Bell'Italia Castelli

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EDITORIALE GIORGIO MONDADORI FORTEZZE E ANTICHE DIMORE DA VISITARE E DA VIVERE

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Allegato alle pubblicazioni del gruppo Cairo editore

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EDITORIALE GIORGIO MONDADORI

FORTEZZE E ANTICHE DIMOREDA VISITARE E DA VIVERE

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Bell’Italia. Alla scoperta del più bel paese del mondo. Copyright 2010. Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A. Tutti i diritti riservati. Testi, fotografie e disegni contenuti in questo numero non possono essere riprodotti, neppure parzialmente, senza l’autorizzazione dell’Editore. Pubblicazione mensile registrata presso il tribunale di Milano il 5/4/1986, n. 169. Una copia euro 3,90, arretrati euro 7,80. Stampa: Pozzoni Spa, viaNazionale 14, Beverate di Brivio (Lc).

Accertamento diffusione: Cer tificato n. 2756 del 14.12.1994 Periodico asso-ciato alla FIEG ( F e d e r. Ital. Editori Giornali)

Reinhold Messner, il castellano più famosoL'uomo che scalava montagne e castelli......2Castellani del vinoUn sorso con il conte........................8Castel Coira a SludernoAffreschi gentili e tintinnar d'armature ...........14Forte asburgico di FortezzaChe forte questo castello .............................18Castelli da vivereBenvenuti a corte! .........................................25Cartina e informazioni......................................III

SOMMARIO

In questa immagine: il forte asburgico di Fortezza, in valle Isarco; foto Albert CeolanIn copertina: Castel Coira si affaccia sull'Alta Valle Venosta; foto di Johanna Huber/Sime

Accertamento diffusione: Cer tificato n. 2756 del 14.12.1994 Periodico associa-to alla FIEG (Feder. Ital. Editori Giornali)

DIRETTORE RESPONSABILE Emanuela [email protected]

CAPOREDATTOREMichela Colombo [email protected] Cozzi [email protected] Leovino [email protected] Carlo Migliavacca [email protected] Sandra Minute [email protected] EDITORSusanna Scafuri [email protected] DIRECTORCorrado Giavara [email protected] Bombaci [email protected] Francesca Cappellato [email protected] DI REDAZIONEOrietta Pontani (responsabile), Paola Paterlini (seg. e ricerca iconografica) [email protected] GRAFICO Silvia Garofoli [email protected]

SPECIALE A CURA DI: Pietro Cozzi

IN COLLABORAZIONE CON: Alto Adige/Südtirol

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERORICERCA FOTOGRAFICA: Susanna ScafuriIMPAGINAZIONE: Corrado GiavaraTESTI: Pietro Cozzi, Lello Piazza, Anna Pugliese ILLUSTRAZIONI: Mario RussoLE IMMAGINI DI QUESTO NUMERO: Castelli Messner: Matteo Carassale (pgg.2-3), Archivi Alinari, Firenze (p.3), Matteo Carassale (pgg.4-5), Archivio A.A. Marketing (p.5),Sandro Vannini (p.6), Uto Guntli/Sudtyrolphoto (p.7). Castel Coira: Johanna Huber/Sime (pgg. 14-15), Federico Meneghetti/Cubo(p.14), Franco Cogoli, Archivio A. A. Marketing (p.16), Federico Meneghetti/Cubo (p.17). Castelli da Vivere: Stefano Scatà (pgg. 25; 27; 28), Franco Cogoli (pgg.26; 29; 30-31).

FOTOLITO: Fotolito Veneta, via Disciplina 11, San Martino Buonalbergo (Verona)STAMPA: Elcograf, via Nazionale 14, Beverate di Brivio (Lecco)

EDITORIALE GIORGIO MONDADORI divisione di

PRESIDENTE Urbano Cairo

DIRETTORE GENERALE Giuseppe Ferrauto

CONSIGLIERI Andrea Biavardi, Alberto Braggio, Giuseppe

Cairo, Ugo Carenini, Giuliano Cesari, Giuseppe Ferrauto, Uberto Fornara, Marco Pompignoli

CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PER LA PUBBLICITÀ

Centro Direzionale Tucidide Via Tucidide 56 - 20134 Milano Tel. 02 748131 Fax 02 76118212

Un itinerario tra palazzi signorili e fortezze, musei e cantine, hotel e ristoranti di charme, scelti fra gli oltre 400 castelli che vigilano sulle vallate altoatesine

ALLA SCOPERTA DEL PIÙ BEL PAESE DEL MONDOI LUOGHI, LE CITTÀ, LE REGIONI

Allegato alle pubblicazioni del gruppo Cairo Editore

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La facciata laterale di castel Toblino. Nella pagina seguente, dall’alto: l’ingresso e l’antica cappella di villa Madruzzo; ricette tipiche e vini trentini proposti nel ristorante della dimora; un tratto dell’itinerario nella valle del Sarca.

L’UOMO CHE SCALAVA MONTAGNE E CASTELLINella collezione dei suoi Messner Mountain Museum il grande alpinista sfoggia castel Juval e Firmiano, a cui si aggiungerà presto il castello di Brunico

Te s t i d i L e l l o P i a z z a

REINHOLD MESSNER,IL CASTELLANO PIÙ FAMOSO

Scorcio di castel Juval, il primo nato nella collezione dei Messner Mountain Museum, su uno sperone di roccia all’imbocco della val Senales. La torre sulla destra è l’ingresso principale. Messner abita qui, con la sua famiglia, per parte dell’estate.

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icuramente il più celebre castellano dell’Alto Adige: è suo castel Juval e gestisce castel Fir-miano e il castello di Brunico. Certamente il più grande conquistatore di montagne di tutti

i tempi: il primo a scalare tutti i 14 ottomila himalayani. Castelli e montagne si intrecciano nella vita di Reinhold Messner. Castelli e montagne, due sogni dello stesso spi-rito, due conquiste dello stesso uomo. René Magritte (che coincidenza: le stesse iniziali di Messner!), il pittore surre-alista belga, sembra aver sognato gli stessi sogni e averli messi in un quadro, Le Chateau des Pyrénées (Il castello dei Pirenei, 1959). Ha dipinto una pietra grande come una montagna con in cima un castello: pietra e castello insie-me volano sopra il mare, leggeri come i sogni.E le montagne hanno vicoli, sof tte, sotterranei, fossati, merli, torri, proprio come i castelli. «I castelli posseggono una dimensione», racconta Reinhold Messner, «che ha a che fare con le montagne. Sono costruiti lassù per difen-dersi, per avere la visione dall’alto, la stessa visione che cerca l’alpinista quando sale una parete. Poi sono quasi sempre fatti di pezzi di montagna, di pietre locali, così che da lontano è spesso dif cile capire dove termina la natura e dove comincia il lavoro dell’uomo. Come qui a castel Firmiano. Guarda queste rocce che rappresenta-no la Montagna Sacra». Messner si riferisce a uno spero-ne di por do al centro del castello, con struttura a canne d’organo, tipica delle rocce eruttive, che vuole simboleg-giare il monte Kailash, venerato da tibetani, buddisti, in-duisti e jainisti. «Sono le stesse rocce di cui son fatte le mura, pezzi di montagna riarrangiati dall’uomo, in mo-do diverso da come li aveva creati la natura».Qui, davanti a questa splendida parete di roccia, sotto un sole primaverile fresco e luminoso, il grande alpinista

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Sopra: Le Chateau des Pyrénées (1959), di René Magritte; l’idea del castello che nasce dalla roccia ben esemplifica il percorso di Reinhold Messner (a destra), da grande alpinista a “castellano”.

