Biochimica degli ormoni

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Biochimica degli Ormoni Appunti per studenti di medicina ver. 0.3.5 (3 ottobre 2014) Generato con L A T E X

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Biochimica degli OrmoniAppunti per studenti di medicina

ver. 0.3.5 (3 ottobre 2014)

Generato con LATEX

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Questo documento è copyright © 2010-2014 Lorenzo Bandieri. Alcuni diritti riservati.

I diritti d’autore sull’opera appartengono a Lorenzo Bandieri e sono disciplinati neitermini della licenza Creative Commons BY-NC-SA (Attribuzione-Non Commerciale-Condividi allo stesso modo) 2.5 Italia, il cui testo integrale è disponibile all’indirizzohttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/legalcode.

cbeaIn pratica, questo documento può essere riprodotto e distribuito in tutto o in parte,con ogni mezzo fisico o elettronico, purché questo avviso di copyright sia mantenutosu tutte le copie e l’autore sia debitamente citato. La ridistribuzione commerciale nonè permessa. Ogni traduzione, lavoro derivato o comprendente questo documentodeve contenere questo stesso avviso di copyright: per esempio, non si possonoprodurre lavori derivati da questo documento ed imporre restrizioni aggiuntive sullasua distribuzione. Per tutte le condizioni non esplicitamente menzionate si pregadi consultare il testo della licenza. Per ulteriori informazioni si prega di contattarel’autore all’indirizzo lorenzoPUNTObandieriATgmailPUNTOcom.

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FAQ (Frequently Asked Questions)

Q: Cos’è questo documento?

A: È una risorsa per gli studenti di medicina che devono preparare l’esame di biochimica.Non sono sbobinature, né appunti riordinati delle lezioni. Probabilmete "dispense"è il termine che più si adatta. Ho scritto questi appunti partendo da articoli e testivari che per esigenze tecniche non erano citati interamente nella versione iniziale diquesto documento. Dalla versione 0.3.0 il testo è stato convertito in un formato piùadatto. Questo mi ha permesso di inserire una parziale bibliografia, che sarà ampliata infuturo. In ogni caso, qualunque errore contenuto in queste pagine è unicamente miaresponsabilità.

Q: Perché scriverlo?

A: Perché nel programma dell’esame di biochimica c’è una parte dedicata agli ormoni, chesui classici testi (Lehninger, ma anche altri) non sono trattati in maniera sistematica,oppure sono trattati in maniera eccessivamente superficiale. Inoltre l’aver prodottodocumento e illustrazioni consente di poterlo distribuire in maniera libera, gratuitamente,anche via internet, sotto licenza Creative Commons.

Q: Ok, fantastico. Io però volevo solo stampare queste dispense. Ho scaricatouno *.zip, ma ci sono dentro un sacco di file. Quale diavolo devo stampare?

A: Se stai leggendo questo, hai già trovato il file da stampare. L’archivio *.zip contiene:

1. 2 file PDF: questa è l’ultima versione della Biochimica degli Ormoni. L’unicadifferenza tra i due è che uno è solo fronte, mentre l’altro è fronte-retro (cambianosolo i margini e l’orientamento dei numeri di pagina). In pratica: se vuoi stamparloe rilegarlo, stampa il fronte-retro; se vuoi vederlo su pc, tablet o simili prendi solofronte.

2. CHANGELOG.txt: questo file contiene un registro dei cambiamenti introdotti conle varie versioni.

3. source: questa cartella contiene i sorgenti da cui vengono generati i PDF. Puoiignorarla.

Q: Come faccio a sapere se questa è la versione più recente e aggiornata?

A: Carico sempre la versione più recente su Scribd e Medwiki (cercando su google si trovanofacilmente i link); se la versione (sulla copertina) è la stessa, il documento è alla versionepiù recente. Nel dubbio, mandami pure una mail.

Q: Cos’è cambiato rispetto alla precedente versione del documento?

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A: In linea di massima, viene rilasciata una nuova versione quando ci sono delle correzioni.Per sapere esattamente cosa è cambiato da una versione all’altra, puoi andare a vedere ilfile CHANGELOG.txt nel file zip scaricabile da MedWiki.

Q: Come posso fare per dare una mano?

A: Puoi dare una mano in qualunque modo tu riesca a immaginare. Per me è moltoimportante la semplice segnalazione di errori o di parti poco comprensibili, o consiglisu argomenti che andrebbero espansi/ridotti/riscritti. O anche schemi/immagini. Iltuo contributo è particolarmente importante nel caso in cui all’esame ti venga chiestoqualcosa che non è incluso qui. Ci vogliono pochi minuti per scrivere una mail e segnalareun errore, ma è una cosa utilissima che puoi fare per rendere migliore lo studio per glialtri.

Q: Ho trovato un errore/ho un suggerimento/vorrei fare due chiacchiere/vorreiinsultarti. Come posso contattarti?

A: Puoi contattarmi scrivendo una mail a lorenzoPUNTObandieriATgmail.com.

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Ringraziamenti

• Prof.ssa Paola Chiarugi;

• Veronica Gironi (kalendy);

• Raffaello Bonacchi;

• Daniele Rizzo;

• Fiammetta Maria Colla;

• Federica Perini;

• Virginia Lotti.

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Indice

1 Generalità 11.1 Il concetto di ormone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Classificazione degli ormoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.2.1 Classificazione degli ormoni in base alla solubilità . . . . . . . . 21.2.2 Classificazione degli ormoni in base alla natura chimica . . . . 31.2.3 Classificazione degli ormoni in base alla modalità di diffusione 3

1.3 Chi sintetizza gli ormoni? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Ormoni proteici e peptidici 62.1 Ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2.1.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.1.2 Ossitocina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.1.3 Vasopressina (ADH, ormone antidiuretico) . . . . . . . . . . . . 142.1.4 Releasing hormones ipotalamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.1.5 Ormoni dell’adenoipofisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.2 Ormoni dell’apparato digerente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412.2.1 Insulina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412.2.2 Glucagone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

2.3 Ormoni della tiroide e delle paratiroidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 732.3.1 Paratormone (PTH) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 732.3.2 Calcitonina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

3 Ormoni derivati da aminoacidi 833.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 833.2 Ormoni della zona midollare della ghiandola surrenale . . . . . . . . . 84

3.2.1 Catecolamine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 853.3 Ormoni della tiroide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

3.3.1 Triiodotironina e tetraiodotironina . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 1144.1 Origine degli eicosanoidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1144.2 Classificazione e nomenclatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114

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Indice vii

4.3 Sede di elaborazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1184.4 Biosintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1184.5 Secrezione e regolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1294.6 Secrezione, trasporto nel plasma e degradazione . . . . . . . . . . . . . 1294.7 Recettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1304.8 Effetti fisiologici degli eicosanoidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 1325.1 Ormoni del rene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

5.1.1 Calcitriolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

6 Ormoni steroidei 1406.1 Struttura e generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1406.2 Ormoni della corteccia della ghiandola surrenale . . . . . . . . . . . . . 142

6.2.1 Corticosteroidi: mineralcorticoidi e glucocorticoidi . . . . . . . 1426.3 Ormoni delle gonadi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

6.3.1 Androgeni ed estrogeni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

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Elenco delle figure

1.1 Le modalità di diffusione degli ormoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

2.1 Ormoni dell’ipofisi anteriore e posteriore . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.2 Influenze dell’ipotalamo sull’ipofisi anteriore e posteriore . . . . . . . . 92.3 Schema dei circuiti di feedback tra ipotalamo, ipofisi, e tessuto periferico 112.4 Struttura aminoacidica dell’ossitocina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.5 Struttura aminoacidica dell’ADH . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.6 Releasing hormones ipotalamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.7 Rappresentazione schematica della pre-POMC . . . . . . . . . . . . . . 242.8 Peptidi derivati dal POMC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.9 Pathway di trasduzione del segnale del GH . . . . . . . . . . . . . . . . 322.10 Asse ipotalamo-ipofisi-tiroide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 372.11 Asse ipotalamo-ipofisi-gonadi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392.12 Asse ipotalamo-ipofisi-surrene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402.13 Struttura tridimensionale dell’insulina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 422.14 Insulina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 432.15 Pathway segnalatori del recettore insulinico . . . . . . . . . . . . . . . . 472.16 Regolazione della glicogeno fosforilasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 502.17 Regolazione della glicogeno fosforilasi da parte dell’insulina . . . . . . 532.18 Regolazione della glicogeno sintasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 532.19 Regolazione della glicogeno sintasi da parte dell’insulina . . . . . . . . 542.20 Schema riassuntivo della regolazione del glicogeno da parte dell’insulina. 552.21 Regolazione della glicolisi e della gluconeogenesi nel fegato . . . . . . 572.22 Regolazione della lipasi ormone sensibile . . . . . . . . . . . . . . . . . 602.23 Regolazione della glicogeno fosforilasi da parte del glucagone . . . . . 692.24 Regolazione della glicogeno sintasi da parte del glucagone . . . . . . . 712.25 Schema riassuntivo della regolazione del glicogeno da parte dell’au-

mento del cAMP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 722.26 Schema riassuntivo della regolazione del glicogeno da parte della

diminuzione del cAMP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 722.27 Il circuito fondamentale di feedback tra calcio, PTH e calcitriolo . . . . 76

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Elenco delle figure ix

3.1 Surrene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 843.2 Struttura di catecolo e catecolamine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 853.3 Biosintesi delle catecolamine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 873.4 Schema semplificato dei pathway che portano alla degradazione delle

catecolamine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 903.5 Schema dei pathway che portano alla degradazione delle catecolamine 913.6 Schema delle reazioni degradative della dopamina . . . . . . . . . . . . 933.7 Tiroide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1023.8 Struttura degli ormoni tiroidei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1033.9 Formazione di MIT e DIT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1063.10 Struttura di MIT e DIT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1063.11 Fusione di MIT e DIT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1073.12 La cellula tiroidea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

4.1 Struttura delle prostaglandine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1174.2 Eicosanoidi prodotti dall’acido arachidonico. . . . . . . . . . . . . . . . 1204.3 Eicosanoidi prodotti dagli acidi linoleico e linoleico. . . . . . . . . . . . 1214.4 Eicosanoidi prodotti dall’acido arachidonico. . . . . . . . . . . . . . . . 1234.5 Via delle lipossigenasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126

5.1 Biosintesi della vitamina D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

6.1 Struttura generale degli steroidi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1406.2 Conversione del colesterolo in pregnenolone . . . . . . . . . . . . . . . 1436.3 Biosintesi dei corticosteroidi. Zona glomerulosa. . . . . . . . . . . . . . 1456.4 Biosintesi dei corticosteroidi. Zona fascicolata. . . . . . . . . . . . . . . 1466.5 Biosintesi dei corticosteroidi. Zona reticolare. . . . . . . . . . . . . . . . 1476.6 Biosintesi degli androgeni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1576.7 Biosintesi degli estrogeni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1596.8 Conversione del testosterone in diidrotestosterone . . . . . . . . . . . . 165

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1 Generalità

1.1 Il concetto di ormone

Con l’evoluzione si sono sviluppati e perfezionati numerosi meccanismi molecolari ingrado di informare le cellule su cosa sta succedendo al loro esterno e su come modificareil proprio comportamento. Una delle caratteristiche peculiari degli organismi viventiè proprio la capacità di recepire stimoli provenienti dall’ambiente extracellulare e direagire a livello molecolare. Una cellula può così modulare il proprio metabolismo (peresempio regolando positivamente o negativamente certi enzimi), alterare l’espressionegenica (per esempio attivando o inibendo un promotore), o entrambi. Questa proprietàsi rivela determinante in particolare negli organismi pluricellulari, dove è necessariauna fine coordinazione tra le cellule. Si pensi alla complessità insita nell’armonizzarel’attività delle 1013 cellule dell’uomo, specializzate in almeno 210 differenti citotipi.

Questi processi biochimici trovano il loro cardine negli ormoni, termine che fuconiato nel 1905 dall’eminente fisiologo Ernest Starling [12].

Con il passare degli anni, il concetto di ormone si è modificato in maniera notevolerispetto all’idea iniziale, dove il termine designava esclusivamente i messaggeri chimicisecreti nel sangue dalle ghiandole endocrine. La definizione “classica” qualifica unormone come una sostanza chimica prodotta in una ghiandola specializzata, rilasciatanel circolo sanguigno, che evoca una risposta fisiologica in tessuti distanti. Tuttavia,oggi è noto che [4]:

• Sono molte le molecole di valenza ormonale a non essere prodotte da ghiandolespecializzate, bensì da cellule specializzate intersperse in un tessuto, o, in certicasi, da cellule considerate “non specializzate”;

• Molti dei segnali che una cellula riceve provengono da cellule vicine o dallacellula stessa;

• Si conoscono molti esempi in cui le molecole segnale sono rappresentate dasemplici sostanze, a cui convenzionalmente non veniva dato valore di ormone(come lo ione calcio);

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1 Generalità 2

• Frequentemente, un recettore ormonale è espresso in cellule che non sonoconsiderate tra i bersaglio classici di quell’ormone.

È divenuto evidente che molte altre molecole condividono la medesima funzionedi segnali chimici, agiscono con le stesse modalità e attraverso gli stessi meccanismibiochimici fondamentali; così la denominazione è stata progressivamente estesa aduna pletora di fattori molto diversi tra loro (fattori umorali, paracrini, autocrini...) [4].

Ad oggi, nel mondo scientifico è sempre più diffusa la tendenza a considerareormone qualunque segnale in grado di indurre una risposta in una cellula. Talerisposta è evocata grazie al legame dell’ormone con un recettore, che è una molecolaper mezzo della quale vengono espletati gli effetti biologici. Una cellula con cui l’ormoneinteragisce tramite un legame con recettori è detta cellula bersaglio.

Quindi, possiamo parlare di ormone a proposito, ad esempio, di insulina e glucagone,ma anche a proposito di citochine e interleuchine, o, estendendo al massimo il concetto,della luce.

È importante sottolineare che di solito un ormone non agisce su un solo citotipo, masu tipi cellulari differenti. Non viene perduta con ciò la capacità di evocare rispostetessuto-specifiche, grazie al fatto che ogni cellula risponde in modo diverso al segnale.Nella maggior parte dei casi questo è dovuto all’espressione di recettori lievementedifferenti.

1.2 Classificazione degli ormoni

Gli ormoni sono classificabili secondo diversi criteri, i più comuni dei quali sonosolubilità, natura chimica, e modalità di diffusione.

1.2.1 Classificazione degli ormoni in base alla solubilità

Classificare gli ormoni in base alla solubilità consente di ripartirli in due grandi gruppi:ormoni idrosolubili e liposolubili. Questa suddivisione è molto importante perchériflette anche fondamentali differenze funzionali. Gli ormoni idrosolubili:

• vengono solubilizzati dai fluidi biologici, e tendono a non legarsi a trasportatori;

• non sono in grado di attraversare la membrana, ed hanno recettori sulla mem-brana cellulare, attraverso la cui mediazione il segnale viene trasdotto a livellointracellulare, sfruttando i cosiddetti secondi messaggeri;

Page 12: Biochimica degli ormoni

1 Generalità 3

Gli ormoni liposolubili, al contrario:

• hanno bisogno di trasportatori, essendo poco o per niente solubili nel plasma;

• sono in grado di attraversare la membrana plasmatica, quindi hanno recettoriintracellulari (in certi casi, non esclusivamente), legati ai quali si portano a livellonucleare per influenzare l’espressione genica – i recettori quindi agiscono comefattori di trascrizione attivati dal ligando;

1.2.2 Classificazione degli ormoni in base alla natura chimica

Classificare gli ormoni secondo la loro natura chimica permette di suddividerli in:

• Ormoni proteici e peptidici. Costituiscono la maggior parte degli ormoni incircolo, e sono rappresentati da molecole le cui dimensioni vanno dai 3 ai 200aminoacidi. Tipicamente subiscono alcune modifiche post-traduzionali; traqueste vi è la glicosilazione. Dunque, questa classe comprende anche ormoniglicoproteici.

• Ormoni derivati dagli aminoacidi. Sono ottenuti modificando alcuni aminoacidi.Ne fanno parte le catecolammine, idrosolubili, e gli ormoni sintetizzati dallatiroide, liposolubili. Derivano entrambi dalla tirosina.

• Ormoni steroidei. Derivano tutti dal colesterolo, e sono lipofili.

• Ormoni derivati dall’acido arachidonico. Sono rappresentati dagli eicosanoidi,e sono lipofili.

• Ormoni derivati dalla vitamina D. Derivano dal colesterolo, ma a rigore nonpossono esser considerati steroidi a causa della loro struttura chimica. Sonolipofili.

1.2.3 Classificazione degli ormoni in base alla modalità di diffusione

Una distinzione degli ormoni sulla base della modalità di diffusione tiene conto dicome l’ormone raggiunge la cellula bersaglio e del raggio d’azione (Fig 1.1).

Comunemente, si parla di:

• Ormoni endocrini. Raggiungono la cellula bersaglio attraverso il circolo sangui-gno; sono potenzialmente in grado di agire a lungo raggio, e diffondersi in tuttoil corpo.

Page 13: Biochimica degli ormoni

1 Generalità 4

B) Modalità di diffusione paracrina

A) Modalità di diffusione endocrina C) Modalità di diffusione

autocrina

Figura 1.1: Le tre principali modalità di diffusione con cui un ormone raggiunge le cellule bersaglio:A) modalità endocrina; B) modalità paracrina; C) modalità autocrina.

• Ormoni paracrini. Sono rilasciati nello spazio extracellulare, e raggiungonola cellula bersaglio per diffusione; agiscono sulle cellule circostanti alla cellulasecernente.

• Ormoni autocrini. Agiscono sulla stessa cellula che ha secreto l’ormone.

Alcuni testi parlano anche di una modalità iustacrina (dal latino juxta, accanto).Queste modalità d’azione non si escludono mutualmente: un ormone può, per esempio,essere sia paracrino che autocrino, oppure paracrino ed endocrino, etc. Quest’ultimo èil caso, ad esempio, del testosterone: sintetizzato dalle cellule di Leydig nel testicolo (ein piccola parte a livello della zona corticale delle ghiandole surrenali) ha numerosieffetti a livello endocrino, come il mantenimento del trofismo muscolare, ma agisceanche a livello paracrino sulle cellule del Sertoli dei tubuli seminiferi, stimolando laspermatogenesi.

Ad oggi sono note decine di ormoni, e ne vengono scoperti continuamente di nuovi.Esplorare la biosintesi di ciascuno va oltre gli scopi di queste pagine; per questo motivonei prossimi capitoli esamineremo nel dettaglio solo la biosintesi degli ormoni piùsignificativi.

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1 Generalità 5

1.3 Chi sintetizza gli ormoni?

Una cellula sintetizza un ormone se esprime gli enzimi necessari, e/o se esprime ilgene relativo all’ormone in questione (nel caso degli ormoni peptidici). Nel caso dimolti ormoni che prenderemo in considerazione, la sintesi avviene esclusivamente oquasi in tessuti specializzati, che possono costituire ghiandole. Un esempio sono gliormoni tiroidei, sintetizzati esclusivamente dalle cellule follicolari della tiroide.

Talora, se la sintesi dell’ormone è molto complessa, può essere necessaria lacollaborazione di tessuti diversi: è il caso del calcitriolo o degli estrogeni.

Tuttavia, alcune molecole di valore ormonale sono sintetizzate da quasi tutte lecellule del corpo; un esempio importante sono gli eicosanoidi.

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2 Ormoni proteici e peptidici

La grande maggioranza degli ormoni sintetizzati dall’uomo sono di natura protei-ca/peptidica. In questo gruppo, come si può immaginare, sono dunque compresemolecole segnalatorie estremamente diverse, sintetizzate da una varietà di organi ecellule, e dalle funzioni più disparate. A causa dell’ampiezza dell’argomento, nonsaranno trattati tutti gli ormoni conosciuti, ma solo quelli più importanti. In particolare,esamineremo a grandi linee gli ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisario, di fondamentaleimportanza per comprendere le relazioni che intercorrono tra sistema nervoso edapparato endocrino, e le modalità con cui questi ormoni esercitano il loro controllosul resto del corpo. Esamineremo poi due dei tre ormoni importanti per l’omeostasidel calcio e del fosfato (PTH e calcitonina)1. Infine, tratteremo due importanti ormoniche ricoprono un ruolo centrale nel metabolismo energetico dell’organismo umano:insulina e glucagone. Un tema ricorrente nella trattazione di questi messaggeri chimici,su cui il lettore è invitato a fare attenzione, è che gli ormoni peptidici e proteici sonosintetizzati spesso come precursori più grandi, che vengono attivati mediante proteolisilimitata.

2.1 Ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisi

Dove siamo? Ipotalamo e ipofisi

L’ipofisi, o ghiandola pituitaria, è una piccola ghiandola rotondeggiante che sporge dalla basedell’encefalo. È accolta nella sella turcica dell’osso sfenoide, ed è collegata al resto dell’encefaloda un peduncolo che si estende posteriormente al chiasma ottico, l’infundibolo. Consta didue parti, dette lobi: un lobo anteriore (adenoipofisi) e un lobo posteriore (neuroipofisi). Trale due è interposta la pars intermedia, una regione che nell’uomo è scarsamente sviluppata.

1Il terzo, il calcitriolo, sarà trattato con gli ormoni derivati dalla vitamina D, a pagina 132.

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2 Ormoni proteici e peptidici 7

L’ipotalamo è una regione encefalica (in particolare, diencefalica) connessa all’ipofisi permezzo dell’infundibulo. L’ipotalamo è in pratica un insieme di nuclei, cioè aggregati di corpineuronali, immersi nella sostanza bianca. Sono proprio gli assoni che si dipartono dai corpineuronali che formano alcuni di questi nuclei che costituiscono l’infundibolo.

2.1.1 Generalità

L’ipofisi secerne due tipi fondamentali di ormoni:

1. molecole segnale la cui funzione fisiologica è controllare e modulare la secrezionedi altri ormoni (a livello dell’adenoipofisi);

2. molecole segnale la cui funzione fisiologica è regolare direttamente alcunefunzioni omeostatiche (soprattutto a livello della neuroipofisi).

Nel primo caso, gli ormoni liberati dall’ipofisi raggiungono le ghiandole endocrineperiferiche con il circolo sanguigno e regolano il rilascio di altri ormoni; in generale,sono messaggeri chimici piuttosto specifici nella loro azione, nel senso che ciascunoregola il rilascio di un ormone o di un gruppo di ormoni funzionalmente correlati.Nel secondo caso, l’azione fisiologica dei messaggeri elaborati dall’asse ipotalamo-ipofisario non è di regolare il rilascio di altri ormoni, bensì di agire direttamente comeormoni, regolando varie funzioni corporee.

L’adenoipofisi è responsabile della sintesi di (Fig. 2.1):

• ACTH, ormone adenocorticotropo - Stimola la sintesi degli ormoni corticoste-roidi, a livello della ghiandola surrenale (trattati nella sezione 6.2.1 a pagina142);

• FSH, ormone follicolostimolante - Stimola la sintesi degli ormoni sessuali, alivello delle gonadi maschili e femminili (trattati nella sezione 6.3 a pagina 155);

• GH (Growth Hormone), ormone della crescita - Promuove l’accrescimento delcorpo (trattato in questo capitolo, pag. 29);

• LH, ormone luteinizzante - Come l’FSH, stimola la sintesi degli ormoni sessuali(trattati nella sezione 6.3 a pagina 155);

• PRL, prolattina - Agisce a livello della ghiandola mammaria (pag. 29);

• TSH, ormone tireostimolante - Stimola la sintesi degli ormoni tiroidei a livellodella ghiandola omonima (trattati nella sezione 3.3 a pagina 102);

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2 Ormoni proteici e peptidici 8

lobo posterioredell'ipofisi

ADH (vasopressina)

Ossitocina

lobo anterioredell'ipofisi

(endorfine elipotropine)

ACTH

LH ed FSH

TSH

GH

PRL

Figura 2.1: I principali ormoni secreti dal lobo anteriore e dal lobo posteriore dell’ipofisi

• Endorfine e lipotropine - Molecole coinvolte in numerose funzioni fisiologiche,tra le quali (particolarmente interessante per gli studenti di medicina) il dolore(pag. 24).

Collettivamente ACTH, FSH, LH e TSH sono detti ormoni tropinici perché agisconosu altre ghiandole endocrine; come abbiamo detto sono molecole segnale la cui funzionefisiologica è controllare e modulare la secrezione di altri ormoni.

A livello della neuroipofisi vengono secreti ormoni che agiscono come tali (Fig.2.1):

• Ossitocina - Esplica numerose funzioni nel parto e non solo;

• Vasopressina o ADH - Interviene nella regolazione del bilancio idrico, dell’o-smolarità e della pressione del plasma;

Anche senza una specifica conoscenza della fisiologia di questi ormoni, apparechiaro che l’ipofisi nel suo complesso abbia il ruolo di “direttore d’orchestra” neiconfronti dell’apparato endocrino e, più in generale, nell’omeostasi del corpo umano.È legittimo chiedersi, a questo punto, come vengano regolate le funzioni ormonalidell’ipofisi, e a quali segnali risponda. La risposta sta nell’ipotalamo, che si trova nellevicinanze della ghiandola, e nel concetto di feedback.

A livello dell’ipotalamo avviene l’integrazione tra i segnali provenienti da altre areedell’SNC e recettori sensoriali; complessivamente, questa struttura è raggiunta da unaserie molto ampia di stimoli (relativi ad es. alla sensibilità viscerale, oppure stimolisensoriali esterni, etc.). È noto che l’ipotalamo riceve afferenze da praticamente tutte le

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2 Ormoni proteici e peptidici 9

lobo posterioredell'ipofisi

ADH (vasopressina)

Ossitocina

lobo anterioredell'ipofisi

(endorfine elipotropine)

ACTH

LH ed FSH

TSH

GH

PRL

Neuroni magnocellulari

Neuroniparvocellulari

Circolo portale ipofisario

GnRH

TRH

GHRH

Somatostatina

CRH

Dopamina

Figura 2.2: Le influenze ipotalamiche sulla secrezione dei principali ormoni secreti dal lobo anterioree dal lobo posteriore dell’ipofisi

altre regioni dell’encefalo: è quindi perfettamente integrato nel sistema nervoso, ed ècostantemente raggiunto da numerose informazioni.

I neuroni che lo compongono ricevono segnali attraverso neurotrasmettitori, esat-tamente come tutti gli altri neuroni. Tuttavia, piuttosto che propagare un potenzialed’azione e rilasciare un neurotrasmettitore, alcuni neuroni ipotalamici sintetizzano erilasciano molecole di valenza ormonale (Fig. 2.2):

• i neuroni magnocellulari (appartenenti ai nuclei sopraottico e paraventricolare)sintetizzano ossitocina e vasopressina. Gli assoni di questi neuroni percorronol’infundibulo, il peduncolo che connette l’ipotalamo all’ipofisi, e si portano alivello della neuroipofisi: in effetti, la neuroipofisi può esser considerata unaestensione dell’ipotalamo. Qui mettono in circolo ossitocina e vasopressina, cheagiscono come ormoni endocrini.

• i neuroni parvocellulari sintetizzano molecole segnale che inibiscono o promuo-vono la secrezione degli ormoni adenoipofisari – che, a loro volta, dirigono leghiandole endocrine periferiche.

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2 Ormoni proteici e peptidici 10

Quindi: a livello dell’ipotalamo arrivano diversi stimoli, della cui natura adessonon ci preoccupiamo, in base ai quali vengono inviati segnali all’ipofisi o vengonoliberati ormoni endocrini; l’ipofisi, in base agli stimoli ricevuti, secerne o meno ormoni– che poi andranno a regolare la sintesi di altri, ulteriori ormoni, per esempio a livellodella ghiandola surrenale o delle gonadi.

Per avere il quadro completo dobbiamo sovrapporre a questo scenario, già ab-bastanza articolato, un intricato sistema di feedback. In sostanza, la biosintesi o lasecrezione di un ormone può essere influenzata dalla concentrazione di certi ioni, dialtri ormoni, o dell’ormone stesso: si ha feedback negativo quando il risultato di questaregolazione è una inibizione, feedback positivo quando il risultato è un aumento; ilprimo è decisamente comune.

L’ipotalamo può subire una regolazione a feedback da parte (Fig. 2.3):

1. di un ormone secreto dall’ipotalamo stesso;

2. di un ormone secreto dall’ipofisi;

3. di un ormone secreto da una ghiandola endocrina in risposta ad un ormonetropinico dell’ipofisi.

Allo stesso modo, l’ipofisi, oltre a sottostare alla regolazione (non di tipo feedback)dell’ipotalamo, può subire regolazione feedback da parte di un ormone secreto da unaghiandola endocrina perifica (in risposta ad un ormone tropinico ipofisario). È moltocomune la situazione in cui l’ormone periferico inibisce sia l’ormone ipofisario chel’ormone ipotalamico. L’asse ipotalamo-ipofisario è costituito proprio dai complessie intimi rapporti regolativi che si instaurano tra questi due organi, che collaboranonella direzione di molti processi fisiologici del corpo.

È frequente che tale denominazione venga estesa anche alle ghiandole endocrineterminali (per cui si parla anche di asse ipotalamo-ipofisario-gonadico, o asse ipotalamo-ipofisario-surrenale), così come alle aree cerebrali che stanno a monte (asse limbico-ipotalamo-ipofisi-adrenocorticale).

Adesso esamineremo brevemente gli ormoni secreti dall’ipotalamo, trattando primai neurormoni dei neuroni magnocellulari (e quindi neuroipofisi posteriore), poi deineuroni parvocellulari (che controllano la secrezione adenoipofisaria). Successivamenteesamineremo l’adenoipofisi, soffermandoci sulla biosintesi solo quando questa presentiaspetti insoliti o di interesse clinico e biochimico.

I neuroni magnocellulari dell’ipotalamo, come abbiamo accennato, sintetizzanoossitocina e vasopressina. Questi vengono poi secreti a livello dell’ipofisi posteriore,che in effetti rappresenta un’estensione dell’ipotalamo.

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2 Ormoni proteici e peptidici 11

Ipotalamo

Ipofisi

Ghiandola periferica

+

+

-

-

-

Figura 2.3: Questo schema illustra un tipico circuito di feedback tra ipotalamo, ipofisi, e unaghinadola periferica.

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2 Ormoni proteici e peptidici 12

Ile

Gln Asn

Cys

CysTyr

Pro Leu Gly NH2

12

3

4 5

6 7 8 9

Figura 2.4: La struttura dell’ossitocina. Si tratta di un peptide composto da 9 aminoacidi, con unponte disolfuro che crea un ciclo intramolecolare. Risulta molto simile all’ADH.

2.1.2 Ossitocina

Struttura L’ossitocina è un peptide di 9 aminoacidi con struttura ad anello (data daun ponte disolfuro intramolecolare tra due Cys, fig. 2.4).

Sede di elaborazione Viene sintetizzata e secreta dai neuroni magnocellulari deinuclei sopraottico e paraventricolare, i cui assoni si estendono nella neuroipofisi (ipofisiposteriore). A livello della terminazione assonica l’ormone viene immagazzinato invescicole, per poi essere secreto per esocitosi in risposta ad una depolarizzazione, cheprovoca un aumento intracellulare di Ca2+. Quest’ultimo innesca la liberazione dellevescicole.

Biosintesi L’ossitocina è sintetizzata nel reticolo endoplasmatico come pre-ormone;passa poi nel Golgi, e viene in seguito impacchettata in grossi granuli secretori, chevengono trasportati lungo l’assone dei neuroni magnocellulari (a livello macroscopico,dobbiamo immaginarli viaggiare lungo il peduncolo ipofisario). Durante il trasporto,all’interno dei granuli, il pre-ormone subisce modifiche post-traduzionali, in seguitoalle quali si produce l’ormone attivo e un peptide derivato dal processamento delpre-ormone, la neurofisina I. Quindi, durante il trasporto assonale, l’ossitocina sitrovava legata alla neurofisina I e collettivamente formavano il pre-ormone; in seguitoa taglio proteolitico, queste vengono separate in due frammenti peptidici distinti. Almomento della secrezione ossitocina e neurofisina I vengono liberate insieme.

Secrezione e regolazione La secrezione di ossitocina avviene per esocitosi, ed èinnescata da una depolarizzazione. L’attività elettrica delle cellule ipotalamiche ècondizionata da una varietà di stimoli: in generale, l’ormone viene immesso in circolodurante l’allattamento e il parto. In particolare:

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• per quanto riguarda il ruolo dell’ossitocina nel parto, la distensione della cerviceuterina al termine della gravidanza, provocata dal feto, e la contrazione dell’uterodurante il parto stesso inducono il rilascio di ossitocina;

• durante l’allattamento la suzione del capezzolo induce il rilascio di ossitocinaattraverso la stimolazione di recettori sensoriali.

• il rilascio di ossitocina è stimolato dall’ossitocina stessa (feedback positivo!);questo avviene con un meccanismo di tipo autocrino – pare che una partedell’ossitocina sia secreta a livello dell’ipotalamo;

• la secrezione di ossitocina è inibita dal dolore, dall’aumento della temperaturacorporea e dal rumore.

Trasporto nel plasma e degradazione Nel plasma, l’ossitocina ha emivita breve(pochi minuti), e viene rimossa dalla circolazione soprattutto dal rene. Circolaessenzialmente in forma libera.

Recettori L’ossitocina esplica la sua azione biologica tramite recettori accoppiati aproteine G, che stimolano l’adenilato ciclasi, innalzando la concentrazione di cAMP,che è quindi il secondo messaggero. Nel miometrio, il pathway più sfruttato è tuttaviaquello della fosfolipasi C-Ca2+-PKC. Questi recettori sono espressi soprattutto dallecellule uterine e mammarie.

Effetti fisiologici A livello dell’utero, induce contrazioni ritmiche che favorisconoil parto o la mestruazione. Dato che la secrezione di ossitocina è stimolata dallecontrazioni uterine, siamo in presenza di un meccanismo di tipo feedback positivo– notare peraltro che durante le fasi terminali della gravidanza, gli ormoni sessualideterminano un incremento esponenziale dell’espressione dei recettori per l’ossitocinaa livello uterino. Questo rende l’utero molto più ricettivo all’ormone. A livello dellamammella, induce la contrazione delle cellule mioepiteliali che si trovano a livello deglialveoli che compongono il tessuto ghiandolare mammario, provocando la fuoriuscitadel latte materno.

Si ipotizza che l’ossitocina influenzi il comportamento, in particolare il compor-tamento materno, il comportamento sociale e il comportamento sessuale, anche sel’attività nell’uomo non è stata dimostrata in modo convincente.

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Phe

Gln Asn

Cys

CysTyr

Pro Arg Gly NH2

12

3

4 5

6 7 8 9

Figura 2.5: La struttura dell’ADH. Si tratta di un peptide composto da 9 aminoacidi, con un pontedisolfuro che crea un ciclo intramolecolare. Risulta molto simile all’ossitocina.

2.1.3 Vasopressina (ADH, ormone antidiuretico)

L’arginina vasopressina (sinonimi: vasopressina, argipressina, AVP, ADH - da antidiu-retic hormone, ormone antidiuretico) è un ormone peptidico che entra in gioco nellaregolazione del bilancio idrico, dell’osmolarità plasmatica e degli elettroliti plasmatici.

Struttura è un peptide di 9 aminoacidi, strutturalmente molto simile all’ossitocina(Fig. 2.5). In particolare, è estremamente simile la composizione aminoacidica, epresenta una simile struttura ciclica dovuta ad un anello intramolecolare, formato daun ponte disolfuro tra due cisteine.

Sede di elaborazione Come l’ossitocina, viene sintetizzato dai neuroni magnocellu-lari dell’ipotalamo, e rilasciato dai loro assoni a livello della neuroipofisi.

Biosintesi La biosintesi della vasopressina segue le stesse tappe della biosintesidell’ossitocina; anche l’ADH viene immagazzinato in granuli secretori, dove il taglioproteolitico del pre-ormone produce la vasopressina o ADH e la neurofisina II.

Secrezione e regolazione Una depolarizzazione del neurone promuove il rilascioper esocitosi di ormone e neurofisina II. L’ADH regola il bilancio idroelettroliticodell’organismo modulando il riassorbimento dell’acqua da parte del rene: in pratica,è un ormone che evita una disidratazione eccessiva. La regolazione della secrezioneavviene ad opera:

• dell’aumento dell’osmolarità plasmatica (l’osmolarità aumenta se il plasmadiviene più concentrato, cioè se il contenuto di acqua diminuisce). Specificiosmocettori, estremamente sensibili, sono presenti nell’ipotalamo, nell’organosubfornicale, nel nucleo preottico mediano e nell’organum vascolosum dellalamina terminalis; quando vi è perdita di liquidi, con alterazione anche minimadell’osmolarità plasmatica, anche questi recettori perdono liquido intracellulare

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2 Ormoni proteici e peptidici 15

per motivi osmotici. La conseguente riduzione del volume cellulare innescail segnale che porterà alla sintesi e alla secrezione di ADH. Allo stesso modo,quando vi è eccessiva diluizione del plasma, gli osmocettori aumentano divolume e riducono la secrezione di ADH.

• della riduzione della pressione sanguigna (la pressione diminuisce se diminui-sce il volume plasmatico). Barocettori sensibili alla pressione si trovano negliatri del cuore, nell’aorta, nelle carotide, nelle vene. Questi barocettori inviano alsistema nervoso degli impulsi che inibiscono tonicamente (cioè continuamente)la secrezione di ADH. Se stimolati meccanicamente dalle variazioni della ten-sione delle pareti vascolari in seguito alla diminuzione di pressione, riducono iloro impulsi, e la secrezione di ADH cessa di essere inibita. La sensibilità allevariazioni di pressione sanguigna è minore rispetto alla sensibilità alle variazionidi osmolarità. Parallelamente, a livello renale si può avere la secrezione di reninain risposta a stimoli correlati ad una diminuzione della pressione sanguigna. Larenina effettua un taglio proteolitico che converte l’angiotensinogeno, prodottodal fegato in angiotensina I, che dopo ulteriori modifiche diventa angiotensinaII. Quest’ultima molecola concerta la modulazione di un gran numero di pro-cessi fisiologici, che hanno come risultato ultimo l’incremento della pressionesanguigna; tra questi vi è l’aumento della secrezione di ADH.

• La secrezione di ADH può essere influenzata anche da altri stimoli e sostanze:dolore, stress, ipoglicemia, nicotina, esercizio fisico intenso etc.

Correlazioni cliniche: Alcool e ADH

L’etanolo è una sostanza che molte persone hanno assunto almeno una volta nella vita(e qualcuno tante volte). Un fenomeno che si accompagna al consumo di bevande alcolicheè, notoriamente, l’effetto diuretico. L’etanolo inibisce la secrezione di ADH, diminuendo ilriassorbimento di acqua da parte del rene. Il rene quindi produce più urina, e questo sembraessere il principale meccanismo dell’effetto diuretico associato all’ingestione di alcool [34, 35].

Trasporto nel plasma e degradazione Come l’ossitocina, anche l’emivita dell’ADH èbreve. L’ormone circola prevalentemente in forma libera, in concentrazioni dell’ordinedei ng/L, e viene massicciamente escreto con le urine: dato che la principale azionedell’ormone è a livello renale, filtra direttamente attraverso i capillari glomerulari.

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Recettori L’azione biologica dell’ormone antidiuretico è mediata da recettori accop-piati a proteine G. Sono noti tre tipi di recettori dell’ADH:

• V1A (noto anche come V1): è espresso in molti tessuti, tra cui fegato, musco-latura liscia, piastrine e miometrio; è accoppiato alla proteina Gq, che attivasoprattutto le fosfolipasi C e A2, determinando nel primo caso un aumento delcalcio intracellulare attraverso il pathway dell’IP3, nel secondo caso la sintesi dieicosanoidi.

• V1B (noto anche come V3) è considerato un recettore minore, ed è espressosoprattutto nelle cellule dell’adenoipofisi che secernono ACTH. Agisce come ilV1A, attivando cioè la fosfolipasi C.

• V2: è espresso nei tessuti renali; è accoppiato a una proteina Gs, che attival’adenilato ciclasi, incrementando i livelli intracellulari di cAMP.

Effetti fisiologici Gli effetti più importanti dell’ADH si apprezzano soprattutto nelrene e nella muscolatura liscia dei vasi.

Rene L’ADH controlla il riassorbimento dell’acqua a livello dei dotti collettori distalinella quota del 10% circa. Il 90% circa dell’acqua è invece riassorbito in manieraormone-indipendente nei tubuli prossimali, dove le cellule esprimono in manieracostitutiva l’acquaporina-1, un proteina integrale di membrana che forma dei canali perl’acqua. La vasopressina legandosi al recettore V2 aumenta i livelli di cAMP nelle celluledei dotti collettori distali, attivando quindi una PKA che fosforila l’acquaporina-2. Lafosforilazione provoca lo spostamento dell’acquaporina-2 dal citosol alla membrana.In definitiva, l’ADH aumenta il numero di canali per l’acqua attivi, permettendo unmaggior riassorbimento di acqua libera da soluti. Questo provoca una maggioreconcentrazione delle urine, e una maggiore conservazione di liquidi. Può sembrarestrano che l’ADH controlli solo il 10% dell’acqua riassorbita, ma considerando che inun uomo adulto si formano 180 litri di filtrato glomerulare ogni giorno, se l’ormonenon controllasse quel 10%, avremmo l’escrezione di ben 18 litri di urina al giorno!

Muscolatura liscia dei vasi A livello della muscolatura liscia dei vasi, l’ADHdetermina vasocostrizione (da qui il nome di vasopressina).

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Correlazioni cliniche: Diabete insipido

Storicamente, due grandi malattie sono state denominate come “diabete”: il diabetemellito ed il diabete insipido. La parola diabete deriva probabilmente dal greco διαβαίνω(pronuncia: diabàino), “scorrere, passare attraverso”, in riferimento alla marcata emissione diurine (poliuria) che caratterizza queste due malattie. Tuttavia, a parte la poliuria, il diabetemellito ed insipido non hanno praticamente niente in comune, e sono due malattie sostenuteda meccanismi diversi.

Il diabete mellito è la malattia a cui di solito ci si riferisce quando si parla di diabete senzaspecificare altro: la poliuria qui è causata da un’eccesso di glucosio ematico (iperglicemia).Quando il glucosio è in quantità tali da superare le capacità di riassorbimento del renee passa nelle urine, si porta dietro acqua per osmosi e provoca quindi un aumento delvolume di urine emesse (diuresi osmotica). Nel diabete insipido la poliuria deriva da unmeccanismo completamente diverso: il rene non riceve o non è in grado di rispondere alsegnale ormonale per il riassorbimento di acqua. I termini insipido e mellito derivano dal fattoche i medici del passato erano soliti assaggiare le urine dei loro pazienti: se le urine eranodolci il diabete era mellito (cioè dolce, per il glucosio - Willis nel 1674 definiva le urine deidiabetici “sorprendentemente dolci, come fossero miscelate con miele o zucchero”; gli credosulla parola); se le urine erano insapori (perché molto diluite) il diabete era insipido.

Il diabete insipido può essere causato da una insufficiente secrezione di ADH (diabeteinsipido “centrale”), oppure dalla mancata risposta del rene allo stimolo della vasopressina(diabete insipido “nefrogenico”). L’insufficiente secrezione di ADH è la causa più frequente: sipuò realizzare in seguito a tumori, traumi, infezioni, autoimmunità o cause più rare. Talvoltanon si riesce a trovare una causa, e quindi il diabete insipido è idiopatico. Il diabete insipidonefrogenico è raro e insorge in seguito a mutazioni dei recettori V2 dell’ADH o mutazionidell’acquaporina; talvolta è secondario a patologie renali.

Dal punto di vista clinico, il diabete insipido si manifesta con poliuria (la produzione digrandi quantità di urine molte diluite, giorno e notte, fino a diversi litri al giorno) e polidipsia(una sete insopprimibile, per compensare alla perdita di liquidi con le urine).

2.1.4 Releasing hormones ipotalamici

I neuroni parvocellulari dell’ipotalamo sintetizzano e rilasciano, a livello dell’eminenzamediana, neuropeptidi che controllano la secrezione dell’ipofisi anteriore (Fig. 2.6).I neuropeptidi giungono all’adenoipofisi attraverso un sistema venoso portale, e

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2 Ormoni proteici e peptidici 18

Neuroni parvocellulari dell'ipotalamo

TRH GnRH SomatostatinaCRH GHRH Dopamina

celluletireotrope

PLC

cellulegonadotrope

PLC

cellulecorticotrope

AC

cellule somatotrope

AC

cellulelattotrope

AC AC

Recettori accoppiati a proteine G

TSH LH FSH ACTH GH PRL

Recettori accoppiati a proteine G Recettori delle citochine classe 1

AC ACACACdiversi meccanismi di

trasduzione del segnale

Figura 2.6: I releasing hormones ipotalamici. PLC: fosfolipasi C; AC: adenilato ciclasi.

esercitano la loro attività biologica mediante recettori accoppiati a proteine G; lamaggior parte della trasduzione intracellulare del segnale è mediata dalla stimolazionedella adenilato ciclasi; in altri casi (TRH e GnRH), si ha l’attivazione del pathway dellafosfolipasi C.

