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Università Telematica Pegaso Comunicazione pubblica

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 PREMESSE DI CARATTERE DEFINITORIO ------------------------------------------------------------------------- 3

2 LA COMUNICAZIONE PUBBLICA ALLA LUCE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI -------------------- 5

3 L’EVOLUZIONE NORMATIVA CHE HA CONDOTTO ALLA LEGGE 150/2000 ---------------------------- 9

4 LA COMUNICAZIONE POLITICA. PROFILI DI CONNESSIONE CON LA COMUNICAZIONE

PUBBLICA ED ISTITUZIONALE ----------------------------------------------------------------------------------------------- 21

5 LA COMUNICAZIONE SOCIALE --------------------------------------------------------------------------------------- 24

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 28

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1 Premesse di carattere definitorio

Preliminare ad ogni indagine sull’atteggiarsi della comunicazione da parte della PA, è la

definizione di comunicazione1 in termini generali, quale tecnica fatta di esperienza e di

professionalità. Come già delineato nel corso della lezione dedicata alle nozioni introduttive, la

comunicazione è quel processo attraverso il quale un soggetto emittente trasferisce stimoli percettivi

ad un soggetto ricevente. Quest’ultimo consente di verificare che il messaggio è giunto a

destinazione ed è stato compreso. La comunicazione, come noto, ha una molteplicità di

sfaccettature; ciò consente di affermare che il riferimento al soggetto in quanto individuo non

esclude che protagonista del processo comunicativo possa essere anche un Ente, una comunità. In

tale ipotesi, evidentemente, emittente sarà non già una persona fisica, ma un soggetto strutturato,

con una propria organizzazione interna complessa che, tuttavia, è parimenti in grado di comunicare,

trasferire, trasmettere uno o più messaggi.

In ragione di ciò, il processo comunicativo si rivela ancor più delicato quando concerne le pubbliche

istituzioni le quali, dovendo coniugare il loro naturale ruolo politico con quello amministrativo, non

possono rinunciare a quelli che sono i canoni basilari della deontologia dell’esercizio delle

pubbliche funzioni.

Diversamente, come si vedrà, dalla comunicazione politica, gestita dai partiti e altre organizzazioni

di rappresentanza politica, ontologicamente proiettata a persuadere i cittadini della validità e

conformità legale delle scelte operate, la comunicazione da parte della P.A. è volta a farli

partecipare alle decisioni assunte e alle opportunità offerte dalle azioni istituzionali poste in essere

dalla PA; la comunicazione istituzionale, pertanto, assume significativa importanza nella vita

1 La comunicazione è un processo circolare che prevede sei elementi: l’emittente, o fonte di trasmissione, è il soggetto

da cui la comunicazione viene prodotta. L’emittente è caratterizzato e condizionato dalla propria cultura, da propri

interessi, dal proprio linguaggio, da risorse e strumenti che ha a disposizione, dalla propria esperienza passata e dalla

conoscenza che ha rispetto al contesto e agli interlocutori; il messaggio è rappresentato dai contenuti e significati che

l’emittente vuole trasmettere al destinatario; l canale è il mezzo che viene utilizzato per la trasmissione del messaggio

(giornali, radio, televisione, voce...); il codice è l’insieme di regole convenzionali utilizzate per esprimere il messaggio

(ad esempio, la lingua madre, il linguaggio gergale utilizzato all’interno di un gruppo giovanile, l’alfabeto dei sordomuti

o il braille per i ciechi); il destinatario-ricevente è il soggetto a cui il messaggio viene rivolto; anch’egli è caratterizzato

da cultura, linguaggi, esperienze e strumenti propri; il feedback rappresenta il ’’messaggio di ritorno’’ dal destinatario

all’emittente.

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quotidiana del cittadino; essa, infatti, è on grado di garantirgli tanto il diritto ad essere informato su

come ed a quali scopi agisce l’amministrazione, quanto il diritto ad informarsi accedendo al

contenuto degli atti amministrativi. In definitiva, se la prima intende valorizzare una dimensione

politica, l’altra essenzialmente quella sociale.

In linea di principio, possiamo sin da ora affermare che la comunicazione delle istituzioni

pubbliche, funzionale come è all’agire amministrativo, rappresenta senz’altro un dovere nei

confronti della collettività, legittimata ad intervenire attivamente nella gestione degli “affari”

pubblici e sempre più consapevole dei propri diritti. I cittadini amministrati sono, infatti, i principali

destinatari della comunicazione pubblica. Tuttavia, quando si discorre di comunicazione pubblica,

non si può prescindere dal principio generale secondo cui il dovere di informazione della PA, va

contemperato con gli altrettanto fondamentali doveri costituzionali di riservatezza, imparzialità e

correttezza, trasparenza, buon andamento efficacia ed efficienza che improntano l’agire della PA,

nel rispetto dei diritti fondamentali del cittadino- persona.

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2 La comunicazione pubblica alla luce dei principi costituzionali

Qualsiasi istituzione che agisce in un contesto di pluralità con altre organizzazioni non può

prescindere dall’informazione delle decisioni assunte, né dalla persuasione dei cittadini sulla

validità delle scelte operate. Detto ciò, si comprende come la comunicazione pubblica rappresenti

un fattore indispensabile per qualsiasi ente.

L’odierna comunicazione pubblica intercorre tra due specifici attori sociali:

1. un soggetto giuridico pubblico - la pubblica amministrazione

2. il resto della comunità – i cittadini amministrati.

Quando si discorre di comunicazione pubblica, quindi, non si può prescindere da un esame delle

leggi di riforma del sistema amministrativo ispirate a quei principi generali che informano il

modello democratico dello Stato di diritto2.

Un corretto inquadramento giuridico della comunicazione pubblica, impone preliminarmente di

indagare sul’atteggiarsi della più generale comunicazione nell’ambito dei vari poteri dello Stato,

secondo quelle che sono le previsioni del costituente.

La Costituzione, cioè, assegna un preciso obbligo di comunicare ai poteri dello Stato? Ed in

particolare, la PA è obbligata a comunicare ai cittadini il modo di essere del suo agire?

Più precisamente, posto che il nostro è uno Stato di Diritto, il cui agire è vincolato al rispetto delle

leggi, è necessario domandarsi se per la PA comunicare le decisioni assunte e le azioni intraprese

rappresenti un dovere costituzionalmente sancito.

