Biogas - Confronto Germania / Italia (pubblicato in Imprese Agricole)

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6 MAGGIO 2012 ENERGIE RINNOVABILI Speciale © RIPRODUZIONE RISERVATA APPLICAZIONI La Germania è spesso presa a modello, perché non farlo anche nell’ambito del biogas? l’alimentazione degli impianti? In queste pagine abbiamo GERMANIA-ITALIA: IMPIANTI A BIOGAS Il boom dell’ultimo decennio I primi impianti a biogas in Germania sono apparsi nel 1992, ma è solo dal 2001, con l’emanazione di una legge specifica sulle rinnovabili, che il biogas si è sviluppato veramente e ha vissuto il boom che lo ha portato ad avere nel 2011 un totale di 7100 impianti installati per una capacità di circa 2780 MW. DIGESTATO Ciclo chiuso I resti della fermentazione di un impianto a biogas possono essere ricondotti sui campi come concime naturale e questo porta ad una chiusura del ciclo della materia, che è l’ambizione massima a cui dovrebbe tendere la conduzione di un impianto a biogas. In Germania, se i substrati utilizzati negli impianti sono colture dedicate o reflui zootecnici, non sono richie- sti particolari post-trattamenti del digestato e que- sto può essere utilizzato in agricoltura. Solo quando nel substrato siano presenti resti organici o altri scar- ti di natura industriale, sono invece richiesti ben pre- cisi trattamenti per poter poi utilizzare il digestato co- me concime, ad esempio trattamenti termici e analisi microbiologiche del digestato stesso. Tali analisi, tra l’altro, sono state condotte nell’ultimo anno in manie- ra particolarmente frequente in Germania in seguito ai sospetti che il digestato distribuito sui campi potesse contenere il batterio Escherichia coli del ceppo ente- roemorragico e Clostridium botulinum. L’analisi dei digestati di diversi impianti non ha rivelato la presenza di alcuno dei due patogeni. Il trattamento sia mesofilo che termofilo all’interno degli impianti inat- tiva sia i batteri Escherichia che i clostridi. In generale, i trattamenti termici a cui è sottoposto il substrato in un impianto a biogas migliorano decisamente le condizio- ni igienico-sanitari del digestato rispetto al concime na- turale. A seconda del substrato utilizzato, la composi- zione del digestato varia e quindi anche il suo valore come concime organico per l’agricoltura. Il processo di fermentazione determina alcune caratteristiche che dif- ferenziano il digestato dai concimi naturali e per cer- ti versi ne migliorano la qualità. Rispetto al concime or- ganico naturale il digestato ha: più alta percentuale di azoto minerale; più alto pH, che dunque favorisce la eli- minazione di NH3; minor contenuto di sostanze maleo- doranti, aspetto che diminuisce notevolmente gli odori durante lo spargimento sui campi. Conoscere le carat- teristiche del digestato e i suoi contenuti in materia mi- nerale ed organica aiuta a decidere sulla sua migliore destinazione, ovvero su quali coltivazioni, quando e in quale quantità possa essere distribuito al meglio. Uno studio condotto in Germania ha analizzato diversi dige- stati in base alla loro origine e ottenuto i dati mostrati in tabella. Tali dati sono un’indicazione di come i digesta- ti possano variare tra di loro e dei rapporti delle sostan- ze in esso contenute. Il termine di paragone è liquame fresco (da allevamento bovino). f di Maria Luisa Doldi SUBSTRATI Cambio di direzione Che la Germania sia pioniere in Europa per il settore delle rinnovabili è fuor di dubbio. Da qui l’interesse per le sue decisioni. Il 1°gennaio 2012 è entrata appunto in vigore una nuova legge sulle rinnova- bili. Per il biogas, oltre alle novità nello sfruttamento del termico, vi sono novi- tà interessanti anche per quanto riguarda l’utilizzo dei substrati. Ma andiamo con ordine. L’attuale panorama tedesco del mondo dei substrati per biogas è ben descritto da una statistica del 2010 del ministero per l’agricoltura: il 46% dei substrati utilizzati per la produzione di biogas deriva da colture dedicate e il 45% da escrementi della zootecnia. Questo per quanto riguarda le fonti de- rivanti dall’agricoltura. Vi sono poi un 7% di rifiuti organici solidi e un 2% di ri- fiuti industriali. Del 46% da colture dedicate, il 76% è insilato di mais. E qui ar- riviamo a quello che è oggi il maggiore problema con cui il biogas deve fare i conti in Germania. A causa dei numeri sopra esposti, vi sono regioni in Germa- nia in cui si è affermata una vera e propria monocoltura a mais. Consapevoli della non sostenibilità di tale tendenza, sia dal punto di vista agronomico che ambientale, sia le associazioni di settore - Biogas Verband in primis - sia la le- gislazione si sono mosse per contrastare questa tendenza, creando il contesto per guardare ad altri materiali come substrato di produzione per il biogas. Ed è proprio questa la novità della legge rinnovabili 2012 – familiarmente