Bollettino Marzo-Maggio 2012

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n° 30 marzo - maggio 2012 C amminiamo insieme Periodico della Comunità dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

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Bollettino Marzo-Maggio 2012

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n° 30 marzo - maggio 2012

Camminiamo insiemeP e r i o d i c o d e l l a C o m u n i t à d e i S a n t i P i e t r o e P a o l o i n C a s t r e z z a t o

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Sommario

Ad introdurci quest’anno alle Feste Pasquali è lo stupendo aff resco del-la Pietà, appena restaurato. Si trova nella cappelletta di passaggio per salire all’organo, a pian terreno, sul lato sinistro del presbiterio. Quest’o-pera è dipinta sul muro quattro/

cinquecentesco della precedente chiesa di S. Maria degli Angeli, che aveva la faccia-ta nella direzione dell’attuale Contrada dei Morti (Via IV° Novembre), e l’abside posizio-nata sul sito dell’attuale Sacrestia. L’aff resco raffi gura una maestosa Madonna con sulle ginocchia il Cristo morto. È seduta su di un sepolcro ocra, con una veste rosso scuro e un manto blu all’esterno e verdastro all’interno. I movimenti del corpo determinano le pieghe che creano continue variazioni cromatiche lasciando intravedere ora la parte verde ora quella blu. Il mantello copre il capo di Maria e lascia scorgere il viso segnato di una persona matura: c’è pathos sulle labbra rosse come la veste, e negli occhi che guardano il Figlio de-posto sulle sue ginocchia. Le braccia e le mani aperte, levate verso l’alto, manifestano tutto il suo dolore. Attorno alla testa c’è un’aureola chiara, dipinta a colore pieno; sopra, posto in modo orizzontale, come il corpo del Figlio, c’è un cartiglio bianco su fondo blu, che con-trasta con la linee forza verticale e oblique del corpo di Maria. Gesù deposto dalla croce, presenta un corpo bianco ed esamine con chiaro – scuro che mette in evidenza l’ana-tomia, secondo la maniera trecentesca del maestro Cimabue. I fi anchi sono cinti da un velo, rilevato solo dalla presenza di pieghe, che favorisce la vista delle forme del corpo. Dalle ferite dei piedi, delle mani e del costato sgorga sangue di color vermiglio. La testa po-sta in orizzontale e allineata al tronco, mostra il volto con gli occhi chiusi, incorniciato dai capelli lunghi e ondulati sparsi sulle spalle e dalla barba arricciata a due piccole punte. La bocca rossa e ben evidente così come le gocce di sangue sulla fronte incorniciata di spine. Anche la sua aureola è piena. Siamo vera-mente felici di poter restituire allo sguardo dei fedeli e dei cultori della storia della no-stra Comunità quest’opera stupenda nella sua vigorosa espressività. In questo aff resco tro-viamo la traccia più antica della fede cristiana nel nostro territorio. L’opera verrà inaugurata e benedetta in questo Venerdì Santo.

(d.M.)

ommarioommarioSS

Camminiamo insieme

N. 30 marzo - maggio 2012

Periodico della Comunità parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

Hanno collaborato a questo numero: mons. Mario Stoppani, don Claudio Chiecca, mons. Vittorio Formenti, Silvana Brianza, Federica Mombelli, Missionari della Comunità di Villaregia di Lonato, Bep-pe Marinelli, Angelo TreccaniContributi di: A. Onger, Luca Beato (Fatebenefratelli), mons. Renato Tononi, Elvira Serra, COSP di Ca-strezzato, † Liliana Poncipè, Raff aella Zanetti, Comunità Monastica Benedettina dell’Isola S. GiulioFotografi e: Erika ZaniSegreteria: Agostina CavalliImpaginazione: Giuseppe Sisinni

Lettera del Parroco3 Pasqua è servire il prossimo

Formazione liturgicaFare Pasqua con il Signore

Formazione liturgicaGesù risuscita e dà vita

Con la ChiesaLa porta della fede

SocietàAnno della fede e religione all’italiana

Vita cristianaLa prova della malattia

Vita cristianaQuando un fi glio sceglie la clausura

Spazio oratorioVita dell’oratorio

Spazio oratorioIn cammino per la cultura della pace

Spazio missioniSettimana di animazione della Comunità di Villaregia

Vita in ParrocchiaVerbale della riunione del Consiglio Pastorale Zonale

Poesia dello SpiritoLa Pasqua nella poesia

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In copertina

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Sommario

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Carissimi, ecco ancora innan-zi a noi la Pasqua, pietra miliare della vita di Cristo e

nostra. Se la nascita di Gesù a Bet-lemme ci fa sperimentare istinti-vamente la benignità e l’umanità del Salvatore, la sua Pasqua di morte e di risurrezione ci coin-volge più in profondità perchè ci dona il cuore stesso della salvezza, ossia la vittoria sul peccato e sulla morte, fatti che riguardano anche noi. Tutti prima o poi ci poniamo una domanda seria: “C’è una stra-da che trasformi la nostra esisten-za da un cammino che va verso la morte ad un cammino che va verso la pienezza della vita?” L’e-sperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e in tutte le età, ed è essa stessa una scuola da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno. La con-templazione della croce di Gesù apre il confronto con le domande suscitate dalla soff erenza e dal do-lore; domande che nascono spon-taneamente in noi quando passia-mo momenti diffi cili e angosciosi. Il vangelo parlando dell’“esodo” di Gesù da questo mondo dice testualmente “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre e che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava…”. Una strada quin-di c’è. La Pasqua è eff ettivamente questa strada. Come si congeda Gesù da questo mondo? I primi tre vangeli (Mt/Mc/Lc, chiamati i sinottici) dicono: istituendo l’Euca-ristia; Giovanni invece dice: Lavan-do i piedi ai discepoli. Il signifi cato

è il medesimo: Gesù si congeda da questo mondo lasciando un unico comando: amare, servire, donarsi a, morire per… ; impostare la vita nella logica del sincero servizio. Gesù aveva davanti a sé altre pos-sibilità. Per esempio smascherare Giuda davanti a tutti: tradire un amico (e quale Amico!) era un atto abietto; oppure sottrarsi alla mor-te. Avrebbe potuto farlo, se è vero che il Padre gli aveva messo tutto nelle mani e quindi gli aveva dato anche il potere di sfuggire alla morte. Invece Gesù esercita la sua onnipotenza chinandosi a lavare i piedi dei discepoli, cioè facendo il gesto del servizio proprio dei servi. Nel contesto si comprende che questa è una forma d’amore, il modo di Gesù di esprimere l’a-more verso gli amici, verso i disce-poli. Questa è la via vera del suo

ritorno al Padre. Gesù non compie azioni magiche per arrivare a Dio, non esercita un potere sugli altri, non usa l’astuzia, la furbizia, ma esprime e porta a pienezza sem-plicemente l’amore, perché lava-re i piedi signifi ca essenzialmente questo. Fare Pasqua vuol dire allora impostare la vita davvero come un servizio. Dobbiamo es-sere obiettivi: nella cultura domi-nante di oggi il desiderio di servire non c’è. Vogliamo tutti trovare “la pappa pronta”…Tocca sempre agli altri! Nella cultura odierna, per certi aspetti, sono proposti in modo sfacciato come valori su-premi il prestigio, la ricchezza e le comodità, mentre il servizio (spes-so nascosto e poco gratifi cato), istintivamente, non appare come un valore. Si pensi per esempio alle tante diffi coltà che passa il vo-

Pasqua è servire il prossimo

Prese un asciugamano e se lo cinse intorno alla vita e si mise a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13, 4-5)

Lettera del Parroco

3Camminiamo insieme n. 30 marzo - maggio 2011

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lontariato oppure chi deve gestire compiti di responsabilità. É possi-bile questa conversione?Lavare i piedi agli altri non costa molto, anzi, è facilissimo. Ma pas-sare dalla teoria alla pratica non è così semplice.Il giovedì santo, quando nella litur-gia è previsto il gesto della lavanda dei piedi, il gesto, come tale, non costa molto. Servire realmente, in-vece, è molto più diffi cile, perché nel servizio non possiamo sceglie-re chi, come o quando vogliamo servire. Il servizio è serio quando risponde alle necessità delle per-sone; la persona concreta e il suo bisogno sono un appello al mio servizio. Non importa se la per-sona è simpatica o antipatica, se alla fi ne sarò gratifi cato da quello che ho fatto o non ci sarà nessuna gratifi cazione, perché il servizio di-pende dal bisogno dell’altro ed è a questo che è diffi cile rispondere. Molto diffi cile. Più che lavare i pie-di a qualcuno. Ma c’è anche qual-cosa di ancora più diffi cile, di cui il servizio è semplicemente una pre-parazione: il dare la vita, che può apparire non solo diffi cile , ma ad-dirittura impossibile – ogni essere vivente, infatti, porta dentro di sé un istinto di sopravvivenza che lo spinge a difendere se stesso (l’istinto di autodifesa), la propria vita. É istintivo, e per fortuna! Se venisse meno quest’istinto, sareb-be un disastro! Come si fa, allora, a donare la propria vita, a metterla in gioco?In realtà impossibile non è, perché c’è una forza d’amore che viene da Dio – non dal mondo, né dall’evo-luzione della specie, né dalle abi-tudini culturali – ed è capace di assumere anche il bisogno di au-todifesa e di farlo amore, gratuità e generosità e, nel cammino della vita dell’uomo, questo traguardo è diff uso in tanti comportamenti. Quando m’innamoro e inizio un legame d’aff etto con una persona dico: “Ho bisogno di te, non posso

stare solo! Ho bisogno della tua presenza, perché questa arricchi-sce, dà sicurezza e gratifi cazione alla vita“. Poi, poco alla volta, que-sto bisogno s’accresce di qualcosa di più grande: “É bello stare con te! Sei una meraviglia! É una gioia ascoltarti, parlare, dialogare con te“. A questo punto non c’è più semplicemente il mio bisogno, ma riconosco che l’altra persona ha una ricchezza e un valore che io ammiro. Può anche darsi che alla fi ne s’arrivi a dire: “É bello che tu esista! Ed è così bello, che sono disposto a sacrifi care qualcosa di me, perché tu esista, perché quel valore concreto che sei tu con la tua vita, possa esprimersi e mani-festarsi“. É un cammino di matu-razione: da un atteggiamento d’a-more giocato sull’egocentrismo (ho bisogno di te), ad un atteg-giamento che – mantenendo “ho bisogno di te”, che c’è e rimane in un rapporto d’amore – diventa an-che la ricerca e la difesa della vita e del bene dell’altro (è bello che tu esista).Il cammino dell’aff etto umano deve percorrere tutta questa stra-da e non può fermarsi solo al pri-mo gradino. Il primo gradino è prezioso, deve sempre esserci – e rimanere anche -, ma l’uomo non si può fermare lì, può e deve cre-scere fi no alla capacità del dono, fi no a cercare di realizzare la re-gola, semplicissima, che Gesù dà nel Vangelo: fa agli altri quello che vuoi sia fatto a te.É una regola semplicissima e dina-mica, che non si realizza però mai del tutto, che chiede sempre qual-cosa di nuovo, di creativo, d’origi-nale. Nessuno può dire: “ Ho fatto tutto il bene che potevo fare“; può dire al massimo: “Non ho fatto del male, ho cercato di non fare del male”, perché in ogni situazione c’è sempre qualcosa di nuovo da pensare, immaginare e suscitare dall’interno del nostro cuore. Il cammino è progressivo, sereno,

ma creativo e sempre rinnovato.In tutto questo c’è bisogno di un giudizio saggio, perché fa agli altri quello che vuoi sia fatto a te, non vuol dire accontentare i capricci degli altri! Non sarebbe cercare la vita dell’altro – anzi, in fondo, sa-rebbe un disprezzarla –. Se voglio bene a qualcuno, voglio che viva una vita umanamente ricca e i ca-pricci non rendono le persone più umane, al contrario, le feriscono nella capacità d’amare e di essere saggi. Per riuscire ad amare cor-rettamente, bisogna imparare a distinguere tra le necessità vere e i capricci, che non è semplicissimo. Sono necessari intelligenza e cuo-re pulito: ci vuole intelligenza per capire, in ogni situazione concre-ta, il meglio e serve un cuore che non sia egoista, perché se il cuore è egoista, vede sempre le cose se-condo il proprio vantaggio e non secondo quello che è più utile all’altro. Il cammino del servizio, allora, ri-chiede anche un cammino di og-gettività – nella ricerca di che cosa sia davvero il bene della persona – di generosità, ma anche di luci-dità. Se impareremo a servire in questo modo avremo davvero fatto Pa-squa. Non importa in quali cam-pi o settori, vistosi o nascosti. Si serve facendo bene e con amore il papà e la mamma, il nonno o il maestro o l’operaio o il catechista o l’infermiere o il pubblico ammi-nistratore o il volontario o il prete: servire quindi, non servirsi degli altri. Questo è l’esempio di Gesù. Se faremo questo salto di quali-tà, avremo davvero fatto Pasqua. Questa è la Pasqua che vi augura di cuore il vostro Parroco. Il gesto di Gesù che lava i piedi agli apo-stoli sia sempre fi sso in noi come il modello del vero servizio. Buona Pasqua.

