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Elearnit 2008 Tutto l’elearning del 2008: una selezione dei migliori articoli pubblicati sul blog di elearnit

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I migliori articoli del blog di Elearnit

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Elearnit 2008

Tutto l’elearning del 2008: una selezione dei migliori articoli pubblicati sul blog di elearnit

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Licenza Creative Commons ..............................................................................3 1 Didattica e Corsi.........................................................................................5

1.1 Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)............................5 1.2 Fumetti nell’elearning?..........................................................................6 1.3 Come risparmiare soldi e tempo per il vostro prossimo corso ......................7 1.4 Non perdiamo la testa...........................................................................9 1.5 Coinvolgiamo gli utenti........................................................................10 1.6 State costruendo il giusto tipo di corso e-learning?..................................14 1.7 Quanto costa un corso su misura? ........................................................16 1.8 PDF: questo sconosciuto .....................................................................18 1.9 6 tecniche per rendere felici gli utenti e-learning.....................................19 1.10 5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning ..................................21 1.11 Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il fattore umano ....24 1.12 Usare la videoconferenza per l’apprendimento ........................................26

2 Gestire l’e-elearning ................................................................................28 2.1 Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche ..........................28 2.2 Le performance nella formazione a distanza ...........................................29 2.3 Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio .......................31 2.4 Maledetta FaD! ..................................................................................33 2.5 Un caso concreto di applicazione dell’e-learning ......................................35

3 Teoria e Tendenze....................................................................................36 3.1 Mobile Learning? Ci mancava pure questo!.............................................36 3.2 Il caso Iris Ceramica ...........................................................................38 3.3 Contaminare! Contaminare! .................................................................39 3.4 Diario Californiano..............................................................................40 3.5 Parole, Parole, Parole…........................................................................42 3.6 Dalle parole ai fatti .............................................................................43 3.7 Apprendimento Liquido .......................................................................45 3.8 Work integrated learning .....................................................................46 3.9 E-learning: dove si va? .......................................................................47 3.10 Upgrade su “Technology-Enhanced Learning” .........................................48 3.11 L’elearning 2.0 non esiste....................................................................49

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About us Abbiamo deciso di lanciare questo blog per condividere un po’ delle esperienze e del know how che come Elearnit raccogliamo ogni giorno insieme ai nostri clienti e ai nostri partner, occupandoci di elearning e di gestione della conoscenza in azienda. Lavorandoci quotidianamente abbiamo scoperto che i problemi da affrontare nel portare l’elearning in azienda sono spesso più pratici e organizzativi che teorici. L’elearning è fatto più di persone che di tecnologie, ed è di questo che vorremmo parlare qui.

Chi siamo:

Massimiliano Ferrari Alberto Pastorelli

Visita il sito di Elearnit!

http://www.elearnit.net

http://elearnit.wordpress.com/

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1 Didattica e Corsi

1.1 Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)

Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)

14Nov08

Tom Kuhlmann ripropone nel blog di articulate uno dei nostri temi preferiti: come creare corsi coinvolgenti ed evitare di annoiare a morte gli utenti. L’articolo è qui. Voglio commentare qui i suggerimenti che Tom propone.

• Schermata dopo schermata di info irrilevanti per l’utente. Questo, come è noto, è il principale problema. E’ frutto della tendenza di ciascuno a presentare le informazioni anziché calare l’utente in uno scenario reale. Come fare? Ridurre, ridurre, ridurre: più vado avanti, più tendo a ridurre le informazioni che “presento” e più cerco di usare scenari, casi, fumetti, problemi da risolvere…

• Affidarsi troppo al vs intuito e esperienza, specie se siamo noi gli esperti dell’argomento: Tom suggerisce di parlare direttamente con gli utenti: verissimo, se non sono a disposizione al limite presentare il corso a colleghi-amici. Questo fatto di coinvolgere gli utenti del cliente, a mio parere, dovrebbe entrare nel normale processo produttivo di un corso!

• Creare un mega-corso quando quello che serve è una mini-lista di soluzioni. Teniamolo semplice, dice Tom, e diamo agli utenti quello che serve quando gli serve. In questo caso, aggiungerei, spesso si pensa che serva un corso quando quello che serve è un buon knowledge-management!

• L’Elearning non rimpiazza il bisogno di imparare assieme agli altri in un contesto sociale. Giusto, io su questo aggiungerei che però l’uso dei forum consente di riprodurre il contesto sociale e - se ben progettato - di dargli molta forza.

• I ns utenti hanno bisogni di cui non siamo consapevoli. Oppure hanno problemi di cui non siamo consapevoli: gli utenti hanno schede audio o altoparlanti? Hanno Flash? Magari hanno bisogni pratici che il committente stesso non conosce! (l’esempio delle schede audio - che fa Tom - lo faccio anch’io: è un problema più diffuso di quanto si pensi!)

• Calcolare male le motivazioni dell’utente. Non è detto che gli utenti siano così entusiasti del corso: troviamo modi di capire le sue motivazioni. Spesso si tratta di focalizzarsi sull’aiutarlo a lavorare meglio.

Cosa ne pensate?

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1.2 Fumetti nell’elearning?

Fumetti nell’elearning?

21Ott08 Cathy Moore, nel suo ultimo post, sostiene che bisognerebbe tagliare tutti i contenuti

troppo semplici. Lo fa usando una breve presentazione fatta usando dei fumetti. Il vero tema del post è scrivere in modo chiaro, non mettersi in atteggiamento da “docente” e eliminare tutto il contenuto ridondante, scontato. Concetti con cui sono d’accordo. Tra l’altro, almeno nell’e-learning, io tendo a eliminare

anche tutti i contenuti troppo complicati (a volte è meglio leggere un documento….) e cerco di renderli tramite interazioni o scenari. Io però vorrei mettere in evidenza un altro aspetto: i fumetti (nelle presentazioni, nell’e-learning) secondo me sono molto efficaci come strumento didattico (del resto, anche Google per spiegare il perché di Google Chrome, il suo nuovo browser, ha usato i fumetti…). Che ne pensate?

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1.3 Come risparmiare soldi e tempo per il vostro prossimo corso

11Ago08

Risparmiare tempo e soldi? E come?

(credits: http://www.articulate.com/rapid-elearning/save-time-money-building-your-next-e-learning-course/)

Non create il corso

I clienti pensano di solito di poter risolvere tutto tramite l’addestramento. A volte, però, può essere sufficiente distribuire i giusti documenti. Se pensate che non ne valga la pena, evitate di creare il corso.

La gerarchia dell’E-Learning Design di Tom Kuhlmann:

Tom Kuhlmann, blogger del Rapid Elearning Blog di Articulate, propone il suo approccio a tre livelli. Per cominciare, si cerca di automatizzare il processo produttivo al massimo e di tenere liberi gli instructional designer per ciò che vale la pena.

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La gerarchia di Kuhlmann

1. Usate il rapid e-learning come approccio standard. Questo consente di creare la maggior parte dei progetti velocemente.

2. Costruite dei “pezzi” personalizzati da poter inserire a piacimento. Anche questo è un buon modo per risparmiare tempo: file flash, oggetti web, tutte cose che si possono “riciclare” da un corso all’altro.

3. Usate gli instructional designer e il flash per lo sviluppo su misura. Semplice: se si sono seguiti i primi due consigli, resteranno tempo e soldi per fare di meglio dove e quando vale la pena…

Incorporate contenuti esterni

La maggior parte dei corsi si focalizza sul fornire informazioni che - spesso - sono reperibili altrove: sulla intranet aziendale, sul web… Invece di re-inventare la ruota ogni volta, tanto vale usare le informazioni che ci sono già. Anche noi usiamo con successo questa gerarchia del design. A volte non è semplice riuscire a seguire il metodo n. 2 (i pezzi personalizzati raramente si riescono a riutilizzare così come sono) ma certamente ri-usiamo le stesse idee di un corso per riprenderle in un altro.

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1.4 Non perdiamo la testa

28Lug08 Troppo concentrati sulla tecnologia, o sugli aspetti organizzativi, o su quelli

metodologici, a volte rischiamo di dimenticarci che alla fine della catena dell’elearning c’è un altro, insignificante elemento: il cervello. Allora ecco qui un libro, o meglio un progetto multimediale che include anche un file e dei tutorial web, che si pone alcune domande del tipo: How do we learn? What exactly do sleep and

stress do to our brains? Why is multi-tasking a myth? Why is it so easy to forget—and so important to repeat new knowledge? Is it true that men and women have different brains? L’autore elenca 12 regole, o più precisamente 12 dei meccanismi principali che stanno alla base della memoria e dell’apprendimento, e che sarebbe sicuramente interessante cercare di tenere in considerazione anche nei processi di elearning (dove già non si faccia…). Tra gli altri anche lo stress… oddio, mi viene in mente che la tecnologia stessa è considerata un potenziale elemento di stress: vuol dire che l’elearning potrebbe essere contrario a se stesso?

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1.5 Coinvolgiamo gli utenti

21Lug08

Tutti vorremmo costruire dei corsi coinvolgenti, che trasformino il coinvolgimento passivo in attivo. Come farlo con mezzi semplici? (anche x questo post, credits Articulate Blog)

In estrema sintesi, se forniamo informazioni significa che abbiamo scelto il coinvolgimento passivo. Se le nostre informazioni servono all’utente per prendere decisioni abbiamo scelto un coinvolgimento attivo.

