BBC History Aprile 2012

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l’autorevole mensile che va oltre la solita storia ITALIA numero 12 aprile 2012 e 3.90 TITANIC UN SECOLO DOPO Quanti errori di progettazione! 70 ANNI FA IL DISASTRO DI EL ALAMEIN Antica Roma ADRIANO L’uomo che rifondò l’impero Medioevo La vita, l’amore, la magia, il potere Cassidy e Sundance Kid LA VERA STORIA TARIFFA R.O.C. - POSTE ITALIANE SPA SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N° 46), ART.1, COMMA 1, DCB MILANO IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE AL CMP DI ROSERIO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE

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l’autorevole mensile che va oltre la solita storia

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numero 12aprile 2012

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TiTanic un secolo dopo Quanti errori di progettazione!

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Channel 332

Venerdì 16 marzo alle 22.35

Antica RomaAscesa e caduta di un impero

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Aprile 2012 BBC History Italia 3

El AlameinLa grande battaglia nel deserto che impresse una svolta decisiva alla seconda guerra mondiale

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Editorialeaprile 2012

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numero 12aprile 2012

€ 3.90

TITANIC UN SECOLO DOPO Quanti errori di progettazione

70 ANNI FA IL DISASTRO DI EL ALAMEIN

Antica Roma

ADRIANO L’uomo che

rifondò l’impero

Medioevo La vita, l’amore, la magia, il potere

Cassidy e Sundance Kid LA VERA STORIA

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R icorrono quest’anno due anniversari che meritano di essere convenientemente ricordati. il primo è l’affondamento del

Titanic, avvenuto cento anni fa, nel mese di aprile. il servizio che gli abbiamo dedicato vuole essere assai più della semplice ricostruzione di una tragedia del mare frutto della fatalità: mette infatti in evidenza gli errori di progettazione dello scafo e le carenze nella sicurezza della nave che hanno contribuito a trasformare il naufragio in una immensa catastrofe. l’altro grande evento che il 2012 riporta in primo piano ci riguarda assai più da vicino ed ha il sapore amaro della sconfitta. Ci riferiamo alla battaglia di el alamein, combattuta tra l’ottobre e il novembre del 1942. Se n’è sempre parlato poco, come se si fosse trattato di un episodio marginale della seconda guerra mondiale, o come se ci fosse una sorta di pudore nel rievocarlo. in realtà quella campagna d’africa che vide impegnati italiani, tedeschi e inglesi, anche se lontana dai fronti in russia, nel pacifico, nel nord europa, dove si giocò l’esito finale del conflitto, scrisse pagine che meritano di non essere dimenticate. per questo le abbiano dedicato un servizio che, rispondendo alle sollecitazioni di qualche lettore, ricostruisce non solo le grandi strategie dei comandi ma anche i piccoli atti di coraggio e di viltà, e spiega come si sia arrivati ad uno scontro troppo impari perché il risultato potesse esserci favorevole. Segnaliamo infine il servizio su adriano, l’imperatore del ii secolo che riformò la politica di roma: non più espansione dello stato - una logorante e costosa guerra contro i popoli che premevano ai confini - ma consolidamento delle conquiste e, possibilmente, buoni rapporti con i vicini. Sotto quest’uomo colto e raffinato, roma conobbe un ventennio di buon governo che va considerato tra i più felici della sua storia.

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Collaboratori: Osvaldo Baldacci, Andrea Bedetti, Lucio Bigi Mario Bussoni, Bruno Cianci, Giuseppe Colangelo, Claudio Corvino, Giuliana Geronimo, Valentina Giovanale, Pier Luigi Guiducci, Gianluca Lentini, Maria Luisa Mancini, Marco Merola, Mauro Pisini, Marcello Riccardi, Michele Stefanile, Chiara Ujka

Iconografia e fotografie: Milestone, Scala

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INTERNATIONAL

Butch Cassidy e Sundance KidI due banditi più temuti e amati del West, che agirono e morirono insieme.

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AdrianoColto e raffinato, diede a Roma la solidità e gli strumenti che le permisero di dominare il mondo ancora per secoli.

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TitanicSono passati cento anni dal più grave disastro navale della storia.

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MedioevoDentro la mente dell’uomo medioevale, per capire cosa pensava e come vedeva il mondo.

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SommarioSERVIZI

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aprile 2012

19 Falsi mitiDa Spartaco a Malcolm X, ecco i personaggi che la storia ha sopravvalutato, al di là dei loro meriti.

24 DionisioLa vita e le opere del tiranno che, 400 anni prima di Cristo, fece grande la cittò di Siracusa .

30 NeroneFu proprio lui a provocare l’incendio del 64 d.C: che devastò Roma? La verità nelle pagine di Tacito.

5 Lettere

8 Pietre miliari Avvenne ad aprile

news

12 La storia del mese I giganti di pietea in Sardegna

13 Preistoria Stonehenge va online

16 Terre in conflitto Estremo Oriente

88 Fermo immagine

94 Film La storia al cinema

97 Libri&TV Le nostre recensioni

Rivivere la storia

104 Appuntamenti Aprile

106 Viaggio nel passato Corfù

108 Luoghi della storia Sulle tracce di Adriano

giochi & Curiosità

111 Domande & Risposte

112 La storia in gioco

114 Un giorno nella storia

84 Attenti al lupoComincia nel Medioevo la paura dell’uomo per “il cattivo delle favole”. L’antropologo ci spiega perchè.

90 Il disastro del TitanicErrori di progettazione e imprevidenza del comando dietro il più grave disastro navale.

70 Svizzera nel mirinoHitler pensò di invadere anche la Svizzera. Ma quando i piani erano già pronti, cambiò programma..

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34 AdrianoSe Augusto fondò l’Impero romano, fu Adriano a riformarlo. Pensando soprattutto al futuro.

40 Prima dell’Ave MariaLa prima preghiera alla Vergine compare in un frammento di papiro trovato nel deserto egiziano.

44 L’antico conventoIn provincia di Isernia, sta faticosamente tornando alla luce un complesso monastico ricco di storia e di fascino.

48 L’uomo del MedioevoChe cosa pensava del mondo e dei suoi misteri? Come viveva e come amava? E perchè era tanto diverso da noi?

52 L’Islam e i crociatiDopo tante spedizioni militari e scontri sanguinosi, i musulmani ebbero la meglio: ecco perchè.

76 Cavalieri di MaltaL’ordine cavalleresco nato per assistere i pellegrini in Terrasanta è diventato una potenza finanziaria.

80 Butch CassidyCon l’inseparabile compagno Sundance Kid, rapinò banche e assaltò treni in difesa dei deboli.

60 El AlameinSettant’anni fa, la grande battaglia nel deserto che decretò la superiorità inglese sulle forze italo-tedesche.

66 Insidie sotto i mariIl relitto di un sommergibile inglese nelle acque di Malta scrive una nuova pagina sulla guerra sottomarina.

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Aprile 2012 BBC History Italia 5

Lettere

Per la crisi di oggi serve un altro New Deal

NEgLI uLTIMI MESI si è parlato molto della crisi economica che ha investito il nostro paese. Sarebbe opportuno che la memoria storica, tanto preziosa, venisse in soccorso. Il mio pensiero va alla grande Depressione del 1929 negli usa e al famoso “giovedì nero” della Borsa di Wall Strett, quando la stessa crollò mettendo in ginocchio un intero paese. Le cause di quella crisi economica furono diverse da quelle odierne, e tra le più importanti va ricordata la sovrapproduzione nei settori dell’agricoltura e dell’industria. La soluzione fu apportata dalla politica intrapresa dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt, che dal 1932, anno della sua prima elezione, seppe dare una scossa all’economia con la politica del New Deal. Si basò sul sostegno ai ceti medi e meno abbienti, in contrasto con la politica del suo predecessore Hoover. Infatti, il Paese nel giro di pochi anni si risollevò, rilanciando i consumi dei cittadini e gli investimenti delle aziende, si mise da parte il pareggio di bilancio promuovendo l’assunzione e l’impiego, soprattutto di giovani, con la creazione della Work Progress Administration, si posero le basi per il futuro Welfare State. Probabilmente oggi il nostro Paese potrebbe prendere in considerazione riforme sociali ed economiche tese alla crescita e allo sviluppo, prendendo spunto anche dalla politica di Roosevelt!

Sergio Pasquarella

Contattacitelefono02.924321

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postABBC History Italia - c/o Sprea Editori S.p.Avia Torino, 51-20063 Cernusco sul Naviglio (MI)

ediToriale

del

leTTore

Complimenti per ArtùInnanzi tutto ringrazio per aver pubblicato la mia lettera su Halloween. Mi complimento poi, oltre che per il sempre ottimo livello della rivista, per l’articolo di Simon Young su Re Artù, che, in maniera sintetica ed efficace, illustra la “questione arturiana” e offre il dovuto spazio a Lucio Artorio Casto, un personaggio che ho particolarmente studiato negli ultimi anni. Mi permetto, per completezza d’informazione, alcune precisazioni in merito a quanto riportato nell’articolo. In primo luogo, definire “Angli” i protetti da Re Artù non è corretto, nonostante gli Inglesi (Angli), abbiano fatto proprio il mito. gli Angli erano uno dei tre popoli germanici, assieme ai Sassoni e agli Juti, invasori della Britannia celto-romana, i cui

abitanti di origine celtica si definirono Cimri. Il regno di Re Artù, che secondo il mito si batté contro Angli, Sassoni e Juti, talvolta è denominato Loegres. L’Artù della “Historia Brittonum” avrebbe ucciso non 126 nemici nelle 12 battaglie vittoriose, ma ben 960 in una sola delle battaglie attribuitegli. Si tratta, come lo stesso storico Leslie Alcock scrisse, di un poema epico in lingua cimrica (antico gallese), che solo i compilatori della “Historia Brittonum” collocarono nel periodo delle invasioni anglosassoni (se di invasioni si trattò, come ricordato in precedenti numeri di “BBC History”). In merito a Lucio Artorio Casto, è da precisare che le uniche fonti storiche che testimoniano le sue gesta sono due epigrafi, CIL III 1919 e CIL

III 12791, ritrovate in Dalmazia, oltre ad una forse riconducibile a lui, CIL XV 08090, ritrovata a Roma. una forte e significativa coincidenza è rappresentata dal fatto che sia la “Historia Brittonum” che la prima epigrafe citata attribuiscono, rispettivamente ad Arthur e ad Artorius, il titolo di “dux”: Artorius Castus è l’unico “dux” documentato, con un nome riconducibile ad Arthur ad aver combattuto in difesa della Britannia romana e anche oltremare alla testa di truppe britanniche, così come il mito vuole sia stato per Re Artù, ovvero “Arthur, dux bellorum”. Che siano vissuti un migliaio di Artorio nella Inghilterra romana, è un’affermazione non supportata da prove, in quanto l’unico Artorio certamente legato alla Britannia romana da prove epigrafiche è proprio il nostro Lucio Artorio Casto. Pur ritenendo che all’elaborazione del mito arturiano abbiano contribuito altri personaggi minori, nonché miti preesistenti (anche greco-romani, come quello di Arcade/Arcturus), penso che Lucio Artorio Casto risponda già a quel “miracolo della ricerca storica, cioè una tomba... un’iscrizione funeraria” che ci dica “quando, come e dove visse re Artù”, invocato alla fine dell’articolo: le notizie su Artorio vengono proprio da un’iscrizione funeraria riportata su quella che doveva essere la sua tomba. grazie per l’attenzione e cordiali saluti.

Antonio Trinchese

Ancora Artù, ma anche ColomboVorrei segnalare le mie “obiezioni” su alcuni passaggi dell’articolo di Simon Young dedicato a re Artù. 1. A pag. 30 l’autore scrive: “Ma negli stessi anni gli Anglo-

Sassoni raggiunsero l’isola... Arthur, signore della guerra, divenne ben presto per gli Angli (?) un salvatore, colui che aveva combattuto contro gli invasori germanici, ovvero gli Angli, i Sassoni, gli Juti ed altri”. 2. Qualche riga dopo, si legge: “... l’individuazione della provenienza di Artù: galles, Cornovaglia, Scozia meridionale... e molte altre zone di quella che era, nel sesto secolo, la gran Bretagna celtica ...” La mia obiezione: il riferirsi all’isola Britannica con tale definizione avviene molti secoli dopo.3. A pag.31 l’autore scrive: “...non sembrano

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6 BBC History Italia Aprile 2012

LettereP.S. Nel leggere la recensione, nello stesso numero, del saggio di Jonathan Harris «Costantinopoli» vedo che il recensore dice che dal 1261 non passano neanche cento anni dalla conquista della città sul Bosforo da parte dei «turco-ottomani», che mettono fine così al glorioso impero romano d’oriente! Non fidandomi della mia povera cultura nonché della memoria, sono andato a rileggermi qualche pagina del saggio di Ms. Judith Herrin (King College of London) «Bisanzio» per trovare conferma alla mia convinzione e cioè che gli anni che passarono sono stati ben più di cento, cioè 192 (1453 meno 1261)!

Leonardo Leonardi

Il saccheggio di CostantinopoliSono uno studente di storia presso l’uNIMI. Vi scrivo perché, leggendo la recensione del libro “Costantinopoli” di Jonathan Harris firmata da gianni Bragato, ho riscontrato un errore storico. Mi permetto prima di tutto di fare una precisazione: Bragato nella sua recensione asserisce che Costantinopoli fu “la sola, vera metropoli dell’epoca medioevale”. In realtà, nel 762, sotto il califfato Abbaside, Baghdad crebbe fino a superare largamente per dimensioni e popolazione la stessa Costantinopoli, garantendo l’incontro di culture diverse (islamica, greca, iranica, indiana). L’errore grossolano

Scrivi una letteraemail: › [email protected]

Tutte le lettere sono ben accette, ci riserviamo il diritto di pubblicarle anche sul nostro blog. Per favore includete un numero di telefono attivo, un indirizzo mail e postale. Le lettere non dovranno superare le 250 parole.

aprile 2012

preoccuparsi troppo del fatto che Artù sarebbe stato gaelico e non celtico (?)... “ Obietto che gaelico è uno dei due rami principali delle lingue celtiche chiamato celtico il quale racchiude i dialetti gaelici irlandese e scozzese, quindi...Mi si permetta inoltre di considerare una provocazione l›asserzione di Mr. Young là dove dice: «Addirittura nel Connecticut, qualcuno sostiene di aver rinvenuto la famosa spada di Artù. Se questo fosse vero, metterebbe in discussione Colombo e la sua scoperta dell›America». Ebbene, io appartengo a quella scuola di pensiero che sostiene che al navigatore genovese non dovrebbe esser assegnata tale scoperta (il fatto che quel continente sia stato denominato dopo Amerigo Vespucci testimonia dei forti dubbi che avevano anche gli uomini del tempo), poiché Colombo si è messo in mare per dimostrare che la Terra era rotonda, e non perché supponeva che ci fosse una terra tra l’Europa e l’Asia; tanto è vero che i reali di Spagna, finanziatori del viaggio, si fregiarono del titolo di re delle Indie. Il genovese infatti era talmente convinto di essere approdato in un gruppo di isole al largo del subcontinente asiatico che le due grandi isole di Cuba e Hispaniola non potevano non essere per lui che il giappone! è ai Vichinghi del IX/X sec che dovrebbe essere assegnata, dopo l’Islanda e la greenland, anche la scoperta del continente americano.

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l’ho però riscontrato qualche riga più tardi: “…venne espugnata dai cavalieri della quarta crociata, che così pagarono a Venezia il pedaggio della flotta che li aveva portati in oriente”. In realtà, i crociati a Venezia si accorsero di non disporre della somma sufficiente per essere traghettati a Costantinopoli. Per questo pagarono dazio al doge (Enrico Dandolo) conquistando la cattolica Zara nel 1202. una volta arrivati a Costantinopoli si presentò un nuovo imprevisto: Alessio il giovane chiese ai crociati di soccorrere il padre Isacco II nell’impresa di tornare sul trono usurpato. Tuttavia, dopo aver assecondato la sua richiesta, una nuova usurpazione del trono e il forte malcontento del popolo indussero i crociati a saccheggiare Costantinopoli il 13 aprile 1204. Vi porgo i miei saluti, e vi faccio i complimenti per la bellissima rivista.

Alessandro Dotti - Brescia

Il sempre attento Leonardi ha perfettamente ragione nel sottolineare il nostro svarione là dove abbiamo indicato in meno di un secolo il lasso di tempo tra la fine dell’impero latino e la fine di quello bizantino: in realtà dovevamo scrivere meno di “due” secoli, per l’esattezza 192 anni, come precisa lui, che i conti dimostra di saperli fare meglio di noi. Allo studente di Brescia dobbiamo due risposte. La prima: la Costantinopoli di cui si occupa il libro, e quindi anche la recensione, è quella del XIII secolo, quando non risulta che ci fossero città altrettanto ricche e popolose. Il che non toglie che cinque secoli prima Baghdad potesse avere un numero maggiore di abitanti (anche se le cifre mirabolanti che si fanno in proposito - qualcuno parla di un milione - hanno a che fare

più con la leggenda che con il riscontro storico). La seconda risposta: della conquista di Zara, all’inizio della quarta crociata, non si è parlato perché, ancora una volta, non era questo l’argomento del libro recensito. Se è vero, come spiega il lettore, che con quella conquista i crociati pagarono il pedaggio ai veneziani, diciamo allora che con il sacco di Costantinopoli si sono rifatti con gli interessi. E che interessi!

(G.B.)

Guiducci sul Cristo storicoEgregio Direttore, con piacere rispondo al Suo invito di integrare quanto già scritto nel mio articolo sul Cristo storico.1. una prova dell’esistenza di Nazareth nel I sec. arriva dagli ultimi scavi compiuti nella cittadina della galilea dall’archeologa israeliana prof.ssa Yardenna Alexandre, dell’Israel Antiquieties Authority. Infatti, nei pressi della basilica dell’Annunciazione sono stati scoperti resti di un’abitazione risalente al I sec. d.C. Sul sito del governo di Israele sono pubblicate foto interessanti.2. Sull’archeologia cristiana (e quindi sulle datazioni) si segnala il lavoro di José A. Iniguez Herrero: “Archeologia cristiana” (San Paolo, Cinisello B. 2003).

Tutte le prove vecchie e nuove della sua esistenza

Gesù di Nazareth

ecce homo

l’autorevole mensile che va oltre la solita storia

iTalia

El MiradorUn’altra perla

della civiltà Maya

Quando l’aquila di Roma volò

nei cieli del Nord

numero 9gennaio 2012

e 3.90

II Guerra MondialeLa grande Battaglia

d’Inghilterra

Da Virgilio a Mussolini: quante tombe profanate

Custer Una carriera trionfale costellata di errori

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Aprile 2012 BBC History Italia 7

“Argos”, il mensile che Sprea Editori dedicato agli animali domestici, propone per il prossimo numero di aprile un ampio servizio dedicato a uno degli aspetti più curiosi e meno conosciuti della prima guerra mondiale: l’utilizzo di cani e di altri animali per operazioni belliche. Il cane, che non per niente consideriamo il migliore amico dell’uomo, ha sempre seguito il suo padrone anche nelle avventure belliche. Durante la Grande guerra, l’esercito

italiano utilizzò cani di diversa razza e taglia sia per il trasporto di viveri e materiali, sia come staffetta portaordini. Secondo fonti ufficiali, furono alcune migliaia i cani “arruolati” con i reparti in linea, soprattutto sul fronte dell’Isonzo e sul Piave, ma anche sul Grappa e perfino sulle cime dell’Adamello: qui venivano utilizzati per il traino di speciali slitte su percorsi particolarmente difficili dove, a causa delle neve alta, neanche i muli riuscivano a procedere.

Il cane? Abile e arruolato

3. Con riferimento all’Ebraismo può essere utile ricordare: Dam Jaffé, “Il Talmud e le origini ebraiche del cristianesimo”, (Jaca Book, Milano 2008).4. Con riferimento all’Islam cf: “gesù Cristo nascosto nel Corano” (gabrielli Editori, Milano 1994).5. è da segnalare anche: AA.VV. “Il gesù storico nelle fonti del I-II secolo (Il). Atti del X Convegno studi neotestamentari”, Foligno, 11-13 settembre 2003, (EDB, Bologna 2006); Romano Penna: “gesù di Nazaret nelle culture del suo tempo. Alcuni aspetti del gesù storico” (EDB, Bologna 2012). Id., “I ritratti originali di gesù Cristo. Inizi e sviluppi della cristologia neotestamentaria” (San Paolo, Cinisello B. 2011). Mauro Pesce e Adriana Desto “L’uomo gesù. giorni, luoghi, incontri di una vita” (Mondadori, Milano 2008).

Pier Luigi Guiducci

La morte di Giovanni dalle Bande NereSono una studentessa di beni culturali nonché appassionata di storia; in seguito alla lettura del vostro articolo sul numero di marzo relativo ai personaggi storici morti in circostanze misteriose, mi é tornato in mente giovanni dalle Bande

Nere, morto a Mantova il 30 novembre del 1526 in seguito ad una cancrena avvenuta per amputazione della gamba. Alcune fonti dell’epoca sostengono che al momento dell’operazione fossero presenti, oltre a lui e al chirurgo, altre venti persone; altri sostengono che venne dato l’ordine di lasciare giovanni solo, nella stanza del palazzo di Luigi gonzaga, col medico. Vorrei avere un parere in merito alla sua misteriosa morte, poiché l’amputazione, che in teoria doveva fermarsi alla caviglia, si fermò invece al ginocchio. E poi chi lo voleva morto? E soprattutto come è possibile che l’ipotetico assassinio sia avvenuto proprio nel palazzo del suo alleato?

Costanza Bartolozzi

Se la nostra studentessa avesse visto il film di Ermanno Olmi

“Il mestiere delle armi”, su Giovanni de’ Medici, forse avrebbe trovato la risposta alle sue domande. Che ci sembrano nascere tutte da un equivoco di fondo: la cancrena non si manifestò a seguito dell’amputazione, fu l’amputazione a rendersi necessaria per fermare la cancrena, provocata dalla ferita di un colpo di falconetto. Che poi il risultato dell’intervento non sia stato quello sperato, non deve stupire se si tiene conto delle rudimentali pratiche chirurgiche di quei tempi.

La vera storia di Romeo e GiuliettaHo letto l’articolo di Sidoni sulla vera storia di ”giulietta e Romeo”. Spiace constatare che: a) non sia stato citato il vero informatore (oltre a Claps) della scoperta, ossia Detalmo

Pirzio Biroli che già 20 anni fa anticipava, in un suo libro, quanto poi espresso anche nel vostro articolo; b) non sia stata menzionata la pubblicazione della provincia di udine che, grazie all’intervento della dottoressa Tesei, ha definito topograficamente i rapporti tra la città di udine e gli scritti del Da Porto, che è la vera novità sulla vicenda: copia di tale pubblicazione mi risulta essere stata consegnata al gruppo che a suo tempo fece le interviste in loco. Confido, qualora riteniate di ritornare sull’argomento, di completare con maggiore attenzione almeno la bibliografia, se non l’esposizione.

