Breve storia della teoria delle curve algebriche...

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Breve storia della teoria delle curve algebriche piane Enrico Rogora 15 dicembre 2014 Generalit` a Una curva algebrica piana affine ` e il luogo degli zeri, nel piano affine complesso, di un polinomio in due variabili f (x, y). Una curva alge- brica piana proiettiva ` e il luogo degli zeri, nel piano proiettivo complesso, di un polinomio omogeneo in tre variabili F (x 0 ,x 1 ,x 2 ). Il legame tra una curva affine e la corrispondente curva proiettiva ` e dato algebricamente dagli ope- ratori di omogeneizzazione e disomogeneizzazione. L’omogeneizzazione del polinomio f (x, y) si ottiene operando la sostituzione x = x 1 /x 0 e y = x 2 /x 0 e moltiplicando per la pi` u bassa potenza di x 0 che permette di eliminare i denominatori. La disomogeneizzazione del polinomio F (x 0 ,x 1 ,x 2 ) si ottiene con la sostituzione x 0 = 1, x 1 = x, x 2 = y. Per esempio, se f (x, y)= x 3 - y 2 , la sua omogeneizzazione H (f ) si ottiene da (x 1 /x 0 ) 3 - (x 2 /x 0 ) 2 moltiplicando per x 3 0 , ottenendo quindi H (f )= x 3 1 - x 2 2 x 0 . Mentre per ogni polinomio f in due variabili, D(H (f )) = f , si ha che H (D(F )) = F solo se F non ` e divisibile per una potenza di x 0 . Geometricamente, l’omogeneizzazione di una curva affine consiste nell’ag- giungere i suoi punti all’infinito. Per esempio, alla parabola y = x 2 , che omo- geneizzata diventa x 0 x 2 = x 2 1 viene aggiunto il punto all’infinito (0, 0, 1) che rappresenta la direzione dell’asse della parabola, mentre all’iperbole xy = 1, di equazione omogenea x 1 x 2 = x 2 0 vengono aggiunti i punti all’infinito (0, 1, 0) e (0, 0, 1) che rappresentano le direzione dei due asintoti. Una curva si dice riducibile se il corrispondente polinomio si pu` o scrivere come prodotto di due polinomi di grado maggiore di zero. Per esempio la cur- va di equazione xy =0` e riducibile in due rette di equazioni rispettivamente x =0e y = 0. 1

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Breve storia della teoria delle curve algebrichepiane

Enrico Rogora

15 dicembre 2014

Generalita Una curva algebrica piana affine e il luogo degli zeri, nel pianoaffine complesso, di un polinomio in due variabili f(x, y). Una curva alge-brica piana proiettiva e il luogo degli zeri, nel piano proiettivo complesso, diun polinomio omogeneo in tre variabili F (x0, x1, x2). Il legame tra una curvaaffine e la corrispondente curva proiettiva e dato algebricamente dagli ope-ratori di omogeneizzazione e disomogeneizzazione. L’omogeneizzazione delpolinomio f(x, y) si ottiene operando la sostituzione x = x1/x0 e y = x2/x0e moltiplicando per la piu bassa potenza di x0 che permette di eliminare idenominatori. La disomogeneizzazione del polinomio F (x0, x1, x2) si ottienecon la sostituzione x0 = 1, x1 = x, x2 = y.

Per esempio, se f(x, y) = x3−y2, la sua omogeneizzazione H(f) si ottieneda (x1/x0)

3 − (x2/x0)2 moltiplicando per x30, ottenendo quindi

H(f) = x31 − x22x0.

Mentre per ogni polinomio f in due variabili, D(H(f)) = f , si ha cheH(D(F )) = F solo se F non e divisibile per una potenza di x0.

Geometricamente, l’omogeneizzazione di una curva affine consiste nell’ag-giungere i suoi punti all’infinito. Per esempio, alla parabola y = x2, che omo-geneizzata diventa x0x2 = x21 viene aggiunto il punto all’infinito (0, 0, 1) cherappresenta la direzione dell’asse della parabola, mentre all’iperbole xy = 1,di equazione omogenea x1x2 = x20 vengono aggiunti i punti all’infinito (0, 1, 0)e (0, 0, 1) che rappresentano le direzione dei due asintoti.

Una curva si dice riducibile se il corrispondente polinomio si puo scriverecome prodotto di due polinomi di grado maggiore di zero. Per esempio la cur-va di equazione xy = 0 e riducibile in due rette di equazioni rispettivamentex = 0 e y = 0.

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Ordine di una curva. L’ ordine di una curva e il grado del corrispondentepolinomio. La curva si dice riducibile se il corrispondente polinomio si puoscrivere come prodotto di due polinomi di grado maggiore di zero. L’ordine diuna curva e un invariate per trasformazioni proiettive. L’idea di classificarele curve in funzione del loro ordine si deve a Descartes, che introdusse anche imetodi della geometria analitica e lo strumento della derivazione dei polinomiper affrontare il loro studio. Il punto di vista di Descartes rivoluziono lageometria. Egli ne ridefinı gli oggetti, sostituendo alle curve costruibili conprocedimenti geometrici (riga e compasso) o meccanici le curve definite dauna equazione. Oltre a rendere accessibile all’indagine geometrica un nuovoinsieme di oggetti, il punto di vista di Descartes aprı alla geometria tutta unaserie di problemi prima inconcepibili. Per esempio il problema di classificarele curve di dato ordine o di determinare il grado di curve che risolvono specificiproblemi geometrici, per esempio il problema di Pappo (cfr, [1]).

