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Sono Roberta Casa, ho 25 anni e vengo da Massa Lubrense, piccolo borgo di pescatori e agricoltori vicino Sorrento, in provincia di Napoli. Fin da bambina il mio unico sogno è stato quello di fare la giornalista e oggi, dopo un po’ di anni e molto studio, sono finalmente diventata una professionista a tutti gli effetti. Lo studio mi ha costretta ad allontanarmi dal mio paesino, vivace d’estate ma vuoto e triste d’inverno. E oggi, ultimati praticantato e università, faccio i conti con la realtà: la strada che mi si apre davanti non contempla tra le tappe intermedie un soggiorno di lunga durata a Massa Lubrense. Come centinaia di giovani aulettesi sono emigrata, ho lasciato la mia precedente vita, ma non senza rammarico. Ogni volta che torno a casa mia sento l’odore del mare e vedo la bellezza di una costiera unica al mondo. So in cuor mio di appartenere a quella terra, ai suoi sapori, ai suoi profumi, ma capisco che restare lì significherebbe buttare al vento anni e anni di studio. Nessuna prospettiva si apre dinanzi a me. Ma quanto sarebbe stato bello imparare fin da piccola a conoscere appieno la mia terra, a immaginarmi un giorno felice e appagata a casa mia, a saper sfruttare le ricchezze di cui è pieno il litorale. La verità è che nessuno me lo ha mai insegnato e che nessuno, neanche mia nonna, vede più la straordinarietà di un posto magico come lo è, e ne sono certa, la mia costiera. Scoprire Co/Auletta mi ha appassionata. Mi ha portato in una realtà simile per modalità alla mia. E, parlando con i miei compagni di ventura, ho capito che, dopotutto, la soluzione ai problemi aulettesi era lì, insita nel territorio: imparare ad amare, ad apprezzare, a sentire l’appartenenza a una terra fertile e ricca, che inevitabilmente affascina ogni suo “figlio”, è il punto di partenza, essenziale per qualsiasi tipo di intervento. Senza questo elemento ogni investimento, anche il più audace, è destinato a breve vita. Dentro di me spero che questo meraviglioso esperimento di intelligenza collettiva vada a buon fine. Lo spero per me, per i figli che avrò e per la mia terra, della quale non smetterò mai di essere innamorata.

Mi chiamo Lorenzo Cellini, da piccolo ero un bambino violento e non ho potuto frequentare l’asilo, per questo sono cresciuto nello studio di architettura di famiglia, era il periodo dei tecnigrafi e delle matite colorate… Ho frequentato un liceo scientifico sperimentale poi mi sono laureato con lode in “Architettura dei Giardini e Paesaggistica” presso “La Sapienza” con una tesi sulla “Riqualificazione Ambientale del Parco dell’Acquedotto Alessandrino”. Con il programma Erasmus ho studiato per un anno in Francia presso “l’Ecole National d’Architecture de Grenoble” e ora sono in corso di specializzazione in “Architettura del Paesaggio”. Ho partecipato al “Concours International d’Art Urbain de France“, vincendo la menzione per la qualità architettonica, e a differenti workshop sulla progettazione in alta montagna e sulla riconversione di aree industriali dismesse. Ho fatto esperienza nel campo della progettazione partecipata realizzando come membro dell’associazione “Filo Verde” un giardino pubblico nel quartiere Pigneto di Roma. Dopo essere stato pubblicato da “La Stampa” sono stato contattato dall’associazione “Slow Food” per la stesura del Manifesto Nazionale “Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori”. Durante questi anni ho lavorato nel mondo dell’architettura in collaborazione con diversi studi professionali e autonomamente per partecipare a concorsi pubblici o per committenze private. Sto portando avanti un progetto di illuminotecnica di un prototipo personale con l’azienda

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“Viabizzuno”. Al momento sto concentrando le mie ricerche verso l’ecologia del paesaggio e l’arrampicata sportiva come metodo d’indagine della natura e dello spazio; sono sempre felice quando è ora di mangiare ed è a me che tocca cucinare.

