Bozza Appunti delle lezioni del Corso di Archeometria 2a...

31
Bozza Appunti delle lezioni del Corso di Archeometria 2a parte Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici La Sapienza Universit` a di Roma AA 2016-2017 Mario Piacentini Dipartimento di Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria Laboratorio di Analisi non Distruttive ed Archeometria Via A. Scarpa 14, 00161 Roma 13 febbraio 2017

Transcript of Bozza Appunti delle lezioni del Corso di Archeometria 2a...

Bozza

Appunti delle lezioni del Corso di Archeometria

2a parte

Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici

La Sapienza Universita di Roma

AA 2016-2017

Mario PiacentiniDipartimento di Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria

Laboratorio di Analisi non Distruttive ed ArcheometriaVia A. Scarpa 14, 00161 Roma

13 febbraio 2017

2

Capitolo 1

La spettroscopia

La spettroscopia e certamente una delle metodologie piu potenti e piu utilizzate dai fisici, daichimici, dai geologi,... per studi di carattere fondamentale sulle proprieta della materia e deimateriali. In effetti, l’importante rivoluzione scientifica, che ha portato alla attuale conoscenzadella struttura atomica e allo sviluppo delle teorie quantistiche, trova le proprie radici negli studispettroscopici del XIX secolo. Tuttavia la spettroscopia e anche uno strumento indispensabile inuna infinita di applicazioni analitiche e diagnostiche, usato in numerosi ambiti che vanno dallachimica alla medicina, dalle scienze forensi all’archeometria.

Il termine ”spettroscopia” e un termine molto generale e si riferisce ad un numero elevato dimetodi di indagine che utilizzano strumentazioni diverse per ottenere informazioni su questo oquell’aspetto della materia. Sostanzialmente la spettroscopia consiste nel bombardare il corpo dastudiare con delle particelle note e ben caratterizzate (proiettili) (vedi lo schema di figura A.1).Questi interagiscono con gli atomi o le molecole del corpo. Infine si analizzano le proprieta delleparticelle che emergono dal corpo. La misura che si esegue e quindi una misura di intensita(numero di particelle uscenti al secondo e su unita di superficie) in funzione di uno (o piu)parametri che contraddistinguono il moto delle particelle dopo l’interazione.

Le particelle proiettile possono essere fotoni, onde acustiche, elettroni, protoni, neutroni,atomi di elio, ecc. Per ogni tipo di particella usata come proiettile occorre una sorgente di par-ticelle, ed e necessario conoscere, cioe misurare, le caratteristiche del fascio di particelle emessedalla sorgente e che incidono sul campione: per esempio la distribuzione spettrale (intensita infunzione dell’energia) della luce emessa da una lampada.

In molte forme di spettroscopia le particelle uscenti dal campione sono le stesse di quelleusate come proiettili, ma l’intensita del fascio risulta alterata. Si avra una spettroscopia ditrasmissione se si analizza il fascio trasmesso dal campione, altrimenti si avra una spettroscopiadi riflessione se il fascio analizzato e quello riflesso dal campione; puo accadere anche che il fascioincidente venga diffuso in tutte le direzioni dal campione e, in questo caso, si misura l’intensitadel fascio diffuso in funzione della direzione e dell’energia delle particelle che lo costituiscono.

In altre tecniche spettroscopiche si raccolgono e si analizzano particelle diverse da quelle usatecome proiettile. Per esempio, nella spettroscopia di fotemissione si manda un fascio di radiazioneultravioletta o di raggi X sul campione e si analizza l’energia e la direzione di emissione deglielettroni che lasciano il campione dopo essere stati eccitati dalla radiazione incidente. Nellaspettroscopia di fluorescenza o di emissione, mediante un fascio di fotoni o di particelle ionizzantisi eccitano gli atomi del campione e poi si raccoglie la radiazione di fluorescenza emessa quando gliatomi tornano allo stato fondamentale; in questo caso ha interesse misurare l’intensita e l’energiadei fotoni emessi; se la sorgente di particelle e impulsata, cioe emette un fascio intenso per untempo brevissimo (con i laser moderni si ottengono impulsi dell’ordine di 10−15 s), si misura

3

4 CAPITOLO 1. LA SPETTROSCOPIA

anche il ritardo con cui i fotoni di fluorescenza vengono emessi rispetto al fascio incidente, perottenere informazioni sulla dinamica dei processi fisici o chimici responsabili della fluorescenza.In figura A.2 sono schematicamente mostrati i vari processi descritti sopra che avvengono aseguito dell’interazione tra un fascio di fotoni che incide su un materiale e gli atomi presenti nelmateriale stesso.

1.1 Spettroscopia con onde elettromagnetiche

La forma di spettroscopia piu vecchia ed ancora molto usata, soprattutto in ambito applicativo, equella ottica. Come gia detto, l’analisi e l’interpretazione degli spettri atomici, misurati nel XIXsecolo ed all’inizio del XX secolo, nella regione spettrale compresa tra l’infrarosso e l’ultravioletto,oltre che in quella dei raggi X, ha portato allo sviluppo della meccanica quantistica, necessariaper spiegare i fenomeni su scala atomica.

In questo testo estendo il termine ”ottica”, che e specifico alla regione spettrale del visibile,a tutto lo spettro delle onde elettromagnetiche; va tenuto ben presente che regioni spettrali di-verse richiedono strumenti ed accortezze diverse. Nella figura A.3 e mostrato schematicamentelo spettro delle onde elettromagnetiche sinusoidali1, la cui lunghezza d’onda, in linea di princi-pio, puo assumere qualsiasi valore da zero ad infinito. Questo amplissimo intervallo e suddivisoin varie regioni spettrali, il cui nome cambia per motivi storici riferiti sostanzialmente all’usopratico che si fa delle onde elettromagnetiche. Di tutto lo spettro delle onde elettromagnetiche,la luce visibile e solamente una piccolissima fetta, come mostrato nella figura A.3. Per contrad-distinguere le varie regioni spettrali si ricorre alla lunghezza d’onda o alla frequenza delle ondeelettromagnetiche o all’energia dei fotoni associati, a seconda della convenienza e della praticacomune2.

Dal punto di vista strumentale, nella spettroscopia ottica si fa interagire un fascio di fotonidi varie energie con il campione e si misura come e variata l’intensita del fascio in funzione del-l’energia dei fotoni; anche in questo caso si usano i termini generali, introdotti precedentemente,di spettroscopia in trasmissione, in riflessione, di fluorescenza, ... La strumentazione necessariaper eseguire misure di spettroscopia ottica e mostrata nello schema di figura A.4. Essa consistedi:

1. una sorgente di luce;

2. uno spettrometro (o monocromatore) per disperdere (=suddividere) la luce nelle varielunghezze d’onda;

3. un rivelatore di intensita luminosa;

4. un sistema elettronico di acquisizione, visualizzazione e memorizzazione degli spettri mi-surati.

Il materiale da studiare (il campione) e posto tra la sorgente e lo spettrometro o tra lo spet-trometro e il rivelatore per le misure di trasmissione e di riflessione. Nelle misure di fluorescenzao di emissione e il campione stesso, opportunamente eccitato, che viene messo al posto dellasorgente di luce.

Per mostrare l’evoluzione tecnica della spettroscopia, in figura A.5 e mostrato uno spettro-metro a prisma della meta del XIX secolo. La luce del sole (o di una candela o di una lampada

1Per degli approfondimenti, vedi l’appendice2Tra la lunghezza d’onda, la frequenza e l’energia associata ai singoli fotoni esistono delle relazioni molto

semplici, riportate in appendice, per cui nella pratica si usa indifferentemente una o l’altra di di esse.

