book metropoliz

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identità nel paesaggio w o r k s h o p 6 - 12 Maggio 2013 Metropoliz via Prenestina 913 _ Roma

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identità nel paesaggio

w o r k s h o p

6 - 1 2 M a g gi o 2 0 1 3

M e t r o p o l i zv i a P r e n e s t i n a 9 1 3 _ R o m a

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Installazione permanente negli spazi aperti del Metropoliz , in collabora-zione con il MAAM . Coordinamen-to di Michela Pasquali per Linaria .

Testi a cura delle antropologheFlavia Cangià e Beatrice Del Monte.

Fotografie a cura di:Giulia Ronconi, Giulio Bernardinie Giulia Cerrato.

Render ed esplosi assonometrici a cura di Gennaro De Felice e Simone Antonelli .

Book e grafica a cura di Giulia Cerrato.

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un frutteto al metropoliz

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IDENTITÀ nel PAESAGGIO WORKSHOP 2013

dal 6 al 12 maggio 2013 Metropoliz, Roma Installazione permanente negli spazi aperti di Metropoliz, in collaborazione con il MAAM Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia. Coordinamento: Michela Pasquali per Linaria

Metropoliz Una fabbrica abbandonata, a 15 chilometri da Castel Sant’Angelo, è diventata una città multietnica chiamata Metropoliz, nella quale vivono circa centocinquanta persone tra italiani, sudanesi, eritrei, marocchini, sudamericani e rom. Si trova in via Prenestina, nel territorio del Municipio VII di Roma. Fino agli anni Ottanta era il salumificio della Fiorucci, occupato dal 2009, dopo vent’anni di abbandono, dai Blocchi precari metropolitani (Bpm), movimento per la lotta alla casa. Da allora Metropoliz ha preso gradualmente forma fino diventare una vera “città meticcia”, un luogo di incontro e di fusione tra culture, contro la logica della ghettizzazione. In questo contesto nasce Il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia (MAAM) come prosecuzione del lavoro svolto nel cantiere etnografico, cinematografico e d’arte di Metropoliz. Dotandosi di un nome altisonante, che lo pone accanto e in concorrenza con le grandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e il MACRO), fa della sua perifericità, della sua a-economicità, della sua non asetticità (il MAAM è contaminato dalla vita) il suo punto di forza. Il MAAM trasforma l’intera fabbrica in un oggetto e un soggetto d’arte collettiva. Avviando un nuovo virtuoso rapporto tra arte e città e tra arte e vita, il Metropoliz si dota anche di una pelle preziosa, e di una collezione, che l’aiuterà a proteggersi dalla minaccia sempre incombente dello sgombero coatto.

IDENTITÀ nel PAESAGGIO WORKSHOP 2013

dal 6 al 12 maggio 2013 Metropoliz, Roma Installazione permanente negli spazi aperti di Metropoliz, in collaborazione con il MAAM Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia. Coordinamento: Michela Pasquali per Linaria

Metropoliz Una fabbrica abbandonata, a 15 chilometri da Castel Sant’Angelo, è diventata una città multietnica chiamata Metropoliz, nella quale vivono circa centocinquanta persone tra italiani, sudanesi, eritrei, marocchini, sudamericani e rom. Si trova in via Prenestina, nel territorio del Municipio VII di Roma. Fino agli anni Ottanta era il salumificio della Fiorucci, occupato dal 2009, dopo vent’anni di abbandono, dai Blocchi precari metropolitani (Bpm), movimento per la lotta alla casa. Da allora Metropoliz ha preso gradualmente forma fino diventare una vera “città meticcia”, un luogo di incontro e di fusione tra culture, contro la logica della ghettizzazione. In questo contesto nasce Il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia (MAAM) come prosecuzione del lavoro svolto nel cantiere etnografico, cinematografico e d’arte di Metropoliz. Dotandosi di un nome altisonante, che lo pone accanto e in concorrenza con le grandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e il MACRO), fa della sua perifericità, della sua a-economicità, della sua non asetticità (il MAAM è contaminato dalla vita) il suo punto di forza. Il MAAM trasforma l’intera fabbrica in un oggetto e un soggetto d’arte collettiva. Avviando un nuovo virtuoso rapporto tra arte e città e tra arte e vita, il Metropoliz si dota anche di una pelle preziosa, e di una collezione, che l’aiuterà a proteggersi dalla minaccia sempre incombente dello sgombero coatto.