Il primo che affronto sistematicamente lo studio delle curve algebrichepiane di ordine maggiore di due fu pero Newton, che nel 1667-68 fece unostudio dettagliato delle curve di terzo grado o cubiche. Anche Mc Laurin,Taylor, Eulero, Cramer e Puiseux se ne occuparono, analizzando in parti-colare le proprieta locali di una curva, cioe le approssimazioni con paraboleoccupatrici di ogni ordine e analizzando le singolarita. Il punto di vista diquesti autori era quello di considerare la geometria delle curve come un capi-tolo del Calcolo differenziale. Con Poncelet si assiste al ritorno del punto divista geometrico sintetico nello studio delle curve piane. Poncelet introdussel’idea di polare, di punti all’infinito di curva duale e pose alcuni problemifondamentali come quello del calcolo della classe di una curva e del numerodei flessi.

Un punto di svolta fondamentale nello studio delle curve algebriche pia-ne si ebbe con il lavoro di Plucker, che sviluppo un approccio geometricoutilizzando gli strumenti del calcolo differenziale.

L’ordine di una curva algebrica si puo definire geometricamente come ilnumero delle intersezioni della curva con una retta generica del suo piano,pur di considerare le soluzioni complesse e di contare opportunamente le mol-teplicita di intersezione nei punti di tangenza e nei punti singolari della curva,cioe nei punti delle curva dove si annullano le derivate parziali. Infatti. rica-vando una variabile dall’equazione della retta e sostituendola nell’equazione(omogenea) della curva otteniamo un’equazione (omogenea) in una (due) va-riabili di grado n che, per il teorema fondamentale dell’algebra, ammette nradici, in generale distinte. Facendo variare con continuita la retta puo succe-dere che alcune di queste radici venga a coincidere. Un punto in cui vengonoa coincidere r intersezioni con una retta si dice punto r-plo.

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Il teorema di Bezout Un risultato generale e utilissimo nella teoria dellecurve piane e il teorema di Bezout che afferma che il numero di intersezioni diuna curva di grado n con una curva di grado m che non abbiano componentiin comune e sempre n×m, pur di considerare anche le intersezioni complesseed assegnare ad ogni punto di intersezione la corretta molteplicita, che e pariad 1 solo quando il punto di intersezione e semplice per entrambe le curve ele rette tangenti alle due curve nel punto sono distinte.

Intersezione di due curve di grado due. Figura 1: quattro punti semplici, tangenti distinte,

quattro intesezioni. Figura 2: due punti semplici, tangenti coincidenti, molteplicita di

interezione due in ogni punto, ancora quattro intersezioni. Figura 3: nessuna intersezione

reale ma ancora quattro intersezioni complesse.

Punti semplici e punti multipli. Un punto P = (α, β, γ) della curvaproiettiva di equazione omogenea F (x0, x1, x2) = 0 si dice regolare o semplicese almeno una delle tre derivate ∂F

∂xie non nulla in P 1. Se si annullano tutte

tre il punto si dice singolare o multiplo. In un punto regolare la retta tangenteha equazione

x0∂F

∂x0(P ) + x1

∂F

∂x1(P ) + x2

∂F

∂x2(P ) = 0.

In un punto singolare, sia r il piu piccolo intero tale che almeno una dellederivate parziali di ordine r non si annulli in P . Allora il punto P e r-plo.

La tangente in un punto semplice P = (x0, y0) rappresentain prima approssimazione, cioe a meno di infinitesimi d’ordinesuperiore ad x−x0, la curva f(xy) = 0 nell’intorno del punto P .Infatti si ha, nell’intorno di quel punto.

y = y0 +

(dy

dx

)0

(x− x0) + ε,

con ε infinitesimo d’ordine superiore rispetto x− x0. [4], libro I,cap 1.

1Si osservi che, per il teorema di Eulero sulle funzioni omogenee, se un punto annullale tre derivate parziali di F , necessariamente annulla anche F .

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Sia P un punto di una curva algebrica. Scegliamo un sistema di coordinateaffini con l’origine in P . L’equazione affine della curva sara

f(x, y) = a10x+ a01y + a20x2 + a11xy + a02y

2 + . . . 2

L’origine un punto r-plo se aij = 0 per tutti gli indici i, j tali che i+j < r maesiste almeno un coefficiente aij diverso da zero con i + j = r. Il cono dellerette che hanno contatto almeno r + 1-plo con la curva in P ha equazione

ar0xr + a(r−1)1x

r−1y + · · ·+ a0ryr.

Queste rette si chiamano tangenti principali.Un punto di molteplicita due si dice anche punto doppio. Un punto doppio

si dice nodo se ha le tangenti principali distinte e cuspide altrimenti. Un nodocon le tangenti principali complesse coniugate si dice punto doppio isolato.

Inviluppo di una curva Poncelet e Gergonne avevano mostrato chiara-mente come le configurazioni della geometria proiettiva possono essere van-taggiosamente considerate assieme alle configurazioni duali. Nel caso di unacurva piana, la curva duale era stata definita da Leibniz attraverso il calcolodell’ inviluppo delle rette tangenti. Ogni punto della curva duale rappresentauna tangente alla curva originaria e la natura di quel punto riflette la naturadella tangenza. Per esempio, una bitangente viene rappresentata sulla curvaduale da un nodo e un punto di flesso da una cuspide e viceversa, come inFigura

La curva in rosso e quella in nero sono l’una duale dell’altra. La curva in rosso ha un

nodo cui corrisponde una bitangente, la retta orizzontale tangente ai punti con ordinata

massima. Le due cuspidi corrispondono a due flessi che appaiono simmetricamente nella

parte superiore della curva nera, dove cambia la concavita.

