Brutte sorprese

12
dicembre Brutte sorprese

description

Numero di dicembre 2012

Transcript of Brutte sorprese

dicembre

Brutte sorprese

l'Universi tà [email protected]

numero di dicembre SOMMARIO

Il ritorno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.1di Gianluca Scarano

Ombre nere infestano l'Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.2di Alessandro Caprara

Bufale social . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.4di Matteo Montanari

Un Papato 2.0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.5di Michele Musso

La rivoluzione? Ci pensa Crocetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.6di Salvatore Enrico Falla

Giovanni Falcone, un eroe solo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.7di Enrico Verdolini

Grido di dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.8di Federico Manfredi Rossi

l'Universi tà

Il Ritorno

Il gioco dei soldatini continua. La notizia del momento è il ritorno di Berlusconi. Dopo tanti tira e molla, dopo tante cene ad Arcore e visite a Milanello, il cavaliere torna dichiarandosi pronto a rimettersi in gioco. La cosa ha destato sicuro stupore nelle reazioni degli italiani. Berlusconi era da un anno dietro le quinte, quasi iniziavano ad alimentarsi leggende metropolitane sulla vita che conducesse in questo periodo. Pareva addirittura che il cavaliere fosse così triste per i bei tempi andati delle convention di Forza Italia che avesse dato disposizioni per organizzare un discreto numero di figuranti che inscenassero una folla festante inneggiando a Silvio. Sarà proprio questo il motivo del “ritorno in campo”? E’ bene indagare quali possano essere le motivazioni che spingono una personalità “politica” a rimettersi in gioco dopo essere uscito di scena in un clima di totale delegittimazione, spodestato da un’ Europa che lo riteneva poco competente per gestire la non poco difficile situazione italiana. Una scelta doverosa quella delle dimissioni in quel contesto. Non c’è nemmeno da nascondere che tutti quanti coloro che gli si erano schierati contro nell’arco di diciassette anni avevano accolto questa scelta come un passo in avanti della società italiana: la fine

del berlusconismo, inteso come modus operandi e pensiero dominante dell’italiano medio in stile Maccio Capatonda. Questo è il motivo per il quale oggi ci si stupisce e si rimane disorientati di fronte alla nuova scelta di porre fine all’esperienza Monti. Questa stagione non era archiviata? Ad oggi la soluzione più probabile sembra essere semplicemente la stessa del 1994, vale a dire l’avvicinarsi di rischi giudiziari. Ci aveva provato lui a dedicarsi interamente agli affari giudiziari (tanti), ma in verità è troppo dispendioso e troppo affascinante il brivido dei soliti casini della politica italiana per non temporeggiare sul fronte del processo Ruby in attesa di una nuova elezione a cariche istituzionali.Il disorientamento è stato tale da

far impennare lo spread di trenta punti in una sola giornata. I mercati hanno paura. Disorientata è rimasta parte del suo entourage di partito che ormai credeva nel progetto delle primarie. Solo una parte perché dall’altra, il vecchio entourage dei Gasparri, La Russa e Verdini (con qualche sponsor ciellino), invece si caldeggiava per il cavaliere, unica speranza per rivotare col meccanismo del porcellum, quello famoso di “calderoliana” memoria delle liste bloccate, e ritornare in pole nel listone del partito dell’amore. Vero che l’esperienza Monti a molti non è piaciuta, però difficilmente ci si aspettava che potesse avere questo epilogo. E’ bastata un pranzo dell’ufficio di presidenza per decretare che questo governo ha fatto male e che lo spread è una storiella che l’Ue e la stampa di sinistra raccontano perché sono contro di lui. La protesta è già iniziata sui social network, su tutti l’hashtag #nonlovoto di Twitter, ma c’è chi già si dichiara pronto a sforzarsi di non seguire canali Mediaset. Effettivamente il recente passato insegna che potrebbero raccontare un mondo ben diverso da quello reale.

Gianluca Scarano

II

l'Universi tà

Ombre nere infestano l’Europa.