Il vostro Parroco Don Mario

Lettera del Parroco

4 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

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La Settimana Santa è il cuore dell’anno liturgico, poiché dal mistero pasquale, in essa

solennemente celebrato, scaturi-sce il fi ume della grazia, il dono della salvezza.Ogni cristiano che nelle settimane di Quaresima si è impegnato nel-la lotta contro il male e che, nello sforzo della propria purifi cazione, ha tenuto lo sguardo contempo-raneamente rivolto a Dio e a se stesso, ora è invitato dalla Liturgia a non avere occhi che per il Cristo. È unicamente la sua Persona — le sue parole, i suoi gesti, i suoi silen-zi — a colmare tutto questo sacro tempo e attirare tutta la nostra at-

tenzione, fi no a immedesimarci in Lui, per condividerne la Passione in uno slancio di autentica empa-tia, di profonda ”com-passione”. Quale modello sublime di questa “com-passione” ci sta davanti la Vergine Madre. Nella Liturgia sen-tiamo il suo gemito nello stesso gemito del Figlio, ma ancor più la forza del suo silenzio adorante che abbraccia fi no in fondo, con amo-re, la divina volontà. Ella è tutta un sì al Padre, un consenso che dilata la sua maternità di grazia in una dimensione incommensurabile. Come lei e con lei, ogni cristiano è chiamato a seguire Gesù sulla via della Croce animato da una forte e

generosa volontà di off erta al Pa-dre, in solidarietà con tutti i fratelli per i quali il sangue di Cristo è sta-to sparso.Questo avviene non solo in virtù di un atto di fede e di amore che ci unisce al Cristo immergendoci nella grazia del suo mistero litur-gicamente rinnovato, ma anche facendo rientrare nella sfera della sua Passione ogni dolore di oggi, sia il nostro personale, sia quel-lo della società in cui viviamo e dell’intera comunità umana. Se consapevolmente viviamo come off erta la nostra “ora” e l’”ora” del mondo attuale, anche noi, come aff ermava san Paolo, portiamo

Fare Pasqua con il Signore

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Formazione liturgica

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«compimento a ciò che, dei pati-menti di Cristo, manca nella [no-stra] carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). E que-sto facciamo nella certezza di fede che dalla soff erenza e dalla stessa morte scaturirà una gioia purissi-ma e imperitura, per noi e per tanti nostri fratelli.

Dal canto dell’Osanna ai giubilo dell’AlleluiaLa liturgia della Domenica delle Palme presenta aspetti sorpren-denti. Infatti, Gesù, che si era mes-so decisamente in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), giunge ora alla meta ed entra nella Città Santa per es-servi immolato quale Agnello in-nocente e per instaurare dalla Cro-ce il suo regno universale. Quasi per divina ispirazione, la gente del popolo gli va incontro festante acclamando: «Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che vie-ne nel nome del Signore!». Questa proclamazione risuona, convinta e festosa, nel rito di commemo-razione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme che precede la San-ta Messa. Mentre nell’aria ancora risuona l’eco degli «Osanna», la Liturgia della Parola ci invita al rac-

coglimento per presentarci la vera realtà del Re acclamato con tanto fervore: Egli è il Servo soff erente, che si è fatto obbediente «fi no alla morte e alla morte di croce» (Fil 2, 8): ecco il suo trono! La so-lenne proclamazione del Vangelo — il racconto della Passione — ci fa percorrere tutte le tappe del-la via dolorosa, dal Getsemani al Calvario. Custodendo nel cuore le ultime parole di Cristo — parole dette per noi — e immergendoci nei suoi silenzi di “agnello man-sueto” — anch’essi vissuti per noi — possiamo inoltrarci nel mistero di questa Settimana: mistero che, celebrato nel tempo, lo trasforma da kronos in kairos, da tempo cro-nologico, che passa, in tempo che si dilata nell’eternità, proprio per-ché contiene Cristo che è lo stesso ieri, oggi e nei secoli.La liturgia del lunedì santo ci fa uscire da Gerusalemme e ci con-duce nella calma atmosfera di Betania, in casa degli amici Mar-ta, Maria e Lazzaro, presso i quali Gesù, per l’ultima volta, va a cerca-re un po’ di ristoro fi sico e morale. La squisita fi nezza di questi amici ha la sua espressione più alta e più pura nel gesto di Maria che, quasi presagendo la sorte cui il Maestro sta per andare incontro, versa una libbra di olio profumato di vero nardo sui piedi di Gesù e li asciu-ga con i suoi capelli (cf. Gv 12,2-3). Essa viene biasimata, ma quello che a Giuda sembra uno “spreco” da condannare, per lei è ancora poco. Il profumo versato vuole si-gnifi care, infatti, il dono di sé come risposta d’amore all’amore del suo Signore che va a morire per lei e per tutti. Anche oggi Gesù cerca un luogo dove riposare... Ognuno di noi può essere la sua accoglien-te Betania.Con intensa drammaticità la li-turgia del martedì santo ci fa pre-sentire l’avvicinarsi dell’ora in cui, in assoluta solitudine, Gesù porte-rà a compimento il suo sacrifi cio

redentore. In questo giorno, infat-ti, ci pone davanti allo sconcertan-te fatto che gli apostoli, e lo stesso Pietro, vengono meno nella fedel-tà. Il brano del Vangelo si chiude con parole cariche di un inquie-tante presagio che Gesù rivolge al primo degli apostoli: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,38).Darai la tua vita per me? È una domanda che ci interpella perso-nalmente e fa sgorgare anche dai nostri occhi le molte lacrime di pentimento che Pietro versò dopo il suo triplice rinnegamento.Le tenebre si fanno ancora più oscure il mercoledì santo, gior-no in cui, nella pagina evangelica, ascoltiamo l’annunzio del tradi-mento di Gesù. Il brano si apre mettendo in luce quanto Giuda va maturando in segreto: il suo non è un tradimento causato dalla paura — come il rinnegamento di Pietro — ma premeditato e tenuto na-scosto fi no “all’occasione propizia”. Gesù stesso, però, che conosce i cuori, svela la presenza di un tra-ditore: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà» (Mt 26,21), uno dei “suoi”, con i quali ha condiviso e confi dato tutto. Un dolore inespri-mibile aff erra tutti i commensali. Profondamente turbati, i discepoli ad uno ad uno incominciano a do-mandargli: Sono forse io, Signore?Chi di noi potrebbe evitare di porsi questa drammatica domanda?Con la Santa Messa vespertina del giovedì santo - Messa in Cena Domini - inizia il Sacro Triduo. Il colore liturgico bianco, che si so-stituisce al viola, la presenza dei fi ori e il canto del Gloria esprimo-no la letizia di un vero e proprio banchetto nuziale: con l’istituzio-ne dell’Eucaristia, infatti, Cristo unisce per sempre se stesso alla Chiesa, sua sposa, con il vincolo di un amore indistruttibile. Siamo radunati per entrare in comunione

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Formazione liturgica

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di vita con il Signore e tra di noi, mangiando di quell’unico Pane e bevendo a quell’unico calice che il Cristo, nella notte in cui fu tradi-to, istituì quale nuova Alleanza tra Dio e gli uomini.Il rito della lavanda dei piedi — che avviene dopo la proclamazio-ne del Vangelo (Gv 13,1-15) — è una mirabile e commovente lezio-ne pratica di umiltà, che ci mostra al vivo che cosa signifi chi “fare pa-squa” con Gesù. Egli domanda ai “suoi”: «Capite quello che ho fatto per voi?». E subito aggiunge: «Vi ho dato l’esempio».Capite...? E noi capiamo l’amore che Gesù ci spinge ad amare tutti come egli ci ha amato? «Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron dove c’era un giardino» (Gv 18,1): là vive la sua angosciosa agonia del Getsemani in una notte che sembra andare verso un gior-no senza aurora, immerso nell’o-scurità.La liturgia del Venerdì Santo ha un andamento grave; di ora in ora si fa più evidente e drammatico lo scontro tra la luce e le tenebre. Momento culminante di questa giornata è la Celebrazione della Passione con la proclamazione — in forma dialogica o con il solenne canto gregoriano — della Passio-ne di Gesù secondo l’evangelista Giovanni. La comunità cristiana si riunisce idealmente sul Calvario per far proprio, attualizzandolo, il sacrifi cio della Croce, quel primo e unico sacrifi cio redentore che si rinnova ogni giorno, in tutto il mondo, nella celebrazione euca-ristica.Nella chiesa il venerdì santo re-gna un clima di intensa gravità. Tutto è silenzio: silenzio del cuo-re, pieno di attenzione e di dolo-re davanti alla realtà della morte di Cristo sulla croce, morte di cui siamo tutti responsabili a motivo dei nostri peccati. Le campane sono mute, gli altari spogli, salvo

il momento conclusivo della cele-brazione in cui si fa la comunione eucaristica con le ostie consacrate nella Messa vespertina del Giovedì Santo.È un silenzio che si protrae e ri-colma tutto il sabato santo, de-fi nito “giorno del sacro silenzio”. Qualcosa di enorme e tremendo è accaduto: la morte violenta del Giusto. Sbigottita, la terra tace davanti all’impenetrabile mistero. Ma è anche un silenzio di attesa vigilante, nella fede e nella spe-ranza. Tutta l’attenzione è infatti rivolta a Colui che aveva predetto la sua risurrezione.Il passaggio dal sabato santo alla domenica di risurrezione non avviene attraverso una notte, ma attraverso una prolungata e anti-cipata aurora, attraverso la Veglia, madre di tutte le veglie. Riunita nell’oscurità fuori della chiesa, l’as-semblea cristiana, in misteriosa comunione con il cosmo intero, si pone quasi simbolicamente sulle soglie della storia della salvezza, partendo da lontano, dalla notte del caos primordiale, dall’oscura lontananza della morte per cam-

minare verso la luce della Vita, che è il Cristo risorto. E non è un vuoto simbolismo. Sull’umanità di oggi incombe ancora la notte ango-sciosa dell’assenza di Dio, la notte del male, la notte della solitudine che è chiusura alla comunione. Tutto grida un’esigenza di luce.È quanto esprime la liturgia della luce, che apre la Veglia. Mentre il cero viene solennemente collo-cato nel presbiterio, prorompe il canto dell’Exsultet che celebra lo splendore del Cristo risorto, li-beratore del genere umano dalle tenebre del peccato e della mor-te. Immersa nella luce nuova, l’as-semblea ascolta le grandi tappe della storia di salvezza, facendo così memoria delle “meraviglie” che Dio ha operato in favore del suo popolo e di tutta l’umanità, fi no al punto culminante: «Cristo risuscitato dai morti non muore più... Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù». Dal cuore dei fedeli erompe ormai, come un fi u-me di gioia, l’«Alleluia pasquale».

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La risurrezione di Gesù fondamento della fede nella risurrezione di tutti gli uomini

Gesù risuscita e dà vita

La risurrezione di Gesù è pri-ma di tutto un fatto storico nel senso che si è veramen-

te verifi cato, anche se non è stato un fatto verifi cabile come gli altri avvenimenti della storia. Nessuno infatti è stato testimone ocula-re del fatto della risurrezione. Le testimonianze degli Apostoli ri-guardano Gesù Cristo risuscitato, fanno riferimento alle apparizioni di Gesù. D’altra parte Gesù dopo la risurrezione non ha più un cor-po materiale come prima, ma un corpo spiritualizzato. Egli è en-trato nella dimensione spirituale, trascendente, incommensurabile di Dio.La fede degli Apostoli e la prima predicazione si fondano sull’av-venimento sconvolgente della risurrezione di Gesù Cristo. La più antica testimonianza del Nuovo Testamento è quella di San Pao-lo, riportata nella prima Lettera ai Corinzi, scritta negli anni 56/57, ma formulata dalla Chiesa primiti-va molti anni prima e ricevuta da Paolo stesso forse già al momento della sua conversione nel 36. Vi è riportato un elenco di apparizioni, senza narrarne alcuna. «Vi rendo noto, fratelli, il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete rice-vuto, nel quale state saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l’ho annunziato. Altrimenti avreste creduto invano! Vi ho tra-smesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati se-condo le Scritture, fu sepolto ed è

risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito appar-ve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Gia-como, e quindi a tutti gli Apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me... Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto» (ICor 15, I-II).Possiamo dunque concludere: Gesù non vive perché è annuncia-to — come vorrebbero far credere certi autori moderni, che riducono la risurrezione di Cristo a un mito fondante la nuova religione cri- stiana — ma è annunciato perché vive.

La risurrezione degli uominiLa risurrezione di Gesù riguarda anzitutto la sua persona, il suo “Io” che entrando nella dimensione di Dio ne esce glorifi cato, spiritualiz-zato, completato. Ma da questo fatto riceve luce e signifi cato tutta la sua vita terrena, la causa per cui è vissuto ed è morto. La sua risur-rezione, perciò, è anche un fatto salvifi co per noi, è un Vangelo, un lieto annuncio per l’umanità. È così infatti che si esprime San Pie- tro nel suo discorso agli abitanti di Gerusalemme il giorno di Pen-tecoste: «Uomini di Israele... Gesù di Nazaret... uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di mi-racoli, prodigi e segni... voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Questo Gesù Dio l’ha risuscitato dai morti e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che Egli aveva promesso, lo ha eff uso, come voi stessi potete vedere e udire... Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cri-sto quel Gesù che voi avete croci-fi sso» (At 2, 22-23.32-34.36).La risurrezione di Gesù e la sua intronizzazione rappresentano il riconoscimento uffi ciale da parte di Dio Padre che Gesù è il Cristo (= Messia), non solo, ma anche il Si-gnore, cioè condivide con Dio Pa-dre la vita divina e la gloria ed ha il potere di eff ondere lo Spirito San-to e di giudicare le genti nell’ulti-mo giorno.La risurrezione di Gesù come fatto

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salvifi co per noi è il fondamento della nostra fede nella risurrezione di tutti gli uomini nell’ultimo gior-no.Questa aff ermazione della con-nessione essenziale tra la risur-rezione di Cristo e la risurrezione degli uomini appartiene al patri-monio della fede cristiana fi n dalle origini. Il più vigoroso assertore ne è San Paolo. «Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risusci-tato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazio-ne ed è vana anche la vostra fede... E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomi-ni» (ICor 15, 12-19). Siccome Cristo vive avendo da Dio un signifi cato così straordinario per tutti, vivran-no tutti coloro che si affi dano to-talmente a Lui. A tutti coloro che hanno consonanza di destino con Gesù viene off erto di partecipa-re alla vittoria di Dio sulla morte: Gesù è così ‘la primizia dei morti’ (ICor 15, 20), ‘il primogenito di co-loro che risuscitano dai morti’ (Col I, 18; Ap I, 5).Certo la nostra mente a questo punto è portata a pensare: “Trop-po bello per essere vero”! Allora sarà utile fare un’altra considera-zione: tutto ciò che esiste è stato tratto dal nulla dalla potenza, sa-pienza e bontà infi nita di Dio. La nostra stessa vita è un dono gratu-ito di Dio! La fede nella risurrezio-ne dei morti è una radicalizzazio-ne della fede nel Dio creatore. Chi comincia il suo Credo con la fede in un Dio Creatore onnipotente, può tranquillamente concluder-lo con la fede nella vita eterna. Il Creatore onnipotente che dal non essere chiama all’essere, è anche in grado di chiamare dalla morte

alla vita.

