Benedetti Ezio, Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti profili critici e analisi normativa

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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA Ezio Benedetti Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asil o e dei visti rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione. L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato, con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso. Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche. L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione. I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice: da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti 1. Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo

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Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione. L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato, con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso. Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche. L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione. I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice: da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione

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SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI

VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA

Ezio Benedetti Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore

Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine

Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma

ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del

Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più

dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti

rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del

tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e

sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio

illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti

una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione.

L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività

nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici

dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema

d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e

nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato,

con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo

dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso.

Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche.

L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di

risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo

definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione.

I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per

il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri

risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La

natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice:

da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei

visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che

i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia

di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione

PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti

1. Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione

I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel

numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni

diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo

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scopo di raggiungere luoghi precisi, strutturalmente collegati ai luoghi d’origine dei migranti

in ragione di legami economici, politici, sociali, culturali, storici che pongono precisi

parametri ai flussi e che ne influenzano le dimensioni e la durata1. Coloro che emigrano sono

solo una minoranza degli abitanti del luogo di origine e restano una minoranza nel paese di

destinazione, alcuni di loro si insediano stabilmente, altri ritornano. Quando gli Stati moderni

non esistevano ancora o non avevano sviluppato i mezzi tecnici e amministrativi per

controllare le proprie frontiere ad emigrare erano solo minoranze di una popolazione di una

regione.

Non sono solo le migrazioni a vantare una storia antica, documentata dai resti dei primi

ominidi2, intimamente connesso alla storia del genere umano è, infatti, anche l’atavico

desiderio di escludere l’altro. Durante la Rivoluzione industriale, contemporaneamente allo

sviluppo di vaste opere urbanistiche e alle innovazioni tecnologiche nel settore dei trasporti,

che comportarono un nuovo impulso alla mobilità degli esseri umani, gli Stati nazione

europei, in fase di evoluzione e di consolidamento delle proprie istituzioni, mossi dall’idea di

sovranità statale, elaborarono a livello governativo e amministrativo politiche e strumenti per

controllare le popolazioni insediate sul territorio e per esercitare un controllo più capillare

delle proprie frontiere, escludendo attivamente gli stranieri nel tentativo di regolare i flussi

migratori esistenti, fino a raggiungere un monopolio quasi totale durante i primi decenni del

ventesimo secolo3. In seguito, l’idea di sovranità statale applicata ai controlli

all’immigrazione troverà alcune limitazioni nell’impegno degli Stati a osservare i contenuti

degli accordi e delle convenzioni internazionali vigenti in materia4 e nell’operato degli organi

giuridici degli Stati stessi, che confermeranno con sempre maggiore frequenza e forza i diritti

degli immigrati residenti, nonché, nel caso europeo, nella progressiva integrazione delle

Comunità europee, processo la cui intensità comporterà conseguenze giuridiche tali da

1Per approfondire cfr. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati.Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa,

Milano, 1999, p. 127 ss.. 2CORTI, Storia delle migrazioni internazionali, Bari, 2003, p. 9 ss.. 3ID., p. 95 ss.. 4 Si noti, a titolo di esempio, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Per una trattazione

approfondita dei contenuti e dell’origine della Convenzione v. HATHAWAY, The Rights of Refugees Under

International Law, Cambridge, 2005; SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano,

2009, p. 521.

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determinare il passaggio in seno all’Unione Europea di competenze prima di stretta pertinenza

degli Stati membri5.

Alla luce di tali considerazioni preliminari, è necessario essere coscienti del fatto che in

nessuna fonte di Diritto internazionale, in vigore o no, è proclamato il diritto all’accesso degli

stranieri allo Stato territoriale. Vige, in altre parole, il principio della discrezionalità dello

Stato nell’ammettere o meno sul proprio territorio attraverso specifici controlli alla frontiera

lo straniero che ne faccia richiesta e che ne abbia i requisiti. La stessa Dichiarazione

Universale dei Diritti dell’Uomo si limitò a sancire che ogni individuo ha il diritto di lasciare

qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese6. Mentre la Comunità

europea, impegnata nel compito di instaurare un mercato comune e un’unione economica,

includeva tra le libertà fondamentali anche la libertà di circolazione delle persone7: già il

Trattato di Roma del 1957 enunciò tale principio in favore dei lavoratori subordinati,

prevedendo anche il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, anche se per ragioni di

ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di salute pubblica era giustificata l’adozione da parte

degli Stati di misure speciali e restrittive nei confronti degli stranieri.

Partendo da tali premesse, possiamo affermare che la maggiore mobilità delle persone

implica un trade off tra costi e benefici di difficile soluzione per gli Stati: è possibile

promuovere la “mobilità legale” delle persone, compresi i benefici da essa derivanti,

rimuovendo allo stesso tempo l’esistenza di “mobilità illegali”? I probabilistici indicatori

denominati “rischio immigratorio”, “rischio per la sicurezza” o “rischio per la salute

pubblica” sono adatti a contrastare queste “mobilità illegali”? Quali sono le ricadute negative

dell’utilizzo di tali concetti? La cosiddetta “immigrazione illegale” non può essere fermata dai

soli confini, per quanto blindati essi siano. Tale consapevolezza ha portato nel tempo

all’allargamento della “ragione sociale” delle politiche sull’immigrazione: dalla nascita dei

documenti di viaggio, ai visti, fino allo scivolamento delle pratiche di controllo alle frontiere

5VALVO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Roma, 2011, p. 361 ss.. 6 Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle

Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. V. ancheTOMUSCHAT, Human Rights: Between Idealism and Realism,

Oxford, 2008, p. 30 ss.. 7 Per una trattazione approfondita cfr. ZANGHÌ, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2010, p. 69;

cfr. anche ADINOLFI, La libertà di circolazione delle persone, in STROZZI (a cura di), Diritto dell’Unione

Europea (parte speciale), Torino, 2005, p. 70 ss.

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dal posto di controllo di confine all’esterno, fuori dallo Stato, direttamente nei luoghi di

provenienza dei migranti o dei viaggiatori, grazie all’ausilio dei più innovativi mezzi

tecnologici.

Lo scopo di questo contributo è di analizzare la situazione attuale del regime europeo

Schengen dei visti di breve durata, detti visti uniformi, analizzando gli ultimi sviluppi della

normativa europea in materia, nonché lo stato attuale di applicazione e valutando l’evoluzione

del ruolo delle Istituzioni europee e delle Amministrazioni statali che operano in tale politica.

Nell’ambito dell’Unione Europea, le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di

Libertà, Sicurezza e Giustizia”8 non hanno paragone con le altre politiche europee, sono

probabilmente le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Rientrate tra le competenze

concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di

sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche

contrastanti9. Terreno di scontro tra pressioni commerciali e sociali in favore del movimento e

dell’integrazione, impulsi relativi alla sicurezza per la protezione della popolazione,

obbligazioni internazionali sui diritti umani, preoccupazioni nel campo della giustizia per il

riconoscimento dei diritti degli stranieri e dei rifugiati ed istanze per una maggiore efficienza

nell’amministrazione delle frontiere. La politica dei visti, in particolare, rappresenta un nesso

di imperativi conflittuali per i contemporanei e sviluppati Stati liberali10.

2. La mobilità ed i suoi limiti legali: l’accesso allo spazio europeo da

parte di cittadini di Paesi terzi soggetti e non all’obbligo del visto

Le politiche in materia di ingressi di cittadini stranieri rappresentano un dilemma chiave

per le democrazie capitalistiche, impegnate sia nella costruzione di difese protettive per

contrastare le migrazioni auto-avviatesi, sia nell’apertura di porte di passaggio tali da

8TFUE, Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, artt. 67-89. 9$ Per una trattazione approfondita di questi temi cfr. BALZACQ, CARRERA, The Hague programme: the long

road to Freedom, Security and Justice,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), Security versus freedom? A challenge

for Europe’s future, Aldershot, 2006, pp. 1-34; VALVO, cit., pp. 361-364. 10Cfr. SALTER, MUTLU, The ‘Next Generation’ Visa. Belt and braces or the emperor’s new clothes?, Brussels,

2011. Il testo è disponibile al sito internet del CEPS alla pagina: http://www.ceps.eu/book/’next-generation’-visa-

belt-and-braces-or-emperor’s-new-clothes.

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permettere flussi specifici. Al momento attuale, le misure in materia di controllo delle

frontiere, del diritto d’asilo, dei visti, della circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno

del territorio comunitario, della politica di immigrazione rientrano tra le competenze

concorrenti tra Unione e Stati membri11. Tali politiche sono parziali in termini di copertura e

differenziali in merito agli effetti sugli Stati membri12.

L’Unione, al fine di includere in qualche maniera anche gli Stati più riluttanti alla

cooperazione, ha previsto clausole di flessibilità specifiche13. L’effetto è che lo spazio

europeo è al momento frazionato in più sottoinsiemi di Stati, all’interno dei quali sono

applicate regole diverse da cui conseguono difformi opportunità e restrizioni alla mobilità di

categorie diverse di individui. L’area Schengen14, infatti, non coincide con il territorio

dell’Unione Europea, risulta monco dei territori del Regno Unito e dell’Irlanda, Stati membri

dell’Unione che hanno escluso la propria partecipazione agli accordi di Schengen in materia

di visti, e comprende invece quelli della Norvegia15, della Svizzera, del Liechtenstein e

dell’Islanda, Paesi non membri dell’Unione, include de facto i piccoli territori del Principato

di Monaco, di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano, esclude al momento i

territori di alcuni Paesi membri come la Romania, la Bulgaria e Cipro ed esclude i

11La dottrina in materia di politica migratoria dell’UE è vastissima, ci limiteremo qui ad indicare i testi più

recenti: PISILLOMAZZESCHI, Strumenti comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in

Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2004, p. 723 ss.; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione

nell’Unione europea, Torino 2006; CAGGIANO, Le nuove politiche dei controlli alle frontiere, dell’asilo e

dell’immigrazione nello Spazio unificato di libertà, sicurezza e giustizia, in Studi sull’integrazione europea,

2008, p. 1 ss.; NASCIMBENE, Orientamenti e norme nazionali in materia di immigrazione. Le iniziative di

riforma e le modifiche in corso, in Rivista italiana di diritto pubblico e comparato, 2008, p. 719 ss.; BENVENUTI

(a cura di), op. cit., 2008; BIGO, GUILD, ControlingFrontiers, Free Movementinto and within Europe,

Burlington, 2005; PAPAGIANNI, Institutional and Policy Dinamics of EU Migration Law, Boston, 2006; CARTA (a

cura di), Immigrazione, frontiere esterne e diritti umani. Profiliinternazionali, europeiedinterni, Roma, 2009;

HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the European Union, The Hague/London/Boston,

2000., 12Cfr. GEDDES, Why European immigration policies are converging. Il testo è disponibile alla pagina internet:

http://www.eui.eu/Documents/DepartmentsCentres/SPS/Seminars/SPSFellowsSeminar/GeddesPaper.pdf. 13 Cfr. Trattato di Amsterdam, Protocolli allegati al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la

Comunità europea: Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione Europea;

Protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al

Regno Unito e all’Irlanda; Protocollo sulla Posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; Protocollo sulla posizione

della Danimarca. 14Si indica con “area Schengen” le porzioni di territorio degli Stati Schengen in cui i cittadini di Paesi terzi con

visto Schengen uniforme valido possono circolare liberamente nei limiti definiti dal legislatore e dal visto stesso. 15Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla

loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, Bruxelles, 1999.

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Dipartimenti, Territori e Paesi d’oltremare di alcuni Stati Schengen16, ossia Francia, Paesi

Bassi, Norvegia e Danimarca, territori che sono a loro volta divisi tra quelli che sono parte

integrante dell’Unione Europea e quelli che ne sono esclusi.

Il Trattato di Maastricht ha elevato al rango di diritto fondamentale il diritto di libera

circolazione dei cittadini europei17. Tale diritto non è automaticamente applicabile ai cittadini

di Stati terzi. Gli accordi di Schengen del 1985 e la successiva Convenzione di applicazione

del 1990 hanno istituito altresì una distinzione delle frontiere in due tipologie: le frontiere

interne e quelle esterne; prevedendo la rimozione dei controlli alle frontiere interne e

rinforzando i controlli a quelle esterne. Ne consegue che un individuo regolarmente

soggiornante nell’Unione Europea sul territorio del Regno Unito e cittadino di un Paese terzo

sottoposto all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen, che non include il Regno

Unito, è obbligato ad ottenere un visto valido per poter arrivare alla frontiera esterna dell’area

Schengen18. Questo semplice esempio dimostra inequivocabilmente che la mobilità non è

dunque uguale per tutti e non si applica allo stesso modo nelle diverse porzioni di territorio

che compongono l’Unione.

La mobilità non è un fenomeno indifferenziato. Possono esistere tante mobilità quanti

sono gli individui in movimento: c’è chi viaggia per il piacere di visitare un luogo celebre per

un periodo di tempo limitato, c’è chi si trasferisce per alcuni mesi o anni all’estero per motivi

di studio, c’è chi si sposta per affari e chi emigra all’estero per motivi di lavoro.

Presupponendo un mondo di individui sedentari, vale a dire residenti in un luogo specifico per

la maggior parte dell’anno solare, la mobilità di ogni soggetto in rapporto ad una definita area

di riferimento al di fuori dei confini nazionali può essere utilmente classificata in base alla

durata dell’azione del movimento fuori dai confini, in base alla finalità del viaggio e in base

16Con l’espressione Stati Schengen si indicano i Paesi membri o no dell’Unione Europea che partecipano alla

cooperazione di Schengen. 17 La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’Unione Europea sancito dall’articolo 45

del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea e ulteriormente precisato nel diritto derivato e dalla

giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Cfr. ADINOLFI, cit., in STROZZI (a cura di), cit., Torino,

2005; VALVO, cit., p. 96 ss.. 18In merito ai requisiti richiesti ai cittadini di Paesi terzi sottoposti all’obbligo del visto per l’accesso all’area

Schengen e residenti nel Regno Unito, si rinvia al testo della decisione: C(2012) 4726

finalCommissionimplementingdecision of 11.7.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented

by visa applicants in the United Kingdom (Edinburgh, London and Manchester), Brussels, 2012.

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alla cittadinanza del soggetto in movimento. Facendo riferimento ad esempio all’area

Schengen e ai contributi normativi europei fondamentali in materia di visti, che saranno

trattati più precisamente in seguito, nel primo caso è possibile individuare due tipologie

fondamentali di mobilità, relative cioè a periodi di soggiorno di lunga durata o di breve

durata, la cui linea divisoria di novanta giorni nell’arco di un semestre è stabilita dalle

disposizioni dal legislatore europeo. Vedremo più avanti che la disciplina riguardante i visti di

ingresso per periodi di lungo e di corto soggiorno trova fondamento rispettivamente in fonti

del diritto nazionale e in fonti di diritto europeo derivato: al momento attuale la

determinazione del volume delle ammissioni di lavoratori migranti è di competenza degli

Stati membri, mentre la definizione delle norme sulle condizioni della mobilità di corto

soggiorno è ormai competenza esclusiva delle Istituzioni europee. Nel secondo caso ipotetico,

che prevede una classificazione in relazione alla finalità dell’azione, la mobilità si può

classificare in numerose tipologie: dal turismo, ai viaggi d’affari, ai motivi di lavoro

subordinato o autonomo, alle competizioni sportive, allo studio, ai motivi religiosi ecc. Nel

terzo caso è possibile individuare tre tipologie di soggetti: coloro che hanno la nazionalità di

almeno uno dei Paesi che partecipano all’acquis Schengen, coloro che non sono cittadini di

nessuno degli Stati Schengen ma che non sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso per

avere accesso all’area Schengen e coloro che sono cittadini di Paesi terzi e sono soggetti

all’obbligo del visto di ingresso.

Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Dal punto di vista giuridico è

di fondamentale importanza osservare che il canale scelto dal cittadino di un Paese terzo per

entrare nell’Unione Europea ne condiziona direttamente i diritti, ad esempio in termini di

accesso al mercato del lavoro. Questa osservazione permette di oggettivare la mobilità in due

classi per mezzo della coppia di aggettivi legale/illegale: la mobilità può essere definita legale

se rispettosa delle condizioni di ingresso e permanenza definite dal legislatore nazionale o

dalle istituzioni europee; per converso, la mobilità si può definire illegale se in violazione di

tali condizioni.

In base alle attuali stime, la popolazione dell’Unione Europea dovrebbe iniziare a

diminuire dopo il 2035, il rapporto tra persone in età lavorativa e gli ultrasessantacinquenni si

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avvicinerà sempre più all’unità intorno al 2060. La migrazione, indispensabile per il futuro

del continente europeo, è diventata il principale motore dell’evoluzione demografica

nell’Unione19. Obiettivi dichiarati dell’Unione Europea per una politica coerente e credibile in

materia di immigrazione sono la definizione di misure efficaci per prevenire l’immigrazione

irregolare e garantire la sicurezza delle frontiere in modo equo e rispettoso dei diritti umani.

Nell’Unione, la gestione dell’esercizio della libertà di circolazione non dipende solamente

dalla definizione di misure facilitanti tese a stabilire le condizioni ottime in conformità a cui

gli individui possono attivamente governare la propria condotta, dipende in maniera crescente

anche dalla determinazione di ciò che è considerato esercizio improprio e irresponsabile della

libertà, attraverso la precisazione delle violazioni e delle minacce all’esercizio autonomo della

mobilità. Corollario dell’impostazione neoliberale ora in voga è che al benessere del singolo,

nonché a quello della generalità di numerosi individui, consegua il benessere della società nel

suo complesso, fermo restando il controllo sulle condotte illegittime e degradanti. Secondo il

nuovo paradigma liberale, la nozione di cittadino libero e autonomo è costruita per antitesi

sulla definizione di ciò che è considerato non responsabile o degradante e sulla creazione di

misure di controllo e sorveglianza nei confronti dei gruppi di individui a cui non si concede la

fiducia di godere della propria libertà di movimento. Non solo, è postulata la responsabilità e

la volontarietà di coloro che utilizzano la libertà per conformare il proprio comportamento a

condotte considerate non ragionevoli. Il fatto stesso di adottare comportamenti non conformi

alla regola convenuta basta come prova dell’incapacità di tali soggetti al responsabile uso

della propria autonomia20. L’illegalità e l’abuso sono dunque considerati come scelta

deliberata, cioè volontaria irresponsabile condotta della propria autonomia, prova di

disonestà. Vedasi ad esempio il caso dell’immigrazione illegale: sia che arrivino in Europa

attraversando illegalmente i confini, sia che decidano di restare illegalmente sul territorio

europeo alla scadenza di un visto valido, i migranti non regolari sono sovente considerati

nocivi, principalmente per ragioni economiche, a volte per ragioni di sicurezza. Essi sono

19Cfr. COM (2012) 250 final, Communication from the Commission to the European Parliament and the Council

Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012. 20 Per autonomia non si intende qui solamente “indipendenza” e “facoltà di determinare liberamente la propria

condotta”, ma soprattutto la capacità di auto-regolarsi e auto-limitarsi definendo i limiti del proprio

comportamento in maniera conforme alla regola definita dalla comunità e dal legislatore.

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sempre più di frequente considerati degni di essere esclusi, in quanto minaccia alla stabilità

sociale ed etno-culturale del luogo di destinazione.

L’istituzione di frontiere interne ed esterne ha comportato una più marcata

differenziazione tra coloro che sono inclusi nell’area del mercato unico e coloro che ne sono

esclusi: la soppressione dei controlli alle frontiere interne ha permesso una potenziata libertà

di movimento per gli insiders alle spese di una diminuita possibilità di movimento per alcune

tipologie di outsiders, in particolare per coloro a cui è richiesto, su base nazionale, un visto

valido d’ingresso. Gli Stati, per poter sorvegliare le mobilità degli individui, richiedono al

giorno d’oggi passaporti e altri documenti per il viaggio che possono essere rilasciati

solamente da Stati, tranne alcune particolari eccezioni. Per poter avere accesso agli spazi

esteri, spesso tali documenti di viaggio devono essere corredati da un visto valido,

congruentemente alla tipologia del documento di viaggio in possesso dell’individuo e ai

requisiti imposti dallo Stato di destinazione. Gli Stati nazione sono riusciti nel tempo ad

ottenere il monopolio dell’autorità di determinare chi può entrare all’interno delle proprie

frontiere, segnando così la vittoria del principio nazionale di sovranità sulla libertà di

circolazione delle persone.

I passaporti, documenti d’identità abitualmente validi per l’espatrio e rilasciati

generalmente dallo Stato di origine o del quale l’individuo ha la nazionalità, sono stati ben

presto affiancati da un’altra innovazione tecnica, il visto, che comunica l’autorizzazione

rilasciata dallo Stato di destinazione in favore di un preciso cittadino straniero titolare di un

determinato documento di viaggio ad arrivare al posto di frontiera con il Paese di destinazione

ai fini dell’ingresso. Le restrizioni sul rilascio dei visti imposte nei confronti di titolari di

passaporto di alcuni Paesi terzi rappresentano uno tra i più importanti mezzi con cui gli Stati

esercitano la propria azione di controllo sugli ingressi di cittadini stranieri sul proprio

territorio, ostacolando e dissuadendo l’immigrazione di certi gruppi di persone21. Limitare gli

21Letteralmente il “visto” indicava che il documento di viaggio era stato “osservato” e riconosciuto valido dalle

autorità di polizia di frontiera che, apponendo un timbro, il “visto” appunto, autorizzavano il titolare del

documento di viaggio ad oltrepassare il posto di frontiera e a continuare il viaggio. Ben presto i visti si sono

evoluti, incorporando in essi ulteriori informazioni: i dati anagrafici del titolare del documento di viaggio, onde

evitare problemi di identificazione, e le condizioni relative al soggiorno nel Paese di destinazione, ad esempio la

durata, il numero di ingressi, le finalità del viaggio ecc. Il passaporto invece fornisce solo un’assicurazione allo

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ingressi diventa il sistema più semplice ed efficace per gli Stati per controllare il numero di

immigrati. Secondo questo sistema, i cittadini di Stati terzi devono sostenere innanzitutto i

costi e gli inconvenienti per la domanda di visto, ad esempio i tempi di attesa o le spese

necessarie all’ottenimento della documentazione richiesta ecc. In secondo luogo, esiste

sempre la possibilità che il consolato dinieghi la domanda di visto, senza contare che esiste

anche l’eventualità che le autorità dello Stato di destinazione impediscano l’ingresso al

titolare di un visto valido. I visti permettono quindi di dissuadere e compiere una prima

selezione degli individui in movimento.

L’obbligo del visto è definito generalmente su base nazionale: i cittadini di alcuni Paesi

terzi possono avere accesso al territorio di uno Stato senza possedere un visto, al contrario

cittadini di altri Paesi terzi sono costretti ad avere il visto. La presenza dei primi è apprezzata

in termini di desiderabilità e di basso rischio per la comunità dello Stato di destinazione, gli

altri sono considerati potenzialmente indesiderabili e lo Stato di destinazione si riserva di

valutare la pericolosità caso per caso, negando l’accesso ai visitatori per cui i rischi sono

considerati più elevati. Il sistema dei visti pertanto compie una discriminazione degli stranieri

su base della nazionalità di provenienza e, tra quelli obbligati ad avere un visto valido, su base

individuale. Vedremo più avanti come gli Stati Schengen hanno delineato politiche comuni di

restrizioni sui visti e liste comuni di Paesi terzi ai cui cittadini è richiesto di avere un visto

valido all’arrivo alle frontiere esterne.

Per poter approfondire lo studio del regime europeo dei visti, più precisamente del

regime Schengen dei visti di soggiorno di breve durata, è indispensabile aver presenti i

seguenti capisaldi riguardanti la mobilità degli individui e i suoi limiti legali: il territorio

dell’Unione Europea non coincide con l’area Schengen: in porzioni diverse del territorio

europeo vengono applicate regole e restrizioni diverse alla mobilità degli individui (si noti ad

es. i casi già richiamati sopra di Regno Unito o Irlanda, i casi di Norvegia e Svizzera e i

Territori e Domini d’oltremare di alcuni Paesi membri); i cittadini dell’Unione Europea22

Stato di destinazione o di transito che il titolare del documento può fare rientro sul territorio dello Stato che ha

rilasciato tale documento. 22 Ciò vale anche per i loro familiari, anche se cittadini di Paesi terzi, secondo le previsioni contenute nella

Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini

dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che

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hanno il diritto di circolare e di stabilirsi liberamente sul territorio dell’Unione, compresi i

territori dei Paesi non membri della cooperazione di Schengen, anche se per il Regno Unito è

previsto il passaggio attraverso un punto di controllo alla frontiera; i cittadini di Paesi terzi per

i quali non è richiesto l’obbligo del visto per soggiorni di breve durata23 possono fare ingresso

attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con un documento di viaggio valido e

riconosciuto e possono trattenersi liberamente nel territorio comune per un periodo massimo

di tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre, conteggiato dalla data di primo

ingresso24; i cittadini di Paesi terzi per i quali è richiesto l’obbligo del visto possono fare

ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con documento di viaggio

riconosciuto e visto Schengen uniforme valido. Essi possono trattenersi liberamente nel

territorio comune, senza controlli aggiuntivi alle frontiere interne dell’Unione, per un periodo

determinato con precisione dalle indicazioni stampate sul visto e relative a durata, ingressi e

periodo di validità dello stesso. Il periodo in ogni caso non può superare tre mesi, continuativi

o meno, nell’arco del semestre conteggiato dalla data del primo ingresso; i cittadini di Paesi

terzi possono fare ingresso e soggiornare sul territorio degli Stati europei per periodi di tempo

superiori ai novanta giorni nell’arco di un semestre in base alle disposizioni delle normativa

nazionali degli Stati stessi.

