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32 Tolemeo e Abü Ma‘shar: la dottrina delle congiunzioni Saturno-Giove presso i commentatori tolemaici di Giuseppe Bezza All'inizio del primo libro della sua Summa anglicana, Giovanni di Ashenden espone le ragioni che lo hanno spinto a comporre un compiuto trattato sulla previsione degli eventi universali. Molti astrologi, osserva, antichi e moderni, scrissero buoni trattati sulla previsione del tempo e sugli eventi generali. Nondimeno, tutti hanno tralasciato qualcosa nei loro giudizi. Tolemeo, che di gran lunga è il migliore, spiega le regole generali della previsione, e queste regole si fondano sull'osservazione delle eclissi, dei quadranti dell'anno, delle congiunzioni ed opposizioni del sole e della luna, ma egli non menziona in alcun modo le grandi congiunzioni e le rivoluzioni dell'anno. Albumasar, nella sua Grande Introduzione, offre molte ed importanti regole intorno alle mutazioni dei tempi, ma la sua esposizione non procede seguendo un percorso ordinato. E, quantunque la sua trattazione delle grandi congiunzioni sia esaustiva, egli poco dice delle eclissi e non fa menzione dei giudizi che ad esse competono. Alkindi procede secondo un metodo ben ordinato, ma non dice nulla delle grandi congiunzioni e delle eclissi. Quanto a Doroteo, Aomar e Gerdis, non fanno alcuna menzione delle grandi congiunzioni e delle eclissi, quantunque le regole che presentano siano di indubbia utilità. Roberto di Lincoln e i moderni, infine, restringono la loro esposizione alle condizioni del tempo, e si fondano sulle dignità, essenziali ed accidentali, dei pianeti. Di conseguenza, nessuno ha esposto in modo adeguato e comprensivo la dottrina che concerne la previsione degli eventi generali. E poiché io ritengo che sia possibile ottenere da tutti questi testi un vero metodo naturale riguardo alle mutazioni dei tempi e agli eventi generali, è mia intenzione, in questo trattato, di soppesare tutte le regole degli antichi in conformità all'ordine naturale della dottrina 1 . Questa concisa rassegna può essere giudicata difettosa o imperfetta, ma rappresenta bene il punto di vista dell'astrologo medievale. Per questa ragione, alcuni anni dopo, Pierre d'Ailly, all'inizio del suo Elucidarium, ripeterà parola per parola, pur senza citarne l'autore, queste generali considerazioni dell'astrologo inglese 2 . D'altro canto, possiamo vedere, nella generale struttura della 1 «Maxima vero causa quare hoc opus agressus sum est ista quia modo sunt multi astrologi antiqui et moderni multa et bona de tempestate aeris et de his quæ contingunt in mundo documenta scribunt et modum pronosticandi docent; sed inter omnes nullum invenio quin in suis libris omittant aliqua quæ in huiusmodi iudiciis forent necessaria et iudicantibus multipliciter possent valere. Ptolemæus quem inter omnes reputamus valentiorem in libro quadripartiti valde rationabilis procedit: in hac enim materia docet regulas generales pronosticandi per eclipsim, deinde per quartas anni et postmodum per coniunctiones et oppositiones luminarium, deinde per eorum quadraturas, sed de coniunctionibus magnis videlicet sextum sententiarum [legendum: centum viginti coniunctiones] planetarum et de revolutionibus annorum mundi nihil penitus determinat. Albumasar tamen in maiori introductorio multas de temperie dat regulas notabiles, eas non tamen ponit in aliquo ordine, et licet de coniunctionibus magnis pertractet, de eclipsi luminarium parum loquitur nec earum iudicia manifestat. Alchindus vero quamvis notabiliter procedat, nihil tamen loquitur de coniunctionibus magnis nec de eclipsibus. Messahalla etiam quasi totaliter de magnis effectibus pertractat. Sed Dorotheus et Aomar et Gerdis paucas regulas sed notabiles, de eclipsibus vero et magnis coniunctionibus nihil loquuntur. Linconiensis autem et moderni secundum dignitates planetarum et essentiales et accidentales tantummodo de aeris mutatione iudicant, et sic discurrendo per singulos nullus eorum de temperie sufficienter loquitur. Et quia de eorum libris via naturalis et recta pro temperie ut mihi videre posset elici, eorum omnium sententias ac regulas secundum naturalem ordinem in hoc libro meo pro operis facilitate iudicandi pro posse meo iudicabo», Summa astrologiæ iudicialis de accidentibus mundi quæ anglicana vulgo nuncupatur, Ioannis Eschuidi viri anglici eiusdem scientiæ astrologiæ peritissimi, Venetiis 1489, I, 1, c. 2b. 2 Concordantia astronomie cum theologia. Concordantia astronomie cum hystorica narratione. Et elucidarium duorum precedentium, domini Petri de Aliaco cardinalis Cameracensis, Venetiis 1490, cc. e1v.

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Bezza Tolomeo e Abu Mashar

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Tolemeo e Abüüüü Ma‘shar: la dottrina delle congiunzioni Saturno-Giove presso i commentatori tolemaici

di Giuseppe Bezza

All'inizio del primo libro della sua Summa anglicana, Giovanni di Ashenden espone le ragioni che lo hanno spinto a comporre un compiuto trattato sulla previsione degli eventi universali. Molti astrologi, osserva, antichi e moderni, scrissero buoni trattati sulla previsione del tempo e sugli eventi generali. Nondimeno, tutti hanno tralasciato qualcosa nei loro giudizi. Tolemeo, che di gran lunga è il migliore, spiega le regole generali della previsione, e queste regole si fondano sull'osservazione delle eclissi, dei quadranti dell'anno, delle congiunzioni ed opposizioni del sole e della luna, ma egli non menziona in alcun modo le grandi congiunzioni e le rivoluzioni dell'anno. Albumasar, nella sua Grande Introduzione, offre molte ed importanti regole intorno alle mutazioni dei tempi, ma la sua esposizione non procede seguendo un percorso ordinato. E, quantunque la sua trattazione delle grandi congiunzioni sia esaustiva, egli poco dice delle eclissi e non fa menzione dei giudizi che ad esse competono. Alkindi procede secondo un metodo ben ordinato, ma non dice nulla delle grandi congiunzioni e delle eclissi. Quanto a Doroteo, Aomar e Gerdis, non fanno alcuna menzione delle grandi congiunzioni e delle eclissi, quantunque le regole che presentano siano di indubbia utilità. Roberto di Lincoln e i moderni, infine, restringono la loro esposizione alle condizioni del tempo, e si fondano sulle dignità, essenziali ed accidentali, dei pianeti. Di conseguenza, nessuno ha esposto in modo adeguato e comprensivo la dottrina che concerne la previsione degli eventi generali. E poiché io ritengo che sia possibile ottenere da tutti questi testi un vero metodo naturale riguardo alle mutazioni dei tempi e agli eventi generali, è mia intenzione, in questo trattato, di soppesare tutte le regole degli antichi in conformità all'ordine naturale della dottrina1. Questa concisa rassegna può essere giudicata difettosa o imperfetta, ma rappresenta bene il punto di vista dell'astrologo medievale. Per questa ragione, alcuni anni dopo, Pierre d'Ailly, all'inizio del suo Elucidarium, ripeterà parola per parola, pur senza citarne l'autore, queste generali considerazioni dell'astrologo inglese2. D'altro canto, possiamo vedere, nella generale struttura della

1 «Maxima vero causa quare hoc opus agressus sum est ista quia modo sunt multi astrologi antiqui et moderni multa et bona de tempestate aeris et de his quæ contingunt in mundo documenta scribunt et modum pronosticandi docent; sed inter omnes nullum invenio quin in suis libris omittant aliqua quæ in huiusmodi iudiciis forent necessaria et iudicantibus multipliciter possent valere. Ptolemæus quem inter omnes reputamus valentiorem in libro quadripartiti valde rationabilis procedit: in hac enim materia docet regulas generales pronosticandi per eclipsim, deinde per quartas anni et postmodum per coniunctiones et oppositiones luminarium, deinde per eorum quadraturas, sed de coniunctionibus magnis videlicet sextum sententiarum [legendum: centum viginti coniunctiones] planetarum et de revolutionibus annorum mundi nihil penitus determinat. Albumasar tamen in maiori introductorio multas de temperie dat regulas notabiles, eas non tamen ponit in aliquo ordine, et licet de coniunctionibus magnis pertractet, de eclipsi luminarium parum loquitur nec earum iudicia manifestat. Alchindus vero quamvis notabiliter procedat, nihil tamen loquitur de coniunctionibus magnis nec de eclipsibus. Messahalla etiam quasi totaliter de magnis effectibus pertractat. Sed Dorotheus et Aomar et Gerdis paucas regulas sed notabiles, de eclipsibus vero et magnis coniunctionibus nihil loquuntur. Linconiensis autem et moderni secundum dignitates planetarum et essentiales et accidentales tantummodo de aeris mutatione iudicant, et sic discurrendo per singulos nullus eorum de temperie sufficienter loquitur. Et quia de eorum libris via naturalis et recta pro temperie ut mihi videre posset elici, eorum omnium sententias ac regulas secundum naturalem ordinem in hoc libro meo pro operis facilitate iudicandi pro posse meo iudicabo», Summa astrologiæ iudicialis de accidentibus mundi quæ anglicana vulgo nuncupatur, Ioannis Eschuidi viri anglici eiusdem scientiæ astrologiæ peritissimi, Venetiis 1489, I, 1, c. 2b. 2 Concordantia astronomie cum theologia. Concordantia astronomie cum hystorica narratione. Et elucidarium duorum precedentium, domini Petri de Aliaco cardinalis Cameracensis, Venetiis 1490, cc. e1v.

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tecnica astrologica medievale, come il ramo dell'apotelesmatica universale si fondi soprattutto su fonti arabe. Pietro d'Abano e Nicole Oresme ne sono due chiari esempi. Quanto all'autorità di Tolemeo, è limitata, secondo quanto John of Ashenden riferisce, al trattamento delle eclissi e delle sizigie, che nondimeno rappresenta una piccola parte della predizione. Al contrario, gli astrologi arabi costituiscono l'autorità principale nel campo delle grandi congiunzioni e delle rivoluzioni degli anni del mondo. Sono, queste, tecniche che appartengono in esclusiva all'astrologia araba e che non sono presenti nell'apotelesmatica cattolica di lingua greca.

Figura 1- Ptolemæi doctrina

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Figura 2 - Petrus Aponensis, N. Oresme

Nei primi due secoli della sua storia, l'astrologia araba si trova sotto la forte influenza persiana, come persiani sono la maggior parte degli astronomi ed astrologi del periodo abbaside, che trasferirono nella neonata astrologia araba elementi caratteristici della loro tradizione. Alcuni termini tecnici dell'astrologia persiana del periodo sassanide, presenti nel lessico astrologico arabo, testimoniano questo influsso. Si tratta, per la maggior parte, di termini che si riferiscono alla dottrina sulla durata della vita, come il kaì¢udäh e l'hïläk, dai quali l'astrologo misura la sostanza della vita e le sue vicissitudini, un greco avrebbe detto il bivo~ e la zwhv. Altri termini, come la firdär, il jär ba¢tär, il säl¢udâh si riferiscono ai periodi che seguono la nascita ed entrano nella determinazione della buona o cattiva qualità degli eventi futuri dell'individuo. Pur se questi termini provengono dall'astrologia persiana, le tecniche che li comprendono non sono il risultato di una genuina elaborazione degli astrologi sassanidi, ma costituiscono una parte fondamentale della genetlialogia greca, come possiamo facilmente comprendere dalla lettura delle principali fonti greche tradotte in pahlavi e disponibili agli astrologi persiani: Doroteo, Tolemeo, Vettio Valente. Per contro, ciò che costituisce un elemento originale dell'apotelesmatica persiana prima, ed araba

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dopo, è il trasferimento di questi ed altri termini e tecniche dalla dottrina delle natività all'apotelesmatica universale, mediante un processo mimetico.

Questi termini appartengono al ramo della genetlialogia, che a Pingree piacque chiamare continuous astrology e che interpreta il divenire della sostanza dell'individuo: paravdosi~ (latino perfectio/profectio, arabo intihä’, tradotta da Zebeleno con teleivwsi~), svolge gli anni della natività seguendo un ciclo regolare dei dodici segni dello zodiaco e si sovrappone al perivpato~, directio, tasyïr. In questa maniera si producono alcune divisioni, merismoiv, arabo qismät, tradotte da Zebeleno casivm, e il signore della qisma è il qäsim, distributore o divisore <del tempo>, ejpimerivzwn nella versione greca del de revolutionibus nativitatum di Abü Maœñar, dioikhth;~ in Zebeleno3. Queste sono le premesse dalle quali procede il giudizio sulle rivoluzioni degli anni a partire dalla natività. Ma l'astrologia araba trasferì tutti questi metodi dalla genetlialogia all'astrologia universale. Pertanto, la rivoluzione degli anni, non della natività, ma del mondo, divenne una delle pietre miliari dell'astrologia politica e storica.

Non è possibile presumere che questo spostamento, dalle tecniche della natività a quelle cattoliche, sia avvenuto sotto l'influenza dell'astrologia greca. La letteratura astrologica greca è ricca nel campo della genetlialogia e delle interrogazioni, ma povera nei giudizi degli eventi universali. Qui il secondo libro del quadripartitum di Tolemeo è l'autorità maggiore, dove gli elementi fondamentali della dottrina sono costituiti dalle eclissi e dalle sizigie, sulle quali non è possibile sviluppare cicli temporali di una qualche regolarità. Al contrario, la dottrina della rivoluzione degli anni del mondo, costruita sui metodi della genetlialogia greca, si fonda su una regolare sequenza dei moti medi dei due più alti pianeti superiori, Saturno e Giove. Pertanto, se l'astrologia universale sviluppatasi nel primo periodo della scienza araba era, da un lato, fortemente influenzata da elementi indiani e persiani, d'altro canto prese a modello la struttura greca della dottrina delle natività, come un vestito indossato su un corpo, tramite un trasferimento dal microcosmo, che è l'uomo, all'ambiente che lo circonda. Così, i metodi costruiti per la prescienza degli eventi futuri che accadono all'individuo, descritti da Doroteo, Tolemeo, Vettio Valente, Paolo d'Alessandria, furono accomodati alla previsione dei mutamenti del corpo sociale, come un grande cerchio che ne racchiude uno più piccolo, simili tra loro nella struttura e nella criticità dei moti. La dottrina della rivoluzione degli anni, creata dagli astrologi greci rispetto all'essere umano, viene quindi trasferita, mantenendo intatti tutti i suoi elementi, all'astrologia cattolica. In questo modo la dottrina congiunzionista divenne una teoria provvista di una meravigliosa regolarità, capace di spiegare il corso della storia e di stabilirne una periodizzazione.

