bMagazine N.8 (Marzo 2009) - Chiude la Telecom

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magazine b RIVISTA MENSILE DI APPROFONDIMENTO PER BENEVENTO E PROVINCIA Marzo 2009 • N° 8 • Mensile di approfondimento culturale • 1,00 SOLO 1 € Poste Italiane S.p.A. – Sped. in A. P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CNS – CBPA SUD/BENEVENTO/2008 Dopo Enel e Banca d’Italia è la volta dell’azienda dei telefoni chiude la TELECOM di BENEVENTO Nasce il MOC, MOneta Corta di Benevento EcoSolidale Un buono sconto emesso da esercizi di filiera corta e spendibile presso i negozi convenzionati Viaggio nei costi dell’infanzia, tra pannolini, biberon e rispettivi prezzi in un centro commerciale di Benevento Che “tesoro” di figlio

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A Benevento, dopo l'Enel e la Banca d'Italia è la volta dell'azienda dei telefoni

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magazinebRIVISTA MENSILE DI APPROFONDIMENTOPER BENEVENTO E PROVINCIA

Marzo 2009 • N° 8 • Mensile di approfondimento culturale • € 1,00SO

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Dopo Enel e Banca d’Italia è la volta dell’azienda dei telefoni

chiude la TELECOMdi BENEVENTO

Nasce il MOC, MOneta Corta di BeneventoEcoSolidaleUn buono sconto emesso da esercizi di filiera corta e spendibile presso i negozi convenzionati

Viaggio nei costi dell’infanzia, tra pannolini, biberon e rispettivi prezzi in un centro commerciale di Benevento

Che “tesoro” di figlio

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Cappelli e bacchetteBenevento non avrà più la sede Telecom, Avellino sì. Doveva essere l’inverso ma così non è stato. Ancora una volta la forza, il dinamismo politico di Avellino ha avuto la meglio a discapito dell’immobilismo di Benevento. Era già successo in un recente passato con l’Enel e la Banca d’Italia (chiuse a Benevento con il contestuale accorpamento alle sedi di Avellino), per non andare con la memoria a qualche anno più indietro, tornando a parlare dell’autostrada Napoli – Bari, che fu fatta passare per Avellino a danno di Benevento, nonostante qualsiasi cartografia e bilancio di spesa fosse contraria a tale ipotesi.

Fondamentale ci pare, nell’ottica di un rafforzamento del ruolo svolto dalla città provvedere non solo alla realizzazione di nuove progettualità, ma difendere con determinazione la presenza di quei servizi che storicamente Benevento poteva vantare e che oggi non ha più.

Il ruolo della politica, dei nostri rappresentanti è, o dovrebbe essere, proprio questo: creare le condizioni affinché cresca la qualità della vita dei territori ove sono stati eletti. Ad Avellino tale compito lo svolgono egregiamente, lo stesso, purtroppo non si può dire per Benevento. Una differenza dovuta, probabilmente anche al differente rapporto esistente tra elettore ed eletto. Nella città irpina, una volta dato mandato al politico, l’elettore esibisce il credito. “Ti abbiamo dato fiducia ed ora devi ricambiare questo consenso attraverso la tua opera a sostegno del territorio”. Questo sembra essere il vincolo che lega il popolo al proprio rappresentante. In un rapporto in cui è il popolo a fare la voce grossa, a condurre il gioco, a dare la netta sensazione di avere il controllo sul potere. Una “dipendenza” espressa in maniera vistosa con la frase utilizzata nel comunicato sindacale e riferita al loro conterraneo ministro Rotondi ed ai membri del Governo intervenuti in città: “non si pensi che siano venuti a fare una passerella mediatica – ha scritto la UIl locale -, devono risolvere il problema Telecom”. Detto, fatto: la sede di Avellino che doveva chiudere resta attiva, quella di Benevento che doveva assorbire la sede irpina chiude.

Analogo rapporto non si vive nel Sannio. Qui il sentimento con cui la pubblica opinione si rapporta al politico è esattamente inverso, si ha riverenza. Il risultato purtroppo è sotto gli occhi di tutti: Avellino nonostante abbia una posizione geograficamente peggiore e non abbia assolutamente le stesse potenzialità turistiche, in relazione ad un patrimonio storico e monumentale praticamente inesistente, è riuscita a creare una struttura economica di gran lunga più importante. Ha un tessuto imprenditoriale molto più sviluppato e, a differenza nostra, ha conservato Enel, Banca d’Italia ed ora Telecom. A proposito, come detto in precedenza, meglio ricordarlo, ad Avellino ci si arriva anche in autostrada. Certo, da Napoli per andare a Bari sarebbe stato molto più comodo passare per Benevento ma ad Avellino l’operato dei politici è controllato, lì li bacchettano. Qui invece, quando incroci per strada il politico di turno, ci si toglie il capello. Nonostante autostrada, Enel, Banca d’Italia e Telecom, ci si toglie il cappello, senza esigere spiegazioni per quanto accaduto. E allora… Ossequi.

Emilio Fabozzi

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L’inchiesta di copertina

4 Chiude la Telecom di BeneventoDopo Enel e Banca d’Italia è la volta dell’azienda dei telefoni

Intervista

6 La politica è femminile... solo in grammaticaSannio, donne e politica, storia di un rapporto difficile. Abbiamo incontrato Maria Grazia Giardino

Attualità

8 Che “tesoro” di figlioViaggio nei costi dell’infanzia, tra pannolini, biberon e rispettivi prezzi in un centro commerciale di Benevento

10 CON.CA, una storia troppo lungaEcco l’esperienza di uno degli acquirenti che dopo nove anni si chiede ancora dove siano finiti soldi e case

Società

12 L’ultimo ArtifexL’esperienza di uno dei pochi restauratori ancora in attività nella nostra provincia

14 SoftAir, anche a Benevento sbarcano i ragazzi della guerra fintaAbbiamo incontrato i fondatori del circolo sannita di una disciplina sportiva che si sta diffondendo

Eventi

16 Gita (dentro) e fuori porta

Società

18 Si chiama Beneslan l’associazione che vuole trasformare Benevento in una città dell’infanziaProgetti, idee e battaglie di chi partendo dai bambini vuole cambiare il territorio

20 Nasce la “public library” di San Giorgio La Molara Visita alla nuova biblioteca parrocchiale del paese

Musica

22 Luca Aquino, un sannita nell’olimpo del jazzAll’uscita del suo nuovo album “LUNARIA” incontriamo il trombettista beneventano

Cinema

24 Le dieci pellicole imperdibili di GiuseppeCenerazzi

Libri

25 I libri della mia vitaMimmo Zerella e l’irrefrenabile passione per gli scritti

Associazioni

26 Nasce il MOC, MOnetaCorta di BeneventoEcoSolidale Un buono sconto emesso da esercizi di filiera corta e spendibile presso i negozi convenzionati

28 La Cinta, una fattoria didattica-zooantropologica L’esperienza di Tullio Zullo dalla vita in campagna alla costruzione di un luogo per insegnare un nuovo rapporto con gli animali

Sport

30 Il fattore C dell’attacco del BeneventoIntervista doppia a Gigi Castaldo e Giampiero Clemente, la coppia che, con giocate e tecnica di serie superiore, fa sognare la compagine sannita

Vignetta

32 Un iter di separazione spinoso

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b magazineMarzo 2009Mensile - n. 8Autorizzazione alla pubblicazione: n.5 del 20/03/2008 Tribunale di Benevento

Iscrizione ROC: n. 17223

DIRETTORE RESPONSABILEEmilio [email protected]

REDAZIONERosaria [email protected] 16 36 750

PROGETTO GRAFICOFabio Penna – Letizia Aquino [email protected]

EDITO DA:Associazione Officina di [email protected]

STAMPA:Grafica Mellusi di Lepore Antonio

HANNO COLLABORATO:Alessandro CaporasoValeria LeoneAlessandro Paolo LombardoEmi MartignettiAlessio MasoneFabio MarcarelliModestino RocaNazzareno OrlandoValerio VestosoStefano DonatielloGiorgio Albanese

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di Emilio Fabozzi

Le loro facce raccontano la de-lusione. Sono allo sbando e non sanno cosa fare. Soprattutto non sanno a chi rivolgersi. I 43 im-piegati della locale sede Telecom hanno appena appreso che do-vranno trasferirsi ad Avellino per-ché la loro sede di Benevento sarà chiusa. Nei loro occhi si legge l’in-credulità per una scelta inaspet-tata piovutagli dall’alto. Non era così che doveva andare. Nei pia-ni di ristrutturazione economica dell’azienda telefonica i 29 lavora-tori di Avellino avrebbero dovuto essere accorpati alla sede sanni-ta. Lo si sapeva. Lo sapevano i di-pendenti di Benevento, lo sapeva-no i loro colleghi di Avellino a cui la prospettiva di approdare alla sede sannita non piaceva affatto e lo sapevano infine i sindacati. D’al-

tra parte, la decisione di lasciare aperta la sede di Benevento, se-condo i dipendenti, non era stata dettata da convenienze politiche ma semplicemente da conside-razioni di carattere economico. Il contratto di locazione dello stabi-le di via Flora, dove è ospitata la sede Telecom di Benevento sca-drà solo nel lontano 2022, e l’im-mobile non più essere dato in sub affitto in quanto ospita strumenta-zioni che non è possibile allocare altrove. “Cosa che invece non si può dire per Avellino, – spiegano i dipendenti – dove la sede Tele-com di via Imbimbo poteva essere riutilizzata senza difficoltà, rispar-miando i relativi canoni di affitto”. Ma non convince neanche la scel-ta di trasferire 43 dipendenti anzi-ché 29. “Evidentemente – ammet-tono senza reticenza i lavoratori sanniti – qualcuno ad Avellino, sa-

pendo ciò che stava accadendo, si è mosso”. A riprova di questa ipotesi, mostrano un comunicato della Uil di Avellino, diffuso il 31 gennaio scorso e ripreso dal por-tale Irpinia news. Subito dopo la manifestazione “GovernIncontra”, che ha portato nella città irpina, su iniziativa del ministro, avelline-se, Rotondi, molti rappresentanti del Governo in carica, la Uil così scriveva: “Si auspica che il Gover-no, ben lungi dall’essere venuto in Irpinia per un’inutile passerella mediatica, si impegni ad evitare il trasferimento delle funzioni della Telecom dalla provincia di Avel-lino a quella di Benevento”. Det-to fatto, quattro giorni dopo, il 4 febbraio, la Telecom ufficializzava la nuova dislocazione territoriale dell’azienda. Benevento chiude, Avellino resta in opera. La cosa che lascia ancor più perplessi è

DOPO ENEL E BANCA D’ITALIA È LA VOLTA DELL’AZIENDA DEI TELEFONI. A RENDERE PIÙ AMARA LA DECISIONE, VI È IL FATTO CHE BENEVENTO AVREBBE DOVUTO ASSORBIRE LA SEDE DI AVELLINO, COME GIÀ ACCADUTO IN PASSATO È STATO L’INVERSO

Chiude la Telecom di Benevento

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che dallo smacco ad oggi, nono-stante l’impegno dei lavoratori Te-lecom sanniti che hanno cercato di muovere le acque per capire cosa fosse accaduto e cosa fare per evitare una ingiustizia inatte-sa, nessuno ha protestato. Sin-dacati e politici locali, aldilà di al-cuni sparuti comunicati non sono insorti, non hanno protestato per uno scippo sembrato palese. “La cosa che ci lascia l’amaro in bocca – raccontano gli sfortunati protagonisti – è il totale disinte-resse per la sorte di un settore che garantiva occupazione non soltanto ai lavoratori Telecom ma anche ai diversi addetti alle pulizie ed a tutti gli operatori che beneficiano della presenza degli uffici di via Flora”. Eppure i mo-tivi per far sentire forte la propria voce, per sollevare la protesta contro lo scippo perpetrato, ce ne sarebbero molti. La chiusura dell’area commerciale, quella par-ticolarmente impegnata nei servi-zi all’utenza attraverso il numero 187, costituisce difatti l’ennesimo abbandono a danno del territorio sannita, un ulteriore segno del rapido impoverimento di servizi e centralità che si sta consumando nella nostra provincia.

“Ci sono inoltre alcuni colleghi – racconta la delegazione di lavo-ratori – che hanno ottenuto, dopo molti anni, l’agognato trasferi-mento dalla sede di Napoli ed ora, pochi mesi dopo aver festeggiato il ritorno a casa, deve fare i conti con la delusione di dover a breve tornare alla vita da pendolare”. A chiusura del cerchio, va detto

che l’avvio immediato della mo-bilità da parte di Telecom, si con-figurerebbe come una violazione dell’accordo sindacale sottoscrit-to dall’azienda il 19 settembre scorso, in cui Telecom si impe-gna nell’ambito della riorganizza-zione aziendale a non dar “luogo a mobilità territoriali a carattere collettivo” fino al 2011. Una volta la sede beneventana dell’azienda

telefonica, quando era pubblica e si chiamava Sip, contava oltre 200 impiegati. In seguito, con la priva-tizzazione e le scissioni d’azienda, il numero di lavoratori in servizio presso la sede sannita è progres-sivamente sceso fino ai 43 attuali. In tutta questa vicenda la cosa che più colpisce è una sorta di assue-fazione alla emigrazione di servizi e popolo, che in maniera sempre più marcata si sta determinan-do. Tutti scappano senza che si organizzi il minimo di protesta. L’unico segno da parte di chi ha responsabilità politiche è la solita messa in opera di tavole rotonde che non giungono mai a nulla. In fondo tutto passa. Tutto è travolto dalla quotidianità, una dimensio-ne in cui affoga qualsiasi evento. Benevento una volta poteva van-tare la sede Enel, la Banca d’Italia, una biglietteria Fs sempre aperta. Oggi tutto questo non c’è più, e nessuno risponde del progressi-vo impoverimento del territorio. Tutto tace. In fondo domani è un altro giorno ed in qualche modo si farà.