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parla di montagne e castelli. E dei suoi musei: «Ho avu-to la grande fortuna di aver trovato, dopo la carriera di scalatore, un nuovo obiettivo, quello dei musei di mon-tagna, altrimenti oggi sarei chissà dove, alla ricerca di nuove sensazioni. Con i musei non rischio la vita, sol-tanto il fallimento economico...».Il progetto completo dei Messner Mountain Museum prevede cinque musei, ma per ora ne sono stati realiz-zati quattro. Castel Juval, dedicato al mito della mon-tagna e alle “montagne sacre” del mondo (dall’Olimpo all’Ayers Rock), si trova all’imbocco della val Senales. Visitabile in parte, circondato da un percorso botanico, è d’estate la residenza privata di Messner. Poi c’è castel Firmiano, che domina da uno sperone roccioso la peri-feria di Bolzano, consacrato alle religioni e all’epopea dell’alpinismo. Non sono castelli, invece, Ortles a Solda (dedicato al ghiaccio), e Dolomites, il museo delle nuvo-le, sul Monte Rite a Cibiana di Cadore (vicino a Cortina d’Ampezzo). Quest’ultimo, dedicato alla roccia e allesti-to in un forte della Grande Guerra, ospita testimonianze

Sopra: uno degli ambienti dell’abitazione privata di Messner a castel Juval, arredato con una grande stube. In basso: la sala Gompa, dedicata alla meditazione. Il tema

che accompagna l’intero percorso di visita, che si snoda tra sale e cortili, è la spiritualità della montagna e la sacralità che da sempre l’uomo ha attribuito ad alcune vette.

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Nella foto: castel Roncolo, adagiato su uno sperone roccioso nei pressi di Bolzano. Nella pagina precedente, in senso orario: il viale d’ingresso a castel Roncolo; dettaglio di un affresco nella sala del Torneo del castello; il pro� lo diroccato di castel Drena.

Sopra: la parte posteriore del castello, dove si conclude il percorso di visita godendo di uno splendido panorama sulla val Venosta. Le prime notizie su castel Juval risalgono al XIII secolo,

quando era proprietà di Hugo von Montalban. Dopo secoli di peripezie passò nel 1913 all’olandese William Rowland, che lo fece restaurare. Messner lo acquistò nel 1983.

dell’esplorazione delle Dolomiti. Tutti sono caratterizzati dalla sigla MMM (Messner Mountain Museum), un logo che assomiglia a una catena di monti. Il quinto e ultimo, MMM Ripa, dedicato alle popolazioni di montagna e ai loro stili di vita, sarà di nuovo ospitato in un castello, quello di Brunico (vedi box qui a anco).Castel Juval è un piccolo gioiello: lo guardi e pensi ai castelli delle abe. Due leoni di pietra stanno a guardia dell’ingresso. Al suo interno maschere, tappeti e altre statue, per la maggior parte di provenienza himalayana: simulacri degli spiriti divini delle montagne, tanto cari a Messner. Salendo sulla torre, si ammira un’originale raccolta di montagne sacre; in cantina, c’è tutto l’equi-paggiamento delle sue spedizioni. «Sono molto fortuna-to ad avere un castello mio», racconta Messner, «e spero di non peccare di immodestia dicendo che Juval è anche il più bello dei tre che compongono la magica cinquina dei miei musei della montagna. Sono fortunato perché ciò mi ha aiutato a trovare credibilità presso l’ammini-strazione che ha accettato di af darmi la ristrutturazione

IN AUTUNNO NASCE IL NUOVO “MMM” A BRUNICO

Indios e Walser in val Pusteria

Il quinto museo, quello delle popolazioni della montagna,

che dovrà raccontare come vivono i montanari del mondo,

gli Indios delle Ande, gli Sherpa, ma anche i Walser e gli

altoatesini, sarà ospitato in un’ala del castello di Brunico

(foto in basso). Il castello ha più di ottocento anni: fu fatto

costruire nel 1251 dal Principe Vescovo di Bressanone

Bruno von Kirchberg. Lo spazio espositivo verrà af� dato

a Messner per vent’anni. L’idea che ha ispirato il museo è

quella di ospitare al castello piccoli gruppi di varie etnie a

rotazione per una permanenza di qualche mese, in modo

che abbiano rapporti con i locali e si scambino esperienze

e tradizioni. «Finora in Alto Adige si è parlato solo dei nostri

contadini», dice Messner, «e mi piacerebbe che si parlasse

anche dei contadini delle altre montagne, perché alla � ne,

se andiamo alla base

della sopravvivenza,

le culture di montagna

hanno radici

comuni e si fondano

sulla solidarietà».

L’inaugurazione avverrà

probabilmente ad

autunno inoltrato.

Info: www.messner-

mountain-museum.it

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Nella foto: castel Roncolo, adagiato su uno sperone roccioso nei pressi di Bolzano. Nella pagina precedente, in senso orario: il viale d’ingresso a castel Roncolo; dettaglio di un affresco nella sala del Torneo del castello; il pro� lo diroccato di castel Drena.

Per la visita

di Firmiano, il più antico dei castelli dell'Alto Adige. Ho cercato Juval per cinque anni». «Ero in val Venosta», pro-segue il grande alpinista, «e stavo tornando da un ac-quisto fallito, quello di castel Coldrano. Anche se erava-mo d’accordo sul prezzo, mi sono improvvisamente reso conto che i tetti di quel castello erano troppo grandi e non avrei avuto i soldi per ristrutturarli con cura. Tor-nando a casa ero un po’ triste, ma a pochi chilometri da Merano, vedo lassù in alto un rudere. Salgo a guardare. Il castello è tutto chiuso ma sono un alpinista e scalo le mura per entrare. Eureka! Ecco il mio castello. Dopo due settimane il contratto era rmato. Era il meno costoso, era il più bello, era il mio sogno di bambino». Castel Firmiano è invece il frutto di un geniale riadatta-

mento, opera dell’architetto altoatesino Werner Tscholl,

che attrezzando l’edi cio con strutture d’acciaio (solette, scale, coperture) ne ha reso possibile la visita, senza intac-carne le rovine. Farci un giro è un piccolo trekking. Anche qui abbondano gli idoli in pietra: Reinhold stesso sembra uno di loro. La sua espressione severa, incorniciata da una

Nella pagina precedente, sopra: il cortile interno del Messner Mountain Museum di castel Firmiano, a Bolzano; in primo piano una statua di Hanoman, divinità nepalese. Nella pagina

precedente, sotto: la sala della Memoria, nella torre ovest, ospita ritratti di alpinisti celebri e lo scarpone di Günther Messner, fratello di Reinhold, morto nel 1970 durante la discesa dalla vetta

himalayana del Nanga Parbat. Qui sopra: la sagoma del castello domina un gigantesco sperone di roccia porfirica; le pareti hanno la peculiare conformazione “a canne d’organo”.

folta chioma, che sta diventando dello stesso grigio della pietra degli idoli, assomiglia a quella dei suoi spiriti, dei suoi leoni. «Come un bambino, avevo sempre il sogno di abitare in un castello», dice. E poi sorride. E l’espressione solenne di divinità dilegua come la neve a primavera, ri-velandone l’intelligenza profonda, l’intelligenza di chi sa anche guardare il mondo con un sorriso, forte come uno spirito divino e felice, appunto, come un bambino.

MMM Juval, a Castelbello, 348/4.43.38.71; aperto � no al 30 giugno e dall’1 settembre alla prima domenica di novembre, tutti i giorni tranne mercoledì, 10-16; solo visite guidate su prenotazione; 7 €. MMM Firmian, via Firmiano 53, Bolzano, 0471/63.12.64; aperto dalla prima domenica di marzo alla terza di

novembre, tutti i giorni tranne il lunedì, 10-18; 8 €.MMM Ortles, a Solda, 335/6.08.12.05; aperto dalla seconda domenica di giugno alla seconda di ottobre, tutti i giorni tranne martedì, ore 14-18; 5 €.MMM Dolomites, a Cibiana (Belluno), 0435/ 89.09.96; aperto da giugno a settembre, ore 10-13 e 14-17; 5 €.