chiamata dai Tedeschi EEG2012 (Erneubare Energie Gesetz) – in cui, per quanto riguar- da i substrati, si evidenziano tre tendenze fondamentali: affermare maggiormente l’utilizzo di scarti e reflui zootecnici; diminuire l’utilizzo di mais; affermare l’utilizzo di colture energetiche diverse dal mais. Quali strumenti utilizza il decreto legislativo per raggiungere questi obiettivi? Con il decreto 2012 tutti gli impianti a biogas ricevono un incentivo di base il cui ammontare dipende dalla potenza dell’impianto stesso. A questo incenti- vo si somma un ulteriore sostegno che varia dai 4 agli 8 ct/kWh secondo la dimensione degli impianti e che dipende dal substrato immesso nell’impian- to. In base a questo si definiscono tre tipologie di impianti e quindi di incentivi: Classe I: colture dedicate Classe II: reflui zootecnici e scarti verdi del paesaggio Classe III: rifiuti solidi organici con le classi II e III che ricevono i maggiori incentivi. Ovviamente è possibile uti- lizzare miscugli di substrati diversi. In questo caso però è necessaria una detta- gliata registrazione di quali e quanti substrati vengono immessi negli impianti, cosa che costituisce uno sforzo burocratico maggiore da parte dei gestori de- gli impianti. Toccati da questa riforma sono soprattutto quegli impianti che uti- lizzano essenzialmente mais per le loro produzioni. Infatti, per poter ottenere gli incentivi è necessario che gli impianti di classe I non utilizzino più del 60% di mais. Tutto questo discorso non vale per gli impianti di 75 kWh che vedono gli incentivi maggiori (quasi a livelli italiani di 25c/kWh) ma che per poter ave- re accesso ad essi, devono utilizzare reflui zootecnici almeno all’80% dei loro substrati. L’Associazione nazionale per il Biogas - Biogas Verband – sulla base di informazioni dall’industria, stima una crescita nel futuro prossimo di impian- ti di piccole dimensioni e quindi un effettivo maggiore utilizzo di reflui zootecni- ci come substrato per il biogas tedesco. Condizione fondamentale è però che l’industria riesca a portare sul mercato impianti a prezzi più accessibili rispetto agli attuali. Parallelamente, si favoriscono la ricerca e le applicazioni per poter trovare alternative colturali al mais e portare effettivamente, anche con la pro- duzione di colture energetiche, più diversità sui campi. In Germania, oggi sono in funzione circa 7100 impianti che producono circa 18 miliardi di kWh di ener- gia elettrica, sufficiente per provvedere al fabbisogno di circa il 13% delle abi- tazioni tedesche. Circa 66 di questi impianti producono biometano d’alta qua- lità che viene immesso nella rete gas nazionale. f di Maria Luisa Doldi Diversamente dallo sviluppo avuto in Italia, la maggior parte degli impianti a biogas appartiene ancora all’agricoltura, a singole aziende o ad aziende agricole consorziate. La dimensione media si aggira tra i 300 e i 400 kW. Raramente vi sono impianti da 1 MW. Il 1° gennaio 2012 è entrato in vigore un nuovo decreto sulle rinnovabili. Con esso sono state introdotte alcune novità che influenzeranno non poco lo sviluppo del biogas a venire. Oltre alle misure riguardan- ti lo sfruttamento del termico, si prevedono sovvenzioni di 25c/kWh per impianti fino a 75 kW di potenza, a patto che essi utilizzi- no reflui zootecnici come substrato in una percentuale almeno dell’80%. Con questa misura si mira ad ottenere due risultati: una maggiore diffusione di impianti di pic- cola taglia ed un maggiore utilizzo dei reflui zootecnici. Nel primo caso si cerca di rendere possibile l’accesso ad un impianto per un maggior numero di aziende agricole. Con la seconda misura si vuole diminuire l’utilizzo di mais e colture dedicate come substrati per gli impianti a biogas e creare un ciclo chiuso della materia organica. Per impianti di dimensioni maggiori ai 75 kW, gli incentivi base si muovono tra gli 11 (impianti di 5 MW) e i 14,3 (impianti fino a 150 kW) ct/ kWh. Il biogas in Germania gioca un ruolo molto importante nell’approvvigionamento energetico. Nel 2010 il consumo di energia primaria in Germania è stato di 14.044 PJ, di cui il 9,4% è stato prodotto da energie rinnovabili. All’interno del gruppo delle rinnovabili il biogas ha contribuito al 12,6% di tutta l’energia elettrica prodotta e al 5,5% dell’energia termica (N.d.R., nel grafico il valore 2012 è una proiezione). f di Maria Luisa Doldi Digestato Parametri Liquame fresco (da allevamento bovino) Liquame da allevamento bovino + colture dedicate Liquame da allevamento suino + colture dedicate Colture dedicate Rifiuti organici + colture dedicate Kg/t materia fresca N totale 4,1 4,6 4,6 4,7 4,8 Azoto ammoniacale 1,8 2,6 3,1 2,7 2,9 Fosforo 1,9 2,5 3,5 1,8 1,8 Potassio 4,1 5,3 4,2 5 3,9 Magnesio 1,02 0,91 0,82 0,84 0,7 Calcio 2,3 2,2 1,6 2,1 2,1 Zolfo 0,41 0,35 0,29 0,33 0,32 Sostanza organica 74,3 53,3 41,4 51,0 42,0