Ebbene, quanto all’esercizio del potere legislativo, la norma costituzionale ex art. 64, co. 2 che

vuole le sedute della Camera dei Deputati pubbliche3 e quella di cui all’art. 72, co. 3, che vuole la

2 Il concetto dello Stato di diritto presuppone che l'agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti:

lo Stato dunque sottopone se stesso al rispetto delle norme di diritto e ciò fa per il tramite una Costituzione scritta. Il

concetto di Stato di diritto si esplica in due nozioni: lo Stato di diritto in senso formale caratterizzato dal principio di

legalità (tutte le azioni dello Stato devono essere conformi al diritto), dalla Separazione dei poteri e dall'esistenza di una

Corte costituzionale o amministrativa che controlla gli organi statali e lo Stato di diritto in senso materiale, che

garantisce i Diritti umani, politici e dell'Uguaglianza giuridica..

3 cost. art. 64. Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute

sono pubbliche: tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite [Cost. 55] possono deliberare di

adunarsi in seduta segreta. Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la

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pubblicità dei lavori dello stesso organo legislativo4, sembrano voler inquadrare l’agire

comunicativo dei pubblici poteri ed in particolare di quello legislativo in termini di dovere

costituzionale.

Al riguardo è stato opportunamente osservato dalla dottrina che, in quanto, istituzione pubblica, il

Parlamento fa senz’altro comunicazione pubblica, tuttavia, posto che i suoi gruppi parlamentari

mirano ad interessi di parte politica, più che comunicazione pubblica, fanno comunicazione

politica5.

Al Parlamento, quindi, ben potrebbero essere ascritte tanto una comunicazione politica quanto una

pubblica.

Nell’ambito del potere giurisdizionale ed esecutivo, emerge tutt’altro rapporto con la

comunicazione. Vediamo in quali termini verificando ancora una volta se la Costituzione obblighi

la Magistratura ed il Governo a comunicare

In verità, sul piano del potere giurisdizionale, non emergono profili di valenza che involgono la

comunicazione costituzionale. Laddove prevede che “la giustizia è amministrata nel nome del

popolo”, l’art. 101 della Costituzione6 sembra per lo più suggerire un semplice indirizzo per il

legislatore, del tutto svuotato di contenuto vincolante. In definitiva, in alcuna norma costituzionale è

possibile individuare un preciso obbligo per la magistratura di comunicare con i cittadini.

maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione

prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se

richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

4 cost. art. 72. Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da

una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni,

anche permanenti, composte in tal modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino

al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei

componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa

oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme

di pubblicità dei lavori delle commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge

in materia costituzionale [Cost. 138] ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa [Cost. 76, 79], di autorizzazione

a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi [Cost. 81]

5 S. Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 180.

6 cost. art. 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

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Da escludere anche per il potere esecutivo un vero e proprio obbligo costituzionalmente previsto di

comunicazione; in ciò si conferma il carattere meramente programmatico delle modalità

comunicative, la cui attuazione spetterebbe nuovamente al legislatore.

Dal combinato disposto delle norme costituzionali che attengono ai poteri dello Stato in materia di

comunicazione, emerge l’intento del costituente di escludere (oltre che per la Magistratura) anche

per la PA un vero e proprio obbligo di comunicare.

Pur ammettendo, dunque, che l’azione comunicativa sia ascrivibile al modello democratico dello

Stato di diritto, efficace appare l’orientamento di chi, muovendosi sulla linea del dettato

costituzionale, esclude per lo Stato un dovere di comunicazione, non completamente per la P.A., il

cui agire comunicativo è improntato ai fondamentali principi di imparzialità, efficienza e buon

andamento.

Il principio costituzionale ex art. 97 Cost. secondo cui l’agire della PA deve essere improntato a

criteri di buon andamento e imparzialità non vale, tuttavia, ad integrare un obbligo di

comunicazione da parte dello Stato7, esso ha una valenza meramente programmatica delle modalità

comunicative delle P.A., la cui attuazione spetterebbe al Legislatore. Il Costituente, cioè, afferma il

principio generale che la PA sia improntata ai criteri di imparzialità, buon andamento , efficacia ed

efficienza di cui all’art. 978; nel rispetto di tali criteri essa dovrebbe comunicare con i propri

7Nel caso del principio di imparzialità, al contempo, appare convincente l’opinione di chi asserisce che “la Costituzione

non dice che cosa l’imparzialità sia o debba essere e quindi stabilirne in concreto la portata appare compito rimesso alla

stessa amministrazione” Quindi, essa opererebbe soltanto quale limite (negativo) della discrezionalità amministrativa e

non potrebbe comportare obblighi positivi (nella specie, di comunicazione).

8 cost. art. 97. (Testo applicabile fino all'esercizio finanziario relativo all'anno 2013). I pubblici uffici sono organizzati

secondo disposizioni di legge [Cost. 95], in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità

dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le

responsabilità proprie dei funzionari [Cost. 28]. Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante

concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [Cost. 51].

******

(Testo applicabile a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014). Le pubbliche amministrazioni, in

coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge [Cost. 95], in modo che siano assicurati il buon

andamento e la imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di

competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari [Cost. 28]. Agli impieghi nelle Pubbliche

Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [Cost. 51].

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cittadini, tuttavia è il Legislatore che al riguardo deve dettare una specifica normativa (come in

effetti ha fatto), nei termini in cui si dirà successivamente.

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3 L’evoluzione normativa che ha condotto alla legge 150/2000

Delineata la posizione del costituente circa il rapporto tra comunicazione e pubblici poteri,

rilevato, in particolare, che non esiste alcuna norma costituzionale che obblighi quest’ultima a

comunicare con i cittadini amministrati, passiamo ad esaminare la situazione normativa “ordinaria”.

Vediamo, cioè, come e se il Legislatore ha dato attuazione a quei principi costituzionali di valenza

meramente programmatica delle modalità comunicative.

Iniziamo con il dire che l’apertura della PA al cittadino, per oltre un trentennio, fa fatica ad

affermarsi.

Alla prima legge sull’attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni si è

giunti, infatti, solo recentemente e, precisamente, nel 2000, attraverso un lungo percorso normativo

parallelo a quello che ha segnato il passaggio da una amministrazione pubblica autoritaria ad una

relazionale.

Anticipiamo sin da ora che ad oggi la comunicazione tra PA e cittadini è espressamente disciplina

dalla legge n. 15 del 2000.

Proviamo a fissare le tappe del lungo cammino che ha condotto alla sua approvazione: ad una prima

fase, in cui la pubblica amministrazione era fortemente imperniata al segreto, segue una seconda, a

partire dagli anni novanta, all’insegna di una più intensa partecipazione dei cittadini ( basti pensare

alla comunicazione di avvio del procedimento e al diritto di accesso, previsti, appunto dalla legge n.