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UN SORSO CON IL CONTEUltimi discendenti di stirpi spesso secolari, coniugano al meglio l’arte di fare il vino

con il rispetto per il territorio e la conservazione delle loro antiche memorie

CASTELLANI DEL VINO

Te s t i d i P i e t r o C o z z i - F o t o g r a f i e d i S t e f a n o S c a t à

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tirpi secolari e vini di alto lignaggio formano da sempre in Alto Adige un connubio di suc-cesso. Molti castelli sono tenute vinicole da secoli, altre da pochi decenni, ma in tutte il culto della tradizione unito alle più moder-

ne tecniche produttive ha dato risultati eccellenti. Chi le visita fa un bagno nella storia, ancora viva, di tante fa-miglie nobiliari, gode della natura e dei microclimi che hanno reso possibili tanti successi enologici e gusta (so-prattutto annusa...) il top della produzione.Antico e moderno – il meglio dell’antico e il meglio del moderno, direbbe il proprietario, conte Michael Goëss-Enzenberg – convivono in letizia da Manin-cor, a Caldaro sulla Strada del Vino: il castello del 1608, costruito da Hieronymus Manincor, af anca la

Sscenogra ca cantina sotterranea, terminata nel 2004, quasi invisibile dall’esterno. Il signi cato del nome si svela facilmente nell’affresco sulla facciata del castel-lo, dove la “man-in-cor” è riprodotta tre volte. Nel-la cantina sotterranea, grande 3.000 metri quadrati, la lavorazione è a caduta, dall’alto verso il basso, su tre livelli, no alla maturazione in barricaia. E il conte mostra con orgoglio sia le botticelle, fatte in parte con legno di rovere locale e cullate da una musica soffusa, sia il “backstage” di intricate tubazioni per la ventila-zione. Dalla barricaia si passa alla cantina storica del castello, che ospita i bianchi; a anco c’è anche una piccola cappella, del 1756. Fuori, i 48 ettari di vigna sono lavorati con criteri biodinamici certi cati. Dai -lari vengono tre linee di prodotti: “mano”, con i vini di

Nella pagina precedente: il conte Michael Goëss Enzenberg nella vecchia cantina della tenuta Manincor. Sopra: il castello seicentesco e l’accesso alla cantina sotterranea. Qui a fianco da sinistra: tutti i vini Manincor e il Pinot nero Mason.

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Dall’alto, in senso orario: il barone Carl Philipp von Hohenbühel nella tenuta Arzhof; la barricaia della cooperativa di Caldaro,

dove maturano i vini di Baron Di Pauli; due dettagli del rosso Arzio, fatto con uve Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.

facile beva (dal Moscato Giallo alla Schiava); “cuore”, con il meglio della loso a Manincor (come il Cassia-no, da uve Merlot e Cabernet Franc); “corona”, cioè il top, l’eccellenza, glia solo delle annate migliori.Si nutrono del microclima eccezionale del lago di Calda-ro anche i 15 ettari della tenuta Baron Di Pauli. La fami-glia, guidata dal barone Pius, viene da Carano, in val di Fiemme, ma è a Caldaro da tre secoli e no al 1901 era proprietaria di tutto il lago. Nell’800 i prodotti Baron Di Pauli erano apprezzati sulle tavole della corte imperiale, a Vienna. La Schiava, vitigno che più altoatesino non si può, cresce sulle tradizionali pergole di legno del-la tenuta Arzhof, dove si arrampicano piante che hanno in media mezzo secolo di età. Se ne prende cura l’agro-nomo, barone Carl Philipp von Hohenbühel. Nodi di

peli di capra, appesi qua e là, tengono lontani i cervi, che schivano l’odore di animale domestico: un altro omag-gio alla tradizione. Il prodotto nale si chiama Kalkofen: “forno per la calce”. Il Lagrein Carano riposa invece un anno e mezzo nella splendida barricaia della cooperati-va di Caldaro, e altri sei mesi in bottiglia. Ci sono poi due blend, l’Arzio (Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc) e l’apprezzatissimo Enosi (Riesling, Sauvignon Blanc e Pinot Bianco), mentre il Gewürztraminer Exilissi a vendemmia tardiva ha un pro lo greco n dal nome.

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Ingegnere, viticoltore, cantiniere e proprietario di ca-stel Stachlburg, il barone Sigmund von Kripp coltiva sette ettari di terreno intorno al suo maniero del XII secolo, a 650 metri di quota, sui primi versanti della val Venosta. Il maniero fu acquistato nel 1540 da Ge-org Stachel, che ottenne poi il titolo nobiliare di von Stachlburg; sfogliando tra le generazioni, la famiglia conta anche su un eroe della patria tirolese, il conte Johan von Stachlburg, che morì sul Bergisel (1809) combattendo contro francesi e bavaresi ai comandi di Andreas Hofer. Le sue tre nipoti si imparentarono con tre baroni Giovanelli, stirpe da cui discende la bi-snonna dei baroni Kripp. Sigmund Kripp – il primo ad abitare di nuovo il castello, dopo una lunga pausa dal 1914 al 1989 – si dedica alla produzione biologica

BIRRERIA FORST

I boccali più nobiliEnormi silos di birra si affacciano sulla statale della val Venosta, a Foresta-Lagundo, nascosti dentro un’elegante architettura tirolese dai colori pastello. Quando necessita, quattro pittori della Forst ne ritoccano le decorazioni. È un piccolo segno che dice molto della � loso� a dell’ultima grande fabbrica di birra italiana, guidata da una donna, la baronessa Margherita Fuchs von Mannstein. Fin dalla fondazione (1857), e dopo il passaggio alla famiglia Fuchs (1863), il legame con il territorio e la ricerca dell’eccellenza sono punti irrinunciabili. Dall’acqua purissima delle montagne circostanti, dall’orzo e dai � ori femminili del luppolo di Baviera e Boemia si arriva al prodotto � nito. Alla prima fermentazione, di sette giorni, ne segue una seconda, un af� namento di 2-4 mesi che è l’orgoglio dell’azienda, in ostinata controtendenza rispetto alla rapidità delle multinazionali. Profumi e sapori della Sixtus, spillata nella vicina Braustuberl Forst, confermano la bontà della scelta. Info: Birra Forst, via Venosta 8, Forst-Lagundo; www.forst.it; visite guidate gratuite da metà giugno, ogni giovedì alle 14. Prenotazioni: 0473/26.01.11

In alto, da sinistra: la baronessa Margherita Fuchs von Mannstein fotografata con alcuni storici boccali della birra Forst e su un balcone del cortile interno dell’azienda. Qui sopra, da sinistra: il conte Sigmund Kripp a Castel Stachlburg; una bottiglia di Pinot nero (Blauburgunder) della sua cantina di Parcines.

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Per la visita delle 4 cantineManincor, San Giuseppe al Lago 4, Caldaro, 0471/96.02.30; www.manincor.com; visite per gruppi da 5 a 30 persone, ma la prenotazione è possibile anche singolarmente; 12 € a persona; degustazioni al punto vendita interno, lunedì-venerdì 9,30-12,30 e 13,30-18, sabato 10-17.Baron Di Pauli, via Cantine 12, Caldaro, 0471/96.36.96; www.barondipauli.com; per degustazioni e visita, su prenotazione, alla cantina di produzione: Winecenter, via Stazione 7, Caldaro, 0471/96.60.67.