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UN breve confronto di come i due paesi affrontano alcunia spetti chiave nella produzione di biogas. Stato dell’arte: maggio 2012

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ENERGIE RINNOVABILISpeciale

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APPLICAZIONI

La Germania è spesso presa a modello, perché non farlo anche nell’ambito del biogas? Come a� rontano i due Paesi temi come la cogenerazione di calore, l’utilizzo del digestato, l’alimentazione degli impianti? In queste pagine abbiamo cercato di fotografare le due realtà. Ai lettori le conclusioni.

GERMANIA- ITALIA: Due mondi a confrontoLa Germania è spesso presa a modello, perché non farlo anche nell’ambito del biogas? Come a� rontano i due Paesi temi come la cogenerazione di calore, l’utilizzo del digestato,

IMPIANTI A BIOGAS

Il boom dell’ultimo decennioI primi impianti a biogas in Germania sono apparsi nel 1992, ma è solo dal 2001, con l’emanazione di una legge speci� ca sulle rinnovabili, che il biogas si è sviluppato veramente e ha vissuto il boom che lo ha portato ad avere nel 2011 un totale di 7100 impianti installati per una capacità di circa 2780 MW.

DIGESTATO

Ciclo chiusoI resti della fermentazione di un impianto a biogas possono essere ricondotti sui campi come concime naturale e questo porta ad una chiusura del ciclo della materia, che è l’ambizione massima a cui dovrebbe tendere la conduzione di un impianto a biogas.

In Germania, se i substrati utilizzati negli impianti sono colture dedicate o re� ui zootecnici, non sono richie-sti particolari post-trattamenti del digestato e que-sto può essere utilizzato in agricoltura. Solo quando nel substrato siano presenti resti organici o altri scar-ti di natura industriale, sono invece richiesti ben pre-cisi trattamenti per poter poi utilizzare il digestato co-me concime, ad esempio trattamenti termici e analisi microbiologiche del digestato stesso. Tali analisi, tra l’altro, sono state condotte nell’ultimo anno in manie-

ra particolarmente frequente in Germania in seguito ai sospetti che il digestato distribuito sui campi potesse contenere il batterio Escherichia coli del ceppo ente-roemorragico e Clostridium botulinum. L’analisi dei digestati di diversi impianti non ha rivelato la presenza di alcuno dei due patogeni. Il trattamento sia meso� lo che termo� lo all’interno degli impianti inat-tiva sia i batteri Escherichia che i clostridi. In generale, i trattamenti termici a cui è sottoposto il substrato in un impianto a biogas migliorano decisamente le condizio-

ni igienico-sanitari del digestato rispetto al concime na-turale. A seconda del substrato utilizzato, la composi-zione del digestato varia e quindi anche il suo valore come concime organico per l’agricoltura. Il processo di fermentazione determina alcune caratteristiche che dif-ferenziano il digestato dai concimi naturali e per cer-ti versi ne migliorano la qualità. Rispetto al concime or-ganico naturale il digestato ha: più alta percentuale di azoto minerale; più alto pH, che dunque favorisce la eli-minazione di NH3; minor contenuto di sostanze maleo-doranti, aspetto che diminuisce notevolmente gli odori durante lo spargimento sui campi. Conoscere le carat-teristiche del digestato e i suoi contenuti in materia mi-nerale ed organica aiuta a decidere sulla sua migliore destinazione, ovvero su quali coltivazioni, quando e in quale quantità possa essere distribuito al meglio. Uno studio condotto in Germania ha analizzato diversi dige-stati in base alla loro origine e ottenuto i dati mostrati in tabella. Tali dati sono un’indicazione di come i digesta-ti possano variare tra di loro e dei rapporti delle sostan-ze in esso contenute. Il termine di paragone è liquame fresco (da allevamento bovino).

f di Maria Luisa Doldi

SUBSTRATI

Cambio di direzioneChe la Germania sia pioniere in Europa per il settore delle rinnovabili è fuor di dubbio. Da qui l’interesse per le sue decisioni.

