Bitcoin:una bolla o il futuro? - JEME Bocconi | Consulenza ... · osservano i professori Massimo...
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La tecnologia Bitcoin
8 minutiil tempo medio di una transazione in bitcoin
0,03 $il costo medio di una transazione in bitcoin
1’205 $Servono attualmente per comprare un bitoin
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2012 2013 2014 2015 2016
Cambio bitcoin-Dollari
Bitcoin è una moneta virtuale completamente
decentralizzata, infatti non si basa su un
organismo centrale né per regolare l’offerta di
moneta né per verificare l’autenticità delle
transazioni. La quantità di valuta in circolazione è
definita a priori, cresce come una serie
geometrica ogni quattro anni e tende
asintoticamente al limite di 21 milioni, mentre un
database distribuito in combinazione con potenti
algoritmi di crittografia garantisce che ogni
transazione avvenga in modo sicuro e anonimo,
per questo motivo è definita da molti come il
primo esempio di “criptovaluta”.
Il 3 marzo 2017 la BBC annunciava che il cambio
bitcoin dollaro aveva superato il valore di un’oncia
d’oro. La notizia ha creato sconcerto ed
incredulità nel mercato ed ha portato moltissimi
analisti a domandarsi quali fossero le ragioni per
cui il Bitcoin, che nel 2015 valeva appena 250
dollari, arrivasse a scambiare sulla piattaforma
BitStamp a 1.298 dollari, contro 1.233 dollari
necessari per acquistare un’oncia d’oro. Le cause
ipotizzate sono molteplici e includono la forte
crescita della domanda di Bitcoin in Cina, le
dichiarazioni di Trump in America e la
contrazione del valore dell’oro.
Nonostante il forte valore simbolico della notizia,
la linea di demarcazione che intercorre fra i
Bitcoin e i beni rifugio appare ancora molto netta.
Infatti, solo una settimana dopo, la decisione
della SEC di negare il via libera alla quotazione del
primo strumento finanziario legato alla
criptomoneta, proposto dai gemelli Winklevoss (i
due canottieri olimpionici e imprenditori digitali
famosi per aver accusato Marc Zuckerberg di aver
rubato loro l'idea di Facebook) ha fatto
nuovamente crollare il valore nominale del Bitcoin
di oltre il 20%.
Bitcoin supera l’oro
Il termine Bitcoin ha un doppio significato: si
riferisce sia alla tecnologia sottostante al servizio
(Bitcoin maiuscolo) sia alle singole monete
utilizzate per acquistare beni e servizi (bitcoin
minuscolo). Questi ultimi non sono altro che una
“criptovaluta” elettronica, ossia una tipologia di
moneta digitale che attraverso il sistema Bitcoin
consente agli utenti di effettuare pagamenti e
transazioni Peer to Peer di qualunque entità senza
la necessità di una validazione bancaria e quindi
di una vigilanza centrale (Banca centrale). Tale
moneta, se da un lato replica un servizio
tipicamente offerto dalle banche, consentendo il
trasferimento, pressoché immediato, di valuta fra
gli agenti ad un costo nell’ordine dei centesimi di
dollaro per transazione, dall’altro garantisce agli
stessi alcuni dei fondamentali vantaggi offerti dal
circolante, quali l’anonimato e la sicurezza.
Bitcoin nasce, infatti, con l’obiettivo di garantire
l’anonimato nonostante i cosiddetti “bizantinismi
della sicurezza informatica”, ovvero la necessità di
far transitare dei dati estremamente sensibili,
attraverso una rete che di per sé sicura non è,
senza la possibilità di una verifica da parte di un
intermediario che possa garantire la regolarità
delle transazioni.
Tali problematiche sono gestite tramite un
sistema P2P (peer to peer) open source –
pubblico e controllabile da chiunque – che utilizza
un database distribuito tra i nodi, ossia tra tutti i
computer degli utenti che mettono a
disposizione capacità di calcolo in cambio di una
minima remunerazione in bitcoin neo emessi dal
sistema. L’autenticità e la regolarità delle
transazioni viene garantita dalla crittografia
ripetibile per un numero indefinito di volte a
doppia chiave pubblica e privata: nessuno può
spendere bitcoin di cui non sia legittimamente
proprietario e nessuno può spendere gli stessi
bitcoin più di una volta, ed ogni transazione,
seppur registrata in un database pubblico e
distribuito (blockchain), non potrà essere
direttamente ricondotta al mandante, e
soprattutto non potrà essere ricondotta in alcun
modo ad altre transazioni effettuate o ricevute
dallo stesso utente. L’utilizzo di una rete Peer to
Peer permette alla tecnologia/economia Bitcoin
di funzionare senza passare per un ente centrale.