Stachlburg, via Peter Mitterhofer 2, Parcines, 0473/96.80.14; www.stachlburg.com; visita per gruppi da 10 a 30 persone, su prenotazione, a 6 € a persona; sempre aperta per degustazioni al banco. Labyrinthgarten-Tenuta Kränzel, via Palade 1, Cermes, 0473/56.45.49; www.labyrinth.bz; giardino-labirinto aperto tutti i giorni, 9,30-19, ingresso 8 €; visita guidata a cantina e giardino, con degustazioni, per gruppi a partire da 4-5 persone; costo: 20 € a persona.

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dal 1998, utilizzando solo anticrittogamici naturali. Da provare il Pinot Nero, più volte premiato, i vini bianchi delicati (Riesling, Pinot Bianco) e lo spumante Metodo Classico Stachlburg Brut.Un po’ più a sud, a Cermes, i terreni della Tenuta Krän-zel si individuano già da lontano grazie ai drappi colorati dell’installazione Sculpture for the Wind, dell’artista tede-sco Franz Stahler. Siamo sui pendii meridionali della so-leggiata conca meranese e i sei ettari di viti dell’azienda sono completati da un delizioso giardino di svago e me-ditazione, il Labyrinthgarten, ricco di opere d’arte con-temporanea. L’originale idea di marketing, che unisce divertimento e cultura del vino, è del conte Franz Graf von Pfeil. La famiglia Pfeil vive ancora nel castelletto di quattro piani su arcate, citato per la prima volta nel 1350.

Fuori il “giardino delle vigne”, fra 300 e 600 metri di quo-ta, è arricchito dalle attrazioni del Labyrinthgarten: ci so-no lo stagno, le terrazze, la nta montagna, la grotta... Ma il pezzo forte è il grande labirinto, fatto con dieci tipi di viti diverse, le stesse che si coltivano sui pendii soprastanti; è come se la geometrica regolarità dei lari si spezzi, per gioco, nell’intrico di cunicoli del percorso, formando un rompicapo di non facile soluzione. Magia e mistero che ritroviamo anche nel vino da tavola Corona, un bianco dalla formula segreta, custodita dal cantiniere. Lo accompagnano altri vini di monovitigno (Pinot bian-co, Pinot nero, Chardonnay, Sauvignon blanc), l’onnipre-sente Schiava (in due versioni, Meraner Hügel e Baslan) e, in annate particolari, nobili passiti.

Nella pagina precedente: il nipote del conte Franz von Pfeil all’ingresso della Tenuta Kränzel. Sopra: la facciata del castello, citato per la prima volta nel 1350. Qui a fianco,da sinistra: botticelle in cantina; il vino da tavola Corona, dalla formula segreta.

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AFFRESCHI GENTILI E TINTINNAR D’ARMATUREEretto nel 1253 da Enrico IV di Monfort per far la guerra ai Matsch, castel Coira si è trasformato in dimora signorile. Dove d’estate vive ancora l’ultimo conte Trapp

Te s t i d i A n n a P u g l i e s e

CASTEL COIRA A SLUDERNO

L’inverno cede il passo alla primavera nello splendido scenario che circonda castel Coira, in Alta Val Venosta. In basso: la ripida stradina che porta all’ingresso del castello.

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oleva s dare i suoi nemici, i signori di Matsch, Enrico IV di Monfort, vescovo di Coira, che su gran parte della val Veno-sta aveva non solo il potere spirituale ma anche temporale. Bisogna andare indie-

tro nel tempo, sino al XIII secolo, per capire l’origine di questa storia. Ai vescovi di Coira si contrapponevano, in una vera e propria faida senza esclusioni di colpi, i Matsch della val Mazia, una piccola valle laterale del-la Venosta. E la s da lanciata ai Matsch fu castel Coira, eretto nel 1253, voluto da Enrico IV proprio all’uscita dalla val Mazia, quasi a chiudere i nemici nei loro terri-tori. Dopo neanche 50 anni, però, castel Coira nì nelle mani dei Matsch. E da allora è rimasto sempre in fami-glia. Prima ai Matsch sino al 1504, quando morì, pro-prio a castel Coira, l’ultimo discendente della famiglia,

VGaudenzio. Quindi ai Trapp, che ereditarono castel Coira, dopo non poche beghe legali, in quanto nipoti dei Matsch. Oggi castel Coira è ancora casa dei Trapp. Lo abita, dalla tarda primavera ai primi freddi autun-nali, il conte Johannes Jakob Trapp, che possiede an-che i frutteti che circondano il maniero. Ma, sempre da primavera ad autunno inoltrato, il castello apre le porte ai visitatori, raccontando le sue tante storie. Di vite castel Coira ne ha avute più d’una. Nato come fortezza, celava, protetto da possente muro di cinta, la residenza vescovile, decorata dalle bifore roma-niche, il mastio, con un originale tetto a piramide, e una cappella. Nel XVI secolo cambiò completamente volto: il palazzo fu ampliato, le mura furono innal-zate, le cappelle diventarono due e si creò il primo loggiato. Mancava ancora un tocco gentile, colorato,

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Sopra: il coloratissino loggiato, poggiante su 16 colonne in marmo di Lasa. Lungo le volte si ramifica

l’albero genealogico dei proprietari, affrescato tra il 1570 e il 1580. Nelle due foto sotto, a destra: i tesori

dell’armeria, che conserva decine di armature complete. Nella pagina seguente: scorcio del castello, eretto nel 1253.

ITINERARIO NEGLI ALTRI CASTELLI D’ARTE ALTOATESINI

Tre splendori di vita cortese

Non c’è solo castel Coira tra gli imperdibili castelli d’arte

altoatesini. A Mareta, vicino a Vipiteno, vale la pena scoprire

castel Wolfsthurn (0472/75.81.21; aperto tutti i giorni tranne

il lunedì, 9,30-17,30, domenica 13-17; ingresso 4 €). È un

elegante maniero barocco (nella foto), con 365 � nestre,

come i giorni di un anno. Con 52 porte, pari al numero delle

settimane. Con 12 tra torri e camini, per ricordare il numero

dei mesi. Al primo piano ospita il Museo della Caccia e

della Pesca della provincia di Bolzano. Nell’ala dei cavalieri

abitano ancora i von Sternbach, storici proprietari. Castel

Taufers a Campo Tures (0474/67.80.53; dal 23 maggio

visite guidate tutti i giorni con partenze alle 10, 11, 14, 15,15

e 16,30; ingresso 8 €) è un’altra visita

consigliata. È un imponente fortilizio

con interni splendidi, arredi originali

e i preziosi affreschi di Michael Pacher.

In più, � no al 12 settembre, si visita

una mostra sulle crociate. In� ne castel

Roncolo, a Bolzano (0471/32.98.08;

aperto tutti i giorni tranne il lunedì,

10-18; ingresso 8 €). Le pareti

interne narrano di vita cortese e tornei

cavallereschi: è il “maniero dipinto”,

che conserva il ciclo di affreschi profani

meglio conservato del Medioevo.