Attivo e passivo

Ecco due esempi veloci che mostrano la differenza tra i due tipi di coinvolgimento. Il primo è un esempio tipico di coinvolgimento passivo, tutto quello che fa è condividere informazioni. Il secondo chiede all’utente di usare attivamente le informazioni tratte dal corso.

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Il coinvolgimento passivo ci da’ accesso alle informazioni

Leggiamo libri, giornali. Guardiamo la TV. Anche questi sono strumenti di apprendimento. Passivo, ma apprendimento. Passivo non significa inefficace. E non significa per forza un “power point con degli elenchi puntati”. Come nell’esempio successivo.

Clicca per vedere un esempio di contenuto passivo coinvolgente

Il coinvolgimento attivo ci aiuta a prendere decisioni

I corsi con coinvolgimento attivo sono basati sulle decisioni: si danno delle informazioni agli utenti, che devono prendere decisioni. Di solito la navigazione è “non lineare” ma non sempre.

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Clicca per vedere la demo di un corso con “coinvolgimento attivo”

Anche il coinvolgimento passivo può essere utilie

Il coinvolgimento passivo serve a far girare le informazioni. E’ efficace quando le informazioni sono puntuali e rilevanti, come ad esempio una ricerca di informazioni sul web. In questo senso, un corso e-learning “passivo” è come cercare su Google: qualcosa di disponibile quando ne abbiamo bisogno. In sostanza, torniamo sempre allo stesso punto ==> prima di creare un corso, pensiamo bene all’obiettivo didattico, a cosa devono imparare le persone! Garantisco che non è facile, quasi sempre i clienti, ad esempio, partono subito pensando che si tratti di trasferire e condividere informazioni, anche quando quello che si aspettano è - anche solo parzialmente - un comportamento magari relazionale. Il sospetto è che l’e-learning che viene normalmente pensato sia riflesso esatto di quello che si fa anche in aula: trasferire informazioni. Ma qui si aprirebbe un altro capitolo…

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1.6 State costruendo il giusto tipo di corso e-learning?

14Lug08

Creare un corso può essere una cosa lunga e faticosa: non vale la pena sprecare tempo a renderlo più complesso di quanto serva (a volte, specie nei progetti finanziati, è proprio quello che accade..) L’obiettivo vero dovrebbe essere di creare il meglio possibile con le risorse limitate che avete.

Identificare gli obiettivi del corso

L’obiettivo della maggior parte dei corsi è di migliorare le proprie prestazioni. Spesso in realtà si costruiscono corsi il cui vero obiettivo è di condividere informazioni, più che migliorare le proprie prestazioni. Spesso infatti si è più focalizzati sulla distribuzione di contenuti che sul miglioramento o sull’apprendimento. Paradossalmente, molto spesso se l’obiettivo è solo condividere informazioni non vale nemmeno la pena di costruire un corso. Se comunque si vuole lo stesso produrre un corso, allora bisogna identificare quale tipo di corso.

Quale tipo di corso?

Diciamo che ci sono tre tipologie principali di corsi*

1. Corsi che comunicano informazioni, non abbiamo pretese di migliorare le prestazioni.

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I corsi basati sulle informazioni comunicano informazioni nuove ma non pretendono di migliorarvi. Ad esempio, un corso che vi illustra le nuove caratteristiche di un programma software. Imparate delle cose, ma non vi si chiede di fare qualcosa con queste nuove informazioni.

2. Corsi che danno istruzioni passo passo per fare qualcosa. Questi corsi sono focalizzati su procedure e su “come fare qualcosa”. Sono fatti di compiti ripetibili molto simili a quello che l’utente dovrà fare lavorando. Ad esempio, mostrare a qualcuno come completare un foglio di lavoro o come usare un software.

3. Corsi che condividono linee guida per aiutare a risolvere problemi. Questi sono i corsi più difficili: insegnare a qualcuno dei principi o delle linee guida. Bisogna davvero capire le sfumature della situazione in cui si trova il corsista.

Tutti questi tipi di corsi possono essere semplicissimi o complessi. Conviene minimizzare la complessità e liberare risorse per i progetti più importanti.

Gestire saggiamente le vostre risorse

Quando si costruisce un corso, meglio usare un approccio appropriato al tipo di corso che si sta costruendo. Si veda in proposito questo post del blog di Articulate sulla gerarchia dell’e-learning. Alcuni consigli:

• Si legge meglio offline. Molti corsi richiedono di leggere molto. Se il vostro cosro è basato molto sulla letture, forse è meglio creare un corso che riassuma i punti principali e dare un pdf da scaricare.

• Insegnate a trovare informazioni, anziché darne. Se tutte le informazioni che date sono già nella intranet aziendale, forse è meglio insegnare agli utenti come trovare le informazioni. Alla lunga, migliorerete le prestazioni degli utenti e ridurrete il bisogno di futuri corsi.

• Spezzate il contenuto in “pillole”. Se vi chiedono che ore sono non gli insegnate a costruire un orologio. Costruite corsi spezzati in pillole “autoconsistenti” che - se combinati assieme - diventano un corso unico.

• Mantenete il corso semplice e focalizzato. Spesso partiamo per creare un corso coinvolgente, interattivo e finiamo per creare un corso complicato e noioso. Cerchiamo di restare focalizzati e facciamo in modo di centrare gli obiettivi. Ad esempio, se dobbiamo condividere delle linee guida o dei principi, costruiamo uno scenario o un caso di studio e facciamo “fare pratica” agli utenti.

Credits: Are You Building the Right Type of E-Learning Course?

* Lo so che - nella teoria dell’e-learning - questa non è la classificazione corretta. Se ne potrebbero peraltro elencare molte. Tuttavia, per questo post faceva comodo questa classificazione.

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1.7 Quanto costa un corso su misura?

23Giu08

(ELEARNIT) “Capisco, quindi voi avete questa procedura che tutti i vostri rivenditori devono saper fare e devono eseguire. Potremmo creare un corso su misura su questo.”

(CLIENTE) “mmmh, mi potrebbe interessare. Quanto può costare?”

(EL) “Beh, dipende da molte cose. Prima di tutto dovremmo capire qual è l’obiettivo didattico e di che tipo di competenze stiamo parlando. Poi, decidere assieme qual è il modo migliore di presentare i contenuti. Avrei bisogno di vedere i contenuti che usate adesso, per capire meglio.”

(C) “Impossibile. Questi contenuti si riferiscono a procedure riservate, non possiamo mostrarvele finché non ci avrete presentato un preventivo e non vi avremo fatto l’ordine.” ……………………… Paradossale? Ammetto di sì: per quanto spesso i clienti siano “strani” e ti mettano in condizioni di “comma 22″ non ci è mai capitata una conversazione proprio come questa…. Però, non ci siamo andati lontani. Spesso il cliente si immagina un processo “meccanico” o “industriale”: ti do questi contenuti (300 pagine di manuale, 10 filmati, 5 power point…) e dimmi quanto mi costa. Purtroppo però - o per fortuna - l’apprendimento degli adulti non funziona così. Non crediamo che sia sufficiente “sparare” a 100 utenti una presentazione di 300 pagine che abbiamo semplicemente trasformato in oggetto Scorm per essere sicuri che questi poveri utenti abbiano imparato quei contenuti. Proviamo a rovesciare la prospettiva:

• cosa devono imparare? una normativa, come si monta un macchinario, una procedura amministrativa, come si usa un software….

• che competenze coinvolge il corso? tecniche, normative, di comportamento, relazionali, manageriali? per dirla come la direbbe Andrea Laus di Dms: sapere, saper fare o saper essere?

Stabilito questo, e visti magari i contenuti riservatissimi, possiamo iniziare a ragionare sul tipo di corso, il tipo di interazioni di verifica e il contesto in cui erogarlo (solo testo? flash con audio e filmati “esplicativi”? che tipo di interazioni di verifica? a domanda chiusa - e ci sono almeno una decina di modi di fare i test chiusi - o “in situazione”, tipo risolvere un caso di studio. O ancora una simulazione di uso di un software o - esageriamo - una simulazione comportamentale). Aggiungiamo qualche altro punto (preso da un caso reale di cui ci stiamo occupando ora assieme a Dms):

• se servono delle riprese video, decidere chi fa le riprese, come e dove • discutere con il cliente un indice dettagliato dei contenuti del corso

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• definire in quali e quante lingue fare il corso • definire eventuali add-on relativi a particolare interattività o funzionalità

richieste (ad es: versioni off-line con tracciamento in differita, streaming video…)

• definire quali e quante lingue per il progetto

Insomma: le variabili sono moltissime. Potete considerare che un’ora di fruizione “run time” può andare da poche migliaia di euro a diverse migliaia. O anche di più. Chiaro, si può fare molto anche con un basso budget, specie se le esigenze sono modeste e le idee chiare. Su questo, rimando al blog di Cathy Moore.