Questa dottrina giace su una gerarchia delle cause, che Albumasar dispose in sei classi: le prime quattro sono costituite dalla massima, media e minore congiunzione di Saturno e di Giove e dalla congiunzione di Saturno e Marte nel segno del Cancro; la quinta e la sesta sono le sizigie dei luminari: la congiunzione od opposizione del sole e della luna prima dell'inizio di ogni stagione e in ciascun mese. Albumasar giustifica questo ordine gerarchico richiamandosi ai tre naturali movimenti descritti da Aristotele nel de cælo (I, 2; 268 b20): «Ogni semplice movimento che si muove dal centro o verso il centro o intorno al centro». Se il moto intorno al centro è proprio del sole, le sfere dei pianeti superiori si muovono dal centro, ovvero a partire da esso, e le sfere dei pianeti inferiori si muovono verso il centro. Il sole, pertanto, divide i pianeti in due classi e ciascuna di esse può e deve essere intesa come una natura distinta e separata.

L'interpretazione albumasariana della definizione aristotelica dei tre moti naturali appare senz'altro difettosa, ma il suo proposito è di presentare una propria teoria riguardo all'influsso specifico dei corpi celesti, che definisca in termini fisici, quali il moto e la disposizione delle sfere, i principi su cui poggia la differenziazione del loro influsso. Questa teoria descrive i corpi celesti come analoghi a quelli terreni, in quanto le loro vicisitudini, quali i mutamenti di fase e di

3 Cf. G. Bezza, Il trattato sulle natività di Eleuterio Zebeleno di Elis, MHNH, Revista Internacional de Investigación sobre Magia y Astrología Antiguas, n.2, 2002, pp. 257-300.

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condizione, sono medesime. Ed alcuni filosofi descrissero queste vicissitudini come un tasrïf, un'alternanza prodotta da un mutamento di direzione, analoga alla declinazione del nome4.

Ibn al-Nadïm5 ci riferisce, per esempio, alcune delle analogie che Sahl ibn Ùärün (d. 859-860), uno dei direttori della Casa della Saggezza (Bayt al-Ùikmah), un poco più anziano di Abü Maœñar, immaginò tra il mondo naturale e il mondo delle lettere: poiché il nome in arabo si declina in tre casi, tre devono essere i movimenti naturali: uno si muove dal centro, come il fuoco, un altro verso il centro, come la terra, il terzo verso il centro, come il moto dei corpi celesti. Questi tre movimenti sono analoghi ai movimenti dei corpi terreni, ma essi sono, all'origine, movimenti celesti6.

Questi tre moti, ad centrum, a centro, circa centrum, precisa Abü Maœñar, sono naturali: al-ùaräkat al-åabïœiyya, e ùaräka, motus, significa, nel linguaggio filosofico, il passaggio graduale dalla potenza all'atto; esso è naturale, åabïœiyya, perché non è originato da una causa esterna, ma è proprio dell'intelligenza che muove il pianeta nella sua sfera7. Nella sua costruzione di un'astrologia argomentata, Abü Maœñar pone fortemente l'accento sulla differenziazione delle nature, sia di quelle dei pianeti che di quelle dei segni e degli elementi. Questa differenziazione poggia su una struttura triadica del tempo. È in questo modo che Abü Maœñar spiega perché i segni zodiacali sono dodici: poiché nei segni sono mostrati i quattro elementi, il loro numero deve rappresentare gli elementi medesimi dinamicamente, ovvero nel tempo: all'inizio, alla medietà e alla fine dei loro effetti sui corpi terreni.8. Nel primo capitolo del primo libro del de magnis coniunctionibus, la struttura triadica assume un significato qualitativo, ciascuno dei tre termini essendo inerente a ciascuno dei tre pianeti superiori: l'inizio, ibtidä’, a Saturno, il compimento, intihä’, a Giove, la dissoluzione, inùiåäå, a Marte9.

Riguardo alla differenziazione dell'influsso dei pianeti superiori, che si muovono a partire dal centro, Abü Maœñar scrive: «La prima divisione (qism, divisione nel senso di disposizione naturale) e il suo influsso (ta’øïr) sono connessi al primo movimento naturale». La versione latina traduce ta’øïr con effectus, e questa traduzione ben corrisponde al significato del termine arabo. Infatti, le ta’øïrät sono le impressioni fisiche che i corpi inferiori ricevono da quelli superiori. Quando al-Qabïæï dichiara gli effetti fisici dei pianeti, per esempio che Giove opera calore ed umidità, Marte calore e secchezza, e così di seguito, impiega il verbo aøara, “lasciare un'impronta su” qualcosa, come, per esempio il marchiare un cammello , “avere un effetto su”10. La parola ta’øïr ha pertanto il medesimo significato del poihtiko;n <th~ oujsiva~> nel quadripartitum tolemaico, il potere efficiente dell'essenza delle stelle. Ne segue che la natura e il proprio, specifico potere di ciascun pianeta è dipendente dalla posizione della sua orbita, ma questo assunto è incompatibile rispetto alla concezione dell'astrologia tolemaica11.

4 P. Kraus, Jâbir ibn Hayyân. Contribution à l’histoire des idées scientifiques dans l’Islam. Jâbir et la science grecque, Paris 1986, p. 241 e n. 6. 5 Fihrist al-‘Ulûm, (testo ar.: p. 21; trad. ingl. p. 18). 6 Su queste analogie cfr. G. Bezza, Liber scriptus et liber vivus. Les antécédents astrologiques de la métaphore galiléenne du Livre de l'univers, in: G. Gnoli, A. Panaino, Kayd. Studies in History of Mathematics, Astronomy and Astrology in Memory od David Pingree, Roma 2009, pp. 1-16. 7 Abü Maœñar, On Historical Astrology. The Book of Religions and Dynaaties (On the Great Conjonctions), ed., transl. by K. Yamamoto, Ch. Burnett, Leiden, Boston, Köln 2000, I, p. 6. 8 Abü Maœñar al-Bal¢ï, Liber introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum, éd. R. Lemay, Napoli 1995, vol. II, p. 119 (testo arabo); vol. V, p. 72 (trad. di Giovanni di Siviglia). 9 Abü Maœñar, On Historical Astrology..., ibid. 10 Al-Qabïæï (Alcabitius), Thde Introduction to Astrology, eds. Ch. Burnett, K. Yamamoto, M. Yano, London-Turin 2004, pp. 64, 68, e passim. 11 Cf. Fr. Cigalini, Coelum sydereum ... secundum globorum cœlestium numerum, cursum et influxum emensuratum ..., Comi 1655, p. 176: «sunt autem opera stellarum secundum naturam, non secundum mathematicen». L'opera fu scritta circa un secolo prima della sua pubblicazione postuma, cfr. la prefazione di Marco Cigalini.

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Nel secondo capitolo del primo libro del quadripartitum, Tolemeo dichiara quali sono le operazioni proprie del sole, della luna, delle stelle fisse e dei pianeti. Questi ultimi producono nel cielo che ci circonda, il perievcon, un gran numero di mutamenti, pleivsta~ ejpishmasiva~, ovvero improvvise alterazioni nel corso naturale e regolare delle stagioni e nelle generazioni e nello sviluppo degli esseri viventi, a cui provvede di norma l'azione dei luminari. L'anonimo commentatore greco spiega che l'azione del sole nel perievcon è costante e che la sua natura non è suscettibile di alterazioni; e nondimeno i pianeti mutano in qualche misura le qualità che il sole immette nell'ambiente che ci circonda: se essi cooperano, le qualità saranno più intense; se non cooperano o contrastano l'azione del sole, le qualità saranno diminuite12. Tolemeo poi prosegue dicendo che la virtù del sole prevale su quella della luna e la virtù della luna su quella degli altri astri. Dichiara infine qual è l'azione propria dei pianeti: il modo in cui i pianeti portano a compimento le loro operazioni, egli dice, è indistinto, ajshmovteron, e periodikwvteron. Robbins traduce questa forma avverbiale "at greater intervals"13, ma il termine che meglio ne rende il senso è "intermittente" o "ricorrente". Pertanto, l'azione delle stelle, in quanto produce pleivsta~ ejpishmasiva~, genera irregolarità e deviazioni dal corso abituale della natura, al modo stesso che ejpishmasiva significa, nel lessico medico, l'insorgere di una malattia nel corpo umano. Infine, Tolemeo precisa quali sono i modi delle operazioni dei pianeti: le loro apparizioni, occultazioni e il loro moto in latitudine,14 Queste sono le regole generali che racchiudono il modus influendi dei pianeti, e i primi due devono essere intesi sia rispetto al sole, sia rispetto all'orizzonte. Possiamo quindi concludere che con il termine periodikwvteron, Tolemeo vuole dire che le operazioni dei pianeti, in quanto dipende interamente dal loro rapporto con i luminari, non può avere un carattere regolare o costante, ma subordinato.

In seguito, nei primi capitoli del secondo libro, Tolemeo definisce in simile modo l'azione esercitata dai pianeti nel contesto della causa prima degli accadimenti generali, le eclissi15.

La posizione degli astrologi del medioevo si discosta, tanto o poco, da queste premesse metodiche di Tolemeo. Per una più piena comprensione, è utile chiedersi cosa pensassero i filosofi scolastici intorno alla perfezione dei cieli e il loro ordine gerarchico16. Secondo la concisa sentenza di Michele Zanardo, che scrisse un trattato scolastico sull'universo nei primi anni del XVII secolo, poiché l'ordine delle sfere manifesta la sapienza divina, il medesimo ordine ne dichiara la perfezione celeste17. San Tommaso afferma che i pianeti superiori sono causa della stabilità e della

12 Per il testo del commentatore anonimo greco e differente versione dell'edizione di Hieronymus Wolf, vedi l'appendice. 13 Robbins traduce: «For though the sun's power prevails in the general ordering of quality, the other heavenly bodies aid or oppose it in particular details, the moon more obviously and continuously, as for example when it is new, at quarter, or full, and the stars at greater intervals and more obscurely». La migliore traduzione latina è quella di Antonio Gogava: «De reliquis autem est incertior et intervallis rarior», Cl. Ptolemæi Pelusiensis Mathematici Operis Quadripartiti, in latinum sermonem traductio, adiectis libris posterioribus, Antonio Gogava Graviens interprete, Lovanii 1548, cc. B1r. 14 Questo è il significato di provsneusi~, cfr. l'anonimo commentatore greco: «in alijs vero stellis ortus et occultationes; ortus autem dicit matutinas orientalitates, occultationes eodem modo occasus vocat, declinationes vero distantias dicit a linea quæ a zodiaco secundum latitudinem per medium dividit». 15 V. Nabod è l'autore del miglior commento a questo capitolo tolemaico, cfr. Enarratio elementorum astrologiæ, in qua præter Alcabicij expositionem atque cum Ptolemæi principiiis collationem, rejectis sortilegiis et absurdis vulgoque receptis opinionibus, de vera artis præceptorum origine et usu disseritur, Coloniæ 1560, pp. 354-359; Valentini Naibodæ Mathematici præclarissimi in Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata Commentarius novus et Eiusdem Conversio nova, ms. BM-Sloane A 216 XVI G, fo. 31r-34v. 16 Per una comprensiva descrizione delle diverse concezioni nella filsoofia scolastica cfr. Commentarii Collegii Conimbricensis S.I. in quatuor libros de cœlo, meteorologicos et parva naturalia Aristotelis Stagiritæ, Coloniæ 1596, 2, 5, 2, 1.2.3., pp. 269-273 e Antonio Rubio, Commentarij in libros Aristotelis Stagiritæ de cœlo et mundo: una cum dubijs et quæstionibus in schola agitari solitis, Coloniæ Agrippinæ 1626, 2, 5, 4, pp. 187-192. 17 M. Zanardo, Universum Cæleste de omnibus et singulis quæ ad naturam cælestium spherarum, ab empyreo usque ad spheram elementorum faciunt, disputans, ac concludens, Venetiis 1619, pp. 17-18.

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perseveranza nel tempo, assai più degli inferiori. Pertanto, Saturno indica ciò che è fermo e stabile (de cælo II, 18, 468) e gli effetti dei pianeti nel nostro mondo sublunare sono riferiti all'ordine delle loro sfere. San Tommaso riprende questo giudizio nel xii libro della Metaphysica: più il pianeta è prossimo al primo cielo, più grande è il suo influsso sulle cose terrene. L'ordine ascendente dei pianeti non significa soltanto il grado ascendente della loro perfezione celeste, ma altresì il grado della loro facoltà effettiva.

Possiamo quindi concludere che le sfere dei pianeti più prossime al primum movens godono di una maggior perfezione: la sfera che contiene è più perfetta di quella contenuta18. La sfera di Saturno è più perfetta di quella di Giove, quella di Giove più perfetta di quella di Marte, e così via. Tuttavia, la sfera del Sole è più nobile delle sfere dei pianeti e nondimeno, in conformità al concetto di perfezione basato sulla teoria del contenente, i pianeti superiori conducono a compimento le loro azioni in una forma più universale e in un modo più permanente. Pertanto, il loro influsso sulle cose terrene è più potente.

Vi sono pertanto due concetti: quello della nobiltà della sostanza e quello della perfezione formale. Il primo riposa sulla natura intrinseca dei corpi celesti, e ne considera la luce e la magnitudine, e conclude quindi che tra i corpi celesti il sole è il più nobile; il secondo si fonda sull'ordinamento delle sfere ed è conseguenza dell'assunto: rerum ordo divinam sapientiam prædicat. Entrambi i concetti sono presenti nella scolastica medievale. Buridano, quantunque ammetta che la sostanza più nobile è nel corpo del sole, riprende la distinzione di san Tommaso sulla gerarchia dei corpi celesti: i tre pianeti superiori governano gli esseri viventi e la generazione di ogni cosa, i tre pianeti inferiori governano i movimenti e le alterazioni dei corpi terreni. Pertanto, la più grande perfezione appartiene ai pianeti superiori19. Questa distinzione è essenziale, poiché permette di concepire una legge universale che definisca la causalità distinta dei singoli corpi celesti.