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manierista. Tra il 1570 e il 1580 il loggiato fu comple-tamente decorato e si pensò, nalmente, anche agli interni, dove si sbizzarrirono alcuni dei migliori ar-tisti locali. Castel Coira, quindi, divenne un classico esempio di castello rinascimentale: quello che pos-siamo ammirare ancora oggi. L’impatto, superata la porta d’accesso alle mura, è di tranquillità assoluta. Il castello, in realtà, è una sor-ta di paesino che vive di vita propria, ordinatissimo. C’è la romantica fontana dell’amore, con il putto che tende l’arco, la torre colombaia, dove una volta si al-levavano davvero i piccioni viaggiatori, e poi, supe-rando il cortile esterno del castello, il loggiato. È una delle meraviglie di Castel Coira, una sorta di libro aperto dipinto sulle arcate, dove leggere di buoni sentimenti e moderazione, di senso della famiglia e amore per lo studio, seguendo un vero e proprio pro-gramma ideale umanistico. Superato il loggiato si entra nel castello vero e proprio. La prima tappa è la stanza di Giacomo, dedicata a Gia-como VII Trapp. Opulenta, con il sof tto a cassettoni intagliato e il fregio pittorico che scorre sulle pareti, raccoglie veri e propri tesori come la statua lignea di Giacomo (eccezionale perché rappresenta il giovane Trapp immerso nella sua vita privata), il suo mantello da pellegrino e un organo da tavolo del 1559, ancora funzionante. Tornando al loggiato, si può salire al se-condo piano, alla sala dei Matsch: è una sorta di gal-leria della famiglia, dove spicca il ritratto di Giacomo VI, del 1555, il più antico di tutto il castello. Il percorso di Castel Coira prosegue lungo il cammi-no di ronda, tipicamente medievale, con il mastio,

duecentesco, che porta all’armeria. Realizzata a ne Ottocento da Gottardo Trapp, è la più importante armeria privata d’Europa, ma soprattutto è il vero “guardaroba” privato dei Trapp e dei Matsch. Sfog-gia due armature sorprendenti: una alta due metri, utilizzata dal gigantesco Ulrico IX Matsch, e una pic-colissima, da bimbo, appartenuta a Matthaus Gau-denz Matsch. Ma sono solo curiosità. Anche se non amate le armi, soffermatevi sui particolari: ci sono el-mi di foggia animalesca o con tanto di iscrizioni in la-tino, pettorali arricchiti da tralci, medaglioni e gure dei santi, e poi balestre intagliate nell’osso, decorate con scene di caccia. Da qui si passa alle cappelle. Pri-ma quella antica, medievale, che sfoggia una dolcis-sima scultura romanica della Madonna, novella Eva con tanto di Bambino benedicente. Poi quella nuova, del 1561, voluta da Giacomo VII Trapp al suo ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa. È puro rinascimen-to, prezioso, ricco ed elegante.Il resto è casa Trapp. Una casa vitale, con i ori ai bal-coni e le voci che escono dalle nestre. Che fa vivere, davvero, tutto il castello.

Per la visitaCastel Coira (a Sluderno, località Churburg 1) è aperto dal 20 marzo � no al 31 ottobre tutti i giorni tranne i lunedì non festivi, ore 10-12 e 14-16,30 (ultimo ingresso). Sono possibili soltanto

visite guidate, della durata media di un’ora. L’ingresso costa 8 €, comprensivo di guida. Per informazioni: 0473/61.52.41, [email protected], www.castelcoira.com.

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La facciata laterale di castel Toblino. Nella pagina seguente, dall’alto: l’ingresso e l’antica cappella di villa Madruzzo; ricette tipiche e vini trentini proposti nel ristorante della dimora; un tratto dell’itinerario nella valle del Sarca.CHE FORTE QUESTO CASTELLOIl complesso difensivo eretto in cinque anni dagli imperatori d’Austria sorveglia come un gigante di granito l’Alta Valle Isarco

A c u r a d i P i e t r o C o z z i

F o t o g r a f i e d i A l b e r t C e o l a n

FORTE ASBURGICO DI FORTEZZA

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uardandolo da sotto in su, livido di granito grigio sulla forra dell’Isarco, il Forte Alto del-la fortezza asburgica ricorda certe inquadra-ture di Dove osano le aquile, la pellicola in cui Clint Eastwood e compagni vìolano con in-

domito coraggio un inattaccabile castello nazista bavarese. I versanti accarezzati dal sole si fermano poche centinaia di metri più a valle di questo cupo e stupefacente com-plesso di 65 mila metri quadri, grande quanto il Louvre. La Storia sembra essersi congedata da qui solo l’altroie-ri, passando sotto l’architrave del monumentale ingresso che riporta le date di realizzazione dell’opera: Franciscus I inchoavit anno 1833-Ferdinandus I perfecit anno 1838. L’uf -cialità può permettersi di citare solo gli augusti imperatori d’Austria, ma un posto nell’iscrizione lo meriterebbero al-tre tre gure chiave: l’arciduca Giovanni, comandante su-premo del genio militare austroungarico; l’architetto Franz von Scholl, comandante del genio mobile; Carlo von Mar-tony, suo braccio destro e capocantiere, l’uomo che segnò sulla mappa il punto esatto dove edi care la fortezza.Per comprenderne il signi cato strategico bisogna torna-re al Congresso di Vienna (novembre 1814-giugno 1815). Il ciclone napoleonico ha appena nito di squassare l’Eu-ropa con le sue idee rivoluzionarie e le sue guerre-lampo e i sovrani del Vecchio Continente auspicano un ritorno

G

Ip et amet num quam nim zzriliquamet irit laore magna coreetumsan euisit lore modiam veliquat nulputat velesequi tie te dit lorpera essissed min veliquam del iur

all’ordine costituito, puntellato da una robusta serie di forti cazioni al con ne con la Francia. Gli stati tedeschi (Deutscher Bund) muniscono la linea del Reno, mentre l’Impero Austroungarico volge lo sguardo verso il Vene-to e il Tirolo del sud, già schiacciato nella “tenaglia” degli eserciti napoleonici, capaci di attaccare simultaneamente l’Europa centrale e la Pianura Padana. Nascono così il cele-berrimo Quadrilatero (Verona-Peschiera-Mantova-Legna-go) e la forti cazione di Fortezza (Franzenfeste), a nord di Bressanone, là dove, scrive von Martony, «la val d’Isarco si restringe ad una striscia sottile cosicché (...) tutto il fondo-valle è occupato da strada e ume che corrono tra ripide pareti rocciose». Forti cando questa zona si controllano al contempo la strada del Brennero (verso l’Europa centrale) e quella della Pusteria (verso Vienna e l’Est europeo), che proprio qui si biforca, nel punto dove i Romani costruiro-no il ponte Ladriccio. Sono le due vie classiche, perché von Martony dopo puntigliose osservazioni scarta la possibili-tà che eserciti moderni possano transitare dal passo di Gio-vo o di Pennes, lungo “tratturi” adatti alle greggi.Compatta e senza fronzoli come i sei milioni di blocchi di granito di Falzes da cui è composta, la fortezza ideata da Franz von Scholl si sviluppa su tre livelli diversi: Forte Basso e Forte Medio, nell’opera di fondovalle, e Forte Alto, 75 metri più a monte. A Forte Basso tre corpi di fabbrica,

Pagina precedente: spettacolare scorcio dello scalone che collega il Forte Basso con il Forte Alto della fortezza asburgica. In questa foto: Forte Alto, estrema roccaforte di difesa per la guarnigione.

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a loro volta scomponibili in 10 unità difensive autonome, cingono come una corona Forte Medio (3 unità). S’intui-sce così lo schema strategico che regola l’intero complesso: nell’ipotesi che il nemico prenda un settore, gli occupanti si barricano in quello successivo, opportunamente blinda-to da travi in legno di larice. In questo senso Forte Medio è concepito anche come estremo settore di difesa di tutta l’opera di fondovalle ed è protetto a sua volta da Forte Al-to, l’“acropoli”, l’ultimo rifugio dove asserragliare la guar-nigione ( no a 1.200 soldati) . Tra Forte Basso e Forte Alto si snoda la meraviglia della fortezza, lo scalone sotterra-neo di 451 gradini, scavato dentro un tunnel largo poco più di 2 metri. Chi lo affronta con passo spedito, valutan-do il tempo dell’ascesa in pochi minuti, rischia di ritrovarsi senza ato: di minuti ne occorrono una ventina. Ma c’è il trucco: lo scaltro von Scholl s’inventa un tunnel più largo in alto che in basso, così da invertire in parte l’effetto pro-spettico consueto. Attaccando la scalinata il punto di arrivo appare più grande, e quindi più vicino, di quanto effettiva-mente non sia, ingannando chi sale.Una trovata ingegnosa: la fortezza ne è un catalogo ine-sauribile, da scoprire un po’ per volta. Sulla vasta piazza d’armi che accoglie il visitatore, la piccola chiesa neogotica (1845), progettata dall’ingegnere-capitano Gedeon von Ra-dò, si avvale di un sistema di lacunari che ampli ca la voce

Sopra: passaggio coperto a Forte Alto, con le feritoie per i fucili. Sotto: gallerie di collegamento tra i vari settori. In basso: il circolo

ufficiali, nell’edificio di comando a Forte Basso; è l’unico ambiente affrescato dell’intero complesso.Pagina seguente, in alto

da sinistra: una camera da combattimento, costituita da un base in granito su cui si innalzano eleganti arcate in mattoni a vista; scala

a chiocciola a Forte Alto, con la peculiare rotazione destrorsa. In basso: passerelle sospese per lo spostamento dei visitatori.