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1.8 PDF: questo sconosciuto

24Mag08 In questi giorni sto giocando con le funzioni di Adobe Acrobat che consentono di aggiungere elementi audio e video ai file pdf. In fondo il formato pdf è forse quello più diffuso e meno problematico per la distribuzione di documenti: si parte da file office e molte aziende già utilizzano Acrobat per la produzione della propria documentazione. E allora, perchè cercare lontano quando la soluzione può essere semplice, economica e a portata di mano (tanto che magari ce l’abbiamo già in casa)? Sapevo di queste funzioni per averle intraviste spesso nei menu di Acrobat, ma non mi ci ero mai soffermato. Sapete come va: il tempo è sempre poco, magari un giorno provo anche questo, e così via. E’ proprio vero che nella maggior parte dei casi utilizziamo solo in minima parte le possibilità degli strumenti che abbiamo a disposizione! Una prima funzione permette di registrare brevi commenti audio direttamente in acrobat dal microfono del pc, o importare file audio esterni in formato .wav o .aif, che poi saranno integrati nel file ed eseguibili cliccando su un’icona che è possibile posizionare liberamente in qualunque punto del documento. E’ possibile inserire più brani audio in più punti di ogni documento. Si trova nel menu commenti > strumenti di creazione commenti > registra commenti audio (ho la versione 7 in italiano). Qualcosa di simile poi si può fare anche dal menu strumenti > modifiche avanzate, con la possibilità di inserire anche file video. Ho trovato anche un filmato che illustra proprio queste possibilità, sta qui. Avete già utilizzato queste funzioni, e come? A me sono venuti in mente subito moltissimi utilizzi, anche oltre quelli legati alla formazione vera e propria:

• Commenti audio alle slide o ai grafici di presentazioni di powerpoint convertite in pdf

• Dispense ed esercizi “listen&repeat” di corsi di lingua • Aggiunta di presentazioni audio-video ai curriculum vitae • Descrizioni audio-video in materiale pubblicitario (presentazioni di alberghi o

località turistiche, video sulla realizzazione dei prodotti, …) • Cataloghi audio-video • Manualistica tecnica (guarda come si monta il pezzo di ricambio che hai

acquistato online)

E credo che si potrebbe andare avanti a lungo… ma perchè non mi è mai capitato di vedere documentazioni realizzate in questo modo? Il pdf è un formato pressoché universale, economico, non richiede formazione o skill particolari, non richiede hardware particolare… e allora cosa mi sfugge?

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1.9 6 tecniche per rendere felici gli utenti e-learning

22Apr08 Non è semplice lavorare con i clienti. Sono i committenti dei corsi, pagano le fatture: è meglio ascoltare quello che hanno da dire. E quello che vogliono. D’altra parte, un cliente esigente può influenzare negativamente il corso facendo richieste che non sono coerenti con una corretta progettazione. La sfida è cercare di bilanciare la soddisfazione del cliente con l’obiettivo di creare un buon corso. Ecco come farlo, almeno secondo noi:

1) fornire la massima qualità possibile Il modo migliore di gestire la relazione col cliente è di guadagnarsi la reputazione di lavorare bene. L’unica cosa che si può controllare siamo noi stessi e quello che facciamo. Se ci impegniamo a fornire il massimo, dare un buon prodotto e soddisfare il cliente probabilmente le cose ci andranno meglio. 2) fate leva sulla vostra esperienza La percezione spesso equivale alla realtà. Sia che abbiate fatto un progetto o un centinaio, per il cliente l’esperto di elearning siete voi. Se è così, agite coerentemente. Senza sembrare saputelli, spiegate le vostre idee e perché funzioneranno. Non fatevi intimidire dalle richieste dei clienti, se pensate che quello che vogliono non funzionerà. 3) ascoltate Siete lì per aiutare a risolvere un problema. Ascoltate il cliente e focalizzatevi sulla soluzione che lo aiuterà. Fate le domande giuste. Più lo fate parlare e più gli fate domande, più penserà che siete l’esperto. 4) stabilite scadenze chiare La principale causa di perdita di tempo e di frustrazione è la mancanza di comunicazione sugli obiettivi del progetto. 5) guadagnatevi l’attenzione del cliente Siate preparati, siate puntuali e proattivi. Ci può sempre essere qualcuno che potrebbe fare il vostro lavoro meglio e per meno. Non perdete tempo e rispondete alle esigenze del clienti. Non tenete il progetto in stand-by solo perché non aspettate un ulteriore incontro di chiarimento col cliente. Fate le piccole cose che dicono al cliente che prestate attenzione a lui e alle sue esigenze. 6) date delle scelte al cliente, ma non troppe

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Se proponete solo un’idea per il progetto, vi esponete a un sacco di questioni e di critiche. Se ne proponete troppe, perderete un sacco di tempo analizzandole tutte. Tre proposte sono l’ideale: ad esempio una lineare, una focalizzata sulla condivisione del contenuto e un po’ di interattività e poi un caso di studio.

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1.10 5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning

5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning

25Feb08

Il primo modo è… con l’esperienza. Per chi invece non ne ha (e non sa l’inglese ) , provo a dare qualche consiglio tratto dall’utile newsletter di Articulate…

Non impazzite cercando di creare un corso da Oscar

Iniziate con semplicità: l’obiettivo è dare informazioni che aiuteranno a fare - meglio - qualcosa. Ad esempio, potete guardare i template della Microsoft che hanno anche dei modelli di analisi dei bisogni.

Clicca qui per vedere i template Microsoft Dopo qualche progetto, vi sentirete più pronti ad applicare il vostro approccio personale.

Imparate dagli esperti

Per essere un bravo designer e-learning, dovreste sapere qualcosa di multimedia, grafica, design, psicologia e forse anche qualcosa sulle tecnologie web e flash. Ma non troppo, un po’ di ciascuno di questi temi. Ecco qualche link (sono in inglese).

• E-Learning by Design: Tutte le informazioni di base. • The Non-Designer’s Design Book: Alcuni principi base di design e suggerimenti

pratici su come organizzare meglio il contenuto. E-Learning and the Science of Instruction: Le basi teoriche del perché dovreste organizzare il contenuto in un certo modo

• Presentation Zen: lo zen e…. l’arte delle presentazioni power point (e non solo).

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Ne conoscete altri?

Sperimentate gli strumenti

Rispetto a creare corsi con Flash, gli strumenti di rapid e-learning sono facili. Non c’è nessun danno che possiate fare. Ad esempio, come usare Articulate Presenter? Provate a creare un file di 10 slide e provate tutte le caratteristiche che trovate nel menu “Articulate”, poi vedete che succede. Infine, date un’occhiata al forum di Articulate o alla vetrina dei prodotti.

Non abbiate paura di sperimentare

Date un’occhiata al lavoro degli altri (ad esempio, nella vetrina di Articulate) e provate anche voi. Ad esempio, provate a guardare questa immagine: è stata realizzata da uno sviluppatore Flash. Lo studente muove il mouse per avere informazioni su uno specifico pezzo:

Con Articulate Engage si può creare qualcosa di simile in circa 15 minuti.

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Provate a guardare questa demo.

Usate le risorse gratuite

• Leggete i blog • Partecipate!

Questi consigli sono solo l’inizio. Il trucco è solo iniziare a fare degli esperimenti e non avere paura di chiedere. Buon lavoro!

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1.11 Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il fattore umano

Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il fattore umano

20Feb08 A volte la creazione di oggetti didattici online richiede doti di creatività e improvvisazione piuttosto che non elaborate competenze teoriche e tecnologiche. Quando si tratta di fare formazione in azienda su contenuti molto specifici, quali possono essere delle nuove procedure amministrative o una particolare funzione del gestionale interno, ci si deve confrontare spesso con tempi e scadenze (e budget!) che precludono la possibilità di elaborare prodotti multimediali organici particolarmente avanzati. Magari sarebbe utile coinvolgere un nutrito staff di metodologi e creativi per studiare metafore comunicative, storyboard ricchi ed efficaci, e realizzare tutto con l’aiuto di una squadra di programmatori e sviluppatori flash. Purtroppo il cliente ci ha dato solo un mese di tempo, un manuale e un powerpoint di 200 slides di testo. E allora chessifà? Difficilmente gli strumenti di “produzione rapida” come eXe, Articulate Presenter, Captivate, Camstudio o hotpotatoes riescono singolarmente a rispondere alle tutte le esigenze di un corso. Qui interviene l’ingegno, e recentemente ci è capitato di doverlo usare davvero tutto. Il caso era proprio quello di dover formare personale amministrativo su una nuova procedura contabile che comportava variazioni sia sul fronte della comunicazione tra gli uffici che nell’utilizzo del gestionale. Avevamo bisogno di: • Illustrare i contenuti teorici • Mostrare le nuove operazioni sul software gestionale • Motivare l’attenzione sui contenuti E di far tutto con una soluzione organica da erogare in autoapprendimento. Come lo realizziamo un modulo del genere? I filmati li abbiamo registrati con camstudio e poi portati in captivate per aggiungere “fumetti” esplicativi delle azioni visualizzate. Con eXe abbiamo creato piccoli test intermedi con feedback immediato, che ancorassero gli utenti ai contenuti. Articulate Presenter, che non non ha funzionalità di screen recording e nella versione standard ha funzioni di test molto limitate, ci è servito per pubblicare i contenuti forniti in powerpoint (ruolo per cui di fatto è nato), ma soprattutto per strutturare i singoli moduli formativi e integrare gli altri strumenti. Abbiamo infatti sfruttato le funzioni di import di Presenter per inserire i filmati creati con camstudio/captivate, e i test creati con eXe, come fossero slide di powerpoint, ottenendo così moduli organici di facile fruizione e tracciabilità. Tutto questo, dalla raccolta dei materiali, alla progettazione, alla realizzazione, si è svolto in meno di un mese. Niente male eh? Questa esperienza ha diverse morali: innanzitutto, in questo lavoro conoscere tutti gli strumenti a disposizione è fondamentale. In secondo luogo, gli strumenti di per sè non

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servono a niente (buffo eh?). Tirando le somme, credo che le chiavi che ci hanno permesso di risolvere la situazione siano state tre:

• Conoscere il cliente • Conoscere gli strumenti • Saper inventare

Tre chiavi in cui la tecnologia resta solo un dettaglio, rivelando come il “fattore umano” sia sempre inevitabilmente risolutivo: creatività e conoscenza sono ancora i migliori strumenti di lavoro!