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IDENTITÀ nel PAESAGGIO WORKSHOP 2013

dal 6 al 12 maggio 2013 Metropoliz, Roma Installazione permanente negli spazi aperti di Metropoliz, in collaborazione con il MAAM Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia. Coordinamento: Michela Pasquali per Linaria

Metropoliz Una fabbrica abbandonata, a 15 chilometri da Castel Sant’Angelo, è diventata una città multietnica chiamata Metropoliz, nella quale vivono circa centocinquanta persone tra italiani, sudanesi, eritrei, marocchini, sudamericani e rom. Si trova in via Prenestina, nel territorio del Municipio VII di Roma. Fino agli anni Ottanta era il salumificio della Fiorucci, occupato dal 2009, dopo vent’anni di abbandono, dai Blocchi precari metropolitani (Bpm), movimento per la lotta alla casa. Da allora Metropoliz ha preso gradualmente forma fino diventare una vera “città meticcia”, un luogo di incontro e di fusione tra culture, contro la logica della ghettizzazione. In questo contesto nasce Il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia (MAAM) come prosecuzione del lavoro svolto nel cantiere etnografico, cinematografico e d’arte di Metropoliz. Dotandosi di un nome altisonante, che lo pone accanto e in concorrenza con le grandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e il MACRO), fa della sua perifericità, della sua a-economicità, della sua non asetticità (il MAAM è contaminato dalla vita) il suo punto di forza. Il MAAM trasforma l’intera fabbrica in un oggetto e un soggetto d’arte collettiva. Avviando un nuovo virtuoso rapporto tra arte e città e tra arte e vita, il Metropoliz si dota anche di una pelle preziosa, e di una collezione, che l’aiuterà a proteggersi dalla minaccia sempre incombente dello sgombero coatto.

IDENTITÀ nel PAESAGGIO WORKSHOP 2013

dal 6 al 12 maggio 2013 Metropoliz, Roma Installazione permanente negli spazi aperti di Metropoliz, in collaborazione con il MAAM Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia. Coordinamento: Michela Pasquali per Linaria

Metropoliz Una fabbrica abbandonata, a 15 chilometri da Castel Sant’Angelo, è diventata una città multietnica chiamata Metropoliz, nella quale vivono circa centocinquanta persone tra italiani, sudanesi, eritrei, marocchini, sudamericani e rom. Si trova in via Prenestina, nel territorio del Municipio VII di Roma. Fino agli anni Ottanta era il salumificio della Fiorucci, occupato dal 2009, dopo vent’anni di abbandono, dai Blocchi precari metropolitani (Bpm), movimento per la lotta alla casa. Da allora Metropoliz ha preso gradualmente forma fino diventare una vera “città meticcia”, un luogo di incontro e di fusione tra culture, contro la logica della ghettizzazione. In questo contesto nasce Il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia (MAAM) come prosecuzione del lavoro svolto nel cantiere etnografico, cinematografico e d’arte di Metropoliz. Dotandosi di un nome altisonante, che lo pone accanto e in concorrenza con le grandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e il MACRO), fa della sua perifericità, della sua a-economicità, della sua non asetticità (il MAAM è contaminato dalla vita) il suo punto di forza. Il MAAM trasforma l’intera fabbrica in un oggetto e un soggetto d’arte collettiva. Avviando un nuovo virtuoso rapporto tra arte e città e tra arte e vita, il Metropoliz si dota anche di una pelle preziosa, e di una collezione, che l’aiuterà a proteggersi dalla minaccia sempre incombente dello sgombero coatto.