Nel XII libro della Metaphysica san Tommaso dichiara gli effetti dei pianeti sul mondo sublunare in conformità all'ordine delle loro sfere: la stella di Saturno indica la permanenza e la stabilità, la stella di Giove la condizione e la perfezione, vuoi il compimento, di tutti gli esseri; ma la forza, il vigore, la protezione da ciò che è dannoso proviene dalla stella di Marte. Questi tre pianeti superiori hanno un chiaro e determinato effetto sullo sviluppo degli esseri, mentre il sole, che è principio universale dello sviluppo e del movimento, mostra le sue operazioni proprie attraverso il moto delle sfere dei pianeti inferiori. Vediamo che la stella di Venere ha un effetto sulla generazione, e mediante la facoltà del generare l'essere acquisisce la sua perfezione, mentre la stella di Mercurio ha un effetto sulla moltiplicazione, ciò che significa la distinzione degli esseri secondo la loro specie; la luna, infine, agisce sulla materia e ne induce mutamenti ininterrotti20.

Questa gerarchia appare come un vero ordinamento naturale e Restoro d'Arezzo, in otto lunghi capitoli della sua Composizione del mondo, la descrive in forma allegorica: è un ordine analogo a quello che viene formandosi gradualmente nel regno, necessario per proteggerlo dalla distruzione e dal degrado. Saturno fu il primo uomo ad abitare il regno, egli costruì le case, le 18 Sull’idea di perfezione celeste sulla base della teoria del contenente cf. E. Grant, Planets, Stars, et Orbs. The Medieval Cosmos, 1200-1687, Cambridge 1996, pp. 220ss. 19 Buridano, Metaphysica, XII, quæ. 12. 20 «Et inde est quod effectus planetarum apparent in istis inferioribus secundum ordinem eorundem. Nam primi tres superiores videntur ordinari ad ea quæ pertinent ad existentiam rei secundum seipsam: nam ipsa stabilitas esse rei attribuitur Saturno, perfectio autem rei et bona habitudo correspondet Jovi. Virtus autem rei, secundum quod se contra nociva tuetur, et ea propellit, correspondet Marti. Tres vero planete alti videntur proprium effectum habere ad motum ipsius rei existentis, ita quod Sol sit ut universale principium motus, et propter hoc eius operatio in motionibus inferioribus apparet. Venus autem videtur quasi proprium effectum habere magis determinatum, idest generationem, per quam aliquid consequitur speciem et ad quam scilicet omnes motus alii ordinantur in istis inferioribus. Mercurius autem videtur proprium effectum habere in multiplicatione, idest distinctione individuorum in una specie et propter hoc varios habet motus. Et ipse etiam cum naturis omnium planetarum miscetur, ut astrologi dicunt. Lunæ autem proprie competit immutatio materiæ, et dispositio ipsius ad recipiendum omnes impressiones cælestes, et propter hoc videtur quasi esse deferens impressiones cælestes, et applicans inferiori materiæ», Metaph. XII, 9, 2561.

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strade, coltivò la terra. Dopo Saturno, apparve Giove, a guisa del profeta che insegna la legge divina, poiché Giove significa colui che ammonisce e Saturno colui che è ammonito. Ma il regno non è sicuro, se «li malfatori non sono puniti», e quindi fece il suo ingresso Marte, con i suoi cavalieri armati. A quel momento, tutte le condizioni erano appropriate affinché il sole potesse fare il suo ingresso, a guisa di un re nel regno. Quindi venne Venere, a guisa di regina, di «capetana delle donne»; poi Mercurio, «colli suoi filosofi e colle scienze de tutte l’arti». Infine la luna, «capetano... povarissimo... con una sua gente povarissima e vile, come so’ viandanti e messi e corrieri»21.

Troviamo nuovamente questa allegoria nella descrizione fisico-morale di Paolo Veneto sulla natura dei sette pianeti22. E ancora in uno dei commentatori del quadripartitum tolemaico: Giuliano Ristori, nella sua spiegazione della gerarchia planetaria proposta da Albumasar, descrive l'ordine discendente delle sfere planetarie come la formazione progressiva di un regno ideale. Il primo moto, che nella versione latina del de magnis coniunctionibus il frate carmelitano leggeva supra medium, è causa della preservazione, perpetuità ed eternità della generazione; di conseguenza, i tre pianeti superiori sono il principio di ogni alterazione nel cosmo, come pure della sua conservazione e permanenza. Il secondo moto, a medio, è il moto del sole, ed è necessario che la sua azione sia conseguente a quella dei tre pianeti superiori. E poiché codeste operazioni operano sui dogmi e i regni, necessità vuole che vi sia qualcuno che governi, amministri e disponga come conviene il reame e le leggi; pertanto, il sole ha da significare il re, i principi, l'imperatore. Il terzo moto, ad medium, è riferito ai tre pianeti inferiori; poiché invero è necessario che dopo che le leggi e l'impero sono stati costituiti si debba predisporre il loro mantenimento e prosperità attraverso le unioni e le associazioni, le scienze e le arti, i messaggeri e i viaggi, le unioni sono riferite a Venere, le scienze e le arti a Mercurio, il resto alla Luna.23 Giuliano Ristori cerca di riconciliare Tolemeo con coloro che

21 op. cit., II, 2,1-8; pp. 63-97. 22 Liber de compositione mundi, Lugduni 1525, capp. 10-16. «emperciò che le stelle, secondo che ponono e dicono li savi, hano a significare le genti e li animali». Questa descrizione è nei fatti una traduzione di Restoro d'Arezzo. 23 Reverendi ac eximij magistri Iuliani Ristori Pratensis per me Amerigum Troncianum, dum eum publice legeret in almo Pisauri gimnasio currente calamo collecta, ms. Firenze, Bibl. Riccardiana lat. 157, Lectio LXI, fo. 176r. It is notewhorty the long exposition of the three natural motions made by Bonincontri in his explanation of verbum 62 of centiloquium:« Albumasar, prima differentia de magnis coniunctionibus, dicit quod unaquaque divisio individuorum altiorum ad unamquamque divisionem motuum relata est naturalium propter fortitudinem affinitatis seu convenientie eas ad illas et propter successionem effectus impressionum earum in mundo generationis et corruptionis. Et cum primus naturalium moveretur supra medium, motus autem secundus movetur a medio et motus tertius moveatur ad medium, relata est prima divisio planetarum altiorum et effectus earum ad motum primum naturalium qui est super medium propter eius alti<tu>dinem et propter prolixitatem eius ab eis et longitudinis eius a motu naturali tertio qui est ad medium et immo facta est ei ex hac parte significatio super res temporis prolixi propter affinitatem vel convenientiam eius cum motu primo et prolixitatem eius motus, unde relata est ad longiorem planetis superioribus in mundo generationis et corruptionis, qui est Saturnus significatio super inceptibiles ut sunt vires et quicquid sit individuis in sublimi; et relata est ad planetam secundum cum in ordine nexus qui est Iupiter significatio super augmentationem et conservatiionem generationis corruptionisque et cuiuslibet rei que sunt in terra horumque similia que sunt perfectionis finium inceptionum particularium vel que sunt longi temporis; relata est quoque ad planetam tertium in ordine nexus qui est Mars, significatio super bella et victoria et horum similia que sunt quasi descensiones et veluti diminutiones exitus rerum et fines earum et fines rerum significant solutiones primi initij post perfectionem earum et destructionem nexus earum. Nam per accidentia bellorum fit diminutio summitatum et extremorum. Et ex hoc apparet igitur quod extractio significationum individuorum circularium non accipitur nisi motibus naturalibus eo quod sunt sensibus propriores significationibus individuorum superiorum. Cum ergo motus naturalis non excedat tres istas divisiones super expressas, consideramus etiam ordo per partitiones planetarum et per proprietates motus earum volubilium. Ergo ille dividuntur in tres divisiones, quarum prima est planetarum altiorum ordinatorum super luminare maius et secunda est luminaris maioris, tertia vero est planetarum inferiorum qui sunt positi infra luminare maius», Laurentij Bonincontri Miniatensis super centiloquio Ptolomei, Laurentianus Pluteus 29,3 fo. 46v-47r. Cf. William of Aragona, Centiloquium cum commento Haly Eben Rodan et glosa fine commento edita a magistro Willhelmo de Arragonia, ms. BN-Paris lat. 7480, fo. 85r-85v: «eEt ideo tribus superioribus dederunt motum primum et res diuturna et prolixi temporis, dando saturno principia divinitus quia divinacio dicitur administrare iovi fines vel perfectiones, marti occasiones vel adversitates que ex diversis perfectionibus et principiis veniunt; unde saturnus est sicut mars movens iupiter ut speciem tribuens, mars vero ut operaciones controversiones specierum explicans; secundo motui proporcionatur luminare maius et per motum et per virtutem: non enim exorbitat, sed recte movetur sub linea una semper et omnia movet ad regimen vite».

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seguono la dottrina congiunzionista. L'ordine naturale, afferma, è duplice: quoad nos e quoad naturam. Diciamo anzitutto che, rispetto a noi, i luminari hanno maggior luce e quindi una maggiore azione; in seguito, rispetto alla natura, i pianeti superiori sono più nobili dei luminari, perché sono più prossimi al primo ente, e pertanto i loro effetti hanno una più grande efficacia,24. Tra i luminari e i pianeti superiori, osserva Ristori, vi è la proporzione medesima che corre tra un grande cristallo e un piccolo diamante: nel cristallo vi è più quantità e più virtù, ma non tanta efficacia quanta nel diamante25.

Ristori conclude: «Io affermo che la più grande costellazione è l'eclisse del sole con la congiunzione dei tre pianeti superiori nel medesimo confine e decano. Ovvero: quando, al tempo di un'eclisse solare, i tre pianeti superiori si trovano congiunti nel medesimo confine e decano, e sono in aspetto quadrato od opposto al sole o ancora si trovano nelle loro stazioni»26. Può sembrare una sorta di compromesso fra le due dottrine, ma nei fatti rivela la predominanza della teoria che si fonda sulla gerarchia delle sfere. Più la congiunzione è grande, affermerà Keplero, più è duratura e rara, più grande è la commozione da essa esercitata sul mondo naturale; per questo, la più grande commozione proviene dalla congiunzione di Saturno e di Giove, non dalla congiunzione del sole e della luna27.

Questa teoria degli influssi che si fonda sull'ordinamento delle sfere planetarie è stata felicemente chiamata da Edward Grant container theory28. Questa definizione già la ritroviamo nella Metaphysica di Alberto Magno:

superioris autem motus est magis universalis et formalis et contentivus

il moto del pianeta superiore è più universale, più formale, più contenente29

Ciò significa che le orbite dei pianeti superiori, poiché tengono e includono entro la propria ampiezza quelle dei pianeti inferiori, sono più perfette, in quanto il loro principio formale è più universale. Ma Alberto Magno si spinge oltre: gli astrologi ci mostrano che i pianeti inferiori si applicano ai superiori e in forza di questa applicazione, ricevono da essi la guida delle proprie operazioni. Infatti, la congiunzione di due pianeti consiste di due parti: l'applicazione e la separazione. La prima indica la forma, la seconda l'azione che procede come conseguenza. In questo processo vi è una serie di diversi momenti, progressivi e interdipendenti, tramite i quali si giunge ad un effetto. È un processo che si sviluppa mediante l'emanazione continua ed incessante delle planetarum virtutes. Ed il modo in cui queste virtù giungono ad effetto nel mondo non è dissimile dal modo in cui le virtutes naturales interagiscono nel corpo umano: se le prime fluiscono dalle sfere più esterne a quelle interne, le virtutes naturales fluiscono dal cervello al cuore, dal cuore al fegato, dal fegato ai testicoli30. Inoltre, poiché queste virtù agiscono sulla materia, le azioni che ad 24 op. cit., Lectio LIIII, fo. 220v. 25 Lectio XLIII, fo. 185r: «Habemus hic cristallum in magna copia et habemus adamantem parvum: in cristallo est plus de quanto et de virtute, non tamen est tantæ efficaciæ sicut adamas». 26 Lectio XLI, fo. 176v: «Dico quod maxima constellatio est quæ fit ex deliquio Solis et coniunctione trium superiorum in uno termino et una facie, sic quod eo tempore quo fit Solis eclipsis fiat coniunctio trium superiorum in uno termino et una facie et quadrangulentur Soli aut diametrentur eo et si sint saltem propter stationes suas». 27 Kepler, De stella nova in pede Serpentarii, et qui sub ejus exortum de novo iniit, Trigono Igneo, Pragæ 1606, p. 35: «Itaque quanta coniunctio, tanta naturæ commotio; si coniunctio diuturna, si rara, magna quoque et insolens est commotio ac perinde maior commotio a coniunctione Saturni et Iovis, quam a Solis et Lunæ». 28 E. Grant, Planets, Stars ... cit., pp. 220ss. 29 Metaphysica XI, 2, 32; cf. Divi Alberti Magni summi in via peripathetica philosophi Theologique profundissimi naturalia ac supranaturalia opera per Marcum Antonium Zimaram ..., Venetiis 1518, p. 160rb. Cf. XI, 2, 28 (p. 159rb): «Superiores planete Saturnus et Iupiter quando coniunguntur de circulo in circulum vel de triplicitate in triplicitatem accipiunt a spheris superioribus formas universales que signant res maiores que accidunt in mundo, sicut dicunt sapientes astrorum». 30 Cf. Alberti Magni philosophie totius dilucidatoris doctissimi Opus nobile de causis proprietatum elementorum, Magdeburgi 1506 (I, 2, 9) cc. Ciiv (ed. Borgnet IX, p. 620a): «Et huius simile videri possumus in corpore humano, ubi unum membrum transmittit aliis spiritum et humorem, et tamen membrum recipiens informat illa secundum naturam

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esse conseguono sono fisiche: la sfera di Saturno muove, eccita, il freddo e il secco, quella di Giove il calore e l'umidità. Tutte le qualità prime sono suscitate dai loro moti e pertanto ben si può dire che i due pianeti superiori hanno la capacità di causare i più grandi mutamenti nel mondo31.