241 del 1990), per poi approdare alla terza, quella decisiva, caratterizzata dall’entrata in vigore della

legge 150/20009 e del regolamento di attuazione del 21/09/2001 n. 422

10). È in tale fase che la

trasmissione di conoscenza da parte degli apparati pubblici diventa la regola a cui devono attenersi

tutte le istituzioni.

9 LEGGE 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche

amministrazioni , pubblicata nella Gazz. Uff. 13 giugno 2000, n. 136.

10 DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 settembre 2001, n. 422. Regolamento recante norme per

l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di

informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi. Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 dicembre 2001, n.

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Da un punto di vista storico, ad ostacolare in Italia il trasferimento delle conoscenze

dall’amministrazione ai privati, è stata l’eredità della tradizione francese in diritto amministrativo.

Dal Regno d’Italia all’esperienza del ventennio fascista, l’atteggiamento di superiorità e diffidenza

dello Stato nei confronti del cittadino, visto come un suddito in posizione subalterna rispetto alla

pubblica amministrazione, ha rallentato un democratico processo comunicativo tra soggetto

pubblico e cittadini amministrati.

È solo con l’avvento della Costituzione, entrata in vigore, come noto, nel 1948, che il cittadino si

vede riconoscere molteplici diritti e torna al centro del sistema ponendosi con lo Stato in un

rapporto se non proprio paritario quantomeno relazionale e dialogativo.

Tuttavia, nonostante i passi avanti compiuti con l’avvento della Costituzione che espressamente

riconosce e garantisce il diritto all’informazione11

e, dunque, apre anche all’informazione

sull’attività delle istituzioni pubbliche, il processo di formazione di una specifica disciplina volta a

regolamentare l’attività di informazione e comunicazione della PA, non raggiunge a importanti

traguardi fino al 1990.

Solo con la legge di riforma delle autonomie locali (l. 142/90)12

e dell’attività amministrativa (l.

241/90)13

, l’obiettivo teso a favorire la produzione e la diffusione delle conoscenze della PA, trova,

previo riconoscimento, una precisa collocazione giuridica. Il Legislatore intende creare una

pubblica amministrazione capace di soddisfare l’interesse pubblico attraverso una gestione più

razionale e democratica del potere, a tal fine riconosce per la prima volta al cittadino specifici diritti

di partecipazione all’attività amministrativa oltre che il diritto di accesso agli atti amministrativi.

11

Il diritto all’informazione gode di una garanzia costituzionalmente tutelata dal combinato disposto degli artt. 21, 64,

73 e 97, nonché dei principi fondamentali dello Stato, a partire dal principio democratico e della partecipazione ex att.

1, 3 e 49 Cost.

12 LEGGE 8 giugno 1990, n. 142, recante Ordinamento delle autonomie locali, pubblicata nella Gazz. Uff. 12 giugno

1990, n. 135, S.O. La presente legge è stata abrogata dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 64 della

presente legge è anche riportato, per coordinamento, in nota agli artt. 1-21, R.D. 12 febbraio 1911, n. 297, agli artt. 123-

124, R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 e agli artt. 1-5, R.D. 3 marzo 1934, n. 383. Vedi, altresì, quanto disposto dall'art. 273

del medesimo decreto. L'art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti,

decreti o altre norme, a disposizioni della presente legge, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto

D.Lgs. n. 267/2000.

13 LEGGE 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai

documenti amministrativi, pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

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I rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, ispirati all’esigenza di un’azione amministrativa

celere ed efficiente ed ai principi di partecipazione dell’amministrato alla vita pubblica e politica e

di conoscibilità dell’estrinsecarsi della funzione pubblica, conoscono una nuova fase che segna il

passaggio da uno Stato chiuso ed autoreferenziale ad uno relazionale. Di forte impatto i citati

interventi normativi a seguito dei quali al cittadino si riconosce una posizione preminente nel

rapporto con la pubblica amministrazione.

Grazie alla legge n. 241 del 1990, così come modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 1514

,

infatti, si riduce la distanza tra sfera pubblica e privata, passando per un’affermazione più decisa dei

diritti partecipativi in capo al cittadino alla quale fa da sfondo una attività sempre più diretta alla

comunicazione con i privati.

In definitiva, l’agire comunicativo dei pubblici poteri e della P.A. in particolare si fa più pubblico,

più accessibile.

Vediamo, in particolare, come cambia la posizione giuridica del cittadino rispetto alla PA a seguito

della prima legge di riforma del 1990.

I diritti di partecipazione trovano un preciso riconoscimento giuridico nell’art. 10 della legge 241

del 199015

, rubricato “Diritti dei partecipanti al procedimento”, ove si afferma che

- i soggetti di cui all'articolo 7, quelli, cioè, ai quali deve essere comunicato l’avvio del

procedimento16

,

- e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 917

14

Legge 11 febbraio 2005, n. 15 recante Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme

generali sull'azione amministrativa, Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 febbraio 2005, n. 42.

15 Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

16 Art. 7. Comunicazione di avvio del procedimento 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da

particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste

dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli

che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un

provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti

destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento 2. Nelle

ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle

comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari . Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio

2005, n. 15.Ai sensi dell'art. 15, comma 5, L. 1° agosto 2002, n. 166, per i lavori di manutenzione ordinaria e

straordinaria sulla rete stradale di importo non superiore a 200.000 euro, quanto disposto dal presente articolo si intende

adempiuto mediante pubblicazione per estratto dell'avvio del procedimento su un quotidiano a diffusione locale.

Vedi, anche, il comma 4 dell'art. 2, D.L. 28 aprile 2009, n. 39.

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hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo

2418

; b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare

ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.

17

Art. 9. Intervento nel procedimento 1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori

di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno

facoltà di intervenire nel procedimento. Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

18 Art. 24. Esclusione dal diritto di accesso. 1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di

Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di

divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche

amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme

le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta

all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano

ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei

documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi. 2. Le singole

pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro

disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1. 3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un

controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni. 4. L'accesso ai documenti amministrativi non

può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento. 5. I documenti contenenti informazioni

connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'àmbito e nei limiti di tale connessione. A tale

fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il

quale essi sono sottratti all'accesso. 6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23

agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi: a)

quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione

possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità

nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi

previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di

formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i documenti

riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine

pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla

identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e

di conduzione delle indagini; d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche,

persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario,

professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti

all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono; e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di

contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato. 7. Deve

comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per

curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è

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La portata innovativa del riconosciuto diritto di partecipazione è anche nel nuovo art. 10 bis19

, che

impone alla pubblica amministrazione, durante il procedimento, la presentazione per iscritto di

osservazioni, prima della comunicazione agli istanti dei motivi che propenderebbero per un non

accoglimento della domanda.