I neurormoni sono:

CRH, ormone di rilascio delle corticotropine agisce sulle cellule che rilasciano ACTH(cellule corticotrope) e altre molecole segnale derivate dal un grande pro-ormonechiamato propriomelanocortina;

TRH, ormone di rilascio della tireotropina agisce sulle cellule che rilasciano l’ormo-ne tireostimolante (cellule tireotrope);

GHRH, ormone di rilascio dell’ormone della crescita agisce sulle cellule che rilascia-no l’ormone della crescita (cellule somatotrope);

GnRH, ormone di rilascio delle gonadotropine agisce sulle cellule che rilasciano LHe FSH (cellule gonadotrope);

Dopamina agisce sulle cellule che rilasciano prolattina (cellule lattotrope);

Somatostatina ha molti effetti biologici; tra quelli che ci interessano adesso, l’inibizionedella secrezione di GH, TSH e prolattina.

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2 Ormoni proteici e peptidici 19

Come si può intuire, praticamente tutta la secrezione ipofisaria è sotto il controllodei neurormoni ipotalamici.

La liberazione di questi neurormoni da parte dell’ipotalamo sottostà a diversi tipidi regolazione, come abbiamo accennato parlando dell’asse ipotalamo ipofisario. Sitratta di:

1. una massiccia regolazione di tipo feedback (negativo o positivo) da parte di altriormoni endocrini;

2. l’influenza dei segnali provenienti dall’ambiente esterno e da altre aree cerebrali.

Per esempio, il rilascio del TRH, che promuove la secrezione di TSH, è influenzatodai livelli plasmatici degli ormoni tiroidei di cui il TSH stimola l’immissione incircolo (vedi anche fig. 2.10, pag. 37). Esistono sistemi di feedback similari (in cuicioè l’ormone ipotalamico risente con un meccanismo feedback della concentrazionedell’ormone ipofisario, che a propria volta risente con un altro circuito di feedbackdella concentrazione dell’ormone periferico) per ciascuno degli ormoni ipotalamici:quindi, il GnRH sarà regolato mediante feedback dalla concentrazione di LH e FSH,che saranno regolati dalla concentrazione degli ormoni sessuali, etc. A questi sipossono sovrapporre altri feedback: per esempio, CRH stimola a livello ipofisario lasecrezione di ACTH, il quale a propria volta stimola la secrezione di alcuni ormoni, dettiadrenocorticoidi, tra cui il cortisolo; il cortisolo poi, oltre ad inibire l’ACTH, inibiscedirettamente il CRH. Quando un ormone periferico inibisce un ormone ipotalamico siparla di feedback lungo.

Per quanto riguarda il controllo da parte di altre aree cerebrali sulla attività secretoriaipotalamica, è importante menzionare il nucleo soprachiasmatico: si tratta di un nucleoipotalamico, situato superiormente al chiasma ottico, sincronizzato con l’alternanzagiorno-notte; regola, attraverso gli ormoni ipotalamici, i ritmi pulsatili circadiani concui alcuni ormoni ipofisari sono rilasciati. Altri ormoni ipofisari, sempre attraverso lamediazione degli ormoni ipotalamici, sono rilasciati secondo ritmi collegati ai cicli disonno-veglia, e la combinazione di ritmi circadiani e ritmi sonno-veglia è responsabiledella ciclicità che si osserva nella secrezione ormonale.

2.1.5 Ormoni dell’adenoipofisi

Abbiamo quindi visto, in generale, che tipo di ormoni sono secreti dall’ipotalamo(prima da parte dei neuroni magnocellulari: ossitocina e vasopressina; poi da parte deiparvocellulari: releasing hormones), e come molti di questi controllino la secrezioneadenoipofisaria; adesso andiamo ad esaminare proprio gli ormoni della adenoipofisi.

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Queste molecole, come ormai abbiamo avuto modo di ripetere più volte, vannoad agire sulle altre ghiandole endocrine del corpo, promuovendo la sintesi di ormoniperiferici; a loro volta, questi regolano tramite feedback gli ormoni adenoipofisari –che, riassumendo, si adeguano da una parte alla regolazione periferica, dall’altra allaregolazione ipotalamica.

Sulla base di omologie strutturali e di azione, gli ormoni della adenoipofisi sonoclassificabili in tre gruppi:

• Il gruppo degli ormoni glicoproteici, composto da:

– ormone tireostimolante, TSH;

– ormone luteinizzante, LH;

– ormone follicolo-stimolante, FSH;

– gonadotropina corionica umana, hCG (attenzione: non è un ormone secretodall’adenoipofisi; viene trattato in questa sede per convenienza, dato che hauna importante omologia strutturale con TSH, LH e FSH.);

• Il gruppo dei peptidi derivati dalla pro-opiomelanocortina (POMC), che com-prende una serie di molecole derivate da un unico precursore:

– ormone adrenocorticotropo, ACTH;

– β-lipotropine

– β-endorfine

• Il gruppo composto da ormone della crescita (GH), prolattina (PRL).

Il gruppo degli ormoni glicoproteici

Fanno parte del gruppo degli ormoni glicoproteici l’ormone tireostimolante (TSH),l’ormone luteinizzante (LH), l’ormone follicolo-stimolante (FSH). Nonostante nonsia sintetizzato né secreto dall’adenoipofisi, bensì dalla placenta, tratteremo la go-nadotropina umana corionica (hCG) insieme a questi ormoni, poiché ne condividestruttura e modalità d’azione.

Struttura Gli ormoni glicoproteici sono quelli più grandi e complessi: sono glicopro-teine eterodimeriche, costituite da:

• una subunità α (92 a.a.), N-glicosilata a livello di due residui di asparagina. Èidentica per TSH, LH, FSH e hCG ed è molto conservata tra specie diverse;

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• una subunità β, che conferisce l’azione biologica e che può essere glicosilata. Èla subunità che differenza tra di loro gli ormoni glicoproteici e che conferisce laspecificità di azione.

Entrambe le subunità sono necessarie perché l’ormone sia attivo, ed il pentapeptideC-terminale della subunità α sembra essenziale per il legame al recettore.

In definitiva, gli ormoni che fanno parte di questo gruppo sono caratterizzati da unagrande omologia strutturale; la probabile causa è l’origine dei loro geni da un unicogene ancestrale comune. Si pensa che un gene iniziale codificasse per la subunità α;sarebbe poi andato incontro a duplicazione genica, producendo il gene per la subunitàβ, che avrebbe dato origine alla diversità tra le subunità per un fenomeno di divergenzagenica.

Questi ormoni hanno un peso molecolare di circa 30 kDa.

Sede di sintesi Mentre l’espressione del gene per la subunità α è comune ai diversicitotipi che sintetizzano gli ormoni glicoproteici (le due popolazioni ipofisarie di cellulegonadotrope e tireotrope e le cellule placentari), l’espressione del gene per la subunitàβ è specifica del citotipo che produce l’ormone corrispondente, mentre i geni per lesubunità degli altri ormoni non sono normalmente espressi.

• le cellule tireotrope dell’ipofisi esprimono il gene per la specifica subunità β delTSH;

• le cellule gonadotrope dell’ipofisi esprimono il gene per la subunità β di FSH edLH;

• le cellule trofoblastiche della placenta durante la gravidanza esprimono il geneper la subunità β della hCG [16].2

Biosintesi Le subunità α e β sono tradotte da mRNA separati. Si ritiene che la sintesidelle due subunità sia regolata in maniera indipendente, e, poiché sono state trovatelibere nel citoplasma soltanto subunità α, sembra probabile che la disponibilità disubunità β sia limitante per la produzione dell’ormone completo.

Le subunità sono tradotte come pro-pre-ormoni, che poi vanno incontro a diversemodifiche post-traduzionali:

• proteolisi limitata per rimuovere il peptide segnale;

• glicosilazione a livello dei residui di asparagina;

2Anche alcuni tumori esprimono hCG.

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• formazione di ponti disolfuro tra residui di cisteine. Vi sono cinque ponti disolfuronella subunità α e sei nella subunità β. Non ci sono ponti disolfuro intermolecolari,solo intramolecolari: le subunità sono associate non covalentemente!

Secrezione e regolazione La regolazione del rilascio, nonché della biosintesi, èeffettuata dai releasing hormones ipotalamici corrispondenti e dagli ormoni periferici:

• il TRH (ormone di rilascio della tireotropina) ipotalamico regola il TSH (ormonetireostimolante o tireotropina) ipofisario. Anche gli ormoni tiroidei regolano ilTSH con un feedback negativo;

• il GnRH (ormone di rilascio delle gonadotropine) ipotalamico regola LH ed FSHipofisari. FSH ed LH sono coinvolti a loro volta, insieme a GnRH, agli ormonisessuali, e ad altre molecole regolatorie, in uno dei loop di feedback più complessidel corpo umano. Maggiori informazioni su questo aspetto saranno fornite nelCapitolo 6.

• la regolazione della hCG non è chiara: sono state individuate numerose molecolecon azione paracrina in grado di regolare la sintesi dell’ormone, e sembrasia coinvolta anche una regolazione autocrina; alcuni studiosi hanno inveceipotizzato una regolazione da parte del GnRH, mentre altri hanno provato acorrelarne la secrezione allo stadio di sviluppo della placenta.

Ricordiamo che TRH e GnRH agiscono, rispettivamente sulle cellule tireotrope egonadotrope, tramite il pathway della fosfolipasi C-IP3-Ca2+, a differenza degli altrireleasing hormones, che sfruttano l’adenilato ciclasi.

Trasporto nel plasma e degradazione Questi ormoni vengono secreti nel sistemaportale ipofisario, dove circolano prevalentemente in forma non legata. Da lì passanoalla circolazione sistemica.

Una volta legati al recettore vengono probabilmente internalizzati e degradati.

Recettori La trasduzione del segnale di TSH, FSH, LH e hCG è mediata da recettoriaccoppiati a proteine G. In tutti i casi, viene attivata la adenilato ciclasi tramite lasubunità G αs. Il secondo messaggero è quindi cAMP, che vede aumentare la propriaconcentrazione.

Effetti fisiologici degli ormoni del gruppo delle glicoproteine

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TSH Il TSH ha come azione generica quella di stimolare la secrezione degli ormonielaborati dalle cellule della tiroide. Si ritiene che agisca sui tireociti con effetti a breve elungo termine:

Effetti a breve termine: Stimola la biosintesi e la secrezione degli ormoni tiroidei adiversi livelli:

1. aumenta l’attività di una pompa che promuove l’ingresso all’interno dellecellule dello ione iuduro, che è essenziale per la biosintesi degli ormoni;

2. promuove l’incorporazione dello iodio all’interno della molecola che ha ilruolo di preormone;

3. stimola il processamento di tale preormone per ottenere l’ormone maturo.

Tutti questi effetti saranno più chiari dopo lo studio degli ormoni tiroidei (sezione3.3 a pagina 102)

Effetti a lungo termine: aumenta il flusso ematico che giunge alla tiroide, modulal’espressione genica nelle cellule e ne promuove il trofismo (sia in termini diaumento di dimensioni, sia aumento di numero).

FSH ed LH FSH ed LH sono prodotte dalle cellule gonadotrope dell’ipofisi anteriore,che sono il citotipo più rappresentato. Molte di queste cellule sintetizzano entrambe lemolecole, mentre sono poche a sintetizzare uno soltanto dei due. Le cellule bersagliodelle gonadotropine LH ed FSH si trovano a livello dell’apparato riproduttore: cellulefollicolari dell’ovaio (cioè, le cellule della teca e della granulosa), cellule del Sertoli ecellule del Leydig nel testicolo. FSH ed LH sono essenziali per la riproduzione:

• Stimolano la gametogenesi (soprattutto FSH): spermatogenesi e follicologenesi;

• Nella donna, regolano l’ovulazione; durante le varie fasi del ciclo si osservauno schema di secrezione pulsatile molto complesso, in cui la secrezione di unormone prevale sull’altro a seconda del momento fisiologico;

• Regolano la sintesi degli ormoni sessuali, che fanno parte degli ormoni steroi-dei (vedi sezione 6.3 a pagina 155). Il colesterolo è utilizzato come precursoreper la biosintesi di questi ormoni: FSH ed LH promuovono la maggior partedelle reazioni della biosintesi del colesterolo (che portano, nel complesso, allacondensazione dell’acetato in squalene), e la reazione di commissionamento delcolesterolo alla biosintesi degli ormoni steroidei, che come vedremo è la conver-sione del colesterolo in un composto chiamato pregnenolone. Il pregnenoloneviene poi utilizzato per sintetizzare tutti gli altri ormoni steroidei, compresi gliormoni sessuali, sia androgeni che estrogeni (es. progesterone, testosterone, etc.).

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Pre-POMC 267 a.a.

N C

Figura 2.7: Rappresentazione schematica del POMC completo del peptide segnale, per un totale di267 aminoacidi. Le linee tratteggiate rappresentano i principali siti di taglio.

hCG La hCG è sintetizzata negli stadi precoci della gravidanza dalle cellule delsinciziotrofoblasto, che con il procedere della gestazione diventerà placenta. È moltosimile all’LH, e, poiché i suoi livelli nelle urine e nel sangue aumentano immediatamentedopo l’impianto dell’embrione, è alla base dei comuni test di gravidanza. Si ritiene cheil suo ruolo sia quello di “avvertire” il sistema materno della presenza dell’embrione,in modo da salvare il corpo luteo ed evitare la mestruazione. Dopo il terzo mesedi gestazione, i suoi livelli decrescono. È ritenuto responsabile della nausea e delvomito mattutino che interessano comunemente le donne durante la prima fase dellagravidanza, ma le prove a sostegno di questa ipotesi non sono conclusive [22, 8].

Il gruppo degli ormoni derivati dalla pro-opiomelanocortina (POMC)

Il gruppo dei peptidi derivati dalla pro-opiomelanocortina (POMC) comprende diversiormoni e neuroormoni, tutti derivati dallo stesso precursore, la POMC. Questo peptideviene tagliato in maniera differente a seconda del tessuto, con produzione di questemolecole segnale:

• ACTH;

• lipotropine;

• melanotropine;

• endorfine.

Collettivamente, queste molecole sono note con il nome di melanocortine.

Sede di elaborazione Vedi il paragrafo successivo “Biosintesi”.

Biosintesi Il gene della POMC viene trascritto nel nucleo, quindi trasferito nelcitoplasma, dove inizia la traduzione. Il peptide continua la traduzione nel lume delreticolo endoplasmatico come pre-POMC (267 aminoacidi, vedi fig. 2.7). Qui, primaancora della fine della traduzione, il peptide segnale viene rimosso (-26 aminoacidi), eviene quindi prodotta proopiomelanocortina, di 241 aminoacidi. Questo polipeptide

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andrà incontro a numerose modifiche post-traduzionali: alcune sono modifiche alivello di singoli aminoacidi, ma quelle più evidenti consistono in estesi tagli proteolitici,che frammentano la POMC in una serie di molecole segnale in modo tessuto-specifico(Fig. 2.8).

Vi sono 8 potenziali siti di taglio all’interno della sequenza della POMC, chepossono divenire substrato di specifiche endopeptidasi a serina (simili alla tripsina), leproormone convertasi. I siti di taglio sono costituiti da coppie di aminoacidi basici(Lys-Arg, Arg-Lys, Arg-Arg, Lys-Lys). A seconda di quali peptidasi vengono espressein un tessuto dove è stata tradotta la POMC, e quindi in base a quali siti di tagliosono sfruttati, si possono avere frammenti diversi. Inoltre, i peptidi ottenuti sonoulteriormente processati con numerose modifiche spesso a carico di aminoacidi (moltofrequente è l’acetilazione).

Nelle cellule corticotrope dell’adenoipofisi vengono prodotti soprattutto ACTH(ormone adrenocorticotropo) e β-lipotropina – il tutto sotto il controllo del CRHipotalamico. Viene prima effettuato un primo taglio sul POMC con il quale si producela β-lipotropina, poi con un secondo taglio viene rilasciato l’ACTH. Talora, la β-lipotropina può venire ulteriormente tagliata in queste cellule, ma dà origine a prodottiche sono rilasciati in quantità trascurabili.

Nelle cellule melanotrope della pars intermedia dell’ipofisi e in altri tessuti perifericidove viene espresso il gene del POMC (intestino, placenta, organi riproduttivi maschili,melanociti dell’epidermide, alcune cellule del sistema nervoso in particolare a livelloipotalamico) sia ACTH che β-lipotropina sono ulteriormente frammentate con un terzoe un quarto taglio: l’ACTH viene spezzato in α-MSH (ormone melanotropo α) e CLIP(peptide della pars intermedia corticotropino-simile); la β-lipotropina in γ-lipotropinae β-endorfina. La γ-lipotropina, se ulteriormente frammentata, dà origine a β-MSH -questo avviene nei tessuti diversi dall’ipofisi. Anche la β-endorfina può poi andareincontro ad ulteriori tagli proteolitici che la trasformano in altre endorfine. In alcunecellule nervose, anche la parte N-terminale del POMC viene processata, con rilascio diγ-MSH.

Secrezione e regolazione La sintesi e il rilascio di questi ormoni sono regolati dalCRH ipotalamico, che agisce legandosi ad un recettore, chiamato CRH-1, accoppiatoad una proteina G, con attivazione dell’adenilato ciclasi e quindi del pathway cAMP,come avviene per molti degli ormoni ipofisiotropi. CHR-1 è espresso nelle celluledell’encefalo, dell’ipofisi, della cute. Esiste anche un recettore CHR-2, espresso in moltialtri tessuti, ma il suo ruolo non è chiaro.

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241 a.a.

Pre-POMC 267 a.a.

γ-MSH (a.a. 77-87)

POMC

ACTH (a.a. 138-176)

β-lipotropina (a.a. 179-267)

α-MSH (a.a. 138-150)

CLIP (a.a. 156-176)

γ-Lipotropina (a.a. 179-234)

β-endorfina (a.a. 237-267)

β-MSH (a.a. 217-234)

γ-Endorfina (a.a. 237-251)

α-Endorfina (a.a. 237-250)

Figura 2.8: Rappresentazione schematica delle modalità di elaborazione del POMC. Sono indicati iprincipali peptidi che originano dalla frammentazione della molecola

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Trasporto nel plasma e degradazione La molecola meglio studiata in merito al suodestino nel plasma è l’ACTH, che, essendo secreto in maniera episodica ed avendouna emivita di alcuni minuti, risulta avere livelli plasmatici molto variabili. Vienedegradato da diverse aminopeptidasi plasmatiche [31].

Recettori ed effetti fisiologici Le melanocortine esercitano la loro azione ormonaleprincipalmente tramite il gruppo dei recettori delle melanocortine MCR, di cui siconoscono 5 membri. Sono tutti recettori accoppiati a proteine G (quindi con 7 dominîtransmembrana):

• MCR-1: vi si lega MSH; è espresso a livello della cute;

• MCR-2: è il recettore a cui si lega l’ACTH, è espresso a livello della cortecciasurrenale ed è coinvolto nella regolazione della biosintesi degli ormoni steroidei;

• MCR-3: il suo ruolo biologico non è chiaro;

• MCR-4: espresso a livello dell’encefalo, ed è coinvolto nella regolazione dell’ap-petito;

• MCR-5: è coinvolto nella termoregolazione;

Le lipotropine esplicano attività biologica su diversi di tessuti, ma i loro effetti nonsono del tutto chiari. Sono state così chiamate quando è stato notato che nel coniglioprovocano lipolisi e mobilizzazione degli acidi grassi, ma nell’uomo apparentementehanno altri effetti, e quello della lipolisi sembra essere trascurabile.

Per quanto riguarda gli ormoni melanotropi (MSH, Melanocyte Stimulating Hor-mone), come abbiamo visto le forme conosciute sono tre: α-, β-, γ-. Sono prodotte,soprattutto la α-MSH (che è la più abbondante e la più importante), dalla parsintermedia dell’ipofisi. Per quanto riguarda la β-MSH, si hanno evidenze di unasua produzione durante la vita fetale, ma non è chiaro se venga prodotta nella vitapostnatale dell’uomo. La loro funzione è quella stimolare la biosintesi e la secrezionedi melanina da parte dei melanociti a livello della cute – in poche parole, sono respon-sabili della pigmentazione cutanea. L’MSH sembra non essere unicamente un ormoneendocrino, ma pare che abbia anche un’azione paracrina: alcuni studi suggerisconoche venga sintetizzato anche dai melanociti, con azione locale.

Le endorfine invece sono ormoni molto noti anche al di fuori dell’ambiente scientifi-co, soprattutto per il loro coinvolgimento nella sensazione del dolore. La β-endorfina,che è la principale e la più importante, è prodotta dal taglio proteolitico della β-lipotropina – questo avviene soprattutto (ma non solo) a livello della pars intermediadell’ipofisi. La β-endorfina viene poi rapidamente acetilata, una modifica post-

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traduzionale che si pensa la inattivi, e messa in circolo. In diverse regioni del sistemanervoso (centrale e periferico) viene poi deacetilata, oppure sintetizzata in loco esecreta direttamente non acetilata, e sembra utilizzata come neurotrasmettitore o neuromodulatore. Inoltre, la β-endorfina può andare incontro a tagli ulteriori a livellodella regione C-terminale per dare origine a γ- e α-endorfina. Le endorfine sono deicosiddetti oppioidi endogeni, ovvero molecole sintetizzate dal nostro stesso organismoche sono in grado, legandosi a specifici recettori, di evocare risposte fisiologiche chemediano l’analgesia e altre risposte che hanno a che fare con il comportamento, comela modulazione dell’euforia o delle dipendenze. I recettori oppioidi sono accoppiati aproteine G.

Correlazioni cliniche: I recettori oppioidi

Si legano agli stessi recettori delle endorfine anche i potenti analgesici oppioidi, di cuil’esponente più noto è la morfina. L’eroina (o diamorfina) è un’altra sostanza oppiode moltonota come stupefacente. Sintetizzata nella seconda metà dell’800, paradossalmente all’iniziovenne pubblicizzata dalla casa farmaceutica produttrice come un farmaco alternativo allamorfina che non induceva dipendenza (addiction).

I principali recettori degli oppiodi sono tre: κ, δ e μ (ne esiste anche un quarto,ma non ne parleremo). Questi recettori influenzano la conduttanza di alcuni ioni:

• δ e μ: mediano la risposta fisiologica agli oppioidi attivando la subunità Gi. Ilpathway porta ad una stimolazione della fosfolipasi C e dei canali del K+.

• κ: mediano la risposta fisiologica agli oppiodi inibendo direttamente i canali delcalcio.

In questo modo, condizionano il rilascio di neurotrasmettitori da parte dei neuronisu cui agiscono.

L’azione del CLIP (Corticotropin-Like Intermediate Lobe Peptide, peptide similealla corticotropina del lobo intermedio) non è chiara.

Per quanto riguarda l’ACTH (ormone adrenocorticotropo), la sua azione è megliocaratterizzata, e si esplica soprattutto a livello della ghiandola surrenale, dove stimolala produzione di alcuni ormoni steroidei, come il cortisolo. Viene rilasciato inrisposta a condizioni di stress (inteso in senso ampio: stress fisico, come una ferita, ostress psicologico, come una forte emozione). In effetti, il cortisolo è spesso definito“l’ormone dello stress” proprio perché media l’adattamento a situazioni di questo tipo.

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La secrezione di ACTH segue un ritmo circadiano, con un picco intorno alle 4-5 delmattino.

Gli effetti dell’ACTH sono mediati da recettori accoppiati a proteine G; vienestimolata la subunità G αs, che porta ad un aumento di cAMP con attivazionedella PKA. La principale azione biologica dell’ACTH consiste nell’incrementare lasteroidogenesi (sintesi degli ormoni steroidei) soprattutto a livello della zona corticaledella ghiandola surrenale, in particolare glucocorticoidi e mineralcorticoidi. Anchel’ACTH, come FSH ed LH, promuove la maggior parte delle reazioni della biosintesi delcolesterolo (che portano, nel complesso, alla condensazione dell’acetato in squalene),nonché la reazione di commissionamento del colesterolo alla biosintesi degli ormonisteroidei, la conversione in pregnenolone. Il cortisolo, il principale glucocorticoide,regola con feedback negativo sia la secrezione di ACTH (a livello ipofisario) che diCRH (a livello ipotalamico).

Ormone della crescita e prolattina

L’ormone della crescita (GH) promuove l’accrescimento corporeo, mentre la prolattina(PRL) ha attività lattogenica. Si pensa che GH e PRL (insieme ad un’altra molecolasegnalatoria, la somatomammotropina corionica) siano originati da uno stesso geneancestrale.

Struttura GH e PRL sono ormoni peptidici accomunati da similitudini strutturali:

• le loro dimensioni sono comparabili (circa 190 aminoacidi). L’ormone dellacrescita è un peptide di 191 aminoacidi e 22 kDa di peso molecolare. La prolattinaha un peso molecolare di 23kDa;

• hanno un singolo residuo di triptofano in posizioni simili (85 per il GH, 91 perPRL);

• entrambi presentano due legami disolfuro nella stessa posizione;

• hanno un’omologia di sequenza del 35%.

Sede di sintesi Il GH è sintetizzato dalle cellule somatotrope, che sono uno deicitotipi più abbondanti nell’ipofisi, mentre il PRL dalle cellule lattotrope, che sonomeno rappresentate.

Biosintesi La biosintesi non presenta aspetti particolari in nessuno dei due casi.

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Secrezione e regolazione La sintesi e la secrezione del GH sono regolate principal-mente:

• positivamente dal GHRH ipotalamico, attraverso la classica attivazione dellaadenilato ciclasi, incremento del cAMP, attivazione della PKA; il pathwayrisulta nella sintesi di alcuni fattori di trascrizione che regolano positivamentel’espressione del gene del GH e del recettore per il GHRH;

• negativamente dalla somatostatina, sintetizzata dall’ipotalamo e altre aree ce-rebrali, nonché a livello periferico (es. dal pancreas endocrino); esplica laregolazione attraverso recettori accoppiati a proteina G, e stimolando la subunitàinibitoria, che inibisce l’adenilato ciclasi; il pathway risulta in una diminuzionedella concentrazione di cAMP.

• attraverso feedback negativo, dall’Insulin-like Growth Factor 1 (IGF-1), che èuna molecola che media l’azione del GH a livello periferico;

• Da una varietà di altre molecole segnale (peptidi ipotalamici, ormoni, neurotra-smettitori), che esplicano la loro azione intervenendo sulla secrezione di GHRHo di somatostatina, oppure modulando la sensibilità delle cellule somatotrope aquesti due regolatori. Da notare che anche il glucosio, in questo caso, si comportacome un ormone: l’ipoglicemia stimola la secrezione di GH, l’iperglicemia lainibisce. Anche alcuni aminoacidi (arginina in particolare) sono in grado diaumentare la secrezione di GH. Segnaliamo infine la regolazione positiva daparte della grelina, ormone secreto dallo stomaco.

La sintesi e la secrezione della PRL sono regolate in maniera piuttosto complessa.La secrezione è influenzata da molti tipi di stimoli, alcuni interni e altri esterni.

• Esiste una regolazione negativa costitutiva da parte della dopamina, secretadall’ipotalamo – questa agisce tramite recettori dopaminergici accoppiati aproteine G inibitorie, che sopprimono l’attività della adenilato ciclasi;

• La prolattina inibisce la propria secrezione stimolando il rilascio di dopaminaipotalamica, il che è un meccanismo di tipo feedback negativo;

• promuove la secrezione di PRL lo stimolo della suzione del capezzolo materno,tramite un riflesso neuroendocrino che riduce la secrezione di dopamina a livelloipotalamico; anche ossitocina e vasopressina contribuiscono alla mediazione diquesto effetto;

• Promuovono la secrezione di PRL il sistema serotininergico e altri ormonicircolanti;

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Quindi, lo stato normale della secrezione di prolattina è l’inibizione tramite ladopamina; quando giunge lo stimolo della suzione, la secrezione di dopamina decresce,e la prolattina entra in circolo – da una parte, mediando i propri effetti fisiologici,dall’altra ritornando a incrementare la secrezione di dopamina ed esercitando così unfeedback negativo sulla propria secrezione.

Trasporto nel plasma e degradazione L’emivita del GH è di 10-20 minuti. Circail 50% del GH è legato a specifiche GH Binding Proteins (GHBP), che ne limitanole oscillazioni nella concentrazione plasmatica agendo da buffer e ne prolunganol’emivita. La PRL permane nel plasma per un tempo maggiore, con una emivita di25-50 minuti.

Sono degradati a livello di fegato e rene.

Recettori I recettori del GH appartengono alla superfamiglia dei recettori dellecitochine di classe 1 (noti anche come recettori dell’ematopoietina). Mediano risposteintracellulari tramite l’attivazione di protein chinasi. Il GH, legandosi ad un recettore,provoca un cambiamento conformazionale che ne innesca la dimerizzazione con unaltro. La dimerizzazione attiva una delle cosiddette Janus chinasi (JAK-2), particolarichinasi che fosforilano su residui di tirosina sia il recettore che loro stesse. Il recettorefosforilato innesca una serie di pathway di trasduzione del segnale, utilizzati anche daaltri recettori:

1. reclutando proteine STAT (Signal Transducers and Activator of Transcription)e facilitando la loro fosforilazione da parte di JAK. La fosforilazione attivale proteine STAT, che dimerizzano tra loro, per poi entrare nel nucleo, doveagiscono come fattori di trascrizione, modulando l’espressione genica dellacellula bersaglio (Fig. 2.9);

2. il pathway delle MAP chinasi (che coinvolge le proteine adattatrici Shc/Grb2);

3. fosforilazione della proteina IRS-1 (substrato del recettore dell’insulina) cheattiva la fosfainositide 3-chinasi (il nome è dovuto al fatto che questo pathway èutilizzato anche dall’insulina);

4. Pathway della fosfolipasi C-DAG-PKC. Questi recettori si trovano per esempio alivello degli adipociti.

I recettori della PRL sono anche in questo caso recettori della superfamiglia deirecettori delle citochine di classe 1, espressi in ovaie, ghiandole mammarie e alcunearee cerebrali. In seguito al legame, i recettori dimerizzano, e mediano una trasduzioneintracellulare del segnale analoga a quella vista per l’ormone della crescita (JAK-STAT).

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1 2

3 4

Recettore

GH

JAK

Stat

P P

P P

P P

P P

Nucleo

Figura 2.9: 1. Recettore in assenza di GH. 2. Il recettore dimerizza, JAK si attiva e lo fosforila. 3.La fosforilazione permette il reclutamento delle STAT protein, che giungono a portata delle JAK, evengono fosforilate. 4. Le STAT fosforilate dimerizzano e migrano nel nucleo.

Effetti fisiologici Il GH esplica la sua azione:

• direttamente, legandosi ai propri recettori sulle cellule bersaglio.

• indirettamente, stimolando in alcuni citotipi la sintesi e la secrezione di due fattoridi crescita, Insulin-like Growth Factor-1 e 2 (IGF-1 e IGF-2) o somatomedine. Sitratta di peptidi di circa 7,5 kDa simili, come dice il nome, all’insulina. Tuttavia,gli IGF mantengono una porzione della catena polipeptidica, chiamata peptideC, che nell’insulina viene tagliata proteoliticamente. Mediano molti degli effettianabolici e mitogenici del GH. Sono sintetizzati in seguito a stimolazione delGH soprattutto nel fegato, da dove vengono rilasciati nel sangue, agendo quindicon modalità endocrina. Circolano in forma libera solo in piccola parte, mentrela quota maggiore si trova legata a proteine di trasporto (dette IGFBP, IGFBinding Proteins, a loro volta sintetizzate nel fegato), in particolare alla isoformaIGBF-3. Le IGF sono prodotte anche da altri citotipi, ma con valenza paracrinaed autocrina. In questo caso non entrano in circolo, ma agiscono localmente,sulle cellule circostanti: un esempio è dato dai condrociti. A livello dellecartilagini metafisarie, queste cellule secernono IGF-1, che agisce localmentepromuovendone l’espansione clonale, in sinergia con il GH, così da stimolarela crescita in lunghezza delle ossa. Anche gli osteoblasti sintetizzano IGF, confunzione simile. La regolazione della biosintesi di questi peptidi è affidata,come si è detto, al GH ed in parte agli ormoni steroidei. Le proteine di trasporto

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IGFBP sono importanti per quanto riguarda la regolazione a livello periferico:in molti casi, oltre a prolungarne l’emivita, modulano la biodisponibilità di questifattori; inoltre, permettono un trasporto tessuto-specifico. La regolazione dellabiodisponibilità tramite le proteine di trasporto è mediata dall’intervento dispecifiche proteasi, che sono in grado di tagliare le IGFBP in modo da ridurnel’affinità con gli IGF, innescandone il rilascio. Per quanto riguarda l’azionebiologica, sembra che quasi tutti i tessuti siano potenzialmente in grado didivenire bersaglio degli IGF. Gli IGF-1 e 2 si legano ai rispettivi recettori, delletirosin chinasi di membrana eterotetrameriche che si autofosforilano in seguitoal legame con il recettore. Attivano quindi un esteso pathway di trasduzioneintracellulare del segnale, che inizia con la fosforilazione della proteina IRS-1(substrato del recettore dell’insulina, Insulin Receptor Substrate) con attivazionedella fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K), Grb2 etc, e termina con l’attivazione dinumerose chinasi (Raf, MAPK...). IGF-1 è in grado inoltre di legarsi ai recettoridell’insulina. Gli IGF hanno molti effetti: stimolano la sintesi di DNA, RNA eproteine; modulano la crescita, la proliferazione cellulare, la differenziazione el’apoptosi; stimolano la condrogenesi e l’osteogenesi (sono molto importanti perl’accrescimento lineare delle ossa lunghe); inibiscono la degradazione proteica alivello muscolare e del collagene; stimolano l’assunzione del glucosio nelle cellule.La maggior parte di questi effetti sono stati dimostrati per IGF-1; nonostante ilivelli di IGF-2 nel plasma siamo molto maggiori, il suo ruolo non è stato definitochiaramente, ma sembra che sia solo parzialmente correlato al GH.

Possiamo così riassumere gli effetti (diretti e indiretti) del GH:

• a partire dai due anni di età (e in particolare durante la pubertà) assume un ruolocritico per il normale sviluppo dell’individuo: stimola la crescita corporea nellafase postnatale della vita, soprattutto nell’infanzia e nella pubertà. Durante ilperiodo prenatale non ha grande importanza;

• influenza il metabolismo glicidico, lipidico e proteico;

• Ha effetti sul sistema immunitario e sul sistema nervoso.

È importante sottolineare ancora una volta che molti degli effetti anabolici esomatotropici attribuiti al GH sono in realtà dovuti agli IGF, di cui il GH stimola lasintesi. Tuttavia, è vero che in genere l’ormone della crescita coopera con l’azione delleIGF.

Vediamo più in dettaglio le principali azioni del GH.

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Ossa e cartilagini Stimola la condrogenesi, promuovendo quindi l’aumento inlunghezza delle ossa lunghe durante la pubertà, e l’osteogenesi, regolando il turnoverosseo; raggiunge questi effetti sia stimolando direttamente la proliferazione e ladifferenziazione delle cellule secernenti matrice cartilaginea ed ossea, ma soprattuttoindirettamente, grazie alla mediazione degli IGF.

Effetti sul metabolismo il GH modula il metabolismo glicidico, lipidico e proteico,in alcuni casi direttamente, in altri attraverso la mediazione degli IGF, in altri casiancora sia direttamente che indirettamente.

1. Carboidrati: ha effetti anti-insulinici, e determina un incremento della gli-cemia inducendo gluconeogenesi nel fegato e glicogenolisi; interferisce conl’azione dell’insulina, riducendo l’utilizzo periferico del glucosio ma induceiperinsulinemia.3

2. Lipidi: stimola la lipolisi negli adipociti, inibisce l’accumulo di trigliceridi el’enzima lipoproteinlipasi, incrementando quindi gli acidi grassi liberi circolanti;promuove l’ossidazione degli acidi grassi, soprattutto nel fegato;

3. Proteine: stimola l’uptake degli aminoacidi e la sintesi proteica, inibisce ladegradazione proteica e l’ossidazione degli aminoacidi, soprattutto a livello ditessuto muscolare scheletrico.

Equilibrio idroelettrolitico Il GH promuove la ritenzione idrica e il riassorbimentodi diversi ioni (calcio, magnesio, fosfato, potassio, sodio cloro), influenzando in questomodo anche il metabolismo dei minerali.

Effetti sul sistema immunitario e sul sistema nervoso modula molte delle funzionidel sistema immunitario (produzione di anticorpi, attività delle cellule, etc) e a livellodell’SNC modula l’umore e il comportamento;

Inoltre, il GH presenta anche una limitata attività lattogenica, in analogia allaprolattina.

La prolattina nella donna promuove la sintesi e la secrezione del latte a livello dellaghiandola mammaria. La sua secrezione aumenta molto durante la gravidanza, inrisposta agli alti livelli di estrogeni. Non si conosce invece quale sia il ruolo dellaprolattina nell’uomo.

3Almeno, in seguito a somministrazione esogena. È possibile che il significato biologico di questaazione sia da inquadrare come una sorta di effetto feedback negativo: forse questa azione è stataselezionata nel corso dell’evoluzione perché impedisce oscillazioni troppo brusche della glicemia.

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La PRL:

• Stimola la crescita e lo sviluppo della ghiandola mammaria, soprattutto a livellodegli acini ghiandolari;

• Induce la sintesi del latte e la sua secrezione. Per espletare questa funzione, pro-muove l’uptake di glucosio e aminoacidi, oltre che l’espressione e la produzionedi proteine del latte come lattoalbumina e caseina; stimola inoltre la biosintesi dilattosio e acidi grassi nelle cellule bersaglio;

• Mantiene il corpo luteo durante la gravidanza – questo avviene sicuramente inalcune specie di mammiferi, e probabilmente anche nell’uomo;

• inoltre, la prolattina esplica altre regolazioni nell’ambito della riproduzione edella gravidanza, come la modulazione della sintesi di progesterone e GnRH.

• Almeno negli animali, influenza alcuni aspetti della vita sessuale e sociale, comel’istinto materno; ci sono opinioni discordi riguardo l’esistenza di un effettosimile sull’uomo.

• È ormai accertato il ruolo della prolattina come mediatore endocrino, paracrinoed autocrino nelle risposte immunitarie e nell’infiammazione.

Correlazioni cliniche: Nanismo e gigantismo

Nanismo è un termine usato per indicare tutte quelle condizioni in cui l’accrescimentosomatico è patologicamente ridotto; gli individui affetti risultano di statura molto inferiore allanorma. Si distingue il nanismo armonico, in cui pur essendo la statura ridotta sono mantenutele normali proporzioni del corpo, dal nanismo disarmonico, in cui una o più parti corporeesono sproporzionate.

La deficienza di GH è una possibile causa di nanismo (cosiddetto nanismo ipofisario)quando insorge prima del termine dell’accrescimento; quindi in caso di deficit di GH insortonell’età adulta, essendo l’accrescimento ormai terminato, non si ha nanismo. Sono note causecongenite di deficit di GH (per lo più su base genetica), e cause acquisite (tra cui tumori,traumi, e radioterapia a livello encefalico). Non raramente, non si riesce a determinare lacausa della disfunzione (deficit idiopatico).

Il gigantismo è una condizione di esagerato accrescimento somatico, da cui risulta unastatura molto superiore alla norma, che può superare i 2,50 m.

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Il gigantismo è di solito dovuto ad una abnorme secrezione di GH durante il periododella crescita (cioè prima della fusione delle cartilagini di accrescimento). Un eccessivasecrezione di GH nell’adulto dà invece origine al quadro dell’acromegalia. In quest’ultimacondizione, c’è accrescimento osseo (specie a carico di alcuni distretti, come il cranio) ma nonaumento di statura. Si verificano anche un aumento di volume dei tessuti molli (labbra, mani,piedi, lingua), visceromegalia (aumento di volume di alcuni organi come fegato e tiroide),cardiomegalia ed alterazioni metaboliche (soprattutto del metabolismo del glucosio, fino aldiabete). I tratti del volto divengono grossolani, e con il tempo i pazienti assumono una faciesparticolare (facies acromegalica).

Acromegalia e gigantismo sono praticamente sempre conseguenti ad adenomi ipofisari chesecernono GH in maniera incontrollata.

Vediamo adesso in generale e in modo schematico i principali esempi di asseipotalamo-ipofisi-ormone periferico. Non c’è bisogno di imparare adesso questischemi, perché la regolazione sarà trattata per ciascun ormone. L’importante è capire ilquadro generale. Sarà più utile ritornare su questi schemi una volta studiati gli ormoniperiferici relativi.

L’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide

Gli ormoni tiroidei e la loro regolazione sono trattati in maggiore dettaglio alla sezione3.3 (pag. 101). Qui viene illustrato a grandi linee l’asse ormone ipotalamico-ormoneipofisario-ormone periferico per quanto riguarda la tiroide (Fig. 2.10, pag. 37).

L’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide è così strutturato [39]:

• TRH è il releasing hormone ipotalamico, che stimola il rilascio di TSH da partedella ipofisi;

• il TSH ipofisario stimola il rilascio degli ormoni periferici T3 e T4 da parte dellatiroide;

• T3 rappresenta l’ormone tiroideo più attivo. Viene rilasciato dalla tiroide cometale oppure viene ottenuto dal T4 per conversione ad opera di particolari enzimi

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2 Ormoni proteici e peptidici 37

T4

T4

(forma libera)

Ipotalamo

Tiroide

Ipofisi

+

TRH

+

TSH

T3

T3

(forma libera)

(forma legata alle proteine plasmatiche)

-

-

Figura 2.10: In questa figura sono mostrati i rapporti di feedback che caratterizzano l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide.

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2 Ormoni proteici e peptidici 38

(deiodinasi; sono trattati nella sezione dedicata agli ormoni tiroidei). Entrambigli ormoni possono esistere in forma libera oppure in forma legata a proteinedi trasporto. Le due forme sono in equilibrio tra loro, e solo la forma libera èin grado di interagire con i recettori. La forma legata può essere consideratainattiva. T3 con un loop di feedback inibisce la secrezione sia del TSH che delTRH.

L’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi

Gli ormoni sessuali e la loro regolazione sono trattati nel capitolo 6 (pag. 140). Quiviene illustrato a grandi linee l’asse ormone ipotalamico-ormone ipofisario-ormoneperiferico per quanto riguarda le gonadi (Fig. 2.11, pag. 39).

L’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi è diverso nei due sessi.

Nel sesso femminile è molto complesso perché entra in gioco il ciclo mestruale.Una trattazione più completa verrà presentata nel capitolo relativo. A grandi linee,l’asse è così strutturato:

• Il GnRH è il releasing hormone ipotalamico, che stimola il rilascio di FSH edLH da parte della ipofisi. A seconda della fase del ciclo mestruale, può esserefavorita la secrezione dell’uno o dell’altro;

• FSH ed LH ipofisari stimolano il rilascio da parte dell’ovaio di ormoni sessuali(principalmente estrogeni, in particolare estradiolo) e di inibina, una proteinaeterodimerica membro della famiglia dei TGF- β;

• L’estradiolo con un loop di feedback inibisce la secrezione di GnRH; non è chiarose inibisce direttamente anche la secrezione di FSH. Questo cambia durante lafase follicolare (non mostrato in figura), quando l’estradiolo con un feedbackpositivo stimola la secrezione di GnRH e ne modifica il “ritmo” di secrezione.Questo diverso pattern di secrezione del GnRH favorisce la secrezione di LH, cheincrementa sempre di più (per il feedback positivo) fino ad arrivare ad un piccoin corrispondenza del quale si verifica l’ovulazione. Successivamente, vieneprodotto progesterone dal corpo luteo, che modifica il pattern di secrezione delGnRH favorendo nuovamente l’FSH.

• l’inibina inibisce la secrezione di FSH (viene secreta soprattutto durante la fasefollicolare).

Nel sesso maschile il circuito è più semplice. A grandi linee, l’asse è così strutturato:

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2 Ormoni proteici e peptidici 39

Ipotalamo

Gonadi femminili

Ipofisi

+

GnRH

+

FSH

-

LH

Estrogeni

Inibina

-

-

?

-

Ipotalamo

Ipofisi

+

GnRH

+

LH -

-

FSH

EstradioloInibina

Gonadi maschili

Testosterone

Figura 2.11: In questa figura sono mostrati i rapporti di feedback che caratterizzano l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi.

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2 Ormoni proteici e peptidici 40

Ipotalamo

+

CRH

+

ACTH -

-

Surrene

Glucocorticoidi

Figura 2.12: In questa figura sono mostrati i rapporti di feedback che caratterizzano l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

• Il GnRH è il releasing hormone ipotalamico, che stimola il rilascio di FSH ed LHda parte della ipofisi;

• LH ipofisario stimola il rilascio da parte delle cellule di Leydig, che si trovano neltesticolo, di ormoni sessuali (androgeni, principalmente testosterone); l’FSH silega alle cellule del Sertoli e stimola la spermatogenesi4 e la secrezione di diversesostanze, tra cui inibina B (la cui secrezione potrebbe non essere esclusiva dellecellule del Sertoli [23]). I testicoli producono anche piccole quantità di estrogeni,che partecipano alla regolazione dell’asse (inoltre è possibile che gli androgeniinibiscano l’asse non in quanto tali, ma per mezzo di una conversione a estrogeniche avverrebbe localmente, cioè a livello cerebrale).

• Gli androgeni inibiscono la secrezione di GnRH e di LH, mentre l’inibina Binibisce la secrezione di FSH [23].