2a00 = 0 perche f(P ) = f(0, 0) = 0

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Se nella equazione algebrica f(x0, x1, x2) = 0 si pongono,al posto delle variabili le coordinate di rette, coefficienti dellaequazione

u0x0 + u1x1 + u2x2 = 0,

l’equazioneF (u0, u1, u2) = 0

rappresenta una curva inviluppo3 le cui proprieta si desumonoda quelle della f(x0, x1, x2) = 0 secondo il principio di dualitadella Geometria proiettiva: all’ ordine della curva f(x0, x1, x2) =0 corrisponde la classe dell’inviluppo F (u0, u1, u2) = 0, che e ilnumero delle rette di questo che passano per un punto del piano(non facente parte dell’inviluppo). [4], libro I, cap 1.

Singolarita di ordine superiore

L’approssimazione delle curve in un punto singolare, la qualenon aveva dato luogo ad una speciale analisi da parte di Newton,s’incontra nell’opera citata di De Gua (1740), il quale cadde in unerrore rilevato da Eulero (Acc. Berlino 1740) e Cramer, ritenen-do la prima approssimazione sempre sufficiente a caratterizzare ipunti singolari; il tema e stato svolto poi da Cramer e da Puiseuxcon la introduzione degli sviluppi in serie di potenze fratte4 . . .[4].

Plucker Plucker introdusse i metodi analitici nella Geometria proietti-va. I suoi contributi matematici (Plucker fu anche un fisico sperimentaledi prim’ordine) non si limitarono allo studio della geometria delle rette, che

3Sia f(x − 0, X − 1, x2) = 0 l’equazione di una curva in coordinate omogenee e sia(a, b, c) un punto della curva. L’equazione della retta tangente alla curva nel punto e

x0∂f

∂x0(a, b, c) + x1

∂f

∂x1(a, b, c) + x2

∂f

∂x2(a, b, c) = 0.

La retta u0x0 + u1x1 + u2x2 = 0 e tangente alla curva se

u0 = λ∂f

∂x0(a, b, c) u1 = λ

∂f

∂x1(a, b, c) u2 = λ

∂f

∂x2(a, b, c).

Eliminando a, b, c e λ da queste equazioni e dall’equazione u0x0 + u1x1 + u2x2 = 0otteniamo l’equazione F (u0, u1, u2) dell’inviluppo.

4Per una discussione esauriente del problema dell’approssimazione di una curva nell’in-torno di un punto doppio e in particolare della differenza tra punto cuspidale, dove c’e unsolo ramo e nodo, dove ci sono due rami, si veda [4] vol.1, pp. 73-79.

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abbiamo discusso brevemente nel capitolo sulla storia della Geometria su-periore. Introdusse le coordinate omogenee e le coordinate di retta Pluckerfu anche il primo a giustificare in maniera analitica il principio di dualita,in tutta la sua generalita, riformulo analiticamente della teoria delle polari,preciso analiticamente i concetti di linea all’infinito, di punto ciclico etc., in-trodotti da Poncelet, studio curve e superfici di ordine superiore al secondo.Scoprı le importanti formule enumerative che portano il suo nome che leganoi caratteri proiettivi elementari di una curva algebrica piana.

Le opere principali di Plucker sono

1. Analitisch-geometrische Entwicklungen [Sviluppi della geometria ana-litica] 1828/31;

2. System der analytischen Geometrie (der Ebene) [Sistema delle Geome-tria Analitica (del piano)], 1834;

3. Theorie der algebraische Kurven [teoria delle curve algebriche], 1839;

4. System der analytischen Geometrie des Raumes [Sistema delle Geome-tria Analitica (dello spazio)], 1846;

5. Neue Geometrie des Raumes, gegruendet auf die Betrachtung der gera-den Linie als Raumelement [Una nuova geometria dello spazio, basatosulla nozione di retta come elemento dello spazio]

Tra il 1846 e i 1868, Plucker, amareggiato da un’aspra polemica con Steinersull’uso dei metodi analitici nello studio della geometria, rallento la sua pro-duzione matematica dedicandosi a importanti ricerche di fisica sperimentalea Bonn.

Lo scopo di Plucker fu quello di riformare la geometria analitica,attraversola completa fusione delle formule con le costruzioni. Nella geometria diPlucker la nuda combinazione di equazioni e tradotta in termini geometricie le operazioni analitiche sono sempre riferite al loro contenuto geometrico.Il calcolo viene evitato per quanto e possibile, ma facendo cio viene coltivatae applicata estensivamente l’intuizione interna dell’interpretazione geometri-ca delle equazioni analitiche assegnate. Per illustrare il suo approccio allageometria, consideriamo la dimostrazione di Plucker del teorema di Pascal.

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Siano p, p′, q, q′ e r, r′ le coppie di equazioni lineari delle rette opposte nell’e-sagono completo. Allora pqr − µp′q′r′ e l’equazione di un fascio di curve delterzo ordine che passano per i novi punti di intersezione delle due triple p, q, re p′, q′, r′. Siccome 6 dei nove punti giacciono su una conica posso scegliere µimponendo il passaggio per un settimo punto della conica. Per il teorema diBezout, questa cubica deve contenere la conica come componente, e quindisi spezza nella conica e in una retta, che deve contenere gli altri tre punti.