1.2. LA SPETTROSCOPIA COME STRUMENTO DI DIAGNOSTICA 5

a petrolio o quella emessa da un gas eccitato) veniva raccolta da un cannocchiale e dispersa dalprisma di vetro posto al centro dello strumento; con il secondo cannocchiale lo sperimentatoreosservava la radiazione scomposta nelle sue varie lunghezze d’onda in funzione dell’angolo forma-to tra i due cannocchiali. Gli strumenti moderni sono totalmente diversi. Essi hanno dimensioninotevoli per avere una elevata risoluzione3 e per coprire ampi intervalli spettrali (vedi figuraA.6), oppure sono miniaturizzati per essere facilmente trasportabili, come quello del Laborato-rio LANDA, mostrato in figura A.7. Va osservato che, per misurare spettri di riflessione o ditrasmissione dei molti materiali di interesse dei beni culturali, sono sufficienti strumenti con bas-sa risoluzione, dell’ordine dei nanometri. Ormai questi strumenti sono estremamente compatti,facilmente trasportabili e collegati ad un calcolatore portatile. La testa di misura ha la doppiafunzione di illuminare il campione con una fibra ottica collegata alla sorgente, e di raccoglierela luce riflessa dal campione; quest’ultima e trasferita allo spettrometro con un’altra fibra otticadel diametro di 0.1 mm. All’interno dello spettrometro c’e anche il rivelatore, costituito da unsensore a matrice, per cui uno spettro completo si misura in pochi secondi.

1.2 La spettroscopia come strumento di diagnostica

Come si e detto piu volte, la spettroscopia e uno strumento molto potente per fare della dia-gnostica sui materiali, in particolare per determinarne in maniera non invasiva o micro-invasivala composizione elementale (cioe, gli elementi di cui e composto il materiale), o la sua composi-zione chimica, cioe le molecole (composti chimici) presenti nel materiale o la sua composizionemineralogica, cioe quali sono i minerali presenti nel campione. Queste informazioni, tutte o inparte, sono utili per caratterizzare il materiale in esame, per studiarne i processi di corrosionee deterioramento, per cercare di ricavarne la provenienza, per capire le tecnologie per la suamanifattura, ....

Tutto cio e legato alle proprieta elettroniche della materia. Per illustrare questo punto,in figura A.8 sono messi a confronto lo spettro continuo di una sorgente visibile (a sinistra)con lo spettro di emissione di una lampada a vapori di mercurio a bassa pressione, che invecepresenta solo alcune righe4 di emissione. Nella figura A.9 e mostrata la serie di righe, nota comeserie di Balmer (cui manca la prima riga nella regione del rosso), emessa dall’idrogeno. Infine,nella figura A.10 sono mostrate le righe di emissione di vari elementi nella regione dei raggiX. Dall’energia delle righe, il fisico Henry Moseley, nel 1913, ricavo una relazione matematicaempirica che esprime la dipendenza della frequenza dei raggi X emessi caratteristicamente daogni elemento chimico in funzione del relativo numero atomico Z (legge di Moseley).

La spiegazione fisica degli spettri a righe emessi dagli atomi richiede un approfondito studio,mediante la meccanica quantistica, della struttura elettronica degli atomi e dell’interazione tragli elettroni atomici e le onde elettromagnetiche. Nell’appendice si daranno delle spiegazionisemplici e qualitative di tali proprieta. Per adesso basta tener presente che le energie deglielettroni che fanno parte di un atomo sono quantizzate, cioe non possono assumere tutti i valoripossibili, ma solo un insieme di valori ben precisi (valori discreti), che vengono comunementechiamati livelli energetici. Quando un elettrone passa da un livello ad un altro assorbe o emette

3La risoluzione di uno spettrometro e spiegata in appendice4Fin oltre la meta del secolo scorso si usavano come rivelatori delle pellicole fotografiche su cui veniva impressa

la radiazione dispersa nello spettrometro. Quindi, l’emissione di una sorgente come quella al vapore di mercurioappariva come una serie di righe trasversali di colore diverso a seconda della loro lunghezza d’onda. Da questaosservazione, l’emissione o l’assorbimento da parte di un gas di atomi prende il nome di spettro a righe, nometuttora utilizzato anche nel caso di un rivelatore fotoelettronico, che fornisce un grafico (spettro) dell’intensitadella radiazione incidente sul rivelatore in funzione della lunghezza d’onda dei fotoni.

6 CAPITOLO 1. LA SPETTROSCOPIA

un fotone la cui energia e uguale alla differenza di energia tra i due livelli, quindi assorbe o emettesolo fotoni di ben determinate energie, come mostrato negli spettri delle figure A.8, A.9 e A.10.Conseguentemente, le energie delle righe di assorbimento coincidono con quelle di emissione.

Il punto fondamentale ai fini della diagnostica e che le energie delle righe di assorbimento odi emissione sono caratteristiche di ciascuna specie atomica: non ci sono due atomi che abbianoserie di righe di uguale energia. Bisogna stare attenti: puo succedere che l’energia di una rigadi assorbimento o di emissione di un atomo coincida con l’energia di una sola riga di un altroatomo. Cio pero non accade per le altre righe assorbite o emesse. La specie atomica vieneidentificata confrontando i valori delle energie di varie righe misurate con quelli riportati innumerosi data-base disponibili sia in forma cartacea che in forma digitale.

Un’ulteriore osservazione va fatta sul ”tipo” di elettroni associati ai vari livelli di energia.Gli elettroni che hanno energie piu basse sono molto legati ai nuclei atomici e mantengonoil loro carattere atomico anche quando l’atomo entra a far parte di un composto. Invece, glielettroni di valenza, che hanno le piu alte energie all’interno dell’atomo, sono poco legati ai nucleiatomici e danno luogo ai legami chimici tra gli atomi presenti nei composti e nelle strutturepiu complicate, modificando completamente i valori delle loro energie5. Pertanto, nel caso deicomposti, le transizioni degli elettroni di valenza tra livelli energetici diversi non corrispondonoa quelle atomiche e negli spettri di assorbimento, invece di righe molto strette appaiono dellebande di assorbimento.

Nei composti e nei solidi gli interi atomi oscillano intorno alle loro posizioni di equilibrio, cioealle posizioni ideali dovute ai legami chimici6. Anche le energie associate a queste oscillazioni,molto minori delle energie dei livelli elettronici, sono quantizzate (livelli vibrazionali). Si possonoeccitare transizioni da un livello vibrazionale ad un altro fornendo alla molecola o al solido lagiusta energia. Di nuovo ci troviamo di fronte a righe (o bande) spettroscopiche, che cadono nellaregione spettrale dell’infrarosso, tipiche della molecola isolata o facente parte di una strutturacristallina. Come esempio, nella figura A.11 e mostrata una perlina, presumibilmente del XIIsecolo, rinvenuta durante gli scavi eseguiti nel sito Pakistano di Banbhore (Sindh), eseguitacon una pietra dura rosata con venature biancastre. Per capire di quale pietra si trattasse,ne abbiamo misurato lo spettro Raman e lo abbiamo confrontato con gli spettri Raman cheavevamo misurato su numerosi cristalli di minerali diversi conservati nel Museo di Mineralogiadell’Universita di Roma La Sapienza. Lo spettro Raman della perlina presenta numerosi picchiche coincidono con quelli trovati nello spettro Raman di un cristallo di quarzo. Pertanto si epotuto determinare che la perlina e fatta di quarzo ed e finemente lavorata, indicando un elevatogrado di abilita artigianale.