Una siffatta posizione del cittadino, per così dire funzionale, caratterizzata essenzialmente dalla

partecipazione, costituisce uno dei momenti chiave anche di altro principio a cui la PA pure deve

essere improntata e, cioè, quello della trasparenza dell’azione amministrativa20

. Grazie alla

partecipazione, infatti, il cittadino prende parte alla definizione degli interessi che il provvedimento,

prima di essere emanato, realizza.

Il coinvolgimento dei cittadini nella vita pubblica, politica, amministrativa, apre la strada ad un

nuovo sistema, un vero sistema democratico. E così, da un lato il riconosciuto diritto a prendere

parte al procedimento amministrativo (per il tramite della comunicazione di avvio del

procedimento, ex art.7 L. 241/90), dall’altro il diritto di prendere visione degli atti amministrativi

(per il tramite del diritto di accesso agli atti, ex art.10 L.241/90) contribuiscono a definire un nuovo

modello di pubblica amministrazione, in grado di comunicare ed informare i soggetti destinatari

della propria azione politico amministrativa.

consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30

giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

19 10-bis. Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. 1. Nei procedimenti ad istanza di parte il

responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo,

comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci

giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni,

eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il

procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla

scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione

nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure

concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli

enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all'accoglimento della domanda inadempienze o

ritardi attribuibili all'amministrazione. Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15 e, successivamente, così

modificato dal comma 3 dell’art. 9, L. 11 novembre 2011, n. 180, a decorrere dal 15 novembre 2011, ai sensi di quanto

disposto dal comma 1 dell’art. 21 della stessa L. n. 180/2011.

20 Non a caso in dottrina si è soliti far rientrare nell’ambito del diritto all’informazione proprio la trasparenza della

comunicazione pubblica; in tal senso, Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, 2002, La Terza, pag. 98.

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L'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento21

ai soggetti nei cui confronti il

provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono

intervenirvi nonché agli altri soggetti, individuati o facilmente individuabili, che possano subirne

pregiudizio, previsto dall’art. 7 della legge 241/1990, consente di superare quel tradizionale

modello "di definizione unilaterale del pubblico interesse che tendeva ad escludere i cittadini da

ogni forma di coinvolgimento per approdare ad un «sistema della democraticità delle decisioni e

della accessibilità ai documenti amministrativi in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta

anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire»22

.

La previsione legislativa di siffatto obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento è

strumentale al perseguimento di due obiettivi, entrambi meritevoli di considerazione e funzionali

all’interesse dell’amministrato e al contempo del buon agire della PA. Quanto al primo la PA

intende consentire ai destinatari dell'azione amministrativa di fare valere i propri diritti di accesso e

di partecipazione, quanto al secondo intende consentire all'amministrazione di meglio comparare gli

interessi coinvolti e perseguire l'interesse pubblico principale, a fronte degli altri interessi pubblici e

privati eventualmente coinvolti.

Ed infatti, detta comunicazione dell’avvio del procedimento incide anche sulla sufficienza della

motivazione; se da un lato, infatti, consente agli interessati di presentare memorie scritte e

documenti, dall’altro impone all'amministrazione l'obbligo di valutare i contributi presentati dai

21

L'obbligo di comunicazione è espressione del buon andamento (art. 97 Cost), è principio generale e le deroghe vanno

interpretate restrittivamente e con riferimento al limite della razionalità e del buon andamento, dell'efficacia, celerità ed

economicità e, quindi, della concreta utilità di detta partecipazione. Non solo, conferma anche la giurisprudenza che

trattasi di principio generale laddove il Consiglio Stato rileva che la necessità di comunicazione dell'avvio del

procedimento ai destinatari dell'atto finale è stata prevista in generale dall'art. 7, l. n. 241 del 1990, non soltanto per i

procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed integrativa dell'efficacia), ma anche

per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l'adozione dell'atto finale, i quali comunque

comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. La portata generale del principio è confermata

dal fatto che il legislatore stesso (art. 7 comma 1 ed art. 13, l. n. 241 del 1990) si è premurato di apportare delle

specifiche deroghe (speciali esigenze di celerità, atti normativi, atti generali, atti di pianificazione e di

programmazione, procedimenti tributari) all'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, con la conseguenza che

negli altri casi deve in linea di massima garantirsi tale comunicazione, salvo che non venga accertata in giudizio la sua

superfluità in quanto il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso, anche se fosse stata osservata la

relativa formalità.

22 Cons. Stato (Ad. Plen.), 15/09/1999, n. 14, Riv. Giur. Edil., 1999, I, 1350.

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partecipanti23

. Ciò trova conferma nell’orientamento dei supremi giudici amministrativi, secondo

cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anche e soprattutto nella misura in cui i destinatari siano

messi in condizione di contraddire attraverso, appunto, la partecipazione.

Sempre sull’obbligo di comunicazione, si segnala altro recente arresto giurisprudenziale (del 2003)

che pure plaude alla sua previsione legislativa evidenziandone la funzionalità al buon agire della

P.A. e la collocazione «nell'ambito di una nuova visione dei rapporti tra pubblica amministrazione

e cittadini, imperniata sul principio della democraticità delle decisioni, quale strumento

indispensabile per il pieno ed efficace perseguimento dell'interesse pubblico con il minimo

sacrificio possibile degli interessi dei privati, così concretamente trovando attuazione i principi di

legalità, buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della

Costituzione. In tale ottica, infatti, la comunicazione di avvio del procedimento è finalizzata a

consentire la partecipazione del soggetto "direttamente interessato" all'azione amministrativa, il

quale può rappresentare con memorie, osservazioni e controdeduzioni quegli elementi di fatto (di

cui l'amministrazione può non essere a conoscenza) per adottare un "giusto" provvedimento (Cons.

Stato, sez. V, 28 maggio 2001, n. 2884), un provvedimento cioè capace di esprimere il giusto

contemperamento degli opposti interessi (pubblici e privati) in gioco»24

.

Dunque, il coinvolgimento e l’attiva partecipazione del cittadino colmano eventuali lacune

dell’amministrazione.