Questo vuol dire che non esiste un’azienda o una
banca che si occupa di controllare il traffico o il
valore delle monete digitali e, soprattutto, che
non ci sono intermediari fra gli utenti, per
garantire costi di transazione minori.
Cosa è davvero il Bitcoin?
A prima vista l’idea di una moneta indipendente
da una banca centrale potrebbe apparire come un
interessante esperimento socioeconomico e
tecnologico senza una reale applicazione pratica,
tuttavia non è così.
Attorno al bitcoin, inventato nel 2008 da Satoshi
Nakamoto, uno pseudonimo dietro al quale non
sappiamo ancora con precisione chi si nasconde,
sono nate tantissime applicazioni ed estensioni,
che hanno reso addirittura possibile convertire
tali monete digitali in altre valute o in buoni per
alcuni dei maggiori siti di e-commerce come
Amazon, consentendo alla criptovaluta di
raggiungere le dimensioni attuali: una
«capitalizzazione» di circa 4 miliardi di dollari,
100.000 transazioni giornaliere, un volume annuo
pari a 23 miliardi di dollari, 8 milioni di utenti,
circa 100.000 esercenti che accettano pagamenti
in bitcoin ed oltre 120 bancomat che li cambiano
con altre valute (Mauro 2015).
A seguito della sua crescita esponenziale, Bitcoin
non ha impiegato molto tempo ad attrarre
l’attenzione di investitori, curiosi e media.
L’altissima volatilità della valuta ha permesso a
chi ha riposto fiducia nel progetto sin dagli albori
di generare profitti incredibili. Tra questi vi è un
ragazzo norvegese che nel 2009 acquistò per soli
24 dollari 5.600 bitcoin, senza probabilmente
sapere che pochi anni dopo il suo valore sarebbe
salito alle stelle, ottenendo un guadagno di oltre
700 mila dollari. A questo punto viene da
chiedersi: tutto ciò è legale? Sì, o meglio sembra
non essere illegale in molti paesi. In un articolo
pubblicato dal Sole 24 Ore il 17 marzo 2017, Luca
Battanta tenta di far luce riguardo le leggi
attualmente in vigore a livello globale volte a
regolamentare il mercato della criptovaluta,
concludendo che ad esclusione degli Emirati -
dove la criptovaluta è illegale - e della Cina -
dove ne è stato vietato il prelievo - le altre
nazioni non hanno mai vietato la circolazione
della nuova moneta, anzi, in USA hanno
addirittura tentato di tassarla, garantendole così
il riconoscimento legale che era atteso da tempo.
Un network incontinuoaumento
Una volatilitàincredibile
Molti legislatori però si sono trovati ad affrontare
il difficile problema di ricondurre il bitcoin a
fattispecie note e normate, in particolare,
osservano i professori Massimo Amato e Luca
Fantacci nel libro “Per un pugno di bitcoin”, la
“criptovaluta”, non avendo corso legale e non
essendo sottoposta al controllo degli organi di
vigilanza, è difficilmente assimilabile a una
moneta convenzionale, inoltre l’alta volatilità dei
prezzi non lo rende un mezzo e una misura
affidabile per gli scambi. Una possibilità, seguita
ad esempio dalla Francia, è quella di definire il
bitcoin come un bene, seppur immateriale,
assimilandolo a quadri, opere d’arte e altri
manufatti di lusso che possono essere usati in
casi particolari come mezzo di pagamento.
Un’altra strada consiste nel considerare i bitcoin
come una forma d’investimento, e questa ipotesi,
adottata da paesi come la Germania e la Svezia,
coglie quello che sembra essere l’utilizzo
preponderante della “criptovaluta”. A differenza di
azioni e titoli finanziari, però, il bitcoin non è un
titolo di credito, non offre al titolare il diritto a
esigere una quantità di denaro o la proprietà di
una quota societaria, non avendo un valore
intrinseco il bitcoin è infatti estremamente
volatile, tanto da portare l’Autorità Bancaria
Europa a scoraggiare l’acquisto o la vendita di
valute virtuali da parte degli istituti finanziari.
