Bortoletti, Sicurezza urbana, prevenzione, insicurezza, Libera Università San Pio V, Roma, 18...

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Libera Università San Pio V Master in Scienze Criminiologiche, Investigative e della Difesa sicurezza urbana : risposte nazionali e risposte locali. Maurizio BORTOLETTI 18 aprile 2008

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Libera Università San Pio V Master in Scienze Criminiologiche,

Investigative e della Difesa

sicurezza urbana : risposte nazionali e risposte locali.

Maurizio BORTOLETTI

18 aprile 2008

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L’attualità del tema

Ø  Stiamo assistendo ad una sempre più rapida evoluzione delle politiche pubbliche in tema di sicurezza : sotto la spinta di nuove richieste normative o politiche, si definiscono nuove aree di policy, trasversali, che travalicano i confini tradizionali delle specialità amministrative e che evidenziano la necessità di disporre di strumenti di analisi nuovi, specialmente di tipo sociologico.

Ø  Il solo dibattito sulla cosiddetta “polizia locale” sta assumendo

in alcune Regioni italiane toni anche molto appassionati.

Ø  In tema di sicurezza, ma, soprattutto, di insicurezza urbana, stanno emergendo, così, nuovi attori, diversificate e innovative strategie e politiche di contrasto, spesso ricomprese in quella cd. “nuova prevenzione”, oggi diventata lo strumento d’azione principale utilizzato da quegli Enti locali impegnati nel cercare di dare risposte concrete ai bisogni di sicurezza espressi dai propri cittadini.

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L’indice degli aspetti approfonditi

Ø  Le dimensioni del problema l  La dimensione soggettiva del problema l  La dimensione oggettiva l  Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  Forme di criminalità urbana l  La criminalità predatoria

Ø  L’attività di prevenzione l  Telecamere : una vita sotto controllo

Ø  Le scelte nazionali l  La filosofia della prossimità l  Una precisazione sulla “zero tolerance” l  Prevenzione dedicata e sussidiaria l  Dalla sicurezza partecipata alla sicurezza partecipante : Protocolli, Contratti,

Patti

Ø  Le scelte a livello locale

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Le letture consigliate Ø  M. BARBAGLI, A. COLOMBO, E. U. SAVONA, Sociologia della

devianza, Il Mulino, Bologna, 2003. Ø  M. BARBAGLI ( a cura di ), Rapporto sulla criminalità in

Italia, Il Mulino, Bologna, 2003, Ø  R. SELMINI ( a cura di ), La sicurezza urbana, Mulino,

Bologna, 2004. Ø  M. BARBAGLI, U. GATTI ( a cura di ), La criminalità in

Italia, Mulino, Bologna, 2003. Ø  G. AMENDOLA, ( a cura di ), Il governo della città sicura,

Liguori, Napoli, 2003. Ø  G. AMENDOLA, Paure in città, Liguori, Napoli, 2003. Ø  M. BORTOLETTI, Paura, criminalità, insicurezza. Un viaggio,

nell’Italia alla ricerca della soluzione, Rubbettino, Soveria M., 2005.

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Le dimensioni del problema

Ø  Se ne è parlato ogni giorno sotto gli ombrelloni delle località di villeggiatura, se ne è parlato tra le sdraio dei solarium delle baite di montagna. Ma se ne parla tra i banchi del mercato rionale, sugli autobus e nei bar delle città grandi e piccole, sul posto di lavoro. Come anche l’Istat conferma, il tema della “sicurezza“ è in cima alla lista delle preoccupazioni del cittadino italiano.

l  Nel nostro paese esiste un'emergenza sicurezza ? l  Cosa si può dire di fronte al comune sentire che vede il nostro “ sistema sicurezza

“ come malato da una irreversibile inefficienza? l  E cosa si potrebbe fare per dare ai cittadini quella sicurezza e quella libertà che

sono la base della fiducia in questo grande bene collettivo?

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Le dimensioni del problema

Ø  Snodo cruciale della vita italiana, il tema della sicurezza pubblica vede oggi crescere il senso di disagio e di incertezza, specie tra i cittadini di certe aree urbane e di certe regioni del nord Italia .

Ø  Qui tutti hanno ben chiaro che poco contano l’entrata in Europa o il federalismo, ma anche la riduzione del carico fiscale o la semplificazione burocratica per le aziende, quando la violenza di queste bande delinquenziali in un attimo può cancellare tutto : i sacrifici di una vita, gli affetti più cari e, finanche, la propria vita.

Ø  Una sottile, ma logorante angoscia, amplificata e resa ancor più drammatica dai fatti dell’ 11 settembre che hanno fatto vacillare, in tema di sicurezza, quelle poche certezze che ancora sembravano intangibili e nelle quali il mondo occidentale si era illusoriamente cullato, quasi fossero consacrate da un patto non scritto tra criminali e Istituzioni statali.

Ø  Qui, dalla mancata risposta al problema della sicurezza urbana nasce l’ insoddisfazione del cittadino verso la " sicurezza " e qui, dalle offese della criminalità urbana, si apre quella ferita con le Istituzioni che alimenta sfiducia, senso di abbandono, distacco dallo Stato, sordi rancori, rabbie pronte ad esplodere.

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Le dimensioni del problema

Ø  In un weekend sulle strade possono trovare la morte decine e decine di persone vittime di incidenti : ma al di là di un’emozione passeggera, queste stragi, come sempre più spesso vengono etichettate, non suscitano nessuna particolare emozione popolare, nessuna richiesta di norme più severe, di controlli stradali più frequenti. Nulla, cioè, di tutto quello che, normalmente, accompagna i giorni successivi ai delitti, più o meno efferati : emozioni e richieste provocate dalle vittime, fortunatamente in numero ben più limitato, di questa forma di criminalità predatoria.

Ø  E’ vero che tutti, più o meno, violiamo, qualche volta, le norme del codice della strada. E’ anche vero che, forse, purtroppo, alle stragi

dell'asfalto siamo oramai abituati da tanti anni. Ma è tutto qui ? E’ solo questo ?

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Le dimensioni del problema

Non solo. Ø  La sottovalutazione del problema sicurezza ha finito con

l’umiliare le vittime. Ø  Tollerare le degenerazioni del tessuto civile, che nascono dalla

criminalità urbana, ha significato, per giunta, disprezzare i più umili che, per primi, subiscono questa situazione. Ed ha seminato veleni più in profondo: cosa resta a quell'operaio, che ha faticato una vita per comprare il piccolo appartamento in cui abita nella periferia di una grande città, quando vede arrivare lo sfruttatore o lo spacciatore che ogni giorno staziona sul marciapiede di casa sua, con una valigia piena di banconote e comprare l'appartamento sul suo pianerottolo?

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Le dimensioni del problema Ø  Cercheremo di sfatare il mito, nostra antica consuetudine, che

ogni problema debba essere affrontato e disciplinato da una legge, con la conseguenza che, anche quando una certa legge è davvero importante ed urgente, per farla approvare da un Parlamento ingolfato servono due anni.

l  Quando una norma del comparto sicurezza non funziona, si dovrebbe poter adeguarla entro 48 ore : invece, ci vogliono anni. Nel frattempo quella norma inefficace continua a vivere ed a provocare danni, nell’attesa, come vedremo, di un fatto grave che susciti un'ondata emotiva a livello politico.

Ø  Si deve sperare nell'emergenza, per adottare misure giuste e utili ? Ø  La richiesta di " legge ed ordine " può essere affidata solo ad una parte

dello schieramento politico? Ø  Le nostre città sono davvero diventate più insicure?

l  A queste domande, a questo disagio, reale o simbolico, ed altre volte manifesto, deve lavorare la politica indicando strade concrete per la soluzione dei problemi e tenendo sempre presente che la paura fa sembrare accettabili, e magari auspicabili, derive illiberali che, in altri casi, sembrerebbero improponibili : sull'onda della paura e dell'irrazionalità può passare di tutto!

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Le dimensioni del problema

Ø  Negli ultimi anni, in Italia, come in altri Paesi occidentali, si è andata diffondendo, sino quasi a radicarsi nella coscienza collettiva, l’idea che uno dei problemi più gravi della nostra società sia la diffusione dell’illegalità, ben oltre gli standard fisiologici che il corpo sociale è in grado di sopportare.

Ø  E' l'insicurezza del quotidiano a fare più paura e non l'eccezionale evento sanguinario, avvertito come lontano, come qualcosa che interessa altri. Questa insicurezza è ulteriormente aggravata da alcuni elementi di contorno di certi reati : il piccolo spaccio di droga per la strada infastidisce, di per sé, il cittadino che in quella strada abita o si trova a passare a piedi. A volte, però, crea più disagio e avvilimento ciò che ruota intorno a tale spaccio : l'accorrere di tossicodipendenti, l'impossibilità fisica di passare per certi marciapiedi, l'ostentata aggressione all'ambiente .