Il 1°gennaio 2012 è entrata appunto in vigore una nuova legge sulle rinnova-bili. Per il biogas, oltre alle novità nello sfruttamento del termico, vi sono novi-tà interessanti anche per quanto riguarda l’utilizzo dei substrati. Ma andiamo con ordine. L’attuale panorama tedesco del mondo dei substrati per biogas è ben descritto da una statistica del 2010 del ministero per l’agricoltura: il 46% dei substrati utilizzati per la produzione di biogas deriva da colture dedicate e il 45% da escrementi della zootecnia. Questo per quanto riguarda le fonti de-rivanti dall’agricoltura. Vi sono poi un 7% di ri� uti organici solidi e un 2% di ri-� uti industriali. Del 46% da colture dedicate, il 76% è insilato di mais. E qui ar-riviamo a quello che è oggi il maggiore problema con cui il biogas deve fare i conti in Germania. A causa dei numeri sopra esposti, vi sono regioni in Germa-nia in cui si è affermata una vera e propria monocoltura a mais. Consapevoli della non sostenibilità di tale tendenza, sia dal punto di vista agronomico che ambientale, sia le associazioni di settore - Biogas Verband in primis - sia la le-gislazione si sono mosse per contrastare questa tendenza, creando il contesto per guardare ad altri materiali come substrato di produzione per il biogas. Ed è proprio questa la novità della legge rinnovabili 2012 – familiarmente chiamata dai Tedeschi EEG2012 (Erneubare Energie Gesetz) – in cui, per quanto riguar-da i substrati, si evidenziano tre tendenze fondamentali: affermare maggiormente l’utilizzo di scarti e re� ui zootecnici;diminuire l’utilizzo di mais;affermare l’utilizzo di colture energetiche diverse dal mais.

Quali strumenti utilizza il decreto legislativo per raggiungere questi obiettivi? Con il decreto 2012 tutti gli impianti a biogas ricevono un incentivo di base il cui ammontare dipende dalla potenza dell’impianto stesso. A questo incenti-vo si somma un ulteriore sostegno che varia dai 4 agli 8 ct/kWh secondo la dimensione degli impianti e che dipende dal substrato immesso nell’impian-to. In base a questo si de� niscono tre tipologie di impianti e quindi di incentivi: Classe I: colture dedicateClasse II: re� ui zootecnici e scarti verdi del paesaggioClasse III: ri� uti solidi organicicon le classi II e III che ricevono i maggiori incentivi. Ovviamente è possibile uti-lizzare miscugli di substrati diversi. In questo caso però è necessaria una detta-gliata registrazione di quali e quanti substrati vengono immessi negli impianti, cosa che costituisce uno sforzo burocratico maggiore da parte dei gestori de-gli impianti. Toccati da questa riforma sono soprattutto quegli impianti che uti-lizzano essenzialmente mais per le loro produzioni. Infatti, per poter ottenere gli incentivi è necessario che gli impianti di classe I non utilizzino più del 60% di mais. Tutto questo discorso non vale per gli impianti di 75 kWh che vedono gli incentivi maggiori (quasi a livelli italiani di 25c/kWh) ma che per poter ave-re accesso ad essi, devono utilizzare re� ui zootecnici almeno all’80% dei loro substrati. L’Associazione nazionale per il Biogas - Biogas Verband – sulla base di informazioni dall’industria, stima una crescita nel futuro prossimo di impian-ti di piccole dimensioni e quindi un effettivo maggiore utilizzo di re� ui zootecni-ci come substrato per il biogas tedesco. Condizione fondamentale è però che l’industria riesca a portare sul mercato impianti a prezzi più accessibili rispetto agli attuali. Parallelamente, si favoriscono la ricerca e le applicazioni per poter trovare alternative colturali al mais e portare effettivamente, anche con la pro-duzione di colture energetiche, più diversità sui campi. In Germania, oggi sono in funzione circa 7100 impianti che producono circa 18 miliardi di kWh di ener-gia elettrica, suf� ciente per provvedere al fabbisogno di circa il 13% delle abi-tazioni tedesche. Circa 66 di questi impianti producono biometano d’alta qua-lità che viene immesso nella rete gas nazionale.

f di Maria Luisa Doldi

Diversamente dallo sviluppo avuto in Italia, la maggior parte degli impianti a biogas appartiene ancora all’agricoltura, a singole aziende o ad aziende agricole consorziate. La dimensione media si aggira tra i 300 e i 400 kW. Raramente vi sono impianti da 1 MW. Il 1° gennaio 2012 è entrato in vigore

un nuovo decreto sulle rinnovabili. Con esso sono state introdotte alcune novità che in� uenzeranno non poco lo sviluppo del biogas a venire. Oltre alle misure riguardan-ti lo sfruttamento del termico, si prevedono sovvenzioni di 25c/kWh per impianti � no a 75 kW di potenza, a patto che essi utilizzi-

no re� ui zootecnici come substrato in una percentuale almeno dell’80%. Con questa misura si mira ad ottenere due risultati: una maggiore di� usione di impianti di pic-cola taglia ed un maggiore utilizzo dei re� ui zootecnici. Nel primo caso si cerca di rendere possibile l’accesso ad un impianto per un maggior numero di aziende agricole. Con la seconda misura si vuole diminuire l’utilizzo di mais e colture dedicate come substrati per gli impianti a biogas e creare un ciclo chiuso della materia organica. Per impianti di dimensioni maggiori ai 75 kW, gli incentivi base si muovono tra gli 11 (impianti di 5 MW) e i 14,3 (impianti � no a 150 kW) ct/kWh. Il biogas in Germania gioca un ruolo molto importante nell’approvvigionamento energetico. Nel 2010 il consumo di energia primaria in Germania è stato di 14.044 PJ, di cui il 9,4% è stato prodotto da energie rinnovabili. All’interno del gruppo delle rinnovabili il biogas ha contribuito al 12,6% di tutta l’energia elettrica prodotta e al 5,5% dell’energia termica (N.d.R., nel gra� co il valore 2012 è una proiezione).