Polare di un punto e polo di una retta rispetto a una circonferenzaLa polarita fu considerata inizialmente con riferimento alla circonferenza, as-segnando ad un punto la sua retta polare e ad una retta il suo polo. Se ilpunto P e esterno alla circonferenza la corrispondente retta polare e quel-la che congiunge i due punti di contatto delle tangenti condotte da P allacirconferenza. Analogamente, se la retta sega la circonferenza in due pun-ti, il polo e l’intersezione delle due tangenti alla circonferenza nei punti diintersezione.

Queste costruzioni si possono fare facilmente con riga e compasso. Perquanto costruire la polare di un punto esterno, si procede come in figura.

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La retta polare di P rispetto alla circonferenza c di centro C e la congiungente i punti di

intersezione di c con la circonferenza per P centrata nel punto medio M di PC.

Per costruire il polo di una retta secante, si procede come in figura.

Il polo della retta a rispetto alla circonferenza c si ottiene intersecando le perpendicolari

ai segmenti congiungenti il centro C di c con le intersezioni della retta a con c.

E possibile estendere la definizione di polare a un punto interno allacirconferenza e quella di polo a una retta che non e secante alla circonferenzaa partire dalle proprieta che polo e polare hanno quando sono definite comesopra. La chiave per l’estensione sta nelle seguenti proprieta:

1. le polari dei punti su una retta data, passano tutte per un punto, chee il polo della retta;

2. i poli delle rette di un fascio per un punto dato stanno tutti su unaretta, che e la polare del punto;

3. il polo della polare di un punto e il punto stesso;

4. la polare del polo di una retta e la retta stessa.

Usando questa proprieta possiamo costruire la polare di un punto interno allacirconferenza e il polo di una retta che non interseca la circonferenza. Pertrovare la polare di un punto P interno alla circonferenza, si considerino duerette r ed s che si intersecano in P e che quindi intersecano la circonferenza.Siano R ed S i rispettivi poli. Allora la polare di P e la congiungente di Rcon S. Analogamente, sia p una retta esterna alla circonferenza e siano R eS due suoi punti, che sono ovviamente esterni alla circonferenza. Siano r eds le rispettive rette polari e sia P l’intersezione di r ed s. P e il polo di p.

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La polare e una nozione covariante, nel senso che, trasformando il punto ela circonferenza con una proiettivita, la polare del punto rispetto alla conicasara l’immagine della vecchia polare.

E possibile definire la polare di un punto partendo da un punto di vi-sta diverso, generalizzando la nozione di diametro coniugato di una conicarispetto ad una direzione. Sia fissata una conica e una direzione e per ogniretta parallela a tale direzione intersechiamo prendiamo il punto di mezzodell’intersezione della conica con la retta. Al variare della retta, i punti medidescrivono il diametro coniugato della direzione assegnata. Il punto medio didue punti coincide con il quarto armonico dei due punti e del punto impropriodella retta. Cio suggerisce la seguente costruzione sintetica, per la polare diun punto rispetto a una conica. Sia P un punto e C una conica. La polaredi P rispetto a C e la curva descritta dal quarto armonico di P e delle dueintersezioni di una retta per P con C al variare delle rette per P .

Le polari di una curva algebrica La nozione di polare puo essere este-sa alle curve algebriche e fornisce lo strumento principale per studiare leproprieta proiettive delle curve.

La polarita rispetto ad una conica, i cui germi si trovano nelleopere degli antichi (Apollonio, Pappo), si puo riattaccare a De-sargues (1639), che ne scoprı le proprieta fondamentali. Al lumedella concezione proiettiva di Desargues (cui risale l’introduzionedei punti all’infinito) la polare d’un punto appare come una gene-ralizzazione del diametro bisecante un sistema di corde parallelee - al tempo stesso - come congiungente i punti di contatto del-le tangenti condotte dal polo. Gli sviluppi posteriori della teoriamettono capo alla sua sistemazione nella scuola di Monge, do-ve, dopo il maestro, sono da annoverare Brianchon, Gergonne,Servois, e specialmente Poncelet. Ivi la polare, che Desarguesdesignava come transversarle de l’ordonnance, riceve appunto ilnome di polare,(Gergonne), mentre Servois introduce il nome dipolo.

La proprieta proiettiva della polarita come corrispondenza,cioe che le polari di un fascio formano un fascio, viene rico-nosciuta da Monge riferendosi alle quadriche (e noto che questaproprieta condusse piu tardi a definire la polarita indipendente-mente dalle forme di secondo ordine -cosı da servire di base aduna nuova trattazione di queste forme- Staudt,1848). Il rapportodella teoria delle polari colle proprieta diametrali delle coniche

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appare luminoso nell’ordine delle idee di Poncelet, al quale si de-ve in particolare il chiaro riconoscimento della retta all’infinito,luogo dei punti all’infinito del piano.

Ora la teoria generale delle polari nello studio delle formealgebriche si presenta come naturale estensione dei due modi diconsiderare la polare d’un punto rispetto ad una conica,cioe

1. quale congiungente i punti di contatto delle tangenti condottedal polo,

2. e quale generalizzazione proiettiva del diametro.

