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PRO LOCO "ARBERESHE" CARAFFA DI CATANZARO BREVE SINTESI DEL DRAMMA "PASSIONE E MORTE DI GESÙ CRISTO" ("PIGGHIATA") A CURA DI SAVERINO MAIORANA

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PRO LOCO "ARBERESHE" CARAFFA DI CATANZARO

BREVE SINTESI DEL DRAMMA "PASSIONE E MORTE DI GESÙ CRISTO"

("PIGGHIATA")

A CURA DI SAVERINO MAIORANA

BREVE SINTESI DEL DRAMMA

“PASSIONE E MORTE DI GESÙ CRISTO” Dopo 14 anni, ritorna a Caraffa, la rappresentazione teatrale "Passione e Morte di Gesù Cristo", comunemente detta "PIGGHIATA", perché ricorda l'arresto di Gesù sul monte degli Ulivi. L'opera si divide in sette atti e 41 scene. I personaggi sono 49. Il copione, secondo le ultime ricerche, ricalca in molte scene lo scritto dell'umanista Andrea Marone, nato a Pordenone nel 1474 e morto a Roma nel 1527. Una delle variazioni sostanziali, tra il testo in uso a Caraffa e quello del Marone, consiste nel fatto che nel primo vi è la presenza del Cristo quasi muto, nel secondo del Cristo che interloquisce più volte nelle varie scene. Inoltre, secondo quanto afferma Francesco Maiorana nel libro " Caraffa di Catanzaro - Lineamenti storici di un paese albanese", il copione caraffese non si differenzia sostanzialmente dai testi in uso nella vicina Tiriolo e nei comuni del comprensorio e richiama altresì il dramma" Riscatto di Adamo" di Filippo Orioles di Palermo e l'opera del Martoro di Stilo di cui fa cenno A. Lumini nel suo libro "Studi Calabresi". Comunque, ricercatori e studiosi concordano che il dramma "sacro", nel tempo, "ha subito integrazioni, mutilazioni, contaminazioni da parte di autori locali", onde la diversità esistente nei vari copioni, anche se la matrice pare sia comune a tutti. La prima rappresentazione de "a Pigghiata" a Caraffa risale all'ultimo decennio del 1800; l'ultima al 1984. Come nel passato, anche oggi, l'opera teatrale viene presentata in piazza Scanderbeg, il Venerdì Santo. Attori e attrici sono tutti del luogo, ovviamente dilettanti, ma carichi di entusiasmo e d'impegno per svolgere nel migliore dei modi il proprio ruolo. Complessivamente partecipano alla messa in scena del dramma 55 persone oltre ai cori. Adamo Agostino Comi PIE DONNE Eva Rosina Pietruzza Caterina Principe Angelo Cher. Alessandro Bubba Giulia Petruzza Misericordia Rosa Puccio Maria Fimiano Morte Francesco Mascaro Maria Concetta Agretto Pluto Vincenzo Caliò Massimina Gigliotti Acro Luciano Arcuri APOSTOLI Rodomonte Vito Ciancia Pasquale Peta Belzebù Giuseppe Ciambrone Vito Fimiano Caifas Tonino Tonini Gennaro Petruzza Alpandro Domenico Figiano Lello Amelio Abiud Alessandro Curigliano Leonardo Anania Samel Alessandro Sulla Giuseppe Caliò Efraim Andrea Comi Domenico Fimiano Eleazer Massimo Peruzzi SOLDATI Nicodemo Maurizio Fimiano Pierino Caliò Gioseffo Franco Peta Alfredo Bubba Misandro Giuseppe Trapasso Alfredo Sulla Giuda Vito Arcuri Giuseppe Curigliano Giovanni Vito Migliazza Alessandro Bubba Pietro Luigi Corni fu Gius. Pietro Caliò Marco Luigi Peta CORI Nizech Felice Greco Alunni della scuola elem. e media Diretti da Concetta lania Centurione Rocco Scicchitano SUGGERITORE Longino Luigi Scicchitano Tommaso Peta Ancella Mariangela Notaro LUCI E MUSICHE Pilato Gino Comi di Franc. addetto: Franco Ciancia Temi Laura Dilani COSTUMISTA Paggio Alfredo Bubbabello Teresa Lombardo 1° testimone Vincenzo De Vita ACCONCIATURE E TRUCCO