Sono Luca D’Alessio, ventisettenne palermitano che da ormai quattro anni vive a Roma. La principale motivazione che mi ha spinto ad allontanarmi dalla mia città natale è stata il mio interesse per la comunicazione pubblica. Presso l’Università La Sapienza ho, infatti, avuto modo di conseguire il diploma di laurea specialistica in “Comunicazione e Pubblicità per la Pubblica Amministrazione e il No Profit”. Trovo di grande attualità l’importanza che può rivestire un buon sistema comunicativo nella condivisione delle scelte e, di conseguenza, nell’efficacia degli interventi adottati. Le caratteristiche di quella che il sociologo polacco Zygmunt Bauman ha avuto modo di battezzare come “società liquida” impongono di perpetuare processi inclini alla messa in pratica del concetto di democrazia partecipativa, e la comunicazione non può che essere il principale propulsore da utilizzare. Negli ultimi anni ho avuto modo di sperimentare direttamente la routine di alcuni uffici dediti a questo strategico comparto delle politiche pubbliche. Durante due stage che ho svolto in enti pubblici, il primo presso l’Ufficio Stampa della Provincia di Enna e il secondo presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Albano Laziale, ho appreso quanto possa essere difficile portare avanti proposte virtuose ma anche quanto esse possano essere redditizie in termini di incremento del capitale sociale necessario a uno sviluppo territoriale sostenibile. Ho scelto, in primis, di partecipare al concorso “Co/Auletta” perché lo considero un’ottima iniziativa di orizzontalizzazione dell’assunzione delle responsabilità in capo a un territorio. In più, mi ha attirato la possibilità di fondere le mie competenze con quelle degli altri partecipanti, in un clima di multidisciplinarietà e di cooperazione, ben rappresentato dalla piattaforma telematica realizzata. La mia natura di comunicatore pubblico ha quindi trovato terreno fertile per dare un contributo all’interno di una metodologia di lavoro stimolante oltre che senza dubbio proficua.

Mi chiamo Francesco Diana, ho ventisei anni e non mi do mai per vinto. Penso che le soluzioni esistano, basta solo ricercarle con tutte le proprie forze. Disegno e realizzo giardini, trovo che sia un lavoro gratificante: disegnare qualcosa che poi verrà realizzato mi dà un senso di concretezza, senza il quale non vivrei tranquillo. Amo l’avventura e la Natura in genere, mi piace la sensazione di svegliarmi infreddolito e frastornato in mezzo a un bosco o ai piedi di una parete rocciosa. Ci sono giorni che non dimenticherò mai, non tanto per imprese eroiche o traversate epiche, quanto per il senso di vita che lasciano addosso. E nel progettare cerco di essere attento a questi stimoli: avvicinarsi a questo stile di vita non è difficile, è solo questione di sensibilità. Vedo oggi bambini chiusi nel gioco virtuale, persi, e non credo sia un buon modo di incominciare la vita. Proprio da questo intendo partire: i bambini sono il nostro futuro e pertanto, per cambiare le cose, sarà il caso di incominciare da loro.

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Riappropriarsi dello scorrere normale del tempo, pesare le cose realmente importanti e capire come funzionano i cicli naturali sono alcuni dei valori che porto con me, e che cerco di trasmettere senza essere refrattario di fronte a tutti quegli stimoli che continuano a interessarmi e incuriosirmi. Ho un forte legame anche con la città e penso fermamente che esista e debba esserci una chiara distinzione tra territorio urbano e campagna. Ogni cosa ha il suo scopo e serve, se utilizzata e vissuta correttamente, a formare un individuo. La città è il concentrarsi delle relazioni e degli scambi. Ciononostante scappo da Roma, dove vivo, appena mi è possibile, ricercando il fruscio tranquillo del vento.

Mi chiamo Giulia Lambiase, ho 28 anni, sono un architetto del paesaggio, appassionata di fotografia, arte contemporanea, arte urbana, grafica e paesaggio. Adoro viaggiare, mi muovo per il mondo alla ricerca di idee per i miei progetti. Ho vissuto a Salerno, mi sono trasferita a Milano durante il periodo degli studi universitari, ho trascorso a Lisbona un anno per il progetto Erasmus e attualmente vivo a Roma. Ho partecipato a una serie di workshop di progettazione in Ecuador, Portogallo e Sicilia. Durante i viaggi, di piacere e studio, adoro scattare fotografie, che diventano poi archivio di immagini dal quale trovano ispirazione i miei lavori. Alcune di queste fotografie sono raccolte nel sito www.with-a-fat-sound.be, un portfolio di gruppo di fotografia. Pienamente convinta che i lavori di gruppo risultino più completi e armoniosi dei lavori individuali, condivido in pieno il metodo sperimentale riguardante la procedura concorsuale aperta del bando Co/Auletta. Attualmente collaboro con lo studio di architettura e paesaggio “Tspoon envoirement architecture” a Roma; in precedenza ho lavorato con il collettivo artistico “Alterazioni Video” di Milano sulla progettazione del Parco archeologico dell'Incompiuto Siciliano a Giarre, capitale dell'Incompiuto, successivamente tema della Tesi di laurea magistrale in Architettura dal Paesaggio al Politecnico di Milano. Ed è proprio insieme al collettivo che ho partecipato e collaborato alla riuscita del Festival dell'Incompiuto Siciliano tenuto a Giarre nel luglio 2010. Da qualche anno perciò sono interessata al tema delle rovine contemporanee, come paradigma interpretativo della storia moderna italiana, generatore di meccanismi per la riconfigurazione del territorio. Raccontare i luoghi, rivivificare la memoria collettiva degli elementi che hanno portato a questo stato, sono un primo passo per l'attivazione di un fenomeno di riuso dei luoghi attraverso il recupero e riutilizzo delle rovine. E per questo che sono convinta che sia necessario ri-leggere il territorio, di Auletta in questo caso, in modo più costruttivo e consapevole, creando un nuovo "paesaggio" a partire dai resti che il terremoto dell'Irpinia ci ha lasciato. Queste rovine sono delle risorse da trasformare in un investimento produttivo con l'obiettivo di favorire culture ed economie legate alla valorizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche e culturali del territorio locale. Bisogna osservare con un nuovo sguardo a quello che il territorio ci offre.

