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ECOLIFE MILANO

BIOMECCANICAmuscoli e movimento

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indice

Il tessuto osseo Pag. 3

Il sistema muscoloscheletrico Pag. 3

Il tessuto muscolare Pag. 8

Muscoli e movimento Pag. 13

Mappe ossa e muscoli Pag. 24

Mappa sistema nervoso Pag. 29

Mappa sistema venoso arterioso Pag. 30

Dispensa a cura dei docenti Ecolife:

Manuel PassariniEmilio TirelliGiorgio Ginelli

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Il tessuto osseo

Tutti i tessuti sono costituiti da gruppi di cellule differenziate in modo uguale per svolgere la medesima funzione, ed oltre che dalle cellule sono costituiti anche dalla sostanza intercellulare, cioè dal materiale non cellulare che si interpone fra i singoli elementi in quantità abbondante.Questo tessuto è differente dagli altri tessuti connettivali perché la sostanza intercellulare è calcificata, si tratta perciò di un tessuto duro, resistente, adatto a svolgere funzioni di sostegno e protezione.Infatti costituisce l’impalcatura interna dell’organismo, protegge i visceri, costituisce il punto di attacco dei tendini ai segmenti scheletrici.Inoltre è sede di una gran parte dei tessuti emopoietici (midollo osseo rosso), e costituisce un importante deposito di calcio e di fosforo.

Le cellule del tessuto osseo sono:• gli osteoblasti, che sintetizzano la matrice organica dell’osso e la preparano alla mineralizzazione, grazie all’enzima Fosfatasi alcalina;• gli osteociti, che sono cellule ovalari derivanti dagli osteoblasti, che espletano importanti funzioni nel trasporto dei metaboliti cellulari, e nella regolazione della omeostasi;• gli osteoclasti, che sono cellule voluminose che provvedono al riassorbimento della matrice mineralizzata ossea.

La presenza di questi tipi di cellule è correlata al rimaneggiamento del tessuto osseo che consiste in un continuo processo di ricostruzione e distruzione che avviene per tutta la vita.Le cellule costituiscono però la minima parte, la parte organica è costituita principalmente dal tessuto osteoide prodotto dagli osteoblasti, nel quale prevale nettamente il collagene.Mentre le superfici articolari delle ossa mobili sono ricoperte da cartilagini articolari, il resto dell’osso è avvolto dal periostio, lamina di connettivo fibroso ricco di osteoblasti che servono per l’accrescimento dell’osso o per ripararlo in caso di fratture.L’osso spugnoso è contenuto in cavità rivestite da una delicata lamina connettivale detta endostio.Esso ha una struttura trabecolare costituita da una rete complessa di lamelle ossee distanziate. Al suo interno ci sono delle maglie dove è contenuto il midollo osseo rosso, che ha il compito di produrre la parte cellulare del sangue: globuli rossi, bianchi e piastrine.

Il tessuto cartilagineoÈ un tipo di tessuto osseo costituito da cellule particolari dette condrociti immersa in una sostanza fondamentale priva di sali minerali e ricca di collagene che la rende robusta, ma flessibile. Nel feto lo scheletro è tutto cartilagineo, esso rappresenta l’impalcatura su cui si formerà il tessuto osseomediante l’accumulo di sali minerali (processo di ossificazione). Questo processo termina verso il 25° anno di vita. Nell’adulto il tessuto cartilagineo è presente solo in alcune parti del corpo come nel padiglione auricolare, la punta del naso, e nelle articolazioni.

Il sistema muscoloscheletrico

Lo scheletroLa funzione dello scheletro è in primo luogo quella di costituire un sostegno e una protezione alle parti molli dell’organismo, ma fornisce inoltre le leve rigide e i punti di appoggio perché i muscoli, inseriti con i loro capi ad esso, possano mettere in movimento i singoli segmenti del corpo.Inoltre l’architettura ossea è tale da raggiungere il maggior grado i solidità congiunto alla massima leggerezza.Il sistema scheletrico è costituito da circa 206 ossa, alcune impari, altre pari, generalmente simmetriche. È formato da una parte centrale, detta assile, formata dalla colonna vertebrale, dal cranio e della gabbia toracica, e da una parte appendicolare costituita dagli arti superiori e inferiori.Lo scheletro degli arti si unisce alla parte assile grazie a due dispositivi a forma di cintura: il cingolo scapolare per l’arto superiore e il cingolo pelvico per l’arto inferiore.Lo scheletro è sottoposto a 2 tipi di forze: statica (forza di gravità) e funzionale (rappresentata dalla

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trazione che i muscoli esercitano durante la contrazione).Queste ultime forze hanno un potere modellante e formatorio sulle ossa, per cui le trabecole ossee si orientano lungo la direzione delle linee di forza che devono sopportare, quindi: ogni osso ha una struttura trabecolare determinata dalla sua funzione.Ossa, articolazioni e muscoli rappresentano dunque un sistema integrato le cui funzioni principali sono il sostegno e il movimento.Analizzando genericamente questo sistema possiamo suddividere il corpo umano in due parti fondamentali: la testa e il tronco. A queste parti si devono poi aggiungere gli arti superiori, gli arti inferiori e il perineo.

La testaIl limite tra cranio e faccia è dato da una linea che passa per i punti suturali tra le ossa delle due parti. Anteriormente, questa linea inizia dall’articolazione frontonasale, passa per il contorno superiore dell’orbita, per il processo zigomatico frontale, per il margine posteriore dell’osso zigomatico e per il processo zigomatico dell’osso temporale.Lateralmente, al di sotto del meato acustico esterno, la linea prosegue delimitando il limite fra cranio e collo, portandosi orizzontalmente dal processo zigomatico del temporale, proseguendo nella linea nucale posteriore, fino alla protuberanza occipitale esterna.Il limite fra faccia e collo è segnato anteriormente dal margine inferiore della mandibola e lateralmente da una linea orizzontale che passa per l’articolazione temporo-mandibolare.

Il troncoIl limite fra collo e torace è dato anteriormente da una linea che passa per l’incisura giugulare e per le due clavicole, mentre posteriormente è data da una linea orizzontale che passa per la 7° vertebra cervicale.Il limite fra collo e arto superiore è segnato anteriormente dal margine posteriore della clavicola, posteriormente dal margine anteriore dell’acromion.Il limite fra torace ed arto superiore è dato da una linea che anteriormente segue la emiclaveare, posteriormente dal margine mediale (o vertebrale) della scapola, superiormente dal margine posteriore della metà della clavicola ed inferiormente da una linea orizzontale che unisce i margini laterali dei muscoli grande dorsale e grande pettorale.Il limite fra torace ed addome è dato anteriormente da una linea che medialmente segue la basisternale e distalmente scende fino al punto di incontro fra la linea ascellare posteriore con la 12° costa e quindi continua seguendola orizzontalmente; posteriormente la linea orizzontale risale per raggiungere un punto corrispondente circa la 12° vertebra toracica.Il limite fra addome e pelvi è dato anteriormente da una linea che unisce i due tubercoli pubici, mentre posteriormente risulta individuata da una linea orizzontale corrispondente alla articolazione lombosacrale.Il limite fra addome ed arto inferiore è dato anteriormente da una linea che corrisponde alla piega inguinale e lateralmente raggiunge in altezza la cresta iliaca per poi scendere e delimitare tutta la zona al di sotto dell’articolazione lombosacrale, esclusa la zona delle pelvi, che risulta approssimativamente dalla proiezione sulla superficie del corpo dell’osso sacro e del coccige.Il perineo è una regione a forma di losanga i cui angoli corrispondono, anteriormente, al margine inferiore della sinfisi pubica, posteriormente all’apice del coccige e lateralmente alle due tuberosità ischiatiche.

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Classificazione delle ossa

Ossa lunghe: presentano una diafisi (corpo) e 2 epifisi (estremità). La diafisi è costituita da un tubo di osso compatto la cui cavità, il canale midollare, è costituito da osso spugnoso e contiene il midollo osseo. Le epifisi, generalmente più voluminose del corpo, presentano superfici cartilaginee lisce per articolarsi con le ossa vicine, e al centro sono costituite da osso spugnoso.• Ossa brevi: costituite da una massa centrale di osso spugnoso circondato da uno strato sottile di osso compatto. Presentano le 3 dimensioni pressoché uguali a differenza di quelle precedentiche hanno la lunghezza come dimensione superiore. Sono ossa corte per esempio le vertebre, il calcagno e le ossa dei polsi.• Ossa piatte: hanno delle dimensioni assai ridotte e costano di due lamine di osso compatto, il tavolato esterno e il tavolato interno, fra i quali è interposto un tessuto di osso spugnoso

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denominato diploe.Vi sono alcune ossa brevi rotonde ed ovoidali dette sesamoidi, che si sviluppano in vicinanza di alcune articolazioni delle mani e dei piedi. I sesamoidi intratendinei non esistono nell’arto superiore, mentre sono presenti in quello inferiore, fra questi è compresa la rotula.Le ossa presentano poi delle facce, dei margini e delle accidentalità che vengono denominate processi se si tratta di sporgenze superficiali, depressioni che possono essere articolari oppure fosse o incisioni, fori e canali ovvero perforazioni per il passaggio di vasi e nervi o a fondo cieco per il passaggio di vasi sanguigni che portano sostanze nutritive (canali nutritizi).Le ossa sono tutte avvolte dal periostio, che è una membrana fibrosa responsabile dell’accrescimento dello spessore dell’osso,che manca nelle parti rivestite da cartilagine e in corrispondenza di inserzioni tendinee e legamentose.