2° testimone Massimo Pallaria Tina Ferraina Cristo Domenico Scicchitano PRESENTAZONE E COMMENTO Maria Francesca Sulla Saverino Maiorana Veronica Rossana Sciumbata Maddalena Graziella Greco REGIA: Mario Sciumbata

PRIMO ATTO PARADISO Personaggi: Adamo – Eva - Angelo Cherubino - Misericordia - Morte - Adamo ed Eva dormono sotto l'albero del peccato. Li sveglia il melodioso canto degli uccelli, il quale, diffondendosi nell'aria, si fonde col profumo e con i dolci colori dei fiori. I due esseri umani hanno la mente offuscata da tristi presentimenti; il serpente tentatore riesce a raggiungere il suo scopo: Eva cade nel peccato e spinge anche il suo compagno a fare altrettanto. E così il frutto del Paradiso apre le porte dell'inferno.

Dio manda l'angelo Cherubino per chiedere alle due prime creature del mondo il perché del loro fallo. I colpevoli, presi dalla vergogna, inizialmente cercano di nascondersi, poi Adamo accusa Eva ed Eva accusa il serpente. Ma in tali azioni si manifestano già le debolezze umane. L'angelo, sdegnato, manda via prima il serpente e poi Adamo ed Eva, predicendo loro le sventure, i dolori, i travagli che affronteranno durante la vita terrena. Posti sulla terra, piena di roveri e di spine, Adamo ed Eva, penti ti della colpa commessa, rimpiangono, con profondo dolore, il luogo perduto, ma soprattutto la visione di Dio. Il loro errore desta e ravviva un orribile personaggio: la morte, che prima morta, ora rivive e con la sua falce minaccia il genere umano intero, senza distinzione di sesso, di età, di ceto sociale. Il prepotente personaggio incute spavento e paura e il suo atteggiamento superbo, fiero, arrogante, orgoglioso, spinge le due prime creature umane a nascondersi. Dio, mosso a pietà, fa intervenire la Misericordia, che predice la venuta di Cristo e quindi la speranza di salvezza di tutto il genere umano.

Ma la messaggera di Dio, umile e pietosa nei confronti dei deboli, non è altrettanto nei confronti dei prepotenti e, con impeto, affronta la morte in uno scontro verbale molto acceso: Morte: "Assoluto ho l'impero. Misericordia: Il vedremo. Morte: Si vedrà Morte e Misericordia: Chi dice il vero."

SECONDO ATTO INFERNO Personaggi: Pluto - Acro - Radamonte - Belzebu Col peccato di Adamo ed Eva ha anche il sopravvento il male, rappresentato dal diavolo. Ma Pluto, il re dell'inferno, è alquanto preoccupato, perché teme che la venuta di Cristo sulla terra possa reprimere il male e far trionfare il bene. Manifesta le sue preoccupazioni ad Acro e a Radamonte, suoi diavoli consiglieri. Insieme decidono di eliminare Cristo. A tale scopo viene chiamato Belzebu, messaggero dell'inferno, e Pluto gli affida l'incarico di andare ad aizzare Caifas, sommo sacerdote degli Ebrei, il Sinedrio, (l'assemblea degli Anziani) e tutto il popolo ebraico, per uccidere Cristo. Ma Belzebu ritiene molto difficile tale missione; manifesta qualche perplessità. E Pluto: "Vanne, non perder tempo, non ammettere indugio che spesso trascurar perde poche ore quel che in molti anni acquista valore".

TERZO ATTO SINEDRIO Ambiente: città di Gerusalemme - camera di Caifas.