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Le dimensioni del problema

Ø  È a partire almeno dagli anni settanta che la questione criminale, intesa nella sua accezione più ampia, costituisce uno dei problemi principali della società italiana. Tuttavia, per molto tempo, e sicuramente negli anni settanta ed ottanta, parlare di questione criminale nel nostro Paese significava mettere il dito su alcune piaghe particolarmente visibili, cariche di implicazioni politiche e dal forte impatto emotivo, come le stragi, il terrorismo, la corruzione e la mafia : problemi che, facilmente, hanno saputo richiamare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, ma che rappresentano solo i momenti più eclatanti e traumatici della questione criminale.

Ø  Solo recentemente, negli anni 90’, la criminalità è stata riconosciuta, nelle sue molte manifestazioni, come un problema sociale generale, capace, perché tale, di influenzare, se non addirittura determinare, la vita economica, civile e politica del Paese. E solo recentemente è stata attribuita alla criminalità diffusa, alla microcriminalità tutta l’importanza che merita.

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La dimensione soggettiva del problema

Ø  Nel nostro Paese la paura della criminalità ha una rilevante incidenza: le dimensioni di alcuni reati che colpiscono direttamente gli individui e le famiglie sono aumentate dagli anni settanta e la minaccia alla propria incolumità ed il timore di perdere i propri beni costituiscono, oggi, paure ricorrenti e diffuse .

Ø  La sicurezza/insicurezza è una sottile angoscia che possa succedere qualcosa, ma non viene ancora collegata immediatamente all’azione criminale di un altro essere umano.

Ø  A livello motivazionale, la sicurezza viene citata dagli italiani come la terza questione, in ordine di importanza, di cui i politici italiani dovrebbero occuparsi. Preceduta solo dal problema occupazione e da quello delle pensioni, lesigenza di sentirsi sicuri emerge con forza.

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La dimensione soggettiva del problema Ø  È opportuno precisare che paura della criminalità o sentimento di

insicurezza sono espressioni usate, spesso, in modo ambiguo, in genere per indicare due fenomeni che, da tempo, nella letteratura scientifica internazionale, vengono analiticamente tenuti distinti.

Ø  Il primo (concern about crime) è la preoccupazione, di ordine sociale, politico o anche morale per la criminalità. Questo sentimento ha, in genere, a che fare con il grado di partecipazione politica, con l’adesione ad una determinata visione del mondo, con dei valori che la comunità dovrebbe perseguire e che lo Stato dovrebbe incoraggiare.

Ø  La paura della vittimizzazione (fear of crime) è, invece, il timore che gli individui hanno di poter subire un reato che colpisca la propria incolumità personale o i propri beni. Entrambi i fenomeni si presentano distribuiti in modo ineguale tra la popolazione, a seconda della zona in cui vive, del sesso, dell’età, della collocazione sociale.

Ø  Ma, solo in parte, queste due dimensioni si sovrappongono e ciascuna può essere ricondotta a fattori diversi.

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La dimensione soggettiva del problema Ø  Le ricerche condotte hanno, infatti, evidenziato che la preoccupazione per

la criminalità è più diffusa tra gli strati medio-alti della popolazione, tra gli individui che hanno posizioni politiche conservatrici e cresce nei periodi di rapido cambiamento sociale e politico.

Ø  La paura della vittimizzazione, invece, è, in genere, più diffusa tra gli strati medio-bassi della società, varia al variare del tasso di criminalità della zona in cui si vive e non è influenzata allo stesso modo dai vari tipi di reato .

Ø  È, soprattutto, la criminalità predatoria, costituita da furti e rapine, ad influenzare la paura personale della criminalità, mentre la grande criminalità organizzata non sembra avere una chiara relazione con tale sentimento.

l  Sicilia e Calabria sono tra le regioni italiane con il più alto tasso di omicidi, ma per la distribuzione regionale della paura della criminalità queste due regioni si collocano sotto il Lazio ed il Piemonte, che hanno tassi di omicidio ben più bassi.

l  Guardando al reato di scippo, senz’altro meno grave, ma che può apparire, anche perché più diffuso, più probabile e meno lontano dalla vita di tutti giorni, le regioni con i tassi di scippo più elevati sono anche le regioni in cui la paura della criminalità è più diffusa ed al decrescere dell’una, diminuisce anche l’altra.

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La dimensione soggettiva del problema

Ø  Le ricerche condotte hanno mostrato che non sono solo i reati ad influenzare la paura della vittimizzazione : essa è anche legata alle variazioni nei livelli di ciò che, nella letteratura anglosassone, viene chiamato disordine .

Ø  Sono due le dimensioni del disordine, una fisica e l’altra sociale. Il disordine può presentarsi sotto forma di degrado edilizio, di mancanza di manutenzione delle strade e dei luoghi pubblici, di presenza di auto abbandonate sui marciapiedi o ai bordi delle strade; oppure può essere segnalato dalla presenza di graffiti sui muri delle case, dalla presenza di prostitute in cerca di clienti, dalle molestie verbali rivolte alle donne che passano per la strada, dalluso di droghe o dalla vista di persone che le spacciano.

Ø  Solo alcuni di questi comportamenti possono essere definiti reati in senso proprio e, quindi, solo per una parte di essi i cittadini possono richiedere legittimamente l’intervento delle FF.PP. Ma la presenza di questi c.d. reati morbidi ( soft crimes ), o di inciviltà, segnalano la rottura di un ordine sociale condiviso e la perdita di controllo da parte delle comunità sul proprio territorio : possono, quindi, essere percepiti dai cittadini come segni dell’assenza di norme che governano la zona in cui vivono e della conseguente imprevedibilità di eventi o comportamenti dei potenziali autori di reato.

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La dimensione oggettiva del problema Circa il divario tra le dimensioni oggettive del fenomeno e la sua percezione

soggettiva, vi è, prima di tutto, da sgomberare il campo dai facili equivoci sui dati posti alla base delle diverse argomentazioni : l  ricorrendo a questi dati si tende, peraltro, a dimenticare che essi richiedono

cautele, informazioni supplementari e capacità di lettura generalmente più elevate di quelle richieste dalle statistiche che utilizziamo per conoscere altri fenomeni sociali ( votanti alle elezioni politiche o andamento dei prezzi ) : uno degli interrogativi originari dei primi studiosi della criminalità ( già nel 700 e, poi, nell’800 con quella che, allora, prendeva il nome di statistica morale ovvero misurazione dei livelli di moralità ) ha riguardato la misurazione del numero di reati in un certo tempo e luogo, per studiarne poi le variazioni nel tempo e nello spazio;

l  è, poi, necessario ricordare che il numero dei reati ufficiali rappresenta solo una parte di quelli effettivamente compiuti; molti dei reati commessi, infatti, restano, per vari motivi, nascosti e non sono registrati : è il cosiddetto " numero oscuro ", che varia per i diversi tipi di reato in relazione alla sua gravità . Per quanto di non facile lettura, il dato statistico sulla criminalità può essere, dunque, interpretato, presumibilmente oggi più di ieri, in modo rigoroso e metodologicamente consapevole e costituire un elemento di forte valenza per la definizione di strategie di politica criminale.

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La dimensione oggettiva del problema Ø  Ø  Per tentare di misurare la parte sommersa della criminalità si è adottata

l’inchiesta survey o campionaria ( già utilizzata dai sociologi in altri campi di studio ) : In queste indagini, indagini di vittimizzazione, viene chiesto a un campione rappresentativo della popolazione di riferire i reati eventualmente subiti (o di cui si è stati diretti testimoni) in un determinato arco di tempo ( variabile, ma in genere un anno ). Queste indagini spesso non sono utili solo alla misurazione della criminalità reale, ma, anche, a rilevare le circostanze in cui il reato è avvenuto, il comportamento della vittima e, quando possibile, le caratteristiche degli autori ed il loro comportamento. Grazie alle indagini di vittimizzazione è stato possibile stimare, per la prima volta, le dimensioni del numero oscuro e si è così venuti a conoscenza del fatto che esso non è costante ma varia molto da reato a reato.

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La dimensione oggettiva del problema Ø  E balza immediatamente agli occhi un ben definito e consolidato

andamento opposto tra dimensione quantitativa e percezione dei cittadini : i delitti contro la persona e, in particolare, gli omicidi dolosi, le violenze sessuali, le lesioni personali, le rapine ed i sequestri di persona, sono in costante diminuzione, secondo una tendenza che dura da oltre un secolo .

Ø  Oggettivamente, quindi, “ l'insicurezza “ nelle nostre città apparirebbe, di fatto, diminuita. Ma sentimenti come la paura e l'insicurezza psicologica sono fenomeni complessi che, prima di manifestarsi, scavano a lungo, vengono da lontano, dal profondo.

Ø  E i dati sul lungo termine, per esaminare le tendenze, fanno giustizia della tesi della " insicurezza immaginaria ” : la paura, cresciuta enormemente, non è causata dall'allarme quotidiano lanciato dalla stampa e dalla televisione per ogni fatto di cronaca nera, non è alimentata soltanto dal gran parlare che se ne fa .