Negli esempi che verranno presentati in seguito verra messa in evidenza la potenzialita dellaspettroscopia ai fini diagnostici.

5Parlando della termoluminescenza, avevamo gia visto come le energie degli elettroni di valenza diano luogo adelle bande di energia in un cristallo: la banda di valenza, occupata da tutti gli elettroni di valenza del cristallo,e quella di conduzione, vuota.

6Quando due atomi si uniscono per formare un composto anche molto semplice come, per esempio, la molecoladi ossigeno O2, tra i due atomi si esercitano forze attrattive dovute all’interazione degli elettroni di valenza con idue nuclei, e forze repulsive che si esercitano tra gli elettroni interni e i due nuclei se questi si avvicinano troppouno all’altro. Esiste quindi una posizione di equilibrio dove queste forze si annullano a vicenda, corrispondentealla distanza ideale tra i due nuclei.

Appendice A

Riassunto del capitolo

• ANALISI SPETTROSCOPICHE

– Per analisi spettroscopiche si intendono tutte quelle misure in cui il campione daanalizzare e bombardato con un fascio di particelle dalle caratteristiche note (tipo,energia, intensita, direzione del moto,...); le particelle interagiscono col campione e simisurano le caratteristiche delle particelle che escono dal campione (tipo di particella;energia, intensita del fascio, direzione del moto, ...) (figura A.1).

– Le particelle incidenti (uscenti) possono essere fotoni, elettroni, protoni,.... Ovvia-mente cambia la strumentazione necessaria e il tipo di informazioni che si ricavano.

– La spettroscopia e una delle tecniche piu utilizzate nello studio della materia dai fisici,chimici, geologi, ecc.

– La spettroscopia e applicata a studi di carattere fondamentale (per esempio, la nostraconoscenza della struttura atomica e le teorie quantistiche derivano dagli studi spet-troscopici del 19◦ secolo) e come tecnica diagnostica. Ci occuperemo principalmentedi quest’ultima parte.

– Soprattutto per motivi economici e strumentali, la spettroscopia mediante fotoni etra quelle maggiormente impiegate. I fotoni sono le particelle elementari relative alleonde elettromagnetiche (luce visibile, raggi X, ecc.).

• INTERAZIONE FOTONI - MATERIA: vedi schema A.2

• VARI TIPI DI ANALISI alcune non invasive, molte trasportabili in situ. Alcuniesempi:

– fluorescenza RX: analisi degli elementi chimici

– spettroscopia di assorbimento: analisi elementi chimici; informazioni sul tipo dilegame chimico; struttura cristallina corto raggio

– diffrazione: struttura cristallina lungo raggio; riconoscimento specie mineralogiche

– foto-emissione (XPS): analisi elementi chimici; informazioni sul tipo di legame chimico

– radiografia, tomografia: immagini del manufatto e del suo interno

• STRUMENTAZIONE PER MISURE DI SPETTROSCOPIA: vedi schema A.4

Il risultato di una misura di spettroscopia consiste nell’ottenere l’intensita della radiazioneraccolta in funzione della sua energia o lunghezza d’onda (cioe una tabella di numeri

7

8 APPENDICE A. RIASSUNTO DEL CAPITOLO

energia-intensita che viene memorizzata nel PC ed i cui valori vengono riportati su ungrafico).

Alcuni tipi di spettroscopi: figure A.5, A.6, A.7.

• ESEMPI DI SPETTRI RACCOLTI SU PELLICOLA FOTOGRAFICAVedi figure A.8, A.9, A.10. Le emissioni caratteristiche del mercurio e dell’idrogeno appaio-no come tante righe sulla pellicola, da cui il nome di righe di emissione (o di assorbimento)I numeri si riferiscono alle lunghezze d’onda λ in decimi di nanometro.

• LA SPETTROSCOPIA COME TECNICA DIAGNOSTICA

– Ogni atomo o molecola assorbe o emette una o piu serie di righe di lunghezza d’onda(o di energia) ben precise, oggigiorno tabulate in vasti data-base.

– Una misura spettroscopica fornisce i valori delle righe assorbite o emesse dal campione,il cui confronto con i dati tabulati ci consente di identificare gli atomi o le molecolepresenti nel campione.

– I principi fisici su cui si basa la spettroscopia si basano sulla quantizzazione deilivelli energetici elettronici negli atomi o vibrazionali nelle molecole, descritti nei testispecialistici.

– Vedi l’esempio della perlina, figura A.11.

9

Tavole usate nel testo

Figura A.1: Schema di una misura di spettroscopia.

Figura A.2: Vari processi che possono avvenire nell’interazione tra fotoni e materia.

10 APPENDICE A. RIASSUNTO DEL CAPITOLO

Figura A.3: Lo spettro delle onde elettromagnetiche.

Figura A.4: Diagramma a blocchi della strumentazione necessaria per eseguire misure dispettroscopia.

11

Figura A.5: Spettrometro a prisma della meta dell’800.

Figura A.6: Spettrometro commerciale di classe moderno per l’infrarosso.

12 APPENDICE A. RIASSUNTO DEL CAPITOLO

Figura A.7: Strumentazione per misure spettroscopiche in situ su beni culturali. (A): Spettro-metro a reticolo con sensore a matrice; (B): Sorgente di luce (lampada al tungsteno); (C): testadi misura; (D): calcolatore portatile. La sorgente e lo spettrometro sono collegati alla testa dimisura mediante fibre ottiche.

13

Figura A.8: A sinistra: spettro continuo nel visibile. A destra: spettro di emissione a righe diuna lampada a vapori di mercurio a bassa pressione. Le lunghezze d’onda sono espresse in A.

Figura A.9: Serie di righe di emissione dell’idrogeno. Le lunghezze d’onda sono espresse in A.

14 APPENDICE A. RIASSUNTO DEL CAPITOLO

Figura A.10: Righe di emissione Kα e Kβ nella regione dei raggi X di alcuni elementi, osservatedal fisico Moseley.

Figura A.11: A sinistra: Perlina di pietra dura trovata durante gli scavi di Banbhore. A destra:Spettri Raman misurati sulla perlina e su un cristallo di quarzo.

15

16 APPENDICE A. RIASSUNTO DEL CAPITOLO

Appendice B

Cenni sulle onde elettromagnetiche

Una variazione nel tempo del campo elettromagnetico in un punto dello spazio si propaga pertutto lo spazio sotto forma di onde elettromagnetiche. Lo studio delle onde elettromagnetiche edella loro propagazione richiede l’uso delle equazioni di Maxwell in presenza di eventuali ostacoli.Un caso particolarmente semplice e quello delle onde piane monocromatiche, che sono onde chesi propagano nel vuoto in linea retta; i fronti d’onda sono dei piani perpendicolari alla direzionedi propagazione, sui quali giacciono i vettori campo elettrico e campo magnetico, perpendicolaritra di loro. I due campi hanno andamento sinusoidale sia nello spazio (”fotografia istantanea”dell’onda, mostrata in figura B.1) che nel tempo (variazione del campo in una posizione qualsiasidello spazio) secondo l’espressione:

E = E0 cos(kx− ωt+ φ),

che descrive l’ampiezza E del campo elettrico di un’onda piana che si propaga nella direzionedell’asse x. k = 2π/λ e il modulo del vettore d’onda ~k, la cui direzione indica la direzione dipropagazione dell’onda; ω = 2π/T e la pulsazione dell’onda; φ e la fase iniziale. λ e T sonorispettivamente la lunghezza d’onda (distanza tra due massimi nello stesso istante) ed il periodo(tempo trascorso tra due massimi nello stesso posto), legati tra di loro dalla relazione λ = cT ,dove c = 108 m/s e la velocita della luce nel vuoto. Conviene introdurre anche la frequenzaν = 1/T dell’onda, che da il numero di oscillazioni al secondo.