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

Gli ormoni secreti dalla zona corticale della ghiandola surrenale e la loro regolazionesono trattati nel capitolo 6 (pag. 140); la loro regolazione viene presa in esame in

4la spermatogenesi è anche stimolata dal testosterone prodotto dalle cellule del Leydig.

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2 Ormoni proteici e peptidici 41

modo meno schematico in quel capitolo. Vediamo, sempre a grandi linee, l’asseipotalamo-ipofisi-surrene (Fig. 2.11, pag. 39):

• CRH è il releasing hormone ipotalamico, che stimola il rilascio di ACTH da partedella ipofisi;

• l’ACTH ipofisario stimola il rilascio di diversi ormoni steroidei da una partedella ghiandola surrenale chiamata corteccia, principalmente glucocorticoidi;

• I glucocorticoidi (il glucocorticoide per antonomasia è il cortisolo) inibiscono afeedback il rilascio di CRH e ACTH.

Abbiamo quindi terminato di vedere gli ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisi. Passia-mo adesso ai restanti ormoni proteici periferici.

2.2 Ormoni dell’apparato digerente

Dove siamo? Pancreas

Il pancreas è una ghiandola anficrina (cioè con funzioni sia esocrine che endocrine), diforma allungata, annessa all’apparato digerente. È situata nella cavità addominale tra idue reni, posteriormente allo stomaco. Istologicamente e funzionalmente è caratterizzatadalla presenza di diverse popolazioni cellulari. La grande maggioranza è costituita da celluleesocrine, che sintetizzano ormoni proteolitici necessari alla digestione; in mezzo al parenchimaesocrino sono presenti aggregati formati da cordoni cellulari di cellule endocrine, che appaionocome isole endocrine in mezzo ad un mare di cellule esocrine: da qui il nome di isole diLangerhans. Ogni isola è composta da tre tipi fondamentali di cellule: le cellule α, chesintetizzano glucagone, le cellule β, che sintetizzano insulina, e le cellule δ, che secernonosomatostatina.

2.2.1 Insulina

Il ruolo dell’insulina è rivolto principalmente alla regolazione del metabolismo dicarboidrati e lipidi in senso anabolico. Si tratta di un ormone che viene tipicamente(ma non solo) secreto in condizioni di iperglicemia, che possono essere pensatecome situazioni di abbondanza di sostanze nutritive e di benessere. Le sue funzionisono rivolte ad abbassare la concentrazione di glucosio nel sangue per ristabilire lanormoglicemia. Questo viene ottenuto stimolando l’assunzione del glucosio in alcuni

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2 Ormoni proteici e peptidici 42

Figura 2.13: Struttura tridimensionale dell’insulina porcina, che differisce da quella umana per unsolo aminoacido (una treonina presente nell’insulina umana è sostituita da una alanina nell’insulinaporcina). La struttura è stata ottenuta dall’RCBS Protein Data Bank (id: 4INS) e l’immaginerealizzata con QuteMol http://qutemol.sourceforge.net [40].

citotipi (come il muscolo), mentre il metabolismo energetico viene indirizzato versola sintesi di glicogeno e lipidi, le forme classiche con cui l’organismo immagazzinaenergia per un uso futuro, approfittando della temporanea disponibilità di substratienergetici.

Struttura L’insulina è un ormone costituito da 2 catene polipeptidiche, chiamate A eB, unite da due ponti disolfuro. La catena A è composta da 21 aminoacidi e presentaun ponte disolfuro intracatena; la catena B è formata da 30 aminoacidi. La figura2.13 mostra una immagine della struttura tridimensionale dell’insulina porcina (moltosimile a quella umana).

Sede di elaborazione L’insulina viene secreta dalle cellule β del pancreas.

Biosintesi L’insulina viene tradotta dal relativo gene, situato sul cromosoma 11, comepre-pro-insulina; in seguito all’ingresso nel lume del RER, si formano i ponti disolfuro;nel passaggio successivo il peptide segnale (una sequenza idrofobica di 23 aminoacidi)viene staccato enzimaticamente, generando proinsulina (figura 2.14, pag. 43). Puòessere considerata il peptide precursore vero e proprio (inattivo).

A livello di questa catena peptidica si possono già evidenziare le due future cateneche andranno a costituire l’ormone attivo: la catena A (21 aminoacidi al C-terminale), ela catena B (30 aminoacidi all’N-terminale); queste sono unite da un tratto polipeptidicodi connessione detto catena C. Quindi, la sequenza del proormone è: (2HN)-B-C-A-(COO-). Nonostante la catena C non sia presente nell’ormone attivo, è molto importante

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2 Ormoni proteici e peptidici 43

COOH

NH3

S S

S S

S S

Peptide C

Peptide A

Peptide B

Proinsulina

COOH

NH3

S S

S S

S S

Peptide C

Peptide A

Peptide B

Insulina e peptide C

Preproinsulina

COOH

NH3

SH SH

SH SH

SH SH

Peptide C

Peptide A

Peptide BSequenzasegnale

Figura 2.14: Struttura della preproinsulina, della proinsulina e della insulina. La proinsulina si formaquando dalla preproinsulina si distacca il peptide segnale e si formano i legami disolfuro; l’insulina siforma con la rimozione del peptide C.

per il corretto ripiegamento del polipeptide: si tratta un requisito indispensabile perla già menzionata formazione dei ponti disolfuro che uniscono le catene A e B 5. Laconversione da pro-ormone ad ormone attivo avviene nel reticolo endoplasmatico adopera di alcune endopeptidasi chiamate proormone convertasi, le quali operano iltaglio proteolitico che rilascia il peptide C.

L’insulina e la catena C sono immagazzinate in vescicole secretorie, che si accu-mulano nel citoplasma in attesa del segnale che produrrà il rilascio. Il peptide C èpresente nelle vescicole in quantità stechiometriche con l’insulina, e viene anch’essorilasciato nel sangue; ha un’emivita maggiore dell’insulina, il che equivale a direche permane nel sangue per più tempo. Queste caratteristiche consentono di poterutilizzare la determinazione della concentrazione ematica della catena C per stimare

5 Questo è il motivo per cui i primi tentativi di sintetizzare insulina in laboratorio a partire dalle cateneA e B non andarono a buon fine.

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2 Ormoni proteici e peptidici 44

l’entità della secrezione insulinica in un soggetto. La regolazione del rilascio diinsulina avviene grazie a diversi meccanismi. Poiché nelle cellule pancreatiche vi èuna grande quantità di insulina già sintetizzata, depositata in attesa di essere rilasciata,il controllo principale è esercitato a livello della secrezione:

• La secrezione avviene in risposta ad un innalzamento della glicemia, con mecca-nismi non del tutto chiari. La concentrazione di glucosio nel sangue a digiunotende ad essere mantenuta intorno ai 90 mg/dL ( 80-100 mg/dL); l’aumentodi questo valore scatena il rilascio di insulina. Si ritiene che l’aumento dellaconcentrazione plasmatica di glucosio provochi con qualche meccanismo uninnalzamento del Ca2+ intracellulare, che innesca l’esocitosi delle vescicole. Ilmodello che ha ricevuto più consensi è questo: il glucosio, divenuto abbondante,penetra all’interno delle cellule β del pancreas grazie al trasportatore GLUT-2,e viene fosforilato dalla glucochinasi. Viene poi commissionato alla glicolisie al ciclo di Krebs, con incrementata produzione di ATP, che chiude alcunicanali ionici del K+ ATP sensibili; la membrana plasmatica si depolarizza, conapertura dei canali del calcio voltaggiodipendenti. Il calcio avvia il pathway dellafosfolipasi C, e l’IP3 che si libera attiva canali del calcio presenti sulla membranadel reticolo endoplasmatico. Questo porta ad un ulteriore incremento di calcio,che innesca la secrezione.

• Anche gli aminoacidi innescano la secrezione di insulina, probabilmente attraver-so la generazione di ATP a partire dal loro catabolismo o una depolarizzazionediretta della membrana plasmatica.

• Altre sostanze che si sono dimostrate in grado di stimolare la secrezione diinsulina sono: la acetilcolina (occorre ricordare che è un neurotrasmettitoreutilizzato dai nervi del sistema nervoso autonomo), la colecistochinina, il peptidegastrointestinale e il glucagon-like peptide 1 (GLP-1). Le cellule β esprimonorecettori per queste molecole, ed i pathway che entrano in gioco sono quellidella fosfolipasi C e della adenilato ciclasi. Nel caso della PLC, analogamente aquanto visto per il glucosio si ha liberazione di Ca2+. Nel caso della attivazionedella adenilato ciclasi, si ha un aumento della concentrazione di cAMP conattivazione della PKA cAMP-dipendente; a questo fa seguito una complessa seriedi eventi che culmina con la fosforilazione e l’attivazione di proteine implicatenell’esocitosi.

• Ad inibire la secrezione di insulina a livello della secrezione provvedono cate-colammine e somatostatina. Queste due molecole hanno recettori accoppiati aproteine G e inibiscono l’adenilato ciclasi, disattivando il pathway visto poc’anzi.Le catecolammine sono ormoni che hanno la funzione di preparare l’organismoa situazioni di emergenza (“fight or flight”, combatti o fuggi), e come tali una

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parte delle loro funzioni è volta a garantire disponibilità di substrati energeticiai tessuti, per far sì che siano pronti a fronteggiare una intensa attività. Risultaquindi intuitivo che inibiscano l’azione dell’insulina, che invece “sequestra” ilglucosio nelle cellule.

Una parte della regolazione si esplica anche attraverso una modulazione dell’espres-sione genica. Il glucosio aumenta infatti la trascrizione dell’mRNA della proinsulina, esembra essere in grado di stabilizzare quello già esistente. Ne risulta che il glucosioregola il rilascio di insulina a due livelli: provoca la secrezione dell’insulina giàsintetizzata (regolazione immediata, a breve termine), e indirettamente stimola la suaproduzione agendo sulla quantità di mRNA disponibile (regolazione a lungo termine).

Recettore ed effetti fisiologici dell’insulina Come abbiamo avuto modo di accenna-re, l’azione dell’insulina è complessivamente di tipo anabolico e ipoglicemizzante.Alcuni degli effetti dell’ormone sono eclatanti e si verificano a breve termine, conrapide variazioni nel metabolismo; altri si manifestano a lungo termine, con alterazionidella differenziazione e della crescita cellulare.

Il recettore insulinico, che media questi potenti effetti, è un recettore ad attività tirosinchinasica (Receptor Tyrosin Kinase, RTK). Appartiene ad una famiglia di recettorimolto importanti, coinvolti tra le altre cose nella crescita e nel differenziamentocellulare.6 È formato da due subunità, ciascuna delle quali è un eterodimero compostoda una subunità α e una subunità β; quindi in totale abbiamo due subunità α edue subunità β ( α2 β2). Il recettore quindi è costituzionalmente in forma dimerica (omeglio tetramerica, dato che ogni subunità è un eterodimero), anche in assenza delsuo ligando [30], a differenza del recettore del GH che dimerizza dopo il legame conl’ormone. La subunità α è esclusivamente extracellulare, e contiene il dominio conil sito di legame per l’insulina. La β è in posizione transmembrana e comprende ildominio intracellulare tipico di questa classe di recettori, dotato di una attività tirosinchinasica intrinseca.

Il legame dell’insulina porta ad un cambiamento conformazionale che attiva ilrecettore, e le due subunità β si fosforilano a vicenda sui residui di tirosina che sitrovano nel dominio intracitoplasmatico (autofosforilazione), per poi fosforilare letirosine di altre proteine intracellulari. I residui di tirosina del recettore, ora fosforilati,vengono legati da specifiche proteine che possiedono un dominio SH2: i substrati delrecettore insulinico (IRS, Insulin Receptor Substrate). Ad oggi se ne conoscono quattro,chiamati IRS-1, IRS-2, IRS-3, IRS-4.

6Membri importanti di questo gruppo di recettori sono i recettori per gli IGF (Insulin-Like GrowthFactor).

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In seguito all’interazione con il recettore, gli IRS sono a loro volta fosforilati alivello delle proprie tirosine. A questo punto, le varie proteine IRS attivano differentipathway, che amplificano il segnale dell’insulina. Le principali vie segnalatorie attivatein questo modo sono la via della fosfoinositide-3 chinasi (PI3K) e delle MAP chinasi(MAPK). La sequenza precisa di eventi è meglio conosciuta nel caso di IRS-1, quindidescriveremo solo questa.

La via PI3K è un pathway attivato da molti recettori RTK, implicato nella mediazionedi segnali che regolano la sopravvivenza, la longevità, la crescita e la proliferazione dellacellula – e, nel caso dell’insulina, il metabolismo. L’enzima chiave da cui prende originela via è la fosfoinositide-3 chinasi (PI-3K): questo enzima si lega a IRS-1 mediante undominio SH2, attivandosi. La PI-3K trova il suo substrato tra i fosfolipidi della cellula,in particolare nel fosfatidil-inositolo. L’enzima attivato fosforila l’anello dell’inositolo alivello del terzo carbonio. A seconda del fosfolipide substrato possono essere generatiPIP3 (fosfatidilinositolo-3,4,5-trifosfato), PIP2 (fosfatidilinositolo-3,4-difosfato) o PIP(fofatidilinositolo-3-P): collettivamente queste molecole sono chiamate fosfoinositidi.È a questi ultimi che è affidato il ruolo di secondi messaggeri, in particolare a PIP3.

Il fosfatidilinositolo trifosfato attiva a propria volta altre tirosin-chinasi e seri-na/treonina chinasi (tra cui Atk, una importante isoforma PKB), determinando inmolti casi la loro traslocazione alla membrana. Gli effetti a valle di queste chinasi inmolti casi consistono in attivazione di protein fosfatasi o inattivazione di chinasi.Dato che viene anche attivata la cAMP fosfodiesterasi (antagonizzando quindi leprotein chinasi cAMP-dipendenti), si conclude che questo ormone tende a portaree mantenere molte proteine cellulari allo stato defosforilato. Questa affermazionenon è in contraddizione con quanto abbiamo appena visto: continua a essere vero chel’insulina attiva delle chinasi, in particolare PKB, le quali ovviamente per svolgerela loro funzione fosforilano altre proteine; tuttavia, a valle di queste chinasi, l’effettoconsiste spesso in defosforilazione di proteine importanti. Questo pathway media iprincipali effetti metabolici dell’insulina, ma è anche coinvolto, come si è detto, nellaproliferazione, nella crescita e nella sopravvivenza delle cellule. Anomalie in questavia segnalatoria sono state osservate in molti tumori.

La via MAPK è una via molto sfruttata dai fattori di crescita e dalle sostanzemitogene: mentre la via PI3K media soprattutto gli effetti metabolici dell’insulina,questa via media soprattutto gli effetti sulla proliferazione cellulare. Questa via è ilmodello tipico della cascata di chinasi che si attivano a vicenda. La via comincia conSOS, noto anche come fattore di scambio del nucleotide guanina, che viene attivato daIRS-1 con la mediazione di una proteina “adattatrice” avente un dominio SH2, Grb2.SOS consente ad una proteina Ras (K-Ras, frequentemente) di rilasciare GDP e legarsia GTP, attivandosi. Ras fosforila e attiva RAF, una Ser/Thr chinasi, che fosforila e attiva

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5

6

COOH

NH3

SS

SS

SS

COOH

NH3

SS

SS

SS1

COOH

NH3

SS

SS

SS2

P P

IRS-1P

P

P

3

4

IRS-1

IRS-1P

P

P

PI3-K

PKB P

PKB

RAS

GTPP

GTP

RAS

GDP

SOSIRS

-1

P

P

P

GRB-2

RAF-1

PRAF-1

MEK

MEK P

MAPK

MAPK P

IP3

IP3

Figura 2.15: Principali pathway di trasduzione del segnale innescati dal recettore insulinico. 1) Ilrecettore si attiva in seguito al legame con l’ormone. 2) Il recettore si autofosforila e 3) fosforilaIRS-1. 4) IRS-1 attiva principalmente due vie: la via delle MAP chinasi e la via PI3K. 5) La viadelle MAPK: con la mediazione di GRB-2, IRS-1 attiva SOS, che facilita il rilascio di GDP da partedi Ras, e il legame con GTP. Poi Ras fosforila e attiva Raf, che fosforila e attiva MEK, che fosforilae attiva MAPK - il quale agisce poi a livello nucleare. 6) La via PI3K: La PI3 chinasi converte unfosfolipide di membrana; PIP3 determina l’attivazione di varie chinasi, soprattutto PKB.

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la Ser/Thr chinasi MEK, che fosforila e attiva la chinasi MAPK (Mitogen ActivatedProtein Kinase). MAPK a sua volta fosforila un grande numero di proteine, che inultimo influenzano la trascrizione e l’espressione genica.

Dopo aver brevemente descritto il recettore dell’insulina e le vie da esso attivate,esaminiamo quali sono gli effetti di questo ormone sui tessuti bersaglio.

Uno degli aspetti più sorprendenti dell’insulina è la sua capacità di influenzare inmaniera importante il metabolismo pur giocando con l’attivazione o l’inattivazione direlativamente pochi enzimi chiave. I tessuti su cui l’azione dell’insulina è più rilevantesono il tessuto muscolare, il tessuto adiposo e il fegato.

L’azione metabolica dell’insulina si concentra su tre fronti: regolazione del meta-bolismo del glucosio e del glicogeno, regolazione del metabolismo degli acidi grassi,regolazione della sintesi proteica.

Metabolismo del glucosio Uno dei primi cambiamenti di cui si rende responsabilel’insulina consiste in un abbassamento della glicemia plasmatica: il muscolo, il fegatoe il tessuto adiposo sono responsabili di gran parte di questo abbassamento, in quanto,sotto l’effetto di questo ormone:

• incrementano significativamente il proprio uptake del glucosio (solo musco-lo e tessuto adiposo, l’assunzione di glucosio da parte del fegato è insulino-indipendente!);

• incrementano il consumo dello zucchero per le proprie esigenze energetiche,indirizzandolo verso la glicolisi;

• incrementano il consumo dello zucchero indirizzandolo alla sintesi del glicogeno;

• diminuscono la sintesi di glucosio de novo inibendo la gluconeogenesi;

• diminuiscono la demolizione del glicogeno.

Il glucosio penetra nelle cellule mediante specifici trasportatori denominati GLUT.Se ne conoscono diverse isoforme, la cui espressione può essere o meno tessuto-specifica. Il trasportatore GLUT-1 ad esempio è espresso praticamente da tutti itessuti, ed è responsabile del trasporto basale del glucosio in eritrociti, muscoloscheletrico, tessuto adiposo, etc.; GLUT-2 ha una espressione limitata a pochi tessuti(principalmente epatici) e caratteristiche cinetiche particolari che consentono allecellule che lo esprimono di avere una concentrazione intracellulare di glucosio cheriflette strettamente la concentrazione plasmatica; GLUT-3 è espresso dai neuroni, etc.

Il trasportatore che media gli effetti dell’insulina sull’uptake del glucosio è ilGLUT-4, e il meccanismo con il quale viene reclutato è peculiare. In assenza di

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stimolazione insulinica, questo recettore non è esposto sulla superficie della cellula,ma si trova per lo più sequestrato in vescicole intracellulari. In altre parole, è inattivo,“in attesa” all’interno della cellula. In seguito al segnale dell’insulina, il recettoreviene prontamente trasferito alla membrana mediante esocitosi, dove entra in azioneincrementando l’uptake di glucosio da parte del muscolo e del tessuto adiposo. Èimportante ribadire che le cellule epatiche non risentono di questo effetto dell’insulinapoiché esprimono, come già accennato, il trasportatore GLUT-2. Questo fa sì che lecellule epatiche assumano glucosio in maniera costitutiva.

Oltre all’incremento dell’uptake, che in pratica trasferisce il glucosio in eccesso dalsangue alle cellule, l’insulina influenza vistosamente il metabolismo del fegato e deltessuto adiposo, attivando tutte le vie metaboliche in grado di ridurre la concentrazionedi glucosio libero. È importante tenere presente che una delle funzioni principalidell’insulina è quella di sequestrare e immagazzinare il glucosio, rimuovendolo dalsangue.

Nel fegato, questo scopo viene raggiunto:

1. attivando la glicolisi;

2. attivando la glicogenosintesi;

3. inibendo la gluconeogenesi;

4. inibendo la glicogenolisi;

5. stimolando la sintesi di alcune proteine.

Nel caso di 1 e 2, entrambe le vie consumano glucosio; nel caso di 3 e 4, il prodottofinale, cioè altro glucosio, è indesiderato.

Le vie coinvolte nel metabolismo epatico del glucosio possono essere regolateindipendemente in maniera conveniente attraverso un intervento dell’insulina sullostato di fosforilazione degli enzimi regolatorî delle diverse vie metaboliche. Il quadrocomplessivo è concettualmente ostico, e può generare confusione, ma cercheremo direndere il più semplice possibile la comprensione di questi meccanismi prendendoin esame i cambiamenti indotti dall’insulina da una prospettiva particolare. Cichiederemo cioè quali sono le modifiche sullo stato di fosforilazione delle proteinenecessarie per ottenere determinati effetti; quindi, cercheremo di spiegare in che modol’insulina arriva a determinare i cambiamenti opportuni.

Iniziamo prendendo in considerazione i due processi speculari della glicogenolisie della glicogenosintesi. L’enzima chiave della glicogenolisi è la glicogeno fosforilasi;l’effetto finale dell’attività della glicogenolisi è un aumento della concentrazionedel glucosio, in quanto monomeri di glucosio vengono staccati dal polimero più

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Glicogeno fosforilasi(inattiva)

Glicogeno fosforilasi(attiva)

P

PP1

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogenofosforilasi

chinasi

P

PP1PKA

Glicogeno(integro)

Glicogeno(in degradazione)

P

P

H 2O

H 2O

ATP ADP

ATP

ADP

Figura 2.16: Regolazione della glicogeno fosforilasi.

grande. La glicogeno fosforilasi dovrà quindi essere inibita. L’enzima chiave dellaglicogenosintesi è invece la glicogeno sintasi; l’effetto finale di questa via metabolica èuna diminuzione del glucosio libero, in quanto viene polimerizzato a glicogeno. Laglicogeno sintasi dovrà quindi essere attivata.

La regolazione di questi due enzimi è complessa. Per questo è necessario soffermarsie illustrarne la regolazione (Fig. 2.16).

Per quanto riguarda la glicogeno fosforilasi, questo enzima esiste in due forme:la forma a, che rappresenta la forma attiva dell’enzima, e la forma b, che inveceè la forma meno attiva. La conversione da una forma all’altra si esplica tramitefosforilazione/defosforilazione. L’enzima defosforilato è in forma b (meno attiva); inseguito a fosforilazione assume la forma a (più attiva). La conversione tra le due formeavviene ad opera di due enzimi:

• la fosforilasi a fosfatasi 1 (PP1) defosforila l’enzima, rendendolo meno attivo edi conseguenza diminuendo l’attività della glicogenolisi. È un enzima centraleper l’azione dell’insulina, e lo reincontreremo.

• La fosforilasi b chinasi fosforila l’enzima, rendendolo più attivo e incrementandol’attività della glicogenolisi.

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Per completezza dobbiamo sottolineare che la regolazione della glicogeno fosforilasinon si esaurisce qui, poiché entrano in gioco anche dei regolatori allosterici, il cuieffetto si integra a quello della regolazione covalente in maniera complessa. Uno deiprincipali regolatori allosterici in senso attivante per la glicogeno fosforilasi è l’AMP,che però ha effetti importanti solo sull’enzima non fosforilato (quindi sulla forma b)7.Viceversa, l’ATP è un regolatore allosterico in senso inibitorio, ma solo per la glicogenofosforilasi attivata (quindi sulla forma a)8.

Tornando alla regolazione che è sotto controllo ormonale (Fig.2.17, pag. 53), l’enzimache è attivato dall’insulina è ovviamente la PP1, poiché porta ad un decremento dellaglicogenolisi defosforilando e inattivando la glicogeno fosforilasi.

L’insulina però non si limita a questo. La fosforilasi b chinasi infatti è a propriavolta soggetta a un controllo che in parte si esplica tramite fosforilazione/defosforilazione.Viene fosforilata, e parzialmente attivata, da una PKA cAMP-dipendente, mentre unafosfatasi la defosforila e la inattiva. Sia per completezza, sia perché queste informazionisaranno importanti quando confronteremo l’azione di insulina, glucagone e adrenalina,dobbiamo chiarire meglio come avviene la regolazione di questo enzima. La fosforilasib chinasi è composta infatti da quattro subunità (dette α, β, γ, δ), che si associanociascuna in quattro copie: quindi la composizione dell’enzima è α4 β4 γ4 δ4. Questequattro differenti subunità hanno ruoli molto precisi: la subunità γ è responsabiledell’attività catalitica, mentre le altre subunità consentono la regolazione di questoenzima.

• La subunità β viene fosforilata dalla PKA e in seguito a questa modifica vieneparzialmente attivata. Da questo si può intuire che gli ormoni che innalzano laconcentrazione di cAMP (come glucagone e adrenalina) attivano questo enzima.La subunità β viene defosforilata da una fosfatasi, che altri non è che la PP1.Questa fosfatasi quindi inattiva per defosforilazione sia la glicogeno fosforilasichinasi sia la glicogeno fosforilasi stessa.

• la subunità δ è particolare in quanto ha una struttura molto simile alla calmo-dulina. In altre parole, questa subunità è in grado di legare il calcio; questoione esplica una azione regolatoria, attivando parzialmente la fosforilasi chinasi.Quindi, in tutte le situazioni in cui la concentrazione intracellulare di Ca2+ au-menta (ad esempio durante una contrazione muscolare), la fosforilasi chinasi

7Poiché un’alta concentrazione di AMP nella cellula è sintomo di una penuria energetica, non sorprendeche questa molecola attivi un enzima che porta ad una liberazione di glucosio.

8La situazione è l’esatto opposto di quella dell’AMP: un’alta concentrazione di ATP significa unagrande disponibilità energetica, e quindi viene meno la necessità per la cellula di una glicogenofosforilasi attiva.

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viene parzialmente attivata; questo consente all’enzima di fosforilare la glicogenofosforilasi, attivandola.

Perché l’enzima sia totalmente attivo è necessaria la compresenza di calcio efosforilazione; uno solo di questi due regolatori provoca un’attivazione solo parzialedell’enzima. Prima di proseguire lo studente dovrebbe assicurarsi di aver compresobene la regolazione della glicogeno fosforilasi chinasi, perché è un’enzima su cuiritorneremo.

Tornando all’insulina (Fig.2.17), la sua azione attiva la fosfatasi che defosforilala glicogeno fosforilasi chinasi (oltre ad accellerare la degradazione di cAMP, il cheostacola la PKA cAMP-dipendente), inattivando quindi l’enzima, che non può piùfosforilare e attivare la glicogeno fosforilasi. Quindi, l’insulina neutralizza a duelivelli l’azione della fosforilasi: in primo luogo stimolando la sua defosforilazione,in secondo luogo impedendo la sua fosforilazione. E’ importante notare come questaregolazione sia reciproca: abbiamo una attivazione di fosforilasi e una contemporaneainibizione di chinasi.

Dopo aver esaminato la regolazione della glicogeno fosforilasi passiamo allaglicogeno sintasi (Fig. 2.18). Anche questo enzima è soggetto ad una regolazionetramite fosforilazione/defosforilazione, ed è attivo nello stato defosforilato.

L’insulina, evidentemente, dovrà agire in modo tale da promuovere la defosfori-lazione della glicogeno sintasi. Quindi, considerando glicogeno sintasi e glicogenofosforilasi, l’insulina fa sì che entrambi vengano defosforilati. Tuttavia, la stessamodifica regolatoria ha effetti opposti nei due enzimi: l’uno viene attivato, l’altraè reso inattivo. In questo modo si ottiene rispettivamente una attivazione dellaglicogenosintesi ed una inibizione della glicogenolisi.

Il quadro della regolazione della glicogeno sintasi è molto complesso (Fig. 2.19).L’insulina giunge alla defosforilazione della glicogeno sintasi attivando la fosfoproteinafosfatasi-1, o PP1, che incontriamo per la terza volta.

Rivediamo brevemente le funzioni di questo importante enzima:

• Abbiamo appena visto che catalizza la defosforilazione diretta della glicogenosintasi;

• Prima abbiamo esaminato il suo ruolo nella defosforilazione diretta dellaglicogeno fosforilasi;

• Infine abbiamo visto che catalizza anche la defosforilazione della glicogenofosforilasi chinasi, l’enzima che, quando è fosforilato e attivo, catalizza la fosfori-lazione della glicogeno fosforilasi, attivandola. Abbiamo imparato che la PP1

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Glicogeno fosforilasi(inattiva)

Glicogeno fosforilasi(attiva)

P

PP1

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogenofosforilasi

chinasi

P

PP1PKA

Glicogeno(integro)

Glicogeno(in degradazione)

P

P

H 2O

H 2O

ATP ADP

ATP

ADP

++

Insulina

++ Insulina+Insulina

Figura 2.17: Regolazione della glicogeno fosforilasi quando è presente l’insulina.

Glicogenosintasi

(inattiva)P

Glicogenosintasi(attiva)

PP1P H 2O

ATP ADP

GSK3diversechinasi

Glicogeno(in attiva sintesi)

Glicogeno(non in attiva sintesi)

Figura 2.18: Regolazione della glicogeno sintasi.

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P H 2O

Glicogenosintasi

(inattiva)P

Glicogenosintasi(attiva)

PP1

ATP ADP

GSK3diversechinasi

Glicogeno(in attiva sintesi)

Glicogeno(non in attiva sintesi)

++

Insulina

+

Insulina

Figura 2.19: Regolazione della glicogeno sintasi quando è presente l’insulina.

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PP1

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogeno fosforilasi

Glicogenosintasi GSK3

PKA

Insulina

+

+

+

+

-

--

-

-

Figura 2.20: Schema riassuntivo della regolazione del glicogeno da parte dell’insulina.

previene questo defosforilando la glicogeno fosforilasi chinasi e inattivandola, equindi assicurando che la glicogeno fosforilasi rimanga inattiva.

Anche in questo caso, però, l’azione dell’insulina non si ferma qui. Infatti, l’insulina nonsolo defosforila la glicogeno sintasi, ma inattiva anche uno degli inzimi responsabilidella sua fosforilazione. In questo modo previene l’inattivazione della glicogenosintasi – abbiamo visto che l’ormone fa una cosa simile anche nel caso della glicogenofosforilasi. Sono state identificate diverse proteine in grado di fosforilare e inattivare laglicogeno sintasi: attualmente se ne conoscono undici, ma è possibile che ne venganoidentificate altre. Alcune di queste chinasi sono controllate dai livelli di cAMP, altredai livelli di calcio, altre dal diacilglicerolo o fosfolipidi. La principale chinasi regolatadall’insulina è la glicogeno sintasi chinasi 3 (GSK3). Abbiamo visto che la via PI3Kculminava con l’attivazione di diverse chinasi, in particolare PKB. Ed è proprio unaPKB che, fosforilando la GSK3, la inattiva. Questo impedisce all’enzima di fosforilarela glicogeno sintasi e di inattivarla. Questo è un esempio che illustra molto bene in chesenso “l’insulina promuove lo stato defosforilato delle proteine”. Attivando la PKB,l’insulina provoca la fosforilazione della glicogeno sintasi chinasi 3; tuttavia, questafosforilazione è diretta a favorire la defosforilazione della glicogeno sintasi, che è unodegli enzimi-chiave dell’azione dell’insulina.

In fig. 2.20 viene riassunta l’azione dell’insulina sul metabolismo del glicogeno.

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Esaminiamo ora le due vie speculari della gluconeogenesi e della glicolisi (Fig.2.21).

L’enzima chiave della glicolisi è la fosfofruttochinasi-1 (PFK-1). L’effetto finaledella glicolisi è un abbassamento della concentrazione di glucosio, perché lo zuccheroche viene indirizzato in questa via viene ossidato a piruvato. La PFK-1 dovrà quindiessere attivata per incrementare il flusso di metaboliti attraverso la glicolisi. L’enzimachiave della gluconeogenesi è invece la fruttosio-1,6-bisfosfatasi. Poiché questa viametabolica produce nuovo glucosio, la fruttosio-1,6-bisfosfatasi dovrà essere inibita.Questi due enzimi non sono regolati direttamente tramite fosforilazione; hanno inveceuna pluralità di regolatori allosterici. Tra i diversi regolatori, il fruttosio-2,6-bisfosfatoagisce, con effetti opposti, su entrambi gli enzimi; la sua influenza sulla attivitàenzimatica è piuttosto marcata. Si tratta quindi di un candidato ideale per l’azionedell’insulina, ed infatti è proprio su questo metabolita che agisce l’ormone.

L’azione del fruttosio-2,6-bisfosfato è relativamente semplice: l’aumento della suaconcentrazione favorisce la PFK-1 e inibisce la fruttosio-1,6-bisfosfatasi. Quindi: piùè alta la concentrazione di fruttosio-2,6-bisfosfato, più la glicolisi è attiva e più lagluconeogenesi è inibita. Ci aspettiamo dunque che l’insulina incrementi la produzionedi questo regolatore allosterico. La concentrazione di fruttosio-2,6-bisfosfato è determi-nata dall’attività relativa di due enzimi: la fosfofruttochinasi-2 (PFK-2) lo sintetizza apartire dal fruttosio-6-fosfato, mentre la fruttosio-2,6-bisfosfatasi lo degrada. Questedue attività enzimatiche sono situate sulla stessa proteina. La stessa molecola presentaquindi due funzioni enzimatiche: con una attività produce fruttosio-2,6-bisfosfato,con l’altra lo degrada. La concentrazione di questo modulatore in un dato momentodipende da quanto è attiva una attività enzimatica rispetto all’altra.

Nel fegato si è sviluppato un sistema molto efficiente per regolare entrambe le attivitàenzimatiche in maniera coordinata: quando la proteina bifunzionale è fosforilata,la fruttosio-2,6-bisfosfatasi è attivata e la PFK-2 è meno attiva; quando l’enzima èdefosforilato, la situazione si inverte: la fruttosio-2,6-bisfosfatasi diviene meno attivamentre la PFK-2 è attivata.

Per avere un incremento nella sintesi di fruttosio-2,6-bisfosfato, l’insulina dovràfar sì che l’enzima sia defosforilato. Questo è in effetti quello che accade, in quanto ipathway segnalatori intracellulari dell’insulina negli epatociti attivano una fosfatasiche rimuove il gruppo fosfato dall’enzima bifunzionale, incrementando la sintesi difruttosio-2,6-bifosfato. Quindi:

• l’insulina attiva una fosfoproteina fosfatasi;

• la fosfoproteina fosfatasi defosforila la PFK-2/fruttosio-2,6-bisfosfatasi;

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fruttosio-2,6-BP+ -PFK-1 FBPasi-1

+PFK-1 FBPasi-1

PKA

ATP

ADP

fosfatasi

P

H 2O

+

PFK-2(inattiva)

FBPasi-2(attiva)

PFK-2(attiva)

FBPasi-2(inattiva)

P

-

fruttosio-2,6-BP -

diminuzionegluconeogenesi

aumentogluconeogenesi

aumentoglicolisii

diminuzioneglicolisi

Figura 2.21: Regolazione della glicolisi e della gluconeogenesi nel fegato. L’insulina induce ladefosforilazione dell’enzima bifunzionale, che porta all’aumento di fruttosio-2,6-bisfosfato, inibendola gluconeogenesi e attivando la glicolisi. Ormoni come il glucagone e l’adrenalina esercitano effettiopposti attivando la PKA. Questo è il meccanismo con cui durante il digiuno il glucagone blocca laglicolisi epatica e promuove la gluconeogenesi. Notare che in tessuti diversi dal fegato la regolazioneè diversa.

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• l’attività di PFK-2 è incrementata rispetto a quella fosfatasica;

• La concentrazione di fruttosio-2,6-bisfosfato aumenta, e regola allostericamentePFK-1 e fruttosio1,6-bisfosfatasi;

• PFK-1 è attivata dal regolatore allosterico, e con essa anche la glicolisi;

• la fruttosio-1,6-bisosfatasi è inibita dal regolatore allosterico, e con essa lagluconeogenesi.

Questo meccanismo di fosforilazione/defosforilazione invece non si verifica nelmuscolo. In tessuti diversi dal fegato vengono infatti espressi altri isoenzimi della PKA[33] dotati di differenti caratteristiche strutturali e funzionali. Nel muscolo e nel cuorel’insulina (ma ad esempio anche l’adrenalina) stimola la glicolisi con altri meccanisminon del tutto chiari [15].

Infine, la regolazione del metabolismo glucidico da parte dell’insulina si esplicaanche nel lungo termine: a fianco degli effetti che abbiamo appena visto, l’insulinaincrementa l’espressione di molti dei geni coinvolti a vario livello nel consumodi glucosio, in particolare sul fronte ossidativo (enzimi glicolitici etc.). Tra questi,è importante ricordare che la glucochinasi, l’enzima che fosforila il glucosio nonappena penetra nelle cellule. L’aumento dell’espressione della glucochinasi interessaprincipalmente gli epatociti. Inoltre, sembra che molti enzimi coinvolti nelle viemetaboliche “indesiderate” (es. gluconeogenesi) vedano una diminuzione dellapropria sintesi. Infine, ricordiamo che ormai da tempo è noto che l’insulina attivianche la piruvato deidrogenasi per defosforilazione - il meccanismo preciso però nonè chiaro. Ad ogni modo, questo serve per ricordarci che l’aumentato catabolismodel glucosio porta alla formazione di acetil-coA, che, nelle cellule in grado di farlo,possono servire per la sintesi degli acidi grassi.

Metabolismo lipidico. La principale regolazione del metabolismo dei lipidi avvienea livello del tessuto adiposo e del fegato.

Nel tessuto adiposo l’insulina

1. stimola la lipogenesi, trasformando il glucosio in eccesso in una riserva energeticaconveniente;

2. inibisce la lipolisi e la chetogenesi, in quanto rappresentano fonti energetiche chenon è conveniente usare in condizioni di abbondanza di glucosio.

La regolazione si esplica a diversi livelli:

• La mobilizzazione degli acidi grassi nel tessuto adiposo ha due attori: la lipasiormone sensibile e le perilipine. La lipasi ormone sensibile è l’enzima che

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partecipa alla mobilizzazione degli acidi grassi; la sua fosforilazione ha significatoattivante. Le perilipine sono proteine che negli adipociti circondano, rivestendole,le gocce lipidiche. Si ritiene che proteggano la goccia lipidica dalle lipasi,impedendo agli enzimi di accedere ai trigliceridi. La loro fosforilazione determinacambiamenti conformazionali che espongono la goccia lipidica all’azione lipasica.

La lipolisi è quindi attivata da due meccanismi cAMP dipendenti (Fig. 2.22):da una parte, la fosforilazione delle perilipine, che rendono la goccia lipidicaaccessibile all’azione enzimatica; dall’altra fosforilazione della lipasi che attival’enzima. In entrambi i casi la fosforilazione è da imputare alla PKA. Non è tuttorachiaro come avvenga la regolazione, ma si ritiene che che l’insulina blocchi questaattivazione facendo precipitare la concentrazione di cAMP. Alcuni studi tuttavialasciano supporre che questo effetto potrebbe essere da imputare anche ad unafosfatasi, che agirebbe in antagonismo alla fosforilazione delle perilipine e dellalipasi. Ad ogni modo, il risultato è che la lipasi si trova defosforilata e inattivata,e la lipolisi viene dunque inibita. Grazie a questa regolazione, l’adipocita cessadi immettere acidi grassi nel circolo sanguigno. Questa è la principale modificametabolica responsabile della inibizione della lipolisi.

• Regolazione della acetil-coA carbossilasi (ACC), l’enzima regolatore della bio-sintesi degli acidi grassi. La ACC è un enzima biotina-dipendente che indirizzagli acetil-coA, carbossilandoli a malonil-coA, verso la biosintesi degli acidi grassi.Le unità di malonil-coA sono infatti utilizzate dal grande complesso della acidograsso sintasi come punto di partenza per la biosintesi e l’allungamento degliacidi grassi. La ACC esiste in uno stato fosforilato, nel quale è inattiva, ed unostato defosforilato nel quale è attiva. Mentre la fosforilazione è promossa dauna PKA, che media l’azione di ormoni come glucagone o adrenalina, l’insu-lina promuove la defosforilazione per mezzo di una fosfatasi. Questo rendela ACC più attiva, permettendole di sintetizzare più malonil-coA. Ricordiamoche l’acetil-coA in questo momento metabolico è fornito in abbondanza dalcatabolismo del glucosio (sia grazie alla stimolazione della glicolisi che graziealla attivazione della piruvato deidrogenasi). Questo intervento metabolico hauna doppia valenza:

1. è un modo per attivare la biosintesi degli acidi grassi, in quanto forniscemateria prima per questa via metabolica. E’ soprattutto a causa di questaregolazione che l’insulina stimola la conversione dei carboidrati in grassi;

2. è un modo per inattivare la beta-ossidazione. Un’alta concentrazione dimalonil-coA infatti va ad inibire la carnitina aciltransferasi I, componentefondamentale del cosiddetto shuttle della carnitina. In questo modo, l’insu-

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P

P

P

P

P

Goccialipidica

Perilipina

Lipasi

Vasosanguigno

PKA

Figura 2.22: Regolazione della lipasi ormone sensibile. In alto, le perilipine ricoprono la goccialipidica impedendo l’accesso alla lipasi, che è inattiva (è quello che si verifica in presenza di insulina).In basso, la fosforilazione da parte della PKA (es. in presenza di glucagone) provoca il distaccodelle perilipine e l’attivazione della lipasi ormone sensibile che ora può accedere alla goccia lipidica.

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lina riesce a impedire agli acidi grassi di accedere alla matrice mitocondriale,dove avviene la beta-ossidazione.

• L’insulina, sul lungo periodo, incrementa l’espressione di molti degli enzimichiave nel metabolismo lipidico: acil-coA carbossilasi, acido grasso sintasi,enzima malico, etc.

Peraltro, è bene prestare attenzione al fatto che l’insulina inibisce indirettamentela chetotgenesi. Da una parte, abbassando il rate della lipolisi, fa sì che vi sianomeno acidi grassi liberi in circolo – che, come è noto, favoriscono la formazione deicorpi chetonici. Dall’altra parte, l’insulina ostacola l’ingresso degli acidi grassi nelmitocondrio, e anche questo è un fattore limitante per la chetogenesi.

Nel fegato, l’insulina partecipa alla regolazione del metabolismo del colesterolo.L’insulina incrementa l’espressione della HMG-CoA reduttasi di ben dieci volte [29].In passato si riteneva che l’insulina (così come il glucagone) regolassero questo en-zima principalmente attraverso cambiamenti dello stato di fosforilazione (l’insulinapromuoverebbe la defosforilazione dell’enzima). Oggi tuttavia si ritiene che la fosfori-lazione/defosforilazione abbiano un ruolo limitato e che la regolazione dell’espressionegenica sia la principale modalità con cui l’insulina regola l’enzima [28].

Metabolismo proteico. L’insulina attiva la sintesi proteica in parecchi tessuti – perquesto è considerata un ormone anabolico. Il muscolo e il tessuto epatico sono itessuti a livello dei quali l’azione dell’insulina è più marcata a livello di sintesi proteica.Ovviamente, si tratta di un effetto che si manifesta nel lungo termine (ore, giorni).

Correlazioni cliniche: Diabete mellito

Il diabete mellito è una patologia cronica del metabolismo, caratterizzata da un deficitdella azione o della secrezione di insulina, o entrambi. Poiché l’insulina è il principale ormoneche promuove l’ingresso di glucosio nelle cellule, il deficit insulinico porta all’iperglicemia, chepuò essere considerata l’elemento distintivo della malattia diabetica.

Dal punto di vista classificativo, si distinguono diverse forme di diabete mellito sulla basedella patogenesi.

• Diabete mellito di tipo 1: in questo caso il diabete deriva della distruzione dellebeta-cellule pancreatiche; c’è un deficit assoluto di insulina. Nel 95% dei casi ladistruzione è autoimmune (tipo 1a); in circa il 5% dei casi, è idiopatica (cioè da causasconosciuta; tipo 1b). In passato il diabete mellito di tipo 1 era chiamato “diabete

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giovanile” perché nella maggior parte dei casi insorge nell’infanzia o nell’adolescenza;veniva anche chiamato “diabete insulino-dipendente” perché i soggetti affetti si basanocompletamente sull’insulina esogena per sopperire alla loro carenza assoluta di ormone.Oggi questi termini sono scoraggiati.

• Diabete mellito di tipo 2: la patogenesi è più complessa; è caratterizzato da unvariabile grado di resistenza all’azione dell’insulina, associato ad una insufficientesecrezione compensatoria dell’ormone. Il contributo relativo di questi due fattoriè variabile: in alcuni soggetti prevale l’insulino-resistenza, mentre in altri l’insulino-resistenza è minima ed il diabete deriva soprattutto da una insufficiente secrezione. Èla forma più frequente di diabete mellito, ed è una delle malattie croniche più comunidella popoplazione adulta e anziana. In passato era anche noto come “diabete noninsulino-dipendente” o “diabete dell’adulto”. Questa terminologia è oggi scoraggiata,anche perché qualunque forma di diabete può richiedere prima o poi un trattamentocon insulina.