Ø  Ora, un’indagine del Censis, ci dice che in cima ai pensieri degli Italiani c’è la delinquenza. E il 76,9 %, a dispetto dei dati ufficiali, è convinto che nell’ultimo anno i reati siano aumentati … “.

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La dimensione oggettiva del problema

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La dimensione oggettiva del problema

LA CRIMINALITÀ VIOLENTA: GLI OMICIDI VOLONTARI

Ø  Il fenomeno degli omicidi volontari in Italia risulta numericamente poco rilevante rispetto alla totalità dei delitti commessi e, al contempo, piuttosto conosciuto sotto il profilo qualitativo, grazie all’alto numero dei delitti “risolti” che hanno consentito di raggiungere un ottimo livello di in fo rmaz ione su l l e d i ve rse peculiarità che li caratterizzano.

Ø  Nell’ultimo quadriennio il numero degli omicidi volontari commessi in Italia (2.740) è risultato il più basso in termini di valore assoluto r ispetto a i due quadr ienni precedenti.

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147158147 135

0

100

200

300

400

1° sem 2000 1° sem 2001 1° sem 2002 1° sem 2003

Rapine nelle abitazioni

Nord 172 53,3% 198 70,2% 148 54,0% 518 58,9%

Centro 62 19,1% 26 9,2% 44 16,1% 132 15,0%

Sud e Isole 89 27,6% 58 20,6% 82 29,9% 229 26,1%

TOT. ITALIA 323 100,0% 282 100,0% 274 100,0% 879 100,0%

Anno 2000

Anno 2001

Anno 2002

Incidenza % sul totale

Totale Incidenza %

sul totaleIncidenza %

sul totaleIncidenza %

sul totale

Rapine alle abitazioni (andamento triennio 2000-2002)

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677 841 806

* Dati provvisori

Usura - numero delle denunce

Totale anno 2000

Totale anno 2001

Totale anno 2002*

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici che restano e che chiedono una risoluzione in tempi brevi. E dei quali è semplice costituire un seppure approssimativo elenco : l  il problema dell'ipertrofia del nostro sistema penale, che non

assicura né prevenzione, né punizione, perché, da un lato non consente incisività all'azione penale ( finendo col distogliere l'azione penale dall'effettiva tutela di beni ritenuti essenziali ), mentre dall’altro non consente una adeguata differenziazione di reati e pene secondo gerarchie corrispondenti alle esigenze ed alle scale valoriali del nostro sistema sociale;

l  il problema dell'enorme estensione della popolazione carceraria e del suo ritmo di crescita ( una crescita più che lineare che va al di là del fenomeno analogo che si sta sviluppando negli altri paesi industrializzati ) : che non consente alcuna politica della pena e che pone soltanto un problema di contenimento.

l  La presenza di immigrati clandestini dediti ad attività criminali

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  E qui si innesta un altro sentimento diffuso tra i cittadini : la mancata punizione del colpevole che contribuisce a diffondere l'impressione di una giustizia negata nel quotidiano. C'è una parola di cui a volte si smarrisce il senso : la responsabilità.

Ø  E quanto sia centrale questo tema lo capiamo nelle righe, profetiche, scritte nel 1967 da Arturo Carlo Jemolo ad Alessandro Galante Garrone : " … una cosa sono i principi di Beccaria, ed altra cosa non volere le sanzioni … questa Italia, che ha perduto l'idea che chi manca deve essere punito, si rialzerà meno libera che non sia oggi e che non fosse nel 1914 … ". E qui si innesta la domanda : ma a che cosa deve servire la pena ? Non solo prevenzione speciale nei confronti di chi ha commesso il delitto, per evitare che torni a violare la legge penale ( la punizione deve essere certa, proporzionale alla gravità del fatto commesso ed effettiva ) , ma anche prevenzione generale per dissuadere attraverso la controspinta della sanzione : se la sanzione perde del tutto la sua capacità dissuasiva, anche il suo fine di rieducazione si svilisce.

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  Pena effettiva non significa pena severa. Meglio pene miti, ma certe, piuttosto che pene rigorose, ma casuali. Anche perché l'afflittività della prigione non è proporzionale, ma progressiva : 10 anni di carcere non sono il doppio di cinque : sono molto di più.

Ø  " Prontezza della pena " e " dolcezza del castigo" : " … la certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito alla speranza dell'impunità … ", diceva Cesare Beccaria.

Ø  In via di principio, l'opzione garantista sembrerebbe comune a tutte le forze politiche e a tutte le categorie di operatori giuridici: ai partiti di destra come a quelli di sinistra, ai magistrati come agli avvocati.

Ø  Ma la politica sconta, sul tema “ sicurezza “, atteggiamenti tradizionali e stereotipi : la destra è portata immediatamente a dare una risposta di " legge e ordine " ed a semplificare tutto, nella richiesta di sempre maggiore repressione e durezza; la sinistra, per contro, sulla scia delle proprie radici che affondano nei valori dell'uguaglianza e della giustizia sociale, è portata a ricondurre ogni problema di illegalità ad un'analisi sociale che, invocando le marginalità e le povertà, spesso, assume accenti giustificazionisti .

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  La prima questione riguarda l'efficacia degli inasprimenti punitivi progettati. Ø  C'è un principio teorico, elementare, suffragato dall'esperienza, in tema di

capacità di prevenzione del diritto penale ed è che l'effetto deterrente delle pene e dei suoi inasprimenti è direttamente proporzionale al grado di effettiva esigibilità dell'osservanza delle norme violate : massimo per reati come l'omicidio, esso è nullo per la maggior parte dei reati di strada, soprattutto se legati alla tossicodipendenza o all'emarginazione. Tanto quanto è una delinquenza di sussistenza, originata dalla povertà e dall'insicurezza delle condizioni di vita, la delinquenza di strada non è perciò prevenibile con le pene che, per quanto severe, hanno un valore poco più che simbolico.

Ø  Ovviamente la risposta penale è necessaria, pur nella sua valenza simbolica, se non altro per evitare, come pure è accaduto, la vendetta privata. Ma è del tutto illusorio affidare ad essa, anziché a politiche dirette a ridurne le cause e ad accrescere la sicurezza sociale, la prevenzione dei reati che attentano alla sicurezza individuale.

Ø  Anche perché la totale inefficacia preventiva delle nuove misure non farebbe che aggravare il sentimento di insicurezza e la sfiducia nel diritto e nelle istituzioni.

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  Ora, quale dovrebbe essere il compito della politica di fronte a questo straordinario divario tra la realtà della delinquenza urbana e la sua percezione e rappresentazione? l  assecondarlo, inseguendo demagogicamente gli umori dell'opinione

pubblica, l  ridurlo, evitando di accreditare l'idea di una crescente insicurezza

con una legislazione che se ne faccia interprete? Ø  Giacché la paura non viene diminuita, ma, semmai, accresciuta da una

simile legislazione : gli inasprimenti punitivi, proprio perché prodotti come risposte simboliche ed emergenziali al bisogno di sicurezza, finiscono, infatti, per alimentare a loro volta l'insicurezza e, così, per accrescere e drogare la domanda di sicurezza.

Ø  Alcune misure penali sono, dunque, tanto inutili nei riguardi delle dimensioni oggettive del fenomeno che pretendono di esorcizzare, quanto dannose nei riguardi della sua percezione soggettiva per il battage pubblicitario che le accompagna : esse stesse contribuiscono ad accreditare ed alimentare il senso di insicurezza e di paura.

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Una giustizia penale afflitta da problemi drammatici

Ø  Certo è più facile emanare leggi repressive che porre mano a politiche sociali . Ma queste leggi non servono assolutamente a nulla. La loro unica spiegazione razionale, talora candidamente ammessa dai loro fautori, è, purtroppo, quella della loro popolarità: almeno se per " razionale " s'intende qualunque politica volta a catturare consensi. Una politica che consiste sempre meno nell'ottenere voti come strumento per il fine di realizzare programmi, e sempre più nel propagandare programmi, quali che siano, come strumento per il fine di ottenere voti.

Ø 

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Forme di criminalità. La criminalità predatoria.

Ø  Insieme di azioni illecite condotte con la forza e con l’inganno per impadronirsi dei beni mobili altrui e che comportano un contatto fisico diretto tra colui che compie il reato e una persona o un oggetto.

Ø  Due gruppi molto diversi ne fanno parte : quelli commessi di nascosto ( attraverso la destrezza o il raggiro ) e quelli attraverso la violenza sulle cose o sulle persone.

Ø  Inoltre sono molto diversi : l  per la loro gravità e per la severità delle sanzioni che la legge

prevede; l  per la loro redditività ; l  per il tipo di forma associativa che incoraggiano; l  vengono analizzati con una prospettiva comparativa ( tra paesi e

tra le diverse regioni di un paese ) o esaminando i loro cambiamenti nel tempo i.

Ø  Ambiente urbano : anonimità e opportunità

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Forme di criminalità. La criminalità predatoria.