Lo spettro dell'estrema destra aleggia su Grecia e Ungheria. Uno tra gli effetti più disastrosi della crisi economica

Le analisi degli storici sono molto chiare al riguardo. Nei momenti di crisi, quando le democrazie liberali e di mercato non riescono a far fronte rapidamente ai crolli economici, all’improvviso aumento della disoccupazione e alla diminuzione in generale del benessere, in tutti i ceti sociali nascono paura e preoccupazione

riguardo il loro futuro. I movimenti di estrema destra della storia cavalcano e spingono proprio queste emozioni, proponendosi come “scudo” e difesa forte contro le avversità e i “nemici”. Accadde alla Repubblica di Weimar degli anni ’20 e all’Italia reduce della prima guerra mondiale. Nell’ultimo decennio in Europa abbiamo avuto un fenomeno simile, anche se precedente alla crisi, quando le destre europee sfruttarono lo shock dell’11 settembre 2001 per dare vita a sentimenti di xenofobia e razzismo, che riconoscevano nell’immigrato e nello straniero mulatto e musulmano (senza tralasciare l’asiatico) il nemico e la malattia della società. Per fortuna solo in alcune parti d’Europa queste argomentazioni hanno trovato un vero e proprio

radicamento. In Austria, Francia e Danimarca queste derive autoritarie e para-fasciste sembrano essere rientrate mentre a preoccupare di più sono l’Ungheria e la Grecia.Nel paese magiaro, il partito conservatore Fidesz, vincitore delle elezioni politiche del 2010, sta portando avanti numerose modifiche costituzionali con una direzione autoritaria e conservatrice. Scompare la Repubblica d’Ungheria a favore dell’Ungheria intesa come nazione e stato etnico. La libertà di stampa e l’indipendenza dei mezzi d’informazione sono messe in pericolo da una legge-bavaglio che scatena l’indignazione dei cittadini (anche noi questa storia la conosciamo in realtà). La destra conservatrice viene affiancata dal Jobbik, un partito di estrema destra che sempre nel 2010 prende il 16,2% dei voti. Jobbik si ispira più o meno direttamente all’Ungarismo, l’ideologia delle Croci frecciate in alleanza con Hitler nella II guerra mondiale, ammira l’Iran di Ahmadinejad e vuole l’epurazione di tutte le etnie non magiare, zingari ed ebrei in testa. Ha un’organizzazione para-militare con un piccolo esercito di circa 2.000 militanti pronti a perseguire queste pratiche. Il caso della Grecia probabilmente è più noto. Nel pieno della peggiore

IIII

l'Universi tà

crisi economica della storia greca, profonda e devastante per la vita dei cittadini, alle recenti elezioni del 2012 il partito Λαϊκός Σύνδεσμος – brevemente tradotto in: “Alba Dorata”- ottiene il 6,9% dei voti. Entrato nel caotico panorama sociale greco in pochi anni, Alba Dorata incentra il suo intero successo politico su una violenta campagna contro gli immigrati. Se l’immigrazione clandestina in Grecia è un effettivo problema mai affrontato, Alba Dorata lo indica come origine di tutti i mali e facendo leva su questo capro espiatorio, i militanti organizzano e conducono un vero e proprio squadrismo. I giornali greci ogni giorno fanno il conto delle aggressioni e violenze che vengono inflitte ai numerosi immigrati. Si va dalle aggressioni personali a vere e proprie devastazioni dei mercati etnici e dei quartieri popolari. Altro dato preoccupante che caratterizza questo partito è che il successo maggiore lo trova all’interno della polizia. Alle ultime elezioni, secondo un sondaggio del giornale Ta Vima, Alba Dorata ha preso il voto di almeno metà dei poliziotti.