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L’inchiesta di copertina

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di Emi Martignetti

Il rapporto tra la politica e le donne nel Sannio è una questione antica e al contempo attuale. La donna con cui ne abbiamo parlato non è una donna qualunque. È una pie-tra miliare nel percorso della sto-ria politica della nostra città. Maria Grazia Giardino, infatti, è la prima presenza femminile all’interno dell’amministrazione provinciale di Benevento. A soli 32 anni, nel 1995, fu eletta consigliera provin-ciale e divenne così la prima don-na a ricoprire questa carica nella realtà sannita. Con tono deciso e suadente, ha risposto alle do-mande a lei rivolte, che ci permet-teranno di capire davvero cosa abbia vissuto e con quale spirito e, ancora, cosa pensi riguardo alla posizione femminile nella politica attuale .

Lei è stata la prima donna che

ha avuto un ruolo nella politica dell’ente Provincia di Benevento, cosa ricorda della sua esperien-za?“È stata molto entusiasmante, an-che perché ero giovane all’epoca, quindi, trovarmi in un contesto di un livello più alto rispetto a quello della politica del paese a cui ero abituata, è stato sicuramente af-fascinante”.

È difficile essere politico donna?“È un po’ più complicato rispetto all’essere politico uomo, perché, nonostante si affermi che i tempi siano cambiati, sta di fatto che le donne hanno un carico di impe-gni maggiore rispetto agli uomini, soprattutto se sono donne che lavorano. Trovare gli spazi anche per fare politica è, dunque, mol-to complesso. Con la famiglia, i bambini, il lavoro si riducono i tempi per altri tipi di impegni”.

Com’era il rapporto con i colle-ghi?“Era un buon rapporto.Non c’era-no atteggiamenti diversi rispetto a quelli che potevano esserci tra gli uomini. Ero considerata alla stre-gua di tutti gli altri. Poi, il ruolo che uno riesce a ricavarsi nelle varie posizioni in cui si trova, dipende molto anche dal suo modo di es-sere”.

Benevento, secondo lei, è pron-ta per un’apertura maggiore alle donne?“Penso sarebbe necessaria non solo a Benevento, ma dappertut-to. Però è pur vero che, in molti casi, questa minore partecipazio-ne dipenda molto anche da scelte nostre, perché, come le dicevo prima, diventa difficile conciliare le diverse posizioni. Laddove invece questa possibilità ci sia e, quindi, si abbiano gli spazi per poter im-pegnarsi in maniera più attiva, sa-

SANNIO, DONNE E POLITICA, STORIA DI UN RAPPORTO DIFFICILE. ABBIAMO INCONTRATO MARIA GRAZIA GIARDINO, LA PRIMA DONNA ELETTA IN CONSIGLIO PROVINCIALE E SPULCIATO TUTTI I DATI DELLA PARTECIPAZIONE “ROSA” AL COMUNE ED IN PROVINCIA. ECCO COSA ABBIAMO SCOPERTO

La politica

solo in grammatica

è femminile…

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Intervista

rebbe opportuno e necessario che il mondo della politica si aprisse di più alle donne. In realtà questa apertura è più ipotetica che reale, secondo me, perché, nonostante le previsioni normative che ci sono state, poi, di fatto, una donna che vuole fare politica deve lottare contro situazioni consolidate”.All’ente Provincia, dunque, le don-ne hanno iniziato a fare capolino nella sfera politica. Maria Cirocco, sindaco di Molinara, ha il primato di essere la prima donna entrata, nel 2008, dopo oltre mezzo se-colo di attesa, in una giunta pro-vinciale sannita. La nomina, però, le ha comportato le necessarie dimissioni da consigliere. Erminia Mazzoni, candidata presidente, comunque, continua ad assicu-rare la rappresentanza femminile in un Consiglio Provinciale dove sono state elette in passato solo tre donne: la nostra intervistata Maria Grazia Giardino nel 1995, Teresa Suero nel 1997 e Rita An-grisani nel 2003.

Non va meglio al Comune del ca-poluogo. Sbirciando i dati che ci parlano della presenza femminile all’interno dell’amministrazione comunale di Benevento, attual-mente privo di donne in Consi-glio e in Giunta. Come ricorda il giornalista Bruno Menna nel suo diario politico ed elettorale “Donne Uomini Istituzioni” “…Dall’insediamento del primo con-siglio dell’Italia repubblicana (30 dicembre 1946) a tutt’oggi solo 13 donne sono riuscite a farsi eleggere nella massima assise cittadina: Pina Luongo Bartolini, Clarice Bifano, Anita Biondi, Lucia Catalano, Maria De Caro, Adele Dell’Aquila, Concetta Guarriello,

Gaetana Intorcia, Clorinda Liguori Moscati, Virginia Lombardi, Simo-netta Rivellini e Grazia Sparandeo. Domenica Zanin divenne consi-gliere comunale nel 1993, quale candidata sindaco.” Solo cinque donne sono state coinvolte in incarichi di assesso-rato comunale: due volte Maria De Caro (1947/1949 e 1949/1952) e Giuseppina Luongo Bartolini (1975/1977 e 1980/1982), una vol-ta sola Lucia Catalano (2002/2006) e le due esterne, non elette, Ro-setta Cocchiarella (1992/93) e Ma-risa Capobianco.Nel 2008, scorrendo i dati di Fo-rumPA, Benevento occupa la pe-nultima posizione nella classifica nazionale sulle Pari Opportunità in regioni e comuni capoluogo, in quanto le donne rappresentano appena l’8% della composizione di consiglio, giunta e apparato di-rigenziale. Eppure l’articolo 6 bis del nostro Statuto comunale te-stualmente recita: “Nelle nomine e designazioni dei rappresentanti del Comune presso Enti, Azien-de, Istituzioni e nelle Commis-sioni di concorso, oltre che nella Giunta e negli organi collegiali, si deve favorire complessivamente la presenza di ambo i sessi”. Va detto, per completare il quadro, che molte opinioni riguardo alla legge dividono anche le donne. Si parla di quote rosa, si disqui-sisce su cosa sia giusto fare per garantire rappresentanze miste e competenti. Abbiamo chiesto opi-nioni alla gente comune, a donne che non hanno ruoli pubblici. C’è chi reputa indispensabile stabilire le quote rosa: la realtà politica at-tuale non dà risultati soddisfacenti riguardo alla presenza femminile, dunque sembra si senta la neces-sità di introdurre delle leggi, che facilitino la possibilità per il gentil sesso di una partecipazione atti-va alla sfera politica e che tutelino quella che è la rappresentanza del sesso più numeroso e meno con-siderato.Opinione più distante è quella che, invece, attribuisce la totale assen-za di politici donna alla mancata volontà e all’insufficiente impegno delle donne stesse, troppo occu-pate nella sfera familiare e anco-ra troppo lontane da un’ottica di

parità dei sessi negli ambiti in cui i ruoli sono da sempre monopoliz-zati dal genere maschile.Infine una considerazione: se le donne volessero potrebbero eleg-gere autonomamente delle loro rappresentanti e tutelare da sole il proprio diritto alla presenza nel mondo amministrativo locale. Ciò, invece, come i dati ci dimostrano, non avviene. Nonostante, infatti, il 51% della popolazione locale votante sia costituita da donne, solo lo 0,04% di esse siede nei consigli comunali della provincia di Benevento (fonte: commissione provinciale pari opportunità della Provincia di Benevento).A sottolineare tali assenze, venia-mo a conoscenza che 18 comu-ni sanniti (compreso Benevento) sono definiti “maglie nere”, per-ché privi di presenze femminili sia in consiglio che in giunta. Per non parlare delle donne sindaco : solo 7, nella provincia di Benevento, su 78 comuni! Una solidarietà tra le donne consentirebbe,di certo, una sicura vittoria per le pari opportunità. No-nostante quindi la legge e i numeri siano a favore dell’avvio di una vera politica al femminile, i dati ri-velano uno scenario per nulla ras-sicurante. Una scienziata dell’800, Maria Mitchell, così scriveva: “Indubbiamente, per le donne ci sono grandi difficoltà lungo il cammino, tanti ostacoli da supe-rare. Ma nessuna dovrebbe dire « Sono soltanto una donna!». Sol-tanto una donna? Che cosa si può volere di più?”.

“In politica, se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi ad un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi ad una donna”. Margaret Thatcher

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di Valerio Vestoso

Premetto che questo articolo non è un modo elegante per comuni-care a casa che sto per diventare papà. Non rientra ancora nei miei progetti. E’ che ho incontrato una coppia di amici trentenni, all’uscita di un supermercato, con tanto di carrozzina e primogenito a bordo. Mentre lei provava a descrivermi le emozioni del parto e la felicità derivante dall’arrivo del pargolo, il marito con indifferenza leggeva e rileggeva lo scontrino, vivisezio-nandolo con accuratezza, quasi a non farsi capace della somma appena spesa. Così è nata la cu-riosità: “ma quanto costa un figlio oggi?”. Per dare risposta al mio quesito esistenziale dò il via ad una sorta di mini via crucis tra i negozi che mirano a soddisfare i bisogni

del target 0-3 anni. Eccomi in uno dei centri commerciali che domi-nano la nostra bella città nei suoi punti cardinali, uno di quegli iper-mercati in cui il 90% delle perso-ne perde tempo e il 10% compra. Reparto omogeneizzati: si parte da un gustoso pesce e verdure (€1,20), fino ad arrivare a “zucca e riso” (2,25 €) per culminare nel gu-stoso “primi legumi – paté di pata-te e ceci” (3€). Gli omogeneizzati costituiscono l’adeguato biglietto d’ingresso al reparto pannolini: “5 Pannolini Sole e Luna – dà al tuo bambino l’asciutto di cui ha biso-gno” (€5,20). Ci sono anche altre tipologie: 25 pannolini più econo-mici alla modica cifra di 4,30 €, oppure, per € 3,20 “12 Pannolini Primavera – Mai più quel fasti-dioso odore di popò”, il cui nome mira a corrompere l’apparato ol-

fattivo del genitore maschio, che in certi momenti cade nel baratro della nausea. La seconda tappa della nostra via crucis coincide inevitabilmente con le sanitarie, regno del neonato e tomba del portafogli. Biberon 125ml €5,70, 260ml €7,50, 330ml €8. E’ in quei momenti che viene fuori lo spiri-to saggio del papà : “Ho letto su Focus che i bambini che bevono troppo latte non crescono in ma-niera corretta. Amore vuoi vivere con questo senso di colpa? Com-priamo un biberon piccolino”. Il latte in polvere varia dai 10 ai 14 € al chilogrammo, a seconda delle marche e di eventuali predi-sposizioni allergiche del neonato, per il quale sono state pensate soluzioni ottimali ma leggermen-te più costose, di fronte alla cui scatola il nonno di turno dirà ad

Che “tesoro” di figlio

VIAGGIO NEI COSTI DELL’INFANZIA, TRA PANNOLINI, BIBERON E RISPETTIVI PREZZI IN UN CENTRO COMMERCIALE DI BENEVENTO. PERCHÉ I MAL DI PANCIA NON FINISCONO COL PARTO

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alta voce davanti al commesso: “Mah.. ai tiemp miej e criatur se bevevan ‘u vin russ”. Considera-te che in Francia il latte in polvere costa il 200% in meno del nostro e in Svizzera il 362%. C’e chi giura di aver visto partire alle 5 di mat-tina dal terminal, interi pullman di genitori che andavano a Zurigo a fare il carico. Leggende metropo-litane che, coi tempi che corrono, non faticheranno a trasformarsi in realtà. Dove eravamo rimasti? Sterilizzatore 12€; 3 ciucciotti dai 5 ai 7€ (il prezzo dipende dalla forma: quello con le sembianze dell’Ape Maia è un po’ più esoso); scalda biberon dai 10 ai 28€; in-teri completi di biancheria intima dai 15 ai 42€, esclusi pigiamini e tutine per i quali bisogna calco-lare un incremento di 20-25€. Si potrebbe discutere per ore dei prezzi di bilance, zainetti, seggio-loni, carillon da lettino, fasciatoi, box e chi più ne ha più ne metta. Divertitevi pure a fantasticare sugli euro necessari all’acquisto di tutte queste cose ma, cari genitori, non vi azzardate a porre ad un com-messo di sanitaria la seguente domanda: “Scusi, possiamo dare un’occhiata alle carrozzine?”. Il commesso vi prospetterà di tutto: bianca,nera, verde, trio combina-ta, chiusura ad ombrello, inglesi-na, con cesta, senza cesta, porta-enfant, quicky system, wind stop, thermoregulation, gemellare, ad ovetto, con ruote per pioggia, con ruote per asfalto, chiusura zippy, modello jeansato, sistema frenan-te, manubrio dinamico, sospen-

sioni e proporrei alle case produt-trici anche doppio airbag, abs e radio cd di serie! E’ una sfilza di modelli che non trova mai fine e inevitabilmente porta i due giovani genitori ad affidarsi alle carrozzine dei parenti che in una famiglia si riciclano sempre. Come i regali. I prezzi, anche questi in sintonia con la crisi mondiale, variano dai 180 ai 364€. A questo preferiamo omettere tutti i servizi accessori (babysitter, asilo nido..) cui non ci si può sottrarre in alcuni casi, e i sacrifici fisici necessari, come le pappette rigettate e le notti in-sonni, rispetto alle quali qualcuno ha trovato in Marzullo un rimedio infallibile. Sacrifici inutili quando a disturbare la serenità mentale di un neonato ci pensa la flotta di conoscenti che viene a fargli pun-tualmente visita appena si è mira-colosamente addormentato: “E fai ciao con la manina”, “E come lo saluti tu a zio Cosimo?”, “E fai ve-dere a zia quanti anni c’hai tu?”. In quei momenti anche Provenzano si lascerebbe andare al sentiero della tenerezza.La nascita di un figlio oggi pre-suppone un buon investimento di capitale, ma a tutte le persone che rimandano alle calende gre-che l’idea di una famiglia, ci viene spontaneo consigliare di seguire il cuore e non il portafogli. Se è vero infine che un figlio costa tanto, considerate anche che nel mondo c’e sempre qualcuno disposto a pagare oro per averne uno.