Legame stretto tra morte e risur-rezioneLa parola Pasqua signifi ca passag-gio. Pasqua di risurrezione è il pas-saggio di Cristo da questo mondo al Padre, dalla morte alla vita im-mortale. Morte e risurrezione sono strettamente legate tra di loro. La morte di Cristo non ha senso sen-za la risurrezione. La risurrezione dà senso alla morte ma non la eli- mina. L’antico inno cristiano, ante-riore a San Paolo, ci dice che Cristo Gesù “umiliò se stesso facendosi obbediente fi no alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato...” (Fil 2, 8-9). E nelle appa-rizioni agli Apostoli il Risorto porta i segni della crocifi ssione. Basta ri-cordare l’apparizione a Tommaso (vedi Gv 20, 27).Nella iconografi a cristiana antica Cristo viene rappresentato vivo con gli occhi aperti, con la toga, le braccia aperte, le piaghe dei chiodi nelle mani e la croce che giganteggia dietro le spalle. Que-sto per indicare che la risurrezione non deve mai far dimenticare la morte. Per valutare esattamente la Pasqua occorrerà ricordare l’eroico impegno del Venerdì di passione. Solo allora l’idea della vita eterna non signifi cherà per noi la tenta-zione di cercare un’impossibile consolazione di là dalla croce del presente, invece di cambiare qui e oggi la vita ‘prima’ della morte e le condizioni sociali in cui si svolge.Gesù è morto come moriamo noi, ha seguito la nostra sorte. Egli però non è morto semplicemente, ma è morto orientato alla risurre-zione. Anche se era Dio, non morì con l’esperienza della risurrezione, ma con la fede nel Padre suo, con la speranza di una vita senza fi ne.Il perfetto imitatore di Gesù nel-la Chiesa primitiva è considerato il martire. E il prototipo è Santo Stefano il cui martirio viene narra-to sulla falsa riga della passione e

morte di Gesù (At 7, 59-60).La tendenza odierna della gente è la rimozione della morte. Non bi-sogna pensarci, altrimenti si cade nella depressione, salvo poi a di-sperarsi quando colpisce all’im-provviso qualche persona cara, o si fa annunciare da una malattia che non perdona.Il malato grave lo si rimuove dal-la famiglia e lo si manda a morire in ospedale o nella casa di ripo-so. Anche noi, come i discepoli di Emmaus (Lc 24, 26- 27) facciamo fatica ad accettare il Messia sof-ferente, anche se poi risorto da morte. Vorremmo una redenzione eliminatrice della morte e di tutto quello che la prepara e l’accompa-gna. Invece dobbiamo sforzarci di capire la forza trasformante della fede viva nel Padre: la dinamica di soff erenza-morte per la vita nuo-va: «...Se il seme, caduto in terra, non muore, resta solo; se invece muore, porta molto frutto» (Cv 12, 24).D’altra parte non dobbiamo cade-re nella tentazione del ‘dolorismo’. Non è la morte di Cristo da sola che ci redime. Quella resta il più grande delitto dell’umanità. È l’a-more di Cristo che è sommamente gradito a Dio e ci redime. Tutta la vita di Cristo è redentiva e la mor-te non era per niente necessaria Però, anche la soff erenza e la mor-te diventano redentive, perché Gesù le ha aff rontate mantenendo intatta la sua fi ducia nel Padre fi no all’ultimo e perdonando ai suoi crocifi ssori.

Luca BeatoFatebenefratelli

9Camminiamo insieme n. 30 marzo - maggio 2011

Formazione liturgica

Page 10: Bollettino Marzo-Maggio 2012

La porta della fede

Benedetto XVI ha indetto un “anno della fede”.

L‘ 11 ottobre scorso, memoria del beato Giovanni XXIII, il papa Benedetto XVI, con il

motu proprio Porta fi dei ha indet-to uno speciale «Anno della fede». Esso inizierà I’11 ottobre 2012, 50° anniversario dell’inizio del concilio ecumenico Vaticano II, e si conclu-derà il 24 novembre 2013, solenni-tà di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo.Non è il primo «Anno della fede» ad essere celebrato in tempi re-centi. Il papa Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare me-moria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonian-za suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta

la Chiesa vi fosse «un’autentica e sincera professione della mede-sima fede»; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in ma-niera «individuale e collettiva, li-bera e cosciente, interiore ed este- riore, umile e franca». Pensava che in tal modo la Chiesa intera potes-se riprendere «esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purifi carla, per confermarla, per confessarla». Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i con-tenuti essenziali che da secoli co-stituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfon-diti in maniera sempre nuova al fi ne di dare testimonianza coeren-

te in condizioni storiche diverse dal passato.Il nuovo «Anno della fede», voluto da papa Benedetto XVI, è stretta-mente collegato sia al cinquante-simo anniversario dell’inizio del Vaticano II, sia al ventesimo anni-versario della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica. L’attuale Pontefi ce, anche dal pun-to di vista biografi co, rappresen-ta un anello di congiunzione tra i grandi avvenimenti che hanno segnato la vicenda della fede ne-gli ultimi cinquant’anni. Al conci-lio Vaticano II egli ha partecipato come esperto dei Vescovi tede-schi; nel 1968 pubblica il testo che lo ha reso famoso nell’ambito te-ologico, Introduzione al cristianesi-mo. Lezioni sul Simbolo apostolico; nel 1985, in qualità di prefetto della Congregazione della Dottri-na della Fede, partecipa al Sinodo Straordinario indetto per la sca-denza ventennale del concilio e si vede incaricato dal papa — che accoglie una richiesta dei vesco-vi — di curare la redazione di un Catechismo universale. Il testo è pubblicato nel 1992 e successi-vamente, prima come cardinale e poi come papa segue la redazione e la pubblicazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cat-tolica (2005).Chiaro è il motivo di questa ini-ziativa, come è lucida l’analisi del pontefi ce: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano mag-gior preoccupazione per le conse- guenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando

10 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Con la Chiesa

Page 11: Bollettino Marzo-Maggio 2012

a pensare alla fede come un pre-supposto ovvio del vivere comu-ne. In eff etti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfi no negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, lar-gamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori del la società, a motivo di una profon-da crisi di fede che ha toccato mol-te persone».Perché siamo convinti che «crede- re» non signifi ca abdicare al pen-sare e al ragionare, ma piuttosto incominciare a rifl ettere su Dio e sulla realtà con uno sguardo anco-ra più profondo. Siamo ancor più sicuri che è del «credere» — come per Maria — quello di meditare e custodire nel proprio cuore gli eventi di salvezza del Signore.

pgf

Durante i pasti

Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore.Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri let- ti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore. Per rinunciare infatti al diavolo, per togliere il pensiero e l’aff etto dalle sue pompe e dai suoi angeli, bisogna dimenticare il passato e, nel rifarsi uomo nuovo, rinnovare anche la vita con santi costu-mi (dando l’addio alla vecchiezza della vita di prima); come dice l’Apostolo, dimenticando il passato e protesi verso ciò che ci sta davanti, bisogna correre verso la palma della superna vocazione di Dio e credere ciò che ancora non si vede per poter conseguire quel che si crede.

Sant’Agostino, Sermo 215,1

Maria assaporò i frutti

Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annun-cio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione. Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Al-tissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affi dano a Lui. Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, man-tenendo intatta la verginità. Confi dando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode. Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fi n sul Golgota. Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custo-dendo ogni ricordo nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo. Affi diamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha credu-to”, questo tempo di grazia.

Benedetto XVI, Motu proprio «Porta fi dei» 13

11Camminiamo insieme n. 30 marzo - maggio 2011

Con la Chiesa

Page 12: Bollettino Marzo-Maggio 2012

Benedetto XVI ha indetto l’anno della fede. Si svolgerà dall’11 ottobre di quest’an-

no al 24 novembre del 2013, festa di Cristo Re.La scelta della data d’inizio non è casuale perché coincide con il 50° anniversario della solenne apertu-ra del Concilio Vaticano II, promos-so da Giovanni XXIII. Nel docu-mento di indizione il Papa ricorda inoltre che nella stessa data ricorre il 20° anniversario della promulga-zione, da parte di Giovanni Paolo II, del Catechismo della Chiesa Cattolica. La ragione di fondo che ha indotto il Papa a proporre un anno della fede è rintracciabile nelle prime righe della lettera apo-stolica: “Fin dall’inizio del mio mi-nistero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscopri-re il cammino della fede per met-tere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia e il rinnovato en-tusiasmo dell’incontro con Cristo, [...) Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoc-cupazione per le conseguenze so-ciali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presuppostoovvio del vivere comune. In eff etti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfi -no negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente ac-colto nel suo richiamo ai contenuti

della fede e ai valori da essa ispi-rati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una crisi di fede che ha toccato molte persone. Non pos-siamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nasco-sta (cfr Mt 5,13-16)”.

La preoccupazione del Papa trova ampi riscontri nella realtà. Un’a-nalisi dettagliata della situazione religiosa nel nostro Paese è off erta dal sociologo torinese, nella sua ultima pubblicazione: Religione all’italiana, L’anima del paese mes-sa a nudo. Nel commentare i dati di una ricerca, Garelli ripete spesso che — nonostante tutto — la tra- dizione religiosa nel nostro Paese è ancora radicata. A suo avviso siamo di fronte a “una via italiana alla modernità religiosa, che da un lato rifl ette le istanze tipiche del vivere in una società pluralisti-ca e dall’altro le compone dentro la lunga tradizione di cultura e di socializzazione religiosa tipica del nostro paese”. “Il risultato più sorprendente — aggiunge — è che niente e nessuno cancella un sentire religioso addirittura più diff uso di 15 anni fa. quando re-alizzammo un’analoga indagine”. Ma la lettura attenta dei dati sol-leva molti interogativi. Infatti, se l’86,1% degli italiani si dichiara an-cora cattolico, il 28,3% non si con-fessa mai e il 20,7% lo fa a distanza

di anni. Il 23,7% ammette di non pregare mai e il 43,9% alla doman-da “esiste qualcosa dopo la mor-te?”, risponde con un “non so” o un “non si può sapere”; percentuale cui va aggiunto un 14,6% per cui tutto fi nisce con la morte giacchè, aff erma deciso, l’aldilà non esiste. Anche la partecipazione alla mes-sa domenicale diminuisce. Dice di prendere parte alla celebrazione eucaristica, con regolarità, tutte le settimane, il 26,5% degli italiani (era il 33% a metà degli anni ‘90) e nel dettaglio risulta che la parte-cipazione delle donne è al 35,1% contro il 17,7% degli uomini; è al 44,8% oltre i 65 anni e al 17,1% dai 16 ai 25 anni. Ancora: oltre il 70% sostiene che si può essere buoni cattolici anche senza seguire le indicazioni della Chiesa in campo sessuale: il 73% è favorevole all’u-so dei preservativi e solo il 6,6% accetta di ricorrere unicamente ai metodi naturali. Più articolato, ma certo non in linea con l’insegna-mento della Chiesa, il modo con cui si aff ronta la tragedia dell’a-borto: per il 12,4% è lecito in tutti i casi in cui la donna lo decide; per il 53,6% potrebbe essere contem-plato in caso di stupro, di grave rischio per la salute della mamma e di forte probabilità di grave mal- formazione del nascituro. A non ritenere mai lecito l’aborto, in nes-sun caso, è il 23,1% degli italiani. Sull’eutanasia il 37,3% è favorevo-

Anno della fede e religione all’italiana

Quanto sono cattolici gli italiani?

12 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Società

Page 13: Bollettino Marzo-Maggio 2012

le, il 33,1% è contrario, il 29,6% è incerto.Personalmente considero molto signifi cativa un’indagine de Il Re-gno che ha cercato di approfondi-re le ragioni della fede ed è giunta a queste conclusioni: “Un modo rozzo per rendersi conto di quan-to l’identità religiosa degli italiani sia al suo interno poco coerente è quello di conteggiare quanti sono gli italiani che dicono di andare in chiesa ogni settimana e insieme di credere in Dio, di pregare sem-pre o spesso, di avere fi ducia nella Chiesa e che allo stesso tempo di-cono di defi nirsi di frequente in pubblico come cattolici e che pen-sano che l’essere italiano equivale a essere cattolico. Ebbene, la per-centuale di coloro che condivido-no tutti questi tratti ammonta nel nostro campione al 5%” (Il Regno --- attualità, 10/2010).In eff etti cresce la sensazione (non superfi ciale) di vivere in una socie-tà che mescola i riti religiosi con quelli pagani: le cattedrali sono i centri commerciali, i riti sono lo shopping e i saldi, gli idoli sono le cose che da mezzi diventano fi ni e via di seguito.Solo Dio conosce i pensieri degli uomini e non ha bisogno di fare indagini e statistiche per sapere quanti sono i cristiani credenti. Se lo rivelasse anche a noi, non man-cherebbero le sorprese. Qualche idea, non entusiasmante, in pro-posito ce l’ha anche il Papa se ha sentito il bisogno di indire l’anno della fede.