Agostino Nifo e Pedro Ciruelo contraddicono queste argomentazioni. Nel quarto capitolo del De nostrarum calamitatum causis, Nifo protesta che tutti coloro che seguono Albumasar sono ignoranti in filosofia, astrologia e teologia. Poiché la virtù giace nel mezzo e al principio, ed il sole è posto nel mezzo e la luna è posta in quel momento del tempo in cui ogni cosa ha il suo inizio, ne segue che i luminari sono i primi e i comandanti e gli altri corpi celesti sono come i ministri e gli ufficiali. Invero, è il Sole che regola i moti di tutti i pianeti, le cui facoltà dipendono dal rapporto, sempre mutevole, che essi hanno con il sole. E se qualcuno dicesse che le sfere superiori, in quanto superiori, eccellono su quelle inferiori, Nifo risponde che ciò si può ammettere per una ragione, ma negare per molte altre: il cavallo, per esempio, è superiore all'essere umano nel portare i pesi, ma l'essere umano è superiore al cavallo per molte altre ragioni32.

Quanto a Ciruelo33, propone dieci regole per valutare la forza delle sfere celesti. La prima recita: in maiore corpore maior virtus, la virtù è connessa alla magnitudine del corpo; la seconda: omne agens fortius agit in propinquo, l'efficacia dell'azione è connessa alla prossimità alla terra; la terza: qui tardius moventur ad maiora tempora effectus suos ostendunt, la durata degli effetti dipende dalla grandezza delle orbite. Seguono altre sette regole, che procedono come la conseguenza delle prime tre 34, e Ciruelo conclude che la maggior forza è nei luminari, quindi nei

suam et virtutem quemadmodum cerebrum ipsum spiritum et humorem sibi a corde et epate missos informat ad virtutem et operationem animalem et testiculi spiritum et humorem eis missum informant ad virtutem generativam et formativam speciei: ita facit quilibet planeta qui recipit lumen ab alio». Non si tratta qui di una semplice metafora, ma di una distinta spiegazione della dottrina astrologica dell'applicazione e della separazione fra due pianeti, cfr. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Milano2 1992, pp. 375-378. 31 Cf. Albertus Magnus, de causis ... cit., I, 2, 9 cc. Ciiira: «Oportet quod illud quod universaliter est in superiori determinetur per inferiora, et illud quod primum determinat ad figuram et speciem est circulus stellatus. Prima autem ad complexionem ducentia sunt Saturnus et Iupiter, eo quod unus movet frigidum et siccum, et alter calidum et humidum; et cum ista conveniunt in ea triplicitate signi ex qua confortari habent et influentiam accipere, oportet quod per illas duas stellas toti mundi dispositio infundatur. Permutatio autem triplicitatis dicit permutationem primarum qualitatum elementalium universaliter». 32 Euthici Augustini Niphi Philotei Suessani de nostrarum calamitatum causis liber ad Oliverium Carafam Cardlinalium maximum, Venetijs 1505, cc. 31b-32a. 33 Pedro Ciruelo, Apotelesmata astrologiæ christianæ nuper edita a magistro Petro Ciruelo Darocensi super duarum tantum iudiciorum partibus, hoc est de mutationibus temporum et de genituris hominum, reiectis omnino interrogationibus et vanis electionibus falsorum astrologorum. Petri Cirueli D. Centilogium resolutorium sue artis iudiciariæ. Responsiones, Alcalà 1521, I, 3, cc. eviiiv. 34 Le altre regole: la quarta: «sol est maxime virtutis et potentie super universa astra celorum omnium»; la quinta: «post solem maioris virtutis et potentie super nos est luna simpliciter quam omnes alie stelle totius celi»; la sesta: «post duo luminaria magna celi tertium gradum in potentia activa ad nos habent tres planete superiores sole, quartum gradum habent inferiores et ultimum locum stelle fixe omnes»; la settima: «in stellis fixis eiusdem magnitudinis ille que sunt magis elevate super nostrum hemisperium ut quando sunt in circulo meridiano, sunt maioris virtutis active super nos quam ille que minus elevantur; et septentrionales ab ecliptica magis quam meridionales etc. Probatio clara est quia fortius irradiant super nos. Eadem ratio est de planetis qui moventur ad diversa latera zodiaci: nam variat unusquisque eorum virtutem suam secundum quod magis vel minus elevatur secundum latitudinem zodiaci»; l'ottava: «secundum excellentiam vel deffectum planetarum in virtute activa erga nos est significatio eorum in rebus magnis aut parvis huius seculi: probatur quia maiori virtuti active maior et dignior effectus est attribuendus»; la nona: «cum qualitates duorum luminarium sint manifestissime ad experientiam, aliorum planetarum complexiones ex comparatione eorum ad duo luminaria penes convenientiam et differentiam determinande sunt»; la decima: «sicut omnium stellarum motus tanquam regulam habent motum ordinatissimum solis, sic etiam omnes stelle respiciunt motum lune tanquam omnibus eis familiarem et subsequentem». Pertanto, Ciruelo conclude: «Ex omnibus his decem regulis elucet quanta dignitatis preminentia sint efferenda duo celi luminaria magna in hac scientia ... a qua sententia neque per unum iota discrepavit Ptolemeus, putans quod aliestelle celi sine testimonio luminarium nihil aut parum efficere valent in mundo, unde in omnibus figuris astrologicis maxime in illis que ad sciendas mutationes temporum formantur, ante omnia dicit inspiciendam esse coniunctionem aut oppositionem luminarium que precesserat, non sic Albumazar mahumeteus qui maiorem vim attribuit superioribus planetis quam luminarium et male».

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tre pianeti superiori, poi nei due inferiori e, infine, nelle stelle fisse. E nondimeno, per quanto è della loro perfectio essentialis, possiamo dire che i pianeti superiori sono più nobili e che Saturno, Giove e Marte prevalgono sul sole. Questo è d'altronde quanto san Tommaso afferma nei suoi commenti alla metaphysica di Aristotele. Tuttavia Ciruelo osserva che non è compito dell'astrologo disputare intorno alle ragioni pro o contro la forma delle stelle, ma è piuttosto compito del filosofo. Quanto all'astrologo, egli tratta dell'activa virtus delle stelle, dei loro effetti. Conclude quindi che l'errore di Albumazar mahumeteus fu di confondere tra loro la forma e l'azione35.

Nifo e Ciruelo cercarono di seguire la vera tradizione tolemaica: Nifo scrisse un commento al primo libro quadripartitum, frutto di un ciclo di letture svolte nella Facoltà napoletana di medicina, ed un altro sul secondo libro36; Ciruelo si propose, nei suoi Apotelesmata christiana, di espurgare la stessa dottrina tolemaica da falsità e frivolezze, segnatamente di provenienza araba. Guido Bonati, Albumasar, Ibn Ezra e la generalità degli astrologi, osserva, confondono tra loro elementi superstiziosi e cose naturali. In questo modo essi tessono una tela con fili di diversa specie. Questo, dice Ciruelo,37 è proprio ciò che io cerco di evitare, ricordando il detto della Sacra Scrittura: non seminare il tuo campo con diversi semi38.

L'attitudine critica che Ciruelo manifesta verso Tolemeo si basa sull'attribuzione al matematico di Alessandria del centiloquium, dove sono presenti alcune, poche sentenze che trattano della dottrina congiunzionista. Invero, fino alla metà del XVI secolo, il centiloquium era pressoché unanimamente ritenuto una raccolta di aforismi provenienti direttamente da Tolemeo. Tra le poche eccezioni possiamo annoverare uno dei critici dell'astrologia del Cinquecento: Pontus de Tyard, alcuni secoli prima di Richard Lemay, considerava i cento aforismi come la falsificazione del suo stesso commentatore arabo39. Possiamo quindi comprendere come uno dei commentatori della prima metà del XVI secolo, intendo Giuliano Ristori, magnificasse a tal punto le grandi congiunzioni. Infatti Ristori, che cita sovente dal centiloquium, osserva che Tolemeo, nei suoi aforismi, esalta le congiunzioni dei pianeti superiori; quindi, rivolgendosi ai suoi studenti, dice: voi dovete aver sempre fiducia in questi aforismi, essi sono attendibili, poiché provengono dalle osservazioni40.

Ristori fu uno dei tanti astrologi convinti che la dottrina congiunzionista di Abü Maœñar costituisse un contributo importante, capace di accrescere e migliorare l'abilità dell'interpretazione astrologica. In contrario a questa concezione, possiamo leggere uno degli ultimi commentatori di Tolemeo. Valentin Nabod, commentando il passo di quadripartitum II, 4: «La prima e più potente causa degli eventi universali sono le congiunzioni eclittiche del sole e della luna e i transiti delle stelle in quel tempo», osserva:

Sed dicat aliquis, hoc textu Ptolemæi potius extolli atque communiri de magnis coniunctionibus

doctrinam, quam tolli: siquidem non tantum defectibus luminum, sed et meantium stellarum transitibus vis magnos et generales eventus efficiendi tribuitur? Respondeo, quamvis Ptolemæus in generalibus mutationibus planetis superioribus æque atque reliqua astrologorum multitudo vim tribuat, non tamen tantum, neque sic quemadmodum ipsi de potentia illorum sentit. Etenim ipsi pro magnorum eventuum temporibus et locis, eruendis, Iovis et Saturni coniunctiones potissimum observant, atque earundem

35 «Cum his tamen regulis stat quod si celi differant specie inter se, forte maior est perfectio essentialis stellarum superiorum quam inferiorum, ut saturni quam solis et cetera. Hoc tenet sanctus Thomas in commentario suo super duodecimo libro metaphisice. Sed de tali perfectione iam non est astrologi disputare, sed solius primi philosophi: nunc autem solum de activa virtute stellarum ad hec inferora intendimus», ibidem. 36 Ad Sylvium Pandonium Boviani Episcopum Eutichi Augustini Niphi Philotei Suessani ad Apotelesmata Ptolemæi eruditiones, Neapoli 1513; Eutichi Augustini Niphi Ph. S. de nostrarum calamitatum causis liber ad Oliverium Carafam Cardinalium maximum, Venetiis 1505. 37 Apotelesmata astrologiæ christianæ…, cc. aiiiv. 38 Leviticus 19.19: «Agrum tuum non seres diverso semine. Veste, quæ ex duobus texta est, non indueris». 39 Mantice ou Discours de la verité de Divination par Astrologie, Lion 1558, p. 13: «Haly faussaire de son Ptolomee en cent endrois». 40 Lectio XLIII, fo. 184v-185r.

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effectum ad multa secula extendunt. At Ptolemæus econtrario tempora et loca effectuum ex solis luminarium defectibus colligit.

Qualcuno potrebbe dire che in questo passo Tolemeo non sopprime la dottrina delle grandi congiunzioni, ma che al contrario offre ad essa supporto e vigore, giacché viene attribuita forza di causare grandi e generali eventi non soltanto alle eclissi dei luminari, ma anche ai transiti delle stelle erranti. Ma io rispondo: sebbene Tolemeo, come molti altri astrologi, ascriva ai pianeti superiori la forza di causare eventi di carattere generale, nondimeno non concorda con loro per quanto è del loro potere. Essi invero, nelle loro investigazioni sul tempo e il luogo degli eventi generali, osservano, sopra ogni cosa, le congiunzioni di Giove e di Saturno, e ne estendono gli effetti nel corso di molti secoli. Tolemeo, al contrario, deduce il tempo e il luogo degli effetti unicamente dalle eclissi dei luminari41.

Non è sorprendente che gli astrologi medievali abbiano reso l'un l'altro compatibile Tolemeo e

Abü Maœñar, senza alcuna contraddizione apparente, se teniamo conto che il centiloquium era unanimamente riconosciuto come un'opera genuina di Tolemeo. Consideriamo, per esempio, il Dialogus di Giovanni Abbiosi, dove vediamo Tolemeo, non Albumasar, replicare al sophista, citando dal centiloquium come sua propria opera, sulla questione delle grandi congiunzioni e delle rivoluzioni degli anni del mondo42. Le concezioni astrologiche dell'Abbiosi sono tipiche di molti astrologi del suo tempo, quelli che, per ripetere le parole di Thorndike, «ritenevano che molte cose sono state scoperte dal tempo di Tolemeo, e che gli autori arabi hanno spiegato ed accresciuto»43. Abbiamo detto che nel centiloquium vi sono alcune, poche, sentenze che trattano distintamente delle congiunzioni e delle rivoluzioni. Fu l'arduo compito di quegli astrologi che intendevano seguire la pura dottrina del quadripartitum, come Giorgio di Trebisonda e Gioviano Pontano, il cercare di spiegare quelle sentenze in un diverso modo44.