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Laura Cecconi

Giulia Cristofaro

Simone Antonelli

Carla Foddis

Valeria Rossi

Cristina Urilli

Maria Giulia Fedele

Giulio Bernardini

Claudio Ribotta

Maria D’Emidio

Giulia Cerrato

Ciocchetti Andrea

Giulia Ronconi

Valentina Giovannini

Francesca Ferrari

Beatrice Del Monte

Flavia Cangià

Gennaro De Felice

Giulia Ceribelli

Greta Colombo

Dario Almerighi

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prima dop o

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pere Pera ubriaca estiva

Pera volpina

Pera vernia pere Pera del curato

Pera fiorentina Pera moscatella

pesche Pesca sanguinella

Pesca della vigna pesche

susineSusina regina claudia gialla

Susina San Pietro

susine

M e t r o p o l i z e il Gruppo del Frutteto

Metropoliz nasce con l’occupazio-ne di una ex-fabbrica di salumi che si trova sulla via Prenestina. Si tratta di un esperimento attuato a partire dal 2009 dal movimento sociale romano Blocchi Precari Metropolitani, da fami-glie di italiani e di migranti. Attraverso l’occupazione, la fabbrica, luogo della produzione per eccellenza, acquista nuovi significati, trasformandosi in uno spazio nel quale il tempo della produ-zione e del consumo, sempre presen-te al suo esterno, viene sovvertito.

Metropoliz viene definito dai suoi abitanti una “città meticcia”, trami-te un’operazione di riappropriazione di un termine che non implichi l’ap-piattimento delle differenze, ma la loro valorizzazione e condivisione nel nome della comprensione reciproca e della contaminazione culturale. Si tenta di attuare in questo modo non una vuota integrazione, ma una po-sitiva interazione nel rispetto costan-te dell’alterità in tutte le sue forme.

Questa esperienza è nata proprio con l’idea di costruire nel tempo non solo un’occupazione abitativa, ma una vera e propria città meticcia, che sia anche portatrice di laboratori sociali e di condivisione culturale. È una re-altà che risponde a regole proprie di condivisione, confronto, costante re-significazione e messa in discussione dei modelli dominanti, e che apren-dosi all’esterno, in quanto spazio oc-cupato restituito alla città nel quale coabitano persone con i più variegati percorsi, fornisce l’opportunità di en-trare in contatto con un mondo che si autorganizza e R-esiste. In questo scenario, nasce Il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città me-ticcia (MAAM) come prosecuzione di Space Metropoliz, film documen-tario e progetto d’arte pubblica idea-to da Giorgio de Finis e Fabrizio Boni.

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pere Pera ubriaca estiva

Pera volpina

Pera vernia pere Pera del curato

Pera fiorentina Pera moscatella

pesche Pesca sanguinella

Pesca della vigna pesche

susineSusina regina claudia gialla

Susina San Pietro

susine

melemele

Mela a coppiolaMela rosona Mela broccaia

Mela rossa dentro incarnatoMela pera

Mela ciucca o muso di bue

i d e n t i t à

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Il MAAM accoglie artisti, architet-ti, curatori indipendenti, o asso-ciazioni che partecipano dando il loro contributo gratuitamente con progetti di arte contemporanea.

Linaria, organizzazione indipenden-te e non profit creata per promuovere la diffusione della cultura del giardino, del paesaggio e dell’ambiente, è una di queste associazioni. All’interno di Metropoliz e nel contesto del MAAM, in una delle stanze del vecchio edificio della fabbrica, Linaria idea un labora-torio per la creazione di un frutteto, da svolgersi in una settimana, utilizzando varietà antiche e pregiate di alberi, e con l’aiuto di persone di diversa formazione. Michela, Francesca, Maria, Flavia, Giu-lia, Beatrice, Dario, Giulio, Andrea, Valeria, Giulia, Simone, Laura, Carla, Giulia, Claudio, Greta, Cristina, Ma-ria Giulia, Gennaro, Giulia, Valenti-na, Ernesto e Veronica - “il gruppo del frutteto” - sono paesaggisti, architet-ti, agronomi, agricoltori, antropo-logi e registi. Sono persone diverse tra loro ma con qualcosa in comune e cioè “essere stranieri a Metropoliz”.