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Nella foto: castel Roncolo, adagiato su uno sperone roccioso nei pressi di Bolzano. Nella pagina precedente, in senso orario: il viale d’ingresso a castel Roncolo; dettaglio di un affresco nella sala del Torneo del castello; il pro� lo diroccato di castel Drena.

NEGLI EX BUNKER DI GUERRA

Giacimenti di cultura e bontà

Altri straordinari manufatti militari

altoatesini sono i bunker del Vallo

Alpino Littorio, fatti costruire a

partire dagli anni 20 da Hitler e

Mussolini per difendere i con� ni.

L’unico intatto è il bunker n. 3 (visite

su prenotazione: 393/9.34.85.03),

proprio a Fortezza, con circa 300

metri di corridoi; qui operavano

gli “alpini d’arresto”, armati di

cannoncini anticarro. A Moso in

Passiria, un anfratto nella roccia

ospita il Mooseum (0473/64.82.59),

centro visite che illustra la storia

degli insediamenti nella valle; aperto

da martedì a domenica, 10-16. Ma

il microclima dei bunker si è rivelato

perfetto per l’invecchiamento di vini

e formaggi: alcuni sono oggi preziosi

caveau del gusto, inaccessibili al

pubblico. Aperta in occasioni di

esposizioni e degustazioni è invece

l’enoteca-bunker di Castel Korb

(0471/63.60.00; www.schloss-

hotel-korb.com), albergo e cantina

di Missiano-Appiano.

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Per la visita

del celebrante nel cortile. All’interno, una scala a chioccio-la si avvita da sinistra verso destra: così è per tutte le scale della fortezza, in modo da favorire chi si difende, mentre chi brandisce una spada dal basso è ostacolato dal perno centrale. Stratagemmi, invenzioni e cura dei dettagli si ac-compagnano a so sticate soluzioni impiantistiche. In un sito senza sorgenti, dissetare centinaia di operai e soldati è un rebus complesso, brillantemente risolto con un intrica-to sistema di canalizzazione. La pioggia viene ltrata dallo strato di erba e terra che ricopre i tetti, poi convogliata nella roccia dalle canalette di scolo e in ne raccolta, per in ltra-zione, in cisterne ottagonali. Anche l’ingegneria militare offre a Fortezza il meglio dell’epoca, non disgiunta da una sobria eleganza. I canno-ni, disposti in batteria su diversi livelli, sono installati in ca-mere di combattimento di nuova concezione, in grado di disperdere i gas sprigionati dalle esplosioni. Le camere, coperte da volte in mattoni a vista, si restringono progres-sivamente verso la feritoia del cannone creando un “effetto imbuto” e convogliando il fumo, spinto dall’aria che entra dai nestroni, verso il camino. Von Scholl è il primo ad ap-plicare questo sistema su larga scala, che consente di schie-rare a Fortezza 72 bocche da fuoco al coperto, praticamen-te imprendibili ma destinate a tacere. Alla fortezza non si sparò mai un colpo, se non per testarne la solidità (due vol-te, nel 1862 e nel 1896): la Storia, come spesso capita, prese altre, imprevedibili, strade.

Sopra: l’interno della chiesetta neogotica (1845), progettata da Gedeon von Radò e abbellita dai caratteristici lacunari. Sotto: graffito con la silhouette di

un alpino a Forte Alto. Dopo la Grande Guerra il forte asburgico passò all’esercito italiano, che lo utilizzò fino al 2001 come polveriera e deposito di munizioni.

Il forte asburgico di Fortezza si trova a un chilometro dall’uscita Bressanone dell’autostrada del Brennero. Le visite sono guidate e su prenotazione, con partenze tutti i mercoledì alle 15 e nei � ne settimana alle 11 e alle 15; prezzo: 6,50 €. È

possibile anche prenotare visite per gruppi (max 20 persone) in orari diversi, con prezzo complessivo di 100 €. La visita dura circa 2 ore; indossare scarpe da trek. Info e prenotazioni: Oppidum, 393/9.34.85.03 (ore 14-16); www.oppidum.bz.it.

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erra di principi e cavalieri, l’Alto Adige conserva ancora più di quattrocento manieri. Sono un pezzetto di storia da vive-re sempre più da protagonisti, perché molti di questi castelli sono aperti al pubblico non solo come edi ci storici e sedi di museo ma anche come hotel, bed & breakfast, ristoranti e, ad-

dirittura, campi da golf. È un’occasione, irrinunciabile, per immergersi nella storia, anche se solo per un pranzo o per una notte. Con il vantag-gio di scoprire un Alto Adige fuori dai soliti schemi, fatto di colline as-solate più che di pareti impervie. Di paesini da scoprire lentamente, pas-seggiando. Lasciando sullo sfondo il fascino sfacciato delle montagne.

T

BENVENUTI A CORTE!L’ospitalità di alto livello abita sale eleganti e antiche torri, per una vacanza, una cena o una partita a golf... da re!

T e s t i d i A n n a P u g l i e s e

CASTELLI DA VIVERE

Preparativi per la cena a Castel Fragsburg, castello di caccia meranese del Seicento.

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Gli hotel Sono piccoli hotel di charme quasi nascosti, eleganti, raffinati dove l’ospite viene trattato, e non è un gioco di parole, da vero re. Gli alberghi nei castelli altoatesini sono a gestione famigliare, curatissimi nei particolari. Anche perché in genere chi lo gestisce (o ne è il proprietario) lo abita. Ed è un dettaglio importante, capace di rendere la vacanza, breve o lunga che sia, davvero unica. Ad Appiano sulla Strada del Vino, a sud di Bolzano, Castel Paschbach sfoggia cinque camere doppie e tre suite rinnovate da poco. Hanno colori pastello, mobili antichi, ampie finestre che fanno entrare la ricca tavolozza di verdi che circonda il castello. Paschbach, gestito da 90 anni dalla famiglia Zanghi, è una residenza nobiliare del XVI secolo che conserva un portico rinascimentale e una torre trecentesca, detta di Pasquay, all’interno della quale si cela una splendida stube gotica. Intorno c’è una tranquillità assoluta e la garanzia, in primavera, di godersi il festoso arrivo delle rondini. Poco più a nord, a Prissiano, sempre lungo la Strada del Vino, alzando lo sguardo verso l’alto, oltre la selva di vigneti che circonda il paese, si scorgono le chiare mura e la possente torre di Castel Wehrburg. Edificato nel XIII secolo, nasconde piccoli tesori come la cappella di San Erasmo, con la sua preziosa Pietà del 1420, e una serie di antiche stufe in maiolica. Il fascino è quello di un vero castello, tanto che per arrivare nelle camere della torre bisogna stringersi lungo le strettissime, ma fascinose, scale a chiocciola. Si punta quindi verso Merano per arrivare a Castel

Castel Paschbach via Monte 33, Appiano sulla Strada del Vino, 0471/66.25.88;

www.schlosspaschbach.it; doppia con prima colazione da 95 €.

