che sia una cosiddetta «zero-successione» o «successione di Cauchy»delle matematiche? In altri termini, è essa in qualche modo esemplare? E del per «definire» lo zero di quella grandezza. Qui non sussiste «un approssimarsiresto, con lo stabilirsi di una «corretta» grammatica per il termine zero entro discreto alla classe nulla... tale approssimarsi è (nei diversi sensi della parola)la logica formale e le matematiche, qual è l'entità dello slittamento avvenuto? continuo». Si tratta certo dello zero di quella grandezza, ma in un senso pick­

Saranno ancora le parole di un filosofo a far da guida, nella fattispecie la wickiano : di fatto «questo metodo rende... lo zero identico per tutti i generi diconfutazione kantiana dell'argomento che Moses Mendelssohn aveva esposto grandezza, e non ne fa una tra le grandezze di cui esso è lo zero» [ibid.].nel suo Fedone, o L'immortalità dell'anima (Phádon, oder die Unsterblichkeit Proprio quando si dice che l'identità è un caso limite della differenza, seder Seele, x767). Per Mendelssohn l'anima è un essere semplice, senza parti o non si vuole fare della mera retorica, si deve ricordare che il limite non è omo­molteplicità, e come tale non può venir «decomposto» e quindi cessare di esi­ geneo alla successione di cui è limite. Come sa ogni studente di analisi quandostere. Ma, ribatte Kant nella Critica della ragion pura [t787], «questo perspi­ ha a che fare con il postulato della continuità (cfr. il citato articolo «Calcolo»,cace filosofo... non tenne conto del fatto che, anche concedendo all'anima una Il, pp. 4r6-x8), una successione di segmenti ciascuno compreso nel precedentenatura semplice del genere, per cui essa non racchiude alcuna molteplicità di individua un punto, ma un punto non è un segmento. Di nuovo la locuzione cheparti reciprocamente esterne, perciò alcuna quantità estensiva, non è tuttavia lo zero è il minimo di una grandezza appare inadeguata. Fin dal caso esemplarepossibile negarle, come a ogni altra cosa esistente, una quantità intensiva, ossia delle distanze si deve dunque riqualificare tutta «la filosofia» precedente no­un grado di realtà rispetto ad ognuna delle sue facoltà, anzi, in generale, rispetto tando «che una distanza-zero è puramente e semplicemente nessuna distanza»a tutto ciò che ne costituisce l'esistenza; questo grado può andar diminuendo [ibid., p. z76].attraverso un numero infinito di gradi sempre piu piccoli, sicché la pretesa so­ Nella questione si affronta cosi « il problema della natura della negazione»stanza potrà ridursi a nulla, se non per decomposizione, per un progressivo [ibid., p. 275 ; cfr. le osservazioni di Geymonat r95z, ed. I953 p. IO7]. Un passosminuimento (remissio) delle sue forze (quindi per i llanguidimento, se mi è interessante è allora quello compiuto da Meinong nel suo Sul significato dellaconcesso l'impiego d'una espressione del genere). La coscienza, infatti, ha legge di R'eber, là dove lo zero di un genere di quantità viene introdotto comesempre un grado, suscettibile di venir diminuito, e lo stesso dicasi della facoltà «l'opposto contraddittorio» di ogni grandezza del genere considerato [r896, p.di esser coscienti di sé, e di tutte le altre facoltà» (trad. it. pp. 340, 34I). 8]. Ancora una volta la critica di Russell [r9o3, trad. it. pp. 252-53, 272-73,