Nella dualita onda – corpuscolo, il fenomeno elettromagnetico puo essere pensato in terminidi particelle elementari prive di massa, i fotoni, che viaggiano alla velocita della luce nella

Figura B.1: Rappresentazione istantanea del campo elettrico ~E e del campo magnetico ~B diun’onda elettromagnetica piana, monocromatica, che si propaga lungo l’asse x.

17

18 APPENDICE B. CENNI SULLE ONDE ELETTROMAGNETICHE

direzione di propagazione dell’onda. L’energia E dei fotoni e legata alle proprieta ondulatoriedell’onda dalla relazione:

E = hν = hc/λ = 1240(eV)/λ(nm) ,

dove h e la costante di Plank; eV (elettronvolt) e un’unita di misura dell’energia usata per ifenomeni atomici; nm (nanometro) e la distanza pari a 10−9 (1/(10 miliardi)) metri

Si definisce intensita dell’onda l’energia trasportata dall’onda nell’unita di tempo attraversouna superficie unitaria perpendicolare alla sua direzione di propagazione:

I =energia

tempo × superficie=watt

m2=

numero di fotoni× energia di un fotone

secondi m2

Se l’onda giunge sulla superficie formando un angolo i rispetto alla normale, la potenza cheattraversa la superficie e minore di quella trasportata dall’onda poiche si distribuisce su unasuperificie piu ampia. In questo caso si ha I ′ = I cos i. L’intensita della radiazione solareche arriva alla terra e circa 1,1 kw/m2. Questo valore si riduce dall’equatore ai poli a causadell’incidenza sempre piu radente.

La lunghezza d’onda, e di conseguenza l’energia, delle onde puo assumere qualsiasi valoreda zero all’infinito. Per comodita pratica e per motivi storici, le onde elettromagnetiche sonostate suddivise in varie regioni spettrali e classificate in base agli intervalli in cui cadono le lorolunghezze d’onda (lo spettro delle onde elettromagnetiche, vedi figura A.3), come indicato nellatabella seguente.

regione spettrale energia dei fotoni (eV) lunghezza d’onda (m)

onde radio ∞− 10−2

micro-onde 10−2 − 10−5

infrarosso 0.1− 1.8 10−5 − 7× 10−7

visibile 1.8− 3.1 7× 10−7 − 4× 10−7

ultravioletto 3.1− 10 4× 10−7 − 10−7

ultravioletto da vuoto 10− 500 10−7 − 10−8

raggi X molli 500− 1500 10−8 − 10−9

raggi X migliaia 10−9 − 10−10

raggi X duri decine di migliaiaraggi γ centinaia di migliaia

La distinzione tra le regioni spettrali indicate in tabella e solo indicativa e alcune regioni,a loro volta, sono suddivise in piu regioni. Per esempio, le onde radio sono suddivise in ondelunghe, onde medie, onde corte, ecc.

In presenza di ostacoli le onde subiscono vari fenomeni. Alcuni di questi sono caratteristicidel loro aspetto ondulatorio, come l’interferenza (sovrapposizione di due onde coerenti) e ladiffrazione, che si manifesta quando la lunghezza d’onda e di dimensioni confrontabili con quelledell’ostacolo (per esempio: per la luce una fenditura molto stretta, per i raggi X gli atomi inun cristallo). Se invece la lunghezza d’onda e molto minore delle dimensioni dell’ostacolo, sirappresenta il propagarsi dell’onda mediante i raggi luminosi, che ne descrivono la direzione dipropagazione, secondo le regole dell’ottica geometrica. In questo caso, quando l’onda elettro-magnetica incide sulla superficie (piana) di separazione tra due mezzi, e soggetta alla riflessione(una parte dell’onda incidente ritorna indietro) ed alla rifrazione (una parte dell’onda proseguenel secondo mezzo). Con riferimento a figura B.2, le leggi della riflessione e della rifrazione peronde piane monocromatiche sono:

19

1. la frequenza dell’onda riflessa e quella dell’onda rifratta e uguale alla frequenza dell’ondaincidente (l’energia dei fotoni non cambia);

2. l’onda incidente, l’onda riflessa e l’onda rifratta giacciono sullo stesso piano, individuatodall’onda incidente e dalla normale alla superficie di separazione tra i due mezzi;

3. l’angolo di riflessione e uguale all’angolo di incidenza: i′ = i;

4. l’angolo di rifrazione e quello di incidenza sono legati dalla legge di Snell: n2 sin r = n1 sin i;n1 e n2 sono gli indici di rifrazione del primo e del secondo mezzo, rispettivamente;

5. le intensita dell’onda riflessa e dell’onda rifratta dipendono dalla loro polarizzazione, dalvalore dell’angolo di incidenza e dai valori delle costanti ottiche (indice di rifrazione ecoefficiente di assorbimento) dei mezzi in cui si propagano le onde. Per mezzi trasparentied incidenza normale si ha:

IR = I0(n2 − n1n2 + n1

)2 IT = I0 − IR = I04n1n2

(n2 + n1)2.

Si chiama mezzo otticamente piu denso quello con indice di rifrazione maggiore. Se l’ondaincide sulla superficie dal mezzo otticamente meno denso, come in figura B.2 si ha la situazionecui siamo piu abituati: i raggi rifratti si avvicinano alla normale, come, per esempio, nel passaggioaria-vetro (n1=1; n2=1.5). A incidenza normale si ha inoltre IR = 4%I0, per cui, in condizionidi forte illuminamento dall’esterno, e difficile vedere l’immagine riflessa, che invece diventadominante quando all’esterno c’e il buio. Se il raggio luminoso incidente e bianco ed incide conun certo angolo, nel vetro si suddivide in un fascio di raggi, ciascuno corrispondente ad unadiversa lunghezza d’onda, a causa della dipendenza dell’indice di rifrazione del vetro ( e di tuttii materiali) dalla lunghezza d’onda.

Nel caso opposto (vetro → aria), per valori dell’angolo di incidenza sufficientemente elevati,dalla legge di Snell si ottiene la relazione assurda sin r > 1; l’onda rifratta non esiste piu etutta l’intensita dell’onda incidente va nell’onda riflessa (riflessione totale). Esiste un angolo di

Figura B.2: Direzione di propagazione dell’onda incidente, dell’onda riflessa e dell’onda rifrattanel passaggio da un mezzo con indice di rifrazione minore ad uno con indice di rifrazione maggioren2 > n1

20 APPENDICE B. CENNI SULLE ONDE ELETTROMAGNETICHE

incidenza, il, al di sopra del quale si instaura la riflesione totale, che si ottiene ponendo sin rl = 1nella legge di Snell, per cui:

sin il =n2n1

Nell’esempio del vetro di cui sopra, l’angolo di incidenza limite vale il = 42◦. Per questo motivomolti strumenti ottici utilizzano i prismi a 45◦ per riflettere la luce a 90◦. Su questo stessoprincipio funzionano le fibre ottiche.