Personaggi: Caifas - Alpandro - Abiud - Efraim - Nicodemo - Samel – Aleazar - Gioseffo - Misandro - soldato. Siamo nell'anno zero e imperatore romano è Tiberio. Il territorio dell'impero è vastissimo e comprende anche la Palestina ove, dal 26 al 36 d. c., in rappresentanza dell' imperatore, governa Ponzio Pilato. Gesù Cristo, dopo i trent'anni, incomincia a svolgere la sua missione: entra a Gerusalemme e viene accolto festosamente dalla gente: predica l'amore, la fratellanza, l'umiltà, guarisce gli ammalati, rende la vista ai ciechi, risuscita i morti, affascina le folle. Il suo comportamento non piace ai farisei, ebrei scrupolosi osservatori delle leggi di Mosè. Ma non piace nemmeno ai Rabini, capi religiosi della comunità ebraica, per cui, il sommo sacerdote Caifas riunisce il Sinedrio, (Consiglio degli Anziani) per decidere le sorti di Cristo. Caifas propone di uccidere Cristo, perché "seduce le turbe, e le fomenta a creder ch'egli sia Messia verace, essendo un seduttor empio e malvagio". Alpandro è più morbido e propone di non uccidere Cristo, ma di mandarlo via. Abiad è invece spietato e concorda con Caifas per ucciderlo. Efraim è altrettanto crudele e chiede di dare a Cristo la morte che merita. Nicodemo non si rende conto di tanta malvagità nei confronti di Cristo e pretende che gli vengano illustrate le colpe per le quali si è tanto empi verso di lui: "Qual fallo mai, qual colpa, o qual errore trovate in lui che il faccia reo di morte?" Samel è per la pena, ma non da eseguire nei giorni di festa per evitare eventuali tumulti da parte della plebe. Eleazar è per la morte immediata con scempio e strazio. Gioseffo è il tenace difensore di Cristo e non riesce a capire di quali colpe lo accusano; non si rende conto perché vogliono privare la vita a chi la vita vuoi dare. Misandro contraddice Joseffo e manifesta ira e sdegno contro Cristo che non è il Messia, ma un uomo che trasgredisce le leggi. Gioseffo cerca di far capire a Misandro la doppia natura di Cristo: la divina e la umana. E Misandro-"Che favole racconti? Gioseffo-L'istessa verità. Misandro- L'ipocrisia ti opprime anche il cervello. Gioseffo- A te l'ambizione ti toglie il senno. Misandro-Finto, non ti celar, son ben chi sei. Gioseffo-Mi pregio sol, che come te non sono. Misandro- Tanto ardisci, arrogante? Gioseffo- E non taci, superbo? Interviene Caifas inveendo anche contro Gioseffo, che si difende con coraggio e predice le pene, i castighi che incomberanno su Gerusalemme se Cristo sarà ucciso. Poi assieme a Nicodemo abbandonano il Sinedrio. La riunione si conclude con l'approvazione della proposta di Caifas: Cristo sarà consegnato al governatore romano Ponzio Pilato che lo condannerà a morte; sarà flagellato, inchiodato, punto con spine, crocifisso. Arriva un soldato e annuncia a Caifas che Giuda gli vuole parlare. Il discepolo traditore entra nella sala del Consiglio e dà indicazioni al sommo pontefice come catturare Gesù: " ..... Armate genti alle due della notte mandate a ritrovarmi nel monte degli Ulivi ov'io l'aspetto per darvi il malfattor nei lacci stretto". Indi gli vengono date le monete e, rimasto solo, le conta. Ma la sua mente non è serena; non è convinto di ciò che intenderà fare e si sforza di giustificare a se stesso l'insano gesto. Pietro - Giovanni - Marco