Alessandro D’Osvaldo

A Calvi la dimora di Federico II?Sono una lettrice di “History”: mi chiamo giusy Palmieri, abito a Roma ma sono nata a Benevento. Ho iniziato a fare delle ricerche nelle biblioteche di Benevento, in quanto mi interessa molto il rapporto che Federico ll ha avuto con il Sannio: è pensabile che per la sua posizione strategica sulla via Appia, cioè tra Roma e la Puglia, l’imperatore fosse interessato ad avere un punto di riferimento in quelle terre. Mi è stato riferito, che nel comune di Calvi, esattamente nella frazione di Cubante, è ubicato un vecchio edificio detto “casino del principe”. La leggenda tramanda la versione secondo cui quell’edificio è stato la dimora di Federico ll. Mi sono recata nel comune di Calvi e ho visionato quello che rimane del palazzo, che nella sua struttura è sicuramente Federiciano. Sono convinta che vi possa interessare questo argomento, per una ricerca sistematica del territorio in rapporto all’imperatore Svevo, a cui sarei lieta di collaborare!

Giusy Palmieri

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28 aprile 1865il treno funebre che trasporta la salma di

abramo Lincoln fa sosta a cleveland, Ohio, durante il suo viaggio di oltre 2.700 chilometri da

Washington a Springfield, illinois, città natale del presidente. Lungo il percorso, oltre 30 milioni di persone

porteranno i loro omaggi al convoglio, che attraverserà numerose città, tra le quali Filadelfia, New York e chicago. Lincoln arriverà a Springfield il 3 maggio, poco più di due settimane dopo il suo assassinio per mano di John Wilkes Booth. verrà sepolto il giorno successivo.

pietre miliariL’ultimo viaggio di Lincoln

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10 BBC History Italia Aprile 2012

La sinagoga di Roma.

Avvenne ad aprile

21aprile 1796Napoleone

Bonaparte guida le sue truppe alla vittoria contro l’esercito sabaudo nella battaglia di Mondovì e si prepara a marciare su Torino.

27aprile 1961La Sierra

Leone ottiene l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Il primo capo di stato è Milton Margai, che guiderà il Paese fino alla sua morte, quasi esattamente tre anni dopo, il 28 aprile 1964.

2aprile 1902L’“Electric Theatre”, il primo cinema-

teatro americano, apre a Los Angeles, in California.

8aprile 1271La fortezza ospitaliera di Krak

dei Cavalieri in Siria viene conquistata dai Mamelucchi. Oggi patrimonio dell’umanità, è considerata uno dei più importanti castelli al mondo.

28aprile 1994In Rwanda,

centinaia di migliaia di profughi abbandonano il paese a causa dei massacri tra i gruppi etnici avversari degli Hutu e dei Tutsi.

9aprile 1945Nel campo di concentramento di

Flossenbürg, viene giustiziato l’ex capo dell’Abwehr (i servizi segreti tedeschi) Wilhelm Canaris, accusato di aver attentato alla vita di Hitler il 20 luglio del ‘44.

13aprile 1986Papa

Giovanni Paolo II visita la sinagoga di Roma: per la prima volta nella storia il capo della Cristianità entra in un tempio ebraico.

1aprile 1941La nave da guerra tedesca Admiral

Scheer torna a Kiel dopo un viaggio di sei mesi e 46.000 miglia nautiche (circa 80.000 chilometri), durante il quale ha affondato o catturato 17 vascelli nemici.

3aprile 1996Un aereo della Air Force americana

con a bordo il Segretario di stato per il Commercio Ron Brown precipita in Croazia: muoiono tutti i 35 occupanti del velivolo.

7aprile 1891Nasce a Filso, in Danimarca,

Ole Kirk Christiansen, fondatore della LEGO.

Pietre miliari

20aprile 1900A Torino si

inaugura il primo Salone dell’automobile, che nella prima edizione vanterà 25 espositori e circa 2.000 visitatori.

26aprile 1711Nasce a

Edimburgo David Hume, filosofo, storico e tra i maggiori pensatori dell’Illuminismo scozzese.

25aprile 1953Sulla rivista

“Nature” compare l’articolo “A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid” di James Dewey Watson e Francis Harry Compton Crick, con il quale viene descritta la struttura ad elica del DNA.

19aprile 1881L’ex primo

ministro britannico Benjamin Disraeli muore a Londra all’età di 76 anni.

12aprile 1849L’astronomo

italiano Annibale de Gasparis scopre Igea, il quarto asteroide della fascia principale del sistema solare in ordine di grandezza (400 km di diametro).

11aprile 1961Comincia a

Gerusalemme il processo ad Adolf Eichmann. Tra i principali responsabili dell’Olocausto, Eichmann era stato sequestrato in Argentina da agenti israeliani. Verrà impiccato l’anno successivo.

17aprile 1961Esuli cubani

fiancheggiati dagli Stati Uniti raggiungono la Baia dei Porci nel tentativo di rovesciare il regime di Fidel Castro. L’invasione verrà annientata in tre giorni.

18aprile 1951Belgio,

Francia, Repubblica Federale Tedesca, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmano a Parigi il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

David Hume.

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11Aprile 2012 BBC History Italia

Il terremoto dell’Aquila.

giorno per giorno, gli eventiche hanno fatto la storia

10aprile 1821Accusato dal

sultano ottomano Mahmud II di non aver fatto abbastanza per soffocare la rivolta greca, il patriarca Gregorio V di Costantinopoli viene impiccato ai cancelli del suo palazzo.

23aprile 1946La Piaggio

deposita un brevetto per “motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica”: così nasce la Vespa.

29aprile 711L’invasione

musulmana della penisola iberica inizia con la presa di Gibilterra, il cui nome deriva dall’arabo Jabal Tariq (Montagna di Tariq).

22aprile 1451Isabella di

Castiglia, figlia di Giovanni II di Castiglia e di Isabella del Portogallo, nasce a Madrigal de las Altas Torres. Il suo matrimonio con Ferdinando di Aragona porterà all’unificazione della Spagna.

16aprile 1947Il politico

americano Bernard Baruch usa per la prima volta l’espressione “guerra fredda” per indicare le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

5aprile 1621Sotto il comando di Christopher Jones,

il “Mayflower” salpa da Plymouth, Massachussets, per il viaggio di ritorno verso l’Inghilterra. A bordo di questa nave i padri pellegrini erano giunti in America l’11 novembre dell’anno precedente.

4aprile 1581Francis Drake viene nominato baronetto

per essere stato il primo inglese ad aver completato la circumnavigazione del globo.

14aprile 1865Il presidente

americano Abramo Lincoln viene ferito con un colpo di pistola mentre assiste a una rappresentazione teatrale. Morirà il giorno dopo.

15aprile 1874A Parigi, al

numero 35 di Boulevard des Capucines, si inaugura la Prima mostra dei pittori impressionisti.

6aprile 2009Un violento terremoto colpisce

L’Aquila e le aree limitrofe. La magnitudo della prima scossa è di 5.9 sulla scala Richter. Si conteranno 308 morti, 1.500 feriti e 65.000 sfollati.

24aprile 1980In Iran

fallisce il tentativo di liberare gli ostaggi prigionieri nell’ambasciata americana a Teheran. Nel blitz, denominato Eagle Claw, muoiono otto militari statunitensi.

L’assassinio di Abramo Lincoln.

30aprile 1651Nasce a

Reims, in Francia, il sacerdote e pedagogo Jean-Baptiste de la Salle. Canonizzato da Leone XIII nel 1900, de la Salle fu proclamato santo patrono degli insegnanti da Pio XII nel 1950.

Jean-Baptiste de la Salle.

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Prove del genocidio in Rwanda.

La Vespa.

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News

12 BBC History Italia Aprile 2012

aprile 2012

I cosiddetti giganti di Monte Prama, statue di soldati

alte dai due ai due metri e mezzo, fatte a pezzi dagli invasori cartaginesi nella sardegna del Vi secolo a.c., sono stati recentemente ricomposti e verranno messi in mostra entro la fine dell’anno.

scolpite nella roccia, le statue erano state originariamente poste a guardia di alcune tombe nobiliari dell’alta età del

ferro nei pressi dell’odierna cabras, in provincia di oristano. Quando i cartaginesi, provenienti dall’africa settentrionale, invasero la sardegna, cominciò la sistematica distruzione di queste imponenti sculture.

“Le prove archeologiche indicano che la distruzione sia avvenuta prima del 400 a.c.”, afferma carlo tronchetti, l’archeologo responsabile della ricomposizione delle migliaia di frammenti recuperati negli

Il ritorno dei giganti preistoricila risposta europea all’esercito di terracotta cinese sta riemergendo dall’oblio dei secoli, nella Sardegna dei nuraghi. Ce ne parla David Keys

anni settanta. i venticinque soggetti

finora recuperati sono di tre tipi diversi: arcieri, pugilatori che reggono uno scudo e soldati generici. altre sculture recuperate negli stessi siti riproducono invece alcune delle fortezze preistoriche, i nuraghi, nelle quali i guerrieri o i loro antenati quasi certamente vissero.

La collocazione delle sculture a difesa delle tombe nobiliari, risalente all’Viii secolo a.c., coincide col

declino della cultura nuragica, che aveva dominato la sardegna nei precedenti otto secoli.

nessun altro sito archeologico europeo può vantare queste caratteristiche. il periodo preso in esame è caratterizzato da profondi cambiamenti politici e religiosi nella società sarda, e testimonia la riconversione di alcuni nuraghi dell’età del bronzo in templi e altari, presumibilmente in onore degli antenati. il culto della

grandi storie

Alcuni dei guerrieri sardi che gli archeologi hanno ricomposto. Le statue furono probabilmente distrutte da invasori nel VI secolo a.C.

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Aprile 2012 BBC History Italia 13

occidentale. Questa strategia espansionistica portò i cartaginesi non solo in contatto con i Fenici stanziati in sardegna, ma quasi certamente anche con la civiltà ibrida fenicio-nuragica e con ciò che rimaneva della popolazione autoctona sarda.

i guerrieri di pietra sono stati ritrovati a pezzi, in oltre 5.000 frammenti. Per tronchetti, la distribuzione

memoria, con ogni evidenza simboleggiato dalle statue dei guerrieri, ben si adatta a una società che, in un momento di traumatiche trasformazioni, cerca conforto nella nostalgia del passato.

Questo travagliato periodo vide altresì l’arrivo di mercanti e coloni dal Mediterraneo orientale (i Fenici, provenienti dall’odierno Libano) che fondarono una serie di insediamenti costieri.

si suppone che in origine le statue fossero 33, come il numero delle tombe presenti nel sito. Le analisi scientifiche condotte a Firenze sugli scheletri ritrovati nelle tombe rivelano l’appartenenza degli individui, in maggioranza maschi, di età compresa tra i 14 e i 50 anni, a un’unica famiglia allargata, lungo un arco temporale di due generazioni. tra i corpi, sono state individuate anche tre donne.

È probabile che le tombe, e le statue che le presidiavano, siano state venerate per centinaia d’anni, fino al termine della civiltà nuragica, in concomitanza con le invasioni cartaginesi.

nel tardo Vi secolo a.c., i cartaginesi, in origine Fenici che avevano colonizzato l’attuale tunisia, tentarono di assorbire tutte le popolazioni fenicie del Mediterraneo

preIstorIa

Stonehenge va onlineDA oggI ALCune strutture chiave del celebre complesso preistorico di stonehenge possono essere visitate virtualmente online, grazie a una partnership tra le università di Bournemouth, di sheffield e di google earth.

Il tour virtuale comprende tutte le principali attrazioni del sito, ricostruite in 3D.

ecco allora rivivere su schermo il Cursus, l’antica via che collega stonehenge al fiume Avon, la recentemente scoperta Bluestonehenge, Durrington Walls, Woodhenge e una fossa comune neolitica, oltre, ovviamente, alla struttura megalitica principale di stonehenge.

I visitatori online potranno esplorare l’area in grande dettaglio e muoversi anche all’interno delle ricostruzioni

digitali dei complessi sopra menzionati.

Da tre punti in particolare, poi, si può godere di visuali panoramiche a 360 gradi dell’area, oltre alla possibilità di zoomare in dettaglio su determinati particolari.

Il modello 3D consente inoltre di osservare i nuovi scavi condotti dagli

archeologi delle università di sheffield, Bournemouth, Manchester, Bristol, Londra e southampton.

Le ricostruzioni fanno parte del progetto stonehenge riverside, i cui dati hanno reso possibile l’esplorazione virtuale di uno dei siti archeologici più famosi al mondo.

dei frammenti e la profondità a cui sono stati recuperati testimoniano di una distruzione deliberata, operata

da qualcuno che intendeva eliminare le statue e, presumibilmente, il culto ad esse collegato. alcuni danni

potrebbero essere stati inferti addirittura

da interventi agricoli di epoca

moderna. sebbene siano stati

riportati alla luce oltre trent’anni fa, quasi tutti i

frammenti sono rimasti fino a oggi nei magazzini del museo archeologico di cagliari. il complesso lavoro di ricomposizione, iniziato nel 2004, è stato completato da pochi mesi e l’intero “esercito” di guerrieri di pietra verrà mostrato al pubblico nel capoluogo sardo quanto prima, forse entro la prossima estate.

È auspicabile che l’installazione dei guerrieri di pietra nella loro nuova dimora possa rinnovare l’interesse per la cultura nuragica, le cui fortezze di pietra dominano ancora il panorama di una delle regioni più affascinanti d’italia.

ricostruzione digitale di una struttura lignea neolitica a Durrington Walls.

Barumini, una delle fortificazioni preistoriche che ancora dominano il paesaggio sardo e (a destra) la testa di una statua di guerriero.

I guerrieri erano stati scolpiti e posizionati a guardia delle tombe attorno all’VIII secolo a.C.

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Terre in conflitto

16 BBC History Italia Aprile 2012

d’affari filippino, Tomas Cloma, fondò il suo ministato, battezzato Freedomland.

Ulteriore confusione sui diritti di possesso derivava dal pressapochismo degli organi responsabili della stesura di regole giurisdizionali. Nel 1887, una commissione franco-cinese preposta alla definizione dei confini tracciò la linea, tuttora esistente, tra Cina e Vietnam, non specificando però chi tra i

Nel corso degli ultimi dodici mesi, le tensioni nel mar cinese meridionale, probabilmente lo specchio d’acqua più militarizzato al mondo, sono aumentate esponenzialmente.

Una serie di piccole isole, atolli corallini e scogli disabitati sono ora al centro di un contenzioso politico, e potenzialmente militare, di vaste proporzioni. Sei paesi sono da anni impegnati in una corsa all’occupazione unilaterale di decine di isole, sebbene nessuna di queste “conquiste” sia ufficialmente riconosciuta dalla comunità internazionale.

Cina, Taiwan, Vietnam, Filippine, Malaysia e Brunei sono in competizione per lo sfruttamento di arcipelaghi e risorse marittime, con conseguente rischio di aperto scontro, diplomatico e militare. La crisi ha radici piuttosto profonde. Fino agli anni Trenta del XX secolo, le isole ora al centro della contesa erano disabitate, e per tale motivo nessun paese disponeva di argomentazioni inattaccabili per rivendicare un’eventuale annessione. Fino agli anni Venti, le isole non erano considerate di importanza militare o economica. Addirittura, a più riprese Cina e Vietnam - allora colonia francese - rifiutarono di prendersi carico di terre teoricamente di loro pertinenza per contiguità territoriale.

Acque bollenti in estremo Oriente

Isole di tutti e di nessunoDal XIX secolo fino a metà del XX secolo, il possesso di alcune isole del Mar della Cina Meridionale era così vago da permettere a singoli avventurieri di creare lillipuziane entità statali senza alcun riconoscimento formale. Il primo fu un capitano inglese negli anni Settanta dell’Ottocento, ma la pratica continuò addirittura fino al 1956, quando un uomo

1911 La Cina rivendica il possesso delle isole Paracel.

1930 Il Vietnam francese annette le Paracel e le Spratly.

1947 La Cina rivendica il Mar Cinese Meridionale.

1956 Le Filippine e il Vietnam del Sud rivendicano le isole Spratly.

1956/58 Il Vietnam del Nord riconosce le isole come territorio cinese.

1974 I cinesi strappano le Paracel ai vietnamiti del sud.

1977 Il Vietnam riunificato cambia atteggiamento e rivendica il possesso delle isole.

Anni ‘80 Cina, Vietnam, Filippine e Malaysia occupano altre isole.

1996 La legge di regolamentazione marina dell’ONU diventa esecutiva, creando nuove rivalità nell’area.

2011 Cina e Vietnam organizzano esercitazioni militari attorno alle isole Spratly.

Cacciatori di isole

Timeline

Sei paesi si sfidano per il controllo del Mar Cinese Meridionale. Piccole isole e barriere coralline valgono una guerra? Ce ne parla David Keys

due paesi avesse giurisdizione sulle isole del Mar della Cina Meridionale. Due generazioni dopo, alla conferenza del Cairo del 1943 per l’organizzazione territoriale post-bellica, le isole del Mar della Cina,

La mappa

Le isole del Mar della Cina Meridionale, bramate da ben sei Paesi diversi.

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Aprile 2012 BBC History Italia 17

Sud est asiatico

allora occupate militarmente dal Giappone, non furono nemmeno menzionate.

Nel 1951, alla conferenza di San Francisco sulla ricollocazione dei territori in precedenza occupati dal Giappone, un tentativo sovietico di assegnare le isole alla Cina fu ritenuto ingiustificato, decisione che lasciò la situazione ancora una volta indeterminata. Infine, nel 1975, le nuove regole dell’ONU in materia di confini marittimi, peraltro assai vaghe, non fecero che acuire ulteriormente le tensioni.

Le isolette e le barriere coralline occupate nel corso dei decenni dalla Cina e dai suoi vicini, hanno solo un’importanza strategica a causa dei diritti di pesca e di sfruttamento petrolifero ad esse collegati. Il problema risiede nella poca chiarezza circa lo status delle isole che possono godere di tali diritti. Per esempio, perché possa godere dell’esclusivo diritto di sfruttamento di un’area di 200 miglia attorno ad essa, un’isola deve essere in grado di sostenere una popolazione residente stabile

o un’economia sviluppata. Come facilmente intuibile, una simile definizione è aperta a innumerevoli interpretazioni.

Con un’ambiguità normativa così accentuata, i paesi dell’area hanno cominciato a setacciare il Mar

Cinese Meridionale a caccia del più piccolo scoglio che potesse assurgere al ruolo di isola a tutti gli effetti.

Perché la legge che regolamenta lo sfruttamento marino è così vaga e imprecisa? La risposta va ricercata in una contrapposizione di interessi emersa alla conferenza delle Nazioni Unite del 1975 tra stati-arcipelago e altri paesi. I primi desideravano estendere la propria influenza su porzioni marittime più consistenti, mentre i secondi consideravano queste richieste eccessive. Questa profonda spaccatura non poteva non portare a un compromesso e a una serie di norme

volutamente fumose e aperte a mille interpretazioni.

Tali lacune, in passato tollerate, sono diventate insostenibili negli ultimi decenni, di fronte a un peso strategico sempre maggiore delle isolette del

Mar Cinese Meridionale. Nel 1911, in concomitanza con un montante spirito nazionalistico in Cina, le autorità imperiali spinsero per il controllo delle isole Paracel.

Le isole hanno un’importanza strategica a causa dei diritti di pesca e di sfruttamento petrolifero

Quindi, negli anni Venti, fu il turno dei giapponesi, che avevano conquistato Taiwan nel 1895, di mostrare interesse per l’arcipelago. Infastidite dall’espansionismo imperiale giapponese, le autorità coloniali francesi del Vietnam a loro volta reclamarono il possesso delle Paracel e delle Spratly. Cina e Giappone si opposero, ma la Francia occupò comunque le isole. Nel 1938, tuttavia, le truppe nipponiche conquistarono l’intera area.Un decennio dopo, una nuova minaccia politico-militare, il blocco comunista, si affacciò sul Mar della Cina Meridionale.

Il Vietnam del Nord schierato con la CinaA partire dal 1947, la Cina avviò una politica fortemente improntata all’assoggettamento delle isole del Mar Cinese Meridionale. Ciò portò a un bizzarro sviluppo della situazione negli anni Cinquanta, quando il Vietnam del Nord, il Paese storicamente più legittimato a rivendicare le isole contese, di fatto le offrì alla Cina.

Le relazioni tra cinesi e

I cinesi piantano la bandiera nazionale sul fondo del Mar Cinese Meridionale, 2010.

Manifestanti per le vie di Hanoi, Vietnam,

protestano contro le mire espansionistiche cinesi, 17 luglio 2011.

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18 BBC History Italia Aprile 2012

Sud est asiatico

vietnamiti sono sempre state tese, ma durante la Guerra Fredda gli interessi dei due paesi, entrambi controllati da regimi comunisti, iniziarono lentamente a coincidere.

Nel 1954 la conferenza internazionale di Ginevra divise il Vietnam in due zone: la settentrionale, soggetta a un governo comunista (la Repubblica Democratica del Vietnam), la meridionale, sotto l’influenza francese prima, americana poi.

La divisione del paese, concertata nel 1954, avrebbe dovuto essere puramente temporanea, seguita nel 1956 da elezioni generali. Tuttavia, il sud anticomunista rigettò la proposta, temendo una

vittoria elettorale dei rossi. Nello stesso periodo,

il leader sovietico Nikita Khrushchev lanciava una nuova politica internazionale, basata su una pacifica convivenza con l’ovest capitalista. Questa nuova strategia spinse gradualmente i comunisti vietnamiti, convinti dell’impossibilità

di una pacifica convivenza con la parte meridionale del Paese, su posizioni più vicine a quelle della Cina. Ecco perché i vietnamiti del nord, desiderosi di ingraziarsi Pechino, riconobbero verbalmente le isole del Mar della Cina Meridionale come cinesi.

Il “trasferimento” alla Cina fu “de facto” confermato nel 1958, quando il Vietnam del Nord in una lettera al primo ministro cinese dichiarò le isole un possedimento di Pechino. Ancora una volta, era la situazione geopolitica mondiale a dettare al Vietnam le mosse da compiere. La politica sovietica della coesistenza pacifica aveva di fatto spinto Hanoi tra le

braccia del grande vicino cinese, in un forte legame politico e militare. La stessa Cina, radicalizzatasi dopo il “Grande balzo in avanti” di Mao, vedeva ormai con crescente fastidio la timida liberalizzazione di Mosca. Pechino si sentiva ormai l’unica voce leader dell’ortodossia

comunista mondiale. Contemporaneamente, gli americani intervenivano contro i socialismi del Medio Oriente, un’azione che lanciava la “dottrina Eisenhower” di supporto a qualsiasi Paese impegnato a resistere alla minaccia rossa. Mao reagì scatenando un attacco militare contro ciò che rimaneva del governo cinese pre-comunista installato a Taiwan e appoggiato dagli Stati Uniti.