Le nuove modalità attraverso le quali la PA deve far circolare i dati e le conoscenze verso e fra i

cittadini disegna una pubblica amministrazione, diversa, più moderna e certamente più sensibile alla

tutela del cittadino.

La ratio che ispirato l’intervento normativo è, insomma, quella di consentire e prevedere lo scambio

di informazioni, opinioni e dati, imponendo alle amministrazioni un obbligo non solo a ricevere tali

fonti di conoscenze ma a tenerne conto ai fini delle proprie determinazioni e, dunque, a

“comunicare” con i privati. Ragione d’essere della comunicazione delle istituzioni, è la costruzione

di un rapporto di fiducia con i cittadini, volto a recuperare un dialogo costruttivo finalizzato

23

LEGGE n. 241 del 1990 art. 10 . Diritti dei partecipanti al procedimento. 1. I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli

intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto

dall'articolo 24; b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano

pertinenti all'oggetto del procedimento.

24 Consiglio Stato sez. IV, 29 luglio 2003, n. 4352, in Foro Amm. CDS, 2003, 2205.

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all’accoglimento dei bisogni e a favorire una maggiore partecipazione alla gestione della cosa

pubblica e quindi alla soddisfazione dei fini di interesse generale.

Se, quindi, dal punto di vista normativo, la legislazione degli anni ’90 ha rappresentato

indubbiamente un enorme passo in avanti introducendo il principio di pubblicità dei pubblici poteri,

sancendo così l’obbligo di informazione ai cittadini, principio poi affermato e ribadito in altre fonti

normativi (per lo più regolamenti o direttive ministeriali)25

tanto da potersi oggi pacificamente

ammettere che la pubblicità rappresenti la regola generale della pubblica amministrazione, mentre,

il segreto è assolutamente eccezionale, appositamente disciplinato e se del caso debitamente

motivato, è solo nel 2000 che si segna una svolta radicale in tema di comunicazione.

L’attività di informazione e di comunicazione pubblica, infatti, sarà nuovamente regolata nel 2000,

per il tramite della legge n. 15026

. Una corretta lettura di siffatto provvedimento normativo impone

un coordinamento con altra legge, sempre del 2000, la n. 28, più specificamente dedicata alla

comunicazione politica, della quale si dirà di seguito.

Dalla lettura del dato normativo emerge un primo rilievo critico sotto il profilo definitorio.

I concetti di informazione e comunicazione, infatti, sono dapprima distinti dalla legge che all’art. 1,

comma 4, alla 1ett. a) parla espressamente di informazione rivolta ai mass media (…) e alle lett. b) e

c) fa sua l’attività di comunicazione cosiddetta “esterna” ed “interna”27

e poi sovrapposti , perché

finalizzati entrambi a rendere pubblica e conoscibile ai cittadini l’attività delle amministrazioni.

Più precisamente, all’art. 1, comma 4, in armonia con i principi informatori della legge de quo,

viene esplicitamente stabilito che, nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato e

d’ufficio, di tutela di riservatezza dei dati personali ed in conformità ai comportamenti richiesti

25

Peraltro, il compito informativo è stato a più riprese sollecitato anche con apposite direttive della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, (Direttiva della PCDM del 11 ottobre 1994 e Direttiva Ministro della Funzione Pubblica del

7.2.2002), al fine di promuovere la comunicazione al cittadino per far conoscere le normative, le strutture e i servizi,

nonché per informare sui diritti dell’utenza nei rapporti con la pubblica amministrazione.

26 LEGGE 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche

amministrazioni , pubblicata nella Gazz. Uff. 13 giugno 2000, n. 136. Si tratta di un provvedimento che nell’evoluzione

dei rapporti tra PA e cittadini, segna la legittimazione a trasmettere conoscenze ed informazioni in loro possesso e a

consacrare definitivamente tale attività tesa alla comunicazione con i privati.

27 Una buona comunicazione interna fondata su un’ampia condivisione delle attività e dei processi lavorativi dei singoli

uffici, e il coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento organizzativo, rinsalda l’identità

dell’amministrazione; favorisce il senso di appartenenza; contribuisce a porre su nuove basi l’immagine della sfera

pubblica.

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dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e comunicazione istituzionale

quelle poste in essere dalle pubbliche amministrazioni in Italia o all’estero, indicate dall’art. 1, co.

2, del decreto legislativo n. 165 del 200128

(ovvero tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi

gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni

dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro

consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di

commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non

economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio

sanitario nazionale) volte a conseguire: a) l'informazione ai mezzi di comunicazione di massa,

attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici; b) la comunicazione esterna rivolta ai

cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;

A sovrapporre invece, attività di informazione e di comunicazione, è l’art. 1, co. 4, lett. d), laddove

stabilisce che in attuazione dei principi della legge n. 150/2000 e di quelli che regolano la

trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa le attività informazione e comunicazione sono

finalizzate a:

-illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, statutarie e regolamentari, al fine di

facilitarne l’applicazione;

-illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;

-favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;

-promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse politico e sociale;

-favorire processi interni di semplificazioni delle procedure e di modernizzazione degli apparati

nonché la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;

-promuovere l’immagine delle amministrazioni locali, nonché quella dell’Italia, in Europa e nel

Mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi di importanza locale, regionale, nazionale ed

internazionale.

Ancor più eloquente dell’incerto confine definitorio tra comunicazione e informazione è l’ art. 2

che, in merito alle “Forme, strumenti e prodotti”, afferma al primo comma che le attività di

informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo

di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la

28

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle

dipendenze delle amministrazioni pubbliche, pubblicato nella Gazz. Uff , 9 maggio 2001, n. 106, S.O.

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pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l'organizzazione di manifestazioni e

la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi, ed al secondo comma, tornando

nuovamente a sovrapporre i concetti afferma che le attività di informazione e di comunicazione

sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di

messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le

funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici

multimediali.

Questa disposizione sembrerebbe volere delineare, al di là della differenza tra informazione e

comunicazione, una tipologia di comunicazione pubblica per così dire di servizio, in cui i soggetti

pubblici, volendo favorire l’accesso ai servizi pubblici e alle attività compiute dalla PA, tendono a

dialogare con l’utente29

In dottrina è stato evidenziato come, in realtà la distinzione tra informazione e comunicazione,

apparentemente semplice sul piano concettuale, è molto difficile, se non impossibile, da effettuare

dal punto di vista pratico30

. La comunicazione prevede sempre una attività informativa, la quale

richiede a sua volta una corretta interpretazione, cioè un efficace canale di trasmissione tra

emittente e ricevente, in modo che venga decodificata e utilizzata secondo le aspettative

dell’emittente31

.