f di Maria Luisa Doldi

Digestato

Parametri Liquame fresco (da allevamento bovino)

Liquame da allevamento bovino + colture dedicate

Liquame da allevamento suino + colture dedicate

Colture dedicate Ri� uti organici + colture dedicate

Kg/t materia fresca

N totale 4,1 4,6 4,6 4,7 4,8

Azoto ammoniacale 1,8 2,6 3,1 2,7 2,9

Fosforo 1,9 2,5 3,5 1,8 1,8

Potassio 4,1 5,3 4,2 5 3,9

Magnesio 1,02 0,91 0,82 0,84 0,7

Calcio 2,3 2,2 1,6 2,1 2,1

Zolfo 0,41 0,35 0,29 0,33 0,32

Sostanza organica 74,3 53,3 41,4 51,0 42,0

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La Germania è spesso presa a modello, perché non farlo anche nell’ambito del biogas? Come a� rontano i due Paesi temi come la cogenerazione di calore, l’utilizzo del digestato, l’alimentazione degli impianti? In queste pagine abbiamo cercato di fotografare le due realtà. Ai lettori le conclusioni.

GERMANIA- ITALIA: Due mondi a confrontoLa Germania è spesso presa a modello, perché non farlo anche nell’ambito del biogas? Come a� rontano i due Paesi temi come la cogenerazione di calore, l’utilizzo del digestato,

DIGESTATO

Una norma ancora da chiarireTra i prodotti della digestione anaerobica, oltre all’energia e al calore (quando viene recuperato), c’è anche il digestato. Il suo utilizzo agricolo, però, non è così ovvio, perché la normativa in materia è piuttosto complessa e suscettibile a di� erenti interpretazioni. Tutto dipende dalla dieta del digestore: se il materiale alimentato è considerato un ri� uto, lo è anche il relativo digestato; in caso contrario, ne è ammesso l’uso agricolo.

f di Elena Consonni

Della questione si occupa il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, che modi� ca la disciplina sulla gestione dei ri� uti contenuta nella Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006. Non ci sono dubbi - ne parla l’articolo 185, comma 1 - che i “materiali agricoli” (residui di coltivazioni e produzioni vegetali), utilizzati per produrre biogas siano espressamente esclusi dalla normativa “ri� uti”; non è invece stato chiarito in maniera altrettanto precisa se le deiezioni animali siano o meno ri� uti. Un minimo di chiarezza potrebbe venire dal Regolamento CE 1069/69, che include il letame tra i sottoprodotti di origine animale. Allo stato attuale, si potrebbe arrivare all’ennesimo paradosso italiano. Se l’allevatore sparge direttamente in campo le deiezioni animali, non è soggetto alla normativa ri� uti. Se, invece, li boni� ca in un impianto a biogas, migliorandone la qualità agronomica, sanitaria e ambientale, rischia di dover adempiere ai requisiti previsti dalle norme sullo smaltimento dei ri� uti. La situazione, quindi, è tutto fuorché chiara e l’utilizzo agronomico del digestato è una questione ancora controversa, anche perché le autorità locali, deputate a concedere le autorizzazioni, in caso di dubbio o equivoco tendono, per evitare qualunque possibile problema, a fare riferimento alle norme più restrittive. Ancora una volta, la macchinosità normativa rischia di far perdere all’imprenditore agricolo l’opportunità di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse che la sua attività gli offre.

La composizione media del digestato in Lombardia

Contenuto in Sostanza secca 6,00%

N Totale 3,34 kg/m3

N ammoniacale 1,54 kg/m3

N minerale 1,8 kg/m3

Fosforo 0,9 kg/m3

K20 2,23 kg/m3

Magnesio 0,24 kg/m3

IMPIANTI A BIOGAS

Una distribuzione a macchia di leopardoIl numero di impianti a biogas esistenti in Italia supera di poco le 500 unità, con una potenza elettrica installata che s� ora i 350 MW, almeno secondo i dati forniti dal Consorzio Italiano Biogas.

SOTTOPRODOTTI

Non chiamateli scarti!È lecito sottrarre terreno agricolo disponibile per la produzione di materie prime destinate all’alimentazione umana a vantaggio di quelle energetiche? Questo dibattito è sempre aperto.