Castel Wehrburg località Prissiano 7, Tesimo-Prissiano,0473/92.09.34;www.wehrburg.com;

mezza pensione da 57 € per persona al giorno.

Indirizzi...

1. Il cinquecentesco portale d’ingresso e la hall di Castel Pashbach, ad Appiano sulla Strada del Vino. 2. Petra Zanghi in posa nella sala che ospita la grande stufa in maiolica. La famiglia Zanghi gestisce Castel Pashbach da novant’anni. 3. Una delle cinque camere, ancora coperte dalle volte dell’edi� cio originale.

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Nella foto: castel Roncolo, adagiato su uno sperone roccioso nei pressi di Bolzano. Nella pagina precedente, in senso orario: il viale d’ingresso a castel Roncolo; dettaglio di un affresco nella sala del Torneo del castello; il pro� lo diroccato di castel Drena.

Fragsburg. È un ex castelletto di caccia del 1620 trasformato, dal 1954, in un hotel di lusso. «Si tratta di un’architettura in lederhose», sintetizza, con un sorriso, il proprietario, Alexander Ortner. Significa che i riferimenti alla caccia, con trofei, dipinti e silhouette di animali sulle tappezzeria, sono un po’ ovunque. Ma non è nulla di kitsch: le camere, con le testate del letto dipinte a mano, i divani nei colori del bosco e i pavimenti in pino cembro, sono semplicemente raffinate. Fragsburg è il posto giusto per rilassarsi, staccare la spina. Ogni stanza ha un

piccolo giardino d’inverno, dove concedersi un bagno di sole o il piacere di leggere in assoluta tranquillità. Ci sono la sala degli scacchi, una piscina e una spa dove regalarsi i trattamenti, tutti naturali, del dottor Joseph Vitalis. E poi c’è un ristorante assolutamente imperdibile. Lo chef, Alois Haller, propone una cucina regionale reinterpretata con un pizzico di modernità e creatività, senza dimenticare il valore degli ingredienti “a chilometro zero”. Da Merano a Tirolo, dove svetta Castel Thurnstein, la strada è breve. Eretto nel XIII secolo, modificato

Castel Fragsburgvia Fragsburg 3, Merano, 0473/24.40.71;www.fragsburg.com;

pernottamento in doppia da 133 € a persona al giorno, con prima colazione e accesso alla Alpine Healthcare Spa.

Castel Thurnstein via San Pietro 8, Tirolo,0473/22.02.55;www.thurnstein.it;

pernottamento in doppia da 36 € a persona al giorno, con prima colazione.

Indirizzi...

4. Prima colazione a Castel Wehrburg; torri e mura furono innalzate nel Duecento. 5. Cesto di verdura fresca per il ristorante di Castel Fragsburg. 6. L’aerea terrazza dell’albergo, affacciata sulla conca di Merano. 7. L’elegante pro� lo di Castel Thurnstein, maniero duecentesco di Tirolo.

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e ampliato nel corso degli anni, è un albergo, con un piccolo ristorante specializzato in piatti della cucina mediterranea, dal 1967. Propone camere semplici, essenziali, dipinte di bianco, con mobili in legno chiaro. Così la vista, strepitosa, sul Burgraviato, dal monte Ivigna al Cervina, dal gruppo di Tessa al ghiacciaio della val Senales, viene esaltata. Da Tirolo bisogna tornare sui propri passi, sino a Bolzano, per imboccare la valle Isarco, spingendosi verso le Dolomiti. Arrivati a Prato all'Isarco si punta

verso l’Alpe di Siusi, un altipiano di 52 chilometri quadrati, il più grande di tutta Europa. Non è terra di castelli ma c’è, nel cuore di Fiè, un edificio duecentesco che a un castello assomiglia davvero molto. È il Romantik Hotel Turm, una sorta di fortezza dall’aspetto gentile che fu tribunale, prigione e osteria. Dal 1978 è anche art hotel, tanto che oggi la collezione di quadri e sculture sfiora i 2.000 pezzi, con opere di Picasso, Klimt, Dalì e Kokoschka, per un valore complessivo di quasi 4 milioni di euro. Insomma, se non è proprio

Romantic Hotel Turm piazza Chiesa 9, Fiè allo Sciliar,0471/72.50.14;www.hotelturm.it;

pernottamento in doppia da 87 € a persona al giorno, con prima colazione.

Hotel Castello di Sonnenburg località Castelbadia 38, San Lorenzo di Sebato,0474/47.99.99;

www.sonnenburg.com;mezza pensione da 88 € per persona al giorno.

un castello, di sicuro sfoggia un tesoro, come ogni castello che si rispetti. L’ultimo hotel della nostra selezione si trova a San Lorenzo, alle porte di Brunico: è il Castello di Sonnenburg. Datato 1530 e nato sulle fondamenta di una fortezza, è stato monastero benedettino femminile sino al 1785. Qui visse Verena, la badessa famosa per essersi opposta al teologo riformatore Nicolò Cusano. Oggi Castel Sonnenburg è un hotel raffinato con tanto di cripta (inagibile per lavori), giardino di rose e orto officinale.

8. Cura dei dettagli al Romantik Hotel Turm di Fiè allo Sciliar. 9. Il rito della raccolta dei � ori nel giardino dell’albergo. 10. Scorcio di una delle sale interne, adorna di decine di opere d’arte. 11. La torretta del Castello di Sonnenburg, edi� cio cinquecentescco nato sulle fondamenta di una fortezza; � no al 1785 è stato monastero benedettino.12. Resti di un affresco nella stube del castello.

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I ristoranti Un castelletto di caccia, nascosto tra le vigne che circondano il lago di Caldaro, è davvero una location ideale per stimolare le papille gustative, soprattutto per gli amanti della selvaggina. Castel Ringberg, però, offre tanto di più. Costruito nel 1625 dagli Asburgo proprio come base per le loro battute di caccia nei boschi tra Caldaro e il passo Mendola, già sede del museo del vino altoatesino, da tredici anni è una meta per gourmand raffinati. Stefan Unterkircher e

13. Eleganza discreta e cura dei particolari a Castel Ringberg, castelletto di caccia immerso tra le vigne del lago di Caldaro sulla Strada del Vino.14. Creativo incrocio di colori e sapori in un piatto del Ringberg: tempura di gamberi con fragole marinate e spuma di asparagi verdi e bianchi. 15. Il patron e chef Stefan Unterkircher col suo “prosciutto d’agnello” della razza ovina con “sale alle fragole”.

Castel Ringberg San Giuseppe al Lago 1, Caldaro sulla Strada del Vino, 0471/96.00.10;

www.castel-ringberg.com; conto 40 €, menù degustazione da 4 portate a 49 €, da 6 portate a 65 €.

Kallmünz, piazza Rena 12, Merano, 0473/21.29.17;www.kallmuenz.it;

conto 50 €; menù degustazione da 5 portate di carne a 58 €, di pesce a 60 €.

Claudia Pitscheider, i padroni di casa, propongono piatti creativi come l’orzotto con cavoli, tartufi e salamino d’agnello, o i saltimbocca di sgombro con polenta al coriandolo e prosciutto di San Valentino. Da Caldaro si risale l’Adige sino a Merano per raggiungere Castel Kallmünz, composto in realtà da quattro edifici, circondati da mura fortificate del XVI secolo. Il ristorante, ospitato in un fabbricato rurale, sfoggia bassi soffitti a cassettoni, pareti possenti in pietra, antichi quadri

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alle pareti abbinati, con gusto, ad un arredo minimal e ad una cucina moderna, sorprendente, capace di esaltare gli ingredienti, firmata dallo chef napoletano Luigi Ottaiano. Nei piatti si intrecciano ingredienti e sapori del Mediterraneo con influenze tirolesi e orientali. Da gustare ravioli ripieni di coda di bue con passata di pomodoro arricchita da uvetta, pinoli o pecorino e tartara di manzo kobe con pere al calvados paté di ricotta a foie gras e coulis di mandarini cinesi.