Il sistema Schengen dei visti di ingresso si fonda sui seguenti principi25: nessun

cittadino di Paese terzo può fare ingresso sul territorio degli Stati Schengen se egli costituisce

un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri o se è considerato a rischio di

immigrazione illegale; esiste da parte degli Stati una presupposizione di legalità in merito ad

modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,

73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE), ultima

versione consolidata del 16/06/2011. 23 Il limite definito dal legislatore europeo è di 90 giorni nell’arco del semestre. 24Cfr. le disposizioni dell’art. 2 comma 2) a) del Regolamento (CE) N. 810/2009 del PE e del Consiglio del 13

luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), Bruxelles, 2009 (versione consolidata

di Ottobre 2011). Per una definizione del concetto di primo ingresso si confronti anche la pronuncia in via

pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso Nicolae Bot / Préfetdu Val-de-Marne:

Sentenza della Corte (grande sezione) del 3 ottobre 2006, Nicolae Bot contro Préfetdu Val-de-Marne(Causa C-

241/05). Il testo della sentenza è disponibile al sito della Corte:

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=65388&pageIndex=0&doclang=IT&mode=r

eq&dir=&occ=first&part=1&cid=1110902. 25Cfr. GUILD, BIGO, The transformation of European border controls, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di),

Extraterritorial Immigration Control: Legal Challenges, Leiden, 2010, pp. 257-280.

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un visto di corto soggiorno rilasciato da un altro degli Stati partecipanti alla cooperazione; una

volta ammesso sul territorio comune, l’individuo è autorizzato a spostarsi su tutto il territorio

dell’area Schengen per un periodo non superiore a tre mesi, continuativo o meno, nell’arco di

un semestre senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati partecipanti.

È necessario inoltre tener presente che in linea di principio non esiste alcun diritto per

un cittadino di Paese terzo all’ottenimento di un visto di ingresso, tranne nel caso particolare

del diritto alla coesione familiare nei confronti di cittadini di Paesi terzi congiunti con

cittadini dell’Unione26. Per fare i conti con i casi di violazione dei limiti legali definiti in

merito alla mobilità degli individui, l’Unione si è dotata anche di politiche di espulsione e di

rimpatrio27 e ha firmato accordi di riammissione28 con Paesi terzi: le disposizioni di queste

fonti normative andrebbero applicate nei confronti di coloro che hanno dimostrato di non aver

fatto uso responsabile della propria autonomia personale, in particolare dunque per quei

cittadini di Paesi terzi che non hanno saputo osservare le condizioni legali che regolano

l’ingresso e la residenza sul territorio degli Stati membri.

3. L’enfasi sulla sicurezza: la gestione rafforzata delle frontiere esterne

dell’Unione Europea e il Sistema d’Informazione Schengen (SIS)

Il concetto di sicurezza non rappresenta una novità nel panorama europeo. Istanze

relative alla sicurezza hanno comportato la prescrizione dell’uso di documenti di viaggio e,

successivamente, dei visti per poter intraprendere spostamenti oltre confine. Oltre a ciò, il

processo di integrazione europea è stato accompagnato da iniziative parallele a carattere

intergovernativo per trattare implicazioni di polizia e di sicurezza in vista dell’apertura delle

26 Cfr. la già citata Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeoedel Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al

diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli

Stati membri. Per la materia del ricongiungimento familiare cfr. anche la Direttiva 2003/86/CE del Consiglio del

22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 27 Fondato sulla base normativa dell’art. 63 comma 3.b) del Trattato che istituisce la Comunità Europeo, il testo

di riferimento è la Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante

norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno

è irregolare. Sullo stesso tema è necessario ricordare anche gli accordi di riammissione sottoscritti dall’Unione

con Paesi terzi, alcuni dei quali sono collegati ad accordi di facilitazione del rilascio dei visti. 28 Per approfondire cfr. COM(2011) 76 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al

Consiglio, Valutazione degli accordi di riammissione dell’UE, Bruxelles, 2011.

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frontiere comuni29. Nel mondo bipolare antecedente alla fine della Guerra Fredda, il

mantenimento della sicurezza si sosteneva su dinamiche di intelligence e logiche militari, le

minacce erano rappresentate da altri Stati e dalle loro ideologie. Con l’istituzione del Mercato

Unico Europeo e gli sconvolgimenti geopolitici consecutivi alla dissoluzione dell’Unione

Sovietica, la politica dell’Unione Europea ha favorito accanto alle logiche economiche degli

obiettivi dei trattati una dimensione securitaria in risposta al potenziale aumento in

dimensione dell’immigrazione e dei richiedenti asilo30.

Nel mondo contemporaneo, lo Stato detiene la sovranità e il monopolio sulla gestione

della circolazione delle persone. Al fine di garantire la sicurezza, lo Stato non solo deve

controllare chi entra, ma deve anche essere libero di rifiutare l’accesso31. L’Unione Europea,

ultimo esito dell’integrazione degli Stati membri, legittima la mobilità intraeuropea e si dota

allo stesso tempo di mezzi per controllare l’accesso attraverso le frontiere esterne. Sia Stati

singoli, sia Unioni di Stati o aree di libera circolazione delle persone sono costretti ad

affrontare il dilemma tra la facilitazione dei flussi di persone, per i benefici politici ed

economici che possono comportare, e, dall’altro, la limitazione di tali flussi, nonché il loro

controllo per questioni di sicurezza. La libera circolazione delle persone può infatti contenere

abusi e violazioni. Ciò nonostante, da un punto di vista liberale, una politica protezionistica in

questo ambito può causare problemi di entità maggiori, senza contare altri effetti negativi

quali il deterioramento dell’accoglienza degli stranieri e delle relazioni con Stati terzi, col

rischio sempre presente di non sradicare le frodi implicandone invece la loro

professionalizzazione32. Pertanto, nella gestione delle frontiere esterne gli Stati devono fare i

conti con le loro relazioni internazionali e con le politiche migratorie, con esigenze

29 Si noti ad esempio il Gruppo di Trevi istituito nel 1975 e che riuniva i Ministri degli Interni e di Giustizia dei

Paesi CEE. Per approfondire cfr. Cfr. DENBOER(a cura di), Schengen, judicialcooperation and policy

coordination, Maastricht, 1997, p. 87 ss.. 30 Si confronti ad esempio l’art. K. 1 del Trattato di Maastricht. 31 Per unatrattazioneapprofonditacfr. NEUMAYER, Unequal access to foreign spaces: how States use visa

restrictions to regulate mobility in a globalised world, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION,

Global migration perspectives working paper no. 43, Ginevra, 2005. Disponibile in:

https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/2007-

09_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf. 32BIGO, Contrôle migratoire et libre circulation en Europe, in JAFFRELOT, LAQUESNE (a cura di), L’enjeu

mondial. Lesmigrations, Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet:

www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf.

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economiche, politiche, culturali e di sicurezza interna. Oggi gli Stati sviluppano le proprie

relazioni internazionali nel contesto di un’economia mondiale aperta, che si manifesta nella

cosiddetta globalizzazione e trova sua legittimazione nel pensiero liberale. Tuttavia, il sistema

delle relazioni internazionali si fonda anche sui concetti di Stato nazione e di inviolabilità

della sovranità. In virtù di essi, gli Stati tendono anche a chiudere ed a proteggere i confini e

le proprie identità nazionali, istituendo controlli alla libertà di movimento33.

Generalmente, sicurezza e libertà sono considerati valori contraddittori, irriconciliabili.

La scelta tra di essi sembra implicare un trade off di tipo esclusivo, o più sicurezza o più

libertà, e il risultato è sempre un compromesso a somma zero variabile sul continuum tra

libertà assoluta34 e sicurezza assoluta35. Ad un grado maggiore di libertà corrisponde per i

membri della comunità una diminuita sicurezza e, viceversa, maggiore sicurezza implica un

minore godimento della libertà. Mentre gli Stati inseguono un sistema per controllare in modo

migliore gli ingressi, imperativi politici ed economici chiedono con insistenza confini

permeabili. Controlli ferrei sono apparentemente contrari agli interessi economici degli Stati,

restrizioni all’ingresso di cittadini stranieri inibiscono il commercio internazionale e il

turismo. Per facilitare gli scambi e la mobilità, alcuni Paesi hanno istituito unioni e

armonizzato le politiche dei visti, hanno creato blocchi regionali per uscire dalla piccola scala

dello Stato nazione e per aumentare le proprie dimensioni su scala globale.

Dal punto di vista della circolazione delle persone è possibile conciliare tra loro le

istanze relative a libertà e sicurezza? È possibile raggiungere una maggiore libertà di

movimento e allo stesso tempo garantire una maggiore sicurezza? La definizione a livello

internazionale di convenzioni sul rispetto dei diritti umani può forse permettere la risoluzione

del paradosso tra libertà e sicurezza36. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti

dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

Europea accorpano i due principi precisando che ciascun individuo ha diritto alla libertà e alla

33 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34. 34 Si faccia riferimento allo stato di natura secondo il pensiero di Hobbes. 35 Si faccia riferimento alla concezione orwelliana di controllo come prevista nel libro ORWELL, 1984, London,

1949. 36 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.

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sicurezza37. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea è la creazione di uno spazio di libertà,

sicurezza e giustizia, in cui massimizzare la libertà di circolazione degli individui per mezzo

della definizione di un regime di pratiche di sicurezza sottoposte a controllo democratico da

parte di istituzioni a ciò preposte e che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e

che assicurino la possibilità di ricorso effettivo. Secondo i discorsi neoliberali dominanti, la

sicurezza non dovrebbe essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì

attraverso la messa in sicurezza degli automatismi che sono già attivi all’interno della

società38. In tale ottica, compito dell’Unione dovrebbe essere dunque quello di permettere

l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali, responsabilizzandoli, e

creando, se necessario, istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia

al fine di difendere gli altri individui da tali comportamenti e da intrusioni non legittime da

parte degli Stati. Secondo questa impostazione, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso

nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente un visto sono

considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia

correttamente: percepita come distorsiva dell’ordine convenuto, la loro illegalità è considerata

prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire controlli

aggiuntivi e restrizioni per motivi di sicurezza. Oltre all’immigrazione illegale, un’altra grossa

preoccupazione per gli Stati è l’infiltrazione di potenziali terroristi, di criminali, di trafficanti

di droga e di armi o di altre persone non grate. Il centro delle preoccupazioni sono le

potenziali minacce alla stabilità del regime e alla sicurezza nazionale impersonate

rispettivamente da individui politicamente sgraditi, da criminali violenti politicamente

motivati e da soggetti appartenenti a reti criminali transnazionali. Fondamentale è quindi in

primo luogo la capacità di definizione di ciò che comporta una minaccia alla sicurezza e,

nonostante la limitatezza delle risorse, la capacità di ottenere le informazioni necessarie ad

effettuare controlli mirati. In base al paradigma, i gruppi di individui appena menzionati sono

governati per mezzo di interventi precisati sulla base del potenziale rischio, valutato per

37Si confronti l’art. 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali e l’art.6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 38Cfr. VAN MUNSTER, The EU and the management of immigration risk in the Area of Freedom, Security and

Justice, in Political Science Publications, n. 12, SyddanskUniversitet, Esbjerg, 2005.

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mezzo di pratiche di sicurezza opportunamente designate per verificare le finalità e

controllare la mobilità dei cittadini stranieri. Il concetto di rischio è diventato il principio

fondante della nozione di sicurezza. Le fonti normative del regime Schengen dei visti

menzionano ripetutamente i concetti di rischio migratorio e di rischio per la sicurezza. La

valutazione del rischio presuppone la disponibilità di informazioni attendibili e la capacità di

verifica. Ipotizza in un secondo momento l’osservazione di regolarità riguardanti la gestione

della libertà di movimento e della condotta da parte degli individui, sia nei casi in cui essi

dimostrino di utilizzare responsabilmente la propria autonomia rendendosi così utili alla

società secondo la prospettiva neoliberale, sia nei casi in cui essi scelgano condotte cosiddette

devianti, non conformi e irrispettose della regola convenuta.

Dopo gli eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, la nuova minaccia del

terrorismo globale e l’emergenza causata dalle buste contenenti spore di antrace, i discorsi

ufficiali negli Stati Uniti si sono orientati verso il diritto dei governi di rafforzare le misure di

sorveglianza e di sicurezza. Il dibattito ha preso piede anche in Europa, sollecitato anche dagli

attentati di Madrid e di Londra nel 2004 e nel 2005. Gli alti livelli di guardia e di vulnerabilità

percepita dalla popolazione hanno giustificato un deciso giro di vite in direzione di un

accentuato utilizzo di controlli sulla popolazione civile. Il problema più importante è quello di

definire quali debbano essere i limiti di tale attivismo da parte degli Stati. Da un punto di vista

liberale la mobilità degli individui è un bene per l’economia. La libera circolazione può

sicuramente includere alcuni abusi, ma fino a che punto l’inasprimento delle misure di

controllo e di sicurezza può essere definito proporzionale ai rischi? Fino a che punto il

rimedio denominato “sicurezza” può anteporsi alla libertà degli individui e ad ogni

fondamentale valore democratico? Il Congresso degli Stati Uniti nel 2001 ha ad esempio

accettato di conferire all’esecutivo ampi poteri permettendo l’adozione di misure legislative

speciali39. Secondo molti l’amministrazione Bush ha oltrepassato ogni delega al potere in

nome dello stato di eccezionalità.

39 Per approfondiresiveda ad esempioiltestodell’USA Patriot Act,Uniting and Strengthening America by

Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (USA PATRIOT ACT) Act of 2001. Il

testo è disponibile alla pagina internet: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/z?c107:H.R.3162.ENR:.

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Sul tema della sicurezza due argomenti fondamentali si sono imposti40. Il primo di essi

ritiene che la sicurezza sia il valore primario: la sicurezza implica la protezione

dell’individuo, della collettività e dello Stato. Questa posizione portata agli estremi può

suggerire che la sopravvivenza della civiltà occidentale stessa è minacciata dal terrorismo

globale che è riuscito ad impossessarsi del controllo degli strumenti di violenza, superando la

forza di molti Stati. La sicurezza è questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Libertà e

democrazia sono valori secondari, sono possibili solo a condizione che la vita sia assicurata.

Tale posizione può legittimare l’illimitato livello di intervento da parte dello Stato. In molti

casi è riuscita a convincere, legittimandosi sulle paure diffuse degli individui.

Ciò nonostante è evidente a molti che accentuate misure di sicurezza non possano non

predare la libertà dei cittadini. Molti gruppi sociali hanno insistito sull’esagerazione di questa

posizione, in antitesi profonda rispetto agli ideali di democrazia, che in questo caso si trovano

in pericolo di sopravvivenza. Si è sviluppata così una seconda retorica che si fonda sull’idea

di equilibrio tra libertà e sicurezza. Un apparente alto livello di pericolo può giustificare

misure di sicurezza accentuate. Il vero pericolo di questa seconda posizione è che in momenti

di alta tensione vengano varate misure di sicurezza straordinarie per il controllo degli

individui e, alla distensione della situazione, tali misure rimangano pur tuttavia in vigore,

perennemente, utili al controllo degli individui e alla raccolta di dati su di essi. Lo stato di

eccezionalità diventa così perenne. Un evento isolato ed eccezionale comporta così la

richiesta, caldamente eseguita in un clima di paura generalizzata, del sacrificio di parte della

libertà agli individui, dopodiché lo stato di emergenza tende inevitabilmente a divenire

duraturo, ponendo a repentaglio la democrazia. Nei discorsi ufficiali si è insistito sulla

capacità di terroristi e di individui criminali di infiltrare i flussi di stranieri, giustificando così

non solo l’inasprimento dei controlli sulla mobilità transconfinaria, ma anche la sorveglianza

sulla libertà di parola, di associazione, religiosa e delle minoranze. La libertà di azione viene

giudicata in base alla conformità alla norma locale, chiunque devii leggermente dalla norma

diventa sospetto. La libertà di circolazione degli stranieri subisce di colpo limitazioni vistose e

la normalità diventa il sospetto sulla loro mobilità. Ma in un mondo liberale, l’economia

40Per approfondire si invita a confrontare i contributi pubblicati nell’ambito del progetto Challenge: Liberty &

Security. I testi sono disponibili al sito: http://www.libertysecurity.org/.

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mondiale e gli Stati hanno comunque bisogno di mantenere un flusso di mobilità sostenuto, in

quanto è generalmente ritenuto vero che ad una maggiore libertà di circolazione

corrispondano maggiori benefici per l’economia. Ma maggiore mobilità richiede anche

controlli più efficaci, fino all’estremo limite del totale controllo dei movimenti degli individui

al fine di avere gli strumenti per valutare opportunamente ogni rischio, pericolo e minaccia. È

per questo motivo che la retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà

e sicurezza ha preso piede, come se libertà e sicurezza fossero gli unici due valori degni di

valutazione.

In Europa, l’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole

importanza in tale direzione41. La precedente agenda di Tampere presentava un ampio

programma, cosmopolita, in cui i diritti, compresi quelli degli immigrati, dei richiedenti asilo

e dei cittadini di Paesi terzi, acquistavano un’inaspettata prominenza. Il cambio di registro con

l’Aia è evidente: l’obiettivo è quello di creare “un’Europa che protegge”. La sicurezza diventa

l’aspetto cruciale, prioritaria rispetto alla libertà42. Il documento approvato dal Consiglio

raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce da combattere, ovvero il terrorismo, il

crimine transfrontaliero e la migrazione irregolare. In tutti questi casi le misure individuate

riguardano l’accentuata sorveglianza e il controllo della mobilità degli individui.

Il principio di sicurezza è stata selezionato perché adatto al fine di imporre limitazioni

alla libertà di circolazione. In questo ambito il concetto di rischio è diventato fondamentale.

La strategia europea prevede tecniche che operano su più livelli, a livello nazionale e

individuale. La stessa si estende nello spazio, presente non solo alla frontiera fisica ma perfino

all’estero, direttamente nel luogo di provenienza degli individui in movimento. L’Unione

prevede infatti la protezione del territorio comune per mezzo di interventi basati sulla

conoscenza dei rischi da mettere in atto nei luoghi in cui tali rischi possono essere presenti (ad

esempio alle frontiere esterne o direttamente in Paesi terzi), sulle attività a rischio (rischio

41 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.

CfranchePARKES, The Stockholm Programme: more than just a five-year itch?, in The Federal Trust, 2009,

allapagina internet: http://www.fedtrust.co.uk/content.php?content_id=126&cat_id=6. 42 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. Alla lettura del testo del programma risulta evidente che al punto 1.

“Rafforzamento della libertà”, e non in quello intitolato “Rafforzamento della sicurezza”, sono inserite misure di

sicurezza quali l’instaurazione della gestione integrata delle frontiere esterne, delle politiche in materia di visti e

dell’interoperabilità dei database VIS, SIS II eEURODAC.

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migratorio), nei confronti delle categorie e degli individui a rischio (potenziali migranti,

overstayers43 o richiedenti asilo). La normativa prevede che le Sezioni Consolari, in

particolare gli Uffici Visti, delle Rappresentanze dei Paesi membri accreditate all’estero siano

responsabili della valutazione a livello individuale dei rischi44. Secondo la disposizioni del

legislatore europeo, se un individuo con un’alta probabilità costituisce un rischio per gli Stati

Schengen, la sua mobilità deve essere ostacolata, negando lui l’accesso al territorio comune.

La metodologia definita dal sistema Schengen dei visti al fine di controllare la circolazione

delle persone presenta, per gli stranieri, opportunità differenziate per l’accesso all’area

Schengen. In un primo momento prevede l’accesso differenziato su base nazionale: per i

cittadini di alcuni Paesi del mondo l’accesso all’area comune non è condizionato

dall’ottenimento di un visto di ingresso, per i cittadini di altri Paesi del mondo invece il

possesso di un visto valido è condizione necessaria45 per l’accesso al territorio degli Stati

partner46. Si potrebbe pensare che i cittadini di alcuni Paesi del mondo siano considerati

benvenuti in Europa e che la loro mobilità sia stimata per definizione sicura, utile e benefica

per i partner Schengen e, in quanto tale, non meritevole di essere intralciata o semplicemente

rallentata da ostacoli sul percorso. In altri casi, la presenza di rischi non può essere esclusa in

partenza. È necessario dunque un secondo livello di analisi: tutti i cittadini di un secondo

gruppo di Paesi terzi saranno quindi obbligati ad avere un visto valido per recarsi alla

frontiera esterna dell’area Schengen. La strategia definita opera quindi una differenziazione su

base nazionale nel permettere la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni

Paesi le cui vite sono scandite da routines conformi alla regola accolta in Europa.

43Si definiscono overstayers coloro che al termine di validità del visto non rientrano al Paese di origine ma

decidono di rimanere illegalmente nell’area Schengen o sul territorio dello Stato che ha rilasciato la prima

autorizzazione al viaggio. 44 Cfr. l’art. 21 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 45 Non è una condizione sufficiente perché il respingimento alla frontiera è sempre possibile anche se il cittadino

straniero è titolare di visto di ingresso valido, art. 13 del Regolamento N. 562/2006 del PE e del Consiglio del 15

marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte

delle persone (codice frontiere Schengen). 46 Più avanti, nel capitolo 1.4.2 della tesi, saranno discusse le liste definite dei Paesi terzi definite dalle istituzioni

comunitarie. Cfr. il Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi

terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e

l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(versione consolidata del 11.01.2011).

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All’opposto, nei confronti degli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi sembra creare

un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni al fine di stabilire se essi,

singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e

responsabile. L’obiettivo è quello di bloccare in anticipo coloro che sembrano non essere in

grado di farlo, frammentando così la popolazione tra coloro che hanno l’autorizzazione a

viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Nei loro confronti

la regola di valutazione pare essere quella del sospetto47. Il metodo definito per suddividere la

popolazione in queste due classi è l’analisi del rischio. Il rischio tuttavia è un concetto

probabilistico, indica la possibilità che un evento negativo si verifichi. Ma anche la possibilità

di errore è proporzionale alla dimensione dell’incertezza. Da qui deriva il problema

fondamentale dell’analisi del rischio applicata alla valutazione della (probabile) sicurezza

della mobilità degli individui: presupporrebbe la disponibilità totale di informazioni per

ridurre o annullare rischio ed errori. Richiede un incessante aumento della domanda di

sorveglianza e di moltiplicazione dei controlli, nonché, ove necessario, lo scambio di dati

utili.

I cambiamenti avvenuti dopo l’11 settembre 2001 non rappresentano una rottura col

passato. L’idea di messa in sicurezza della mobilità delle persone e l’associazione di

quest’ultima con crimine e terrorismo esistevano già prima. Tuttavia, dopo tale data, sia

nell’America settentrionale, sia in Europa, il nuovo clima di paura ha permesso la

giustificazione e l’accettazione di misure di sorveglianza e di prevenzione più severe ed

intrusive. Abbiamo assistito senza accorgercene ad un rapidissimo aumento dell’impiego di

nuove tecnologie applicate, separatamente ed in rete, alla gestione della mobilità delle

persone. Gli Stati e le Istituzioni europee si sono servite delle minacce globali e delle

derivanti paure per giustificare l’idea di un’“Europa più sicura”48, prioritaria spesso rispetto

all’“Europa della libera circolazione delle persone”.

47Come già indicato precedentemente, non è condizione sufficiente perché al possesso di un visto valido non

corrisponde un diritto di ingresso, il respingimento alla frontiera rimane possibile.GUILD, BIGO, cit., 2003, p. 82-

95, Cap.4,Le visa: instrument de la mise à distance des “indésirables”. 48Per approfondire cfr. il documento: (2005/C 53/01) CONSIGLIO, Programma dell’Aia: rafforzamento della

libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione Europea. Vedi in particolare il punto 2.4 Gestione delle crisi

all'interno dell’Unione europea con effetti transfrontalieri.

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La convinzione che le nuove tecnologie potessero essere impiegate con successo su

questo fronte ha influenzato energicamente le scelte dei Governi e delle Istituzioni europee49.

La produzione di documenti rispondenti a requisiti ad elevata sicurezza e contenenti

tecnologie a prova di contraffazione, la realizzazione di strumenti sofisticati per

l’identificazione degli individui, la digitalizzazione delle informazioni, la disponibilità di dati

e lo scambio di essi in tempo reale, l’istituzione di banche di dati sugli individui e la loro

interoperabilità sono diventati i precetti della nuova soluzione al dilemma tra libera

circolazione degli individui e sicurezza.

In un mondo in cui la mobilità e la velocità del movimento divengono valori di massimo

rilievo, le misure di sicurezza possono apparire ai singoli come intralci, ostacoli, cause di

attese ed inutili perdite di tempo. Non è così per quelle forme di controllo che non rallentano

il viaggio o che lo velocizzano, innovando rispetto ad altre forme di controllo usate in

passato50, oppure che risultano semplicemente impercettibili. La digitalizzazione, la

dematerializzazione rendono possibile l’invisibilità delle misure di sorveglianza: gli individui

si trovano nella condizione di non avvertire i controlli sul movimento, d’altro lato le autorità

coinvolte nel settore sono in grado di raccogliere, registrare e scambiare dati sugli individui in

quantità maggiori e a velocità incomparabili rispetto a quelle che sarebbero necessarie per

l’invio e la ricezione di corpi materiali.

I sistemi di sicurezza per essere efficaci non devono quindi intralciare i movimenti e

devono operare per quanto possibile inosservati. Gli obiettivi sono la sorveglianza attiva e la

capacità di effettuare interventi mirati per bloccare in tempo le mobilità a rischio,

identificando e fermando coloro che non rispettano le regole stabilite. Se la mobilità legale è

utile alla società e l’autonomia dei soggetti è il fondamento dell’agire umano, la sicurezza è

diventata l’unico correttivo impiegato nei discorsi delle istituzioni per controllare gli

individui. Secondo questa visione, il governo della libera circolazione si compie attraverso la

definizione dei comportamenti considerati responsabili e quelli che non lo sono, distinguendo

49Cfr. GUILD, BIGO, op.cit, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), cit., Leiden, 2010, pp. 257-280. 50BIGO, Delivering liberty and security? The reframing of freedom when associated with security, in BIGO,

CARRERA, GUILD, WALKER (a cura di), Europe’s 21st Century Challenge. Delivering Liberty, Farnham, 2010,

pp. 263-288.