Forse si tratta di un falso problema, se è vero quanto ha riferito Ezio Veggia, vicepresidente di Confagricoltura e presidente del Consorzio per lo sviluppo di agroenergie: “Da un recente studio è emerso che nel nostro Paese un milione di ettari di Sau (Super� cie agricola utilizzata) non è in realtà coltivato. Se da qui al 2020 si veri� casse un signi� cativo incremento di impianti di biogas, di questo milione di ettari se ne utilizzerebbero a scopi energetici non più di 200-300mila». Ciò non toglie che il tema sia caldo, soprattutto perché queste considerazioni sono poco note ai non addetti ai lavori. Questo signi� ca che gli operatori agricoli devono tener conto anche dell’aspetto alimentazione in fase di progettazione dell’impianto, sia per aumentare il consenso da parte del territorio in cui sorge l’impianto, sia per ragioni meramente economiche. L’acquisto di biomassa dedicata alla produzione energetica o il noleggio di terreni agricoli per coltivarli direttamente possono impattare – anche in maniera signi� cativa – sul conto economico di un biodigestore. Bisogna quindi cercare di sfruttare al meglio tutto il materiale disponibile all’interno dell’azienda o che si possa ritirare da realtà vicine, che costituisca non una materia prima dedicata, ma uno scarto di altre lavorazioni. Anche la normativa in materia di incentivi sembra spingere le aziende agricole in questa direzione. Il Decreto Legislativo n° 28 del 3 marzo 2011, che attua la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, include, all’articolo 24, i meccanismi di incentivazione che saranno attivi a partire dal 2013. In particolare il nuovo regime incentivante mirerà a premiare, nel settore del biogas, delle biomasse e dei biocarburanti, l’uso ef� ciente di ri� uti e sottoprodotti, di biogas da re� ui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali. Fin qui tutto chiaro, i problemi compaiono quando si entra nel campo minato delle de� nizioni legali ovvero cosa intende, la legge italiana, per sottoprodotti? Anzitutto, come precisava già il D.Lgs n.152/2006, i sottoprodotti non sono ri� uti. Per avere una de� nizione chiara di sottoprodotto bisogna però arrivare al 2010. Il Decreto 205 del 2010, infatti, precisa che i sottoprodotti devono soddisfare quattro requisiti: devono derivare da un processo di produzione, di cui costituiscono parte integrante ma la cui produzione non è lo scopo principale; ci deve essere la certezza di un successivo reimpiego, sia da parte del produttore che da terzi; il sottoprodotto deve

poter essere reimpiegato direttamente, senza subire ulteriori trattamenti rispetto a quelli della normale pratica industriale; l’ulteriore utilizzo di questa sostanza deve essere legale, cioè deve soddisfare i requisiti merceologici e garantire la protezione della salute e dell’ambiente. Il decreto impone anche che ci sia un contratto tra il produttore del sottoprodotto e l’utilizzatore, per dare la certezza dell’effettivo utilizzo del materiale di scarto. Tale contratto deve riportare il processo da cui deriva il sottoprodotto, la qualità – in termini di sostanza secca, sostanze azotate... - e la quantità di materiale conferito, oltre che le modalità di consegna. Non è obbligatorio indicare il prezzo di cessione. Insomma sulla carta sembra tutto chiaro, ma qualche dubbio resta: sia il decreto 152/2006 che il 205/2010 non sono del tutto chiari a proposito degli ef� uenti zootecnici, che – da parte di qualche Autorità particolarmente cauta, potrebbero essere addirittura considerati ri� uti e, come tali, vietarne l’uso in un biodigestore in ambito agricolo. E non si tratta di una questione di poco conto. Secondo le stime che Alessandro Marangoni di Althesys ha presentato nel corso della recente Mostra Convegno Agroenergia di Tortona, le potenzialità dei sottoprodotti sono altissime, pari a 10 Mtep di energia all’anno, che corrispondono al 60% della produzione di quei 16,5 Mtep di energia primaria da biomasse che sono l’obiettivo UE entro il 2020, al 5% dei consumi di energia primaria e al 49% della produzione di energia da fonti rinnovabili.

f di Elena Consonni

Numeri importanti, certo, se il panorama di riferimento è solo quello interno. A parti-re dal 2009, in concomitanza con l’introduzione della tarif-fa onnicomprensiva a seguito del Decreto Rinnovabili di � -

ne 2008, il settore ha conosciu-to una crescita esponenziale. Il numero di chilowatt installa-ti è salito di conseguenza, anzi in maniera ancora più netta: è più che raddoppiata tra il 2010 e il 2011, a testimonianza di

come, negli ultimi anni, la ten-denza sia stata quella di inve-stire in impianti di dimensioni e capacità maggiori. La poten-za elettrica media è comunque pari a circa 670 kW. La porta-ta di questi risultati, però, si ri-dimensiona notevolmente se si allarga lo sguardo oltre con� -ne e ci si confronta con chi è all’avanguardia nel comparto. E non basteranno certo i nuo-vi impianti che si prevede ver-ranno costruiti entro il 2012 – il Crpa (Centro Ricerche Pro-duzioni Animali) stima che si potrebbe arrivare tra 700 e 800 impianti – a colmare questo gap. Oltretutto la realtà nazio-nale è tutto fuorché omogenea. Se la Lombardia è davvero la protagonista del comparto del biogas in Italia, con 210 im-pianti installati, le regioni che