Ø  Per capire perché ogni giorno, in tutti i paesi del mondo, vengono commessi dei reati, i sociologi hanno studiato le caratteristiche socio-demografiche di coloro che li compiono.

l  Per lungo tempo hanno concentrato la loro attenzione sulla classe sociale di appartenenza.

l  Più recentemente il loro interesse si è spostato all’analisi dell’età e del genere. l  OGGI : le indagini contemplano solitamente l’esame di

•  ETA’ •  GENERE •  CLASSE SOCIALE

Ø  altro aspetto : l’organizzazione sociale della devianza l  come i devianti si organizzano per far fronte alla complessità dell’essere deviante,

del vivere da deviante, del commettere atti devianti; in relazione : •  alla frequentazione reciproca al di fuori delle attività devianti •  all’associarsi per commetterli •  all’esistenza di una suddivisione del lavoro per delinquere o, di più, di una

organizzazione delinquenziale di tipo formale Solitari – Colleghi – Pari – Squadre - Associazioni delinquenziali Ø  à

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L’attività di prevenzione Ø  Le politiche di sicurezza dovrebbero indirizzarsi alla tutela dei cittadini dalla

percezione di insicurezza, sia questa collegata o meno alla presenza di fenomeni criminali e di inciviltà.

Ø  Le politiche di prevenzione sono dirette ad impedire che vengano commessi reati e dovrebbero quindi tutelare i cittadini dal rischio oggettivo di essere vittime di eventi criminosi o di atti di inciviltà.

Ø  Distinzione da ricollegare alla differenza - ormai ampiamente condivisa, tra rischio oggettivo e percezione soggettiva, tra bisogno di sicurezza e domanda di tutela che ne consegue:

l  le politiche di prevenzione intervengono su una situazione di oggettiva esposizione al rischio,

l  le politiche di sicurezza si rivolgono soprattutto alla percezione di insicurezza non fondata oggettivamente su una minaccia di criminalità: sono una risposta più globale rispetto alle strategie preventive.

Ø  La SCELTA dipende da molti fattori: l  dalle caratteristiche delle politiche criminali del paese, l  dagli orientamenti criminologici prevalenti, l  dai tipi di attori istituzionali che si assumono la responsabilità di rispondere alla richiesta di

sicurezza

Ø  E’ difficile misurare un’attività tesa a raggiungere un fine non quantificabile, come lo è quello della sicurezza.

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L’attività di prevenzione

LA NUOVA PREVENZIONE : intervento che ha l'obiettivo di eliminare o ridurre la frequenza di determinati comportamenti - siano essi qualificati o meno come criminali - ricorrendo a soluzioni diverse da quelle offerte dal sistema penale.

Gli aspetti qualificanti delle politiche di "nuova prevenzione “ consistono :

•  nei diversi obiettivi degli attori ; •  non solo ridurre la criminalità, ma produrre sicurezza; •  non più soltanto intervenire sul deviante, ma concentrarsi sulle

vittime •  nella rinuncia ad interventi globali; •  nell'orientamento alla dimensione locale e alla criminalità di routine; •  nel coinvolgimento e nella responsabilizzazione di nuovi attori; •  nel combinare l'intervento sulle cause della criminalità e dell'inciviltà

con quello sugli effetti.

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L’attività di prevenzione

LA NUOVA PREVENZIONE Ø  L'aspetto innovativo si rintraccia non tanto nei contenuti della varie azioni,

quanto : l  nello sforzo di integrazione e nella molteplicità degli obiettivi che si

perseguono, l  in aspetti esterni al contenuto delle misure stesse:

•  individuazione di destinatari diversi (si pensi alle vittime reali e potenziali)

•  diversità dei soggetti promotori delle politiche, che comporta un'estensione delle responsabilità e un affacciarsi di nuovi attori sulla scena delle politiche criminali.

Ø  Ciò che è nuovo è anche la dilatazione nel tempo e nello spazio della prevenzione: si previene ovunque e ad ogni ora - anche di notte - con tanti strumenti diversi e grazie a nuove figure professionali (coordinatori, agenti ausiliari, agenti di mediazione, mediatori di comunità, e così via) .

Ø  Siamo di fronte ad un concetto estremamente elastico che consente di ricomprendere all’interno della “ prevenzione “ una varietà notevole di misure e di strategie.

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L’attività di prevenzione

All’interno di questa area della cd “ nuova prevenzione “, si possono distinguere :

l  le azioni di prevenzione situazionale : misure indirizzate direttamente agli effetti dei fenomeni criminali e al contesto in cui si verificano e intendono soprattutto ridurre le opportunità di commettere reati attraverso interventi sull'ambiente fisico, o con l'intensificazione dei controllo sociale, o, ancora, attraverso un rafforzamento delle difese, delle potenziali vittime,

l  le azioni di prevenzione sociale : si persegue un obiettivo preventivo più generale, attraverso azioni di sviluppo sociale, in grado di incidere sulle cause dei processi di criminalizzazione e di vittimizzazione. Rispetto alle politiche sociali assistenziali la prevenzione di tipo sociale cerca di individuare meglio i destinatari e di rivolgersi a contesti più circoscritti : la differenza tra le due ipotesi non è sempre evidente.

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L’attività di prevenzione

Ø  Una prevenzione integrata, sinergia tra misure della tradizionale repressione penale e gli interventi attuati nell’ambito sociale per agire sulle cause della criminalità e della vittimizzazione : un’azione, quindi, tesa anche a ridurre i fattori di rischio ed a aumentare i fattori di protezione; l  ridurre i fattori di rischio : vuol dire ridurre le condizioni che

potrebbero, all’interno di un dato contesto, rivelarsi criminogene; l  aumentare i fattori di protezione : vuol dire abbassare la soglia di

vulnerabilità dei potenziali soggetti passivi dei reati Ø  Famiglia : programmi universali e mirati Ø  Scuola : strategie di intervento individuale e ambientale Ø  Comunità : la cultura opposta, i fattori criminogeni, il disordine fisico e

sociale. Ø  Occupazione : sul versante della domanda e dell’offerta Ø  Situazionale : tende a bloccare le occasioni criminali agendo sui

luoghi e sui bersagli potenziali dei criminali

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L’attività di prevenzione Telecamere : una vita sotto controllo

Ø  Sono diventate di gran moda nell’ultimo periodo : l  chi attorno alla sede comunale l  chi trasformando le sale operative della Polizia Municipale in un “ grande

fratello •  Il “ grande fratello “, profeticamente descritto da George Orwell in “ 1984 “ : le

telecamere sono costanti e precise, talvolta scarse, talvolta un po’ cretine, come in ogni sistema automatizzato.

•  Nel 2008, i programmi di Manhattan e di Londra prevedono di aver dispiegato, per miglio quadrato, 1215 telecamere sulle rive dell’Hudson e 757 sulle rive del Tamigi. Per l’inizio del 2004 : 396 a Manhattan e le 247 a Londra

Ø  Diventa cruciale non solo sapere che cosa sta accadendo, ma anche anticipare che cosa sta per succedere : la sorveglianza oltrepassa se stessa.

Ø  Primo immediato effetto è l’ovvio spostamento della criminalità in altre aree cittadine l  dalle quali i residenti, persa la loro tranquillità, faranno salire la loro

accorata richiesta di telecamere avviando una sorta di “ Risiko “ senza fine l  la sorveglianza si trasferisce così dall’eccezionale al quotidiano, dalle

classi “ pericolose “ alla generalità delle persone.

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L’attività di prevenzione Telecamere : una vita sotto controllo

Ø  Stiamo andando sempre più rapidamente verso una società

della sorveglianza, nella quale alcune tecnologie pensate per uno scopo vengono utilizzate per altri fini l  Il pericolo che va evitato è la regola del "fai-da-te" , capace di

stravolgere gli intenti di sicurezza l  adattare questi strumenti a scopi ulteriori rispetto a quelli attinenti la

sicurezza, come è stato rilevato da parte degli esperti di marketing, che si scoprì raccoglievano i filmati dei supermercati per studiare le preferenze dei consumatori.

l  Ogni giorno dal bancomat al cellulare, dal computer alle telecamere in strade ed autostrade, si lasciano tracce elettroniche del proprio passaggio.

l  Basta pensare alle torme di curiosi con webcam e macchine fotografiche digitali che giornalmente immortalano privatamente migliaia di immagini con altre persone.

l  la sorveglianza sui luoghi di lavoro : formalmente per ragioni di sicurezza, ma in realtà si potrebbe tranquillamente misurare la produttività dei singoli addetti.

Ø  .

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L’attività di prevenzione Telecamere : una vita sotto controllo

Ø  Con un grande rischio: che anche chi non ha nulla da nascondere diserti lo spazio pubblico, con la conseguenza che le telecamere anziché incoraggiare ad uscire di casa finiscano per provocare l’effetto contrario

l  Proprio per contrastare questa pericolosa deriva, negli Stati Uniti è nato il movimento per il “ free walking “, per il diritto a camminare in libertà.