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Attualità

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di Alessandro Caporaso

Nel 1995 il Comune di Beneven-to approva con atto del Consiglio comunale il programma di recu-pero urbano del Rione Libertà. Il 3 marzo del 1999, la Regione Cam-pania sottoscrive con il Comune di Benevento e l’IACP il piano d’intesa per l’attuazione del PRU (piano recupero urbano). Per l’at-tuazione di detto piano, il Comune di Benevento nel 1999 pubblica il confronto concorrenziale per la re-

alizzazione di interventi edilizi tesi al recupero dell’area di via Galanti per la costruzione di alloggi e ser-vizi su aree da assegnare in diritto di superficie. In previsione dell’im-minente gara d’appalto, la ditta Con.ca. a.r.l. di Napoli, inizia a contattare telefonicamente i pos-sibili acquirenti. Il nostro intervista-to, Antonio, per poter partecipare all’assegnazione di un alloggio, ci racconta che dovette sottoscrive-re domanda di prenotazione, ver-sando una quota di 500 mila lire, quale anticipo della somma da versare per l’acquisto dell’alloggio nel caso in cui la ditta Con.ca. si fosse aggiudicata la gara d’appal-to. Il primo marzo 2000, il Consi-glio comunale approva il progetto presentato dalla ditta Con.ca., aggiudicando alla stessa la gara d’appalto per la costruzione di 72 alloggi. Successivamente la Con.ca. assegna alla cooperativa O.r.e.c. (organizzazione regionale edilizia cooperativa) l’esclusiva del proprio diritto edificatorio. “In

seguito – ripercorre la vicenda il nostro intervistato – la O.r.e.c., rappresentata dall’architetto Trio-la, e dalla moglie Maria Rosaria De Biase, in qualità di presidente della cooperativa stessa, contattò tutti i prenotatari dichiarando loro che per poter beneficiare del con-tributo regionale dovevano entra-re nella cooperativa in qualità di soci, e che la stessa era regolata

ECCO L’ESPERIENZA DI UNO DEGLI ACQUIRENTI CHE DOPO NOVE ANNI SI CHIEDE ANCORA DOVE SIANO FINITI SOLDI E CASE

CON.CA, una storia troppo lunga

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da uno statuto che nessuno pur-troppo è mai riuscito a leggere”. In seguito, rassicurato dal buon esi-to di tutta l’operazione e speran-zoso di poter finalmente “esaudire il sogno di una vita”, Antonio sot-toscrive nel 2000 il preliminare di assegnazione per l’acquisto di un appartamento versando la quota di 38 milioni di lire, pari al 20% dell’importo totale. “Qui mi piace ricordare, – prosegue Antonio – la felicità della mia famiglia, ma so-prattutto quella dei miei figli, che già avevano prospettato come si-stemarsi nella nuova casa. Una fe-licità effimera dinanzi alla compiu-tezza, o meglio all’incompiutezza dei fatti”. Da questo momento inizia il “calvario”. I lavori che di lì a poco dovevano essere avviati iniziarono ad avere inattesi rinvii. Allarmato da questi ritardi, Anto-nio, comincia un “pellegrinaggio” presso gli uffici della Con.ca. chie-dendo di avere risposte ai propri dubbi. “Puntualmente al collo-quio, l’architetto Triola addossa-va al Comune la responsabilità di questi ritardi, dovuti al fatto che si attendeva l’esproprio dei terreni necessari alla costruzione dei lot-ti. Terreni per i quali non era stata prevista la reazione dei proprietari delle varie particelle, i quali si op-posero all’esproprio rivolgendosi al TAR. Ad aggravare la situazio-ne, di lì a poco giunge la sentenza che dà ragione ai proprietari, in quanto i terreni in oggetto non po-tevano essere espropriati perché la costruzione di alloggi non era considerata un’opera di pubblica utilità, condizione imprescindibile per procedere agli espropri. “A

questo punto mi cadde il mon-do addosso”, continua Antonio, “e con grande preoccupazione iniziammo, io e gli altri soci che versavano nella mia stessa situa-zione, ad assediare gli uffici della Con.ca. chiedendo risposte cer-te”. Per poter far fronte alle accese pressioni, l’architetto Triola chiede ed ottiene un incontro con l’allo-ra sindaco, Sandro D’Alessandro. L’incontro ha luogo il 4 luglio del 2001, durante il quale il sindaco rassicura tutti i soci sul fatto che si sarebbe trovata una soluzione, affinché i lavori potessero essere portati a termine. Vista l’impossi-bilità di venire a patto con i pro-prietari dei terreni, la Con.ca. avvi-sa i soci dei lotti interessati, che si sarebbe attivata per acquistare al-tri terreni, e che per la costruzione dei relativi lotti si sarebbe dovuto provvedere ad una nuova proget-tazione. Ultimata quest’ultima, la Con.ca. convoca i soci interessati dichiarando loro che si sarebbe dovuto firmare un’appendice al preliminare di assegnazione, nel quale la ditta stessa dichiara l’av-venuto acquisto dei terreni e la ri-valutazione del prezzo dei terreni essendo aumentate le superfici convenzionali. Dopo l’avvenuta firma del preliminare, tutto sembra girare nel verso giusto, ma ecco di nuovo riapparire i problemi prece-dentemente descritti relativamente alla disponibilità dei terreni. Dopo varie vicissitudini, Antonio, stanco delle “false promesse”, provvede a far domanda di rinuncia, e ad acquistare la casa altrove, aspet-tando a tutt’oggi la restituzione dei soldi versati in precedenza.

Dal 2000 al 2009 alcuni lotti sono stati portati a termine, altri sono in via di costruzione, altri ancora non sono mai stati avviati. È di qualche giorno fa la notizia che il Consiglio comunale non ha più rinnovato la concessione edilizia alla Con.ca. (essendone scaduti i termini), lasciando i soci interessati nel più grande sconforto. Cosa succede-rà ora? Cosa si farà per restituire al nostro intervistato giustizia e serenità? Il piano di recupero ur-bano del Rione Libertà, prevede-va la costruzione di molti alloggi, verrà portato a termine? Ed i soldi risparmiati con fatica, ed investi-ti in false speranze per un futuro migliore saranno mai restituiti? Queste ed altre domande si por-gono gli interessati, speranzosi di una risposta che ad oggi nessuno ha dato.

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Attualità

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di Alessandro Paolo Lombardo

Una volta erano molti in più. Oggi, invece, si fa fatica a trovarli. An-che nella nostra provincia pare sia bloccato il turnover di artigiani e una parte di essi non esercita più appieno il proprio mestiere: un numero crescente di falegnami, ad esempio, si rivolge ad aziende specializzate di livello industriale per acquistare porte che sarebbe-ro in grado di produrre loro stessi ma a prezzi superiori. L’artigiano diventa così un prolungamento dell’industria, distribuendo i pro-dotti che essa realizza. I restaura-tori qualificati si contano sulle dita di una mano.Nella bottega di Carmine Capone, artigiano restauratore di manufatti lignei, si respira un’aria particola-re. Il primo pensiero va alla gom-malacca della lucidatura a tampo-ne o alla vernice naturale a base di aceto. Ma non tutti gli odori si

sentono col naso. E’ la mente che percepisce l’aroma del passato. Sembra infatti che il mondo arti-gianale sia ormai passato, rele-gato ad un’oscura marginalità dai vari Ikea, dalla potenza indiscussa e avvilente della produzione in se-rie.La prima domanda che rivolgo a Carmine non può che essere allora di natura biologica: ti senti a rischio estinzione? “Prima dell’estinzione, bisogna fare una distinzione” – mi dice – “Il restauratore non rischia di scomparire poiché è una spe-cie che al Sud quasi non esiste. La sua figura confluisce confusa-mente in quella del falegname o di pseudo-restauratori che spesso “spatinano” manufatti privando-li del loro valore storico. O che utilizzano aggressive finiture dei mobili moderni ad effetto antico, come i fondi nitro. Come artigiano invece mi sento un dinosauro, o quantomeno un panda. Abbiamo

una forte tradizione locale che sta scomparendo. A Benevento risie-de l’ultimo “tornitore” rimasto tra Sannio ed Irpinia, Ciro Brancato, un secondo padre per me. E il tor-nitore non è il solo mestiere arti-gianale al tramonto”. All’ultimo “tornitore” Carmine deve parte delle sue abilità di restauro, poi sviluppate con un corso di formazione tenuto a Pennabilli, in provincia di Pesaro Durante il suo tirocinio ha potuto rendersi conto della differente sorte del lavoro ar-tigianale rispetto al Sud: “Al Nord un artigiano guadagna più di un professore. Da noi il problema è prima di tutto culturale, chi eser-cita una professione manuale è visto come appartenente ad un rango inferiore. Da noi non esisto-no nemmeno corsi professionali di un livello paragonabile a quelli settentrionali, almeno per il setto-re del restauro… Il mio tentativo di organizzarne uno si è sempre

L’ultimo ArtifexABBIAMO INCONTRATO UNO DEI POCHI RESTAURATORI ANCORA IN ATTIVITÀ NELLA NOSTRA PROVINCIA, CHE CI HA CONFIDATO COME È CAMBIATO UN MESTIERE UN TEMPO COMUNE OGGI INVECE RARO

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scontrato con volontà politiche avverse o totalmente disinteres-sate all’artigianato”.Per rilanciare questo settore un tempo tanto fiorente occorrerebbe un vero e proprio restauro. Trovan-domi a colloquio con un restaura-tore, gli chiedo come si dovrebbe procedere per questa operazione. Secondo Carmine bisognerebbe guardare ancora una volta in alto: “Il primo passo per la valorizzazio-ne è la cooperazione: gli artigiani del Centro-Nord si riuniscono in Cooperative dove ognuno svolge una mansione professionale. Così il servizio è più veloce, più compe-titivo. Una botteguccia resta inevi-tabilmente fuori dal mercato, dalle tratte degli acquisti. Per questo occorrerebbe anche una sensibi-lizzazione attraverso fiere, mostre: far capire la bellezza e la poesia di possedere un pezzo unico, un’opera che non esiste uguale in nessun altra parte del mondo. E’ il valore dell’artigianato”. Questo “ragazzo di trentanove anni” mi è più di un artigiano, for-se per la suggestione di un’antica lettura liceale (e forse per l’acce-zione talvolta riduttiva che il ter-mine ha assunto in certa menta-lità popolare). Ciò che ricordo del brano “L’artigiano medievale e l’artista”, è che in passato l’“arti-

fex” era inteso come una sorta di demiurgo cui poteva competere la realizzazione di una sedia come l’erezione di una cattedrale.Ma che io sappia, Carmine non ha mai eretto una cattedrale li-gnea… Il mobile più antico che ha curato, mi dice, “risale all’inizio del Settecento”. Gli chiedo quale sia la richiesta più stramba che gli sia stata fatta: “C’è gente che mi ha chiesto: “Aggiustate i mo-bili?”. Il termine usato mi ha fatto sorridere. E’ ancora una volta una questione culturale: richiedere un recupero d’uso senza considera-re il recupero storico e culturale del mobile che l’operazione di re-stauro comporta. In fin dei conti questo problemino terminologico (aggiustare o restaurare?) è ben poca cosa rispetto ad un’altra ri-chiesta: “Mi trasformereste que-sto armadio in una cristalliera?”. La trasformazione di mobili è una bestemmia per un restauratore di questo secolo. Specifico di que-sto secolo poiché in passato il re-stauro era una metodologia meno rigorosa, decisamente fantasiosa giacché si tendeva spesso ad un opinabile recupero estetico anche a costo di eclatanti falsi storici”.E allora, quali sono le premesse fisiche e/o mentali per diventare un restauratore “di questo seco-

lo”? “Prima di tutto, ciò che serve per qualsiasi mestiere: passione, in questo caso per l’antico. Cer-tamente la manualità. E la mano non è scissa dall’intelletto, mai. Richiede un tirocinio più o meno lungo. Questa una delle ragioni del disinteresse dei giovani, che non hanno la minima intenzione di sottoporsi ad un esercizio poco o non retribuito, preferendo addi-rittura il lavoro di fabbrica. I tempi di recupero di un mobile antico possono essere molto lunghi. Oc-corre pazienza. Imprescindibile lo studio: la storia del mobile, degli stili”. L’ultima domanda che rivolgo a Carmine ottiene una risposta particolarmente sentita: siccome aspetta un figlio, gli chiedo se pensa che questi continuerà la sua attività: “Mi auguro di si. L’Ita-lia ha una grande storia. Il recupe-ro dell’identità, in questi tempi di globalizzazione, sarà un settore trainante per i prossimi trenta o quarant’anni… E così non sarei l’ultimo artigiano di cui parli”. Si sa: ultimo è una parola scivo-losa, poco affidabile. La storia è piena di ultime volte, nel bene e nel male. E come non esiste un’ul-tima guerra, non deve esistere un ultimo artigiano.