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Sono Giampiero Mazzocchi, 24 anni da Ascoli Piceno e ho deciso di fare parte di questa squadra spinto da due motivazioni forti: la necessaria apertura verso una nuova visuale delle mie conoscenze e il dover rapportarmi a un tipo di approccio di lavoro totalmente innovativo. Ho cercato di mettere al servizio del gruppo tutto quello che rappresenta il mio background formativo e culturale: da un lato economista dell’ambiente, appassionato di sviluppo locale in chiave sostenibile, dall’altro pianista e compositore. Quindi competenza e conoscenza ma anche (e forse soprattutto) creatività e capacità di improvvisazione, dovendo fare i conti con una situazione totalmente nuova per me. Forse può essere curioso sapere che ho conosciuto i ragazzi del gruppo per la prima volta proprio nel contesto del progetto. È così che da questa tabula rasa iniziale sono potute nascere idee su idee e, liberi da quei preconcetti che l’amicizia di lunga data inevitabilmente porta con sé, le nostre prime chiacchierate si sono rivelate fertili, vivaci e sorprendentemente cariche di un’empatia che non avrei mai potuto riscontrare in un contesto già “esplorato”. Il mio contributo al progetto è stato di tipo tecnico, avendo cercato di fornire gli elementi e gli strumenti necessari a creare un modello di gestione sostenibile della nuova realtà che si è immaginata. Tuttavia ho cercato di lavorare mettendo in relazione gli strumenti tecnici con un sogno, una visione, una prospettiva larga e in qualche modo romantica che spesso l’economista è costretto a precludersi. Ma co/Auletta richiede tutto ciò: co/Auletta è progettualità ed esplorazione dei confini del realizzabile, è propensione al futuro ma anche memoria, è velocità e rallentamento, è tecnica ma è anche onirica…

Sono Silvia Minenti, ho 27 anni e sono sempre stata affascinata da come erano fatte le cose. Fin da piccola creavo abiti con gli strofinacci di mia nonna, cercando di abbellire il mondo che mi circondava. Ho deciso di frequentare il liceo artistico, certa di diventare una scultrice; nel corso degli studi ho capito che l'arte era la mia vita ma che il design sicuramente era più utile, così sono diventata Dottoressa in Disegno Industriale con il massimo dei voti all'Università di Firenze. Firenze mi stava stretta così ho deciso di trasferirmi a Roma e la Città Eterna mi ha ispirato: qui ho frequentato la specialistica in Design dei Sistemi all’Isia di Roma. Il pensiero sistemico propone una nuova maniera di guardare il mondo, per cercare di dominarne meglio la complessità, non considerando gli elementi singoli ma l'insieme delle parti, intese come un tutto unico, concentrandosi sulle relazioni tra gli elementi piuttosto che sui singoli. Attualmente mi occupo di progettazione nel significato più ampio del termine come designer free-lance e collaboro con l'ISIA presso il nuovo Iside Reserch lab.

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Ciao, sono Davide Palmacci, ho 27 anni e sono l’architetto del gruppo 8A+. Nutro varie passioni che esulano dalla mia formazione professionale. Lo sport è una di queste, sia praticato che osservato. Ne provo di nuovi, riprendo i vecchi. Ma dello sport voglio prendere la sfida costante del superarsi per poi applicarla nella vita di tutti i giorni. Viaggiare, osservare, conoscere, sono le passioni e gli stimoli che mi permettono di sognare per andare avanti provando a migliorarmi sia personalmente che professionalmente. Penso che l’architetto oggi in Italia debba porsi delle domande per cercare di risolvere problemi derivati dall’azione dell’uomo nel secolo passato. L’architettura non può più essere concepita e pensata come nuova cementificazione del territorio; la conservazione, il restauro, il riutilizzo delle opere e delle strutture che ci tramandiamo, sono un patrimonio da cui trovare sviluppo e crescita. In territori dove l’effetto migratorio dai piccoli paesi verso le grandi città è sempre più un effetto derivante dalla mancanza di alternative e proposte, il recupero di strutture piene di fascino e storia, può essere un punto da dove iniziare a dare speranza e futuro ai giovani. Queste mie idee, avvalorate dalla visita del Parco a Ruderi e del territorio circostante, e forte dell’unione di un gruppo di amici, mi hanno spinto a partecipare al concorso Co/Auletta.