L’intervento cinese provocò una crisi internazionale. Il Vietnam del Nord, temendo lo scoppio di una guerra di vaste proporzioni, strinse ancor di più i legami con la Cina, appoggiandone le mire territoriali. La guerra in Vietnam sarebbe effettivamente scoppiata nel corso degli anni Sessanta, col nord, sostenuto da russi e cinesi, destinato alla vittoria finale che costrinse le truppe americane a cedere il campo all’esercito comunista.

Filippine e Malaysia avanzano preteseDopo la vittoria del nord nel 1975, le relazioni tra il Vietnam riunificato e la Cina tornarono a deteriorarsi. Nel giro di tre anni, un Vietnam sempre più nazionalista ignorò la

“donazione” delle isole fatta ai cinesi nel 1958, dichiarando la propria influenza sull’area.

Un anno dopo, la Cina decise di “dare una lezione” al Vietnam (soprattutto a causa dell’invasione vietnamita della Cambogia) e lanciò un attacco militare che provocò ben 20.000 vittime. Cina e Vietnam non sono gli unici paesi ad aver rivendicato a più riprese il proprio dominio sulle isole del Mar Cinese Meridionale.

Le Filippine inviarono truppe nel 1968, mentre nel 1971 la Malaysia rivendicò numerose isole. Tra anni Settanta, Ottanta e Novanta, Cina, Vietnam, Filippine e Malaysia si resero protagonisti di altre occupazioni.

Nonostante questi eventi, la Cina pare tuttora intenzionata a rivendicare la maggior parte del Mar Cinese Meridionale e per tale motivo viene considerata dagli altri paesi coinvolti come la maggiore minaccia alle loro aspirazioni marittime. A ben vedere, la posizione cinese è poco chiara: Pechino reclama tutte le isole dell’area e le acque di pertinenza, ma non definisce l’effettiva estensione della propria influenza.

L’atteggiamento cinese può trovare una forte motivazione nella necessità di preservare la propria integrità territoriale, minacciata su più fronti (il Tibet in primis). Mostrarsi forti nel Mar Cinese Meridionale, anche solo per il possesso di un pugno di isolotti apparentemente senza alcuna importanza, è quindi funzionale a un rafforzamento cinese nell’intero scacchiere asiatico. Col fantasma dell’invasione cinese del Vietnam nel 1979 ancora vivo nella memoria della popolazione colpita e con entrambe le nazioni impegnate nel 2011 in esercitazioni militari nell’area, la rivalità e le tensioni in questo angolo di pianeta necessitano di un costante e attento monitoraggio.

La Cina scatenò un’invasione che costò la vita a 20.000 vietnamiti

Un elicottero dell’esercito americano trasporta truppe del Vietnam del Sud durante la guerra vietnamita, 1972.

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Darwin e Churchill!

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I falsi miti

Aprile 2012 BBC History Italia

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Napoleonenemmenosalvano

La storia è piena di personaggi sopravvalutati, prima dai contemporanei

e poi dalle generazioni successive. Un gruppo di scrittori ed esperti inglesi dicono la loro - senza peli sulla lingua - su alcuni tra questi presunti “eroi”, spiegando le ragioni che inducono

a ridimensionarne la figura. E voi siete d’accordo?

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20 BBC History Italia Aprile 2012

Grazie a Shakespeare, Enrico V gode di un’aura di eroismo superiore a quella di qualsiasi altro re inglese. In realtà fu il re che fece più danni. La sua decisione di riattizzare un conflitto - la guerra dei Cent’anni - che sembrava terminato, fu sordida e opportunistica. La stessa vittoria di Azincourt (1415) fu dovuta più agli errori francesi. Per un secolo e mezzo dopo la sua morte, il miraggio di una vittoria simile continuò a stuzzicare gli inglesi, con disastrose conseguenze. Sia l’Inghilterra che la Francia avrebbero fatto volentieri a meno di Enrico.

Tom Holland è l’autore di “The Shadow of the Sword: The Birth of Islam” (Doubleday, 2011).

Enrico V 1387-1422Giudizio di Tom Holland

L’insurrezione di Spartaco non ottenne alcun risultato, afferma Peter Jones.

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Spartacomorto nel 71 a.C.Giudizio di Peter Jones

Maria Stuarda 1542-1587Giudizio di Tracy Borman

SE ConSIDErIAmo le tante squadre di calcio che si chiamano Spartak, oppure i film che gli sono stati dedicati, fino al balletto classico di Khachaturian “Spartacus”, lo schiavo che nel 73 a.C. orchestrò l’evasione dalla scuola di gladiatori di Capua è stato giustamente celebrato come un eroe degli oppressi. Come Annibale, un grande generale e un vero leader per i suoi uomini, che sconfisse un esercito romano dopo l’altro, Spartaco guidò la sua accolita di schiavi raccogliticci e attaccabrighe fino ai confini della Gallia, per poi fuggire verso la libertà... Invece no. Tornarono tutti in Italia. Errore fatale. Spartaco, nato in Tracia, aveva prestato servizio nell’esercito romano. Lui avrebbe dovuto sapere che i romani non si arrendevano mai. Più duramente venivano sconfitti, più caparbiamente tornavano all’attacco, come del resto poté constatare lo stesso Annibale, però troppo tardi. nel 71 a. C. l’esercito di Spartaco fu accerchiato e annientato, e i sopravvissuti furono crocifissi lungo la via Appia. molto rumore per nulla, avrebbe detto Shakespeare.

Peter Jones è l’autore di “Vote for Caesar” (orion 2009).

mArIA STuArT, rEGInA DI SCozIA, è comunemente considerata la più tragica eroina della storia. regina spodestata, moglie maltrattata, a lungo prigioniera di Elisabetta I e infine decapitata, è stata considerata una martire cattolica. Povera maria? Sciocchezze! Fu una principessa viziata, la cui educazione alla corte francese non le diede nessuna idea di che cosa fosse necessario per governare. Al contrario, la sua grande rivale, Elisabetta, crebbe alla scuola di una vita dura, con la condanna a morte della madre e numerosi soggiorni nella prigione della Torre. non c’è da stupirsi se poi governò con la testa e non con il cuore. Al contrario, gli affari di stato non erano fatti per maria. Incapace di giudicare gli altri, sposò il presuntuoso Lord Darnley e poi se ne lamentò. Quando questi fu assassinato, sposò l’uomo che era il principale sospettato della sua morte, Lord Bothwell. Gli scozzesi ne ebbero abbastanza e la cacciarono. maria andò a rifugiarsi da Elisabetta, che non perse tempo e la fece porre agli arresti. maria restò in prigione fino a quando fu così sciocca da farsi coinvolgere in una cospirazione contro la regina. Così fu lei stessa a firmare la sua condanna a morte.

Tracy Borman ha scritto “matilda: Queen of the Conqueror” (Jonathan Cape, 2011).

John Locke

1632-1704 Giudizio di Justin

Champion

LoCKE Fu ForTunATo. Come molti dei suoi più importanti contemporanei, aveva buone relazioni e si dedicò a lungo a scrivere e riflettere. ma la sua grande fortuna fu di aver lasciato

Viziata e sciocca:

Maria di Scozia secondo Tracy

Borman.

Enrico V fu festeggiato per la vittoria di Azincourt, ma riaprire la guerra con i

francesi fu una scelta “opportunistica”.

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I falsi miti

Aprile 2012 BBC History Italia

Il ritratto di John Locke dipinto da sir Godfrey Kneller nel 1697. Justin Champion sostiene che le sue teorie hanno distorto le moderne concezioni di libertà.

nAPoLEonE, imperatore di Francia dal 1804 al 1814 e poi ancora, per poco tempo, durante i Cento Giorni del 1815, è considerato il più abile comandante militare della sua epoca, e uno dei più grandi di tutti i tempi. ma merita davvero di essere paragonato ad Alessandro magno, Annibale, Giulio Cesare, Gustavo Adolfo? Fu forse un generale migliore di Suvorov o di Wellington? Secondo me no. napoleone fu battuto in almeno tre delle ultime battaglie - Caldiero, Aspern-Essling e Waterloo - e alcune delle sue maggiori vittorie, come Austerlitz e marengo, furono risicatissime, vinte più per fortuna che per capacità. ma la più grossa macchia sulla sua carriera militare fu la campagna di russia del 1812, quando fu sconfitto non dai comandanti nemici - sebbene Borodino, dove perse 35.000 uomini, sia stata una vera “vittoria di Pirro” - ma dal “generale inverno” e da una logistica fallimentare. Durante l’avanzata disponeva di più di 400.000 uomini, nella ritirata rimase con meno di 10.000 effettivi. Questo dice tutto.

Saul David è l’autore di “All The King’s men: The British Soldier...” (Viking, 2012).

Napoleone Bonaparte1769-1821 Giudizio di Saul David

un archivio ben organizzato. Volumi di lettere, bozze dei suoi lavori, raccolte di osservazioni, taccuini di appunti, oltre a numerose opere di filosofia, dottrine politiche e religione. Questo fece sì che gli storici del pensiero dopo di lui poterono mettere insieme una corposa “raccolta Locke”. Egli vende più libri ora di quanto abbia mai fatto. Le idee di Locke sui fondamenti della gestione del potere, sulla natura della conoscenza e sulle radici della tolleranza religiosa hanno influenzato il pensiero del XVIII secolo più di quanto meritassero. I suoi ragionamenti sul potere hanno segnato il nostro modo di considerare la libertà; la sua difesa della tolleranza – essenzialmente una posizione teologica – è giudicata la migliore espressione della libertà di pensiero,

anche se fondamentalmente è un concetto cristiano. L’egemonia del liberalismo lockiano ha distorto la nostra comprensione del XVII e XVIII secolo: senza dubbio ha definito le modalità dell’analisi politica nell’era moderna. Senza Locke, si sarebbe dedicata più attenzione, e magari venerazione, ai suoi contemporanei, i movimenti politici dei ranters e dei Levellers, le tradizioni repubblicane di John milton, James Harrington e di Baruch Spinoza. Per molti storici, Locke è stato un porto sicuro, non contaminato da influenze radicali. un bel tipo, non c’è dubbio, ma assolutamente sopravvalutato.

Justin Champion è professore di storia delle idee moderne al royal Holloway dell’università di Londra.

Il celebre dipinto di Jacques Louis David che ritrae Napoleone mentre attraversa le Alpi. La reputazione militare dell’imperatore fu drammaticamente smentita dalla disastrosa compagna di Russia, sostiene Saul David.

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moSTrAnDo GrAnDE PrEVEGGEnzA per i futuri organizzatori dell’anniversario, Charles Darwin scrisse il suo più famoso libro quando aveva esattamente 50 anni. “L’origine della specie” (1859) è un trattato abilmente argomentato, ben scritto e corredato da prove convincenti e meticolose. ma Darwin non inventò l’evoluzione, i suoi oppositori non erano tutti bigotti religiosi che insistevano a sostenere che la Terra fosse stata creata 6.000 anni fa, egli evitò di spiegare come si fosse creata la vita e non incluse la specie umana nel suo schema evolutivo. Collezionista disordinato, Darwin gettò le basi di un edificio che

doveva essere sviluppato da qualcun altro. E mentre lui esitava sull’opportunità di pubblicare i suoi lavori, un giovane naturalista che operava in malesia arrivò alla teoria della selezione naturale in modo del tutto indipendente. Il mondo, scrisse Darwin, assomiglia a “un grande mattatoio, una scena universale di avidità e ingiustizia”: ma questa eloquente evocazione della spietata competizione per la sopravvivenza non fu scritta da Charles Darwin, ma da suo nonno Erasmo.

Patricia Fara è autrice di “Science: A Four Thousand Year History” (ouP, 2010).

Charles Darwin 1809-1882 Giudizio di Patricia Fara

non Sono mAI rIuSCITo a capire la straordinaria importanza attribuita a oscar Wilde. molte delle sue battute sono

semplicemente dei capovolgimenti di proverbi e detti popolari. La sua decisione di citare per diffamazione il marchese di Queensberry che lo aveva accusato di sodomia, fu un atto disonorevole e disonesto: eppure Wilde è stato sempre considerato un monumento alla verità. Il suo saggio “The Soul of man under Socialism” (L’anima dell’uomo sotto il socialismo) è ingenuo e persino ridicolo. Senza dubbio era una persona di compagnia e divertente, e alcuni dei suoi libri e delle sue commedie sono sublimi, ma a mio avviso non gli può essere attribuita la quasi santificazione promossa dai suoi ammiratori.

Andrew Roberts è l’autore di “The Storm of War” (Penguin, 2010).

Oscar Wilde 1854-1900 Giudizio di Andrew Roberts

Oscar Wilde in un ritratto di Maggi Hambling del 1985.

Charles Darwin nel 1875-80.

“Evitò di spiegare come poteva

essersi creata la vita”, afferma

Patricia Fara.

BADEn-PoWELL DIVEnnE famoso per due motivi: come carismatico comandante in capo nell’assedio di mafeking, nella guerra contro i Boeri, e come fondatore del movimento scout. Fin dall’inizio, la sua reputazione è stata attaccata e criticata più volte. Fu a lungo accusato di essere presuntuoso, irritabile e anche supponente. Era anche un instancabile promotore di se stesso, come notò

laconicamente il corrispondente del “Times” che faceva la cronaca dell’assedio di mafeking. Infuria ancora la controversia se, in quell’occasione, abbia causato la morte di molti africani negando loro cibo adeguato, cacciandoli dalla città e lasciando che si arrangiassero da soli. In seguito egli minimizzò il contributo degli africani nella difesa di mafeking e addirittura sostenne falsamente: “Ai primi

Baden-Powell 1857-1941 Giudizio di Denis Judd

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I falsi miti

Aprile 2012 BBC History Italia

Baden-Powell 1857-1941 Giudizio di Denis Judd

Winston Churchill1874-1965 Giudizio di Christopher Lee

Malcolm X 1925–1965 Giudizio di Amanda Foreman

mALCoLm X è SPESSo considerato più “concreto” rispetto alla sua controparte pacifica, martin Luther King, e certamente suo pari nel movimento per i diritti civili. La verità è che malcolm X era un bravo oratore pubblico che sprecò la sua influenza difendendo la nazione dell’Islam (noI), un

movimento separatista nero accusato di fanatismo e violenza. Il noI era

stranamente assente durante la

famosa marcia su Washington organizzata da King nel 1963. un anno dopo, un

sempre più

disilluso malcolm X abbandonò il noI e nel 1965 iniziò a predicare un nuovo messaggio di speranza per il cambiamento e l’integrazione sociale. Ciò fece infuriare i suoi precedenti compagni. Fu ucciso da un colpo di pistola mentre teneva un discorso a manhattan. Figura affascinante e tragica, a malcolm X non possono essere attribuiti i grandi traguardi raggiunti da martin Luther King, rosa Parks, Thurgood marshall o medgar Evers, né può essere posto al loro livello per la sua opera in favore dei diritti dei neri.

Amanda Foreman è autrice di “A World on Fire” ( Allen Lane, 2010).

Malcolm X rimpianse di aver tanto enfatizzato l’odio razziale.

mIo PADrE DEFInIVA Churchill il più grande personaggio inglese. Certo fu un vero leader durante la guerra. ma cos’altro? Come ministro del Commercio nel governo di Asquith fece ben poco, a parte le relazioni con i Laburisti. Come ministro degli Interni fu fin troppo zelante nell’uso della forza militare. Al ministero della marina, la sua campagna dei Dardanelli fu un disastro. Quando fu ministro della Guerra, voleva l’intervento dopo la rivoluzione bolscevica, ma per fortuna Lloyd George disse di no. Come ministro delle Colonie si preoccupò poco delle conseguenze per la spartizione dei territori della mesopotamia. Baldwin lo nominò cancelliere. Cinque bilanci e il ritorno al Gold Standard dimostrarono la sua scarsa dimestichezza con l’economia. La sua opposizione all’indipendenza dell’India non fu d’aiuto

agli indiani. nel 1951 era troppo malato per adempiere agli obblighi di primo ministro, ma non fu onesto abbastanza per ammetterlo. Se non avesse condotto la Gran Bretagna alla vittoria nella seconda guerra mondiale, ora noi avremmo un ricordo sbiadito di Churchill. mio padre mi schiaffeggerebbe per quello che dico, ma la reputazione di Churchill è decisamente sopravvalutata.

Christopher Lee ha pubblicato l’edizione ridotta di “Churchill’s A History of the English-Speaking “

colpi se la diedero a gambe”. Come fondatore dei boy scout sembrava fin troppo interessato al “peccato” della masturbazione. Infine, fu un ammiratore del fascismo nella sua fase iniziale e del “mein Kampf” disse che era “un libro magnifico”. Insomma, un curriculum davvero molto controverso.

Denis Judd ha scritto “Empire: The British Imperial Experience from 1765 to the Present”, pubblicato da IB Tauris.

Per molti suoi connazionali,

Churchill è stato il più

grande statista inglese, non per Christopher Lee.

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Dionisio i di siracusa ha avuto davvero una cattiva stampa, tanto che dante lo segnala all’inferno tra i peggiori tiranni. uno dei personaggi più importanti della storia antica, un passaggio cruciale nella storia d’italia,

considerato ai suoi tempi il più grande dei greci, ha visto rapidamente sfiorire la sua immagine fino al punto che su di lui vennero caricati tutti gli stereotipi negativi dei tiranni. alla fine le sue gesta passarono in secondo piano: né Plutarco né cornelio nepote lo ritennero degno di una delle loro “vite”, anche se ne parlarono molto nelle vite di altri personaggi.

in compenso dionisio fu protagonista di opere di Filisto (che gli era amico e collaboratore), nonché di Timeo e di altri, che gli erano ostili. È da questi ultimi che derivano gli scritti di diodoro siculo e poi di dionigi di alicarnasso. dionisio è citato spesso da Platone e da cicerone e fu tra i modelli ispiratori di Filippo il Macedone e di alessandro Magno. costruì infatti il più grande dominio d’Europa prima di alessandro, e con lui siracusa fu la più ricca e potente a

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città greca, superiore a quelle della madre patria. Fu inoltre un campione dei greci contro i “barbari” cartaginesi, ma anche un politico capace di coinvolgere altri popoli nella sua strategia. E si può dire che sia stato il primo a ragionare in termini “italici”, dato che la sua azione spaziò dall’alto adriatico all’estrema punta della sicilia. insomma, fu uno dei grandi protagonisti della storia italiana, ammirato e invidiato ai suoi tempi, anche se ai posteri se ne tramandò un’immagine offuscata.

I nemici gli violentarono la moglienato intorno al 430 a.c. da famiglia certamente non insignificante ma neanche di primo rango, dionisio nella sua giovinezza ha assistito e forse partecipato alla vittoriosa difesa di siracusa contro la spedizione ateniese del 415. in seguito sembra aver preso parte attivamente al fallito tentativo di portare al potere il suocero e ispiratore Ermocrate. nonostante la sconfitta riuscì a essere riammesso a siracusa, forse tramite l’adozione da parte di un cittadino eminente.

Il signore che, 400 anni prima di Cristo, rese splendida Siracusa, passò la vita a contrastare la potenza cartaginese e costituì nel sud dell’Italia “il più grande dominio d’Europa prima di quello macedone”. Osvaldo Baldacci ci racconta le sue imprese e ci spiega perché la sua figura non è ricordata come merita

Tiranno sì ma di genio

Dionisio

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25Aprile 2012 BBC History Italia

Magna Grecia

a quando ottenne un trattato con cartagine che divideva in due la sicilia, lasciando però le maggiori città greche occidentali tributarie della potenza nordafricana. da allora il nemico punico divenne la sua ossessione, il vero motivo che generò tutte le sue azioni, comprese le guerre di espansione. dionisio infatti combatté anche contro le altre città greche d’italia, quando esse si rifiutarono di accodarsi alla sua politica.

i principali nemici li ebbe tra gli oppositori aristocratici del suo regime, che fu particolare: sicuramente dionisio mise fine alla democrazia di siracusa e a quella delle città che mano a mano sottometteva, però la sua tirannia aveva l’appoggio del popolo e si basava su una specie di patto per il quale a dionisio era demandata la politica estera e di difesa (o meglio di attacco), mentre la vita interna cittadina procedeva più o meno per conto proprio. il doppio binario venne sottolineato dalle grandi opere edilizie

di dionisio, specie le architetture difensive: da una parte la città venne difesa in modo tale da diventare inespugnabile, dall’altra il tiranno fortificò l’isola di ortigia rendendola di fatto un corpo autonomo dentro siracusa. ortigia era la sua cittadella privata, segno visibile della separazione e poi anche della diffidenza tra il “re di sicilia e italia” dionisio e i cittadini di siracusa.

Questo sistema si impose definitivamente dopo le grandi rivolte guidate dai suoi nemici, cioè gli aristocratici di siracusa, nel 405 (quando venne violentata la prima moglie di dionisio, la quale si uccise) e nel 404. in entrambi i casi il tiranno reagì con durezza e consolidò il suo potere. anche se in realtà, tra i difetti che gli storici gli attribuirono, c’è un’enorme sospettosità e la continua paura di essere assassinato. si tramanda ad esempio che nessuno si poteva avvicinare con una lama a dionisio,

Dionisio mise fine alla democrazia in Siracusa, ma la sua tirannia aveva l’appoggio popolare

Ma non smise mai di pensare che la democrazia era malata e tutti gli sforzi dovevano essere concentrati per conquistare il potere. Ma, a differenza di quanto ci raccontano alcuni storici antichi, il suo non era amore del potere per il potere, tanto che persino i denigratori ammettevano che non fosse un dissoluto o un avido. il suo piuttosto era un desiderio di gloria che ardeva in lui in modo incontrollabile, e che lo spingeva a subordinare ogni altra cosa a un unico obiettivo che gli avrebbe assicurato fama imperitura: la cacciata dei cartaginesi dalla sicilia.

Fu proprio la grande spedizione militare cartaginese del 407-6 a dare l’avvio alla carriera di dionisio. il generale punico annibale, che voleva vendicare i suoi avi, distrusse una dopo l’altra le città greche, sacrificò 3.000 prigionieri e pose l’assedio a siracusa: il giovane dionisio ottenne il ruolo di generale supremo e guidò una strenua resistenza, fino

La spada di DamocleSi racconta che Dionisio,

per spiegare al suo cortigiano Damocle come

fosse incerta la vita dei potenti, gli fece porre sulla testa una spada appesa al soffitto con

un crine di cavallo. A quell’episodio

si collega il modo di dire in uso ancora oggi. Il dipinto, del 1812, è di Richard Westall e si trova nel museo

di Aukland, Stati Uniti.

Un’immagine del teatro greco di Siracusa, costruito nel V secolo a.C.

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398Doppio matrimonio di Dionisio I: con Doride di locri e aristomache di siracusa.

397-393 seconda guerra punica.

403-399Dionisio si autoproclama sovrano (archon) della sicilia orientale.