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di Nazzareno Orlando

Se passeggiando per le tranquille campagne bene-ventane in un’assolata domenica di un tranquillo we-ekend, vi capitasse di imbattervi in una truppa di uo-mini in mimetica, armati fino ai denti, per quanto sia possibile non pensate immediatamente che siamo stati invasi dall’esercito di uno Stato straniero e per quanto la situazione non dev’essere certo piacevole, non fatevi subito prendere dal panico perché potreb-bero essere i ragazzi che praticano il SoftAir, un’attivi-tà conosciuta internazionalmente anche come guerra simulata o tiro tattico sportivo. In pratica il SoftAir è uno sport di squadra basato sulla simulazione milita-re. L’attività può essere assimilata anche ad un gioco di ruolo che simula, tramite attrezzature apposite, azioni tattiche e strategiche di combattimento con repliche fedeli di armi da fuoco in ambienti urbani o boschivi, tra fazioni opposte che devono conquistare

obiettivi prefissati. Per chi non lo sapesse, è da circa tre anni che questa disciplina ha fatto il suo ingresso anche dalle nostre parti. Infatti, nei territori del San-nio e dell’Irpinia, nel maggio del 2006 è stata costi-tuita l’unica associazione sportiva esistente, l’Airsoft Club Beholder Benevento, creata da un gruppo di amici, con campo di gioco a pochi chilometri dalle due province. “Abbiamo conosciuto questo sport – esordisce Luca uno dei fondato-ri del movimento sannita – giran-do su Internet e grazie alla voglia di giocare, e all’amicizia che legava i fonda-

ABBIAMO INCONTRATO I FONDATORI DEL CIRCOLO SANNITA DI UNA DISCIPLINA SPORTIVA CHE SI STA DIFFONDENDO E CHE IN PASSATO È STATA OGGETTO DI DIVERSE CRITICHE

SoftAir, anche a Benevento sbarcano i ragazzi della guerra finta

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tori, siamo riusciti a tirar su un club regolarmente in-serito tra le associazioni sportive dilettantistiche ASI, affiliata al CONI. Contiamo un bel numero di iscrit-ti e ormai abbiamo tre anni di carriera alle spalle”. L’attrezzatura tipo di un softgunner richiede, oltre ad un’arma con meccanismo ad aria compressa, una mimetica, degli anfibi, un gilet tattico che serve per riporvi i caricatori e i vari generi di utilizzo e, soprat-tutto, degli occhiali protettivi che sono obbligatori e permettono che il tutto si svolga nella massima si-curezza. Gli associati si incontrano tutte le domeni-che per poi recarsi al campo di gioco. I “combat”, sono chiamate così le sezioni di gara, si svolgono dalla mattina fino al tardo pomeriggio. In alcuni casi ci si sposta anche fuori provincia o addirittura fuori regione, incontrando altri club per sfide amichevoli o in occasione di tornei ufficiali. Un vero tour de force sono le cosiddette “missioni”, dove i partecipanti si affrontano per l’intera giornata. Sezioni che possono durare anche ventiquattro ore. “In queste circostan-ze ci si organizza con tenda e sacchi a pelo, oltre che di generi alimentari per trascorrere la notte fuori. Uno degli aspetti che aggiunge fascino al gioco – speci-fica Luca – è il contatto con la natura. Ma, questo sport si basa fondamentalmente sul fair play, sulla correttezza del giocatore che quando viene colpito si auto-dichiara gridando “Morto!”. Ma nel SoftAir la morte è temporanea, “bisogna pazientare pochi minuti, poi si rientra in vita ed in gioco”. Massima attenzione, pena squalifica, è rivolta all’atteggiamen-to di massima correttezza che deve tenere ognuno nei confronti di compagni ed avversari, per evitare il rischio di infortuni derivanti da un uso scorretto di attrezzature e protezioni. “Il modo con cui si decide la squadra vincitrice – spiega Claudio, altro rappre-sentante del Beholder – dipende dal tipo di partita. Di solito, siccome non vi è un modo oggettivo per de-terminare quando si viene colpiti (non si usano pal-lini a vernice, come invece avviene con il paintball, vietato in Italia), bisogna auto-dichiararsi. È intuitivo capire come, di conseguenza, questo sport si basi interamente sulla correttezza di chi lo pratica. La vittoria nei tornei ufficiali o amichevoli per le squa-dre si assegna per punteggio in base agli obiettivi conquistati”. L’associazione dilettantistica Beholder Benevento offre una giornata gratuita di prova per tutti coloro che fossero interessati a partecipare al SoftAir, con la sola premessa che vogliono sia chia-ra sin dall’inizio “Non si tratta di fare la guerra”.

Per chi vuole saperne di più sul SoftAirPer ulteriori informazioni potete visitare il sito internet del club: www.beholder.it oppure con-tattare telefonicamente Claudio: 333/1944466 o Luca: 392/4690488.

Uno sport in passato oggetto di molte criticheAlla fine degli anni novanta, in contemporanea con la maggior diffusione di questo sport in Ita-lia, ci sono stati alcuni casi di critiche fortemente negative da parte della stampa, soprattutto per il fatto che le repliche delle armi utilizzate nel softair, pare siano state occasionalmente usate nell’ambito di azioni criminali, per via della loro somiglianza con le armi reali e in relazione alla facilità nel reperirle. I gruppi di giocatori sono stato spesso visti come “covi di guerrafondai” e/o appartenenti ad aree politiche di estrema destra.

La normativa italiana Come già detto i proiettili delle armi giocattolo, secondo il regolamento ministeriale adottato dal Ministero dell’Interno con il decreto n. 362 del 2001, non possono superare il joule di energia alla volata. In ogni caso una replica “modifica-ta” non potrà mai recare offesa e dovrà essere utilizzata solo ed esclusivamente nei contesti di gioco. L’arma inoltre non deve essere mantenuta in vista durante il trasporto.

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Gita (dentro) e

Giovedì 5 marzo, al Teatro Massimo di Benevento alle ore 10,30 per la rassegna di Teatro Scuola AnGHInGò, dedicata agli alunni delle scuole elementari sarà messa in scena la piece “Quando nonna Faustina arrivo’ in America”. Info: 082458474 – 335413060;

Martedì 10 marzo, alle 20,45 nell’ambito della rassegna “Palcoscenico Duemila”, al Teatro Massimo di Benevento, sarà ospitata la

piece “Una pillola per piacere” di Bruno Tabacchini e Biagio Izzo. E’ la storia di un timido, affetto da una strana sindrome che gl’impedisce di comunicare con le donne, Biagio Izzo le proverà tutte. Lo spettacolo sarà messo in scena anche il 17 marzo alle ore 21 al Cinema Modernissimo di Telese;

Domenica 8 marzo alle ore 17, al Teatro Comunale di Benevento, per la rassegna teatrale dedicata ai ragazzi “Il paese dei sogni”, la compagnia Florian Teatro di Pescara metterà in scena la fiaba “Hänsel e Gretel”. Info: Teatro Eidos: 082458474 – 335413060;

Nel weekend del 7 e 8 marzo, in coincidenza con la Festa della Donna, è in programma la terza “Giornata Italiana del Bed and breakfast”, in questa occasione soggiornare in un B&B costerà la metà. L’evento è organizzato dal portale www.bed-and-breakfast.it. In provincia le strutture che aderiscono all’iniziativa sono: La Villetta a Benevento, Il Fortilizio a Pietrelcina,Vicidomini a San Marco dei Cavoti e La Palma House a Sant’Agata dei Goti;

fuori porta

Sabato 7 marzo, nell’ambito della rassegna “Spaghetti e Cabaret” a Morcone si esibirà Ciro Giustiniani, che ama definirsi un cabarettista “stressato”. Il suo spettacolo, tratta le continue evoluzioni della società moderna, è un crescendo di comicità e nel contempo riflessione sulle problematiche amorose giovanili. Prima dello spettacolo alle ore 20 ci sarà “La Corrida”, dilettanti allo sbaraglio, ed alle 22 saranno serviti “maccheroncelli radicchio e salsiccia”. In questa occasione inoltre sarà visitabile la mostra fotografica “Immagini del Sannio Rurale” a cura del Circolo Fotografico Sannita. Web: www.spaghettiecabaret.it; www.cirogiustiniani.com;

Rush finale per “Non solo libri”, rassegna culturale organizzata dall’associazione Sanniopress, che nel mesedi marzo presenterà tre nuovi lavori editoriali, illustrati dai rispettivi autori.Venerdì 13 marzo, alle ore 17 al Museo del Sannio, sarà presentato “L’oro della camorra” di Rosaria Capacchione;Venerdì 20 marzo 2009, ore 17 alla Biblioteca Provinciale, si discuterà de “L’anarchico conservatore” di Gennaro Sangiuliano; Infine, giovedì 26 marzo, sempre alle ore 17 alla Biblioteca Provinciale, si parlerà del libro “Il cecchino e la bambina” di Franco Di Mare.Info rassegna (www.sanniopress.it)

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Eventi

17Gita (dentro) e

Sabato 14 marzo alle ore 10,30, al Teatro Massimo di Benevento per la rassegna di Teatro Scuola AnGHInGò, dedicata agli alunni delle scuole elementari il Teatro Pirata di Jesi presenta “Il tesoro dei pirati”. Info: 082458474 – 335413060;

Domenica 22 marzo, alle ore 17, al Teatro Comunale di Benevento, per la rassegna teatrale dedicata ai ragazzi “Il paese dei sogni”, la compagnia Le Nuvole di Napoli presenta “L’acqua e la noce”, un’opera scritta e diretta da Rosario Sparno;

Lunedì 23 marzo, alle 20,30 al Mulino Pacifico di Benevento, la rassegna “Obiettivo T”, presenta il lavoro della compagnia “Libera Scena

Ensemble” dal titolo “La sala del labirinto”. La storia è tratta dal romanzo “Fiori per Algernon”, scritto dall’americano Daniel Keyes nel 1966, divenuto ormai un classico della letteratura in lingua inglese del XX secolo. Si narra la storia di Charlie Gordon, un inserviente ritardato che, cosciente di non essere intelligente quanto gli altri, sogna di diventarlo;

Martedì 17 marzo, alle ore 10,30, la rassegna “Obiettivo T”, organizzata dalla Compagnia Teatrale Solot di Benevento, al Teatro Massimo di Benevento, la compagnia “Onda Teatro” presenterà “A scatola chiusa”. E’ la storia di Silvia, una bambina che passa molto tempo da sola perché i genitori sono molto impegnati e i suoi nonni vivono in un’altra città. Come tutti i bambini di oggi, guarda molto la televisione e le piace molto la pubblicità...”;

Mercoledì 25 marzo al Teatro Massimo di Benevento alle ore 10,30 per la rassegna di Teatro Scuola AnGHInGò, dedicata agli alunni delle scuole elementari, la compagnia “La Mansarda” di Caserta presenta “I Tre porcellini”. Info: 082458474 – 335413060;

Giovedì 26 marzo al Teatro Massimo di Benevento alle ore 10,30 per la rassegna di Teatro Scuola AnGHInGò, dedicata agli alunni delle scuole elementari, la compagnia “I Teatrini” di Napoli presenta“Nella cenere” liberamente tratto da “Cenerentola” di Charles Perrault. Info: 082458474 – 335413060;

Venerdì 27 marzo, al Morgana Music Club di Benevento è in programma il concerto di Andrea Chimenti “Machine des Ombres”, canzoni ed immagini in un’atmosfera unica. I magici artifici della Macchina Delle Ombre si mescolano alla piccola clessidra musicale che, brano dopo brano, mette insieme il passato. Per maggiori informazioni: Luca D’Alessandro Tel.: 338.5911221 – 320.8408264 E-mail: [email protected]

Sabato 28 marzo, al Teatro Comunale, la Compagnia Marina Malfatti e Mario Chiocchio presentano “Và dove ti porta il cuore”, piece tratta dal romanzo di Susanna Tamaro. E’ la storia di Olga e la figlia, che non si sono mai guardate negli occhi, non si sono mai parlate. Olga non è stata amata dalla madre e non ha saputo amare la figlia. Vecchia, sola, confusa stila per la nipote una cronaca quotidiana di pensieri, di confessioni per liberarsi di un peso;

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di Fabio Marcarelli

L’associazione sannita Beneslan nasce nel 2007, quando un pic-colo gruppo di persone sull’onda emotiva di quanto accaduto nella piccola scuola russa di Beslan, decide di creare un punto di ri-ferimento per l’infanzia e per le famiglie nella città di Benevento. L’obiettivo fu da subito chiaro: la-vorare per creare una città a dimen-

sione di bambino, lottare affinché l’in-fanzia fosse difesa. Parlando con il pre-sidente dell’associa-zione, il pediatra Ni-cola Cicchella, si ca-pisce che il progetto Beneslan nasce dalla presa di coscienza di un gruppo di cittadi-ni che si propongo-no, attraverso inizia-tive di vario genere,

di affermare e difendere i principi sanciti dalla Carta Internazionale dei Diritti dell’Infanzia. “Il periodo dell’infanzia – spiega Cicchella – è un periodo fondamentale dello sviluppo umano che necessita di una grande attenzione e di un enorme investimento in impegno”. L’associazione, che collabora con i servizi sociali del Comune di

Benevento e con la sezione pro-vinciale dell’Unicef, basa la sua opera su alcuni punti qualificati il suo operato. Il primo è “l’ascolto”; ascoltare significa dare voce a chi sembra essere più escluso. L’altro fattore importante riguarda il con-cetto di “responsabilizzazione”. Negl’ultimi decenni si è assistito ad una crescente deresponsabiliz-zazione dagli impegni educativi da parte della famiglia, attraverso una delega sempre più estesa ad altre istituzioni, ciò ha portato al male oscuro dell’indifferenza verso il fondamentale percorso di crescita dei ragazzi e la contestuale diffu-sione di problemi di alcool, fumo e droghe che vengono consumate in età sempre più precoci”. L’as-sociazione promuove quindi un processo di responsabilizzazione educativa presso tutti coloro che si occupano di infanzia ed in pri-

PROGETTI, IDEE E BATTAGLIE DELL’ASSOCIAZIONE CHE PARTENDO DAI BAMBINI VUOLE CAMBIARE IL TERRITORIO

Si chiama Beneslan l’associazione che vuole trasformare Benevento in una città dell’infanzia

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mo luogo all’interno delle fami-glie. Un’azione svolta attraverso incontri, eventi e manifestazioni organizzate allo scopo di sensibi-lizzare l’opinione pubblica rispetto alla tematica dell’infanzia.