Il Sistema articolareLe articolazioni uniscono le varie ossa fra di loro in modo che lo scheletro possa espletare la sua funzione di sostegno, protezione e mobilità (in questo caso come elemento passivo) dell’organismo.Le articolazioni possono essere distinte in sinartrosi, articolazioni per continuità ed in diartrosi o articolazioni per contiguità.Le sinartrosi sono la forma più semplice di articolazione, presentano superfici articolari immobili o poco mobili, unite tra di loro da uno strato di connettivo denso o di cartilagine.Nelle suture, presenti solo nel cranio, le superfici articolari sono tenute unite da uno strato di connettivo denso e possono essere dentellate (suture dentellate) oppure affilate e tagliate obliquamente ( suture squamose) Nelle sinfisi , le due superfici ossee sono rivestite da cartilagini che però sono saldate da un disco fibroso; in altre articolazioni il tessuto congiungente può essere elastico o cartilagineo.Le diartrosi sono articolazioni che permettono movimenti talora assai ampi, nelle quali i capi ossei sono a contatto mediante le superfici articolari e sono circondati da un manicotto di connettivo che delimita una cavità articolare.In base alla forma dei capi articolari le diartrosi assumono denominazioni diverse.La capsula articolare si fissa alle ossa ad una certa distanza dalle superfici articolari ed è costituita da uno strato esterno di connettivo fibroso, la capsula fibrosa, e da uno strato interno, la capsula

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sinoviale, costituita da una lamina di tessuto fibrillare ricoperto di particolari cellule , le cellule sinoviali.La capsula sinoviale ricopre tutta la cavità articolare ad eccezione delle cartilagini articolari, si solleva talora in pieghe e frange ed è ricca di cellule mobili del connettivo, di capillari sanguigni e linfatici e di fibre nervose e corpuscoli sensitivi; può avere una struttura aureolare, fibrosa o adiposa.La cavità articolare, completamente chiusa, è una struttura contenente la sinovia, liquido denso, giallastro e filante, contenente mucina e poche cellule sfaldate.Le cartilagini articolari ricoprono i capi ossei articolari ed ai margini si continuano con il periostio e profondamente con l’osso spugnoso sottostante.Permettono lo scorrimento reciproco dei capi articolari, hanno una struttura jalino-fibrosa con una superficie di ampiezza adeguata all’estensione dei movimenti articolari e con uno spessore correlato alla maggiore o minore pressione alla quale sono sottoposte.Quando le due superfici articolari si adattano reciprocamente in maniera abbastanza regolare si parla di articolazioni congruenti , mentre quando le due superfici sono molto difformi si parla di articolazioni incongruenti; in questo ultimo caso vi sono strutture che rendono congruenti le superfici articolari delle ossa e che sono costituite da tessuto connettivo denso o da formazioni cartilaginee.Una superficie articolare può essere ampliata ala periferia da orli fibrocartilaginei detti labbri articolari, che ne aumentano appunto la superficie (articolazione della spalla); quando queste formazioni fibrose si insinuano profondamente fra le superfici articolari e ne assumono in sezione una forma triangolare, si parla di menischi che possono avere una prevalente componente cartilaginea (ginocchio); in casi di grandi incongruenze, fra le due facce articolari si interpone, nella cavità, un disco articolare che si adatta all’una ed all’altra superficie articolar (art. temporo-mandibolare); con queste strutture le articolazioni diventano secondariamente congruenti.Le articolazioni sono rafforzate da strutture di connettivo fibroso, i legamenti, che servono essenzialmente ad assicurare l’intimo contato fra le superfici articolari, ad evitare deviazioni e ad arrestare l’ampiezza di certi movimenti.Alcuni sono intra-articolari (legamento rotondo del femore), altri sono aderenti alla capsula fibrosa articolare oppure sono situati a discreta distanza da questa. Comunque la coesione delle superfici articolari è essenzialmente determinata dal tono dei muscoli. Dove la cute scorre su prominenze ossee si sviluppano negli strati profondi del sottocutaneo delle fessure parallele alla superficie cutanea e contenenti un liquido simile alla sinovia; sono le borse mucose, o sinoviali che hanno il compito di permettere una adeguata mobilità della cute delle strutture più profonde ed anche di attenuare le azioni violente esterne; analoghe formazioni soi trovano anche dove i tendini e i ventri muscolari sono più soggetti allo sfregamento fra di loro e con le parti scheletriche e possono anche derivare da diverticoli delle cavità articolari.Le borse sinoviali sono molto numerose e le più costanti si trovano nell’angolo della mandibola, alla prominenza laringea, all’articolazione della spalla, all’olecrano, al sacro, al coccige, ai trocanteri, alla rotula, ai malleoli, al calcagno.

Le patologie articolariLe patologie a carico delle articolazioni possono essere di due tipi:• lesioni traumatiche acute che avvengono per un trauma unico e di una certa forza lesiva: esse comprendono le distorsioni, le lussazioni, le sublussazioni,le contusioni articolari e le lesioni capsulo-legamentose; per quanto riguarda altri apparati si possono elencare le lesioni muscolari e le fratture ossee• patologie da sovraccarico funzionale sono per definizione croniche;nel senso più ampio della parola , anch’esse devono essere considerate di natura traumatica, ma in questo caso il trauma, di minima entità (microtrauma), altro non è che la ripetizione continua di movimenti specifici, come avviene per esempio frequentemente per gli sportivi. Questi continui movimenti se presi singolarmente non sarebbero dannosi, ma lo divengono se ripetuti nel tempo portando ad un logoramento anche dei tessuti più resistenti. Fanno parte di queste patologie le tendinopatie e le fratture da stress, ormai divenute quasi malattie professionali per gli atleti agonisti di un certo livello. Anche le infiammazioni articolari possono entrare in questa categoria come le artriti e le artrosi.Distorsione: si intende un trauma che sollecita un’articolazione al di là dei gradi fisiologici del suo

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movimento con conseguente danno dei legamenti.Nel caso di una perdita completa della funzione di uno o più legamenti, l’articolazione diventa instabile, ovvero compie movimenti eccessivi rispetto a quelli abituali. Questa instabilità viene distinta in tre gradi di gravità a seconda dello spostamento dei capi ossei ripetto alla normalità.Lussazione: è una perdita totale e permanente dei rapporti tra due capi articolari.Essa comporta automaticamente una grave lesione della capsula articolare e dei legamenti (lesione capsulo-legamentosa).Sublussazione: è la perdita istantanea ed incompleta dei rapporti articolari, in sostanza una via di mezzo tra la distorsione grave e la lussazione Artrite: infiammazione articolare acuta, causata da sfregamento dei capi articolarei o da infezioni (batteri o virus) che porta a dolore, gonfiore, arrossamento dell’articolazione e difficoltà di movimentoArtrosi: malattia degenerativa cronica delle articolazioni che colpisce la cartilagine articolare e successivamente l’osso, la sinovia e la capsula articolare. L’artrosi si instaura quando la cartilagine articolare non è più in grado di resistere alle continue sollecitazioni cui è sottoposta durante i movimenti articolari.

Il tessuto muscolare

Il termine muscolo deriva dal latino musculum (letteralmente: mus = topo, ulum = piccolo) perché i muscoli quando si contraggono rassomigliano ad un topolino che guizza sotto alla pelle.L’azione fondamentale della muscolatura è la contrazione o accorciamento; è questa la caratteristica peculiare del tessuto muscolare che lo contraddistingue da tutti gli altri tessuti del corpo. Grazie a questa capacità, la muscolatura è responsabile di tutti i movimenti del corpo dei quali può essere considerata il “motore”.I tessuti muscolari sono quindi specializzati alla contrazione e allungamento al fine di produrre il movimento; dato che le cellule muscolari sono allungate secondo l’asse longitudinale della contrazione, esse sono dette fibre muscolari. Il tessuto muscolare è caratterizzato da una proprietà fondamentale, la contrattilità, cioè la capacità degli elementi cellulari di accorciarsi in risposta a stimoli di diversa natura e di riprendere poi la loro lunghezza primitiva al cessare della stimolazione.In base alle caratteristiche morfologiche e funzionali si possono distinguere 4 tipi di tessuto muscolare: il tessuto muscolare striato; il tessuto muscolare cardiaco e miocardio specifico, il tessuto muscolare liscio.