Ø  chi controlla i controllori ? l  Perché se si vuole rendere visibile l’invisibile, l’attuale legislazione in tema di privacy

è insufficiente Ø  chi difende le telecamere ?

l  Perché chi deve commettere un delitto in un’area coperta dalla videosorveglianza, dovrà necessariamente “ limitarne “ la pericolosità.

Ø  E, servono realmente ? Perché non parlano ai cittadini, non li rassicurano. Ø  Rischio :

l  di utilizzarle solo a posteriori, dopo la commissione dei reati, e per utilizzarle effettivamente in chiave preventiva dovrebbe esserci un operatore seduto dietro ad ogni gruppo di monitor posti a sorveglianza di un punto o di un’area.

l  le telecamere guardano, controllano e registrano, ma non ragionano, non si insospettiscono,

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  Nel settore della prevenzione, negli ultimi anni, è stato tentato dal Ministero dell’Interno, un importante cambiamento di tipo culturale:

l  passando da una concezione che vedeva la prevenzione intimamente connessa al controllo del territorio, attuato in un’ottica di presidio,

l  ad una formula aperta ed interattiva nella quale, assumendo le istanze dei cittadini un ruolo di assoluta prevalenza e, anzi, di ineludibile riferimento dell’azione, la raccolta di informazioni sui soggetti di interesse operativo dovrebbe aver ricevuto nuove possibilità e stimoli.

Ø  Tale nuovo atteggiamento prevederebbe, da una parte, la conoscenza approfondita del territorio ( anche con il ricorso a forme di partnerariato con altre Istituzioni ) e dei vari fenomeni sociali, economici e, soprattutto, criminali che lo caratterizzano; dall’altra parte, lo sviluppo di tecniche operative : in questo settore, forse più che in altri, prevenzione è da intendere non solo nel senso di eliminazione delle possibilità di compiere reati, ma anche di riduzione od annullamento dei vantaggi che ne derivano, evitando, così, che i criminali approfittino di particolari condizioni .

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  Tutti i modelli operativi, le iniziative ed i progetti avviati sono ispirati alla filosofia della prossimità, il cui comune denominatore è costituito da un diverso e più diretto rapporto con i cittadini e con il territorio : emerge la necessità della figura del poliziotto della strada, della porta accanto, che vive tra la gente e sul territorio.

Ø  “ Polizia di prossimità " come filosofia operativa che si inserisce nella complessiva pianificazione dell’azione di polizia e modifica l'approccio professionale degli operatori chiamati ad espletare attività di controllo del territorio, soprattutto a livello di quartiere. L’azione di polizia potrà, così, incidere in modo positivo sulla percezione di sicurezza del cittadino e, anche quando non riuscirà ad eliminare le cause che provocano i suoi timori, costituirà, comunque, una rassicurante vicinanza ed un momento di compartecipazione ai suoi problemi.

Ø  Due i modelli di riferimento : l  Quello anglosassone l  Quello francese

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  Il Governo ha mutuato il termine dall’esperienza francese per comprendere e interpretare le necessità dei cittadini in tema di insicurezza

l  Vuole avere in comune con le esperienze di alcuni Paesi stranieri ( Community policing di Stati Uniti e Inghilterra o la Police de proximitè Francese ) la filosofia di impiego delle forze di polizia : non più solo repressione e mera prevenzione dei reati, ma maggiore attenzione verso il cittadino, costruendo un rapporto diretto e coinvolgente, al fine di rassicurarlo e recuperarne la fiducia .

l  In sintesi : migliorando e rendendo più diretto il rapporto con il cittadino, si cerca di ottenere la sua “ attenzione preventiva “ così da farlo cooperare all’attività di contrasto della criminalità

Ø  E’ un rilevante passo in avanti nella direzione del cittadino l  che si sente utente consapevole del prodotto-sicurezza, l  desidera essere informato

•  il 12,8% degli intervistati ( dato che sale al 18,1% tra i laureati ) chiede espressamente di essere informato sulle reali emergenze del territorio

l  è disposto a partecipare alla costruzione e alla gestione di questo prodotto. Ø  richiede : impegno non comune e un completo cambiamento di mentalità Ø  L’iniziativa tenta di iniziare superare il concetto della “militarizzazione”

del territorio

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

LA SICUREZZA “ SUSSIDIARIA “ Ø  Non è una sicurezza declassata Ø  esige professionalità diverse, investimenti più circoscritti, nessun

impiego di potestà coercitive, affidando la tutela di quest’ultima a soggetti diversi da quelli tradizionali e facendo tesoro, fra l'altro, del concorso offerto dagli Istituti di vigilanza .

l  Un esempio, è la progressiva sostituzione del personale delle Forze di polizia adibito ai controlli presso gli aeroporti con quello degli Istituti di vigilanza privata, per effetto della quale si recuperano quotidianamente centinaia di operatori di polizia

l  A Milano l'esperimento pilota : il Questore, nell'ambito delle potestà tecnico-operative conferitegli dalla legge, può coinvolgere le pattuglie degli Istituti di Vigilanza privata nei compiti di osservazione ed immediato riferimento alla sala operativa della Questura - senza oneri aggiuntivi per le imprese e per l’Amministrazione - in un sistema integrato con i compiti di sicurezza primaria assicurati dalle Forze di polizia.

Ø  Le diverse esperienze di integrazione dei due sistemi di sicurezza hanno finora fornito risultati decisamente lusinghieri, anche nella prospettiva di recuperare risorse delle Forze di polizia da reimpiegare per una loro presenza più “visibile” e fattiva vicino alla gente .

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali Ø  Forte impulso ad una moderna rivisitazione della complessa

materia della vigilanza e della sicurezza privata è stato impresso dal Governo con il disegno di legge approvato il 19 giugno 2003, che va nella direzione: l  di un deciso sviluppo delle attività di sicurezza esperibili da soggetti

privati, in più ampio contesto di sicurezza generale armonizzato e controllato dal Ministero dell’Interno e dalle Autorità provinciali di pubblica sicurezza;

l  di una valorizzazione ed implementazione delle professionalità di settore; l  di una calibrata apertura all’Europa, compatibilmente con i tratti

pubblicistici dei compiti delle guardie giurate e con le esigenze di controllo pubblico su attività particolarmente delicate per i profili di ordine e sicurezza pubblica;

l  di introduzione di meccanismi atti a favorire un miglioramento dei servizi e la riduzione dei costi, anche attraverso esenzioni o incentivi fiscali;

l  di un adeguamento del sistema dei controlli in genere. Ø  In realtà, sotto il profilo dei costi sostenuti dal cittadino non

cambia nulla : tanto costava un poliziotto o un carabiniere, almeno altrettanto costa un addetto di un istituto di vigilanza considerando l’utile che questa società deve anche produrre.

Ø  Con riflessi sui prezzi di alcuni servizi

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali LA SICUREZZA “ DEDICATA “ . Ø  La sicurezza dedicata raccoglie gli specifici interventi adottabili per

far fronte alle variegate esigenze di particolari categorie del settore economico- produttivo

l  ai commercianti, agli industriali, al mondo delle banche, delle assicurazioni, ecc…. cui vengono dedicati mirati interventi di tutela e rassicurazione. Ø  Sono iniziative che costituiscono una significativa dimostrazione di

come la filosofia della “prossimità” si può integrare perfettamente con il nuovo modo di intendere la sicurezza, perché, attraverso un processo concreto e costante di collaborazione tra soggetti comunque in grado di contribuire a produrre sicurezza, oggettiva e percepita, essa “avvicina” le Forze di polizia alla gente e, in particolare, a determinate categorie di cittadini.

l  E’ il caso del protocollo sottoscritto tra il Ministero dell’Interno e le rappresentanze nazionali di Confcommercio, Confesercenti e Comufficio finalizzato ad attestare presso le Centrali Operative delle forze dell’ordine i terminali – per ricevere, in tempi rapidissimi dall’attivazione ad opera del gestore, le immagini ed una serie di dati relativi alla scena dell’evento criminoso - di un dispositivo tecnologico di video sorveglianza ed allarme.

l  quello dei “ Protocolli di Intesa “ tra l’ABI e Uffici Territoriali del Governo di diverse province, al fine di adottare, in piena sinergia e collaborazione, ogni utile intervento finalizzato a prevenire le forme più tipiche di aggressione criminale contro le banche.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali ZERO TOLERANCE è la locuzione con la quale venne definita una

politica di lotta alla criminalità da parte del Sindaco Giuliani nel 1993 a New York; l  Si caratterizza per la “ linea dura “ contro la micro e la macro criminalità:

•  forte presenza delle forze di polizia ed una repressione metodica anche dei piccoli episodi criminali;

•  in più il sistema “ COMPSTAT ( computer statistics ) che gestendo i dati sulla criminalità ha consentito di indirizzare in modo decisivo le azioni attuate ( è l’antesignano del crime mapping );

l  nessuna tolleranza per tutto ciò che viene definito “ disordine sociale “ con grande enfasi sui positivi risultati ottenuti.

l  Questi programmi trovano fondamento nella teoria del “ vetro rotto “: le aree urbane disordinate perché fuori da ogni tipo di controllo attraggono la criminalità violenta, nello stesso modo in cui una finestra con un vetro rotto attrae più pietre di una finestra sana.