L'obiezione kantiana fa dunque riferimento al cosiddetto «zero puro di z76-77] svela però alcune ambiguità. Nel calcolo delle classi dell'usuale praticagrandezza». Ma come va definito questo? Russell [z9o3] esamina la definizione logica e matematica (cfr. ancora «Calcolo», II , pp. 396-4oo) l'«opposto» (otradizionale dello zero di un genere di grandezza come «minima grandezza «complemento») di una classe è la classe contenente tutti gli elementi di un datodel suo genere» (trad. it. pp. 272-77). Sia nel caso di una grandezza discreta «universo» che non appartengono alla classe data. Ora questo riferimento «èche nel caso di una continua (cfr. l'articolo «Continuo/discreto» in questa evidentemente non appropriato; non è vero che lo zero sia ogni cosa eccettostessa Enciclopedia ) tale definizione si rivela inadeguata. una grandezza del suo genere, e neppure che sia ogni cosa eccetto la classe delle

a) Caso discreto: sia lo zero che dovrebbe funzionare da «grandezza li­ grandezze del suo genere. Si può difficilmente considerare vera l'affermazionemitante» la minima del suo genere. Ma allora l'enunciato che lo zero è la mi­ che un dolore sia un piacere zero» [ibid., p. z73].nore delle grandezze è simile all'enunciato 'Achille era il piu forte di tutt i i A un piu attento esame Meinong [ t896] sembra invece sostenere che unsuoi nemici'. Enunciato «retorico», in quanto tutt i i nemici di Achi lle sono piacere zero è in realtà nessun piacere, il che non coincide affatto con non pia­meno forti di Achille e non si può verosimilmente considerare Achille nemico cere. 'Zero piacere' (ovvero 'nessun piacere') «sembra voler dire che un piaceredi se stesso. Analogamente «sarebbe ovviamente falso dire che lo zero sia il zero non è né p iacere né alcun'altra cosa», conclude Russell e commenta:minimo degli interi positivi, o che l'intervallo tra A ed A sia il minimo inter­ «Un modo scomodo di dire nulla, [mentre] il riferimento al piacere dovrebbevallo tra due lettere qualsiasi dell'alfabeto» [ibid., p. z74]. essere lasciato completamente da parte» [r9o3, trad. it. p. z73]. Si è dunque

b) Caso continuo: se «le nostre grandezze sono... delle distanze, lo zero camminato in circolo, movendo dalla croce delle ontologie, cioè del non-essercpossiede, a prima vista, un significato ovvio, e precisamente l'identità» [ibid.]. espresso dagli zeri puri (zero puro di distanza, zero puro di piacere, ma ancheQuesta eventualità è un t ipico caso esemplare in cui la fi losofia dell'identità — perché no? — zero puro di esistenza) per ritrovarsi con il nul la, puro non­diventa un caso limite della filosofia della differenza. Piu in generale «in qua­ essere (cfr. anche le osservazioni fatte all'inizio e passim nell'articolo «Meta­lunque classe di grandezze che sia continua... possiamo introdurre lo zero fisic» in questa stessa Enciclopedia) > Forse si: ma è stato un circolo nirtur>so,nello stesso modo con cui si ottengono i numeri reali dai razionali» [ibid., p. in cui qualcosa pure si è appreso. E cosa> La relazione «singolare e intima» <li275]. Dando opportunamente «numeri alle cose» (cfr. quanto osservato nel­ un concetto come zero piacere con la negazione logica: «Non esiste alcunal'articolo «Numero» in questa stessa Enciclopedia, al ) 7) si potranno correlarc

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Zero I350 I35I Zero

quantità la cui grandezza sia zero, cosicché la classe delle quantità zero è laBerkeley, G.

1734 The Analystl or, a Discourse Addressed to an Infidel Mathematician, Tonson, Londonclasse nulla. »[ibid., pp. 276-77]. Gli zeri puri di grandezza (in particolare lo (trad. it. Fondazione Giorgio Ronchi, Firenze r97t).stesso zero puro di esistenza, erede della versione ontologica del nihil di Fre­ Black, M.

degiso, cfr. ) z) restano, «propriamente parlando», degli indefinibili, «come le r977 «Zero», in Encyclopaedia Americana, voi. XXI X , A m e r icana Corporation, New York,

altre grandezze del genere» [ibid., p. z77] ma possono venir specificati grazie PP. 770-7I .Bledsoe, A. T.

a questa relazione con lo zero delle matematiche, piu propriamente con la t867 Th e Philosophy of Mathematics, Lippincott, Philadelphia.classe nulla. Boyer, C. B.

t943 An early reference to division by zero, in «The American Mathematical Monthly», L,pp. 487-9t.

