Bennato-Intervista su Facebook (Frate Indovino, febbraio 2009)
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8/14/2019 Bennato-Intervista su Facebook (Frate Indovino, febbraio 2009)
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3 / Febbraio 2009
Fenomeno
ACEBOOK
Èil fenomeno di cui si par-la e di cui tutti in formediverse cercano di far ca-
pire che ne sanno qualcosa, chese ne intendono… Poi però sesi va un po’ oltre la crosta, si ca-pisce che sono più le domande
delle risposte, le zone uscure ri-spetto a quelle illuminate. Stia-mo parlando di Facebook, unarealtà in espansione che è giàarrivata a coinvolgere sulla suapiazza virtuale un popolo di ol-tre 160 milioni di persone. È unoceano umano che si ingrandi-sce giorno dopo giorno. Per cer-care di capire e far capire di checosa si tratta, abbiamo intervi-stato uno specialista di questamagmatica materia: DavideBennato docente di Teoria eTecnica dei Nuovi Media all’u-niversità “La Sapienza” di Ro-ma e autore del blog www.tec-noetica.it.
Che vuoto ha colmato questonuovo fenomeno?Più che vuoto, preferirei parla-re di esigenza. Una delle carat-teristiche della contempora-neità è sicuramente la mobilità.Ovvero solo poche personefortunate riescono a crescere elavorare nello stesso posto do-ve sono nati, molti - moltissi-mi - sono costretti a spostarsi dauna regione all’altra, da unacittà all’altra e questo rende dif-ficoltoso mantenere contattistabili. Spesso trasferirsi in unaltro quartiere di una grandecittà rischia di sfilacciare rap-
porti che il tempo aveva resostabili. Facebook si inserisce inquesta situazione fornendoun’opportunità, quella di con-tinuare a “frequentare” digital-mente persone che non vivonopiù vicino a noi.
Come lei scrive, nel suo blog,“Facebook può essere conside-rato un grande palcoscenicodove ciascuno si costruisce einterpreta un proprio ruolo”.Non si rischia di estraniare ilsoggetto dalla concretezza del-la realtà?Una delle cose che hanno in-segnato gli studi più recenti sui
media digitali è che le personesu internet cercano di ricostrui-re pezzi della propria identitàtradizionale. Cercano informa-zioni sui propri hobby; coltivan-do le proprie passioni, elabora-no tutta una serie di strategieche non fanno altro che riaffer-mare quello che si è a compu-ter spento. È difficile avere
un’identità digitale concreta senon si ha una solida identità
tradizionale. I mondi virtualinon estraniano, anzi spessorafforzano alcuni aspetti delnostro essere persone.
I social network come Face-book stanno diventando ancheun veicolo per le società peroperazioni commerciali e dimarketing. Uno strumento dibusiness e non solo di socializ-zazione quindi?Ovviamente Facebook - e tut-ti gli altri social network - na-scono come imprese commer-ciali e quindi è inevitabile chediventino strumenti per il mar-keting. Ma nessuno si sognereb-
be di criticare i lettori dei libri,solo perché il libro è diventatoparte dell’industria contempo-ranea dei media. Così comenessuno si sentirebbe di critica-re le persone che trasformano ilmomento dello shopping comesituazione per incontrare ami-ci, per passare del tempo insie-me. Basta guardare le persone
che frequentano un grandecentro commerciale: da un la-
to c’è chi vaga da un negozio al-l’altro in cerca di merci, dall’al-tro invece ci sono cricche diadolescenti che usano gli spazidei centri commerciali comeluoghi per incontrarsi.
Il confine tra pubblico e pri-vato all’interno di questa piat-taforma può diventare labile.Secondo lei, senza un uso con-sapevole, l’effetto può esseredirompente?Questo è il vero problema.Senza un uso consapevole del-la dimensione semi-pubblica(o semi-privata, a seconda deipunti di vista), Facebook può
diventare un rischio costanteper la privacy delle persone. Maa ben vedere questo è un pro-blema dei media digitali e del-la loro dimensione sempre piùpersonale. Un caso emblemati-co è quello del cellulare: c’è chilo usa per comunicazioni episo-diche e impersonali e chi inve-ce per comunicazioni intime e
confidenziali. È difficile direquali dei due stili renda meglio
l’uso “giusto” del mezzo, perchédipende dallo stile di relazionedelle persone.