• Diabete gestazionale: è una condizione di alterato metabolismo glicidico che siverifica durante la gravidanza in donne senza precedente diagnosi di diabete mellito;

• Altri tipi particolari di diabete: in questa categoria vengono inserite tutte le altreforme di diabete mellito, a varia patogenesi: diabete da difetti genetici, associato adaltre endocrinopatie, infezioni etc.

Il diabete mellito di tipo 1 ha spesso un esordio acuto o subacuto (talora drammatico),mentre il diabete mellito di tipo 2 ha generalmente un esordio più insidioso, e spesso èdiagnosticato in soggetti apparentemente asintomatici, quando viene rilevata un’iperglicemiaa controlli di routine.

In linea di massima, una modesta iperglicemia può essere totalmente asintomatica. L’iper-glicemia si manifesta clinicamente quando raggiunge valori elevati (>200-300). Tra i sintomipiù caratteristici c’è la poliuria (dovuta al fatto che il glucosio passa nelle urine quando èin quantità tali da superare le capacità di riassorbimento del rene, portandosi dietro l’acquaper osmosi), che causa disidratazione e quindi, come meccanismo di compenso, polidipsia(sete intensa). Molto frequente è l’astenia (cioè mancanza di forze, fatica eccessiva rispettoallo sforzo compiuto), verosimilmente legata alla disidratazione che porta ad ipotensione.Un altro sintomo dell’iperglicemia sono le alterazioni visive transitorie (visione sfocata);sembrano dovute a cambiamenti di forma del cristallino, causate da alterazioni del contenutodi acqua, che ne alterano il potere rifrattivo. Sarebbero secondarie a disturbi osmotici indotti

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dall’iperglicemia. Il diabete è anche in grado di accelerare la formazione di cataratta, cosache può contribuire ai disturbi visivi.

Il diabete di tipo 2 è spesso diagnosticato quando è ancora asintomatico. In ogni caso tuttiquesti sintomi si manifestano in maniera graduale e insidiosa perché i fenomeni responsabilidell’iperglicemia in questa forma di diabete (un variabile grado di insulino-resistenza con undeficit relativo di insulina) si instaurano lentamente. C’è sempre un certo grado di secrezionedi insulina, solo che non è sufficiente a controllare la glicemia. “Insulino-resistenza” significache i tessuti rispondono in maniera ridotta allo stimolo ormonale: una certa quantità diinsulina produce effetti inferiori rispetto a quanto ci aspetteremmo. Una risposta inferioresignifica che, per esempio, i tessuti bersaglio dell’insulina (es. muscolo e tessuto adiposo) noneffettuano un adeguato uptake di glucosio; a livello epatico non viene correttamente soppressala gluconeogenesi e l’immissione di glucosio nel torrente ematico, e così via. I meccanismiche portano all’insulino-resistenza rimangono misteriosi. Sembra che si instauri fino a 10-20anni prima dell’insorgenza del diabete. La patogenesi appare molto complessa, ma sembraesserci un legame molto forte con l’obesità. Per chi fosse interessato, ci sono molti articoliche affrontano l’argomento in dettaglio [37, 19, 36].

Comunque si origini l’insulino-resistenza, inizialmente il pancreas riesce a compensaresecernendo una maggiore quantità di insulina che permette, almeno in un primo tempo, dinormalizzare la glicemia (c’è uno stato di “iperinsulinismo”, cioè una secrezione di insulinasovrafisiologica). Con il tempo la capacità di compenso pancreatica si esaurisce e la situa-zione sfugge progressivamente al controllo omeostatico. Si manifestano delle alterazioni delmetabolismo glicidico che inizialmente non sono marcate, ma che tuttavia non possono essereconsiderate normali. Queste situazioni prediabetiche di alterato metabolismo glicidico che sitrovano nell’area grigia tra la normalità e il diabete franco sono note come impaired glucosetolerance (IGT) e impaired fasting glucose (IFG) [1, 32]. Alla fine, l’insulina secreta non è piùsufficiente per impedire l’instaurarsi di un’iperglicemia franca. Non sono noti i fattori chedeterminano questo esaurimento funzionale delle beta-cellule.

Nel diabete di tipo 1, l’esordio spesso è drammatico perché il pancreas esaurisce rapidamentela propria capacità di produrre insulina. Gli eventi che portano dall’inizio dell’autoimmunitàalle manifestazioni cliniche e la loro successione cronologica sono oggetto di discussione (ancherecentemente [2]), ma secondo la visione tradizionale il processo autoimmune distruggerebbeprogressivamente le beta cellule nel corso della fase preclinica (probabilmente della durata dialcuni anni). Il diabete si manifesterebbe quando circa l’80%–90% delle cellule sono distrutte.L’iperglicemia si instaura bruscamente, e quindi i sintomi insorgono improvvisamente (giornio poche settimane) in bambini o adolescenti precedentemente in buona salute. La poliuria e

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la sete sono intense; il soggetto si disidrata e perde elettroliti con le urine (soprattutto sodioe potassio, con conseguenti squilibri elettrolitici). Sintomi comuni sono anche la polifagia(fame intensa) e l’astenia. Poiché le cellule non ricevono il segnale insulinico, il metabolismosi regola come se l’organismo stesse affrontando un digiuno: vi è una elevata increzione diglucagone, il tessuto adiposo va incontro a lipolisi (aumento di acidi grassi liberi e glicerolo),ed il muscolo viene catabolizzato; gli acidi grassi liberi vengono convertiti in corpi chetonici alivello epatico. La lipolisi e la disidratazione rendono conto della marcata perdita di peso chesi osserva poco prima dell’esordio clinico del diabete di tipo 1. I corpi chetonici hanno un pKaacido, e quindi la loro sintesi porta ad una condizione di acidosi metabolica (chetoacidosi).La presenza di corpi chetonici può essere sospettata sulla base di un caratteristico odoreche conferiscono all’alito del paziente (soprattutto l’acetone, che è il più volatile), descrittocome simile a quello della frutta matura. L’acidosi, la disidratazione e gli squilibri elettroliticiprovocano nausea, vomito, confusione, poi sonnolenza/letargia, e infine il coma. Primadell’introduzione della terapia con insulina purificata (1922), il diabete di tipo 1 era unamalattia invariabilmente fatale. Questa scoperta è valsa un premio Nobel per Banting, Best,MacLeod e altri ricercatori. Superata la fase acuta, il diabete di tipo 1 ha sostanzialmente glistessi problemi a lungo termine del diabete di tipo 2.

La relativa povertà di segni e sintomi derivanti dall’iperglicemia non deve indurre asottovalutare il diabete mellito. L’aspetto più temibile del diabete mellito sono le complicanzea lungo termine. L’iperglicemia, a lungo termine, risulta tossica per l’organismo, provocandolesioni a carico di molti organi e tessuti, che si manifestano in genere dopo 10-20 anni dimalattia. Le persone affette da diabete mellito di tipo 1 quasi sicuramente svilupperannoqueste complicanze, perché si ammalano giovani e quindi sono esposte all’iperglicemia per moltianni. I meccanismi con cui il glucosio risulta tossico sono diversi: uno dei più caratterizzaticonsiste nella formazione di advanced glycation end products (AGEs). Se esposte ad alteconcentrazioni di glucosio, le proteine plasmatiche e tissutali vengono glicate e ossidatetramite una reazione non enzimatica, conosciuta come reazione di Maillard. Inizialmente siforma una base di Schiff tramite reazione del gruppo aldeidico dello zucchero con un gruppoamminico di un amminoacido; successivamente avviene un riarrangiamento che porta allaformazione di un composto di Amadori, che poi viene ossidato formando un AGE [11]. GliAGE, oltre ad alterare la strutture delle proteine di partenza, possono generare ROS, formarecross-link, e legarsi ad alcuni recettori coinvolti nella risposta infiammatoria.

Le principali complicanze sono rappresentate da:

• complicanze macrovascolari: il diabete accelera il processo aterosclerotico a carico deigrandi vasi, con aumentato rischio di infarto e stroke.

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• complicanze microvascolari: il diabete danneggia i piccoli vasi della retina (è unadelle principali cause di cecità nei paesi sviluppati!), del rene (con danni variabili finoall’insufficienza renale con necessità di dialisi), e dei nervi (neuropatia diabetica).

• maggiore suscettibilità alle infezioni (l’iperglicemia sembra in qualche modo ostacolarela funzione dei granulociti e dei linfociti T);

• piede diabetico: è un termine che si usa per indicare le consequenze dell’interessamentodel piede da parte delle complicanze del diabete mellito (essenzialmente, l’ischemia ela neuropatia). Sono molto frequenti le ulcere, le infezioni e le deformazioni articolari.Non raramente si deve ricorrere all’amputazione delle dita o dell’intero piede.

Correlazioni cliniche: l’insulina rapida

L’introduzione di analoghi dell’insulina ottenuti tramite tecnologie di ingegneria geneticaha avuto un grande impatto nel trattamento del diabete. I primi passi in questo senso sonostati compiuti intorno ai primi anni ’80, quando furono introdotte le prime insuline umanesintetiche. Uno dei primi prodotti fu commercializzato con il nome di Humulin. Questo tipodi insuline (come del resto le insuline porcine e bovine che erano utilizzate precedentemente)si aggregano in esameri complessandosi con lo zinco; poiché l’interazione con il recettoreè possibile solo per la forma monomerica dell’insulina, questo fenomeno interferisce con labiodisponibilità dell’insulina, che, in seguito ad iniezione sottocutanea, viene rilasciata conuna velocità che non sempre corrisponde a quella desiderata. Per esempio, l’insulina naturaleiniettata per via sottocutanea viene rilasciata dopo circa 90 minuti dall’iniezione, troppolentamente per coprire il fabbisogno dell’organismo dopo un pasto. A partire dalla metà deglianni ’90 furono introdotte sul mercato delle insuline sintetiche leggermente modificate inmodo da alterarne le proprietà, soprattutto in relazione alla rapidità d’azione. Attualmente,esistono insuline rapide e insuline lente.

Le insuline rapide hanno un assorbimento cutaneo più veloce, ed entrano in circolo giàdopo pochi minuti dall’iniezione; in questo modo possono essere iniettate subito prima osubito dopo un pasto e fornire la quota di insulina adatta. La loro azione si esaurisce dopopoche ore: in definitiva queste insuline riproducono più fedelmente le modalità di secrezionefisiologica dell’insulina. Sono ottenute tramite una modifica a livello dell’estremità C-terminaledella catena B, invertendo la posizione di due aminoacidi, una lisina e una prolina (per questosono note anche come insuline “lispro”). Questa modifica non interferisce con il legame con

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il recettore, ma impedisce la formazione degli esameri.

Le insuline lente sono di molti tipi, ma si caratterizzano per un tempo di rilascio e unadurata d’azione molto prolungate. Sono adatte ad essere utilizzate come terapia di fondo,cioè per generare un livello di insulinemia basale.

In generale, le terapie moderne prevedono l’associazione di diversi tipi di insulina, in mododa avere un controllo della glicemia il più possibile simile a quello fisiologico.

2.2.2 Glucagone

Generalità Il glucagone è un ormone polipeptidico i cui effetti sono essenzialmenteantagonisti a quelli dell’insulina: si tratta cioè di un ormone iperglicemizzante.

In altre parole, in condizioni in cui la concentrazione di glucosio nel sangue nonè sufficiente, il glucagone ha la funzione di coordinare alcuni tessuti per ristabilirela glicemia e mantenere l’omeostasi del glucosio. La situazione tipica in cui vienerilasciato glucagone è il digiuno: il glucagone in questi casi è fondamentale perassicurare un apporto di glucosio continuo a quei tessuti che non utilizzano altrisubstrati per l’approvvigionamento energetico.

Struttura Il glucagone è un ormone polipeptidico di 29 aminoacidi.

Sede di elaborazione Viene sintetizzato e secreto principalmente dalle cellule α delpancreas (vedi anche il paragrafo “Biosintesi”).

Biosintesi Il glucagone viene sintetizzato sotto forma di pre-ormone di 158 aminoacidi(pro-glucagone) dalle cellule α del pancreas endocrino. Il gene del glucagone tuttavia èespresso in diversi altri tessuti, tra cui alcune popolazioni neuronali del sistema nervosocentrale e a livello intestinale. Immagazzinato all’interno di vescicole secretorie, ilpro-glucagone va incontro a proteolisi limitata, che dà origine a diversi frammentipeptidici.

In generale, il proglucagone può essere suddiviso in una porzione N-terminale, cheprende il nome di glicentina (aminoacidi 1–69), e una C-terminale (70–158), che inveceprende il nome di MPGF, Major ProGlucagon Fragment.

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C’è una certa tessuto-specificità nel processo di proteolisi, il che fa sì che i frammentiche si generano siano diversi a seconda della sede di espressione del gene.

• Nelle cellule α del pancreas, il frammento di glicentina viene ulteriormentetagliato in due frammenti: l’estremità che va dal N-terminale della glicentina alsito di taglio prende il nome di GRPP (Glicentin-Related Polypeptide), mentre ilglucagone è formato dagli aminoacidi che vanno dal sito di taglio della glicentinaal C-terminale. L’MPGF non va incontro ad altre modifiche, cosicché le cellulepancreatiche rilasciano glucagone, GRPP e MPGF. Tra questi, il glucagone ha glieffetti biologici più importanti.

• Nelle cellule intestinali, il frammento della glicentina non viene processato,mentre l’MPGF viene tagliato producendo principalmente tre frammenti: IP-2,GLP-1 e GLP-2 (GLP sta per Glucagon-Like Peptide).

• Nel tessuto nervoso, il processo di elaborazione è vario.

Non vedremo la funzione degli altri peptidi prodotti dal pro-glucagone; accenniamosoltanto al fatto che GLP-1 è rilasciato dall’intestino in risposta ad alte concentrazionidi glucosio, e ha la funzione di potenziare il rilascio dell’insulina.

Secrezione e regolazione La regolazione del rilascio di glucagone presenta ancoradiversi punti poco chiari. In generale, si osserva che la secrezione di glucagone:

• È innescata da basse concentrazioni ematiche di glucosio;

• È innescata dalle catecolamine attraverso stimolazione β-adrenergica;

• È innescata da pasti molto proteici;

• È inibita da alte concentrazioni ematiche di glucosio;

• È inibito da somatostatina e insulina.

Sono documentati anche gli effetti del sistema nervoso autonomo sul rilascio diglucagone, ma le conclusioni dei diversi studi sono contrastanti e non definitive.

Trasporto nel plasma e degradazione Il glucagone può essere degradato per proteo-lisi da numerose proteasi plasmatiche.

Recettore Il recettore del glucagone è un classico recettore accoppiato a proteineG. Il legame con l’ormone attiva l’adenilato ciclasi e innalza la concentrazione dicAMP; a valle si ha attivazione della PKA con fosforilazione di alcuni enzimi chiave

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– in generale, la fosforilazione è a carico di quegli enzimi che l’insulina tendeva adefosforilare. Questo spiega perché l’azione del glucagone abbia effetti antagonisti aquelli dell’insulina.

Effetti biologici del glucagone Il glucagone agisce soprattutto su due tessuti: fegatoe tessuto adiposo. I recettori del glucagone sono espressi anche in altri tessuti (cuore,alcune popolazioni di neuroni nell’encefalo, alcune cellule delle ghiandole surrenalie dello stomaco), ma il loro ruolo biologico non è stato ancora caratterizzato conprecisione.

L’effetto del glucagone nei tessuti bersaglio si può riassumere affermando che ilglucagone tende a incrementare la concentrazione di glucosio nel sangue. Questafunzione viene assolta principalmente agendo su due tessuti.

Metabolismo del glucosio Nel fegato, viene stimolata la gluconeogenesi e la glicoge-nolisi, mentre la glicolisi e la glicogenosintesi vengono inibite. Ci si potrebbe chiedereperché il glucagone abbia questi effetti solo sul fegato. La risposta è che si trattadell’unico organo in grado di secernere glucosio nel sangue: è l’unico tessuto che puòinnalzare la glicemia. Come nel caso dell’insulina, la regolazione metabolica coinvolgela modifica dello stato di fosforilazione di pochi enzimi, ma il tipo di modifica ingenere è esattamente opposto. Ovverosia: dove l’insulina defosforila, il glucagonefosforila. Se gli effetti dell’insulina sono stati compresi, capire quelli del glucagonedovrebbe essere semplice.

• Incremento della glicogenolisi: è basato sulla fosforilazione della glicogeno-fosforilasi, che la converte dalla forma b (defosforilata e inattiva) alla formaa (fosforilata e attiva) (Fig. 2.23). Il glucagone innesca questa fosforilazioneattraverso la glicogeno fosforilasi chinasi. Quindi: il glucagone attiva la PKA,che fosforila e attiva la glicogeno fosforilasi chinasi, che a propria volta fosforilae attiva la glicogeno fosforilasi. Quest’ultima inizia a distaccare unità di glucosiodal glicogeno. Inoltre, il glucagone inibisce la fosfoproteina fosfatasi, che potrebbedefosforilare la glicogeno fosforilasi e la glicogeno fosforilasi chinasi.

• Inibizione della glicogenosintesi: è basata sulla fosforilazione della glicogenosintasi, che converte l’enzima nella sua forma inattiva (Fig. 2.24). Sono numerosele chinasi in grado di fosforilare la glicogeno sintasi; si ritiene che nel caso delglucagone sia coinvolta essenzialmente la PKA. È bene precisare però che alcuneprove sperimentali sembrano suggerire che il glucagone possa attivare, conmeccanismi sconosciuti, delle chinasi cAMP-indipendenti.

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Glicogeno fosforilasi(inattiva)

Glicogeno fosforilasi(attiva)

P

PP1

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogenofosforilasi

chinasi

P

PP1PKA

Glicogeno(integro)

Glicogeno(in degradazione)

P H 2O

H 2O

ATP ADP

ATP

ADP

+

+Glucagone

P

++

Glucagone

Glucagone

Figura 2.23: Regolazione della glicogeno fosforilasi quando è presente il glucagone. Confrontarecon le figg. 2.16 e 2.17

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• Incremento della gluconeogenesi e inibizione della glicolisi: si verificano perlo più attraverso un decremento del fruttosio-2,6-bisfosfato, a propria volta indottodalla fosforilazione dell’enzima bifunzionale fruttosio-2,6-bisfosfatasi/fosfofruttochinasi-2. La fosforilazione inattiva l’attività chinasica e attiva quella fosfatasica. L’enzimachiave della gluconeogenesi, la fruttosio-1,6-bisfosfatasi, è più attivo in presenzadi scarse quantità del modulatore allosterico, così che il flusso complessivoattraverso la via è aumentato. Viceversa, la PFK-1 è meno attiva, e l’entità delflusso attraverso la glicolisi diminuisce. Un altro effetto mediato dal glucago-ne che contribuisce alla regolazione è la fosforilazione della piruvato chinasi,l’enzima glicolitico che converte il fosfoenolpiruvato in piruvato. La modificacovalente inattiva l’enzima e riduce il flusso metabolico della glicolisi; inoltre, ilfosfoenolpiruvato già prodotto viene indirizzato verso la gluconeogenesi. È benericordare che anche l’aumentata disponibilità di acidi grassi liberi (determinatadalla stimolazione della lipolisi a livello del tessuto adiposo) contribuisce aindirizzare il metabolismo epatico verso la sintesi del glucosio.

• Infine, il glucagone influenza anche l’espressione genica, aumentando o riducen-do l’espressione degli enzimi chiave. L’effetto è mediato dalla fosforilazione diuna proteina chiamata CREB (cAMP Response Element Binding protein), cheagisce da fattore di trascrizione, legandosi ai cAMP response elements a livellodel DNA.

Per avere un quadro completo, in fig. 2.25 è illustrato l’effetto dell’incrementodel cAMP (che è un effetto del glucagone e anche dell’adrenalina) sul metabolismodel glicogeno, e in fig. 2.26 l’effetto della diminuzione del cAMP (come avviene conl’insulina).

Metabolismo lipidico Nel tessuto adiposo, il glucagone essenzialmente promuove lalipolisi. Questo effetto viene ottenuto con la mediazione della PKA, che fosforila leperilipine e la lipasi ormone-sensibile (Fig. 2.22, pag. 60).

Il glucagone regola inoltre la acetil-coA carbossilasi (ACC), stimolando la suafosforilazione e inibendola. L’enzima non è noto con certezza, ma probabilmente sitratta di una PKA.

Nel fegato, il glucagone regola il metabolismo del colesterolo con effetti oppostia quelli dell’insulina, cioè diminuendo l’espressione della HMG-CoA reduttasi. Inpassato si riteneva che la regolazione avvenisse attraverso cambiamenti dello statodi fosforilazione, ma oggi si pensa che il glucagone agisca principalmente tramite lamodulazione dell’espressione genica [28].

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Glicogenosintasi

(inattiva)P

Glicogenosintasi(attiva)

PP1P H 2O

ATP ADP

PKAdiversechinasi

Glicogeno(in attiva sintesi)

Glicogeno(non in attiva sintesi)

Glucagone

++

Glucagone

+

++ ?

Figura 2.24: Regolazione della glicogeno sintasi quando è presente il glucagone. Confrontare conle figg. 2.18 e 2.19.

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cAMP

+

PKA

+ +Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogeno fosforilasi

Glicogeno fosforilasi

+Glicogeno

sintasiGlicogeno

sintasi

+PP1PP1

Figura 2.25: Schema riassuntivo degli effetti dell’incremento della concentrazione di cAMP sullaregolazione del metabolismo del glicogeno. I principali ormoni in grado di aumentare il cAMP sonol’adrenalina e il glucagone.

cAMP

+

Glicogenosintasi

Glicogenosintasi

PP1

Glicogenofosforilasi

chinasi

Glicogenofosforilasi

chinasi

+

Glicogeno fosforilasi

Glicogeno fosforilasi

+

-

Figura 2.26: Schema riassuntivo degli effetti del decremento della concentrazione di cAMP sullaregolazione del metabolismo del glicogeno. Il principale ormone in grado di diminuire il cAMP èl’insulina.

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2.3 Ormoni della tiroide e delle paratiroidi

Dove siamo? Paratiroidi

Le paratiroidi sono delle piccole ghiandole situate nel collo. Hanno una forma rotondeg-giante, le dimensioni di un chicco di riso, e in genere sono situate a contatto con la superficieposteriore della tiroide (vedi il box “Dove siamo?” sulla tiroide, pag. 101), in numero ditre o quattro (due superiori e due inferiori). C’è comunque una certa variabilità nel numero(alcuni soggetti hanno 6 o 8 ghiandole paratiroidi) e nella posizione (possono ad esempioessere incluse nel contesto del parenchima tiroideo o essere dislocate nel mediastino).

Istologicamente, le paratiroidi hanno una struttura più compatta della tiroide. Ci sono dueprincipali citotipi:

• cellule principali: sono numericamente le cellule più rappresentate, e sono le celluleche sintetizzano l’ormone PTH.

• cellule ossifile: sono caratterizzate da un citoplasma acidofilo e dalle grandi dimensioni;sono quantitativamente meno rappresentate, e la loro funzione non è chiara.

2.3.1 Paratormone (PTH)

Generalità Il paratormone, o ormone paratiroideo (PTH), ha un ruolo centralenell’omeostasi del calcio, insieme a calcitonina9 e il metabolita attivo della vitamina D,il calcitriolo.

Struttura Il paratormone, è un polipeptide di 84 aminoacidi con una massa molecolaredi circa 9,5 kDa.

Sede di Sintesi Viene sintetizzato e secreto dalle cellule principali delle paratiroidi.

Biosintesi Come accade per diversi altri ormoni peptidici, anche il PTH non vienetradotto direttamente, ma è parte di un precursore più grande e inattivo (pre-pro-peptide), da cui vengono via via eliminati frammenti, fino ad ottenere l’ormone vero

9In realtà, come vedremo, il ruolo della calcitonina nell’omeostasi del calcio è quantomeno dubbio.

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e proprio. Probabilmente, processi come questo si sono evoluti e conservati non perrispondere ad esigenze strutturali, ma regolative.

Il pre-proormone (che rappresenta l’immediato prodotto genico) è di 115 aminoacidi,e comprende un peptide segnale (la breve sequenza amino-terminale idrofobica checonsente il trasferimento del peptide nel lume del RE) di 25 aminoacidi. Il peptidesegnale viene rimosso per proteolisi a livello del RE stesso (quindi cotraduzionalmente),con produzione di proparatormone.10 Sembra che gran parte del pro-PTH sintetizzatovenga degradato a questo livello. Nel Golgi vengono rimossi altri 6 aminoacidi per lopiù basici (la cui funzione è ignota), convertendo il pro-PTH che non è stato degradatoin PTH,11 che viene accumulato in granuli di secrezione.

A questo punto, i possibili destini per il PTH sono due:

• può essere liberato;

• può andare incontro a diverse reazioni proteolitiche di degradazione, prima diessere secreto.

La sintesi di PTH infatti è continua, e così la regolazione viene effettuata tramiteprocessi degradativi. L’attività biologica risiede soprattutto nel primo terzo dellamolecola (34 aminoacidi), a partire dall’estremità N-terminale, che è responsabile peril legame al recettore.

Secrezione, trasporto nel plasma e degradazione Il peptide di 84 aminoacidi è laforma intatta di PTH, ed è soprattutto in questa forma che l’ormone viene secreto dalleparatiroidi.

Tuttavia, il PTH può andare incontro a proteolisi in diversi momenti, dando originead alcuni frammenti specifici che si ritrovano poi in circolo. Sul totale di metabolitiassociabili al paratormone in circolo, il PTH intatto rappresenta il 10%; il 90% ècostituito dai frammenti.12

I processi proteolitici che danno origine a questi metaboliti avvengono:

1. in parte nelle parotidi stesse, mentre il PTH è ancora all’iterno della cellula -prima della secrezione;

10 Il pro-PTH è quindi composto da 115 -25 = 90 aminoacidi.11Questo porta il PTH a 90 -6 = 84 aminoacidi12Questo non è in contraddizione con il dato che il PTH intatto è la principale forma nella quale

l’ormone viene secreto: il PTH viene secreto per lo più intatto, ma in circolo sono più numerosi iframmenti, che vengono prodotti anche dalla proteolisi periferica del PTH intatto.

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2. in parte in sede periferica, dopo la secrezione: soprattutto nel fegato, a livellodelle cellule del Kupfer, e in minor quantità nel rene.

I frammenti originati dal PTH constano di:

• frammenti amino-terminali, contenenti gli aminoaciddi 1-34 o 1-36. In circolo siritrovano solo i PTH1-34, perché i PTH1-36 vengono subito degradati ulteriormentein di- e tri-peptidi. I PTH1-34 rappresentano il 10% dei metaboliti circolantiassociabili al paratormone. Hanno attività biologica, ma emivita breve.

• frammenti carbossi-terminali, contenenti gli aminoacidi 35-84 o 37-84. Rappre-sentano l’80% dei metaboliti circolanti associabili al paratormone; non hannoattività biologica, ma emivita più lunga.

Riassumendo, il PTH in circolo è così distribuito: 10% PTH intatto, l’ormone vero eproprio; 10% frammenti amino-terminali; 80% frammenti carbossi-terminali. Questo90% di frammenti è prodotto, come abbiamo visto, da una degradazione del PTH inparte nelle paratiroidi stesse, in parte a livello periferico, mentre l’ormone circola dopoche è stato secreto.

Gli enzimi che catalizzano questi processi di frammentazione sono le catepsine B eD, presenti sia nella paratiroidi che perifericamente. Le catepsine sono una famigliadi proteasi, di cui fanno parte circa 15 enzimi; alcune sono proteasi a serina, altre acisteina, altre ancora ad asparato. In genere raggiungono la massima attività a bassipH, infatti sono frequentemente presenti nei lisosomi.13

La catepsina B taglia il PTH in due frammenti tra gli aminoacidi 36 e 37, producendoi frammenti PTH1-36 e PTH37-84. Il frammento contenente gli aminoacidi 1-36 vienesubito degradato ulteriormente, per cui dall’azione di questo enzima si ottiene soloPTH37-84.

La catepsina D taglia il PTH tra gli aminoacidi 34 e 35, producendo i frammentiPTH1-34 e PTH35-84.

Ricapitolando:

• il PTH viene sintetizzato ed impacchettato in vescicole secretorie; già a questolivello si hanno intensi processi degradativi (prima a livello del pro-PTH, poi alivello del PTH).

• Viene rilasciato soprattutto PTH intatto, mentre la quota maggiore dei frammentisono conservati nelle cellule delle paratiroidi, e solo una minor parte passa nelsangue.

13Potrebbero essere clinicamente importanti in quanto sono maggiormente espresse in alcuni tumori, esembrano implicate in altre patologie.

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diminuzionedella calcemia

aumento concentrazione PTH

ritorno allanormalità

aumento dellacalcemia

aumento sintesi di calcitriolo(1,25-diidrossi-vitamina D )3

Figura 2.27: La diminuzione della concentrazione plasmatica di calcio incrementa la secrezione diPTH; il PTH da una parte aumenta direttamente la concentrazione plasmatica di calcio, dall’altrafavorisce la produzione di calcitriolo, il quale partecipa all’azione ipercalcemizzante. Il calcio,aumentando, inibisce la secrezione di PTH con un circuito a feedback; un’altra inibizione a feedbackè esercitata dal calcitriolo. Alla fine, si ha il ritorno alla normalità.

• Il PTH intatto, attraverso la circolazione, giunge al fegato, dove avviene laproteolisi periferica. Sulla membrana plasmatica delle cellule del Kupfer è espostauna catepsina (la B), che produce i frammenti; questi poi continuano a circolare.Sembra che anche il rene partecipi a questa proteolisi, ma verosimilmente iframmenti vengono escreti e non reimmessi in circolo.

Regolazione Per quanto riguarda la regolazione di questo ormone, si sono evo-luti meccanismi di regolazione che intervengono a diversi livelli nel metabolismo.Abbiamo:

• una regolazione a livello della biosintesi;

• una regolazione post-traduzionale

• una regolazione a livello della secrezione;

• una regolazione tramite degradazione periferica;

Regolazione a livello della biosintesi Si esplica sia a livello dell’espressione delgene, sia con modifiche post-traduzionali (trattate separatamente), sia attraverso una

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regolazione del numero e delle dimensioni delle cellule che lo sintetizzano. Dato che lafunzione del paratormone è, in buona sostanza, quella di innalzare la concentrazioneplasmatica di calcio, una regolazione da parte del calcio stesso è intuitiva (Fig 2.27). Imeccanismi con cui questo avviene sono piuttosto complessi, e in parte da chiarire,ma è dimostrato che un decremento della concentrazione plasmatica di Ca2+ porta adun incremento dell’mRNA del PTH e della sintesi del relativo peptide. Si pensa chequesto avvenga tramite una regolazione della trascrizione, della stabilità dell’mRNA edella traduzione.

La regolazione a livello genico avviene anche ad opera del calcitriolo (1 α,25-diidrossicolecalciferolo), un ormone lipofilo derivato dalla vitamina D che, complessa-tosi con il proprio recettore, si lega ai response elements della vitamina D nella regionedel promotore del gene del PTH decrementandone la trascrizione. La relazione chelega PTH e calcitriolo sarà illustrata meglio più avanti (vedi paragrafo 5.1.1 a pagina132); per il momento, ciò che occorre sapere è che questa rappresenta una inibizionea feedback. Uno degli effetti del PTH infatti è quello di stimolare la produzione dicalcitriolo, che da un lato partecipa nell’aumento della calcemia, dall’altro con un loopdi feedback negativo va ad inibire la produzione del PTH stesso.

Regolazione a livello post traduzionale Come abbiamo accennato, gran parte delproPTH sintetizzato viene degradato immediatamente nel RE, e questo processo èindipendente dal calcio; invece, la calcemia sembra influenzare il processo proteoliticoche interessa il PTH nelle vesciole secretorie, rallentando la degradazione in risposta aduna diminuzione di calcio plasmatico, incrementandola in caso contrario. Questo av-viene grazie ad un recettore sensore del calcio parotideo (Calcium Sensing Receptor),in grado di percepire anche piccole variazioni della calcemia. La scoperta di questo im-portantissimo recettore ha rappresentato una tappa fondamentale per la comprensionedella omeostasi del calcio. Si tratta di un recettore accoppiato alle proteine G espostosulla membrana di alcuni citotipi, tra cui le cellule parotidee. Quando il calcio è legatoal recettore (perché è abbondante)14, questo è attivato, e media una complessa seriedi segnali intracellulari che coinvolgono diverse fosfolipasi, tra cui la fosfolipasi A2.Conosceremo meglio la fosfolipasi trattando la biosintesi degli eicosanoidi, per adessoci basti sapere che grazie a questo enzima si ha la sintesi di leucotrieni, che inibisconola secrezione di PTH attraverso una attivazione massiccia della sua degradazione.Quando il calcio non è legato a questo recettore (perché è scarso), questo passa allo statoinattivo: i leucotrieni non sono prodotti, la degradazione diminuisce, e la secrezionedi PTH non è più tenuta a freno. È piuttosto interessante il fatto che si sia evoluto un

14Il calcio è presente, nel plasma, in tre forme: ionizzato, cioè come Ca2+ libero; complessato con altriioni; complessato con le proteine. Il calcium sensing receptor “avverte” solo il calcio ionizzato.

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meccanismo di regolazione per cui la sintesi è costitutiva, mentre l’inibizione avvienemodulando l’intensità dei processi proteolitici (pur tenendo presente che il calcio haeffetti sull’mRNA del PTH). Infine, in specie in caso di prolungata ipocalcemia o dideficienza di calcitriolo, la sintesi di PTH viene incrementata attraverso un aumentodel numero e delle dimensioni delle cellule produttrici.

Regolazione a livello della secrezione Abbiamo visto come il calcio serico contribui-sca a regolare la biosintesi, sia determinando un incremento dell’mRNA del gene delPTH, sia inibendo la degradazione del PTH intatto nelle vescicole. La regolazione afeedback negativo esplicata dal calcio plasmatico però non si ferma qui, ma si estendeanche a livello della secrezione. Dato che il PTH ha la funzione di innalzare la calcemia,la secrezione deve avvenire quando il calcio diminuisce. Di nuovo, a mediare questoprocesso, è il Calcium Sensing Receptor. Oltre ad attivare la fosfolipasi A2, attiva anchela fosfolipasi C, con produzione di diacilglicerolo (DAG) e IP3; il risultato è un aumentodella concentrazione intracellulare di calcio. Al contrario degli altri meccanismi diesocitosi conosciuti, che sono attivati da un aumento della concentrazione intracellularedi calcio, nelle cellule delle paratiroidi la secrezione delle vescicole è inibita da alteconcentrazioni di calcio intracellulare. Quando il calcio si dissocia dal calcium sensingreceptor, questo è inattivato, e la concentrazione intracellulare di calcio precipita,innescando il rilascio delle vescicole.

Regolazione tramite degradazione periferica Avviene per lo più nel fegato ad operadelle catepsine B e D, e di questa abbiamo già parlato: vengono prodotti per lo piùframmenti carbossi-terminali, inattivi.

In definitiva, la principale regolazione è affidata alla calcemia.

Recettori Sono stati identificati tre tipi di recettori per il PTH: PTHR1, PTHR2 ePTHR3. Di questi, il PTHR1 è il mediatore degli effetti fisiologici più importanti. Èespresso dagli osteoblasti e dalle cellule del rene. Sono tutti recettori accoppiati aproteine G. Gli effetti del PTH sono mediati attraverso l’attivazione della adenilatociclasi e quindi del cAMP; si ha quindi l’attivazione della PKA, con fosforilazione diproteine specifiche. La cascata segnalatoria promuove l’attivazione di geni ed enzimi.

Effetti fisiologici del paratormone Il PTH viene spesso definito come un “ormoneipercalcemizzante”, intendendo con questo che le sue azioni biologiche hanno, comeultimo risultato, quella di innalzare la concentrazione plasmatica di Ca2+. Il paratormo-ne influenza anche la concentrazione plasmatica di fosfato e promuove l’attivazione

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della vitamina D. Del resto, calcemia e fosfatemia sono correlate tra loro, poiché i sali dicalcio e fosfato sono i componenti principali del tessuto osseo, e la vitamina D attivataha un ruolo nell’omeostasi calcica.

Le cellule bersaglio sulle quali il paratormone esercita la sua azione si trovanoessenzialmente a livello renale ed osseo.

Azione sui tubuli renali. Stimola il riassorbimento del Ca2+ a livello della porzionedistale dei tubuli, il che consente al PTH di influire sul 40% del totale di calcio riassorbitoa livello renale.15

Come agisce esattamente il PTH? L’ormone promuove l’esposizione e l’apertura dicanali per il calcio a livello della membrana apicale delle cellule. Penetrato nell’ambienteintracellulare, il calcio si lega alla calbindina-D 28K, che facilita la diffusione dello ionedalla membrana apicale (rivolta verso il lume del tubulo) a quella basolaterale (rivoltaverso l’interstizio renale), dove il calcio fuoriesce nello spazio interstiziale grazie ad untrasportatore ATP-dipendente. Si stabilisce quindi un flusso unidirezionale di calcioattraverso la cellula, dalla membrana apicale a quella basolaterale.

Inoltre, il PTH riduce il riassorbimento di ioni fosfato, agendo a livello dei suoitrasportatori Na+/Pi di tipo II, esposti sulla membrana.16 L’ormone induce la lorointernalizzazione e, una volta racchiusi in vescicole, la loro distruzione.

Sintesi della vitamina D L’azione del PTH sul rene non si limita soltanto ai tubulirenali. A livello del rene, si ha l’induzione della 1 α-calcidiolo-idrossilasi, l’enzimaresponsabile della formazione del calcitriolo. Come abbiamo accennato (e come

15Non tutto il riassorbimento del calcio è sotto controllo ormonale. Vi sono due modalità con le qualiavviene tale riassorbimento: la via transcellulare e la via paracellulare. Nella porzione prossimale deitubuli, il trasporto del calcio avviene con la via paracellulare, che rappresenta un processo passivo,correlato al riassorbimento di sodio, e non regolabile. Nella porzione distale, il riassorbimentoavviene invece mediante la via transcellulare, attiva e regolabile da ormoni come il PTH (o farmaci).Nella porzione ascendente dell’ansa di Henle, il riassorbimento avviene con entrambe le modalità.

16È interessante chiedersi perché l’evoluzione abbia selezionato questa azione, che apparentementesembra avere poco a che vedere con il calcio. In realtà calcio e fosfato sono intimamente connessi,entrando nella costituzione della componente minerale delle ossa. Quando la fosfatemia plasmaticasi abbassa, a causa della aumentata escrezione dello ione, i cristalli di idrossiapatite solubilizzano piùfacilmente, rendendo più agevole il richiamo di calcio dalle ossa (una delle azioni del paratormone èquella di incrementare il riassorbimento della matrice ossea, con liberazione degli ioni contenuti neisali che formano la matrice inorganica). Inoltre, il fatto di aumentare l’escrezione di fosfato permettedi contenere l’innalzamento della fosfatemia che consegue al riassorbimento della matrice mineraleossea.

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vedremo meglio più avanti, pag. 132), il calcitriolo esercita un’azione sinergica a quelladel PTH. Si può pensare che il PTH deleghi alcuni compiti al calcitriolo.

Azione a livello osseo Il PTH agisce a livello osseo stimolandone il riassorbimento,con rilascio di Ca2+ dalla matrice. Ad operare la degradazione della matrice extracellu-lare sono gli osteoclasti. Il paratormone non li stimola direttamente, ma agisce sugliosteoblasti. Sono questi ultimi che esprimo i recettori per l’ormone, e che provvedonoa reclutare gli osteoclasti, mediando quindi l’azione del PTH.

Il paratormone stimola negli osteoblasti la sintesi di RANKL17 (sinonimi: ODF,fattore differenziante gli osteoclasti), un recettore che le cellule espongono sulla loromembrana. RANKL si lega a RANK, che invece è espresso sulla membrana deiprecursori osteoclastici. Il legame determina un cambiamento conformazionale diRANK, che media effetti intracellulari, ed in ultimo determina l’espressione dei geniche promuvono il differenziamento dei precursori in osteoclasti maturi. Inoltre, il PTHriduce la secrezione di osteoprotegerina (una proteina che inibisce il differenziamentodegli osteoclasti) da parte degli osteoblasti e stimola la sintesi di fattori di crescitae interleuchina, il cui effetto è quello di attivare gli osteoclasti. Tutti questi effetti sirisolvono in un aumento della calcemia.

2.3.2 Calcitonina

Generalità La calcitonina è un ormone coinvolto nell’omeostasi del calcio, insieme aPTH e calcitriolo. Mentre questi due hanno effetto ipercalcemizzante, la calcitonina haun effetto opposto, di tipo ipocalcemizzante.

Struttura La calcitonina è un ormone peptidico di 32 aminoacidi. L’attività biologicaè posseduta dall’intero peptide, e quindi la frammentazione dell’ormone porta allasua inattivazione. In particolare, sembra essere importante la parte N-terminale dellamolecola, che è costituita da un ciclo di 7 aminoacidi, uniti attraverso un ponte disolfuroCys-Cys. La prolina C-terminale è inoltre amidata.

Una caratteristica curiosa dell’ormone sta nella incredibile variabilità che si osservatra ormoni di specie diverse (per esempio, nel caso della calcitonina umana e suina, gliaminoacidi differenti sono circa la metà); tuttavia, questo non sembra pregiudicarel’attività biologica interspecie – tant’è che la calcitonina di salmone è più attiva diquella umana, e viene utilizzata in terapia.

17Sta per RANK Ligand, cioè ligando di RANK.

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Sede di sintesi Viene sintetizzata principalmente dalle cellule C della tiroide – sembratuttavia che la biosintesi possa avvenire anche in altri distretti corporei (encefalo,paratiroidi, timo, cellule di bronchi e polmoni, prostata), ma non si conosce il ruolofisiologico dell’ormone in questi distretti.

Biosintesi La calcitonina si forma, come accade per molti altri ormoni peptidici, inseguito alla proteolisi limitata di un precursore più grande. Il trascritto primariodel gene della calcitonina contiene l’informazione per la traduzione sia della pro-calcitonina sia di un’altra proteina, il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP),potente vasodilatatore; lo splicing alternativo del trascritto consente alle cellule diprodurre l’uno o l’altro, in maniera tessuto-specifica.

La pro-calcitonia viene convertita in calcitonina nel Golgi, quindi immagazzinata invescicole.

Secrezione e regolazione Il rilascio della calcitonina è sotto il controllo della calcemiaplasmatica: quando questa supera i 9-10 mg/100 mL, viene innescata l’esocitosi. Questoeffetto è mediato da un recettore sensibile al calcio. Notare che, pur trovandosi nellatiroide, le cellule C, il citotipo responsabile della secrezione di calcitonina, non sono inalcun modo sotto il controllo dell’ipofisi, al contrario dei tireociti, che sono regolati dalTSH.

Trasporto nel plasma e degradazione La calcitonina viene rapidamente eliminatadal rene per degradazione proteolitica. I suoi metaboliti sono privi di attività.

Effetti fisiologici e recettori Gli effetti biologici della calcitonina sono conosciutima non è chiaro quale sia il peso effettivo della calcitonina sulla regolazione dellacalcemia. Per esempio, nei due casi estremi di tiroidectomia (rimozione chirurgicadella intera tiroide), e di carcinoma della tiroide (con ipersecrezione di calcitonina),non si osservano alterazioni rilevanti nell’omeostasi calcica.18 In un certo senso, lacalcitonina è un ormone in cerca di una funzione [10]. È possibile che l’ormone abbiaun ruolo nell’omeostasi del calcio, ma che non sia necessario perché il calcio sia regolatocorrettamente.

18Nel caso della tiroidectomia, una possibilità è che la sintesi extratiroidea di ormone sia sufficiente agarantirne le funzioni.

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2 Ormoni proteici e peptidici 82

La calcitonina produce un abbassamento della calcemia – si tratta quindi di unormone ipocalcemizzante. Le cellule bersaglio di questo ormone si trovano a livello ditessuto osseo e rene, e presentano recettori accoppiate a proteine G:

Azione sulle ossa. Agisce sugli osteoclasti, inibendone la motilità, l’attività ed ilnumero. Il riassorbimento osseo quindi viene ad essere inibito, ed il calcio cessadi essere immesso nel torrente plasmatico. L’azione sugli osteoclasti avviene grazieai recettori esposti sulla superficie cellulare, ed il segnale intracellulare è mediatoattraverso i pathway cAMP-PKA e Ca2+-PKC; gli effetti principali consistono in unadisorganizzazione del citoscheletro, che causa una perdità di polarità delle cellule esmantella l’orletto increspato (ruffled borders).

Azione sul rene A livello dei tubuli renali, la calcitonina inibisca il riassorbimentodel Ca2+ e altri ioni (sodio, fosfato), favorendo la loro escrezione con le urine, e quindisottraendo ioni al pool plasmatico. Anche in questo caso, si ha l’attivazione dellaadenilato ciclasi. Una overview della regolazione ormonale dell’omeostasi calcica saràpresentata al momento di esaminare l’azione fisiologica del calcitriolo.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi

3.1 Generalità

Gli ormoni derivati dagli aminoacidi sono rappresentati principalmente dalle ca-tecolamine e dagli ormoni tiroidei. Sono sintetizzati a partire dall’aminoacidotirosina.