Tessuto muscolare striato

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È responsabile della locomozione e dei movimenti reciproci delle varie parti del corpo; la sua contrazione è rapida e non dura a lungo e dipende dal controllo della volontà, in quanto è determinato dall’impulso nervoso portato dai nervi motori e trasferito alla cellula muscolare attraverso una particolare struttura detta placca motrice.La fibra muscolare è delimitata da una membrana chiamata il sarcolemma; al suo interno sono situate le miofibrille bagnate da un liquido intracellulare chiamato sarcoplasma, che contiene: ATP, enzimi, glicogeno ,elettroliti.Le fibrocellule muscolari sono elementi assai allungati, fino a 12 cm di lunghezza, con numerosi nuclei, parecchie centinaia, di forma cilindrica, addossati alla membrana cellulare. Il sarcoplasma contiene la mioglobina, una proteina responsabile del colore del muscolo, e le miofibrille che, oltre a determinare una delicata striatura longitudinale danno origine ad una evidente striatura trasversale,in quanto sono fittamente stipate e fra loro parallele e sono costituite da segmenti cilindrici alternati chiari e scuri.Infatti le miofibrille sono costituite da due subunità più piccole chiamate miofilamenti, che possono essere di actina o di miosina: i primi sono esili ( 6 mm si diametro), i secondi sono filamenti spessi (fino a 15 mm). Ogni filamento di miosina è circondato da 6 di actina.Il raggruppamento dei filamenti fa apparire la miofibrilla, come dicevamo prima, attraversata trasversalmente da striature (banda A, banda I, linea Z, zona H)I miofilamenti più spessi di miosina, sono paralleli e costituiscono la banda A, più scura; i miofilamenti più sottili sono costituiti da tre proteine (actina, troponina e tropina) sono anch’essi paralleli fra di loro, costituiscono la banda I più chiara e penetrano per breve tratto nelle adiacenti bande A.La banda I presenta al centro una linea più scura, denominata linea Z ed il segmento compreso fra due linee Z prende nome di sarcomero che rapresenta l’unità funzionale della contrazione muscolare. L’accorciamento del sarcomero e di tutti i sarcomeri posti in serie determina la contrazione dei muscoliInfine al centro della banda A è visibile una zona più pallida, la banda H, nel mezzo della quale vi è una sottile linea scura, la linea M.La contrazione : avviene per lo slittamento delle fibre di actina lungo quelle di miosina grazie ai ponti actinomiosinici, ciò determina l’accorciamento del sarcomero che quindi è l’unità funzionale della fibra muscolare. L’accorciamento di tutti i sarcomeri posti in serie determina la contrazione dei muscoli.È necessaria una stimolazione nervosa per la contrazione: l’impulso elettrico giunge, tramite le fibre nervose del nervo motore, alla giunzione neuromuscolare o placca motrice, la quale lo trasmette a tutto il sarcolemma. La differenza di potenziale tra la superficie esterna positiva e quella interna negativa scompare per aumento della permeabilità della membrana sarcolemma ai vari ioni (sodio, potassio, calcio). Gli ioni calcio hanno una grossa importanza ai fini della contrazione,infatti all’arrivo dell’impulso nervoso vengono rilasciati consentendo l’interazione tra actina e miosina. Al termine della contrazione gli ioni calcio vengono richiamati nel sistema tubolare sarcoplasmatico ottenendo così rilasciamento del muscolo.

Tipi di fibre muscolariIn base alla forza e alla velocità di contrazione le fibre si dividono in:Rapide o bianche o di tipo II; che hanno un elevato picco di forza e breve tempo di contrazioneLente o rosse o di tipo I; che hanno un picco di forza minore un più lungo tempo di contrazioneNelle fibre lente l’energia deriva prevalentemente da processi ossidativi, in quelle rapide dai processi glicolitici. Le prime sono adatte ad una contrazionelenta, ripetitiva e resistente nel tempo, le seconde sono adatte nelle attività in cui si deve produrre una forza esplosiva e velocità.Esiste la possibilità di interconversione tra i vari tipi di fibre e sembra che sia la frequenza degli impulsi a influenzare le proprietà contrattili.I motoneuroni più grossi a elevata capacità di conduzione e frequenza di scarica innervano le fibre veloci, mentre quelle lente sono innervate da motoneuroni più piccoli e minor frequenza.Tessuto muscolare cardiaco e tessuto muscolare miocardico specifico Il tessuto muscolare cardiaco costituisce il tessuto contrattile del cuore che è sede di contrazione ritmiche e spontanee, indipendenti dalla volontà; le fibre muscolari cardiache sono molto simili a quelle del

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tessuto muscolare scheletrico, presentano un’evidente striatura trasversale con le bande A, I e Z, ma anche la loro striatura trasversale è molto evidente. Inoltre i nuclei sono posti al centro delle fibrocellule che si ramificano alle estremità e prendono contatto con diverse fibrocellule vicine formando una rete tridimensionale.Le zone di giunzione fra le fibrocellule, denominate dischi intercalari, appaiono come linee trasversali più scure ed assicurano una salda coesione fra le cellule.Per quanto riguarda il tessuto miocardico specifico, si tratta di un tessuto specializzato che serve a generare l’eccitamento per la contrazione cardiaca e a condurlo nelle varie parti del miocardio.È costituito dalle cellule muscolari modificate, generalmente fusate, con scarse miofibrille e disposte a rete con abbondante connettivo interposto.

Tessuto muscolare liscioÈ costituito da cellule fusiformi, con nucleo generalmente centrale e con abbondante sarcoplasma che tuttavia contiene poca mioglobina; i miofilamenti decorrono lungo l’asse maggiore delle cellule, ma sono disposti in modo irregolare per cui le cellule muscolari lisce non presentano una striatura trasversale; inoltre i muscoli lisci non sono sotto l’influenza della volontà e sono innervati da sistema nervoso vegetativo che esercita una funzione di controllo in senso eccitatore o inibitore.La muscolatura liscia è priva di placche motrici e le terminazioni delle fibre nervose prendono rapporto diretto con le fibrocellue muscolari; la trasmissione dell’impulso dalle terminazioni nervose alle fibrocellule è mediata da sostanze chimiche, principalmente dall’acetilcolina e dalla noradrenalina.La contrazione delle fibre muscolari è lenta e può mantenersi per lungo tempo senza rilevante dispendio energetico.Si distinguono due tipi di muscoli lisci, quelli viscerali e quelli multiunitari. I muscoli lisci viscerali si presentano in forma di lamine, con cellule riunite fra di loro da ponti citoplasmatici che fanno in modo che funzionino come un sincizio; si trovano nella parete di alcuni visceri, ad esempio nell’apparato digerente, nell’utero e nell’uretere, e si contraggono quando vengono stirati passivamente.Una caratteristica di questi muscoli è la plasticità che consiste in un adattamento della loro tensione all’allungamento al quale possono essere sottoposti.I muscoli lisci multiunitari sono invece costituiti da unità distinte, senza ponti di connessione e si trovano dove corrono contrazioni graduate e fini, come ad esempio nella parete dei vasi sanguigni e nei muscoli intrinseci dell’occhio; la loro contrazione non è spontanea, ma è avviata da impulsi nervosi.I muscoli costituiscono gli organi attivi dell’apparato locomotore, sono circa 500, quasi tutti pari e simmetrici, a parte il muscolo diaframma che è impari e presenta notevoli asimmetrie; per la loro situazione si distinguono muscoli scheletrici che presentano ambedue gli attacchi sulle ossa e muscoli pelliciai che hanno almeno uno degli attacchi nel derma.I muscoli sono liberi nella loro parte intermedia mentre alle loro estremità si fissano su superfici chiamate punti di inserzione che possono essere costituiti dalle ossa, dal derma da strutture fibrose particolari; ciascun muscolo possiede due punti di inserzione, detti punto mobile e punto fisso, ma assai spesso ciascuno dei due punti può fare da punto fisso o mobile ed in alcuni casi ambeduei punti sono mobili (diaframma); l’inserzione muscolare può avvenire o direttamente o per mezzo di tendini di varia foggia e dimensione.Per ciò che concerne la forma generale dei muscoli, essi sono di solito distinti in muscoli lunghi, larghi e brevi, ma vi è un estremo polimorfismo dei muscoli che possono presentarsi con capi multipli di origine – bicipiti, tricipiti, quadricipiti – e capi multipli di terminazione (pluricaudati), ed anche con ventri muscolari separati da tendini intermedi; vi sono anche muscoli curvilinei che circondano gli orifizi naturali del corpo e che sono detti orbicolari quando per il tono e per il tipo di contrazione si comportano come gli altri muscoli scheletrici e sfinteri quando hanno un accentuato tono muscolare e perciò sono in stato di contrazione continua.I muscoli scheletrici sono costituiti oltre che da tessuto muscolare striato anche dai tendini, da tessuto connettivo lasso da vasi e da nervi. La parte carnosa del muscolo è appunto costituita da fibre muscolari striate di colore rosso, di consistenza molle e flessibile, il ventre muscolare, che è circondato da un delicato involucro di connettivo, l’epimisio, dalla cui superficie interna si distinguono parti connettivali, il perimisio, che

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avvolge gruppi di fibre muscolari e da origine ad una delicata guaina reticolare, l’endomisio, che circonda le singole fibrocellule muscolari.I tendini sono costituiti da connettivo compatto, sono avvolti da un involucro di connettivo lasso, il peritendine, e sono organizzati, come i muscoli, in fasci sempre più piccoli circoscritti da parti sottili di connettivo lasso ricco di fibre elastiche; questi fasci si continuano con il periostio, il pericondrio o le parti fibrose dei loro punti di inserzione.I tendini hanno la forma di fasci o cordoni più o meno grossi o lunghi, ma talora sono lamine larghe e sottili e prendono il nome di aponeurosi.L’unione del muscolo con il suo tendine è molto intima, ma si effettua mediante il sistema di fibrille connettivali che costituiscono il perimisio e l’endomisio che si trasformano progressivamente nelle fibre tendinee; vi sono muscoli cilindrici o fusati con i tendini alle due estremità, muscoli larghi con fasci tendinei che hanno la stessa direzione delle fibre muscolari, muscoli pennati con un tendinecentrale sul quale confluiscono le fibre muscolari provenienti da una membrana tendinea superficiale, muscoli semipennati con fibre muscolari tese fra due lamine tendinee superficiali, muscoli pluripennati con parecchi tendini di origine sui quali convergono le fibre muscolari.La funzione muscolare è agevolata da strutture che servono a mantenerli aderenti allo scheletro oppure a facilitarne lo scorrimento; le fasce sono lamine di tessuto fibroso a fibre incrociate che avvolgono in quasi tutta la loro estensione le masse muscolari e danno dalla superficie interna a setti intermuscolari e a fasce profonde che, con i piani scheletrici circoscrivono le logge muscolari contenenti gruppi di muscoli distinti; struttura analoga hanno le membrane interossee, fissate ai margini di due ossa adiacenti (avambraccio,gamba).Dove i tendini tendono a sollevarsi dal piano scheletrico durante la contrazione muscolare (polso, caviglia) si riscontrano le guaine fibrose, nastri connettivali tesi al di sopra delle docce ossee dove scorrono i tendini.