A. Onger

86,1 %

28,3 %

20,7 %

43,9 %

14,6 %

23,7 %

26,5 %

73,0 %

6,6 %

23,1 %

53,6 %

33,1 %

37,3 %

Si dichiara cattolico

Non si confessa mai

Si confessa solo a distanza di anni

Non sa se esiste qualcosa dopo la morte

È sicuro che l’Aldilà non esiste

Non prega mai

Partecipa alla Messa ogni settimana

È favorevole all’uso dei preservativi

Utilizza unicamente metodi naturali

Contrario all’aborto in ogni caso

Favorevole all’aborto in caso di stupro o rischio per la salute

Contrario all’eutanasia

Favorevole all’eutanasia

13Camminiamo insieme n. 30 marzo - maggio 2011

Società

Page 14: Bollettino Marzo-Maggio 2012

Camminiamo insiemen. 25 dicembre 2010 - febbraio 201114

Con la Chiesa

Don Renato compirà tra po-chissimi giorni 61 anni. È vicario episcopale per i laici

e per la pastorale e sta lavorando a un percorso importante: quello del Sinodo. Al momento non di-sdegna fare anche altri percor-si, camminare in montagna, fare sport... E poi leggere e studiare: “e quali sono i libri da avere con sé su un’isola deserta?”. Mi risponde disponendoli per tipologia: un te-sto di Romano Guardini sul piano liturgico, di don Luisito Bianchi (da poco scomparso — ndr) sul piano letterario e di Franco Ardusso sul piano teologico. “E teologi tipo Vito Mancuso?” Più che teologi sono divulgatori — dice — tentati di andare dietro alle mode e alle sensibilità del momento, anche se certamente effi caci. Ma arriviamo al tema del nostro incontro.

La Chiesa bresciana ha avviato la rifl essione che porterà al Sinodo. Possiamo riassumere agli aclisti cos’è un Sinodo?Il Sinodo è l’assemblea di una co-munità cristiana in tutte le sue rap-presentanze. Può essere generale, e in questo caso si occupa di tutti gli aspetti della pastorale, oppure particolare. Questo Sinodo sarà particolare, perche si concentra su un tema specifi co: le Unità pasto-rali. Il Sinodo è anche un percorso in tre tappe. C’è un iter di prepa-razione dell’assemblea, perché sia eff ettivamente espressione di tut-ta la comunità. In questa fase rien-tra la consultazione. Poi c’è la cele-

brazione dell’assemblea sinodale vera e propria, dove si procederà a votare il documento fi nale e infi ne c’è il “dopo Sinodo”. In questa terza fase il Vescovo emetterà dei de-creti attuativi. Dunque il percorso che porta alla decisione è di tutti. La decisione spetta al Vescovo, in quanto colui che presiede la co-munità cristiana in nome di Cristo e con l’autorità di Cristo.

Rispetto al precedente Sinodo cos’è cambiato?L’ultimo Sinodo si è realizzato con monsignor Morstabilini e si è concluso con il Liber Sinodalis del 1983. Ma quello era un Sinodo generale, è stato il tentativo di in-carnare anche nella nostra Diocesi quanto uscito dal Concilio Vatica-no II. Esiti di quel Sinodo furono ad esempio l’istituzione degli orga-nismi di comunione (il Consiglio pastorale, il Consiglio degli aff ari economici, la riforma della Curia). Furono diverse anche le modalità: preceduto da una visita pastorale in tutta la Diocesi, curiosamente quel Sinodo non si concluse con una votazione.

Mi pare di capire che il Sinodo si pone una questione e cerca la so-luzione. Il Sinodo di quest’anno_ é sulle Unità pastorali: ma queste non sono un problema, sono una soluzione...Il problema che sta a monte è of-frire a-tutta la comunità cristiana l’opportunità di fare discerni-mento spirituale e comunitario

sui segni dei tempi. Le comunità cristiane non fanno a suffi cienza discernimento, non sono educate a questo. Attualmente il model-lo è duplice: o decide uno solo (il parroco) o si pensa ad una decisio-ne democratica. Potremmo dire che si è in tensione tra il modello monarchico e il modello democra-tico. Di fatto è un’inadeguatezza del modello parrocchiale inteso in senso rigido. Il modello del discer-nimento è la giusta via di mezzo. In altre parole questo Sinodo decide su un modo di decidere. Chi gui-da la Chiesa è lo Spirito santo, ma come si fa a saper quel che vuole? Ecco, attraverso il discernimento. Altre questioni sono quelle che abbiamo identifi cato come “segni dei tempi”, ci dicono dei problemi che riscontriamo.

Quali sono le questioni che più preoccupano la Chiesa brescia-na, oggi?La mobilità territoriale e l’esigen-za di una casa, l’immigrazione e la cittadinanza, l’individualismo e le nuove forme di aggregazione e comunicazione, la vita sacramen-tale e le diverse modalità di appar-tenenza ecclesiale, la diminuzione del clero e i nuovi ministeri. Di fat-to abbiamo bisogno di comunità cristiane più mature, cioè più ca-paci di discernere. Ci accorgiamo che le comunità cristiane manife-stano alcuni segni preoccupanti. Cito ad esempio il fenomeno dei lontani, che non vivono la comu-nità cristiana, o ancora le varie for-

Discernere per saper fare comunità

Intervista a monsignor Renato Tononi

14 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Con la Diocesi

Page 15: Bollettino Marzo-Maggio 2012

Con la Chiesa

me di appartenenza con riserva (fi no a un certo punto) e infi ne il bisogno di riacquisire quel senso originario della corresponsabilità (come appartenenza battesimale, non come funzione). Il Sinodo per-mette di recuperare questo senso della corresponsabilità e di fare più spazio ai ministeri laicali. Poi certamente c’è la preoccupazione della mancanza di clero. Quella è stata l’occasione.

A proposito di laici, quale può es-sere il loro ruolo oggi?Il ruolo primario è certamente dare testimonianza della propria fede nelle situazioni normali della propria vita, nella serenità e nella gioia, nella famiglia e sul lavoro. Questi ambiti fanno la vita dell’as-soluta maggioranza dei laici. Poi c’è lo spazio per una duplice e particolare testimonianza laicale. Quella del laico impegnato nel campo politico, sociale e culturale e quella del laico impegnato all’in-terno delle istituzioni ecclesiali. Sono entrambe forme importanti di testimonianza diretta.

E i laici associati, come le Acli o altre organizzazioni? Nelle Unità pastorali avranno lo stesso ruolo che all’interno della Chiesa, ovvero il compito di dare testimonianza del Vangelo di Cri-sto in forma associata. Signifi ca due cose, mi pare. Anzitutto nella forma della comunione, per il fat-to di essere associati. In secondo luogo per l’effi cacia, perché non è il singolo a parlare, ma un’intera associazione. I laici associati han-no il compito di mantenere viva l’attenzione all’ambiente sociale e politico. Nello stesso tempo po-trebbero aiutare la dimensione missionaria delle Unità pastorali, perché spesso le associazioni han-no confi ni più ampi delle Unità e quindi “aprono”.

L’attenzione ai temi sociali e poli-

tici: sta pensando a qualche tema particolare per il bene comune della nostra città?Lo spazio dell’impegno cui faccio riferimento è collegato a quei se-gni dei tempi di cui si è già detto. Aggiungerei in particolare il tema della crisi economica e lavorativa. Bisogna avere il coraggio di pren-dere posizione su questi temi.

Qual è oggi il rapporto tra la Chiesa bresciana e la politica?Direi che c’è un buon rapporto, se parliamo dell’amministrazione della città. Ci si parla, si fanno con-venzioni (es. gli oratori, i migran-ti, i malati). Nello stesso tempo ci sarebbe qualche aspetto che an-drebbe maggiormente precisato. Il rischio è che gli enti ecclesiali-stici si accollino oneri che sono più dell’amministrazione civile. A volte l’ammministrazione civile demanda all’ente ecclesiastico. Vi sono casi in cui l’assistente sociale fa poco più che rimandare le per-sone nelle proprie parrocchie, ai centri d’ascolto della Caritas o ad enti benefi ci cattolici, perché si specifi ca che il Comune ha po-che risorse. Allora si tratterebbe di aiutare l’amministrazione civica a rivedere la destinazione dei po-chi beni che ha. È vero che hanno subito dei tagli, però l’ammini-strazione civica può decidere se spendere per i beni sociali o per i giardini.

Cos’altro chiederebbe alla politi-ca?Chiederei un maggiore impegno nel campo sociale e nel campo culturale, come ad esempio la scuola.Recentemente alcuni articoli e let-tere hanno messo in luce l’esisten-za di “più chiese”, di più tradizioni e sensibilità all’interno della stessa Chiesa bresciana. Lei che “Chiese” vede oggi? Che sensibilità diverse osserva? Non vedo nella nostra diocesi l’esistenza di più “chiese”,

vedo semmai una molteplicità di tendenze. Posso riconoscere che a livello di singoli laici e singoli pre-ti qualche tendenza c’è. Vi sono i nostalgici della Chiesa tridentina così come gli iperprogressisti che chiederebbero un Concilio Vatica-no III e che sono insoff erenti per-ché “questa chiesa non fa niente”. Ma la Chiesa deve camminare insieme. Se non vogliamo fare più.”chiese” dobbiamo cercare un equilibrio. A questo scopo è im-portantissimo recuperare la fi gura del Vescovo. Oggi si fa fatica a ob-bedire al Vescovo. Il Vescovo pre-siede la Chiesa di tutti, non può identifi carsi con un partito o con un’associazione o con una partico-lare sensibilità. Questo vale anche per il parroco: nessuna preferenza particolare. Ci vuole anche molta attenzione: le linee-guida uscite in questi giorni in tema di uso dei beni ecclesiastici vanno in quel-la direzione. Evidentemente c’è qualche abuso di beni.

Arriviamo alla fi gura del prete, allora: quali sono le caratteristi-che che oggi si richiedono ad un “buon prete” per poter vivere in questa condizione storica? Anzitutto ci sono le qualità della fede e le qualità umane, saranno scontate ma sono le cose più im-portanti in ogni tempo. Più spe-cifi catamente nel nostro tempo direi la capacità di dialogare e di collaborare, sia con i preti sia con i laici. La capacità di relazione oggi è centrale. Non solo le “buone re-lazioni” di amicizia, ma quelle che poi si trasformano in programma-zione, in attesa, in collaborazione. È molto diverso da qualche anno fa: una volta si veniva educati ad avere una personalità che “stava in piedi da sola”, si puntava sull’au-tonomia, sulla capacità di gesti-re una parrocchia senza lasciarsi “tirare”. Oggi, invece, dobbiamo saper fare comunità. C’è una bella diff erenza.

15Camminiamo insieme n. 30 marzo - maggio 2011

Con la Diocesi

Page 16: Bollettino Marzo-Maggio 2012

Le “maestrine” del secolo scorso oggi rimarrebbero inorridite leggendo la to-

ponomastica dei nostri paesi con l’aggiunta del nome in dialetto lo-cale e con il ritorno quasi imposto del vernacolo nella vita quotidia-na. Ricordo a proposito un episo-dio che risale al periodo della mia infanzia, quando frequentavo la scuola elementare. Nel tema che pressoché tutte le maestre ci as-segnavano sul come si svolgeva la nostra giornata al fi ne di conoscer-ci meglio, scrivevo che al mattino, come tutti, iniziavo con la colazio-ne: una “chicchera” di caff è e latte. Conseguente rimbrotto della mia brava Insegnante Gabriella Setti, clarense: “Non si dice chicchera, ma tazza”! E dire che con quel ter-mine a me pareva già di avere usa-to un vezzeggiativo. Avrei infatti dovuto scrivere che la colazione veniva consumata con la più pla-teale scodella. Il giornalista e scrittore Loren-zo Del Boca, in uno dei sui salaci libri sui Savoia, attesta che Vitto-rio Emanuele II, primo Re d’Italia, si esprimeva prevalentemente in dialetto piemontese. L’unifi cazio-ne della Nazione aveva tuttavia imposto l’insegnamento e l’uso obbligatorio della lingua italiana a scuola, mentre, con il fenome-no dell’urbanizzazione, nelle fa-miglie-bene si usava l’italiano nel rapporto con i fi gli, quasi una con-quista sociale che preparava i bim-bi alla scuola dell’obbligo. Andava in tal modo affi evolendosi l’uso di

numerosi termini legati prevalen-temente alla civiltà contadina, con frasi fatte desunte dalla natura e dai lavori agricoli. Con la ritira-ta del dialetto rischiavano così di tramontare per sempre immagini e riferimenti antropici desunti dal mondo agreste per lasciare il po-sto ad un linguaggio in gran parte tecnico ed astratto. Oggi risulte-rebbe diffi cile sentire dalla bocca dei nostri ragazzi termini come ścèpol, burnìss e caicì, bèna, sìlter e sguèrgne, sgrignàpula e pipiulì. E forse pochi ricordano il chisulì, il dolce del desco dei poveri cotto a base di strutto e farina. Il dialetto, rispetto alla lingua uffi ciale italia-na, è peraltro povero di termini, ma sovente cela una inusitata ric-chezza di signifi cati reconditi. Cer-chiamo pertanto di fare memoria di alcuni detti comuni del nostro dialetto al fi ne di scoprirne la cu-riosa semantica nascosta. Cominciamo con un’espressione al negativo: l’è pròpe ‘n giande. Il riferimento è ad una persona ma-lata grave. Il richiamo non è alla ghianda, frutto della quercia, ma ad un altro termine ormai desue-to, la giandossa, ingrossamento di linfonodi e spia di qualche possi-bile infezione, ma anche richiamo a tempi ben più tragici, quando la ghiandola perniciosa o bubbone era sintomo anticipatore della pe-ste, solitamente letale. Ta la dó mé la fi öla del re! Il detto si rifà a racconti dell’alto Medioe-vo, quando i sovrani solevano con-cedere la mano della fi glia al vin-

citore di gare diffi cili in giostre e tornei. L’espressione veniva usata da genitori e superiori per punire l’altezzosità o la presunzione di fi -gli e subalterni. Preoccupiamoci quando sentia-mo dire di noi l’è dré a nà ‘n due. Si tratta di un’espressione quasi del tutto scomparsa, ma gli anziani la ricordano bene. Due non si riferi-sce al numero, ma al sostantivo di origine veneziana dua al plurale, in italiano doga o asticella legata alle altre per formare la botte. Dis-seccandosi troppo le doghe si dis-sestano e possono sfasciarsi. Non disturbare mai la donna che prepara il guazzetto della carne cotta in umido con varietà di in-gredienti per ottenere un sapido intingolo, perché ti risponde male, o meglio la mèt zó ‘n stuàtt. Ma l’espressione può divenire anche più plateale: el l’ha mitìda so düra. La metafora entra nell’ordine della più scontata tra le funzioni corpo-rali. Dice il proverbio: “sono grandi i papi, potenti i re, ma quando “là” si siedono, sono tutti come me”. Nessuno invidia la soff erenza degli stitici, ma qualcuno appare parti-colarmente stitico nel concedere favori. Cambia èla! Cambia itinerario. L’allusione è alla vela dell’imbar-cazione che avanza sfruttando le correnti dell’aria. Se cerchi e non trovi uno stru-mento musicale, chiedi all’amico dove acquistarlo. “Vai al negozio di Cavalli”, ti risponderebbe oggi da noi. Là ghè n’è na cubìss, una