Proseguendo nell’esame del dettato normativo, quanto ai pubblici poteri destinatari della legge

suddetta, essi sono da individuare, ai sensi dell’art. 1, comma 2, in tutte le PA, ove per esse si

intendono «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e

grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento

autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi ed associazioni,

le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali

e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale».

In definitiva, ciò a cui tende il Legislatore è un trasferimento delle conoscenze e delle informazioni

verso i privati che garantisca la piena conoscibilità dell’operato dei soggetti pubblici, a soddisfare le

condizioni di accesso ai servizi da parte degli utenti.

29

S. Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 186.

30 Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, 2002, Laterza, pag. 100

31 Comunicazione istituzionale e diritto all’informazione, di Gesuele Bellini, in www.altalex.it.

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L’obiettivo è quello di organizzare una sistema di comunicazione interna delle pubbliche

amministrazioni razionale e proficuo anche rispetto all’utilizzo dei prodotti e dei servizi inerenti alla

comunicazione dei soggetti pubblici.

Come il Legislatore intende realizzare nel dettaglio tale obiettivo?

Preliminarmente ricorrendo agli uffici per le relazioni con il pubblico (urp) già disciplinati dal

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e disponendo, all’art. 6, che le attività di informazione si

realizzano attraverso il portavoce e l'ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l'ufficio

per le relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il

cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli

per le imprese.

Sulla scorta di ciò il legislatore ha disposto che ciascuna amministrazione definisca, nell'ambito del

proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i

servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento,

confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di

informazione al personale che già le svolge.

Al successivo art. 7, si disciplina espressamente e per la prima volta la figura del portavoce

disponendo che l'organo di vertice dell'amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un

portavoce, anche esterno all'amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei

rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. Il portavoce, incaricato dal

medesimo organo, non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori

radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche.

Specificamente colto a disciplinare l’attività comunicativa posta in essere dagli URP, proseguendo

nell’analisi del dato normativo, l’art. 8 vuole che l’attività di comunicazione assegnata agli Urp32

e

alle organizzazioni sia in grado di: garantire l’esercizio del diritto di informazione, di accesso e di

partecipazione di cui alla legge di riforma della PA e successive modificazioni; agevolare

l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l’illustrazione delle disposizioni

normative e amministrative, nonché l’informazione sulle strutture e sui compiti delle

amministrazioni medesime; promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e

32

Il ruolo di comunicatore all’interno dell’Urp dovrà essere svolto, secondo le moderne tecnologie multimediali, dal

personale inquadrato nel comparto Ministeri con qualifica di tipo b o dirigenziale, se in possesso di laura in Scienze

della Comunicazione, Relazioni pubbliche o indirizzi affini; il personale già in ruolo di comunicatore, ma sfornito dei

titoli per accedervi, dovrà seguire i moduli formativi prescritti dalla legge.

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coordinare le reti civiche; attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i

processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento da parte degli utenti; garantire la

reciproca informazione per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti

nell’amministrazione, nonché tra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie

amministrazioni.

Oltre agli Urp, ulteriore terminale capace di descrivere il rapporto paritario tra cittadini e pubblica

amministrazione, andando ad ampliare il novero degli strumenti selezionati dall’art. 2, l. 150, è

costituito dallo sportello on-line, ex d.lgs 82/2005 (Codice amministrazione digitale)33

, tramite cui

le amministrazioni conformano la propria azione comunicativa alle modalità digitali, così come

previsto anche dall’art. 3 bis della più volte richiamata l. 241/9034

, consentendo la disponibilità, la

gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità delle informazioni prodotte.

33

DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2005, n. 82 Codice dell'amministrazione digitale. Pubblicato nella Gazz. Uff.

16 maggio 2005, n. 112, S.O. Per l'approvazione delle specifiche tecniche per la trasmissione dei dati per l'avvio on line

di istanze di prevenzione incendi, vedi il Decreto 12 luglio 2007.

34 LEGGE 7 agosto 1990, n. 241Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai

documenti amministrativi. Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

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4 La comunicazione politica. profili di connessione con la comunicazione pubblica ed istituzionale

La fonte normativa che esattamente individua la comunicazione politica è, come si diceva

nella parte iniziale del paragrafo precedente, la l. 28/2000 recante “Disposizioni per la parità di

accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la

comunicazione politica” 35

.

Sebbene l’attività di informazione e comunicazione pubblica sia espressamente regolamentata nella

già esaminata legge 150/2000, non può non evidenziarsi che in un ottica di coordinamento delle

fonti, dovendo le norme essere lette seguendo un procedimento logico, teleologico e sistematico e,

dunque, le une in connessione con le altre, una corretta lettura della legge dedicata alla

comunicazione e all’informazione pubblica impone un coordinamento con altra fonte normativa ed

in particolare con quella volta a disciplinare, appunto, la comunicazione politica, ovvero la l. 28/

2000.

È doveroso preliminarmente individuare eventuali punti di contatto tra le due tipologie di

comunicazione, individuando i punti salienti della legge in tema di comunicazione politica. Al fine

di evidenziare le differenze essenziali tra le due forme di comunicazione, occorre partire dalla

definizione di comunicazione politica per procedere alla distinzione tra trasmissioni di

comunicazione politica e trasmissioni di informazione.

È doveroso evidenziare, innanzitutto, che il processo comunicativo che ha per oggetto informazioni

di tipo politico è presente unicamente in sistemi democratici.

Orbene, al fine di garantire la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici,

la legge promuove e disciplina l'accesso ai mezzi di informazioni per la comunicazione politica e

l'accesso ai mezzi di informazione durante le campagne per l'elezione al Parlamento europeo, per le

elezioni politiche, regionali e amministrative e per ogni referendum. Su questa linea definisce

espressamente comunicazione politica radiotelevisiva ai fini della sua applicazione la diffusione sui

mezzi radiotelevisivi di programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche; ina comunicazione,

quindi quella politica, che nulla ha a che vedere con la diffusione di notizie nei programmi di

informazione.

35

LEGGE 22 febbraio 2000, n. 28 recante Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le

campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, pubblicata nella Gazz. Uff. 22 febbraio 2000, n. 43.