Siamo nel periodo in cui a Gerusalemme tutti si preparano a festeggiare la Pasqua ebraica: Gesù esprime il desiderio a due suoi discepoli, Pietro e Giovanni, di celebrare l'importante ricorrenza nella casa di un altro discepolo, Marco. In attesa del loro Maestro, i tre discepoli conversano tra loro: Pietro riferisce che Gesù festeggerà la Pasqua senza la madre, dalla quale si è congedato rivelandole che sarà ucciso. Marco· " O fato amaro! Or che potè ella dire? Pietro – Si fe' di marmo il suo sembiante, ..... ……………………………………. ma alfin proruppe e disse: Figlio mio dolce e caro questa del tuo morir dura novella e del morir le circostanze amare non mi san nuove, chè d'allor l'intesi eh' al sen t’accolsi e ti portai nel ventre". Pietro continua a raccontare l'accorato distacco e Marco e Giovanni lo ascoltano con trepidazione e dolore; poi tutti e tre vanno all'incontro del loro Maestro. Nizech - Centurione Nizech, scriba di casa Caifas, ordina al capitano Centurione di preparare i soldati per la cattura di Gesù. Centurione, capitano romano, esegue gli ordini, ma non è affatto convinto della sua missione, anzi non esita di manifestare allo stesso Nizech odio e rancore contro Giuda. Ambiente: Città - Cena nella casa di Marco. Personaggi: Cristo - Apostoli - Giuda - Centurione - soldati Cos1 come aveva chiesto, Cristo consuma l'ultima cena, con tutti i suoi discepoli, nella casa di Marco. Un canto, che rivela il mistero della Redenzione e dell'Eucarestia, li accompagna durante il mesto banchetto. Gesù lava i piedi ai suoi seguaci e, dopo aver istituito il Sacramento dell'Eucarestia. preannuncia che uno di loro lo tradirà. E il traditore non tarda a manifestarsi: esce dalla cena e così grida: “No, non son più tuo: io venir teco non voglio, no, giammai, san infastidito: Giuda qual sempre fui, tal essere voglio, libero, come io nacqui”. Le grida di orgoglio, però, non placano l'animo del discepolo traditore che incomincia a sentire rimorso per ciò che ha organizzato. Egli si aggrappa a sillogismi per giustificare il suo operato e si consola pensando che "egli è che vuol morir, non io l'uccido''. Chiama, quindi, Centurione con i soldati per dare loro istruzioni come catturare Gesù: un bacio sulla fronte segna il momento della cattura. Il capitano ascolta a malincuore i consigli di Giuda, ma appena lontano, così si sfoga: "A questo mostro infame fa finta di gradirlo. Ma quanto l'odia il cor non saprei dirlo". Ambiente: Monte degli Ulivi. Personaggi: Cristo - Discepoli - Giuda- Centurione - Soldati Gesù e i suoi discepoli si portano sul monte degli Ulivi per pregare. Siccome è notte inoltrata, lo stesso Gesù vigila su di loro per non farli dormire. Ma la stanchezza li fa addormentare. Arriva Centurione con i soldati; Giuda indica col bacio il divin Maestro, che viene subito afferrato e portato via, con sgomento dei discepoli, svegliati dal fragore dei militari.