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così sottoinsiemi della popolazione in categorie distinte e soggette a loro volta a gradi di

regolazione e di controllo diversi. Nell’ambito dell’acquis di Schengen l’oggetto delle misure

di sicurezza sono i gruppi ritenuti non qualificati per l’autonomo esercizio della libera

circolazione, ossia i potenziali migranti illegali in senso stretto, coloro che rappresentano

rischi per la sicurezza e, ad un livello più ampio, tutti i cittadini di Paesi terzi che in base alla

loro cittadinanza sono soggetti all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen. Le

principali misure adottate nei loro confronti prevedono la raccolta di dati e di informazioni

significative in relazione alla loro identità, alla loro situazione economica e sociale ed agli

obiettivi del loro ingresso nell’area Schengen. Sono previste in un secondo momento le analisi

del rischio migratorio ed alla sicurezza rappresentato dalle loro mobilità per mezzo del

confronto incrociato delle informazioni a disposizione. La Commissione prevede l’uso

estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate in modo proporzionale al

raggiungimento degli obiettivi definiti51. Il fine è quello di documentare tali mobilità,

valutarne la legittimità, monitorarle in base ai dati disponibili e, se l’esito dei controlli è

negativo, prevenirne il movimento, quando possibile, oppure identificare coloro che hanno

abusato delle condizioni dettate dall’autorizzazione loro concessa ed allontanarli dall’area

Schengen.

Le strategie dell’analisi del rischio applicate alla circolazione delle persone possono

essere classificate, a scopo introduttivo e per chiarezza di analisi, in tre gruppi fondamentali:

le misure messe in atto prima dell’arrivo del cittadino straniero alla frontiera esterna dell’area

Schengen, quelle applicate all’arrivo alla frontiera esterna e infine quelle utilizzate in un

momento successivo al passaggio della frontiera. In tutti e tre casi è fondamentale il metodo

della raccolta di informazioni, di analisi dei rischi e di interoperabilità tra le informazioni

raccolte nelle tre fasi. Il primo gruppo include le attività dei Consolati dei Paesi Schengen

all’estero e degli ufficiali di collegamento, la politica dei visti, il sistema di sanzioni ai

vettori52, il secondo gruppo comprende i controlli relativi all’identità e alla sicurezza effettuati

51COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the

European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in

border management in the European Union, Brussels, 2008. 52Cfr. il contenuto della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori

di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.

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dalle guardie doganali e di frontiera, l’ultimo gruppo prevede misure di sorveglianza, di

prevenzione e di polizia.

Strumenti nuovi sono subentrati nel tempo e si sono addizionati a quelli in uso in

precedenza. Il passaporto non è più ritenuto un mezzo sicuro e affidabile, sufficiente per

l’identificazione di un individuo. I passaporti rilasciati da certi Stati aprono letteralmente le

porte ad un gran numero di altri Paesi e la loro contraffazione e il loro mercato abusivo hanno

raggiunto nel tempo livelli elevati. Gli Stati hanno dunque preso accordi per rendere i

passaporti più difficili da riprodurre, sofisticandoli grazie all’introduzione di sistemi di lettura

ottica e di identificativi biometrici.

I passaporti sono stati presto affiancati dai visti. Questi possono essere rilasciati

solamente in favore di titolari di un passaporto valido e riconosciuto e completano la funzione

di identificazione svolta dal passaporto includendo dati anagrafici ed altre informazioni

significative. Tra i dati menzionati sui visti figurano spesso le condizioni dell’ingresso e del

soggiorno indispensabili al fine di determinare la legittimità della mobilità del titolare di tale

autorizzazione. Come i passaporti, anche i visti hanno subito un’evoluzione nel tempo in

direzione di una maggiore sofisticazione allo scopo di rendere più difficile l’imitazione.

Esattamente come per i permessi di soggiorno rilasciati in un momento successivo al

passaggio della frontiera esterna in favore di migranti di lungo periodo, gli Stati Schengen

hanno deciso di creare un formato unico di visto che includa identificativi biometrici tra cui

una foto ad alta definizione. Le informazioni riguardanti lo straniero che richiede il visto, le

indicazioni contenute sul visto stesso, la foto elettronica e i dati biometrici sono già

immagazzinati per i richiedenti di alcuni Paesi terzi53 nel Sistema d’Informazione Visti (VIS),

ossia la banca dati elettronica in corso di sviluppo che rende possibile l’accesso in tempo reale

ai dati in esso contenuti alle autorità competenti di tutti i Paesi europei che vi partecipano,

secondo profili di utenza prestabiliti. Il VIS archivia le informazioni di tutte le domande di

visto indipendentemente dal loro esito positivo o negativo. Grazie all’accessibilità in rete da

parte delle autorità statali competenti, siano esse locate nell’area Schengen, alla frontiera o

all’estero, il sistema rende effettivo un processo di identificazione integrato, disponibile

53 In merito all’inizio dell’attività del VIS, cfr. la Decisione della Commissione Europea del 30 novembre 2009

che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS).

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prima, durante e dopo il passaggio della frontiera esterna da parte del cittadino straniero,

attraverso il confronto tra i dati biometrici del corpo fisico di un individuo (foto ed impronte

digitali) e le informazioni contenute nei documenti in suo possesso con i dati registrati nella

banca dati.

La prima banca dati tecnologica creata nel quadro della Convenzione di Schengen,

attiva dal 1995, è il Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’architettura del sistema

prevede una banca dati centrale (C-SIS) situata a Strasburgo, collegata in rete con quelle

nazionali (N-SIS), ubicate nei Paesi che partecipano alla cooperazione, a loro volta

comunicanti con i terminali locali in uso secondo profili di utenza diversi presso le autorità

statali competenti. Il SIS è utilizzato per archiviare e condividere informazioni di interesse su

individui e oggetti al fine di preservare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, compresa la

sicurezza dello Stato e di assicurare l’applicazione nel territorio delle Parti contraenti delle

disposizioni sulla circolazione delle persone stabilite nella Convenzione di Applicazione

dell’Accordo di Schengen54. Le minacce a cui opporsi sono il crimine transnazionale, il

terrorismo e l’immigrazione clandestina. Oltre ai cinque Paesi partecipanti originari, si sono

aggiunti nel tempo alla cooperazione riguardante il SIS altri venti Paesi. Sebbene non abbiano

partecipato alla conclusione della Convenzione sopra citata, il Regno Unito e Irlanda hanno

optato per la loro inclusione alla cooperazione in merito al SIS in base ai termini stabiliti dal

Trattato di Amsterdam che ha incluso l’acquis di Schengen nel quadro dell’Unione Europea.

In virtù delle disposizioni ivi contenute, Regno Unito ed Irlanda, sebbene non vincolate,

hanno la facoltà di partecipare a tutte o a parte delle disposizioni riguardanti la Convenzione

di Schengen55. La logica di base del Sistema d’Informazione Schengen è quella

dell’interoperabilità del sistema e del reciproco accesso da parte delle autorità competenti dei

54 Cfr. il Titolo IV della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen relativo al Sistema

d’Informazione Schengen (SIS). L’art. 93 indica lo scopo del sistema. 55 Regno Unito e Irlanda usano al momento il SIS per motivi di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Non

utilizzano il SIS secondo le disposizioni dell’articolo 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di

Schengen perché non intendono rimuovere i controlli alle frontiere con il resto dell’Europa. Per approfondire cfr.

2000/365/CE. Decisione del Consiglio del 29 maggio 2000riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran

Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, nonché 2002/192/CE.

Decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002 riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune

disposizioni dell’acquis di Schengen.

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Paesi membri. Il SIS è regolarmente utilizzato con profili diversi da autorità di polizia e

consolari, di frontiera, delle dogane e dalle autorità giudiziarie.

La prima versione del SIS permetteva di registrare solo dati alfanumerici, tra cui nomi,

cognomi, soprannomi, data e luogo di nascita, sesso, nazionalità, caratteri fisici distintivi,

informazioni concernenti la pericolosità o al possesso di armi, le motivazioni dell’iscrizione

del dato nel SIS ed eventuale azioni da prendere. A causa della limitatezza dei dati inscrivibili

e delle opzioni a disposizione, ad esso è stato aggiunto SIRENE56, un sistema informatico

supplementare incrociato al SIS che permette lo scambio di informazioni complementari quali

fotografie o dati biometrici. I dati restano immagazzinati nel SIS ma SIRENE rende possibile lo

scambio di dati aggiuntivi come ad esempio informazioni di intelligence relative al crimine. È

possibile inserire i dati nel SIS per le seguenti categorie di persone: persone ricercate per

l’arresto ai fini dell’estradizione, stranieri segnalati ai fini della non ammissione nell’Area

Schengen, persone scomparse, minorenni o persone con problemi psichici che, ai fini della

loro tutela o per prevenire minacce nei loro confronti, devono essere provvisoriamente poste

sotto protezione, testimoni o persone citate a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria

nell’ambito di un procedimento penale, nonché persone alle quali deve essere notificata una

sentenza penale o subire una pena privativa della libertà. Possono essere inseriti anche dati su

oggetti, ad esempio su documenti d’identità o veicoli persi o rubati. La voce per la quale sono

presenti più dati è quella che riguarda i migranti irregolari57, ovvero le persone non gradite per

le quali deve essere rifiutato l’accesso all’area Schengen. Data la sistematicità

dell’interpellazione del sistema durante la fase di controllo dei documenti prima del rilascio di

un visto o alla frontiera, il SIS rappresenta uno strumento di grande impatto nel controllo della

mobilità dei cittadini stranieri. I dati sono tuttavia inseriti in maniera difforme in base agli

standard nazionali58. Tale difformità nell’inserimento dei dati è palese soprattutto quando si

confronta il numero di inserimenti di Paesi quali Germania, Francia, e Italia, iperattivi, o, al

56 Supplément d’information requis a l’entrée nationale. Da notare che di tale sistema informatico non c’è

menzione nella Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen. Cfr. la successiva Decisione del

Consiglio del 14 ottobre 2002relativa alla declassificazione di talune parti del manuale Sirene adottato dal

Comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. 57Ex. art. 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen. 58 Per approfondire cfr. il cap. 3.1 tesi.

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contrario, dei Paesi nordici o del Portogallo che ritengono che l’inscrizione nel SIS debba

avvenire solo per crimini e delitti significativi59. Il primo gruppo di Paesi utilizza dunque il

SIS come uno strumento chiave per impedire la mobilità in ingresso dei cittadini stranieri a

loro non graditi anche qualora essi si presentino all’Ufficio Consolare o alla frontiera di un

Paese del secondo gruppo. Il SIS diventa per così dire uno strumento per obbligare gli altri

Paesi dell’area Schengen a fare la guardia ai propri indesiderati.

Il sistema SIS è del tipo “hit/no hit”, vale a dire nel momento in cui un’autorità si rivolge

al sistema per verificare se un individuo è registrato in esso, esso risponde in maniera

affermativa o negativa: produce una cosiddetta “hit” se il nominativo dell’individuo è

presente nel database. Anche nel caso di “hit”, non tutte le informazioni sono direttamente

accessibili, in dipendenza dal profilo d’utenza dell’operatore il sistema risponde solitamente

con un comando60.

L’ottica della sorveglianza e della valutazione del rischio si allontana quindi dai corpi

concreti per focalizzare l’attenzione sui flussi di dati e sulle correlazioni tra di essi. Se i dati

raccolti sono accurati e sono assenti errori od omonimie, dovrebbero sussistere le

corrispondenze biunivoche tra corpo fisico e dato archiviato e da questo al corpo fisico se

necessario. I dati immateriali sono estremamente maneggevoli e trasferibili in tempo reale. La

gestione di tale flusso di dati, nonché l’osservazione di correlazioni e corrispondenze potrebbe

dunque permettere alle autorità di individuare e conoscere alcune regolarità del mondo reale,

facilitando quindi la valutazione di rischi e la previsione di alcuni tipi di comportamenti di

certe categorie di individui.

Il limite più evidente del SIS è la limitatezza della tipologia dei dati archiviabili. Per

risolvere questo problema è stato creato SIRENE ed è in corso di definizione una seconda

59 Per quantoriguardal’iscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di

Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA

PROTECTION SECRETARIAT JOINT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of

the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels,

2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, Activity Report – December 2005 – December

2008. 60BROEDERS, Tracing, identifying and sorting. The role of EU migration databases in the internal control on

irregular migrants, in FASSMANN, HALLER, STUART LANE, (a cura di), Migration and mobility in Europe.

Trends, patterns and control, Cheltenham, 2009, pp. 249-271.

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versione del sistema, denominata SISII, che sarà in grado di registrare anche indicativi

biometrici61 e che sarà completamente operativa nel 201362.

Il SIS inoltre permette di inscrivere solamente i dati di persone per le quali le autorità dei

Paesi Membri hanno già verificato i rischi. Quindi, con riferimento a cittadini stranieri esso

include sostanzialmente solo coloro che sono già stati sul territorio dei Paesi Schengen e dei

quali è stata appresa dalle autorità la condizione illegale o la notizia di reati commessi. È per

questo motivo che l’Unione ha deciso di sviluppare altri database più sofisticati capaci di

registrare non solo dati alfanumerici ma anche altre informazioni, tra cui foto e dati

biometrici, riguardanti tutti i cittadini stranieri in movimento verso il territorio Schengen

indipendentemente dalla loro carriera migratoria63: EURODAC64, già attivo, registra i dati di

cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo o fermati in relazione all’attraversamento irregolare

della frontiera esterna; il Sistema d’informazione Visti (VIS)65, archivia i dati riguardanti tutte

le domande di visto presentate presso tutti i Consolati dei Paesi membri.

Questa proliferazione di banche dati elettroniche dimostra come le istanze relative al

controllo e messa in sicurezza della mobilità degli individui creino una spirale senza fine in

risposta alla domanda insaziabile di informazioni per l’analisi e la valutazione dei rischi. Il

61In merito allo stato dei lavori sull’istituzione del SIS II è possibile consultare il sito eurlex alla pagina:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0334:FIN:IT:PDF. 62 Cfr. Decisione 2009/724/GAI della Commissione del 17 settembre 2009 che fissa la data di completamento

della migrazione dal sistema d'informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d'informazione Schengen di seconda

generazione (SIS II); Decisione 2008/839/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008sulla migrazione dal sistema

d’informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).

Vedi anche le informazioni disponibili sul sito della Commissione Europea Direzione Generale Affari Interni in:

http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen-information-

system/index_en.htm. 63Il concetto carriera migratoria indica la sequenza dei passi, ognuno dei quali è marcato da eventi definiti come

significanti nella struttura delle narrative degli attori e riconosciuti pubblicamente come tali da vari gruppi di

ascoltatori. La nozione di carriera migratoria è particolarmente utile per analizzare i processi dinamici della

migrazione irregolare internazionale. Per unatrattazioneapprofondita di questitemicfr. CVAJNER, SCIORTINO, A

tale of networks and policies: prolegomena to an analysis of irregular migration careers and their

developmental path, in Population, Space and Place, Wiley Online Library, 2010. Il testo è disponibile alla

pagina internet: http://ccs.research.yale.edu/documents/public/PubsAndRes/Faculty/Cvajner_ Sciortino_

policy_networks.pdf. 64 Il sistema Eurodac è stato istituito per mezzo del Regolamento n. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre

2000che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della

convenzione di Dublino. 65 Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è stato istituito per mezzo della Decisione del Consiglio dell’8 giugno

2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (2004/512/CE).

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metodo neoliberale di governo della sicurezza è diventato dipendente dall’idea secondo cui la

gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui per mezzo di

sistemi tecnologici permetta l’individuazione delle persone a rischio e la capacità di adozione

in tempo utile di misure di prevenzione adeguate66 in grado di bloccare le mobilità non

conformi alla regola convenuta. In questo senso risultano indispensabili le modalità di

raccolta dei dati, l’osservazione di correlazioni e regolarità, la creazione di statistiche efficaci,

unite alla realizzazione di profili di individui a rischio grazie al contributo di sapere umano

poliziesco, di cognizioni psicologiche e sociologiche e di conoscenze specifiche relative alla

situazione interna locale di Paesi terzi. Oltre a problemi di efficacia ed alla possibilità di errori

nella selezione su base individuale degli individui da ammettere sul territorio comune, è

necessario ripetere che l’analisi del rischio è un concetto che si basa sulla valutazione della

probabilità e che quindi include in sé incertezza e margini di errore. Inoltre,

l’implementazione di politiche di selezione e di controllo della mobilità delle persone secondo

questo metodo comporta problematiche di difficile soluzione in riferimento al grado di

arbitrarietà delle scelte effettuate dalle autorità competenti e in relazione alla legittimità stessa

di tali politiche67. Resta un compito impossibile quello di definire senza margine di errore che

ad un rischio elevato, calcolato su un numero elevato di correlazioni verificate in passato,

corrisponda ora, a livello di scelta su base individuale, una certezza del verificarsi di un

comportamento. L’eccezione resta sempre possibile: è certamente possibile che un individuo,

richiedente un visto, dotato di mezzi finanziari sotto alla media, proveniente da una zona

considerata a rischio migratorio, senza un lavoro stabile e senza legami sociali stretti nel

luogo di origine, decida di spendere tutti i suoi risparmi per comprare un biglietto aereo e

recarsi da un amico in Europa per visitare alcune città celebri e, senza nutrire alcun desiderio

di immigrare illegalmente, faccia rientro, felice, nel suo luogo natale. Un rischio

estremamente elevato non implica deterministicamente una relazione di causa-effetto. Scelte

66 Cfr. BIGO, op. cit., JAFFRELOT, LEQUESNE (a cura di), op. cit., Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla

pagina internet:

www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf. 67 Per approfondire cfr. § 6 e 7 del presente lavoro.

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basate sul rischio contengono margini di errore e, in definitiva, sono macchiate dal dubbio e

dal sospetto.

4. Uno sguardo alla politica europea dei visti: quadro normativo e

strumenti giuridici

Il visto è uno strumento tecnico che rende possibile una più efficace individuazione e

selezione dei cittadini stranieri ai fini del controllo e dell’incanalamento delle loro mobilità.

Allegato ad un titolo di viaggio valido e riconosciuto, il visto rappresenta un’innovazione

rispetto all’uso del passaporto, impiegato prima allo stesso scopo, poiché il visto regola la

possibilità di spostamento in maniera molto più precisa e dettagliata indicando limiti

temporali, modalità e finalità del movimento. A differenza del passaporto, il visto è rilasciato

dalle autorità competenti dello Stato di transito o di destinazione e non dalle autorità dello

Stato di cui il cittadino straniero è originario.

La nozione di visto nel diritto europeo non è semplice. Il Trattato sul Funzionamento

dell’Unione Europea, agli artt. 77 e 79 al Capo 2 del Titolo V Spazio di Libertà, Sicurezza e

Giustizia, menziona una prima suddivisione tra visti di breve durata e di lunga durata. Il visto,

secondo le disposizioni del legislatore europeo, è l’autorizzazione rilasciata da uno Stato

membro necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati

membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo

ingresso, oppure ai fini del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati

membri68. Dal punto di vista della validità territoriale, i visti sono classificati in “visto

uniforme”, valido cioè nell’intero territorio degli Stati membri e non membri dell’Unione che

partecipano alla cooperazione di Schengen69, “visto con validità territoriale limitata”, valido

cioè per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti, e infine “visto di transito

68 Cfr. l’art.2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 69In realtà valido solo nell’area Schengen, porzione del territorio degli Stati Schengen. Con quest’ultima

espressione di indicano i Paesi membri dell’Unione Europea e non che cooperano nel quadro definito dall’acquis

di Schengen. Invece di “Stati Schengen” verrà utilizzata più avanti la dicitura “Stati membri” nonostante la

possibile ambiguità perché la non partecipazione alla cooperazione di Schengen da parte di Stati membri

dell’Unione e la partecipazione ad essa di Paesi non membri dell’Unione possono essere considerate le

eccezioni.

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aeroportuale”70, valido solo per il transito nelle zone internazionali di uno o più aeroporti

degli Stati Schengen e che non prevede il passaggio attraverso i controlli della frontiera

esterna e l’ingresso nell’area Schengen. La nozione di visto Schengen uniforme individua

solamente un sottoinsieme della più ampia casistica di visti che permettono l’ingresso sul

territorio dell’Unione Europea. Per “visto adesivo” il legislatore europeo indica il formato

uniforme per i visti quale definito dal regolamento n. 1683 del 1995 che istituisce un modello

uniforme per i visti71. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio, in seguito alla proposta

della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo, sulla base giuridica dell’articolo

100 C del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale modello uniforme può essere

utilizzato dagli Stati Schengen sia per il rilascio del cosiddetto visto Schengen uniforme72 e di

visti di transito73 e di transito aeroportuale74, sia per altri fini diversi75, ad indicare tutti i casi

di visti di ingresso nazionali di lunga durata superiori a novanta giorni, rilasciati secondo le

disposizioni dei singoli Paesi76.

Il visto adesivo, che già secondo il modello previsto nel 1995 conteneva elementi che ne

impedissero la falsificazione, è stato modificato a più riprese per ragioni pratiche di sicurezza.

Tra le modifiche più importanti rispetto alla prima versione del visto uniforme è opportuno

menzionare l’introduzione nel 2002 di una fotografia del richiedente rispondente ad elevati

70Cfr. l’art. 3 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 71 Per approfondire vedi: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995R1683:IT:NOT e i

collegamenti ivi disponibili. L’ultima versione consolidata del regolamento è disponibile alla pagina internet:

eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1995R1683:20080922:IT:PDF. 72 Visto tipo C: per l’ingresso e il soggiorno di breve durata, fino a 90 giorni, con uno o più ingressi. Cfr. anche

art. 62 par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea. 73 Vistotipo B: transito, è stato abolito di seguito all’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 265/2010 del

Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010. Nei casi di transito viene rilasciato ora visto di tipo C. 74 Visto tipo A: transito aeroportuale. 75Cfr. art. 7 del regolamento n.1683/95 del Consiglio, relativo al caso di rilascio di visto nazionale, cioè visto

tipo D, che individua tutti i casidi ingresso e di soggiorno di lunga durata superiori a 90 giorni e l’esercizio del

diritto di libera circolazione nei Paesi Schengen diversi da quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi,

nei limiti definiti dal legislatore europeo. Il modello è utilizzato anche da Regno Unito e Irlanda che partecipano

solo ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen e da Cipro, Bulgaria e Romania che non sono ancora

membri a tutti gli effetti della cooperazione di Schengen. 76Anche i visti nazionali D di lunga durata permettono l’esercizio del diritto di libera circolazione negli altri

Paesi Schengen, oltre a quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore

europeo. Cfr. al proposito il regolamento n. 265 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 marzo

2010 che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e il regolamento n. 562 del 2006 per

quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata.

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requisiti di sicurezza al fine di mettere in relazione univoca l’etichetta del visto all’identità del

titolare del documento di viaggio.

Il visto uniforme non è un’entità unica. Secondo il criterio del numero di ingressi, esso

può essere classificato in visto uniforme a uno, due o molteplici ingressi77, in quest’ultimo

caso può avere un periodo di validità massimo di cinque anni78 e può essere rilasciato al fine

di ridurre gli oneri amministrativi dei consolati degli Stati membri e agevolare lo spostamento

rapido di chi viaggia frequentemente o regolarmente. Il visto uniforme prevede il pagamento

da parte dei richiedenti79 di diritti pari a 60 euro, indipendentemente dalla nazionalità e dal

Paese membro di destinazione, salvi i casi particolari di minori tra i sei e i dodici anni per i

quali i diritti per i visti ammontano a 35 euro, di minori di sei anni, studenti e familiari di

cittadini europei80 ai quali viene rilasciato gratuitamente o in tutti gli altri casi stabiliti dal

legislatore, in sede di Cooperazione locale Schengen oppure in virtù di accordi di facilitazione

tra l’Unione ed un Paese terzo. Secondo il criterio della finalità del viaggio, i visti uniformi

possono essere classificati in maniera non esaustiva in visti rilasciati per motivi di affari, di

studio o di formazione, per viaggi turistici o privati, per manifestazioni politiche, scientifiche,

culturali, sportive, religiose o per altre ragioni, per viaggi di membri di delegazioni ufficiali

che, su invito ufficiale indirizzato al governo del paese terzo interessato, partecipano a

riunioni, consultazioni, negoziati o programmi di scambio ovvero a eventi organizzati nel

territorio di uno Stato membro da organizzazioni intergovernative o, infine, per viaggi per

motivi di salute81.

Si può notare da questo breve excursus sulle tipologie di visto che la nozione stessa di

visto è estremamente complessa. Le categorie sono state definite dal legislatore europeo per

77Cfr. l’art. 24, par. 1 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 78Cfr. l’art. 24, par. 1 e 2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 79 Cfr. l’art. 16 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009

cheistituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 80Cfr. anche l’art. 5 della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004

relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel

territorio degli Stati membri. 81 Cfr. il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un

codice comunitario dei visti (codice dei visti), in particolare l’Allegato II relativo all’elenco non esaustivo di

documenti giustificativi per le finalità del viaggio.

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individuare e classificare in modo stabile e univoco le mobilità dei cittadini di Paesi terzi.

Virtualmente possono esistere tante tipologie quanti sono gli individui in movimento82. Oltre

alle tipologie pure individuate dal legislatore (affari, turismo ecc.), le mobilità possono essere

multiple e dislocarsi sul territorio di più Stati Schengen: un individuo richiedente il visto può

recarsi in un Paese europeo per visitare ad esempio partner commerciali, cogliendo allo stesso

tempo l’occasione per incontrare alcuni amici in un contesto territoriale diverso in un altro

Stato, visitare alcune città famose e, data la disponibilità di strutture in una determinata

località di un terzo Stato dell’area Schengen, sottoporsi ad un breve ciclo di cure termali.