Rovine del Castello Eurialo, antica fortificazione di Siracusa.

Rovine di Cartagine, grande antagonista della Siracusa di Dionisio.

26 BBC History Italia Aprile 2012

neanche il barbiere, che per accorciargli i capelli doveva bruciargli le ciocche con dei carboni ardenti. dionisio arriverà ad esiliare anche il fratello Leptine e l’amico Filisto, anche se con entrambi mantenne buoni rapporti. ciononostante i racconti sulla sua

crudeltà si sono sprecati. a siracusa ancora si visita nelle Latomie la grotta nota come “orecchio di dionisio”, perché si dice che il tiranno, appostato in un anfratto, ascoltasse i discorsi dei suoi nemici qui rinchiusi, compreso il poeta Filosseno che aveva criticato le sue opere artistiche (altra notizia forse non

vera). dopo la faticosa pace con i cartaginesi e il consolidamento della propria autorità, dionisio si dedicò ad ampliare i suoi domini con le armi e la diplomazia. dapprima si dedicò a conquistare le comunità indigene della sicilia orientale, cioè i siculi (mentre sicani ed elimi erano popolazioni indigene della sicilia occidentale), poi prese a sottomettere anche le città greche presenti nell’area di influenza lasciatagli dal trattato con cartagine. distrusse naxos e Leontini, conquistò catania e ne deportò gli abitanti. avviò un’espansione caratterizzata dall’imposizione di colonie militari siracusane, che sorgeranno poi in tutta la sicilia e nell’italia meridionale, dove ai nuovi cittadini si mescoleranno i suoi mercenari di ogni razza e provenienza.

Inventò le truppe mercenariealtro segno della sua innovativa visione politica fu il clamoroso doppio matrimonio che celebrò nel 398 a.c., rompendo tutte le tradizioni greche. dionisio infatti sposò contemporaneamente la siracusana aristomache e la nobile di Locri doride, indicando chiaramente in questo modo i due pilastri della sua politica, al di qua e al di là dello stretto di Messina, con l’obiettivo di unire contro i cartaginesi i greci del sud italia. Locri gli resterà sempre fedele. nello stesso tempo dionisio dedicò enormi sforzi al rafforzamento

430 a. C. nascita di Dionisio, figlio di ermocrito.

408-5 Prima guerra contro i cartaginesi. Con la pace di Imilcone vengono delimitati i territori di Cartagine e siracusa, che viene riconosciuta a Dionisio.

La grotta nelle Latomie detta “Orecchio di Dionisio”, dove il tiranno, appostato in un anfratto, ascoltava i discorsi dei suoi nemici imprigionati.

Timeline Vita e morte di un tiranno

Ottenuta la pace da Cartagine, Donisio si dedicò ad ampliare i suoi domini

Dracma con l’effigie di Dionisio I, tiranno della colonia greca di Siracusa nel IV secolo a. C.

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Ricostruzione dell’antica Sparta.

390-387 estende il suo dominio all’Italia meridionale, sconfigge la lega Italiota e sottomette reggio.

386 operazioni militari nel mare adriatico.

383/2-375 terza guerra punica. la pace fissa il confine tra siracusani e cartaginesi al fiume alico.

369-368 Dionisio invia aiuti a sparta.

368-367 Quarta guerra punica.

367 morte di Dionisio.

Ricostruzione dell’isoletta di Mozia, antico

possedimento carteginese

davanti a Marsala.

27Aprile 2012 BBC History Italia

Magna Grecia

controffensiva punica fu terribile. cartagine fece sbarcare nel 396 un immenso esercito che ricacciò indietro i siracusani, distrusse Lipari e Messina e giunse ad assediare siracusa. La flotta cartaginese sconfisse a catania quella di dionisio, comandata dal fratello Leptine, forse non esente da colpe. il generale cartaginese imilcone riuscì a penetrare nella periferia di siracusa, dove saccheggiò il tempio di demetra, ma forse per divina punizione il suo esercito fu decimato da una pestilenza e per potersi ritirare dovette pagare un indennizzo.

dopo il trattato di pace del 392 dionisio riprese la sua politica di fondazione di città, tra cui Taormina, Tindari e Terme di Himera (Termini imerese), ma soprattutto si dedicò al progetto di unificare i greci di occidente. nella Magna Grecia, Locri rimane un’alleata stabile e reggio la nemica più irriducibile. dionisio, che non aveva esitato ad allearsi con gli indigeni italici, nel 389-8 presso il fiume Elleporo, in calabria, inflisse una pesante sconfitta alla Lega italiota guidata da crotone, poi assediò reggio e la espugnò definitivamente nel 386, distrusse caulonia e spostò la guida della Lega alla più amichevole Taranto. dionisio pensò anche di difendere i suoi domini nell’attuale calabria (che allora si chiamava italia) costruendo un muro tra il Tirreno e lo ionio sulla linea squillace-sant’Eufemia.

Proprio il Tirreno fu il suo successivo campo di azione: contro gli etruschi, rivali nei commerci marini e alleati dei cartaginesi. Le flotte di dionisio arrivarono a saccheggiare nel 384 Pyrgi, che era il porto di caere (cerveteri), e a cacciare gli etruschi

delle difese di siracusa (il castello Eurialo), delle sue mura, dei suoi porti, alla costruzione di una imponente flotta e di innovative macchine da guerra. sotto il suo regno furono progettate e costruite le navi più grandi dell’epoca, cioè le quadriremi e le quinqueremi. E furono inventate e messe in opera le catapulte e le torri d’assedio. sempre in ambito di strategia militare, dionisio si distinse per un nuovo utilizzo della fanteria leggera e per un disinvolto e poco ellenico ricorso ai mercenari: fu il primo a importare nelle guerre mediterranee i feroci galli, temutissimi dai greci.

dionisio mostrò sempre una grandissima attenzione per le finanze dello stato, o meglio per quelle destinate a pagare le sue spese militari. Fu anche per questo che lanciò un’altra delle sue clamorose imprese: la conquista e la colonizzazione del mare adriatico. dionisio pensava così di compensare l’impero che cartagine aveva costituito a occidente. E in parte vi riuscì: tramite le sue colonie di ancona, adria, Lissa, Traù, spalato, controllò un’intensa rete di traffici che gli assicurarono ricchezza e rifornimento di materie importanti, come argento, stagno, legname, cavalli, oltre che di mercenari celti e illiri.

Ma nel mirino c’era sempre cartagine. Già nel 398 a.c. dionisio avviò la seconda delle sue quattro guerre puniche, con un’avanzata travolgente che lo portò a sottomettere quasi tutta la sicilia, liberando le città greche, assediando Erice e distruggendo Mozia. La

Così si presentava Cartagine al tempo del suo massimo splendore, quando affrontò prima Siracusa e poi Roma.

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dalla corsica. E forse non è un caso - ma questa correlazione è solo un’ipotesi - che proprio negli anni di dionisio i suoi alleati galli invasero due volte (390 e 367) l’Etruria, conquistando chiusi e anche roma (ma la seconda volta furono sconfitti). che ci sia stata la mano strategica del signore di siracusa?

il nemico principale comunque rimaneva sempre lo stesso, e presto dionisio si trovò di nuovo in guerra con i cartaginesi. Quando apparve evidente che stava per scatenare un attacco, venne preceduto dai rivali punici, che si allearono con alcune città magno-greche. dionisio ottenne una importante vittoria a cabala, uccidendo il generale nemico Magone, ma subì un’ancora più decisiva disfatta a cronio. nella pace del 383 a. c. il confine fra i territori di siracusa e quelli di cartagine fu fissato al fiume alico, dove resterà fino alla conquista romana della sicilia.

dopo essere intervenuto più volte in modo massiccio e decisivo nei conflitti greci al fianco di sparta, dionisio riprese le ostilità con cartagine per la quarta e ultima delle sue guerre (368-367), che però non cambiò lo stato delle cose. il 367 a.c. fu anche l’anno della sua morte.

I quattro difetti dei tiranninel momento della sua massima estensione

l’impero di dionisio comprendeva tutte le città greche della sicilia,

probabilmente tutte le comunità sicule e molte di

quelle sicane, alcune città non greche dell’area

cartaginese, l’intera punta

dell’italia dai confini settentrionali di crotone fino allo stretto, e alcuni possedimenti sull’adriatico. secondo lo scomparso professor domenico Musti,

grande esperto di storia greca, dioniso creò “il più grande dominio d’Europa prima di quello macedone, e quindi una

delle tappe miliari nello sviluppo dell’idea stessa di stato territoriale nel mondo greco”. Polibio racconta che scipione l’africano considerava dionisio “un uomo efficiente, dotato di un coraggio unico mitigato però dalla prudenza”. cornelio nepote lo assolve dall’accusa di avere avuto i quattro difetti dei tiranni, lussuria, lusso, avarizia e avidità. Per Brian caven, autore di una ricca biografia, era dotato di coraggio fisico, fiducia in sé, ostinazione; oltre che di straordinarie capacità intellettive; fu astuto e calcolatore; aveva enormi doti organizzative e il dono di infondere entusiasmo e fiducia. Furono queste qualità a fare di lui il primo vero protagonista della storia d’italia.

Osvaldo Baldacci, giornalista e archeologo, ha partecipato agli scavi di ebla

tra glI stereotIPI dei tiranni c’è quello che li vede asservire la cultura ai loro interessi. anche questa accusa non è mancata a Dionisio, che avrebbe fatto arrestare un poeta critico con le sue opere letterarie e addirittura avrebbe fatto vendere schiavo Platone. ma tutti e due gli episodi sono tutt’altro che certi, anzi sarebbero invenzioni successive. è vero invece che Dionisio, pur preso dalle sue guerre, riservò uno spazio all’arte, e oltre a ospitare artisti e letterati nella sua corte (tra cui l’oratore eschine) si dilettò di comporre poesie, sia

pure non eccelse. Certo è che Dionisio per consolidare la sua fama tra i greci organizzò una partecipazione in grande stile alle olimpiadi del 388, facendo gareggiare i suoi cavalli ma anche le sue opere poetiche e le sue tragedie (gareggiare in che modo? vere gare o semplici esibizioni?). fu un fallimento. ma col cambiare anche delle condizioni politiche, nel 367 Dionisio coronò un sogno: un suo dramma vinse le gare lenee ad atene. secondo la leggenda, il tiranno sessantatreenne morì proprio durante i festeggiamenti.

Fu anche un uomo di cultura

La curiosa statua bifronte di Dionisio di Siracusa esposta al Museo Palatino di Rome. Nella foto in alto, vediamo

il tiranno adulto; qui sopra, il suo volto giovanile.

Il “Discobolo” di Mirone, copia in marmo della statua originale

in bronzo. Museo nazionale di

Palazzo Massimo, a Roma.

Magna Grecia

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In questo quadro di Hubert Robert, l’incendio di Roma

del luglio 64. Il dipinto si trova al Museo delle belle arti di Le Havre.

Nerone incendiario?Non è detto

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Si continua a discutere sulla responsabilità dell’imperatore nell’incendio del 64 d.C. che devastò Roma. Ma Tacito, che pure non gli era favorevole, non lo accusa mai apertamente di questo crimine. Mentre la lettura delle sue pagine, nota il professor Mauro Pisini, non lascia dubbi sui tanti che avevano interesse a distruggere la città imperiale per ricostruirla ex novo

a figura di NeroNe affascina lettori di ogni tempo, esercita un’attrazione a

cui è difficile sottrarsi. Tutto il regno di questo “troppo” giovane e “troppo” intelligente imperatore è stato un continuo sacrificio di sé all’egoismo del potere imperiale, rappresentato da una classe dirigente conservatrice e ostile a ogni novità. rinunciando a una sostanziale libertà di azione, Nerone mise in scena la rappresentazione teatrale del potere assoluto. Naturalmente, ogni scena ha bisogno di comparse e spettatori, che lui trovò sia nei complici delle proprie azioni, sia nel popolo cui era riservata tutta la sua attenzione, a un punto tale che nel famoso detto “panem et circenses” può dirsi sintetizzato il più grande affresco di demagogia politica della storia antica. Nerone aveva capito che incantare le folle è un’arte, e che roma, essendo in qualche misura una deformazione visibile delle qualità e dei vizi umani, è anche un luogo in cui tutte le epoche, tutte le tensioni politiche e sociali possono coesistere. Sfruttando queste realtà, l’imperatore assorbe, per riprodurlo come un genio dello spettacolo, l’immaginario popolare e lo domina, perché ne asseconda gli impulsi. Tutto ciò è visibile in uno dei punti più controversi sia della vita del principe, sia della storia di roma: quell’incendio di cui, a torto o a ragione, è ritenuto l’autore. Seguendo il racconto che Tacito ne fa nei suoi “annales”, proviamo a individuare una possibile risposta alla domanda se sia stato veramente Nerone a provocare quell’incendio.

Il racconto dello storicoVa subito detto che uno storico acuto e documentato come Tacito, che avrebbe potuto dire tutto il male possibile di Nerone, non parla mai apertamente delle sue responsabilità, anzi sembra che, in qualche punto della narrazione, tenda a indirizzare i sospetti verso quanti traevano benefici dal governo scellerato del principe. Proviamo a vedere i singoli passaggi.

L’incendio, appiccato presso il Circo Massimo, tra il Palatino e il Celio, si propagò per tutti i quartieri più antichi della città con una rapidità incredibile, al punto da risultare persino sospetta: nulla fu risparmiato, anche perché tra le case, allineate lungo strade strette e irregolari, non ci furono mura di pietra, o intercapedini che potessero favorire l’arresto delle fiamme. Da ogni parte, solo grida e sbigottimento di tutta la popolazione. Nessun quartiere veniva risparmiato: molti

affrontarono la morte, alcuni arrivarono addirittura a cercarla volontariamente, per aver perso ormai tutto, o per non esser riusciti a salvare qualche loro caro. Ma ancor più sospetta, nel disordine generale, fu la presenza, fra la plebe, di alcuni loschi individui, sbucati chissà da dove, che impedivano di combattere il

fuoco a chi avesse ancora la forza e lo spirito di farlo e senza che fosse chiaro ad alcuno se essi fossero sciacalli, interessati a qualche

infame bottino, o esecutori di ordini impartiti da qualcun altro.

La presenza di questi delinquenti indica il fatto che più di una persona era interessata alla distruzione di roma, perché il loro modo di agire,

repentino nell’apparire e nel

Ldileguarsi, fa pensare a un’azione sapientemente orchestrata da chi avrebbe tratto profitto dalla ricostruzione, forse non senza la complicità di Nerone, che già da tempo ventilava la possibilità e il desiderio di costruirsi una reggia più grande che fosse la realizzazione pratica di tutte le sue fantasie, megalomani e abnormi.

Appresa la notizia dell’incendio mentre si trovava ad Anzio, Nerone rientrò con urgenza a Roma, dove però non trovò che rovine e distruzione: le fiamme avevano inghiottito anche il suo palazzo, tra il Palatino e i giardini di Mecenate sull’Esquilino. Senza perdersi d’animo, l’imperatore si prodigò per prestare soccorsi alla massa di sfollati: per ospitarli, fece aprire il Campo Marzio, gli edifici di Agrippa e persino i suoi giardini privati. Fece costruire baracche di fortuna, rifornì Roma con generi di prima necessità fatti arrivare da Ostia e dai municipi vicini, ridusse il prezzo del frumento. Ogni sua azione, benché meritoria, secondo alcuni, era intesa esclusivamente ad acquistare il favore del popolo che, però, era stato già irreparabilmente contrariato da una diceria fatta circolare con incredibile precisione, secondo cui, ispirato dalla vista del terribile spettacolo della città in fiamme, nel suo Palazzo, Nerone sarebbe salito sul palcoscenico e avrebbe cantato la caduta di Troia.

L’evento era troppo tragico per non suscitare l’entusiasmo istrionico dell’imperatore, che si sentì come omero davanti alla distruzione di Troia. Come già detto, il continuo spettacolarizzare qualsiasi evento fu il suo più grave difetto, superiore per gravità ai suoi gesti di crudeltà insensata, proprio perché mentire sulla realtà, o trasformarla in spettacolo come si trattasse di una grandiosa metafora della morte - che la sua folle

Da tempo l’imperatore andava dicendo di volere un’altra reggia

Mauro Pisini ha scritto libri e raccolte di poesie in italiano e in latino. Fra queste ultime ricordiamo “Meteora (Stelle Brevi)”, del 2008, di cui riproduciamo la copertina. Il presente articolo è pubblicato per gentile concessione de “Il Calendario del Popolo”, rivista trimestrale di cultura di Sandro Teti editore.

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debolezza cercava di esorcizzare provocandola in tutti i modi - diventò il movente di ogni sua azione di governo.

Dopo sei giorni, l’incendio accennava a spegnersi, avendo completamente distrutto ogni edificio su cui si era abbattuto, quando, inspiegabilmente, ripartì dagli orti Emiliani, di proprietà di Tigellino, tra Campidoglio e Quirinale, e tornò ad infuriare nei luoghi più aperti della città. Le vittime furono meno numerose, ma, in compenso, assai più gravi furono i danni arrecati agli edifici, corse persino voce che Nerone aspirasse a rifondare la città, attribuendole il proprio nome: del resto, dei quattordici quartieri di Roma, solo quattro erano rimasti illesi, mentre tre erano stati completamente annientati e sette erano ridotti a cumuli di macerie...

Sicuramente, quella distruzione di roma, offrì a Nerone l’occasione di costruirsi una nuova dimora, ricca di decorazioni sfarzose, ben oltre i limiti del buon gusto, come era ormai consuetudine per ogni sua opera, e dotata di giardini sconfinati che aspiravano a gareggiare con la natura stessa, in prosperità e bellezza. il progetto e la realizzazione furono affidati a Severo e Celere, che avevano solleticato la smania dell’imperatore per le opere grandiose, anche con la scellerata promessa di far scavare un canale navigabile dal Lago di averno, a Cuma, fino alla foce del Tevere; Nerone si entusiasmò a tal punto per l’idea, da far traforare persino alcune delle alture vicino al lago, per

poter individuare un possibile passaggio.

La colpa fu data ai Cristiani Tacito non lo dice chiaramente, ma quando i due grandi architetti Severo e Celere parlano all’imperatore di una roma che porti il suo nome, di una roma tutta nuova e diversa, per non parlare delle opere di canalizzazione, che lo eccitavano particolarmente, siamo a mio parere davanti alla prova che l’incendio di roma fu accuratamente preparato da chi lavorava per l’imperatore. Ma i nomi dei due architetti non sono realtà separate dalle centinaia di artigiani, prestatori d’opera, produttori e fornitori di materiali, che avevano interesse a guadagnare nella ricostruzione, per non parlare dei mercanti di schiavi, i cui profitti sarebbero aumentati considerevolmente. Perciò mi spingo a dire che, molto probabilmente, anche se la decisione venne da Nerone, fu premeditata ed eseguita consapevolmente da un numero non irrisorio di complici. il capitolo che segue conferma la puntuale realizzazione di un progetto che doveva lasciare un segno imperituro della grandezza di Nerone. infatti, la città fu ricostruita secondo i criteri urbanistici più moderni: strade regolari e ampie, edifici non troppo alti, di fronte ai quali si aprivano cortili e portici, che l’imperatore fece realizzare a sue spese; ad

ogni proprietario fu restituito il proprio lotto, sgomberato dalle macerie. inoltre, per incentivare la ricostruzione da parte dei privati, Nerone fissò dei premi di risarcimento per ciascuno, secondo il danno subito, e, per avere diritto a riscuoterli, stabilì le scadenze per la conclusione dei lavori. Le macerie furono trasportate presso le paludi di ostia, con quelle navi che risalivano ogni giorno il corso del Tevere per rifornire di frumento la città. alcuni edifici furono anche rinforzati con pietra di gabi o di alba, inattaccabile al fuoco e, per ogni fonte o pozzo, furono posti dei guardiani, perché ciascuno usasse l’acqua pubblica senza sprecarla e la città fosse sempre pronta ad affrontare un eventuale nuovo incendio; infine, ogni costruzione fu dotata di pareti proprie, che la distaccassero da quelle adiacenti. roma ricostruita era, dunque, modernissima e aveva un aspetto splendido, anche se alcuni trovarono ugualmente da ridire, soprattutto sul fatto che le nuove strade, troppo ampie, facevano penetrare i raggi di sole e rendevano l’aria bollente e malsana, soprattutto in estate. Non fu di poco conto usare norme urbanistiche di ricostruzione, per quei tempi, all’avanguardia e che permisero agli architetti Severo e Celere di sperimentare nuove tecniche

antincendio, basate sulla separazione delle singole abitazioni. ed è significativo che proprio Tacito dica che la città acquistò un aspetto

La statua in marmo di Tacito collocata davanti

al parlamento di Vienna.

Sopra, “Le fiaccole di Nerone”, un

dipinto di Henryk Siemiradzki (1848-

1902), ora al Museo Nazionale

di Cracovia.A destra, Cristiani

gettati in pasto alle belve durante

una delle tante persecuzioni.

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La pianta della città di Roma dentro il tracciato

delle mura aureliane, del III secolo dopo Cristo.

splendido, quasi voglia in parte compensare l’amore per quella distrutta con la meraviglia di quanto non si aspettava sarebbe stato realizzato. infine, come era inevitabile, la tragedia, trasformata in una grandiosa festa di rinascita, trova la sua catarsi sul piano religioso. infatti, furono consultati i libri Sibillini e celebrati riti pubblici a Vulcano, Cerere e Proserpina; le matrone guidarono cerimonie propiziatorie per giunone, prima sul Campidoglio, poi sulla spiaggia vicina, da dove fu attinta acqua lustrale per il tempio e il simulacro della dea. Le donne non maritate, invece, celebrarono conviti mistici e veglie sacre. Ciò nonostante, niente e nessuno, neppure le generose elargizioni offerte dall’imperatore, riuscirono a fugare dagli animi il sospetto che l’incendio fosse stato provocato apposta e su commissione di qualcuno.

dopo questi passi, mi sembra evidente che i committenti furono più di uno. La politica, però, soprattutto quando si nutre di affari, deve mettere a tacere voci e sospetti. Per questo c’è sempre bisogno di qualcuno che sconti la colpa, per nascondere la mano di chi lucra sul sangue innocente e spostare l’attenzione demagogica su eventuali esecutori che non si siano macchiati, sia pure per ipotesi, di quel solo crimine, ma di altri, eventuali, che potrebbero commettere. Per questo, Nerone accusò e punì con i peggiori supplizi i Cristiani che, oltre ad essere poco numerosi e indifesi, già da tempo si

erano attirati l’ostilità della plebe. Costoro si dicevano seguaci di

Cristo, che era stato messo a morte sotto Ponzio Pilato, al tempo di Tiberio. inizialmente, la loro superstizione era stata soffocata, salvo poi risorgere e diffondersi, non solo in giudea, dove era nata, ma in ogni parte dell’impero, fino ad arrivare a roma, dove, da sempre, qualsiasi follia e immondizia confluiscono e trovano seguaci senza difficoltà. i Cristiani furono dunque arrestati, non con l’accusa di essere stati gli incendiari, ma perché odiatori del genere umano: vennero catturati prima quelli che si professavano apertamente come tali, poi, quanti furono segnalati da questi. inoltre, furono insultati in ogni modo, fatti sbranare dai cani, inchiodati su croci e incendiati, perché fungessero da fiaccole notturne. Nerone stesso allestì e organizzò spettacoli di questo genere, perfino nei suoi giardini privati, e vi assisté, partecipando personalmente, confuso fra la folla e vestito da auriga, correndo a piedi, o sul carro.