Metropoliz è un luogo vario, precario e in continua trasformazione. Qui vi-vono circa 70 famiglie, circa 150 per-sone da storie e provenienze diverse tra loro, legate dalla comune esigenza di evitare lo sgombero, dalla necessi-tà di farsi “fortino” e allo stesso tempo di comunicare con il fuori, o semplice-mente di vivere la propria vita dentro la città. Uscendo dall’edificio principa-le della ex fabbrica, si volge lo sguardo intorno, dove il museo continua nelle piazze, per le strade e in alcune case. I panni colorati stesi, le verande di fron-te alle abitazioni, le voci e i volti delle persone che qui abitano, suggerisco-no che, da luogo asettico di selezione e organizzazione di carni animali, oggi nello spazio di Metropoliz c’è vita. Il suo volto varia anche allo sguardo esterno del gruppo del frutteto nel progredire della stessa settimana, insieme alle re-lazioni che si instaurano con gli abitanti.

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giornouno

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Da città fantasma sotto la pioggia e con pochi abitanti in giro il primo giorno, Metropoliz si trasforma gradualmente in un museo dinamico di vita quotidiana.

Al secondo giorno, la città è illumi-nata da un sole splendente che rega-la una luce calda, diversa rispetto ai giorni precedenti. I colori delle case e dei graffiti si ravvivano, la gente esce e gira per le strade, si sentono odori di cucina, uomini e donne rientrano dal lavoro, alcuni bambini tornano da scuola, alcune donne lavano i panni. Il gruppo del frutteto comincia a cono-scere e a chiacchierare con gli abitanti a Piazza Vaccarella, a Piazza Perù, a Piazza Kasba, a Piazza, o dentro alcune case, e viene ospitato a pranzo duran-te tutta la settimana da Cucina Metic-cia, un progetto di cucina multi-etnica sperimentato da alcune famiglie locali. I bambini che il primo giorno si affaccia-vano nel cortile a giocare tra una sgrul-lata di pioggia e l’altra per poi nascon-dersi di nuovo nelle case, cominciano a guardare curiosi, si avvicinano e fanno amicizia, qualcuno regala delle marghe-rite, altri abbracciano i ragazzi del grup-po, qualcun altro reinventa i loro nomi.Un bambino, il primo giorno, passan-do domanda: “che fate, giocate a cal-cio?” “no, io non sono brava”, “e allora che fate qui?” “costruiamo un frutteto”.

I l f r u t t e t o u n N u o v o A b i t a n t eNel momento in cui il gruppo del frut-teto mette piede oltre il cancello, la cre-azione del giardino viene immaginata dentro la vita dei Metropoliziani. Alcuni cercano di farsi spazio discretamente nella giornata di queste persone, nel tentativo di immaginare e disegnare il frutteto a Metropoliz attraverso le pa-role dei suoi abitanti, chi per curiosità o per rendere giustizia a chi, poten-zialmente, dovrebbe poi prendersene cura, chi cerca di ovviare la sensazio-ne di essere estraneo in “casa d’altri”. C’è chi invece è solo preoccupato

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condivisione

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disordine

pato che le piante vengano distrutte. Alcuni cominciano a girovagare, a far-si ospitare nelle case e a giocare con i bambini e tornano con i primi disegni. Durante i primi due giorni di disegno e confronto, il progetto sembra trasfor-marsi e prendere una sua forma diver-sa dal semplice “costruiamo un frutteto per e con gli abitanti”, e comincia ad in-trodursi all’interno dell’esperienza arti-stica del MAAM. Il gruppo del frutteto non aspira più a raccontare la vita degli abitanti, non si limita più a comprender-ne i codici, ma comincia ad interpretare liberamente questi codici vivendosi per qualche giorno Metropoliz, e a parlare anche al resto della città e a se stesso.