L’andamento del bitcoin, sin dalla sua nascita, è
sempre rimasto instabile e variabile: il 17 agosto
2010 il primo bitcoin viene venduto per 7,96
centesimi di dollaro, rimanendo sotto la soglia
psicologica di un dollaro fino a febbraio 2011 e
oscillando intorno a quel valore per diversi mesi,
poi, fra aprile e giugno 2011, la moneta registra il
suo primo boom raggiungendo in poche
settimane il valore di 35 dollari . A seguire inizia
una vertiginosa corsa al rialzo, interrotta
periodicamente da improvvisi crolli che portano il
bitcoin ad un cambio di 600 dollari nel 2014 e
circa 300 nel 2015, sfiorando la volatilità dell’euro;
nel 2016-2017 il definitivo exploit porta il valore di
cambio del bitcoin-dollaro ad eguagliare quello
dell’oro.
Sono i bitcoin una monetaaffidabile?
La volatilità della moneta è fondamentalmente
insita nel meccanismo di funzionamento della
piattaforma stessa. Il cambio di una valuta
determinato dal prezzo di mercato deriva dal
rapporto fra la domanda e l’offerta, dunque,
essendo l’offerta di bitcoin predeterminata e
decrescente nel tempo (sul modello di una
funzione logaritmica che tende a stabilizzarsi ad
una quota asintotica di 21 milioni entro il 2030) ed
essendo la sua domanda totalmente libera, un
tasso di crescita della domanda superiore a quello
dell’offerta genera un innalzamento del valore del
Bitcoin.
Tuttavia, data la scarsa offerta e la bassa
capitalizzazione della moneta stessa, anche una
relativamente minima riduzione della domanda
può causare una drastica contrazione del cambio
dello stesso, come è avvenuto a seguito della
bocciatura della proposta dei gemelli Winklevoss
da parte della SEC. Tale enorme volatilità è
misurata solo in termini di tasso di cambio fra
moneta e dollaro, ma poiché non esiste né un
listino di prezzi fissati in bitcoin né alcun mezzo
simile all’IPC utilizzato dall’Istat con le monete
tradizionali per valutarne l’effettivo potere
d’acquisto,
questo genera un enorme rischio per qualunque
azienda decida di accettare pagamenti in bitcoin.
La risposta è semplice: il bitcoin è utilizzato più
come mezzo speculativo che come moneta.
Questo è forse uno dei fenomeni che ha
contribuito in misura maggiore a rendere evidente
il fatto che, anche se a livello di funzionamento
l’oro e il Bitcoin possono essere considerati simili,
a livello funzionale sono due realtà estremamente
differenti. Infatti il detentore di bitcoin, come il
possessore d’oro è un “creditore senza debitori”,
ovvero possessore di un bene che costituisce
un’attività per il detentore senza essere la
passività di nessuno, diversamente da quanto
avviene con le monete tradizionali. Infatti il valore
del bitcoin, come quello dell’oro, non dipende
dalle politiche fiscali attuate dalla banca centrale,
ma dalla loro scarsità di offerta che, a differenza
dell’oro in cui è in cui determinata naturalmente,
per i bitcoin è artificiosamente imposta dal
sistema.
Il valore dimercato delBitcoin non èinfluenzato dallepolitche fiscalimesse in attodalla BC
Da cosa dipende dunque lavolatilità?
Alcune caratteristiche della criptomoneta, tra cui
la volatilità, la scarsa capitalizzazione e la
difficoltà di conversione in moneta tradizionale,
scoraggiano gli investitori rendendo difficile per il
bitcoin affermarsi come bene rifugio alternativo
all’oro, per lo meno nel breve periodo. Tuttavia,
osservando come la volatilità tenda a ridursi con
il passare degli anni, non possiamo escludere che
dopo il 2030, una volta stabilizzatosi attorno alla
quota dei 21 milioni, la volatilità possa ridursi
drasticamente e la moneta possa diventare molto
più affidabile.
Le monete digitali possono avere diversi scopi.
Mentre il bitcoin è pensato per garantire assoluta
indipendenza e segretezza nelle transazioni, altre
monete, cosiddette “complementari”, ambiscono
a contrastare la grave crisi di liquidità che affligge
le imprese. La recente crisi ha reso evidente
l’incapacità dei mercati finanziari di erogare con
continuità nel tempo finanziamenti alle imprese,
le quali perciò incontrano numerose difficoltà
nello svolgere le loro attività. Tale problema
macroeconomico è definito Credit Crunch e si
verifica solitamente al termine di una forte fase
espansiva inasprendo la seguente fase recessiva.