Appendice C

Gli spettrometri

Gli spettrometri (o monocromatori) sono gli strumenti usati nella spettroscopia per disperderela luce nelle sue singole componenti di diversa lunghezza d’onda. Essi sono costituiti da ungrosso contenitore a prova di luce; il fascio di luce proveniente dalla sorgente e focalizzato suuna stretta fenditura di ingresso all’interno dello spettrometro, raggiunge il componente chedisperde la luce e, infine, le singole lunghezze d’onda escono dallo spettrometro per raggiungereil rivelatore di intensita luminosa. Tra le due fenditure ed il componente dispersivo e montata unadeguato sistema ottico di focalizzazione. Negli spettrometri piu antichi l’elemento disperdenteera costituito da dei prismi di materiale diverso (per esempio: vetro, quarzo, NaCl, ...) a secondadella regione spettrale da analizzare (vedi figura A.5). Alla fine del XIX secolo furono introdottigli spettrometri a reticolo di diffrazione.

Tuttavia i reticoli di diffrazione erano oggetti molto difficili da realizzare e pertanto moltocostosi. Solo alla fine del XX secolo le tecniche di progettazione e di realizzazione dei reticolisu supporti di qualsiasi forma ha raggiunto un livello tale da rendere i reticoli economici e diprestazioni molto spinte, per cui ormai sono utilizzati in tutti gli spettrometri. In aggiunta,la tecnologia dei rivelatori a stato solido a matrice, equivalenti a quelli usati nelle macchinefotografiche digitali, ha permesso di sostituire i vecchi strumenti di rivelazione dei fotoni e dimontarli direttamente all’interno degli spettrometri, che, pertanto, sono divenuti degli strumentialtamente performanti e di piccolo ingombro. Tuttavia, per fare della spettroscopia di

Anche l’immagine della fenditura di ingresso, proiettata sulla fenditura di uscita o sul sensorea matrice, ha una certa larghezza; in questa immagine e contenuto un piccolo intervallo dilunghezze d’onda; se invece avessi una sola riga spettrale, questa risulterebbe allargata e nellospettro apparirebbe come una curva gaussiana di una certa larghezza. Pertanto un parametromolto importante per valutare le capacita di uno spettrometro e il potere risolutivo.

Se si ha un fascio largo di luce bianca che incide su un reticolo, le varie lunghezze d’ondadella luce diffratta, pur seguendo cammini diversi, in realta si rimescolerebbero tutte. Perchesia possibile separare le varie lunghezze d’onda occorre che la luce provenga da una sorgentepuntiforme, che venga resa parallela mediante un sistema di lenti e/o di specchi, e che, dopo ilreticolo, sia rifocalizzata su una fenditura di uscita (oltre la quale e posizionato il dispositivo dirivelazione) mediante un altro sistema di lenti e/o di specchi, come mostrato nella figura C.1.

Per ogni lunghezza d’onda si forma pertanto un’immagine della fenditura di ingresso sulpiano tangente alla fenditura di uscita. A causa delle dimensioni finite dell’immagine ottica dellafenditura di ingresso, dovute a varie cause tra cui la larghezza finita di una riga di diffrazione,equazione ??, occorre introdurre il concetto di potere risolutivo di uno spettrometro come lasua capacita di separare righe associate a due lunghezze d’onda leggermente diverse λ1 e λ2. Il

21

22 APPENDICE C. GLI SPETTROMETRI

potere risolutivo R del sistema dispersivo e definito come il rapporto fra la lunghezza d’ondamedia tra λ1 e λ2, λm = 1

2(λ1 + λ2), e la differenza ∆λ = λ2 − λ1 fra le due lunghezze d’onda

R =λm∆λ

(C.1)

Va notato che le immagini corrispondenti alle due lunghezze d’onda vicine sono separate unadall’altra da una distanza

∆x′ = fdθ =

(fdθ

)∆λ, (C.2)

dove f e la lunghezza focale del sistema di lenti. La quantita in parentesi X = ∆x′/∆λ prendeil nome di dispersione lineare del prisma (reticolo). Se la larghezza a della fenditura di uscita eminore di ∆x′, allora le due lunghezze d’onda vengono separate, altrimenti no. In altre parole,la fenditura di uscita lascia passare una regione spettrale la cui larghezza di banda e data da∆λ = a/X.

Due righe spettrali vicine danno luogo a due massimi di intensita nello spettro. Se questi duemassimi sono lontani uno dall’altro, essi si distinguono bene (figura C.2 sinistra); se invece i duemassimi sono molto vicini (cadono ad una distanza inferiore alla semilarghezza delle due righe)il risultato e una sola riga piu intensa (figura C.2 destra). Si dice che sono ancora separabili seil massimo di una delle due righe dista di circa 2σ dal massimo dell’altra (figura C.2 al centro).Questo criterio di limite al potere risolutivo di un sistema e del tutto generale.

I primi spettrometri realizzati nel ’700 erano a prisma. Per coprire i vari intervalli spettralierano necessari numerosi prismi di materiali diversi, innanzitutto trasparenti nella regione diinteresse, e poi con una variazione dell’indice di rifrazione abbastanza alta in modo da avere unadispersione angolare elevata. Per esempio, i prismi di quarzo (silice fusa) erano usati nell’ultra-violetto e nel visibile; il vetro andava bene solo nel visibile, in quanto che assorbe la radiazioneultravioletta e quella infrarossa; nell’infrarosso erano usati prismi di cloruro (o di bromuro) dipotassio, ecc. La scansione dello spettro avveniva o ruotando il prisma e tenendo fissi i cannoc-chiali di ingresso e di uscita dallo spettrometro, oppure si teneva fisso il prisma ed il cannocchialedi ingresso e si ruotava quello di uscita. L’uso dei cannocchiali consentiva di vedere con l’occhiole righe spettrali. Con lo sviluppo delle lastre fotografiche, sul piano focale del cannocchiale d’u-scita veniva posta una lastra fotografica, sulla quale le righe spettroscopiche apparivano come

Figura C.1: Dettaglio delle componenti per misure di spettroscopia.

23

Figura C.2: Sovrapposizione di due righe spettrali di forma gaussiana vicine, una centrata adx = 0 e l’altra ad x = 1.5, x = 0.9 ed x = 0.5 nei grafici di sinistra, al centro e di destra,rispettivamente. La semilarghezza delle gaussiane e σ = 0.5.

Figura C.3: (a) Schema di un monocromatore a reticolo di diffrazione concavo; le fenditure sonofisse e la scansione avviene ruotando e traslando il reticolo in avanti. (b) Schema di un modernospettrometro a reticolo concavo fisso e con fotorivelatore sensibile alla posizione (matrice difotodiodi CCD).

delle strisce nere: tanto maggiore era l’annerimento della lastra, tanto maggiore era l’intensitadella riga spettrale.

Con lo sviluppo dei reticoli di diffrazione si e passati dagli spettrometri a prisma a quelli areticolo; non solo si utilizzano reticoli in trasmissione, come quello rappresentato in figura ??,ma soprattutto reticoli in riflessione. Nell’800 questi erano realizzati incidendo meccanicamentecon una punta di diamante un supporto di vetro; le righe erano poi ricoperte con un film sottiledi metallo altamente riflettente. Il macchinario usato per incidere i reticoli era assai complessoe doveva soddisfare dei requisiti di estrema stabilita meccanica e termica ed essere totalmenteprivo di vibrazioni, per poter incidere delle righe perfettamente parallele tra di loro per unalunghezza di alcuni centimetri ed equidistanziate di frazioni di micron.