la seguono hanno all’incirca un terzo dei biodigestori: so-no il Veneto (78), il Piemonte (72) e l’Emilia Romagna (63). Sempre più distanti, in par-te anche per ragioni geogra-� che, il Trentino Alto Adige

e il Friuli Venezia Giulia, che contano rispettivamente 33 e 17 impianti. Le regioni dell’I-talia Centrale si attestano tra 4 e 8 impianti ciascuna, mentre quelle del Sud non superano quota 3. Fanalini di coda: Sici-

lia e Puglia, in cui non ci so-no impianti a biogas installati, Molise e Valle d’Aosta, con un solo impianto ciascuno. La di-stribuzione degli impianti va di pari passo con quella degli al-levamenti intensivi, che si con-centrano, appunto, tra Lom-bardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Il fatto che le autorizzazioni siano con-cesse a livello locale non age-vola una maggiore uniformità del sistema. Parlando di cifre, non si può trascurare un tema particolarmente caldo: il pro-� lo occupazionale. L’industria del biogas, nel solo settore agri-colo, nel 2009 ha dato lavoro a 300 addetti, tra occupati diret-ti e indiretti, che hanno supe-rato 560 nel 2010. Nel 2011 è stata superata la soglia dei 900.

f di Elena Consonni

f A cura di Maria Luisa Doldi e Elena Consonni

[email protected] 7 20/04/12 10.36

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TERMICO

Obbligatorio l’utilizzo del termicoSi parla di un rapporto di 2:1 ovvero quando si brucia biogas in un processo di cogenerazione si producono due parti di calore e una di energia elettrica. Una parte importante dunque quella termica: se adeguatamente sfruttata permette un utilizzo ottimale degli impianti a biogas. In genere solo il 25% circa di quanto prodotto viene sempre utilizzato per il mantenimento delle temperature nel fermentatore. E il resto? Dipende!

Lo sfruttamento del calore prodotto in un processo di cogenerazione non è sempre così ovvio e sembra dipendere più da regole politiche che da possibilità tecnologiche. Uno Stato che da lungo cerca di sostenere l’utilizzo dell’energia termica prodotta è la Germa-nia. Con il decreto rinnovabili del 2004 e poi del 2009 si è cercato di rendere economica-mente interessante l’utilizzo del termico con una maggiorazione di 2 o 3 cent pro kwH di energia elettrica prodotta, a seconda delle dimensioni dell’impian-to. La � loso� a era: utilizzi il termico? Hai un incentivo in più sulla corrente che produci! Il risultato è stato che il calore da prodotto di scarto è divenuto un ulteriore bene prezioso e che nessun impianto a biogas è stato più progettato senza una ragionevole possibilità di utilizzo del calore. E il settore si è dimostrato molto inventivo nel trovare soluzioni e modi per sfruttare il calore, non solo in inverno ma durante tutto l’anno. Così, l’energia termica da biogas nel 2010 è arrivata a coprire il 5,5% del fabbisogno nazionale tedesco di energia termica prodotta da fonti rinnovabili. Le soluzioni che si sono delineate sono molto variegate: dall’utilizzo del ca-lore in loco – quindi per stalle, ambienti, acqua calda, essic-camento, ecc. – alla consegna del calore a acquirenti come piscine, istituti, scuole, � no a soluzioni più complesse come le reti di teleriscaldamento. Il 1° gennaio 2012 è però entrata in vigore la nuova legge sulle rinnovabili (EEG 2012) che, per lo sfruttamento del termico da impianti a biogas, ha portato con sè parecchie novità. L’uti-lizzo di almeno il 60% del calo-re prodotto nella cogenerazione

diventa condizione necessaria e obbligatoria per poter ottenere qualunque incentivo anche sull’elettrico prodotto. Si passa cioè da un “se volete” a un “dovete”. Pena: la perdita com-pleta degli incentivi. L’Associa-zione Nazionale Biogas - Biogas Verband – esprime il suo malcontento: “Si tratta di una decisione che non crea certo binari ottimali per un ulteriore sviluppo del biogas”. Non tanto perché non sia corretto sfruttare il calore, quanto per la rigidità a cui questo utilizzo è legato. L’Associazione vede un proble-ma soprattutto per chi cede il suo calore ad acquirenti. Cosa fare se l’acquirente all’improv-viso non ritira più, laddove l’utilizzo del calore deve essere continuativo per poter dare accesso agli incentivi? Questo tipo di politica inoltre indebo-lisce notevolmente la posizione

del produttore e ra� orza quella dell’acquirente, dandogli un forte potere contrattuale sui prezzi. Anche le banche vedono criticamente questa situazione, tanto che sono divenute molto più caute nel concedere crediti. Il panorama del biogas tedesco e soprattutto i costruttori e gestori di impianti dovranno per ora adattarsi a questa nuova situazione, seppur non ideale. Certo, l’Associazione Biogas continuerà a lavorare a� nché si creino le condizioni migliori per poter assicurare l’a� ermazione del biogas, fonte di energia tra le più versatili, e per trovare un metodo ottimale di sfruttamento del termico, elemento decisivo per una buo-na redditività degli impianti e - aggiungiamo noi – per otti-mizzare l’impatto ambientale di questa bioenergia.