8. Zer o come «adombramento». r968 A. H i s tory of Ma thematics, Wiley, New York (trad. it. Isedi, Mi lano 1976).Bunn, R.

Ci si potrebbe arrestare qui : e non certo perché le considerazioni svolte in r98o De ve lopmentsin the Foundations of Mathematics sg?o-tqto, in I . G ra t tan-Guinness(aprecedenza ( ) ) 6 e 7) esauriscano « l'abisso» sottostante allo zero ma perché

cura di), From Calculus to Set Theory. An In t roductory History, Duckworth, London,pp. 220-55.

deve pur esserci un termine all'esposizione del gioco dei problemi e delle con­ Cajori, F,

getture che s'intrecciano intorno a un particolare nodo. Ma, anche tenendo rqzg A H i st o ry of M a t h ematical Notattons, I. No tat ionsin Elementary Mathematics, Open

conto del fatto che, per una bizzarria alfabetica, con l'articolo «Zero» termina Court, Chicago.t9z9 A H i st o ry o f M a t h ematical No tat ions, II . No t a t ions Main ly in H i g h er Ma t hematics,

questa Enciclopedia (ovvero questo viaggio, in cui un qualche Ulisse si lascia Open Court, Chicago.alle spalle un mare popolato di strani «mostri », ma quale Itaca può mai aspet­ Cohn, P. M.

tarlo >), sia lecito a chi scrive proporre ancora un'ultima citazione. 1965 Un iversat Algebra, Harper and Row, New York ( t rad. i t. Feltr inelli, Mi lano r97t) .

Dai Sonnambuli (Die Schlafzeandler, I t)3 I-3z ) di Hermann Hroch : «L'as­ Courant, R., e Robbins, H.

sassinio resta assassinio, la malvagità resta malvagità, e il filisteismo di una sfera r94t What i s M a t hematics?, Oxford University Presa, London — New York (trad. it. Borin­ghieri, Torino t97z ).

di valori l imitata all'individuo e ai suoi impulsi irrazionali, questo prodotto Court de Gébelin, A.estremo di ogni disgregazione dei valori, resta il punto dell'abiezione assoluta, s773-8z Du f e u des tarots, in Monde primitif, analysé et compare'avec le monde moderne, Chezresta, in certo modo, lo zero, l ' invariante assoluto, che, prescindendo dalla l'auteur, Paris (trad. it. Ottaviano, Milano t98s),loro reciproca relatività, è comune, e tale dev' essere, a tutte le scale e a tutti i Couturat, L.

sistemi del valore, perché non se ne può fondare alcuno che nella sua idea e r896 De l ' I n f ini mathématique, Alcan, Paris.

nella sua essenza logica non sia soggetto alla "condizione dell'esperienza pos­ Eulero, L.r755 Institutiones calculi differentialis cum eius usu in analysi fini torum ac doctrina serierum,

sibile" : empirico adombramento di una struttura logica comune a tutti i sistemi Impensis Academiae Imperialis Scientiarum Petropolitanae ;ora in Opera omnia, seriee di un'aprioristica immutabilità connessa con il logos. E sembra quasi discen­ I, voi. X, Teubner, Leipzig-Berlin r 9 t 3.

dere dalla stessa necessità logica che il passaggio dal vecchio al nuovo sistema s77o Vo l l s tandige Anleitung zur Algebra, Kayserliche Akademie der Wissenschaften, SanktPetersburg.

debba compiersi attraverso quello zero in cui si atomizzano i valori, attraverso Fraenkel, A. A., e Bar-Hillel, Y.una generazione che, priva di ogni rapporto col vecchio e col nuovo sistema, 1958 Fo u ndations of Set Theory, North Hol land, Amsterdam.appunto in questa mancanza di rapporti... giustifica, dal punto di vista etico e Frege, G.storico, lo spietato disprezzo cui viene esposto tutto ciò che è umano in tempi t884 Di e G rundlagen der Arithmetik. Eine logisch-mathematische Untersuchung ilber den Be­

di rivoluzione» [III, 88]. griff' der Zahl, Ko bner, Breslau (trad. i t. in Lo gica e aritmetica, Boringhieri, Tor inot977 PP. zo7-349).