“In più, prosegue il presidente Cic-chella – Beneslan organizza corsi di formazione per gli associati al fine di migliorare la conoscenza e la comprensione delle esigenze dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti. Un processo messo in atto sfruttando soprattutto le opinioni, le sensazioni e le creden-ze dei bambini e dei genitori che partecipano ai corsi”. Beneslan offre anche aiuto alle famiglie del-la nostra città con bambini piccoli, garantendo un supporto umano e materiale anche nell’ambito dell’avvio e della gestione delle pratiche di adozione.

“Il concetto base – ammette Cicchella – è la cultura. Bisogna cambiare mentalità, attivarsi, par-tecipare in maniera concreta allo sviluppo e al miglioramento della nostra città, rispettando e cono-scendo i bambini, specchio della società e base per un futuro mi-gliore per tutti. Cambiare cultura e mentalità, non solo a parole, ma con iniziative concrete, che riguar-dano anche la costruzione di par-chi attrezzati per bambini. Progetti come quello denominato Santa Claus, che si prefigge di distribu-ire, alle famiglie più bisognose, articoli per l’infanzia donati dagli associati (che ammontano ad oggi a 150 famiglie). Altri progetti

in via di realizzazione riguardano il “Piedibus”. L’idea è quella di or-ganizzare, in collaborazione con le scuole ed il Comune, un percorso, un’idea diversa e un modo origi-nale di recarsi a scuola: lasciando nel garage le auto e riscoprendo il piacere di passeggiare in grup-po. L’aspetto fondamentale su cui vorremmo incidere attiene l’avvio di progetti di riqualificazione urba-nistica per la creazione di una cit-tà dell’infanzia, in grado di offrire servizi, spazi e sostegno a tutti i bimbi che vi vivono. Abbattere le barriere, fisiche e non, tra noi e il mondo dei bambini è un esempio per chi si preoccupa di costruirne altre. Per questo occorre ricordare la storia del logo dell’associazione Beneslan: in Palestina esiste un muro che divide gli Israeliani dai Palestinesi, qualcuno aveva dise-gnato un varco sottoforma di qua-drato tratteggiato, un varco non reale ma che esprime una speran-za, una voglia di apertura verso l’altro. Un giorno, una bambina di 3 anni proprio su quella porta tratteggiata disegna un cuore con il sole dentro, un cuore che può abbattere le barriere, un cuore che dà colore ad ogni cosa, un cuo-re che fa crollare ogni muro. Gli obiettivi – conclude il presidente Cicchella – sono tanti, così come le difficoltà per attuarli, dovute alla mancanza di rispetto e conoscen-za e alla crescente indifferenza della società sulla tematica infan-zia”.

L’associazione Beneslan oggi è in fase di assestamento, ancora

si cerca una sede operativa, ma punta sulle volontà di cambia-mento di persone che desiderano fare in modo che Benevento sia una città migliore, solidale e inte-ressata al futuro dei nostri bimbi. Una società che vuole liberare i ragazzi da console e televisori. A tutti gli iscritti l’associazione con-segna un opuscolo della Carta dei Diritti dell’Infanzia affinché la con-sapevolezza dell’importanza della condizione dei piccoli, diventi uno stimolo ad impegnarsi maggior-mente nei loro confronti.

Come nasce il nome dell’associazioneIl primo dicembre del 2004, alle 8,30 locale, un gruppo di terrori-sti, composto anche da donne, occupa la scuola di Beslan cit-tadina russa dell’Ossezia. Nella scuola sono presenti 1127 per-sone, dopo 3 giorni, durante i quali i bambini sono sottoposti ad ogni tipo di violenza fisica e psicologica, l’intervento delle forze speciali russe causa la morte di 331 civili, di questi 186 erano bambini.

A Beslan è stata violata la sa-cralità dell’infanzia in un giorno di festa, nel primo giorno di un anno scolastico. E’ stata colpi-ta la scuola come istituzione, l’infanzia come possibilità di crescita e di dignità. L’asso-ciazione sannita nasce pro-prio per ricordare quei tragici eventi. “Beneslan” è l’incontro tra il nome della località dove avvenne quel drammatico epi-sodio e il nome della città di Benevento.

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di Alessandro Paolo Lombardo

Sono due le porte da attraversare per accedere alla biblioteca “Don Giuseppe Fina” di San Giorgio La Molara. I luoghi della cultura hanno una loro particolare e antica condizione: con le prime pitture rupestri, con la scrittura l’uomo cominciò a “costruire un mondo artificiale, in parte materiale in parte virtuale, parallelo a quello delle case in cui viveva: un mondo in cui abitavano le idee” (Vincenzo De Gregorio, “La carta e la bussola”). L’architetto Massimiliano De Cesaris che ha curato la sistemazione degli spazi parrocchiali destinati alla biblioteca ha colto bene questo carattere di “altra dimensione”. Ha adagiato a terra, in un battuto di coccio pesto nel piazzale antistante l’ingresso, le pietre bianche trovate durante i lavori

per comporre un arco... La pietra centrale, cosiddetta chiave di volta, è ribassata per consentire il fisico ma al contempo metaforico passaggio verso la cultura.Delle due porte di cui dicevo, la prima è un’iniziazione, la seconda… u n ’ a g n i z i o n e (“r iconoscimento”). Ad aprirla, riconosco infatti Lea Modola, la direttrice della biblioteca che ha

partecipato attivamente alla realizzazione della stessa. “Sapevo dell’esistenza di una grande mole di libri raccolti dal parroco Giuseppe Fina e, sin dalla tenera età, avevo desiderato di poterli avere tra le mani”, mi dice. Il sogno si avvera nel giugno del 2006 quando il parroco Don Luigi Ulano, in carica dal 2002, la contatta per farsi aiutare nell’impresa di sistemazione e catalogazione dei testi, accatastati in alcuni spazi ecclesiali senz’alcun criterio (a meno che non si voglia fare della casualità un criterio, scelta possibile ma non in Biblioteconomia). “L’operazione era lunga e faticosa: la raccolta consta di 25.000 testi, tra cui alcuni risalenti al 1600! Il più antico, di argomento religioso, è datato per la precisione al 1603. Ci siamo muniti di mascherine per non inalare le polveri di pagine decomposte… Vi sono anche pergamene e bolle papali del 1500, ora conservate in un luogo sicuro. La mia speranza è di portarle in futuro all’interno della biblioteca Fina, non appena avremo messo in pratica un piano di controllo microclimatico”. (Nel campo dei beni culturali ne uccide più l’umidità che la spada!).Le dichiarazioni di Lea non possono che suscitare curiosità eziologiche (l’ambiente della più famosa biblioteca del mondo, l’antico Museion di Alessandria, era ghiotto di queste curiosità, vedi gli “àitia”, “Origini”, di Callimaco). La curiosità riguarda proprio l’origine della raccolta, le modalità in cui Don Giuseppe Fina sia entrato in possesso di questi pregiati volumi. Quando ci sono un mistero e una chiesa, basta poco per trasformare il vecchio parroco in Berengere Sauniere (il prete francese che alla fine dell’800 avrebbe scoperto nella sua parrocchia

INAUGURATA LO SCORSO 25 OTTOBRE, LA BIBLIOTECA PARROCCHIALE DEL PAESE SEMBRA ESSERE SOSPESA TRA LA MISTERIOSA EREDITÀ DI DON GIUSEPPE FINA E L’INNOVATIVA APERTURA MULTIMEDIALE

Nasce la “public library” di San Giorgio La Molara

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importantissimi manoscritti antichi, di cui ancora nessuno pare sia entrato in possesso) e San Giorgio La Molara in Rennes-le-Château (v. il fenomeno Codice Da Vinci)! Ma Lea m’informa che sono in corso ricerche precise sulla questione e lei stessa sta esaminando un carteggio di Don Giuseppe da cui è già emerso che il prete negli anni Settanta dichiarava alla Regione una biblioteca storica.Data la qualifica storica, chiedo a Lea se l’istituto riceva fondi pubblici per il mantenimento. “La biblioteca si basa esclusivamente sui fondi della parrocchia ma questa ha innumerevoli altre spese (ad esempio, il Santuario è stato da poco restaurato) e quindi speriamo che arrivino donazioni di privati o finanziamenti del comune. Per alcune operazioni ci siamo appoggiati al polo regionale, tra cui la catalogazione informatica con codice ISBN” (International Standard Book Number: “è un numero che identifica a livello internazionale in modo univoco e duraturo un titolo o una edizione di un titolo di un determinato editore”, www.isbn.it). Il mio sguardo si posa su un antico testo religioso con un titolo in bel carattere: “Prezzo della Divina Grazia”. E’ il momento di saperlo: “Qual è il prezzo della divina grazia di aver una biblioteca ben fornita a due passi da casa?”. “Per far funzionare la biblioteca occorrono più di duemila euro al mese!”. Il costo di manutenzione, riscaldamento e luce può sembrare talora proibitivo rispetto al prezzo della luce divina…I servizi offerti vanno dal classico prestito allo scientifico approccio ai libri con percorsi didattici rivolti alle scolaresche: “Ci tengo molto al versante educativo” – sancisce Lea – “Aiutiamo persino i bambini a far i compiti! E forniamo assistenza alla ricerca, al momento c’è una storica di Roma che si sta interessando alla chiesa distrutta di San Luca”. Inoltre la biblioteca si è aperta a “biblioeventi”, accompagnati da musica dal vivo, ed incontri letterari. Dicembre è stato un mese pieno per la biblioteca, inaugurata poco tempo prima, il 25 Ottobre 2008: ha visto anche la presentazione di “Cinefort”, associazione culturale no profit che ha sede nella stessa (www.cinefort.135.it). Cinefort, oltre a proporre una rassegna di proiezioni finalizzate alla comprensione di alcuni aspetti della storia attuale, promuove la realizzazione di videodocumentari inerenti l’identità e la memoria del Fortore, per un rilancio di questo palcoscenico incontaminato. Il logo dell’associazione, ideato dal grafico Massimo Capozzo, incarna queste intenzioni proponendo una forma occhiuta, occhio della camera che richiama anche il sembiante del celebre lago di San Giorgio La Molara. Queste aperture rendono la biblioteca Fina idealmente più simile alle mitiche “public libraries” inglesi che alle medesime istituzioni italiane. Come il modello inglese, la “public library del Fortore” è a scaffale aperto e l’utente può consultare liberamente i testi, avvalendosi dell’assistenza di Lea, Ernestina Di Polvere ed Ivan Armini “insostituibile per il reperimento dei libri collocati più in alto!”, confessa la direttrice. Questo è quello che nel mondo anglosassone costituisce il “reference service”, in genere punto dolente delle biblioteche italiane in cui

prevale da sempre paura e diffidenza nei confronti dell’utente. Servendomi ancora una volta del manuale di Bibliografia di De Gregorio, sintetizzo il problema: in Italia si privilegia spesso la tutela del materiale a quella dell’utenza che viene nettamente divisa in fruitori di fascia alta e bassa e siccome si suppone

(a torto) che gli appartenenti alla fascia alta non abbiano bisogno di ausilio tecnico, non si è creato un reference service come quello inglese.L’assistenza è uno dei punti di forza della creatura di Don Giuseppe, uno dei motivi per cui rivolgersi, secondo Lea, alla sua biblioteca. Non il solo: “E’ una delle più grandi della provincia, le sezioni di argomenti possono soddisfare ogni palato: religione (è sempre una biblioteca parrocchiale!), sezione periodici, narrativa, storia, geografia, scienze, diritto ed economia, medicina, spettacolo, opere di consultazione, scienze sociali ed arte. Si prevede anche la costituzione di una mediateca”. “E poi – rincara Mara Caretti, collaboratrice di Cinefort – Don Giuseppe ci ha messo l’anima… E le cose che hanno un’anima sono vive! Una biblioteca viva è sempre consigliabile!”.