Uno tra i più antichi commentatori del quadripartitum tolemaico, il medico egiziano œAlï ibn Riàwän, afferma che il centiloquium è uno scritto ermetico. Ibn Riàwän muove cinque aspri attacchi ad Abü Maœñar, tutti con l'intento di dimostrare la sua ignoranza o almeno la sua imperfetta comprensione dell'astronomia e denunciare gli elementi superstiziosi della sua dottrina. Nel commento al secondo capitolo del primo libro, egli dice che Abü Maœñar e i suoi seguaci si dedicavano con avidità e impazienza al conoscere ciò che è impossibile, quali i cicli dei millenni e dei secoli. Ibn Riàwän allude qui alle tasyïrät e alle intihä’ät, le progressioni regolari e le

41 V. Nabod, Enarratio... cit., pp. 355-356. 42 Dialogus in Astrologie defensionem cum Vaticinio a diluvio usque ad Christi annos 1702, Venetiis 1494. 43 L. Thorndike, A History of Magic and Experimental Science, New York V, 1941, p. 221. 44 I migliori esempi sono costituiti dalle sentenze 58 e 64. La prima presenta, nei manoscritti medievali, la parola alkirem, che è traslitterazione dell'arabo al-qirân. Ma quei lettori, come Giorgio di Trebisonda e Gioviano Pontano, che avevano tra le mani il testo greco del karpov~, leggevano suvnodo~, e pensavano che Tolemeo si riferisse qui alle congiunzioni del sole e della luna. Il secondo aforisma tratta della grande, media e minore congiunzione dei pianeti superiori. Pontano (Commentariorum in centum Claudij Ptolemæi sententias, libri duo, Basileæ 1531, p. 114) confessa qui il suo turbamento: «Verba ipsa magnopere me addubitare faciunt propter obscuritatem». Non diversamente Giorgio di Trebisonda (Claudij Ptolemæi Alexandrini Astronomorum Principis Centum sententiæ interprete Georgio Trapezuntio..., Romæ 1540, cc. Kiir. Nella sua critica alla dottrina congiunzionista, C. Scepper cita sia Pontano che Giorgio di Trebisonda (Assertionis fidei adversus astrologos, sive de significationibus coniunctionum superiorum planetarum anni millesimi quingentesimi vicesimi quarti, Antverpiæ 1523, cc. 14v; 120v-121r. Soltanto Francesco Cigalini (op. cit., pp. 407-410) cercò di trovare un "reale significato tolemaico" al secondo aforisma: assumendo che le tre congiunzioni sono congiunzioni dei luminari, la maggioire è la congiunzione defectiva, ossia un'eclisse, la media è la congiunzione dei luminari che precede ogni stagione, la minore è congiunzione mensile. Pedro Ciruelo offre una'interpretazione leggermente diversa: «Ergo volentes in hoc capitulo modum precedentis observare in divisione maiorum constellationum per medias et istarum per minores, anni principium in equinoctio vernali mensis martij et in principio signi arietis ponimus, existimantes figuram principij veris esse velut unam magnam coniunctionem sub qua tres alie medie ipsam dividentes erunt figure principiorum estatis, autumni et hyemis et sub qualibet earum lunationes mensium erunt quasi minores coniunctiones, medias et maiores dividentes; sed has figuras omnes, more Ptholemei, figuras coniunctionum vel oppositionum solis et lune facere intendimus, utpote quia in eis est maior certitudo», Apotelesmata ... cit., II, 3, cc. hvv.

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profectiones impiegate da Abü Maœñar nel Kitäb al-ulüf,45 il Liber millenarius ora perduto sia in arabo che in latino, ma ben noto agli astrologi latini del medioevo46. Nondimeno, se Ibn Riàwän critica nella sua interezza la dottrina di Abü Maœñar47, accetta gli effetti apotelesmatici che le congiunzioni dei pianeti superiori hanno in se stesse. Nel commento al quarto capitolo del secondo libro del quadripartitum, Ibn Riàwän combina tra loro le eclissi e le congiunzioni di Giove e Saturno. In seguito, nella sua esposizione dei cicli di queste congiunzioni, egli va oltre il ciclo dei 960 anni. In questo arco di tempo, Saturno e Giove formano quattro medie congiunzioni in ciascuna triplicità dello zodiaco, ovvero quattro intiqäl, transiti da una triplicità ad un'altra, ovvero 240 per 4. E in 2880 anni si contano 12 intiqäl, ovvero 240 per 12, e 144 congiunzioni di Saturno e Giove (2880 : 144 = 20). Infine, se moltiplichiamo le 144 congiunzioni per i dodici segni zodiacali, avremo 1728 congiunzioni, e queste congiunzioni si produrranno in 34560 anni. Questo numero è assai prossimo alla rivoluzione completa delle stelle fisse48. Per questo motivo, conclude Ibn 45 Cf. E. S. Kennedy, “Ramifications of the World-Year Concept in Islamic Astrology”, Ithaca. Actes du Dixième Congrès International d’Histoire des Sciences, Paris 1964, vol. I, pp. 23-43; D. Pingree, The Thousands of Abü Maœñar, London 1968, pp. 57ss. 46 Cf. G. Bonati, Decem continens tractatus de astronomia, Auguste Vindelicorum 1491. Nel capitolo 117 del libro VIII Bonati riporta il lungo giudizio che Abü Maœñar presenta intorno alla successione al califfato, fondato sull'introitus solis in Arietem dell'anno 656 (16 Ramadan 35H). È questa una citazione dal Liber millenarius di Albumasar. Cfr. c. Z3v: Qualiter sit procedendum super significatores regis et rusticorum secundum Albumasar. È l'anno in cui œUømän b.

œAffän fu assassinato e œAlï ibn Abï Åälib ascese al trono. L'oroscopo è riportato nel Kitäb al-qirânät wa taùäwïl sinï al-

œälam of al-Sijzï, che scrisse nel X secolo un compendium, mujmal, del Kitäb al-ulüf of Abü Maœñar, cfr. D. Pingree, The Thousands of Abü Maœshar, London 1968, pp. 99-100. Lo stesso oroscopo si può trovare anche in Mäñä’alläh, Fï qiyäm

al-¢ulafä’ wa maœrifa qiyäm kull malik, cf. E. S. Kennedy, D. Pingree, The Astrological History of Mäñä’alläh, Cambridge, Mass. 1971, p. 133, e in Müsä ibn Nawba¢t, cfr. Al-Kitäb al-Kämil, Horóscopos históricos, ed. trad. A. Labarta, Madrid 1982, p. 86. Sulla conoscenza del Kitäb al-ulüf in the Latin Middle Ages cfr. Hermann of Carinthia, De essentiis, ed. Ch. Burnett, Leiden-Köln 1982, p. 140; 164 (Abumaixar in Libro millenario), cfr. Ch. Burnett, The «Legend of three Hermes and Abü Maœñar Kitäb al-ulüf», Journal of the Warburg and Courtald Institutes, n. 39, 1976, pp. 231-234. 47 Nel suo commento al quadripartitum, Ibn Riàwän muove alcuni feroci attacchi ad Abü Maœñar e alla sua concezione dell'astrologia, piena di superstizioni e di errori; cfr. specialmente la critica alla dottrina dei millenni e dei secoli e, in generale, ai grandi cicli storici: Liber quadripartiti Ptholemei, ides quatuor tractatuum, in radicanti discretione per stellas de futuris et in hoc mundo constructionis et destructionis contingentibus cum commento Haly Heben Rodan, Venetiis 1493, cc. 6rb: «Et ego vidi aliquos studentes ... vidi nam ex illis qui studebant in libris miliariorum et centenariorum et decennariorum et credebant certum et verum esse quicquid locutus fuit ibi Albumasar et similes et voluerunt hoc experiri in rebus preteritis et ibi nullam certitudinem invenerunt. Et ego dixi: magnum mirum est de vobis qui dimitt<it>is inspicere motus stellarum et coniunctiones magnas et vultis scire ea que futura sunt per numerum annorum, quia si hoc verum esset ars astronomie et ea que per stellas scire possumus de eo quod futurum est nihil esset». Cf. J. A. Seymore, The Life of Ibn Riàwän and is Commentary, Columbia University, 2001, pp. 115ss. Nella sua parafrasi del commento di Ibn Riàwän's, Conrad Hemgartner ripete questa critica in un tono leggermente diverso: «Aliqui ut se sapientes ostendant libros fecerunt et nos multis verbis turbaverunt et vias multas quarum nulla recta dederunt. Quare tibi consulo ut non velis laborare in illis libris et applices mentem et tuum studium ad libros solummodo Ptholomei, quoniam in eis reperies viam certam et res certificatas et ratione et experientia probatas et dimittemus sophisticationes et vanitates de quibus Albumasar in libris millenariorum, centenariorum et decanorum (sic) loquitur, et alij complures. Nam sunt ipsi truffe et vanitates, nec est sapiens qui eis consentiat» ms. BN-Paris lat. 7432 fo. 8v; cfr. ms. BN-Paris lat 7305, fo. 20r-v. 48 Liber quadripartiti Ptholemei ... cit., cc. 37va. Cito qui dalla parafrasi di Conrad Hemgartner (ms. Bn-Paris lat. 7305 fo. 132v) con le varianti del testo latino di Ibn Riàwän: «Et postquam Saturnus et Iupiter coniunguntur vice una omnibus 20 annis vel circa duodecies in quolibet trigono in 240 anni vel circa stabunt in uno trigono antequam de trigono illo ad alium mutentur. Aliquando accidit quod 13 coniunctiones fiunt in uno trigono antequam de trigono illo ad alium mutentur, ut per tabulas motuum patet quas in scientia quadriviali composuimus ad eram Johannis Borbonij atque Alvernie ducis illustrissimi; et certum est quod coniunguntur in quolibet signo quater et erunt anni 960. Et eorum coniunctio semper mutatur de uno trigono ad alium trigonum sequentem et de signo ad signum sequens. Verbi gratia, quando fit mutatio coniunctionis a capite Arietis in 240 annis perveniet ad signum Tauri. Postmodum secundum hoc convenit ut fit hec mutatio post 960 anni quod iterum redeat ad caput Arietis quoniam in tot annis erunt coniuncti in quolibet signo quater. Et redibit mutatio ad aliquod signum ad caput de 1920 annis. Et redibit ad primum signum ad

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Riàwän, le congiunzioni di Giove e Saturno hanno una grande efficacia nel significare i mutamenti dei regni e delle religioni, le migrazioni dei popoli da un luogo ad un altro.

Figura 3 - Ibn Ridwân

In questo passaggio di Ibn Riàwän abbiamo una delle prime associazioni di due distinte

tradizioni, quella dei cicli delle congiunzioni di Giove e Saturno e quella della rivoluzione dell'ottava sfera. Ma il numero di 36.000 anni è altresì presente, sebbene sotto la forma di un immaginario ciclo dotato di una regolare ed uniforme progressione, tasyïr, presso gli astrologi congiunzionisti. Lo vediamo esposto in Abü Maœñar49 e in Müsa ibn Nawba¢t50. Qui, per contro, Ibn Riàwän propone un numero per il grande anno misurato sul valore tolemaico della precessione, di un grado ogni cento anni.

Secondo Abü Maœñar, Saturno e Giove formano una congiunzione ogni 20 anni, e questa

congiunzione è chiamata minor. In seguito, i due pianeti formano 12 o 13 minores coniunctiones nei segni della medesima triplicità; quindi essi migrano al segno della triplicità seguente dopo 240 anni. Questa congiunzione è chiamata maior o media. Infine, dopo aver compiuto quattro congiunzioni in quattro diverse triplicità, ritornano al punto iniziale dopo 960 anni. Questa congiunzione è chiamata maxima. Gli intervalli fra queste congiunzioni sono computate sulla base dei moti medi dei pianeti. Il computo è il seguente: il moto diurno medio del centro medio dell'epiciclo del pianeta più lento deve essere sottratto da quello del più veloce. In seguito, si divide l'intero cerchio di 360 gradi per la differenza dei summenzionati moti medi dei pianeti e il risultato è l'intervallo fra due congiunzioni, espresso in numero di giorni.

caput 2896 [2880] annis et in tot annis essent coniuncti 144 vicibus. Et quando multiplicabimus numerum coniunctionum per numerum signorum erunt coniunctiones 1628 [1728] et erunt anni [circa de] 34000. Et hoc est circa numerum annorum quibus stelle fixe complent circulum suum per totam spheram. Et in tanto tempore revertitur principium mutationis ad quodlibet <signum> duodecies, tantum quantum est numerus signorum. Et propter hec coniunctio Saturni et Iovis habet virtutem magnam valde in regnis et sectis mutandis et habitationibus de uno loco ad alium, quia uterque planetarum est supremus et virtutis magne». 49 Cf. D. Pingree, The Thousands…, loc. cit. 50 Cf. Kitâb al-azmina wa-l-duhûr, Tratado de Astrología mundial, ed. Ana Labarta, análisis Angel Mestres, Valencia 2005, p. 23.

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Figura 4 - moti medii

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Figura 5 - Riccioli intervalla

Gli intervalli proposti da Abü Maœñar, al pari di tutti gli autori arabi, erano più ampi di quelli

offerti dalle Tavole Alfonsine, diversi essendo i parametri dei moti diurni dei pianeti. Nonostante ciò, i primi intellettuali europei che accolsero entusiasticamente la dottrina congiunzionista, da Ruggero Bacone a Pierre d'Ailly, accettarono, al di là di ogni dubbio, gli ampi intervalli della teoria araba. Heinrich von Langenstein, che era contemporaneo di Pierre d'Ailly, nel sottolineare gli errori di Abü Maœñar, riconosce che i moti medi definiti dalla Tavole Alfonsine sono corretti51. L'anonimo cracoviense che, nella seconda metà del XV, scrisse un commento ai primi due libri del quadripartitum tolemaico, suppone che all'epoca di Abü Maœñar non era ancora stata riconosciuta con precisione la quantità dei moti medi dei pianeti. E tuttavia si meraviglia come molti, tra gli autori più seri e più illustri, abbiano accettato i moti medi di Abü Maœñar, come una pecora segue un'altra pecora e si unisce al gregge52 .

51 Cf. H. Pruckner, Studien zu den astrologischen Schriften des Heinrich von Langenstein, Leipzig-Berlin 1933, pp. 142-143; medesima affermazione in P. Ciruelo, Apotelesmata ... cit., II, 2, cc. gviii: «loquendo de medijs coniunctionibus per tabulas Alfonsi regis que aliarum omnium sunt certissime». 52 Ad Tabulam quadripartiti Ptolemaei explanationes et commentationes, accedit capitulum de dominio anni. ms. Laurentianus Ashb. 202, fo. 37v: «Credo quod temporibus Albumazar nondum fuit habita vera quantitas mediorum motuum Saturni et Iovis et merito ipse dominus Albumazar erravit. Sed miror quod tot et tanti viri secuti sunt eum usque ad nostra tempora, videlicet Abraham Averre, Haly Abenragel, Guido Bonati, auctor summe anglicane, Cameracensis et alij. Cuius causa non puto aliam nisi quod sicut ovis unus sequebatur alium, nec aliquis curavit ad praxim predictam quantitatem tam temporis quam motus reponere, quare ad magnos devenerunt errores».