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1.12 Usare la videoconferenza per l’apprendimento

Usare la videoconferenza per l’apprendimento

01Ott08 Ritorno alla pubblicazione “UPGRADE - The European Journal for the Informatics

Professional” e alla monografia (“Technology-Enhanced Learning“) di cui ha già parlato Alberto. In questo caso, parliamo dell’uso di tool di videoconferenza in un contesto di apprendimento formale. Gli autori - dopo aver discusso di come i nuovi media creino nuove forme di apprendimento informali, che vengono utilizzate a fianco

delle modalità tradizionali - discutono il concetto di Learning Object. Gli LO vengono definiti come mezzi di apprendimento online riutilizzabili, e anche adattabili e scalabili. Successivamente, raccontano il loro caso di studio, realizzato nell’ambito della ProLearn Summer School. In sintesi, nel corso della sessione 2007 sono stati organizzati 5 meeting live con gli studenti. Il tool usato è stato Flashmeeting (frutto di un progetto di ricerca della open university): oltre alle classiche funzioni che hanno sostanzialmente tutti i tool di aula virtuale (moderatore/utenti, chat integrata, sistema di prenotazione degli interventi, audio-video, condivisione di applicazioni…) FlashMeeting ha anche un’interessante funzione di registrazione automatica (Memo tool) delle sessioni, una registrazione della chat, registrazione dei link che sono stati scambiati ecc. Tutto questo è disponibile direttamente subito dopo il meeting, con una visualizzazione dei dettagli del meeting e può essere rivisto con il FlashMeeting Replay. Inoltre, tutte le azioni (chat, link,ecc) di tutti i partecipanti sono “taggate” e - durante il replay - si può saltare direttamente al tag che ci interessa. Se le caratteristiche dell’evento sono come possiamo immaginarci (l’audio è stato dominato dal docente, rendendo quindi l’evento una “lezione”, mentre la chat è stata utilizzata in modo più paritario da tutti). Nell’ambito dello studio, gli studenti che hanno partecipato alla serie di meeting sono stati intervistati sia rispetto alla loro partecipazione che rispetto al ri-utilizzo della registrazione. I risultati di questo lavoro qualitativo sono interessanti: chi ha riguardato il meeting l’ha riguardato più di una volta e l’ha utilizzato sostanzialmente come un ripasso. I replay, fra l’altro, sono liberamente accessibili da chiunque (e in effetti sono stati visti in media 70 volte ciascuno): nel caso in questione, visto il contesto accademico, ciò è ancora più rilevante visto che consente a chi ha interessi simili di farsi un’idea piuttosto precisa di una discussione a cui non ha partecipato. Che conclusioni possiamo trarre? Beh, intanto mi pare di essermi…risposto da solo a una delle questioni che ponevo nei commenti al post di Maurizio Goetz sull’apprendimento liquido: questo può essere un modo di strutturare e utilizzare la conoscenza informale. Inoltre, mi paiono evidenti anche le implicazioni “aziendali” di un utilizzo di questo tipo di strumenti: intanto, già con l’aula virtuale o gli strumenti di videoconferenza si possono gestire incontri “quasi reali” anche a distanza. In più, con strumenti di Replay come questo, si possono

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condividere con molti più colleghi le informazioni relative a una riunione cui magari hanno partecipato solo 15 persone.

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2 Gestire l’e-elearning

2.1 Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche

Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche

31Mar08 Riprendo qui alcune riflessioni da un mio intervento sul forum di Orientamenti e Disorientamenti, in una discussione sul tema “Risorse didattiche: come costruirle e come usarle”. Nella mia esperienza, prevalentemente in ambito aziendale, la complessità dello sviluppo delle risorse didattiche (dato dalla somma di soluzioni tecnologiche e di componenti didattiche ) dipende dall’obiettivo e dal budget: cosa si vuole ottenere, in che tempi deve essere prodotto il corso e quanto ci si può investire. Con questo non voglio assolutamente dare un taglio “amministrativo” ad un tema squisitamente didattico, ma solo sottolineare come a volte le condizioni “ambientali” di un progetto possano costringere ad adottare soluzioni di compromesso nella progettazione delle risorse formative. Se il corso deve essere erogato entro 2 settimane mi limiterò a produrre un semplice ipertesto, so ho tempo e budget per curare progettazione e sviluppo potrò ragionare molto di più sulla struttura dei contenuti e sullo storyboarding di un corso, progettare interazioni e ralizzare tutto con tecnologie più adeguate (animazioni, video, audio). In entrambi i casi dò per scontata la presenza di un momento di valutazione online più o meno complesso. Nel caso ideale che ci siano tempi e budget per lavorare con tranquillità sulla progettazione e sulla realizzazione tecnica delle risorse, valuterò altre variabili che incidono sulle scelte tecno e metodologiche: - Come verranno erogate le risorse? (CD o LMS) - In che condizioni tecniche? (pc domestici o videoterminali aziendali, con o senza schede audio,..) - In che condizioni ambientali? (a casa con disponibilità di tempo, in azienda in orario di lavoro, in un’aula informatica nell’orario del corso…) - Che tipo di contenuto (normativo, istruzionale o tecnico, competenze comportamentali,…) In base a queste variabili decido se è il caso di realizzare risorse di durata maggiore o minore, se prevedere l’audio, e così via. Ad esempio, se i fruitori delle risorse devono guardarsele nei ritagli di tempo in azienda, col rischio di essere interrotti, produrro pillole formative di pochi minuti, meglio ancora se in video, altrimenti posso pensare a moduli più lunghi con una maggiore componente testuale.

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2.2 Le performance nella formazione a distanza

Le performance nella formazione a distanza

28Ott08 In uno dei suoi ultimi post, Cathy Moore si interroga sulla valutazione delle performance della formazione a distanza: il ROI dell’elearning, insomma. Mi sono riconosciuto molto nello scenario descritto dall’autrice, e devo ammettere che questo mi ha un po’ consolato: allora non sono solo i miei clienti, e non è solo in Italia!!!! Spesso quello che le aziende ci chiedono è semplicemente di sistemare un po’ le loro slide di power point, di trasformarle in un modulo formativo, e soprattutto di farlo molto, molto in fretta. Ma poi, questa roba funziona? Ci percepiscono (o almeno ci trattano) come la software house che converte i pauerpoint e li mette sul sito, senza far troppe domande che non c’è tempo da perdere e tanto i contenuti sono questi cosa vuoi farci e lo sappiamo noi cosa vogliamo ottenere… salvo poi pretendere che tutto funzioni e che i miglioramenti siano misurabili (sì, perchè poi il megadirettore capisce i numeri, mica la teoria). Nelle parole dell’autrice, per provare il nostro valore, dobbiamo assumere un ruolo più attivo verso le performance organizzative. Dobbiamo:

- Identificare un obiettivo di business misurabile, un cambiamento nelle performance, non solo il punteggio di un test - Progettare una soluzione che ci conduca a quell’obietivo, non ad un report di informazioni - Misurare l’effetto della soluzione - le performance reali sono cambiate?

Questo significa che dobbiamo sfidare i clienti che si aspettano che con l’elearning mettiamo un cerotto al loro problema. Serve che loro ci vedano come persone che migliorano le loro performance aziendali, non solo persone che mettono online informazioni.

Come possiamo cambiare la percezione dei clienti?

Possiamo provare ad educarli, magari in modo continuativo (blog, emails, mini presentazioni). Ad esempio:

- Descrivere come un’azienda simile ha risolto intelligentemente un problema di performance

- Mandare loro links a soluzioni elearning che hanno effettivamente migliorato delle performance

- Incoraggiarli a chiedere periodicamente al proprio staff come migliorare il proprio lavoro

- Chiedere loro periodicamente di programmare un piano formativo (per evitare lo stato di emergenza costante)

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Ai nuovi clienti, potremmo chiedere:

- Quale problema stai cercando di risolvere? - Come saprai di averlo risolto? - Quali soluzioni hai provato finora? - Perchè ritieni che l’elearning ti possa aiutare? - Perchè questo problema che hai da tempo è diventato improvvisamente un’emergenza da risolvere in una settimana? (Ovviamente non diteglielo così: il punto è capire quali pressioni potrebbero limitare la prospettiva del cliente) Cathy Moore infine ci chiede: Cosa ne pensate? Come possiamo portare i nostri clienti ad occuparsi maggiormente dell’efficacia del loro elearning? Come possiamo portarli a vederci come consulenti di performance? O è davvero abbastanza dar loro un “ritorno sulle aspettative” e dimenticarsi di un cambiamento misurabile? Una questione di metodo La nostra risposta, basata sulle esperienze di Elearnit, è che ovviamente il cambiamento va misurato, e che per farlo occorre dare ai clienti un metodo, una serie di indicazioni e di procedure che gli consentano di verificare l’impatto reale della formazione erogata. Le domande che Cathy Moore propone di sottoporre ai nuovi clienti fanno parte di quella che nel nostro workflow è la prima fase di collaborazione con qualsiasi cliente: l’analisi organizzativa. In questa fase emergono le prime indicazioni su quelli che poi potranno essere gli strumenti e il metodo di valutazione delle performance. Ovviamente questo metodo dipenderà direttamente dall’organizzazione dell’azienda e dal tipo e contenuti della formazione erogata, ma è importante che il cliente stesso si doti di strumenti di analisi e misurazione, strumenti (tecnici o concettuali) che possono anche essere indiretti, ad esempio:

• valutazione del numero di email di richiesta di supporto o delle telefonate all’helpdesk aziendale prima e dopo il corso.