La situazione di questi due paesi dunque, desta molta preoccupazione. In entrambi i casi vi è una forte incertezza riguardo il futuro poiché gran parte del successo delle destre deriva dal fallimento di politiche economiche. In Ungheria si sognava di raggiungere e ottenere la stessa crescita economica della Polonia e degli altri paesi ex-URSS tramite la liberalizzazione del mercato e dei servizi, sperando di attrarre investimenti esteri e entrare nel mercato globalizzato. Il fallimento di questa politica è ricondotto all’alto tasso di corruzione degli

organi burocratici e statali che hanno impedito la creazione di un mercato credibile ed efficiente. Dopo il fallimento di queste politiche portate avanti soprattutto da governi di centro e centro- sinistra, i conservatori godono di una forte credibilità. In Grecia la situazione è ancora più complicata. Anche qui la crisi è ricondotta a una gestione dell’apparato statale da parte di entrambi i governi (socialdemocratici e conservatori) finalizzata solamente al consenso e alla creazione di clientele politiche. Un tasso di corruzione molto alto e una gestione “ad personam” di molti settori economici e burocratici hanno indebolito fortemente l’economia del paese, che non è resistito alla crisi economica e agli attacchi speculativi della finanza. Con una classe politica vecchia e che non gode di credibilità di fronte ai cittadini, misure di austerity molto pesanti imposte da organi sovranazionali che sono rifiutate dalla maggior parte della popolazione, l’unico soggetto in grado di opporsi all’espansione dei nazisti di Alba Dorata è la sinistra di piazza e di movimento. Oltre ai

numerosi ed attivissimi gruppi anarchici, alle ultime elezioni ha ottenuto un ottimo successo Syriza, nuovo partito della sinistra greca, in grado di raccogliere e affrontare le numerose problematiche del paese. In Grecia, dunque, nelle piazze e nelle istituzioni ci sono soggetti politici in grado di opporsi alle follie neonaziste di Alba Dorata.

Da questi casi europei dobbiamo imparare e ricordare che la memoria storica non va persa, la nostra è una repubblica democratica fondata anche sull’antifascismo, valore che non invecchia mai.

Per approfondire il tema si consiglia l’inchiesta di Repubblica: “Vento di destra in Europa”

Alessandro Caprara

IIIIII

l'Universi tà

Bufale social Si diffondono nella rete attraverso i social network: le notizie false da cui dobbiamo tutelarci

“Dichiaro quanto segue: Qualsiasi persona o ente o agente o agenzia di qualsiasi governo, struttura governativa o privata, utilizzando o il monitoraggio di questo sito o qualsiasi dei suoi siti associati, non ha il mio permesso di utilizzare informazioni sul mio profilo”

“Krokodil, droga dagli effetti devastanti, guarda il video”

“incredibile! La polizia si toglie i caschi e si unisce ai manifestanti!”

Dalle dichiarazioni salva privacy agli elenchi dettagliatissimi degli stipendi dei parlamentari, passando per micidiali droghe-zombie e foto strappa lacrime di bambini bombardati. Ogni giorno sulle nostre bacheche di Facebook compaiono centinaia di sedicenti notizie, spesso corredate da foto e video che testimoniano infallibilmente come “l'aereo non poteva cadere in quella posizione” o “quella luce nel cielo non può essere che un UFO”. A condividerlo sono persone mediamente poco informate e non troppo colte, che si lasciano

facilmente trarre in inganno dall'impatto emotivo di queste bufale. Ma è facile anche per i più attenti cadere nel tranello: l'indignazione per il parlamentare che si intasca cifre da capogiro o per il piccolo palestinese senza gamba prendono il sopravvento, e magari senza darci troppo peso clicchiamo “condividi”. Ma bastano poche ricerche sul web per scoprire che quelle cifre sui parlamentari non hanno alcuna fonte, che il bambino palestinese è in realtà iracheno e la foto risale a dieci anni prima, che il ministero dell'interno non ha nessun contatto con gli amministratori di Facebook e che la terribile droga Krokodil non è proprio quel che si racconta. Non è una questione di finezze: contribuire alla diffusione di un'informazione falsa o non verificata è un reato nel giornalismo, e contribuisce al pessimo livello di informazione collettiva quando avviene tramite canali come i social network. Come difendersi? Non è molto complicato. Per verificare una notizia dubbia incontrata sui social bisogna prima di tutto risalire alla fonte che ha direttamente condiviso il post: di solito sono pagine di giornalismo o controinformazione che fanno riferimento ai siti a cui sono legate. È noto che siti come Giornalettismo o informarexresistere, tra i più attivi nella diffusione di notizie shockanti, non approfondiscono molto le proprie fonti: misteriosi siti di