Questa eventualità di mobilità complesse ha stimolato il legislatore europeo ha introdurre per

necessità pratiche due ulteriori concetti, quelli di “scopo principale del viaggio” e di

“competenza per l’esame della domanda di visto”83. Esistono altre disposizioni pratiche

definite dal legislatore al fine di introdurre margini di flessibilità nel caso di variazioni del

piano di viaggio dovute ad eventi non prevedibili al momento della presentazione della

domanda di visto: in tali termini andrebbe letta, per esempio, la previsione dell’aggiunta di

una franchigia supplementare di quindici giorni al periodo di validità del visto84.

Il visto, in quanto strumento tecnico in forma di vignetta applicabile ad un titolo di

viaggio, è diventato il mezzo privilegiato per effettuare il controllo in anticipo degli stranieri

prima che essi intraprendano il viaggio per arrivare alla frontiera esterna. Esso rappresenta

una condizione necessaria per l’accesso all’area Schengen, in base alla cittadinanza, per tutti i

cittadini dei Paesi terzi per cui l’Unione definisce l’obbligo di essere in possesso di un visto

valido all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne85. Ciò non significa che alla

frontiera esterna non vengano effettuati controlli: il visto non rappresenta un diritto di

ingresso sul territorio, il rifiuto all’ingresso è possibile anche se il cittadino straniero è in

82Per approfondire cfr. Capitolo 1.1.3 della presente tesi. 83Cfr. le disposizioni del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) e del regolamento n. 767/2008 del Parlamento europeo

e del Consiglio del 9 luglio 2008concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati

membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 84Cfr. art. 24del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 85 Cfr. il regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui

cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei

paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, e successive modifiche.

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possesso di un visto valido86. L’innovazione del visto è stata possibile in quanto ha

determinato un vantaggio rispetto al sistema di controllo precedente: esso comporta una

strategia più efficace per la gestione delle frontiere, permettendo allo Stato di destinazione di

esercitare un controllo a priori su chi, tra i richiedenti cittadini di Paesi terzi, può godere del

diritto alla libera circolazione sul territorio comune secondo le regole definite dal legislatore.

Il visto è rilasciato in base a determinate procedure all’avvenuta approvazione della domanda

di visto, del documento di viaggio, dei documenti di supporto e in certi casi in seguito ad un

colloquio con il richiedente. Il rilascio di un visto Schengen uniforme da parte delle autorità di

uno Stato può essere letto come un segno di fiducia nei confronti di un richiedente, nonché

della sua capacità di esercitare in maniera responsabile la propria autonomia in relazione alla

libertà di movimento, qualora egli non sia considerato a rischio di immigrazione illegale e

qualora non sia ritenuto costituire un rischio per la sicurezza degli Stati membri. Tuttavia,

dato che il visto è un documento individuale rilasciato sulla base della fiducia, rimane intatta

la necessità permanente di effettuare controlli e monitorare coloro ai quali è stato concesso il

visto al fine di identificare coloro che, non degni di tale segno di fiducia, decidono di violare

le condizioni del visto e migrare facendo perdere le proprie tracce. In caso di mancanza dei

requisiti richiesti o di fiducia nella buonafede dei richiedenti, il legislatore prevede la

possibilità per le autorità competenti dello Stato membro dislocate nel Paese terzo di rifiutare

il visto, notificando per iscritto le motivazioni87 e bloccando così nel Paese di origine le

aspirazioni al viaggio di coloro che sono ritenuti “a rischio”.

Il visto Schengen uniforme permette soggiorni per periodi non superiori a tre mesi,

continuativi o meno, nell’arco di un semestre autorizzando l’individuo in possesso di un visto

valido a circolare liberamente su tutto il territorio dell’area Schengen senza controlli

supplementari alle frontiere interne degli Stati membri. Perchè questo sia possibile è

presupposto il riconoscimento incrociato della validità e della legalità dei visti di breve durata

rilasciati dagli altri Stati membri. Ciò implica la fiducia reciproca tra i Paesi che cooperano

86 Cfr. l’art. 13 del regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce

un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, nonché

l’Allegato V Parte A e Parte B. 87 Cfr. l’art. 32 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che

istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).

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all’acquis e soprattutto la confidenza nelle rispettive capacità amministrative di effettuare

controlli efficaci per la selezione degli individui a cui concedere l’autorizzazione all’accesso

sul territorio comune secondo le procedure comuni. Il sistema di rilascio dei visti dovrebbe

garantire che nessun cittadino di Paese terzo che avesse l’intenzione di migrare illegalmente o

che potesse costituire un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri possa fare ingresso

nell’area Schengen.

Oltre al suo aspetto tecnico, la decisione sul rilascio o meno dell’autorizzazione

all’arrivo alla frontiera esterna dello spazio comune nei confronti di cittadini di Paesi terzi

contiene implicitamente conseguenze politiche. Sia il rilascio, sia il diniego di un visto,

generalizzati, nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, può contenere

implicazioni politiche o diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati.

Ad esempio, il rilascio di un visto ad un opponentepolitico che cerca rifugio può essere letto

dal governo dello Stato terzo come un segno di inimicizia. Tuttavia, nel caso del regime di

Schengen, le implicazioni politiche più importanti in materia di visti sono da leggere in

direzione opposta. Esse riguardano in particolare la creazione di un formato uniforme di visto

e la standardizzazione delle regole a fondamento del regime dei visti di breve durata: ciò ha

implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei governi degli Stati membri

e, all’esterno, ha avuto un fortissimo impatto sulle relazioni internazionali, conferendo una

forte visibilità all’Unione Europea. L’uso di un formato di visto uniforme da parte di tutti i

Paesi e per tutte le diverse tipologie di visto, compresi i visti nazionali di tipo D, può avere

anche dato origine a confusione ed incomprensioni per la generalità dei cittadini di Paesi terzi,

ma ha permesso di creare un immaginario vivido di “Europa Unita”, occultando ai più le

differenze tra il territorio dell’Unione e quello dell’area Schengen. L’Unione ha così mostrato

all’estero un livello di convergenza tale da essere percepita come un sovra-Stato anteposto e

superiore di importanza rispetto ai celebri Stati membri. Ciò nonostante, dal punto di vista

giuridico, il visto Schengen uniforme resta un visto nazionale nel senso che non è rilasciato

dalle rappresentanze comunitarie dislocate nei Paesi terzi: sono le amministrazioni nazionali

dipendenti dai Ministeri degli Affari Esteri degli Stati membri, i Consolati, ad essere

competenti per l’esame delle domande di visto e per il rilascio o il diniego dei visti. Oltre a

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ciò, competenti per gli eventuali ricorsi in caso di diniego del visto sono i tribunali nazionali.

Il visto uniforme è perciò un visto rilasciato da uno degli Stati membri e che permette la

possibilità di ingresso negli altri Paesi membri. Le autorità competenti dei controlli alla

frontiera esterna, sia essa quella dello stesso Stato che ha rilasciato il visto o di un altro Stato,

valutano le condizioni e la legittimità dell’accesso all’area Schengen dello straniero e, se non

sono raggiunti i requisiti richiesti, possono decidere di negare l’ingresso. A discapito quindi

della forte visibilità acquisita dall’Unione grazie allo strumento del visto uniforme, le

decisioni fondamentali sul rilascio dei visti e sul controllo delle persone in movimento verso e

dall’Unione restano di competenza degli Stati membri. Per questo motivo, differenze

interpretative delle politiche comuni da parte dei governi centrali degli Stati membri oppure

concezioni diverse sulle modalità di gestione e di utilizzo degli strumenti previsti dalle

istituzioni dell’Unione, a cui spetta il compito di sorvegliare e armonizzare le differenti

posizioni nazionali, rendono possibili differenze di applicazione da parte degli Stati.

I flussi migratori sono fenomeni intimamente connessi alla natura umana. Durante il

presente periodo storico, nonostante la crisi economica che dal 2008 ha colpito anche i Paesi

dell’Unione Europea, alcuni dei quali sono tuttora in fase di recessione88, il tasso netto di

migrazione resta positivo nella maggioranza di essi89.

Come abbiamo sottolineato nella prima parte di questo paragrafo, il regime Schengen

dei visti regola solamente alcune tipologie di mobilità, ovvero quelle di breve durata fino ad

un massimo di novanta giorni al semestre e solamente per i cittadini dei Paesi terzi elencati

nelle liste comuni. La politica comune dei visti non regola la materia dei visti di lunga durata:

la definizione delle politiche sull’immigrazione, attraverso la definizione di quote all’ingresso

per cittadini di Paesi terzi, resta di competenza dei Paesi membri. Il sistema Schengen dei

visti prevede che chiunque entri nell’area Schengen con un visto uniforme valido esca dal

territorio comune entro i limiti di validità stabiliti dall’autorizzazione di cui è in possesso.

Uno dei fondamenti della politica, nell’ottica della lotta all’immigrazione illegale enunciata

88 Vedi il sito del Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook Update, 16 luglio 2013, in:

http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/update/02/index.htm, ultimo accesso 03 agosto 2013. 89 Vedi il sito di Eurostat, Population and populationchangestatistics, ultimo accesso 03 agosto 2013. In:

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Population_and_population_change_statistics

.

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tra i criteri utilizzati per la formulazione degli elenchi comuni dei Paesi terzi, è l’obbligo della

valutazione del rischio migratorio del richiedente. Il sistema creato dal legislatore europeo in

materia di visti di breve durata regola solamente le fasi di accettazione, di esame e di

decisione sulle domande di visto: alle Rappresentanze consolari spetta il compito di verificare

l’identità dei richiedenti e dividere coloro ai quali può essere concessa l’autorizzazione al

viaggio verso l’area Schengen, definendo dettagliatamente le condizioni di viaggio attraverso

la compilazione della vignetta del visto uniforme rilasciato in loro favore, da coloro a cui deve

essere negata questa possibilità a causa della probabilità che il rischio migratorio o altri rischi

relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza dei Paesi membri si materializzino. La valutazione

del rischio migratorio, così come l’analisi dell’autenticità e della validità dei documenti

giustificativi spetta alla Rappresentanza consolare che riceve la domanda di visto, supportata

opportunamente dallo scambio di informazioni e conoscenze in sede di Cooperazione

consolare locale. La valutazione del rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale

delle Parti contraenti deve essere effettuata attraverso la consultazione degli schedari delle

persone non ammissibili tramite il SIS e attraverso la comunicazione con le autorità centrali e,

se del caso, con le autorità centrali di altri Paesi membri per i cittadini dei Paesi terzi per i

quali è richiesta la procedura di consultazione. Il regime Schengen dei visti di breve durata

regola dunque solamente la fase di controllo e valutazione che avviene prima del movimento

verso l’Unione da parte del cittadino straniero: le operazioni si concludono all’esterno

dell’area Schengen, solitamente nello Stato ove il richiedente abitualmente risiede. Sebbene il

visto determini le condizioni e la durata della mobilità autorizzata, esso rappresenta solo una

condizione necessaria e non sufficiente all’accesso all’area Schengen.

Per regolamentare la mobilità dei cittadini stranieri ai quali è richiesto l’obbligo del

visto per i soggiorni di breve durata nell’area comune senza frontiere interne tra i Paesi

membri, il legislatore europeo ha definito altri strumenti che assieme alla politica comune dei

visti concorrono a delineare le modalità e i vincoli legali per la circolazione dei cittadini

stranieri prima dell’arrivo alla frontiera esterna, attraverso essa e dopo il suo attraversamento

in relazione all’esercizio della circolazione all’interno dell’area comune. In ordine inverso,

partendo dall’interno dell’area Schengen e muovendosi verso l’esterno, il legislatore

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comunitario ha previsto nei Trattati fondativi e nell’acquis di Schengen le norme

fondamentali che regolano la circolazione delle persone nella porzione interiore dell’area

comune, le misure di sicurezza e le modalità di adesione degli Stati europei alla cooperazione

di Schengen. Il legislatore ha definito in secondo luogo le modalità per l’attraversamento delle

frontiere esterne. In questo ambito sono di fondamentale importanza il Codice delle frontiere

esterne di Schengen90, il regolamento n. 1931 del 2006 del Parlamento Europeo e del

Consiglio che stabilisce norme sul traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne

degli Stati membri91, la decisione del Consiglio del 2010 che integra il codice frontiere

Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne92, l’istituzione

di un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne

(FRONTEX)93, la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere94, nonché le proposte

della Commissione per l’istituzione di un Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere

(EUROSUR)95, per l’introduzione di sistemi di facilitazione nell’attraversamento delle frontiere

per viaggiatori bona fide e per l’introduzione di un sistema di registrazione degli ingressi e

delle uscite (entry/exit system)96. L’Unione ha definito in terzo luogo strumenti per contrastare

l’immigrazione irregolare attraverso la direttiva concernente l’obbligo dei vettori, con relative

90 Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice

comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. 91Regolamento n. 1931 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006 che stabilisce norme sul

traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne degli Stati membri e che modifica le disposizioni della

convenzione Schengen. 92 Decisione del Consigliodel 26 aprile 2010che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la

sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata

dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri

dell’Unione europea. 93Regolamento n. 2007del Consiglio del 26 ottobre 2004che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della

cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea. 94 Regolamento (CE) N. 863/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007che istituisce un

meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere e modifica il regolamento n.

2007/2004 del Consiglio limitatamente a tale meccanismo e disciplina i compiti e le competenze degli agenti

distaccati. 95COM(2011) 873 final, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing

the European Border Surveillance System (EUROSUR), Brussels, 2011. 96COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the

European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in

border management in the European Union, Brussels, 2008.

Al proposito cfr. anche gli studi di fattibilità sul sito della Commissione europea alla pagina:

(http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm).

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sanzioni, di comunicare i dati riguardanti le persone trasportate97 e sta sviluppando altri

strumenti per effettuare il controllo anticipato dei viaggiatori in arrivo alla frontiera esterna

dell’area comune: tra questi è possibile menzionare il Programma per viaggiatori registrati

(RegisteredTravelerProgramme) e un sistema elettronico di autorizzazione al viaggio (ESTA)98

basato sui modelli eVisitor australiano ed ESTAamericano. L’Unione, che utilizzerà a tal fine il

Fondo per le frontiere esterne e il Fondo asilo e migrazione99, avrà così la capacità di

estendere il controllo al di fuori dell’area Schengen sulle persone in movimento verso

l’Unione, sia per coloro che hanno già ottenuto un visto valido sia per coloro che non sono

soggetti a tale obbligo.

Oltre allo sviluppo della politica dei visti, delle modalità di gestione delle frontiere e

della circolazione nell’area Schengen, il legislatore europeo ha adottato provvedimenti per

regolare gli altri canali di ingresso dei cittadini stranieri nell’area Schengen, in particolare in

materia di immigrazione legale e di asilo100. In materia di immigrazione si può citare per

esempio la direttiva sulla “Carta blu UE” in materia di lavoro per personale altamente

specializzato101, la direttiva sul diritto al ricongiungimento familiare102, le direttive relative

all’ammissione di ricercatori103 e di studenti104.

Le istituzioni europee si sono dotate inoltre di strumenti per contrastare le cause e gli

effetti dell’immigrazione irregolare. Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato in tal

97 Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati

relativi alle persone trasportate. 98COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the

European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in

border management in the European Union, Brussels, 2008.

Cfr. al proposito anche gli studi di fattibilitàsul sitodella Commissione europea alla pagina:

http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm. 99 Per ulteriori informazioni cfr. il sito della Commissione europea “Press releasesrapid” alla pagina:

http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/11/785&format=HTML&aged=0&language

=EN&guiLanguage=en. 100Per una trattazione esaustiva dell’argomento cfr. BENEDETTI, Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati

nell’Ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Padova, 2010. 101 Direttiva 2009/50/CE del Consiglio del 25 maggio 2009 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di

paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. 102 Direttiva 2003/86/CE del Consigliodel 22 settembre 2003relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 103 Direttiva 2005/71/CE del Consigliodel 12 ottobre 2005relativa a una procedura specificamente concepita per

l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica. 104 Direttiva 2004/114/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini

di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

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senso alcune direttive per la definizione di sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che

impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e per la definizione di procedure

comuni per il rimpatrio di questi ultimi105, senza trascurare gli strumenti definiti negli accordi

internazionali sottoscritti con Paesi terzi in materia di riammissione. Tutti gli strumenti

dovrebbero essere coordinati dalla Commissione in base agli obiettivi fondamentali definiti in

materia di relazioni esterne dell’Unione nonché attraverso la cooperazione di polizia tra gli

Stati membri e le istituzioni comunitarie create per la prevenzione del terrorismo, del crimine

organizzato e del traffico di esseri umani.

L’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie dimostra un’estrema

complessità. Tale complessità dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi

utilizzati. Per gli atti legislativi più importanti le istituzioni comunitarie hanno previsto l’uso

di regolamenti, in virtù dell’obbligatorietà di tutti i loro elementi costitutivi e l’applicabilità

diretta negli Stati membri. Negli altri casi si sono servite di direttive che, essendo mezzi

normativi indiretti, implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la loro

trasposizione nel diritto nazionale. Quest’attività può offrire spazio a traduzioni non conformi

o ad errori capaci di deformare l’intenzione originaria del legislatore comunitario,

costringendo in seguito i giudici nazionali a chiedere indicazioni relative alla corretta

interpretazione del significato originario della direttiva alla Corte di Giustizia dell’Unione

Europea attraverso la procedura del rinvio pregiudiziale106. La complessità del sistema

dipende in secondo luogo dalla pluralità di Stati membri e dall’elevato numero di autorità

competenti che interviene nelle singole fasi dei processi. È proprio a causa della molteplicità

degli attori che si creano le condizioni per la diversità di interpretazioni e di applicazione della

normativa, nonché per difficoltà di comunicazione, creando le condizioni per l’esistenza di

falle nel sistema nelle quali possono insediarsi le violazioni più comuni.

La Commissione ha risposto al problema attraverso l’uso delle nuove tecnologie per la

creazione di database per la gestione delle frontiere, dell’ordine pubblico e dei flussi di

105 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e

procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è

irregolare. 106 Tale procedura prevista dai Trattati istitutivi consente ai giudici nazionali di ottenere dalla Corte l’esatta

interpretazione della norma che essi sono tenuti ad applicare. Per approfondire cfr. ZANGHÌ, op. cit., p. 430 ss..

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persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della condivisione delle informazioni. Al

Sistema d’Informazione Schengen (SIS) sarà sostituita una seconda versione capace di

interoperare con EURODAC, che nell’ambito della Convenzione di Dublino II raccoglie i dati

dei richiedenti asilo per evitare il problema dell’“asylum shopping”107, e con il Sistema

d’Informazione Visti (VIS), sviluppato in modo tale da raccogliere i dati relativi a tutte le

domande di visto presentate presso le Rappresentanze diplomatiche e consolari dei Paesi che

vi cooperano. Questi database, che archiviano anche dati biometrici dei cittadini stranieri,

foto e impronte digitali, saranno integrati e permetteranno di verificare con certezza l’identità

degli individui in passaggio attraverso la frontiera esterna per mezzo di un sistema di

riconoscimento biometrico automatico108. Secondo il programma della Commissione, i tre

sistemi saranno collegati al Sistema di ingresso-uscita (entry-exit system), che permetterà la

registrazione e l’archiviazione elettronica delle informazioni sull’attraversamento della

frontiera da parte dei cittadini stranieri, sia se possessori di visto, sia se esenti dall’obbligo del

visto, in una banca dati centralizzata che, in assenza di registrazioni relative all’uscita, potrà

generare notifiche alla scadenza dell’autorizzazione concessa al cittadino straniero per

rimanere nell’area Schengen. Per i cittadini stranieri non sottoposti all’obbligo del visto sarà

prevista la raccolta delle impronte digitali, se non già presenti nel database, per gli stranieri

dotati di visto sarà eseguita la verifica di corrispondenza con i dati presenti nel VIS. La verifica

dell’identità tramite questo sistema sarà eseguita anche all’uscita. Al fine di permettere

procedure di verifica semplificate in alcuni punti di frontiera, velocizzando così il processo, la

Commissione ha proposto il Programma di registrazione dei viaggiatori

(RegisteredtravelerProgramme) per coloro che sceglieranno volontariamente di registrare

preventivamente i propri dati biometrici secondo una procedura predefinita. Anche in questo

caso i dati biometrici del viaggiatore saranno confrontati con quelli presenti sui database.

107Cfr. Regolamenton. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003che stabilisce i criteri e i meccanismi di

determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli

Stati membri da un cittadino di un paese terzo. 108 Le istituzioni comunitarie hanno previsto lo sviluppo del sistema BiometricMatching System (BMS). Vedi per

riferimento la relazionedellaCommissioneCOM(2011) 346 final, Report from the Commission to the European

Parliament and the Council on the development of the Visa Information System (VIS) in 2010 (submitted pursuant

to Article 6 of Council Decision 2004/512/EC), Brussels, 2011.

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Oltre allo sviluppo di questi strumenti, il Parlamento europeo e il Consiglio su iniziativa

della Commissione hanno istituito un’agenzia ad hoc per il controllo dei sistemi elettronici,

l’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala109, responsabile della

gestione di SIS II, VISed EURODAC. Il Consiglio ha inoltre istituito, per mezzo di una decisione

in esecuzione delle disposizioni del trattato e di un regolamento, l’Ufficio europeo di polizia

(EUROPOL)110 e l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere

esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX)111. Nel caso di EUROPOL, il

Consiglio ha previsto la facoltà dell’ente di accedere ai dati archiviati nei database, nei limiti

di competenza per prevenire e combattere la criminalità e il terrorismo che interessano due o

più Stati membri112. L’agenzia FRONTEX è stata creata per migliorare la gestione integrata

delle frontiere esterne dell’Unione, coordinando e assistendo le attività degli Stati membri ed

effettuando analisi dei rischi.

Le Istituzioni europee sono ancora impegnate a creare questi nuovi sistemi informatici

di grandi dimensioni e a costituire nuove agenzie sovranazionali. Nell’ottica del programma

della Commissione per l’armonizzazione delle pratiche sul rilascio dei visti e sui controlli alle

frontiere esterne e per la maggiore convergenza delle legislazioni nazionali in materia, gli

strumenti indicati sopra permetteranno la raccolta di notevoli quantità di dati ed informazioni

sui cittadini stranieri in viaggio nell’area Schengen e, grazie all’interoperabilità dei database,

creeranno le condizioni per l’eventuale individuazione di correlazioni, di conseguenza,

secondo il progetto della Commissione, saranno possibili analisi sui rischi fondate su

presupposti più stabili. Secondo le previsioni del Piano d’azione per l’attuazione del

109 Regolamento n. 1077 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia

europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. 110 Decisione del Consiglio del 6 aprile 2009 che istituisce l’Ufficio europeo di polizia

(EUROPOL).V.ancheVALVO, op. cit., pp. 364-367. 111 Regolamento n. 2007 del Consiglio del 26 ottobre 2004 che istituisce un’Agenzia europea per la gestione

della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX). 112Per quanto riguarda l’accesso di EUROPOL al VIS, cfr. la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno

2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità

designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di

reati di terrorismo e altri reati gravi. Per quanto riguarda l’accesso al SIS cfr. le disposizioni del Regolamenton.

1986/2006 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006sull’accesso al sistema d’informazione

Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di

circolazione.

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Programma di Stoccolma, la Commissione dovrà effettuare nei prossimi anni regolari analisi

e valutazioni sullo sviluppo e sul funzionamento degli strumenti legislativi, tecnologici e

organizzativi messi a punto113. Grazie all’architettura di agenzie e strumenti di nuova

generazione creata, la Commissione sarà capace di raccogliere e gestire direttamente, e non

più attraverso la sola mediazione degli Stati membri, una notevole mole di dati sull’operato

delle autorità competenti degli Stati membri, potrà effettuare valutazioni sulla loro attività e,

al limite, compiere pressioni nei confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in

maniera difforme dal suo punto di vista. Questo modus operandi permetterà indubbiamente

una maggiore convergenza tra le attività degli Stati membri in materia di visti di breve durata

e il ruolo della Commissione ne uscirà ulteriormente rafforzato.

5. Sviluppi recenti del sistema europei dei visti

Il Codice dei visti114, adottato il 13 luglio 2009, le cui disposizioni si applicano quasi

completamente dal 5 aprile 2010115 e successivamente modificato dal regolamento n. 977

della Commissione del 2011116, segna una svolta di fondamentale importanza nella storia del

sistema europeo dei visti. Esso tocca tutti gli argomenti basilari della materia e stabilisce le

condizioni e le procedure per il rilascio dei visti di breve durata e di transito attraverso i Paesi

membri dell’Unione Europea e dei Paesi associati che applicano pienamente l’acquis di

Schengen117. Restano obiettivi principali quelli indicati nei trattati e nel Programma dell’Aia

per lo sviluppo di una politica dei visti riguardante i soggiorni di durata non superiore a tre

mesi in conformità con le disposizioni del regolamento n. 539 del 2001 che adotta gli elenchi

113Per approfondire cfr. il Piano d’azione COM(2010) 171 definitivo, Comunicazione della Commissione al

Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni,

Creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i cittadini europei Piano d’azione per l’attuazione del

programma di Stoccolma, Bruxelles, 2010, nonché gli allegati del documento. 114 Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice

comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20 marzo 2012. 115Sono differite per esempio quelle relative al diniego dei visti e quelle relative all’uso del Sistema

d’Informazione dei Visti, cfr. l’art. 58del regolamento. 116Cfr. il Regolamento (UE) n. 977/2011 della Commissione del 3 ottobre 2011che modifica il regolamento n.