• valutazione del numero e della qualità degli interventi nel forum del corso • questionari a campione per verificare se e come è cambiato il comportamento

organizzativo su aspetti legati alla formazione erogata

Vi vengono in mente altri modi?

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2.3 Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio

Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio

10 Ott 08 Ne abbiamo parlato varie volte, ne parlo tutti i giorni o quasi con i vari enti di

formazione con cui collaboro e vedo che i ragionamenti che si fanno sono quasi sempre gli stessi, e si possono riassumere con il concetto “vorrei … ma non voglio”. Cosa voglio dire? Da un lato, gli enti di formazione - a parole - accettano il fatto che

con il diminuire delle risorse FSE è fondamentale utilizzare strumenti alternativi che possano integrare la didattica risparmiando dei costi. Altrettanto a parole, sono consapevoli che questo tipo di trend è quasi obbligato (le priorità dei fondi europei sempre più richiedono flessibilità nella modalità di fruizione, conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro… tutte cose che cascano a pennello). Dall’altro, molti sono scottati da cattive esperienze precedenti (si vedano altri nostri post: Maledetta Fad, oppure quest’altro su tempo e budget)… o presenti. Senza far nomi, infatti, ci sono altri esempi di progetti in corso attualmente che non si discostano molto da modelli che già non hanno funzionato: in particolare, quando ci sono “calderoni” di enti diversi ma non si capisce chi diriga il progetto, quale sia la strategia e cosa si voglia produrre. Soprattutto, tipicamente questi progetti utilizzano gran parte delle risorse nella pre-progettazione e pre-produzione e poche nella realizzazione di corsi e nel tutoraggio. Questo tipo di approccio, però, ha dei problemi:

• se produco dei contenuti generici assieme ad altri e non ne ho il controllo (o se partecipo a un progetto in comune con altri), non capisco mai se, come e quando posso riutilizzare gli oggetti didattici al di fuori del portale del progetto. Di solito infatti la realizzazione degli oggetti è affidata a partner tecnici terzi e non è mai chiaro cosa succede una volta concluso il progetto;

• se sono generici, andranno bene un po’ per tutti ma in realtà per nessuno; non avendo il controllo dei contenuti (realizzati da terzi) non li posso mai aggiornare, adattare a esigenze parzialmente diverse, modificare… in una parola, sono contenuti destinati a diventare obsoleti o poco fruibili

• infine, spesso si usano molte risorse nei contenuti e poche nel tutoraggio o mentoring a distanza, spesso assicurato teoricamente da un partner terzo. Il ragionamento è: io che ti vendo l’LMS, ti assicuro anche il tutoraggio….perché il mio Lms comprende già funzioni di collaborazione! Ma in realtà non ha molto senso un tutoraggio al di fuori di un corso specifico, di un progetto specifico, di una specifica aula o di uno specifico gruppo di dipendenti di un’impresa.

Per concludere sul tema degli ostacoli:

• adottare metodologie FAD richiede un cambiamento parziale delle abitudini e dei metodi di lavoro consolidati, da parte di progettisti, tutor e coordinatori (e anche docenti)

• forse non tutti hanno chiaro come finanziare la produzione di contenuti (visto che pochi lavorano “a mercato”: negli enti si lavora al contrario, per cui il mercato è l’eccezione..).

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Su quest’ultimo tema, un buon consiglio è cercare fonti di finanziamento regionali o europee per finanziarsi strumenti e materiali didattici, da usare poi nei corsi a finanziamento provinciale o con i Fondi Interprofessionali. In realtà, sia pure faticosamente, vedo che qualcosa si muove: possiamo citare alcuni esempi di progetti che nel frattempo sono partiti (o sono ri-partiti dopo che erano stati bloccati per molto tempo).

• Diario Modenese: impressioni da un corso FAD con lo IAL Emilia Romagna • Ecipar ha lanciato - a quanto pare - un portale e-learning con dei punti di

riferimento sul territorio. Per ora, vedo che c’è solo Piacenza (che immagino svolgerà una funziona di pilota). Da una veloce analisi dei contenuti, mi pare che comincino ad essere sulla strada giusta: Ecipar, con Enea e Didacta

• Donne in formazione, Ecipar Emilia Romagna • Consorzio Formazione & Lavoro (anche se non mi è chiaro quali contenuti siano

disponibili: si tratta di una realtà specializzata in apprendistato) • Comitato Impresa Donna Emilia Romagna: non è un vero portale di e-learning,

ma ci sono diversi materiali strutturati sulla creazione d’impresa e c’è un percorso vero e proprio, con la previsione di utilizzo di un tutoraggio online.

Morale A questo punto la morale è: vorrei…ma non voglio. Ma se voglio, posso.

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2.4 Maledetta FaD!

Maledetta FaD!

11Mar08 Dopo alcuni anni passati tra enti di formazione e progetti finanziati, da circa 3 anni io e Massimiliano ci siamo trovati a seguire attività elearning soprattutto in ambito corporate, e da queste esperienze è poi nato Elearnit. Ultimamente però stiamo ipotizzando nuovamente collaborazioni con enti di formazione o associazioni di categoria, e ogni volta che incontriamo una di queste organizzazioni, al primo accenno all’elearning vediamo inevitabilmente grandi reticenze e facce diffidenti e preoccupate. Sappiamo per esserci passati personalmente che questo atteggiamento deriva da una lunga serie di esperienze profondamente negative (dove “profondamente negative” è spesso un eufemismo, mentre a giudicare da certe reazioni il termine esatto sarebbe “terrificanti”) in svariati tentativi di far funzionare questa fantomatica formazione a distanza. Allora (ma non parliamo poi di tanti anni fa) era di moda chiamare questo approccio e queste metodologie “FaD”, formazione a distanza, termine oggi caduto quasi in disuso. Lo so, tra di voi c’è qualcuno che ha partecipato a progetti che prevedevano la FaD e che a rileggere questo acronimo è appena stato preso da un morso allo stomaco e/o da brividi lungo la schiena, e ora è indeciso tra un malox e un aulin. Coraggio…. Perchè? Perchè, e ad essere onesti è uno dei motivi che ha fatto “emigrare” anche noi verso l’ambito corporate, FaD era diventata sinonimo di “progetti progettati male” senza una reale conoscenza dei metodi e delle tecnologie, con regole inadeguate dove si cercava di misurare la formazione a distanza come se fosse formazione d’aula, era sinonimo di difficoltà nel far capire l’approccio a docenti che temevano di essere bypassati e a tutor che lo vedevano solo come un lavoro in più, situazione che si ripercuoteva poi in difficoltà nel motivare i destinatari e nell’ottenere una reale fruizione dei corsi, con conseguenti enormi problemi in fase di rendicontazione. Il tutto si inseriva poi perfettamente nella clamorosa esplosione della bolla “Nuove Tecnologie” che ha segnato i primi anni dopo il 2000: molti partner tecnologici si rivelavano improvvisamente fornitori di aria fritta. Alla fine di tutto, quello che veniva chiesto in rendicontazione era (e forse è ancora): avete tutte le fatture dei docenti e dei fornitori? Vigliacchi a chiedere dei risultati reali, qualitativi! Anche questo, che era nella natura stessa dei finanziamenti, non ha certo incentivato la reale diffusione e il radicamento in queste strutture (proprio quelle che avevano la formazione come mission aziendale e core business) di una vera cultura dell’elearning. In quelle esperienze mancavano completamente i criteri di efficienza economica e di efficacia organizzativa che misurano invece il successo di un intervento elearning in azienda: ma nella nostra esperienza sono stati proprio questi il vero acceleratore, e ora abbiamo clienti che formano online con successo centinaia di dipendenti, ottimizzando i costi e aumentando la formazione. Ragazzi, funziona davvero! Sarà dura, ma oggi ci piacerebbe riprendere il discorso anche con queste strutture, ripartendo da nuove basi, o almeno da basi rinnovate:

• Abbiamo nuove tecnologie, meno costose e più accessibili, e sappiamo usarle meglio.

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• Abbiamo nuovo know-how, sviluppato nell’esperienza quotidiana della formazione aziendale mediata dalla rete e dal computer.

Si tratta di creare una nuova cultura dell’elearning, si può creare un dialogo tra aziende, enti di formazione e associazioni di categoria. Le aziende possono insegnare pratiche di formazione a distanza a enti che possiedono strutture e capacità didattiche e organizzative, mentre le associazioni di categoria possono essere allo stesso tempo un veicolo e un contenitore di conoscenze verso il proprio bacino di utenza. Io vedo solo un circolo virtuoso in cui tutti possono guadagnarci qualcosa, e che potrebbe finalmente portare a maturità gli ultimi 10 anni di esperienze sparse e disorganiche in questo ambito, riempiendo finalmente di sostanza l’espressione “società della conoscenza”. E’ una sfida impossibile?