Sorgono cosı due ordini di concetti e quindi due definizioni gene-rali delle polari, che mettono in evidenza il significato e il valoredella teoria.

1. Nello studio delle curve piane, la polare scaturisce natural-mente dal problema della tangente, quando si cerchino i pun-ti di contatto delle tangenti condotte ad una curva f da unpunto qualsiasi del piano. Questa considerazione supponeche la curva stessa venga concepita non piu come data in untratto limitato, secondo la veduta dell’Analisi differenziale,ma nella sua interezza secondo la veduta sintetica( o integra-le) che conviene alla teoria qualitativa delle funzioni, parti-colarmente algebriche. Anzitutto Monge ha fatto la scopertafondamentale che la curva di contatto del cono circoscrittoad una superficie d’ordine n appartenente ad una (determi-nata) superficie d’ordine n − 1 (quella che fu poi designatacome superficie polare del vertice del cono). Questa scopertacontiene il resultato a cui pervenne piu tardi(1817) Ponce-let nell’analisi del problema delle tangenti che si possonocondurre ad una curva piana per un punto.

Se f(xy) e una curva algebrica di ordine n > 1, la tangentein un punto (xy) ha per coefficiente angolare

y′ = −∂f∂x∂f∂y

.

Ove questa tangente sia assoggettata ad avere una data di-rezione, cioe a passare per un punto all’infinito (y/x = k),il suo punto di contatto dovra verificare all’equazione

∂f

∂x+ k

∂f

∂y= 0

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che e d’ordine n−1. Da cio Poncelet deduce, per proiezione,che sempre i punti di contatto delle tangenti condotte ad fda un punto stanno sopra una curva d’ordine n− 1.

[...]

Una notevole semplificazione della teoria delle polari si hacon l’introduzione delle coordinate omogenee, come ha mo-strato Plucker (1829). Infatti se l’equazione di f e scrittasotto forma omogenea

f(x0x1x2) = 0,

l’equazione della tangente in un punto (x0x1x2). diviene

∂f

∂x0y0 +

∂f

∂x1y1 +

∂f

∂x2y2 = 0;

alloras, tenendo fisse le yi, l’equazione precedente rappresen-ta senz’altro una curva d’ordine n − 1, che e la polare delpunto (yi).

2. Attraverso De La Hire (1679) le concezioni di Desargues inordine alle proprieta diametrali delle coniche e alla loro ge-neralizzazione proiettiva, passano nella scuola di Newton,ove vengono estese a curve d’ordine superiore.

Nell’ Enumeratio di Newton del 1704 si trovano consideratele coniche diametrali e i diametri delle cubiche; questi ultimivengono definiti in rapporto a fasci di rette parallele, consi-derando su ognuna di tali rette il punto per cui la sommaalgebrica delle distanze delle intersezioni della curva riescenulla.

Un teorema postumo di Cotes, che trova posto nel trattatodi Mac-Laurin (1748), esprime una proprieta (proiettiva)generale in ordine alle trasversali di una curva uscenti daun punto O, la quale si riduce alla proprieta del diametro,mandando O all’infinito.Cosı s’introducono, in relazione agruppi dati su una retta per O,quei punti che furono chiamatida Poncelet centri delle medie armoniche.

Ad illuminare le anzidette concezioni non ci voleva meno chel’elaborazione d’idee onde riesce costituito, coll’opera di Pon-celet, l’organismo della Geometria proiettiva. La definizionesintetica della polare d’un punto rispetto ad una curva, come

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luogo dei centri delle medie armoniche sopra le trasversaliper esso, si trova in una memoria di Poncelet dell’inverno1816 la quale rimase lungamente inedita e fu pubblicata nelcitato volume del 1864 (cfr.[4] pp.5-8).

Teoria dei centri armonici Come scrive Cremona nel suo testo [2] checostituisce l’esposizione organica piu completa della teoria sintetica delle cur-ve algebriche, la polarita permette di sviluppare in maniera facile la teoriaelementare delle curve piane.

Il desiderio di trovare, coi metodi della pura geometria, le di-mostrazioni degli importantissimi teoremi enunciati dall’ illustreSteiner nella sua breve Memoria Allgemeine Eigenschaften deralgebraischen Curven (Crelle, t. 47), mi ha condotto ad intra-prendere alcune ricerche delle quali offro qui un saggio bencheincompleto. Da poche proprieta di un sistema di punti in linearetta ho dedotto la teoria delle curve polari relative ad una datacurva d’ ordine qualsivoglia, la qual teoria mi si e affacciata cosıspontanea e feconda di conseguenze, che ho dovuto persuadermi,risiedere veramente in essa il metodo piu naturale per lo studiodelle linee piane. Il lettore intelligente giudichera se io mi siaapposto al vero.

[...]

La teoria delle curve polari costituisce la seconda Sezione, nel-la quale svolgo e dimostro con metodo geometrico, semplice eduniforme, non solo i teoremi di Steiner, ch’egli aveva enunciatisenza prove, ma moltissimi altri ancora, in parte nuovi ed in partegia ottenuti dai celebri geometri Plucker, Cayley, Hesse, Clebsch,Salmon,... col soccorso dell’ analisi algebrica.Da ultimo applicola teoria generale alle curve del terz’ ordine. Oltre alle opere de’geometri ora citati, mi hanno assai giovato quelle di Maclaurin,Carnot, Poncelet, Chasles, Bobillier, Moebius, Jonquieres, Bi-schoff ecc., allo studio delle quali e da attribuirsi quanto v’ ha dibuono nel mio lavoro (cfr.[2], p.29).