pensatori complottisti, blog anonimi che si linkano tra loro, portali di informazione in stile Studio Aperto. Quando la notizia proviene da queste fonti è quasi certamente non verificata, e state pur certi che le foto o i video allegati sono di repertorio (brutta abitudine condivisa anche dai media tradizionali). Per non rischiare di condividere notizie errate o false, o per verificare l'attendibilità delle pagine e dei personaggi che seguite, sarà sufficiente applicare un metodo giornalistico di verifica delle fonti. Per essere credibile, la notizia deve avere almeno due fonti indipendenti l'una dall'altra (due blog della stessa fazione politica che si citano a vicenda non sono fonti indipendenti) e minimamente autorevoli (un sito che condivide con la stessa serietà notizie sulla cronaca politica e “lo sportivo cieco che beve acido per sbaglio” non è molto serio). Diffidare di notizie eccessivamente incredibili è sempre buona norma, ed esercitare il dubbio nei confronti di quello che leggiamo sui network è diventato fondamentale.

Matteo Montanari

IVIV

l'Universi tà

Un Papato 2.0

Controindicazioni per l'utente chiamato Sua Santità.

@pontifex, l'account Twitter di Benedetto XVI, ha già oltrepassato i 700mila followers. L'ingresso del pontefice in quello che è tra i più diffusi social network del pianeta ha suscitato un certo tramestio all'interno della piattaforma stessa, con numerosi cinguettii canzonatori anche piuttosto pesanti. Giustificabili o no, rappresentano comunque il corollario dell'esposizione al web e della sottoscrizione di quel patto comunicativo che sta alla base di quel sistema di rapporti virtuali; a questo proposito è comprensibile la scelta di Twitter: più professionale e meno ludico rispetto a Facebook. I toni con cui è stato tratteggiato questo avvenimento sono stati fin troppo spiritosi, celandone il reale peso e significato. Il papato è sceso a compromessi con la società contemporanea: massificata, consumistica, postmoderna, liquida e, sopra ogni cosa, virtuale. Nelle stanze barocche e isolate del Vaticano devono essersi accorti che il processo di secolarizzazione dell'Occidente è ineluttabile, o meglio, è

compiuto e da parecchio. E per sopravvivere è necessario adeguarsi. Difficile immaginare degli smanettoni del web stretti nei loro talari color porpora, eppure ecco che internet è ora colonizzato dai vertici del Cattolicesimo. In realtà questa è solo l'ultima tappa della presa di coscienza della Chiesa della potenzialità dei moderni mass-media come principali diffusori di messaggi nella società di massa. Lo comprese Pio XI quando inaugurò Radio Vaticana nel 1931, lasciandola poi sotto la direzione dei gesuiti. Lo comprese il primo papa ad apparire in televisione, Pio XII, con la Messa di Natale del 1955.Il rovescio della medaglia del canale comunicativo del web è che non è più unidirezionale. Non è come radio e televisione, che sono nella sostanza enormi megafoni che non danno possibilità di replica. Il web è

invece 2.0, squisitamente interattivo. Il Papa, su internet, può essere "avvicinato". Certo, non si potrà inviargli una richiesta di amicizia, come avviene in Facebook, e la Curia ha già provveduto ad informare gli internauti che il Papa non farà la somma grazia a nessuno diventandone follower. Tuttavia anche se né lui, né i suoi assistenti leggeranno mai i retweet degli utenti, lo faranno però gli utenti stessi, desacralizzando la figura del Vicario di Cristo, contribuendo alla mondanizzazione della sua figura, scesa ora in un campo assai prosaico. Dove regna la ben poco casta Lady Gaga con 30milioni di followers: riusciranno gli edificanti tweet del pontefice a scalzare dalla vetta la regina del pop?