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ATTO QUARTO

Ambiente: Città Personaggi: Nicodemo - Gioseffo - Giovanni Nicodemo, avendo saputo della cattura di Gesù, preoccupato, va da Gioseffo, tanto stimato dal pretore Ponzio Pilato e lo prega di intervenire su di lui perché non condanni Gesù assecondando la volontà di Caifas. Mentre i due difensori di Cristo parlano, si sentono le invocazioni disperate di Giovanni che non riesce a trovare pace. Accolto da Nicodemo e Gioseffo, rievoca, tra pianto e strazio, i tristi momenti della cattura del suo Maestro: "Volean contro Gesù muover le fruste, ma il generoso Maestro si fe’ avanti e disse lor: Voi chi cercate gite? A Gesù Nazaren, - risposer quelli -. lo son, - disse il Signore.- Oh meraviglia! A quel terribil verbo cadder le turbe, e rovinar fur visti tutti i soldati… Poi questi, continua Giovanni, appena rianimati, lo presero, lo portarono via, lo schiaffeggiarono, gli diedero calci e pugni e gli insanguinarono il volto. Gioseffo e Nicodemo, dopo aver ascoltato il racconto di Giovanni, pensano che non ci sia più tempo da perdere c, tristi e addolorati, si apprestano di intervenire immediatamente presso Pilato. Personaggi: Nizech - Pietro - Ancella - Misandro. Nizech incontra Pietro e lo oltraggia perché seguace di Cristo. Il discepolo, anziché reagire e difendersi, cede alle debolezze umane e, per ben tre volte, (canta il gallo) nega di conoscere Gesù, anche di fronte alle accuse dell'ancella. Poi, provato dalla vergogna, va via. Interviene Misandro a cui Nizech, data la notte inoltrata, propone: "Riposiam, Misandro, e riposi ancora quell'infelice alquanto. E' troppo in una lunga e fredda notte il continuo vegliar; molto si è fatto in beffarlo, schernirlo, bendargli gli occhi, e sputacchiargli il viso, ed affliggerlo ancora in modo si penoso onde parmi ragion prender riposo. Misandro, sempre spietato e crudele, non accetta la proposta dello scriba, anzi lo rimprovera aspramente e si propone di continuare a schernire Gesù. Pietro è solo. Si rammarica dell'errore commesso. Si auto accusa: “…fui mentitor, bugiardo; fui traditor; son degno che mi si svelli dalla gola la lingua e dal cor l'olma ...Del mio fallo non mi avvidi mai, finché destommi e mi convinse col suo canto il gallo”. Personaggi: Misandro - Nizech - Coro di Ebrei. Misandro non tollera che Cristo, figlio di un fabbro, "nomasi figlio di Dio". Nizech non sopporta che la plebe lo acclami come il vero Messia. Tutti e due concordano, perciò, che venga portato davanti al presidente del tribunale, Ponzio Pilato. A tal fine ,chiamano Centurione e gli ordinano di condurlo nel tribunale romano.

Successivamente i due spietati accusatori di Cristo si adopereranno per provare tutte le accuse anche con testimonianze false e vi riusciranno perché - dice Nizech- "A forza di denaro farò parlar le pietre. Se il presidente vorrà fede dare ai nostri testimoni, a dritto o a storto, il Nazareno è morto" Personaggi: Ponzio - Misandro - Gioseffo - Nizech - Centurione - Soldati - Cristo. Davanti a Pilato, Misandro inventa tutte le accuse possibili contro Gesù; ricorda che già Caifas ne aveva disposto la condanna a morte. Gioseffo, invece, sostiene e dimostra l'innocenza del suo maestro. Il giudice romano vuole, però, sentire l'imputato e ordina a Centurione di condurlo davanti a sé. Dopo aver ascoltato gli interventi dell'accusa e della difesa, interroga in disparte Gesù. Ma il figlio di Dio non risponde.- Ponzio non sa che decisione prendere; si rivolge al popolo per conoscere il suo parere e il popolo reclama la condanna a morte. La situazione è molto delicata e il romano presidente, non sapendo come uscirne, chiama Centurione e gli ordina di portare l'imputato da Erode, governatore della Galilea, per giudicarlo come cittadino di quello Stato. Partono Misandro, Nizech, Centurione e Cristo. Vuole andare anche Gioseffo, ma Pilato: - "Ove ne vai Gioseffo. Gioseffo - Ardente voglia