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Insomma, per comunicazione politica ben può intendersi il “programma in cui assuma carattere

rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche manifeste attraverso tipologie di

programmazione che comunque consentono un confronto dialettico tra più opinioni, anche se

conseguito nel corso di più trasmissioni”.

In dottrina sono state avanzate diverse definizioni di comunicazione politica, particolarmente

efficace quella che la definisce come “lo scambio ed il confronto dei contenuti di interesse pubblico

politico prodotti dal sistema politico stesso, dal sistema dei mass-media e dal cittadino, non

solamente nella sua veste di elettore’’36

Ad una prima analisi della comunicazione politica, così come esplicata dalla Legge n. 28/00,

emerge il diverso ambito di applicazione rispetto a quello relativo alla comunicazione pubblica,

posto che a quella politica è estranea l’attività di comunicazione degli apparati pubblici.

Passando in rassegna le novità introdotte dalla legge, non affiorano elementi di confine o, se

vogliamo, di confusione rispetto alla disciplina di cui alla Legge n. 15/00 per la comunicazione

pubblica. Pochi, infatti, sono gli spunti per evidenziare punti di contatto e di distinzione tra

comunicazione pubblica e politica, eccetto quelli che emergono dall’art. 937

che nel disciplinare

l’attività di comunicazione istituzionale nel periodo della competizione elettorale, sembra

confondere i piani di azione allorquando stabilisce che “dalla data di convocazione dei comizi

elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni

pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma

impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”.

Da qui, sembra che l’attività di comunicazione istituzionale si conformi a quella di comunicazione

politica: da un lato si formula un divieto di comunicazione alle amministrazioni senza specificare se

trattasi di comunicazione politica e pubblica ed in ciò lasciando desumere che se ne vogliano

indebolire le differenze, dall’altro, sembra volersi far rientrare nell’azione di comunicazione dei

soggetti pubblici anche le attività svolte in forma impersonale ed indispensabile per l’efficacia

36

Giampiero Mazzoleni ", La comunicazione politica", Bologna, Il Mulino, 2004.

37 Art. 9. Disciplina della comunicazione istituzionale e obblighi di informazione.

1. Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le

amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale

ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.

2. Le emittenti radiotelevisive pubbliche e private, su indicazione delle istituzioni competenti, informano i cittadini

delle modalità di voto e degli orari di apertura e di chiusura dei seggi elettorali

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assolvimento delle proprie funzioni, quasi a voler individuare una ulteriore modalità

comunicativa38

.

In conclusione, la distinzione continua ad essere incerta, tant’è che la giurisprudenza costituzionale,

ripetutamente investita della questione afferente i confini tra l’una e l’altra, sollecita il legislatore ad

una più precisa definizione di entrambe.

38

Sica- V. Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, 2012, pg. 192.

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5 La comunicazione sociale

Il diritto all’informazione non può più ridursi alla libertà di manifestazione e diffusione del

pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa tradizionali, ma abbraccia processi

comunicativi più complessi, propri di una società di servizi, coinvolgendo istituzioni, imprese e

cittadini.

Alla luce di tali premesse va inquadrata la cd. comunicazione sociale, per essa intendendosi una

comunicazione al servizio della società e cioè quel flusso di informazioni, tendenti a sensibilizzare e

coinvolgere l’opinione pubblica, nel medio e lungo periodo, su temi di interesse collettivo. Uno

strumento di conoscenza e di persuasione utilizzato tanto da soggetti pubblici quanto da soggetti

privati per coinvolgere la persona nella veste di cittadino, consumatore, donatore, e spingerla ad un

determinato comportamento, rendendola partecipe dei problemi ma anche delle soluzioni.

In ciò la comunicazione sociale si distingue dalla già esaminata comunicazione istituzionale, ovvero

da quella delle pubbliche amministrazioni, che sceglie priorità differenti quanto a finalità

perseguite, forme espositive e tecnologiche di comunicazione impiegate.

La metodologia della comunicazione sociale è quella propria della active dissemination, che

combina alla funzione divulgativa dei grandi media e della corrispondenza postale il lavoro face to

face dei movimenti di volontariato e delle altre istituzioni, espressione della società civile.

Gli obiettivi principali della comunicazione sociale sono:

1 Informare e aggiornare portando all’attenzione del pubblico un concetto positivo,un progetto

sociale, un intervento da condividere, un’azione responsabile,un’innovazione tecnologica.

2 Convincere e persuadere presentando e “argomentando” attraverso dati, ricerche, testimonianze

utili a dimostrare la veridicità di quanto comunicato.

3 Stimolare e motivare, proponendo nuovi modelli di comportamento, sollecitando azioni destinate

a contribuire ad una causa sociale; modificare concezioni errate.

I soggetti che la realizzano sono innanzitutto le organizzazioni non profit; la comunicazione di

questi soggetti è finalizzata a sensibilizzare le persone, ma spesso è legata anche alla raccolta fondi,

che costituisce la fonte di finanziamento principale per molte organizzazioni, non solo

organizzazioni non profit e P.A. Tale forma di comunicazione, infatti, è propria anche della

pubblica amministrazione; le iniziative promosse dai Ministeri e dagli Enti Locali hanno - o

dovrebbero avere– come scopo l’educazione e la sensibilizzazione dei cittadini su svariati temi di

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interesse sociale. La comunicazione sociale appartiene anche al mondo delle imprese che realizzano

campagne per sottolineare l’impegno sociale verso l’ambiente e la collettività.

Quanto all’esperienza italiana, l’affermazione di una iniziale forma di comunicazione sociale si

deve all’associazione “Pubblicità Progresso”39

, fondata nel 1970 da alcuni organismi di

rappresentanza delle imprese pubblicitarie.