Quanto e cosa di etico ci puòessere in Facebook?Un uso pertinente della piat-taforma è quello di un’etica delrispetto dell’altro. Non si pos-sono bombardare le persone diinviti, messaggi, test che han-no solo un ruolo di distrazione:comunicare il vuoto è sintomodi qualcosa che non va nei rap-porti fra persone. Infatti la tec-nologia su cui Facebook incar-na proprio questa esigenza: sevuoi essere sommerso dai bran-
delli di relazione, lo puoi fare,ma se ciò ti disturba puoi “spe- gnere” il rumore derivante dalchiacchiericcio altrui.
Come è possibile sfruttarla sen-za venirne “assorbiti” troppo?È difficile dare una risposta chevada bene per tutti. Basta ave-re presente opportunità - la ca-
pacità di stare sempre in contat-to con la nostra rete sociale di
riferimento - e limiti - il rischiodi ipersocializzazione e di rare-fazione della privacy. Su questebasi si può usare questo stru-mento in maniera compatibilecon la nostra dimensione indi-viduale.
In qualità di docente, quotidia-namente si trova a contattocon i ragazzi. Come pensa siacambiato il loro modo di comu-nicare e socializzare?La mia sensazione è che sianomolto più smaliziati nell’uso diqueste tecnologie, anche sehanno maggiore bisogno di fi-gure di riferimento, non che dia
loro delle regole, ma che li fac-cia riflettere su cosa vale la pe-na fare con questi strumenti ecosa no. D’altra parte la questio-ne è antica: si ricordi dell’effet-to deleterio della lettura che eb-be su Don Chisciotte de laMancia, il quale immerso neisuoi libri non riuscì più a rico-noscere l’immaginazione dallarealtà quotidiana.
Prima il boom del telefonini,SMS, internet ora questi socialnetwork. Quale sarà la prossi-ma frontiera?La prossima frontiera è l’inte-grazione fra le due tecnologie.
Se siamo sempre in movimen-to, ma abbiamo bisogno delcontatto con gli altri che rite-niamo importanti, queste duetecnologie si intrecceranno l’u-na con l’altra i modo che sianole persone a decidere – in pie-na autonomia – se interagirecon gli altri con la voce, con unmessaggio, o semplicementefissando un appuntamento perun caffè.
F
acebook è un social network, ergouna rete sociale che riunisce un
gruppo di persone connesse tra loroda diversi legami sociali. FB è stato fonda-to nel 2004 dallo studente di HarvardMark Zuckerberg che in origine lo con-cepì come circolo esclusivo per tenersi incontatto con i compagni di college, scam-biarsi dispense e appunti. Oggi questo so-cial network è un vero e proprio fenome-no diventato un business da 300 milioni didollari, aperto a tutti, gratis. All’inizio del2008 gli italiani iscritti a Facebook erano
circa 100 mila, prima dell’estate erano po-co più di mezzo milione, a settembre era-
no raddoppiati e nel giro di altri due me-si sono arrivati a oltre 4 milioni. In tuttoil mondo i contatti sono oltre 160 milio-ni. Secondo un sondaggio del Sole 24 Oreil 60% lo utilizza per ritrovare amici e fa-re nuove conoscenze, seguono quelli chene apprezzano soprattutto la possibilità diespansione (22%) e gli appassionati di gio-chi (8%). Un utente su dieci si collegaanche due ore al giorno (con punte fino anove). Per entrare basta compilare un pro-
filo con qualche dato ed eventuale foto:ci si connette con conoscenti, amici, per-
sone con interessi in comune. Ci si scam-bia opinioni attraverso la bacheca persona-le, via posta o utilizzando il sistema dellachat. È possibile collegarsi al sito anchecon il cellulare in modo da aggiornare ilproprio status in tempo reale. Utilizzandoquesta piattaforma è possibile recuperareamicizie del passato, dai vecchi compagnidelle elementari ai compagni di univer-sità, pubblicare fotografie e pubblicare epubblicizzare eventi.
In ITALIA un popolo di oltre 4 MILIONI di utenti
Spiare e farsi spiare da un buco
della serratura.Intervista con Davide
Bennato, docente di Teoria e Tecnicadei Nuovi Media
all’Università
“La Sapienza”di Roma.Il problema di
un uso consapevole di uno strumento
semi-privato
Servizio di
LAURA DI TEODORO