a combatter mi spinge innanzi Erode per la costui innocenza",

Ambiente: Bosco Personaggi: Giuda Intanto Giuda, che già dopo la cena nella casa di Marco, aveva manifestato un certo rimorso per il tradimento del suo Maestro, ora è completamente pentito per tutto ciò che ha fatto. Il traditore vuole riparare l'errore commesso. Ma come? " “Griderò in ogni modo per le pubbliche piazze a tutti innanzi: Egli è giusto, egli è santo, egli è innocente. Io bugiardo, io maligno, io traditore…”. E, disperato, va errando per il bosco in cerca della morte. Tutto il mondo intorno gli è avverso: il cielo con le scritte di fuoco, le voci misteriose. Sente orrore, timore, spavento. Disperato, va via. Ambiente: Città - balcone Personaggi: Misandro - Pilato – Joseffo, Cristo. Erode rinvia Gesù a Ponzio. Continua, pertanto la discussione tra colpevolisti e innocentisti. Gioseffo non si stanca mai di affermare l'innocenza di Cristo e di scagliare invettive contro coloro che lo accusano falsamente. Al contrario Misandro, non tanto per convinzione, ma per cattiveria, sostiene la colpevolezza del figlio di Dio: inveisce contro Gioseffo, aizza la folla contro Gesù e ne chiede la morte. Interviene Ponzio Pilato ed invita il popolo alla calma: "Frena popolo ebreo, frena le voci. …Da parte del gran Cesare il comando: non si debbon le cause, ove si tratta di spargere sangue umano, senza maturo consiglio. saldamente giudicare. Non intendo far torto a voi, né a lui". Non si pronuncia per la condanna a Cristo, perché lo ritiene innocente e perché le motivazioni adottate dall'accusa non sono confortate dalle prove. Misandro insiste che bisogna crocifiggerlo, altrettanto sostiene Nizech. Anche il popolo chiede la condanna. Misandro, per ricattare il giudice, gli fa notare che il popolo è in agitazione e ci potrebbe essere una rivolta con ripercussioni sul potere. Di fronte a questa minaccia, Pilato

resta titubante e si sforza di trovare accuse fondate per condannare Gesù. Poi, per calmare le ire e gli impeti, ordina: “… Olà, ministri, fate che ora Gesù spogliato sia e ad una colonna di quel cortil si leghi e fortemente si batta e flagelli”. Partono Misandro, Nizech, Cristo e soldati. Gioseffo, approfitta della loro assenza, per chiedere al giudice di prendere una decisione sulla sorte di Gesù. Chiamano Centurione e tutti e tre si ritirano in disparte per discutere.

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ATTO QUINTO Ambiente: Città Personaggi: Caifas - Misandro -Nizech - turba. Caifas non è soddisfatto di come si sta svolgendo il processo a Cristo e interviene presso Misandro e Nizech per ricordare che Gesù deve essere condannato a morte. Sollecita anche il popolo di chiedere al pretore la massima pena voluta dal Consiglio degli Anziani e raccomanda di non accogliere altra condanna più mite. Nizech assicura. "Non dubitar, noi griderem si forte che i nostri gridi han da ferir le stelle: mora, mora Gesù, mora l'infame". La folla fa coro: "Moraaa!". Personaggi: Ponzio- Gioseffo- Centurione- Caifas- Misandro- Nizech. Le grida del popolo richiamano l'attenzione di Ponzio, che, prontamente, impone il silenzio. Caifas ribadisce le accuse a Cristo con linguaggio spregevole e oltraggioso. Gioseffo interviene e difende con energia il suo Maestro. Tra il denigratore e il difensore di Cristo si apre un acceso battibecco. Alla conclusione, il sommo pontefice, indignato, va via. Il pretore cerca di convincere il popolo che Gesù è innocente, che il suo regno è in cielo e non in terra, che nessun danno egli ha fatto all'impero romano. Misandro precisa che Cristo non ha usato le armi per conquistare la gente, ma la lingua e "il suo accorto dire che dà forza al suo inganno con far mille apparenti meraviglie onde a sé tira l'ignorante volgo. Già di seguaci suoi cresce il torrente e potrebbe col tempo inondar si', che il tutto allaghi e guasti". Il giudice insiste che Gesù è innocente e non se la sente di attribuirgli colpe che non ha. Ha già subito tanta violenza: è stato malmenato, frustato, torturato, schiaffeggiato, sputato; ha ricevuto quanto di peggio creatura umana possa avere. Cristo,quasi distrutto, mostra le piaghe e i flagelli ricevuti; ma nessuna pietà suscita nei suoi accusatori, anzi il crudel Misandro grida: "Toglilo via' Si crocifigga!" E Nizech e la turba ripetono: “Si crocifigga! Si crocifigga”! Ponzio non ha la forza di accogliere la richiesta della folla, non sa decidersi; è cosciente dell'innocenza di Cristo, ma l'assillo degli accusatori e della folla lo conturbano. Si ritira, quindi, in disparte per riflettere.