Michele Musso

VV

l'Universi tà

La rivoluzione?Ci pensa Crocetta

I primi giorni del nuovo governo siciliano. Rosario Crocetta e la sua risposta all'antipolitica.

“Diciamocelo ragazzi, cosa funziona da noi? La corruzione, la mangiucchia, è questa la verità!”. Le avesse dette un settentrionale queste cose, in sicilia, avrebbe fatto una brutta fine, e invece Rosario Crocetta non solo le ha dette, ci ha vinto anche le elezioni regionali.Dovesse raccontarvi della sua campagna elettorale, partirebbe da una Marlboro, e subito dopo vi racconterebbe della frattura a sinistra, dove Sel, Idv, Verdi e Federazione della Sinistra hanno deciso di puntare sulla sindacalista della Fiom Giovanna Marano, dopo la caduta della candidatura di Claudio Fava dovuta al pasticcio di non aver cambiato in tempo la residenza, scelta che a lui, candidato PD da passato comunista, lo ha ferito profondamente. Continuerebbe dalla rinuncia dell’appoggio a qualche padrone di voti, dovuto ai suoi pessimi rapporti personali, e infine vi spiegherebbe il

tentativo, riuscito solo in parte, di parlare all’antipolitica, raccontando e parlando di cose, che anche a tante persone che lo sostenevano, non andavano tanto a genio.Rosario Crocetta è fatto cosi, un attacco e una Marlboro, uno slogan e subito dopo ancora a fumare, è come fiume in piena, orgoglio e

sentimento, rabbia e cambiamento, un uomo odiato sia dai mafiosi(vi dirà sempre di quanti ne ha fatti arrestare) che da tanti dell’estbilishment politico.Nei suoi primi giorni di mandato ha già fatto vedere di che pasta è fatto, la sua giunta oltre ai celebrati Battiato e Zichichi, è formata da uomini e donne competenti, da gente nata dalla politica e da professionisti, come Lucia Borsellino, che lavorano nel campo di loro competenza, il giusto mix e un esempio che in tanti dovrebbero seguire.Ha cominciato a randellare la corruzione, la mangiucchia che attaccava in campagna elettorale.

Ha eliminato enti inutili, cacciato consulenti d’oro, licenziato 25 caporedattori, uno dei quali guadagnava 13.000 mila euro per fare villeggiatura al parlamento europeo, ha accusato dipendenti di far sparire denaro. Ha sbloccato i fondi del patto di stabilità andando a trattare di persona dal ministro competente, permettendo a tanti siciliani di ricevere lo stipendio dopo mesi, e infine ha fatto diventare la casa di Peppino Impastato bene culturale, percorrendo i fatidici cento passi, e inaugurando una nuova targa dedicata al giovane ed alla madre Felicia. Ed è proprio quest’ultimo gesto che più di tutto lo distingue da chi fino a questo momento ha governato la Sicilia, Rosario è certamente una persona perbene.Dovesse parlarvi dei suoi primi 15 giorni da governatore della regione Sicilia, partirebbe proprio da tutte queste cose e dall’immancabile sigaretta, poi spiegherebbe che lui governatore non è, e che preferisce essere chiamato sindaco, infine vi parlerebbe di rivoluzione, che forse in Sicilia, con questo uomo che proviene da Gela, è già iniziata.

Salvatore Enrico Falla

VIVI

l'Universi tà

Giovanni Falcone, un eroe solo

Il magistrato antimafia raccontato attraverso le pagine del libro di sua sorella Maria.

Il tronco dell’albero è coperto di biglietti, di buste e di fiori. Non è una pianta qualunque: è quella che cresce di fronte alla casa palermitana di Giovanni Falcone. L’albero è stato scelto come simbolo della fondazione Falcone, presieduta da Maria Falcone, sorella del magistrato. Ancora oggi, Maria Falcone tiene vivo il ricordo del fratello e del suo lavoro, raccontando la sua esperienza ai ragazzi delle scuole superiori. Qualche mese fa, è stata ospite della trasmissione televisiva “Che tempo che fa” per presentare il suo libro, “Giovanni Falcone, un eroe solo”(Rizzoli,2012).Il titolo del libro ha una sua spiegazione. Nell’ultimo periodo della sua vita, il magistrato godeva di popolarità nel nostro Paese, e si era diffusa persino oltreoceano una certa stima di lui. Al contrario, spesso Falcone percepiva un sentimento di chiusura e di ostilità