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Figura 6 - Coniunctionum intervalla

Ma la dottrina congiunzionista di Abü Maœñar era passibile di un'altra critica, poiché i tempi

delle congiunzioni erano calcolate sulla base dei moti medi dei pianeti, e siffatte congiunzioni medie, osserva Ciruelo, sono fittizie e non possono essere causa di alcun effetto nel mondo53. Inoltre, le congiunzioni medie raramente coincidono con le vere, poiché questo succede solo quando i due pianeti si trovano all'apogeo o al perigeo dell'epiciclo o dell'eccentrico54. Nondimeno, gli astrologi medievali erano consapevoli che solo nelle congiunzioni vere, non nelle medie, doveva essere posto l'influsso55. E per questa ragione l'anonimo commentatore di Cracovia afferma che Abü Maœñar, uomo di grande sapienza, fondava i suoi giudizi sulle congiunzioni vere56. D'altra parte, l'astrologo medievale non si poneva il problema della determinazione del tempo esatto della congiunzione vera, poiché il giudizio che si traeva dalle congiunzioni dei pianeti superiori si fondava su un diverso momento del tempo: l'ingresso del sole nel primo punto dell'ariete. E tuttavia, 53 P. Ciruelo, op. cit., I, 2, cc. gviiiv: «Albumazar solas medias coniunctiones superiorum planetarum curavit, que sunt pure imaginarie et nullum effectum faciunt in mundo». Cf. L. Bellanti, De astrologica veritate, XI, 3 Florentiæ 1498; G. Tannstetter, Libellus consolatorius, Viennæ 1523, cc. biiir. Sarebbe troppo lungo e noioso recensire tutte le opinioni sulla questione; G. B. Riccioli, Almagestum ... cit., p. 672 e G. Cervi, Anergica magnarum coniunctionum panurgia. Problema Physico-Theologico-Astrologicum, Parmæ 1683, pp. 11-12, ne danno una rassegna. 54 Cf. Pierre d'Ailly, Elucidarium ... cit., c. 26, cc. f6r: «Et aliquando vera cum media concordat in tempore, sed hoc contingit rarissime, videlicet quando ipsi planete sunt in auge vel opposito augis ecentrici vel epicicli». 55 Pierre d'Ailly, op. cit., c. 13, cc. f1r: «Sed tamen astronomi iudicant secundum coniunctiones vera, quia autores volunt influentias planetarum magis habere processum in coniunctionibus veris quam in medijs. Unde secundum Alkindum in effectibus magnis provenientibus ex magnis coniunctionibus saturni et iovis non debemus habere respectum ad eorum motus medios, sed ad veros et ad veram eorum coniunctionem, licer Albumasar secundum medios motus eorum processerit». 56 «Et ego tamen credo dominum Albumazar fuisse magne sapiencie virum et iudicia sua super certissimis fundasse radicibus et super coniunctionibus veris, sed de medijs mencionem facit more antiquorum sapientum», Ad tabulam ... cit., fo. 38r.

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poiché l'esatto momento delle congiunzioni vere costituiva un punto critico che aveva un'importanza decisiva rispetto agli eventi ad esse riferiti, molti disputavano intorno alla possibilità di conoscere questo momento. Nel commento al secondo capitolo del primo libro del quadripartitum, dove Tolemeo espone qual è l'azione propria del sole, della luna e dei pianeti, Cardano riconosce l'impossibilità di determinare non solo l'ora, ma anche il giorno della congiunzione vera dei pianeti superiori. Da qui, conclude, ciascuno può chiaramente comprendere quanto incerta sia questa dottrina57. Il medesimo Cardano è l'autore di una concisa sentenza, dai toni lapidari di un aforisma, sulla quale non mancarono di riflettere gli astrologi posteriori:

Veri motus actiones perficiunt, medij autem sunt ut illorum exempla.

I moti veri portano a compimento le azioni, i medi sono i loro modelli58.

Francesco Levera, nel suo lungo capitolo De motibus secundorum mobilium æqualibus vulgo medijs, ac simplicibus, eorumque viribus, ac virtutibus, cita questo aforisma di Cardano e cerca di stabilire una distinzione significante tra i moti medi e i moti veri dei pianeti: nei primi vi è unitas et simplicitas et integra virtus, ordo et perfectio, nullusque excessus neque defectus, nei secondi vi sono condizioni accidentali, minime autem essentiales. Egli si fonda sull'autorità di Aristotele, in particolare nella physica, dove il filosofo afferma che, quantunque una parte del moto circolare (periforav) è una porzione del tempo, certamente non è un moto circolare, giacché ciò che è preso non è che una parte del moto circolare, non il moto circolare nella sua totalità59. Per Levera, la porzione del moto circolare è il motus inæqualis e il moto circolare nella sua totalità è il motus æqualis, ben ordinato, uniforme, regolare60. L'inizio del moto circolare dei pianeti e, per così dire, i loro momenti critici, avviene quando sono congiunti al sole od opposti ad esso, all'apogeo o al perigeo del loro eccentrico, poiché allora non vi è differenza tra il moto medio e quello vero. Queste posizioni devono essere considerate critiche, perché esse sono, per i pianeti, ciò che le sizigie sono per la luna. In tutti gli altri momenti del loro moto circolare le posizioni medie divergono da quelle vere, a causa della distanza dei pianeti rispetto al sole e alla terra. Levera pertanto conclude che, se poniamo la questione in accordo all'ordine naturale, i moti medi sono i primi: essi vengono prima e precedono ogni irregolarità ed anomalia e per questo dobbiamo ritenere che non siano privi di un'azione nel mondo sublunare61. In conseguenza di queste argomentazioni, Levera concorda con l'ipotetica conclusione suggerita da Riccioli: in forza dei loro moti veri Saturno e Giove permangono congiunti durante tre o quattro giorni; al contrario, la congiunzione dei centri dei loro epicicli avviene in un istante. Per

57 H. Cardano, Opera Omnia, t. V, Lugduni 1663, p. 173b: «Igitur nec certa dies, nedum hora, aut cœli figura et status, haberi possunt (...) Hanc ob causam scientiam talium coniunctionum quæ ad hanc usque diem celebrata fuit, quam parvi sit momenti, clare quisque intelligit». Cf. V. Nabod, Enarratio... cit., p. 357. 58 Aphorismorum astronomicorum segmenta septem, in: Opera Omnia, t. V, Lugduni 1663, p. 68a (vi, 9). 59 Fisica iv, 10; 218b1. 60 Fr. Levera, Prodromus Universæ Astronomiæ restitutæ ..., Romæ 1663, pp. 78: «Simplices enim et æquales motus cælestium corporum, eorumque coniunctiones per motus eorundem æquales, considerabiles etiam admodum fiunt propter harmoniam, relationem, et proportionem continuatam, et perpetuam, quam habent ad partes omnes sui motus, necnon ad reliquas coniunctiones invicem æquales lege naturæ, tam præcedentes, quam sequentes in cunctis seculis: tum etiam quia æquales, seu medij motus tantum, minime autem inæquales, habent harmonia, proportionem, et analogiam in cunctis partibus sui motus cum vera, et tota periodo eiusdem motus». 61 op. cit., pp. 69ss.; cf. p. 77-78: «Nam licet tunc non appareant nobis coniuncti respectu terræ, quam habitamus, tamen coniuncti sunt respectu aliorum centrorum, quæ in Universo habent; et in hæc inferiora, quamvis non influant directe sic coniuncti, tamen influunt reflexe, et per consensum partium, ut supra diximus. Quin immo influxus, et actiones cælestium corporum digniores, et nobiliores, sunt magis ab æqualibus, et in sua æqualitate semper perseverantibus motibus et circulationibus».

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questa ragione noi dobbiamo servirci dei moti medi e delle congiunzioni medie, e non delle vere62. Solo la media congiunzione rende possibile determinare il minuto del tempo, l'oroscopo63. Per l'astrologo medievale una simile questione è priva di senso reale. Se gli astrologi del Rinascimento accettarono la dottrina congiunzionista, ne tralasciarono nondimeno alcuni elementi che costituivano parte integrante della dottrina. Guglielmo d'Aragona, nel suo commento al verbum 64 del centiloquium, espone in modo conciso tutti gli elementi da cui dipende il giudizio; e questo egli compie seguendo l'ordine discendente, a partire dalla congiunzione dei pianeti superiori, poiché le congiunzioni sono il principio, la regola e la misura di tutti gli altri elementi (coniunctiones enim Sunt principium et regula et mensura omnium)64:

minor coniunctio continet 20. revolutiones annorum et quelibet revolucio quartas anni et quelibet quarta ad minus 3. coniunctiones et 3. preventiones et 6. quadraturas et quelibet quadratura 7. dies, dies autem est indivisibilis revolucio, omnes predictas mensurans. la congiunzione minore contiene 20 rivoluzioni dell'anno ed ogni rivoluzione contiene almeno tre congiunzioni e tre opposizioni <del sole e della luna> e sei quadrature ed ogni quadratura contiene sette giorni e il giorno è la rivoluzione indivisibile, che misura tutte le altre rivoluzioni.65

Per la maggior parte, i prognostica annuali, dal medioevo fino a ben oltre il Rinascimento, presentano, seguendo un ordine preciso, tutti gli elementi dell'astrologia cattolica araba. All'inizio del suo primo prognosticon per l'anno 1484, Domenico Maria Novara spiega distintamente i due metodi sui quali si fondano le prognosticationes, il metodo di Tolemeo e quello di Abü Maœñar. Ma il Tolemeo di Domenico Maria, come pure quello della maggioranza degli astrologi del medioevo e del Rinascimento, non è solo l'autore del quadripartitum, ma altresì del centiloquium:

Scias quod revolutiones annorum mundi qui certitudinem iudicij in pronosticando demonstrant ex

tribus potissimis partibus complentur. Et prima illarum que omnibus fortior existit sumitur a gradibus magnarum coniunctionum et a perfectu ex locis ipsarum cum applicatione loci divisionis. Secunda vero fuerit ex eclipsibus que accidunt in sole et luna in quantitate tenebrarum: hanc autem viam insequitur Ptholomeus in secundo quadrupartiti. Aliam vero tradit Geophar in libro de magnis coniunctionibus et quidam revolvunt super hec duo principia sicut Albumasar tractatu preallegato videtur annuere. Tertia vero et ultima ab introitu solis in puncto vernalis equinoctij et ab hora coniunctionis seu oppositionis luminarium cum dispositione stellarum perficitur. Necesse est igitur pronosticatorem super his tribus principijs considerare si qualitates futurorum effectuum prescire voluerit.

Sappi che le rivoluzioni degli anni del mondo che indicano la certezza del giudizio nel pronosticare

si compongono di tre parti principali. La prima di esse, di tutte la più efficace, si prende dai gradi delle grandi congiunzioni e dalla progressione dei loro luoghi e dall'applicazione del luogo della divisione. La seconda si prende dalle eclissi che accadono al sole e alla luna e dalla quantità del loro oscuramento; e questa è la via che segue Tolemeo nel secondo libro del quadripartitum; l'altra invece è tramandata da

62 G. B. Riccioli, Almagestum novum ... cit., p. 672. Nel capitolo Mediæ an veræ coniunctiones sint considerandæ cum de magnis aut maximis agitur?, Riccioli presenta un punto di vista squisitamente astrologico: se la congiunzione media precede la vera, è la mediache dà il via alla vera; in caso contrario, entrambe trattengono qualcosa dell'impressione fatta. Il primo caso si accorda al tropo astrologico dell'applicazione del pianeta veloce al più lento; il secondo caso, si accorda alla separazione. La suggestione del Riccioli è citata dal Levera, op. cit., p. 67 ed è ripresentata dal G. Cervi, op. cit., pp. 11-12, come sua propria. 63 Cf. A. Zoboli, Asicometologia. Discorso del Sig. Dottore Alfonso Zoboli Reggiano intorno all'apparizione della nuova Stella, et del corpo metheorologico, che si viddero circa alla fine dell'Anno MDCXVIII, Bologna 1619, p. 73: «Io sto in forse di credere se la congiontione presa con li mezi moti de' pianeti sia di ugual'efficacia con la congiontione vera, il che se non assolutamente si dovesse affermare, crederei però che fosse di forze poco inferiore, alla qual cosa mi esorta l'esperienza delle Sisige de' luminari, nelle quali sovente si vedono precedere o seguirne effetti, che non sono punto accennati nella congiontione vera, ma di questo in altro luogo. Ho voluto di ciò far mentione con l'occasione che chi si volesse valere della congiontione de' superiori presa secondo questi mezi moti per trovare l'ascendente di tal congiontione, sappia che più esattamente potrà trovarlo che per il moto vero». 64 Centiloquium ... cit., fo. 84v. 65 Centiloquium ... cit., fo. 109r.

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Albumasar (Geophar) nel libro de magnis coniunctionibus, ed alcuni percorrono entrambe queste vie, e questo modo sembra approvare Albumasar nel trattato summenzionato. La terza ed ultima procede dall'ingresso del sole nel punto dell'equinozio vernale e dalla congiunzione od opposizione dei luminari unitamente alla disposizione degli astri. È invero necessario che il pronosticatore, se vuole preconoscere la qualità degli eventi futuri, prenda in considerazione questi tre principii. 66.

Domenico Maria prosegue poi esponendo i cinque elementi che l'astrologo deve considerare se vuole compiere un corretto giudizio sugli eventi futuri: 1. il tempo dell'ingresso del sole nel punto dell'equinozio vernale; 2. la sizigia che precede quell'ingresso; 3. le congiunzioni dei pianeti superiori già trascorse; 4. le progressioni dei luoghi delle grandi congiunzioni; 5. la determinazione dell'orbis magnus, secondo quanto insegna Albumasar. Questi cinque elementi concordano con la dottrina che Abü Maœñar presenta nel primo capitolo del primo libro del de magnis coniunctionibus, dove gli elementi tolemaici, eclissi e sizigie, sono subordinati ai grandi cicli e alle rivoluzioni degli anni del mondo. Poiché il ramo dell'apotelesmatica cattolica tramandata dagli Arabi si modella sulle tecniche della dottrina delle natività, era necessario trovare, come è nelle natività, un principio definito, a partire dal quale fosse possibile sviluppare un ciclo regolare ed uniforme del dominio dei segni e dei pianeti. Questo sviluppo uniforme del dominio fu costruito su un modulo sessagesimale, analogo a quello che, nella dottrina delle natività, è la profectio, intihâ'. Di norma, gli astrologi non assunsero, in quanto punto iniziale, una presunta natività del mondo, ma la grande congiunzione dei due pianeti superiori, Saturno e Giove, che occorse prima del diluvio noetico. Lucio Bellanti giustifica, nella sua replica a Pico67, la ragione di questa scelta:

Si mundi initium haberemus, proculdubio ab ipso ordinem susciperemus. Sed quoniam per diluvium mundus quodammodo innovatur eiusque innovationis causa fuit Saturnus, primus planetarum altior, signumque Cancri potens unus ex quatuor cardinibus proprius ad zenith partis terre, ideo his duobus vis et potestas tributa est. Se noi conoscessimo l'inizio del mondo, procederemmo senz'altro da lì. Ma poiché il mondo è stato in qualche modo rinnovato dal diluvio e la causa di questo rinnovamento fu Saturno, il pianeta più alto, mentre il segno del Cancro è uno tra i cardini più potenti, essendo prossimo allo zenith, ad essi furono attribuiti forza e potere68.