f di Maria Luisa Doldi

TERMICO

Ancora al palogli incentivi È passato oltre un anno dall’emanazione del decreto legge N° 28 del 3 marzo del 2011, con cui lo stato italiano recepiva la direttiva dell’Unione Europea n° 28 del 2009 sulle energie da fonti rinnovabili. Per diventare pienamente operativo ha però bisogno dei rispettivi decreti attuativi.

Mentre in un anno molto si è fatto sul fronte degli incentivi alla produzione di energia elettrica (seppure con qualche malumore per la penalizzazione al fotovoltaico), quelli relativa all’energia termica – ovvero al calore prodotto da fonti rinnovabili – sono ancora al palo. Eppure non si tratta di un problema da poco perché, come sottolinea Marino Berton, presidente di Aiel, “la maggior parte degli utilizzi dei combustibili fossili è legata alla produzione di energia termica, non di quella elettrica”. Eppure i programmi sono ambiziosi: il Piano di Azione Nazionale prevede che entro il 2020 il 48% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili debba essere utilizzata a � ni termici (riscaldamento o raffrescamento), contro il 39% dell’energia elettrica e il 13% per il trasporto (biocarburanti). Il PAN prevede anche che si passi da 1875 ktep (dato del 2008) a 5670 (previsioni per il 2020) ktep di energia elettrica prodotta di biomasse, cifra che include sia quelle legnose che il biogas. L’obiettivo non è da poco, ma al momento mancano i supporti concreti per raggiungerlo. “Il problema – prosegue Berton – è che l’emanazione dei decreti attuativi prevede l’accordo di più soggetti: il Ministero dello Sviluppo Economico, quello dell’Ambiente e quello dell’Agricoltura. Una volta trovato un testo che soddis� tutti questi attori, il decreto

deve passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Insomma ottimisticamente, ma non utopisticamente, non mi aspetto che il decreto venga emanato prima della � ne di maggio, inizio di giugno”. Al momento i Ministeri preposti stanno vagliando le proposte messe sul tavolo dalle associazioni del settore. Una prima ipotesi prevede che si possa aggiungere alla tariffa omnicomprensiva erogata per la produzione di energia elettrica un bonus per gli impianti più ef� cienti, quelli cioè che recuperano e utilizzano il calore. Un’altra possibile strada potrebbe essere quella di estendere all’energia termica lo strumento dei cosiddetti “certi� cati bianchi”, ovvero i Titoli di ef� cienza energetica. Questo strumento (che attualmente riguarda la sola energia elettrica) prevede l’erogazione di un incentivo per le imprese che dimostrano di aver generato un risparmio energetico, proporzionale al numero di tep risparmiati. La criticità di questo strumento riguarda l’orizzonte temporale: lo strumento dei certi� cati bianchi ha una durata di 5 anni, contro i 15 della tariffa omnicomprensiva. La proposta è di compensare la differenza con un coef� ciente di moltiplicazione: gli incentivi che dovrebbero essere erogati in 15 anni andranno concentrati in un periodo inferiore. Al momento, però, non è prevista la possibilità di cumulare i tep elettrici risparmiati con quelli termici. Al di là delle proposte sul tavolo, non ci si può esimere dal sottolineare che tempi normativi così lunghi non agevolano la propensione delle aziende ad investire. Dif� cile rimanere al passo con l’Europa “di serie A” quando si deve avere a che fare con simili lungaggini. In� ne si segnala una curiosità: mentre si discute se e quanto incentivare la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, l’occasione di effettuare un ulteriore prelievo � scale non è sfuggita all’Agenzia delle Dogane. Lo scorso settembre ha emesso una circolare che ha imposto ai gestori di impianti di cogenerazione di energia elettrica e termica di dotarsi a partire dal primo gennaio 2012 di due distinti contatori, uno per misurare l’energia elettrica, l’altro per il calore. Il gestore è tenuto a comunicare le letture dei contatori in modo da poter permettere i relativi conguagli di imposta: chi produce energia è tenuto a pagare un’accisa su tutto il combustibile utilizzato, per poi ricevere un rimborso – chissà con quali tempi - su quello impiegato per la sola energia elettrica. Insomma, in attesa che arrivino gli incentivi per il termico, chi recupera il calore, anziché sprecarlo, è penalizzato. È l’ennesimo paradosso italiano, che tutto fa meno che premiare i comportamenti virtuosi.

f di Elena Consonni

Anche per quanto riguarda l’utilizzo del termico si confrontano due visioni di� erenti…

Il tema caldo del termico

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