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ATTO SESTO Ambiente: città Personaggi:Cristo - Ponzio - Misandro -Nizech -Centurione -Soldati- Paggio. La riflessione ha ancor più convinto Ponzio che Gesù è innocente. Ma Misandro e Nizech sono inflessibili; hanno anche capito che, se verrà sollecitato dalla folla, emetterà l'iniqua sentenza. Ma il giudice non sa quale via imboccare e decide di ascoltare ancora i testimoni sperando di muovere a pietà gli accusatori. In attesa dell'arrivo dei testimoni, si fa avanti Paggio, il nunzio segreto di Temi, moglie di Pilato. Riferisce al giudice che la moglie ha sognato che Dio era tanto irato contro chi osava condannare Cristo innocente e che tanti spiriti celesti facevano corona attorno a lui- Consiglia, pertanto, di non esprimersi per la sua condanna a morte. Arrivano i testimoni, ma dichiarano tutti il falso; se ne rende conto il giudice e interroga ancora una volta Cristo, ma non risponde. Misandro, innervosito, manda Nizech a chiamare Caifas ed aizza la folla a chiedere la condanna a morte di Gesù. Ma Pilato grida che non lo farà mai. Tenta di andarsene. Ma Caifas: "Non partire Ponzio, ferma! Son anch'io qui: son qui presente ancora, dell'Ebraismo la più nobil gente e di questa città il fior più degno". Lo avverte che se non emetterà la sentenza di condanna di Cristo, interverrà a Roma e denuncerà lo stato di corruzione esistente in Galilea. Il giudice non cede al ricatto e farà l'ultimo tentativo per salvare Gesù: Siccome nel giorno della Pasqua l'imperatore permetteva di concedere la libertà a un prigioniero condannato a morte, chiede alla folla se vogliono che liberi Barabbas, uccisore di un soldato romano, o Gesù. La folla risponde a gran voce: “Barabbas! Barabbas!” Di fronte a tale richiesta, Pilato chiama Paggio, suo inserviente, e si fa portare dell'acqua per lavarsi le mani, poi scrive la sentenza e la butta per terra. La raccoglie Misandro e, nel leggerla rileva che Gesù è chiamato re dei Giudei; lo fa notare a Caifas il quale ne chiede la correzione, ma il giudice la nega e si allontana in modo brusco. Il sommo pontefice, Misandro e Nizech sono soddisfatti. Chiamano Centurione e gli ordinano di preparare la crocifissione. Temi rimprovera aspramente il marito per la sentenza emessa e gli restituisce i gioielli che le aveva regalati. Personaggi: Giovanni- Maria - Veronica - Altre donne, Pietro. Giovanni non trova pace per l'ingiusta sentenza emessa nei confronti del suo divin Maestro e non sa come comunicare la triste notizia a Maria. La incontra in compagnia di altre donne e piangendo le annuncia: "Il santo frutto del tuo puro grembo pender presto vedrai dall'aspro legno di dura croce sul Calvario monte. Questa fu la sentenza dell'ingiusto pretore per secondare le malvagie voglie dei fieri accusatori". Si sentono i passi della turba. Suona la tromba che annuncia l'imminente fine di Gesù Nazareno. Maria non regge al dolore e sviene. Cristo è già con la croce sulle spalle, Veronica, una donna ch'era in compagnia di Maria, gli va incontro e gli asciuga il sangue sul volto con un pezzo di tela su di cui rimane impresso il volto di Gesù. S'incontrano Pietro e Giovanni; esternano il loro profondo dolore; rimpiangono il loro Maestro: luce e vita. Senza di lui si sentono smarriti; senza il divin pastore si sentono pecorelle erranti. Si abbracciano, si stringono l'uno all'altro per darsi conforto, poi si dirigono al monte Calvario per piangere Cristo e consolar Maria. Ambiente: Calvario Personaggi: Misandro - Longino - Pietro.