L’intervento pubblico per una più acuta sensibilizzazione rispetto a problemi quali diritti delle

minoranze, diritti umani e doveri sociali, difesa dell’ambiente, problemi dell’infanzia, lotta alle

condizioni disumane in cui vivono vasti settori della popolazione mondiale, corrisponde a specifici

obblighi derivanti dall’adesione dell’Italia ad accordi internazionali e, in particolare, dalla sua

appartenenza all’Organizzazione delle Nazioni Unite40

39

La Fondazione Pubblicità Progresso è una organizzazione senza fini di lucro. Pubblicità Progresso si propone di

contribuire alla soluzione di problemi civili, educativi e morali della comunità, ponendo la comunicazione al servizio

della società. Attiva dal 1971, prima come Associazione e poi come Fondazione, Pubblicità Progresso è entrata nel

vocabolario degli italiani diventando sinonimo di “pubblicità sociale”. Pubblicità Progresso crede che lo sviluppo della

comunicazione sociale nel nostro Paese debba passare attraverso il confronto, la sperimentazione e la ricerca. La

comunicazione sociale deve mettere al centro i valori della “buona causa”, considerare l’efficacia del messaggio, la

funzionalità del mezzo scelto, la capacità di motivare e, quando possibile, spingere all’azione. Essa è composta dalle più

importanti associazioni del mondo della comunicazione: utenti, concessionarie, mezzi, agenzie di pubblicità, istituti di

ricerca, imprese di marketing diretto e altro ancora. I soci sono 13: AAPI (Associazione aziende pubblicitarie italiane),

ADCI (Art Director Club Italiano), APP (Associazione Produttori Pubblicitari), ASSIRIM (Associazione tra Istituti di

Ricerche di Mercato. Sondaggi di opinione. Ricerche sociali), ASSOCOMUNICAZIONE (Associazione delle Imprese

di comunicazione), ASSOREL (Associazione italiana agenize di relazioni pubbliche), FIEG (Federazione Italiana

Editori Giornali), IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria), PUBLITALIA ‘80 (Concessionaria di pubblicità del

gruppo Fininvest), RAI (Radio televisione italiana), TP (Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari, UNICOM (Unione

Nazionale Imprese di Comunicazione), UPA (Utenti Pubblicitari Associati).

40 L’art. 10 della nostra Costituzione recita: L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto

internazionale generalmente riconosciute ).

In quest’ambito, in via meramente esemplificativa, possono menzionarsi:

-gli artt. 19 e 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, concernenti rispettivamente libertà di informazione e

diritto ad un’istruzione improntata al rispetto dei diritti umani e delle diversità;

-gli artt. 13 e 15 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (adottato il 16/12/1966 ed entrato in

vigore il 23 marzo 1976), in tema di diritto all’informazione sanitaria e diffusione della cultura e della scienza;

-gli artt. 17 e 29 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia (1989), per l’importanza di vigilare sui mass-media affinché

operino per il benessere sociale dell’infanzia;

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Nel solco della comunicazione sociale, note sono le iniziative intraprese, in collaborazione con i

Governi e le associazioni locali, dall’Unicef (Fondo Nazioni Unite per l’Infanzia), la maggiore

organizzazione internazionale nel campo della tutela dei diritti dei minori (fondata nel 1946 su

delibera dell’Assemblea delle Nazioni Unite), e dall’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite

per l’Educazione).

La comunicazione al servizio della società è certamente meritevole di considerazione e di tutela

sensibile come è ai problemi civili della società, tuttavia, tuttavia rischia di innescare pericolosi

cortocircuiti rispetto ai più sensibili diritti del cittadino persona.

La comunicazione sociale richiama il problema della libertà di informazione dei privati, come

singoli o in forma organizzata, in funzione di controllo o di critica, e dei limiti rappresentati dalla

reputazione e dalla riservatezza del soggetto cui l’informazione si riferisce.

Quanto, poi, alle connessioni della comunicazione sociale con il Codice del Consumo , esso, oltre a

contenere la disciplina della pubblicità ingannevole, riconosce ai consumatori il diritto ad

un’adeguata informazione ed educazione al consumo, prevedendo anche meccanismi di sostegno a

favore di associazioni dei consumatori per la realizzazione di campagne di informazione (art. 2).

L’accento posto sul contenuto del messaggio pubblicitario e sulla diffusione al pubblico ha fatto sì

che il settore nel quale la comunicazione sociale ha potuto incontrare un’apposita regolamentazione

sia stato quello del diritto di accesso delle formazioni sociali al mezzo radiotelevisivo.

Sin dalla legge 103/1975, è stato istituito un particolare meccanismo per esaminare le richieste di

accesso e determinare le modalità di programmazione (art. 6). I soggetti ammessi all’accesso al

mezzo televisivo, devono, nella libera manifestazione del loro pensiero, osservare i principi

dell’ordinamento costituzionale, e, tra essi, in particolare, quelli relativi alla tutela della dignità

della persona, della lealtà e correttezza del dialogo democratico ed astenersi da qualsiasi forma di

pubblicità commerciale. Per contro, i soggetti interessati devono designare la persona da ammettere

-l’art. 10 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (adottata

dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18/12/1979), per il contrasto alle concezioni stereotipate sul ruolo

dell’uomo e della donna e per l’accesso alle specifiche informazioni miranti a garantire la salute ed il benessere

familiare;

-l’art 7 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (adottata dall’Assemblea

Generale delle Nazioni Unite il 21/12/1965 ed entrata in vigore il 4/01/1969), che impegna gli Stati a prendere misure

tempestive ed efficaci nel campo dell’informazione per contrastare pregiudizi e discriminazioni etniche e razziali

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alla trasmissione, responsabile, civilmente e penalmente, del programma e devono comunicare alla

sottocommissione ed alla concessionaria il controllo del programma stesso.

Infine, un profilo, per così dire di socialità, lo assume anche la comunicazione istituzionale

Inoltre, la legge 150/2000 recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle

pubbliche amministrazioni, all’art. 3) considera, accanto alla comunicazione istituzionale, i

messaggi di utilità sociale , comunicati con finalità esclusivamente sociali che le concessionarie

radiotelevisive e le società autorizzate possono trasmettere.

La comunicazione può avvenire anche a titolo gratuito; in caso contrario, il prezzo per gli spazi

contenenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di

listino della concessionaria (art. 3, co. 5).

Le campagne sociali, essendo caratterizzate da una forte motivazione etica ed una mobilitazione di

mezzi e risorse per scopi altruistici, mal si conciliano con le finalità dell’iniziativa economica

privata a carattere lucrativi.

La categoria degli enti non profit, da leggere ormai alla luce del concetto di impresa sociale ,di cui

al D. lgs. 155/2006 che abbraccia le organizzazioni private in generale, al di là degli enti di cui al

Libro I del Codice Civile (associazioni, fondazioni, comitati), si caratterizza per reinvestire sempre

nelle proprie attività, attraverso il reclutamento di volontari, l’attività promozionale e la raccolta

fondi (fund raising), rimanendo preclusa la distribuzione di utili che giustifica normalmente gli

investimenti da parte dei soci nelle imprese lucrative.

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Bibliografia

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Mancini Paolo, Manuale di comunicazione pubblica, La Terza, 2002

Mazzoleni Giampiero ", La comunicazione politica", Bologna, Il Mulino, 2004

Zeno-Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, CEDAM,

2012.