810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 117 Per la posizione particolare della Danimarca cfr. il 31° considerando del regolamento. Per Islanda e Norvegia

cfr. invece il 32° e 33° considerando, per la Svizzera il 34°, per il Liechtenstein il 35°, per il Regno Unito il 36° e

per l’Irlanda il 37°.

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dei Paesi i cui cittadini devono essere o no in possesso del visto118: tale politica è

esplicitamente considerata parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i viaggi legittimi e

a combattere l’immigrazione clandestina tramite l’armonizzazione delle legislazioni e delle

prassi nazionali, attraverso la creazione di uno spazio in cui le persone possono circolare

liberamente, accompagnata da misure in materia di controlli alle frontiere esterne e

all’immigrazione. Il sistema pone l’accento sul rispetto della dignità umana nella modalità di

accoglienza dei richiedenti e di trattamento delle domande di visto, sulla qualità del servizio

offerto, sulla facilità all’accesso al Consolato competente, sulla trasparenza e la visibilità delle

informazioni rilevanti, prevede anche la possibilità di procedure semplificate per richiedenti

noti al consolato per integrità e affidabilità.

Il nuovo codice dei visti, adottato sottoforma di regolamento dal Parlamento Europeo e

del Consiglio su proposta della Commissione, obbligatorio in tutti i suoi elementi e

applicabile direttamente negli Stati membri, è composto da sei titoli e tredici allegati. Il

legislatore ha previsto inoltre la compilazione di istruzioni operative riguardanti

l’applicazione pratica delle disposizioni del regolamento secondo la procedura di comitato119:

la Commissione per mezzo di due decisioni ha creato due manuali, quello per il trattamento

delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati120 e quelloper l’organizzazione del

servizio visti e la Cooperazione locale Schengen121. Il codice dei visti abroga e sostituisce

l’Istruzione Consolare Comune, compresi gli allegati, gli articoli dal 9 al 17 della

Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, numerose decisioni del Comitato

118Cfr. i consideranda dal 1° al 30°. 119Cfr. l’art. 52 del Codice dei visti e le disposizioni degli art. 5 e 7 della Decisione 1999/468/CE, Decisione del

Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla

Commissione. 120 Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già

rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che

modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale

per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati.Il testo in lingua inglese è

disponibile alla pagina internet: http://ec.europa.eu/home-

affairs/doc_centre/borders/docs/decision/5501/1_EN_ACT_part1_v4.pdf#zoom=100. 121Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il

manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 11.6.2010. Il testo

in lingua inglese è disponibile alla pagina internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-

affairs/pdf/policies/borders/docs/c_2010_3667_en.pdf.

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esecutivo Schengen, l’azione comune sul regime di transito aeroportuale e alcuni regolamenti

del Consiglio.

Il legislatore si è servito di tale strumento normativo, il Codice dei visti, innanzitutto per

far fronte ad alcune tra le critiche già mosse al sistema Schengen dei visti e in particolare

all’Istruzione Consolare Comune122, raccogliendo in un unico corpo normativo le disposizioni

sui visti contenute nell’acquis di Schengen, che traevano la loro base giuridica da un’ampia

quantità di regolamenti, direttive, azioni comuni e decisioni del Comitato esecutivo Schengen,

consolidando e razionalizzando per motivi di chiarezza e di efficacia tale base normativa. A

fronte dell’introduzione delle innovazioni rappresentate dalla raccolta degli identificatori

biometrici e dallo sviluppo del Sistema d’Informazione Visti (VIS), il nuovo codice ha

permesso, in secondo luogo, di definire le regole e le modalità per la gestione da parte delle

autorità competenti di tali strumenti. In terzo luogo, in vista dell’aumento delle domande di

visto e della novità rappresentata dalle forme alternative di gestione della loro raccolta, lo

strumento giuridico regola i termini fondamentali per il rapporto con fornitori esterni di

servizi, in termini di modalità di cooperazione e protezione dei dati e individua altre soluzioni

di cooperazione attraverso il ricorso ai consoli onorari, la co-ubicazione, i centri comuni,

nonché attraverso la rappresentanza limitata a livello locale tra gli Stati partner per mezzo

della conclusione di accordi di rappresentanza, ponendo così le basi per l’aumento della

copertura territoriale e per la diminuzione degli oneri e di difficoltà logistiche eccessive a

carico dei richiedenti per la presentazione della domanda di visto presso il Consolato

competente. Il codice pone infine l’accento sulla necessità della Cooperazione Locale

Schengen, prima denominata Cooperazione Consolare Locale, allo scopo di assicurare

l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune del rilascio dei visti.

Il legislatore europeo non si è limitato a raccogliere in un corpo normativo unico le

disposizioni precedenti in materia. Non si è limitato neppure al consolidamento e alla

razionalizzazione della base normativa della politica comune dei visti. Ha innovato. Ha dotato

122(2005/C 326/01) Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima

categoria. Cfr. anche il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009

recante modifica dell’istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima

categoria in relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del

ricevimento e del trattamento delle domande di visto.

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la Commissione di un apposito comitato, denominato “Comitato Visti”, per le competenze

esecutive e per l’elaborazione di istruzioni relative all’applicazione pratica delle disposizioni e

le ha affidato nuovi compiti: la Commissione dovrà effettuare con regolarità valutazioni sullo

stato di applicazione della politica, raccogliere una serie di informazioni rilevanti dagli Stati

membri, gestirle e divulgarle non solo alle autorità competenti degli altri Stati membri, ma

anche al pubblico.

Ulteriori innovazioni apportate dal legislatore alla materia sono presenti nel Titolo IV

del Codice dei visti, che riguarda la gestione amministrativa e l’organizzazione del servizio

visti. L’aumento della mobilità internazionale, l’aumento delle domande di visto, a fronte

delle limitate risorse a disposizione delle amministrazioni nazionali competenti, hanno portato

ad un sempre più diffuso ricorso all’esternalizzazione di alcune delle procedure inerenti

l’organizzazione del servizio visti, attraverso la cooperazione degli Uffici Consolari degli

Stati Schengen con fornitori esterni di servizi o altri intermediari commerciali. Il legislatore

ha perciò previsto disposizioni specifiche per regolare il rapporto con le società di servizi nel

rispetto della normativa comunitaria valida in altri settori, quali ad esempio le norme in

materia di appalti pubblici, concorrenza e sulla protezione dei dati personali. I fornitori esterni

di servizi, ad esempio, possono svolgere compiti di divulgazione di informazioni in merito ai

requisiti per la domanda di visto, raccogliere le domande di visto e riscuoterne i diritti per

conto del Consolato, possono gestire gli appuntamenti e restituire i documenti di viaggio. Non

possono in alcun modo avere accesso al VISo gestire altri compiti quali l’esame delle

domande, i colloqui, la decisione, la stampa e l’apposizione dei visti adesivi, che competono

esclusivamente al Consolato. Lo strumento giuridico che regola il rapporto di collaborazione

tra le due parti deve contenere disposizioni precise al riguardo secondo i requisiti minimi

previsti dal legislatore europeo123. Qualora decidano di collaborare con fornitori esterni di

servizi, i Consolati degli Stati membri sono tenuti a verificare la solvibilità e l’affidabilità

dell’impresa, comprese le licenze ed la loro iscrizione al registro delle imprese, devono

scambiare tra loro i dati sulla selezione, sulle modalità e sulle condizioni dei rispettivi

strumenti giuridici e trasmettere copia di questi ultimi anche alla Commissione. Essi devono

123 Cfr. l’allegato X del Codice visti.

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inoltre formare il personale della società esterna interessata e sorvegliare l’esecuzione dei

compiti affinché le modalità e le condizioni previste siano rispettate. Gli Stati membri

interessati sono in ogni caso responsabili in materia di protezione e trattamento dei dati124. Il

ricorso a fornitori esterni di servizi non è l’unico strumento definito dal legislatore. Anzi, il

ricorso ad esso è previsto solo nel caso in cui il numero dei richiedenti è tale da non

consentire la raccolta delle domande e dei dati in maniera tempestiva e adeguata o non è

possibile garantire diversamente una buona copertura territoriale del Paese interessato, nonché

non risultino appropriate le altre forme di cooperazione a livello locale tra gli Stati membri,

quali la rappresentanza limitata, la coubicazione e i centri comuni, oppure attraverso il ricorso

ai consoli onorari. Accordi di rappresentanza sono stati conclusi tra numerosi Stati membri

per la raccolta e l’esame di domande di visto in diversi Paesi terzi. L’Estonia ad esempio è

rappresentata da 14 Stati Schengen in 84 Paesi terzi per l’esame e il rilascio di visti di breve

durata; essa rappresenta sei Stati Schengen, Germania, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia,

Slovenia, Finlandia in quattro Paesi, a Pskov nella Federazione Russa, a Minsk in Bielorussia,

a Sofia in Bulgaria e a Tbilisi in Georgia125. La coubicazione prevede che il personale di uno

o più Stati membri espleti le proprie procedure presso il Consolato di un altro Stato membro,

condividendo le attrezzature di quest’ultimo. I centri comuni riuniscono invece il personale

dei consolati di due o più Stati membri in un unico edificio per consentire ai richiedenti di

presentare agevolmente le domande di visto essendo indirizzati verso gli sportelli lo Stato

membro competente. Ad esempio, la Casa Schengen, istituita a Kinshasa nella Repubblica

Democratica del Congo da un progetto belga-portoghese cofinanziato dal Fondo per le

Frontiere esterne, è aperta al pubblico dal 5 aprile 2010: il Belgio rappresenta anche l’Austria,

la Finlandia, la Francia, la Lituania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi per le domande di visto e

raccoglie gli identificatori biometrici per la Germania; la Svezia espleta le proprie funzioni

124É previsto inoltre il controllo conformemente all’art. 28 della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio del 24 ottobre 1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati

personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. 125 Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report

on Immigration and Asylum (2011).

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all’interno della Casa Schengen e rappresenta anche Danimarca, Islanda e Norvegia126. In

ogni caso gli Stati membri notificano alla Commissione le modalità con cui intendono

organizzare la collaborazione e, in caso di terminazione del rapporto di collaborazione,

assicurano la continuità del servizio. I consoli onorari sono autorizzati invece a svolgere solo i

compiti che possono essere affidati ai fornitori esterni di servizi. Per la presentazione delle

domande di visto, fatta eccezione per la raccolta di identificatori biometrici, gli Stati membri

possono cooperare anche con intermediari commerciali attraverso la concessione di un

accreditamento basato sulla verifica della situazione dell’intermediario commerciale,

sull’esistenza di contratti con partner commerciali stabiliti negli Stati membri che offrono

alloggio e altri servizi per il viaggio e sull’esistenza di contratti con compagnie di trasporto.

Indipendentemente dal fatto che siano in atto o meno forme di cooperazione, la

responsabilità dell’organizzazione delle procedure connesse alle domande di visto appartiene

agli Stati membri. L’esame delle domande di visto e la decisione in merito, nonché i colloqui,

la stampa e l’applicazione dei visti adesivi competono esclusivamente ai Consolati. Il

legislatore ha previsto disposizioni specifiche per regolare le attività dei consolati e

l’organizzazione del servizio. Il personale che è a contatto con i richiedenti deve garantire che

questi ultimi siano accolti con cortesia, nel rispetto della dignità umana, senza discriminazioni

di sorta. È compito degli Stati membri far sì che il personale, sia quello espatriato sia quello

assunto localmente, sia in numero sufficiente e abbia una formazione adeguata al fine di

garantire una qualità ragionevole e armonizzata del servizio pubblico. Onde evitare la

riduzione del livello di vigilanza e proteggere il personale da pressioni a livello locale,

dovrebbero essere istituiti sistemi di rotazione per il personale che tratta direttamente con i

richiedenti e chiare assegnazioni delle responsabilità. L’accesso alla consultazione del VISe

del SISè ristretto a un numero limitato di membri del personale debitamente autorizzati. Allo

stesso modo, la conservazione e l’uso dei visti adesivi sono soggetti ad adeguate misure

contabili e di sicurezza al fine di evitare frodi. I Consolati sono tenuti a mantenere gli archivi

di tutti i fascicoli individuali relativi alle domande di visto per almeno due anni dalla data di

decisione sulla domanda, spetta invece alle Autorità centrali il controllo frequente e adeguato

126Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report

on Immigration and Asylum (2011).

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delle modalità di esame delle domande di visto e l’adozione di provvedimenti correttivi in

caso di violazioni. Ogni anno, entro il primo marzo, gli Stati membri compilano statistiche

relative all’anno precedente sulle domande di visto presentate, sul rilascio e sul diniego di

visti uniformi, di visti con validità territoriale limitata e di transito aeroportuale.

La Cooperazione Consolare Locale prevista nell’Istruzione Consolare Comune è stata

ribattezzata Cooperazione Locale Schengen dal Codice dei visti. Il suo obiettivo principale è

l’applicazione armonizzata della politica comune dei visti. Essa prevede che all’interno di

ogni giurisdizione i Consolati degli Stati membri e la Commissione cooperino al fine di

adottare elenchi armonizzati di documenti giustificativi, criteri comuni per l’esame delle

domande di visto e per le esenzioni dei pagamenti dei diritti, elenchi esaustivi dei documenti

di viaggio riconosciuti, schede informative comuni per i richiedenti, informazioni relative alla

cooperazione con fornitori esterni di servizi, nonché le decisioni sull’introduzione o il ritiro

delle richieste di consultazione preliminare. I Consolati si scambiano informazioni sulla

cooperazione con società di trasporto e di assicurazione, le statistiche mensili sui visti

rilasciati e rifiutati e, ai fini della valutazione dei rischi migratori e per la sicurezza, le

informazioni riguardanti la struttura socioeconomica del Paese terzo, le frodi riscontrate nelle

documentazioni di viaggio, le reti di immigrazione illegale, l’impiego di documenti falsi,

contraffatti o alterati, i rifiuti dei visti e le fonti di informazione a livello locale, anche su

sicurezza sociale, assicurazione sanitaria, registrazione di ingressi e uscite. La cooperazione

avviene attraverso riunioni su base regolare per trattare questioni operative sull’applicazione a

livello locale della politica comune dei visti, tuttavia per questioni specifiche possono essere

organizzate riunione monotematiche anche attraverso la costituzione di sottogruppi. Vi

partecipano rappresentanti dei Consolati degli Stati membri dell’Unione Europea, degli Stati

associati che applicano la politica comune in materia di visti, nonché rappresentanti degli Stati

membri dell’Unione Europea che non applicano ancora integralmente tale politica127. Le

relazioni delle riunioni devono essere regolarmente diffuse a livello locale e ogni Consolato

ha l’obbligo di inoltrarle alle proprie Autorità centrali. La Commissione deve invece

predisporre una relazione annuale per ogni giurisdizione da presentare al Parlamento Europeo

127Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il

manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 2010, p. 17.

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e al Consiglio. La Cooperazione locale Schengen è lo strumento essenziale messo a punto dal

legislatore per garantire l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune

dei visti nei diversi contesti locali e per prevenire il trattamento ineguale dei richiedenti o

abusi quali il “visa shopping”, attraverso il regolare scambio delle informazioni rilevanti tra i

Consolati, nonché tra essi e le autorità centrali degli Stati membri e la Commissione.

Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è un sistema di scambio tra gli Stati membri di

dati relativi ai visti. Esso permette alle autorità nazionali autorizzate di inserire, aggiornare e

consultare per via elettronica dati relativi ai visti. È stato istituito dalla Decisione del

Consiglio del 8 giugno del 2004128, presa conformemente alle disposizioni dell’art. 66 del

Trattato che istituisce la Comunità europea129 in seguito alla proposta della Commissione e

visto il parere del Parlamento europeo. Pochi mesi dopo ai fatti dell’11 settembre 2001, il

Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre ha chiesto al Consiglio e agli Stati membri

di adottare le disposizioni necessarie per attuare un sistema comune di identificazione dei visti

ed esaminare la possibilità di istituire Uffici consolari comuni, al fine di rendere possibile una

gestione più efficace del controllo alle frontiere esterne dell’Unione e contribuire alla lotta

contro il terrorismo, le organizzazioni d’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri

umani130. Il Consiglio europeo di Siviglia ha sollecitato il Consiglio e la Commissione ad

accordare priorità assoluta a tali indicazioni. La Commissione è stata incaricata per la

presentazione di proposte per istituire tale sistema e nel 2002 ha avviato uno studio di

fattibilità sugli aspetti tecnici e finanziari del VIS, accolto favorevolmente dal Consiglio il 5

giugno del 2003, che ha invitato la Commissione a continuare i lavori preparatori sullo

sviluppo del VISdi concerto con gli Stati membri. Sulla base delle indicazioni del Consiglio

europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, che ha ritenuto necessario che venissero

elaborati orientamenti riguardanti la base giuridica appropriata per la pianificazione dello

sviluppo del VIS, il Consiglio ha infine adottato la Decisione del Consiglio del 8 giugno del

2004 per l’istituzione del VIS, per l’impegno delle risorse finanziarie necessarie e per

128 Cfr. la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS). 129 Ora art. 74 TFUE. 130 Cfr. il punto n. 42 delle Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre

2001.

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l’iscrizione nel bilancio generale dell’Unione Europea degli stanziamenti necessari al suo

sviluppo, compresa l’esecuzione di tale parte di bilancio. Il Consiglio ha deciso che per le

misure di attuazione, la Commissione è assistita dal Comitato responsabile anche per lo

sviluppo del Sistema d’Informazione Schengen di seconda generazione (SISII)131.

Nelle conclusioni del Consiglio del 20 febbraio 2004 sullo sviluppo del VIS, del 29

aprile 2004 sul Sistema d’Informazione Schengen e del 17 febbraio 2005 sull’inserimento dei

dati biometrici nei visti e nei permessi di soggiorno, il Consiglio ha esposto la necessità di

coerenza tra l’uso degli identificatori biometrici e le specifiche del sistema centrale

d’informazione visti, ha indicato che il VISdovrebbe essere basato su un’architettura

centralizzata, dotata di una piattaforma tecnica comune con il SIS IIed essere fisicamente

ubicato nello stesso luogo del sistema centrale SIS II e ha infine invitato la Commissione ad

anticipare al 2006 l’introduzione della biometria nello sviluppo della parte centrale del VIS.

Sulla base di queste indicazioni, la Commissione ha adottato nel corso del 2006 due decisioni

riguardanti le specifiche tecniche sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del VIS132 e

l’ubicazione del VIS133. La prima di tali decisioni, collegata anche alla nuova strategia di avvio

delle attività del sistema attraverso un approccio regionale progressivo a partire dal Nord

Africa e comprensivo della raccolta dei dati biometrici, ha avuto come conseguenza la

necessità di riprogrammare i lavori tecnici di sviluppo del VIS. Nel calendario originario il

varo del VISera previsto per il mese di marzo 2007 e avrebbe interessato solo sei Stati membri,

ognuno dei quali avrebbe collegato al sistema almeno un consolato, senza dati biometrici134.

Nel 2007, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico

sulla base giuridica del VIS, concretizzatasi nell’adozione nel 2008 di due strumenti

131 Istituito dall’art. 5, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio n. 2424/2001 del 6 dicembre 2001 sullo

sviluppo del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Si applica la decisione

1999/468/CE, Decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di

esecuzione conferite alla Commissione. 132 Decisione della Commissione del 22 settembre 2006 che stabilisce le specifiche tecniche in relazione alle

norme sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del Sistema informazione visti. 133 Decisione della Commissione del 3novembre 2006 che stabilisce le ubicazioni del sistema di informazione

visti durante la fase di sviluppo. 134 Per approfondire cfr. il documento COM(2008) 714 definitivo, Relazione della Commissione al Consiglio e al

Parlamento Europeo sullo stato di avanzamento del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2007.

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giuridici135. Il primo è un regolamento concernente il Sistema di Informazione Visti e lo

scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata, il cosiddetto

regolamento VIS. Esso definisce lo scopo, le funzionalità del VIS, le relative responsabilità, le

condizioni e le procedure per lo scambio di dati tra Stati membri in ordine alle domande di

visto per soggiorni di breve durata e alle decisioni adottate al riguardo136. Il secondo è una

decisione del Consiglio Giustizia e Affari Interni, nel quadro del terzo pilastro, che integra le

disposizioni relative all’accesso per la consultazione al VISda parte delle autorità designate

degli Stati membri e di EUROPOL137 ai fini della prevenzione, dell’individuazione e

dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. L’adozione dei due strumenti è

avvenuta in corso d’opera, mentre la Commissione, gli esperti nazionali e i contraenti

lavoravano già allo sviluppo del sistema. Tuttavia ha permesso di proseguire lo svolgimento

dei lavori sulla base del progetto politico concordato nel 2007. Durante questo processo è

stata evidenziata la necessità di modificare anche l’Istruzione Consolare Comune, ancora in

vigore, e il Codice delle Frontiere Schengen per tener conto anche del funzionamento del

VISrispettivamente nelle rappresentanze consolari e ai valichi di frontiera. I relativi strumenti

giuridici sono stati adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio solamente nel 2009,

attraverso due regolamenti: il primo modifica il regolamento n. 562 del 2006 per quanto

riguarda l’uso del VISa norma del Codice delle Frontiere Schengen138, il secondo strumento

modifica l’Istruzione Consolare Comune, modificata e abrogata successivamente dal Codice

dei visti adottato nel mese di luglio dello stesso anno e trattato nella prima sezione di questo

capitolo139.

135Per approfondire cfr. anche COM(2009) 473 definitivo, Relazione della Commissione al Parlamento Europeo

eal Consiglio sullo sviluppo del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2008. 136 Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 concernente il sistema

d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata

(regolamento VIS). 137 Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema

di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della

prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. 138Regolamento n. 81/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 gennaio 2009 che modifica il

regolamento n. 562/2006 per quanto riguarda l’uso del sistema di informazione visti (VIS) a norma del codice

frontiere Schengen. 139Cfr. il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2009 recante modifica

dell’Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in

relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del ricevimento e

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La Commissione per mezzo della procedura di comitato ha adottato varie decisioni

riguardanti il VIS: nel giugno 2008 la decisione che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti

delle interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il VIScentrale e le

interfacce nazionali nella fase di sviluppo140, nel maggio 2009 la decisione sulle specifiche

VISMail sul meccanismo di consultazione e sullo scambio di dati sui visti tra gli Stati

membri141, nel mese di ottobre 2009 la seconda decisione sulle biometrie relativa alla

risoluzione e all’uso delle impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche nel VISe nel

sistema di confronto biometrico142, nel novembre 2009 la decisione che determina le prime

regioni per l’inizio delle attività del VIS143, la contemporanea decisione sulle misure necessarie

alla realizzazione tecnica che stabilisce le varie operazioni di trattamento dei dati nel VIS144 e,

infine, un piano di sicurezza per il funzionamento del VIS145. Finalmente, in seguito al positivo

completamento di un collaudo generale del VIS, soddisfatte tutte le condizioni di cui

all’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento VIS, la Commissione per mezzo della decisione

di esecuzione del 21 settembre 2011146 ha stabilito l’avvio delle attività del VISnella prima

del trattamento delle domande di visto; cfr. anche il Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del

Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20

marzo 2012. 140 Decisione della Commissione del 17 giugno 2008 che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti delle

interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il VIS centrale e le interfacce nazionali nella fase

di sviluppo. 141 Decisione della Commissione del 5 maggio 2009che adotta i provvedimenti attuativi relativi al meccanismo

di consultazione e alle altre procedure di cui all’articolo 16 del regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento

europeo e del Consiglio concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri

sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 142 Decisione della Commissione del 9ottobre 2009 che stabilisce le specifiche per la risoluzione e l’uso delle

impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche biometriche nel sistema di informazione visti. 143Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività

del sistema d’informazione visti (VIS). 144Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che adotta le misure necessarie alla realizzazione tecnica

per quanto riguarda l’inserimento dei dati e il collegamento delle domande, l’accesso ai dati, la modifica, la

cancellazione e la cancellazione anticipata dei dati, la registrazione delle operazioni di trattamento dei dati e il

relativo accesso nell’ambito delsistema di informazione visti. 145Decisione della Commissione del 4 maggio 2010 relativa al piano di sicurezza per il funzionamento del

sistema di informazione visti. 146Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011 che

stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione.

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regione l’11 ottobre 2011. Attraverso una seconda decisione di esecuzione ha stabilito la data

di inizio delle attività per il 10 maggio 2012 nella seconda regione147.

L’ultimo strumento giuridico adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo

la procedura legislativa ordinaria in relazione al VISè il regolamento n. 1077 del 2011148. Esso

ha istituito un’agenzia europea, avente personalità giuridica, dotata di autonomia giuridica,

amministrativa e finanziaria, per la gestione operativa del VIScentrale, delle interfacce

nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione, del SIS II, di EURODAC ed incaricata anche di

svolgere altri compiti relativi allo sviluppo e alla gestione operativa di altri sistemi di

tecnologie informatiche su larga scala e le relative infrastrutture di comunicazione.