da parte dei colleghi e di certi personaggi politici.Il titolo percorre tutte le tappe della carriera del giudice. Si parla della scelta di tentare il concorso per la magistratura, scelta fatta con l’idea di iniziare “un lavoro onesto e libero, senza bisogno di nessuna raccomandazione”.Una volta superato il concorso, l’attività vera e propria cominciò dal tribunale di Lentini, per poi proseguire a Trapani e Palermo, dove iniziò l’impegno nella lotta alla criminalità.Nel racconto troviamo anche le idee di base del cosiddetto “metodo Falcone”, una strategia di lotta alla mafia articolata su più linee. Il giudice prestava grande attenzione alle dichiarazioni e alle testimonianze dei pentiti, mantenendo le dovute distanze, senza scendere con loro in un rapporto di carattere confidenziale. Falcone cercava di ricostruire il flusso del denaro sporco, in modo da avere un quadro generale dei suoi spostamenti e della sua provenienza. Inoltre, avvertiva l’esigenza di superare i confini del singolo tribunale. Un solo giudice non poteva avere le informazioni e i mezzi necessari ad affrontare un fenomeno così complesso. Bisognava avere un livello più alto di

coordinamento, in modo da portare avanti un lavoro uniforme e ordinato: da qui l’idea di una Superprocura.Il libro però non si ferma a parlare soltanto dell’attività del magistrato.

Uno dei primi capitoli accenna ad un conflitto fra il giovane che si avvicinava agli ideali di Enrico Berlinguer, ed una famiglia di forte fede cattolica, da sempre schierata su posizioni moderate.Ad un certo punto, troviamo la scena del giudice alle prime armi, seduto al tavolino della propria casa, tutto preso dagli incartamenti dei primi processi, che riesce a concentrarsi sul proprio lavoro soltanto ascoltando un po’ di buona musica.Forse l’aspetto più interessante è proprio questo: accanto al racconto che riguarda il giudice, abbiamo una storia di carattere più intimo e personale, una storia che non è facile trovare in altre pubblicazioni, una storia che ci parla dell’uomo, delle sue idee e delle sue passioni.

Enrico Verdolini

VIIVII

l'Universi tà

GRIDO DI DOLORE

Siria, continua il bagno di sangue, ma il mondo resta a guardare.

Dicevano sarebbe stata una “guerra lampo”. Assicuravano che il governo di Assad sarebbe caduto in un mese. Non è andata proprio così. Dura infatti da più di un anno la guerra civile siriana, che per molti aspetti ricorda quella libica e le altre nate dalla ‘’primavera araba”. Tutto era iniziato dalle manifestazioni pacifiche tenutesi a Damasco e nelle altre città principali della Siria a inizio febbraio 2011. Il popolo siriano scese nelle piazze per reclamare maggiore democraticità e riforme per combattere povertà e corruzione. Il regime di Bashar Hafiz al-Asad, presidente in carica dal 2000, aveva però risposto con impressionante durezza. Ne erano conseguite altre manifestazioni, sempre meno pacifiche e represse con ancora maggior durezza. Si è quindi rapidamente arrivati alla guerra civile, rivelatasi presto sanguinosissima e assolutamente priva di qualsiasi sentimento di pietà da una parte e dall’altra. Il regime ha subito diverse condanne dall’ONU per la violazione di diritti umani, venendo accusato addirittura