Le catecolamine principali sono adrenalina (o epinefrina), noradrenalina (o nore-pinefrina) e dopamina. Il loro nome deriva dal fatto che sono strutturalmente correlateal catecolo. Sono sintetizzate a livello della zona midollare della ghiandola surrenalecon valenza di ormoni endocrini (cioè sono secrete nel circolo sanguigno), e a livelloneuronale con valenza di neurotrasmettitori (soprattutto a livello del sistema nervososimpatico).1 È interessante notare come a livello embriologico i due tessuti sianofortemente correlati: la midollare surrenale deriva da cellule delle creste neurali, che sidistaccano dal tubo neurale.

Le catecolamine sono idrofile, e nel sangue hanno un’emivita estremamente breve.

Gli ormoni tiroidei sono la triiodotironina (T3) e la tetraiodotironina (T4); sonosintetizzate nei follicoli tiroidei, e sono ormoni lipofili con lunga emivita.

Nel gruppo degli ormoni derivati dagli aminoacidi possono essere inclusi anchel’ossido nitrico (NO), la melatonina, la serotonina (5-HT) e l’istamina. Le catecola-mine, la serotonina e spesso l’istamina vengono indicate collettivamente come "aminebiogene" [20].

1Si tratta probabilmente di una precisazione superflua, in quanto, come abbiamo già avuto modo dirilevare, è difficile, oltre che artificioso, separare nettamente il neurotrasmettitore dall’ormone.

Page 93: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 84

Figura 3.1: La ghiandola surrenale (in rosso) incappuccia il polo superiore di ciascun rene. Lasurrenale di destra è tradizionalmente descritta come a forma di "cappello frigio". Probabilmenteper alcune persone è più familiare se descritta come a forma di "cappello dei puffi" :)

3.2 Ormoni della zona midollare della ghiandolasurrenale

Dove siamo? Surrene

Le ghiandole surrenali (vedi figura 3.1) sono piccole strutture di forma piramidale cheincappucciano il polo superiore di ciascun rene. Funzionalmente ed anatomicamente possonoessere suddivise in una regione corticale (esterna) ed una midollare (interna).

Zona corticale: conferisce alle surrenali un colore giallastro a causa della grande presenzalipidica; questa zona infatti sintetizza ormoni steroidei. Procedendo dall’esterno verso l’internoè suddivisibile in tre zone:

1. zona glomerulare,

2. zona fascicolata

3. zona reticolata.

Zona midollare: popolata da cellule cromaffini, che secernono catecolamine.

Page 94: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 85

HO

HO

Catecolo

HO

HO C NH2

H H

H

C

HO

Noradrenalina

HO

HO C

H H

H

C

HO

NH

CH3

Adrenalina

CH2 CH2

HO

HO NH2

Dopamina

Figura 3.2: Le tre principali catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina) sono dotate diun nucleo catecolico a cui è legato un gruppo aminico.

3.2.1 Catecolamine

Struttura Il nome di "catecol-amine" rispecchia piuttosto bene la struttura di questicomposti, che sono dotati di un nucleo catecolico (cioè un anello benzenico diidrossilatoin posizione 1 e 2) a cui è legato un gruppo aminico (vedi figura 3.2, pag. 85).

Sede di elaborazione La noradrenalina è il principale neurotrasmettitore sintetizzatodai neuroni postgangliari del sistema simpatico e alcuni neuroni del SNC [5].2

L’adrenalina è il principale ormone secreto dalla zona midollare della ghiandolasurrenale (ammonta a circa l’80% delle catecolamine della midollare del surrene; ilrestante 20% è rappresentato da noradrenalina). Le cellule cromaffini sintetizzanoanche altre molecole (encefaline, cromoganina, adrenomedullina) che non prenderemoin considerazione.3 L’adrenalina viene anche sintetizzata da alcune popolazionineuronali del sistema nervoso centrale [21, 24].

La dopamina è un neurotrasmettitore utilizzato da alcune popolazioni neuronalidel sistema nervoso centrale. Questi neuroni vanno a costituire le cosiddette "viedopaminergiche".4

2In particolare, i neuroni del locus ceruleus [20].3Inoltre, la corteccia della ghiandola surrenale sintetizza ormoni steroidei, come avremo modo di

vedere (vedi sezione "Corticosteroidi: mineralcorticoidi e glucocorticoidi", pag. 142).4Le principali vie dopaminergiche sono la via nigrostriatale, la via mesocorticale e la via

tuberoinfundibolare [5].

Page 95: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 86

Biosintesi Le catecolamine vengono sintetizzate con la stessa sequenza di reazioni(Fig. 3.3, pag. 87.). Questa via è comune a tutte le catecolamine, ma una cellula puònon esprimere tutti gli enzimi, il che determina quali catecolamine la cellula è in gradodi produrre. Ad esempio, i neuroni postgangliari del sistema simpatico non esprimonol’ultimo enzima della via biosintetica, la fenoletanolammina-N-metiltransferasi (PNMT,di cui parleremo tra poco), che consentirebbe la conversione della noradrenalina inadrenalina; quindi la sintesi, non potendo proseguire, si ferma con la noradrenali-na. Le cellule cromaffini della midollare del surrene esprimono la PNMT, quindi lanoradrenalina può essere convertita in adrenalina con l’ultima reazione della via.

Il precursore diretto per le catecolamine è l’aminoacido L-tirosina. Le cellule siprocurano questo aminoacido precursore:

• Dall’ambiente extracellulare, con meccanismi di trasporto attivo;

• A partire dalla fenilalanina. La conversione è effettuata dall’enzima fenilalaninaidrossilasi, una monossigenasi. La fenilalanina è un aminoacido essenziale.

La tirosina viene convertita in adrenalina tramite quattro reazioni a sede citosolica:

1. Tirosina idrossilasi. L’enzima coinvolto è una ossigenasi che utilizza O2 peridrossilare la tirosina a livello dell’anello benzenico, convertendola in L-3,4-diidrossifenilalanina (L-DOPA). L’enzima necessita di tetraidrobiopterina comecofattore; durante la reazione la tetraidrobiopterina viene ossidata a diidrobiop-terina.5 Questa è la reazione limitante la velocità, e di conseguenza l’enzimarappresenta un punto di regolazione.

2. DOPA decarbossilasi (sinonimi: aminoacido aromatico decarbossilasi). L’en-zima che catalizza questo secondo passaggio decarbossila la L-DOPA a dopa-mina, utilizzando piridossal fosfato come cofattore. Come succede per ognidecarbossilazione, la CO2 diffonde facilmente e si allontana dall’ambiente direazione, spingendo l’equilibrio verso i prodotti per il principio di azione dimassa. Per i neuroni dopaminergici del sistema nervoso centrale la via si fermaqui. Questi neuroni rilasciano direttamente dopamina (sono i neuroni delle viedopaminergiche di cui sopra).

3. Dopamina β idrossilasi. L’enzima coinvolto è una monossigenasi a rame che uti-lizza come cofattore acido ascorbico e O2 per idrossilare la dopamina e produrrenoradrenalina. È interessante notare come questo enzima sia stato ritrovato nellafrazione particolata delle cellule impegnate nella sintesi di adrenalina. In altre

5In particolare, la reazione catalizzata dalla tirosina idrossilasi produce 4-OH-tetraidrobiopterina, chesi disidrata spontaneamente o enzimaticamente a diidrobiopterina. Il cofattore viene riciclato grazieall’enzima diidropteridina reduttasi (NADH dipendente), che rigenera tetraidrobiopterina.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 87

HO CH2 CH COOH

H2N

L-Tirosina

COOHHO CH2 CH

H2N

HO

L-DOPA

HO CH2 CH2 NH2

HO

Dopamina

HO HC CH2 NH2

HO

HO

Noradrenalina

HO HC CH2 NH

HO

HO CH3

Adrenalina

Feniletanolammina N-metiltransferasi

Tirosina idrossilasi

DOPA decarbossilasi

Dopamina β idrossilasi

Tetraidrobiopterina

Diidrobiopterina

Piridossal fosfato

O2Acido ascorbico

Acido deidroascorbico

+

S-adenosil-metionina

O2+

S-adenosil-omocisteina

CO2

Figura 3.3: Per le spiegazioni delle singole reazioni si rimanda al testo.

Page 97: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 88

parole, si pensa che sia incorporato all’interno dei granuli secretori, associatoalla membrana, e che l’enzima venga secreto insieme alle catecolamine. Perquanto esistano sistemi di recupero dell’enzima, le cellule devono comunquetradurlo in continuazione. La singolare localizzazione dell’enzima implica chela conversione della dopamina a noradrenalina avvenga all’interno dei granulisecretori. La dopamina, che viene prodotta nel citosol, viene concentrata nellevescicole secretorie con trasporto attivo.

4. Fenoletanolammina-N-metiltransferasi (PNMT). L’ultima reazione prevede laN-metilazione della noradrenalina ad adrenalina; il donatore del metile è laS-adenosilmetionina. La transmetilasi che catalizza questa tappa è idrosolubile,e si ritiene si trovi nel citoplasma: la noradrenalina esce quindi dai granulicon trasporto passivo, viene convertita in adrenalina, e viene reimmessa neigranuli con un trasporto attivo ATP-dipendente; in questo processo sono coinvoltitrasportatori monoaminici delle vescicole. L’attività di PNMT è regolata da unimponente flusso di steroidi surrenalici, che giungono alle cellule della zonamidollare attraverso il sistema di sinusoidi che mette in comunicazione le duezone.

Si invita il lettore a prestare attenzione al fatto che ogni enzima di questa via utilizza uncofattore diverso.

Secrezione e regolazione Abbiamo un sistema di regolazione a livello della biosintesi,un sistema di regolazione a livello della secrezione, e un sistema a livello recettoriale.

Il principale sito di regolazione della biosintesi è rappresentato dall’enzima tirosinaidrossilasi. I sistemi di regolazione sono essenzialmente tre:

• una regolazione a feedback negativo da parte dei prodotti finali, la più importante;

• regolazione positiva dal cAMP;

• regolazione positiva da parte di stimoli nervosi.

Le catecolamine, una volta sintetizzate secondo questo processo, vengono accumu-late in granuli secretori, il cui rilascio è ovviamente controllato.

Le cellule cromaffini rilasciano tre tipi di granuli:

• granuli contenenti adrenalina;

• granuli contenenti noradrenalina;

• granuli contenenti adrenalina e noradrenalina.

Page 98: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 89

Questi granuli vengono secreti per esocitosi. Il segnale che induce il rilascio dellevescicole da parte delle cellule cromaffini della midollare surrenale è impartito da fibrenervose di neuroni pregangliari simpatici (nervo splancnico), che rilasciano acetilcolina.Legandosi a recettori sulle cellule cromaffini, si innesca una depolarizzazione dellacellula che porta all’aumento di concentrazione di Ca2+.

L’aumento delle concentrazioni di Ca2+ plasmatico provoca l’esocitosi dei granuli.La secrezione di catecolamine è una risposta allo stress in senso lato: può essereinnescata da una ferita, una emorragia, paura, etc.

Il processo è simile anche per i neuroni che secernono noradrenalina o dopamina;il segnale è impartito da impulsi nervosi che, propagandosi lungo l’assone fino allesinapsi, depolarizzano la cellula innescando l’ingresso di Ca2+ e quindi l’esocitosi.

Una parte della regolazione degli effetti delle catecolamine avviene a livello deirecettori. Si può avere una regolazione negativa ed una regolazione positiva.

La regolazione negativa corrisponde al processo di desensibilizzazione recettoriale:quando i recettori delle catecolamine vengono esposti in modo persistente e prolungatoall’azione di una sostanza che li attiva (catecolamine o farmaci), subentrano deifenomeni per cui la durata e l’efficacia della risposta sono progressivamente ridotte.La regione C-terminale intracellulare dei β recettori presenta dei siti di fosforilazioneche sono fondamentali per questo processo di desensibilizzazione: il fenomeno èmediato dalla fosforilazione del recettore, che viene legato da una proteina inibitoriadetta β-arrestina; agisce impedendo al recettore di attivare Gs. In altri casi, si hal’internalizzazione dei recettori, o la inibizione della loro espressione genica.

La regolazione positiva invece corrisponde ad un incremento della espressione diquesti recettori; è indotto, per esempio, dagli ormoni tiroidei e dai glucocorticoidi

Trasporto nel plasma e degradazione I neuroni che utilizzano le catecolamminecome neurotrasmettitori rilasciano le molecole nello spazio sinaptico, quindi localmente– dopo essersi legate ai loro recettori vengono per lo più ricaptate (cioè riassorbite) dalneurone che le ha rilasciate, anche se una piccola parte sfugge e passa in circolo [10].

Le cellule della midollare surrenale invece rilasciano le catecolammine sintetizzatenella circolazione plasmatica, con valenza di ormoni endocrini.

Nel plasma, le catecolamine hanno un’emivita estremamente breve (nell’ordinedelle decine di secondi). Una frazione delle catecolamine che rappresenta circa la metàdel totale circola associata all’albumina.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 90

NH2HO C

H H

H

C

HO

CH3O

Normetanefrina

HO

HO C NH2

H H

H

C

HO

Noradrenalina

HO

HO C

H H

H

C

HO

NH

CH3

Adrenalina

CH3

HO C

H H

H

C

HO

NH

CH3O

Metanefrina

MAOCOMT COMT

COMT

DOPEG

HO

HO C

H

C

HO

H

OH

H

CH3O

HO C

H

C

HO

O

OH

VMA

ADH

Urine

PST

C NH2

H

H

C

HO

HCH3O

SO4

Normetanefrina solfato

CH3O

SO4 C

H

H

C

HO

H

NH

CH3

Metanefrina solfato

PST

MAO MAO

ADH ADH

AR AR

MAO

Figura 3.4: Schema semplificato dei pathway che portano alla degradazione delle catecolamine.DOPEG: 3,4-diidrossi-fenilglicole (sinonimi: DHPG); VMA: acido 3-metossi-4-idrossi-mandelico(sinonimi: acido vanillil mandelico); COMT: catecol-O-metiltransferasi; MAO: monoaminoossidasi;ADH: Aldeide deidrogenasi; AR: aldeide reduttasi; PST: fenol sulfotransferasi.

La degradazione delle catecolamine non è semplice. In figura 3.4 (pag. 90) ne vienepresentato uno schema semplificato.6 Le reazioni avvengono in parte nei siti stessidove le catecolamine sono sintetizzate, in parte nei tessuti bersaglio, ma soprattutto nelfegato, ad opera di due enzimi: la catecol-O-metiltransferasi (COMT) e la monoaminaossidasi (MAO).

• catecol-O-metiltransferasi (COMT). Catalizza una reazione di O-metilazione; ildonatore di metili è la S-adenosilmetionina.

• monoamina ossidasi (MAO). Catalizza una reazione di deaminazione ossidativa,ed ha come suoi principali substrati metanefrina, normetanefrina, adrenalina onoradrenalina.

6Chi ha i nervi saldi può dare un’occhiata alla figura 3.5 a pag. 91 che non risparmia i dettagli piùcruenti. . .

Page 100: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 91

NH2HO C

H H

H

C

HO

CH3O

Normetanefrina

HO

HO C NH2

H H

H

C

HO

Noradrenalina

HO

HO C

H

C

HO

O

H

DOPGAL

HO

HO C

H H

H

C

HO

NH

CH3

Adrenalina

HO

HO C

H

C

HO

O

OH

DOMA

CH3O

HO C

H

C

HO

O

OH

VMA

CH3

HO C

H H

H

C

HO

NH

CH3O

Metanefrina

OH

HO C

H

C

HO

H

H

CH3O

MOPEG

CH3O

HO C

H

C

HO

H

O

MOPGAL

MAO MAOCOMT COMT

MA

O

MA

O

COMT

AR ADH

ADH

ADH

COMT

DOPEG

HO

HO C

H

C

HO

H

OH

H

PST PST

C NH2

H

H

C

HO

HCH3O

SO4

Normetanefrina solfato

CH3O

SO4 C

H

H

C

HO

H

NH

CH3

Metanefrina solfato

Urine

Figura 3.5: Schema dei pathway che portano alla degradazione delle catecolamine. DOP-GAL: 3,4-diidrossi-fenilglicolaldeide (sinonimi: 3,4-diidrossi-mandelaldeide); DOMA: acido 3,4-diidrossi-mandelico; DOPEG: 3,4-diidrossi-fenilglicole (sinonimi: DHPG); MOPEG: 3-metossi-4-idrossi-feniletilenglicole; MOPGAL: 3-metossi-4-idrossifenilglicolaldeide; VMA: acido 3-metossi-4-idrossi-mandelico (sinonimi: acido vanillil mandelico); COMT: catecol-O-metiltransferasi; MAO:monoaminoossidasi; ADH: Aldeide deidrogenasi; AR: aldeide reduttasi; PST: fenol sulfotransferasi.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 92

Questi due enzimi entrano in gioco in diverse tappe delle vie degradative. Lasequenza esatta di reazioni è in parte tessuto-specifica (vedi dopo).

• Adrenalina e noradrenalina possono essere deaminate ossidativamente (MAO) aun intermedio a breve emivita, che viene metabolizzato a composti alcolici o acidipiù stabili. Per lo più viene prodotto DOPEG(3,4-diidrossi-fenilglicole). Questereazioni avvengono già nei siti di produzione delle catecolamine (neuroni delsimpatico, midollare del surrene), e la DOPEG poi passa in circolo. Raggiungeil fegato e altri tessuti e qui proseguono le reazioni. Questa molecola divienesubstrato delle COMT e viene convertita in una aldeide instabile, che successiva-mente, con l’intervento dell’aldeide deidrogenasi che nel processo riduce NAD+

a NADH, porta alla formazione di acido vanillilmandelico (VMA), il principaleprodotto dei pathway degradativi delle catecolamine. Viene poi escreto con leurine. Una parte del DOPEG (non mostrato in figura) può essere coniugata asolfato ed escreta in questa forma.

• Adrenalina e noradrenalina possono essere metilate dalla COMT rispettivamentea metanefrina e normetanefrina. Successivamente:

– possono essere coniugate da solfatasi a metanefrina e normetanefrina solfato,e poi escrete con le urine;

– possono essere metabolizzate a VMA con l’intervento delle MAO e dell’al-deide deidrogenasi.

La cosa più importante da ricordare è che esistono diversi possibili pathway checonvergono su VMA e metanefrine, che sono i principali prodotti che si ritrovano nelleurine.

La sequenza preferenziale di tappe metaboliche con cui questi metaboliti sonoprodotti è diversa a seconda del sito di produzione [10]:

• Catecolamine prodotte nella midollare del surrene: una parte delle catecola-mine prodotte sono metabolizzate a metanefrine già nelle cellule midollari. Lemetanefrine poi passano in circolo;

• Catecolamine prodotti dai neuroni del simpatico: Il 10% delle catecolaminerilasciate nel terminale sinaptico passa in circolo; la restante parte viene ricaptata(riassorbita) dal terminale sinaptico e metabolizzata a DOPEG. Il DOPEG passain circolo, raggiunge il fegato e altri tessuti e viene convertito in VMA che vieneescreto con le urine; oppure viene coniugato a solfato ed escreto con le urine.

• Le catecolamine rilasciate in circolo (sia quelle sfuggite dalle sinapsi che quellerilasciate in circolo come ormoni endocrini dalla midollare surrenale) vengono

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 93

COMT

CH2 CH2

HO

HO NH2

Dopamina

CH2 CH2 NH2HO

H3CO

3-Metossitiramina

CH2

HO

HO COOH

DOPAC

CH2 COOHHO

H3CO

HVA

COMTMAO

ADH

MAO

Figura 3.6: Schema delle reazioni degradative della dopamina. DOPAC: acido 3,4-diidrossifenilacetico; HVA: acido omovanillico; COMT: catecol-O-metiltransferasi; MAO:monoaminoossidasi; ADH: Aldeide deidrogenasi.

per la maggior parte convertite in DOPEG e poi in VMA che viene escreto con leurine. Una minor parte è convertita in metanefrine da una forma circolante diCOMT, che però è poco attiva.

• Le metanefrine in circolo (rilasciate dalla midollare surrenale o prodotte dallecatecolamine) vengono soprattutto coniugate con gruppi solfato e poi escrete conle urine.

La dopamina produce, con reazioni simili, acido omovanillico, HVA (fig. 3.6). Lasua degradazione avviene principalmente nei neuroni, attraverso le MAO, producendoDOPAC e poi acido omovanillico. Il DOPAC e l’HVA sono poi escreti con le urine.

Recettori ed effetti fisiologici La risposta biologica evocata dalle catecolamine èmediata da recettori accoppiati a proteine G. La trasduzione del segnale di adrenalina enoradrenalina (e la risultante azione fisiologica) è sicuramente tra le più complesse chevedremo, poiché esistono diversi recettori, che in alcuni casi mediano effetti opposti, eche sono espressi in maniera tessuto-specifica.

Si distinguono innanzi tutto:

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 94

• Recettori adrenergici: vi si legano tendenzialmente epinefrina e norepinefrina;sono espressi in moltissimi tessuti, tra cui miocardio, tessuto muscolare striatoscheletrico e liscio (in specie nel tratto digerente), fegato, tessuto adiposo, tessutonervoso, rene. È opportuno ricordare che le catecolamine rilasciate dalla midollaredel surrene hanno una valenza endocrina, e non agiscono a livello encefalico(a causa della barriera emato-encefalica); viceversa, le catecolamine rilasciate alivello encefalico hanno valenza di neurotrasmettitori.

• recettori dopaminergici: vi si lega tendenzialmente la dopamina; sono espressia livello encefalico e da alcuni tessuti periferici.

I recettori adrenergici sono ulteriormente suddivisi sulla base del tipo di subunitàdella proteina G che presentano e della capacità di legare alcune molecole agoniste eantagoniste in diversi tipi e sottotipi.7

• recettori α

– recettori α1;

– recettori α2;

• recettori β

– recettori β1;

– recettori β2;

– recettori β3.

Gli effetti che mediano sono eterogenei, talora ridondanti e talora contrastanti, masi può vedere negli effetti scatenati dalla secrezione di catecolamine un significatobiologico: in generale siamo in presenza di effetti che hanno la funzione di predisporrel’organismo al combattimento, o, in alternativa, a fuggire il più velocemente possibile(reazioni "fight or flight").

Si può cioè pensare che questi ormoni abbiano il ruolo di preparare l’organismo adaffrontare situazioni di "emergenza", inducendo uno stato di allerta, predisponendoa prestazioni psicofisiche intense e mobilizzando riserve a livello di fegato e tessutoadiposo, per assicurare la disponibilità di substrati energetici rapidamente utilizzabili.

7Nell’ambito dei recettori α1 e α2, grazie allo sviluppo della biologia molecolare, sono stati riconosciutiulteriori sottotipi ( α1A, α1B, α1D e α2A, α2B, α2C) tuttavia non ne parleremo molto. Chifosse interessato può consultare un testo di farmacologia, per esempio: L. Brunton, B. Chabnere B. Knollman. Goodman and Gilman’s The Pharmacological Basis of Therapeutics. Twelfth Edition.McGraw-Hill, 2010.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 95

Recettori Potenza relativa dell’agonista Proteine G

α1 Noradrenalina > adrenalina G αqα2 Noradrenalina ≥ adrenalina G αi o G0β1 Adrenalina ≈ noradrenalina G αsβ2 Adrenalina >>> noradrenalina G αsβ3 Noradrenalina > adrenalina G αs

Tabella 3.1: Affinità dei recettori adrenergici per adrenalina e noradrenalina.

Alcuni tra questi recettori mediano effetti opposti, pur essendo espressi nello stessotessuto. La presenza dei recettori con effetti opposti serve per modulare la rispostabiologica, in base (1) all’affinità del singolo ormone per i diversi recettori (tabella 3.1) e(2) alla quantità di recettori presenti in un dato tessuto. Per esempio, i recettori α1 (cheprovocano vasocostrizione) hanno più affinità per la noradrenalina che per l’adrenalina,mentre per i recettori β2 (che provocano vasodilatazione) è vero il contrario: sonopiù affini per l’adrenalina che per la noradrenalina. Quindi, quando l’adrenalina èsecreta nel circolo sanguigno in basse concentrazioni, si legherà preferenzialmenteai β2 e non agli α1, e quindi prevarrà la vasodilatazione (infatti l’adrenalina in basseconcentrazioni provoca vasodilatazione, con un lieve abbassamento della pressionearteriosa). Tuttavia, quando l’adrenalina è presente in alte concentrazioni, si lega ancheagli α1, che essendo più numerosi, vedono il loro effetto prevalere (vasocostrizione).

Un terzo fattore che contribuisce alla modulazione della risposta biologica (og-gettivamente complessa) è la diversa proporzione di catecolamine nel sangue: lanoradrenalina costituisce circa il 10% delle catecolamina secrete nel sangue dallamidollare nel surrene.

Tutti i recettori adrenergici sono GPCR, recettori accoppiati a proteine G eterotri-meriche. Ciascun sottotipo è connesso preferenzialmente a una classe di G proteine.Strutturalmente, i varii recettori sono relativamente simili tra loro (tra i recettori α eβ c’è il 30-40% di omologia di sequenza). Nell’elenco qui di seguito prenderemo inesame i loro effetti principali – tenendo presente che non sono gli unici.

Recettori α1 adrenergici presentano subunità G αq. Attivano la fosfolipasi C, sfrut-tando il pathway DAG-PKC-IP3-Ca2+. Attivano anche la fosfolipasi A2, emodulano alcuni trasportatori ionici (es. canali del K+, scambiatori Na+/H+,pompe del Ca2+... probabilmente attraverso la fosforilazione da parte della PKC)[5].

Presentano maggiore affinità per la noradrenalina rispetto alla adrenalina. Siammette l’esistenza di almeno tre sottotipi di recettori α1 ( α1A, α1B e α1D), con

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 96

alcune differenze nella distribuzione tissutale.8

Sono espressi soprattutto da muscolatura liscia, dalle cellule epatiche e dallecellule cardiache. Quando vi si lega un agonista innescano:

• la contrazione del muscolo liscio a livello di vasi (vasocostrizione) e bronchi,e in tutto il tratto genito-urinario: sono i recettori in gran parte responsabilidella contrazione della muscolatura liscia a seguito di una stimolazionesimpatica. Questo può essere spiegato dall’aumento di concentrazione delCa2+ intracellulare, che, attivando proteine calcio-dipendenti (su tutte, lachinasi delle catene leggere della miosina calmodulina-dipendente), avvianola contrazione muscolare;

• rilasciamento muscolare a livello del muscolo liscio del tratto gastrointesti-nale [25];9

• dilatazione della pupilla (midriasi);10

• Nel fegato mediano un aumento della glicogenolisi e della gluconeogenesi,che rende disponibile glucosio [41, 9];

• promuovono la crescita delle cellule cardiache e influenzano la struttura delmiocardio.

Recettori α2 adrenergici Sono caratterizzati da una subunità G αi o G0. Possono at-tivare diversi pathway: tendenzialmente mediano l’inattivazione della adenilatociclasi, e quindi un decremento della concentrazione intracellulare di cAMP coninattivazione della PKA. Possono anche attivare o inibire diversi canali ionici,nonché la via delle MAPK, ma il significato fisiologico di questi pathway non èchiaro.

Hanno maggiore affinità per la noradrenalina.

Sono espressi soprattutto dai neuroni (in particolare, neuroni facenti parte delsistema simpatico, dove si trovano a livello presinaptico), dalla muscolaturaliscia del tratto gastrointestinale e dei vasi, dalle cellule β del pancreas, dagliadipociti e dalle piastrine.

Provocano:

8Per esempio, nel miocardio sono espressi prevalentemente gli α1A e α1B, mentre gli α1D sono espressidalle cellule delle arterie coronariche) [17, 18].

9Forse provocata da una iperpolarizzazione della cellula, innescata dall’attivazione di canali del K+

Ca2+ dipendenti.10In questo modo la funzione visiva è permessa anche in condizioni di scarsa luminosità.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 97

• rilassamento della muscolatura del tratto gastrointestinale (tranne che alivello degli sfinteri), con una maggiore potenza rispetto ai recettori α1 [25,6];

• vasocostrizione a livello della muscolatura liscia dei vasi;

• inibizione della lipolisi nel tessuto adiposo;

• inibizione della secrezione di insulina pancreatica;

• incremento dell’aggregazione piastrinica;

• induzione del rilascio di glucagone [14];

• influenzano il rilascio di neurotrasmettitori. Sembrano inibire il rilasciodi noradrenalina, riducendo quindi il tono simpatico – un meccanismo difeedback negativo.

Recettori β1 adrenergici Sfruttano una subunità G αs. Il pathway che viene attivatodunque è quello della stimolazione della adenilato ciclasi, con aumento di cAMPintracellulare e attivazione della PKA, che fosforila molte proteine intracellulari.

Questi recettori sono espressi in particolare a livello miocardico, ma anche daadipociti, rene, muscolo scheletrico, neuroni del sistema nervoso centrale.

Sembrano avere una affinità simile per adrenalina e noradrenalina.

Promuovono i seguenti effetti:

• incremento della forza e della frequenza di contrazione cardiaca; incre-mento della velocità di conduzione cardiaca; incremento della velocità dirilassamento.11 Questo effetto è molto importante: vediamo come avviene[3]. L’aumento della concentrazione di cAMP attiva la PKA, che fosforilauna proteina sarcolemmale chiamata p27. Questo porta ad un aumentatoingresso di calcio attraverso i canali del calcio voltage-gated di tipo L; asua volta questo porta a un incremento del rilascio di calcio dai recettoridella rianodina a livello del reticolo sarcoplasmatico, che vengono inoltrefosforilati (calcium-induced calcium release). Dunque la concentrazione dicalcio intracitoplasmatica raggiunge un picco più elevato e sale più rapida-mente. Questo consente un maggior numero di interazioni calcio-troponinaC, che inducono un maggior numero di molecole di tropomiosina a cambiare

11In fisiologia cardiovascolare, si parla di inotropismo quando ci si riferisce alla forza di contrazionecardiaca, cronotropismo quando si parla della frequenza di contrazione, dromotropismo per lavelocità di conduzione, e lusitropismo quando si parla della velocità di rilasciamento. Quindi glieffetti dei recettori β1 possono essere descritti anche come effetto inotropo positivo, cronotropopositivo, dromotropo positivo e lusitropo positivo.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 98

conformazione e diventare permissive per l’interazione di actina e miosina.Questo si traduce in un maggior numero di cross bridge, ed è il corrispettivomolecolare dell’effetto inotropo positivo. L’effetto cronotropo positivo èmediato dall’aumento di velocità della depolarizzazione spontanea dellecellule del nodo del seno, che raggiungono più rapidamente la soglia perl’inizio del potenziale d’azione. L’effetto lusitropo (aumento della velocitàdi rilassamento) è mediato dalla fosforilazione (da parte della PKA) delfosfolambano e della troponina I.

• stimolazione della lipolisi a livello del tessuto adiposo; questo effetto èdovuto alla fosforilazione delle perilipine, che espongono la goccia lipidica,e fosforilazione della lipasi, che incrementa la propria attività.

• incremento del rilascio di renina, che attiva il sistema renina angiotensina.Il sistema renina-angiotensina è un sistema omeostatico che contribuiscea regolare la pressione sanguigna. La renina è in grado di tagliare l’angio-tensinogeno, prodotto dal fegato, e convertirlo in angiotensina I, che vieneulteriormente processata ad angiotensina II. Quest’ultima molecola concertala modulazione di un gran numero di processi fisiologici, che hanno comerisultato ultimo l’incremento della pressione sanguigna.

• incremento della velocità di conduzione nervosa nei neuroni [10].

Recettori β2 adrenergici Come gli altri recettori β sono dotati di una subunità G αs.

Presentano una spiccata affinità per l’adrenalina.

Sono espressi a livello della muscolatura liscia dei bronchi e del tratto gastroin-testinale, nonché dei vasi; si trovano anche nel fegato, in alcune aree cerebrali, enelle cellule di cuore, rene, muscolatura scheletrica.

Mediano:

• Rilassamento della muscolatura liscia (con vaso- e broncodilatazione, ri-lassamento della muscolatura gastrointestinale, etc.) – sono i principalirecettori coinvolti nel miorilassamento a livello di questi distretti. Sonoresponsabili di vasodilatazione delle arteriole della muscolatura scheletrica,dell’arteria epatica e delle coronarie [10].

• Stimolazione della glicogenolisi associata ad inibizione della glicogenosintesinel muscolo scheletrico;

• Induzione della gluconeogenesi e della glicogenolisi nel fegato, con inibizio-ne di glicogenosintesi e glicolisi [7].

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 99

Recettori β3 Sfruttano lo stesso pathway degli altri β recettori (subunità G αs). Sonoespressi principalmente a livello del tessuto adiposo, del muscolo scheletrico,del cuore, e in minor misura altri tessuti (es. tratto gastrointestinale).

• regolano la termogenesi nel muscolo scheletrico;

• incrementano la lipolisi nel tessuto adiposo.

Cerchiamo di ricapitolare l’espressione di questi recettori a livello dei varii tessuti:

• Miocardio: esprime prevalentemente recettori β1, che ne stimolano la forza, lafrequenza di contrazione e la velocità di conduzione; c’è anche una popolazionedi altri recettori (es. β2) ma sono meno importanti.

• Muscolatura liscia di vasi: questo tessuto esprime prevalentemente recettoriα1; i recettori α2 e β2 sono espressi soprattutto sui vasi dei muscoli scheletrici edelle coronarie. In caso di attivazione degli α1, abbiamo vasocostrizione (conconseguente effetto ipertensivo); nel caso degli α2 e dei β2, vasodilatazione (cheporta ad un aumento di irrorazione sanguigna).

• Muscolatura liscia del tratto gastrointestinale: esprime α1, α2 e β2, che quandoattivati provocano rilasciamento della muscolatura. Questo fa sì che la digestionesi arresti temporaneamente; la funzione di questo effetto fisiologico è quella diimpedire l’utilizzo di risorse metaboliche in processi che non sono essenziali (oquantomeno, non essenziali di fronte ad un pericolo mortale). Notare che glisfinteri esprimono recettori α1, che in queste strutture portano a contrazione.

• Muscolatura liscia dei bronchi: esprime soprattutto il recettore β2, che porta arilasciamento muscolare (broncodilatazione).

• Fegato: Gli epatociti espongono sulle loro membrane soprattutto i recettori α1

e β2, che in questo tessuto determinano principalmente effetti sul metabolismoglucidico. In particolare, inibiscono la sintesi del glicogeno (inibendo la glicogenosintasi) e ne promuovono la degradazione per rilasciare glucosio (attivando laglicogeno fosforilasi). Inibiscono anche la glicolisi e stimolano la gluconeogenesi.Il perché l’evoluzione abbia selezionato questo effetto è intuitivo: in momentidi pericolo, cioè quando si deve essere pronti a fuggire oppure combattere, ilglucosio deve essere disponibile. L’adrenalina influenza anche il metabolismolipidico, agendo (come l’altro principale ormone catabolico, il glucagone) tramitela fosforilazione di diversi enzimi chiave. Tra questi, la acetil-coA carbossilasi(che viene inibita, arrestando la sintesi degli acidi grassi).

• Rene: in questo organo si osserva una espressione prevalente del recettore β1,attraverso il quale lo stimolo ormonale induce secrezione di renina. Attraverso

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 100

una serie di reazioni che complessivamente sono parte del cosiddetto "sistemarenina-angiotensina", viene attivata l’angiotensina II. Questo è di fatto un ormoneche produce una serie di effetti volti ad incrementare la pressione sanguigna.

• Tratto genitourinario: esprime recettori α2 (stimolano la contrazione di uretra evescica) e β2 (provocano il rilassamento della vescica).

• Tessuto adiposo: viene espresso soprattutto il recettore β3, che quando attivatodal legame con l’ormone media segnali intracellulari che culminano nella atti-vazione della lipolisi. Esprime anche gli α1, i β1 ed i β2 (che incrementano lalipolisi) e gli α2 (che la inibiscono).

• Occhio: esprime recettori α1, che portano a dilatazione pupillare (midriasi).

Per quanto riguarda i recettori della dopamina, attualmente se ne conoscono 5 (D1,D2, D3, D4, D5); sono solitamente suddivisi in due gruppi sulla base di affinità nellasequenza aminoacidica e delle loro proprietà farmacologiche:

• D1-like

– D1;

– D5;

• D2-like

– D2;

– D3;

– D4.

Sono tutti GPCR, ma i D1-like attivano proteine GS (aumento dell’cAMP), mentre iD2-like attivano proteine GI/O e varii sistemi segnalatori (portano ad una diminuzionedel cAMP e alla modulazione di diversi canali ionici).

Sono espressi nel sistema nervoso centrale e in alcuni tessuti periferici (cuore e vasi,rene, retina). Non parleremo delle loro funzioni e della loro distribuzione nell’SNC,che sono molto complesse.12

Tra gli effetti più importanti della dopamina al di fuori del sistema nervoso centrale:

• modula la perfusione e la funzione renale;

• incrementa la secrezione di renina (attivazione del sistema renina-angiotensina!)

• modula la secrezione di catecolamine dalla midollare surrenale;

12Chi fosse interessato può consultare un testo di neurofisiologia. Un classico è E. Kandel et al. Principlesof Neural Science. Fifth Edition. McGraw-Hill, 2012.

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3 Ormoni derivati da aminoacidi 101

• è il principale regolatore della secrezione di prolattina, attraverso recettoriD2 espressi dalle cellule lattotrope. Viene secreto dall’ipotalamo, e inibiscetonicamente il rilascio di questo ormone.

Ad alte concentrazioni, la dopamina è in grado di attivare i recettori β e α

adrenergici.

Nel sistema nervoso centrale, la dopamina è coinvolta nella regolazione del movi-mento, nella generazione della sensazione di gratificazione, e in alcune funzioni cogni-tive. Si ritiene coinvolta nella genesi di diverse patologie neurologiche e psichiatrichecome il morbo di Parkinson, la schizofrenia, la dipendenza da sostanze.

Correlazioni cliniche: Feocromocitoma

Il feocromocitoma è un tumore delle cellule cromaffini della midollare del surrene (puòinsorgere anche dalle cellule dei paragangli del sistema simpatico, e in tal caso viene chiamatoparaganglioma). Il feocromocitoma può produrre e rilasciare in circolo catecolammine, disolito in maniera episodica. Questo può portare a una sintomatologia molto varia che richiamaad una iperattività del simpatico: da una ipertensione costante e resistente alle terapie a crisiipertensive episodiche; palpitazioni; irrequietezza; sudorazione; cefalea; insonnia; iperglicemia;può anche simulare degli attacchi di panico.

3.3 Ormoni della tiroide

Dove siamo? Tiroide

La tiroide è una ghiandola situata nel collo (figura 3.7, pag. 102). Avvolge la parteanteriore della trachea, al di sotto della cartilagine tiroidea. È composta da due lobi uniti dauna porzione ristretta detta istmo. Microscopicamente è composta da follicoli, formazionisferoidali di cellule disposte a circondare una cavità follicolare, che può essere, a secondadel momento fisiologico, colma di una sostanza detta colloide. La tiroide può essere dunqueimmaginata come composta da tante piccole “cisti”.

Le popolazioni cellulari essenzialmente sono:

Page 111: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 102

Figura 3.7: La tiroide è una ghiandola situata a livello del collo, composta da due lobi collegati daun istmo. Microscopicamente, è composta da piccole strutture grossolamente sferoidali (follicoli),contenenti un materiale PAS positivo noto come colloide. Le cellule follicolari delimitano il lume deifollicoli.

• Cellule follicolari: delimitano il lume dei follicoli, sono coinvolte nella sintesi della colloidee degli ormoni tiroidei;

• Cellule C: non sono in contatto con il lume dei follicoli, sono coinvolte nella sintesi dicalcitonina.

• Altri citotipi: cellule endoteliali che delimitano i vasi, fibroblasti, adipociti, etc.

3.3.1 Triiodotironina e tetraiodotironina

Struttura Gli ormoni tiroidei sono la triiodotironina (T3) e la tetraiodotironina(T4). Lipofili, derivano anch’essi, come le catecolamine, dall’aminoacido tirosina (o,indirettamente, dalla fenilalanina), e nella loro costituzione entra a far parte in manierasignificativa lo iodio (Fig. 3.8, pag. 103).

Sede di elaborazione Gli ormoni tiroidei vengono sintetizzati dalle cellule follicolaritiroidee (sinonimi: tireociti).

Page 112: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 103

CH2

HC

OH

NH2

COOH

Tirosina

OH

O

II

CH2

I

HC NH2

COOH

T3

OH

O

II

CH2

I

HC

I

NH2

COOH

T4

Figura 3.8: Struttura degli ormoni tiroidei; da notare le somiglianze con la struttura del loroprecursore, l’aminoacido tirosina.

Biosintesi Per formare gli ormoni tiroidei i tireociti devono combinare due molecole ditirosina iodinate in posizioni particolari.

Per le cellule follicolari dunque si presentano diverse necessità, peculiari rispettoad altre cellule nel corpo umano:

• devono raccogliere e concentrare in gran quantità lo iodio, che è un elementorelativamente poco abbondante, se non raro in alcune parti del mondo;

• devono modificare la tirosina e iodinarla;

• devono complessare tra loro diverse tirosine modificate e iodate a formare i dueormoni tiroidei.

Durante l’evoluzione si è sviluppato un processo di sintesi piuttosto peculiare. Lecellule follicolari accumulano grandissime quantità di iodio; sintetizzano poi unaproteina, la tiroglobulina, molto ricca di residui di tirosina, che viene sfruttata come unsupporto o una impalcatura molecolare per effettuare le modifiche alla tirosina a livellodel versante extracellulare della membrana plasmatica apicale13 e successivamentel’unione dei residui di tirosina modificati. Queste reazioni rappresentano i primipassaggi della biosintesi. Il processo viene interrotto, e la tiroglobulina rimane nellecavità follicolari, conservata sotto forma di colloide; quando arriva lo stimolo per lasecrezione, la colloide viene riassorbita, e la tiroglobulina ritorna ad essere il supportomolecolare dove si completano gli ultimi passaggi della biosintesi con i quali i dueormoni vengono liberati. La tiroglobulina deve essere degradata perché i due ormonisiano liberati.

13Cioè il versante rivolto verso la cavità follicolare.

Page 113: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 104

L’ormone TSH (Thyroid Stimulating Hormone) controlla sia la sintesi che il rilasciodegli ormoni tiroidei; ne esamineremo l’azione più avanti.

La figura 3.12 (pag. 108) riassume la biosintesi nel suo complesso. Sarà più facilecomprendere il procedimento biosintetico facendo riferimento allo schema.

Abbiamo detto che l’impalcatura molecolare a livello della quale avviene gran partedella biosintesi degli ormoni tiroidei è la tiroglobulina. Si tratta di una glicoproteinacomposta da due subunità, del peso molecolare di 660 kDa; è formata da circa 5000residui aminoacidi, di cui 115 sono costituiti da tirosina. Ciascuno di questi 115 residuiè virtualmente nelle condizioni di essere iodinato. La tiroglobulina viene tradotta alivello della porzione basale delle cellule follicolari. Successivamente, passa attraversoRER e Golgi, dove subisce la glicosilazione (la componente carboidratica al terminedelle modifiche post traduzionali rappresenta circa il 10% del peso molecolare dellaproteina). Racchiusa in vescicole che gemmano dal Golgi, viene esocitata a livellodella porzione apicale delle cellule, cioè nel lume follicolare. È qui che avviene laiodinazione dei residui di tirosina.

Da dove proviene lo iodio? Le cellule follicolari si sono specializzate nel concentrareal loro interno lo iodio: si stima che la concentrazione dello ione ioduro nel lorocitoplasma sia 25-30 volte maggiore della concentrazione plasmatica.14 Lo iodio deriva:

• in parte dalla dieta: sale, alimenti marini, piante cresciute in terreni ricchi diiodio...;

• in parte dal riciclaggio dello iodio che le cellule non sono riuscite ad incorporarenegli ormoni (questo processo sarà esaminato successivamente).

Lo iodio esogeno viene concentrato nelle cellule con un sistema di trasporto attivo,sfruttando una pompa di trasporto Na+-K+ ATP-dipendente, associata ad un simportoNa+-I- chiamato NIS. Questa proteina è espressa tipicamente dalle cellule tiroidee edesposta a livello della membrana basolaterale.15

Il meccanismo con cui si attua questo trasporto (“intrappolamento dello ioduro”)è il seguente: lo iodio entra nella cellula contro gradiente (lo iodio è più concentratodentro la cellula che fuori), a livello della membrana basolaterale, insieme a due ioniNa+ che invece si muovono secondo gradiente (il Na+ è più concentrato nel liquidoextracellulare che all’interno della cellula). Il gradiente di sodio che sostiene il processo

14Un fatto peraltro sfruttato per la valutazione della tiroide in medicina nucleare. È possibile visualizzanele alterazioni funzionali tramite un radioisotopo dello iodio, che viene concentrato esclusivamentenella ghiandola e può essere tracciato perché emette radiazioni. Si possono così mettere in evidenzaregioni della ghiandola che non concentrano correttamente lo iodio o che viceversa lo concentranoeccessivamente.

15Ma viene espresso anche da altri tessuti, a bassi livelli (placenta, ghiandole salivari, mammella).

Page 114: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 105

è mantenuto grazie alla Na+-K+ ATP-dipendente. L’espressione del gene di NIS èinibita dallo iodio e promossa dal TSH. Una volta nel citoplasma, lo iodio appenatrasportato, insieme allo iodio riciclato, si sposta verso la membrana apicale, doveviene trasportato nel lume grazie ad un canale per lo iodio che aumenta la permeabilitàdella membrana per questo ione. Abbiamo quindi visto come lo ioduro sia statotrasportato nel lume del follicolo, dove sono presenti anche le tiroglobuline, con i lororesidui di tirosina esposti. Può avvenire quindi l’organicazione dello iodio.