L’istituzione dell’agenzia segna al momento l’ultimo passo nella creazione di istituzioni

da parte del legislatore europeo per lo sviluppo dei sistemi di tecnologie informatiche creati

per la conduzione delle politiche nel settore Giustizia e Affari interni e, in particolare, per la

gestione del VIS. In risposta alle necessità tecniche per lo sviluppo del VIS, le istituzioni

europee avevano già istituito numerosi comitati e gruppi consultivi. Vale la pena menzionare

il Comitato SISVIS(formazione VIS) istituito dall’art. 51 del regolamento 1987 del Parlamento

europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del Sistema

d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Nel gruppo SISVIS, gli esperti degli

Stati membri si riuniscono in due formazioni diverse, rispettivamente competenti per il

progetto SIS IIe VIS. Il comitato si è riunito regolarmente in formazione VISdurante la fase di

pianificazione e di esecuzione del progetto per assistere la Commissione nell’esercizio delle

sue competenze di esecuzione, discutere i progressi della messa a punto del sistema, le

questioni tecniche di dettaglio e per adottare le decisioni di comitato connesse alle norme di

attuazione. Per il lavoro consultivo del Comitato SISVISin formazione VIS, è stato istituito un

gruppo, il Change Management Board, responsabile per la formulazione di raccomandazioni

sulla gestione della configurazione del VIS durante la fase di sviluppo e collaudo. Il Gruppo

consultivo Prove Tecniche è un altro gruppo di lavoro del Comitato SISVISin formazione VIS,

147Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce

la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione. 148Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia

europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

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che si riunisce periodicamente o in teleconferenze, responsabile per la gestione delle prove

secondo un processo strutturato. Esso fornisce consulenze sul completamento delle campagne

di prova del VISe formula raccomandazioni, in particolare nel momento in cui gli Stati

membri partecipano direttamente a tali attività. Il Gruppo di esperti VISMail, infine, a cui

partecipano almeno dieci Stati membri in riunioni periodiche, è stato creato per l’attuazione

del meccanismo di comunicazione del VISin collaborazione diretta con il contraente della rete

e supportato dal contraente responsabile del sostegno e dell’assistenza alla qualità.

In relazione alle sue dimensioni e agli effetti del suo ambito di azione che supera la

scala di grandezza dei singoli Stati membri, il VISè stato istituito in conformità del principio di

sussidiarietà. L’intervento della Comunità dovrebbe essere limitato nella sua azione al

raggiungimento dello scopo secondo il principio di proporzionalità, nel rispetto dei diritti

fondamentali e gli altri principi riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea. Le disposizioni relative al VIScostituiscono uno sviluppo dell’acquis di Schengen.

Esse vincolano tutti gli Stati Schengen membri dell’Unione e associati, compresi Cipro,

Bulgaria e Romania, nonché l’Islanda e la Norvegia, la Confederazione Svizzera e il

Liechtenstein ai sensi dei rispettivi accordi e protocolli di associazione sottoscritti con le

istituzioni europee. La Danimarca, in virtù del protocollo riguardante la particolarità della sua

posizione non ha partecipato all’adozione degli strumenti giuridici a fondamento del VISe

pertanto non sarebbe vincolata dalle disposizioni né soggetta alla loro applicazione. Tuttavia,

essa ha notificato con lettera del 13 ottobre 2008 l’avvenuta ricezione del regolamento VISnel

suo diritto interno e la sua decisione di partecipare ai lavori. Il regolamento VISè quindi

vincolante per la Danimarca ed essa ha l’obbligo, in virtù del diritto internazionale, di attuare

questo strumento giuridico e le relative decisioni ad esso connesse. Regno Unito e Irlanda non

partecipano invece alle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al VIS, anche se il Regno

Unito, previa richiesta in tal senso, è stato autorizzato a partecipare all’istituzione

dell’Agenzia europea per la gestione operativa del sistemi di tecnologia dell’informazione su

larga scala, negli ambiti SIS II, VISe EURODAC149.

149 Cfr. il considerando n.33 del Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre

2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di

libertà, sicurezza e giustizia.

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In seguito al completamento delle fasi di pianificazione, realizzazione tecnica e

attuazione del VIScentrale, dell’interfaccia nazionale in ciascuno Stato membro e

dell’infrastruttura di comunicazione tra il VIScentrale e le interfacce nazionali, comprese le

funzionalità per il trattamento dei dati biometrici, in seguito al positivo completamento di un

collaudo generale del VISeffettuato dalla Commissione insieme agli Stati membri, in seguito

alla convalida delle disposizioni tecniche e alla comunicazione degli Stati membri alla

Commissione sull’adozione delle necessarie disposizioni tecniche e giuridiche per raccogliere

e trasmettere i dati al VISa livello regionale150, la Commissione ha determinato con la

decisione di esecuzione del 21 settembre 2011151 il varo del VISnella prima regione a partire

dall’11 ottobre 2011. Tale decisione riguarda la raccolta di tutte le domande di visto

presentate presso i Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Libia, Mauritania,

Marocco e Tunisia. Fino al 31 dicembre 2012 il VISaveva già processato 299.648 domande di

visto, conclusesi secondo i dati ufficiali con 229.124 visti rilasciati e 33.451 dinieghi, nonché

con la rilevazione di 468 possibili casi di visa shopping, determinati alla presentazione di

domande di visto multiple, in un caso ben cinque domande presentate dallo stesso richiedente

presso diversi Consolati degli Stati Schengen152. Per mezzo di un’altra decisione di

esecuzione della Commissione153, il sistema di informazione visti è entrato in funzione a

partire dal 10 maggio 2012 nella regione del Vicino Oriente.

La Commissione il 30 novembre 2009 per mezzo di una decisione154 aveva determinato

le prime regioni per l’inizio delle attività del VISselezionandole sulla base dei criteri del

150Cfr. le disposizioni dell’art. 48 del Regolamento VIS. 151Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011che stabilisce la data di inizio delle

attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione. 152Cfr. le sezioni 3.7-9 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European

Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels,

11.07.2012. 153 Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce la data di inizio delle

attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione. 154 Cfr. la Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle

attività del sistema d’informazione visti (VIS). La prima regione già citata è l’Africa settentrionale, la seconda

regione è il Vicino Oriente, comprendente Israele, Giordania, Libano e Siria, la terza regione è la regione del

Golfo e include Afghanistan, Bahrein, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e

Yemen. Ai sensi dell’art. 2 della decisione, i valichi di frontiera esterni costituiscono una regione distinta per

l’avvio delle operazioni: onde evitare lacune nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della

sicurezza interna e in modo da coprire le domande di visto presentate alle frontiere esterne, secondo la

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rischio di immigrazione illegale, delle minacce alla sicurezza interna degli Stati membri e

della fattibilità della raccolta dei dati biometrici da tutte le località di tali regioni155. La

valutazione della Commissione, compiuta sulle varie regioni indicate in precedenza nel 2005

dagli esperti degli Stati membri per l’applicazione progressiva del VIS, si è basata in

particolare sul primo criterio, tenendo conto di elementi quali i tassi medi di rifiuto del visto e

di ingresso per ciascuna delle regioni, e sul terzo criterio, in quanto in alcune regioni era

opportuno aumentare la presenza o la rappresentanza consolare per un uso efficace del VIS156.

Successivamente, il 24 aprile 2012, la Commissione ha determinato il secondo gruppo di

regioni per l’inizio delle attività del VIS. I criteri per la valutazione delle regioni restano quelli

determinati dall’art. 48 comma 4 del regolamento del VIS. L’analisi della Commissione si è

basata tuttavia su elementi ulteriori rispetto all’analisi condotta per il primo gruppo di regioni:

non solamente sui tassi medi di rifiuto del visto e di ingresso per ciascuna delle regioni

secondo il criterio dell’immigrazione irregolare e sul criterio della fattibilità della raccolta di

dati biometrici da tutte le località di tali regioni, ma, in relazione al primo criterio, anche sui

tassi di rifiuto dell’ingresso alla frontiera e sui tassi di presenza di cittadini di Paesi terzi in

posizione irregolare nel territorio degli Stati membri; riguardo al secondo criterio, relativo alle

minacce alla sicurezza interna, sulla valutazione della minaccia effettuata da EUROPOL; per

quanto riguarda il terzo criterio, la valutazione si è basata anche sulla constatazione che in

tutte le regioni del mondo è aumentata la presenza o la rappresentanza consolare degli Stati

Schengen. Secondo tali valutazioni, le successive regioni in cui dovrebbero cominciare la

raccolta e la trasmissione al VISdei dati in materia di visti per tutte le domande di visto sono

rispettivamente l’Africa occidentale157, l’Africa centrale158, l’Africa orientale159, l’Africa

Commissione gli Stati membri dovrebbero cercare di iniziare appena possibile la raccolta e la trasmissione dei

dati al VIS presso i valichi delle frontiere esterne, al fine di evitare che cittadini di paesi terzi delle regioni in

questione eludano l’avvio delle operazioni in tali regioni presentando la domanda alle frontiere esterne. 155 Cfr. l’art. 48 comma 4 del Regolamento VIS e il secondo considerando della Decisione della Commissione del

30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti

(VIS). 156 Cfr. il terzo considerando della Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime

regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 157 La quarta regione che seguirà la terza regione del Golfo. Essa comprende:Benin, Burkina Faso ,Capo Verde,

Costa d’Avorio,Gambia,Ghana,Guinea,Guinea-Bissau,Liberia,Mali,Niger,Nigeria,Senegal,Sierra LeoneeTogo. 158 Quinta regione:Burundi,Camerun,Repubblica centrafricana,Ciad,Congo,Repubblica democratica del

Congo,Guinea equatoriale,Gabon,Ruanda,Sao Tomé e Principe.

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meridionale160, l’America meridionale161, l’Asia centrale162, e l’Asia sudorientale163. Il

Territorio palestinese occupato era stato escluso dalla regione del Vicino Oriente, in

considerazione delle difficoltà tecniche che si sarebbero potute verificare nella fornitura di

apparecchiature alle rappresentanze o agli uffici consolari interessati. Onde evitare lacune

nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della sicurezza interna, tenuto

conto del tempo concesso agli Stati membri per risolvere le difficoltà tecniche, il Territorio

palestinese occupato dovrebbe costituire l’undicesima regione in cui cominciare la raccolta e

la trasmissione al VISdei dati in materia di visti per tutte le domande di visto. Le date esatte di

inizio delle attività del VISin ciascuna di queste regioni saranno determinata dalla

Commissione per mezzo di decisioni di esecuzione a norma dell’articolo 48 del regolamento

VIS. La determinazione delle altre regioni avverrà in futuro sulla base di valutazioni

supplementari e aggiornate sulla situazione relativa alle regioni in questione, svolta secondo i

criteri pertinenti e l’esperienza compiuta durante l’attuazione delle disposizioni nelle regioni

determinate in precedenza. L’art. 48 comma 3 del regolamento VISpermette agli Stati membri,

previa comunicazione alla Commissione, di iniziare in anticipo le attività del VIS. Tale

disposizione è già stata utilizzata dall’Ungheria, che ha dato avvio alle attività del VISpresso le

sue rappresentanze a Istanbul, Ankara e Chisinau l’11 ottobre 2011, dalla Svizzera e

dall’Estonia sempre dalla stessa data per il rilascio dei visti presso i valichi delle frontiere

esterne presenti sui rispettivi territori, dall’Estonia e dal Belgio dalla stessa data in tutti i

Consolati, anche se con l’esclusione della raccolta delle impronte digitali. Il Belgio ha

cominciato le attività anche a Conakry il 1 novembre 2011. La Germania e l’Islanda hanno

avviato l’11 ottobre 2011 le attività del VISper il rilascio dei visti presso i rispettivi valichi

delle frontiere esterne, nel caso della Germania con la raccolta delle impronte digitali,

fornendo comunicazione alla Commissione solo in un secondo momento, contravvenendo

159 Sesta regione:Comore,Gibuti,Eritrea,Etiopia,Kenia,Madagascar,Maurizio,Seychelles,Somalia,Sudan,Sudan

del Sud,Tanzania,Uganda. 160 Settima regione:Angola, Botswana,Lesotho,Malawi,Mozambico,Namibia,Sud

Africa,Swaziland,Zambia,Zimbabwe. 161 Ottava regione:Argentina,Bolivia,Brasile,Cile,Colombia,Ecuador,Paraguay,Perù,Uruguay,Venezuela. 162 Nona regione:Kazakhstan,Kirghizistan,Tagikistan,Turkmenistan,Uzbekistan. 163 Decima regione:Brunei,Birmania/Myanmar,Cambogia,Indonesia,Laos, Malaysia, Filippine, Singapore,

Thailandia, Vietnam.

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così alla regola del regolamento VIS. La Polonia invece ha comunicato l’avvio di un progetto

pilota per l’uso del VIScon la raccolta dei dati biometrici a Baku, Yerevan e Kuala Lumpur dal

26 ottobre 2011 al 31 maggio 2012164.

L’Agenzia europea per la gestione dei sistemi IT su larga scala è responsabile del

monitoraggio del funzionamento del VISrispetto agli obiettivi prefissati in termini di risultati,

di rapporto costi/benefici, di sicurezza e di qualità del servizio, nonché, dal secondo anno

dopo l’entrata in funzione del VIScon cadenza biennale, è tenuta a presentare al Parlamento

europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sul funzionamento tecnico del VIS. Essa

deve anche comunicare tutte le informazioni necessarie affinché la Commissione, a partire dal

terzo anno dopo l’entrata in funzione del VISe in seguito con cadenza quadriennale, sia in

grado di effettuare valutazioni globali sul VISda presentare al Parlamento Europeo e al

Consiglio, che comprendano analisi dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi

prefissati, che determinino se i principi di base permangono validi e che valutino lo stato di

applicazione del regolamento VIS.

6. Una valutazione del regime comune dei visti: individuazione di

difficoltà applicative e di possibili violazioni

La cooperazione europea in materia di visti si è sviluppata a carattere intergovernativo

tra alcuni Stati membri a partire dall’Accordo di Schengen del 1985 e dalla Convenzione di

applicazione di tale accordo del 1990. Il quadro giuridico è stato comunitarizzato con il

Trattato di Amsterdam e sottoposto a successiva revisione e razionalizzazione, tuttavia non è

accettato in quanto tale da alcuni dei Paesi membri dell’Unione Europea. Al momento attuale

gli Stati, membri dell’Unione o associati, che cooperano in materia di visti applicano alcuni

strumenti giuridici il cui scopo principale è la definizione di regole unitarie, chiare e

possibilmente univoche affinché gli Stati Schengen, in particolare le loro amministrazioni

competenti in materia, siano in grado di applicare la politica comune dei visti in maniera

uniforme nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. Le Istituzioni europee a tal fine hanno

164Cfr. la sezione 3.8 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European

Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels,

11.07.2012.

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creato un modello uniforme di visto165, gli elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini

devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al

contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo166, un Codice dei visti167,

indispensabile per la definizione di regole, procedure e condizioni comuni per il rilascio dei

visti di breve durata e affiancato da due ulteriori strumenti non giuridicamente vincolanti ma

utili per le istruzioni operative, ossia i manuali per il trattamento delle domande di visto e la

modifica dei visti già rilasciati168 e per l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione

locale Schengen169, nonché il Sistema d’Informazione Visti (VIS)170, un’opera di tecnologia

informatica di grandi dimensioni, in fase di avvio nel mondo, designato per la raccolta dei dati

relativi al rilascio dei visti, compresi alcuni dati biometrici dei richiedenti, foto e impronte

digitali, utilizzabili in momenti successivi ai fini della verifica e dell’identificazione. I quattro

strumenti fondamentali sono affiancati e fanno riferimento ad altri strumenti definiti dal

legislatore europeo in settori affini e collegati alla politica dei visti, si veda ad esempio il

Codice delle Frontiere Schengen171 o il ruolo svolto dal Sistema di Informazione Schengen

(SIS).

165 Regolamento n. 1683 del Consiglio del 29 maggio 1995 che istituisce un modello uniforme per i visti (ultima

versione consolidata del 22 settembre 2008). 166Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini

devono essere in possesso del visto all’atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi

i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(ultima versione consolidata del 11 gennaio 2011). 167Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice

comunitario dei visti (ultima versione consolidata del 20 marzo 2012). 168 Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già

rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che

modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale

per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati. 169Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il

manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen. 170Cfr.in particolare la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti

(VIS), (2004/512/CE); il Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008

concernente il sistema d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di

breve durata (regolamento VIS); la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa

all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati

membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e

altri reati gravi; nonché il capitolo 2.2 della presente tesi . 171Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice

comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (ultima versione

consolidata del 5 aprile 2010).

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L’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo è sfidata da elementi

interni ed esterni all’Unione. Innanzitutto, alcuni Paesi dell’Unione non partecipano all’acquis

di Schengen, ne contestano la comunitarizzazione o vi partecipano in maniera limitata

operando la propria scelta caso per caso in merito ai singoli strumenti definiti dal legislatore

europeo172. Per di più, come già dimostrato nei capitoli precedenti, il visto uniforme non è

un’entità unica che permette la libera circolazione degli stranieri nell’insieme del territorio

europeo. La definizione stessa di visto è complessa, esistono più tipologie di visto e,

potenzialmente in grado di creare ulteriore confusione, il modello di visto adesivo creato dal

Consiglio è utilizzato per il rilascio non solo dei visti di breve durata ma anche per quelli di

lunga durata, le cui regole di rilascio esulano dall’ambito di applicazione del Codice dei visti

e sono di competenza dei singoli Stati. All’esterno, l’unitarietà del quadro normativo è sfidata

dall’estrema eterogeneità dei contesti regionali, nazionali e locali all’interno dei Paesi terzi. È

opportuno far notare che il sistema definito dal legislatore europeo prevede un certo grado di

flessibilità. Per esempio, le liste dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del

visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e dei Paesi terzi i cui cittadini sono

esenti da tale obbligo prevedono la possibilità di deroga nei confronti di categorie particolari

di cittadini di Paesi terzi. Lo stesso legislatore europeo ha sottoscritto accordi internazionali

con singoli Paesi terzi per facilitare il rilascio dei visti nei confronti dei cittadini di tali Stati e

ha previsto la revisione delle elenchi comuni dei Paesi terzi in base alla valutazione delle

variazioni delle condizioni in tali Paesi e delle problematiche riguardanti la reciprocità. Per

quanto riguarda le liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto per il

transito aeroportuale, il legislatore ha permesso ampia autonomia di scelta ai singoli Stati

membri, con consecutiva marcata variabilità nelle decisioni. A causa della diversità dei

contesti nazionali e locali in cui operano i Consolati dei Paesi membri, le liste dei documenti

giustificativi richiesti a coloro che richiedono il visto possono variare considerevolmente. La

Cooperazione locale Schengen svolge un ruolo in tal senso affinché a livello di ogni singolo

contesto locale le liste di giustificativi richiesti dai vari Consolati siano uniformi. Ciò non

esclude però le differenze tra i diversi contesti locali, avvallate anche da decisioni in merito

172 Si pensi ad esempio ai casi già citati di Regno Unito, Irlanda e Danimarca.

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della Commissione stessa173. Le dimensioni stesse degli Stati membri hanno conseguenze sul

grado di rappresentanza locale presso i Paesi terzi e, quindi, anche sull’accessibilità da parte

dei cittadini stranieri al Consolato competente per il trattamento della domanda di visto:

alcuni Paesi possiedono Rappresentanze diplomatiche e consolari nella maggior parte degli

Stati terzi, altri sono costretti invece a sottoscrivere accordi di rappresentanza con altri Stati

Schengen o ricorrere ad altre modalità per la raccolta delle domande di visto. Anche altri

strumenti previsti dal legislatore, quali ad esempio la possibilità di ricorso alla procedura di

consultazione preliminare, sono utilizzati dagli Stati Schengen in maniera difforme: alcuni

Paesi chiedono di essere consultati in numerosi casi, altri ritengono non necessario il ricorso a

tale eventualità. Un altro ambito in cui si può notare la mancanza di uniformità riguarda le

liste dei cittadini stranieri conosciuti e ai quali i Paesi membri intendono negare l’accesso al

territorio comune attraverso l’uso del SIS: gli Stati Schengen si differenziano in base alla

modalità di inserimento dei dati, alla gestione degli stessi e in alcuni casi perfino in base ai

criteri di valutazione riguardanti l’uso stesso di tale strumento174.

Ma qual è la situazione a livello di condizioni di rilascio e di rifiuto dei visti? Per la

definizione delle liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto, la

Commissione ha definito criteri riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la

sicurezza e le relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche

delle implicazioni di coerenza regionale e di reciprocità. Per l’esame delle domande di visto,

il Codice dei visti pone l’accento sulla valutazione del rischio di immigrazione illegale, del

173La Commissione, sulla base delle diverse Cooperazioni locali Schengen, ha previsto liste di documenti

giustificativi diversi per diverse aree del mondo.Al riguardo cfr. ad esempio la decisione della Commissione

C(2011) 5500 final, COMMISSIONIMPLEMENTINGDECISIONof 4.8.2011establishing the list of supportingdocuments

to be presented by visa applicants in China (in Beijing, Guangzhou, Chengdu, Shanghai and Wuhan), Saudi

Arabia, Indonesia and Vietnam (in Hanoi and Ho-Chi Minh City), Brussels, 2011; oppure C(2011) 7192 final,

Commissionimplementingdecision of 13.10.2011 establishing the list of supportingdocuments to be presented by

visa applicants in Bosnia and Herzegovina, Sri Lanka, and Turkey (Ankara, Istanbul, Edirne and Izmir),

Brussels, 13.10.2011; oppure C(2012) 5310 final, Commissionimplementingdecision of 6.8.2012 establishing

the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in Chile, Kazakhstan (Almaty and Astana),

Nicaragua and Nigeria (Abuja and Lagos). 174Per quantoriguardal’inscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di

Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA PROTECTION

SECRETARIAT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of the

recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels, 2010,

nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN,Activity Report – December 2005 – December 2008.

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rischio per la sicurezza degli Stati membri e dell’intenzione del richiedente di lasciare il

territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto. Cosa ne consegue a

livello di rilascio e rifiuto dei visti? Esistono cifre coerenti su scala europea al riguardo? Le

cifre sono comparabili a livello globale tra i diversi Stati Schengen? E ai livelli regionali o

nazionali sono uniformi? Esistono differenze di trattamento nei confronti di cittadini stranieri

in base alla loro provenienza geografica? Una valutazione statistica regolare sulle pratiche

nazionali di rilascio, e di rifiuto, dei visti è di fondamentale importanza per valutare lo stato di

applicazione della politica europea dei visti e, di conseguenza, la sua credibilità.

Le statistiche riguardanti i visti di breve durata di tipo C dimostrano che in tutto il

mondo durante il 2011 la Francia ha rilasciato 1.938.555 visti, seguita dalla Germania che ne

ha rilasciati 1.588.595, dall’Italia con 1.445.745, dalla Spagna con 1.337.990 e dalla Finlandia

1.244.680175. Questi sono i cinque Paesi che hanno rilasciato più visti durante l’anno di

riferimento. Si pensi che, ad esempio, il Lussemburgo ha rilasciato nel 2011 solo 8.810 visti ti

tipo C176. Chiaramente, ciò dipende anche dalla diversa copertura consolare dei Paesi

dell’Unione nel mondo e dalla loro popolazione, dalla loro economia, dalle ricchezze

archeologiche, culturali, storiche, paesaggistiche, naturali ecc.: essi hanno dimensioni di flussi

di viaggio in ingresso differenti e opportunità di scambi di affari ineguali con cittadini di

Paesi terzi. Osservando il numero totale dei dinieghi delle domande di visto dei cinque Stati

che hanno rilasciato più visti, è possibile notare un primo segnale di difformità applicative: i

rifiuti globalmente decretati dalle amministrazioni francesi competenti in materia di visti sulle

domande di visto di breve durata sono 191.915, la Germania ha deciso 118.603 rifiuti, l’Italia

70.491, la Spagna 109.111, la Finlandia 14.962177. Il confronto dei valori assoluti permette già

di notare che l’Italia rilascia più visti della Spagna e decreta meno rifiuti. Si nota

immediatamente anche che il valore assoluto dei rifiuti finlandesi è molto basso. Nonostante

175Cfr. la relazioneSWD(2012) 139 final, COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENTon the Third Annual Report on

Immigration and Asylum (2011) Accompanying the document Communication from the Commission to the

European Parliament and the Council Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012.

I dati sono pubblicati anche sul sito della Commissione, DG Affari Interni e sono disponibili all’indirizzo

internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls. 176Cfr. i dati su: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-

do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls. 177I dati sono estratti dalla tabella pubblicata sul sito della DG Affari Interni, disponibili all’indirizzo internet:

http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls.

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ciò, il calcolo dei tassi di rifiuto178 è più indicativo e permette considerazioni immediate: la

Francia rifiuta il 9,0% delle domande di visto esaminate presso i suoi Consolati, la Germania

il 6,9%, l’Italia il 4,6%, la Spagna il 7,5% e la Finlandia solo l’1,2%179. Si noti che nello

stesso periodo di riferimento gli Stati Schengen hanno rilasciato in totale 12.640.034 visti di

tipo C e 745.973 rifiuti, con un tasso di rifiuto quindi del 5,6%. La Francia è il Paese che nel

corso del 2011 ha permesso in assoluto al numero maggiore di cittadini di Paesi terzi di

ottenere il visto per avere accesso all’area Schengen, ma allo stesso tempo è il Paese che ha

messo in atto le maggiori barriere alla mobilità degli stranieri, operando la selezione in

maniera più severa rispetto agli altri Stati Schengen. Il comportamento di Spagna e Germania

è confrontabile, con tasso di rifiuto superiore alla media. La Finlandia e, in misura minore,

l’Italia hanno permesso un più facile accesso al territorio comune, con tassi di diniego

inferiori alla media. Ma a cosa possono essere dovute queste difformità applicative? È

possibile che la Francia abbia ricevuto sì il maggior numero di domande di visto, ma tra di

esse anche il maggior numero in percentuale di domande non conformi ai requisiti posti in

essere dal legislatore europeo oppure in violazione delle norme da esso definite? È possibile

che la Finlandia riceva domande di visto solo da parte di cittadini di Paesi terzi in grado di

presentare le proprie domande in maniera corretta e dotati di tutti i requisiti richiesti? O

esistono altri fattori capaci di chiarire tali discordanze?