La colonna vertebraleLa colonna vertebrale è l'asse portante del tronco; protegge il midollo spinale, passante per il canale vertebrale, origine dei nervi spinali che passano dai fori intervertebrali.Come supporto la colonna vertebrale è il luogo dove si imprimono le nostre possibili realizzazioni, ma anche i blocchi, le paure, i rifiuti di evolversi e tutte le tensioni che di conseguenza si creano.Riferita al corpo umano la colonna è il riflesso dell’albero della vita, in MTC è paragonata ad una scala a pioli: l’evoluzione della vita tra terra e cielo.Simbolicamente grazie alla sua solidità indica il percorso, il cammino dell’incontro con noi stessi, del “compiuto” e del “non realizzato”; è il cammino di colui che sa salire.La colonna è assai mobile, ma anche collegata alla struttura dell’individuo; svolge un ruolo di protezione del Sistema Nervoso, ed in particolare del midollo spinale che contiene.Vista lateralmente la colonna mostra due convessità, all'altezza delle vertebre cervicali e lombari, che costituiscono una lordosi fisiologica, e due concavità, all'altezza delle vertebre toraciche e sacrali, che costituiscono una cifosi fisiologica.Vista posteriormente la colonna può apparire o destro convesso o sinistro convessa, generalmente nel tratto toracico che anteriormente si chiama scoliosi fisiologica. È composta da un tratto cervicale formato da 7 vertebre, un tratto dorsale di 12 vertebre con le quali si articolano le coste, un tratto lombare di 5 vertebre, il sacro (5 vertebre) ed il coccige (4 o 5 vertebre) per untotale di 33 o 34 vertebre.La prima curva che si forma è quella dorsale, le altre si svilupperanno poi con il movimento.Le vertebre sono addossate fra loro e scarsamente mobili, ma la struttura nel suo insieme ha un notevole grado di mobilità, permettendo flessione,estensione, inclinazione laterale, torsione e rotazione della testa rispetto al collo e del collo rispetto al torace.In linea generale tutte le vertebre sono formate da un corpo unito ad un arco tramite due peduncoli, delimitando il foro vertebrale. I margini superiore ed inferiore dei peduncoli di due vertebre contigue, delimitano, sovrapponendosi,il foro intervertebrale, i processi articolari superiori ed inferiori, le lamine vertebrali ed il processo spinoso. Le facce superiori dei corpi e le superfici articolari sono rivestiti di cartilagine ialina.• Vertebre cervicali: aumentano gradualmente di volume in direzione craniocaudale. La superficie superiore dei corpi è leggermente concava, mentre quella inferiore è leggermente convessaper adattarsi alla vertebra sottostante.

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Tutte le vertebre cervicali presentano i forami trasversali per il passaggio dell'arteria e della vena vertebrale.• Vertebre dorsali: aumentano di volume procedendo dall'alto verso il basso e si articolano con le coste tramite un'emifaccetta articolare superiore ed un'emifaccetta inferiore. L'incisura inferioredei peduncoli è accentuata.I processi trasversi sono molto sviluppati sulla superficie anteriore della loro estremità libera, dove si trova la faccetta articolare costale con la quale si articola il tubercolo della costa del livello corrispondente.La testa della costa si congiunge ai corpi vertebrali ed i tubercoli costali ai processi trasversi.• Vertebre lombari: hanno il corpo molto voluminoso, le faccette articolari sono a segmento di cilindro, quelle superiori concave, quelle inferiori convesse; dai peduncoli si staccano i processicostiformi dietro ai quali si trovano i processi mammillare e accessorio; il processo spinoso è a forma di lamina quadrilatera ed il foro vertebrale è triangolare e ristretto.• Osso sacro: è un unico osso che con il coccige e le due ossa dell'anca forma il bacino. La faccia anteriore è concava con 4 linee trasversali, ai cui lati vi sono 4 paia di fori sacrali anteriori che immettono nel canale sacrale e lasciano passare i rami anteriori dei nervi spinali sacrali. La faccia posteriore mostra la cresta sacrale media; negli ultimi segmenti sacrali manca la porzione laminaredelle vertebre ed il canale sacrale si trova aperto dorsalmente nello hiatus sacrale. In basso le creste sacrali articolari ed intermedie terminano nel corno sacrale.I fori sacrali posteriori sono più piccoli di quelli anteriori e danno passaggio ai rami posteriori dei nervi spinali sacrali. Lateralmente in alto c'è la faccetta articolare per l'osso dell'anca, dietro si trova la tuberosità sacrale.La base si articola con il corpo di L5; lateralmente all'imbocco del canale sacrale ci sono i processi articolari superiori di S1.L'apice del sacro ha una faccetta ellittica che si articola con la base del coccige.• Coccige: si unisce al sacro completando la parete posteriore delle pelvi; è triangolare ed è formato da 4 o 5 segmenti fusi tra loro.In alto la base si articola o si fonde con l'apice del sacro. La faccia anteriore è concava, quella posteriore è convessa.

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Muscoli e movimento

La struttura del movimento è composta da elementi semplici chiamati schemi posturali e schemi motori di base. Gli schemi posturali comprendono l’unione dei movimenti tramite i quali è possibile spostare le diverse parti del corpo, conservando un rapporto fisso tra loro; sono tridimensionali(larghezza, lunghezza e profondità) e riguardano gli arti superiori, gli arti inferiori e il busto.Questi schemi possono essere eseguiti in diverse posizioni: in piedi, in ginocchio, seduti, in decubito prono o supino.Gli schemi motori di base sono i movimenti dinamici fondamentali: camminare, correre, saltare, lanciare ed afferrare, strisciare e rotolare, arrampicarsi.Sono quadrimensionali, in quanto coinvolgono tutte le parti del corpo nelle tre dimensioni dello spazio e si realizzano nel tempo.

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Questi schemi possono essere eseguiti in diverse posizioni: in piedi, in ginocchio, seduti, in decubito prono o supino.Gli schemi motori di base sono i movimenti dinamici fondamentali: camminare, correre, saltare, lanciare ed afferrare, strisciare e rotolare, arrampicarsi.Sono quadrimensionali, in quanto coinvolgono tutte le parti del corpo nelle tre dimensioni dello spazio e si realizzano nel tempo.

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GLOSSARIO

Cingolo scapolare

Muscolo Origine Inserzione

DELTOIDE Origine fasci anteriori: terzo laterale del margine ant. della superficie sup. della clavicolaOrigine fasci medi: margine laterale e superficie sup. dell'acromionOrigine fasci posteriori: margine posteriore della spina della scapola

tuberosità deltoidea dell'omero

Azione Innervazione Deficit

abduce il braccio soprattutto con i fasci medi, mentre quelli ant. e post. agiscono come stabilizzatori. I fasci anteriori flettono e intraruotano il braccio, i posteriori lo estendono e lo extraruotano

ascellare C5, 6 impossibilità di abdurre il braccio. In caso di paralisi anche del sopraspinato tendenza alla sublussazione della scapolo-omerale, meno marcata se il sopraspinato resta indenne.

Muscolo Origine Inserzione

SOPRASPINATO 2/3 mediali della fossa sopraspinata della scapola

faccetta sup. della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale

Azione Innervazione Deficit

abduce il braccio e fissa la testa dell'omero nella glenoide

soprascapolare C4, 5, 6 riduce la stabilità della scapolomerale e predispone all'alterazione dei rapporti della testa dell'omero con la glenoide.

Muscolo Origine Inserzione

SOTTOSPINATO 2/3 mediali della fossa sottospinata della scapola

faccetta media della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale

Azione Innervazione Deficit

extraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella glenoide

soprascapolare C4, 5, 6 riduce la forza di rotazione esterna. L'omero è atteggiato in intrarotazione.

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Muscolo Origine Inserzione

PICCOLO ROTONDO 2/3 prossimali della superficie posteriore del margine laterale della scapola

faccetta inf. della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale

Azione Innervazione Deficit

extraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella glenoide

soprascapolare C4, 5, 6 riduce la forza di rotazione esterna. L'omero è atteggiato in intrarotazione.

Muscolo Origine Inserzione

SOTTOSCAPOLARE fossa sottoscapolare della scapola

piccola tuberosità dell'omero ecapsula articolare dell'articolazione scapolomerale

Azione Innervazione Deficit

intraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella glenoide durante i movimenti della scapolomerale

sottoscapolare sup. e inf. C5, 6, 7

riduce la forza di rotazione interna e di adduzione del braccio.

Muscolo Origine Inserzione

GRAN ROTONDO faccia posteriore dell'angolo inferiore e terzo inferiore del margine laterale della scapola

cresta sotto la piccola tuberosità dell'omero

Azione Innervazione Deficit

intraruota, adduce e estende il braccio

sottoscapolare inf. C5, 6, 7 riduce la forza di rotazione interna e di estensione del braccio.

Muscolo Origine Inserzione

ELEVATORE DELLA SCAPOLA apofisi trasverse delle prime 4 vertebre cervicali

margine mediale della scapola fra l'angolo superiore e la radice della spina

Azione Innervazione Deficit

Origine fissa: eleva la scapola e partecipa alla sua intrarotazione. Inserzione fissa: con azione unilaterale, ruota e flette il rachide cervicale omolateralmente. Con azione bilaterale può intervenire nell'estensione del rachide cervicale.

dorsale della scapola C3, 4, 5 vedi grande romboide.

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Muscolo Origine Inserzione

GRANDE ROMBOIDE apofisi spinose delle vertebre toraciche da D2 a D5

margine mediale della scapola dalla radice della spina all'angolo inferiore

Azione Innervazione Deficit

adduce, eleva e intraruota la scapola

dorsale della scapola C4, 5 scapola atteggiata in abduzione e extrarotazione. Adduzione e estensione del braccio ridotte per insufficiente fissazione della scapola da parte dei romboidi.