Bràse & Burnìss

Ricchezza recondita di espressioni dialettali

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grande quantità. Gli studiosi acco-munano il signifi cato del termine al gerlo più grande, che contiene quindi maggior quantità di fi eno o di grano. La gà l’murbì: espressione che si può applicare a chiunque, ma ve-niva sovente proferita da mariti che riferivano agli amici di avere litigato con le mogli: storie di or-dinaria quotidianità. “Mia moglie oggi è bizzosa come un cavallo in-domabile”. L’è ndat de àna: è andato in malo-ra. L’espressione parrebbe riferirsi al catechismo: Gesù fu mandato dal Sommo Sacerdote Anna con la condanna senza appello. L’ignoranza della persona richia-ma espressioni colorite come que-sta: l’è ndré come ‘n òpol. Forse pochi conoscono il signifi cato del termine. Il riferimento è all’acero agreste, opulus in latino, una pian-

ta della quale parla Virgilio. Si tratta di una specie arborea arrendevole e delicata, oggi completamente scomparsa dalla terra bresciana. Ma noi diciamo anche gnorànt come na böba. L’upupa, citata dal Foscolo nei Sepolcri come uccel-lo notturno, è in realtà un volatile diurno dai fi schi sgradevoli. Per la sua arrendevolezza si è guadagna-ta la qualifi ca di ignorante. Un’ultima espressione. Ognuno nella vita, volendo “essere qualcu-no”, èl ga de fa la sò careàna, la sua penitenza. Si tratta della versione dialettale del termine quarante-na, imposta in tempi passati alla ciurma di navi sospettate d’esse-re portatrici di qualche infezione. Già ai tempi dell’Impero Romano d’Occidente le navi provenienti dall’Oriente avevano il loro luogo di quarantena presso l’isola di Bar-bana, presso Grado.

Mi si consenta, a conclusione, di rammentare una preghiera che appartiene al patrimonio del mio vissuto familiare. Qualche anziano ricorderà Pina Formenti, Figlia di Sant’Angela, per decenni catechi-sta e delegata dei Fanciulli di Azio-ne Cattolica nella prima metà del secolo scorso. Ai nipoti faceva reci-tare ogni sera una breve preghie-ra di intenso sapore dottrinale, espressa con un curioso misto di dialetto, italiano, e latino macche-ronico. Fu preghiera recitata nel passato, con qualche variante di pronuncia, in tutta la Serenissima Repubblica di Venezia. Eccola: Nel lèt me’n vó, levàr non só. Signur, va dumànde tre cóse: cunfessiù, cu-miniù, oio sant. Patris, Filis, Spiriti Santi. Am. E così sia!

don Vittorio Formenti

15 gennaio 2012, festa degli anniversari di nozze

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Cristo non spiega le ragioni della soff erenza umana, ma anzitutto dice “Seguimi! Vie-

ni! Prendi parte con la tua soff e-renza a quest’opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia soff erenza!”

Incontro una nostra parrocchiana che da alcuni anni, ogni settima-na, si reca nelle case di alcune per-sone anziane, segnate da malattie invalidanti. Intrattengo con lei una conversazione decisamente inte-ressante sulla infermità, la malattia e la conseguente soff erenza che inevitabilmente sopraggiunge a trasformare la vita degli individui.

D- L’uomo naturalmente tende alla felicità, orientando le pro-prie scelte verso quelle situazioni che possono renderlo gioioso e leggero; ma capita che il corpo, invecchiando, si ammali. Come riesce ad attraversare questa prova?R- Le persone a cui faccio visita sono gravate da patologie con-nesse con l’età avanzata; diffi coltà respiratorie, complicazioni cardia-che, invalidità per interventi chi-rurgici importanti. Sono anziani e malati, costretti ad una vita ritirata in casa, assistiti fortunatamente dai parenti prossimi.Eppure, quando apro la loro porta, non incontro la tristezza o il ma-lumore. Forse perché io non en-tro da sola e per mia volontà: loro aspettano da me un bene che ri-tengono prezioso, il raggio di luce

La prova della malattia

che proviene dall’Eucarestia da loro stesse richiesta.

D- Come ti proponi, in che rela-zione entri con queste persone?R- Cerco di off rirmi con un sorriso, in perfetta sintonia con l’atmosfe-ra gioiosa che loro stesse mi pro-pongono: all’arrivo del Signore si sono preparate, con l’aiuto dei loro parenti, con un certo decoro sia nell’abbigliamento sia nel pre-disporre la tovaglietta ricamata. Qualche gesto di riservatezza nel coprirsi le braccia quando rice-vono l’Eucarestia fa parte della loro educazione di ragazze di un tempo ormai passato. Ascolto le loro parole, osservo i loro volti, ma umanamente ho ben poco da dare loro, rispetto a quanto posso ricevere. Ritengo importante che il fi lo conduttore sia l’accoglienza amorevole di quanto vogliono co-municarmi; la relazione continua e duratura nel tempo off re qualche garanzia per stabilire certe sinto-nie.

D- Mi pare di capire che siano loro a fornirti un’occasione per rifl ettere su quello che è conside-rato un mistero: la vita, il dolore, la morte.R- Sono persone serene, piena-mente consapevoli del carattere temporaneo dell’esistenza umana destinata a chiudersi con quello che viene defi nito un “passaggio”, non una fi ne, una barriera, ma un passaggio aperto, orientato ver-so un’altra dimensione. Su di me

hanno un eff etto del tutto partico-lare: mi caricano di serenità. Il loro parlare schietto, semplice e senza schermi mi mette in contatto con la vita vera, con l’anima della real-tà. D- Qual è il segreto di questo par-ticolare atteggiamento dello spi-rito, secondo te?R- Sanno essere essenziali. Forgia-te dalla soff erenza e dall’invalidità, hanno imparato nel corso della loro maturazione spirituale, ad at-tribuire importanza a ciò che meri-ta importanza, all’essenza della re-altà spogliata da tutto quanto non è indispensabile. Il messaggio del Vangelo è per loro una luce che le guida nelle lunghe giornate tra-scorse in casa. Sono estremamen-te motivate nel seguire la messa in TV o alla radio, pregano per tutti , soprattutto per i nipoti con aff etto protettivo.

D- Come pensi siano riuscite a contrastare l’isolamento che ac-compagna spesso la malattia, considerando che di fronte all’in-calzare dell’età e all’aggravarsi di certe patologie si possono svi-luppare nella persona emozioni negative quali il pessimismo, il sentirsi vittima delle circostanze, il malumore persistente o addi-rittura la collera?R- Le persone a cui porto l’Euca-restia non vivono passivamente la loro limitata capacità di azione. Infatti collaborano con orgoglio nel gestire le attività domestiche

Visitare gli ammalati

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Vita Cristiana

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meno pesanti; cucinano secondo delle ricette tradizionali sempre ben accolte dai loro cari; si infor-mano di quanto avviene a nipoti e parenti non prossimi per sentirsi parte attiva di una vita che sen-tono sfuggire di mano. Hanno in-somma sviluppato un’accettazio-ne attiva della propria condizione, facendo di necessità virtù. Sanno convivere con le proprie limitazio-ni, ma sempre in modo dinamico, non fi ssandosi su ciò che manca loro, ma valorizzando le potenzia-lità che hanno.

D- Che ruolo assume la preghiera nella loro vita?R- Fondamentale per loro è la fede coltivata nel corso della lunga esi-stenza. Le loro giornate sono un vero e proprio atto di culto. Non solo la preghiera tradizionale reci-tata secondo le canoniche defi ni-zioni, ma tutta la loro vita: apprez-zano le cose semplici, quelle che a noi possono sembrare banali quali il sole, la pioggia, le stagioni, la natura, secondo una saggezza tramandata ma consapevolmen-te accolta. Di loro apprezzo quella palese volontà di trasmettere a chi le incontra la serenità, la pulizia in-teriore ed il decoro della vecchiaia che, pur ingabbiata nella dipen-denza dai parenti, risulta essere ricca ed apprezzabile.Esprimono, insomma, un’acco-glienza incondizionata nei con-fronti della vita.

D- Hai avuto altri contatti con persone malate, magari in modo grave e drammatico?R- Mi piace ricordare la lunga fre-quentazione con un’amica che per numerosi anni ha convissuto con una malattia terribile che l’ha con-dotta in questi giorni alla morte: ho assistito alla sua graduale, ma incessante crescita spirituale, al suo cammino sereno e consape-vole fi no alla morte; per me è stata una vera grazia averla conosciuta

nonostante il dolore che si molti-plicava ogni volta che l’avvicinavo. Conservo tutti i suoi preziosi Sms che mi inoltrava per alimentare il nostro rapporto in occasioni par-ticolari. Ne voglio citare uno.“Non avrei mai immaginato che nell’ab-bandonare il bisogno di controllo assoluto su tutto e su tutti le cose mutassero così in positivo. I fi ori del campo stanno sbocciando e che profumo!”L’uomo si aff anna inutilmente per delle questioni che non meritano tanta energia.

Cristo ci ha dato delle indicazioni chiare per apprezzare la vita nei suoi aspetti essenziali; Lui che è stato ed è l’amico degli ammala-ti! La Chiesa insegna che “i malati che si uniscono alla croce di Cristo nella fede sono portatori di un mi-stero, davanti al quale non si può far altro che tacere, ammirare e ringraziare”.

Silvana Brianza

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Le vocazioni viste dai genitori

«Mamma. Papà, devo dirvi una cosa». Ma-riangela Pozzi stava

lavando i piatti, era gennaio di quattro anni fa. «Ho deciso di en-trare in convento». Paola aveva 22 anni, faceva l’Accademia di Belle Arti a Como, aveva dato tutti gli esami. «Siamo ammutoliti. Le abbiamo chiesto se ci aveva pensato bene. Abbiamo posto solo una condizio-ne: che discutesse la tesi». Così è stato.Adesso la fi glia è diventata suor Paola, vive nel Monastero domeni-cano di Pratovecchio, in clausura, e tra due anni potrà pronunciare la professione defi nitiva.Nell’epoca del laicismo assoluto, dominato dal fare e dall’avere, crea sconcerto una vocazione reli-giosa in famiglia. Mariangela pro-va a spiegare il suo smarrimento: «Paola è sempre stata vivacissima,

Quando un fi glio sceglie la clausura

spensierata, le piaceva viaggiare. Non è che la vedessi sposata. Ma la vedevo “libera”. Il punto è che l’a-more umano si capisce, quello spi-rituale no. Quando però ha fatto la sua professione temporanea ave-va un sorriso così bello, luminoso, che se fi ngeva di essere contenta, fi ngeva proprio bene».A spiazzare i genitori, oggi, è l’età in cui si manifesta il desiderio di prendere i voti. «Siamo dicianno-ve “sorelle”, dai 26 ai 98 anni: due hanno 31 anni, una 37, una 39, una 41 e poi si sale. L’ultima ad entra-re era avvocato e il fratello, anche lui legale, alla prima telefonata le ha raccomandato di non fi rmare nulla!», scherza suor Giovanna, la “maestra” del Monastero di Prato-vecchio, cioè responsabile delle giovani in formazione. Lei entrò a 25 anni, da segretaria d’azien-da. «Molti vedono la clausura come chiusura, mentre per noi è

un mezzo, non il fi ne. Un padre e una madre stanno male perché per loro carriera e ambizioni sono messe in un pacco e buttate via. Magari era pronto l’abito nuziale. Ogni incomprensione poi però si ricompone».Così è successo a Diego Nava, 72 anni di Reggio Calabria, che quan-do la primogenita esordì «papà ti devo dire una cosa», le disse che lo considerava un “tradimento” verso di lui. «Bravissima a scuola, maturità classica, laurea in Scien-ze Biologiche e specializzazione in Patologia clinica con il massimo dei voti: insomma per me fu uno choc». Superato.Non sempre va così bene. Ricor-da Mariateresa Zattoni, consulen-te familiare e docente all’Istituto Giovanni Paolo II: «Un padre per cinque anni non volle rivolgere la parola alla fi glia. Era un piccolo industriale e quell’unica femmina, con la sua laurea in Economia, era perfetta per diventare ammini-stratore dell’azienda di famiglia. Si sono ritrovati quando lui si è am-malato di cancro e lei per tre mesi, gli ultimi, lo ha assistito in ospeda-le ogni notte. Le disse infi ne: “Non ti conoscevo così”».Curiosamente, i più cattolici sono quelli che vivono con maggiore disorientamento la scelta del fi -glio. «È un paradosso. Una madre catechista incoraggiò il fi glio ad andare prima dallo psicologo, altri si sono informati sui rapporti con le ragazze, come fosse quello il problema. Insomma, ho visto tota-

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le impreparazione dove era meno prevedibile», spiega don Mario Aversano, rettore del seminario propedeutico diocesano di Torino. «In alcuni casi l’opposizione dei genitori assume un peso talmen-te forte da far procrastinare la de-cisione o addirittura annullarla». Don Carmine Ladogana per undici anni ha guidato il seminario dio-cesano di Cerignola-Ascoli Satria-no. Una vocazione adulta, la sua. «Lavoravo in Regione Puglia. Mio padre disse che me ne sarei potu-to pentire. La preoccupazione sua, e di tanti genitori qui al Sud, è il celibato. Temono la solitudine. Ho sentito le stesse persone che con-sideravano in astratto una benedi-zione avere un fi glio sacerdote poi disperarsi: “Proprio a me il Padre-terno doveva togliermelo!”».«I miei sono stati perplessi, ma gli riconosco di non aver provato a farmi cambiare idea. E sì che non ho lasciato molto tempo per abi-tuarsi. A luglio 2005 mi sono laureato in Scienze della comunicazione, e già collaboravo con una radio privata; a settembre ho detto che sarei entrato in seminario; a otto-bre ero lì», sintetizza don Daniele Antonello, 31 anni viceparroco a Manzano (Udine).Nel 2009 in Italia sono stati ordi-nati 405 nuovi sacerdoti, sette in più rispetto al 2008. Don Massi-mo Camisasca, da 27 anni rettore al San Carlo di Roma, ha avuto circa 200 studenti, la metà è di-ventata sacerdote. «sono gene-razioni molto diverse, è come se fossero passati 200 anni. La prima reazione in casa è lo sconcerto, ed è naturale, ci sono tante aspet-tative su un fi glio, magari unico, lo hanno visto laurearsi, portare a casa la fi danzata. Non sono as-senti i ricatti aff ettivi, soprattutto da parte delle madri. Ma infi ne quando vedono il fi glio contento e realizzato si placa tutto».