Ø  Nel 1993 NY era all’87° posto nella classifica stilata dall’FBI in base ai tassi di criminalità delle città USA con oltre 100 mila abitanti ; nel 1997 era scesa al 150 ° posto ( su 189 città ) con una riduzione della criminalità in generale del 44,3 % , degli omicidi del 60,2 % e dei furti con scasso del 45,7 %.

Ø  CRITICHE : il calo può essere ricondotto alla generale diminuzione del fenomeno criminale in tutto il Paese; strategie integrate avrebbero evitato gli inevitabili svantaggi che un approccio aggressivo comporta.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  Da qui l’ipotesi che maggiore è il numero di arresti fatti dalla polizia per piccoli reati minore sarà il numero di reati gravi.

Ø  Se è vero che una maggiore attenzione della polizia alla piccola criminalità riduce la criminalità grave nel breve periodo, ha buone probabilità di aumentarla nel lungo periodo perché gli “ arresti in massa “ per piccoli reati producono le seguenti controindicazioni : l  riducono le chances occupazionali e, quindi, l’inserimento sociale

dei giovani a rischio ; l  delegittimano la Polizia sia tra le persone arrestate che nel loro

network familiare. Ø  La politica sulla sicurezza newyorkese fu una politica innovativa e

attenta agli aspetti sociali della sicurezza : “ zero tolerance “ fu solo una parte di una più ampia politica di riqualificazione urbana che il Sindaco Giuliani lanciò nel tentativo di combattere il profondo degrado in cui era la città : l  lotta alla criminalità, l  incentivi agli investimenti produttivi, con il rilancio dell'investimento

privato attraverso esenzioni fiscali, bonus, facilitazioni burocratiche, l  la sostituzione del welfare con la politica del “ workfare “ : non più

sussidi pubblici alle persone in stato di povertà, ma lavori di utilità civica

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  Proprio a partire dalla paura della criminalità e dalla domanda di sicurezza allargata a tutti gli aspetti del vivere civile, si è andato definendo un nuovo modello di offerta che ha visto modificare profondamente la concezione tradizionale basata essenzialmente sulla presenza dello Stato e sugli investimenti in apparati repressivi.

Ø  L'idea di fondo che ha guidato la ricerca di nuovi approcci è che lo Stato non è più in grado da solo di garantire la sicurezza, l'ordine e il controllo della criminalità : per questo territorializzazione, modernizzazione, coordinamento e condivisione delle responsabilità. l  Da questa sfiducia nelle possibilità di intervento sulla criminalità, unita alla

crisi del sistema penale e di quello del welfare, è nata, appunto, l’esigenza di individuare nuove soluzioni capaci di incidere sul rischio oggettivo, cioè sulla situazione di reale esposizione al rischio, accompagnate da innovativi interventi che incidono sulla percezione soggettiva, ossia su una percezione di insicurezza che può non essere oggettivamente fondata su una minaccia di criminalità.

Ø  Con una sostanziale differenza rispetto agli altri Paesi europei, dove sono stati, fin da subito, i governi nazionali a promuovere nuove politiche di sicurezza, a ridefinirne le priorità, a sostenere l’azione dei governi locali, a riformare le agenzie statali, di polizia e penali, in maniera da renderle funzionali alle nuove politiche che si andavano sperimentando : non a caso, spesso, sono state le stesse polizie nazionali, o le autorità che rappresentano localmente il governo centrale, a prendere in mano la guida di questo processo.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  La sottoscrizione di “Protocolli”, “Contratti”, “Patti” e la predisposizione di “Pacchetti” produce effetti tanto quanto le parti manifestano e confermano con le loro azioni una effettiva volontà di darvi attuazione : impegna e coinvolge politicamente, ma nessuno può portare l’altra parte in Tribunale per ottenerne l’esecuzione, né è pensabile il contrario.

l  Quando, poi, gli stessi sono il punto di arrivo di defatiganti mediazioni, e, quindi, sono “percorsi” che nascono più perché sono stati annunciati che per effettivo convincimento, si comprende perché alcune Amministrazioni Comunali, particolarmente apprezzate dai propri elettori in materia di sicurezza, non ne abbiano mai sentito il bisogno : la ricetta del “fare” quotidiano del sindaco Gentilini di Treviso, improvvisamente “riscoperto” nel mezzo dell’estate 2007, sembra ancora restare la migliore soluzione, pur con i limitati strumenti a disposizione di un Sindaco.

l  L’alta valenza politica, e cioè la sicurezza non solo più partecipata ma anche partecipante, brilla se gli accordi sono effettivamente innovativi – cioè non recepiscono interventi già in atto - e se producono concreti effetti agli occhi della popolazione, stanca delle belle dichiarazioni di principio che, oggi, vengono date per scontate : la certezza della pena, ad esempio, è una litania laica buona per tutti gli usi, da posizioni di destra e/o di sinistra, ma semanticamente povera, perché non costa niente evocarla lasciando, però, le cose come stanno nel congegno che la dovrebbe assicurare.

Ø  Il rischio, evidentemente, è che tali strumenti amministrativi si trasformino in vuoti esercizi stilistici la cui valenza è effimera e, in molti casi, riscontrabile, appunto, solo sul piano della politica.

Ø  “…Detto e non fatto… - chiosa E.G. della Loggia sul “Corriere della Sera” del 10 ottobre 2007 chiedendosi - per quale oscura maledizione capita che in Italia i ministri non riescano quasi mai a mantenere le loro promesse?...”

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali la FIRMA DI “ PROTOCOLLI “ tra MINISTERO DELL’INTERNO e EE.LL.

Ø  La competenza ad occuparsi di sicurezza diviene una delle rivendicazioni che fanno parte della

generale richiesta di maggiore autotomia da parte degli EELL. : gli amministratori locali, pressati anche dall’enfasi con cui gli organi di informazione seguirono l’evolversi della situazione, furono “costretti” a cercare risposte atipiche, non disponendo in quel quadro normativo di strumenti adeguati per attuare politiche di sicurezza : la sicurezza urbana diviene, pertanto, oggetto di una vera e propria competizione istituzionale tra sindaci e autorità di pubblica sicurezza, fra governo locale e governo nazionale della sicurezza.

Ø  i “protocolli”, un po’ come il fenomeno della videosorveglianza, sono diventati uno strumento di gran moda,

l  Il primo viene firmato a Modena all’inizio del ’98 l  l’obiettivo innovativo è quello della "sperimentazione di nuove modalità di relazione finalizzate alla realizzazione di iniziative

coordinate per un governo complessivo della sicurezza delle città" : l  riconoscimento dell’esistenza di due soggetti istituzionali, i governi locali ed il governo nazionale, che hanno entrambi la

responsabilità di garantire sicurezza nelle città che non può dipendere solo dalla prevenzione e dalla repressione dei reati che rimane competenza dello Stato.

l  Nota positiva : la collaborazione su un piano di parità si è tradotta in un intensificarsi delle comunicazioni reciproche e delle occasioni di raccordo operativo fra servizi nazionali di polizia e servizi locali

Ø  quasi che il “ Protocollo d’intesa “, una volta sottoscritto, come una magica lampada di Aladino possa produrre effetti miracolosi sulla situazione.

Ø  esprimono il tentativo di affiancare agli abituali programmi di intervento a livello nazionale, un pacchetto di misure a livello locale per favorire la cooperazione tra autorità e forze di polizia

Ø  l’esperienza nasce all’estero l  In Francia, dalla “ Commission national de prèvention de la dèlinquance “ del 1982 ai “ Conseils communaux dè prèvention

de la dèlinquance “ che stimolano la nascita, a livello locale, di strutture volte alla prevenzione della criminalità utilizzando i “ Contrats de ville “, convenzioni stipulate tra Governo nazionale ed enti locali.

l  In Gran Bretagna, dal “ Crime and disorder act “ con cui il Governo nel 1997 ha operato una riallocazione delle risorse, investendo in programmi di riduzione del crimine efficaci ed efficienti in termini di costi e benefici, al “ crime reduction program “ del 1999, un programma triennale che incentiva le politiche locali

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali la firma di “CONTRATTI DI SICUREZZA” tra MINISTERO DELL’INTERNO e EE.LL.