Muscolo Origine Inserzione

PICCOLO ROMBOIDE legamento nucale e apofisi spinose delle vertebre da C7 a D1

margine mediale della scapola a livello della radice della spina

Azione Innervazione Deficit

adduce, eleva e intraruota la scapola

dorsale della scapola C4, 5 vedi grande romboide.

Estensori del braccio

Muscolo Origine Inserzione

TRICIPITE BRACHIALE capo lungo tuberosità sottoglenoidea della scapola. Capo laterale superfici posteriore e laterale della metà prossimale della diafisi omerale e setto intermuscolare laterale. Capo mediale 2/3 distali delle superfici mediale e posteriore dell'omero al di sotto del solco del nervo radiale e setto intermuscolare mediale.

superficie posteriore dell'olecrano e fascia antibrachiale.

Azione Innervazione Deficit

estende il gomito. Il capo lungo adduce e può intervenire nelle'estensione del braccio.

radiale C6, 7, 8 D1 rende impossibile l'estensione dell'avambraccio contro gravità. Difficoltà in attività come raggiungere uno scaffale posto più in alto del capo, lanciare oggetti, spingere a gomito esteso, usare le stampelle o un bastone.

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Muscolo Origine Inserzione

ANCONEO superficie posteriore dell'epicondilo laterale dell'omero

margine laterale dell'olecrano e 1/4 prossimale della faccia posteriore dell'ulna.

Azione Innervazione Deficit

estende il gomito e può stabilizzare l'ulna durante la pronazione

radiale C7, 8 diminuisce la capacità estensoria dell'avambraccio. Vedi deficit del tricipite brachiale.

Estensori della mano

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE RADIALE LUNGO DEL CARPO

terzo distale della cresta sopracondiloidea laterale dell'omero e setto intermuscolare laterale.

lato radiale della superficie dorsale della base del secondo metacarpo.

Azione Innervazione Deficit

estende e abduce il polso e può intervenire nella flessione del gomito.

radiale C5, 6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione ulnare della mano

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE RADIALE BREVE DEL CARPO

epicondilo laterale dell'omero grazie al tendine comune degli estensori, legamento collaterale radiale del gomito e fascia antibrachiale.

superficie dorsale della base del terzo metacarpo.

Azione Innervazione Deficit

estende e abduce il polso. radiale C5, 6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione ulnare della mano.

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE ULNARE DEL CARPO epicondilo laterale dell'omero grazie al tendine comune degli estensori, margine posteriore dell'ulna mediante un'aponevrosi e fascia antibrachiale.

ato ulnare alla base del quinto metacarpo.

Azione Innervazione Deficit

estende e adduce il polso. radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione radiale della

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mano.

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE COMUNE DELLE DITA faccia posteriore dell'epicondilo omerale.

con quattro tendini destinati alle dita dal 2° al 5°. Ciascun tendine si divide in tre linguette, di cui la mediale si attacca alla base della seconda falange, mentre le altre due vanno ad inserirsi alla base della terza falange.

Azione Innervazione Deficit

estende le prime falangi delle ultime quattro dita della mano; secondariamente estende anche le altre due falangi. Interviene nell'abduzione del 2°, 4° e 5° dito e nell'estensione del polso.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria delle falangi prossimali interessate, predisponendole ad un atteggiamento in flessione. Diminuisce la forza di estensione del polso.

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE DELL'INDICE faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana interossea.

si unisce al tendine dell'estensore comune delle dita destinato all'indice.

Azione Innervazione Deficit

estende e può addurre l'indice.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria dell'indice.

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE DEL MIGNOLO faccia posteriore dell'epicondilo omerale.

si unisce al tendine dell'estensore comune delle dita destinato al mignolo.

Azione Innervazione Deficit

estende e può abdurre il mignolo.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria del mignolo.

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE LUNGO DEL POLLICE faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana interossea.

faccia dorsale della base della seconda falange del pollice.

Azione Innervazione Deficit

estende la seconda falange del pollice e la trapeziometacarpale. Interviene nell'abduzione e estensione del polso.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria della seconda falange e ne predispone ad una deformità in flessione.

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Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE BREVE DEL POLLICE faccia posteriore del corpo del radio, membrana interossea.

faccia dorsale della base della prima falange del pollice.

Azione Innervazione Deficit

estende la prima falange del pollice e la trapeziometacarpale. Interviene nell'abduzione del polso.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la capacità estensoria della prima falange e ne predispone ad una deformità in flessione.

Muscolo Origine Inserzione

ABDUTTORE LUNGO DEL POLLICE faccia posteriore del corpo del radio, faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana interossea.

base del primo metacarpo, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

abduce e estende la trapeziometacarpale. Partecipa all'abduzione del polso.

radiale C6, 7, 8 diminuisce la forza di abduzione del pollice e del polso.

Cingolo pelvico

Muscolo Origine Inserzione

GRANDE GLUTEO linea glutea posteriore dell'ileo, sacro, coccige, legamento sacrotuberoso, aponevrosi del sacrospinale e glutea.

fascia lata e tuberosità glutea del femore.

Azione Innervazione Deficit

estende e extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con le sue fibre superiori e nell'adduzione con quelle inferiori.

gluteo inferiore L5, S1, 2. difficoltà nell'alzarsi da seduto, nel salire le scale e se bilaterale notevoli difficoltà nella deambulazione.

Muscolo Origine Inserzione

PIRIFORME faccia pelvica del sacro e del legamento sacrotuberoso, bordo del grande forame ischiatico.

gran trocantere del femore, superiormente.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa.

plesso sacrale L5, S1, 2. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

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Muscolo Origine Inserzione

QUADRATO DEL FEMORE superficie laterale della tuberosità ischiatica.

cresta intertrocanterica del femore.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'adduzione.

plesso sacrale L4, 5, S1, 2. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

Muscolo Origine Inserzione

OTTURATORE INTERNO faccia pelvica della membrana otturatoria e dell'ischio, bordo del forame otturatorio.

gran trocantere, medialmente.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa.

plesso sacrale L5, S1, 2. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

Muscolo Origine Inserzione

OTTURATORE ESTERNO pube e ramo inferiore dell'ischio. Membrana otturatoria.

fossa trocanterica del femore.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'adduzione.

otturatorio L3, 4. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

Muscolo Origine Inserzione

GEMELLO SUPERIORE spina ischiatica, lateralmente. gran trocantere, medialmente.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa.

plesso sacrale L5, S1, 2. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

Muscolo Origine Inserzione

GEMELLO INFERIORE tuberosità ischiatica, superiormente.

gran trocantere, medialmente.

Azione Innervazione Deficit

extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa.

plesso sacrale L4, 5, S1, 2. tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.

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Ischiocrurali

Muscolo Origine Inserzione

SEMITENDINOSO (ischiocrurale mediale)

tuberosità ischiatica con un tendine comune al capo lungo del bicipite femorale.

superficie mediale della tibia, prossimalmente.

Azione Innervazione Deficit

flette e intraruota la gamba. Estende la coscia e partecipa alla sua intrarotazione. La potenza totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista, il quadricipite.

ramo tibiale dello sciatico L4, 5 S1, 2

diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità mediale e atteggiamento in valgo e extrarotazione della tibia rispetto al femore. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali laterali predispone all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un conseguente aumento della lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un atteggiamento in flessione del ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.

Muscolo Origine Inserzione

SEMIMEMBRANOSO (ischiocrurale mediale)

tuberosità ischiatica, lateralmente e prossimalmente all'origine del bicipite femorale e del simitendinoso.

condilo mediale della tibia, postero-medialmente.

Azione Innervazione Deficit

flette e intraruota la gamba. Estende la coscia e partecipa alla sua intrarotazione. La potenza totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista, il quadricipite.

ramo tibiale dello sciatico L4, 5 S1, 2

diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità mediale e atteggiamento in valgo e extrarotazione della tibia rispetto al femore. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali laterali predispone all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un conseguente aumento della lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un atteggiamento in flessione del ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.

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Muscolo Origine Inserzione

BICIPITE FEMORALE (ischiocrurale laterale)

capo lungo, tuberosità ischiatica, posteriormente e parte inferiore del legamento sacrotuberoso. Capo breve, linea aspra del femore e linea sopracondiloidea.

testa del perone, lateralmente. Condilo laterale della tibia e parte laterale della fascia profonda della gamba.

Azione Innervazione Deficit

flette e extraruota la gamba. Il capo lungo estende la coscia e partecipa alla sua extrarotazione. La potenza totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista, il quadricipite.

capo lungo, ramo tibiale dello sciatico L5 S1, 2, 3 Capo breve, ramo peroneo dello sciatico L5 S1,2

diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità laterale e atteggiamento in varo sotto carico. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali mediali predispone all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un conseguente aumento della lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un atteggiamento in flessione del ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.

Flessori della gamba e del piede

Muscolo Origine Inserzione

SOLEO superficie posteriore del terzo prossimale del perone, linea del soleo, terzo medio del margine mediale della tibia e arcata fibrosa tra tibia e perone.

con il tendine del gastrocnemio sulla superficie posteriore del calcagno.

Azione Innervazione Deficit

flette plantarmente la caviglia. tibiale L5 S1, 2 permette un atteggiamento con piede talo e predispone al piede cavo. La sua retrazione favorisce il piede equino. Diminuita capacità a sollevarsi sulla punta del piede. Atteggiamento posturale con il corpo spostato in avanti

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Muscolo Origine Inserzione

GASTROCNEMIO capo mediale, condilo mediale del femore, posteriormente, e capsula del ginocchio. Capo laterale, condilo laterale del femore, posteriormente, e capsula del ginocchio.

superficie posteriore del calcagno.