Elvira Serra

Aratura

L’aratro impietoso affonda le sue lame sull’erba prataiola ancora verdeggiante;

fischiettando il contadino si rigira:osservando quelle zolle in lunghe trecce,assapora il profumo intenso della terra.

Ormai pensa alla semina del grano,alle spighe dorate nel campo rigoglioso,

all’acqua che muove la ruota del mulino,alla farina ed al pane cotto al forno,

al suo desco nella cascina antica,alla moglie che lavora senza posa,

ma col cuore è là, con lui, nella campagna.

Romba forte il motore del trattorecon le ruote sopra l’erba ancora in fiore:

intravede il contadino la stagione della paglia,cuscino per le vacche e poi stallatico;

egli pensa al latte, al burro casereccio,al suo cavallo che pascola nel prato

e alle caprette che all’aurora con il gallolo svegliano dall’ultimo piacere.

Erba seppellita e messi biondeggiantifanno a gara con la fede di quell’uomo

a ricordare che la terra benedettaè fonte primigenia della vita

e gratuita provvidenza del Signore.

V.F.

Padre Giovanni Piamarta è SantoNel Concistoro del 18 febbraio 2012, sua Santità Papa Benedetto XVI ha comunica-to che il 21 ottobre 2012, Padre Giovanni Piamarta, assieme ad altri sei Beati, sarà proclamato Santo.

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Vita Cristiana

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Festeggiamo il 60° di Sacerdozio di don Giovanni Tossi

Domenica 3 giugno 2012

I sacerdoti, il C.P.P. e i collaboratori dell’oratorio e della parrocchia hanno organizzato le celebrazioni per il 60° anno di Sacerdozio di don Giovanni Tossi. Il programma è il seguente:

Sabato 2 giugno ore 21,00 Recital della Comunità ShalomDomenica 3 giugno ore 09,45 Accoglienza del Festeggiato in Piazza

del Comune, con partecipazione delle Associazioni che lavorano sul territo-rio. Saluto da parte del Sindaco e della popolazione. Avvio del Corteo verso la Parrocchiale con accompagnamento della Banda di Castelcovati.

ore 10,15 Santa Messa solenne presieduta da don Giovanni.

ore 11,30 Aperitivo e buff et in Oratorio aperto a tutti e saluto al Festeggiato.

ore 12,30 Pranzo comunitario al “Calesse” di Tra-vagliato.

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Avvenimenti

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Vita dell’oratorio

Momenti di aggregazione e di formazione

Ci eravamo lasciati alle por-te dell’Avvento... Vogliamo ricominciare da qui la cro-

naca della vita del nostro Oratorio.

Rispetto ai mesi estivi, in questo particolare periodo dell’anno la vita dell’Oratorio ha più a che fare con la formazione a tutti i livelli, piuttosto che con l’aggregazione (anche se quotidianamente le at-tività del C.A.G. tengono banco e viva la vita pomeridiana dell’Ora-torio). Infatti l’Avvento, tempo for-te di attesa ha visto i nostri bam-bini e ragazzi degli itinerari del catechismo del Cammino Ordina-rio e dell’ACR a prepararsi bene all’attesa di Gesù. Abbiamo atteso il nostro Salvatore preparando-ci con gli incontri di spiritualità e accostandoci al sacramento della Riconciliazione. Alcune iniziative di carattere aggregativo hanno ca-ratterizzato questo periodo. L’ini-ziative riguardante la Santa Lucia che ha visto protagonisti grandi e piccini, impegnati anche ad essere solidali attraverso l’operazione “un dono in dono” verso una comunità di bambini di Bahia in Brasile, per i quali abbiamo raccolto del mate-riale didattico. Poi, presso l’arena dell’Oratorio, un gruppo di papà

e di giovani si sono impegnati ad allestire un bellissimo presepe che durante le festività natalizie si è colorato di luci e che molti dei nostri bambini con le loro famiglie e dei nostri giovani hanno contri-buito ad animare. Il risultato, a mio modo di vedere e stato splendido, di più magnifi co! Finite le celebrazioni del Natale e salutato il nuovo anno siamo par-titi alla volta di Schilpario (Bg) per il Campo-Avventura invernale.

Nel clima soleggiato del mese di gennaio, sono poi proseguiti gli incontri formativi di catechesi dei diversi gruppi di genitori del nuo-vo modello di iniziazione cristiana. È bello vedere il venerdì sera e la domenica pomeriggio, molti ge-nitori accogliere positivamente questo nuovo modo di trasmette-re la fede alle giovani generazioni. Chiedendo un po’ qua e là, sem-bra che queste occasioni siano un buon momento per questi ge-nitori di uscire dal proprio guscio famigliare e mettersi a confronto con altri papà e mamme che vivo-no le loro stesse preoccupazioni e timori.Dal 7 al 12 Febbraio siamo stati poi coinvolti nella settimana di anima-

zione comunitaria e missionaria proposta alla nostra comunità dal nostro parroco unitamente al Consiglio Pastorale Parrocchiale. È stata una settimana molto fi tta di incontri e, a mio modo di vedere, vissuta anche in modo intenso. Il tema di questa settimana è stato quello proposto alla Diocesi dal nostro vescovo Luciano per il cam-mino verso il Sinodo delle Unità Pastorali, “Tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). Dal “Buongiorno Gesù”, agli incontri a scuola, all’O-perazione saponetta, alla “Marcia della Pace”, agli incontri serali per i gruppi parrocchiale e per quelli di volontariato e di impegno civile, all’incontro per le coppie e per le famiglie (inizio del cammino ver-so il convegno di Milano, dove ci incontreremo con il santo padre Benedetto XVI), mi pare che siamo stati inondati/travolti dalla luce di Cristo e dal buon profumo del Vangelo. In quei giorni la nostra comunità , realmente, ha potuto godere della particolare calore dello Spirito Santo (nonostante i giorni di freddo intensissimo!) e respirare la luce della Risurrezione di Gesù Cristo. Speriamo che l’ab-bondanza della parola seminata, come ci insegna Gesù in una sua

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Spazio oratorio

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Parabola riferita ad un granello di senapa, cresca forte (Cfr. Mc 4,30-32). Colgo l’occasione per ringra-ziare di cuore le tante famiglie che ci hanno ospitato con i missionari di Villaregia e che ci hanno fatto sentire il calore umano dell’amici-zia! Semplicemente grazie.Al termine del mese di Gennaio poi, anche quest’anno abbiamo celebrato la festa di don Bosco, con la memoria dei nostri giovani defunti Castrezzatesi e dei nostri benefattori, celebrando una san-ta Messa presso la bella Cappella del nostro Oratorio. Chi frequenta la nostra “casa”, così recita il no-stro progetto educativo, sa che all’ingresso della Cappella ci sono le fotografi e con i loro volti. Per ogni bambino e/o per ogni per-sona che varca la soglia del nostro Oratorio loro sono i nostri angeli custodi che ci accompagnano nel cammino della crescita nella vita di fede, come quei due bellissimi angeli raffi gurati sopra il portale d’ingresso della nostra Cappella.

Quest’anno durante il Carnevale, per gentile interessamento di don Osvaldo, abbiamo avuto l’onore di poter ospitare in Oratorio il famoso “Mago Sales”, al secolo don Silvio Mantelli. Insieme a tanti bambini e alle loro famiglie abbiamo potu-to godere di un bel pomeriggio di sole ammirando i bellissimi giochi di prestigio del Mago Sales. Tanti sono stati i messaggi che questo sacerdote salesiano ci ha donato. A me ha fatto impressione quando presentando un numero ha detto che la più bella magia di cui siamo diretti protagonisti, è il dono del-la vita e di una famiglia che ci ha

accolto e che ci vuole bene. Don Silvio ha poi commentato dicendo che queste sono premesse indi-spensabili per una buona crescita della fede. Alla fi ne di ogni nume-ro, ci ha contagiato con il suo en-tusiasmo e la sua allegria al grido di “W Gesù” e “W don Bosco”.Verso fi ne Gennaio si è poi riunita la Commissione dell’Oratorio per fare il punto sulla situazione del-la vita del nostro Oratorio e per progettare i mesi a venire. Devo dire che è stata proprio una bella serata dove abbiamo discusso se-renamente di tante cose utili per la vita e la crescita umana e spiri-tuale dei nostri bambini, ragazzi e delle famiglie. Soprattutto è stato preso in considerazione il nuovo vademecum diocesano “La festa in Parrocchia”, contenente le indi-cazioni e le disposizioni pastorali per l’organizzazione e l’ospitalità di feste, eventi e manifestazioni negli ambienti della Parrocchia. Una cosa è emersa sopra tutte: oc-corre che le cose siano fatte bene, rispettando le regole in materia sanitaria e civile e sopratutto de-vono essere fatte con una fi nalità pastorale per amore del Signore e dei suoi piccoli.Ormai incamminati nel deserto quaresimale, stiamo mettendo i nostri passi nelle orme di Gesù, camminando per i suoi sentieri fi no al giardino della risurrezione.

Anche per questo tempo forte sono tante le iniziative in cantiere: gli incontri di spiritualità; le inizia-tive di carità sempre accolte con entusiasmo dai nostri bambini e ragazzi, tra le quali una raccolta di generi alimentari a favore dei

bambini delle missioni peruvia-ne dell’Operazione Mato Gros-so (OMG) ed un incontro per gli adulti sulla realtà umana del car-cere promosso dalla commissio-ne della carità del nostro C.P.P; il Meeting zonale dei Chierichetti e, il 25 Marzo, solennità dell’Annun-ciazione, il pellegrinaggio a piedi dal santuario della Madonna in Pratis di Rudiano alla Chiesa di S. Maria Maggiore di Chiari. A metà del percorso della Quaresima sarà poi il tradizionale “Rogo della Vec-chia” con relativo “Processo” a riac-cendere e riscaldare le nostre se-rate. Sono ormai pochi gli Oratori dove si è mantenuta questa tradi-zione. Fortunatamente fra questi c’è anche il nostro. Questo “Rogo” segna il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile. Rientrati poi in Quaresima dopo questa breve pausa ci mettere-mo ancora in cammino incontro a Gesù Risorto.Da qualche giorno ormai negli ambienti oratoriani gira un Rebus, si tratta di un piccolo giochetto che il centro Oratori bresciani sta facendo girare per iniziare a divul-gare il tema del Grest per la prossi-ma stagione estiva; se volete pro-vare anche voi a risolverlo potete trovare questo rebus qui accanto.

Terminato il mio resoconto della vita di Oratorio non mi resta altro che augurarvi ogni bene e tutto il bene possibile... alla prossima!

don Claudio

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Spazio oratorio

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Mese della pace 2012

In cammino per la cultura della pace

Domenica 12 Febbraio 2012 a Castrezzato si è tenuta la Marcia della Pace, orga-

nizzata dall’Associazione Cattoli-ca parrocchiale con l’aiuto delle scuole Primaria e Secondaria. Questa iniziativa ha concluso la settimana di animazione comu-nitaria e missionaria che ha coin-volto gran parte degli abitanti del paese grazie a molteplici iniziative e incontri tenuti con Padre Sergio, Teresa e Padre Ramon presso la Parrocchia, le scuole, la casa delle Associazioni di volontariato e di impegno civile e la casa di riposo

“Maggi”. Sabato 11 Febbraio i ragazzi di pri-ma e seconda media hanno svolto l’operazione “saponetta”, che con-sisteva nel raccogliere in tutte le case del paese prodotti per l’igie-ne per aiutare nella missione in Perù. Domenica 12 dopo la Santa Messa delle 9:30, celebrata da Don Ser-gio, bambini, catechisti, genitori e insegnanti si sono riuniti in piazza Pavoni per creare un corteo che ha attraversato il centro di Castrezza-to fi no al nostro Oratorio. Nono-stante il tempo, la temperatura

era sotto zero e nevicava, vi è stata una grande partecipazione. Ogni gruppo ha marciato con striscioni, cartelloni, magliette e simboli del-la Pace. Giunti all’oratorio i bam-bini dalla prima elementare alla seconda media hanno eseguito su di un palco delle canzoni e poesie (alcune scritte anche dagli stes-si bambini!) inerenti alla pace. Al termine della marcia sono state li-berate due colombe bianche, uno dei simboli più concreti della pace.