Ø  La corsa a sottoscrivere protocolli tutti sostanzialmente uguali – 60 nel primo

biennio - tradisce infatti la presenza di un obiettivo più politico che operativo ed è così che molti protocolli si esauriscono con l’atto stesso della firma.

l  La cooperazione tra le Istituzioni deputate al controllo ed alla repressione della criminalità, pur se continuamente richiamata come condizione indispensabile ad un'efficace politica di sicurezza urbana, non riesce ad “uscire” dal testo del Protocollo, per il timore ministeriale che l’attribuzione ad altri soggetti di alcune responsabilità nella prevenzione dei reati comporti, quanto prima, l’abdicazione nell’imporre in materia priorità e vincoli.

l  Questa ambiguità quasi che il “Protocollo d’intesa”, una volta sottoscritto, potesse produrre effetti miracolosi sulla situazione come una magica lampada di Aladino: solo alcune città – quelle che avevano già maturato un punto di vista forte sul tema, magari già sfociato in un progetto autonomamente elaborato sulla sicurezza - riuscirono a metterne a frutto le potenzialità e prima di altre si rendono conto dei limiti intrinseci allo strumento.

Ø  Nasce così l’idea di dar vita ad una seconda generazione di intese che

recuperi più compiutamente l’esperienza europea e, in particolare, quella francese.

l  La “partita” comunque avviata tra Stato centrale e amministratori locali, ricca di improvvisi capovolgimenti di fronte, di spinte e controspinte che vivacizzano l’approccio al tema della sicurezza locale, portò alla crescente diffusione in molte città italiane di progetti sempre più strutturati e meglio coordinati per incidere sulla situazione.

l  La prima conseguenza naturale fu quella di un ripensamento dello strumentario disponibile, con una revisione critica dei “Protocolli” che sembravano aver esaurito la loro spinta propulsiva.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali

Ø  la forma giuridica del contratto servì a sottolineare l’impegno, anche formale, della “volontà di fare” concretamente con una maggiore aderenza ad esigenze specifiche del territorio di riferimento, quasi a voler superare anche simbolicamente le precedenti dichiarazioni di intenti e l’enunciazione di tanti principi tipica dei “Protocolli”.

l  In realtà, i Contrats Locaux de Sécurité si riferiscono a problematiche specifiche e prevedono stanziamenti ad hoc, nuove figure professionali ( gli “assistenti di sicurezza” e gli “agenti locali di mediazione sociale”), analisi della situazione e valutazione finale dei risultati, mentre i nostri “Contratti” erano soprattutto ricchi di impegni tanto indefettibili, quanto ovvi, affidati al noto “stellone” italico attraverso la “buona volontà” ed i “buoni propositi” delle parti.

Ø  Anche questa volta, dopo la sottoscrizione del primo Contratto a Modena, si aprì la

rincorsa – 29 firme nei primi 12 mesi - puramente formalistica alla sottoscrizione che ha lentamente svuotato di significato questo strumento, mentre non risulta essere mai stata attivata la commissione costituita nel 2000 presso il Ministero dell’Interno con il compito di elaborare una direttiva nazionale che disciplinasse caratteristiche e procedure per promuovere i contratti di sicurezza.

Ø  Nel frattempo, un ulteriore strumento, quello dei cd. A.P.Q., gli Accordi di Programma

Quadro, si affiancava a Protocolli e Contratti per definire analoghe modalità di collegamento tra i diversi livelli istituzionali per elevarne l’integrazione operativa : come tutti gli altri strumenti fin qui descritti hanno funzionato dove vi erano capacità e competenze capaci di impiegare e valorizzare lo strumento, mentre altrove si sono risolti in una sicurezza più parlata che praticata attraverso la creazione di sovrastrutture e difficoltà ulteriori nel funzionamento della “macchina”.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali Ottobre 2006 : i “Patti per la sicurezza”.

Ø  “…Sono l’espressione di una solidarietà interistituzionale nell’affrontare meglio il

problema della sicurezza, che deve estendersi di più, e che riguarda l’insieme del nostro assetto istituzionale, altrimenti lo sceriffo da solo non ce la fa…”, per usare le parole del Ministro dell’Interno Giuliano Amato, a margine di quello sottoscritto a Roma.

l  E’ una scelta strategica e non occasionale, fondata su basi scientifiche, che vuole coniugare la “…forte visione nazionale di uno Stato centralista forte con la consapevolezza che il centralismo esclusivo non può più leggere in modo adeguato la realtà locale….” : la Legge Finanziaria 2007, aveva, infatti, introdotto la possibilità per gli Enti territoriali di finanziare progetti per la sicurezza della città, attraverso forme di collaborazione logistica, strumentale e finanziaria.

Ø  La vera novità, quindi, dovrebbe risiedere nella condivisione delle decisioni che si

prendono, e in questo la soluzione dei “Patti” presenta effettivamente un significativo avanzamento nei rapporti tra Stato ed Autonomie Locali sul piano delle politiche integrate, in vista della riqualificazione del tessuto urbano, del recupero del degrado ambientale e del disagio sociale oltre che della prevenzione e del contrasto alla criminalità.

Ø  La filosofia che ispira questo nuovo tentativo di coinvolgimento delle Amministrazioni

Locali presenta, quindi, dei profili di interesse, che potrebbero garantire il superamento di quelle difficoltà attuative che segnarono profondamente, e negativamente, le precedenti esperienze dei “Protocolli” e “Contratti” : il loro successo risiede esattamente nella percezione degli Amministratori locali coinvolti di essere entrati a “pieno titolo” nel “circolo virtuoso” della sicurezza pubblica a livello provinciale, superando la precedente mera funzione di osservazione o, al più, consultiva a richiesta.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali Ø  Il primo ad essere firmato è stato quello per l’area metropolitana di Napoli, il

3 novembre 2006, Ø  Il “Patto per Napoli sicura”, probabilmente come capita in tutte le “prime volte”

si è mosso con qualche difficoltà : l  la prevista nuova “depositeria per gli scooter sequestrati”, a 3 mesi dal suo avvio risultava

già esaurita nei suoi 350 posti, secondo quanto riferito da “Il Mattino” del 15 settembre 2007, con i mezzi sequestrati che hanno, così, “ripreso” la strada dei depositi in provincia di Avellino. Solo qualche settimana prima - il 20 giugno 2007 - lo stesso quotidiano l’aveva definita “…deposito bluff…” , perché trascorso un mese dall’inaugurazione del 17 maggio non era ancora stata collegata telefonicamente e non disponeva di un carro scarrabile , la cd. “slitta” che serve a rimorchiare le moto senza correre il rischio di danneggiarle.

l  per quanto, invece, riguarda, il sistema integrato di videosorveglianza, che andava a sommarsi ai tre già in itinere ( Securshop, Itaca e Asse Mediano ), sembra essere stato “contagiato”, come risulta dall’articolo de “Il Mattino” del 10 ottobre 2007 : “Telecamere Flop : quattro appalti, tutti fermi”, pur precisando che “Securshop” non è ancora in ritardo perché l’appalto era stato appena contrattualizzato. Per usare il titolo de “L’Indipendente” dell’11 ottobre 2007 : “Napoli contagia persino Amato. Promesse non mantenute : solo annunci sulla sicurezza”. Problemi antichi, e questo è solo l’ultimo di tanti articoli sull’argomento : a inizio estate, il Prefetto Pansa su “Il Mattino” del 6 luglio 2007, aveva evidenziato come per “…alcuni mancano le frequenze per il collegamento via radio, via etere. Bisogna rifare il progetto… alcuni erano stati anche contrattualizzati, questa è una complicazione in più…”, puntualmente smentito dalla ditta appaltatrice - su “Il Mattino” del giorno successivo – che, nell’indicare come le frequenze fossero in realtà sufficienti “…per coprire il territorio urbano e il Prefetto deve aver equivocato…”, addebitava i ritardi alla vetustà delle carte che si sono dovute utilizzare per gli scavi e ai tempi degli allacciamenti richiesti dell’Enel;

l  infine, ancora a luglio “…nulla di fatto…”, segnalava Paola Perez, su “Il Mattino” dell’8 luglio 2007, per quanto riguarda il previsto accorpamento dei venti Commissariati di Polizia in dieci Distretti.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali Ø  Quello della videosorveglianza sembra un problema ricorrente, perché anche a

Genova l’attuazione del “Patto”, firmato dal Vice Ministro Minniti il 14 giugno 2007, ha incontrato su questo punto, per quanto è dato sapere, analoghe difficoltà : capita, così, che una recrudescenza di attività criminali nel Ponente genovese, porti a scoprire – “… e nessuno sa dire che cosa sarebbe accaduto e quali tempi sarebbero effettivamente occorsi per sbrogliare il nodo delle 22 telecamere senza la denuncia …” - che il sistema già installato nella zona di Sampierdarena non possa funzionare perché nessuno avrebbe previsto l’allaccio alla rete elettrica e il pagamento dei consumi che l’ELSAG, la ditta appaltatrice, si è assunta provvisoriamente finché la questione non troverà soluzione.

l  “Telecamere senza luce e annunci politici al buio”, titola Roberto Onofrio su “Il Secolo XIX” dell’11 ottobre 2007, quindi, e sembra quasi che l’avvenuta messa in funzione del sistema poche settimane dopo sia dovuta più che all’impegno istituzionale all’intervento giornalistico, riproponendo il cd. modello “Striscia la notizia”, mentre permane una asimmetria realizzativa che trova riscontro anche nella circostanza di un sistema che non “dialoga” con gli esistenti apparati ( il cd. “sistema G8, ampliato” realizzato dalla “Carlo Gavazzi Space”, quello della Polizia Municipale e quello dello Stadio Marassi ), quasi ad aver “… costruito una seconda autostrada, invece di prevedere un ampliamento dell’esistente prevedendo la costruzione di una terza corsia…”.