Società

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di Valeria Leone

La storia di ogni artista è segnata da alcune costanti: talento, impe-gno, sacrifici, duro lavoro. La sto-ria di Luca Aquino non diverge da questo schema.Luca Aquino è un apprezzato trombettista sannita, consacrato nel 2008 dalla critica quale secon-do miglior talento italiano nell’am-bito del sondaggio “Top jazz” che ogni anno il mensile specializzato “Musica jazz” della Hachette Ru-sconi indice, interpellando il fior fiore dei critici italiani.Le note liberate dalla sua tromba si rincorrono in una danza sinuosa ed elegante che incontra la spe-rimentazione di effetti digitali, si concede all’elettronica e si lascia contagiare dal rock d’avanguar-

dia.Nato a Benevento nel 1974, inizia a suonare la tromba all’età di 19 anni, da autodidatta. Partecipa ai seminari di Paolo Fresu, organiz-zati nell’ambito di Benevento Città Spettacolo, e da quel momento la musica diventa elemento costante della sua vita. Inizia a frequentare i seminari di jazz senesi, si esercita alla tromba, ma non tralascia gli studi, laureandosi presso l’Univer-sità Federico II di Napoli in Econo-mia e Commercio.Ma il suo futuro non è certo nell’uf-ficio di qualche commercialista. Ottiene infatti una borsa di studio a Nuoro Jazz per Time in Jazz ed inizia la sua attività professionale incontrando l’olandese Hub Van Laar, costruttore di trombe e fili-corni, con il quale intraprende una

fitta collaborazione diventando suo endorser ufficiale. Prende il via così per Luca una lunga se-rie di concerti e dimostrazioni in scuole e festival, in Europa e in Usa, con i fratelli Findley. Nel 2008, dopo alcune partecipa-zioni in lavori discografici di vari colleghi, Luca Aquino pubblica il suo primo album da solista “Sopra le Nuvole” per l’Emarcy/Universal. Il disco riscuote subito ampi con-sensi in Italia e all’estero e il 24 aprile dello scorso anno il jazzista beneventano presenta l’album in diretta nazionale su Radio Rai 1. Luca Aquino è oramai un afferma-to musicista nel panorama artisti-co nazionale. Oggi vanta concerti in tutto il mondo, il suo carnet è fitto di date: Monaco, Dublino, Asburgo, Roma, Perugia, Berga-

ALL’USCITA DEL SUO NUOVO ALBUM “LUNARIA” INCONTRIAMO IL TROMBETTISTA BENEVENTANO RECENTEMENTE INCORONATO QUALE SECONDO MIGLIOR TALENTO ITALIANO

Luca Aquino, un sannita nell’olimpo del jazz

foto di: Lorenzo Palmieri

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mo, Sassari, ma anche Beneven-to, città che lo ama e lo apprezza. Numerosissimi anche i festival na-zionali ed internazionali ai quali ha partecipato: Time in jazz, , Nuoro jazz, Jazz Art, Lugano jazz, Bra-tislava Jazz Day, Onlosmakelijk festival, Pristhina jazz, Ceppa-loni jazz, Napoli in Villa, Chiasso jazz, I.T.G. di Boston, solo per citarne alcuni.In questi giorni è uscito “Lunaria”, il suo secondo album, registra-to con il suo quartetto (Giovanni Francesca, Gianluca Brugnano e Marco Bardoscia) e ospiti tra i quali Roy Hargrove, trombettista americano, e Maria Pia De Vito, cantante.Il viaggio musicale di Luca Aquino non è solitario. Tanti sono i proget-ti e le collaborazioni, come quella con la scuola Monk di Campobas-so. È anche direttore artistico del-le rassegne “Jazz e (‘) Arte” e “…a jazz day in Benevento”. Inoltre, è uno dei componenti di Rosso Ru-bino, progetto musicale di matri-ce sannita generato dalla voce di Lorenzo Catillo e dalle vibrazioni musicali di Giovanni Francesca (chitarre), Pasquale Pedicini (pia-noforte e fisarmonica), Dario Mi-randa (contrabbasso), Aldo Ga-lasso (piatti e tamburi) e appunto Luca Aquino (tromba e flicorno) che, in concomitanza con l’uscita del suo nuovo album “Lunaria”, ci ha concesso questa intervista.

È noto che voi musicisti jazz spes-so usate gli standard, cioè brani scritti da grandi jazzisti, come basi per improvvisarci sopra. Quali sono stati gli standard che hanno

maggiormente caratterizzato la tua crescita artistica?“Ce n’è uno che amo particolar-mente, ma che non ho mai saputo interpretare:Young at Heart. Gli standard li ho amati tanto, mi han-no aiutato a capire, almeno pen-so, la tradizione del jazz america-no, ne ho studiati e ne conosco innumerevoli, ma ora mi capita di incontrarli molto meno. Ho un repertorio mio, con le mie forma-zioni, e capita spesso di suonare standard italiani in tromba e piano o in quartetto con elettronica. È importantissimo non sottovaluta-re la propria tradizione, i suoni, le melodie di appartenenza e inol-tre non pensare che esista solo l’America nel jazz. Siamo nel 2009 e si deve suonare jazz anche con brani cinesi o bulgari. A febbraio ho registrato in Macedonia con Georgi Sareski un album jazz con standard loro. Ringraziamo gli americani per averci donato il jazz, ma ora, per fortuna, è di tutti”.

Quanto ha influito sulla tua arte la figura e la poetica di Miles Davis?“Miles è stato il primo trombettista a piacermi davvero, ho amato il suo suono scuro dal primo ascol-to in Bags Groove di Hilton e non mi ha lasciato più, insieme a Chet Baker.Chet aveva in più quel soffio che è entrato anche nei miei strumenti e poi, grazie a Hubbard, ho apprez-zato anche altri trombettisti tra i quali Woody Shaw che suonava la tromba come un sassofonista. Sono molti i trombettisti che mi hanno aiutato e tra questi Ken-ny Dorham, ma penso che oggi

il modo di soffiare nella tromba è cambiato. In Norvegia c’è una scuola moderna che mi attrae tan-to e il numero uno, per me, è Arve Henriksen che, tra l’altro, ha suo-nato anche a Benevento alla ras-segna musicale “Jazz e (‘) Arte”. Hai inciso un brano con Roy Har-grove, considerato tra i più gran-di trombettisti viventi. Cosa ti ha dato questa esperienza?“Dal punto di vista musicale tan-tissimo, ma umanamente zero!” Domanda d’obbligo: cosa hai pro-vato quando hai appreso la notizia di essere risultato il secondo mi-glior talento italiano 2008 nell’am-bito del sondaggio Top jazz?“Non me lo aspettavo proprio, ero in Brasile a Rio e stentavo a cre-derci. Non aprivo la mail da qual-che giorno e me la sono ritrovata colma di auguri”. Sul tuo myspace scrivi che ti pia-ce tutta la musica… “senza pre-giudizi”. Quali sono le tracce nel tuo i-pod?“Ora ascolto tutti i generi musi-cali, da piccolo ero innamorato del rock dei Doors, AC/DC, Page e Plant, Little Steven e tanti altri. Poi il jazz per dieci anni ha un po’ “limitato” il mio ascolto rapendo-mi completamente, ma, grazie a Paolo Fresu, ho da un paio d’anni capito l’importanza del rispolve-rare le mie radici da rockettaro e amante di Carboni e ora sono completamente libero…Ascolto di tutto, senza pregiudizi, e vedo X-Factor”. È appena uscito il tuo nuovo di-sco. Ce ne parli?“Lunaria è il titolo e l’ho registra-to in quartetto più ospiti vari; un mix di brani cantati e elettronica al fianco della mia tromba, con loop e suoni digitali. Ci sono brani ori-ginali e cover di Mina, de Andrè, Miles e No Surprise dei Radio-head, interpretato alla grande da Maria Pia De Vito”.

www.myspace.com/lucaaquino www.lucaaquino.com

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Musica

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Le dieci imperdibili pellicole di Giuseppe Cenerazzi, nuovo Paolo Limiti sannitaIl cinema è un sogno che coinvolge, commuovendomi, a prescindere dal genere del film. I film, che amo sono solo

quelli che, spingendo alla riflessione e trasmettendo un inse-gnamento, mi emozionano. Nella mia vita ho visto tantissimi film al cinema: pur di non perderli, anche tre, in una settimana, e due, nello stesso giorno. Trovo fondamentale andare al cinema in compagnia, perché, poi, ho bisogno di condivi-derne i commenti. Ne “La vita è bella”, mi ha emozionato la semplicità con cui si affronta il tema dell’Olocausto, così come può apparire agli occhi di un bambino. In “Le fate ignorati”, colpisce il tema della diversità che, da motivo di emarginazione, diventa pretesto di crescita relazionale, in una società segregata nei ruoli. “Mission” evidenzia l’in-giusta aggressione dell’uomo occidentale nei confronti dei territori e della cultura altrui. In “Philadelphia”, si respira il

razzismo e l’ostracismo che la gente prova verso quel malato di aids che dovrà combattere, dramma nel dramma, contro la malattia e contro il pregiudizio. “Bellissima” è un film grottesco sull’illusorio mito del cinema che destina i sogni delle aspiranti attrici a infrangersi di fronte alla ferocia della realtà. In “Ladri di biciclette”, un padre di famiglia, a cui rubano la bicicletta, mezzo fondamentale per il suo lavoro, sarà costretto, a sua volta, a rubarne una, ma verrà umiliato dalla folla che, prima, lo cattura e, poi, lo lascia libero davanti alle lacrime del figlio. In entrambi i film, si prova un vero senso di pietà per la dignità gratuitamen-

te persa dalla madre (Anna Magnani) in “Bellissima”, e dal padre (Maggiorani) in “Ladri di biciclette”.In “C’era una volta in America”, ammiriamo tutta la malinconia per i ricordi perduti e i sogni non realizzati. In “Parla con lei”, emozionano le passioni proibite, le lacrime e i casi del destino che, in alcuni momenti, vengono raccontati alla maniera del cinema muto.“Nuovo cinema paradiso” è la storia del cinematografo, dove trionfa l’amore per l’immaginario che ci regala il cinema. Per concludere, “Ricordati di me”, raccontando l’odierna società italiana, ne coglie lo spirito dei tempi attuali:

matrimoni in crisi, ragazzine che usano il sesso per inseguire il successo, amanti e angosce esistenziali, tutte suggestioni evidenziate dal regista, senza suggerirne soluzione liberatoria allo spettatore.

Cinema

La rubrica èorganizzata in collaborazione con il

Cinema San Marco

La vita è bella di Roberto Benigni, Italia 1997

Le fate ignorantidi Ferzan Ozpetek, Italia 2001

MissionDi Ronald Joffé, GB 1986

PhiladelphiaDi Jonathan Demme, USA 1993

BellissimaDi Luchino Visconti, Italia 1951

Ladri di bicicletteDi Vittorio De Sica, Italia 1948

C’era una volta in AmericaSergio Leone, USA 1984

Parla con leiPedro Almodovar, Spagna 2001

Nuovo cinema paradisoDi Giuseppe Tornatore, Italia/Francia 1988

Ricordati di meDi Gabriele Muccino, Italia 2002

E’ nato e vive a Benevento, laureato in Biologia, insegna scienze matematiche all’I.C. Sebastiano Guidi di Guardia Sanframondi, con forte senso di responsabilità, riscuotendo la simpatia degli alunni e colleghi.Oltre alla passione per il cinema, ama la musica e la letteratura. Gli amici lo definiscono un “nuovo Paolo Limiti” per la profonda conoscenza di tutto ciò che riguarda la musica, quella italiana, in particolare. E’ stato campione, per due settimane, nel 1988, nel corso della trasmissione, di Canale 5, “Cantando cantando”. Un suo desiderio è scrivere un libro sul cinema o sulla musica.

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Mimmo Zerella e l’irrefrenabile passione per gli scritti

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Libri

Come si fa a vivere senza leggere? Io, confesso, non so farlo. Così come, confesso di nuovo, mi sento attratto da qualunque pezzo di carta con su scritto qualcosa: dall’elenco telefonico al volume dell’enciclopedia. E’ un peccato lasciare lì, inermi e inerti, tutte quelle parole, quelle storie che altri hanno scritto. I libri ci attirano, ci attraggono, ci ammaliano – novelle sirene – e non ci sono funi o tappi che tengano. A volte ci proviamo a scappar via, a distrarci, a girarci dall’altra parte, addirittura a guardare pacchi e isole in tv. Ma non c’è niente da fare, cediamo al vizio e ammettiamo la nostra vulnerabilità: una volta cominciato, non si smette più.La bella lettura è “Il Gattopardo”: ti riconcili con la lingua ed il gusto della narrazione pura, dopo l’affondo di “Siddhar-ta”, che ti ha scaraventato al centro della terra per renderti conto (forse) di te stesso. “Il ragazzo che non sapeva

amare”: la vertigine di non avere nessuno, né davanti a sé, né dietro, né affianco; lasciare il proprio cuore intatto, avvolgerlo in innocenti hobby e piccoli lussi, a costo della vita, se necessario… Ti riacciuf-fa al volo “Seta”: una storia, forse d’amore, senza aerei, lavatrici e psicanalisti che, invece, abbondano e traboccano nella Manhat-tan scintillante, schizzata ed imprevedibile di “Glamorama”. O in quella cupa di “Niente di vero tranne gli occhi”, dove agli occhi tutto appare vero, ma nulla è come sembra… “Di noi tre”: un rapporto più intenso di qualsiasi tentazione di abbandono al cinismo e alla disillu-sione. Chi l’ha detto che alla maturità corrisponde la perdita della capacità di sorprendersi e di so-gnare? Certamente non il protagonista di “Equato-re”: Lisbona, Africa, Oceano, piantagioni, amore: dolcezza e sensualità dei tropici miste ad intrighi internazionali di primo Novecento. Malinconica-

mente straordinario. E di giochi di potere leggiamo anche ne “La sacra rappresentazione”. Inizio Settecento, Val di Susa: tra visioni di santi, intrighi di paese e amori clandestini, mentre l’intera cittadinanza si dà da fare per allestire una sacra rappresentazione, la Storia sta per cambiarne i destini. Meno male che c’è José di “Tutti i nomi”: da mite e devoto impiegato dell’anagrafe a ladro e falsario per rintracciare e dare un nome e un volto ad una sconosciuta. Si rischia grosso, certo. Ma ciascuno di noi conosce il nome che ci hanno dato, non il nome che abbiamo. E il gioco ricomincia…

Di noi tredi Andrea De Carlo, Mondadori

Equatoredi Miguel Sousa Tavares, Cavallo di ferro

Glamoramadi Bret Easton Ellis, Einaudi

Il Gattopardodi Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Feltrinelli

Il ragazzo che non sapeva amaredi Gregory McDonald, Sonzogno

La sacra rappresentazionedi Laura Mancinelli, Einaudi

Niente di vero tranne gli occhidi Giorgio Faletti, Baldini Castoldi Dalai

Setadi Alessandro Baricco, Rizzoli

Siddhartadi Hermann Hesse, Adelphi

Tutti i nomidi José Saramago, Einaudi

I dieci libri che mi hanno cambiato la vita

“I libri della mia vita”, rubrica che ospita a turno gli esponenti della società beneventana, è curata dalla Libreria Masone Alisei Edizioni - Benevento

[email protected]

43 anni, laurea in Lettere, dottorato di ricerca in Geografia del turismo, insegna nei licei. Giornalista pubblici-sta, ha lavorato alla CIT Compagnia italiana turismo, ed è stato consu-lente dell’Università del Sannio e del Dipartimento del Turismo della Presidenza del Consiglio. Ha all’attivo diverse pubblicazioni sull’identità culturale e sulle politiche di gestione delle destinazioni turistiche. Diploma-to al laboratorio teatrale “Maloeis”, è stato fondatore e presidente della Coop. Solot Compagnia Stabile di Benevento. Ha conseguito un master in Management cultu-rale ed è attualmente vicecapodelegazio-ne di Benevento del FAI Fondo Ambiente Italiano.