Ansitz zum Steinbock vicolo Defregger 14, Villandro,

0472/84.31.11;www.zumsteinbock.com;conto 38€.

Per arrivare all’Ansitz zum Steinbock, l’antica torre di Villandro, poi trasformata in residenza nobiliare e, dagli anni Ottanta, in ristorante con alloggio, bisogna spingersi nel cuore della Valle Isarco, arrivando a Villandro, nelle vicinanze di Chiusa. È un edificio possente, potente, dove sono stati esaltati, grazie ad un restauro illuminato, gli elementi costruttivi originari medievali, come le arcate in pietra e la strepitosa bow-window su due livelli, cancellando

brutture aggiunte nel corso dei secoli, come delle scalinate esterne. Notevoli le stube antiche, davvero accoglienti. Allo Steinbock si gusta, e molto, il pesce, a partire da un classico come il dentice su verdure mediterranee con olio alle erbe. E ci si può fermare anche per un piacevole weekend, sfruttando pacchetti molto convenienti. Infine l’ultima meta per mangiare da re è l’Ansitz Heufler a Rasun, nella valle di Anterselva, che ha riaperto nel 2008.

16. Lo staff del Kallmünz al gran completo, con lo chef e proprietario napoletano Luigi Ottaiano in primo piano. 17. Un piatto di sashimi: approccio internazionale e fantasia partenopea al Kallmünz. 18. Cena all’aperto nel giardino dell’Ansitz zum Steinbock, all’ombra del grande castello, perfettamente ristrutturato. 19. Tra le specialità dell’Ansitz zum Steinbock c’è la sella di cervo arrostito in erbe di montagna con asparagi di Terlano.

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Ansitz Heu� er Rasun di Sopra 37, Rasun-Anterselva,

0474/49.62.18;www.ansitz-heu� er.itconto 30 €.

È una residenza nobiliare datata 1578 e conservata con grande cura. La birreria (biergarten) gode di una vista stupenda e sfoggia un caminetto seicentesco. Le stube del ristorante, di epoca rinascimentale, sono tre deliziose salette dedicate agli stemmi, al castello e agli antenati. I piatti del menù, dalle pappardelle di farina di mais ai ravioli di castagne e formaggio grigio, affondano le radici nella storia delle tradizioni gastronomiche della vallata.

20. Luis Unterfrauner, chef dell’Ansitz zum Steinbock, in posa in una delle tre salette del ristorante. 21. Tavola di sapori e specialità locali all’Ansitz Heu� er di Rasun-Anterselva: il tagliere di salumi e pane fatto in casa si accompagna, in primo piano, a un piatto di polpettine con cavolo cappuccio. 22. Piatti veloci alla birreria dell’Ansitz Heu� er, ricavata nel vecchio affumicatoio della residenza nobiliare che ospita il ristorante. 23. Il bancone della birreria (biergarten).

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I Golf Un castello sul campo da golf fa tanto Highlands scozzesi. E invece siamo a due passi da Bolzano e da Merano e i castelli sono quelli di Freudenstein e di Brandis. Castel Freudenstein è privato e abitato, anchese attualmente è chiuso per restauro. Non è accessibile ma veglia, dall’alto, protetto dal suo muro di cinta, sul campo pratica del Golf Club Freudenstein, un driving range con tanto di golf academy per giocatori di tutti i livelli. Costruito nel XIII secolo, come residenza dei nobili von Fuchsberg, il castello è stato rimaneggiato all’inizio del ’900 dal barone Heinrich von Siebold, l’ambasciatore tedesco in Giappone, che lo trasformò in una lussuosa residenza nobiliare, in stile gotico, arricchendolo di affreschi e intagli. Oggi forma uno scorcio impareggiabile, immerso tra

i frutteti della media valle dell’Adige. Nell’areale del Castello di Brandis si gioca invece a golf su 9 buche a dir poco panoramiche, dentro il Golf Club Lana. Del castello, un maniero medioevale crollato nel 1807, rimangono

24. Il Golf Club Freudenstein, sotto l’omonimo castello.

i ruderi, ma c’è ancora il gutshof, la fattoria del castello, che ospita la club house. L’aspettoè moderno ma «l’edificio è stato restaurato, non ricostruito», assicura il presidente del club, Karl Rauch. E il fascino è quello delle cose antiche.

Indirizzi...Golf Club Lana via Brandis 13, Lana,0473/56.46.96;www.golfclublana.it;aperto da inizio marzo a metà dicembre; green fees da 18 buche a 60 €; aperto anche ai non soci.

Golf Club Castel Freudensteinvia Masaccio 6, Appiano sulla Strada del Vino,0471/66.03.32;www.golfclubfreudenstein.com;aperto da marzo a � nenovembre; campo pratica aperto ai soli soci o agli ospiti degli hotel convenzionati.

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BolzanoBOLZANO

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Milano

Gruppo di Sella

Marmolada3342

Latemar2846

Passo di Sella2244

Sasso Lungo3181

Vetta d’Italia2911Brennero

1374Pan di Zucchero

3507

Passo di Resia1455

Passo Stelvio2758

Gran Zebrù3859

Monte Cevedale3764

Passo Tonale1889

L’Altissima3479

Palla Bianca3736

Sluderno

TiroloParcines

Lana

Appiano

Fiè allo Scilliar

Villandro

Fortezza

Bressanone

Fium

e Ad

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Fiume I

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Rasun-Anterselva

Campo Tures

San Lorenzo

Brunico

Vipiteno

Caldaro

Merano

Foresta

Cérmes

Naturno

Lago di Resia

Verona

Trento

Venezia

CHA

COME ARRIVARE E INFO

Nella cartina sono indicate tutte le località citate in questo speciale. La “torretta” indica le località con i castelli che vengono trattati diffusamente.

MESSNER, IL CASTELLANO PIÙ FAMOSO (pagg. 2-7). Castel Firmiano, uno dei Messner Mountain Musem (foto).

CASTEL COIRA A SLUDERNO

(pagg. 14-17). Preziose armature nell’armeria

del castello (foto).

CASTELLI DA VIVERE (pagg. 25-32). Panorami mozzafiato dalla terrazza di Castel Fragsburg (foto).

CASTELLANI DEL VINO (pagg. 8-13). Il nipote del conte Franz von Pfeil all’ingresso della tenuta Kranzel (foto).

FORTE ASBURGICO DI

FORTEZZA (pagg. 18-22). Scalinata

tra Forte Alto e Forte Basso (foto).

VIAGGIO IN CINQUE TAPPE

PER RAGGIUNGERE L’ALTO ADIGE IN AUTO si segue l’autostrada A22 uscendo a Egna/Ora, Bolzano Sud (svincolo per Merano e val Venosta), Bolzano Nord, Chiusa/Val Gardena, Bressanone (svincolo per la val Pusteria), Vipiteno, Brennero.

IN TRENO, le tratte più importanti sono Milano (o Venezia)-Verona-Bolzano-Brennero e Roma-Bologna-Verona-Bolzano-Brennero. IN AEREO si possono utilizzare i voli low-cost su Bergamo, Verona, Treviso e Venezia e poi i transfer in pullman granturismo: Bergamo-Verona-Bolzano-Alta Badia o Venezia-Treviso-Dobbiaco-Brunico; costo 35 € a/r.

INFO SU MANIFESTAZIONI, DATABASE DI TUTTI ALLOGGI E PRENOTAZIONI ON-LINE: Alto Adige Informazioni, piazza della Parrocchia 11, Bolzano, 0471/ 99.99.99; www.suedtirol.info.

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