Scendendo di livello, dalla scala globale a quella regionale, possiamo verificare la

conformità dei dati ad esempio per le sole regioni dell’Africa settentrionale e del Vicino

Oriente180, i cui Paesi sono stati selezionati dalla Commissione tra i primi in cui dare l’avvio

alle attività del VIS, anche a causa dell’elevato rischio di immigrazione rappresentato dai

cittadini provenienti da queste regioni. In totale, nel 2011 i Consolati degli Stati Schengen

nella regione hanno rilasciato 891.091 visti, 173.296 rifiuti, con un tasso di rifiuto del 16,4%,

178Calcolati dal numero de dinieghi diviso dal numero totale delle decisioni sulle domande di visto (tranne alcuni

casi particolari di interruzione dell’esame della domanda di visto si può ritenere che questo fattore comprenda la

somma del numero dei visti rilasciati e di quelli rifiutati). 179Il caso della Finlandia è particolare. Si vedrà in seguito che la quasi totalità di visti rilasciati dalla Finlandia

riguardano domande di visto presentate nella Federazione Russa con la quale è in vigore un accordo di

facilitazione del rilascio dei visti. 180 I dati si riferiscono alle domande di visto trattate nei Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Israele,

Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia.

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quasi tre volte superiore a quello individuato a livello globale. La Francia ha rilasciato

446.153 visti e rifiutato 82.075 domande di visto (con un tasso di rifiuto del 15,5%), la

Spagna ha rilasciato 192.739 visti e ne ha rifiutati 39.263 (16,9%), l’Italia ne ha rilasciati

57.521 e ne ha rifiutati 8.046 (12,3%), la Germania ne ha rilasciati 53.582 e ne ha rifiutati

10.593 (16,5%), la Finlandia ne ha rilasciati solo 3.031 e ne ha rifiutati 1.224, con un tasso di

rifiuto del 28,8%. Francia e Spagna hanno ricevuto un gran numero di domande di visto, ben

superiore a quello di Italia e Germania. I tassi di rifiuto francesi, spagnoli e tedeschi sono

confrontabili con la media dei Paesi Schengen. L’Italia si conferma come più permissiva in

termini di rilascio dei visti. La Finlandia dimostra per le regioni in questione un tasso di

rifiuto estremamente più alto rispetto a quello medio e rispetto allo stesso dato relativo alle

domande di visto da essa trattate a livello globale.

La regione del mondo in cui i Paesi Schengen hanno ricevuto e trattato più domande di

visto è la Federazione Russa. È necessario tenere presente che, al fine di riconciliare la

politica dei visti con l’obiettivo della promozione delle relazioni esterne, con tale Paese terzo

è in vigore un accordo di facilitazione del rilascio dei visti, che prevede requisiti documentali

semplificati, tempistiche di trattazione più rapide, il prelievo di diritti per il visto inferiori

ecc., accompagnato dalla conclusione di un accordo parallelo di riammissione per contrastare

i possibili effetti dell’immigrazione illegale. Nella Federazione Russa, durante il 2011 sono

stati rilasciati ben 5.152.518 visti e 77.509 rifiuti, il tasso di rifiuto è dell’1,5%. La Finlandia

ha rilasciato 1.182.876 visti e ne ha rifiutati 8584 (tasso di rifiuto del 0,7%), la Spagna ha

rilasciato 699.815 visti e ne ha rifiutati 28.218 (3,9%), l’Italia ne ha rilasciati 579.492 e

rifiutati 3.663 (0,6%), la Germania 375.103 e 8.528 rifiuti (2.2%), la Francia 339.253 e 4701

rifiuti (1,4%). Anche in questo caso i tassi di rifiuto variano tra gli Stati Schengen: la Spagna

e la Germania dimostrano di essere piuttosto restrittivi nei confronti delle domande di visto

presentate presso i loro Consolati nella Federazione Russa, la Finlandia e soprattutto l’Italia

sono estremamente permissive.

Il grado di variabilità maggiore in contesti omogenei si può notare per alcuni Paesi

dell’Africa sub-sahariana: in Etiopia per esempio il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del

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18,2% e varia tra il 16,6% della Francia e il 7,8% dell’Italia181; nella Repubblica Democratica

del Congo, il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del 35,1% e varia tra il 2,0% della Francia,

su numeri bassi e per cui poco accurato, e il 44,2% dell’Italia, in questo caso il Paese più

esigente. Nell’America meridionale, in Colombia il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del

11,4% e varia tra il 13,4% della Spagna e il 3,6% della Germania, che in questo caso si

dimostra il Paese più permissivo.

Questi dati riguardanti i tassi di rifiuto durante il 2011 dimostrano che, nonostante le

regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti recentemente dal legislatore

europeo, fossero già quasi completamente in vigore, l’applicazione di essi da parte degli Stati

membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali nei Paesi terzi i

cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del visto per poter avere accesso all’area Schengen.

Considerevoli variazioni sono presenti tra le diverse regioni e, all’interno delle stesse, tra

Paese e Paese e tra Consolato e Consolato. Nei medesimi contesti nazionali, sono

individuabili non infrequentemente variazioni considerevoli nei tassi di rifiuto dei visti decisi

dalle amministrazioni dei diversi Stati Schengen182. I tassi di rifiuto, quale indicatore più

immediato e significativo, al momento attuale risultano non armonizzati.

La discussione relativa ai tassi di rifiuto pone alcuni interrogativi in merito alla gestione

delle politica comune dei visti. Quali sono le ragioni innanzitutto per le quali una politica

comune ha al momento attuale effetti così palesemente difformi? A cosa sono dovute tali

difformità applicative? È possibile promuovere una convergenza negli esiti applicativi di tale

181 La Finlandia rifiuta il 33,7% delle domande di visto ma i numeri assoluti non superano il centinaio di unità

per cui il dato non è attendibile. Sempre per l’Etiopia si faccia riferimento ad esempio ai casi di Norvegia e

Grecia con tassi di rifiuto rispettivamente del 79% e 50% ma su numeri di domande bassi (19 domande di visto

per la Norvegia, di cui 4 visti rilasciati e 910 domande di visto per la Grecia, di cui 465 visti rilasciati). Il valore

della Grecia è sicuramente più attendibile. 182 Per una trattazione approfondita della questione relative ai dati sul rilascio dei visti tra il 2005 e il 2008 cfr.

anche HOBOLTH, Wanted and unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa

practices, London, 2010 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html). Durante tale periodo i Paesi più

liberali nel rilascio dei visti erano Italia, Austria e Danimarca, i più restrittivi Belgio, Malta e Slovenia. L’autore

propone un modello per la spiegazione della variazione dei tassi di rifiuto considerando i fattori il livello di

reddito, di democrazia, la religione, la presenza di conflitti armati nel Paese di origine e le dimensioni della

comunità di immigrati cittadini del Paese di origine nel Paese di destinazione. L’autore mostra che altri fattori

quali il tasso di disoccupazione e i legami coloniali non sono invece statisticamente rilevanti. Lo stesso autore ha

creato un indice, l’Indice di barriere alla mobilità: per approfondire cfr. la pagina

http://www.mogenshobolth.dk/evd/explore.aspx.

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politica, in particolare in merito alle modalità di trattazione delle domande di visto e agli esiti

della valutazione delle stesse?

L’unitarietà del regime europeo dei visti è riscontrabile, come già indicato, innanzitutto

nell’istituzione di un modello uniforme di visto, delle liste comuni dei Paesi terzi i cui

cittadini devono essere in possesso del visto, di un Codice dei visti, affiancato dai manuali per

il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati e per

l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione locale Schengen, nonché del Sistema

d’Informazione Visti (VIS). Tali strumenti normativi e istituzioni forniscono agli Stati membri

strumenti comuni, regole comuni, criteri di valutazione comuni, modalità operative comuni. Il

visto uniforme regola la possibilità di accesso allo spazio comune dei Paesi Schengen in base

alle condizioni definite dal visto stesso, per un periodo comunque non superiore a tre mesi

nell’arco di un semestre. Esso è valido anche per l’ingresso sul territorio di uno Stato membro

anche se rilasciato da un altro partner Schengen. Le regole comuni implicano il

riconoscimento delle valutazioni effettuate dalle autorità competenti per i visti di altri Stati

Schengen. Le regole definite dal Codice dei visti insistono infatti sulle modalità e sulle

procedure per la definizione dello Stato competente, per la ricevibilità di una domanda di

visto, per il suo esame e per la decisione al riguardo. Il Codice istituisce regole chiare

soprattutto per evitare attriti di competenze tra gli Stati membri, per determinare le modalità

degli eventuali rapporti di collaborazione degli stessi, o con soggetti privati esterni alle

amministrazioni nazionali, nonché per mettere a disposizione dei funzionari incaricati

dell’esame delle domande di visto procedure, parametri e strumenti, come il SIS, per

individuare coloro a cui deve essere escluso l’accesso al territorio comune. Il Codice visti si

limita inoltre a prevedere la possibilità di ricorso avverso diniego di una domanda di visto ma

lascia ai legislatori nazionali il compito di definire le regole e le procedure. In risposta

all’aumento della dimensione del traffico internazionale di persone e all’impossibilità di

gestire controlli approfonditi alle frontiere esterne, la strategia dell’Unione ha esternalizzato

direttamente negli Stati terzi il controllo delle persone che intendono avere accesso all’area

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Schengen183, insistendo sul riconoscimento delle decisioni prese dai singoli Stati membri,

sulla fiducia tra le amministrazioni dei Paesi membri e sulla loro solidarietà. Tutto ciò

presuppone la veridicità dei controlli effettuati e la disponibilità di informazioni e di dati

sull’applicazione di tali misure da parte delle amministrazioni degli altri Stati associati.

Il visto uniforme resta nelle mani dei Consolati, soggetto alla diversa importanza

accordata dei criteri di valutazione utilizzati da essi nell’esame delle domande di visto,

risultanti in evidenti difformità applicative della normativa comune nei diversi contesti

regionali e nazionali. Il visto uniforme è rilasciato da uno degli Stati Schengen ed è soggetto a

valutazione al momento del passaggio della frontiera esterna. Il trattamento del visto uniforme

è eterogeneo: varia localmente in base alle pratiche dei diversi Consolati, i veri responsabili

dell’attribuzione a livello individuale dei visti, varia in funzione delle direttive date ai

Consolati da parte delle autorità centrali, in base alle rispettive ideologie e alla severità della

politica migratoria. Per di più, il numero dei Consolati degli Stati Schengen all’estero è

elevato, ragione di ulteriore variabilità184. Tranne che per la soluzione degli accordi di

rappresentanza che, diminuendo il numero degli attori implicati nell’esame delle domande di

visto, riconducono l’equilibrio verso l’uniformità delle pratiche, la molteplicità dei Consolati

crea potenzialmente le condizioni per altrettante modalità di valutazione delle domande di

visto. I Consolati non operano soli: applicano la normativa comune, sono in costante

collegamento con le Autorità centrali dello Stato membro da cui dipendono e cooperano a

livello locale con gli altri Consolati nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Dal

punto di vista organizzativo, la politica dei visti è condotta dalla Commissione, in particolare

dal Comitato Visti, che offre la propria interpretazione delle regole comuni, riceve

informazioni e comunica regolarmente con le autorità centrali degli Stati membri e con le

183 Questo punto è vero per l’Unione Europea e per molti altri Paesi del mondo che sono destinatari di flussi

consistenti di persone in ingresso e uscita. La biografia a tal riguardo è vasta, per approfondire si cfr. ad esempio:

BIGO, GUILD, op. cit., Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di), op. cit., Aldershot, 2005,

pp.233-262; BIGO, GUILD, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280;

BROUWER, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280; HOBOLTH, Wanted and

unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa practices, London, 2010; VAN

MUNSTER, op. cit., Esbjerg, 2005. 184 Lo stato attuale di copertura consolare dei Paesi Schengen è consultabile all’indirizzo internet:

http://ec.europa.eu/home-

affairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2028_MS%27%20CONSULAR%20REPRESENTATION_16%20%2004

%202012_EN%20CL.pdf#zoom=100.

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Delegazioni all’estero della Commissione. Le autorità centrali degli Stati Schengen

interagiscono tra loro e gestiscono separatamente la propria rete di Consolati all’estero. I

Consolati si occupano della quotidiana gestione pratica del servizio visti e comunicano

regolarmente a livello locale tra loro nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Il

comportamento tenuto dal Consolato è influenzato da tutte queste sollecitazioni, in grado di

influire sul grado di rigore nell’applicazione della normativa e di stimolare in maniere diverse

altri fattori quali la velocità di trattamento delle domande di visto, oppure la quantità di

domande da esaminare. In base alle priorità degli Stati membri, i Consolati ricevono più o

meno risorse, in termini di dotazione di personale e strumentazione. Tutto ciò dimostra che

l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri è carico di significati politici: le maggiori

difformità applicative tra gli Stati membri in contesti nazionali omogenei, nonché le possibili

variazioni nel tempo in relazione alla restrittività/facilità nel rilascio di visti da parte di uno

Stato membro nei confronti dei cittadini di un Paese terzo, sono spiegabili in buona parte con

riferimento all’indirizzo politico definito dagli Stati membri. Il visto è uno strumento politico

utilizzabile in termini di soft law per promuovere le relazioni con un Paese terzo o al contrario

per sanzionare quest’ultimo.

Il visto non è condizione sufficiente per l’ingresso nell’area Schengen. È sottoposto

anche ai controlli di polizia alla frontiera esterna, risultando in ampie possibili difformità

conseguenti al diverso rigore da parte delle autorità di controllo nell’applicazione delle

disposizioni del Codice delle frontiere Schengen e delle disposizioni nazionali185. Il sistema

dei visti dunque si regge su un’enorme pluralità di attori/decisori che, nonostante il quadro

normativo unitario che sono tenuti ad osservare, sono sottoposti a sollecitazioni diverse da

parte delle proprie autorità e del contesto locale in cui operano e dell’organizzazione del

lavoro. Il sistema dei visti funziona come una rete186 in cui decisori eterogenei conducono in

maniera parzialmente interdipendente le proprie decisioni nel rispetto dal punto di vista

formale della normativa comune. Le decisioni prese dai singoli Consolati sono riconosciute

185 I dati riguardanti i respingimenti alla frontiera esterna daparte delle autorità di polizia degli Stati Schengen ex

art. 13 del Codice delle frontiere Schengen sono disponibili al sito della DG Affari interni alla pagina internet:

http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/doc_centre/borders/docs/notifications/borders_maps_en.pdf. 186 Questo punto è sostenuto con forza anche da BIGO, cfr. per approfondire; BIGO, GUILD,op.cit., 2003.

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dagli altri attori che intervengono nel sistema, quali le autorità di controllo alle frontiere

esterne, che mantengono tuttavia la possibilità di negare l’accesso al territorio comune al

cittadino straniero titolare di visto ma che non soddisfa tutte le condizioni d’ingresso. In

questa rete, in funzione della fiducia reciproca riposta nella validità delle decisioni prese, nella

politica dei visti condotta o nella veridicità dei controlli effettuati dai Consolati, in base alla

percezione reciproca del rispetto dei criteri definiti dal legislatore europeo, i Paesi membri

possono riconoscere con gradi di apprezzamento diverso le decisioni prese dagli altri Paesi e

gestire il proprio controllo alle frontiere esterne in modo differente in base ai propri interessi:

in alcuni casi le autorità di controllo nazionali alla frontiera esterna possono decidere di non

convalidare decisioni di rilascio del visto prese da un Consolato appartenente alla rete del

Ministero degli Affari Esteri del proprio Paese, in altri casi possono non convalidare le

decisioni di rilascio del visto prese da Consolati di altri Paesi Schengen187. In questo caso, le

autorità di controllo si sentiranno legittimate a respingere in misura maggiore e con più agilità

i cittadini che hanno ottenuto il visto presso Consolati percepiti come meno affidabili. Nei

casi di maggiore diffidenza, soprattutto con riguardo a contesti nazionali nei quali i cittadini

stranieri che richiedono il visto possono, con maggiore probabilità, costituire un rischio per la

sicurezza, alcuni Stati Schengen possono derogare alla retorica comune di fiducia tra Stati

associati e solidarietà reciproca e servirsi dello strumento della consultazione preliminare. In

questo modo, le domande di visto di cittadini degli Stati terzi per i quali è chiesta la

consultazione188, presentate in qualsiasi Consolato degli Stati Schengen nel mondo, devono

necessariamente essere portate all’attenzione delle autorità centrali dello Stato che ha richiesto

la consultazione affinché esse prendano la propria decisione in merito, autorizzando o meno le

autorità degli altri Stati al rilascio di un visto uniforme.

La convergenza è raggiunta quando gli Stati membri concordano nell’osservare le

regole che hanno contribuito a definire. C’è mancanza di convergenza quando un insieme di

187Alle frontiere interne, il riconoscimento delle decisioni sul rilascio dei visti da parte di altri Stati Schengen è

totale in quanto i controlli sulle persone non sono più effettuati. 188 L’elenco degli Stati terzi i cui cittadini,o specifiche categorie di essi, sono soggetti alla consultazione

preliminare ex art. 22 del Codice dei visti è pubblicato sul sito della Commissione alla pagina internet:

http://ec.europa.eu/home-

affairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2016_Prior%20consultation_EN.pdf#zoom=100

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clausole contenute nelle norme comuni concede ampi poteri agli Stati membri189. La

persistenza di spazi per la discrezionalità degli Stati membri è esplicitamente prevista nelle

regole definite dal legislatore europeo: si pensi ad esempio alla possibilità di rilascio di visti

con validità territoriale limitata in casi eccezionali di interesse nazionale, nonostante

l’impossibilità al rilascio di un visto uniforme, o per motivi ritenuti giustificati dal consolato

anche se il richiedente ha già utilizzato un visto uniforme nel semestre e completato il periodo

massimo di permanenza a sua disposizione. Le regole europee concedono agli Stati membri

altri spazi di flessibilità: alcuni criteri non sono vincolanti, altri non esaustivi cosicché gli

Stati membri possano richiedere requisiti aggiuntivi, si veda ad esempio le liste dei documenti

giustificativi richiesti. In merito alla valutazione del rischio immigratorio e alla sicurezza, le

istituzioni europee non specificano il grado di rischio, alto, medio o basso da attribuire ai

diversi Paesi terzi, permettendo così alle autorità degli Stati membri un certo grado di

autonomia nell’effettuare le proprie valutazioni al riguardo.

La presenza di flessibilità nel quadro legale europeo non è nuova. Essa è un concetto

politico che individua la soluzione del male minore per i problemi legati alla cooperazione e

all’integrazione in aree sensibili. È uno strumento politico per concedere spazio alle diversità

e facilitare la convergenza, dando la possibilità ai recalcitranti di scegliere caso per caso a

quali disposizioni conformarsi190. Si pensi ad esempio ai protocolli allegati al Trattato sui casi

della Danimarca, oppure del Regno Unito e dell’Irlanda, a cui è concessa la possibilità di

optare caso per caso di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen,

ridefinendo così in momenti successivi la loro posizione in relazione alle misure concordate.

La convergenza allora può essere definita in termini di aumento delle affinità tra una o

più caratteristiche di una politica in un’area determinata e in un certo periodo di tempo.

Nonostante le divergenze nell’applicazione della politica dei visti già indicate, alcuni segnali

di convergenza sono evidenti non solo nel grado di armonizzazione o nel numero di strumenti

legali adottati a livello europeo, ma anche nel grado di discrezione lasciata agli Stati membri.

Un segnale concreto in tal senso è osservabile nelle analisi statistiche empiriche sulle pratiche

di rilascio dei visti nei Paesi dell’Europa centro-orientale prima e dopo il loro ingresso

189 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34. 190 Per una trattazione approfondita cfr. anche GEDDES, op. cit..

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nell’area Schengen. In questo caso, lo smantellamento delle frontiere interne ha avuto effetti

sulla messa in pratica di politiche di controllo esterno sulle migrazioni più restrittive: dopo il

2007 le procedure di rilascio dei visti nei nuovi Stati membri sono diventate

considerevolmente più restrittive rispetto al periodo precedente. Questo fatto è imputabile sia

all’applicazione di nuovi standard di controllo, sia alla coscienza che l’autorizzazione o il

rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero non dipende solo da ragioni

nazionali ma deve essere determinato anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti

gli altri Stati associati191.

Tuttavia, nonostante questi aspetti, differenze applicative in contesti omogenei saranno

visibili fino a quando le logiche di rilascio del visto uniforme resteranno sotto il controllo

degli Stati membri. Data la carica politica dello strumento del visto e del suo utilizzo, un

elevato grado di convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le

Istituzioni europee e, in primis la Commissione, a definire nel quadro delle relazioni esterne

dell’Unione le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il rilascio dei visti. Osservando i

cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli Accordi di Schengen nel

1985, si può notare che i rapporti di forza sono evoluti in favore della Commissione: essa era

completamente esclusa dalla cooperazione in materia di visti all’inizio, è riuscita ad ottenere

un ruolo modesto con la costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht, ha

assunto un ruolo molto più importante con la comunitarizzazione della materia della libera

circolazione delle persone con il Trattato di Amsterdam. Ha cominciato in seguito un’ampia e

graduale opera di razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e

omogeneo l’insieme dei principi di base che gli Stati devono rispettare, senza toccare la

sovranità degli Stati in materia ma uniformando i meccanismi per le modalità di esame delle

domande di visto, per il rilascio dei visti e per i controlli alle frontiere esterne. Si pensi ad

esempio agli elenchi dei Paesi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto per l’accesso

all’area Schengen e dei Paesi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo: solamente in seguito

alla comunitarizzazione della materia il Consiglio è riuscito a uniformare completamente le

liste, in contrapposizione con i testi legislativi precedenti che individuavano solamente i Paesi

191Cfr. HOBOLTH, Europeanization of domestic migration control policies: the case of short-stay visas, London,

2011 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html).

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terzi i cui cittadini erano sottoposti all’obbligo del visto, mentre per i Paesi terzi non

menzionati permettevano esplicitamente la libera scelta degli Stati membri sulla condotta da

mantenere e creando così le condizioni per enormi difformità di trattamento. Durante i primi

dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel favorire

l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di nuove

istituzioni: si pensi al Codice dei visti, al VISe alle agenzie europee per la gestione operativa

delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala. Il VISsoprattutto

fa fronte alle carenze degli Stati membri in relazione alla capacità degli stessi di condividere

le informazioni rilevanti sui visti e alla capacità di comunicazione. La presenza di tali nuove

istituzioni e mezzi operativi crea un ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti

per i visti sono tenute a lavorare: la Commissione genera convergenza e determina la forma

che tale convergenza prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli

Stati membri affinché essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle

proprie necessità immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto,

ma allo stesso tempo li obbliga ad imparare un nuovo metodo di lavoro, li obbliga

all’apprendimento istituzionale e reciproco. Li obbliga in definitiva a condurre le proprie

attività in un ambiente nuovo, il “suo” territorio senza frontiere interne, a collaborare nella

Cooperazione locale Schengen e, inevitabilmente, a farsi pressioni reciproche in direzione di

una maggiore cooperazione, del rispetto delle rispettive necessità, anche se tali contese

possono degradare a volte nello scontro interistituzionale. E anche in questa evenienza gli

Stati non sono più gli unici attori, ci sono le nuove istituzioni europee create, capaci anch’esse

di effettuare pressioni nella direzione da esse voluta, nonché le Istituzioni europee centrali

stesse, tra cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con l’istituzione del Codice dei Visti

e del VISil processo di costruzione istituzionale può essere considerato concluso. La

Commissione ora ha a disposizioni strumenti che le permettono di verificare le informazioni

che le provengono dagli Stati membri. Oltre a ciò, la Commissione obbliga se stessa ad

effettuare regolarmente attività di monitoraggio, di controllo e di valutazione

dell’applicazione della politica europea dei visti: ora è il momento di tornare al serio compito

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di governare192.

Il regime Schengen dei visti ha lo scopo dichiarato di bloccare l’immigrazione illegale.

L’imposizione del visto crea una prima barriera nei confronti di tutti i cittadini dei Paesi

elencati nella lista determinata dal Consiglio a tale scopo. I criteri utilizzati riguardano

l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico e la sicurezza, le relazioni esterne dell’Unione

Europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche delle implicazioni di coerenza regionale e di

reciprocità: di fatto il visto è obbligatorio per i cittadini provenienti da Paesi in media poveri,

oppressi da regimi politici repressivi, con problemi di sovrappopolazione, con storia recente

di conflitti violenti e instabilità locali o etniche oppure con combinazioni varie di questi

aspetti.

I requisiti richiesti per il rilascio del visto creano una seconda barriera che opera a

livello individuale escludendo l’accesso a coloro che provengono dai Paesi terzi nelle

condizioni sopra menzionate e che, all’interno di essi, si trovano nella situazione meno

privilegiata. I criteri utilizzati per operare la distinzione tra individui soggetti all’obbligo del

visto sono quelli del rischio migratorio e del rischio per la sicurezza dei Paesi membri:

chiunque sia considerato a rischio di non rientro al Paese di origine o sia considerato una

minaccia per l’ordine pubblico, per la sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le

relazioni internazionali di uno degli Stati membri deve essere bloccato. Nel Paese d’origine,

chi ha una posizione socioeconomica stabile può aspirare a visitare i Paesi dell’area

Schengen, chi invece vive in condizioni meno agiate e più difficili deve evitare di avere

questo sogno: possono viaggiare i ricchi e coloro che hanno i mezzi sufficienti per partire,

sopravvivere nell’area Schengen e rientrare a casa. Di fatto, la mobilità di chi non dispone di

tali mezzi deve essere bloccata.