Ø  Nell’autunno 2007 diventa un problema ricorrente anche quello degli annunciati

rinforzi : “Il Secolo XIX” ha, così, scoperto “la presa in giro dei falsi annunci”, per rimanere al titolo del 4 novembre 2007, in quanto i 40 poliziotti pattuiti serviranno solo a sostituire i 56 che hanno lasciato Genova, mentre i 40 Carabinieri colmeranno “… più o meno alla pari il pensionamento fisiologico di altrettanti sottufficiali incidendo poco o nulla…”.

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L’attività di prevenzione : scelte nazionali Ø  Vi è, poi, anche una domanda che ha iniziato a serpeggiare su questa sussidiarietà a

senso unico sotto il profilo economico : cosa accadrà il prossimo anno? Chi sosterrà, cioè, il costo di funzionamento di alcuni progetti ? Qualcuno, come la Governatrice del Piemonte, la prof.ssa Mercedes Bresso intervistata da Maurizio Tropeano su “La Stampa” dell’11 giugno 2007, ha già detto “basta” in relazione ad eventuali richieste future di risorse economiche destinate “… a fornire i mezzi per i carabinieri e la polizia … i soldi della Regione non saranno più spesi per supplire la mancanza di risorse dello Stato … è Roma che deve garantire mezzi e uomini alla polizia e ai carabinieri …”.

Ø  Qualche altro amministratore ha iniziato a fare due conti, “Ma i conti non tornano”, come

aveva già titolato Fulvia Amabile su “La Stampa” del 22 marzo 2007 : nonostante il “…Piano per Napoli prevedesse mille poliziotti … in 400 sono finiti a Milano… soli 224 agenti sono arrivati a Napoli …al danno si aggiunge la beffa … con Milano che si è accaparrata una fetta d rinforzi molto più cospicua …” , scrive “L’Unità” del 6 giugno 2007.

Ø  Il problema diventa, così, anche quello della concorrenza tra le diverse città

interessate ai “Patti”, insomma un “perché a loro sì, e perché a noi no”, ben sintetizzato da un titolo de “La Nazione”, il quotidiano di Firenze, con un “Figli di un dio minore”, per mettere in risalto come nello stesso giorno in cui il Ministro dell’Interno firmava il “Patto” senza risorse aggiuntive per la città, un agente della Polizia Locale veniva ferito da un abusivo e alcuni venditori manifestavano davanti a Palazzo Vecchio perché vogliono vendere indisturbati merce contraffatta.

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L’attività di prevenzione : scelte locali Ø  Privatizzazione della sicurezza

l  della domanda di sicurezza : lo Stato non è più il collettore delle domande di sicurezza della società e cittadini ed imprese se ne assumono direttamente l’onere;

l  dell’offerta di sicurezza : lo Stato non è nemmeno più l’unico fornitore, che è in fase così avanzata da rendere problematica, in alcuni casi, la distinzione

tra pubblico e privato . Ø  Poche motivazioni di acquisto o di investimento sono più forti della paura.

l  Secondo l’ultima indagine Istat, dal 1997 ad oggi, sono in costante aumento le tecniche di autodifesa tra gli Italiani che, per il 60,7 % del campione , mettono la paura del furto in abitazione al primo posto :

•  il 22,3 % lascia le luci accese in casa quando esce ( era il 20,6 % nel 1997 ); •  porte blindate sono la difesa preferita ( 45,3 % contro il 36,6 % ), •  inferiate a porte e finestre ( 21,4 %, era il 20 % ), sistemi di allarme ( 20,5 % oggi a

fronte del 13,4 % ) , casseforti ( 13,5 %, era il 10 % ) Ø  La paura rischia di produrre un processo di compartimentazione nelle città con la

creazione di zone protette con ogni mezzo dal mondo esterno Ø  L'elevato costo privato dell'offerta di sicurezza determina poi una

distribuzione diseguale della sicurezza stessa nel sociale, accentuando pericolosamente i rischi sociali di vittimizzazione in ragione delle disponibilità economiche di accesso alla risorsa privata della sicurezza.

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L’attività di prevenzione : scelte locali .

PARTECIPAZIONE AL CPOSP. Ø  Fu una delle prime, se non la prima vera rivendicazione dei Sindaci

l  costituito per effetto della legge di riforma della Polizia del 1981 quale “ organo ausiliario di consulenza del prefetto – che li presiede - per l’esercizio delle sue attribuzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza “ e originariamente composto dal Questore e dai Comandanti dei CC e della GdF

l  E’ emblematico che l’avv. Gentilini non lo abbia mai chiesto l  L’accumulo di inciviltà negli spazi pubblici contribuisce ad aumentare l’insicurezza dei cittadini :

proprio nelle strategie di prevenzione dei fenomeni di disordine urbano le politiche locali possono giocare un ruolo realmente proattivo e non solo, in maniera perlopiù simbolica, reattivo. Se gli attori istituzionali locali hanno la capacità di intercettare in tempo utile i segni di inciviltà, hanno contestualmente la possibilità di produrre politiche non solo di contenimento di tali manifestazioni, ma anche idonee a trasmettere messaggi portatori di significati opposti contribuendo a sviluppare il senso di appartenenza e di partecipazione della collettività sana al proprio territorio.

Ø  L’emergenza criminalità ed il processo federalistico, spinsero sempre più spesso Prefetti e Sindaci a consultarsi sulla consistenza dei problemi e sulle misure da adottare fino a modificarne nei fatti la natura:

l  da luogo del coordinamento delle FFPP l  a luogo del confronto, se non della concertazione, fra Prefetto e Sindaco.

Ø  D.Lvo luglio 1999 recepisce l’esistente, ma aumenta, invece di scioglierle, le ambiguità : si presenta come un organo, quasi paritario, di concertazione delle politiche di sicurezza, ma nella forma resta un "organo di consulenza del prefetto"

l  le due cose difficilmente stanno insieme atteso che i Sindaci, forti del loro ruolo di rappresentanti diretti della comunità e di responsabili del Governo della città, vogliono indicare le priorità che fungano da riferimento anche per le Autorità di pubblica sicurezza

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L’attività di prevenzione : scelte locali

Impiego Istituti di vigilanza:

Ø  Una volta il loro impiego era tipico su obiettivi di notevole rilevanza economica. Ø  Oggi la loro redditività è sempre più influenzata dalla capacità di offrire servizi di

sicurezza capaci di soddisfare le esigenze di clienti con redditi medi l  negozianti, ambulanti, piccoli artigiani, interi condomini o aree di zone residenziali

che rinunciano ad una parte del loro reddito, ad una parte del loro benessere, pur di vivere tranquilli o, meglio, pur di cercare di contenere la paura e ridurre l’incidenza della micro-criminalità.

Ø  Molti Sindaci, dove non era possibile provvedere con la Polizia Municipale, hanno stipulato contratti per la vigilanza con questi Istituti, magari dopo aver condiviso spese e servizio con qualche Comune limitrofo.

Ø  E’ il risultato della multilateralizzazione ( D. H. BAYLEY, C. D. SHEARING ) nel governo della sicurezza :

l  da un lato, i privati che hanno assunto la responsabilità di proteggersi da episodi criminali;

l  dall’altro, un numero sempre crescente di agenzie non statali che forniscono servizi di sicurezza, in alternativa o ad integrazione dell’operato delle polizie statali .

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L’attività di prevenzione : scelte locali

Ø  valorizzazione della Polizia locale Ø  Le “ronde” e le altre iniziative

spontanee dei cittadini

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L’attività di prevenzione : scelte locali

SICUREZZA URBANA E CITTA’ ACCOGLIENTE l  Poche motivazioni di acquisto o di investimento sono più forti della

paura. l  La paura rischia di produrre un processo di compartimentazione nelle

città con la creazione di zone protette con ogni mezzo dal mondo esterno •  una nuova accezione : non solo assenza di minaccia, ma anche attività positiva di

rafforzamento della percezione pubblica della sicurezza •  richiama il luogo ove si manifestano problemi rilevanti •  allude anche agli attori istituzionali che ne hanno la responsabilità e ne afferma un nuovo

ruolo •  mette però in ombra la relazione che alcuni di queste fenomenologie hanno con livelli

decisamente globali •  il rischio è quello di trasformare in problemi criminali aspetti della vita urbana che

dovrebbero rientrare in altri ambiti l  CRITERI

•  attrattività per valorizzare il nuovo insediamento •  spazi esterni come luoghi vivibili e come ampliamento di uno spazio •  possibilità di molteplici comunicazioni in luogo di una anonimità cittadina, •  negozi e uffici pubblici •  il mezzo pubblico •  il progetto suolo •  verde •  garages e parcheggi