Federica Mombelli

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Spazio oratorio

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7 - 12 febbraio

Castrezzato, 18 febbraio 2012Ai cari Missionari : Teresa, P. Sergio e P. J. Ramon,A nome personale, di don Claudio e di tutta la Comunità cristiana di Castrezzato, sono a ringraziarvi per la vostra generosa collaborazione nel portare tra noi la “bella notizia di Gesù” con modalità nuove, fresche e...simpatiche. Dio vi benedica!Sono testimone della gioia di tutti i parrocchiani, i quali hanno accolto con apertura e disponibilità la vostra fraterna presenza: nella scuola, in oratorio, tra gli ammalati e le famiglie.Avremmo piacere di raccogliere la vostra testimonianza circa la Settimana passata tra noi, per fame un resoconto sul notiziario parrocchiale.Certi di poter continuare anche in futuro una fruttuosa collaborazione in alcuni settori dell’evangelizza-zione e della pastorale parrocchiale e missionaria, fraternamente ancora ringrazio e saluto nel Signore.La Quaresima è ormai alle porte. Ci scambiamo reciprocamente l’augurio di vivere intensamente questo Tempo di Grazia e di Salvezza

don MarioParroco di Castrezzato

Appena conclusa l'esperienza, mi sembra di esprimere un giu-dizio decisamente positivo. Non avevamo obiettivi "stratosferici": desideravamo dare un segnale di rivitalizzazione del tessuto cristia-no della nostra Comunità ed off ri-re un annuncio di Cristo a quanti sono alla ricerca delle ragioni au-tentiche del credere. Esprimo le mie impressioni in brevi annota-zioni.1- Buona e ben preparata la piccola Equipe dei missionari, veri fratelli in continuodialogo tra loro e rispettosi dei sa-cerdoti locali.2- Effi cace la metodologia: sia nell'annuncio ai bambini delle scuole, sia nei dialoghi

Settimana di animazione della comunità missionaria di Villaregia

formativi degli adulti nei vari in-contri.3- Serene e coinvolgenti le celebrazioni, sia eucaristiche, che della Parola. Forse unpo' eccessiva la gestualità durante la liturgia, ma sempre motivata, spiegata ed accompagnata.4- Generosa e gentile l'acco-glienza delle famiglie per i pasti dei missionari.5- La partecipazione della gente è stata a volte discreta, a volte ottima.6- Il modo di porsi alla gente è senz'altro originale, gradevole ed incisivo.Orientamenti per il futuro:L'obiettivo primario è di accogliere l'invito della Diocesi a predispor-

re scelte e stili in ordine all'Unità pastorale da costituire. Ciò non ci impedirà di tenere i contatti e di far ricorso ai missionari Villare-gia quando le opportunità ce lo consentono (ospitalità per i ritiri, collaborazione per alcuni incontri formativi ecc...). Il nostro cammino però deve tener presenti le indi-cazioni di marcia della Diocesi. Mi pare che alcune scelte previste di Villaregia siano dei "doppioni" di quanto ogni Unità pastorale dovrà costituire (vedi per es. l'Equipe pa-storale dell'U.P.)Le direzioni di cammino che ci sia-mo dati in questi anni sono chiare e su di esse bisogna perseverare.

don Mario

Lettera ai missionari della Comunità di Villaregia

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Spazio missioni

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La riunione si apre con la pre-ghiera a S. Angela Merici, Pa-trona secondaria della Dioce-

si di Brescia, essendo in prossimità della sua festa.Viene dato per letto e approvato il verbale della riunione precedente in quanto già allegato alla convo-cazione inviata ai vari membri del CPZ.Il Vicario Zonale introduce quin-di la riunione odierna e si passa subito alla trattazione del punto centrale dell’incontro: la rifl essio-ne sulle prime tre schede propo-ste per i gruppi in preparazione al Sinodo Diocesano sulle Unità Pastorali. Dal confronto vivace e partecipato sull’argomento emer-ge quanto segue:

Per la scheda 1:Missione ecclesiale, Unità pasto-rali e territorio:1. emerge che sul territorio c’è cri-si di fede nelle persone; bisogna avvicinarle nei luoghi in cui sono; serve analisi del territorio anche per vedere cosa c’è e cosa bisogna fare;2. la Chiesa deve abitare il terri-torio dando voce ai problemi che tutti i giorni toccano la gente;3. per questa vicinanza e attenzio-ne che diventa anche annuncio del Vangelo servono laici prepara-ti, che si mettono in gioco in prima fi la per questa missione;4. emerge allora il problema della formazione dei laici con la diffi col-tà di riuscire a farli partecipare ai

momenti formativi (a parte pochi casi isolati risulta diffi cile far vivere un percorso di catechesi sistema-tico)5. serve preparare bene anche le comunità ad accogliere questa ministerialità/missionarità dei laici perché è ancora piuttosto diffi cile far accettare persone diverse dai sacerdoti o religiosi/e.6. I Fidei donum in tutto questo potrebbero essere di stimolo a questo discorso portando la loro esperienza nella formazione e nel coinvolgimento dei laici (anche con formule di organizzazione pratica delle comunità).

Per la scheda 2:Unita pastorali e segni dei tempi:1. I cinque fenomeni espressi dal-la scheda sono accettati e confer-mati rimarcando ancora una volta l’importanza di valorizzare i laici2. Riguardo alla diminuzione del clero emerge di tenere presenti i religiosi/e presenti nel territorio e valorizzarli inserendoli anche sta-bilmente in un servizio, deciso con il Vescovo, in una parrocchia.- 3. Sarà importante pensare an-che ai direttori laici di oratorio (formazione e mantenimento economico). I curati, dove ancora ci saranno, non potranno arrivare dappertutto.4. Come coordinamento fra le par-rocchia potrebbe essere un primo passo quello di studiare gli orari delle messe in modo che non si sovrappongano;

5. Per aff rontare anche l’indivi-dualismo e il diverso legame con la vita comunitaria, almeno per le parrocchie vicine: riuscire a proporre avvisi settimanali in co-mune per far conoscere le varie iniziative/i vari cammini proposti.6. Soprattutto per i più giovani sarà importante curare molto la pastorale scolastica nell’insegna-mento della religione cattolica.

Per la scheda 3:Fisionomia delle unità pastorali:1. Meglio un solo parroco con pre-sbiteri collaboratori (no al coordi-natore)2. Il gruppo ministeriale e il Consi-glio dell’unità pastorale sembrano un doppione; creare un unico or-gano che rappresenti le varie co-munità con il coordinamento del parroco3. Riguardo ai criteri di costituzio-ne sembra più opportuno tene-re in considerazione il contesto storico-culturale e l’omogeneità dell’ambiente sociale; potrebbe essere opportuno anche riunire parrocchie di zone pastorali diver-se, piuttosto che legarsi ai comu-ni o alle parrocchie vicine di una zona.

L’incontro si chiude alle 22.45 cir-ca fi ssando la data della prossima convocazione (5 marzo 2012) e con la preghiera fi nale e la bene-dizione.

B. Marinelli

Verbale della riunione del Consiglio Pastorale Zonale

Chiari, 23 gennaio 2012

30 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Vita in Parrocchia

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Sempre molto partecipate le Via Crucis dei venerdì sera di Quare-sima. Anche i ragazzi del catechi-smo hanno collaborato con impe-gno a preparare le preghiere ed a leggerle nelle varie soste. Molto curate le varie soste presso le fa-miglie. Le cose ben fatte piacciono al Signore e danno soddisfazione anche a noi. Alla Commissione Liturgica, a don Claudio, ai chierichetti, sempre molto numerosi va il nostro grazie.

Via Crucis quaresimale

L’Oratorio ringrazia sentitamente i Sig.ri Orizio Claudio e Volpi Adria-no e la ditta Due Gi. di Guerrini, per avere gentilmente off erto il restauro della campana e la ma-nutenzione della relativa torretta della Cappella dell’Oratorio. Grazie di cuore!

Dopo alcuni anni di osservazione e di studio, ottenute le necessarie autorizzazioni, è stato intrapreso e portato a compimento, sotto la guida della Soprintendenza, il re-stauro del più antico aff resco pre-sente nella nostra chiesa parroc-chiale raffi gurante la Pietà. L’opera necessitava di urgente recupero per lo stato di abbandono in cui giaceva, l’umidità e l’alterazione inarrestabile del colore in alcune parti della superfi cie pittorica. Si era parlato di questo progetto in occasione dei Festoni del 2007, senza giungere ad una soluzione, a motivo della previsione dei tem-pi lunghi che interventi di questo genere avrebbero richiesto. In questi ultimi tre anni abbiamo af-frontato direttamente l’obbiettivo di recupero. Inoltre è stata restau-rata anche la stanza-sacrestia dove è posizionato. Lo Studio Volta che ha dato la sua assistenza e ha di-retto i lavori, ha fatto rilevare che il muro dell’aff resco è cinquecen-tesco e fa certamente parte dei muri perimetrali della precedente

chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli, dalla quale pure proviene il quadro dell’altare di S. Maria de-gli Angeli, ricavato da un aff resco strappato. Anche l’antico mobile in legno grezzo, costruito apposi-tamente nella cappella quando fu edifi cata la nuova chiesa dedicata ai Santi Patroni Pietro e Paolo, è stato restaurato. Ai parrocchiani sensibili che hanno sostenuto la spesa di questi interventi a ricor-do dei loro cari Defunti va il nostro sentito ringraziamento. Essi sono: per l’aff resco e la saletta settecen-tesca il signor Gianni Magoni che ha voluto ricordare i suoi cari ge-nitori e le adorate Rosa e Franca; per l’imponente mobile antico la maestra M. Antonia Galli che ha voluto ricordare i suoi amati geni-tori Danesi Cecilia e Galli Luigi. Ai Restauratori Arrighini Tomaso-ni il nostro plauso per lo splen-dido lavoro svolto che rimarrà ancora nei secoli segno prezioso della fede. Sul prossimo bolletti-no daremo ulteriori informazioni sull’intervento.

Ultimato il restauro dell’affresco della Pietà nella cappella vicino al presbiterio

Ringraziamento

Mercoledì sera 7 marzo, nel salon-cino dell’Oratorio si è svolta la con-ferenza/testimonianza del Cappel-lano delle Carceri di Brescia don ADRIANO SANTUS. L’obbiettivo era quello di ascoltare dal vivo l’e-sperienza di chi vive ogni giorno a contatto con i detenuti e conosce-re le situazioni di chi sta scontando una pena. Anche se le persone in-tervenute non erano molto nume-rose, la conferenza/testimonianza di don Santus, Cappellano da oltre vent’anni del Carcere bresciano di Canton Mombello è stata stra-

ordinariamente effi cace. Egli ha off erto il quadro reale e completo dell’attuale realtà umana carcera-ria della nostra Città. I Cappellani hanno un compito umano e spi-rituale “tutto speciale” all’interno del carcere. Colgono le situazioni particolari che altri non vivono e soprattutto possono essere vicini dal punto di vista umano e spiri-tuale ai detenuti, portando anche in carcere “il lieto annuncio della salvezza”. Particolarmente tragica è la constatazione del rapporto esistente tra agire delinquenziale

e assenza (totale o parziale) del supporto familiare: insomma mol-ti o moltissimi dei detenuti hanno alle spalle famiglie molto proble-matiche o totalmente inesistenti o addirittura nocive. Condivisa è l’opinione che il carcere così com’è non aiuta aff atto il recupero di chi ha agito male. Si dovrebbero po-tenziare le possibilità di un lavoro dentro o fuori il carcere , che possa permettere , dopo aver scontato la pena, il rientro nella società.

Conferenza di don Adriano Santus sulla realtà umana del carcere di Brescia

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Vita in Parrocchia

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Gradita visita di un vescovo brasiliano alla nostra comunità

Da Alagoinas, in Brasile, il vescovo Paulo Romeo

Ai primi di marzo è venuto tra noi Mons. Paulo Romeo, vescovo di Alagoinas (Stato

di Bahia- Brasile). È giunto in Ita-lia per impegni del suo ministero ed ha colto l’occasione per visita-re alcuni collaboratori (tra i quali alcuni della nostra Parrocchia) e quindi anche la nostra Parrocchia. Nonostante il suo timore di non

parlare speditamente l’italiano, ha celebrato una spendida S. Messa festiva per i ragazzi e le famiglie ed ha posato per una simpatica foto di gruppo. Mons. Paulo guida da dieci anni una vasta Diocesi di 800.000 fedeli ed ha solo 60 sacerdoti collabo-ratori. Lo ringraziamo con tanta riconoscenza e lo ricordiamo nella

preghiera. Il Gruppo missionario ha manife-stato concretamente la solidarietà della Comunità di Castrezzato.

Nella foto: Mons. Paulo Romeo posa con i nostri ragazzi dopo la Messa

32 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Vita in Parrocchia

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Il dono dei padri Saveriani

Una reliquia di San Guido ConfortiL’amore di Cristo sia sempre nei vostri cuori!

Al Rev. Padre Provinciale dei Saveriani di Parma

Caro Confratello,sono il parroco di Castrezzato (Diocesi di Brescia), di cui è nativo p. Sergio Targa, ora in servizio missionario in Bangladesh.Con la presente sono a chiedervi il dono di una reliquia di San Guido Conforti da venerare nellla nostra Comunità per tenere vivo l’esem-pio di questo umile e grande cristiano, missionario e vescovo.Sarà anche un modo di sentirci sempre in unità con un fi glio di que-sta terra che è nella vostra Congregazione.Potrete esaudirci? Ne saremmo molto contenti. Nel qual caso, diteci se possiamo rivolgerci ai Saveriani di Brescia, ma sempre sotto vostra iniziativa. Resto in attesa.Ringrazio fraternamente, anche a nome di nostri fedeli che ne sareb-bero molto felici. Grazie.

don Mario Stoppani

Il Superiore di Parma ha rispo-sto positivamente. La reliquia è stata donata alla nostra Comunità nel pellegri-naggio parrocchiale del 22 marzo scorso.