Ci andò di mezzo anche Senecainutile commentare le ragioni di questa crudeltà che spoglia Nerone anche delle sue fantasie più bizzarre e lo rende privo di scrupoli, pur di compiacere il popolino cui, paradossalmente, chiedeva il permesso di costruirsi una reggia mai vista prima e che sarebbe stata la dimora da cui il principe avrebbe vegliato su di esso. Come se non bastasse, per sostenere le spese della ricostruzione, Nerone depredò mezzo impero: province, città, templi furono sistematicamente spogliati di ogni decorazione e qualsiasi deposito che avesse un

La tragedia si trasformò in una grande festa di rinascita

Mauro Pisini insegna Letteratura Latina Liturgica presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra a Roma, e Composizione Latina presso la Pontificia Università Salesiana.

qualche valore, senza riguardo alcuno. in asia e acaia furono inviati acrato, un liberto capace di ogni mascalzonata, e Secondo Carrinate, filosofo a parole, ma, nell’animo, uomo arido e privo di virtù. Persino Seneca, inorridito, cercò di sottrarsi a tanta scelleratezza e, in un primo momento, chiese, senza successo, di potersi ritirare in una villa di campagna, poi si chiuse nella sua stanza, fingendosi malato di nervi, e per questo, secondo alcuni, subì persino un tentativo di avvelenamento da parte di un suo liberto, di nome Cleonico, forse su istigazione di Nerone. Se scampò fu o perché Cleonico tradì l’imperatore o grazie alla sua paura, che lo costringeva a nutrirsi solo con pochi e semplici cibi e a bere soltanto acqua corrente. il racconto dell’incendio e della ricostruzione di roma si conclude con il tentativo non riuscito di eliminare Seneca che, di sicuro, conosceva o intuiva - cosa ancora più pericolosa agli occhi di Nerone che non tollerava sospetti - quale fosse stato il progetto del suo pupillo, di come lo avesse realizzato, anche se non da solo, e di cosa da lì a breve sarebbe toccato anche a lui, Seneca. Purtroppo in questa immane tragedia, gli attori comprimari, cioè tutti quelli che vollero l’incendio e guadagnarono sulla morte di tanti concittadini, a parte Celere e Severo - degni comunque di rispetto per ciò che riuscirono a realizzare con la ricostruzione - resteranno per sempre ignoti.

Ancora l’incendio di Roma con Nerone e, sullo sfondo, la città in fiamme. Il dipinto è del tedesco Karl Theodor von Piloty (1861 ca.).

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ponte costruito da Traiano sul Danubio, per prevenire un attacco a sorpresa lungo quei confini. Il nuovo imperatore chiarì subito che il suo programma di governo sarebbe stato volto a consolidare il regno piuttosto che ad espanderlo ulteriormente.

Tuttavia, con un esercito addestrato a condurre

campagne di conquista e con una capitale abituata ai ricchi bottini di guerra, la volontà di Adriano di consolidare l’Impero entro i confini esistenti deluse molti, a Roma, e causò problemi ricorrenti. Fu il suo genio a suggerirgli che una soluzione duratura poteva essere trovata solo riformulando l’idea stessa dell’Impero romano: “l’Impero infinito” pensato da Augusto come ineluttabile destino di Roma doveva diventare un Impero che si poneva dei limiti, che celebrava come valore la stabilità invece dell’espansione. Per raggiungere questo obiettivo era necessaria una determinazione instancabile, la presenza rassicurante dell’imperatore dovunque la stabilità fosse stata minacciata, oltre alla straordinaria capacità di non far pesare la sua superiorità intellettuale, che rischiava

di renderlo inviso ai collaboratori e ai sudditi. Ma in che modo poteva essere sempre presente

dove c’era bisogno di lui? La risposta fu semplice, anche se faticosa: viaggiare incessantemente e lasciare dietro di sé opere pubbliche capaci di

ricordarlo. Con il sostegno dell’aristocrazia ispanica, da cui Adriano proveniva, saldamente radicata nella capitale, e l’appoggio del devoto aiutante Marcio Turbone, detto il “Ciclone”, nominato prefetto del Pretorio e dotato di numerose forze di polizia a sua disposizione, le lunghe e frequenti assenze di Adriano da Roma vennero accettate senza proteste. Mentre

l’imperatore intraprendeva per oltre un decennio un ininterrotto viaggio da provincia a provincia, tornando solo di rado nella capitale, gli abitanti della città potevano assistere al di là del Tevere alla progressiva crescita dell’imponente mausoleo (l’attuale Castel Sant’Angelo), dove egli sarebbe stato tumulato.

Una politica rivelata dalle costruzioniAnche oggi le opere più significative di Adriano ci offrono un modo sicuro per comprendere la sottigliezza della sua politica. Perfino la

Lo si ricorda per l’imponente mausoleo innalzato in riva al Tevere e per il Vallo fatto costruire in Britannia. Ma il successore di Traiano è stato, a giudizio di molti, non meno importante di Augusto. Ce ne spiega le ragioni lo storico Alex Butterworth, secondo il quale è soprattutto merito suo se l’Impero romano ha potuto resistere, almeno in oriente, per altri mille anni

Toccò ad Adriano risolvere la crisi che minacciava l’esistenza stessa dell’impero, causata da un eccessivo espansionismo

La celebre statua di Adriano trovata a Cirene. Secondo

alcuni sarebbe di epoca moderna.

RA I TeSoRI DeLLA MoSTRA su Adriano proposta alcuni anni fa dal British Museum di Londra e curata da Thorsten opper, spiccava la cosiddetta statua di Cirene dell’imperatore, dal nome della colonia da lui fondata in Libia.

Famosa fin dalla sua scoperta, nel XIX secolo, per l’immagine singolare di un panciuto imperatore romano vestito con un mantello tipico dei greci decadenti, la statua ha contribuito a consolidare la percezione di Adriano come uomo di pace, colto, aperto alle novità. Ma ne sottovaluta i successi politici e militari e distoglie l’attenzione dalla durata del suo regno, ben 21 anni, dal 117 al 138. Vero è che da quella mostra è emersa una rivalutazione della figura di Adriano, prima nota in Gran Bretagna solo per il vallo che porta il suo nome e poi addirittura paragonata a quella di Augusto, il fondatore dell’Impero. Se è vero che Cesare ottaviano si guadagnò il titolo di “Augusto” grazie alla decisiva stabilizzazione di Roma e dei suoi vasti territori dopo la vittoria su Marco Antonio nella battaglia di Azio, toccò ad Adriano, nel terzo e quarto decennio del II secolo d.C., risolvere la crisi che minacciava l’esistenza stessa dell’Impero, e che aveva come causa l’eccessiva tendenza ad espandersi.

Consolidare invece di espandereQuando, nell’anno 117, l’imperatore Traiano morente nominò il successore, la sua ambizione di comandante militare trasformò l’alto onore toccato a Publio elio Adriano in un calice amarissimo. Dopo anni di grandi conquiste, le frange estreme dell’Impero si stavano sfilacciando. In Mesopotamia Traiano si era spinto sino a Bassora, sul golfo Persico. “Un tremendo errore di calcolo, che ricorda l’invasione americana dell’Iraq”, secondo Anthony Birley, il più recente biografo di Adriano. La reazione dei Parti, che abitavano l’attuale Iran, aveva favorito la rivolta degli ebrei. Anche l’avamposto settentrionale dell’Impero, la Britannia, era in uno stato di rivolta latente. e, nonostante le vittorie sui Daci splendidamente testimoniate dai bassorilievi della colonna Traiana, i Balcani apparivano sempre più irrequieti.

Adriano agì in modo deciso per arginare il pericolo, ma non con le campagne militari che ci si aspettava da un veterano come lui e che le personalità più influenti dell’Impero auspicavano. Il suo primo ordine, infatti, fu di ritirare le legioni impegnate in Mesopotamia (l’attuale Iraq). Fece poi smantellare il

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il granderestauratoredell’Impero

Questa testa in bronzo

dell’imperatore Adriano, risalente al secondo secolo

dopo Cristo, è stata ritrovata

nel Tamigi, vicino al London Bridge,

nel 1834.

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decisione di costruire il vallo nel nord della Britannia – in aggiunta a una grande palizzata per tenere fuori le tribù germaniche - si rivela una scelta improntata a grande pragmatismo. In effetti, quell’ambizioso progetto di ingegneria non voleva essere una linea netta di demarcazione tra romani e barbari, ma piuttosto un segnale, una proiezione chiara del potere romano, pensata più come strumento di controllo psicologico che come barriera militare. “Il cuscinetto di Adriano”, è stato opportunamente chiamato da qualche studioso.

Roma - come Adriano aveva ben capito - aveva cessato di essere una nazione tenuta insieme dall’unità del suo popolo. Da tempo era diventata un coacervo di razze e di culture da cui tutti i cittadini, anche i più lontani, potevano trarre beneficio. Valori nati in Grecia erano stati portati a maturità e diffusi da Roma, e rimasero fondamentalmente diversi da quelli del mondo orientale. Suggerendo che Adriano vide il futuro di Roma come il cuore unificante di una civiltà

mediterranea, la mostra del British Museum ha gettato una luce nuova sui suoi rapporti con la popolazione greca. La decisione di ricostruire la decaduta Atene non nacque da uno sterile filoellenismo, ma faceva parte di un programma globale che prevedeva di usare la civiltà greca come collante culturale dell’Impero.

Quando all’esterno dal Colosseo risuonò il barrito di ventitré elefanti usati per rimuovere la colossale statua dorata di Nerone-Apollo, alta 9 metri, in modo da far posto ad un tempio dedicato simbolicamente sia a Roma che alla dea Venere, anche i cittadini più ottusi compresero il messaggio: Roma e la Grecia erano e dovevano restare strettamente unite. I benefici economici derivanti dai lavori di costruzione, sommati a quelli del complesso del Pantheon, avevano lo scopo

di indorare la pillola ai gruppi sociali più legati alla tradizione e di accentuare ulteriormente la presenza di Adriano nella città. Il foro con colonne e portici fatto

innalzare da Traiano pochi anni prima non sembrava più così imponente, se paragonato al complesso monumentale o al grande mausoleo, contornato da duecento pavoni in bronzo dorato particolarmente realistici.

Se la città di Roma e le tribolate frontiere dell’Impero reclamavano senza dubbio le maggiori attenzioni da parte di Adriano, le possibilità di un successo duraturo del suo progetto imperiale richiedevano un equilibrato modo di governare. Il fatto

Roma aveva cessato di essere una nazione tenuta insieme dall’unità del suo popolo

Timeline Un imperatore sempre in viaggio

117 d.C.mentre si trova in siria per difendere la retroguardia dell’esercito contro i Parti, Adriano viene informato della morte di traiano in sicilia. Il suo primo atto da imperatore è l’ordine di ritirare l’esercito stanziato nelle nuove province oltre i fiumi tigri ed eufrate. ma, obbligato a fermarsi in Dacia, non può accompagnare a roma le ceneri di traiano.

121-122Passando l’inverno a ispezionare le legioni sulla frontiera con la Germania, Adriano ordina la costruzione di un’ininterrotta palizzata in legno alta tre metri. Viaggia in Britannia, dove l’esercito ha subito gravi perdite

durante una sommossa, e inizia i lavori del

grande vallo in pietra che porta il suo nome.

La sua vita in breveAdriano nacque da una famiglia senatoria

originaria di Italica, nei pressi di Siviglia. Trascorse i primi anni in Spagna. Tre volte console e veterano di numerose campagne sotto Traiano, suo zio

acquisito, il giovane Adriano si adoperò per guadagnarsi i favori dell’imperatore.

Tuttavia, solo in punto di morte Traiano lo nominò suo erede. La sua ascesa al potere

coincise con il momento in cui l’Impero non era più in grado di continuare una politica

espansionistica. Adriano si dedicò dunque ad una intensa attività di mantenimento e consolidamento

dei confini e si impegnò in continui viaggi per imporre la sua autorità nelle province più lontane. Morì il 10

giugno del 138 dopo Cristo, a 62 anni, un anno in meno di Augusto e un decennio prima che si celebrasse il

nono centenario della fondazione di Roma.

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L’Impero romano al tempo di Adriano, 117–138 d. C.

Mauretania Caesarensis

Mauretania Tingitania

Mauretania Tingitania

Africa

BelgicaLugdunensis

Britannia

Baetica

Lusitania Tarraconensis

Aquita

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Narbonensis

Sardinia et Corsica

1 Alpes Pennina2 Alpes Cottiae3 Alpes Maritimae

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3La villa costruita da Adriano a Tivoli, nei pressi di Roma. Vi si potevano ammirare moltissime statue.

Particolare di uno dei pavoni che adornavano il mausoleo di Adriano.

Un busto di marmo di Traiano, predecessore

di Adriano.

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città dell’Impero, a fianco di quelle di Augusto, diffondendo non solo l’immagine di un uomo di pace amante della cultura greca, ma anche quella di un duro guerriero coperto dalla corazza e curvo a calpestare il barbaro nemico, oppure nella foggia mitologica di Marte.

Adriano fu anche un appassionato di caccia e amava essere ricordato soprattutto per una particolare battuta: quella in cui riuscì a salvare il suo giovane amante Antinoo, che era stato aggredito da un leone, usando una sola mano. era successo nel deserto libico, prima della visita in egitto del 130 d. C. e l’impresa fu commemorata da un poeta alessandrino in cerca di favori imperiali, con versi ricchi di pathos. Ma da lì a poche settimane, il corpo del giovane che Adriano aveva salvato dagli artigli del leone - ancora bello di aspetto benché non avesse più la pelle morbida e le fattezze giovanili che avevano estasiato l’imperatore

- sarebbe affiorato, senza vita, dalle acque del Nilo.

La tragica morte di Antinoo colpì profondamente Adriano e scavi

recenti nella sua grande villa di Tivoli hanno rivelato una

magnifica tomba costruita in memoria dell’amante. Ma sarebbe cinico pensare che la scomparsa di Antinoo abbia fornito ad Adriano il pezzo mancante per completare il suo programma di propaganda:

un’icona il cui viso squisitamente androgino e il cui

corpo atletico fondevano insieme Grecia e Roma, generando un culto

che rivaleggiò col cristianesimo nella sua organizzazione e, per qualche

tempo, anche nella popolarità. L’adozione spontanea del culto di Antinoo da parte delle

élites provinciali, in particolare nelle province orientali, dimostrò quanto fosse vasta la popolarità di Adriano e quanto diffuso il sostegno al suo progetto panellenico.

Tra le opere architettoniche realizzate durante il regno di Adriano spicca il Pantheon. La sua cupola,

Una moneta d’oro del secondo secolo che

raffigura Adriano con la scritta

Hadrianus Augustus.

La Biblioteca di Adriano, fondata ad Atene.

123In mauritania Adriano sovrintende personalmente all’annientamento di una rivolta, dopodiché si reca in Persia, dove evita la guerra con i Parti avviando negoziati con il re osroes. In Bitinia si svolgono gare di atletica in suo onore, e qui forse incontra per la prima volta Antinoo. In Anatolia partecipa a una caccia al cinghiale e uccide un’orsa. fonda la città di Adrianopoli.

124-125Adriano comincia a concretizzare la sua nuova visione dell’Impero mentre si trova in Grecia. la costruzione di diversi edifici pubblici e la “Biblioteca di Adriano” sono i primi passi della ricostruzione di Atene. Completa finalmente il tempio di Zeus, cominciato nel VI secolo a.C. Viene iniziato ai misteri eleusini di Demetra ed è salutato come un dio.

che solo tre province su un totale di 44 non siano state visitate da Adriano, dimostra quanto la sua presenza fosse considerata rilevante per la stabilità dell’Impero. Certo, una visita imperiale poteva mettere in crisi le finanze locali, sia a causa dei costi legati agli approvvigionamenti, sia per l’obbligo di commemorare la visita con un bell’edificio che l’imperatore avrebbe ufficialmente inaugurato, come a Leptis Magna, in Libia. Tuttavia, come afferma lo studioso di Adriano, Christopher Kelly, che non ha dubbi sull’importanza del suo mecenatismo, “una visita imperiale dava prestigio e poteva portare alla bancarotta, ma offriva un’opportunità unica nell’arco di un secolo: la possibilità di porre fine a dispute territoriali che sembravano interminabili”.Il culto del suo amante AntinooLe statue di Adriano proliferavano nelle centinaia di

Creta et Cyrenae Aegyptus

Arab

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daea

SyriaAssyria

Parthia

Mesopotamia

Armenia

CappadociaGalatia

Cicilia

Lycia et Pamphylia

Asia

Achaea

Epirus

MacedoniaThracia

Bithynia et Pontus

Dalmatia

Italia

Rome

Dacia

Moesia InferiorMoesia

Superior

Pannonia Inferior

Pannonia Superior

NoricumRaetia

Germanica Superior

Germanica Inferior

Sicilia

In contrasto con la politica di espansione dell’imperatore Traiano, Adriano si preoccupò

di consolidare i confini dell’Impero.

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L’Impero di Adriano

I lavori per la costruzione del vallo di Adriano in Britannia iniziarono nel 122. Ci vollero sette anni per completare

i 120 km di lunghezza.

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com’è noto, ha ispirato sia quella michelangiolesca di San Pietro, sia quella di Santa Sofia a Costantinopoli, per non dire la sala di lettura circolare del British Museum. Tuttavia, quello che Kelly sceglie come l’opera più significativa, è uno spazio vuoto, segnato dalla distruzione più che dalla costruzione: il monte del Tempio a Gerusalemme. In seguito alla rivolta scoppiata all’inizio del 130 d.C. il luogo più sacro per gli ebrei e l’intera città vennero rasi al suolo dalle legioni romane e al loro posto si costruì una nuova città che, in onore dell’imperatore, fu chiamata Aelia Capitolina. Si discute se a scatenare la ribellione sia stato l’inopportuno editto di Adriano che vietava la circoncisione, suggerito dalle riserve dei Greci sulla mutilazione del corpo, o se si sia semplicemente trattato di un catastrofico errore di valutazione, frutto della crescente irascibilità di Adriano negli ultimi anni di vita. In ogni caso, la violenta repressione antigiudaica getta un’ombra sul suo regno.

L’Impero in miniatura a Villa AdrianaAlla mostra del British Museum erano esposte le lettere scritte dal capo della resistenza ebraica, Bar Kokhba, insieme con gli effetti personali di coloro che si erano nascosti con lui per sfuggire alla dura repressione romana. Una fotografia mostrava il luogo in cui gli oggetti erano stati trovati: una grotta posta a diverse centinaia di metri dalla sommità di una scogliera rocciosa, sulla cui cima l’esercito romano aveva posto l’accampamento per assediare gli occupanti e farli morire di fame. Molti degli insorti non riuscirono a venire fuori da quella che è stata chiamata “la grotta delle lettere”.

La Giudea non trovò posto in quel microcosmo dell’Impero che fu la grande villa Adriana di Tivoli (per esempio, la piscina del Canopo si richiamava all’egitto). Il complesso comprendeva anche una grotta sotterranea ispirata all’Ade: forse era il luogo nascosto in cui agivano gli schiavi, invisibili agli ospiti per dare l’illusione di un lusso che non richiedeva fatica. Mentre Adriano camminava per i corridoi della villa, nel crepuscolo dei suoi anni, quando sperava di uguagliare la longevità di Augusto sul trono imperiale ed era deciso ad assicurare la successione all’ancora adolescente Marco Aurelio prima dellle celebrazioni per il

128-129In Grecia prosegue lo sforzo di Adriano di riproporre Atene come il centro culturale del mondo greco. Viene istituito un Panhellenion, o consiglio delle città greche, comprese le colonie in egitto e l’antica nemica sparta. le sue riunioni si tengono nel tempio di Zeus. Viene creata una moneta per l’arrivo di Adriano a efeso, osannante l’”Hadrianus olympius”, incarnazione di Zeus.

130Durante la fatale visita nel nord dell’Africa, Adriano salva Antinoo da un leone durante una battuta di caccia in libia, poi ascolta ad Alessandria i versi che commemorano l’evento. rinvia la visita nell’Alto nilo fino al ritiro delle acque che inondano il terreno. è durante questo viaggio che Antinoo annega nelle acque del fiume. In suo onore viene fondata la città di Antinoopoli.

Testimonianze di un’epocaTra gli oggetti messi in mostra al British Museum, provenienti da 11 paesi e oltre 30 collezioni, segnaliamo questi capolavori:

Antinoo in costume egizianoNaso pronunciato e fisico robusto, ecco una statua di Antinoo, qui ritratto come un giovane uomo, più che come un ragazzo. La statua, uno dei primi ritrovamenti fatti a Tivoli, rappresenta

l’amante di Adriano come il dio egizio Osiride.

Frammento di papiroAlla sua morte Adriano lasciò un’autobiografia completa in forma epistolare. Recentemente, nella regione del Fayoum in Egitto, è venuto alla luce un frammento da una lettera al suo erede, l’imperatore Antonino Pio. È solo uno dei tanti manoscritti e reperti che rendono possibile ricostruire la vita e i tempi di Adriano.

Busto di marmo di Antinoo, con

una corona d’edera sul capo.

Un frammento di papiro con un poema greco che descrive la caccia

al leone nel deserto libico.Ritratto romano risalente al

117-138 d.C.

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Storia romana - 2

novecentesimo anniversario della fondazione di Roma, forse rifletteva se una vita come la sua, piena di fatiche e venata di momenti di tristezza, ma anche macchiata da atti di crudeltà, era veramente meritevole di essere vissuta. e magari si chiedeva se il suo progetto di

consolidamento dell’Impero, sempre più esposto alle minacce di infiltrazioni, e di rafforzamento dell’autorità imperiale, gli sarebbe sopravvissuto.

Il curatore della mostra londinese Thorsten opper non ha dubbi in proposito. “Senza esagerare, si può dire che le politiche di Adriano nei confronti del

Brocche in bronzo dalla “Grotta delle lettere”C’è un pathos profondo nei reperti di uso quotidiano scoperti nella “Grotta delle lettere”, dove gli insorti giudei trovarono l’ultimo rifugio e che diventò la loro tomba. Conservati dalle sabbie del deserto, sono affiorati cesti di paglia, coppe di vetro, brocche di bronzo (nella foto) chiavi

di casa in legno, lettere scritte dal capo della rivolta.