Azione Innervazione Deficit

flette plantarmente la caviglia e partecipa alla flessione del ginocchio.

tibiale S1, 2 permette un atteggiamento con piede talo e predispone al piede cavo. La sua retrazione favorisce il piede equino. Diminuita capacità a sollevarsi sulla punta del piede. Iperestensione del ginocchio in stazione eretta.

Muscolo Origine Inserzione

PLANTARE linea sopracondiloidea del femore e adiacente superficie poplitea, legamento popliteo obliquo del ginocchio.

superficie posteriore del calcagno.

Azione Innervazione Deficit

flette plantarmente la caviglia e partecipa alla flessione del ginocchio.

tibiale L4, 5 S1 diminuita capacità a sollevarsi sulla punta del piede.

Muscolo Origine Inserzione

POPLITEO condilo laterale del femore e legamento popliteo obliquo del ginocchio.

faccia posteriore della tibia sopra la linea del soleo, prossimalmente.

Azione Innervazione Deficit

a origine fissa, cioè da scarico con ad esempio il paziente seduto con le gambe sospese, flette e intraruota la tibia sul femore. A inserzione fissa, cioè sotto carico come ad esempio in piedi, flette e extraruota il femore sulla tibia. Inoltre rinforza l'apparato legamento posteriore del ginocchio.

tibiale L4, 5 S1 predispone all'iperestensione del ginocchio e all'extrarotazione della gamba. Spesso il deficit del popliteo è associato a una prevalenza degli ischiocrurali laterali su quelli mediali.

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Muscolo Origine Inserzione

TIBIALE POSTERIORE superficie laterale della tibia, superficie mediale del perone, membrana interossea e setti muscolari.

scafoide, calcagno, i tre cuneiformi, il cuboide e la base del 2°, 3° e 4° metatarso.

Azione Innervazione Deficit

supina il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.

tibiale L4, 5 S1 diminuita capacità di flettere e supinare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi. Tendenza all'eversione.

Muscolo Origine Inserzione

PERONEO LUNGO condilo laterale della tibia e superficie laterale del perone, prossimalmente. Setti intermuscolari e fascia profonda.

base del primo metatarso, lateralmente, e cuneiforme mediale.

Azione Innervazione Deficit

prona il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.

peroneo superficiale L4, 5 S1 diminuita capacità di flettere e pronare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi. Tendenza al varismo. Diminuita stabilità laterale della tibio tarsica.

Muscolo Origine Inserzione

PERONEO BREVE superficie laterale del perone, distalmente. Setti intermuscolari e fascia profonda.

base del quinto metatarso, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

prona il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.

peroneo superficiale L4, 5 S1 diminuita capacità di flettere e pronare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi. Tendenza al varismo. Diminuita stabilità laterale della tibio tarsica.

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Dorsali

Muscolo Origine Inserzione

TRAPEZIO fasci superiori, protuberanza occipitale esterna, terzo medio della linea nucale superiore, legamento nucale e apofisi spinosa di C7. Fasci medi, apofisi spinose da D1 a D5. Fasci inferiori, apofisi spinose da D6 a D12.

fasci superiori, terzo laterale della clavicola e acromion. Fasci medi, labbro superiore della spina della scapola. Fasci inferiori, estremità mediale della spina della scapola.

Azione Innervazione Deficit

a origine fissa adduce la scapola, specia grazie ai fasci medi, e la extraruota grazie ai fasci superiori e inferiori. I fasci superiori elevano la scapola. Quelli inferiori la deprimono. A inserzione fissa unilateralmente i fasci superiori estendono, flettono lateralmente dal proprio lato e ruotano dal lato opposto il rachide cervicale. A inserzione fissa bilateralmente il trapezio superiore estende la testa.

accessorio spinale e rami inferiori di C2, 3, 4

la scapola si abduce e intraruota. Diminuisce la funzionalità del braccio per la diminuita fissazione della scapola stessa, in particolare nell'elevazione del braccio sul piano frontale. Diminuisce la forza nell'estensione, rotazione e inclinazione della testa. Aumenta la cifosi dorsale.

Muscolo Origine Inserzione

GRAN DORSALE apofisi spinose da D6 a D12, ultime tre o quattro coste, vertebre lombari e sacrali mediante la fascia toracolombare e terzo posteriore del labbro esterno della cresta iliaca. Alcune fibre anche dall'angolo inferiore della scapola.

solco bicipitale dell'omero.

Azione Innervazione Deficit

a origine fissa intraruota, adduce e estende il braccio. Deprime la spalla e interviene nella flessione laterale del tronco. A inserzione fissa inclina il bacino in avanti e di lato. Agendo bilateralmente può sia iperestendere il rachide e portare il bacino in antiversione che flettere il rachide stesso, a seconda dei suoi rapporti con i

toracodorsale C6, 7, 8 limita numerose attività che richiedono l'adduzione del braccio al tronco o viceversa. Diventa difficile arrampicare, camminare con le stampelle, sollevare il corpo alle parallele, nuotare, remare, spaccare la legna. La forza di flessione laterale del rachide è ridotta.

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diversi assi di movimento. Interviene come accessorio nella respirazione.

Muscolo Origine Inserzione

GRAN DENTATO faccia esterna e margine superiore delle prime otto, nove coste.

margine mediale della scapola, sulla faccia costale.

Azione Innervazione Deficit

a origine fissa abduce la scapola, la extraruota e ne avvicina il margine mediale alla gabbia toracica. Le fibre inferiori possono deprimere la scapola. Quelle superiori possono elevarla. Nel movimento di flessione sulle braccia fissa la scapola, o meglio il suo bordo mediale, al torace. Ruota la scapola in modo che la glenoide guardi verso l'alto.A inserzione fissa interviene come accessorio nella inspirazione forzata.

toracico lungo C5, 6, 7, 8 mancata fissazione della scapola durante i movimenti del braccio con distacco del bordo mediale della scapola dalla gabbia toracica durante il movimento di flessione sulle braccia o di spinta di un oggetto pesante verso l'avanti. Difficoltà nell'abduzione con pesi, oltre i 30°.

Abduttori arto inferiore

Muscolo Origine Inserzione

TENSORE DELLA FASCIA LATA lateralmente alla cresta iliaca e alla spina iliaca antero superiore.

fascia lata.

Azione Innervazione Deficit

abduce, flette e intraruota l'anca. Può partecipare all'estensione del ginocchio.

gluteo superiore L4, 5 S1 tendenza al varismo del ginocchio e all'extrarotazione dell'anca in ortostasi.

Muscolo Origine Inserzione

PICCOLO GLUTEO faccia esterna dell'ileo e grande incisura ischiatica.

gran trocantere, anteriormente.

Azione Innervazione Deficit

abduce, flette e intraruota l'anca.

gluteo superiore L4, 5 S1 riduce la forza di abduzione e intrarotazione dell'anca. Un grave deficit degli abduttori dell'anca causa durante il cammino una inclinazione del tronco verso il lato interessato (segno di Duchenne-Trendelembourg).

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Muscolo Origine Inserzione

MEDIO GLUTEO faccia esterna dell'ileo. gran trocantere, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

abduce, flette e intraruota l'anca. Con le sue fibre posteriori coopera a extraruotare e estendere l'anca.

gluteo superiore L4, 5 S1 riduce la forza di abduzione e intrarotazione dell'anca. Un lieve deficit, in stazione eretta, evidenzia una curvatura del rachide con convessità opposta al lato deficitario a causa dell'innalzamento del bacino e dell'adduzione dell'anca dal lato del deficit. Un grave deficit degli abduttori dell'anca causa durante il cammino una inclinazione del tronco verso il lato interessato (segno di Duchenne-Trendelembourg).

Flessori della mano

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE LUNGO DEL POLLICE faccia anteriore del radio al di sotto della tuberosità bicipitale, membrana interossea, margine mediale del processo coronoideo dell'ulna e/o dell'epitroclea dell'omero.

superficie palmare della base della falange distale del pollice.

Azione Innervazione Deficit

flette l'interfalangea del pollice, contribuisce alla flessione della metacarpofalangea e della trapezio-metacarpale e può intervenire nella flessione del polso.

mediano C6, 7, 8 D1 riduce la capacità di flettere la falange distale. Difficoltà nel tebere una penna o piccoli oggetti tra il pollice e le altre dita. Un deficit marcato predispone a una deformità in iperestensione dell'interfalangea del pollice.

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Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE SUPERFICIALE DELLE DITA

capo omerale, epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori, legamento collaterale ulnare del gomito e fascia antibrachiale. Capo ulnare, superficie mediale del processo coronoideo. Capo radiale, linea obliqua del radio.

sui lati delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto.

Azione Innervazione Deficit

flette le interfalangee prossimali delle dita dal secondo al quinto, interviene nella flessione delle metacarpofalangee e nella flessione del polso.

mediano C7, 8 D1 riduzione della forza della presa e della flessione del polso. Difficoltà in attività come scrivere a macchina, suonare il piano o strumenti a corda per i quali è necessario flettere le interfalangee prossimali mantenendo estese le distali. Tendenza all'iperestensione dell'interfalangea prossimale durante l'estensione delle dita.

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE PROFONDO DELLE DITA

tre quarti prossimali delle facce anteriore e mediale dell'ulna, membrana interossea e fascia antibrachiale.

con quattro tendini sulla faccia anteriore della base delle falangi distali.

Azione Innervazione Deficit

flette le interfalangee distali delle dita dal secondo al quinto, interviene nella flessione delle interfalangee prossimali e delle metacarpofalangee: interviene nell'adduzione di indice, anulare e mignolo e nella flessione del polso.

per fasci del secondo e terzo dito, mediano C7, 8 D1. Per i fasci del quarto e quinto dito, ulnare C7,8 D1

riduzione della capacità di flettere la falange distale. E' l'unico muscolo che può flettere tale segmento. In caso di deficit si riduce anche la forza di flessione del polso.