Le monete complementari grazie alla loro
particolare struttura anticiclica si dimostrano
particolarmente efficaci nel contrastare un Credit
Crunch, hanno infatti come unica funzione quella
dell’unità di conto, cioè di strumento per fissare i
prezzi e registrare debiti, lasciando quella di
riserva di valore alle monete convenzionali,
sempre più soggette a cicli di inflazione e
deflazione e quindi sempre più sottoposte a
restrizione del credito.
Le monete complementari, solitamente, pur non
essendo convertibili, hanno un valore collegato ad
una moneta convenzionale, il loro funzionamento
infatti si basa essenzialmente sulla
compensazione di crediti e debiti all’ interno di un
sistema di scambi di beni e servizi tra imprese
locali, facenti parte del circuito, le quali nutrono
fiducia reciproca. L’ imprenditore, interessato a
entrare nel circuito, può richiedere un prestito
denominato in moneta complementare, i gestori
del circuito valutano la
Soluzione alle problematichemacroeconomiche
Fonte di finanziamento per le imprese?
proposta, e se il prodotto ha un potenziale di
vendita tra le altre aziende del circuito, il credito
viene erogato. L’ imprenditore inizia quindi a
vendere i suoi prodotti agli altri membri del
circuito fino a quando non ha ripagato il suo
debito, se poi produce un attivo, quest’ultimo
non è convertibile in moneta convenzionale e, in
questo modo, le imprese sono obbligate a
reinvestire le proprie attività all’interno del
circuito locale, generando nuove transazioni. In
alcuni casi può anche essere applicato un tasso
di interesse negativo sui depositi come ulteriore
stimolo all’economia. Questo meccanismo
incentiva lo scambio, alimentando quindi
l’economia locale senza dover iniettare
un’ulteriore liquidità che nel medio periodo
provocherebbe inflazione. Le stesse transazioni
permettono alle imprese di creare moneta senza
ricorrere alla mediazione degli istituti di credito
convenzionali. Quest’ultimo è un fattore critico
di successo, in quanto trasforma il credito da
bilaterale a multilaterale: la singola impresa non
è più creditrice nei confronti di un singolo
agente, ma nei confronti dell’intero circuito, il
quale crea e distrugge moneta locale al verificarsi
di ogni operazione sul mercato. L’aumentare
degli scambi tra le imprese appartenenti al
circuito permette inoltre di incrementare
l’occupazione locale, contrastando
la sempre più diffusa delocalizzazione produttiva.
Così facendo verrebbero preservate sul territorio
maggiori competenze e favorita ulteriormente
l’integrazione territoriale; il lavoro non sarebbe
più considerato come una risorsa da sfruttare in
modo da massimizzare il rendimento degli
investimenti, ma come un insieme di
competenze.
Un esempio particolarmente virtuoso di moneta
complementare è il Sardex, la risposta alla
stagnazione economica sarda da parte di un
gruppo di imprenditori locali. Il Sardex rispetta
tutte le caratteristiche distintive della moneta
complementare e i dati dimostrano come negli
ultimi anni abbia incentivato in modo
significativo il numero di scambi all’interno della
regione, ciò ha attirato l’attenzione di uno dei
maggiori venture capitalist italiani, Innogest che,
insieme a una banca storica come Sella e al
ministero dell’Economia, attraverso Invitalia, ha
deciso di investire nel progetto.
Il caso SARDEX
Il continuo successo del Sardex è dovuto ai
vantaggi apportarti congiuntamente a imprese, le
quali riescono ad ottenere credito senza
l’intermediazione dei sistemi bancari e quindi a
minor costo, e a cittadini privati, che
usufruiscono di un maggior numero di servizi e
che possono essere retribuiti in Sardex uniti ad
euro, in modo da stimolare la domanda locale di
beni e servizi. Anche il settore pubblico risulta
uno dei beneficiari principali nel circuito, in
quanto le operazioni all’interno del sistema
vengono regolarmente tassate senza la possibilità
di transazioni “in nero”. Grazie al ruolo
maggiormente significativo del terzo settore
diminuiscono i servizi di assistenza pubblica
forniti dallo stato e di conseguenza la spesa
pubblica.
Fonti“Per un pugno di Bitcoin”, Amato, Mauro 2015