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2.5 Un caso concreto di applicazione dell’e-learning

Un caso concreto di applicazione dell’e-learning10Gen08 Ecco come potremmo riassumere in poche righe la storia di un progetto che stiamo seguendo da oltre 2 anni:

Il cliente: Uno dei leader italiani del settore mobili, con oltre 90 punti vendita. Oltre 800 utenti da formare sui temi amministrativi, contabili e di utilizzo del gestionale aziendale.

L’esigenza: Ridurre il numero di riunioni e di sessioni di formazione tradizionale per ridurre i costi molto elevati. Verificare l’apprendimento delle competenze da parte di tutti (cosa impossibile in un’aula tradizionale). Avere un sistema di reporting.

La soluzione: L’azienda ha adottato un sistema di e-learning open source. Il management aziendale è ora in grado di utilizzarlo autonomamente, gestendo iscrizioni ai corsi, reportistica e valutazioni delle esercitazioni. I corsi sono stati creati facilmente utilizzando il materiale già in uso dal cliente.

I costi: Il cliente ha sostenuto costi più elevati dovuti all’esigenza di una personalizzazione articolata. Un’installazione standard, eventualmente anche in outsourcing, ha dei costi molto più bassi o nulli, se il cliente decide di occuparsene autonomamente. La formazione per l’uso del sistema e la consulenza per il suo utilizzo sono le attività più importanti.

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3 Teoria e Tendenze

3.1 Mobile Learning? Ci mancava pure questo!

Mobile Learning? Ci mancava pure questo!

22Dic08 Nei giorni scorsi ho studiato un po’ più a fondo il mercato del mobile learning e i relativi

scenari: approfondire questo tema è uno degli obiettivi in cantiere per il 2009 (tipo “lista dei buoni propositi” ). Riporto in estrema sintesi quello che ho capito:

1. pare che un mercato ci sia; 2. come spesso accade nell’ambito e-learning per ora è soprattutto in UK 3. è da vedere se e quando sarà interessante per l’Italia.

Ci sono alcune cose da capire, prima a livello strategico che tecnologico (come sempre):

1. per la distribuzione dei contenuti è meglio un modello con un LMS fruibile sui dispositivi mobili (se il focus è l’apprendimento) o con un CMS-CRM (se il focus è la distribuzione-condivisione di contenuti e documenti)?

2. sbocchi di mercato ed esigenze: senior manager, musei, employee training, manutentori-installatori…

3. i contenuti - ed è ovvio - vanno progettati in modo totalmente diverso se devono essere fruiti via Pda (palmare, ipod, iphone, blackberry…)

Come già nell’elearning normale: la “piattaforma” se non esiste già tenderà a diventare una commodity. Per ora penso che anch’essa però possa avere un suo mercato: la commoditizzazione accadrà più avanti. I contenuti specifici invece sono quello che fin d’ora può garantire buoni profitti, assieme alla metodologia di implementazione. Che esperienze ci sono in giro? Tribal, che si autodefinisce leader mondiale di questa metodologia, sul suo sito presenta un listino e catalogo prodotti che aiutano - al di là di sperimentazioni, white paper, ricerche universitari, progetti europei, a calare nella concretezza il discorso che stiamo facendo. Ecco alcuni link per approfondire:

• Sperimentazione italiana: progetto MOULE -http://www.corfad.it/index.php?option=com_content&task=view&id=26&Itemid=90

• Sperimentazione europea http://www.mobilearn.org/index.php • Accenture: soluzione per il m-learning

http://www.astd.org/lc/2008/0908_koch.html • M-Learning Devices: Performance to Go

http://www.astd.org/lc/2008/0708_quinn.html • Authoring Best Practices for Mobile Learning Content Development

http://www.astd.org/lc/2008/0708_crain.html

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Per chi è interessato ad approfondire ancora di più, eccovi un White Paper: Mobile Learning; per chi ha fretta ho estratto solo le conclusioni: White Paper sul Mobile Learning: conclusioni. E voi? Cosa ne pensate? C’è un mercato già interessante in Italia? Ci sono già dei player che operano attivamente? Ha così senso parlare per forza di m-learning o non si tratta più che altro di distribuzione di contenuti (a prescindere dalla loro natura: formativa, informativa…) su device mobili? Alla fine, poco più che podcasting?

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3.2 Il caso Iris Ceramica

29Apr08

Progetto Iris Ceramica

Il cliente:

Iris Ceramica, una delle più grandi e prestigiose ceramiche italiane, capofila del gruppo Iris.

L’esigenza:

Formare il personale amministrativo delle filiali estere (Canada, Stati Uniti) sull’utilizzo del gestionale in AS400. Supportare e migliorare l’efficienza del loro servizio interno di supporto tecnico al personale negli altri paesi. Avere materiale didattico autoportante per i nuovi assunti (caso frequente).

La soluzione: L’azienda ha adottato un sistema di e-learning open source. Inizialmente in outsourcing, in questa fase l’obiettivo è un’installazione interna. Il management aziendale, grazie alla formazione offerta, è ora in grado di utilizzarlo autonomamente, gestendo iscrizioni ai corsi, reportistica e valutazioni delle esercitazioni. I corsi sono stati creati facilmente utilizzando il materiale già in uso dal cliente. Si tratta di slide multimediali (con commento in inglese e inserimento di filmati che illustrano l’utilizzo del gestionale). E’ stata inoltre sperimentata l’aula virtuale, che si è rivelata un buon sistema per consentire al supporto tecnico di mostrare le corrette procedure agli utenti di oltre oceano condividendo il proprio desktop.

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3.3 Contaminare! Contaminare!

14Apr08 Oggi riflettevo su un post pubblicato un paio di mesi fa su weblearning (http://woodle.it/bloglearning/?p=237), in cui a propostito di un caso di “edutainment”, cioè di contaminazione tra formazione e intrattenimento, Adriano De Vita scriveva giustamente che “Forse è il caso che gli esperti di e-learning siano un po’ meno ossessionati dalla tecnologia educativa in sè stessa e comincino a riflettere sui suoi utilizzi politici e sociali.” In qualche modo poi lo stesso tema è ritornato anche in un recente post sul blog di Articulate che descrive come alcune logiche proprie dei videogames possano essere efficaci nell’apprendimento a distanza. Sono convinto che lo stesso tipo di contaminazione si possa avere anche con altre “discipline” della comunicazione, in particolare nell’area del marketing e dell’informazione. Che differenza c’è tra un contenuto formativo e un contenuto informativo? Quando si fa informazione, e forse anche quando si sta facendo promozione, non si sta anche facendo formazione? In fin dei conti quando si parla di elearning si parla di: - Veicolare un messaggio nel modo più efficace possibile, curando la comunicazione in base all’argomento e ai destinatari, per creare l’apprendimento di un concetto o di un comportamento - Monitorare il risultato, e imparare dalle statistiche per valutare l’efficacia del nostro intervento ed eventualmente utilizzare le informazioni raccolte per ottimizzare un’azione successiva. Ma queste cose non valgono anche per qualunque azione di informazione e di promozione? Personalmente credo che il confine tra campi considerati diversi in realtà potrebbe essere molto labile. Forse, anzi, siamo noi a porre queste linee di distinzione… ma a cosa serve? Ora ne faccio una questione quasi filosofica: non sarebbe più produttivo ragionare in termini di similitudine e far tesoro di esperienze raccolte in altre discipline per arricchire le nostre, piuttosto che continuare a inventare nuove distinzioni e definizioni?

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3.4 Diario Californiano

12Mag08 Nelle settimane scorse ho potuto visitare il “Web 2.0 Expo” di San Francisco. (Ok, per

questa volta vi risparmierò le mie perplessità circa il concetto e la definizione di “web 2.0″, ma prima o poi mi sentirete parlare anche di questo! ) La visita a questo expo è stata un’ottima occasione per vedere come si muovono e si presentano le aziende del web sul mercato internazionale, sentirsi un paio di conferenze e andare a conoscere un po’ di nuovi servizi online. Mi sono concentrato in particolare su servizi web destinati alla comunicazione e collaborazione online, e ho trovato molte cose interessanti che potrebbero avere impieghi in ambito elearning. Non ho ancora avuto modo di provarli tutti come meriterebbero e alcuni che sono ancora in beta ho potuto provarli solo là, quindi per ora ve li segnalo e nelle prossime settimane cercherò di darvi recensioni più accurate:

Zoho: una suite di applicazioni “Office Oriented” chiaramente ispirata ai servizi di Google, che oltre ad alcune soluzioni di word

processor, blocco note e Spreadsheet simili a quelle già presenti in Google Documents, include anche Project Management, Database, Organizer, Wiki e altro ancora. E in questo “altro ancora” troviamo una soluzione per creare test online , un servizio di videoconferenza , e un servizio che vi consente di creare presentazioni online uploadando direttamente file di powerpoint.

SpringNote : Si tratta di una sorta di blocco note molto avanzato, utilizzabile online anche in maniera collaborativa. Rispetto alla soluzione di google mi pare però offrire maggiori possibilità nella formattazione dei testi, e soprattutto un’organizzazione dei contenuti molto flessibile grazie alla possibilità di strutturarli ad albero (non so se conoscete TreePad, qualcosa di simile). Le possibilità di impiego sono molto ampie: stesura di testi collaborativi, knowledgebase, manuali o guide online, discussioni aperte, ….