L’organicazione dello iodio richiede la sua ossidazione, perché I- ha gli orbitalicompleti e non forma legami. La reazione è catalizzata dall’enzima tireoperossidasi,una proteina tetramerica contenente un gruppo eme, localizzata a livello del versanteextracellulare della membrana apicale delle cellule follicolari. Questo enzima ossida loioduro riducendo H2O2 ad H2O. Il perossido di idrogeno necessario per questa reazioneè fornito da una flavoproteina NADPH-dipendente.16 Lo iodio ossidato viene legato alcarbonio 3 oppure sia al carbonio 3 sia al carbonio 5 dell’anello fenilico dei residui ditirosina, producendo rispettivamente 3-monoiodotirosina (MIT) o 3,5-diiodotirosina(DIT) (Fig. 3.9, pag. 106; fig. 3.10, pag. 106.).

Lo stesso enzima tireoperossidasi è in grado di condensare tra loro MIT e DIT indue diverse combinazioni, a produrre triiodotironina (T3) e tetraiodotironina (T4)(Fig. 3.11, pag. 107). “Tironina” identifica il composto originatosi dalla unione di duemolecole di tirosina. La reazione consiste nel trasferimento di gruppi monoiodofenolicio diiodofenolici, provenienti rispettivamente da una MIT o una DIT, sui gruppi mono-e diiodofenolici di altri residui di MIT e DIT.

Quindi, prima le tirosine vengono iodinate, e poi complessate insieme. Questecondensazioni possono avvenire tra MIT e DIT nell’ambito della stessa tiroglobulina,o tra MIT e DIT di tiroglobuline vicine. Notare che sia T3 che T4 rimangono in questafase covalentemente legati alla tireoglobulina.

Non tutte le MIT e le DIT riescono ad essere condensate, cosìcché le tiroglobuline dellume follicolare, che costituiscono la colloide, tipicamente contengono MIT, DIT (il 70%circa delle tirosine è in una di queste due forme), T3 e T4 (30%). La tetraiodotironina èmolto più abbondante della triiodotironina (il rapporto è di circa 7:1).

Gli ormoni tiroidei sono conservati in questa forma fino a che non giunge lostimolo del TSH ipofisario. A questo punto, le cellule follicolari riassorbono la colloidemediante endocitosi. Le vescicole così formatesi, contenenti tiroglobulina, si fondonoall’interno della cellula con lisosomi, le cui proteasi degradano la tiroglobulina nei suoiaminoacidi costituenti, e quindi rilasciando MIT, DIT, T3 e T4 . Questi ultimi vengono

16Questo è, peraltro, un esempio di una condizione fisiologica in cui per la cellula si rende necessarioprodurre ROS.

Page 115: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 106

O O

H

H

O

H

H

tire

opero

ssid

asi

R

OH

CH2

Residuo di tirosina

I- ++

R

OH

CH2

I I

3,5-diiodotirosina (DIT)

R

OH

CH2

I

3-monoiodotirosina (MIT)

+

Figura 3.9: Formazione di MIT e DIT. Lo ioduro viene ossidato e poi legato al carbonio 3 oppuresia al carbonio 3 sia al carbonio 5 dell’anello fenilico dei residui di tirosina della tireoglobulina,producendo rispettivamente 3-monoiodotirosina (MIT) o 3,5-diiodotirosina (DIT). Questa reazioneè extracellulare ed avviene a livello del versante apicale delle cellule follicolari tiroidee (cioè il latoche aggetta nel lume del follicolo).

CH2

HC

II

OH

NH2

COOH

3,5-diiodotirosina

(DIT)

CH2

HC

I

OH

COOH

NH2

3-monoiodotirosina

(MIT)

Figura 3.10: Struttura di MIT e DIT.

Page 116: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 107

O

O

NH

CH3

NH

OH

O

NH

I

CH2

NH

O

3-monoiodotirosina (MIT) +

O

NH

CH2

OH

II

NH

O

3,5-diiodotirosina (DIT)

tireoperossidasi

+

Triiodotirosina (T )3

CH2

NH

O

NH

O

II

O

I

OH

Figura 3.11: Fusione di MIT e DIT. La reazione consiste nel trasferimento di gruppi monoiodofenolicio diiodofenolici, provenienti rispettivamente da una MIT o una DIT, sui gruppi mono- e diiodofenolicidi altri residui di MIT e DIT. Questa reazione, che forma T3 e T4, è extracellulare ed avviene a livellodel versante apicale delle cellule follicolari tiroidee (cioè il lato che aggetta nel lume del follicolo).

secreti a livello della membrana basolaterale, mentre MIT e DIT vengono deiodinati.questo è il processo di riciclaggio che consente alle cellule di riutilizzare lo iodio periodinare nuove tiroglobuline. La reazione è catalizzata dall’enzima deiodinasi, cheutilizza NADPH.

Secrezione e regolazione La regolazione è essenzialmente a carico del TSH ipofiario,o ormone tireostimolante. Quest’ultimo è un ormone glicoproteico dell’asse ipotalamo-ipofisi, ed è stimolato a sua volta dal releasing hormone ipotalamico. Il TSH agiscelegandosi a recettori accoppiati a proteine G; a valle, avviene la stimolazione dellaadenilato ciclasi, con aumento della concentrazione di cAMP. La regolazione esplicatadal TSH si evidenzia con effetti a breve e a lungo termine.

Gli effetti a breve termine prevedono una stimolazione di tutte le tappe dellabiosintesi:

• aumento dell’uptake di iodio e della sua organicazione;

• promozione del trasporto intracellulare e dell’attività degli enzimi coinvolti;

• stimola la secrezione ed il processamento della tiroglobulina.

Con gli effetti a lungo termine, il TSH upregola l’espressione genica:

• del simporto Na/I, responsabile della concentrazione dello iodio nei tireociti;

• della tireoglobulina e della perossidasi tiroidea;

Page 117: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 108

5

1

2

3

4

6

7

8

9

I-

T3 T4

MIT

DIT

I- MITDIT

T3T4

TYR TYR

TYRTYR

TYRTYR

TYRT3

T4

MITDIT

TYR

MITDIT

TYR

MIT

DIT

DIT

DIT

I-

4 5

I-

I-

I-

I-

Na+ K +

I- Na+ K +

Tireoperossidasi

Pendrina

Tireoglobulina

TYR

Na+ K +

Na+ K +

Na+

Na+I-

I-

Residuo di tirosina

Na+ +-K ATPasi

NIS

Figura 3.12: La figura mostra una tipica cellula follicolare tiroidea. (1) La tireoglobulina vienesintetizzata e, dopo essere passata dal RER e dall’apparato del Golgi, (2) viene esocitata nel lumefollicolare, dove forma la colloide. (3) Nel frattempo anche lo iodio viene trasportato nel lumefollicolare. (4) L’organicazione dello iodio produce MIT e DIT a partire dai residui di tirosina, (5)che vengono fusi a formare T3 e T4; entrambi i processi sono catalizzati dalla tireoperossidasi. Nelriquadro sono illustrati a maggior ingrandimento. Quando le cellule tiroidee ricevono lo stimolo asecernere gli ormoni, (6) la colloide viene riassorbita. (7) All’interno della cellula avviene la fusionecon i lisosomi, in seguito alla quale la tireoglobulina viene degradata, liberando i residui di MIT eDIT non fusi, T3 e T4. I primi sono degradati, e lo iodio viene riciclato (8);gli ormoni sono secreti(9).

Page 118: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 109

• Inoltre, aumenta il flusso ematico che giunge alla tiroide e promuove il trofismodei tireociti.

Gli ormoni tiroidei, in particolare la T3 originata a livello ipofisario, inibisconotramite feedback negativo la secrezione di TSH; a livello dell’ipotalamo, inibiscono lasecrezione di TRH. Un meccanismo di regolazione TSH-indipendente che è importantecitare consiste nel cosiddetto effetto Wolff-Chaikoff. Quando la concentrazione diiodio circolante è estremamente elevata, l’organicazione dello iodio nel follicolo tiroideoviene autoinibita per downregolazione dell’espressione della tireoperossidasi, e conessa la secrezione degli ormoni. In genere, l’attività riprende dopo alcuni giorni inseguito a fenomeni non del tutto chiari.

Trasporto nel plasma e degradazione A livello della tiroide viene prodotto moltopiù T4 che T3. Considerando i livelli totali, T4 ha una concentrazione 40 volte maggiorerispetto a T3. È necessario comunque tener presente che quasi tutte le molecole diormone in circolo, essendo lipofile, risultano legate a tre proteine. Ciò condiziona laloro concentrazione “effettiva”, in quanto solo l’ormone libero è in grado di interagirecon i recettori e quindi esercitare un effetto biologico. Solo lo 0,3% degli ormoni tiroideicircola libero. Gli ormoni tiroidei risultano legati nel sangue:

• Ad una globulina detta TBG (Thyroxine Binding Protein), che lega con grandissi-ma affinità la T4 e con minore affinità T3. Circa il 70% delle molecole sono legatealla TBG. Questo fa sì che, considerando la frazione di molecole libere, non vi siauna differenza così marcata tra la concentrazione plasmatica dei due ormoni, cheè comune estremamente bassa.

• Ad una prealbumina17 detta TBPA (Thyroxine Binding Pre-Albumin), o transti-retina, in grado di legare entrambi gli ormoni, ma soprattutto T4, anche se conminore affinità rispetto alla precedente

• All’albumina, con scarsa affinità; è in grado di legare entrambe, ma soprattuttoT3.

Il fatto che quasi tutto l’ormone in circolo sia legato a proteine ne prolunga inmaniera sostanziale l’emivita. T4, che complessivamente tra i due si lega alle proteinecon più affinità, ha una emivita di ben 7 giorni, mentre T3 di 1 giorno. Il rilasciodegli ormoni tiroidei dalle proteine di trasporto è in equilibrio dinamico: via viache questi ormoni vengono degradati o si legano ai recettori a livello delle cellulebersaglio esplicando la loro azione, l’equilibrio si sposta, e gradualmente gli ormoni

17Il termine prealbumina non sta a significare che questa molecola sia un precursore dell’albumina.Si riferisce al fatto che, eseguendo un’elettroforesi delle proteine plasmatiche, la banda dellaprealbumina si pone davanti alla banda dell’albumina, quindi è “prima” dell’albumina.

Page 119: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 110

si distaccano dalle proteine di trasporto. Dunque, oltre a prolungarne l’emivita, illegame alle proteine plasmatiche costituisce anche una riserva di ormone.

Il metabolismo periferico degli ormoni tiroidei consiste di una serie di deiodinazionisequenziali. T4 viene deiodinata nei tessuti periferici per produrre T3, che è circa 10volte più attivo – dunque T4 può essere considerato un pro-ormone. In altre parole, T3

è più attivo ma è presente in bassa concentrazione; T4 è il suo precursore ed è più abbondantenel plasma.

In un certo numero di casi (all’incirca il 30%), la deiodinazione di T4 non produceT3, ma rT3 (reverse T3). Questo accade quando viene eliminato lo iodio in posizione 5dell’anello più interno. L’rT3 ha una scarsissima attività biologica, a differenza del T3,e può essere considerato come un suo antagonista.

Le deiodinazioni successive non hanno significato attivatorio, e producono formeinattive, che vengono solfatate e glucuronidate per poi essere escrete con le urine o conla bile. T3e rT3 vengono convertiti in diiodotironina (T2), del tutto inattivo.

Gli enzimi che catalizzano queste reazioni sono le deiodinasi, che utilizzano ilraro elemento selenio nella loro attività catalitica; sono stati identificati diversi tipi dideiodinasi:

• Deiodinasi I: catalizza soprattutto le deiodinazione di T4 e di rT3. È l’enzimaresponsabile della gran parte delle deiodinazioni che portano alla conversione diT4 nel più attivo T3, ed è espressa in tiroide, rene e fegato.

• Deiodinasi II: catalizza la deiodinazione di T4 a T3 nel tessuto nervoso, adi-poso, muscolare scheletrico, muscolare cardiaco, e ipofisi – questo enzima èmolto importante soprattutto a livello di quest’ultima, dove riveste un ruolonell’inibizione a feedback del T3 sul TSH, producendo una quota dell’ormonedirettamente a livello ipofisario.

• Deiodinasi III: è in grado di convertire T4 in rT3 e T3 in T2. È espressa a livellodel tessuto nervoso, oltre che nell’epidermide e nella placenta. In quest’ultimotessuto è importante perché riduce la quota di T3 che passa dalla madre al feto,proteggendolo dall’eccesso di ormoni.

Questi processi di inattivazione, come già detto, si concludono con la solfatazione ela glucuronazione, che si svolgono soprattutto nel rene e nel fegato. Il rene è anche ingrado di eliminare direttamente le forme libere di T4 e T3.

Recettori

Page 120: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 111

• I recettori (intracellulari) per gli ormoni tiroidei sono espressi in quasi tutti icitotipi umani;

• gli ormoni tiroidei agiscono principalmente tramite effetti a livello genico, maanche a livello metabolico – anche se non è chiaro attraverso quali processi siaesplicata questa azione non genica.

I recettori nucleari sono molto simili ai recettori degli ormoni steroidei, e sonochiamati α e β. Il recettore β, in particolare, sembra molto importante, e mutazioni asuo carico determinano resistenza agli ormoni tiroidei. Di solito si trovano associati allacromatina a livello di specifici response elements, legati a diversi repressori. Il legamecon l’ormone, che avviene con più affinità per T3 che per T4, determina la dissociazionedei repressori e il legame di attivatori. I recettori attivati agiscono, analogamente aquanto accade per i recettori intracellulari degli altri ormoni lipofili, come fattori ditrascrizione. In genere attivano o inibiscono la trascrizione di un gene legandosi alivello del promotore, o comunque a zone del gene dette Thyroid Response Elements –identificate dalla sequenza nucleotidica 3’-AGGTCANNNNAGGTCA-5’.

Effetti fisiologici degli ormoni tiroidei Le risposte fisiologiche evocate dagli ormonitiroidei sono estremamente eterogenee, ed hanno come bersaglio una ampia serie ditessuti.

Alcuni geni la cui trascrizione è attivata dagli ormoni tiroidei sono:

• La ATPasi Na+-K+ (questo aumenta indirettamente il consumo di ossigeno);

• proteine disaccoppianti, con aumento di produzione di calore;

Oltre a questo, gli ormoni tiroidei

• aumentano il metabolismo basale e intermedio;

• promuvono la sintesi proteica;

• incrementano la glicogenolisi e la gluconeogenesi;

• favoriscono la sintesi del colesterolo.

• A livello del tessuto osseo, stimolano la crescita e il riassorbimento osseo attivandoosteoblasti e osteoclasti;

• Negli adipociti, stimolano l’accumulo di lipidi intracellulari e attivano le proteinedisaccoppianti;

• Nel fegato, stimolano il metabolismo lipidico e glicidico;

Page 121: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 112

• A livello dell’ipofisi e dell’ipotalamo inibiscono la secrezione, rispettivamente, diTSH e TRH; inoltre, stimolano la sintesi ed il rilascio dell’ormone della crescita.

Correlazioni cliniche: Ipotiroidismo ed ipertiroidismo

L’ipotiroidismo è il quadro clinico provocato da una ridotta funzione tiroidea, con deficit diormoni circolanti. Il quadro clinico “da manuale” è caratterizzato da un generale rallentamentodel metabolismo, con astenia (debolezza), difficoltà di concentrazione o sonnolenza, raucedine,bradicardia, intolleranza al freddo, aumento di peso ed alterazioni del ciclo mestruale. Si puòanche osservare mixedema (un turgore del sottocute dovuto a deposizione di mucopolisaccaridinel derma, per ridotto catabolismo).

L’ipotiroidismo viene classificato in:

• primario: dovuto cioè ad una insufficienza della tiroide, che non riesce a produrreormoni; tra le cause più comuni, la tiroidite di Hashimoto, la rimozione chirurgica dellatiroide, la carenza di iodio, e alcuni farmaci (per esempio amiodarone o litio). Sonoinoltre descritte patologie genetiche in cui vi sono dei difetti nella biosintesi degli ormonitiroidei.

• secondario: il deficit di ormoni tiroidei è provocato da un deficit di TSH. La tiroide nonviene stimolata e quindi non produce ormoni. È dovuto a lesioni ipofisarie di vario tipo(traumi, lesioni chirurgiche, tumori che comprimono l’ipofisi).

• terziario (molto raro): per patologie ipotalamiche che compromettono la produzione diTRH;

• ipotiroidismo dovuto a resistenza periferica agli ormoni tiroidei.

La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune in cui si sviluppano anticorpi controla TPO e la tireoglobulina, con una distruzione (più o meno rapida, più o meno estesa) dellaghiandola.

L’ipertiroidismo è una condizione di esaltata funzione della ghiandola tiroide, che puòcondurre a tireotossicosi, cioè il quadro clinico provocato da un eccesso di ormoni tiroideicircolanti. I due termini sono spesso usati come sinonimi; in senso stretto, si riferiscono aconcetti differenti: una condizione di tireotossicosi può non coincidere con una condizione diipertiroidismo (es. nelle tiroiditi si verifica un danno delle cellule tiroidee che rilasciano ormoniin circolo, ma non c’è iperfunzione; la stessa considerazione vale per chi, intenzionalmente oaccidentalmente, assume eccessive quantità di ormoni tiroidei).

Page 122: Biochimica degli ormoni

3 Ormoni derivati da aminoacidi 113

La tireotossicosi è caratterizzata clinicamente da sintomi “opposti” a quelli dell’ipotiroidi-smo, cioè segni e sintomi che richiamano ad un aumento generale del metabolismo: palpitazionied aritmie cardiache, irrequietezza ed agitazione, diarrea, sudorazione ed intolleranza al caldo,perdita di peso, aumento dell’appetito.

La forma più comune di tireotossicosi (e di ipertiroidismo) è la malattia di Graves, unamalattia autoimmune in cui vengono prodotti anticorpi diretti contro il recettore del TSH,e che lo legano in maniera tale da stimolarlo. Il recettore quindi si attiva come se venissestimolato, ma, a differenza del TSH, gli anticorpi ovviamente non rispondono ad un circuito difeedback, quindi anche con elevate quantità di ormoni circolanti, gli autoanticorpi continuanoa stimolare il recettore (ed il TSH viene soppresso).

Altre forme di tireotossicosi sono rappresentate da condizioni in cui una o più aree dellatiroide si svincolano dal controllo del TSH, acquisendo la capacità di secernere ormoni tiroideiautonomamente (es. adenoma tossico di Plummer); situazioni in cui le cellule tiroidee sonodanneggiate e rilasciano in circolo ormoni (es. tiroiditi); alcuni farmaci. Ci sono poi diversecause rare; tra queste, condizioni di secrezione inappropriata di TSH (es. per adenomiipofisari), in cui il TSH non risponde correttamente al feedback negativo e viene secreto anchequando c’è una elevata concentrazione di ormoni tiroidei circolanti.

Page 123: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acidoarachidonico

4.1 Origine degli eicosanoidi

Gli ormoni derivati dagli acidi grassi sono chiamati collettivamente eicosanoidi. Ilnome deriva dal greco antico εικοσα- (eicosa-), che significa “20”, ad indicare chequeste molecole tipicamente sono sintetizzate a partire dall’ossidazione di acidi grassia 20 atomi di C, soprattutto dall’acido arachidonico.

L’acido arachidonico, o acido 5,8,11,14-eicosatetraenoico, è un acido grasso essen-ziale (20:4 Δ5,8,11,14) che si trova per lo più nei fosfolipidi della membrana cellulare,esterificato al glicerolo, solitamente in posizione 2. Costituisce da solo dal 5% al 15%degli acidi grassi dei fosfolipidi. Per essere impiegato nella sintesi, l’arachidonato deveessere prima liberato – questa reazione è catalizzata dalla fosfolipasi A2.

Altri due acidi grassi sono utilizzati come substrato per la sintesi degli eicosanoidi:

• l’acido diomo γ-linolenico (20:3 Δ8,11,14), o acido 8,11,14-eicosatrieonico: è otte-nuto a partire dall’elongazione dell’acido γ-linoleico, quest’ultimo sintetizzatodesaturando l’acido linoleico (18:2 Δ9,12), un altro acido essenziale assunto conla dieta.

• L’acido 5,8,11,14,17-eicosapentaenoico (20:5 Δ5,8,11,14,17), ottenuto dall’acido

α-linolenico (18:3 Δ9,12,15),1 essenziale.

4.2 Classificazione e nomenclatura

Abbiamo detto che gli eicosanoidi derivano da acidi grassi a 20 C con 3, 4, o 5 doppilegami, essenziali (e dunque assunti con la dieta) o sintetizzati a partire da acidi grassiessenziali. Sono di un’importanza biologica notevole: agendo come ormoni autocrini e

1Attenzione a non confondere l’acido linolenico con l’acido linoleico!

Page 124: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 115

paracrini, entrano in gioco in processi molto diversi (in certi casi con ruoli antagonisti)come l’infiammazione, il controllo della vasocostrizione, o l’emostasi. Poiché sonocosì numerosi, è importante avere ben chiara la classificazione di questi composti perpoterne comprendere al meglio la biosintesi e l’azione fisiologica.

Gli eicosanoidi sono divisi in classi su base strutturale:

• Prostaglandine (PG);

• Prostacicline (PGI);

• Trombossani (TX);

• Leucotrieni (LT);

• Lipossine (LX).

PG e PGI sono detti collettivamente prostanoidi – alcuni autori includono in questogruppo anche i trombossani.

In genere, il termine eicosanodi è utilizzato per riferirsi ad un composto facenteparte di una di queste classi – si parla, soprattutto nella letteratura anglosassone,di “eicosanoidi classici”. Tuttavia, diversi altri composti possono essere ricondottialla famiglia – si parla allora di “eicosanoidi non classici” o “novel eicosanoids”. Sitratta solitamente di metaboliti e intermedi degli stessi acidi grassi da cui derivanogli eicosanoidi, in alcuni casi originatisi da vie ossidative alternative o reazioni diossidazione spontanee, e dotati di attività biologica.

• idroperossidi di acidi eicosatetraenoici (HPETE, HydroPeroxyEicosaTetraEnoicacids)

• idrossidi di acidi eicosatetraenoici (HETE, da HydroxyEicosaTetraEnoic acids)

• epossidi di acidi eicosatrienoici (EET, da EpoxyEicosaTrienoic acids)

• diidrossidi di acidi eicosatetraenoici (diHETE, da diHydroxyEicosaTetraEnoicacids)

Le varie classi di eicosanoidi hanno strutture molto variabili: in generale, prostaglan-dine, prostacicline e trombossani sono formati da un anello a cui sono legate due catene laterali;leucotrieni e lipossine hanno invece struttura lineare.

Ogni ecosanoide si identifica tramite:

• Due lettere che indicano la classe (es. PG per le prostaglandine);

Page 125: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 116

• Una lettera, stabilita in modo arbitrario, che indica il tipo e la posizione di certisostituenti. (es. PGE indica la serie E della classe delle prostaglandine, i cuicomposti sono caratterizzati dalla presenza di un gruppo β-idrossi-chetonico);

• Queste tre lettere sono accompagnate da un indice sottoscritto (es. PGE2) chesi riferisce al numero di doppi legami nelle catene laterali. È molto comuneraggruppare gli eicosanoidi in serie sulla base del numero di doppi legami (peresempio, “prostaglandine della serie 2” si riferisce a tutte le prostaglandine conil numero 2 come pedice, e dunque con due doppi legami nelle catene laterali).

• Una lettera greca indica la configurazione stereochimica dell’ OH legato in C9,quando presente: α indica che il gruppo OH si proietta sotto il piano dell’anello,β che si proietta sopra.

Esaminiamo rapidamente le caratteristiche delle classi principali.

Prostaglandine (PG). Strutturalmente assimilabili all’acido prostanoico (vedi figura4.1), mediano la risposta infiammatoria. Le contraddistingue un anello a cinquetermini ciclopentanico. Come abbiamo accennato, a seconda dei sostituenti e dellecaratteristiche di questo anello sono divise in 9 sottoclassi: PGA, PGB, PGC, PGE, PGF,PGG, PGH, PGI. Ciascuna classe è ulteriormente divisa in sottogruppi, identificatida un numero sottoscritto (PGA1, PGA2, etc) sulla base del numero di doppi legamidella catena laterale. Le prostaglandine più comuni sono quelle dei gruppi A, E edF. Oltre ad intervenire nei processi infiammatori, queste molecole hanno un ruolonella regolazione della temperatura corporea quando agiscono a livello ipotalamico, enella contrazione o nel rilassamento della muscolatura liscia di vasi, bronchi e dellamuscolatura uterina.

Prostacicline (PGI). Sono spesso considerate come un gruppo di eicosanoidi a séstante, ma in realtà sono una sottoclasse delle prostaglandine (le PGI, appunto). Cometali, anche queste sono strutturalmente assimilabili all’acido prostanoico. La lorocaratteristica distintiva è la presenza di due anelli: l’anello a 5 termini tipico delleprostaglandine, più un secondo anello, pentagonale ed eterociclico. Quando si parladi “prostaciclina”, senza specificare, ci si riferisce di solito alla PGI2. Promuovono lavasodilatazione e inibiscono l’aggregazione piastrinica.

Trombossani (TX). Nei trombossani, l’anello ciclopentanico è sostituito da un anelloeterociclico a sei termini contenente ossigeno. Sono divisi in due sottoclassi: TXA eTXB. I trombossani promuovono il processo della aggregazione piastrinica nonché lavasocostrizione; trombossani e prostacicline hanno quindi azione antagonista.

Page 126: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 117

Le 8 serie di prostaglandine: caratteristiche dell'anello

PGA

R7

R8

O

R7

R8

O

PGB

R7

R8

OH

O

PGD

R7

R8

O

HO

PGE

R7

R8

OH

HO

PGFα

R7

R

O

O

HO

PGG

R7

R

OOH

O

O

PGH

R8

R

HO

O

PGI

79

18 5

1211

10

20

42

6 3

13

14

15

16

17

18

19

COOH

Acido prostanoico Struttura generale di una prostaglandina (PGE )2

1

5

910

11

COOH

O

HO

HO catena laterale a 8 C

Anello a 5 C

Catena laterale a 7 C

Figura 4.1: La struttura delle prostaglandine. In alto a destra è mostrata la prostaglandina PGE2,al fine di illustrare la struttura generale di una prostaglandina (un anello a 5 C, due catene lateralidi 7 e 8 C); confrontare con l’acido prostanoico, in alto a sinistra, da cui queste molecole prendonoil nome. In basso sono mostrate le strutture dell’anello a 5 C. È in base a questo anello che leprostaglandine sono suddivise in varie classi.

Page 127: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 118

Leucotrieni (LT). Caratterizzati dall’assenza di anelli (sono quindi molecole lineari),e dalla presenza di tre doppi legami coniugati – il nome infatti deriva dall’unione dileuco-, perché queste molecole sono state isolate dai leucociti, e -trieni, che secondola nomenclatura della chimica organica indica tre insaturazioni. Spesso è presenteun ulteriore doppio legame, non coniugato, per un totale di quattro. Sono divisinelle sottoclassi A, B, C, D, E. I leucotrieni entrano in gioco nei processi infiammatori,nelle reazioni anafilattiche, nell’asma, e nella chemiotassi delle cellule del sistemaimmunitario.

Lipossine (LX). Caratterizzate dall’assenza di anelli, come i leucotrieni, e dallapresenza di quattro legami insaturi coniugati. Sono di due tipi: A4 e B4. Hanno azionevasocostrittrice e ruolo immunodepressivo.

4.3 Sede di elaborazione

Gli eicosanoidi vengono virtualmente sintetizzati da tutti i tessuti (in specie le prosta-glandine), fatta eccezione per gli eritrociti, anche se vi sono delle specificità tissutaliper quanto riguarda il tipo e la quantità di ormoni prodotti.

4.4 Biosintesi

Vediamo come vengono sintetizzati questi composti,

In questa sezione esamineremo in maniera schematica le vie metaboliche checonsentono di sintetizzare questa vastissima rosa di composti a partire da tre acidigrassi, cercando di averne una visione generale.

Le vie metaboliche preponderanti sono due, e prendono il nome dai due enzimi coinvolti:

• Prostaglandine, prostacicline e trombossani sono ottenuti quando gli acidi grassiprecursori diventano substrato della via della ciclossigenasi;

• Leucotrieni e lipossine sono ottenuti quando gli acidi grassi precursori diventanosubstrato della via delle lipossigenasi.

Attraverso una di queste due vie (in realtà ne esiste anche una terza, di cui parleremopiù avanti, che ha un ruolo minoritario) gli acidi grassi precursori danno origine avarii composti (Figg. 4.2, pagina 120 e 4.3, pagina 121):

Page 128: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 119

• Gli eicosanoidi derivati dall’ acido arachidonico attraverso la via della ciclossi-genasi sono prostaglandine, prostacicline e trombossani con due doppi legami (PG2,PGI2, e TXA2). La via della lipossigenasi produce leucotrieni e lipossine con 4 doppilegami (LT4 e LX4).

• Gli eicosanoidi derivati dall’acido diomo γ-linolenico tramite la via dellaciclossigenasi sono prostaglandine e trombossani con un doppio legame (PG1, TXA1),mentre la via della lipossigenasi dà origine a leucotrieni con tre doppi legami (LT3).

• Gli eicosanoidi derivati dall’acido eicosapentaenoico sono prostaglandine, prosta-cicline e trombossani con tre doppi legami (PG3, PGI3, e TXA3), prodotti attraversola via della ciclossigenasi, e leucotrieni con cinque doppi legami (LT5) prodottiattraverso la via della lipossigenasi .

Esamineremo in modo più approfondito il destino dell’acido arachidonico, poichédà origine agli ecoisanoidi più comuni nel corpo umano (le prostaglandine della serie2), nonché alcuni tra i più importanti. Abbiamo visto che l’acido arachidonico si trovaesterificato al glicerolo in posizione 2 a formare i fosfolipidi di membrana; poiché lereazioni con cui vengono prodotti eicosanoidi avvengono solo sull’acido grasso libero,questo viene innanzi tutto staccato.

L’enzima fosfolipasi A2 è in grado di idrolizzare il legame estere tra l’acidoarachidonico ed il glicerolo in risposta ad uno stimolo che può essere di varia natura.Questa è considerata la rezione velocità limitante, in quanto influenza la disponibilitàdi substrato.

Altre fonti quantitativamente meno importanti di acido arachidonico sono rappre-sentate da:

• Esteri del colesterolo con acido arachidonico;

• Insaturazione dell’acido diomo γ-linolenico da parte della Δ5 desaturasi;

• Azione della fosfolipasi C, che produce diacilglicerolo e inositolo trifosfato; ildiacilglicerolo diviene poi substrato della diacilglicerolo lipasi ed eventualmentedella monogliceride lipasi.

Liberato l’acido arachidonico, come abbiamo accennato, questo può entrare in trediverse vie, che dunque competono per lo stesso substrato:

• via della ciclossigenasi: l’arachidonato subisce una reazione catalizzata dalcomplesso della prostaglandina G/H sintasi (o ciclossigenasi, COX), che producePGH2, un endoperossido. A partire da questo composto, si possono produrre, aseconda di quale enzima subentri:

– altri PG2 (delle serie D, E ed F);

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4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 120

COOH

Acido arachidonico

Δ desaturasi5

diomo γ-linolenato

COOH

Membrana plasmatica

Fosfolipasi A2

COO-R

Esteri dell'acido arachidonico

Via delle lipossigenasi Via delle ciclossigenasi

12-LOX 5-LOX 15-LOX

leucotrieni della serie B

Lipossine

5-HETE 5,12-HPETELTA 4

12-HPETE 15-HPETE

5,15-HPETE

LTB4 LTC4

LTD4

LTE4

Prostaglandina G/H sintasi (COX)

PGG2

Prostaglandina G/H sintasi (perossidasi)

Diacilglicerolo lipasi

PGH2

PGF 2

PGD2 PGI 2PGE 2 TXA 2

TXB 2

Leucotrieni della serie 4

Prostaglandine e trombossanidella serie 2

Figura 4.2: Eicosanoidi prodotti a partire dall’acido arachidonico.

Page 130: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 121

Acido diomo γ-linolenico Acido eicosatetraenoico

Acido ottadecatetraenoico

acido α-linolenico

acido γ-linolenico

acido linoleico

Via delle ciclossigenasiVia delle lipossigenasi

LTA 3

LTC3

LTD3

PGH1

PGE 1

PGF 1

TXA 1

Acido eicosapentaenoico

Via delle ciclossigenasiVia delle lipossigenasi

LTA 5

LTC5

LTB5 PGE 3

PGF 3

PGD3

TXA 3

PGI 3

Δ desaturasi5

Leu

cotr

ien

i d

ella

seri

e 3

Pro

sta

gla

nd

ine e

tr

om

bossan

i d

ella s

eri

e 1

Leu

cotr

ien

i d

ella

seri

e 5

Pro

sta

gla

nd

ine e

tro

mb

ossan

i d

ella s

eri

e 3

20:3 Δ 8,11,14

18:3 Δ 6,9,12

18:2 Δ 9,12

20:4 Δ 8,11,14,17

18:3 Δ 9,12,15

18:4 Δ 6,9,12,15

20:5 Δ 5,8,11,14,17

Δ desaturasi6

Elongasi

Figura 4.3: Eicosanoidi prodotti a partire dagli acidi linoleico e linoleico.

Page 131: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 122

– La prostaciclina PGI2;

– il trombossano TXA2.

L’espressione degli enzimi responsabili di queste conversioni varia con il citotipo,dunque il destino della PGH2 è tessuto-specifico.

• Via della lipossigenasi: l’arachidonato diviene substrato di tre diverse lipossi-genasi, ciascuna in grado di introdurre ossigeno in tre differenti posizioni: 12,5, e 15. In seguito all’azione combinata di questi tre enzimi, vengono prodottileucotrieni, lipossine, HPETE ed HETE.

• Una terza via, molto meno attiva delle prime due, produce diHETE ed HETE; lacatalisi è affidata soprattutto a citocromo P450.

Via delle ciclossigenasi : l’enzima cardine su cui si basa questa via è la prostaglandinaG/H sintasi (PGS), che si trova per lo più a livello del reticolo endoplasmatico. Sitratta di un omodimero: ciascuna delle due subunità presenta tre dominî:

• un dominio con l’attività di ciclossigenasi (COX);

• un dominio con attività idroperossidasica (PG idroperossidasi);

• un dominio di legame con la membrana, attraverso il quale l’enzima è ancoratoal reticolo endoplasmatico o, più raramente, alla membrana nucleare esterna.

L’enzima è spesso chiamato semplicemente COX. Nella prima tappa, l’acido arachi-donico subisce una ciclizzazione intramolecolare data dal legame tra C8 e C12; allostesso tempo, due molecole di O2 vengono introdotte a formare un endoperossido (traC9 e C11) ed un idroperossido in C15. Il meccanismo di reazione che è stato propostoper l’enzima prevede la rimozione stereospecifica dell’idrogeno prochiralico-S dal C13da parte della tirosina 385 del sito attivo; questo dà origine ad un carbonio radicalico.Segue l’ossigenazione in C11, con formazione dell’endoperossido e dell’anello a 5 ter-mini. Una seconda molecola di O2 viene poi introdotta in C15, cui segue la formazionedell’idroperossido.

La molecola formata in questa prima tappa è la PGG2; l’attività perossidasica,glutatione ridotto dipendente, il cui sito attivo si trova nelle vicinanze dell’attivitàCOX, converte il gruppo idroperossido in gruppo idrossilico, producendo PGH2, H2Oe glutatione ossidato. L’attività della COX ha la peculiarità di essere discontinua,perché l’enzima si autoinattiva dopo circa 30 secondi di attività. Poiché l’enzima difatto si autodistrugge fa parte dei cosiddetti “enzimi suicidi”.

Queste prime fasi della sintesi di prostaglandine e trombossani sono effettuatevirtualmente in tutti i tessuti (tranne che negli eritrociti). Ciò significa che tutti i tessuti

Page 132: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 123

COOH

Acido arachidonico

COX

OOH

COOHO

O

PGG2

PGH2

COOHO

O OH

COOH

OHO

OH

PGD2

COOH

OH

O

OH

PGI 2

COOH

OHOH

O

PGE 2

COOH

OHO

O

TXA 2

COOH

OHO

OH

HO

TXB 2

COOH

OH

OH

OH

PGF 2α

Figura 4.4: Eicosanoidi prodotti a partire dall’acido arachidonico.

Page 133: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 124

esprimono COX. È però necessario precisare che di COX si conoscono, ad oggi, treisoenzimi: COX-1, COX-2 e COX-3; quest’ultimo tuttavia viene considerato come unavariante di COX-1 (i loro mRNA sono frutto dello splicing alternativo del trascrittodello stesso gene) espressa a livello della corteccia cerebrale e del miocardio, il cuiruolo non è stato chiarito.

COX-1 e COX-2 sono meglio conosciuti e considerati più importanti: hanno circa il65% della sequenza aminoacidica in comune, e peso molecolare comparabile; anchegli aminoacidi a livello dei siti attivi sono molto conservati. Le due COX agisconopraticamente allo stesso modo a livello catalitico (ci sono piccole differenze di specificità,in realtà), tuttavia la loro inibizione differenziale porta a differenti conseguenze:

• COX-1 è un enzima costitutivo (o housekeeper), espresso in quasi tutti i tessuti.Le prostaglandine sintetizzate da queste cellule sono coinvolte in molti processifisiologici e in generale nell’omeostasi; per esempio, a livello di mucosa gastrica,dove regolano la secrezione di muco, che protegge le pareti dello stomacodall’azione dei succhi gastrici. Un altro esempio è dato dalla regolazione delflusso renale. Dunque, l’inibizione di questo enzima è in grado, potenzialmente,di creare dei problemi; per esempio, una maggiore vulnerabilità della paretegastrica nei confronti della erosione da parte degli acidi gastrici (con possibilitàdi sanguinamenti).

• COX-2 è un enzima inducibile, indotto durante l’infiammazione soprattutto alivello di macrofagi, monociti e nei tessuti sede di infiammazione o esposti afattori di crescita o altri mediatori dell’infiammazione (interleuchina-1 o LPS,lipopolisaccaride batterico), oltre che nei neuroni, nelle cellule muscolari liscee nelle cellule endoteliali; le prostaglandine sintetizzate da queste cellule sonocoinvolte nella mediazione dell’infiammazione, nel dolore, e nella febbre –dunque un’inibizione della sintesi di queste prostaglandine riduce anche l’entitàdi questi processi.

Correlazioni cliniche: gli enzimi COX ed i FANS

Perché è importante conoscere la differenza tra i due isoenzimi COX? La sintesi degli eico-sanoidi è un processo su cui il medico si trova spesso a dover intervenire farmacologicamente,ad esempio per tentare di modulare processi infiammatori. Questo avviene tramite due tipi difarmaci: da un lato, esistono i farmaci anti-infiammatori steroidei, dall’altro i non steroidei (icosiddetti FANS, o NSAID secondo l’acronimo inglese).

Page 134: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 125

I farmaci antiinfiammatori steroidei (per es. prednisone) inibiscono la risposta infiammatoriain molti modi, come la regolazione dell’espressione di geni coinvolti nell’infiammazione (traqueste azioni, merita citare l’inibizione della fosfolipasi A2). Questi farmaci agiscono con lestesse modalità dei corticosteroidi (vedi sez. 6.1, pag. 140.).

I FANS esplicano la loro azione a livello della COX. L’aspirina (acido acetilsalicilico) è ilprototipo dei FANS: agisce acetilando irreversibilmente una serina presente nel sito attivodella COX. Tuttavia l’aspirina, così come molti altri FANS, agisce su entrambi gli isoenzimi(anzi, più efficaciemente sulla COX-1!). Quindi, nonostante si somministri il farmaco con loscopo di inibire la COX-2 per eliminare dolore, infiammazione e febbre, si finisce con l’inibireanche la COX-1, i cui effetti, al contrario, non sono indesiderati. Questo crea diversi problemi:per esempio, è noto che l’utilizzo prolungato di FANS aumenta il rischio di ulcere gastrichee sanguinamenti. Questo perché la COX-1 è coinvolta nella sintesi di prostaglandine cheregolano la secrezione di muco, che ha funzione gastroprotettiva. Un altro esempio classico diFANS è dato dall’ibuprofene, che agisce però con un diverso meccanismo rispetto all’aspirina.

Grazie agli sforzi della ricerca, sono stati messi a punto nuovi anti-infiammatori nonsteroidei (“newer NSAIDs” o coxib) più specifici verso la COX-2, ma non privi di effetticollaterali. Tra questi farmaci, il celecoxib, etoricoxib ed il refecoxib (ora ritirato dal mercato)sono i più noti. In ricerca, sono disponibili inibitori della COX-2 1000 volte più specifici, ma,per varii motivi, non possono essere usati come farmaci.

Il PGH2, a seconda del citotipo, può essere substrato di diversi enzimi che portanoalla sintesi di prostaglandine diverse e trombossani (figura 4.4, pagina 123).

• PGE2 e PGF2 α: prodotte soprattutto in milza e reni per l’intervento prima di unaisomerasi (o PGE sintasi), che produce PGE2, e poi di una reduttasi, che porta aPGF2 α.

• PGI2: prodotta dalla prostaciclina sintasi.

• PGD2: prodotta dalla PGD sintasi.

• TXA2: prodotta dalla trombossano sintasi. È un potente vasocostrittore, sinte-tizzato soprattutto dalle piastrine, che viene rapidamente inattivato a TXB2. Hauna emivita estremamente breve.

Via delle lipossigenasi. Se la via delle ciclossigenasi produce composti ciclici, la viadelle lipossigenasi converte l’acido arachidonico in leucotrieni e lipossine (figura 4.5),

Page 135: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 126

COOH

Acido arachidonico

COOH

OOH

5-HPETE

COOH

OOH

12-HPETE

COOH

HO

12-HETE

COOH

OOH

15-HPETE

COOH

HO

15-HETE

COOH

OH

5-HETE

COOH

HO

OH

5,12-HPETE

COOH

HO

OH

5,15-HPETE

5-LOX12-LOX 15-LOX

Leucotrieni della serie 4

LipossineLeucotrieni della serie B

Figura 4.5: La via delle lipossigenasi. L’acido arachidonico può divenire substrato di almeno 3differenti enzimi lipossigenasi (LOX), con produzione di numerosi leucotrieni e lipossine.

Page 136: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 127

composti lineari. Gli enzimi coinvolti in questo pathway sono le lipossigenasi, enzimicitosolici con attività di diossigenasi, che catalizzano l’incorporazione di entrambi gliatomi di ossigeno di una molecola di O2 a livello di uno dei doppi legami dell’ acidoarachidonico, producendo idroperossidi (HPETE); gli intermedi successivi porterannoalla sintesi di leucotrieni della serie 4 e lipossine. Sono tre le lipossigenasi principali cheentrano in gioco in questa via, ognuna delle quali è specifica per uno dei doppi legamidell’arachidonato:

• 5-lipossigenasi (5-LOX). Molto espressa in leucociti (granulociti neutrofili ebasofili, linfociti B), macrofagi e mastociti, dà origine ai leucotrieni più importantinella mediazione dei processi infiammatori, ed è bersaglio di diversi farmaci.Introduce un gruppo idroperossido a livello del carbonio 5 dell’acido arachidonicoproducendo 5(S)-HPETE2. La catalisi avviene con la collaborazione della FLAP,acronimo inglese per Proteina Attivante la Lipossigenasi, che sembra in qualchemodo “presentare” il substrato all’enzima. Sia come sia, è pacifico che la FLAPsia essenziale per una catalisi efficiente e corretta. Il 5-HPETE, come tutti gli altriHPETE, è un intermedio estremamente reattivo, occupante una posizione centralenel metabolismo dei leucotrieni, che qui si fa straordinariamente complesso. Il5-HPETE infatti:

1. può ridursi al corrispondente HETE, spontaneamente (spesso ossidandoglutatione) o tramite la catalisi di una perossidasi;

2. può divenire substrato di una delle altre due lipossigenasi, con produzionedi 5,12-diHPETE o 5,15-diHPETE;

3. oppure può dare origine al leucotriene LTA4, in grado di essere convertitoin altri leucotrieni.

Il 5-HPETE è quindi un intermedio estremamente importante.

• 12-lipossigenasi (12-LOX). Molto espressa in piastrine, cellule delle isole pan-creatiche, cellule muscolari lisce dei vasi. Introduce l’ossigeno a livello delcarbonio 15 dell’arachidonato e produce così 12(S)-HPETE. Come succedevaper il 5-HPETE, anche questo idroperossido ha molti possibili destini. Vienesoprattutto ridotto, con modalità simili al precedente, al corrispondente 12-HETE,che esplica funzioni biologiche, e in parte dà origine ad alcuni leucotrieni dellaserie B.

• 15-lipossigenasi (15-LOX). Espressa soprattutto in reticolociti, granulociti eosi-nofili, linfociti T, cellule dell’epitelio della trachea. Produce 15(S)-HPETE, che,come il precedente, non dà origine a leucotrieni, e può essere convertito in

2Il carbonio ossigenato diviene asimmetrico; la idroperossidazione è specifica per lo stereoisomero S.