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Se nel pagare il vostro conto presso una piccola attività commerciale, alla cassa vi passano una strana banconota, non vi allarmate: il titolare non arrotonda i guadagni stampando clamorose banconote false, ma molto probabilmente vi sta regalando un MOC, MOneta Corta ecosolidale. La moneta locale di Benevento EcoSolidale consiste in un buono sconto emesso da operatori di filiera corta (piccoli negozianti e produttori agricoli e artigianali) e spendibile presso qualunque degli operatori convenzionati o devolvibile a favore di una delle associazioni ecosolidali sostenitrici dell’iniziativa. “Si tratta di un’iniziativa – spiega Alessio Masone della Rete Arcobaleno – destinata a incrementare il potere d’acquisto delle famiglie beneventane, a consentire agli esercenti di aumentare il proprio fatturato e, al contempo, ad agevolare l’economia locale, in quanto il buono-moneta coinvolgendo i suoi possessori a realizzare acquisti presso gli esercizi locali, a conduzione familiare, agevola le relazioni di filiera corta tra negozianti e residenti rionali e tra produttori locali e consumatori”.L’iniziativa, promossa dalla Rete Arcobaleno, coinvolge tutti i soggetti che aderiscono al movimento “Benevento Km Zero”: esercizi commerciali, aziende artigiane e agricole, se locali, a conduzione familiare e indipendenti da franchising

e da centri commerciali.“La moneta-sconto – sostiene il referente della Rete Arcobaleno –, incentivando la filiera corta, riesce a riportare il commercio, in quanto scambio di beni, a quella funzione originaria di scambio emozionale: io ti dono una banconota e tu mi doni un bene. Per questo, ora, noi cittadini, se vogliamo essere protagonisti del cambiamento, possiamo decidere di “scambiarci doni” con i negozianti del rione, invece di “comprare” presso spersonalizzanti franchising e centri commerciali. Se ci riappropriamo della nostra capacità decisionale, rimossa da quell’omologazione impostaci da mass media, grande industria e grande distribuzione, riusciremo a ricreare quell’economia relazionale che è capace, anche, di tutelare l’economia e la qualità ambientale del proprio territorio.I testimonial televisivi ci costringono a un modello omologante di consumo che, con rilevanti costi sociali e ambientali, sposta risorse economiche dalla comunità locale a quella degli azionisti dell’economia globale, quei novelli feudatari che, saccheggiando le risorse locali, in termini ambientali ed economici, hanno causato quella crisi economica che, oggi, è sotto gli occhi di tutti. Comprando invece presso esercizi amici e vicini, possiamo ricostruire il modello di sviluppo della filiera corta

e dell’economia reale: più sicurezza alimentare, meno inquinamento e infortuni stradali dovuti al trasporto di merci lontane, meno compere in auto, più economia relazionale e sociale nel quartiere, più qualità ambientale nei nostri luoghi quotidiani, più profitti ai piccoli produttori locali e ai negozianti rionali, più lavoratori che diventano imprenditori di sé stessi invece che dipendenti delle grandi società, più economia reale capace di difendere la comunità locale dalla recessione dei mercati globali. L’economia solidale ci insegna che la soluzione non può arrivare dall’alto dei governi e delle multinazionali, ma solo dal basso, grazie a quella cittadinanza attiva che, agendo orizzontalmente sul territorio, sappia difendere i propri interessi con la pratica quotidiana responsabile.Il consumo critico ci insegna che, durante ogni acquisto, siamo in cabina elettorale: mentre, alle consultazioni elettorali politiche, non possiamo esprimere preferenze, quando compriamo, possiamo ancora scegliere quale modello di sviluppo incentivare; possiamo ancora decidere se scambiarci i nostri soldi con i nostri concittadini o se lasciarli a sconosciuti azionisti dell’economia globale.Il MOC può favorire tutto questo: è una rivoluzione dal basso e silenziosa”.

Nasce il MOC, MOneta Corta di Benevento EcoSolidaleUN BUONO SCONTO EMESSO DA ESERCIZI DI FILIERA CORTA E SPENDIBILE PRESSO I NEGOZI CONVENZIONATI, PER AUMENTARE IL POTERE D’ACQUISTO DELLE FAMIGLIE E PER FAVORIRE L’ECONOMIA LOCALE

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Don Nicola, il libraio di BeneventoEra mio padre “Era di poche parole con noi figli, ma, con tutti gli altri, che lo chiamavano don Nicola, era pronto alla conversazione, spesso ironica, ma sempre generosa di ottimismo.Saldo riferimento di una vita, per mia madre, la sua Antonietta, era presente, con i fatti, nella vita di noi figli, Pasquale, Dario, Massimo, come lui mi chiamava, e Maria. Era libraio, ma la sua umanità gli veniva dalle sue radici pietrelcinesi. Quando sorge il sole, sorge per tutti... questo affermava, quando gli animi si facevano coinvolgere da quell’insano spirito d’invidia che stritola il mondo.Le campagne di Pietrelcina, suo paese natale, gli avevano trasferito la solarità e la passione per il riconciliante mondo vegetale. Lì, fino all’ultimo, nel suo “Campo di bocce”, ha accudito olmi per il mondo, fave per il corpo e violette per la mente. Non a caso, era uno di quei rari uomini a cui era possibile regalare rose rosse. Non si faceva bastare, come obiettivi di vita, il benessere della propria famiglia e il successo della propria libreria.Pietrelcina, il paese di Padre Pio, gli aveva trasferito, grazie all’opportunità di un rapporto privilegiato con la comunità conventuale dei frati cappuccini, la cultura associativa.Negli anni sessanta, sperimenta un consorzio in cui coinvolge i librai di Benevento. Negli anni settanta, con alcuni amici, valenti esponenti del mondo scolastico che si riunivano, ritualmente ogni sera, in libreria, fonda una casa editrice che diffonderà le proprie pubblicazioni più in Italia che a Benevento. Nel Sannio, questa era l’unica espressione editoriale che, collegata al circuito nazionale degli editori, consentiva ai propri testi di essere inseriti nei repertori nazionali dei libri editi in Italia.Non a caso, fino all’ultimo, è sempre stato il presidente provinciale dei librai. Negli anni ottanta, cogliendo la solitudine che attanaglia la fase finale della vita umana, tenta di coinvolgere gli amici nella realizzazione di un parco residenziale per anziani dove, poi, trascorrere quegli anni, invisibili alla società, in compagnia e senza essere di peso ad alcuno.Poi, alcuni compagni, di questi percorsi in comune, per l’età, vengono a mancare e, con questi, sfumano le motivazioni per insistere. Ma la forza e la determinazione del suo coraggio lo hanno accompagnato fino alla fine. Poco prima di lasciarci, rivolgendosi al medico, che lo aveva affettuosamente seguito per otto mesi, come un padre, lo rassicura raccogliendo le forze residue per esprimere un sorriso radioso e per dire le sue ultime parole... dottò, tutto a posto! Ma, soprattutto, era mio padre”. Massimo Alessio Masone

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Come aderire Le aziende (commercianti, artigiani e produttori locali), a conduzione familiare e indipendenti da franchising e da centri commerciali, possono aderire contattando la Rete Arcobaleno Benevento ([email protected] - 346.8929200) o rivolgendosi a Tandem21-Quinua (Bottega del Consumo Critico e del Commercio Equo e Solidale) in viale dei Rettori, 73H, Benevento (presso libreria Masone) o alle associazioni aderenti alla Rete Arcobaleno c/o Benevento EcoSolidale. I consumatori possono aderire semplicemente acquistando presso negozianti, artigiani e produttori convenzionati con l’iniziativa. Per visionare la lista completa, visitare:www.mocmonetacorta.wordpress.com - www.beneventokmzero.wordpress.comwww.retearcobalenobn.wordpress.com - www.beneventoecosolidale.wordpress.com

Associazioni

Come funziona Ogni esercizio convenzionato, per ogni vendita, emette un MOC pari al 10% della cifra incassata in euro. Il consumatore, nel successivo acquisto può utilizzare il MOC, se questo non superi il 30% dell’acquisto, presso qualsiasi esercente convenzionato, con esclusione dell’esercente che lo ha emesso (alcuni esercenti consentono che il MOC, da loro emesso, sia spendibile anche presso di loro). Ogni esercente convenzionato, accettando in pagamento il MOC, emesso dagli altri esercenti convenzionati, poi userà quel MOC per spenderlo presso gli esercenti convenzionati, anche presso l’esercente che lo ha emesso (in questo modo, l’esercente che accetta in pagamento il buono non dovrà rinunciare al suo guadagno). L’esercente quando non spende, presso gli altri esercenti, tutti i MOC che ha accettato in pagamento, può pretenderne la conversione in euro, con la decurtazione del 30%, rivolgendosi ai rispettivi esercenti che li hanno emessi (in questo modo, l’esercente che ferma il giro del MOC, patisce una piccola penale che, nella peggiore dei casi, inficia solo del 9% il suo incasso reale; invece, in questo caso, l’esercente emittente il buono ha praticato effettivamente il 7% di sconto e non il 10%). Il consumatore, quando non interessato a spenderlo, può devolvere il MOC, ottenuto a fronte di un acquisto, a una delle associazioni sostenitrici dell’iniziativa MOC o al progetto ecosolidale tra quelli previsti. In questo caso, l’ente beneficiario trasforma il MOC in euro, con la decurtazione del 50%, rivolgendosi all’esercente che lo ha emesso (in questo modo, l’esercente emittente ha praticato, effettivamente, il 5% di sconto).

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Sin dalla tenera età, ho prediletto sempre il contatto con gli animali. Vivevo in un piccolo paese della provincia di Benevento, Sant’Arcangelo Trimonte. Lì, avevo un gatto a cui ero molto affezionato. Un giorno si ammalò e lo persi, nonostante insieme ad un mio amico tentai in ogni modo di guarirlo. In seguito a questo episodio, entrambi decidemmo che da grandi saremmo diventati veterinari. In quel borgo crescemmo, senza saperlo, nel modo migliore. Scarrozzando tra boschi e ruscelli, conoscendone intimamente i suoi abitanti: dalle ranocchie agli uccelli, dai serpenti alle volpi. Durante l’estate, aiutavo mio padre, un ferroviere con l’hobby dell’orto

e della vigna, ma l’esperienza che ha condizionato di più la mia formazione, sono state le vacanze che la mamma mi faceva trascorrere dai nonni che gestivano una piccola azienda agricola. Qui, durante l’estate, insieme a mio cugino, collaboravo attivamente alle varie attività rurali. Tra i ricordi più intensi, il rapporto simpatico che avevo con l’asino quando andavo a prendere l’acqua alla fonte, la mietitura e l’arrivo della trebbia sull’aia, il profumo della terra durante l’aratura. Con questo bagaglio esperienziale, arrivai al liceo scientifico di Benevento dove conobbi Camillo Campolongo: insieme

iniziammo a svolgere volontariato in un canile e per alcuni anni ho collaborato alle attività del WWF e della LIPU. Conseguita la laurea in veterinaria presso l’Università di Pisa, ho iniziato l’attività didattica, per conto del Museo di Storia Naturale di Lucca, nelle scuole di primo e secondo grado della provincia, come zoologo, con percorsi multidisciplinari ed escursioni sul territorio. Poco tempo dopo, fui costretto a rientrare a Benevento. Non mi disperai, anzi, ricordandomi dell’infanzia, iniziai a scarrozzare di nuovo per le mie campagne curando mucche, asini e cavalli, ma, più che altro, imparando, dai miei clienti di una