SpinScape: applicativo per creare mappe mentali online, anche in maniera collaborativa. Una feature interessante riguarda la possibilità di associare ai nodi della mappa dei “gadgets”, cioè di integrarli con ricerche su wikipedia, con Google Documents, google calendar o con altri widget disponibili per Google. La demo pubblica del servizio sarà disponibile da Giugno, ma alcuni esempi sono già visibili nell’area “gallery” del sito.

OpenaCircle: questo servizio permette di creare delle stanze permanenti di videoconferenza con desktopsharing, possibilità di schedulare eventi, presentazioni e meetings. Da quanto ho potuto vedere offre poche funzioni di moderazione delle conversazioni, proprio perchè è pensato soprattutto per situazioni di team working, ma credo anche in situazioni di apprendimento “informale” potrebbe rivelarsi una risora utile.

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Da quanto mi è stato detto all’expo il servizio sarà gratuito fino a 12 partecipanti…. niente male direi! E’ possibile iscriversi alla beta pubblica.

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3.5 Parole, Parole, Parole…

30Giu08 Cos’è l’elearning? Premetto che non mi va di perdermi in un lungo dibattito filosofico-metodologico sulla maggiore o minore correttezza del paradigma costruttivista rispetto a quello cognitivista, o cose del genere… mi sono già annoiato abbastanza all’università! ;P Ormai penso che l’elearning inteso come “formazione a distanza” in senso classico rappresenti un concetto obsoleto, spesso già superato nei fatti e, ancora più spesso, controproducente. Probabilmente, ma ne sono convinto, l’errore sta nella traduzione italiana del termine, che in realtà è fuorviante rispetto alla più corretta etimologia anglosassone: e-apprendimento, non e-formazione. Allora provo a spiegarvi come lo intendiamo noi, dopo un po’ di anni di esperienza tra enti di formazione e aziende di tutte le misure: l’elearning è knowledge management visto dalla parte dell’utente. Potremmo definirlo come messa in opera di processi, strumenti e soluzioni che agevolino il processo di apprendimento, ma non è necessario che ci sia un’azione formativa diretta. A volte anche il fatto che avvenga un “apprendimento” potrebbe non essere evidente. L’elearning può stare anche nell’architettura delle informazioni di una semplice intranet documentale, o ovunque ci sia la volontà di agevolare la distribuzione della conoscenza in un’organizzazione. L’apprendimento è un processo che avviene nell’utente finale, partire dalla teoria o dagli strumenti può rivelarsi un errore fatale per la riuscita di un intervento formativo. Il primo lavoro da svolgere è di tipo consulenziale e progettuale: dove vogliamo arrivare? Purtroppo, come sottolineava Massimiliano nel suo ultimo post, è piuttosto difficile far capire la criticità di questa fase a un’azienda che ti chiede prima di tutto la soluzione (e un preventivo!), ma è l’unico metodo che può dare risultati. E sono i risultati che ci interessano. Se chiudiamo in rigide definizioni teoriche le opportunità che ci offre la tecnologia rischiamo solo di farci sfuggire delle soluzioni alternative. Basta cambiare angolazione: guardiamo i prolemi dal basso, partiamo dagli obiettivi che dobbiamo raggiungere, e solo a questo punto scegliamo gli strumenti. Lasciamo stare le parole e torniamo a giocare con le cose.

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3.6 Dalle parole ai fatti

09Lug08 Dopo tante parole, un po’ di fatti. Per chiarire con un caso reale la mia visione “machiavellica” del ruolo della tecnologia nell’elearning, vi racconto un caso concreto e reale che stiamo affrontando proprio in queste settimane… Circa 6 mesi fa un nostro cliente ha deciso di adottare una piattaforma elearning per creare e vendere corsi su un settore particolare in cui è fortemente specializzato. Questa azienda utilizzava già per i propri clienti anche una piccola area riservata, una soluzione abbastanza semplice e integrata nel sito aziendale, che viene utilizzata per pubblicare news, comunicare scadenze, offrire documenti scaricabili. Guardacaso, la stessa azienda sta anche affrontando una certa difficoltà nel far capire le nuove soluzioni elearning al proprio mercato. Allora, riassumendo gli elementi della situazione, abbiamo: - Un’area riservata in cui vengono pubblicate news e documenti scaricabili - Una piattaforma elearning, che potrebbe fare le stesse cose e anche mooooolte di più - Circa 400 utenti già educati ad usare un’area riservata, ma che storcono il naso se gli si parla di elearning Dunque: cosa ce ne faremo di queste cose (avendo studiato Machiavelli e imparato tanto dal nonno)? Semplice: Diremo ai nostri utenti che c’è una nuova fighissima area riservata, e li manderemo sulla piattaforma elearning! ;P Rinnovare un servizio è sicuramente più semplice che proporne uno nuovo, allora dovremo solo dirottare i nostri clienti sulla piattaforma elearning, presentandogliela come qualcosa che già conoscono: un’area riservata. Il risultato? Ci troveremo all’improvviso e senza sforzo con 400 utenti ben contenti di usare la nostra nuova piattaforma, oltre a un lungo elenco di effetti collaterali che comprendono:

• la razionalizzazione e accorpamento dei servizi Web che il nostro cliente offre al suo mercato

• un maggior numero di servizi che sarà possibile offrire o vendere agli utenti (forum, videoconferenza, calendari,…), rispetto alle funzioni di area riservata già disponibili

• la possibilità di un passaggio indolore ad utilizzi più propriamente “formativi”: di fatto, anche i corsi veri e propri saranno “cose in più” in un ambiente che i clienti già conoscono e utilizzano. Presentare commercialmente i nuovi prodotti e servizi legati alla formazione a distanza sarà più semplice se i destinatari già sono a loro agio nell’ambiente di erogazione.

• l’uso della piattaforma consentirà un monitoraggio di grande precisione sull’effettivo utilizzo dei servizi offerti ai suoi clienti in area riservata, e una profilazione estremamente granulare della visibilità dei singoli contenuti ai singoli utenti

• l’attivazione di un canale istituzionale con cui tenere traccia della relazione tra consulenti esterni, partner e clienti: attualmente ciò avviene tramite la posta elettronica, con conseguenti possibili inefficienze o perdita di controllo sulle informazioni scambiate, mentre un sistema di questo tipo consente di tenere traccia di tutto.

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• avendo adottato una soluzione open source, in prospettiva questo sistema consentirà la crescita progressiva delle funzionalità dell’area riservata a costi contenuti senza vincolare l’azienda a un sistema proprietario; basterà semplicemente attivare via via le nuove funzioni e – nel medio periodo – aggiornare l’applicativo alle future versioni che saranno rilasciate.

E tutto questo… solo per aver chiamato una cosa con un nome diverso!! Figo, no?

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3.7 Apprendimento Liquido

29Set08 Segnalo alcune riflessioni che Marketing Usabile ha pubblicato nei giorni scorsi, toccando in qualche modo gli stessi temi discussi anche nei nostri ultimi post. Parla di quello che definisce “apprendimento liquido”, contestando le resistenze che molte imprese sembrano avere nel riconoscere la conoscenza acquisita e alimentata attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali collaborative. L’autore evidenzia in modo significativo alcune competenze trasversali che possono essere più sviluppate in chi è abituato ad usare il web come canale di aggiornamento e autoformazione, e come questo cambiamento stia emergendo soprattutto tra i lavoratori più giovani. Trovate i due post qui: http://marketingusabile.blogspot.com/2008/09/apprendimento-liquido.html http://marketingusabile.blogspot.com/2008/09/conoscenza-liquida.htmlI miei dubbi nel riportare queste rflessioni alla realtà della formazione in azienda sono i soliti: non tutti hanno la capacità di gestire autonomamente il proprio aggiornamento come comportamento quotidiano, questa skill è ancora propria di professionisti o lavoratori di profilo medio-alto; un’azienda deve però preoccuparsi delle competenze di tutti i suoi dipendenti e collaboratori. Inoltre, tutto ciò che è liquido e non strutturato è per sua natura difficile da misurare e valutare: difficile per un azienda valorizzare qualcosa che non può (o non sa) valutare. E’ indiscutibile che queste competenze siano un enorme valore aggiunto, la sfida oggi consiste nel riuscire a realizzarle a livello aziendale e non solo a livello individuale. PS: Interessante anche questa presentazione segnalata sullo stesso blog: E’ vero: Google è il più diffuso strumento di elearning in azienda!