Page 137: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 128

15-HETE. Tuttavia, il destino principale di questo intermedio è quello di produrrelipossine antiinfiammatorie.

In realtà vi è anche una 8-lipossigenasi, ma non la prenderemo in considerazionein quanto non partecipa alla biosintesi degli eicosanoidi. Inoltre, è da sottolineare ilfatto che non sono state presentate tutte le possibili interrelazioni metaboliche tra icomposti visti fino ad adesso, per non complicare ulteriormente (e con il probabileeffetto di rendere il tutto molto più arido e sterile) un quadro già complesso – tuttavia,è bene tener presente che il metabolismo di questi composti è molto più articolato etortuoso di quello che abbiamo visto!

Riassumendo, abbiamo illustrato come l’arachidonato venga idroperossidato a5(S)-HPETE dall’attività diossigenasi della 5-lipossigenasi, che fa parte della via dellelipossigenasi. La stessa 5-lipossigenasi presenta anche l’attività di deidrasi che puòconvertire il 5(S)-HPETE a leucotriene LTA4. Sarà questo il pathway metabolico lungoil quale proseguiremo adesso. Questa attività deidrasica è chiamata spesso LTA4

sintasi. Il leucotriene A4 è un epossido (dunque un composto abbastanza instabile)che può essere convertito in:

• LTB4 da una idrolasi, che idrata (aggiunge una molecola d’acqua) l’LTA4, aprendoil suo anello epossido. In questa reazione avviene un riarrangiamento dei doppilegami, ma il numero totale rimane invariato.

• LTC4, dalla LTC4 sintasi, che coniuga l’LTA4 ad una molecola di glutatione ridottoin posizione 6 – per questo motivo, l’enzima è anche chiamato glutatione-Stransferasi II. In ogni caso, la reazione apre l’anello epossido.

L’LTC4 è un leucotriene molto importante, poiché a partire da questo composto lacellula è in grado di sintetizzare i cosiddetti cisteinil-leucotrieni, così denominati inquanto contenenti cisteina. Ne fanno parte LTD4, LTE4 e lo stesso LTC4 (il glutationecontiene cisteina). Poiché il LTC4 è secreto dalla cellule mediante un trasportatore,queste reazioni di conversione avvengono nell’ambiente extracellulare. La conversioneavviene grazie alla rimozione sequenziale, per idrolisi, di glutammato (che produceLTD4) e poi di glicina (LTE4).

La produzione di leucotrieni in quantità importanti avviene soprattutto ad operadei leucociti.

Via dei citocromi P450. Non ci resta che esaminare brevemente la terza via conla quale vengono prodotti eicosanoidi, catalizzata da citocromi P450, soprattutto afunzione idrossilasica, epossigenasica e idrolasica. Il substrato è nuovamente l’acidoarachidonico, grande protagonista di queste vie metaboliche, e, come abbiamo visto,

Page 138: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 129

a capo della biosintesi di una serie incredibilmente ampia di composti con funzionisegnalatorie – tanto da far parlare gli studiosi di “cascata dell’acido arachidonico”.I prodotti a cui dà origine attraverso questo pathway sono 19,20-diHETE, 20-HETE,19-HETE, EET. Le funzioni biologiche di questi composti sono eterogenee ed entranoin gioco nei sistemi vascolare, renale, polmonare e cardiaco in processi molto diversi(proliferazione cellulare, apoptosi, infiammazione, etc.). Ricordiamo tra tutti il 20-HETE, potente vasocostrittore; gli EET, di contro, hanno azione vasodilatatrice.

4.5 Secrezione e regolazione

La regolazione della biosintesi di questi composti si esplica soprattutto a livello dellafosfolipasi, e quindi attraverso una modulazione della disponibilità di substrato.

In generale, l’azione della fosfolipasi A2 e la sua traslocazione a livello dellamembrana:

• sono promosse dalla sua fosforilazione e dall’aumento di concentrazione delcalcio;

• sono inibite dagli steroidi, in particolare dai corticosteroidi.

Nonostante siano molecole lipofile, è stato dimostrato che la secrezione e l’uptakedi questi composti da parte delle cellule sono mediati, almeno nel caso delle prosta-glandine, da dei trasportatori. In particolare, un trasportatore ABC chiamato MRP4 (otrasportatore delle prostaglandine ) ne promuove il rilascio.

4.6 Secrezione, trasporto nel plasma e degradazione

I composti di cui abbiamo esaminato la biosintesi fino ad adesso sono ormoni di tipoparacrino ed autocrino. Come tali, agiscono nelle immediate vicinanze della cellulada cui sono stati secreti, ed hanno emivita tendenzialmente breve (decine di secondi,minuti nel caso di prostaglandine e trombossani, poche ore nel caso dei leucotrieni).

Sono inattivati in situ oppure, se entrano nel circolo sanguigno, soprattutto a livellopolmonare.

• Le prostaglandine sono inattivate mediante ossidazione del gruppo -OH inposizione 15, o β-ossidazione del carbossile terminale.

Page 139: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 130

• Il trombossano A2 ha una emivita biologica brevissima; è inattivato in pochisecondi a TXB2 (Fig. 4.4, pag. 123) quando entra in contatto con molecole diacqua.

• Per quanto riguarda i leucotrieni, il LTB4 è inattivato mediante ω-ossidazionedel gruppo metile (cioè, ossidazione del carbonio più distante dal gruppocarbossilico), seguita da β-ossidazione. LTC4 è convertito in LTD4 e LTE4,dopodiché quest’ultimo subisce inattivazione con le stesse modalità del LTB4.

• Altri eicosanoidi vengono inattivati mediante riduzione dei doppi legami.

4.7 Recettore

Gli eicosanoidi si legano rapidamente dalle cellule mediante un recettore accoppiatoad una proteina G. Spesso viene attivato il pathway dell’adenilato ciclasi-cAMP-proteinchinasi oppure DAG-IP3-Ca2+.

4.8 Effetti fisiologici degli eicosanoidi

Gli eicosanoidi agiscono tendenzialmente in maniera paracrina ed autocrina.

Non tratteremo in maniera approfondita le risposte biologiche mediate daglieicosanoidi, in quanto questi composti sono numerosissimi, e le azioni da loropromosse sono ancora di più – inoltre, in certi casi si tratta di azioni contrastanti.

Le prostaglandine:

• mediano la risposta infiammatoria. In questo ambito, possono essere coinvoltein deviazioni patologiche di questi processi, ad esempio a carico di articolazioni(artrite reumatoide), pelle (psoriasi), occhi, etc.;

• contribuiscono alla regolazione della temperatura corporea, e hanno a che farecon l’insorgere della febbre;

• esercitano un controllo sulla muscolatura liscia, in specie quella vascolare,con numerose conseguenze: provocano ad esempio vasocotrizione (PGF) ovasodilatazione (PGE, PGA, PGI);

• stimolano le contrazioni uterine in diversi momenti fisiologici;

• sono mediatori del dolore;

Page 140: Biochimica degli ormoni

4 Ormoni derivati dall’acido arachidonico 131

• sono modulatori del processo dell’emostasi (in particolare, le prostacicline sonoantiaggreganti e antagonisti dei trombossani: inibiscono l’attivazione dellepiastrine e vasodilatano).

I trombossani promuovono l’aggregazione piastrinica e la vasocotrizione, e operanoin maniera antagonista alle prostacicline. Sono potenti ipertensivi. Sfruttano recettoriaccoppiati a G proteine, con attivazione della fosfolipasi C, e sfruttano quindi ilpathway segnalatorio DAG-IP3-Ca2+.

Leucotrieni e lipossine sono sintetizzate principalmente dalle cellule del sanguedella serie bianca, ma anche a livello encefalico, polmonare e miocardico. Modulano:

• la chemotassi e attivazione di leucociti (per esempio, la degranulazione); processiinfiammatori;

• risposte allergiche;

• presentano inoltre azione bronco- e vasocostrittrice;

• sono in grado di incrementare la permeabilità vascolare, provocando edema.

Page 141: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D

Il termine vitamina D è utilizzato per indicare una serie di composti: i due principalisono ergocalciferolo, o vitamina D2, e colecalciferolo, o vitamina D3. Entrambi sono,di fatto, dei pro-ormoni: subiscono alcune reazione per dare origine infine all’ormonecalcitriolo.

Il calcitriolo è un ormone lipidico coinvolto soprattutto nell’omeostasi del Ca2+,come paratormone e calcitonina, ma esplica anche altre funzioni.

5.1 Ormoni del rene

5.1.1 Calcitriolo

Struttura Il calcitriolo (1 α,25-diidrossicolecolaciferolo) è il solo ormone derivantedalle vitamina D. Come tale, è assimilabile da un certo punto di vista anche alcolesterolo, poiché il composto precursore della vitamina D è un intermedio dellabiosintesi del colesterolo. Tuttavia il calcitriolo non può a rigore essere considerato unormone steroideo in quanto ha perduto la struttura tetraciclica.1 Viene per questo fattorientrare nella classe dei secosteroidi, termine che designa composti nei quali uno deiquattro anelli tipici degli steroidi è aperto, solitamente l’anello B.

Sede di elaborazione La tappa principale della sintesi del calcitriolo avviene a livellorenale, che può essere considerato la sede di sintesi dell’ormone.

Biosintesi Se è vero che la tappa principale della sintesi del calcitriolo avviene nelrene, a monte di questa vi sono altre tappe che hanno luogo in diversi distretti delcorpo, e che da un precursore del colesterolo portano alla vitamina D (figura 5.1, pagina133):

1Gli steroidi sono composti formati da quattro anelli ciclici: tre molecole di cicloesano(peridrofenantrene), e un ciclopentano. Vedi la sezione 6.1, pag. 140.

Page 142: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 133

HO

7-deidrocolesteroloPrevitamina D

CH3

HOCH2

HO

Colecalciferolo

CH2

HO

OH

25-idrossicolecalciferolo

CH2

HO

OH

OH

24,25-diidrossicolecalciferolo

CH2

HO

OH

OH

OH

1,24,25-triidrossicolecalciferolo

CH2

HO

OH

OH

1,25-diidrossicolecalciferolo(Calcitriolo)

Rene

Fegato Cute

Figura 5.1: Biosintesi della vitamina D. Le reazioni avvengono a livello di cute, fegato e rene. Inomi degli enzimi non sono mostrati (dettagli nel testo).

Page 143: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 134

• La sintesi del colesterolo prevede la condensazione di diverse molecole di acetil-CoA, fino ad ottenere squalene. Questo composto viene poi rimaneggiato aformare lanosterolo, la cui struttura tetraciclica ricorda quella del colesterolo.Altre modifiche convertono il lanosterolo in composti intermedi, fino ad ottenere7-deidrocolesterolo.2 Questo composto può subire una riduzione per essereconvertito a colesterolo, oppure divenire il substrato per la sintesi della vitaminaD.

• A livello della cute (soprattutto nello strato dell’epidermide), i raggi UVB prove-nienti dal sole innescano la fotolisi non enzimatica del 7-deidrocolesterolo nellaprovitamina D3. La reazione consiste nella rottura del legame tra C9 e C10. Laprovitamina D3, composto biologicamente inattivo, isomerizza spontaneamente(anche questa reazione non è catalizzata, ed in effetti è molto lenta) in colecalci-ferolo, o vitamina D3. Questa viene trasportata nel plasma dalla proteina legantela vitamina D.

La vitamina D3 può anche essere ottenuta direttamente con la dieta, o a partiredall’ergocalciferolo (vitamina D2). Quetst’ultimo composto viene sintetizzato apartire dall’egosterolo da piante, funghi e invertebrati; al giorno d’oggi, vieneprodotto a livello industriale irradiando lieviti, e poi aggiunto a molti cibi.

• È nel fegato che avviene la tappa successiva: ergocalciferolo e colecalciferolovengono qui idrossilati in posizione 25; la reazione, scarsamente regolata,avviene a livello del RE, e richiede NADPH, ossigeno molecolare e magnesio. Glienzimi coinvolti sono due: una citocromo P450 reduttasi NADPH-dipendente ela 25-idrossilasi, un citocromo P450. I prodotti sono 25-idrossicolecalciferolo e25-idrossiergocalciferolo, che vengono entrambi reimmessi nel circolo sanguigno.Il 25-OH-D3 (chiamato anche calcidiolo) risulta la forma più abbondante divitamina D che si ritrova nel sangue – anche a causa della sua lunga emivita,dell’ordine di giorni.

• Dal circolo i composti passano nel rene, dove possono essere sottoposti adue idrossilazioni, con diverso significato: un’idrossilazione in posizione 24, consignificato inattivatorio, e una idrossilazione in posizione 1, con significato attivatorio,che porta all’attivazione definitiva della vitamina D con la formazione (nelcaso della D3) di 1 α,25-diidrossicolecalciferolo, o calcitriolo, depositario dellamassima attività biologica. L’ercalcidiolo (25-idrossiergocalciferolo) forma 1,25-diidrossiergocalciferolo o ercalcitriolo.

2Una spiegazione più dettagliata della sintesi del colesterolo può essere trovata in qualunque testo dibiochimica.

Page 144: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 135

Questa reazione di idrossilazione in posizione 1, che avviene nei mitocondridelle cellule della porzione convoluta del tubulo prossimale renale, richiede treenzimi:

1. ferredossina reduttasi renale, una flavoproteina;

2. ferredossina renale, una proteina ferro-zolfo;

3. 1 α-idrossilasi, un citocromo P450.

Sono richiesti come cofattori NADPH, Mg2+ e ossigeno molecolare. Il citocromocatalizza una classica reazione di tipo monossigenasi sfruttando l’ossigenomolecolare. A differenza della reazione precedente, questa è strettamenteregolata.

La regolazione negativa di questo enzima favorisce l’idrossilazione inattivatoriain posizione 24 da parte della 24-idrossilasi (vedi il paragrafo "Regolazione".).

Dopo la sintesi, il calcitriolo viene quindi rilasciato in circolo dove svolge le suefunzioni come un ormone endocrino.

Secrezione e regolazione Il principale punto regolativo è l’enzima 1 α-idrossilasi,che attiva definitivamente la vitamina D3. Questo enzima, e con esso l’intera viabiosintetica, è regolato:

• positivamente dal PTH, che aumenta l’attività dell’enzima;

• negativamente dal calcitriolo, con un feedback negativo che influenza l’espres-sione genica e la biosintesi dell’enzima; inoltre il calcitriolo riduce anche la sintesidel PTH.

• negativamente dai livelli plasmatici di calcio. Anche questa può essere consi-derata una forma di feedback negativo (il calcitriolo porta all’incremento dellacalcemia);

Si ritiene che anche calcitonina, prolattina e gli ormoni sessuali (estrogeni inparticolare) contribuiscano alla regolazione, ma rivestono in ogni caso un ruolo minore.

Il calcitriolo inoltre upregola l’enzima che idrossila in posizione 24.

Come gli altri ormoni liposolubili il calcitriolo non viene accumulato nelle cellule invescicole secretorie, ma viene rilasciato in circolo via via che viene sintetizzato.

Trasporto nel plasma e degradazione Il calcitriolo in circolo si trova legato, cosìcome i suoi metaboliti idrossilati, alla proteina legante la vitamina D (VDBP), una

Page 145: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 136

glicoproteina (in particolare, si tratta di una globulina) del peso molecolare di circa 52kDa. Presenta tre dominî, uno dei quali in grado di legare secosteroli.3 Presenta fortiomologie con l’albumina.

Per quanto riguarda la degradazione, avevamo visto come nel rene le reazioni a cuipoteva andare incontro il calcidiolo (o l’ercalcidiolo) erano due: una idrossilazionein posizione 1 e una in posizione 24. Quest’ultima produce un metabolita inattivo, il24,25-diidrossicolecalciferolo. Anche l’1,25-diidrossicolecalciferolo può subire questareazione, dando origine, parimenti, ad un metabolita inattivo, il 1,24,25-triidrossi-D3.

Il 24,25-diidrossicolecalciferolo si forma quando l’idrossilazione in posizione 1(attivatoria) viene inibita. Il 1,24,25-triidrossi-D3 si forma quando l’idrossilazionein posizione 1 è avvenuta, il calcitriolo ha adempito alle sue funzioni e deve esseredegradato. Questi due prodotti vengono poi trasportati al fegato ed eliminati con labile, oppure con le urine nel rene stesso.

Recettore Gli effetti biologici sono raggiunti per mezzo di:

• una azione a livello genico (tipica degli ormoni lipofili). È lenta e presupponel’interazione con un recettore citosolico (VDR, Vitamin D Receptor) che in seguitoal legame con il ligando si sposta nel nucleo e agisce come fattore di trascrizione;

• con meccanismi che hanno effetto a breve termine, e coinvolgono recettori sullamembrana plasmatica e un processo di trasduzione del segnale.4

Il VDR, estremamente specifico nel suo legame, è molto simile ai recettori per gliormoni steroidei: entrambi contengono, ad esempio, il motivo zinc-finger, con il qualesi legano al DNA.

Effetti fisiologici del calcitriolo L’ 1,25-diidrossicolecalciferolo è un ormone ipercal-cemizzante: la sua azione produce un aumento del calcio plasmatico.

Le cellule bersaglio del calcitriolo si trovano a livello intestinale e nelle paratiroidi,ma anche nel tessuto osseo e nel rene.

Azione a livello intestinale. Questa è l’azione più importante. Il sito d’azione è ilduodeno e parte del digiuno. L’1,25-didrossicolecalciferolo stimola l’assorbimento

3È stato riportato che questa stessa proteina lega l’actina che riesce a penetrare nel circolo sanguigno(in seguito ad un danno cellulare, per esempio).

4Tuttavia anche questo secondo pathway va ad influenzare, come parte dei suoi effetti, l’espressionegenica.

Page 146: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 137

del calcio da parte degli enterociti. Questo è ottenuto incrementando l’espressionedi proteine di trasporto, come il canale del calcio TRPV6, che permette il trasportointracellulare del calcio a livello della membrana apicale delle cellule, o di proteineleganti il calcio, come la calbindina, che promuove il trasporto del calcio dalla porzioneapicale della cellula a quella basolaterale. Una pompa ATP-dipendente a livello dellamembrana basolaterale pompa il calcio fuori dall’enterocita, nel circolo sanguigno.

Il trasporto del calcio stimolato dal calcitriolo è di tipo attivo, ed chiamato "viatranscellulare". Nelle altre porzioni dell’intestino avviene un trasporto di calcio di tipopassivo ("via paracellulare"), indipendente dalla regolazione ormonale.

Azione a livello delle paratiroidi. Riduce la trascrizione del gene del PTH. Poiché lasintesi del calcitriolo è fortemente attivata dal paratormone (vedi anche sez. 2.3.1, pag.73), questo rappresenta una sorta di feedback negativo indiretto, ed evita fluttuazionieccessive della calcemia.

Azione sui tubuli renali. Stimola il riassorbimento del calcio e del fosfato nellaporzione distale dei tubuli renali, facendo sì che un maggior numero di ioni calciovengano reimmessi nella circolazione.

Azione sul rene. Il calcitriolo, con un meccanismo di feedback negativo diretto, di-minuisce l’espressione della 1-idrossilasi, ed aumenta l’espressione della 24-idrossilasi,inibendo quindi la propria sintesi e promuovendo la formazione di metaboliti inattivi.

Azione a livello osseo. Il calcitriolo stimola gli osteoclasti nella loro produzione diidrolasi acide, e stimola il loro differenziamento, incrementandone quindi il numero.Questo fa sì che il riassorbimento osseo aumenti, con innalzamento di calcemia efosfatemia.

Per quanto riguarda il metabolismo del calcio, nonostante l’1,25-colecalciferolocontribuisca a promuovere il riassorbimento osseo, in caso di una deficienza divitamina D si osservano patologie a carico del sistema scheletrico (come il rachitismonei bambini), perché il calcio non può essere assorbito in maniera adeguata, e ladisponibilità di calcio è un presupposto per la deposizione di matrice inorganica nelleossa.

Altri effetti. Il calcitriolo ha anche altri effetti, solo in parte conosciuti, che vannomolto al di là del metabolismo del calcio. Sono stati dimostrati effetti a livello della

Page 147: Biochimica degli ormoni

5 Ormoni derivati dalla vitamina D 138

proliferazione e del differenziamento di diversi citotipi, molti dei quali correlati alsistema immunitario, oltre che azione anti-infiammatoria. Inoltre, è stato osservatoche il calcitriolo è necessario per la normale secrezione dell’insulina.

Correlazioni cliniche: ipocalcemia ed ipercalcemia

L’ipocalcemia si instaura quando la concentrazione di calcio totale plasmatico scende aldi sotto di 8.5-9 mg/dL (in presenza di una concentrazione normale di proteine plasmatiche)o 4.5-4.7 mg/dL se si considera solo la frazione libera (calcio ionizzato).

Tra le cause di ipocalcemia: l’ipoparatiroidismo (deficit di secrezione di PTH; può verificarsinel corso di malattie autoimmuni o in seguito a danneggiamento accidentale delle paratiroidinel corso di interventi chirurgici sulla tiroide), lo pseudoipoparatiroidismo (in cui la secrezionedi PTH è normale, ma i tessuti sono resistenti all’azione dell’ormone), deficit di vitaminaD, malattie renali che portano a perdita di calcio con le urine. Ci sono poi altre cause, piùo meno rare (es. pancreatite, farmaci). L’ipocalcemia può essere asintomatica; quando èevidente, il quadro clinico dell’ipocalcemia è dominato dalle manifestazioni neurologiche:crampi muscolari e spasmi fino alla tetania, iperreflessia, convulsioni, parestesie, sintomipsichiatrici (depressione o irritabilità, psicosi), aritmie cardiache. Il meccanismo della tetanianon è chiaro; sembra che l’ipocalcemia incrementi la permeabilità delle membrane delle celluleeccitabili al sodio, facilitandone la depolarizzazione.

L’ipercalcemia è definita come una concentrazione di calcio totale superiore a 10.5 mg/dLo superire a 5.2 mg/dL se si considera solo il calcio ionizzato.

Le cause più frequenti sono rappresentate da iperparatiroidismo (eccessiva secrezione diPTH), eccesso di vitamina D e tumori. L’iperparatiroidismo è primitivo quando la secrezioneabnorme di PTH è causata da una malattia delle paratiroidi (genetica o acquisita, es. unadenoma delle paratiroidi), secondario quando le paratiroidi sono stimolate eccessivamente daun’ipocalcemia cronica e si sviluppa un’iperplasia ghiandolare, che porta ad una secrezionedi PTH inappropriata rispetto ai livelli di calcemia. L’ipercalcemia nei tumori è causatadalla stimolazione del riassorbimento osseo con varii meccanismi, ad esempio la secrezione diPTH-related peptide (PTHrP); si tratta di una proteina il cui frammento N-terminale è similea quello del PTH, e che ne mima gli effetti.

Anche l’ipercalcemia può essere asintomatica. Le manifestazioni cliniche salienti sonoriassunte nello mnemonic "stones, bones, groans, moans, thrones and psychiatric overtones",ovverosia: calcoli (soprattutto renali); dolori ossei; letargia, debolezza muscolare, anoressia,nausea, vomito, dolori addominali, stipsi (groans e moans = lamenti); poliuria (throne = il

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5 Ormoni derivati dalla vitamina D 139

trono, cioè la toilette...); confusione, depressione, ansia, allucinazioni. A questo si devonoaggiungere le possibili aritmie.

Page 149: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei

6.1 Struttura e generalità

Il termine steroidi designa una pletora di composti strutturalmente correlati al ci-clopentanoperidrofenantrene, uno sterano. Questa struttura è formata dalla fusionedi quattro anelli ciclici alifatici: tre molecole di cicloesano, a cui ci si riferisce conle lettere A B e C e note collettivamente come peridrofenantrene, e un ciclopentano,identificato dalla lettera D (fig. 6.1). È una struttura condivisa da tutti gli steroidi,che si differenziano essenzialmente per gruppi funzionali sostituiti agli idrogeni. Lasostituzione di uno o più idrogeni con gruppi -OH dà origine per esempio agli steroli.

Nell’uomo, quando si parla di “steroidi” ci si riferisce agli ormoni steroidei. Questisono generalmente suddivisi in due gruppi:

• ormoni adrenocorticoidi: comprendono mineralcorticoidi (il cui principalerappresentante è l’aldosterone) e glucocorticoidi (cortisolo e corticosterone).Sono composti a 21 atomi di carbonio.

• ormoni sessuali e progestinici: comprendono gli androgeni (androstenedione,testosterone, diidrotestosterone), a 19 C, e gli estrogeni (estradiolo, estriolo,estrone), a 18 C. Tra i progestinici, a 21 C, il principale è il progesterone.

Sono tutti sintetizzati a partire dal colesterolo, uno sterolo caratterizzato da:

• un -OH in posizione 3;

A B

C D1

4

2

35

6

7

8

910

1112

13

14 15

16

17

Figura 6.1: Struttura generale degli steroidi e nomenclatura.

Page 150: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 141

• un doppio legame tra le posizioni 5 e 6;

• due gruppi metilici in posizione 10 e 13;

• una catena laterale in posizione 17.

Le fonti del colesterolo utilizzato per sintetizzare gli ormoni sono in parte di origineesogena (colesterolo introdotto con l’alimentazione, in particolare con alimenti diorigine animale), in parte di origine endogena (colesterolo sintetizzato ex novo).

Rivediamo sinteticamente i processi con cui questo composto si rende disponibilealle cellule.1

• Il colesterolo esogeno, alimentare, viene assorbito a livello dell’intestino (insiemeai triacilgliceroli) all’interno dei chilomicroni, che circolano nel sistema linfatico,per poi venire immessi nel circolo sanguigno, quindi trasportati al fegato. Quiil colesterolo viene “impacchettato” nelle lipoproteine LDL (a bassa densità), einviato ai tessuti periferici. Il colesterolo entra nelle cellule con endocitosi mediatadal recettore per le LDL; a questo punto può andare incontro a diversi destini:per esempio, può entrare a far parte della membrana plasmatica, oppure - ed è ildestino che prenderemo in esame tra poco - in alcuni tessuti (gonadi, cortecciadella ghiandola surrenale, placenta) può essere utilizzato come precursore per lasintesi degli ormoni steroidei.

• Per quanto riguarda il colesterolo endogeno, rivediamo il processo a grandi linee:

1. A partire da acetil-CoA viene sintetizzato mevalonato;

2. Il mevalonato viene decarbossilato per formare delle unità isoprenoidi;

3. Sei di queste unità vengono condensate nello squalene;

4. Lo squalene viene ciclizzato a formare lanosterolo;

5. Il lanosterolo è ulteriormente modificato in colesterolo;

La biosintesi del colesterolo avviene soprattutto nel fegato (20-25%), a livellodell’intestino, nella zona corticale della ghiandola surrenale, negli organi dell’apparatoriproduttore; notare come questi ultimi due organi siano proprio quelli maggiormentecoinvolti nella steroidogenesi.

Qualunque sia la fonte del colesterolo, nelle gonadi (ovaie o testicoli), nella zonacorticale della ghiandola surrenale e (almeno in alcuni momenti fisiologici) placenta,questo viene utilizzato come precursore per la sintesi degli ormoni steroidei. Esiste

1Per i dettagli, si rimanda ad un testo di biochimica, ad esempio: D. L. Nelson e M. M. Cox. LehningerPrinciples of Biochemistry. Sixth Edition. W. H. Freeman, 2012, Chapter 21.

Page 151: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 142

anche una sintesi di ormoni steroidei in organi diversi da questi: ne parleremo dopo.Comunque sia, in ciascuno di questi organi, il colesterolo viene innanzi tutto convertitoin pregnenolone in seguito alla rimozione della catena laterale in C17. Questa è lareazione di commissionamento del colesterolo verso la biosintesi degli ormoni steroidei.Il pregnenolone, a seconda del tessuto e delle esigenze, potrà poi subire diverse reazioni(che avranno luogo nei mitocondri oppure nel reticolo endoplasmatico) che porterannoalla sintesi dei varii ormoni. Adesso vedremo la sintesi di ciascuno, esaminando untessuto alla volta.

6.2 Ormoni della corteccia della ghiandola surrenale

Per un breve cenno all’anatomia e alla struttura delle ghiandole surrenali, si veda ilbox “Dove siamo?” a pagina 84.

6.2.1 Corticosteroidi: mineralcorticoidi e glucocorticoidi

Sede di elaborazione La ghiandola surrenale sintetizza, a livello della zona corti-cale, gli ormoni adrenocorticoidi più una piccola quantità di androgeni (ma non iltestosterone). Schematicamente:

• zona glomerulosa: mineralcorticoidi (es. aldosterone);

• zona fascicolata: glucocorticoidi (es. cortisolo), e corticosterone;

• zona reticolata: androgeni (es. androstenedione), e glucocorticoidi.

Un modo per ricordarsi gli ormoni prodotti dalle zone della surrenale è tenere amente la frase: “Go Find Rex, Make Good Sex.”2

Biosintesi La prima reazione che incontriamo è la conversione del colesterolo inpregnenolone. Ricordiamo che questo è lo step di commissionamento, oltre che lareazione velocità-limitante. L’enzima che catalizza la reazione si trova all’interno deimitocondri. Vediamo più in dettaglio come si svolge questa tappa.

Il colesterolo nelle cellule delle ghiandole surrenali si trova esterificato in goccelipidiche nel citoplasma (apprezzabili in microscopia elettronica). È evidente che uno

2“Go Find Rex” aiuta a ricordarsi le zone della corticale, dall’esterno all’interno (Glomerulosa,Fascicolata, Reticolata); “Make Good Sex” indica i principali ormoni che vengono rispettivamentesintetizzati dalle tre zone (Mineralcorticoidi, Glucocorticoidi, ormoni Sessuali).

Page 152: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 143

O2

HO

Colesterolo

H3C

HO

O

Pregnenolone

CH

O

Isocaproaldeide

+

CYP450 11A1

NADPH NADP+

Figura 6.2: Reazione di conversione del colesterolo in pregnenolone. Il pregnenolone è il precursoredi molti ormoni che saranno illustrati in seguito.

dei prerequisiti per il procedere della via biosintetica sia la disponibilità di substrato,dunque il colesterolo deve innanzi tutto essere liberato e trasportato dove si svolge lareazione, cioè all’interno del mitocondrio.

La mobilizzazione del colesterolo è una tappa regolata da segnali differenti nella zonaglomerulosa (dove è stimolata dall’angiotensina II) e nelle zone fascicolata e reticolata (dove èstimolata dall’ACTH) (vedi Secrezione e Regolazione). Entrambi i segnali comunqueattivano una esterasi, la quale agisce sulle gocce lipidiche e promuove la mobilizzazionedel colesterolo. Il colesterolo penetra nella membrana esterna dei mitocondri, e vienetraslocato a livello della membrana interna del mitocondrio da una proteina dettaStAR (Steroidogenic Acute Regulatory protein), anche questa regolata.

All’interno della matrice mitocondriale si trova un importante membro dellanumerosa famiglia dei citocromi P450 (che conta più di 4500 membri!), CYP11A1. Comealtri citocromi, il CYP450 11A1 catalizza una reazione monossigenasi: utilizzandoun ossigeno a partire dall’O2, l’attività enzimatica catalizza l’idrossilazione di unsubstrato. L’altro ossigeno invece è ridotto ad H2O utilizzando il potere riducentedel NADPH. Questo tipo di reazione merita attenzione per diverse ragioni: un buonmotivo è rappresentato dal fatto che questo è un potenziale “luogo metabolico” dovepuò avvenire formazione di ROS (Reactive Oxygen Species) per incompleta riduzionedell’ossigeno.

Nel caso del colesterolo, la reazione che avviene è illustrata in figura 6.2. Ilmeccanismo di reazione comporta due idrossilazioni sequenziali, realizzate secondo lemodalità appena viste, sul C22 e sul C20. Si formano quindi, come intermedi di reazione,prima 22-idrossicolesterolo, poi 20,22-diidrossicolesterolo. Infine, avviene il taglioossidativo della catena laterale, con formazione di isocaproaldeide e pregnenolone(21 C).

Il pregnenolone ha a questo punto diversi possibili destini. In generale, si trattadi reazioni a livello del mitocondrio o del REL che coinvolgono numerose idrossilasi(che richiedono O2 e NADPH), alcune deidrogenasi, una isomerasi e una liasi. Queste

Page 153: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 144

reazioni sono diverse a seconda della zona della corticale. Le diverse sequenze direazioni portano ai composti che sono secreti dalle zone della corticale.

Riferendoci agli schemi delle pagine 145, 146 e 147 esaminiamo come procede lasintesi.

Il punto di partenza è il pregnenolone, in alto a sinistra.

Zona glomerulosa. Osserviamo la figura 6.3 (pagina 145).

Le cellule di questa zona della corteccia non esprimono l’enzima 17 α-idrossilasi,dunque la biosintesi procedere verso il progesterone (21 C). La catalisi è a carico didue enzimi del REL:

• 3 β-idrossisteroide deidrogenasi (ossida il gruppo -OH sul C3 a gruppo chetonico);

• Δ5,4-isomerasi (sposta il doppio legame dalle posizioni 5,6 a 4,5).

In generale, tutte le idrossilasi del REL che incontreremo sono citocromi. Un’altraidrossilasi del REL converte il progesterone in 11-deossicorticosterone (DOC). Questo èun mineralcorticoide, ma ha scarsa attività e non viene secreto in quantità apprezzabili:il suo ruolo metabolico è essenzialmente di fungere da precursore dell’aldosterone.

I successivi enzimi sono mitocondriali. L’11- β-idrossilasi catalizza la sintesi del cor-ticosterone, che presenta attività mineralcorticoide e glucocorticoide. L’azione sequen-ziale delle attività enzimatiche 18-idrossilasi e deidrogenasi, che complessivamenteinseriscono un gruppo aldeidico in C18, portano alla sintesi dell’aldosterone.

Zona fascicolata. Le reazioni sono illustrate nella figura 6.4 (pagina 146).

A livello della zona fascicolata avviene gran parte della sintesi dei glucocorticoidi(in parte avviene anche nella zona reticolata), che viene condotta da tre idrossilasi, ingrado di inserire gruppi -OH a livello di C17, C21, C11. Come prima, il composto dipartenza è il pregnenolone. Nella maggior parte dei casi, questo diviene substrato della17- α-idrossilasi (REL) ottenendo 17-idrossipregnenolone, che viene poi trasformato in17-idrossiprogesterone, per subire le altre due idrossilazioni in sequenza. Infine, siottiene cortisolo.

Una minor quota di pregnenolone viene convertito prima in progesterone e poiidrossilato in 17. Occasionalmente, una parte del pregnenolone viene indirizzata allasintesi dei mineralcorticoidi, ma le cellule della zona fascicolata non esprimono né la18-idrossilasi, né la 18-idrossisteroide deidrogenasi, dunque si arriva al massimo finoal corticosterone.

Page 154: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 145

O

O

Δ Androstene-3,17-dione4O

COH3C

OH

17-Idrossiprogesterone

O

CO

OH

HOCH2

11-Deossicortisolo

HOCH2

O

CO

OHOH

Cortisolo

3β-Idrossisteroide deidrogenasi - Δ -Isomerasi5,4

21 C Idrossilasi

11β-Idrossilasi

18-Idrossilasi

18-Idrossisteroide deidrogenasi

17

,20

-Lia

si

HO

O

DeidroepiandrosteroneHO

COH3C

OH

17-Idrossipregnenolone

O

COH3C

Progesterone

O

COHOCH2

11-Deossicorticosterone

CH2OH

O

C OHO

Corticosterone

CH2OH

O

C OHO

CH

O

Aldosterone

HO

COH3C

Pregnenolone

17

,20

-Lia

si

17α

-Idro

ssila

si1

-Idro

ssila

si

Zona midollare

Zona corticale

Zona glomerulosa

Zona fascicolata

Zona reticolare

Figura 6.3: Biosintesi degli ormoni corticosteroidei. Nella zona glomerulosa (in rosso nel riquadrogrande) avvengono le reazioni evidenziate.

Page 155: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 146

Zona midollare

Zona corticale

Zona glomerulosa

Zona fascicolata

Zona reticolare

O

O

Δ Androstene-3,17-dione4O

COH3C

OH

17-Idrossiprogesterone

O

CO

OH

HOCH2

11-Deossicortisolo

HOCH2

O

CO

OHOH

Cortisolo

3β-Idrossisteroide deidrogenasi - Δ -Isomerasi5,4

21 C Idrossilasi

11β-Idrossilasi

18-Idrossilasi

18-Idrossisteroide deidrogenasi

17

,20

-Lia

si

HO

O

DeidroepiandrosteroneHO

COH3C

OH

17-Idrossipregnenolone

O

COH3C

Progesterone

O

COHOCH2

11-Deossicorticosterone

CH2OH

O

C OHO

Corticosterone

CH2OH

O

C OHO

CH

O

Aldosterone

HO

COH3C

Pregnenolone

17

,20

-Lia

si

17α

-Idro

ssila

si1

-Idro

ssila

si

Figura 6.4: Biosintesi degli ormoni corticosteroidei. Nella zona fascicolata (in rosso nel riquadrogrande) avvengono le reazioni evidenziate.

Page 156: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 147

Zona midollare

Zona corticale

Zona glomerulosa

Zona fascicolata

Zona reticolare

O

O

Δ Androstene-3,17-dione4O

COH3C

OH

17-Idrossiprogesterone

O

CO

OH

HOCH2

11-Deossicortisolo

HOCH2

O

CO

OHOH

Cortisolo

3β-Idrossisteroide deidrogenasi - Δ -Isomerasi5,4

21 C Idrossilasi

11β-Idrossilasi

18-Idrossilasi

18-Idrossisteroide deidrogenasi

17

,20

-Lia

si

HO

O

DeidroepiandrosteroneHO

COH3C

OH

17-Idrossipregnenolone

O

COH3C

Progesterone

O

COHOCH2

11-Deossicorticosterone

CH2OH

O

C OHO

Corticosterone

CH2OH

O

C OHO

CH

O

Aldosterone

HO

COH3C

Pregnenolone

17

,20

-Lia

si

17α

-Idro

ssila

si1

-Idro

ssila

si

Figura 6.5: Biosintesi degli ormoni corticosteroidei. Nella zona reticolare (in rosso nel riquadrogrande) avvengono le reazioni evidenziate.

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6 Ormoni steroidei 148

Zona reticolata. L’illustrazione di riferimento è la figura 6.5 (pagina 147).

Il pregnenolone viene idrossilato in posizione 17 come accadeva nella zona fascico-lata, con produzione di 17-idrossipregnenolone. Quest’ultimo viene destinato per lopiù alla sintesi dei glucocorticoidi, ma una frazione minore diviene substrato di unaliasi. Questa attività liasica è fornita da una subunità che si trova complessata con lasubunità che presenta l’attività catalitica 17-idrossilasi.

La liasi catalizza la rimozione ossidativa di ciò che rimaneva della catena lateraledel colesterolo, elaborando come prodotto deidroepiandrosterone. Questo è unandrogeno, ma la sua azione è piuttosto scarsa, e il suo significato è soprattutto quellodi precursore di androgeni più potenti. La conversione avviene grazie a due enzimiche abbiamo già incontrato, 3 β-idrossisteroide deidrogenasi (ossida l’-OH sul C3 agruppo chetonico) e Δ5,4-isomerasi (sposta il doppio legame dalle posizioni 5,6 a 4,5),e che agiscono anche su questo substrato per produrre androstenedione.

Secrezione e Regolazione Abbiamo visto che per la sintesi di questi ormoni è ne-cessaria la liberazione del colesterolo. Nella zona fascicolata e reticolata il segnaleper la sintesi dei glucocorticoidi, che impartisce anche l’ordine per la liberazione delcolesterolo, è portato dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH), secreto dall’adenoi-pofisi in risposta ad un segnale dall’ipotalamo. L’ACTH si lega a recettori sulle celluledella corteccia surrenale; si tratta di recettori legati a proteine G, che scatenano lacascata intracellulare consueta: l’adenilato ciclasi converte l’ATP in cAMP, che aumentavertiginosamente la propria concentrazione.

Questa cascata intracellulare di trasduzione del messaggio provoca due effettiprincipali:

• In un tempo molto breve (pochi minuti) il cAMP attiva una PKA che fosforila, atti-vandola, la esterasi, che agisce sulle gocce lipidiche e promuove la mobilizzazionedel colesterolo. La PKA fosforila inoltre la Steroidogenic Acute Regulatory (StAR)protein, che permette la traslocazione del colesterolo nella membrana internadel mitocondrio. È una proteina di circa 50 kDa, di fatto ACTH-dipendente, chenell’uomo è causa di patologie quando non è funzionante.

• In un tempo più lungo (alcune ore) si ha aumento della trascrizione degli enzimicoinvolti nella biosintesi degli ormoni steroidei.

Nella zona glomerulosa (quella più esterna) il segnale è dato principalmentedall’angiotensina II. Questa si lega al proprio recettore accoppiato ad una proteinaG, che attiva la fosfolipasi C per generare IP3 e diacilglicerolo. Come di consueto,questi secondi messaggeri attivano una PKC e producono un innalzamento della

Page 158: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 149

concentrazione intracellulare di Ca2+. La chinasi procede poi alla fosforilazione deglienzimi coinvolti nella sintesi dell’aldosterone, attivandoli ed incrementando la velocitàcomplessiva della via metabolica. Inoltre, si evidenziano effetti simili a quelli che siosservano dopo stimolazione da parte dell’ACTH.3

Il fatto che nella zona glomerulosa lo stimolo per la secrezione giunga dall’angioten-sina II significa che la secrezione dei mineralcorticoidi, prodotto principale di questaarea, si verifica in risposta una riduzione del volume ematico o ad una perdita disali. A questo proposito, si ammette che anche il potassio contribuisca a regolare lasecrezione dei mineralcorticoidi.

Ricapitolando:

• la sintesi ed il rilascio dei mineralcorticoidi (zona glomerulosa della corteccia delsurrene) è soprattutto sotto il controllo dell’angiotensina II, che viene prodotta inseguito ad una riduzione del volume ematico o perdita di sali minerali. Un ruolominore è rivestito da ACTH. Anche la concentrazione degli ioni potassio regolaquesti ormoni;

• La sintesi ed il rilascio dei glucocorticoidi e degli androgeni surrenalici (zonafascicolata e reticolata) è sotto il controllo neuroendocrino dell’ACTH, in rispostaa situazioni di stress o malattia.

Trasporto nel plasma e degradazione Il principale glucocorticoide rilasciato è il cor-tisolo, seguito dal corticosterone. Nel plasma, questi composti sono gli adrenocorticoidipiù abbondanti; si trovano per lo più legati non covalentemente a proteine di trasporto,e solo una piccola frazione circola in forma libera. Come sempre, quest’ultima quotarappresenta la frazione biologicamente attiva, mentre la quota legata alle proteineha la funzione di una riserva di ormone in equilibrio dinamico con la forma libera.Il fatto di essere legati a proteine protegge questi composti dal metabolismo di tipodegradativo, e ne prolunga l’emivita a diverse decine di minuti.

Le proteine di trasporto sono:

• Transcortina, o globulina legante i corticosteroidi, o α2-globulina legante iglucocorticoidi, sintetizzata dal fegato;

• Albumina, che lega questi composti in modo aspecifico;

I glucocorticoidi, dalla circolazione, diffondono

• verso i tessuti bersaglio;

3Peraltro, si ritiene che anche questo ormone entri direttamente in gioco nella regolazione, anche secon un ruolo minore.

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6 Ormoni steroidei 150

• nel tessuto adiposo, dove prosegue una parte del loro metabolismo. Questo tessu-to non è un bersaglio, ma esprime enzimi in grado di convertire i glucocorticoidiin ormoni sessuali, in particolare estrogeni.

• in fegato e rene, dove ha luogo il metabolismo catabolico.

Qui gli ormoni vengono inattivati a 17-idrossicorticosteroidi, e spesso coniugatiper formare solfati e glucuronati, escreti con le urine. In particolare, il cortisolo vieneconvertito a cortisone, che ha attività biologica inferiore, ed entrambi poi vengonoidrossilati.

Per quanto riguarda i mineralcorticoidi, il principale ormone rilasciato è l’aldoste-rone. Nel plasma ha una concentrazione estremamente bassa, nell’ordine dei centesimidi μ/100 mL. Si lega scarsamente alle proteine di trasporto degli altri adrenocorticoidi,mentre è più affine all’albumina. Ha un’emivita breve rispetto ad altri ormoni lipofili(poche decine di minuti). Viene metabolizzato soprattutto nel fegato, dove avvienela coniungazione con un derivato dell’acido glucuronico, e viene escreto con le urineprincipalmente in questa forma.

Tra gli androgeni, vengono rilasciati soprattutto androstenedione e deidroepian-drosterone. Quest’ultimo è frequentemente esterificato al solfato, ed è soprattutto inquesta forma che si trova in circolo. La restante quota in parte si lega ad una proteinadi trasporto (Sex Hormone Binding Protein) a cui si legano altri ormoni sessuali, e inminor parte all’albumina. Nei tessuti periferici entrambi gli ormoni sono convertiti inandrogeni ed estrogeni, soprattutto estradiolo. Una certa quota degli ormoni sessualiin circolo deriva da androgeni surrenalici.