La costruzione dei reticoli si e notevolmente semplificata con l’introduzione delle ”repliche”,che consistono nell’impronta di un reticolo ”master” negativo eseguita con una sottile pellicola dimateriale plastico, che veniva poi fatta aderire al supporto di vetro liscio e metallizzata per ren-derla riflettente. In questa maniera il costo di realizzazione di un singolo reticolo originale veniva

24 APPENDICE C. GLI SPETTROMETRI

ripartito tra le copie. Oggigiorno, sfruttando le tecniche litografiche di incisione dei materialiper l’elettronica miniaturizzata e usando dei laser che interferiscono sul supporto fotosensibile,si possono progettare ed ottenere reticoli in riflessione con caratteristiche molto avanzate, in mo-do da ridurre al minimo le aberrazioni geometriche, migliorare la purezza spettrale, aumentarel’efficienza del reticolo nelle regioni spettrali desiderate.

L’uso dei reticoli in riflessione ha portato notevoli vantaggi e semplificazioni. L’impiego disupporti concavi riunisce in un solo elemento la parte dispersiva e quella di rifocalizzazione: infat-ti i reticoli concavi focalizzano la radiazione diffratta sulla fenditura d’uscita del monocromatore,come mostrato schematicamente in figura C.3a; in alternativa, sul piano focale del reticolo simette un dispositivo per misurare l’intensita della luce in funzione della posizione. Una voltaquesto dispositivo consisteva nelle lastre fotografiche; oggi invece si usano i sensori a matricecome quelli usati nelle macchine fotografiche digitali (figura C.3b). Nella pratica, spettrometricon una elevata dispersione e, quindi, un elevato potere risolutivo, dell’ordine R ∼ 100000, sonostrumenti molto sofisticati con distanze focali molto lunghe, anche di alcuni metri, e utilizzanogli ordini superiori di diffrazione. Nell’uso corrente questa risoluzione non occorre e, per mi-surare spettri di riflessione o di trasmissione dei materiali di interesse dei beni culturali, sonosufficienti strumenti con bassa risoluzione, dell’ordine dei nanometri. Ormai questi strumentisono estemamente compatti, facilmente trasportabili e collegati ad un calcolatore portatile (fi-gura A.7). Un guida ottica del diametro di 0.1 mm, usata per trasferire la radiazione riflessa dalcampione allo spettrometro, fa da fenditura di ingresso; il rivelatore e un sensore a matrice, percui uno spettro completo si misura in pochi secondi.

Appendice D

Spettroscopia di fluorescenza diraggi X

La spettroscopia di fluorescenza dei raggi X ha trovato un ampio consenso perche e possibilerealizzare strumentazione portatile a costi ragionevoli e consente di ottenere rapidamente l’analisielementale (qualitativa) dell’area investigata.

Come mostrato nello schema della figura D.1, mandando radiazioni ionizzanti (raggi X, raggigamma, particelle alfa, ecc.) su un materiale, degli elettroni vengono strappati dagli stati piulegati degli atomi costituenti, lasciando quindi delle lacune nei livelli K,L,M, ...1 Successivamen-te, gli elettroni piu esterni riempiono le lacune e l’energia della transizione puo essere rilasciatasotto forma di raggi X di fluorescenza. Lo spettro di fluorescenza di ciascun atomo e costituitoda gruppi di righe come nel caso di eccitazione con elettroni visto nel precedente capitolo. Lepiu energetiche sono le righe K, cui seguono le righe L, M , .... In figura D.2 sono riportate leenergie delle righe K (cosı come quelle delle righe L e M), che crescono in maniera regolare conil numero atomico Z dell’atomo eccitato e sono diverse da un atomo all’altro; il loro valore variada un centinaio di eV per gli atomi piu leggeri (berillio, boro) fin oltre cento keV per gli elementitransuranici. Gli atomi piu leggeri con Z ≤ 10 (neon) hanno solo le righe Kα, mancando dielettroni M . Per lo stesso motivo anche le righe L sono presenti solo a partire dal sodio (Z=11)al crescere del numero atomico.

Figura D.1: Rappresentazione schematica del processo di emissione di fluorescenza X.

1Per una descrizione semplificata della struttura elettronica degli atomi e dei simboli usati, si vedal’appendice???

25

26 APPENDICE D. SPETTROSCOPIA DI FLUORESCENZA DI RAGGI X

Figura D.2: Energia delle righe di fluorescenza Kα1, Lα1 e Mα1 in funzione del numero atomicoZ degli elementi.

Una misura di fluorescenza di raggi X consiste nell’ottenere lo spettro di fluorescenza (in-tensita dei raggi X che lasciano il campione in funzione della loro energia) da una piccola areadel campione in esame. L’energia delle righe trovate consente di individuare univocamente glielementi presenti nel materiale e la loro intensita e funzione della concentrazione delle specieatomiche presenti.

In laboratorio si possono avere apparecchi per misure di fluorescenza dei raggi X che funzio-nano o a dispersione di energia secondo lo schema descritto oltre, o a dispersione di lunghezzad’onda. In questi ultimi i raggi X di fluorescenza sono raccolti da un cristallo di diffrazione; inbase alla legge di Bragg 2d sin θ = nλ, variando l’angolo θ di incidenza sul cristallo e quello cuisi posiziona il rivelatore, si selezionano le diverse lunghezze d’onda emesse con un elevato potererisolutivo. Inoltre, la camera di misura e in vuoto, per cui si arriva a raccogliere la fluorescenzaanche degli elementi piu leggeri. Con la strumentazione da laboratorio e possibile arrivare asensibilita di alcune parti per milione.

La strumentazione portatile necessaria per eseguire la spettroscopia di fluorescenza X si basasul metodo a dispersione di energia (ED-XRF: energy dispersive X-ray fluorescence). La testa dimisura, montata su un sistema di posizionamento, consiste di un generatore di raggi X di bassapotenza e con fascio ben collimato sia per motivi di sicurezza che per selezionare una piccolaarea del campione da analizzare, e di un rivelatore di raggi X a stato solido. Non esiste uncomponente dispersivo, bensı si ricorre a dei processi fisici, per cui, nel rivelatore, si genera unimpulso di corrente per ogni fotone X rivelato, la cui ampiezza e proporzionale all’energia delfotone. Gli impulsi, amplificati e formati da un amplificatore, sono suddivisi e contati in vari”canali” mediante un altro strumento, la scheda multicanale. La scheda multicanale e collegataad un calcolatore portatile (PC), necessario per raccogliere, memorizzare ed analizzare gli spet-tri di fluorescenza, che vengono visualizzati in tempo reale sullo schermo del PC. Misurandoinizialmente la fluorescenza di alcuni elementi noti, si calibra il numero del canale con le energiedei raggi X emessi. I processi fisici, responsabili della formazione dell’impulso di corrente nelsensore, sono soggetti a vari eventi casuali, per cui le righe di fluorescenza hanno una formagaussiana con una propria deviazione standard σ. E necessario raffreddare a bassa temperatura

27

il sensore di raggi X per farlo funzionare correttamente e per migliorare il σ delle righe di fluore-scenza. Gli spettrometri ED-XRF hanno un potere risolutivo abbastanza piccolo, circa 50, masufficiente per separare bene le varie righe di fluorescenza di raggi X emesse dai diversi atomipresenti nel campione.

All’inizio la strumentazione portatile per spettroscopia ED-XRF era assai ingombrante epesante; un esempio e mostrato a sinistra nella figura D.3. Tuttavia gli sforzi compiuti daipionieri in questo campo hanno dimostrato l’importanza fondamentale di questa tecnica comesupporto agli storici dell’arte ed ai restauratori.