La Cinta, una fattoria didattica-zooantropologica

STORIA DI UN SOGNO CHE SI REALIZZAL’ESPERIENZA DI TULLIO ZULLO DALLA VITA IN CAMPAGNA ALLA COSTRUZIONE DI UN LUOGO PER INSEGNARE UN NUOVO RAPPORTO CON GLI ANIMALI E DOVE HANNO TROVATO CASA LA CAGNA LARA, LE ASINELLE PEPPINA E ROSINA E LA MAIALINA PALLINA

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Associazioni

certa età, un rapporto equilibrato e responsabile con gli animali domestici. Resomi conto che quel rapporto con gli animali, come veterinario, non era soddisfacente, pensai di accudirne alcuni per conto mio. Facendomi guidare, nella realizzazione di una fattoria ideale, dalle esperienze dell’infanzia, da quelle vissute con i nonni e da quelle attività didattiche che avevo svolto a Lucca, nacque la fattoria didattica “La Cinta”. Qui, fra i tanti, hanno trovato casa la cagna Lara, le asinelle Peppina e Rosina e la maialina Pallina. L’incontro, che ha strutturato la mia filosofia di vita attuale, è stato quello con Roberto Marchesini, un ricercatore che a Bologna aveva fatto le stesse esperienze, dando vita ad una nuova disciplina: la zooantropologia. Oggi, ho finalmente realizzato la mia fattoria didattica zooantropologica, dove è possibile attivare percorsi educativi ed assistenziali privilegiando un rapporto completo ed equilibrato con gli animali domestici. Con il termine zooantropologia (scienza che studia il rapporto uomo-animale), si vuole, prima

di tutto, capire l’uomo attraverso la relazione con il non umano e, cioè, anche con gli animali domestici i quali non possono prescindere dalla relazione con l’uomo, dalla perfetta integrazione

con le attività umane. La fattoria è considerata come un centro residenziale per animali domestici, non utilizzando l’animale secondo il consueto approccio zootecnico, ma coinvolgendoli in sedute di relazione. La differenza, tra queste strutture e quelle produttive, è nell’organizzazione generale, nel personale, nei servizi che si offrono, ma soprattutto nel benessere animale e nel loro coinvolgimento equilibrato nei servizi di zooantropologia applicata. Gli animali devono avere, prima di tutto, una buona socializzazione con l’uomo, devono essere rispettati nei loro requisiti di partnership, non entrando più nelle filiere zootecniche ed essere garantito loro un mantenimento a fine carriera. Da questo, deriva la zooantropologia didattica e la pet-therapy. La zooantropologia didattica ha finalità non solo informative, ma, soprattutto, didattico-educativa. La pet-therapy è una specifica attività di relazione con il pet volta ad aiutare la persona a realizzare un particolare processo di cambiamento e a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla terapia in essere, quindi va intesa come una co-terapia. Per promuovere queste attività, grazie a mia moglie Gloria e ad alcuni amici, tra i quali Antonio Carbone e Daniele Melillo, ho costituito, nel 2005, l’associazione “La Cinta onlus – Associazione per il recupero relazione uomo-animale”. Il mondo associativo è stato, per me, una risorsa dal punto di vista emozionale e anche la comunità dove ho scoperto nuove realtà, diversità alle quali mi sono avvicinato con entusiasmo e complicità, interagendo attivamente con le associazioni ecosolidali della Rete Arcobaleno, in particolare, con Angelo Moretti e il suo centro per disabili “E’ più bello insieme” e con Roberto Pellino (zio Bacco) e la sua associazione di escursionismo naturalistico Lerka Minerka.

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Il Calendario di Marzo 0924a giornata - 1 Marzo 2009

Benevento - Sorrento25a giornata - 15 Marzo 2009

Pescara - Benevento26a giornata - 22 Marzo 2009

Benevento - Pistoiese27a giornata - 29 Marzo 2009

Real Marcianise - Benevento

Il fattore C dell’attacco del Benevento foto: G. De Blasio

Intervista doppia a Gigi Castaldo e Giampiero Clemente, la coppia che, con giocate e tecnica di serie superiore, fa sognare la compagine sannita

di Modestino Roca

Gigi Castaldo e Giampiero Clemente sono la coppia d’attacco della squadra sannita. E’ il duo che dovrebbe finalizzare il gioco, concretizzare la fatica degli altri, in poche parole sono loro che dovrebbero buttare la palla nel sacco. Li abbiamo contattati per un’intervista doppia, mettendo a confronto le rispettive risposte. Guardate cosa ne è uscito fuori… Come ti definiresti, dentro e fuori dal campo?Castaldo: In campo sono determinato e “cattivo” mentre fuori sono timido, ma comunque disponibile e portato a star bene con gli altriClemente: Un giocatore dotato di fantasia, istinto e buona tecnica; generoso, umile e disponibile fuori dal rettangolo verde

Qual è stata la partita migliore della tua carriera?Castaldo: A Castellammare nell’anno della C1 del Napoli quando vincemmo 3-1 contro la squadra di Reja ed io realizzai il gol del 3-1 Clemente: La finale dei playoff per la C1 con la maglia del Vittoria contro la corazzata Brindisi nella stagione 2003-04. Eravamo sfavoriti ma vincemmo 3-0 con una mia tripletta e conquistammo un’insperata promozione.

Il gol più bello della tua carriera?Castaldo: Il gol realizzato al Napoli.Clemente: Un gol realizzato con la

maglia del Gallipoli sul campo della Pro Vasto. Sulla respinta del difensore la palla si è impennata e l’ho colpita al volo dal vertice destro dell’area battendo il portiere.

E il tuo “gollonzo”?Castaldo: In un Juve Stabia-Lamezia. Parata del portiere sul tiro di un compagno con palla che sbatte casualmente sul mio ginocchio e va in rete.Clemente: Ne ricordo uno realizzato in serie D con la maglia del Panormus di Palermo. Il rinvio di un difensore mi colpì tra mento e petto, ma ne scaturì un pallonetto imprendibile per il portiere. Io non mi accorsi di aver segnato perché ero a terra dolorante.

Voci di mercato ti hanno riguardato sia in estate sia a gennaio: quanto c’era di vero?Castaldo: Non so quanto ci fosse realmente di concreto anche se il mio procuratore mi ha accennato qualcosa relativamente all’interessamento della Salernitana.Clemente: Le voci di mercato possono far piacere ma io desidero restare a Benevento il più a lungo possibile perché vivo bene in questa città, così come la mia famiglia, ed ho l’obiettivo di raggiungere la B con i giallorossi.

Il tuo rapporto con la tifoseria giallorossaCastaldo: Ottimo, i tifosi hanno dimostrato tanto affetto nei miei confronti nel periodo dell’incidente.Clemente: Splendido; all’inizio di

questa stagione c’è stata qualche frizione con qualcuno che mi riteneva inadeguato alla categoria superiore. E’ stata una grande soddisfazione far ricredere gli scettici con i gol e con le prestazioni ed è stato particolare motivo di orgoglio la circostanza che qualcuno si è anche scusato con me, ammettendo di aver sbagliato e cambiato giudizio.

Il bilancio della tua carriera fin qui: sei in credito o in debito con la fortuna ?Castaldo: In credito. Ho avuto anche opportunità in B con Siena e Ancona che non ho sfruttato al meglio anche perché volevano darmi in prestito in C e, a parità di categoria, ho preferito giocare dove dicevo io e non dove volevano mandarmi. Comunque, nessun rimpianto.Clemente: Penso sempre che, nel bene e nel male, si raccolgono i frutti che si meritano; non mi sento né in debito né in credito con la fortuna. L’unico rammarico è quello di essere esploso un po’ tardi.

Il lunedì è il giorno di riposo post-

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Sport

partita: come lo trascorri?Castaldo: Esco di casa se si è vinto o se il risultato è stato positivo. Quando va male, me ne sto a casa e talvolta mi rinchiudo in stanza a pensare alla partita persa.Clemente: Quando si perde, la giornata è grigia, anzi nera; preferisco starmene a casa senza sentire commenti e mi godo la famiglia. Quando si vince invece si esce, si va a mangiare una pizza o si va a fare una passeggiata, magari anche la sera stessa della partita, e, per fortuna, da quando sono a Benevento ho fatto parecchie passeggiate…

Le tue preferenze: il tipo di vacanza, il film, il piatto a tavolaCastaldo: Mare, Costiera Amalfitana in Italia e Formentera all’estero; Il Gladiatore; la pasta, cucinata in ogni modo.Clemente: Il mare della Sicilia, anche se il mare più bello che ho visto è quello delle Maldive; Il Sesto Senso; le lasagne cucinate da mia moglie.

Cosa pensi dei derby a porte chiuse?Castaldo: Sono l’anticalcio. Il calcio è bello se c’è il pubblico sugli spalti e ritengo ingiusto vietare le trasferte a tanti tifosi corretti e competenti. Io farei giocare senza limitazioni anche le partite più “calde”.Clemente: Non sempre condivido, ma comunque comprendo le limitazioni imposte dalle autorità. Sono cose che fanno male ai tifosi puliti che amano la loro squadra ma è anche vero che vi sono alcuni stadi, soprattutto in Campania, dove è impossibile giocare in sicurezza

Coppa dei Campioni o Champions League?Castaldo: Champions League.Clemente: Mi piaceva di più la vecchia formula della Coppa dei Campioni con gli incontri “secchi” ad eliminazione diretta con partite di andata e ritorno

Sei stato tifoso prima di essere giocatore?Castaldo: Sono tuttora tifoso del Milan, anche se sono prevalentemente un tifoso “da salotto” e non da stadio.Clemente: Andavo in curva a seguire il Palermo, la squadra della mia città. Ci sono riuscito anche quando già giocavo in Interregionale con il Panormus perché le nostre partite non si giocavano la domenica.

“Il tifoso paga il biglietto e quindi ha il diritto di contestare”: è un luogo comune o una frase giusta?Castaldo: Penso sia giustissimo; i tifosi a volte fanno sacrifici quanto e più di noi, e se vedono la squadra sottotono, hanno il diritto di fischiare.Clemente: Il calcio è uno spettacolo e, come tale, chi non è contento e non gradisce può dissentire. Però ritengo che fischi e contestazioni debbano essere effettuati solo al 91’ e non durante la partita. Fischiare e fare polemica con la partita in corso fa solo innervosire i giocatori della propria squadra, favorendo e galvanizzando gli avversari.

Puoi rubare una qualità al tuo compagno di reparto e di intervista. Quale prendi?Castaldo: La conclusione da lontano di Giampiero: un tiro da serie A.

Clemente: Gigi è un giocatore speciale che ha tante qualità; tecnicamente ce la giochiamo. Il suo dribbling potrebbe migliorarmi.

Quale tua caratteristica regaleresti al tuo compagno?Castaldo: Il colpo di testa.Clemente: Il tiro.

A quale giocatore di alto livello somiglia il tuo compagno?Castaldo: Giampiero mi ricorda Alex Del Piero per la classe e per l’abilità nei calci piazzati Clemente: Molti dicono che Gigi somiglia per le movenze ad Ibrahimovic. Penso invece che il dribbling e l’eleganza delle sue giocate ricordino Van Basten.

Il tridente con Evacuo è un’opzione possibile?Castaldo: Possiamo senz’altro giocare in questo modo. Evacuo, tra l’altro, è un grande calciatore e un ragazzo d’oro: un esempio. Clemente: Me lo auguro, onestamente. Come auguro ad Evacuo di poter tornare in tempi brevi più forte di quanto già era prima dell’infortunio

Mi racconti come trascorrete i sabato sera in ritiro pre-partita?Castaldo: Ci confrontiamo in ripetute sfide con le carte, a scopa, uno contro uno. Giochiamo tantissime partite ma non posso dirti chi vince….meglio chiedere a Giampiero…Clemente: Le sfide a scopa con Gigi sono sempre molto combattute, sempre sul filo del pareggio, ma alla fine ahimè, spesso prevale lui perché è molto più fortunato ! La sua fortuna mi fa innervosire…

In conclusione, invia un messaggio al tuo compagno di repartoCastaldo: Spero che parli bene di me…Clemente: A Gigi posso dire che è fortissimo, non solo come giocatore, ma anche come uomo.

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Un iter di separazione spinoso13 gennaio - Il sindaco di Bene-vento, nel corso di un incontro, avrebbe prospettato all’assessore Palumbo la necessità di procedere al riassetto della giunta. Servireb-be il suo sacrificio per rafforzare la maggioranza;

21 gennaio - Il caso Palumbo fa irruzione nella seduta del Con-siglio Comunale di Benevento, l’assessore prende la parola per un discorso che sembra di commiato. “Lascio la giunta”, dirà Palumbo. Ma non si dimette e attende, come lui stesso sosterrà, “di essere revocato”.

24 gennaio - L’assessore dichia-ra “Esco dalla Giunta e rilancio l’unità a sinistra”. Resta, intanto, in carica in attesa della lettera di revoca.

26 gennaio - L’assessore pubblica una lettera aperta: “Me ne andrò in ogni caso, come annunciato in Consiglio Comunale, a prescinde-re dall’esito della riunione interpar-titica che si terrà”. L’assessore è sempre in carica e sempre in attesa di essere revocato.

27 gennaio - La riunione interpar-titica sulla “questione del riassetto della giunta comunale” si chiude con un nulla di fatto. Palumbo è ancora in carica, attende ormai da una settimana la revoca.

29 gennaio – Il colpo di scena, Italo Palumbo si dimette dalla carica di assessore al Comune di Benevento. Stanco di aspettare la lettera di revoca, consegna lui le dimissioni.

Un dubbio, ci assale … e se la revoca non fosse mai arrivata?

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