Per definire in modo algebrico-sintetico la nozione di polare e necessariopremettere quella di centro armonico. Seguendo l’esposizione di [2] partiamodalla considerazione su una retta di n punti a1, . . . , an e di un polo o. Siam un punto della retta medesima, tale che la somma dei prodotti degli n

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rapporti maoa

, presi ad r a r, sia nulla. Esprimendo questa somma con ilsimbolo

∑(maoa

)r

il punto m sara determinato per mezzo dell’equazione∑(maoa

)r

= 0

L’equazione e di grado r e quindi fornisce r posizioni del punto m, che sidiranno i centri armonici di grado r del sistema di punti a1, . . . , an rispettoal polo o.

Quando r = 1, si ha un solo punto m, considerato da Poncelet sotto ilnome di centro delle medie armoniche. Se invece n = 2, il punto m e ilconiugato armonico di o rispetto ai due punti a1 e a2. Le proprieta dei centriarmonici sono invarianti per proiezione centrale e quindi per proiettivita.

Il caso generale della nozione di centro armonico e dovuto a de Jonquieres.Le ricerche di de Jonquieres, influenzate dall’incontro con Chasles con

cui collabora nella redazione del volume Traite de geometrie, si concentranoprincipalmente sulla geometria. Nel lavoro del 1856 Melanges de geometriepure approfondisce gli studi sulle sezioni coniche e la costruzione delle curvedi terzo grado.

Definizione sintetica della nozione di polare di una curva pianaUsiamo finalmente le parole di Cremona per definire la polare di una curvadi grado qualsiasi:

Sia data una linea piana Cn dell’ordine n, e sia o un puntofissato ad arbitrio nel suo piano. Se intorno ad o si fa girare unatrasversale che in una posizione qualunque seghi Cn in n puntia1, a2, . . . , an, il luogo de’ centri armonici, di grado r, del sistemarispetto al polo o sara una curva dell’ordine r, perche essa ha rpunti sopra ogni trasversale condotta per o. Tale curva si dirapolare (n − r)esima del punto o rispetto alla curva data (curvafondamentale).

Cosı il punto o da origine ad n − 1 curve polari relative allalinea data. La prima polare e una curva d’ordine n−1 ; la secondapolare e dell’ordine n−2 ; ecc. L’ultima od (n−1)ma polare, cioeil luogo dei centri armonici di primo grado, e una retta (cfr.[2],§68 ).

Alcuni teoremi per i centri armonici di un sistema di n punti in linea rettapossono essere tradotti in altrettante proprieta delle curve polari relative allacurva data. Ad esempio il seguente teorema relativo ai centri armonici

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Se l’equazione ∑(maoa

)r

= 0

si moltiplica per oa1.oa2...oan e si divide per ma1,ma2,... man,essa si muta evidentemente in quest’altra:∑( oa

ma

)n−r

= 0

si traduce nella seguente proprieta delle polari: il luogo di un polo, la cuipolare

(r)ma

passi per un dato punto o, e la polare

(n− r)ma

di o.

Definizione analitica di polare Sia Q = (a, b, c). Si consideri l’operatoredifferenziale

∆Q = a∂

∂x+ b

∂y+ c

∂z

La p-polare di una curva C, di equazione omogenea f(x, y, z) = 0 rispetto aQ e

∆pQf(x, y, z).

Come esempio di semplicita delle dimostrazioni analitiche delle proprietadelle polari consideriamo la seguente. La p-polare di C rispetto a Q e il luogodei punti P tali che la (n− p)-polare di C rispetto a P passi per Q.

Espandendo f(λa+ µp, λb+ µq, λc+ µr) in serie di Taylor, prima inP = (p, q, r), poi in Q = (a, b, c), ottenendo

µnf(p, q, r) + λµn−1∆Qf(p, q, r) +1

2λ2µn−2∆2

Qf(p, q, r) + · · · = (1)

λnf(a, b, c) + µλn−1∆Qf(a, b, c) +1

2µ2λn−2∆2

Qf(a, b, c) + . . . (2)

E quindi 1p!

∆pQf(p, q, r) = 1

(n−p)!∆n−pP f(a, b, c).

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Le formule di Plucker. Non e difficile dimostrare che la polare n−1-esimadi una curva non singolare di ordine n relativa ad un punto P interseca lacurva in n(n − 1) punti Qi tali che le rette che congiungono P con Qi sonotangenti alla curva nei punti Qi. In conseguenza di questo fatto, abbiamoche una curva non singolare di ordine n ha classe n∗ = n(n − 1). La classedi una curva C e l’ordine della curva duale. Poiche la duale della duale e lacurva di partenza, se anche la duale fosse una curva non singolare, si avrebbe

n = (n∗)∗ = n∗(n∗ − 1) = n(n− 1)(n(n− 1)− 1)

e questo e possibile solo per n = 2. Quindi la duale di una curva liscia digrado maggiore di due e sempre una curva singolare.

L’uguaglianza n = (n∗)∗ = n(n − 1)(n(n − 1) − 1) che abbiamo inter-pretato come condizione perche una curva e la sua duale siano entrambeprive di singolarita fu percepita inizialmente come paradossale (Paradosso diPoncelet).