Gesù è in croce sul monte Calvario. Misandro ordina a Longino, soldato romano, di andare ad ucciderlo. Risponde che lui non va ad uccidere chi "è morto per certo e più non sente". Replica Misandro: "Sentirà ben quei colpi la sua madre, che il mostro non uccise tra le mammelle sue quand'egli nacque". Sente sgomento Longino: uccidere un morto per procurare dolore alla madre! Che infame richiesta! Anche Pietro non riesce a reprimere il suo dolore, anzi gli si aggrava quando sente che per il suo maestro non sono finiti gli strazi e i tormenti. Misandro insiste per l'uccisione. Longino non può più indugiare e, con la sua lancia, provoca uno squarcio al petto di Gesù. Ma che sorpresa! Una stilla di sangue schizza nel suo occhio cieco e riacquista la vista. E ancora un altro evento straordinario. Le tenebre scendono dal cielo e la terra trema. Longino, stupefatto, informa del miracolo Centurione, che esprime rispetto e devozione per l'uomo in croce. Tutti e due s'inginocchiano, guardano Gesù e così parlano: "Tardi ti ho conosciuto, mio Dio, mio Redentore: ti offro l'alma e il core devoto e genuflesso or che per Dio ti adoro e ti confesso".

ATTO SETTIMO Personaggi: Gioseffo - Nicodemo- Misandro - Giuda. Gioseffo ha il permesso dal pretore di dare una tomba a Gesù e prega Nicodemo di preparare il necessario per la sepoltura. Misandro continua ad insultare Gioseffo che sta per andarsene, ma viene fermato dal suo rivale. Tra i due scaturisce una vivace discussione: volano ingiurie, minacce, offese di ogni genere. Gioseffo predice la resurrezione di Cristo e la sua tomba "sarà si' sacra, che dall'Indo al Moro verran le genti a riverirla ogn'ora; verrà da lungi il pellegrin devoto ad adorar la tomba, a sciorre il voto".

Misandro, incredulo, crede che il corpo di Cristo possa essere rubato e propone di mandare dei soldati a guardia del sepolcro. Tutti gli accusatori e i persecutori di Gesù Nazareno hanno l'animo in tumulto; tra questi Giuda. Pensa al passato e ricorda il tempo in cui, come discepolo di Cristo, fece tante opere buone. Oggi è degno dell'inferno e pasto di vermi. Ma che aspettare ancora per suicidarsi? Cerca una fune, la trova, vi si allaccia. se la contorce al collo per affogarsi. Ma prima di dare l'ultimo sospiro svela il suo testamento: "Lascio l'alma all'inferno e agli avvoltoi la carne; e l'ossa alle tempeste, e ai venti l'empio bacio al Maestro, e questa fune a tutti i traditor" di ieri, di oggi, di domani. Stringe il cappio e muore.

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RESURREZIONE Gesù risorge da morte. Della sua resurrezione resteranno i segni: una tomba vuota ed un annuncio prorompente: CRISTO E' RISORTO! Le campane, in tutto il mondo cristiano, suonano a festa; annunciano lo straordinario evento e diffondono il messaggio di perdono, di pace, di amore. Sia esso accolto dagli uomini di “buona volontà” e sia seme fecondo per una sana società. Caraffa. 10 Aprile 1998. Foto e composizione grafica Giulio Peta