La frontiera esterna dell’area Schengen si trova fisicamente ai limiti di tale spazio e

attorno ai punti di accesso, tuttavia esistono altri tipi di frontiera193: la frontiera degli elenchi

192 Cfr. PARKES, op. cit, 2009. 193 L’argomento dello spostamento verso l’esterno della frontiera è sostenuto con forza da BIGO, GUILD e altri

autori. Per approfondire cfr. BIGO, GUILD, op. cit, Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di),

op. cit., Aldershot, 2005; BIGO,DupanoptismeauBan-optisme. Les micros logiques du contrôle dans la

mondialisation, in CHARDEL, ROCKHILL (a cura di), Technologies de contrôle dans la mondialisation : enjeux

politiques, éthiques et esthétiques, Paris, 2009; VAN MUNSTER, op. cit.Esbjerg, 2005; GUILD, Danger - Borders

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comuni, su base nazionale, e la frontiera dei requisiti richiesti per l’ottenimento del visto, che

si attiva su base individuale in base alla valutazione degli agenti consolari. Queste frontiere si

dispongono direttamente nei Consolati degli Stati Schengen all’estero e soprattutto nei Paesi

terzi elencati dal Consiglio e il loro scopo è quello di verificare la situazione personale dei

richiedenti. Esse hanno maglie più larghe nei confronti degli individui che dispongono di

stabilità socioeconomica ritenuta sufficiente e dispongono di mezzi economici considerati

accettabili secondo gli standard degli Stati Schengen. Anche se le maglie sono in questo caso

più larghe, non significa che non ci sia la frontiera: i richiedenti ricchi possono sempre

attivare altri controlli, possono essere segnalati nelle banche dati nazionali ai fini della non

ammissione, possono essere ricchi ma non persuasi dal modo di vita dei cittadini dell’Unione,

possono mettere in discussione tale modello e la sicurezza interna dei Paesi membri e per tali

motivi non essere benvenuti e degni di essere bloccati nel Paese di origine. La frontiera

diventa invece impenetrabile per coloro che mancano dei requisiti economici minimi ritenuti

accettabili: la povertà basta, a parità di altri fattori, per essere esclusi quasi con certezza dalla

possibilità di accedere anche per brevi periodi all’area comune. La globalizzazione permette

nuove opportunità di contatto tra i popoli, avvicina mondi diversi, rende i trasporti più rapidi e

accessibili, tuttavia, in fin dei conti, la povertà esclude certi individui dall’accesso a tali

opportunità. La politica Schengen dei visti non fa eccezione e per mezzo delle regole definite

e delle modalità indicate per l’esame delle domande di visto non fa altro che rinforzare le

linee di frattura tra Paesi ricchi e poveri e tra individui ricchi e poveri.

7. Conclusioni

Il sistema europeo dei visti di breve durata funziona come una rete in cui decisori

eterogenei – i vari Consolati degli Stati Schengen – definiscono in maniera parzialmente

under construction: assessing the first five years of border policy in an area of freedom, security and justice,

European Commission’s Framework VI project Challenge Liberty and security, 2005

http://www.libertysecurity.org/articlé69.html; GUILD, Moving the borders of Europe, Nijmegen, 2001

http://cmr.jur.ru.nl/cmr/docs/oratie.eg.pdf; GUILD, CARRERA, GEYER, The Commission’s new Border Package.

Does it take us one step closer to a ‘cyber-fortress Europe’?, in Justice and Home Affairs CEPS Policy Briefs

http://www.ceps.eu/book/commissions-new-border-package-does-it-take-us-one-step-closer-cyber-fortress-

europe); NEUMAYER, op. cit.d, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION, op. cit., Ginevra, 2005,

in https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/2007-

09_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf.

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interdipendente le proprie decisioni sulle domande di visto nel rispetto, dal punto di vista

formale, degli strumenti legislativi adottati dalle Istituzioni europee centrali. Le decisioni

prese dai singoli Consolati si conformano alle indicazioni di indirizzo politico delle Autorità

centrali degli Stati da cui dipendono e sono riconosciute dagli altri attori che intervengono nel

sistema. I singoli Stati sono i titolari della sovranità in termini di rilascio dei visti, detengono

il monopolio sulla gestione della circolazione dei cittadini di Paesi terzi, controllano chi entra

e sono liberi di rifiutare l’accesso.

La pluralità degli Stati che partecipano alla cooperazione di Schengen è la causa prima

dell’estrema complessità del sistema. La molteplicità delle autorità competenti che

intervengono nelle singole fasi dei processi, prima e dopo il rilascio del visto, rende possibile

l’esistenza delle condizioni opportune per il verificarsi di diversità di interpretazioni e di

applicazione della normativa, per difficoltà di comunicazione e per la presenza di particolari

violazioni. I tassi di rifiuto riguardanti l’anno 2011 dimostrano che lo stato di applicazione

delle regole comuni e dei criteri comuni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri

risulta alquanto differenziato nei Paesi terzi i cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del

visto. A tale proposito, un caso estremo, nonché anomalo sul piano delle relazioni esterne

dell’Unione e della coerenza regionale, riguarda la Turchia: alla mancata armonizzazione dei

tassi di rifiuto si sommano le differenze dovute all’incompiuta adozione delle misure

appropriate da parte degli Stati membri per conformarsi al giudizio della Corte di Giustizia

sulla causa C-228/06194 e le esitazioni della Commissione in relazione ad una chiara presa di

posizione per regolare in maniera univoca il comportamento degli Stati membri. L’operato

non omogeneo dei Consolati degli Stati membri è anche la causa profonda della comune

violazione denominata visa shopping, in quanto tale fenomeno non potrebbe sussistere in

assenza di difformità applicative della normativa all’interno di una stessa circoscrizione.

Composta dagli Stati che vi hanno aderito, che hanno interazioni proprie con gli altri

attori della Comunità internazionale e che ricevono trattamenti differenziati nel contesto

194 Causa C-228/06, proposta dall’OberwaltungsgerichtBerlin-Brandeburg il 19 maggio 2006 e relativa al

ricorso avverso diniego del visto dei cittadini turchi SOYSAL e SAVATLI, conducenti di automezzi pesanti

immatricolati in Germania e operanti alle dipendenze di un’impresa turca che effettua legittimamente prestazioni

di servizi in Germania

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internazionale, l’Unione Europea sembra aver fatto propria una prospettiva neoliberale,

secondo la quale per il compito di governo la preoccupazione principale dovrebbe essere

quella di non impedire il corso delle cose, permettendo alla società di operare liberamente e

assicurando allo stesso tempo i necessari meccanismi di regolazione. Secondo tale

impostazione, la libertà si abbina strettamente al concetto di movimento: la libertà di

movimento è considerata uno dei presupposti fondamentali della concezione moderna di

economia liberale, lo sviluppo e la crescita economica stessi sono considerati variabili

dipendenti della mobilità dei beni, dei capitali e della popolazione. La mobilità degli individui

è un bene per l’economia, ma non si può ignorare che la libera circolazione può includere

alcuni abusi. Se gli individui non devono essere governati attraverso l’imposizione a

conformare i loro comportamenti ad obbligazioni sociali, bensì attraverso la motivazione a

scegliere attivamente il proprio stile di vita, autodefinendo e autoregolando il proprio

comportamento, anche la sicurezza non deve essere garantita dal costante intervento dei poteri

pubblici, bensì dalla messa in sicurezza dei meccanismi spontanei che sono già attivi

all’interno della società. In tale ottica, l’Unione si prefigge il compito di permettere

l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali e creare istituzioni capaci

di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia, al fine di difendere le collettività da tali

comportamenti. Così, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso nell’Unione senza

documenti validi o che non utilizzano correttamente il proprio visto sono considerati individui

non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia correttamente. La loro illegalità è

considerata prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire

restrizioni per motivi di sicurezza. Il principio della sicurezza, che ha preso piede grazie alla

retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza, è stato

selezionato perchè adatto al fine di imporre limitazioni alla libertà di circolazione. L’avvio del

programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole importanza in tale direzione. Il

documento approvato dal Consiglio raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce,

ossia il terrorismo, il crimine transfrontaliero e la migrazione illegale. Quest’ultimo concetto

trae la propria origine dal rapporto tra i fenomeni migratori, spontanei e connessi intimamente

nell’animo della specie umana, con l’organizzazione politica delle società destinatarie dei

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flussi. Sono le regole determinate dal legislatore a qualificare con l’aggettivo “illegale” le

migrazioni. A differenza di quanto comunemente si ritiene, nel caso europeo, il principale

canale di immigrazione irregolare di molti soggiornanti di lungo periodo non è costituito dagli

ingressi irregolari, bensì dall’“overstay”, conseguente all’ingresso legale con visto valido da

parte del cittadino straniero e alla successiva illegalizzazione, a causa del mancato rientro in

patria alla scadenza del visto.

Oltre all’economia di mercato, ai principi di libertà di circolazione e di sicurezza, anche

la nozione di sussidiarietà, sostenuta dal principio di proporzionalità e ripetutamente

enunciata nelle fonti di diritto originario dell’Unione, incide sulla definizione della politica

dei visti. Essa implica la valutazione delle dimensioni dell’azione da intraprendere e dei suoi

effetti: solo le azioni che superano le possibilità di intervento di un singolo Stato o di un

gruppo di Stati possono essere intraprese dall’Unione. Questi criteri permettono di

comprendere l’architettura fondamentale del regime Schengen dei visti di breve durata: le

Istituzioni europee hanno adottato gli strumenti legislativi fondamentali ora in vigore che

devono essere applicati dalle autorità competenti degli Stati membri. Negli anni, il legislatore

ha raccolto in un unico corpo normativo, all’interno del Codice Visti, la maggior parte delle

disposizioni sui visti contenute nell’acquis di Schengen. Tale regolamento definisce la

politica comune in materia di visti come parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i

viaggi legittimi e a combattere l’immigrazione clandestina. Esso esplicita che l’esame delle

domande di visto deve essere strutturato in modo tale da accertare se i richiedenti soddisfano

le condizioni d’ingresso previste dal Codice delle frontiere Schengen e se essi presentano un

rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza degli Stati membri. L’obiettivo

fondamentale della politica europea dei visti è quello di bloccare, prima che intraprendano il

viaggio verso l’area Schengen, coloro che presentano un rischio immigratorio o che

rappresentano, con alta probabilità e gravità, una minaccia per l’ordine pubblico, per la

sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le relazioni internazionali di almeno uno

degli Stati membri, nonché coloro che sono già noti agli Stati membri per gli stessi motivi e

sono già segnalati nelle banche dati nazionali. A ben vedere, l’esame della domanda di visto

non è altro che un ostacolo di secondaria importanza alla mobilità dei cittadini stranieri. La

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prima e principale barriera è rappresentata dal regolamento del Consiglio che determina gli

elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto e dei Paesi i

cui cittadini ne sono esenti. Secondo tale strumento legislativo, la selezione è attuata su base

nazionale, secondo i criteri elaborati dalla Commissione ed utilizzati con flessibilità e senso

pratico, riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la sicurezza, le relazioni

esterne dell’Unione Europea con i Paesi terzi, tenute conto anche le implicazioni di coerenza

regionale e di reciprocità. La strategia europea opera quindi una differenziazione su base

nazionale: l’Unione permette la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni

Paesi terzi le cui vite sono scandite da routinesconformi alla regola accolta in Europa e mette

a punto, invece, un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni per gli individui

provenienti da tutti gli altri Paesi terzi, al fine di stabilire se essi, singolarmente, sono degni di

godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e responsabile, bloccando in

anticipo coloro che sembrano non essere in grado di farlo e frammentando così le popolazioni

tra coloro che sono autorizzati a viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti

a stare fermi. Il metodo definito per suddividere gli individui in queste due classi è l’analisi

del rischio che, a causa della possibilità di errore, proporzionale alla dimensione

dell’incertezza, pone il problema fondamentale della necessità di continua ricerca di

informazioni per ridurre o annullare rischio ed errori. Essa richiede un incessante aumento

della domanda di sorveglianza e di controllo, nonché di scambio di informazioni utili. Le

principali misure definite dal Codice Visti e dal Regolamento VISper far fronte a queste

esigenze prevedono la raccolta di tutti i dati significativi riguardanti l’identità di coloro che

presentano una domanda di visto, la loro situazione economica e sociale e lo scopo del loro

ingresso nell’area Schengen, nonché l’uso estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse

siano utilizzate ai fini previsti dal legislatore in modo proporzionale al raggiungimento degli

obiettivi definiti. L’uso di una banca dati elettronica comune permette indubbiamente una

nuova e accresciuta capacità di conoscenza del comportamento degli individui, nuove basi per

la valutazione dello stato di applicazione della normativa sui visti, per la comprensione del

fenomeno dell’immigrazione illegale e lo sviluppo di indicatori quantificabili utili alla

definizione delle future iniziative nell’ambito del regime europeo dei visti. Il VISsignifica per

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la Commissione anche una nuova ed evoluta capacità di osservazione diretta, non mediata,

dell’operato degli Stati membri, di raccolta, di estrazione e di rielaborazione statistica delle

informazioni utili a conoscere il comportamento, le strategie e, in definitiva, le priorità degli

Stati membri in merito al rilascio dei visti. Gli strumenti legislativi in vigore prevedono

chiaramente che la Commissione è responsabile della verifica regolare dello stato di

implementazione della politica.

La strategia europea prevede dunque lo sviluppo di tecniche che operano nei confronti

dei cittadini stranieri su più livelli, sia a livello nazionale, sia individuale. È possibile

evidenziare alcune problematiche connesse all’applicazione di queste tecniche nel caso dei

singoli individui: le fonti legislative europee prevedono che i Consolati dei Paesi membri

accreditati all’estero siano responsabili della valutazione dei rischi, ma non precisano con

chiarezza le metodologie per misurare l’entità e la probabilità dei rischi individuali, lasciando

spazio così, nel compito di valutazione, alla discrezionalità e all’arbitrio degli Stati membri,

dei Consolati e alla percezione soggettiva del personale addetto. Tutto ciò può avere effetti

perturbanti per il funzionamento del regime Schengen dei visti. Se è vero che gli Stati hanno

ancora il monopolio sul rilascio dei visti e mostrano differenze di metodo che inevitabilmente

danno adito ad incomprensioni, sospetti, diffidenze e rivalità, è altrettanto vero che il

legislatore europeo ha previsto e istituzionalizzato forme di dialogo e di scambio di

esperienze e conoscenze tra i Consolati attraverso lo strumento della Cooperazione locale

Schengen, necessaria per la coordinazione delle metodologie di lavoro. Per migliorare

l’applicazione della politica dei visti e sviluppare un clima di maggiore distensione e fiducia

tra i Partner Schengen, sarebbe opportuno che le disposizioni che regolano tale istituto

venissero nuovamente emendate al fine di ampliare i contenuti e l’impatto della cooperazione

locale sull’operato dei singoli Consolati. La riforma dovrebbe volgersi in direzione della

creazione di un regolare o costante processo partecipato a più livelli, teso allo sviluppo della

conoscenza reciproca, allo scambio di metodologie di lavoro, all’individuazione delle migliori

soluzioni operative di cui generalizzare l’uso, al fine di aumentare il grado di interazione tra i

Consolati, raggiungendo così gli obiettivi del miglioramento effettivo dell’applicazione della

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politica dei visti e dello sviluppo di un clima di maggiore distensione e fiducia tra i Partner

Schengen.

La complessità dell’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie

dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi utilizzati, siano essi

regolamenti, obbligatori in tutti i loro elementi costitutivi e applicabili direttamente negli Stati

membri, oppure direttive, che implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la

loro trasposizione nel diritto nazionale. Essa dipende in secondo luogo dalla pluralità di

autorità competenti e di Stati membri, che operano allo stato attuale in un ambiente non

ancora adeguato a creare le condizioni per una leale cooperazione costruttiva e che, al

contrario, rende possibili diversità di applicazione della normativa, difficoltà di

comunicazione e, di conseguenza, lascia ampio spazio a comportamenti abusivi. La

Commissione ha per ora risposto a queste problematiche permettendo un alto grado di

flessibilità, grazie a deroghe, opt-in e opt-out, al fine di concedere il tempo necessario agli

Stati più scettici di abituarsi al metodo di lavoro comunitario in materia di visti, nonché

introducendo l’uso di nuove tecnologie, creando database e infrastrutture atte alla gestione

delle frontiere e dei flussi di persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della

condivisione delle informazioni. Tutto ciò risponde ad una concezione neoliberale di governo

della sicurezza, dipendente dall’idea secondo cui la gestione di grandi flussi di informazioni

dettagliate e accurate sugli individui, per mezzo di sistemi tecnologici, rende possibili i

compiti di individuazione delle persone a rischio e di adozione in tempo utile delle misure di

prevenzione adeguate per bloccare le mobilità non conformi alle regole convenute. Se è vero

che la capacità dello Stato di intervenire nei processi sociali dipende dalla sua abilità di

includere la società, esso, per poter far fronte all’immigrazione clandestina, deve disporre di

informazioni sufficienti a conoscere le modalità con cui avviene tale fenomeno. Il VISè stato

creato sostanzialmente per rispondere a questa esigenza, pur tuttavia le sue potenzialità

tecniche possono far presagire il pericolo di un uso non proporzionale o, peggio, l’eventualità

dello scope creep, qualora lo scopo del sistema informatico fosse ampliato nel tempo al fine

di utilizzare la banca dati per attività inizialmente non previste o escluse dal legislatore. Le

Istituzioni europee sono ancora impegnate nell’opera di ingegneria di organizzazione del

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sistema Schengen dei visti di breve durata e di costruzione delle nuove agenzie sovranazionali

e delle imponenti infrastrutture informatiche. Secondo le indicazioni del Piano d’azione per

l’attuazione del Programma di Stoccolma e degli strumenti legislativi recentemente adottati,

la Commissione effettuerà con regolarità analisi e valutazioni sullo sviluppo e sull’efficacia

degli strumenti legislativi, tecnologici e organizzativi messi a punto. Essa potrà anche

raccogliere e gestire direttamente una notevole mole di dati sull’operato delle autorità

competenti degli Stati membri, osservarne le attività e, al limite, compiere pressioni nei

confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in maniera difforme dal suo punto

di vista. Tutto ciò comporterà indubbiamente una maggiore convergenza e il ruolo della

Commissione ne risulterà rafforzato.

Se si osservano i cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli

Accordi di Schengen nel 1985, si può notare in realtà che i rapporti di forza stanno

gradualmente evolvendo in favore della Commissione: essa era completamente esclusa dalla

cooperazione in materia di visti agli albori; è riuscita ad ottenere un ruolo modesto con la

costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht; ha assunto un ruolo molto più

importante con la comunitarizzazione della materia della libera circolazione delle persone con

il Trattato di Amsterdam; ha in seguito portato a compimento un’ampia e graduale opera di

razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e omogeneo

l’insieme dei principi di base per la regolazione dell’operato degli Stati, uniformando i

meccanismi per le modalità di esame delle domande di visto, per il rilascio dei visti e per i

controlli alle frontiere esterne, senza scalfire la sovranità degli Stati in materia. Durante i

primi dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel

favorire l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di

nuove istituzioni, quali il Codice dei visti, il VISe le agenzie europee per la gestione operativa

delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala, creando un

ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti per i visti sono tenute a lavorare. La

Commissione sta generando convergenza e sta determinando la forma che tale convergenza

prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli Stati membri, affinché

essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle proprie necessità

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immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto, ma allo stesso

tempo obbliga le autorità competenti ad apprendere un nuovo metodo di lavoro, a condurre le

proprie attività in un ambiente nuovo, a collaborare nella Cooperazione locale Schengen e a

farsi pressioni in direzione di una maggiore cooperazione e del rispetto delle reciproche

necessità. Grazie alla sua competenza di iniziativa, di decisione, di valutazione e di

implementazione delle politiche comunitarie, la Commissione sta ottenendo risultati tangibili

nel rendere l’area Schengen non tanto un insieme di territori nazionali coordinati nelle loro

politiche sulla mobilità delle persone, quanto un territorio unico, il “suo” territorio. A ben

vedere, nonostante l’accento dato alle libertà economiche e alla definizione dei diritti dei

cittadini europei e dei cittadini di Paesi terzi legalmente presenti nell’area comune, essa sta

dimostrando in alcuni ambiti di non avere un’ottica meno securitaria di quella di alcuni Stati

membri. Durante l’ultimo decennio, anche in risposta alle esigenze conseguenti

all’impressionante allargamento dell’Unione da 15 a 27 Stati membri, le regole decisionali

dell’unanimità e del consenso sono state sostituite in Consiglio a favore di altre procedure più

consone a mettere d’accordo una maggiore pluralità di interessi. Le materie relative alla

circolazione delle persone hanno avuto il beneficio del controllo del Parlamento europeo e

quello giurisdizionale della Corte di Giustizia dell’Unione, che risponde ormai con regolarità

ai giudici nazionali in via pregiudiziale offrendo la propria interpretazione delle disposizioni

comunitarie e dirime controversie tra le Istituzioni europee stesse o tra queste e gli Stati

membri. È opportuno prestare attenzione alla natura delle questioni portate dinanzi alla Corte:

esse si soffermano sia su questioni tecniche, riguardanti l’interpretazione delle norme e dei

concetti tecnici più basilari, confermando così la giovinezza della politica comune dei visti,

sia su ambiti del regime dei visti in merito ai quali gli Stati membri e le Istituzioni si

scontrano a causa di profonde divergenze di interpretazione. La Corte definisce in questo

modo gli equilibri, i rapporti di forza, i limiti di attività delle istituzioni e, di conseguenza, il

suo operato ha effetti di alta valenza politica.

La politicità è presente nel regime Schengen dei visti di breve durata e avvolge

completamente la definizione da parte delle Istituzioni comunitarie dei criteri e delle liste

comuni dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto

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dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono

esenti da tale obbligo. Tali elenchi sono stati adottati dal Consiglio sottoforma di

regolamento, onde evitare ritardi di trasposizione e comportamenti ostruzionisti da Parte degli

Stati che partecipano alla cooperazione rafforzata. Tuttavia, l’evidente politicità della materia

trova origine soprattutto nella natura stessa del visto Schengen uniforme. Esso è uno

strumento tecnico per il controllo degli ingressi sul territorio comune, ma è carico di

significati politici: anche se dal punto di vista giuridico esso resta un visto nazionale,

rilasciato dai Consolati degli Stati membri e sottoposto al vaglio dei tribunali nazionali, il

visto uniforme ha la particolarità di permettere l’ingresso nell’intera area Schengen e perciò

anche sul territorio degli altri Paesi membri. Se si considera anche l’impatto conseguente alla

creazione di un formato uniforme di visto adesivo e alla standardizzazione delle norme che

regolano il regime dei visti di breve durata, non è difficile notare che il visto Schengen ha

implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei Governi degli Stati membri

e ha avuto effetti di rilievo sulle relazioni internazionali, conferendo una forte visibilità

all’Unione Europea, percepita, anche grazie al visto uniforme, alla stregua di sovra-Stato

anteposto ai celebri Stati membri. Le modalità stesse di rilascio del visto uniforme hanno

valenze politiche e possono essere utilizzate come strumento di soft law per promuovere o

sanzionare Paesi terzi o semplicemente per influenzare risposte da parte di essi. Tutto ciò crea

tensioni riguardanti l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri. Sia il rilascio, sia il

diniego di un visto nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, sia la

concessione o il rifiuto dell’autorizzazione all’ingresso nell’area Schengen attraverso la

frontiera esterna ai titolari di visti validi, possono racchiudere implicazioni politiche o

diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati. Malgrado la coscienza

del fatto che l’autorizzazione o il rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero

deve essere determinata anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti gli altri Stati

associati, le maggiori difformità applicative oggi visibili nell’operato degli Stati membri in

contesti nazionali omogenei sono spiegabili facendo riferimento all’indirizzo politico definito

dai loro Governi centrali. Tali difformità saranno visibili fino a quando le logiche di rilascio

del visto uniforme resteranno sotto il controllo degli Stati membri: un elevato grado di

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convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le Istituzioni europee e, in

particolare la Commissione, a definire le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il

rilascio dei visti, coerentemente con gli obiettivi della relazioni esterne dell’Unione, della

politica estera e di sicurezza comune e con gli orientamenti generali e le decisioni del

Consiglio Europeo.

Per il prossimo futuro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che

partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad

evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione: essa sarà in grado di

definire a livello politico le priorità e gli obiettivi sul rilascio dei visti nei vari contesti

regionali, comunicherà tali indicazioni agli Stati membri e controllerà la coerenza dell’operato

dei singoli Consolati. L’aumento del peso relativo della Commissione comporterà una

maggiore convergenza nell’operato degli Stati membri. Nonostante le potenzialità tecniche

del VIS e degli altri sistemi informatici creati a livello europeo, nonché i rischi del loro

possibile abuso, potrà ritenersi scongiurata l’ipotesi estrema, orwelliana, riguardante la

creazione di una sala di regia europea, pericolosamente intrusiva nella vita privata dei

cittadini stranieri, capace di dirigere a distanza l’operato degli Stati membri. Sarebbe

opportuno che il ruolo della Commissione non si limitasse neppure al mero controllo statistico

della convergenza dei tassi di rifiuto: essi possono essere infatti un indicatore attendibile per

dimostrare l’esistenza di difformità applicative tra i Consolati che operano in una stessa

circoscrizione, tuttavia, al contrario, la mera concordanza dei valori di per sé non è un

indicatore sufficiente per considerare compiuta l’armonizzazione a livello locale

dell’applicazione della politica dei visti. Anzi, nonostante il discorso della Commissione,

relativo alla necessità di maggiore convergenza, in logica sussidiaria si potrebbe riconsiderare

il luce positiva la presenza di differenze nei tassi di rilascio e di rifiuto dei visti, purché esse

siano conseguenti alle diverse necessità del turismo, dei mercati del lavoro nazionali,

regionali e, in definitiva, delle interazioni intessute dai cittadini europei con il resto del mondo

e non da scelte discrezionali delle amministrazioni, da difformità applicative delle procedure

elaborate dal legislatore europeo o, peggio, da abusi. La Commissione, anche attraverso le

proprie Delegazioni accreditate all’estero, dovrebbe promuovere il proprio ruolo di guida dei

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Consolati e di formazione del capitale umano da utilizzare all’interno di essi, affinché le

regole e i criteri formulati a livello europeo siano omogeneamente compresi ed applicati dal

personale addetto ad amministrare, nel modo più giusto possibile, il compito di esame delle

domande di visto e di valutazione dei rischi.