Questa congiunzione avvenne 279 anni prima del diluvio, ovvero nel 3101 avanti Cristo; a partire da questa congiunzione si sviluppa un ciclo di 360 anni, governato congiuntamente da un pianeta e da un segno zodiacale; questo ciclo è poi diviso in dodici parti di 30 anni ciascuno, governato a sua volta da un pianeta e da un segno dello zodiaco. Il termine arabo che denota questo ciclo è dawr, che ha più accezioni nel lessico astronomico: rivoluzione, rotazione, periodo, orbita69, ma gli astrologi medievali tradussero il termine con orbis, e il dawr più grande, di 360 anni, fu chiamato orbis magnus. L'orbis magnus è una sorta di contenitore di tutto ciò che accade entro il suo periodo: l'astrologo, pertanto, deve principiare da lì. Di conseguenza, Domenico Maria Novara afferma, nel prognosticon dell'anno 1500, che la prima considerazione, nei giudizi astrologici, riposa sull'osservazione dell'orbis magnus70. Nel suo prognosticon del 1484, Domenico Maria inizia col dichiarare qual è l'orbis magnus della sua epoca: è il XIV, e fra i pianeti la luna, fra i segni il Leone

66 Pronosticon magistri Dominici Marie de Ferraria anni domini 1484. 67 Adversus astrologos, in: Opera, Argentorati 1504, cc. 158v: «Dicant igitur mihi si magni illi orbes sint statuendi an in ipsa prima mundi constitutione, cui omnes consentiunt, novi orbis exordium faciant an non faciant». 68 Responsiones in disputationes Iohannis Pici Mirand. Co. adversus astrologos, Florentiæ 1498, cc. fvv. 69 Cfr. Abü MaŒñar on Historical Astrology, by K. Yamamoto, Ch. Burnett, Leiden-Boston-Köln 200, I, p. 587. 70 This is the general rule, cf. Pierre d'Ailly, Elucidarium... cit., ch. 19: «Sciendum est ergo quod antiqui philosophi dixerunt et experientia docuit quod signa et planete dominantur orbibus successive idest unum signum et unus planeta regunt mundum universaliter per 360 annos et hoc temporis spacium vocant orbem magnum».

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assumono il dominio. Il Novara cita, fra le sue autorità, l'autore della Summa anglicana.71 In effetti, Giovanni di Ashenden, come Giovanni di Glogau, espone alcune regole riguardo all'osservazione del signum orbis magni: occorre valutare le condizioni del segno e del suo signore al tempo della sizigia che avvenne prima dell'equinozio vernale e al tempo dell'ingresso del sole nel primo punto dell'Ariete72. E poiché questo segno, il Leone, è corrotto dai due infausti pianeti nella rivoluzione dell'anno (in particolare dall'opposizione di Marte), l'astrologo presagisce che l'Italia sarà violentemente squassata da guerre. Vi è da notare che qui il Novara, al pari di molti altri astrologi, mischia insieme elementi arabi e tolemaici, giacché assume la corografia astrologica di Tolemeo, che pone l'Italia sotto il segno del Leone.

Figura 7 - Orbis magnus

71 John of Ashenden, Summa astrologiæ ... cit., I, 4, cc. 12rb. 72 Ioannes Glogoviensis, Tractatus preclarissimus in judicijs astrorum de mutationibus aeris cæterisque accidentibus singulis annis evenientibus iuxta priscorum sapientumque sententias, Craciovie 1514, cc. 2ra.

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I modi del giudizio dell’orbis magnus non si ritrovano in Abü Maœñar, ma costituiscono un'elaborazione degli astrologi dell'occidente. Ne abbiamo un chiaro esempio nel iudicium di Clemente Clementini per l'anno 1497. Egli inizia la sua interpretazione degli eventi futuri partendo dalle cause più generali, ovvero dalla considerazione dell'orbis magnus. Poiché la luna è signora dell'orbis, la condizione degli esseri umani è debole e la durata della loro vita non potrà che esser breve. Il Leone, segno dell'orbis magnus, significa uomini superbi e rapaci. Mercurio, che è il divisore, significa uomini ingegnosi e abili, e così via dicendo73. Dopo aver definito il segno e il pianeta che governano il magnus orbis, l'astrologo tratta delle congiunzioni dei pianeti superiori e della rivoluzione dell'anno. L'ingresso del sole nel primo punto d'Ariete costituisce l'elemento capitale per la formulazione dei giudizi degli eventi dell'anno. Nel suo commento al quadripartitum, Ibn Riàwän critica con forza questa procedura, in quanto assolutamente discordante con la dottrina tolemaica:

Sunt tamen alij aliter dicentes quod significatio cuiuslibet temporis accipienda est ab hora introitus solis in aliquod quatuor punctorum. Et hec oppinio est quatuor rationibus defectiva, prima quia complexio solis et lune est forcior et maioris potencie quam vurtus solis cum virtute illius puncti. Nam toti signo non est data virtus nisi propter solem et quanto magis uni puncto signi. Secunda quia circumferentia non habet principium. Tertia quia quando sol ingreditur in principium arietis certificari precise non potest propter diversitatem tabularum et quia quantitas anni precise numquam fuit inventa, que tamen necessaria ad hoc est, sed ita non sunt coniunctiones et oppositiones quia certificari possunt, ut patet in eclipsibus, quoniam eorum ascendentia concordant cum omnibus tabulis. Quarta ratio: signa Sunt mansiones tantum, sed virtutes et operationes Sunt stellarum, ideo huic puncto non inest formalis virtus que ab ea regatur totus annus. Per hoc enim intelliges quod virtus coniunctionis et oppositionis est maioris potencie quam quando sol ingreditur punctum illum. Vi sono però altri che affermano che il significato di ciascuna stagione si trae dall’ora dell’ingresso del Sole in ciascuno dei quattro punti. Ma questa opinione è ricusabile per quattro motivi: primo, poiché la complessione del Sole e della Luna è più forte e ha maggior potenza che non la virtù del Sole unita alla virtù di quel punto, giacché non è data al segno, nella sua interezza, virtù alcuna che non provenga dal Sole e a maggior ragione a un punto del segno; secondo, poiché non vi è un principio nella circonferenza; terzo, perché non è possibile determinare con precisione il tempo dell’ingresso del Sole al principio dell’Ariete, diversi essendo i risultati in tutte le tavole, in quanto non si conosce con la dovuta precisione la quantità dell’anno, che pure è necessaria a questa computazione. E questo non è il caso delle congiunzioni ed opposizioni, le quali possono essere determinate e i cui risultati concordano in tutte le tavole. E questo è del resto ben palese anche nella determinazione delle eclissi. Quarto, i segni altro non sono che dimore, ma le virtù ed operazioni sono nelle stelle: non vi è quindi in codesto punto una virtù formale da cui si possa dire che l’anno intiero è governato. Puoi così comprendere che la virtù della congiunzione ed opposizione ha potenza maggiore dell’ingresso del Sole in questo punto. Ed avendo maggior potenza, trae a sé l’altra virtù ed essa è la reggitrice74.

73 See for example Cl. Clementini, Iudicium anni huius Mccccxcvii Clementini de Clementinis de Ameria artium et medicine doctoris, Romæ, s.d.: «Ut rectum sapientis ordinem nature sequamur, primum a generalibus initium faciemus exinde gradatim disserendo proficiscemur ad specialia. Cum itaque hac tempestate universus orbis terrarum sub Luna domina magni orbis regatur, ideo genus hominum imbecillius: sumus enim vita breviores, magna paramus, sed nihil tandem laudabile perficimus, facili ratione sententiam mutamus, nimium ventri dediti sumus, frequentius in egritudines labimur. Et quamvis a veteribus omnia ad bene beateque vivendum accuratissime excogitata sint nobis relicta. Attamen deteriores continue sumus et difficillime vivitur. Luna autem hec omnia ludibria et instabilia facit, quoniam incredibili velocitate suum peragit motum dispositionemque sue nature continue mutat atque inferior est ex materia crassiori compacta. Preterea Leo signum magni orbis superbos homines facit et rapaces, vi et dolo transgreditur iura, bella movet, imperia mutat, ad maiestatem domini suscipit tyrannos qui maxima cupiditatis avaritia sitiant aurum. Denique Leo una cum Luna societate coniuncti facit homines emulos, ambitiosos, superbos, qui sese inani gloria efferant et qui vincere ultra vires conantur et excellere. Sed Mercurius qui hoc anno est magni orbis divisor ingeniosa facinora excogitabit, ingenuos homines faciet, acutos et mercatores qui se ad omnia scient accommodare. Iuppiter autem dominus termini gradus divisionis auget facultatem honorum, religionem colit, pios et benivolos homines facit». 74 Cito dalla parafrasi di Conrad Hemgartner, ms. BN-Paris lat. 7432 fo. 58v, cfr. Liber quadripartiti ... cit., cc. 47v. Gli argomenti di Ibn Riàwän furono accolti da Domenico Maria Novara che, nel suo iudicium dell'anno1496 afferma: «Consideraremo le prevention de li dui luminari che precedano lo introito del sole ne li quattro puncti cardinali cum

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La critica di Ibn Riàwän poggia su due elementi: uno è astrologico e contrappone la virtù dei

luminari a quella dei segni; l'altro è astronomico, ed è l'impossibilità di determinare con precisione il tempo dell'ingresso del sole nel primo punto d'Ariete. Possiamo aggiungere un terzo elemento, correttamente sottolineato da un astrologo della prima metà del XVII secolo, che concerne la parte migliore della dottrina tolemaica: il metodo stesso che si ha da seguire nell'interpretazione. Giovanni Bartolini osserva che è costume abituale degli astrologi procedere all'erezione di otto figure: quattro per gli equinozi e i solstizi e quattro per le sizigie che precedono questi punti. In tal modo, essi stabiliscono un doppio principio per ciascuna stagione. Questa pratica, commenta Bartolini, è contraria al sentimento di Tolemeo, che sempre evita la molteplicità dei principii75. Al contrario, la caratteristica principale dell'apotelesmatica cattolica in occidente è di conciliare tra loro due teorie che presentano differenti principii. Così stando le cose, ciascuno di questi diversi principii deve avere un significato distinto: dalle sizigie, si potrà trarre giudizio sugli elementi, dalle rivoluzioni degli anni del mondo sugli elementata, ovvero sui corpi misti dei viventi che sono composti di elementi. Pertanto, il primo principio porterà sul mondo naturale che circonda il vivente e che gli dà nutrimento e regolarità delle condizioni ambientali o carestia e anomalie; il secondo porterà sulle condizioni di vita del vivente, sui mutamenti sociali, politici, religiosi. L'anonimo commentatore di Cracovia spiega chiaramente questa distinzione:

Postquam igitur est quod virtus celestis forcior est illa que fit tempore coniunctionis aut oppositionis precedentis introitum quam illa que fit tempore introitus: est nam tanquam victrix et domina tocius quarti, et virtus introitalis est tanquam secundaria et sequens illam sicut virtus minor sequitur maiorem et forcior mutat minorem et reducit eam ad se. Necesse est in primis considerare configuracionem celestem tempore coniunctionis aut oppositionis precedentis introitum solis in punctum quarti cuius natura querimus et quoniam illa configuracio est universalis ad elementorum mutacionem principaliter relata. Deinde considerabitur configuracio tempore introitus tanquam particulariter ad elementata prope relata, quoniam virtus celestis non pervenit ad elementata nisi per elementa et ita debite complexio quarti cognoscetur.

La virtù del cielo più forte è quella che si produce al tempo della congiunzione od opposizione che

precede l'ingresso [del sole nell'Ariete] e non quella che avviene al tempo stesso dell'ingresso. Essa è infatti quella che prevale e che ha signoria dell'intero quadrante, mentre la virtù dell'ingresso è secondaria e segue ad essa al modo stesso che la virtù minore segue la maggiore e quindi la più forte muta la minore e la trae

multe altre constellation pertinente ad esse. Affirmando anchora questo Haly Heben Rodoan suo commentatori nel secondo del quadrupartito nel capitolo decimo. Et dica li quelli che pongano el principio del anno da lo introito del sole in ariete errano in quattro modi etc. Sapiano anchora tali a faticarse circa quello che anchora non è trovato». Cfr. C. Hemgartner, Iudicium anni millesimi quadringentesimi septuagesimi sexti currentis, ms. BN-Paris lat.7446 fo. 5r; P. Ciruelo, Apotelesmata ... cit., II, 3, cc. hiiiiiv; Fr. Cigalini, op. cit., pp. 299-302; Fr. Giuntini, Speculum astrologiæ, universam mathematicam scientiam, in certas classes digestas, complectens, Lugduni 1581, II, p. 1160b; G. Abbiosi, op. cit., cc. diiir-v; tra gli ultimi commentatori di Tolemeo cfr. Cardano, op. cit., p. 122b; V. Nabod, Enarratio ... cit., pp. 357ss.; Idem, In Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata ... cit., fo. 71v-72r: « Sed consideratione dignum est cur luminarium syzigias, quæ cardinalia puncta proxime antecedunt, examinare iubeat, et non potius Solis ad ipsa puncta cardinalia transitum, ut faciunt annuarum mundi revolutiones doctores, qui tantum Solis ad caput arietis restitutioni tribuunt, ut hoc in negotio syzygias luminarium negligunt, tantum abest ut eas proferant. Ad hanc hæsitationem respondemus breviter hunc procedendi ordinem requiri omnino in Ptolomæi methodo, ubi virtus potentior, competenti gradu semper antecedere debet anni imbecilliorem, atque luminarium per se magna potentia, quando per syzigiam unita quasi conduplicatur in maximam evadit potentiam, et ob id merito præferendam simplici Solis potestati, quam ad aliquod punctorum cardinalium solus absque Luna socia conscendens acquirit. Ergo memoratæ syzigiæ luminarium potiora et latius potentiora decernunt accidentia, quo efficitur, ut ea secundum artem per Solis in puncta cardinalia ingressum et per reliquorum planetarum inambulationes non tolli, sed potius intendi debeant remittique tanquam a causis inferioribus, quæ, cum ita sese habeant, manifestum est quod annuarum revolutionum mundi conditores, qui præter syzigiarum proximi signiferi quadrantes antecedentium etiam eclypsium decreta decretis a domino anni, ut vocant, factis subijciunt, non tantum ab autoritate Ptolomæi, verum etiam a validis eiusdem rationibus quam longissime recedant». 75 Discorso astrologico delle mutationi de' tempi e delle quattro stagioni, col Pronostico dell'Anno, e dell'Eclisse Lunare, In Roma 1611, p. 11.