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE RADIALE DEL CARPO epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori e fascia antibrachiale.

base del secondo metacarpo e con un'espansione tendinea, base del terzo metacarpo.

Azione Innervazione Deficit

flette e abduce il polso e può intervenire nella pronazione dell'avambraccio e nella flessione del gomito.

mediano C6, 7, 8 riduce la forza di flessione del polso e, talvolta, la forza di prenazione dell'avambraccio. Predispone a deformità in

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deviazione ulnare della mano.

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE ULNARE DEL CARPO capo omerale, epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori. Capo ulnare, margine mediale dell'olecrano mediante un'aponevrosi, due terzi prossimali del margine posteriore dell'ulna e fascia antibrachiale.

pisiforme e, mediante espansioni tendinee, uncinato e quinto metacarpo.

Azione Innervazione Deficit

flette e adduce il polso e può intervenire nella flessione del gomito.

ulnare C7, 8 D1 riduce la forza di flessione del polso e predispone a deformità in deviazione radiale della mano.

Muscolo Origine Inserzione

PALMARE LUNGO epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori e fascia antibrachiale.

retinacolo dei flessori e aponevrosi palmare.

Azione Innervazione Deficit

mette in tensione l'aponevrosi palmare, flette il polso e può intervenire nella flessione del gomito e pronazione dell'avambraccio.

mediano C6, 7, 8 D1 riduce la capacità di incavare il palmo della mano e diminuisce la capacità di flessione del polso.

Muscolo Origine Inserzione

PALMARE BREVE margine ulnare dell'aponevrosi palmare e superficie palmare del retinacolo dei flessori.

sulla pelle del margine ulnare della mano.

Azione Innervazione Deficit

corruga la pelle del lato ulnare della mano

mediano C6, 7, 8 D1 poco significativi.

Flessori, supinatori e pronatori del braccio

Muscolo Origine Inserzione

CORACOBRACHIALE apice del processo coracoideo della scapola

superficie anteromediale del terzo medio della diafisi omerale, dalla poarte opposta alla tuberosità deltoidea.

Azione Innervazione Deficit

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flette e adduce il braccio. muscolocutaneo C6, 7 riduzione della forza di flessione del braccio, particolarmente nei movimenti che richiedono anche la flessione e supinazione dell'avambraccio, come pettinarsi.

Muscolo Origine Inserzione

BICIPITE BRACHIALE capo breve apice del processo coracoideo della scapola. Capo lungo tubercolo sopraglenoideo della scapola.

tuberosità bicipitale del radio e aponevrosi del bicipite (lacerto fibroso).

Azione Innervazione Deficit

flette la scapolo omerale e il capo lungo può intervenire nell'abduzione del braccio se extraruotato. A origine fissa flette il gomito e supina l'avambraccio. A inserzione fissa flette il gomito, come nel sollevamento alla sbarra.

muscolocutaneo C5, 6 ricuce la capacità di flettere l'avambraccio contro gravità. Difficoltà in diverse attività quotidiane come portare il cibo alla bocca o pettinarsi. Se il deficit interessa anche il brachiale il paziente pronerà l'avambraccio prima di flettere il gomito utilizzando il brachioradiale, l'estensore radiale lungo del carpo, il pronatore rotondo e i flessori del polso.

Muscolo Origine Inserzione

BRACHIALE metà distale della superficie anteriore dell'omero e setti intermuscolari mediale e laterale.

tuberosità dell'ulna e processo coronoideo.

Azione Innervazione Deficit

A origine fissa flette il gomito avvicinando l'avambraccio al braccio. A inserzione fissa flette il gomito, come nel sollevamento alla sbarra.

muscolocutaneo e un piccolo ramo del radiale C5, 6

vedi bicipite brachiale.

Muscolo Origine Inserzione

BRACHIORADIALE due terzi prossimali della cresta sopracondiloidea laterale dell'omero e setto intermuscolare laterale.

base del processo stiloideo del radio, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

flette il gomito, portando in posizione intermedia tra pronazione e supinazione l'avambraccio.

radiale C5, 6 riduce la forza nella flessione del gomito e nella pronazione o supinazione dell'avambraccio fino alla posizione intermedia.

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Muscolo Origine Inserzione

SUPINATORE epicondilo dell'omero, legamento collaterale radiale del gomito, legamento anulare del radio e cresta del supinatore dell'ulna.

terzo prossimale della superficie laterale del radio.

Azione Innervazione Deficit

supina l'avambraccio. radiale C5, 7 predispone ad un atteggiamento in pronazione dell'avambraccio; interferisce in numerose attività della vita quotidiana come portare il cibo alla bocca.

Muscolo Origine Inserzione

PRONATORE ROTONDO capo omerale, sopra l'epitroclea dell'omero, tendine comune dei flessori e fascia antibrachiale. Capo ulnare, medialmente al processo coronoideo dell'ulna.

terzo medio della superficie laterale del radio.

Azione Innervazione Deficit

prona l'avambraccio e interviene nella flessione del gomito.

mediano C6, 7 predispone ad un atteggiamento in supinazione dell'avambraccio; interferisce in numerose attività della vita quotidiana come ruotare una manopola, usare il coltello, raccogliere oggetti ruotando verso il basso il palmo della mano.

Muscolo Origine Inserzione

PRONATORE QUADRATO estremità inferiore della superficie anteriore dell'ulna, medialmente.

estremità inferiore della superficie anteriore del radio, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

prona l'avambraccio. mediano C7, 8 D1 predispone ad un atteggiamento in supinazione dell'avambraccio; interferisce in numerose attività della vita quotidiana come ruotare una manopola, usare il coltello, raccogliere oggetti ruotando

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verso il basso il palmo della mano.

Pettorali

Muscolo Origine Inserzione

GRANDE PETTORALE superficie anteriore della metà mediale della clavicola, superficie anteriore dello sterno, cartilagine delle prime sei o sette coste e aponevrosi dell'obliquo esterno dell'addome

cresta sotto la grande tuberosità omerale

Azione Innervazione Deficit

Origine fissa: adduce e intraruota l'omero. Con il braccio abdotto e inserzione fissa può elevare le coste. Nella deambulazione con stampelle o alle parallele interviene per sostenere il peso del corpo. Il capo claveare flette il braccio e lo adduce sul piano orizzontale verso la spalla controlaterale. Il capo sternocostale deprime la spalla e adduce il braccio verso la cresta iliaca controlaterale.

Innervazione del capo claveare: pettorale laterale, C5, 6, 7Innervazione del capo sternocostale: pettorale laterale e mediale, C6, 7, 8 D1

Deficit: parte claveare, riduce la capacità di addurre il braccio sul piano orizzontale. Difficoltà nel portare la mano sulla spalla opposta. Riduzione di forza in flessione e intrarotazione del braccio. Parte sternale, riduzione della forza in intrarotazione e adduzione del braccio in direzione obliqua verso l'anca opposta. Difficoltà nell'usare un'accetta, nel battere con una mazza o nel tenere un oggetto voluminoso e pesante alla'altezza della vita.

Muscolo Origine Inserzione

PICCOLO PETTORALE margine superiore e superficie esterna dalla terza alla quinta costa in corrispondenza della cartilagine; fascia dei muscoli intercostali corrispondenti

margine mediale e faccia superiore del processo coracoideo della scapola

Azione Innervazione Deficit

Origine fissa, inclina in avanti la scapola abbassando il processo coracoideo. Inserzione fissa, interviene nella inspirazione forzata

pettorale mediale con alcune fibre di provenienza dal pettorale laterale, C6, 7, 8 D1

diminuisce la fissazione della scapola e, per questo, la forza in estensione del braccio.

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Addominali

Muscolo Origine Inserzione

RETTO DELL'ADDOME cartilagini costali quinta, sesta e settima e processo xifoideo dello sterno.

cresta e sinfisi pubica.

Azione Innervazione Deficit

flette il tronco sul bacino e viceversa, aumenta la cifosi dorsale e riduce la lordosi lombare.

da D5 a D12. diminuzione della capacità di flettere il rachide, di sollevare la testa e il tronco da supino e, in stazione eretta, aumento della lordosi lombare con antiversione del bacino.

Muscolo Origine Inserzione

OBLIQUO ESTERNO (o grande obliquo)

faccia laterale delle ultime otto coste, intersecandosi con il dentato anteriore.

fasci inferiori, metà anteriore della cresta iliaca. Fasci superiori, mediante un'ampia aponevrosi sulla linea alba, tubercolo pubico, sinfisi pubica.

Azione Innervazione Deficit

inclina la colonna dallo stesso lato e ruota il torace dalla parte opposta. Con contrazione bilaterale flette la colonna, abbassa le costole (funzione espiratoria) e comprime i visceri addominali.

da D5 a D12 e ipogastrico. diminuzione della capacità di flettere il rachide, antiversione del bacino in stazione eretta, riduzione della forza espiratoria e del sostegno ai visceri addominali.

Muscolo Origine Inserzione

OBLIQUO INTERNO (o piccolo obliquo)

vertebre lombari, cresta iliaca fino alla spina iliaca antero superiore, legamento inguinale.

ultime tre cartilagini costali, linea alba, pube.

Azione Innervazione Deficit

inclina la colonna e ruota il torace dal proprio lato. Con contrazione bilaterale flette la colonna, abbassa le costole (funzione espiratoria) e comprime i visceri addominali.

da D7 a D12, ileoipogastrico e ileoinguinale.

diminuzione della capacità di flettere il rachide, antiversione del bacino in stazione eretta, riduzione della forza espiratoria e del sostegno ai visceri addominali.

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Muscolo Origine Inserzione

TRASVERSO DELL'ADDOME faccia mediale delle ultime sei coste, vertebre lombari, cresta iliaca fino alla spina iliaca antero superiore, faccia superiuore del legamento inguinale.

linea alba, cresta pettinea e cresta del pube.