Si noti che la polare n − 1-esima di una curva singolare rispetto ad unpunto qualsiasi contiene tutti i punti singolari della curva, cioe tutti i puntiche annullano le derivate prime. Esiste una formula per calcolare il contributodei punti singolari al calcolo della classe di una curva? A questa domandarisponde la prima formula di Plucker 5 che stabilisce che se la curva ha solonodi e cuspidi, allora

n∗ = n(n− 1)− 2δ − 3κ

dove δ e il numero dei nodi e κ e il numero delle cuspidi.Un problema analogo riguarda il calcolo del numero dei flessi κ∗ di una

curva. Se la curva e liscia, i flessi sono i punti di intersezione della curvaC con la curva Hessiana. Se C ha equazione omogenea F (x0, x1, x2) la suaHessiana e la curva di equazione

det

∂2F

∂x0∂x0

∂2F∂x0∂x1

∂2F∂x0∂x2

∂2F∂x1∂x0

∂2F∂x1∂x1

∂2F∂x1∂x2

∂2F∂x2∂x0

∂2F∂x2∂x1

∂2F∂x2∂x2

= 0

Poiche l’Hessiana ha ordine 3(n− 2), il numero dei flessi di una curva lisciae 3n(n − 2). D’altra parte anche l’Hessiana passa per i punti singolari. Laseconda formula di Plucker stabilisce che se la curva ha solo nodi e cuspidi,allora il numero dei flessi e

κ∗ = 3n(n− 2)− 6δ − 8κ.

5In realta dovuta a Poncelet, cfr. [4], Libro II, cap. 2.

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In un punto di flesso di una curva C la tangente ha un contatto tripunto.Dualmente, questa retta e una cuspide della curva duale. Analogamente, unaretta bitangente, e un nodo della curva duale. Quindi κ∗ indica equivalen-temente il numero dei flessi di C e il numero delle cuspidi di C∗ e δ∗ indicaequivalentemente il numero delle bitangenti di C e il numero dei nodi di C∗ .Le due formule di Plucker per la curva C danno luogo a due analoghe formuleper la curva duale, osservando che (κ∗)∗ = κ, (δ∗)∗ = δ, (n∗)∗ = n.

n = n∗(n∗ − 1)− 2δ∗ − 3κ∗ κ = 3n∗(n∗ − 2)− 6δ∗ − 8κ∗.

Solo tre di queste equazioni tra gli invariati n, n∗, δ, δ∗, κ, κ∗ sono indipen-denti.

Le formule di Plucker, che legano i caratteri di una curva piana, permet-tono di determinare quali siano i caratteri delle curve di un dato ordine. Peresempio, per le curve di grado 3 abbiamo tre possibilita:

Cubiche liscien = 3 δ = 0 κ = 0n∗ = 6 δ∗ = 0 κ∗ = 9

Cubiche con un nodo

n = 3 δ = 1 κ = 0n∗ = 4 δ∗ = 0 κ∗ = 3

Cubiche con una cuspide

n = 3 δ = 0 κ = 1n∗ = 3 δ∗ = 0 κ∗ = 1

Il contributo di Hesse Il calcolo del numero di flessi fu fatto da Pluckerin maniera piu complicata di quanto abbozzato nel paragrafo precedente,senza fare uso dell’Hessiana. L’Hessiana fu introdotta da Hesse sviluppandoun’idea di Jacobi che aveva trasportato l’idea dei determinanti dall’algebraall’analisi.

Jacobi aveva introdotto l’idea di determinante funzionale (o determinantejacobiano), associando ad ogni insieme di n funzioni f, g, h, . . . di n variabili,differenziabili in un punto P , il determinante∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

∂f∂x1

∂f∂x2

∂f∂x3

. . . ∂f∂xn

∂g∂x1

∂g∂x2

∂g∂x3

. . . ∂g∂xn

∂h∂x1

∂h∂x2

∂h∂x3

. . . ∂h∂xn

· · · . . . ·· · · . . . ·

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣16

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Lo jacobiano e invariante per trasformazioni ben piu generali delle sostitu-zioni lineari, ovvero e invariante per diffeomorfismi locali.

Il lavoro di Jacobi sui determinanti fu sviluppato da Hesse (1811-1874).Hesse insegno a Konisberg, Halle, Heidelberg e Monaco. In Vorlesungenuber analitische Geometrie mostro come usando le coordinate omogenee fossepossibile raggiungere una formulazione simmetrica e di grande eleganza deicalcoli di geometria algebrica analitica. Scoprı numerose applicazioni deldeterminante Hessiano di una forma omogenea f di n variabili, definito come∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

∂2f∂x2

1

∂2f∂x1∂x2

∂2f∂x1∂x3

. . . ∂2f∂x1∂xn

∂2f∂x2∂x1

∂2f∂x2

2

∂2f∂x2∂x3

. . . ∂2f∂x2∂xn

· · · . . . ·· · · . . . ·

∂2f∂xnx1

∂2f∂xn∂x2

∂2f∂xn∂x3

. . . ∂2f∂x2

n

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣Con una sostituzione lineare H ′ = r2H. H e un covariante di f .