Ringraziamo di cuore i Padri Saveriani.

26 febbraio 2012, benedizione della nuova autoambulanza del COSP

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Vita in Parrocchia

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Omaggio a don Arturo Moladori

A Prevalle per rendere omaggio al compianto maestro

Domenica 12 febbraio 2012 la Schola Cantorum ha vo-luto rendere omaggio al

suo fondatore, Don Arturo Mola-dori, recandosi a Prevalle.Verso le 9 siamo partiti in pullman e, dopo aver reso omaggio alla tomba di Don Arturo, abbiamo partecipato alla Santa Messa con i nostri canti.È stata per noi un’esperienza com-muovente ed intensa; la comunità di Prevalle ci ha accolto con molto calore e ci ha manifestato la sua gioia per la nostra presenza. Ma ancora di più lo siamo stati noi. Po-ter ricordare Don Arturo Moladori

con i nostri canti e pregarlo affi n-ché l’avventura di questa Schola possa durare nel tempo e perché ognuno di noi riesca a dare la sua disponibilità e il suo impegno con serenità e amore. Questo è quello che Don Arturo ci ha testimoniato e noi vorremmo continuare ad es-sere autori della suo insegnamen-to.Ci hanno fatto molto piacere i com-plimenti ricevuti dopo la messa da gente che non conoscevamo, ma che abbiamo reso partecipe con il nostro canto. Da sottolineare come, al termine della S. Messa, tutti i presenti si siano fermati ad

ascoltare il “Gloria” di Vivaldi, par-tecipi dell’emozione espressa con il canto.A nome di tutto il coro ringrazio la comunità di Prevalle e il parroco don Vittorio Bonetti per la caloro-sa accoglienza. Ringraziamo inol-tre il gruppo Alpini e il presidente Franco Moladori (nipote di Don Arturo), per il rinfresco organizza-to. Una intensa nevicata ci ha poi riaccompagnato nel viaggio di ri-torno a Castrezzato.

A.T.

Il Coro “Don Arturo Moladori” durante un’esecuzione nel Duomo di Milano il 15 settembre 2010.

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Vita in Parrocchia

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Dalla morte: la vita

O Padre.Quanto ci hai amatoe quanto ci ami!Ieri, oggi, domaniperchè in Te, non cè tempo. Quale dono ci facesti nell’amarci tanto,da donarci Tuo Figlio. Contempliamo la Crocee Colui che,per amore nostro, è lì. Già il Suo farsi uomo,fu donazione,il morire poi,fu l’olocausto più sublime. Quale atto d’amore!Non ci sarebbe stata morte, senza Resurrezione,perchè nella Sua rinascita, sta la nostra.Per questo, la vita,dovrebbe essereun ascesa continuae oblazione a Te,in virtù,di quel prezioso riscatto,che potrà sublimarci.

Liliana

poetessa dello Spirito

Morte e Resurrezione O Signore,già nell'Ultima Cena, tu ci annuncila Tua donazione,perchè, quel sacro rito, sia ripetuto nel tempo.

Così inizia la Tua Passione, già racchiusain quella condanna. L'uomo, che poco prima, ti aveva osannato,ora ti fl agella.Ti corona di spine, addossandoTi la Croce. Ti percuote, ti sputa,ti rende un visibile rifi uto, agli occhi di tutti, spegnendo la Tua dignità.

Che sta avvenendo?

Ora Ti inchioderanno, ancor vivo, sulla Croce.Proprio Tu, che per gli uomini, donasti la Tua stessa vita, che, per lo stesso amore,l’hai assunta. Oh! ... Nulla è cambiato o Signore, ogni giorno Ti coroniamo di spinee pronunciamo quella sentenza.

Ma Tu, dall’alto della Croce,ci perdoni e ci rialzi,sconfi ggendo la morte,con lo splendore della Resurrezione, aprendo e donando a tutti,la Vita Eterna.

Quanto amore!

Vita

Un passaggio tu sei.Ricordo d'un passato, lontano e pur vicino, sognante o già reale e scorri lungo il viale.

Or bimba sognante, delicata e coccolata, baciata d'un amore, che penetra nel cuore.

Poi.... mamma.Tre germoglisi schiudono alla vita. Scorre il tempo... Lacrime e gioiesi confondonoin stretta compagnia, nella tormentosa via. Insieme si curanle tante ferite,aiutando altre vite. È gioia nel cuore, se si dona amore.

Sola tu resti.Fragile donnanel segnato destino.È la fi ne dell'incontrodi due anime fuse, nello stesso cammino.

Un germoglio si stacca,il primo; così verde e radicato,Corre ... corre su in alto,cerca il padre,che vita le ha dato.

Ancor si intendon fra loro,nel Cielo argentato.

La Pasqua nella poesia

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Poesia dello Spirito

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Calendario liturgico pastoraleMarzo04 I Domenica di Quaresima.11 II Domenica di Quaresima18 III Domenica di Quaresima25 IV Domenica di Quaresima30 Ore 9,30 S. Messa in onore dell’Addolorata

per mamme e spose27 Domenica III di Quaresima (La samaritana)29 Martedì. Centri di Ascolto e Radio Quaresima.

Aprile01 Domenica delle Palme. S.S. Quarantore. (I)

Ore 8,00 S. Messa. Ore 10,00 Raduno in Ora-torio.Ore 10,15 Benedizione dei rami di ulivo ed inizio della Processione; itinerario: Via Gatti -Piazza Zammarchi - Piazza S. Maria degli An-geli - Chiesa. Ore 10,30 S. Messa pro popolo e proclama-zione della Passione. N.B. La messa delle ore 11,00 è accorpata a quella delle ore 10,30.Ore 14,30 Adorazione eucaristica per i ragazzi.Ore 15,30 Adorazione eucaristica per gli adultiOre 18,00 S. Messa vespertina.

02 Lunedì Santo - S.S. Quarantore (II)Sante messe ore 8,00 - 9,30 - 20,00. Esposizio-ne e adorazione del Santissimo Sacramento, sia il mattino che il pomeriggio (dalle ore 15 in poi).

03 Martedì Santo (III) Come il Lunedì Santo, con l’aggiunta della solenne Processione eucari-stica della sera. Itinerario tradizionale: Chiesa – Piazza - Via Battisti - Vicolo Abbandonato - Via Risorgimento - Via Torri - Chiesa.

04 Mercoledì Santo Ore 9,30 Pasqua dell’Amma-lato alla Casa di Riposo.Ore 20,30 Liturgia penitenziale per tutti e confessioni individuali in chiesa

05 Giovedì Santo: Istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio.Ore 7,30 Uffi cio delle letture e Lodi

Ore 9,30 (In Cattedrale a Brescia : Missa Chri-smatis per tutti i presbiteri della Diocesi.Ore 20,30 S. Messa in Cena Domini in Parroc-chia. Lavanda dei piedi. Adorazione fi no alle ore 23,30 (per chi vuole)

06 Venerdì Santo. Giorno della Morte del Signo-re. Digiuno e astinenza.Ore 7,30 Uffi cio delle Letture e Lodi.Ore 14,00 Ora della Divina Misericordia.Ore 15,00 Liturgia della Passione e Morte di Cristo. Adorazione della Croce.Benedizione dell’aff resco della Pietà recente-mente restaurato.Ore 20,30 Liturgia della Parola - Vangelo della Passione secondo Giovanni - Processione con il Cristo Morto (Itinerario tradizionale).

07 Sabato Santo: Gesù nel Sepolcro. Giorno sen-za liturgia. Confessioni pasquali.Ore 7,30 Uffi cio delle Letture e Lodi.N.B. In giornata, possibilità di visitare e dare il bacio al Cristo Morto in chiesa.Ore 20,30 Solenne Veglia Pasquale con i Bat-tesimi Comunitari.

08 Pasqua di Risurrezione: S.S. Messe Ore 8,00 - 9,30 - 11,00 e 18,00. Ore 17,20 Vespri.

09 Lunedì dell’Angelo: S.S. Messe con orario fe-stivo.

10 Martedì dopo Pasqua da oggi fi no alla fi ne di settembre entra in vigore l’orario estivo delle Sante messe: Feriale serale Ore 20,00; festiva del sabato e domenica sera Ore 18,30

15 Domenica II di Pasqua o della Divina Miseri-cordia. Ore 15: Ora della Divina Misericordia. Adora-zione Eucar.

16 S. Bernardette Soubirous, religiosa.22 Domenica III di Pasqua25 S. Marco Evangelista29 Domenica IV di Pasqua. Memoria di S. Cateri-

na da Siena, Patrona d’Italia .30 S. Pio V Papa.

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Calendario liturgico

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A nome dei curati dell’O-ratorio Pio XI di Castrez-zato, che hanno cono-sciuto e benefi ciato della bontà, della generosità e dello spirito cristiano di servizio umile e nascosto di Lavinia vorrei espri-mere alcune parole di sincero ringraziamento.Cara Lavinia, tu ora stai

alla fi nestra della casa del Padre, dove ci vedi, ci sorridi e continui ad accompagnarci. Sì, sorridici

ancora cara Lavinia...Noi affi diamo la tua cara anima alla Madre di Dio (che noi qui a Castrezzato veneriamo con il ti-tolo di “Santa Maria degli Angeli” a cui tanto eri devota e alla cui Compagnia appartenevi). Lei tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno della tua vita, ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore ed i no-stri santi patroni, Pietro e Paolo, con l’aiuto del nostro Carlino ti avranno aperto e spalancato le porte del paradiso. Grazie di cuore!

don Claudio

Maggio01 Festa di S. Giuseppe Lavoratore

Ore 20,30 Inizio del mese di Maria, per tutti, in chiesa.

02 Ore 20,30 Inizio della recita del S. Rosario nei vari rioni del paese.

03 S. S. Apostoli Filippo e Giacomo.04 Primo Venerdì del mese, dedicato al Sacro

Cuore. S. Comunione ai malati e anziani.Festa di S. Gottardo a Trenzano.

6 Domenica V di Pasqua8 Beata Vergine di Pompei11 Madonna del Frassino (Peschiera)13 Domenica VI di Pasqua. Battesimi Comunita-

ri. Nostra Signora di Fatima.14 S. Mattia Apostolo20 Solennità dell’Ascensione del Signore22 S. Rita da Cascia

24 Incontro zonale dei Sacerdoti a Castrezzato.26 S. Filippo Neri. Festa della Madonna di Cara-

vaggio.27 Solennità di Pentecoste.

Ore 11,00 S. Cresime (Arciv. Mons. Lorenzo Voltolini)

31 Festa della Visitazione della Beata Vergine Ma-ria.Ore 20,00 S. Rosario e S. Messa di chiusura del mese mariano in chiesa.

Calendario liturgico pastorale

“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40).

38 Camminiamo insiemen. 30 marzo - maggio 2012

Calendario liturgico

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Anagrafe parrocchialeNella luce di Cristo (defunti)Rinati in Cristo (battesimi)

Corsini Nicolò di Cristian e Cassis DenisePagani Lorenzo di Ezio e Andrini LauraLupatini Cristian di Sergio e Fogliata EleonoraAndrini Matteo di Fabio e Laurini Veruska

Mondella Maria Rosa di anni 80Bianchi Rosaria di anni 98Franceschini Luigia di anni 82Bianchi Federica di anni 76Begni Luigi di anni 66Festa Isidora di anni 86Formenti Lavinia di anni 82 Zani Suor Josephina di anni 87Biscaro Giovanni di anni 86Borella Anna di anni 96Mercandelli Natalina di anni 94

Cara nonna Anna,96 anni sono tanti, tanti come le rose del cuscino posto sulla tua bara, 96 anni che hai vissuto accompagnati da momenti tristi e felici.Sei stata una donna dal carattere molto forte, a volte all’apparenza “scontrosa” nei modi esteriori, ma dentro colma di amore, bontà e sag-gezza, che solo chi ti conosceva bene poteva intravvedere.Hai ricevuto e coltivato un dono prezioso, la fede, che ti ha sorretto in ogni diffi coltà e ha illuminato la tua vita fi no la momento della soff e-renza e del distacco da questa terra.Ti ho visto pregare con fervore nel momento in cui ricevevi il sacra-mento dell”’unzione degli infermi”: il mio pensiero è andato al mio papà, alla grande fede che tu gli hai trasmesso. Nonna, sei stata una roccia, forte e sicura nei tuoi valori: non dimen-ticherò mai i tuoi racconti, i tuoi consigli, i nostri segreti all’ora della merenda. E così pure i nostri piccoli litigi che subito svanivano nelle tue parole: ”tanto domani sei qui ancora”. Grande è l’aff etto che ci lega!Il tuo sguardo era già lontano quando l’altra sera mi hai chiesto di sta-re con te la notte del sabato perchè avremmo dormito entrambe, tu però lo sapevi che il tuo sonno sarebbe stato eterno.Ora sono sicura che tu sei contenta di aver trovato fi nalmente la pace e il riposo che in questi ultimi mesi hai cercato più volte.Cara nonna e carissimo papà, vi ringrazio e, ora insieme proteggeteci tutti con il vostro sguardo amorevole.

Ciao, un bacioRaff aella

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Anagrafe parrocchiale

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Non aspettare di essere ricco per donare.

Non attendere di essere luce per illuminare.

Non rimandare ad essere umile per perdonare.

Non sperared’esser sapiente, per capire.

Non attendere d’essere felice, per sorridere.

Non volere essere amato, per amare.

Esci da te stesso e dona oggiquello che hai.

Nulla si perderà.Liliana

Non aspettare fratello