132mentre si accinge a tornare a roma, dopo il terzo inverno passato ad Atene, Adriano riceve la notizia di una rivolta in Giudea, provocata dal suo divieto di praticare la circoncisione. A dirigere la repressione, Adriano richiama dalla Britannia il suo miglior generale e schiera consistenti rinforzi. oltre mezzo milione di ebrei vengono massacrati. Adriano, tornato a roma, accetta l’unica “acclamazione imperiale’” del suo regno.

L’AMoRE E IL SESSo tra uomini maturi e adolescenti era un’usanza ampiamente accettata nella vita romana. Infatti, una delle principali ragioni di contrasto nel teso rapporto tra l’imperatore Traiano e il più giovane Adriano, era la gelosia per i favori di un efebo particolarmente attraente. Il rapporto di Adriano con Antinoo, il bellissimo ragazzo proveniente dalla Bitinia, molto probabilmente fu ritenuto perfettamente normale. Al tempo della visita di Adriano in Egitto, nel 130 d.C., l’amante aveva raggiunto la maturità e la loro passione era ora più chiacchierata. Non ci si può fidare del racconto dell’annegamento di Antinoo nel Nilo così come viene riferito dagli storici cristiani del secolo successivo: le ipotesi di un sacrificio rituale per ripristinare la salute di Adriano, o il suicidio per sfuggire al dolore per la giovinezza e

l’amore perduti sono meno plausibili di una banale scivolata nel fango. Adriano fu abbastanza saggio da non chiedere la deificazione dell’amante da parte del Senato. Tuttavia, il sontuoso tempio di Antinoo recentemente scoperto a Tivoli costituisce una testimonianza del profondo dolore dell’imperatore per la sua perdita. Secondo la straordinaria “autobiografia” romanzata di Adriano scritta da Marguerite Yourcenar, l’appassionata e tragica storia d’amore con Antinoo offre la chiave più vera per capire la personalità dell’imperatore.

L’amore perduto e un cuore spezzato

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Tra le più grandi opere architettoniche realizzate a Roma sotto il regno di Adriano spicca il Pantheon, dedicato a tutte le divinità

Busto degli adolescenti Marco Aurelio e Lucio VeroAdriano riuscì là dove Augusto aveva fallito, garantendo la successione imperiale per le due generazioni seguenti. Il suo erede diretto fu Antonino Pio, poi Marco Aurelio e infine Lucio Vero. I busti di questi ultimi, realizzati probabilmente dallo stesso laboratorio per celebrare la loro adozione da parte di Adriano, sono qui riuniti per la prima volta in quasi duemila anni.

Busto di Adriano scoperto nel 1995. Il volto della Medusa è stato sostituito da quello di Antinoo.

Il Monte del Tempio a Gerusalemme fu spianato dopo la rivolta.

Alex Butterworth è scrittore e drammaturgo. Ha pubblicato vari libri dedicati alla storia romana.

mondo greco abbiano gettato le basi per il futuro impero bizantino. Le sue riforme garantirono la prosecuzione dell’Impero per un altro millennio”. e conclude Christopher Kelly: “Anche noi, all’alba del terzo millennio, dobbiamo essere grati ad un imperatore come Adriano, il quale ci ha insegnato che la diffusione della cultura è indispensabile al mantenimento di un grande impero almeno quanto l’opera di conquista”.

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Sono in molti a ritenere che l’attuale preghiera dell’Ave Maria sia stata la prima orazione rivolta alla Madonna. Questo non

è esatto. Per arrivare al testo oggi in uso si deve entrare nel secondo millennio, quando alla prima parte (saluto dell’angelo ed esclamazione di Elisabetta) si aggiungerà l’invocazione della seconda parte

Proveniente dalle sabbie dell’Egitto, un frammento di papiro ci regala il testo originario della prima preghiera alla Vergine. Eccone la storia, le diverse versioni e le varie interpretazioni, non sempre concordi sulla datazione. Ce le illustra il professor Pier Luigi Guiducci, tra i maggiori esperti della materia

Prima dell’Ave Maria

(‘Santa Maria, madre di Dio…’). nei primi secoli ci si rivolgeva alla Vergine o con una formula breve (‘Ave Maria gratia plena. Benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui’), oppure manifestando la propria filialità con una preghiera che, dalle prime parole, sarà indicata con il titolo ‘Sotto la tua protezione’ (Sub tuum praesidium). Quest’ultimo testo si diffonderà sia in oriente che in

occidente con molte traduzioni derivate dalla formula originaria. Formula che non fu subito individuata da archeologi e storici e questo fornirà motivo a qualche critico di ritenerla un testo elaborato nel Medioevo. Senonché, nel 1917, un inglese trovò il documento che confermava la tradizione cristiana. Quel documento è oggi catalogato come “Papyrus Rylands 470”. Ecco la sua storia.

L’Annunciazione del Beato

Angelico, in una cella del convento

di San Marco, a Firenze.

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Antiche liturgie

Aprile 2012 BBC History Italia

La ricerca dei papiri Specie nel XiX secolo varie istituzioni culturali, dal British Museum alle università inglesi e statunitensi, mostrano un vivo interesse per lo studio dei papiri. Si sviluppa così un’estesa ricerca di reperti in tutto il Medio oriente. in Egitto si scoprono depositi di papiri ben conservati in varie località, come Arsinoe ed ossirinco, e si effettuano molti acquisti, approfittando di un fiorente mercato più o meno ufficiale.

L’università di Manchester ne acquista alcuni tramite un esperto di archeologia, paleografia e storia delle religioni che si chiama James Rendel Harris (1852-1941).

Dopo gli studi a Cambridge, aveva insegnato all’università di Baltimora e in altre prestigiose istituzioni. Diventato curatore delle opere manoscritte conservate nella ‘John Rylands University Library’ di Manchester, viaggia in oriente in cerca di manoscritti e nel Sinai riesce a trovare dei frammenti biblici.

nel novembre del 1916, ormai scoppiata la prima guerra mondiale, mentre dall’india sta raggiungendo l’Egitto, la sua nave viene attaccata e affondata.

Lo studioso è tratto in salvo e raggiunge Alessandria d’Egitto con un aereo.

È durante questo soggiorno che Harris riesce ad acquistare un lotto di papiri. Tra questi, uno - che misura centimetri 18x9,4 - sarà poi catalogato come ‘Papyrus Rylands 470’. nel maggio del 1917 lo studioso cerca di tornare in inghilterra ma il suo bastimento viene silurato; riesce comunque ad arrivare in Corsica. A tutt’oggi non si conosce né il luogo esatto dove il ricercatore ha comprato il ‘Papyrus Rylands 470’ con il resto della collezione, né la provenienza dei reperti (forse un monastero copto?). Si sa solo che la raccolta era in terra egiziana fino al termine del conflitto. Una parte verrà poi

consegnata all’università di Manchester nel 1919. Pubblichiamo nel box in queste pagine il testo in greco del papiro, con il completamento ricavato dagli studiosi e le traduzioni in latino e in italiano.

Interviene il Roberts Data l’importanza del ritrovamento, non stupisce l’interesse degli

studiosi per il ‘Papyrus Rylands 470’. ovviamente l’università di Manchester lo fa esaminare dai suoi esperti. nel 1938, Colin Henderson Roberts (1909-1990), membro del comitato scientifico della

oxford University e autore di molti studi classici, presenta il

‘Catalogo dei Papiri Greci e Latini’, di cui è il curatore, e che comprende anche il ‘Papyrus Rylands 470’. Roberts ne deve anche specificare la datazione. Prima di fornire la sua ipotesi, cita il parere di un amico, il papirologo Edgar Lobel

(1888-1982), il quale sostiene, sulla base di sole ragioni paleografiche, che quel frammento non poteva essere datato anteriormente al iii secolo. Dopo aver riportato il parere dell’amico, Roberts annota il suo: il reperto secondo lui risale all’ultima parte del iV secolo. Per arrivare a questa conclusione egli antepone alla paleografia il problema letterario e teologico. A suo dire, il titolo ‘Madre di Dio’ era stato usato la prima volta da Atanasio, patriarca di Alessandria d’Egitto morto nel 373, che ne aveva fatto uso in trattazioni teologiche. Ma il passaggio dalla affermazione teologica all’uso che se ne fa nella liturgia non avviene immediatamente. Quindi, conclude Roberts, il ‘Papyrus Rylands 470’ non poteva essere anteriore all’ultimo periodo del iV secolo. Dopo il Roberts e il Lobel, interviene un terzo inglese, sir Harold idris Bell (1879-1967), papirologo specializzato in reperti egiziani di epoca romana. A suo giudizio, il ‘Papyrus Rylands 470’ era un esemplare destinato ad essere usato come ‘modello per un incisore’. Ma il contributo decisivo viene offerto da un monaco benedettino, Feuillien Mercenier (1885-1965), membro di una comunità monastica belga a Chevetogne. Procuratosi il testo del papiro e la traduzione latina della versione in copto, il benedettino non ha difficoltà, grazie ai suoi studi orientali e liturgici, a riconoscere l’antichissima invocazione mariana del ‘Sub tuum praesidium’e potrà così proporre una ricostituzione completa della preghiera sulla base delle formule liturgiche in uso nel rito copto e bizantino. L’apporto del Mercenier risulterà importante perché, prima di lui, era sfuggita la natura specifica della preghiera, a causa delle lacerazioni presenti

L’Egitto nel IV secolo dell’era cristiana, l’epoca a cui risale il papiro con l’invocazione alla Vergine.

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Hypò tèn sèn eusplanchnían, Katapheúgomen, Theotóke. Tàs hemôn ikesías, mè parídes en peristásei, All’ek kindýnon lýtrosai hemâs Móne hagné, móne eulogeméne

Sub misericordiam tuam confugimus, Dei Genetrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitate, sed a periculis libera nos, una sancta, una benedicta.

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Il lotto di papiri acquistato da Harris restò in Egitto fino alla fine della II guerra mondiale

Un frammento del “Papyrus

Rylands”. non se ne conosce

il luogo esatto di provenienza.

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sul frammento. il ‘Sub tuum praesidium’ - di cui il ‘Papyrus Rylands 470’ attesta la storicità - è dunque la più antica preghiera alla Vergine Maria che a tutt’oggi si conosca. Come ogni orazione antica, si ispira a testi biblici, valorizzando espressioni caratteristiche dal greco della cosiddetta ‘Bibbia dei Settanta’. L’inizio richiama l’immagine dell’ombra delle ali, cara ai Semiti e agli Egiziani, quale espressivo simbolo della divina protezione. È notevole il fatto che la formula copta abbia conservato, senza tradurlo, il termine sacro sképtē (praesidium) e che il concetto dell’umbra alarum si ritrovi in alcune versioni, come la siriaca, la siro-caldea e l’armena. in tutta la composizione si rileva poi la stessa situazione spirituale che si ha nei salmi individuali imploranti il soccorso immediato del Signore, rifugio e liberatore del fedele che a lui ricorre per scampare dall’incombente pericolo. Aggiungasi poi il fatto che nel testo latino l’espressione ‘praesidium’ è un termine del lessico militare e

Espressione di fede popolarein così accentuata necessità il cristiano cerca riparo sotto il manto della Vergine, affidandosi alla grande misericordia e sollecitudine del suo cuore materno. E la preghiera è rivolta a lei in modo diretto, come soccorritrice e salvatrice, essendo la Theotókos, cioè la madre di Dio. il ritrovare questa parola nel testo di un’orazione dimostra - sul piano storico - che Theotókos, in Egitto, non era solo un termine di scuola (circoscritto a specialisti), ma liturgico (usato quindi anche dal popolo). Considerando poi come nell’epoca anteriore al concilio di Efeso (431) tale parola dogmatica si riscontra in autori che si ricollegano con la scuola di Alessandria, si scorge in questo un influsso della liturgia propria di quella città, e si spiega maggiormente l’asprezza della lotta contro l’eresia nestoriana, che negava la maternità divina di Maria. non si conosceva finora alcun documento positivo comprovante il culto di invocazione alla Vergine in quel periodo: il ‘Papyrus Rylands 470’ ha colmato il vuoto documentario. Con la chiara affermazione della maternità divina di Maria, il ‘Sub tuum praesidium’ ha infine una manifesta allusione anche alla sua immacolata purezza, proclamando la Vergine come ‘la sola pura’, ‘la sola casta e benedetta’.

C’è una sostanziale unanimità tra gli studiosi nel riconoscere che il ‘Papyrus Rylands 470’ non può risalire oltre il iii° secolo. Come si è visto, la data più probabile è attorno al periodo della persecuzione di Decio. il testo costituisce la redazione primitiva della preghiera alla Vergine, che dall’Egitto si diffonderà attraverso le due formule successive: l’orientale (bizantino-ambrosiana), e l’occidentale (alessandrino-romana).

La Madonna col bambin Gesù: affresco custodito nella cattedrale di Amalfi.

Pier Luigi Guiducci è professore all’Università Pontificia Salesiana

significa ‘luogo difeso da presidio militare’. La Vergine Maria, quindi, è il presidio dei cristiani, è la Madre a cui ci si rivolge, perché si è sicuri che si verrà ascoltati e sostenuti, specie nei momenti più difficili, sapendo che intercederà presso il

figlio Gesù. in particolare questa preghiera mostra una stretta relazione con la chiesa dei martiri, esprimendo l’atteggiamento di un popolo che soffre per uno stato permanente di pericolo, e che anela alla liberazione: è attendibile pertanto un collegamento con le persecuzioni di Decio e di Valeriano avvenute nel iii° secolo. infatti, durante il regno di Decio molti africani saranno uccisi a causa della loro fede in Gesù Cristo: e tali persecuzioni si scateneranno proprio nelle zone dove verrà composto il primitivo testo del ‘Sub tuum praesidium’.

libriE Cappozzo M., La Vergine Maria in Egitto. Antologia, Aracne, Roma 2009. E Giamberardini G., Il culto mariano in Egitto, tre volumi, “Studium Biblicum Franciscanum”, Franciscan Printing Press, Gerusalemme 1975-1978.

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Questa preghiera mostra una stretta relazione con la chiesa dei martiri

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Quell’antico conventoricco e potente come uno stato

In provincia di Isernia, gli archeologi stanno riportando alla luce il complesso di San Vincenzo al Volturno, che nell’alto Medioevo fu un centro di potere, oltre che di meditazione, conteso da Longobardi e Franchi. Con i monaci che, come racconta Marco Merola, erano pronti a menare le mani in caso di necessità

Un attacco dei Saraceni al convento di San Vincenzo: il disegno è di un giovane

collaboratore del laboratorio di restauro, dove viene conservato.

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Monasteri medievali

torie d’armi, conquiste, devastazioni. e la fede usata come scudo. c’è stata un’epoca in cui i monaci divennero combattenti loro malgrado, per difendersi da assalti

e spoliazioni. È un’epoca che dura circa 600 anni, dalla fine dell’impero romano all’anno mille.

secoli tra i più cupi ed oscuri della storia italiana, su cui getta un insperato e significativo lampo di luce la recente scoperta, avvenuta a san vincenzo al volturno (isernia), di un grande complesso monastico alto-medioevale, databile tra per l’appunto il vii e l’viii secolo.

il convento è talmente ricco di bellezze da aver giustificato l’apertura di un sofisticato laboratorio di restauro pittorico, dove gli esperti hanno analizzato e catalogato per mesi le decine di migliaia di frammenti di affreschi che ornavano le pareti. qualcuno ha chiamato questo luogo l’assisi molisana.

secondo le fonti religiose, il martire vincenzo, al quale è dedicato il complesso monastico, nacque a Huesca, in spagna, e studiò a saragozza. dopo essere stato arrestato, durante le persecuzioni di diocleziano (303 - 311 d.c), fu torturato con ogni mezzo, arpioni di ferro nelle carni, graticola, il “cavalletto”, che lussava le ossa del corpo. non vacillò mai, né rinnegò il suo credo. nel suo nome fu edificata, a poca distanza dalla sorgente del fiume volturno, un convento che ospitava religiosi operosi e meditativi nei tempi di pace, ma che sapevano essere pugnaci quando dovevano impedire un’aggressione.

san vincenzo era un centro organizzato e autonomo e diventò ben presto il crocevia di interessi politici delicatissimi, in un periodo in cui da una parte i Franchi e dall’altra i Longobardi si combattevano aspramente per il predominio dell’italia.

ma partiamo dall’inizio.

Un patto con Carlo Magnonell’anno 702, tre monaci benedettini che si chiamavano Paldo, taso e tato e provenivano dalla grande abbazia di Farfa, nella sabina, fondarono il primo impianto del cenobio con il placet del potente duca di Benevento Gisulfo i. in meno di un secolo, per opera degli abati Giosuè (792-817) ed epifanio (824 - 842), san vincenzo subì una trasformazione architettonica e artistica radicale. a metà del iX secolo era ormai una vera e propria cittadella, con ben nove chiese, alloggi, refettorio, laboratori artigianali. e vantava possedimenti in abruzzo, nella parte meridionale del Lazio, in campania, Puglia e Basilicata. i potenti d’europa guardavano con estremo rispetto e interesse a questo centro sempre più influente della religiosità continentale. tra loro c’era il re dei Franchi carlo magno, che nel 787 stipulò con il convento un accordo che concedeva ai monaci l’autonomia finanziaria e amministrativa, guadagnandosi la loro

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Miniatura del Chronicon Vulturnense, con i tre fondatori di San Vincenzo al Volturno.

A sinistra e a destra, alcuni frammenti di affreschi appena recuperati.

Qui sopra, un tassello della vetrata.

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BBC History Italia Aprile 2012

monaci scampati alla strage si rifugiarono a capua. i loro confratelli sarebbero tornati sulle rive del volturno solo cent’anni dopo, per tentare di ricostruire il convento. un’opera titanica che, pure, fu portata a termine alla fine del X secolo, sostenuta politicamente ed economicamente dagli imperatori tedeschi ottone ii e ottone iii. ma la vita del complesso monastico non tornò più ai fasti antichi, i normanni, che ormai dominavano l’italia del sud, non lo consentirono. Facciamo un salto di quasi 700 anni e passiamo direttamente al 1699, quando una bolla di papa innocenzo Xii decreta il passaggio di quel che resta del glorioso cenobio all’abbazia di montecassino.

Il convento risorto solo a metàse il tempo e la volubile memoria degli uomini hanno fatto dimenticare troppo a lungo questa storia, oggi, grazie all’impegno degli archeologi guidati dal professor Federico marazzi dell’università suor orsola Benincasa di napoli e alla soprintendenza archeologica del molise, san vincenzo ha riacquistato la propria dignità storica. L’opera di indagine e scavo era stata avviata dagli inglesi dell’università di norwich già nel 1980. “Fino a questo momento abbiamo riportato alla luce solo una parte del sito, ma il lavoro da fare è enorme”, spiega il professor

amicizia e il loro appoggio, che gli saranno preziosi nella lotta contro i Longobardi. Purtroppo il favore dei re e le fortune del convento erano destinati a finire.

L’ora del disastro, per il grande convento sul volturno, scoccò il 10 ottobre dell’anno 881. quella sera, i circa 400 monaci benedettini che vivevano nella cittadella erano stanchi, al termine di una giornata di preghiera e duro lavoro. Producevano tutto loro, dagli oggetti in ferro alle serrature, dagli attrezzi per il lavoro alle mattonelle in terracotta, dalle campane di bronzo alle vetrate. va tenuto presente che il vetro a quell’epoca era un bene di lusso, inarrivabile per la gente comune. Basti pensare che la tradizione veneziana della lavorazione di questo materiale prenderà corpo solo un

secolo dopo e che per vedere le prime spettacolari vetrate artistiche nelle cattedrali francesi di reims e chartres bisognerà aspettare il Xii secolo. insomma, a san vincenzo erano avanti anni luce. anche quel giorno l’attività era stata frenetica. Le stradine tra le case e le due abbazie, san vincenzo maggiore (che aveva misure “record” per quel tempo, pare 68x29 m.) e san vincenzo minore, brulicavano di gente indaffarata. esaurito il rito collettivo della cena nel refettorio (sappiamo, grazie ai resti di quel fatale ultimo pasto giunti sino a noi, che si consumava molta carne di volatili, pesce di fiume e frutta) ognuno aveva premura di ritirarsi nei dormitori. all’improvviso, si vide un bagliore in lontananza e si sentì il furibondo scalpitìo degli zoccoli di decine di cavalli. erano le temutissime orde saracene al servizio del duca-vescovo di napoli atanasio ii. Già nell’860 san vincenzo era stato minacciato dall’emiro di Bari, sawdan, la cui sete di conquista era stata placata con 3.000 monete d’oro. stavolta non ci fu modo di fermare gli assalitori. La cittadella cadde prestissimo, fu messo tutto a ferro a fuoco, sul terreno i morti non si contavano. alcuni dei

L’abate Epifanio, ritratto nella cripta in un affresco dell’ XI secolo. A destra, ancora un disegno del complesso monastico.

Nel convento si produceva, in anticipo rispetto a Venezia, il vetro per le finestre della chiesa

Veduta panoramica degli scavi e dei lavori di recupero dell’antico convento di San Vincenzo al Volturno, in provincia di Isernia.

A Carlo Magno, che strinse un importante accordo con il convento di San Vincenzo, è dedicata una nuovissima biografia: “Carlo Magno. Primo europeo o ultimo romano”, Georges Minois, Salerno Editrice.

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Monasteri medievali

Marco Merola è giornalista, fotografo e divulgatore di storia.

ma, in mancanza di una iscrizione, l’attribuzione non è certa”. affreschi, capitelli marmorei, oggetti, vasti ambienti per la vita in comune e per la preghiera: la magnificenza di san vincenzo non ha mancato di abbagliare esperti e studiosi.