Accenniamo all’applicazione del determinante Hessiano nel calcolo deipunti di flesso di una curva piana. Sia F (x, y) = 0 l’equazione (affine) siuna curva piana e sia y(x) la sua equazione locale, definita implicitamente.Un punto di flesso e determinato dalla condizione y′′ = 0. Dalla formula diderivazione delle funzioni implicite, si ha y” = −f 2

y fxx + 2fxfyfxy − f 2xfyy,

ovvero ∣∣∣∣∣∣fxx fxy fxfxy fyy fyfx fy 0

∣∣∣∣∣∣Questa equazione ha grado 3n − 4 e quindi, per il teorema di Bezout,comeabbiamo gia detto, ci aspettiamo al piu n(3n−4) flessi. Gia Plucker fornı unargomento per abbassare tale numero a 3n(n−2). Hesse dimostra il risultatomolto piu chiaramente, passando alle coordinate omogenee e manipolandoopportunamente l’espressione per y′′, verificando che y′′ = x20 · H(F ). Ilfattore x20 = 0 introduce i punti di intersezione che sono esclusi in manieraartificiosa con il metodo di Plucker, mentre l’equazione H = 0 determina ipunti di flesso come intersezione completa con la curva assegnata.

Secondo Hesse e sempre possibile usare formulazioni simmetriche e omo-genee fin dal principio nel processo di analisi algebrica. In questo modo icalcoli algebrici sono la pura controparte delle considerazioni geometriche.Hesse uso questo approccio per studiare le cubiche e le quartiche del piano.

L’Hessiana divenne presto uno strumento importate per la geometriaanalitica. Il nome Hessiano fu introdotto da Cremona.

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Numero massimo di punti doppi e genere di una curva. E ben notoche una curva del secondo ordine irriducibile non puo avere punti doppi.Abbiamo gia osservato che una curva irriducibile del terzo ordine puo avereuna sola cuspide o un solo nodo. E naturale chiedersi qual e il numeromassimo di punti doppi che puo ammettere una curva irriducibile di ordinen. Si puo dimostrare che tale numero vale n(n− 1)/2. La deficienza di unacurva C irriducibile di ordine n e la differenza tra questo massimo e il numerodi punti doppi effettivi, cioe n(n − 1)/2 − δ − κ. Come osservo Clebsch, ladeficienza di C e uguale a quella di C∗i. Oggi si usa il termine genere perindicare la deficienza della curva C. Il genere e un invariate birazionale e anziaddirittura topologico della curva C e riveste un’importanza fondamentalenella teoria moderna delle curve algebriche.

Classificazione proiettiva delle curve Concludiamo con una breve ras-segna di risultati sulla teoria proiettiva delle curve di grado tre che fornisceun assaggio dei problemi affrontati dai geometri algebrici della prima metadel secolo diciannovesimo.

• Ogni cubica non singolare e proiettivamente equivalente ad una cubicadi equazione affine

y2 = x(x− 1)(x− c)

• Ogni cubica non singolare ha esattemente nove flessi. Ogni retta chene contiene due, ne contiene anche un terzo.

• Salmon (1851). Sia P un punto di una cubica non singolare. Da P sipossono condurre quattro tangenti alla cubica, compresa la tangenteper P . Se c e il birapporto delle quattro tangenti, si ponga

j(c) =(c2 − c+ 1)3

c2(c− 1)2

Il modulo j delle quattro tangenti non dipende da P e si dira invariantej della cubica. Se la cubica si scrive nella forma y2 = x3 + ax+ b il suoinvariate j e

2833a3

4a3 + 27b2

• Due cubiche non singolari sono proiettivamente equivalenti se e solo sehanno lo stesso invariante j.

• Esistono due classi di equivalenza proiettiva per le cubiche irriducibilisingolari: y2 = x3 e y2 = x2(x− 1).

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• I 9 flessi di una cubica sono distribuiti in triple su 12 rette (Plucker).

• Le 12 rette di Plucker si distribuiscono in 4 triangoli, ognuno dei qualicontiene tutti e 9 i punti di flesso. Ognuno dei quattro triangoli e unacubica riducibile che appartiene al fascio delle cubiche per i 9 flessi, cioeal fascio f + λH, dove f e l’equazione della cubica e H la sua Hessian(Hesse).

• L’invariante j della cubica si puo esprimere nella forma S3

T 2 dove S e Tsono polinomi omogenei invarianti nei coefficienti della cubica, di gradi4 e 6 rispettivamente.

Anche la configirazione delle 28 bitangenti ad una quartica ricevette no-tevole interesse. Plucker fornı un esempio di una quartica con 28 bitangentireali (1839)i e dimostro che il numero delle bitangenti reali deve essere 28,16 o un numero inferiore a 9.

Riferimenti bibliografici

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[2] Cremona L., 1862 Introduzione ad una teoria geometrica delle curvepiane, Tipi Gamberini e Parmeggiani, Bologna.

[3] Cremona L., 1864 Sulle trasformazioni geometriche delle curve pianeNota I,Annali di Matematica pura ed applicata, serie I, tomo VI, pp.153-168.

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[5] Gray J., 2010 Worlds Out of Nothing: A Course in the History of Geo-metry in the 19th Century Springer Undergraduate Mathematics Series,Springer.

[6] Klein F., 1979 Developement of mathematics in the 19th century in LieGroups Series, vol.9, Math Ci Press, Brookline, Massachussetts.

[7] Kolmogorov A.N., Yushkevich,A.P., 1996 Mathematics of the 19thCentury, Birkhauser, Boston.

[8] Plucker J., 1828 Analytisch-geometrische entwicklungen, G.D. Baedeker,Essen.

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[9] Plucker J., 1835 System der analytischen Geometrie, Verlag von Dunckerund Humbolt, Berlin.

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