Recettori Gli adrenocorticoidi esercitano la loro attività biologica grazie a recettoriintracellulari, come succede caratteristicamente per gli altri ormoni lipofili. I recettoridegli ormoni steroidei, attivati dal legame con l’ormone, sono in grado di agire comefattori di trascrizione, legandosi a specifiche sequenze di DNA dette Response Elements(RE). In questo modo, gli ormoni steroidei possono influenzare l’espressione genica.Questo tipo di azione è tipicamente lenta, perché presuppone numerosi passaggi(trascrizione, processamento dell’mRNA, traduzione, etc.), cosicché l’azione di questiormoni si evidenzia dopo ore o giorni.

Glucocorticoidi e mineralcorticoidi hanno due tipi di recettori diversi, anche sestrettamente correlati: vi è un elevato grado di omologia a livello del dominio che legal’ormone, mentre il dominio che lega il DNA è praticamente identico. I recettori deiglucocorticoidi sono espressi in moltissimi tessuti, e quello più comune è il recettore ditipo α; sono estremamente specifici per i glucocorticoidi. I recettori dei mineralcorti-coidi invece sono meno specifici, e sono in grado di legarsi sia ai mineralcorticoidi che

Page 160: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 151

ai glucocorticoidi - tuttavia, l’aldosterone si dissocia molto lentamente dal recettore.Le cellule che esprimono i recettori dei mineralcorticoidi presentano dei sistemi perevitare che i recettori si leghino esclusivamente ai glucocorticoidi, come l’espressionedi enzimi in grado di inattivare i glucocorticoidi. Si ritiene che gli steroidi possanoanche avere effetti non genomici, in certi casi attraverso la mediazione con recettoriextracellulari, ma le modalità non sono chiare.

Effetti fisiologici L’aldosterone è coinvolto nella modulazione dell’escrezione didiversi ioni plasmatici. Agisce soprattutto a livello delle cellule della porzione distaledei tubuli e nei dotti collettori nel rene, promuovendo

• incremento del riassorbimento del Na+, attraverso una stimolazione del trasportotranscellulare dello ione. Questo avviene grazie ad un aumento della trascrizionedei geni per i trasportatori del sodio sulla membrana apicale, che sottraggonosodio al filtrato glomerulare, e per le pompe Na+/K+ ATPasi esposte sulle mem-brane basolaterali delle cellule, che esportano sodio intracellulare ed importanopotassio;

• incremento dell’escrezione di K+, H+ e NH4+. Questa azione è in parte favoritaindirettamente dall’aumentato riassorbimento di Na+4, in parte dall’aumentodell’espressione di specifici canali, per esempio H+-ATPasi. L’aldosterone haquindi anche un ruolo nel regolare l’acidità del plasma.

L’aldosterone agisce anche incrementando il riassorbimento di sodio a livello delleghiandole salivari e sudoripare, e promuovendo l’escrezione di K+ nel colon. Indefinitiva, l’aldosterone gioca un ruolo molto importante nella regolazione a lungotermine della pressione sanguigna. I recettori per l’aldosterone sono espressi da unnumero di citotipi minore rispetto agli altri adrenocorticoidi, ma la risposta che suscitaè più potente. Inoltre, questo ormone ha effetto anche su alcune aree cerebrali. Studirecenti sembrano aver trovato evidenze di un’azione paracrina di questo ormone,almeno in certi tessuti.

Il cortisolo e in generale i glucocorticoidi hanno un’azione potenzialmente moltoestesa, dato che quasi tutte le cellule esprimono recettori. Influenzano il metabolismointermedio di aminoacidi, lipidi e glicidi; regolano il sistema immunitario e hannoazione antiinfiammatoria; modulano l’umore nel sistema nervoso centrale. In tutti icasi, questi effetti vengono modulati tramite la regolazione dell’espressione genicadegli enzimi coinvolti:

4Per i dettagli,si rimanda ai testi di fisiologia.

Page 161: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 152

• Aumento della gluconeogenesi e della glicogenolisi epatiche; incremento dellaglicogenolisi e della gluconeogenesi periferica; incremento dei livelli plasmaticidi glucosio, e inibizione dell’utilizzo periferico di questo zucchero (azioneanti-insulinica); promuove la sintesi di RNA e la sua traduzione;

• Aumento della degradazione delle proteine muscolari, inibizione dell’utilizzocatabolico degli aminoacidi – questo serve per rendere disponibili aminoacidiper la gluconeogenesi;

• Incremento della lipolisi nel tessuto adiposo, con mobilizzazione degli acidigrassi. Sia l’azione rivolta all’incremento della degradazione proteica che questoincremento della lipolisi hanno un effetto di risparmio del glucosio: il cortisolodevia il metabolismo verso l’utilizzo di altri substrati;

• Promuove la ritenzione idrica, e favorisce l’ipertensione causata dalle catecolam-mine;

• A livello delle cellule del sistema immunitario, aumenta la produzione di citochineantiinfiammatorie e riduce la produzione di citochine proinfiammatorie; inducela produzione di lipocortine, che a loro volta inibiscono la fosfolipasi A 2,impedendo la sintesi di prostaglandine e leucotrieni; riduce il numero dellamaggior parte dei leucociti circolanti, interferendo con l’azione dei fattori dicrescita, e ne ostacola la motilità; tutto questo si traduce in un complessivo effettodi soppressione della risposta immunitaria.

• A livello del sistema nervoso centrale modula l’umore e le emozioni, e inibiscetramite feedback negativo il rilascio di CRH e e ACTH.

Per quanto riguarda gli androgeni surrenalici, non è chiaro se abbiano una loroazione in quanto tali, e nel caso, quale sia; è certo che gran parte vengono convertiti inaltri ormoni sessuali e quindi sicuramente una gran parte della loro azione è svoltasotto questa forma.

Correlazioni cliniche: Sindrome e malattia di Cushing

La sindrome di Cushing è il caratteristico quadro clinico provocato da una condizionesufficientemente prolungata nel tempo di eccesso di ormoni corticosteroidei (ipercorticosur-renalismo o ipercortisolismo; quest’ultimo è un termine usato soprattutto nella letteraturainternazionale).

Una condizione di abnorme presenza di cortisolo in circolo può realizzarsi:

Page 162: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 153

• a causa di una ipersecrezione di ACTH, che ne stimola la produzione (e in questo casol’ipercorticosurrenalismo è detto ACTH-dipendente perché è secondario allo stimolodell’ACTH);

• per una ipersecrezione incontrollata di cortisolo, che in qualche modo si è svincolatadal controllo dell’ACTH (ipercorticosurrenalismo ACTH-indipendente);

• in seguito a una terapia prolungata con cortisonici (quindi il cortisolo è esogeno, edanche in questo caso l’ipercorticosurrenalismo è ACTH-indipendente); in quest’ultimasituazione si parla di sindrome di Cushing iatrogena.

L’ipersecrezione di ACTH può derivare da un tumore dell’ipofisi che ha acquisito lacapacità di secernere ACTH in modo incontrollato, indipendentemente dal controllo del CRH;in questo caso si parla di malattia o morbo di Cushing (quindi il morbo di Cushing è uncaso particolare di sindrome di Cushing). Più raramente, ci può essere una produzione diACTH ectopico, cioè da un sito diverso da quello fisiologico (per esempio da parte di untumore, tipicamente i tumori a piccole cellule del polmone). L’ipersecrezione incontrollatadi cortisolo può essere dovuta a tumori della corticale del surrene oppure a iperplasia delsurrene. In questo caso, così come nel caso di una somministrazione di cortisolo esogeno,l’asse ipotalamo-ipofisario è soppresso (l’eccesso di corticosteroidi inibisce con il feedbacknegativo la secrezione di CRH ed ACTH).

La sindrome di Cushing si manifesta con un corteo molto ricco di segni e sintomi classici:obesità con un pattern tipico (è detta tronculare, cioè a carico di collo, torace ed addome);ipertensione; alterazioni cutanee (acne, lividi che insorgono facilmente e lenta guarigione delleferite); irsutismo; alterazioni del metabolismo glicidico fino al diabete; osteoporosi; debolezza;sintomi da interessamente del sistema nervoso centrale, con alterazioni del tono dell’umore,fino ad allucinazioni e psicosi.

Correlazioni cliniche: Insufficienza surrenalica e malattia di Addison

L’insufficienza surrenalica o iposurrenalismo è il quadro clinico provocato da una insufficienteproduzione di ormoni da parte della corticale surrenale (soprattutto mineralcorticoidi eglucocorticoidi).

L’insufficienza surrenalica viene definita primaria quando si realizza per un problema delleghiandole surrenali; secondaria quando il problema è ipofisario; terziara quando è ipotalamico.

Page 163: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 154

Alla base delle forme primarie c’è quindi un difetto di produzione, mentre nelle forme secondarieo terziarie c’è un difetto di stimolazione.

L’insufficienza surrenalica primaria è nota come malattia di Addison. È una condizioneabbastanza rara, in cui c’è una distruzione o una disfuzione della ghiandola surrenale. Neipaesi industrializzati riconosce nella maggior parte dei casi una patogenesi autoimmune: siverifica cioè una reazione immunitaria rivolta contro la corticale surrenale, che va incontro adatrofia. L’iposurrenalismo secondario e terziario può essere una consequenza di qualunquepatologia che comprometta la secrezione, rispettivamente, di ACTH da parte dell’ipofisi e diCRH da parte dell’ipotalamo.

L’insufficienza surrenalica è difficile da sospettare clinicamente perché i sintomi non sonocaratteristici e si sviluppano lentamente, in modo insidioso; tuttavia diagnosticarla è importanteperché se non riconosciuta e trattata può portare a morte.

Tra i segni ed i sintomi più comuni dell’ipocorticosurrenalismo primitivo: stanchezza,debolezza, perdita di peso, disidratazione, ipovolemia, ipotensione (ridotta pressione arteriosa),dolori addominali e muscolari, nausea e vomito. Nel corso delle indagini laboratoristichepossono emergere ipoglicemia, iponatremia, iperkaliemia ed acidosi. Alcuni pazienti riferisconoun desiderio particolare di assumere cibi salati. Inoltre, nell’ipocorticosurrenalismo primarioè talora possibile osservare una iperpigmetazione di tutta la cute o in corrispondenza diparticolari aree (cicatrici, pieghe palmoplantari). Questo fenomeno è spiegabile in base almeccanismo di feedback che regola l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. La produzione di ACTHè aumentata (per tentare di compensare ai ridotti livelli di steroidi corticosurrenalici); ilprecursore dell’ACTH (la proopiomelanocortina o POMC) tuttavia dà origine anche a varieforme di MSH, il melanocyte-stimulating hormone.

Nell’iposurrenalismo primario il quadro clinico è dovuto alla carente produzione di glucocor-ticoidi e mineralcorticoidi, mentre nell’iposurrenalismo secondario e terziario la produzione dimineralcorticoidi è normale (perché?) e dunque segni e sintomi sono dovuti solo alla ridottaproduzione di cortisolo (mancano quindi disidratazione, ipovolemia, iperkaliemia e spessoanche l’ipotensione).

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6 Ormoni steroidei 155

6.3 Ormoni delle gonadi

6.3.1 Androgeni ed estrogeni

Generalità Prima di trattare gli ormoni prodotti dalle gonadi, è necessaria unaraccomandazione.

Il lettore dovrebbe liberarsi di eventuali preconcetti legati alla natura degli ormoni:non esistono ormoni “maschili” e ormoni “femminili”. Non ci si dovrebbe aspettareche nell’uomo vengano prodotti solo androgeni e nella donna solo estrogeni [13]. Èvero però che l’uomo produce più androgeni che estrogeni, mentre nella donna è veroil contrario. Quindi, sia nel maschio che nella femmina sono presenti sia androgeniche estrogeni; quello che cambia è la proporzione con cui vengono sintetizzati e siritrovano in circolo.

Per esempio, gli uomini producono 5-8 mg di testosterone al giorno (tipicamenteconsiderato un ormone “maschile”), ma anche la donna lo produce; nella donna peròla produzione è molto minore, circa di 0,5 mg al giorno.

Nell’uomo, il principale ormone che viene secreto è il testosterone. Tuttavia, nono-stante la grande notorietà di questo metabolita al di fuori dell’ambiente scientifico, iltestosterone si potrebbe considerare un pro-ormone, in quanto non è il reale deposita-rio della massima attività fisiologica. Questa si esplica quando il testosterone vieneconvertito in diidrotestosterone a livello dei tessuti bersaglio – inoltre, il testosterone alivello dei tessuti periferici può essere anche convertito in estradiolo, un estrogeno.

Nella donna, vengono sintetizzati androgeni con le stesse reazioni. La differenzaè che vengono in gran parte aromatizzati e convertiti in estrogeni, cosisicché gliandrogeni si trovano in circolo solo in piccole quantità. Gli ormoni sessuali che siritrovano in maggiore quantità nella donna sono quindi estrone, 17 β-estradiolo e, intalune condizioni fisiologiche, progesterone ed estriolo.

Sede di sintesi Gli ormoni sessuali e progestinici sono sintetizzati in gran parte dallegonadi. Nell’uomo le gonadi sono rappresentate dai testicoli, nella donna dalle ovaie.

Nell’uomo, a livello delle cellule di Leydig del testicolo avviene la quota maggioredella sintesi degli androgeni – infatti, come abbiamo visto, una parte viene prodottadalla zona corticale della ghiandola surrenale. Le cellule di Leydig sintetizzano ancheuna quota di estrogeni. Sembra che una quantità anche maggiore venga sintetizzatada cellule germinali e spermatociti in via di maturazione [13], tuttavia probabilmentegran parte di questi estrogeni agiscono localmente a livello del testicolo. Nel maschio

Page 165: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 156

la quota maggiore di estrogeni circolanti è ottenuta per conversione extragonadica apartire dal testosterone [27]; questi estrogeni agirebbero soprattutto localmente, cioè làdove sono prodotti.

Nella donna, a livello ovarico,le cellule della teca e cellule della granulosa sonoconsiderate i principali citotipi coinvolti nella sintesi ormonale. Schematicamente, lecellule della teca producono androgeni, mentre le cellule della granulosa produconoestrogeni. Quindi, la sede di sintesi è il follicolo in via di maturazione. Durante lamenopausa, la sintesi ormonale viene portata avanti da cellule dello stroma ovarico ein siti periferici, extragonadici[10].

In entrambi i sessi una quota minore ma non trascurabile di ormoni è sintetizzata insiti extragonadici, per esempio tessuto adiposo e epidermide, che esprimono l’enzimaaromatasi e sono in grado quindi di sintetizzare estrogeni [27, 38].

Biosintesi Andremo innanzi tutto ad esaminare la biosintesi del testosterone, e poivedremo i suoi possibili destini. Le prime fasi della sintesi del testosterone sono similia quelle viste per quanto riguarda gli adrenocorticoidi.

• Il precursore è anche in questo caso il colesterolo;

• la mobilizzazione e il trasporto del colesterolo nel mitocondrio avvengono nellostesso modo che abbiamo visto per gli altri ormoni steroidei. Anche in questocaso, si tratta della tappa limitante la velocità dell’intera via metabolica, e anchein questo caso è coinvolta la StAR protein. La regolazione tuttavia è effettuata daormoni diversi (vedi il paragrafo “Secrezione e regolazione”, pag. 160).

• La reazione che converte il colesterolo a pregnenolone è identica alla reazioneche avviene a livello della corteccia surrenale.

Anche in questo caso dunque la via di biosintesi comincia con il pregnenolone. Lereazioni sono illustrate in figura 6.6, a pagina 157.

Il pregnenolone può essere convertito in testosterone seguendo due vie:

• attraverso la conversione prima in deidroepiandrosterone, poi in Δ5-androstenediolo.In un certo numero di casi, il deidroepiandrosterone viene convertito in andro-stenedione. Questa via metabolica, detta via del deidroepiandrosterone (o Δ5),è quella più utilizzata nei testicoli.

• attraverso la conversione in progesterone. Questa è chiamata via del progesterone(o Δ4), ed è più utilizzata nelle ovaie.

In entrambi i casi, gli enzimi in gioco sono gli stessi, e si trovano tutti a livello delREL:

Page 166: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 157

-Idro

ssis

tero

ide d

eid

rogenasi

- Δ

-I

som

era

si5

,4

C

HO

H3C

O

Pregnenolone

C

O

H3C

O

Progesterone

C

O

H3C

OOH

17α-idrossiprogesterone

C

HO

H3C

OOH

17α-idrossipregnenolone

O

O

Androstenedione

HO

O

Deidroepiandrosterone

O

OH

Testosterone

HO

OH

Δ -androstenediolo5

17,20-liasi

17β-idrossisteroide deidrogenasi

17α-idrossilasi 17α-idrossilasi

17,20-liasi

17β-idrossisteroide deidrogenasi

Figura 6.6: Biosintesi degli androgeni. Queste reazioni avvengono sia nelle ovaie che nei testicoli.

Page 167: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 158

• 3 β-idrossisteroide deidrogenasi e Δ5,4-isomerasi. Queste due attività enzimati-che, riunite in una unica proteina, entravano in gioco anche durante la sintesidegli adrenocorticoidi.

• 17 α-idrossilasi e 17,20-liasi. Queste due attività enzimatiche caratterizzavano lasintesi dei glucocorticoidi.

• 17 β-idrossisteroide deidrogenasi. Questo enzima è specifico delle gonadi.

In pratica, ciò che differenzia le due vie è l’ordine in cui intervengono 3 β-idrossisteroide deidrogenasi e Δ5,4-isomerasi.

Nell’uomo, una volta che il testosterone è stato sintetizzato, viene secreto (vediparagrafo “Trasporto nel plasma e degradazione”, pag. 164). Una parte del testosteroneviene poi utilizzato per produrre estrogeni con modalità simili a quelle che vedremonella donna. Questo avviene sia a livello gonadico (cellule del Leydig, forse cellulegerminali e spermatociti [13]), che a livello extragonadico.

Nella donna il testosterone è utilizzato a livello delle ovaie come precursore pergli estrogeni. Abbiamo visto come a livello delle ovaie prevalga nettamente la viadel progesterone per la sintesi del testosterone. Alcuni metaboliti di questa via sonoaromatizzati per sintetizzare estrogeni secondo lo schema 6.7 (pagina 159).

Sulla parte sinistra dello schema è riportata sinteticamente la sintesi degli androgeni,che si svolge secondo le due vie che abbiamo esaminato.

Nella donna, gli androgeni utilizzati per queste vie metaboliche sono costituiti da:

• in parte androgeni prodotti dalla ghiandola surrenale (deidroepiandrosterone eandrostenedione);

• in parte androgeni prodotti in situ con le stesse modalità viste prima (androste-nedione e testosterone);

• dal testosterone originatosi perifericamente per la conversione degli steroidisurrenalici;

Nelle ovaie l’enzima aromatasi, un citocromo P450, è in grado di convertire sia iltestosterone che l’androstenedione in due diversi estrogeni:

• l’estrone (E1) viene sintetizzato dall’aromatizzazione dell’anello A dell’androste-nedione;

• l’estradiolo (E2) viene sintetizzato dall’aromatizzazione dell’anello A del testo-sterone. È l’estrogeno più attivo.

Page 168: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 159

Pregnenolone Progesterone

17α-idrossipregnenolone

Deidroepiandrosterone

17α-idrossiprogesterone

17β-OH deidrogenasi

16α

-idro

ssila

si

aro

mata

si

17,20-liasi

O

O

Androstenedione

O

HO

Estrone (E1)

HO

OH

OH

Estriolo

O

OH

Testosterone

OH

HO

17β-Estradiolo (E2)

Figura 6.7: Biosintesi degli estrogeni. Queste reazioni avvengono soprattutto nelle ovaie. Leformule di struttura non rappresentate sono reperibili in figura 6.5 (pagina 147).

Page 169: Biochimica degli ormoni

6 Ormoni steroidei 160

L’enzima 17 β-OH deidrogenasi è in grado di convertire i composti l’uno nell’altro.Inoltre, dall’estrione si può ottenere l’estriolo, il terzo principale estrogeno circolante.

Queste aromatizzazioni coinvolgono dei processi ossidativi molto complessi a caricodel gruppo metile legato in C10, che viene infine eliminato. In questi processi entranoin gioco O2 e NADPH. Si ritiene che queste attività biosintetiche avvengano graziealla coordinazione di cellule tecali e cellule della granulosa, nell’ambito del follicoloovarico.

• Le cellule della granulosa esprimono gli enzimi che consentono loro di sinte-tizzare gli estrogeni, e possono convertire il colesterolo in progesterone, manon possono effettuare le reazioni che dal progesterone producono androgeni(mancano di CYP17, l’enzima con attività 17 α-idrossilasi e 17,20-liasi).

• Le cellule della teca esprimono gli enzimi che consentono loro di convertire ilcolesterolo in androgeni, ma non per effettuare le conversione ad estrogeni (nonesprimono l’aromatasi).

Quindi, le cellule della teca, sotto lo stimolo di LH/FSH, producono androgeni(soprattutto androstenedione), che viene inviato alle cellule della granulosa, le qualiprocedono alle reazioni appena viste per convertirlo soprattutto in estradiolo, il qualeviene secreto.

Secrezione e regolazione Gli ormoni che inducono la steroidogenesi degli ormonisessuali sono LH, l’ormone luteinizzante, e FSH, l’ormone follicolostimolante.

Le cellule bersaglio di questi ormoni sono:

• nell’uomo, le cellule di Leydig (LH) e del Sertoli (FSH);

• nella donna, le cellule della teca e della granulosa.

Queste gonadotropine si legano a recettori transmembrana accoppiati a proteineG, attivando in particolare la subunità G αS, che attiva adenilato ciclasi e innalza laconcentrazione di cAMP. L’attivazione consenguente della PKA fosforila proteine chemediano l’azione degli ormoni.

Regolazione nell’uomo LH agisce soprattutto sulle cellule del Leydig. Si ha, entropochi minuti, una attivazione degli enzimi coinvolti nella steroidogenesi e della StARprotein; in un lasso di tempo più lungo si osserva modulazione della espressionegenica. Notare che gli ormoni sessuali inibiscono con un meccanismo di feedback ilrilascio di GnRH ed LH, rispettivamente a livello ipotalamico ed ipofisario.

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FSH agisce soprattutto sulle cellule del Sertoli, dove stimola la produzione diuna proteina detta Testosterone-Estrogen Binding Protein (TEBP; vedi dopo) e laspermatogenesi. Stimola inoltre la secrezione di inibina B, un ormone peptidico cheinibisce selettivamente la secrezione di FSH.

Regolazione nella donna Sfortunatamente (per lo studente di biochimica), la rego-lazione ormonale è complicata nella donna dalla presenza del ciclo ovarico. Questoconsiste nella periodica maturazione di un ovocita, che viene selezionato e predispostoper la fertilizzazione.

Schematicamente, distinguiamo:

• una fase follicolare in cui l’oocita si sviluppa e che termina con l’ovulazione,cioè l’espulsione dell’oocita dalle ovaie;

• una fase luteale che inizia dopo che è avvenuta l’ovulazione, ed in cui l’ovaiosecerne ormoni che hanno la funzione, nel caso in cui l’oocita venisse fecondato,di favorirne l’impianto.

Esaminiamo cosa succede nella fase follicolare. Prima dell’inizio del ciclo, gli oocitisono quiescenti (oociti primari). I follicoli primordiali sono le strutture di partenza:sono formati da un oocita primario, uno strato di cellule della granulosa appiattite, euna membrana basale . Il meccanismo in seguito al quale i follicoli primordiali sonoreclutati per andare incontro al ciclo non è chiaro; comunque sia, un certo numerodi follicoli primordiali viene reclutato e va incontro alla trasformazione in follicoloprimario (le cellule della granulosa assumono forma cuboidale e si sviluppa la zonapellucida). Lo stadio successivo è quello del follicolo secondario, che si caratterizzaper la moltiplicazione delle cellule della granulosa e la formazione di uno strato dicellule della teca esterno rispetto alla membrana basale; in un secondo momentoqueste si differenziano in cellule della teca interna e cellule della teca esterna. Ilfollicolo secondario inizia ad esprimere recettori per l’FSH, ma il suo sviluppo èFSH-indipendente in questa fase. Il passaggio da follicolo primordiale a secondariocostituisce la cosiddetta fase preantrale dello sviluppo follicolare. La successiva faseantrale inizia quando all’interno del follicolo si forma l’antro, una cavità piena diliquido che segna il passaggio a follicolo terziario. Poco dopo l’inizio della fase antrale ifollicoli sono dipendenti dall’FSH per la loro sopravvivenza: se non riescono ad ottenerlo inconcentrazioni sufficienti vanno incontro ad atresia (morte del follicolo).

Dopo la formazione dell’antro, le cellule della granulosa e della teca continuanoa moltiplicarsi e si differenziano in sottopopolazioni, mentre l’antro si espande. Lecellule della granulosa iniziano a produrre activina, una proteina che fa parte dellafamiglia dei TGF. È un dimero formato da una combinazione di due diverse subunità β

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(L’activina A è formata dalle subunità βA βA, l’activina AB da βA βB, l’activina B da βB

βB), e sembra avere un ruolo autocrino, stimolando l’espressione del recettore dell’FSH.L’inibina è un altro importante membro della famiglia dei TGF prodotto dalle celluledella granulosa. È un eterodimero formato da una subunità α e una subunità β(l’inibina A è formata dalle subunità α βA, l’inibina B da α βB). Vengono secreteentrambe e inibiscono selettivamente la secrezione di FSH. Poiché la sua produzione èstimolata dall’FSH, si tratta di un meccanismo a feedback negativo.

FSH ed LH in questa fase stimolano la produzione di ormoni sessuali secondo lemodalità già viste:

• Le cellule della teca, che rispondono soprattutto all’LH, producono gli androgeni(androstenedione soprattuto). In queste cellule LH incrementa il numero di suoirecettori, e stimola l’espressione e l’attività della StAR protein e di alcuni enzimidelle vie biosintetiche degli androgeni (3 β-idrossisteroide deidrogenasi e CYP17,l’enzima bifunzionale 17 α-idrossilasi/17,20-liasi)

• Le cellule della granulosa, che rispondono soprattutto all’FSH, aromatizzano gliandrogeni tecali ad estrogeni, producendo principalmente estradiolo, ottenutotramite la riduzione dell’estrone, a sua volta derivato dall’aromatizzazionedell’androstenedione. L’FSH in queste cellule stimola l’espressione dell’aromatasie della 17 β-OH deidrogenasi. Gli estrogeni e l’FSH stimolano anche l’espressionedi recettori per l’LH in queste cellule, che è un prerequisito per la responsivitàagli estrogeni che caratterizza queste cellule negli stadi successivi.

Le cellule della granulosa a questo punto iniziano ad esprimere recettori per l’LH.

Sotto questi stimoli, i livelli di ormoni estrogeni quindi iniziano a salire. Gli estrogeniesercitano un feedback negativo sulla secrezione di FSH, i cui livelli diminuiscono.Poiché a questo punto i follicoli sono dipendenti dall’FSH per la loro sopravvivenza, siviene a creare un processo di selezione, per cui i follicoli più grandi, che hanno piùrecettori dell’FSH, riescono ad acquisirne a sufficienza per sopravvivere, mentre i piùpiccoli vanno incontro ad atresia. Alla fine di una lotta all’ultimo sangue, emergeun follicolo dominante che è in grado di assumere il sempre più scarso FSH. L’FSH,insieme agli estrogeni che continuano a salire, promuove l’espressione dei recettoridell’LH da parte delle cellule della granulosa. I recettori divengono quindi sempre piùabbondanti.

Intanto, a livello ipofisario, l’aumento esponenziale di estrogeni in qualche modocambia il loro feedback verso il GnRH da negativo a positivo, mutandone il patterndi secrezione in modo da stimolare la secrezione di LH. LH sale bruscamente con unpicco (surge); 36 ore dopo il picco di LH si verifica l’ovulazione. Il segnale di feedback

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che termina il surge di LH non è noto. Rimane comunque una produzione di LH dibase, che permette di mantenere in una fase iniziale il corpo luteo.

Inizia quindi la fase luteale, in cui il follicolo ovarico che ha espulso l’oocitadiventa corpo luteo, che è formato a partire dalla differenziazione di cellule dellagranulosa e cellule interstiziali. In risposta all’LH, le cellule della teca luteinicaincrementano l’espressione degli enzimi per la produzione dell’androstenedione,mentre le cellule della granulosa luteinica incrementano l’attività dell’aromatasi.Viene indotta anche l’espressione della 3 β-idrossisteroide deidrogenasi così cheviene stimolata la produzione di progesterone. In definitiva, il corpo luteo producesoprattutto progesterone, e in minor quantità estradiolo e 17-idrossiprogesterone.Questi ormoni inibiscono a feedback la secrezione delle gonadotropine. Se si verificauna gravidanza, la secrezione di hCG da parte dell’embrione che si sta sviluppandosalva il corpo luteo (si lega agli stessi recettori dell’LH); il corpo luteo viene poimantenuto per 2-3 mesi e continua a produrre i diversi ormoni. In caso contrario, ilcorpo luteo, circa 9 giorni dopo l’ovulazione inizia ad andare in contro a degenerazione,ed è completamente involuto dopo 14 giorni, con caduta dei livelli di progesteroneed estrogeni. Sembra che questo sia legato ad una sensibilità progressivamenteminore all’LH. Questo comunque diminuisce il feedback negativo sull’FSH, i cui livellirisalgono. Vengono reclutati altri follicoli che stanno diventando FSH-dipendenti, edil ciclo ricomincia.

Abbiamo visto che in caso di gravidanza il corpo luteo viene mantenuto soloalcuni mesi, quindi cessa di esistere prima del momento del parto; eppure continuanoad essere sintetizzati numerosi ormoni, tra i quali anche progesterone ed estrogeni.L’organo che fa le veci del corpo luteo è la placenta, un organo che non ha corrispettivomaschile. Tra gli ormoni secreti (tra i quali spicca per importanza la hCG, gonadotropinaumana corionica) vi sono anche progesterone ed estrogeni. La sintesi placentare diprogesterone comincia in genere all’8° settimana di gestazione. La placenta nonsintetizza il colesterolo, ma sfrutta quello circolante legato alle LDL; una volta captatoil colesterolo esogeno, ne effettua la conversione in progesterone seguendo le vie cheabbiamo visto. Per quanto riguarda gli estrogeni, il principale ormone prodotto dallaplacenta è l’estriolo.

È interessante notare come, per questa sintesi, sia necessaria una coordinazionetra le ghiandole surrenali della madre e del feto. Questo è necessario poiché laplacenta è priva degli enzimi 17 αidrossilasi (idrossila progesterone o pregnenolonein posizione 17) e 17,20-liasi (rimuove ossidativamente la catena laterale in 17 da17-idrossipregnenolone o 17-idrossiprogesterone), il che impedisce la sintesi in situ diandrogeni ed estrogeni. Come viene risolta la situazione?

• La ghiandola surrenale fetale produce deidroepiandrosterone che viene inviato

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al fegato;

• Il fegato fetale lo converte in 16 α-idrossiepiandrosterone solfato;

• Attraverso il circolo placentare, questo composto arriva alla placenta, dove vienedesolfatato e aromatizzato dall’aromatasi; altre reazioni enzimatiche permettonodi ottenere estradiolo ed estriolo.

L’estriolo è prodotto in quantità significative in questo modo, quindi essenzialmentedurante la gravidanza.

Ricapitolando:

• in un primo tempo lo sviluppo del follicolo è FSH-indipendente;

• nella fase di selezione del follicolo dominante, l’FSH è il principale ormone; ilivelli di estrogeni iniziano ad aumentare;

• In tarda fase follicolare, la secrezione di FSH diminuisce per il feedback negativodegli estrogeni e dell’inibina, ed il follicolo dominante è stato selezionato;

• poco prima dell’ovulazione, l’LH diventa l’ormone principale; gli alti livelli diestrogeni provocano la preferenziale secrezione di LH, che raggiunge un picco.

• 36 h dopo il picco avviene l’ovulazione;

• nella fase luteinica, il follicolo dà origine al corpo luteo che sintetizza progesteroneed estrogeni; il progesterone è l’ormone principale di questa fase, e inibisce lasecrezione delle gonadotropine.

• Se non si è verificata la fecondazione, il corpo luteo degenera, i livelli diprogesterone ed estrogeni cadono, e GnRH ed FSH tornano ad aumentare.

Trasporto nel plasma e degradazione Il testosterone nel circolo sanguigno si trovaper lo più legato:

• ad una β-globulina sintetizzata al fegato, detta Sex Hormone Binding Protein(SHBG).

• ad una proteina molto simile alla precedente, detta Testosterone-Estrogen BindingProtein (TEBP) prodotta dalle cellule del Sertoli nel testicolo sotto stimolo del-l’FSH, e rilasciata nel lume dei tubuli seminiferi. Viene utilizzata essenzialmenteper il testosternone destinato alla regolazione della spermatogenesi. Sembra chequesta proteina inoltre possa interagire con recettori di membrana indipendentidai recettori citosolici degli ormoni tiroidei.

• oppure all’albumina.

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5α-reduttasi

NADPH NADP+

OH

O

Testosterone

OH

O

Diidrotestosterone

Figura 6.8: Reazione di conversione del testosterone in diidrotestosterone, che può essere consideratala forma attiva.

Una volta in circolo, il testosterone ha davanti a sé diversi possibili destini.

Nei tessuti bersaglio, il testosterone può divenire substrato dell’enzima 5 α-reduttasi, che, utilizzando NADPH come coenzima, riduce lo steroide a livellodell’anello A, producendo 5 α-diidrotestosterone (DHT), un androgeno dotato digrande attività (figura 6.8). Questa reazione avviene nel REL di molti delle cellulebersaglio. In realtà, una piccola parte di diidrotestosterone viene prodotto anche alivello dei testicoli.

Una volta formatosi il DHT, non c’è modo di convertire questo composto in unestrogeno. Il DHT agisce legandosi fortemente ai recettori intracellulari; esauritala sua azione, viene converito in composti meno attivi, soprattutto androstanediolo(pressoché inattivo). Questi composti vengono poi ulteriormente catabolizzati, e infineescreti con le urine.

In alcuni tessuti bersaglio il testosterone invece non viene convertito e si lega alrecettore direttamente.

A livello del tessuto adiposo, il testosterone può venire aromatizzato a 17 β-estradiolo dall’aromatasi. Anche l’androstenedione surrenalico può subire questodestino. Ritroveremo quest’ultima reazione con la sintesi degli estrogeni.

Nel fegato, e in misura minore in altri tessuti, avvengono reazioni con significatocatabolico: la loro funzione è quella di creare un coniugato idrosolubile dello steroide,affinché possa essere escreto con le urine. Il testosterone viene per prima cosa ossidatoin posizione 17: l’enzima che catalizza questa reazione è la 17 β-idrossisteroide deidro-genasi II, che viene espressa nel fegato; durante la reazione si ha riduzione di NAD+ aNADH. A questa reazione ne seguono altre, che culminano con la produzione di varii17-chetosteroidi inattivi o poco attivi, principalmente androsterone e etiocolanolone.Questi 17-chetosteroidi vengono poi glucuronidati o solfatati ed eliminati con le urine.

L’estradiolo può:

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• entrare in circolo ed esercitare la sua azione sui tessuti periferici;

• diffondere dalla cellula e agire con modalità paracrina;

• legarsi ai suoi recettori se presenti nella cellula che lo ha sintetizzato.

L’estradiolo circola soprattutto legato alla SHBP e all’albumina, mentre una quotaminima è in forma libera.

Nei tessuti periferici, dall’estradiolo si ottengono metaboliti inattivi. Viene so-prattutto convertito in estrone, che ha un’azione biologica più debole. Nel fegato,l’estrone:

• può poi essere convertito ad estriolo, che è l’altro maggior estrogeno circolante(anche se è realmente abbondante praticamente solo durante la gravidanza);

• essere elaborato in senso catabolico;

In generale, gli estrogeni (estrone, estradiolo, estriolo) vengono glucuronati osolfatati, oppure idrossilati e poi metilati a formare metossi-estrogeni; in entrambi icasi, vengono poi escreti con le urine.

Per quanto riguarda il progesterone, abbiamo visto che viene prodotto massiva-mente a livello ovarico durante la fase luteale, sotto la prevalente stimolazione dell’LH;circola soprattutto legato all’albumina.

Il suo metabolismo avviene nel fegato e prevede glucuronazione e solfatazione,spesso in posizione 20, analogamente a quanto avviene per esotreni e androgeni.

Recettori Il recettore degli androgeni fa parte, insieme agli altri recettori degli ormonilipofili, della superfamiglia dei recettori nucleari. Presenta, come gli altri recettori,tre dominî: uno per il ligando, uno per il legame con il DNA, e uno per altri fattoricoinvolti nella regolazione della trascrizione. In assenza di ligando, si trova nel citosolassociato a delle Heat Shock Protein (o chaperonine). Quando l’ormone diffondeattraverso la membrana plasmatica e giunge nel citosol, può interagire con il recettoree legarvisi. In seguito al legame, le Heat Shock Protein si dissociano. Il recettorequindi dimerizza e viene trasferito nel nucleo, dove si lega ai response elements degliandrogeni, influenzando la trascrizione genica. Sono stati identificati due recettori,detti A e B, complessivamente molto simili in termini di sequenza aminoacidica.

Per quanto riguarda gli estrogeni, anche questi ormoni hanno recettori citosoliciche fanno parte della stessa superfamiglia di cui fanno parte i recettori degli androgeni.Hanno caratteristiche molto simili: un dominio N-terminale per il legame con il DNA,uno C-terminale per l’ormone, e uno o due dominî con cui interagiscono diversi fattoridi trascrizione.

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Si conoscono due tipi di recettori per gli estrogeni:

• recettore α - espresso nell’endometrio e nello stroma delle ovaie;

• recettori β - è espresso nelle cellule della granulosa, in rene, mucosa intestinale,polmoni, midollo osseo e osso, encefalo e nell’uomo prostata;5

Gli effetti mediati da questi recettori sono di tipo genomico, ed avvengono ten-denzialmente in maniera lenta (ore). Si è osservato che gli estrogeni mediano anchedegli effetti che sono posti in essere in brevissimo tempo, e dunque si ritiene chequesti ormoni abbiano anche dei recettori sulla membrana plasmatica in grado diprodurre secondi messaggeri, i quali mediano effetti non genomici. È stato proposto,in alternativa, che i recettori intracellulari interagiscano con proteine citosoliche.

Anche i recettori del progesterone modulano l’espressione genica con modalitàsimili a quelle viste per i recettori degli altri ormoni steroidei (sono cioè fattori ditrascrizione ligando-inducibili), e sono di due tipi: A e B. Gli estrogeni promuvonol’espressione di questi recettori, mentre il progesterolo la inibisce. Questo significache, affinché il progesterone abbia effetto in modo significativo, è necessaria unaesposizione agli estrogeni: l’espressione di questi recettori aumenta nella prima metàdel ciclo mestruale, poi, durante la seconda metà, i livelli di progesterone aumentano el’espressione dei recettori diminuisce di nuovo.

Effetti fisiologici Abbiamo visto che il testosterone non ha la massima attivitàbiologica, e che viene in gran parte convertito in DHT (diidrotestosterone), il quale silega al recettore con maggiore affinità. In realtà, una parte del testosterone non vieneconvertita, ma si lega comunque al recettore, anche se meno fortemente. È possibile ineffetti distinguere tra gli effetti del testosterone e del DHT.

Collettivamente, i due androgeni esercitano, attraverso una regolazione dell’espres-sione genica nelle cellule bersaglio, le seguenti azioni:

• Regolano la differenziazione sessuale nell’embrione: controllano le strutturederivate dai dotti di Wolff, lo sviluppo della prostata, la discesa dei testicoli,crescita del pene, fusione delle pieghe labioscrotali, etc.

• Promuovono la comparsa dei caratteri sessuali secondari durante la pubertà eil raggiungimento della maturità sessuale: aumento di dimensioni di testicoli,pene, prostata, vescichette seminali; crescita dei peli pubici, degli arti e del volto;modifiche del tono di voce; attività delle ghiandole sebacee, etc.

• Controllano la spermatogenesi, la fertilità e la funzione riproduttiva;

5Ricordiamo che anche nell’uomo sono presenti piccole quantità di estrogeni.

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• Controllano il desiderio sessuale e influenzano il comportamento;

• Hanno effetti anabolici su massa muscolare e tessuto osseo; condizionano inquesto modo la crescita corporea che segue la pubertà, lo sviluppo della massamuscolare, lo sviluppo della massa ossea (quest’ultimo effetto è in realtà mediatodal 17 β-estradiolo, che deriva dalla conversione periferica del testosterone).

Il DHT è l’androgeno attivo a livello dei tessuti bersaglio, cioè il ligando che si legaal recettore intracellulare in:

• prostata,

• vescichette seminali,

• organi secondari maschili,

• cute.

Gli estrogeni (di cui l’estradiolo è il maggior rappresentante, seguito da estriolo edestrone) esplicano i loro effetti genomici soprattutto a livello dell’apparato riproduttivo:

• Crescita, differenziazione e mantenimento dell’apparato riproduttore femminile;

• Promuovono la proliferazione cellulare a livello dello strato basale dell’endo-metrio, determinano angiogenesi a livello dello strato funzionale; incrementanol’espressione dei recettori per l’ossitocina sulle cellule muscolari lisce uterine.

• Promuovono la mitosi a livello delle cellule della granulosa;

• Partecipano alla regolazione della mestruazione e della funzione riproduttiva(parto e allattamento), agendo come timer per l’ovulazione;

• Promuovono lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari;

• A livello della ghiandola mammaria, stimolano la proliferazione cellulare(possibile fattore di rischio per il carcinoma mammario) e l’ipertrofia dellaghiandola;

• A livello epatico, influenzano la produzione delle lipoproteine plasmatiche el’espressione dei loro recettori, dimuendo le LDL e il colesterolo totale; modulanol’espressione dei geni dei fattori coinvolti nella coagulazione;

• funzione neuroprotettiva a livello dell’SNC, e influenza dell’umore;

• Promuovono la maturazione ossea, e inibiscono il riassorbimento della matriceossea, mantengono la massa e la struttura del sistema scheletrico;

Tra gli effetti non genomici degli estrogeni ricordiamo la vasodilatazione e l’attiva-zione di pathway correlati a fattori di crescita.

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Concludiamo trattando brevemente il progesterone, che predispone l’appara-to riproduttivo alla gravidanza, mentre a livello del sistema nervoso regola ilcomportamento sessuale.

• A livello dell’utero, stimola la secrezione e lo sviluppo ghiandolare; contribuisceal trofismo dell’organo durante il ciclo mestruale e nelle prime fasi della gravi-danza attraverso la regolazione localizzata della sintesi di fattori di crescita e lamodulazione della sensibilità delle cellule a questi fattori. In generale, preparal’endometrio ad accogliere l’oocita fecondato e facilita l’impianto. Inibisce inoltrela contrattilità dell’utero, diminuendo l’espressione di canali per il calcio e bloc-cando quindi l’uptake di calcio, necessario alla contrazione; modula l’espressionedi altri canali per aumentare il potenziale elettrico delle cellule; diminuisce lasintesi locale di prostaglandine, che promuovono le contrazioni uterine.

• A livello ipofisario, inibisce la secrezione delle gonadotropine;

• A livello della ghiandola mammaria , il progesterone stimola lo sviluppo dialveoli e lobuli, ma impedisce la sintesi di latte prima del parto, antagonizzandotra l’altro la prolattina.

• Riduce gli effetti degli estrogeni a livello dell’apparato riproduttore;

• Provoca un innalzamento della temperatura corporea riducendo il flusso disangue periferico.

Correlazioni cliniche: Ipogonadismo

L’ipogonadismo è una condizione di ridotta funzione delle gonadi, con insufficiente biosintesidegli ormoni sessuali. Questo può condurre ad alterazioni del normale sviluppo sessuale e deiprocessi di ovulazione o spermatogenesi, fino a condurre all’infertilità.

Si distinguono:

• l’ipogonadismo primitivo, o periferico, o ipogonadismo ipergonadotropo;

• l’ipogonadismo secondario, o centrale, o ipogonadismo ipogonadotropo;

• la resistenza periferica agli ormoni sessuali.

Nel primo caso l’ipogonadismo è causato da un difetto della gonade, che non rispondecorrettamente allo stimolo delle gonadotropine ipofisarie (l’ipofisi chiama, ma l’ovaio nonrisponde); è chiamato "ipergonadotropo" perché le gonadotropine sono elevate a causa dellamancata inibizione a feedback. Sono note cause congenite (es. la sindrome di Klinefelter,

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S. di Turner) e cause acquisite (tutto ciò che può danneggiare le gonadi: dai traumi alleinfezioni all’autoimmunità). Nell’ipogonadismo ipogonadotropo il problema è una insufficientesecrezione di gonadotropine, che sono patologicamente ridotte nonostante gli insufficientilivelli di ormoni periferici (l’ipofisi non chiama e l’ovaio non risponde). Anche in questo casosono possibili cause congenite (es. la sindrome di Kallmann) e cause acquisite (tumori delsistema nervoso centrale, traumi, stress...). La resistenza periferica agli ormoni sessuali siverifica per esempio nel caso di deficit a carico dell’enzima 5 α-reduttasi: questi soggettinon sono in grado di convertire il testosterone in diidrotestosterone. Sono individui congenotipo 46,XY, ma a causa della scarsa sensibilità periferica agli androgeni, si possono averegradi variabili di ambiguità dei genitali esterni, fino a un fenotipo completamente femminile(pseudoermafroditismo); quindi questi individui possono essere cresciuti come delle bambineanche se genotipicamente sono maschi.

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