Dieta sostanziosa ma austerama come si approvvigionavano e cosa mangiavano i monaci, visto che sfamare tanta gente ogni giorno non

doveva essere un’impresa da poco? La risposta sta in alcune piattaforme di legno rinvenute sul lato

della cittadella che dà verso il fiume. inizialmente si pensava che servissero per la

pesca, poi si è fatta strada la convinzione che si trattasse di banchine. Già, moli di attracco per imbarcazioni fluviali. i monaci sfruttavano il corso del volturno per trasportare merci e viveri. La dieta quotidiana seguita dai religiosi è emersa, invece, da un’indagine negli scarichi delle

cucine. Gli studiosi hanno recuperato ossa di πuccelli e pesce, tantissimo pesce: cefali,

orate, trote, persino anguille. La ferrea regola benedettina lasciava ai monaci un adeguato

margine di manovra, almeno in cucina, e loro lo sfruttavano per variare l’alimentazione, sempre però attenti a non indulgere ai piaceri della gola. “tra le molte proprietà dei monaci c’erano alcune peschiere situate nelle lagune pugliesi di siponto e Lesina, nel foggiano. dunque nulla di strano che avessero a disposizione tutto quel pesce”, conclude marazzi. Le numerose tracce trovate dagli archeologi sono state confortate dai riferimenti riportati nel più autorevole testo sulla storia di san vincenzo: il “chronicon vulturnense”, prezioso codice miniato custodito oggi nella Biblioteca vaticana e redatto intorno al 1130 dal monaco Giovanni. un testo tardivo rispetto agli eventi raccontati, che riguardano fatti e personaggi di qualche secolo prima. ma se la penna del monaco fu zelante quanto la sua fede, possiamo stare certi che le cose andarono come egli ce le ha narrate.

marazzi, mostrandoci la punta di una lancia saracena, trovata dopo 1200 anni ancora conficcata nel portone che sbarrava l’ingresso al monastero. difficoltà logistiche e i soliti problemi di reperimento dei fondi hanno impedito la continuazione dell’impresa scientifica e causato il blocco del costruendo museo. un vero peccato, ma “spero che in futuro si possa riprendere”, dice marazzi, “perché san vincenzo è un bene dell’umanità che merita di essere svelato in tutta la sua magnificenza”.

il sito, che si trova a metà strada tra i comuni di rocchetta al volturno e castel san vincenzo, è unico al mondo. Possiede una cripta affrescata con un ciclo pittorico finissimo. ovunque si avverte l’aura di sacralità e mistero che l’avvolse per secoli.

tra le scene raffigurate sulle pareti, desta particolare impressione quella dei quattro arcangeli, Gabriele, michele, uriele e raffaele, menzionati da san Giovanni nell’“apocalisse”. Le quattro figure celesti, nell’atto di sostenere un globo terrestre, erano venerate come la più sicura difesa contro le insidie del maligno. i guerrieri divini evocati per salvare il mondo (frequente, nell’iconografia sacra, l’immagine di san michele che uccide il drago), fronteggiano un’altra scena nella quale cristo bambino viene lavato e purificato da una levatrice in un bacile a forma di coppa. Gli esegeti più fantasiosi hanno voluto vederci addirittura il santo Graal. altrettanto vive sono le immagini dei tormenti inflitti ai protomartiri stefano e Lorenzo. su tutti incombe, poi, la mano di dio che, sapientemente disegnata sul soffitto, squarcia le nuvole annunciando il giudizio finale. “in questo luogo”, continua marazzi, “si ha l’esatta percezione di quale fosse, all’epoca, la visione corrente sulla fine del mondo. È un ciclo pittorico di ottima fattura, considerato che siamo nel iX secolo”. all’esterno della cripta ci si inoltra negli anfratti più nascosti dell’antica cittadella, dove è stata trovata la necropoli. “abbiamo portato alla luce oltre 40 tombe, per un totale di un centinaio di individui sepolti”, è ancora il professore a parlare. “alcuni, probabilmente, sono gli abati che hanno governato qui

Il pavimento marmoreo delle cucine del convento, che vediamo sotto nella ricostruzione del giovane disegnatore.

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Che l’uomo del medioevo vivesse in modo diverso da noi è fuori di dubbio. ma era diverso anche il suo modo di

pensare? Secondo il professor Robert Bartlett, che ha studiato a fondo la questione perché qualche anno fa ha curato una serie televisiva della BBC dal titolo “Dentro lo spirito medievale”, la risposta non può essere così netta. “Per molti versi la gente di quell’epoca era simile a noi, specie per ciò che riguarda la vita familiare. d’altro canto, vivevano in un mondo profondamente diverso dal nostro,

dove si credeva che i morti facessero visita ai vivi e che in qualche luogo vivesse una razza di uomini con la testa di cane”. e dunque, come facevano gli uomini medievali a conoscere il mondo? un aiuto ce lo fornisce il filosofo del Xii secolo Alan di lille: “Ogni creatura del mondo è un libro, o un’immagine, o uno specchio per noi”. l’autore del libro era ovviamente dio, e lo scopo della vita di ognuno era di comprendere il significato del libro, in modo da condurre una vita spiritualmente più elevata. la meta di ogni uomo era la virtù, e la virtù coincideva molto più spesso con la sofferenza che con il piacere.

Dentro la mente del MedioevoChe cosa pensava della vita l’uomo dell’età di mezzo? Come vedeva il mondo che lo circondava? E che importanza aveva l’amore nella sua stentata esistenza? E il sesso? Di quei secoli lontani Julian Birkett ci racconta non i fatti ma le persone, sottolineando gli aspetti che le rendevano tanto diverse da noiIllustrazIonI dI davId von BassewItz

In questa illustrazione che risale al 1350, la leggenda dei “Tre vivi e tre morti”, popolarissima nell’Inghilterra del Medioevo.

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È con il Rinascimento che si comincia a guardare la realtà in modo diverso. l’uomo vuole capire come funziona il mondo per poterlo controllare e usarlo a suo vantaggio. al contrario, il mondo medievale non poteva essere dominato, ma solo contemplato, con il timore che finisse da un momento all’altro. numerosi testi giustificavano questa paura con descrizioni tanto precise quanto terrorizzanti. in una pubblicazione del Duecento, “Quindici segni prima del giorno del giudizio”, si diceva: “il primo giorno il mare sommergerà le montagne… il quarto giorno tutte le creature del mare si riuniranno sulla superficie delle acque e si lasceranno andare a suoni e gemiti, il cui significato capirà solo Dio…”.

se andate a visitare una

chiesa medievale, ci troverete delle tombe. la stessa cosa non la troverete nelle moschee, nelle sinagoghe o nei templi buddisti. il cristianesimo medievale ha prodotto il culto dei morti e lo ha messo nel cuore dell’esperienza religiosa. i morti erano una presenza ossessiva nella vita della gente, come si arguisce da una delle leggende più famose, la “storia dei tre vivi e dei tre

morti”. narra di tre giovani che camminano in un bosco e incontrano tre morti. Questi li rimproverano di vivere in modo spensierato e ricordano loro: “come siete così noi eravamo, come siamo così voi sarete”.

stando alle testimonianze,

era normale che, specie nei boschi, ci si imbattesse in cadaveri vaganti. Un cronista del Xii secolo, William di newburgh, riferisce: “i cadaveri che uscivano dalle tombe erano così tanti che la loro presenza veniva spesso testimoniata dai vivi”. la morte era vista come il passaggio ad un mondo altrettanto reale del nostro. Da qui l’interesse per i morti, che avendo già affrontato il viaggio per l’aldilà vivevano con Dio in paradiso, magari dopo un’attesa in

purgatorio, o pativano le pene dell’inferno. il passaggio dal nostro mondo all’altro non avveniva solo in una direzione. tra i generi letterari più affascinanti della letteratura medievale vi è il racconto dell’esperienza ultraterrena.

Dante è senz’altro il più grande e il più famoso autore di questo genere. ma c’è anche il racconto di un contadino dell’essex, tale thurkell, che uscì dal coma mostrando una profonda conoscenza dell’aldilà, mentre l’irlandese Fursey sosteneva di essere tornato dalle fiamme infernali con la barba bruciacchiata.

i confini tra il naturale e il soprannaturale erano attraversati da eserciti di spiriti impegnati a combattersi per accaparrarsi le anime dei vivi. chi poteva proteggere l’uomo da questi assalti? la chiesa disponeva di una buona quantità di sacramenti, dal battesimo all’estrema unzione. i monasteri erano anch’essi dei buoni presidi. come ricorda un monaco del Xii secolo, “un monastero è un castello dove coraggiosi incappucciati si impegnano in una lotta senza fine contro il demonio”.

Il cristianesimo ha collocato il culto dei morti al centro della vita religiosa

Nell’aldilà, andata e ritorno

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al gioRno D’oggi si attribuisce una grande importanza all’uguaglianza sociale. Per la gente del medioevo la visione delle cose era differente. le profonde disuguaglianze facevano parte dell’ordine naturale delle cose, che non doveva essere mutato. non si poteva, né si doveva,

uscire dalla classe sociale di cui si faceva parte. tutti gli uomini erano raggruppati in tre classi, o condizioni, come venivano chiamate: c’erano quelli che pregavano (i preti e i monaci), quelli che

combattevano (i nobili e i cavalieri) e quelli che lavoravano (tutti gli altri, compresi i servi dei nobili). ogni appartenente alle singole classi aveva un prezzo, detto “wergild” (letteralmente “prezzo per uomo”). se tu uccidevi un signore, dovevi pagare alla sua famiglia 1.200 scellini; se uccidevi un contadino ne bastavano duecento. Dunque, la vita di un signore valeva sei volte di più di

quella di un contadino.i signori medievali non

erano tanto i proprietari terrieri quanto i guerrieri. la proprietà della terra la ricevevano dal re, che così li ricompensava dell’appoggio

che gli fornivano in guerra. combattere era la loro ragione di vita. “amo”, dice un guerriero nella chanson de Roland, “vedere il festoso periodo pasquale che porta foglie e fiori… ma amo anche vedere cavalieri e cavalli schierarsi in battaglia, e molti signori atterrati e i cavalli di morti e feriti vagare sul campo”. i cavalieri seguivano dei codici di cavalleria, un termine che oggi è sinonimo di

galanteria e nobile comportamento. certo, i cavalieri di allora potevano comportarsi nobilmente, ma solo con i loro simili. Quando edoardo, il Principe nero, figlio del re d’inghilterra, saccheggiò limoges nel 1370, ordinò che migliaia di uomini, donne e bambini fossero trucidati, mentre i cavalieri francesi

nel monDo meDievale il modo di pensare all’amore e al sesso era contraddittorio: da una parte c’era l’accettazione propria della civiltà contadina; dall’altra l’ossessivo orrore per il desiderio, che la chiesa considerava peccaminoso. Basta ricordare le domande che i preti dell’undicesimo secolo rivolgevano in confessione ai parrocchiani: “Hai fornicato con la tua matrigna, con tua cognata, con la fidanzata di tuo figlio, con tua madre? Hai fatto una prolunga al tuo pene e l’hai legata ad esso?”, e via di seguito, in una litania di accuse che univa una feroce disapprovazione ad un linguaggio scarno e poco chiaro.

non ci si deve meravigliare se la misoginia proliferava, tenuto conto che aveva delle solide basi teologiche: eva era stata

la causa del peccato originale, avendo tentato adamo nel giardino dell’eden. ma a colpirci è la virulenza della condanna: “la maledizione di Dio pronunciata sul tuo sesso pesa ancora sul mondo. tu sei colpevole e dovrai sopportare le tue difficoltà. tu rappresenti

la porta che conduce al demonio”. D’altra parte è proprio nel medioevo che nasce l’amore romantico,

con i trovatori del Xii secolo che cominciano a dedicare le loro canzoni alle dame, trasformate improvvisamente in divinità da adorare, o almeno in figure angelicate. a

beneficio delle classi più elevate le regole d’amore vengono rielaborate in laboriosi trattati e celebri

amanti sono cantati in lunghi poemi: lancillotto e ginevra, tristano e isotta, abelardo ed eloisa.

Questi due ultimi, beninteso, non erano una coppia immaginaria. abelardo

Amore romantico e sesso peccaminoso

Il potere e le disuguaglianze

la vita di un signore valeva sei volte più di quella di un contadino

I trovatori dedicavano le loro canzoni alle dame, trasformate in divinità

Che cosa pensavano del matrimonio?La chiesa entrava anche nel talamo matrimoniale, dove, per esempio, la mancata consumazione dell’atto poteva portare all’annullamento. Nei documenti del vescovo di York, risalenti al 1433, si raccontano i tentativi di una moglie per indurre il marito a compiere il dovere coniugale: “La testimone mostrò il seno nudo e con le mani, riscaldate vicino al fuoco, prese a strofinare il pene e i testicoli di Giovanni, oltre ad abbracciarlo e a baciarlo. Inoltre, cercò di muoversi contro di lui per verificare la sua virilità e la potenza maschile. La testimone afferma che durante tutto quel tempo il pene restava lungo poco meno di otto centimetri…”.

L’abito faceva il contadino

Dopo la rivoluzione avvenuta nel mondo

del lavoro in seguito alla peste, furono

fatti energici tentativi da parte del

potere di rendere più vincolanti le

vecchie disposizioni sull’abbigliamento.

Le leggi suntuarie del 1363 furono

rivolte soprattutto contro “gli

oltraggiosi ed eccessivi capi di vestiario

di molte persone, contrari alla loro

condizione e al loro grado sociale”.

Insomma, un contadino doveva apparire

per quello che era, appunto un

contadino. Ma a quel punto i vincoli del

feudalesimo si erano allentati e le

disposizioni restarono senza effetto.

Il mondo medievale diede inizio all’ideale dell’amore romantico.

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Viaggio nel tempo

Un dipinto del XV secolo circa che mostra gli abitanti dell’Oceano Indiano con la testa a forma di cane.

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Quelle “teste di cane”

ai confini del mondo

Gli autori medievali apparivano assai

turbati dall’esistenza delle “teste di

cane”, ossia creature col corpo umano

e la testa di cane, che si credeva

vivessero in comunità da qualche

parte ai confini del mondo. Il problema

che si ponevano era: tali creature

potevano essere definite umane, nel

qual caso dovevano essere

convertite? Lo studioso Ratramnus,

del nono secolo, non ebbe dubbi in

proposito: “Un gruppo di esseri dotati

di razionalità e di moralità che vivono

in una società regolata da leggi? In

effetti, questa è una prova di umanità,

non di bestialità”.

nei liBRi meDievali chiamati “Bestiari”, gli animali venivano accuratamente descritti e magnificamente illustrati. ma questi libri non si possono certo considerare manuali naturalistici: in realtà tentavano di spiegare, rifacendosi alla Bibbia o a dottrine di carattere filosofico, perché esistesse e che funzione avesse nel creato quel particolare animale. ad esempio, il morso del castoro, dicevano gli studiosi

dell’epoca, è un monito agli uomini perché imparino a liberarsi dal peccato. Quel modo di pensare induceva a credere in cose che oggi ci appaiono del tutto paradossali. Per esempio, un evento poteva essere considerato naturale e soprannaturale allo stesso tempo. si sapeva che un’eclisse era causata da un corpo

celeste che transitava davanti ad un altro, ma la si interpretava come un segno divino. nella sua “cronaca della crociata”, del 1220 circa, oliver di Paderbon scrive: “si manifestò un’eclisse quasi totale della luna. Questo è spesso provocato da cause naturali. tuttavia, poiché il signore dice ‘ci saranno segni nel

sole e nella luna’, noi la interpretiamo come sfavorevole al nemico”. la “mappa mundi” della cattedrale di Hereford mostra i tre continenti, europa, asia e africa, e molte città, fiumi e mari. ai confini delle terre, però, sono raffigurate creature fantastiche che si credeva esistenti: uomini con teste di cane, monopiedi, unicorni.

Credevano nella scienza o nella magia?

L’importanza delle reliquieSi credeva che le reliquie dei santi medievali fossero dotate di poteri soprannaturali e per questo le chiese e i conventi facevano a gara per procurarserle. Una lista di reliquie della cattedrale di Canterbury nel 1318 includeva: dodici corpi interi di santi, tre teste, dodici braccia, schegge della croce di Cristo, il prepuzio, la culla e la tomba del Salvatore, oltre a innumerevoli gocce di sangue, capelli e ossa.

prigionieri furono trattati con tutti i riguardi. considerata la violenza di quell’epoca, riesce difficile capire come la società medievale non si sia disintegrata in fretta. Per sopravvivere aveva bisogno dell’aiuto divino, quello di cui godevano per primi i sovrani. nella cerimonia di incoronazione, il re veniva unto con l’olio santo, lo stesso che si usava per i sacerdoti. intorno alla metà del trecento fu

la peste nera a ridurre in parte le enormi disuguaglianze sociali.

infatti causò una tale carenza di manodopera che i servi della gleba ebbero la possibilità di pretendere dei salari e di spostarsi dove

credevano. la tanto disprezzata

vita dei lavoratori cominciò allora

la sua lunga rincorsa ai diritti e alla libertà.

era un dotto monaco, eloisa la nipote di un canonico di notre Dame. le loro lettere d’amore sono sorprendenti per la franchezza, la passione e la volontà di rompere le consuetudini morali. eloisa, ad esempio, rifiuta l’offerta di matrimonio di abelardo, quando rimane incinta, perché “l’appellativo di moglie potrebbe sembrare più sacro, ma più dolce per me sarà sempre la parola amante, concubina o puttana”. contro questa libertà di pensiero, e di comportamento, la chiesa promosse il culto della verginità, che per lo scrittore geoffrey di Burton era “la più alta virtù, lo specchio della purezza, il nutrimento dell’amore imperituro”. il che non impediva alle giovani donne che entravano in convento di vivere esperienze di vera e propria passione sessuale, come suggerisce la testimonianza della mistica medievale angela di Foligno: “mentre mi trovavo in piedi davanti alla croce, mi sentii improvvisamente infuocata appena mi tolsi il vestito e mi offrii completamente a lui”.

Sopra, fabbri al lavoro. In qualità di artigiani, appartenevano alla terza classe sociale. A destra, Edoardo, il Principe Nero, che fece trucidare migliaia di cittadini di Limoges, mentre risparmiò i cavalieri.

l’eclisse era spesso interpretata come un segno della volontà divina

Julian Birkett è produttore delle serie televisiva BBC “dentro lo spirito medievale”, presentata dal professore di storia robert Bartlett.

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52 BBC History Italia Aprile 2012

IslamIslamIslamAlla fine vinse l’Islam: ecco perché

Questa illustrazione mostra l’assedio e la conquista di Antiochia da parte dei Mamelucchi nel 1268, quando il potente esercito di Baybars distrusse la città difesa dai crociati.

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Le crociate

IslamIslamIslamAlla fine vinse l’Islam: ecco perché

Nonostante alcune vittorie e il profondo

sentimento religioso che animava

i soldati con la croce, il tentativo

di strappare la Terra Santa al controllo

dei musulmani era destinato

all’insuccesso. Lo storico Thomas

Asbridge ce ne spiega le ragioni

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54 BBC History Italia Aprile 2012

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Era l’alba di venerdì 18 maggio 1291 quando cominciò l’assalto decisivo alle mura di acri. Questo

dinamico porto fortificato nel nord della Palestina era assediato dai musulmani da più di un mese, circondato da decine di migliaia di soldati e sottoposto ad un bombardamento con gigantesche catapulte che lanciavano massi di quasi 50 chili contro i merli e gli edifici. nell’aria echeggiava il suono dei tamburi, mentre migliaia di musulmani si lanciavano all’attacco e i loro arcieri scoccavano frecce in tale quantità che, secondo un testimone oculare cristiano, “sembravano cadere come pioggia dal cielo”. Sulla spinta di questa

migliaia di soldati dell’europa occidentale marciarono attraversando il mondo conosciuto per scacciare dalla città santa gli “infedeli” islamici. Circa il 90 per cento dei crociati partiti dall’europa morì o disertò, ma il 15 luglio 1099 le schiere dei sopravvissuti fecero irruzione a Gerusalemme sterminando gran parte della popolazione. negli anni seguenti si formarono quattro stati crociati, tra cui il regno di Gerusalemme. nei primi decenni del Xii secolo questi stati crociati continuarono ad espandersi, fino a coprire una fascia che si estendeva dall’attuale israele sino ai territori di Giordania, Siria, libano e Turchia. i contemporanei chiamarono con termine francese questi territori “Outremer”, terre d’oltremare. Ma una crescente ondata di resistenza e di attacchi islamici mise ben presto sotto pressione questi isolati satelliti occidentali

e si dovettero organizzare ulteriori crociate dall’europa. Furono altre sette le grandi spedizioni di crociati - tra cui si segnala la terza, nella quale riccardo Cuor di leone cercò di sconfiggere il potente sultano Saladino - oltre a decine di campagne minori, e furono centinaia di migliaia i cristiani che

combatterono per preservare questo fragile avamposto cristiano in Oriente. Tuttavia le sorprendenti vittorie della prima crociata non si ripeterono e l’estensione geografica degli stati crociati si andò gradualmente riducendo, fino alla loro cancellazione nel 1291.

La crociata del re santoMa perché l’islam prevalse nella lunga lotta per il dominio della Terra Santa? Gli storici rispondono che

In queste scene tratte da un libro del 1450 di Sebastian Mamerot, le truppe francesi di Filippo II si imbarcano ad Acri durante la terza crociata (in alto) e la flotta inglese di Riccardo I distrugge una nave nemica.

Un’immagine tratta dalla “Histoire Universelle” del 1286 mostra Pietro l’Eremita, il frate che fu tra i promotori della prima crociata (1096-1099), alla testa di un gruppo di soldati.

immane forza, due porte cedettero e gli assalitori penetrarono in città.

nel corso di un’ultima, vana resistenza, il gran maestro dei Templari, l’ordine cavalleresco che dalla sua fondazione combatteva in Terrasanta, fu colpito a morte da una lancia che gli si conficcò nel fianco. il maestro dei Frati Ospitalieri - l’altro grande ordine monastico cavalleresco - fu anche lui raggiunto da una lancia tra le spalle e venne portato via dalle mura gravemente ferito. in poco tempo, i difensori furono sopraffatti e cominciò il sacco di acri. Un cronista cristiano scrisse che “il giorno era terribile a vedersi. la gente fuggiva per le strade coi figli in braccio, piangendo disperata e correndo verso i marinai per essere posta in salvo sulle navi”. Fu un massacro: i cristiani vennero uccisi a centinaia.

La rivincita dell’Islamla caduta di acri fu un disastro definitivo per gli stati cristiani, che si erano insediati in Palestina al tempo della prima crociata e che sopravvivevano da quasi due secoli. nel giro di pochi mesi, anche gli ultimi avamposti vennero evacuati o abbandonati. Per contro, i musulmani videro nella vittoria di acri la definitiva affermazione della loro fede e il suggello alla riconquista della Palestina. riflettendo su questo evento, uno scrittore islamico scrisse: “Con queste conquiste tutta la Palestina era ora in mani musulmane e liberata dai Franchi, che pure erano stati sul punto di conquistare e sottomettere l’egitto, damasco e altre città. Sia lode a dio!”. l’epoca delle crociate si era insomma conclusa con la netta vittoria dell’islam. l’epoca delle crociate era cominciata con un successo apparentemente miracoloso dei cristiani: la conquista di Gerusalemme. in risposta ad una chiamata alle armi da parte del papa,

La caduta di Acri fu un disastro definitivo e fatale per i cristiani

degli stati crociati

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55Aprile 2012 BBC History Italia

Le crociatea

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la sconfitta della cristianità si spiega con il calo graduale dell’entusiasmo dopo il 1200, un malessere legato all’offuscamento degli ideali crociati. È una risposta un po’ semplicistica. È vero che il Xiii secolo non vide le stesse massicce spedizioni che avevano caratterizzato il periodo tra il 1095 e il 1193, ma il reclutamento per campagne di piccole dimensioni rimase comunque rilevante. il fascino essenziale delle crociate - l’idea di combattere per difendere o recuperare i territori cristiani in cambio della salvezza dell’anima - non sembrava essersi affievolito. il richiamo della croce era ancora capace di smuovere i cuori e le menti delle masse. nel 1212 ci fu uno slancio di fanatismo popolare con gruppi di bambini e ragazzi che in Francia e Germania dichiararono la volontà di andare in Terra Santa. nella “crociata dei bambini” che seguì, orde di giovani si misero in marcia convinti che dio si sarebbe preso cura di loro nel viaggio in Oriente e li avrebbe aiutati nell’impresa di rovesciare l’islam e impadronirsi di Gerusalemme. Sfortunatamente le acque del Mediterraneo non si aprirono, come era accaduto a quelle del mar rosso, per permettere a questi bambini di raggiungere a piedi la Terra Santa e l’intera impresa si rivelò un disastro. Un ulteriore movimento popolare sfociò nella cosiddetta “crociata dei pastori” del 1251.