Azione Innervazione Deficit

comprime i visceri durante il torchio addominale, impedisce la protrusione della parete addominale, interviene nell'espirazione forzata.

da D7 a D11, ileoipogastrico e ileoinguinale.

protrusione della parete addominale con conseguente accentuazione della lordosi lombare.

Muscolo Origine Inserzione

DIAFRAMMA processo xifoideo,parte interna delle ultime sei cartilagini e ultime tre coste, vertebre lombari.

aponevrosi, senza inserzioni ossee, posta ventralmente alla cupola formata dal diaframma, detta centro frenico.

Azione Innervazione Deficit

è il più importante muscolo della respirazione. Agisce in fase inspiratoria abbassandosi e aumentando così il volume toracico diminuendone la pressione.

frenico C3, 4, 5. gravi difficoltà respiratorie.

Muscolo Origine Inserzione

QUADRATO DEI LOMBI legamento ileolombare e cresta iliaca.

processi trasversi da L1 a L4 e dodicesima costa.

Azione Innervazione Deficit

flette il rachide o eleva il bacino dallo stesso lato. Con contrazione bilaterale fissa il rachide lombare e abbassa le coste durante l'espirazione forzata.

plesso lombare da D12 a L1, 2, 3, e nervo sottocostale.

diminuzione della forza di flessione laterale del rachide e di elevazione del bacino. La sua retrazione unilaterale può dare un apparente dismetria degli arti inferiori.

Adduttori arto inferiore

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Muscolo Origine Inserzione

PETTINEO cresta pettinea del pube. linea pettinea del femore.

Azione Innervazione Deficit

adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.

otturatore e femorale L2, 3, 4. diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio bipodalico.

Muscolo Origine Inserzione

ADDUTTORE GRANDE pube, ischio e tuberosità ischiatica.

tuberosità glutea, linea aspra e tubercolo sopra il condilo mediale del femore.

Azione Innervazione Deficit

adduce l'anca. Può intervenire nella flessione e con le fibre di provenienza dalla tuberosità ischiatica nell'estensione.

otturatore e sciatico L2, 3, 4, 5 S1.

diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio bipodalico.

Muscolo Origine Inserzione

ADDUTTORE BREVE ramo inferiore del pube. linea pettinea inferiormente, fino alla metà superiore della linea aspra.

Azione Innervazione Deficit

adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.

otturatore L2, 3, 4 diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio bipodalico.

Muscolo Origine Inserzione

ADDUTTORE LUNGO pube, nell'angolo tra cresta e sinfisi.

a metà della linea aspra del femore.

Azione Innervazione Deficit

adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.

otturatore L2, 3, 4 diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio bipodalico.

Muscolo Origine Inserzione

GRACILE sinfisi pubica e ramo inferiore del pube.

al di sotto del condilo mediale della tibia.

Azione Innervazione Deficit

adduce l'anca. Può intervenire nella flessione e intrarotazione del ginocchio.

otturatore L2, 3, 4 diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio bipodalico.

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Quadricipite e flessori dell'anca

Muscolo Origine Inserzione

QUADRICIPITE retto femorale, spina iliaca antero inferiore e doccia sopra l'acetabolo. Vasto laterale, linea intertrocanterica, grande trocantere, tuberosità glutea, linea aspra. Vasto intermedio, faccia anteriore e laterale del femore, superiormente e linea aspra. Vasto mediale, linea intertrocanterica, linea aspra, linea sopracondiloidea mediale e tendini dell'adduttore lungo e grande.

rotula e mediante il legamento rotuleo sulla tuberosità tibiale.

Azione Innervazione Deficit

estende il ginocchio e il retto femorale partecipa alla flessione dell'anca.

femorale L2, 3, 4 difficoltà in numerose attività della vita quotidiana, come salire le scale, alzarsi e sedersi, camminare in salita. Nel cammino durante la fase di appoggio il ginocchio tende all'iperestensione.

Muscolo Origine Inserzione

ILEO PSOAS Grande Psoas, processi trasversi da L1 a L5, corpi vertebrali e dischi da D12 a L5. Iliaco, fossa iliaca, superiormente. Cresta iliaca, legamenti sacroiliaco anteriore e ileolombare e parte laterale del sacro.

piccolo trocantere del femore.

Azione Innervazione Deficit

a origine fissa, flette la coscia sul tronco e può abdurre e extraruotare l'anca. A inserzione fissa, con contrazione bilaterale, flette il tronco sulle coscie e aumenta la lordosi lombare. Con contrazione unilaterale partecipa alla flessione laterale del tronco.

plesso lombare L1, 2, 3, 4 difficoltà in numerose attività della vita quotidiana, come salire le scale, alzarsi e sedersi, camminare in salita. Nel cammino, un grave deficit impone una accentuata rotazione del bacino verso il lato in appoggio per facilitare l'avanzamento dell'arto in

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sospensione.

Muscolo Origine Inserzione

SARTORIO spina iliaca antero superiore. faccia mediale della tibia, superiormente.

Azione Innervazione Deficit

flette, extraruota e abduce l'anca. Flette il ginocchio e può intraruotare la tibia sul femore.

femorale L2, 3, 4 diminuzione della forza di flessione, extrarotazione e abduzione dell'anca. Diminuzione della stabilità in senso anteromediale del ginocchio.

Estensori del piede

Muscolo Origine Inserzione

ESTENSORE LUNGO DELLE DITA condilo laterale della tibia, faccia anteriore del perone per i suoi 3/4 anteriori, membrana interossea e setti muscolari adiacenti.

con quattro tendini alle dita dal 2° al 5°. Ogni tendine sulla superficie dorsale del dito si divide in tre linguette di cui due laterali si inseriscono sulla base della falange distale e una mediale, che si inserisce sulla base della seconda falange.

Azione Innervazione Deficit

estende le interfalangee e le metatarso-falangee delle dita dal 2° al 5°. Interviene nella estensione (flessione dorsale) e nella pronazione del piede.

peroneo profondo L4, 5 S1 diminuita capacità di flettere dorsalmente e di pronare il piede. Tendenza all'equinismo e al varismo dell'avampiede. Predispone al piede piatto.

Muscolo Origine Inserzione

PERONEO ANTERIORE faccia anteriore del perone, distalmente e membrana interossea.

base del quinto metatarso, dorsalmente.

Azione Innervazione Deficit

estende il piede (flessione dorsale) e lo prona.

peroneo profondo L4, 5 S1 diminuita capacità di flettere dorsalmente e di pronare il piede.

Muscolo Origine Inserzione

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ESTENSORE LUNGO DELL'ALLUCE faccia anteriore del perone, nei suoi 2/4 medi e membrana interossea.

base della falange distale dell'alluce.

Azione Innervazione Deficit

estende l'interfalangea e la metatarso-falangea dell'alluce. Coopera nell'estensione (flessione dorsale) e nella supinazione del piede.

peroneo profondo L4, 5 S1 diminuita capacità di estendere l'alluce e di flettere dorsalmente il piede.

Muscolo Origine Inserzione

TIBIALE ANTERIORE condilo laterale e superficie laterale della tibia, prossimalmente. Membrana interossea e fascia profonda.

base del primo cuneiforme, medialmente, e base del primo metatarso.

Azione Innervazione Deficit

estende (flessione dorsale) il piede e lo supina.

peroneo profondo L4, 5 S1 diminuita capacità di estendere il piede e predisposizione alla pronazione e eversione.

Intrinseci del piede

Muscolo Origine Inserzione

ADDUTTORE DELL'ALLUCE capo obliquo, base del 2°, 3° e 4° metatarso e guaina del peroneo lungo. Il capo trasverso, dai legamenti metatarso-falangei plantari del 3°, 4° e 5° dito e dal legamento trasverso delle teste dei metatarsi.

base della falange prossimale dell'alluce, lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

adduce e contribuisce a flettere la metatarso-falangea del pollice. Contribuisce al sostegno della volta plantare.

tibiale S1, 2 oltre all'ovvio deficit adduttorio dell'alluce predispone all'appiattimento della volta plantare. La sua retrazione favorisce l'alluce valgo.

Muscolo Origine Inserzione

ABDUTTORE DELL'ALLUCE processo mediale della tuberosità del calcagno, legamento laciniato, aponevrosi plantare e setto intermuscolare adiacente.

base della falange prossimale dell'alluce, medialmente.

Azione Innervazione Deficit

abduce e contribuisce a flettere la metatarso-falangea dell'alluce. Partecipa

tibiale L4, 5 S1 avampiede e alluce valgo. Spostamento mediale dello scafoide.

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all'adduzione dell'avampiede.

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE BREVE DELL'ALLUCE faccia inferiore del cuboide, medialmente e parte adiacente del cuneiforme laterale. Porzione laterale del tendine del tibiale posteriore.

base della falange prossimale dell'alluce, sia medialmente che lateralmente.

Azione Innervazione Deficit

flette la metatarso-falangea dell'alluce.

tibiale L4, 5 S1 alluce a martello e diminuzione del sostegno all'arco longitudinale della volta plantare.

Muscolo Origine Inserzione

FLESSORE BREVE DELLE DITA processo mediale della tuberosità del calcagno, parte intermedia dell'aponevrosi plantare e setti intermuscolari adiacenti.

falange intermedia delle dita dal 2° al 5°.

Azione Innervazione Deficit

flette le interfalangee prossimali e coopera alla flessione delle metatarso-falangee delle dita dal 2° al 5°.

tibiale L4, 5 S1 diminuzione della capacità di flettere le interfalangee prossimali delle dita dal 2° al 5° e riduce il sostegno agli archi plantari longitudinale e trasversale.

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