I rapidi progressi tecnologici avuti negli ultimi venti–trenta anni, in particolare la miniaturiz-zazione raggiunta nei componenti elettronici, hanno reso possibile costruire degli spettrometriED-XRF trasportabili in una piccola valigia, come quello mostrato a destra nella figura D.3,realizzato nel Laboratorio di Analisi Non Distruttive ed Archeometria (LANDA) nei primi annidel 2000. Al posto dei rivelatori a stato solido raffreddati alla temperatura dell’azoto liquidomediante ingombranti dewar, si usano rivelatori raffreddati Peltier e quindi di piccole dimen-sioni. Anche tutti gli altri componenti della strumentazione (l’alimentatore dell’alta tensione, ilgeneratore di raggi X, l’ amplificatore e la scheda multicanale,...) hanno raggiunto dimensioni,ingombri e pesi molto minori. La miniaturizzazione si e spinta oltre, tanto che oggigiorno esi-stono sistemi molto compatti, poco piu grandi di una scatola di sigarette, dove sono alloggiatiil rivelatore raffreddato Peltier, l’amplificatore e formatore di impulsi e la scheda multicanale,mentre la sorgente di raggi X, insieme al suo alimentatore dell’alta tensione, sono contenuti inun’altro piccolo oggetto, come si puo vedere nella figura D.3. Gli ingombranti PC con i lorogrossi schermi a raggi catodici o a cristalli liquidi sono stati sostituiti dai calcolatori portatili oaddirittura dai palmari, con i quali si comandano tutti i componenti della strumentazione por-tatile, oltre a raccogliere e memorizzare gli spettri. E possibile acquistare dei sistemi completiper ED-XRF, dedicati a particolari esigenze dell’industria o di studi ambientali, che hanno ledimensioni di un asciuga-capelli.

In una misura di fluorescenza di raggi X, il fascio di raggi X emesso dalla sorgente vienelimitato a circa 1-2 mm di diametro per poter selezionare bene il punto da esaminare. Lasorgente di raggi X generalmente viene alimentata tra 30 kV e 40 kV, a seconda delle necessita,e con correnti molto basse, dell’ordine di una decina di µA. La sorgente emette uno spettro

Figura D.3: Sinistra: strumentazione portatile per fluorescenza di raggi X degli anni 1990.Centro: strumentazione portatile dei primi anni del 2000. Destra: strumentazione portatileattuale.

28 APPENDICE D. SPETTROSCOPIA DI FLUORESCENZA DI RAGGI X

continuo di raggi X, la cui intensita diminuisce al crescere della loro energia, fino ad annullarsiall’energia massima possibile data dall’alta tensione usata per alimentare il tubo a raggi X. Iltempo di misura e di 5-10 minuti, a seconda del materiale che si sta investigando e della qualitadegli spettri che si vogliono ottenere.

Un tipico spettro di ED-XRF presenta i picchi di fluorescenza caratterisitici degli elementipresenti nel materiale analizzato, e un segnale di fondo distribuito su tutto l’intervallo spettrale,dovuto alla diffusione elastica ed anelastica dei raggi X primari (quelli emessi dalla sorgente) siada parte del campione che all’interno del rivelatore stesso (figura D.4). Questo fondo limita la

Figura D.4: A sinistra: Spettro di fluorescenza di raggi X misurato su un campione di bronzo.A destra la scala dei conteggi e stata amplificata per mostrare i segnali piu deboli.

sensibilita delle misure a valori della concentrazione di poco inferiore ad uno per mille, perchenasconde le righe piu deboli dovute alla fluorescenza degli elementi in traccia.2 Lo spettromostrato in figura D.4 e stato misurato, alimentando la sorgente di raggi X a 40 kV, su uncampione di bronzo ternario rame – piombo – stagno; i due picchi piu intensi, che dominano nelgrafico di sinistra, sono dovuti all’emissione delle righe Kα e Kβ del rame. Molto piu deboli, edingrandite nel grafico di destra, sono presenti le emissioni L del piombo e K dello stagno, oltrea quelle K del ferro e del nichel, che sono delle impurezze presenti nella lega. Il gruppo di righea circa 3 keV e dovuto all’emissione L dello stagno.

L’aria presente tra il campione e il rivelatore e la finestra di berillio del rivelatore stessoassorbono i raggi X di piu bassa energia, per cui, con l’ED-XRF, non e possibile rivelare glielementi piu leggeri, in particolare l’ossigeno, il carbonio e l’azoto, presenti nei composti organicie nei composti di corrosione dovuti all’interramento dei reperti studiati. Nello spettrometromostrato nel pannello di destra della figura D.3 ci sono circa 3 cm d’aria tra il campione ed ilrivelatore. Alimentando il generatore di raggi X a 40 kV e tenendo presente che il rivelatoreha una buona efficienza alle basse energie, si riescono a rivelare bene le righe di fluorescenza Kdegli elementi compresi tra l’alluminio e l’antimonio, e le righe L degli elementi compresi trail rubidio e l’uranio. Questo, per esempio, consente di studiare meglio le ceramiche; inoltre epossibile rivelare le righe di fluorescenza del fosforo e dello zolfo, elementi presenti nelle patinesuperficiali dei beni esposti all’inquinamento atmosferico e la cui rimozione durante i lavori direstauro va accuratamente monitorata.

2Ci si riferisce al criterio del 2σ gia incontrato.

29

Gli spettri di fluorescenza sono analizzati con adeguati software, che consentono di associarei vari picchi individuati con i rispettivi elementi3 e che forniscono l’intensita delle righe difluorescenza in termini di conteggi presenti nell’area racchiusa dal picco. Queste analisi sonopuramente qualitative. Tuttavia si ottengono molte informazioni utili sui materiali oggetto diun’indagine sia eseguendo piu misure su punti diversi di uno stesso oggetto per verificarne,per esempio, l’omogeneita, che studiando numerosi oggetti della stessa specie. Pero, gli spettrimisurati direttamente non sono confrontabili tra di loro, perche le loro intensita dipendono daalcuni fattori geometrici associati al posizionamento del campione rispetto allo spettrometro ea quanto accidentata e la superficie del campione. Occorre quindi fare un ulteriore passo, che equello di normalizzare i dati raccolti in modo da uniformarli tra di loro. Il metodo piu semplicee quello di dividere i conteggi di ciascuna riga per conteggi totali ottenuti sommando quellidi tutte le righe. In termini matematici, indicando con Ni il numero di conteggi misurati incorrispondenza della riga Kα (o Lα) dell’elemento i-esimo individuato, si ottengono, per ognispettro, i conteggi normalizzati

Pi =Ni∑Ni

, (D.1)

che danno solo delle informazioni qualitative sulla composizione del materiale investigato. Tut-tavia, dal confronto tra gli spettri ottenuti in maniera similare su uno stesso campione e su varicampioni, l’analisi dei conteggi normalizzati consente di ottenere informazioni importantissimesulla loro composizione e su come essa varia.

Siccome la penetrazione dei raggi X e di alcune decine di micron, l’analisi ED-XRF e sensibileallo stato di conservazione e alla struttura della superficie del manufatto. Quando la superficiepresenta evidenti effetti di invecchiamento (corrosione, patine, incrostazioni, ...) o e costituitada piu strati sovrapposti, come gli strati pittorici delle pitture, e possibile eseguire solo l’analisiqualitativa.