Momento importante di questa tra-sformazione è la fase di scelta del progetto tra i vari che dal primo gior-no sono stati sviluppati e disegnati. Incontriamo Giorgio de Finis alle 16.00 di martedì e gli presentiamo le nostre idee e i nostri disegni. Du-rante questo incontro, la connes-sione tra il frutteto e Metropoliz prende una sua forma particolare.

Si prova a definire il giardino, come un “dono dall’alto”, un dono “italiano”, una cosa che viene da “fuori”, come siamo noi per e a Metropoliz. O ancora come “isola di pace”, “oasi di tranquillità”, come un “luogo in cui dimenticarsi di quello che c’è intorno, in cui ti senti in un mondo diverso da questo”. In altre parole, si co-mincia a filtrare e a interpretare attra-verso il frutteto, i diversi stati d’animo e i significati di ciascuno di noi rispetto al nostro stare in questo luogo e all’in-contro con le persone che lo abitano.

Due rappresentazioni principali si de-lineano attraverso la presentazione a Giorgio: da un lato l’idea di mantenere la mappa del frutteto in piena simme-tria con una disposizione asimmetrica delle vasche per riprodurre un aspetto condiviso di Metropoliz e dunque cre-are una connessione per “analogia” con il contesto (il disordine delle vasche come rappresentazione del luogo).

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giorno due

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progetto

Dall’altra, l’idea di un frutteto a di-sposizione simmetrica, in contrap-posizione al contesto circostante ma paradossalmente connesso a questo attraverso una logica “del contrasto”.

Questa seconda idea, che verrà realiz-zata, prevede quattro vasche di legno che accoglieranno gli alberi da frut-to, disposte secondo la suddivisione geometrica del giardino all’italiana, un luogo armonico e ordinato. Fasce di colore geometriche si intersecano superando le vasche e raggiungendo i muri della stanza per dare un senso di continuità con le pareti. Al centro uno specchio ovale è posto in riproduzione del pozzo del classico chiostro. Oltre le pareti, come il MAAM che dall’edificio principale si dissemina nelle piazze, per le strade e più vicino alle case, al-cune vasche di formato più piccolo vengono “disseminate” a Metropo-liz, creando continuità tra lo spazio co-mune della stanza e gli spazi “privati”.

Il frutteto, nella sua totale diversità dal luogo per i suoi materiali e la sua strut-tura, non è però calato dall’alto. Diven-ta piuttosto un modo per far “entrare ed uscire delle idee, delle visioni e dei mon-di” tra Metropoliz e il resto della città. Cerca così una sua forma d’interazione con lo spazio e gli abitanti attraverso la “sorpresa” che il suo ordine può provo-care sia nel visitatore esterno che negli abitanti. Il contrasto del frutteto con l’ambiente circostante non segue una logica binaria di separazione tra due entità omogenee e opposte, noi e loro, ordine e disordine, Roma e Metropo-liz, la città e l’”oltre città”. Il frutteto è il risultato dell’incontro tra identità e storie già un po’ “meticce”, già diver-se in se stesse, e tra le esperienze dei partecipanti del laboratorio che, con le proprie emozioni e i propri significa-ti, tentano di “contaminare” lo spazio. Il frutteto diventa anche un modo per raccontare un’occupazione attraverso nuove forme e linguaggi. Gli alberi stessi diventano soggetti, non sono più semplici delimitatori spaziali, ma

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giornotre

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entreranno in relazione e forse si adat-teranno alle regole che rendono questo spazio un crocevia di alterità. Gli alberi del frutteto non si integrano ma tenta-no di interagire attraverso il confronto, applicando un’idea di meticciato che non prevede l’omologazione delle cul-ture o la sopraffazione dell’altro/altra, ma una spinta di curiosità ed apertura, che sia interna, rivolta alla città o vol-ta alla creazione di nuovi immaginari.