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ad essa. È pertanto anzitutto necessario considerare la configurazione del cielo al tempo della congiunzione od opposizione che precedono l'ingresso del sole nel punto del quadrante di cui vogliamo conoscere la natura, giacché quella configurazione è universale ed è principalmente riferita alla mutazione degli elementi. In seguito si considererà la configurazione al tempo dell'ingresso, in quanto riferita propriamente e in particolare agli elementata, poiché la virtù del cielo non giunge agli elementata se non tramite gli elementi. In questo modo si avrà giusta conoscenza del temperamento del quadrante76

Abbiamo citato all'inizio, le considerazioni di Giovanni di Ashenden circa l'imperfezione o, se vogliamo, l'incompiutezza dell'apotelesmatica cattolica. Possiamo concludere con un'altra, non dissimile, considerazione: Tommaso Campanella, nel secondo libro dei suoi Astrologicorum libri, afferma: la dottrina di Tolemeo è insoddisfacente ed imperfetta, poiché non possiamo avere conoscenza degli eventi più universali dalle eclissi, in quanto gli eventi significati dalle eclissi non possono estendersi oltre trenta mesi. Siamo pertanto nella necessità di conoscere le cause maggiori, di cui Albumasar era conscio, sebbene la sua dottrina sia imperfetta.77 Dal canto suo, Cardano, in alcuni passi del suo commento al quadripartitum, sembra del tutto trascurare la dottrina congiunzionista, per esempio laddove dice che se Tolemeo non ha trattato degli eventi di grande durata, come quelli dipendenti dalle congiunzioni dei pianeti superiori, è perché i loro effetti sono troppo lenti e indistinti e sono piuttosto l'affare dei profeti, non degli astrologi.78 In altri passi, tuttavia, Cardano si dilunga ampiamente sulla dottrina del magnus annus e cerca di giustificare la dottrina congiunzionista, purché fondata sui moti veri.79 Diversa è l'attitudine di Valentin Nabod, che cerca di piegare il grande ciclo delle congiunzioni di Giove e Saturno all'interno di un magnus annus naturalis di 800 anni circa, suddiviso in quattro magna tempora di 200 anni ciascuno, i cui giudizi siano in qualche modo analoghi alle quattro stagioni dell'anno naturale. Pertanto, ogni coniunctio media è come una grande stagione. In questo magnus annus la qualità apotelesmatica non dipende dal luogo della congiunzione, ma dalla sequenza regolare delle stagioni. Se quindi noi cominciassimo dalla grande congiunzione del 1583, il primo ciclo, fino al 1782, sarà come la primavera dell'anno. E poiché il sole e Giove sono analoghi alla natura della primavera, essi significano la forza dei re, la restaurazione dei regni, la ricerca della pace, e così di seguito80. 76 Ad Tabulam quadripartiti Ptolemaei explanationes et commentationes, accedit capitulum de domino anni, ms. Laurentianus Ashburnam 202, fo. 56v-57r. 77 Astrologicorum libri VI, in quibus Astrologia, omni superstitione Arabum, et Iudæorum eliminata, physiologice tractatur, Lugduni 1629, II, 3, 1, p. 66: «Mancus est Ptolemæus in sua doctrina cum solis eclipsibus mutationes det, et initia rerum, cum enim istæ sint parvæ durationis, non nisi super res parvi temporis indicationem habent (...) Oportet ergo causas potiores accipere, quod Albumasar cognovit, sed non perfecit». 78 Opera Omnia... cit., p. 195: «Illud animadvertendum est quod de effectibus longioribus non tractat Ptolemæus, quæ spectant ad coniunctiones trium superiorum, maxime Saturni et Iovis, quia effectus tardiores sunt, et non adeo evidentes: qui potius ad prophetas pertinent quam ad astrologos». 79 Opera Omnia... cit., ch. II, 9 (de coloribus in deliquiis et crinitis ac huiusmodi aliis), pp. 214-215. 80 In Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata ... cit., fo. 16r: «Communiter qui annuos status et mutationes iudicare volunt, sumunt initium ab ingressu Solis ad æquinoctij punctum vernale ob causas veritati consentaneas, quas supra memoravimus, similiter dici debet et intelligi longiora tempora ligari et dependere a coniunctionibus corporum cœlestium rarioribus, qualiter a Saturni et Jovis coniunctione ligantur anni viginti et huius coniunctionis restitutio ad æquinoctium vernale seu ad initium trizodiæ arietinæ igneæ requirit et continet annos 790, quod quidem curriculum habet instar cuiusdam anni magni, cuius quadrantes explentur annis ducentis proxime, debenturque Saturno et Jove coniunctioni in una trizodia persistentibus: vernali eius quadranti debetur trizodia arietina, æstivo taurina, autumnali Gemellorum et hyemali Cancrina trizodia. Vernale eius tempus nobis instat anno ab anno 1583 protensum ad 1782, cui communi imperio præsunt Sol et Jupiter, pacationem in mundo et collapsorum distractorumque imperiorum refectionem et monarchiarum restitutionem decernentes. Cumque ut cunctorum animalium ita etiam imperiorum sunt ætates, itaque ab hinc certum annis usque crescit monarchia et perveniet ad statum iuxta annum 1760 proxime, et quia Jupiter et Sol sunt præcipue cæli ornamenta, idcirco plurimos viros virtutibus clarissimos decernunt, addita aeris caliditate et calamitatibus popularibus ex siccitate provenire consuetis, hinc et syncera erga deum hominum pietas, addita rerum charitate. E contra vero quadranti æstivo decernuntur humiditates et exundationes, terræque grassationes ob Lunæ et Veneris apparitiones, excursiones vel potius excitationes cometarum frequenter in duobus maleficis, quæ in Capricorno dominantur; a quadrante autumnali decernitur monarchiæ arietinæ translatio, quia Saturnus cum Mercurio inimicantur Soli et Jovi, vigebitque ingeniorum acrimonia circa artes, fraus et vafritiæ,

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Gli astrologi del Rinascimento, che perseguivano un rinnovamento dell'arte astrologica attraverso un ritorno alla purezza del metodo tolemaico, ovvero un'arte del predire fondata sulla certezza astronomica e su un metodo ispirato al corretto filosofare, non riuscirono a demolire la dottrina congiunzionista, pur se alcuni dei suoi elementi fondanti erano privi di solidi principii astronomici. D'altro canto, anche la riforma melantoniana dell'arte astrologica ebbe maggior successo nel ramo della genetlialogia, giacché pochi furono gli astrologi che non caddero sotto il fascino della dottrina congiunzionista o dell'idea del grande anno, secondo quanto ancora notava, alla fine del XVII secolo, il gesuita Giuseppe Cervi81.

improbitas circa libidines, his adiungitur quoque commerciorum mercurialium frequentia; a quadrante ultimo hyemali cui Mars præest, et cujus causa iam viget decernuntur bella et præstantia artium mechanicarum, morbi venenosi et putridi, repentiaque ulcera et deparavatio synceræ religionis». 81 Anergica magnarum coniunctionum... cit., p. 67: «Non est opus authores huius sententiæ patronos recensere, qui post Albumasarem, et Alchabitium adeo pullularunt, ut perpaucissimi astrologorum ab ea non steterint».

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Appendice Dal commento dell’anonimo greco al quadripartitum, I, 2

Matritensis Bibl. Univ. n. 27 (CCAG XI, 2 n. 42) fo.3r-v editio H. Wolf, Basileæ 1554, pp. 4-5

S: Scorialensis T-I-14 (CCAG XI, 1 n. 6) fo. 385r-v katakratouvsh~ me;n th~ kaqovlou poiovth-to~ eijpw;n ejn toi~ ajnwtevrw ta;~ metabola;~ tw`n wJrw`n ejx hJlivou kai; selhvnh~ givnesqai, ejpagagw;n de; o{ti kai; oiJ pevnte planwvmenoi trevpousi tou` perievconto~ th;n katav-stasin, i{na mhv ti~ ajporhvsa~ zhthvsh tiv me;n h{lio~ dra`/ eij~ th;n metabolh;n tw`n wJrw`n, tiv de; oiJ planwvmenoi: tou`tov ge aujto; nu`n ejqevlei diakrivnai kai; fhsi;n o{ti to; me;n aeji; drastiko;n kai; to; kaqovlou th~ poiovthto~ to; uJpo; tou` hJlivou peri; ta; tou` ajevro~ katasthvmata ginovmenon, aeji; fulavttetai kai; ouj duvna-tai th;n fuvsin metabalein: Sunergou`si de; h] ajpoSunergou`si oiJ pla-nwvmenoi, toutevstin h] ejntonwtevran poiou`-si th;n kra`sin th~ w{ra~ th;n uJpo; tou` hJlivou ginomevnhn, h] ajtonwtevran, th~ me;n ejnto-nwtevra~ kravsew~ dia; tou` Sunergeisqai dhloumevnh~, th~ d∆ ajtonwtevra~ dia; tou` ajpoSunergeisqai. th~ me;n selhvnh~ ejkfanevsteron kai; Sunecevsteron kai; eJtevran de; pro;~ touvtoi~ tivqetai diaforavn, o{ti aiJ me;n dia; tou` hJlivou ginovmenai metabolai; dunatai; mevn eijsi, plh;n croniwvterai, aiJ d∆ uJpo; th~ selhvnh~ Sunecevsterai kai; ejmfantikwvterai: aiJ mevntoi tw`n a[llwn ajstevrwn ou[te wJ~ aiJ tou` hJlivou drastikwvtatai, ou[te wJ~ aiJ th~ selhvnh~ eujshvmantoi, ajlla; periodikaiv, toutevsti croniwvteraiv te kai; a[shmoi: tou`to ga;r dhloi to; ajnepaivsqhton, ouj to; pantavpasi levgein ajnepaivsqhton ei\nai th;n tw`n planwmevnwn ejnevrgeian, ajlla; to; h{tton th/` aijsqhvsei uJpopivpton. fhsi; de; kai; tou;~ kairou;~ kaq∆ ou}~ mavlista tau`ta sumbaivnei dia; tw`n schmatismw`n, oi|on ejpi; me;n tou` hJlivou kata; ta;~ metabavsei~ kai; tw`n kairw`n ta;~ tropav~, ejpi; de; th~ selhvnh~ ta;~ Sunovdou~ kai; ta;~ panse-lhvnou~, ejpi; de; tw`n a[llwn ajstevrwn ta;~ favsei~ kai; ta;~ kruvyei~. levgei de; favsei~ me;n ta;~ eJw/va~ ajnatolav~, dia; to; thnikau`ta a[rcesqai faivnesqai, kruvyei~ d∆ wJsauvtw~ ta;~ duvsei~, prosneuvsei~ dev fhsi ta;~ kata; plavto~ ajpo; tou` dia; mevson ajpostavsei~.

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Latina translatio Translatio H. Wolfij Sole quidem virtute sua superante Cum in superioribus dixerit temporum mutationes ex sole fieri ac luna, illud quoque adducens quod quinque etiam planete statum aeris immutant. Ne quispiam dubitans per-quirerit quid sol efficiat ad temporum muta-tionem, quid etiam planete, hoc ipsum vult in presentia discurrere. Et ait quod efficientia illa continua et qualitatis universalitas quae a sole fit circa aeris status semper conservatur et non potest natura sua transmutare; cooperantur au-tem aut non cooperantur planete, hoc est aut intensiorem faciunt temporis complexionem que a sole est effecta aut minus

Prædominante Solis potentia Cum supra dixerit, temporum mutationes a Sole et Luna solere fieri, atque adiecerit, etiam quinque planetas mutare statum aëris: nequis dubitet, Martem quidem efficacem esse ad mutationes efficiendas, reliquos autem planetas non item: id ipsum nunc explicaturus ait, tametsi agant, tamen universalem qualitatem retineri, nec mutari naturam eius posse, id quod a Sole fit. A descriptione figuræ astrorum Aliud præter hæc discrimen ponit, mutationes quæ a Sole fiant, esse potentes et diuturniores; quæ a Luna et

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intensam. Ex eo quod cooperantur, intensior complexio significatur, ex eo vero quod non cooperantur, minus intensam demonstrant esse complexio-nem. Luna cum manifestius magisque continue Alteram quoque praeter haec ponit dif-ferentiam quoniam mutationes quae per solem efficiuntur fortes quidem Sunt, praeterquam diuturniores; quae vero a luna magis continuae, magisque manifestae. Eas vero quas faciunt reliquae stellae neque Sunt ut illae solis efficacissimae, neque ut illae lunae manifestae, sed periodicae, hoc est diuturniores et ob-scurae, hoc autem significat insensibilem. Non quod omnino insensibilem esse dicit plane-tarum efficaciam, sed quod minus sub sensum cadat. Dicit etiam tempora in quibus haec praecipue ex figurationibus eveniunt: ut in sole quidem secundum transitus et temporum muta-tiones, in luna autem synodos et plenilunia, in alijs vero stellis ortus et occultationes; ortus autem dicit matutinas orientalitates, eo quod tunc apparere incipiant, occultationes eodem modo occasus vocat, declinationes vero distan-tias dicit a linea quae zodiacum secundum lati-tudinem per medium dividit.

continentes et magnas; reliquorum autem planetarum, non tantam habere significationem, quantum vel Solis vel Lunæ, sed cito transire et obscuras esse. Verbum periodikai; sciant id quod non quidem nulla ex parte sentitur, sed quod minus sub sensum cadit. Indicat et tempora quibus hæc maxime constringunt, ut in Sole, transitus, et anni temporum conversiones. In Luna, coniunctiones et plenilunia; in stellis, ortus et occasus. favsei~ enim ortum significat, quod tunc appareant et in conspectum veniant. prosneuvsei~ appellat motus in latitudinem.