Si e detto piu volte che l’intensita delle righe di fluorescenza dipende dalla concentrazionedegli elementi. La cosa e evidente: maggiore e il numero di atomi di un elemento presentinella zona analizzata del campione, maggiore sara il numero di fotoni di fluorescenza emessi.Tuttavia l’intensita delle righe e determinata non solo dalla concentrazione dei singoli elementi,ma anche da fattori strumentali e da come i raggi X interagiscono con i singoli atomi. Questocomporta che non si possono relazionare tra di loro le concentrazioni dei vari atomi presentinel campione e le rispettive intensita delle righe di fluorescenza anche per campioni omogenei.Riferendoci alla figura D.4, confrontiamo, per esempio, le righe di fluorescenza Kα1 dello stagno(a 25,27 keV) e del rame (a 8,04 keV). Nel caso dello stagno, solo i raggi X compresi tra circa30 keV e 40 keV emessi dalla sorgente sono in grado di eccitare i livelli K dello stagno; questae una piccola porzione di tutto lo spettro ed anche la meno intensa. Invece, nel caso del rame,e tutta la porzione dello spettro emesso dalla sorgente da 9 keV in su che interviene. Inoltre,la sensibilita ai raggi X di diversa energia del rivelatore e massima nella regione spettrale dellerighe K del rame e si riduce notevolmente in corrispondenza delle righe K dello stagno. Questeosservazioni da sole fanno capire che, nello spettro XRF misurato, a parita di concentrazionele righe di fluorescenza dello stagno risultano meno intense di quelle del rame. Oltre a questieffetti strumentali, altre cause intervengono nel determinare l’intensita delle righe (nell’esempioche stiamo facendo, le righe Kα): queste sono i) la probabilita di eccitare i livelli K degli atomipresenti nel campione e ii) la probabilita che gli atomi eccitati decadano emettendo la riga difluorescenza Kα. Tutti questi contributi giocano alla stessa maniera sia che un atomo (di rame

3Anche nello studio degli spettri di fluorescenza dei raggi X e bene associare una serie di righe a un elemento,e non una sola riga, che potrebbe essere dovuta ad effetti spuri.

30 APPENDICE D. SPETTROSCOPIA DI FLUORESCENZA DI RAGGI X

o di stagno o di piombo) faccia parte di un composto (la lega di bronzo) sia che esso faccia partedi un campione metallico puro. Facendo i rapporti tra le intensita delle righe misurate sulla legae sui campioni puri, i contributi di cui sopra si semplificano tra di loro e si ottengono dei numeriche approssimano le concentrazioni dei singoli elementi.

Si possono esprimere le considerazioni fatte sopra in termini matematici per determinarecome l’intensita delle righe sia legata alla concentrazione di ciascun elemento. In presenza di unmateriale omogeneo, la cui superficie e piana e liscia, e possibile eseguire un’analisi quantitativa.Per una sorgente monocromatica di raggi X di energia E0, l’intensita della riga i-esima difluorescenza e data da:

Ni(E0) = I0(E0)εiKiµi(E0)

µs(E0) +Gµs(Ei)Wi , (D.2)

dove I0(E0) e l’intensita dei raggi X di eccitazione; Wi e la concentrazione (percentuale inpeso) da determinare dell’elemento i-esimo; Ki e un fattore che tiene conto della probabilitadi eccitazione all’energia E0 e dell’efficienza di emissione della riga i-esima di fluorescenza;G = sinψ1/sinψ2 tiene conto della geometria dell’apparato di misura, dove ψ1 e ψ2 sono rispet-tivamente gli angoli di incidenza e di osservazione misurati rispetto alla superficie del campione,µi e µs sono i coefficienti di attenuazione di massa della specie atomica i-esima e del mezzo ri-spettivamente, che danno l’attenuazione del fascio di raggi X incidente e di quello uscente mentreattraversano il campione, ed infine εi tiene conto dell’assorbimento dell’aria e dell’efficienza delrivelatore in corrispondenza della riga i-esima. In genere le sorgenti di raggi X portatili emettonouno spettro continuo, pertanto l’equazione D.2 va ancora integrata su E0.

Anche se a prima vista Ni(E0) sembra essere direttamente proporzionale alla concentrazioneWi dell’elemento i-esimo, bisogna ricordare che anche µs contiene le concentrazioni di tutti glielementi, incluso quello i-esimo:

µs(E0) =∑j

µj(E0)Wj . (D.3)

L’equazione D.2 da l’intensita di fluorescenza primaria emessa dall’atomo i-esimo; vi e anche unsignificativo contributo di fluorescenza secondaria dovuta al fatto che la fluorescenza degli atomipiu pesanti nell’uscire dal campione puo eccitare gli atomi piu leggeri, per cui si ha attenuazionedelle righe piu energetiche ed aumento delle altre.

I programmi per l’analisi degli spettri di fluorescenza consentono di ricavare le concentrazioniWi con metodi ricorsivi, tenendo conto sia dell’emissione primaria che di quella secondaria,inserendo tutti i parametri relativi alle condizioni di misura, ed utilizzando librerie interne peri parametri atomici.

Nello studio in situ dei beni culturali le condizioni ideali sono verificate di rado. Bonizzonied al. hanno investigato l’effetto della forma irregolare del campione o di un allineamento nonideale della strumentazione nell’analisi quantitativa di oggetti metallici, trovando che con lageometria usata convenzionalmente in cui ψ1 ' ψ2 ' 45◦, l’errore introdotto nel calcolo delleconcentrazioni puo essere dell’ordine di qualche percento.

Inserire un commento sulla necessita di usare sofisticati programmi di statisticaper analizzare la grande mole di dati raccolti

In molti casi la ED-XRF consente di rispondere ai quesiti posti dagli Archeologi, per esempio,come si vedra piu avanti, il tipo di lega di un manufatto metallico o l’autenticita di un repertoarcheologico, o i pigmenti minerali utilizzati per un dipinto. In altri casi si utilizza per eseguireuna prima campionatura del manufatto, in modo da limitare ed indirizzare la selezione dei puntida cui prelevare piccoli quantitativi di materiale per ulteriori analisi piu complete da svolgere inlaboratorio.

31

Per approfondire l’argomento:

- S. Sciuti, Notes on Archaeometry: non destructive testing techniques in archaeometry,(Bagatto Libri, Roma 1996).

- Handbook of X-ray Spectrometry, R. E. Van Grieken and A. A. Markowicz editors (MarcelDekker Inc, Basilea 2002)

- R. Cesareo X-ray physics: Interaction with matter, production, detection, La Rivista delNuovo Cimento (Editrice Compositori, Bologna 2000).

- M. Marabelli, M. Ioele, D. Artioli, A. Castellano, R. Cesareo, G. Buccolieri, S. Quarta,C.Cappio Borlino, Distribution of sulphates and controlling their presence before and afterrestoration work in Restoration of the Scrovegni Chapel (Ed. G. Basile, Skira Ed. 2005).

- J. L. deVries and B. A. R. Vrebos, Quantification of infinitely thick specimens in Handbookof X-Ray Spectrometry, R. E. Van Grieken, A. A. Markowicz editors, (Marcel Dekker Inc,Basilea 2002)

- M. Milazzo e N. Ludwig, Misurare l’arte: analisi scientifiche per lo studio dei beni culturali(Bruno Mondadori, Torino 2010).

- L.Bonizzoni, A. Maloni, e M.Milazzo, Effects of irregular shape on quantitative XRFanalysis, X-Ray Spectrom. 35, 390-399 (2006).