di costringere le sue forze a usare civili innocenti come scudi protettivi negli scontri a fuoco. Anche i ribelli comunque non si sono astenuti dall’usare la mano pesante in molte situazioni. Il risultato sono state le migliaia di vittime e gli oltre 200.000 civili fuggiti nei paesi confinanti. La domanda che si pone subito è: perché la Nato non interviene, come invece aveva fatto nel caso della crisi libica? A pensare male, la risposta è scontata. In Siria si estrae molto meno petrolio che in Libia, quindi risulta meno interessante. Ma probabilmente questo non è l’unico motivo. Basti pensare a dove la Siria è geograficamente posizionata. A nord c’è il confine con la Turchia, a sud con Israele e il Libano, a oriente con l’Iraq e l’Iran è a comunque 2 passi: insomma, nel pieno della polveriera mediorientale, zona a dir poco esplosiva, dove tra il conflitto israelo-palestinese (da poco riesploso), la corsa iraniana al nucleare e la delicata situazione in Iraq, non si sa letteralmente dove sbattere la testa. Inoltre la Siria gode della protezione della Russia e della lega araba, che mal sopporterebbero un intervento dei paesi occidentali. Va ricordato inoltre lo stretto legame tra USA e Turchia, stato quest’ultimo in rapporti tutt’altro che buoni con la Siria, viste le recenti provocazioni dei militari di Damasco nei confronti

del governo di Ankara. Intrecciati e delicatissimi insomma i rapporti diplomatici riguardanti questa zona, e chiare le crisi internazionali che un intervento militare provocherebbe. Insomma la situazione risulta quantomeno difficile. Appare ovvio inoltre, che la questione della striscia di gaza e i difficili rapporti con l’Iran preoccupino molto di più al momento il governo statunitense, da sempre protagonista della politica internazionale. Il risultato è che la

guerra civile siriana è passata rapidamente in secondo piano e raramente sui quotidiani internazionali le vengono dedicate più di poche righe. Nel frattempo il conflitto prosegue. E’ di pochi giorni fa la notizia che i ribelli siano arrivati alle porte di Damasco. Preoccupano invece le indiscrezioni che vogliono Assad, ormai alle strette, pronto a utilizzare armi chimiche contro i ribelli. Se si arrivasse a questo, il disastro sarebbe totale.

Federico Manfredi Rossi

VIIIVIII

SinistraSinistraUniversitariaUniversitariarun.sinistrauniversitaria@gmail.com

contatto facebook: Sinistra Universitaria Bologna

S.U. È un'associazione studentesca nata nel 2000 con lo scopo di difendere, attraverso il metodo della rappresentanza, i diritti degli studenti dell'Ateneo di Bologna.Dietro a questa sigla, all'interno di questa associazione, ci sono infatti decine di ragazze e ragazzi, bolognesi e non, che si impegnano nelle loro facoltà cercando di risolvere i piccoli-grandi problemi che tutti gli studenti quotidianamente vivono, dal diritto allo studio, una battaglia per la quale da sempre ci battiamo affinchè sia garantito a tutti, agli esami disordinati e disorganizzati, alle aule sovraffollate o al problema degli affitti delle case e della sicurezza domestica.Crediamo che in anni in cui il rapporto tra politica e società è sempre più difficile, sia importante non essere passivi, ma che sia giusto fare qualcosa, lottare per i propri ideali e le proprie convinzioni. Così abbiamo deciso che l'Università non è solo il luogo del sapere, dove viene insegnato cosa fare nella vita, ma è anche e soprattutto il luogo da dove si deve iniziare a cambiare quel mondo che così non va, che può e deve migliorare dalle piccole cose. Da qui nasce il nostro impegno di rappresentanti degli studenti, di "intermediari" tra studenti e istituzioni universitarie per chiedere un 'università democratica, laica e aperta a tutti.Le nostre battaglie ideologiche e politiche non si fermano qui; da anni facciamo regolarmente iniziative culturali sui grandi temi e problemi presenti nella nostra società. Infine nel tempo libero, oltre a studiare, ci divertiamo con le trasmissioni della nostra web-radio e organizzando feste come la mitica festa de l'UNIversiTA'. Dal 2010 S.U. è entrata a far parte della Rete Universitaria Nazionale come associazione di riferimento per Bologna, convinti della necessità di rappresentare le idee degli studenti bolognesi in un contesto più ampio, nazionale.

Via delle Belle Arti 20 Bologna