L'autore del presente articolo non rit iene opportuno alcun commento perGeymonat, L.

queste parole (ovvero, nella sede costituita dall'Enciclopedia esse si commentano t952 I p r o b lemi del nulla e delle tenebre in Fredegiso di Tours, in s Rivista di filosofia», XLI I I,benissimo da sé). Sia lecito aggiungere solo che esse esprimono un suo feeling, 3 pp. z8o-88 ; ora in Saggi di filosofia neorazionalistica, Einaudi, Tor ino t 953, pp.

strettamente personale, una sorta di erosione interna prodotta dall' inquietu­IO I - I I .

Gilson, E.dine. [G. o.]. r944 La philosophie au Moyen Age. Des origines patristiques à la fin du xrsce siècle, Payot,

Paris r944s (trad. it. La Nuova I talia, Firenze t973 ).Heath, Th. L .

Badiou, A. i 93 t A M an u al of Greek Mathematics, Clarendon Presa, Oxford ; ed. Dover, New Yor l<

t969 Ma r q ue et manque: à propos du éro, in «Cahiers pour l 'analyse b n. ro, pp. t 5 o -73.r963.

Hegel, G. W. F.Bayes, Th.t736 An Introduction to the Doctrine of Fluxions, Noon, London. rgtz-t6 Wi ss enschaft der Logik, 3 vo l i ., Schrag, Ni i rnberg (trad. it . La terza, Bari t974 ).

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Zero I352 3353 Zero

Hill, G. F.x915 Th e Development of Arabic Numerals in Europe, Clarendon Press, Oxford. Rappresentazione stessa dell'ambigui tà, in quanto inteso ora come mancanza di

Humboldt, A. von segno ora come simbolo per il nulla, lo zero è slittato da semplice operatore aritmetico ax8z9 Ub er d ie bei verschiedenen Volkern iiblichen Systeme von Zahlzeichen und ùber den Ur­ ente (cfr. essere) dotato di proprietà determinate, modificando in tal modo i l concetto

sprung des Stellenrverthes in den indischen Zahlen, in «Journal fur die reine und ange­wandte Mathematik», IV, 3, pp. zo5-3 x. stesso di numero. E in particolare il passaggio dal computo con l'abaco, ove lo zero è

Ifrah, G. semplicemente un posto vuoto, a un calcolo scrit to (cfr. anche scrittura) che ha fatto si

x98x Hi s to ire universelle des chiffres, Seghers, Paris. che questo ente ambiguo sia divenuto sempre piu necessario in piu di un algoritmo. Al­

Jordan, L. l'interno delle matemat i che, le sue proprietà piu generali sono emerse nel contesto delle

x905 Ma t e r ial ien zur Geschichte der arabischen Zahlzeichen in Frankreich, i n «Archiv fu r varie strutture ma tem at i che, mentre la giustificazione della sua esistenza si è ripro­Kulturgeschichte», III , pp. x55-95. posta dal punto di vista della moderna formal izzaz ione (cfr. anche assioma(postulato)

Kant, I . per trovare risposta nel quadro della teoria degli insiemi (cfr. insieme). L'analisi pro­x787 Kr i t i k d er reinen Vernunft, Hartknoch, Riga x787' (trad. it. Utet, Tor ino x967). mossa dalla logica della nozione di zero ha costituito infine un paradigma per la tratta­

Kline, M. zione del problema tipicamente filosofico (cfr. filosofia/filosofie, metafisica) dei cosid­x97z Ma t h ematical Thoughtfrom Ancient to Modem Times, Oxford University Press, New detti «zeri puri » delle grandezze, sia discrete sia continue (cfr. continuo/discreto), per­

York. mettendo cosi un'articolazione soddisfacente di una teoria delle quantità (cfr. qualità/x98o Ma t hematics. The Loss of Certainty, Oxford University Press, New York. quantità) e giovando allo sviluppo di una filosofia della differenza (cfr. identità/dif­

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