La creazione del frutteto racconta dun-que una storia di connessioni, una sto-ria, anche questa come Metropoliz, fatta di varietà, di precarietà e di trasfor-mazione. Secondo il filosofo francese Bruno Latour il pensiero occidentale moderno ha operato una separazione tra oggetti (naturali) e soggetti (uma-ni); sarebbe invece auspicabile il supe-ramento di questa divisione, che ci ha condotto allo sfruttamento senza limite dell’ambiente, attraverso la creazione di un’assemblea unitaria nella quale uma-ni e non umani interagiscano. Gli alberi del frutteto possono essere consi-derati come nuovi occupanti di Me-tropoliz, nuovi membri del collettivo di abitanti che interagiscono in questa struttura. Gli alberi da frutto, nella diver-sità di specie antiche e pregiate, sve-lano una ricchezza importante legata a coloro che li immaginano, li scelgono, poi li piantano e infine a coloro che se ne prenderanno cura. Come le altre comu-nità presenti nella città meticcia, sono portatori di una cultura e di una sto-ria, potranno interagire con gli abitanti, rispondendo a logiche interne, diffe-renti da quelle valide all’esterno, che la rendono una città nella città. Questa in-terazione all’interno del Metropoliz po-trebbe mettere in discussione la dicoto-mia natura/cultura propria della società capitalista, che opera una divisione tra soggetti e oggetti, dando ai primi la le-gittimità di operare sui secondi, utiliz-zati invece come semplici strumenti di consumo. La visione consumistica por-ta a concepire la “natura” come ogget-to/merce da ipersfruttare, e non come soggetto portatore di una sua storia.

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giornoquattro

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In contrapposizione a questa percezio-ne, che ha dato vita a specie senza sto-ria, modificate per essere rese sempre più produttive, si può leggere la scelta di inserire in questo luogo degli alberi da frutto carichi di storia e di identità.

Come Metropoliz, il frutteto è anche uno spazio precario e incerto, con alberi senza radici in terra, ma pianta-ti in grandi contenitori, che si appro-priano di uno spazio pubblico e che, donandosi da un lato a Metropoliz, ridona quello stesso spazio alla città.

Ma il frutteto è anche, e soprattutto, il risultato dell’unione e della trasforma-zione di visioni, idee, emozioni dei par-tecipanti e delle connessioni istantanee tra ciascuno del gruppo e gli abitanti. Se il motivo dominante era di offrire un’oc-casione di aggregazione per e tra gli abitanti di Metropoliz, la creazione del frutteto ha innanzitutto aggregato ed integrato noi partecipanti e le nostre for-ze. Ci ha dato l’opportunità di conoscer-ci, di metterci alla prova, di fare amicizia e in fondo semplicemente di divertirci.

In questo senso, la creazione di un frut-teto rappresenta un modo per sorpren-dersi del nostro rapporto sia con la na-tura che con gli altri, un’occasione per osservare la nostra trasformazione indi-viduale e per ripensare dunque le nostre diversità prima che quelle degli altri.

Il frutteto è quindi, come Metropoliz, una visione di unità nella diversità. E proprio in una fabbrica in cui sono in atto pratiche di continua re-significa-zione, i cui spazi assumono nuova vita e nuovo senso tramite le esistenze che la percorrono a partire dalla sua occupa-zione e restituzione alla città, potrebbe nascere un percorso che tenti di comu-nicare una visione di natura non come passivo oggetto di consumo, ma come soggetto con cui relazionarsi e confron-tarsi. In questo luogo che rimodula e sovverte i modi di vita imposti al suo esterno, forse anche gli alberi potran-no ottenere il diritto di cittadinanza.

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