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3.8 Work integrated learning

Work integrated learning

15Set08 Già la definizione “Technology Enhanced Learning” utilizzata sull’ultimo numero di UPGRADE mi era piaciuta, forse come termine lo trovo addirittura più azzeccato dell’ormai abusato “elearning”. Mi ha incuriosito subito, quindi, anche il concetto di “Work Integrated Learning” analizzato in uno degli articoli, e l’approccio si è rivelato in effetti abbastanza interessante. Direi che vale la pena riassumere e commentare alcuni passi dell’articolo… Gli autori evidenziano come nelle moderne pratiche di business e progetti di ricerca sull’e-learning, l’attenzione sia dedicata prevalentemente al miglioramento dei processi di trasferimento della conoscenza nell’apprendimento “formale” (corsi di formazione d’aula o in elearning). E’ in questo senso che vanno la maggior parte degli investimenti aziendali in formazione, mentre altri studi rivelano che in realtà solo una minima parte della conoscenza applicata nelle pratiche lavorative deriva dal training formale. Mediamente, si calcola che solo il 30% delle conoscenze apprese in questo modo vengano effettivamente trasferite nelle pratiche lavorative in modo da migliorarne le performance. Questa percentuale sarebbe indipendente dal tipo e dalla qualità dei corsi erogati, e dipenderebbe invece dalla scarsa attenzione dedicata alle variabili ambientali sul posto di lavoro durante e dopo le attività di training formale. L’80-90% delle competenze professionali dei lavoratori deriverebbe invece da forme di apprendimento di tipo “informale” (esperienza diretta, letture personali, scambi con i colleghi, ecc…) Insomma, mentre le iniziative mirate a incentivare il trasferimento di conoscenze continuano a rispondere alla domanda “quanto ha imparato lo studente durante il corso”, questi numeri fanno pensare che la domanda corretta dovrebbe essere “in che misura lo studente può applicare le nuove conoscenze alle sue pratiche lavorative?”. Basato su queste considerazioni, il concetto di “Work Integrated Learning” proposto dagli autori dell’articolo consiste quindi sostanzialmente in uno spostamento dalla prospettiva tradizionale della “formazione” verso il punto di vista dell”apprendimento”. In questo senso diventa interessante esplorare i modi in cui l’apprendimento informale avviene oggi negli ambienti lavorativi, e come potrebbe essere agevolato e guidato in futuro: come rilevato dagli autori stessi, finora è stata fatta pochissima ricerca in questo senso. Personalmente non condivido l’evoluzione che gli autori sembrano auspicare parlando di superamento pressochè totale dei corsi e dei materiali formativi realizzati ad hoc, ma credo che questo approccio potrebbe comunque portare al training supportato dalla tecnologia grandi benefici soprattutto in termini di efficacia. Il succo del discorso, insomma, è: se riusciamo a creare un framework organizzativo che agevoli l’apprendimento informale, probabilmente potremo risolvere molti dei problemi di efficacia, efficienza, partecipazione e credibilità per i processi di formazione e knowledge management mediati dalla tecnologia.

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3.9 E-learning: dove si va?

E-learning: dove si va?

12Set08 Forse ormai parlare di e-learning significa parlare di un calderone dove ci sono troppe cose.E cose troppo diverse.

Due tendenze mi sembra che emergano chiaramente: da un lato, l’e-learning diventa “social”; dall’altro cerca di emozionare. Segnalo due esempi in merito: leggo su AlmaTwo che è nata una piattaforma….integrata con Facebook! (Tra l’altro Udutu (ho iniziato a provarlo oggi) ha anche un applicativo di authoring gratuito, che pubblica oggetti Scorm 2004 o 1.2, totalmente online (lo trovate nella recensione di AlmaTwo). Direi che è una tendenza ormai irreversibile anche se probabilmente per ora diffusa in ambito

accademico o dei professional, non so ancora quanto diffusa nelle aziende (nel nostro piccolo, proveremo a sperimentare cose di questo tipo). L’altra tendenza, di cui ormai abbiamo parlato varie volte, è quella di emozionare (come dice Amanda Ronzoni sul blog di Dms): con i learning games, con le tecniche cinematografiche, ormai anche con il corpo (mi viene in mente la console Wii e la pedana Wii Fit…se vogliamo, anche quello è apprendimento mediato da una tecnologia). Insomma, si va velocemente verso queste due direzioni. Significa che i corsi come li abbiamo visti fino ad oggi sono destinati a sparire? Non necessariamente: personalmente, credo che non si potranno più ignorare questi tipi di approcci (e i relativi strumenti) e che quantomeno si dovranno incorporare in tutto quello che si fa. O no?

(c’è anche la tendenza “mobile”, cioé l’apprendimento ubiquo - cellulari, palmari, PDA - che va di pari passo con la pervasività del web; ma ne parleremo un’altra volta).

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3.10 Upgrade su “Technology-Enhanced Learning”

Upgrade su “Technology-Enhanced Learning”

08Set08

La pubblicazione bimestrale “UPGRADE - The European Journal for the Informatics Professional” ha dedicato per intero il suo ultimo numero al “Technology-Enhanced Learning“.

“Technology-Enhanced Learning may not flow readily off the tongue or be easily translated as a brand name, but it very consciously reflects what it is: using Information Communication Technologies (ICT) to secure advancements in learning. By taking advancements as the objective, we go beyond the attempt to reproduce classical ways of teaching via technologies. Technology-Enhanced Learning

combines but places equal emphasis on all three elements: on technologies, on learning and on enhancements or improvements in learning. This will help us in devising ICT-based solutions which motivate and inspire learners and teachers, engaging them in meaningful learning and teaching experiences.“ Upgrade si occupa da diversi anni di temi legati all’information technology, proponendo numeri monografici ricchi di contributi di esperti e docenti universitari, e già in passato si era occupata di formazione a distanza in un numero intitolato “e-Learning - Borderless Education”.Anche quest’ultimo numero è ricco articoli e spunti di riflessione interessanti, che nei prossimi giorni non mancheremo di analizzare più a fondo anche su questo blog. Stay Tuned!

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3.11 L’elearning 2.0 non esiste

L’elearning 2.0 non esiste

14Ott08 Ok, vi concedo che l’apprendimento con modalità “social” al momento esiste e funziona. E’ vero, ma per il momento lo vedo esistere e funzionare solo dove c’è una forte motivazione personale (o qualche forma di coercizione): accade soprattutto nell’ambito dell’aggiornamento dei professional, soprattutto di quelli che che già utilizzano il web per lavoro o per passione (personalmente lo faccio da quando ho internet e uso i forum). Ma se si parla di elearning 2.0, credo che si voglia parlare della possibilità di realizzare e orientare percorsi formativi strutturati verso un preciso obiettivo didattico utilizzando logiche di “social web”. Eh beh, da questo siamo innegabilmente ancora molto molto mooooooolto lontani. E-learning: soprattutto in italia direi che culturalmente siamo a malapena alla prima release, figuriamoci alla 2.0. Le ragioni sono varie (non ultimo il fatto che lo stesso web 2.0 non esiste…), ma principalmente sono convinto che prima di vedere attuata qualche reale dinamica 2.0 nell’elearning aziendale, cioè qualche forma di apprendimento “social” spontaneo, il primo rinnovamento da attuare credo debba essere di tipo culturale 1 - nell’approccio alle tecnologie e 2 - nell’approccio alla formazione. La formazione in ambito scolastico e in ambito organizzativo ha ancora un paio di caratteristiche fondamentali che la rendono per definizione NON 2.0: la coercizione all’apprendimento (devi imparare), e la verticalità dei contenuti (io ti insegno). Forse potremmo addirittura affermare che la formazione di per sè oggi non può essere 2.0 (l’apprendimento invece si, attenzione). A corollario di questo, aggiungerei che sia le aziende che gli istituti scolastici, per ragioni differenti, hanno bisogno di misurare le prestazioni e valutare i risultati: in un’ottica 2.0 questo non è possibile oppure risulta spesso antieconomico. E’ evidente che se si vogliono utilizzare soluzioni partecipative o collaborative nei processi formativi, questo è un grosso scoglio da superare. Se poi consideriamo che il materiale con cui deve lavorare chi si occupa di formazione è costituito da persone e organizzazioni, prima di parlare di elearning 2.0 e di ragionare su nuovi paradigmi metodologici credo che si debbano ancora risolvere alcuni aspetti molto più “raw”: - Informatizzazione degli utenti: abbiamo spesso a che fare con utenti che non capiscono o non sanno usare gli strumenti. Nell’elearning c’è sempre un intermediario tecnologico che nella formazione tradizionale d’aula non c’è. Se uno studente poi ha anche poca dimestichezza con gli strumenti, questo intermediario può diventare un muro insormontabile che compromette didattica e apprendimento, non importa quanto buoni siano i contenuti e quanto efficienti gli strumenti. E’ vero che è in atto un cambio

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generazionale, ma i nostri utenti in azienda o nei corsi finanziati ancora raramente sono dei “millennials”[http://en.wikipedia.org/wiki/Generation_Y] - Cultura dell’aggiornamento continuo e dell’autoapprendimento: viviamo in un paese di furbetti in cui ciò che è facoltativo tendenzialmente non si fa. Perchè l’elearning funzioni è necessario che l’autoformazione sia percepita come un valore e non come un peso, e che possa essere in qualche modo valorizzata formalmente. - Sistemi più efficaci per la valutazione e valorizzazione delle competenze: senza un riconoscimento concreto difficilmente i partecipanti ad attività elearning troveranno la motivazione necessaria. Ad oggi i sistemi di rilevazione e valutazione delle competenze sono ancora confusi in una giungla di cataloghi e procedure regionali che rendono poco qualificanti o poco credibili la maggior parte dei corsi realizzati su finanziamenti pubblici. Possiamo fare questo, oppure più pigramente aspettare semplicemente il cambio generazionale che progressivamente sostituirà gli attuali lavoratori con altri più giovani e avvezzi agli approcci social… però sarebbe un po’ triste, no? Solo su queste basi, che rappresenterebbero un buon punto di partenza, potremo poi studiare quando e come applicare pratiche partecipative alla formazione, in base a precisi obiettivi formativi o di business. Per il momento sappiamo solo che si potrebbe fare e come, ma non sappiamo dirigere progettualmente e strategicamente questi processi. Sappiamo mettere in moto la macchina, ma non conosciamo il percorso: forse è per questo che non siamo ancora partiti?

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