1144Edessa, capitale del primo stato crociato, viene conquistata dallo spietato turco Zangi.

1148Il tentativo da parte della seconda crociata di assediare Damasco si conclude con un disastro.

1187Il Saladino sconfigge l’esercito cristiano ai Corni di Hattin e prosegue la marcia per la riconquista di Gerusalemme.

1192Riccardo Cuor di Leone arriva a un giorno di marcia di Gerusalemme, ma poi torna indietro, giudicando che la Città Santa non poteva essere difesa, anche se fosse riuscito a conquistarla.

1221L’invasione dell’Egitto ad opera della quinta crociata finisce in una disfatta.

1229L’imperatore Federico II negozia il ritorno temporaneo di Gerusalemme ai cristiani.

1244Le forze del regno di Gerusalemme vengono annientate nella battaglia di Forbie.

1268Il sultano Baybars saccheggia la città di Antiochia, massacrando la popolazione.

1289Il successore di Baybars, Qalawun, fa prigionieri i crociati a Tripoli.

1291La città di Acri è conquistata dai Mamelucchi; si conclude l’epoca degli stati crociati in Oriente.

Sconfitte cristiane

della guerra santa. re luigi impiegò quattro anni a preparare la sua campagna. Scelse Cipro come punto avanzato d’appoggio e organizzò la catena logistica per la fornitura di armi, alimenti e risorse necessarie alla spedizione. la quantità di merce immagazzinata sull’isola fu tale che i cumuli di frumento e orzo in attesa di essere impiegati somigliavano a colline, mentre le pile di botti di vino potevano facilmente essere scambiate, da lontano, per delle stalle.

Conquista effimerala crociata di re luigi si diresse contro l’egitto - il cuore della potenza economica e militare dei musulmani - e iniziò con una sorprendente vittoria presso la foce

Tutto questo sta a dimostrare che il sacro fuoco delle crociate ardeva ancora. Senonché l’impeto venne spesso indirizzato dal papato contro obiettivi e scenari diversi, come ad esempio gli albigesi nel sud della Francia, i pagani dell’europa orientale o i propri nemici politici - l’imperatore Federico ii e i suoi sostenitori - in italia. Si utilizzarono risorse e si allestirono campagne per riconquistare la Spagna ai Mori e per difendere Costantinopoli tolta ai bizantini. Certo, l’obiettivo non era più puntato esclusivamente sulla Terra Santa e questo indebolì senza dubbio l’impegno in Oriente. Ma sarebbe un errore pensare che il Xiii secolo non abbia visto grandi crociate. al contrario, una delle spedizioni più importanti fu condotta da un re che sarebbe poi stato proclamato santo.

luigi iX re di Francia promise per la prima volta di andare alle crociate nel dicembre 1244, mentre era in preda a una febbre alta. il trentenne monarca era confinato a letto e quasi in punto di morte, quando “chiese che gli venisse portata la croce”. Una volta guarito, mantenne la promessa, dedicando gran parte della sua vita alla causa

In questa illustrazione del XVIII secolo il cosiddetto “reggimento dei cavalli a dondolo” nella crociata dei bambini.

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56 BBC History Italia Aprile 2012

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I lunghi trasferimenti

del nilo. il 5 giugno 1249 il re, partendo dalla costa, condusse a un pericoloso e disperato attacco 20.000 crociati. le truppe della dinastia ayyubide (i successori di Saladino) a guardia della costa si ritirarono e fuggirono di fronte all’assalto ben coordinato dei cristiani, cosicché il giorno successivo luigi poté occupare la città di damietta.

Successivamente, si diresse verso un ramo del nilo per affrontare l’esercito principale ayyubide nella città di Mansura. l’8 febbraio 1250 re luigi attaccò all’alba i musulmani accampati di fronte a Mansura; avendoli presi alla sprovvista, l’assalto si mutò in un massacro. l‘accampamento ayyubide venne distrutto e sembrò che la vittoria fosse a portata di mano. Senonché il fratello del re, roberto d’artois, si fece prendere dall’esaltazione e condusse un gran numero di cavalieri all’inseguimento dei musulmani in fuga verso Mansura. Una volta entrati in città, roberto e i suoi si

trovarono intrappolati in un labirinto di vicoli angusti e vennero annientati fino all’ultimo uomo.

la crociata non si riebbe mai da questa battuta d’arresto. il re cercò di tenere la posizione davanti a

Mansura per altri tre mesi, ma la carenza di cibo e le malattie misero in ginocchio l’esercito. Con i crociati ridotti a cibarsi di cani e gatti e i

barbieri che si improvvisavano chirurghi per curare denti e gengive devastati dallo scorbuto, con il

re colpito dalla dissenteria, il 4 aprile venne ordinata la ritirata, che si trasformò presto in disfatta: quasi tutti i soldati furono uccisi o fatti prigionieri. nel caos generale, il re si trovò separato delle sue truppe. la dissenteria non gli dava tregua, al punto che gli si dovette fare un buco nei calzoni. i pochi uomini che gli erano rimasti vicini gli trovarono un rifugio in un piccolo villaggio. lì, rannicchiato e mezzo morto in un squallida capanna, il potente re di Francia fu catturato dagli islamici. il suo tentativo di riconquistare la Terra Santa si era

Un cavaliere viaggia per mare fino alla Terra Santa, nella illustrazione di un manoscritti del XIV secolo.

Guerre di religione: soldati cristiani e musulmani si lanciano in battaglia. L’illustrazione è tratta dal manoscritto latino del XIII secolo, “Secreta Fidelium”.

Gli eserciti cristiani dovevano viaggiare per

migliaia di chilometri prima di arrivare

in Terra Santa, come evidenziato in questa mappa.

IL FATTO CHE LE CROCIATE abbiano avuto luogo nei loro territori, ha significato per i musulmani “giocare in casa”. Questa semplice constatazione geografica ha avuto un’importanza fondamentale nella guerra per la Terra Santa. Probabilmente questo fattore è stato decisivo nella vittoria finale dell’Islam. In epoca medievale vi erano molte difficoltà nel condurre lunghe campagne militari a migliaia di chilometri da casa. I problemi di trasporto, di approvvigionamento, di comunicazione ponevano difficoltà quasi insuperabili. I primi crociati dovettero camminare per 3.000 o 4.000 km per arrivare in Palestina, impiegandoci degli

anni, e se è vero che a partire dal XII secolo i viaggi si facevano per nave, è anche vero che i costi diventarono altissimi. Anche mantenere gli avamposti degli stati crociati fu estremamente difficile, isolati com’erano in mezzo a un mare di potenziali nemici. Perennemente a corto di soldati, gli stati crociati dovevano fare affidamento su rinforzi militari, apporti finanziari e di materiali da costruzione provenienti dall’Occidente. Inoltre, per quanto simbolico e importante potesse essere il controllo di Gerusalemme e della Terra Santa, la cristianità fu spesso sorda alle richieste di aiuto degli stati crociati. Problemi interni e preoccupazioni di vario

tipo – dalle lotte per la successione alle rivalità dinastiche, dai mancati raccolti all’insorgere di eresie - prevalevano facilmente sulle esigenze dei lontani stati crociati. Il fallimento delle crociate conferma una volta di più quanto fosse difficile condurre una guerra lontano da casa. Probabilmente gli stessi problemi di allora continuano a giocare un ruolo decisivo nei moderni conflitti, a dispetto della tecnologia avanzata, e contribuiscono a spiegare la difficoltà delle recenti missioni americane in Afghanistan e in Iraq.

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57Aprile 2012 BBC History Italia

Le crociate

Thomas Asbridge è professore di storia medioevale alla Queen mary University di londra. È autore del libro “the Crusades: the War for the Holy land”.

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LibriE The Crusades: The War for the HolyLand di thomas asbridge (simon &schuster, 2012)E Chronicles of the Crusades: Joinvilleand Villehardouin tradotta da Carolinesmith (penguin, 2008)E The Lion of Egypt: Sultan Baybars I and the Near East in the Thirteenth Century di peter thorau (longman, 1992)

per SAperne dI pIù

risolto in una catastrofe. il fatto che una crociata così attentamente

pianificata, guidata da un sovrano che era un modello per la cristianità, avesse subito una simile sconfitta, fece inorridire l’europa e sollevò seri dubbi sul movimento crociato in genere. e mentre la cristianità vacillava, emergeva in Oriente un nuovo potentato che avrebbe dato all’islam la piena vittoria. la nuova dinastia dei Mamelucchi prese il potere in egitto. Fieri e leali, perfettamente addestrati, altamente professionali, i Mamelucchi erano per la maggior parte Turchi che provenivano dalle steppe a nord del mar nero: catturati da ragazzi, venivano venduti ai potentati islamici nei paesi del Medio Oriente, indottrinati nella fede musulmana e addestrati alla guerra.

La nuova élite militarenel 1250 i reggimenti di questi schiavi-soldati costituivano la spina dorsale dell’esercito ayyubide (infatti contribuirono a garantire la vittoria contro re luigi) e nel decennio che seguì sovvertirono lo stato degli ayyubidi. nel 1260 un comandante mamelucco, il sultano baybars, uomo tanto spietato quanto dotato nelle arti della guerra, prese il potere. Questo ex schiavo caucasico dagli occhi azzurri diventò un vero campione della guerra santa islamica. baybars era già stato messo

alla prova come generale, giocando un ruolo centrale nella vittoriosa battaglia di ayn

Jalut contro i Mongoli. Ora estese e perfezionò la macchina militare

mamelucca, creando forse la più formidabile macchina da guerra del Medioevo. Usò enormi risorse finanziarie per costituire, formare e perfezionare un esercito mamelucco che poteva contare su 40.000 soldati a

cavallo. il nucleo di questa forza erano i 4.000 cavalieri che

componevano il reggimento reale - la nuova élite di baybars - addestrati in una speciale struttura all’interno della cittadella del Cairo, dove le reclute imparavano a tirare di scherma. i soldati erano anche incoraggiati a sperimentare nuove tecniche di combattimento e nuove armi. Gli arcieri a cavallo provarono perfino a tirare frecce accese col fuoco greco, una miscela incendiaria a base di pece che non si riusciva a spegnere. baybars introdusse tra i suoi uomini l’armamento pesante. Una particolare attenzione fu prestata alle armi d’assedio, tra cui sofisticate catapulte dette “trabocchi”,

I barbieri si improvvisavano chirurghi

per intervenire sui denti e le gengive

dei soldati colpiti dallo scorbuto

Un legato papale offre la croce a Luigi IX re di Francia, che si alza dal letto dove giaceva malato per mettersi alla testa di un sfortunata crociata in Egitto.

non visse abbastanza per vedere questo trionfo finale, ma il merito va indubbiamente a lui. Per i successivi sei secoli, prima sotto il regime egiziano dei Mamelucchi e poi quello Ottomano di bisanzio, la Terra Santa rimase nelle mani dell’islam.

che erano veri e propri capolavori di tecnologia militare. nel 1265 il sultano diresse la potenza del suo esercito contro i resti degli stati crociati, senza trovare ostacoli apprezzabili. distrusse a suo piacimento insediamenti e castelli. nessun esercito, nessuna fortezza poteva resistergli. le possenti fortificazioni crociate ad arsuf e Cesarea vennero travolte e distrutte senza difficoltà. nel 1268 baybars arrivò in Siria, in un solo giorno superò le leggendarie mura merlate di antiochia e passò a fil di spada migliaia di cittadini. l’antica città precipitò in una rovina da cui non si sarebbe ripresa per secoli. anche il potente Krak dei Cavalieri - una fortezza crociata considerata inespugnabile - cadde per un assalto mamelucco nel 1271. la rapida distruzione degli stati crociati ad opera di baybars fu tanto più eccezionale se si considera che l’obiettivo principale del suo regno non era la conduzione di una guerra santa contro i cristiani, ma la preparazione di un’altra campagna contro i Mongoli. Sotto molti aspetti, la fine degli stati crociati rappresentò poco più di un evento marginale, nel momento in cui le due nuove potenze - i Mamelucchi e i Mongoli - si combattevano per ottenere il controllo del Medio Oriente. Morto baybars, nell’anno 1277, l’inesorabile annientamento a cui erano votati gli stati crociati continuò con la conquista di Tripoli nel 1289 e, infine, con la caduta di San Giovanni d’acri nel 1291. baybars

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BBC History Italia Aprile 201260

L’arrivo di Bernard Law MontgoMery, il 13 agosto 1942, al quartier generale dell’ottava armata

sul fronte di el alamein fu visto dalle truppe con molta diffidenza. il nuovo generale, di famiglia nobile, era noto per il comportamento freddo e altezzoso - e in questo non differiva molto dalla media degli alti ufficiali inglesi - ma era anche accompagnato dalla fama di intransigente puritano. due anni prima aveva fatto ridere l’intero corpo di spedizione con una circolare sui pericoli delle malattie veneree e sull’importanza per i militari di mantenersi casti. Se si pensa che nel deserto egiziano, dove il termometro superava di giorno i 40 gradi, la disciplina finiva inevitabilmente con l’allentarsi e

Quando già sembrava imminente la conquista di Alessandria e dell’intero Egitto, l’Afrika Korps di Rommel e le truppe italiane furono prima bloccate e poi rovinosamente sconfitte dagli inglesi di Montgomery. Marcello Riccardi

ricostruisce quella grande battaglia nel deserto che diede una svolta alla guerra

E i sogni di gLoria finiRono

nEllA sAbbiA

capitava che ufficiali in giro di ispezione si imbattessero in soldati coperti solo dalle insegne del grado incerottate sulla spalla, si può ben capire come quel nuovo comandante in capo, maniaco dell’ordine e della disciplina, fosse visto dai veterani con timore e disapprovazione.

L’inerzia inglese a Tobruka volerlo in quel posto era stato winston Churchill in persona, insoddisfatto per “l’inspiegabile inerzia” del generale Claude auchinleck, comandante delle forze inglesi nel Medio oriente, che in giugno aveva assistito senza reagire alla perdita di tobruk, riconquistata dall’“afrika Korps” di erwin rommel. nella nuova avanzata italo-tedesca, resa possibile dal fatto che nei primi mesi del ’42 la marina inglese aveva più difficoltà a intercettare i rifornimenti dall’italia e che sulla costa africana petrolio e munizioni giungevano finalmente in quantità sufficiente, la “volpe del deserto” era riuscita, con le rapide e imprevedibili manovre delle sue colonne corazzate, a disgregare la compattezza del nemico. gli inglesi gli avevano lasciato in mano ben 30 mila prigionieri e parecchio materiale e si erano ritirati fino alla linea di el alamein, ultimo baluardo difensivo prima di alessandria,

Soldati inglesi bloccano un carro armato tedesco durante la battaglia di El Alamein. Nelle foto a destra, i due grandi rivali. Montgomery e Rommel.

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61Aprile 2012 BBC History Italia

70 anni fa El Alamein

distante appena un centinaio di chilometri, e del ricco delta del nilo.

Churchill sospettava inoltre che auchinleck, invece di riprendere l’iniziativa come lui gli chiedeva insistentemente, meditasse di retrocedere ancora, sgomberando il delta e aprendo a rommel la strada del Cairo. non era in gioco solo il prestigio dell’impero britannico, che rischiava di perdere una delle sue tradizionali zone di influenza. il timore più grande era che si realizzasse il grande disegno strategico immaginato da Hitler: dalla russia, attraverso il Caucaso, e dal nord africa superando il Sinai, le forze dell’asse dovevano effettuare una gigantesca manovra a tenaglia capace di assicurare il controllo del Medio oriente e del suo petrolio, risorsa indispensabile per vincere la

guerra. L’inarrestabile marcia di rommel in africa faceva temere a Churchill, e ai suoi alleati Stalin e roosevelt, che quello scenario da incubo si trasformasse presto in realtà. Per questo bisognava sostituire “l’indeciso” auchinleck con un comandante più intraprendente, o quanto meno più disponibile a seguire le direttive dei politici. Fu così che a capo delle forze inglesi in Medio oriente arrivò Harold alexander, mentre Bernard Montgomery - che con il nomignolo di “Monty” doveva presto diventare il generale inglese più amato in patria, secondo solo a wellington, il vincitore di napoleone, per fama e popolarità - fu catapultato al comando dell’ottava armata sul fronte di el alamein.

appena preso il comando,

Timeline La campagna d’africa

18 giugno 1940Subito dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno, il governatore della Libia Italo Balbo (nella foto) fa lanciare sulle linee nemiche un volantino su cui si legge. “Inglesi, egiziani e arabi del deserto occidentale… gettate le armi perché chi resisterà non avrà tregua”.

28 giugnoAlle 17,20, nel cielo di Tobruk, la contraerea italiana abbatte il primo velivolo sul fronte africano, scambiandolo per un bombardiere nemico. Invece è l’aereo di Balbo, che non aveva seguito le normali procedure di identificazione e non si era messo in contatto con l’aeroporto di Tobruk. La morte di Balbo suscita emozione e scatena polemiche.

13 settembreRodolfo Graziani, che ha preso il posto di Balbo, lancia l’attacco contro Sidi el Barrani, un centinaio di chilometri oltre il confine egiziano. La conquista senza colpo ferire, perché gli inglesi si ritirano a Marsa Matruh, ma deve fermarsi in attesa che dalla Libia arrivino acqua e rifornimenti.

9 dicembreIl generale inglese Wavell, che con Graziani bloccato a Sidi el Barrani ha potuto riorganizzare il suo esercito, inizia la controffensiva. In soli tre giorni le sue truppe meccanizzate distruggono cinque divisioni italiane. Graziani è costretto a rientrare in Cirenaica.

23 gennaio 1941La piazzaforte di Tobruk si arrende agli inglesi. Nei giorni successivi cadono Derna, Cirene, Bengasi. Le truppe in ritirata sono circondate dalla 4° e dalla 7° brigata corazzate inglesi e devono arrendersi. La 10° armata italiana non esiste più: nelle mani del nemico restano 130 mila prigionieri, 400 carri, 1.200 cannoni. La Cirenaica è persa.

11 febbraioL’ultimo ordine di Graziani prima di partire per l’Italia è diretto al colonnello Castagna, che a Giarabub difende l’ultimo lembo di Cirenaica. All’eroismo di questo ufficiale e dei suoi uomini rende omaggio la Canzone di Giarabub, che

diventerà popolarissima: “Colonnello, non voglio encomi / sono morto per la mia terra… / ma la fine

dell’Inghilterra / incomincia da Giarabub!

Febbraio 1942L’occupazione inglese della Cirenaica dura un anno

esatto. Ai primi di febbraio del 1942 parte l’offensiva dell’Afrika Korps, comandato dalla “Volpe del deserto” Erwin Rommel, che libera l’intera regione fino al campo trincerato davanti a Tobruk.

16 - 21 giugnoCon una poderosa spallata Rommel supera anche Tobruk e raggiunge il confine con l’Egitto. Qui dovrebbe fermarsi e assumere una posizione difensiva, secondo le direttive di Mussolini. Ma lui prosegue l’avanzata, mentre Hitler convince Mussolini a revocare i suoi ordini.

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BBC History Italia Aprile 201262

Montgomery riunì i suoi ufficiali e comunicò loro di aver fatto bruciare tutti i piani di ritiro da el alamein, cancellando così i timori di Churchill. Ma se davvero il primo ministro pensava di aver trovato un generale più sensibile alle richieste del governo, si accorse presto di avere sbagliato i conti. Quando, in settembre, sollecitò il nuovo comandante ad accelerare le operazioni dell’attacco, questi ebbe l’ardire di rispondergli: “Se l’attacco comincia in settembre, fallisce. Se aspettiamo fino ad ottobre, garantisco un grande successo con l’annientamento dell’armata di rommel. devo attaccare in settembre?”. a Churchill, che comunque apprezzava gli uomini di carattere, non restò che abbozzare.

Superiorità di uomini e mezziin realtà Monty, pignolo e meticoloso com’era, voleva essere sicuro di giocarsi al meglio gli assi che aveva in mano. Che non erano pochi. in primo luogo c’era la

superiorità in uomini e in mezzi. il rapporto tra le forze britanniche e quelle italo-tedesche era di 2 a 1: 220.000 uomini contro 108. 000, di cui 55.000 italiani. La stessa sproporzione valeva per i carri armati: un migliaio quelli inglesi, contro poco più di 500 dell’esercito dell’asse. inoltre, mentre gli inglesi disponevano di centinaia dei nuovi e potenti carri americani Sherman e grant, i 299 blindati italiani erano vecchi e inadeguati, con cannoni di gittata largamente inferiore a quella dei nemici e proiettili incapaci perfino di scalfire le corazze avversarie. La differenza di armamenti era ancora più vistosa per i mezzi aerei (1.200 apparecchi contro 350) e per i pezzi di artiglieria. Montgomery era anche favorito dalla limitata linea del fronte: meno di 40 miglia (una sessantina di chilometri) tra la costa mediterranea e la vasta depressione paludosa di el Qattara, impraticabile agli automezzi. in quelle poche decine di chilometri le manovre di

accerchiamento che tanto piacevano a rommel erano impossibili. L’attacco, da chiunque fosse portato, non poteva che essere frontale e la superiorità degli armamenti inglesi sarebbe quindi risultata decisiva. non contento di ciò, Monty ricorse ad ogni genere di astuzia per ingannare il nemico. ad esempio, fece costruire una falsa pipeline diretta alla zona sud del fronte per suggerire l’idea che l’attacco sarebbe avvenuto in prossimità della depressione di el Qattara. Qui fece inoltre schierare sagome di carri armati in gomma, malamente mimetizzate, mentre i veri blindati erano ammassati a nord e nascosti dietro file di camion. Le truppe che dovevano portare l’attacco si spostavano solo di notte, mentre di giorno restavano ammassate in lunghe e strette trincee nella sabbia, infestate da nugoli di moscerini, con l’ordine di non muoversi per nessuna ragione.

in quanto a rommel, la travolgente avanzata che lo aveva portato fino ad el alamein si era arrestata davanti alle difese inglesi. il feldmaresciallo si trovò bloccato dalla lontananza delle sue basi e dalla nuova scarsità di rifornimenti (i carri dell’afrika Korps erano arrivati fin lì con il carburante abbandonato dagli inglesi in fuga) assai più che dalle difese britanniche. Mentre era immobilizzato su quella rovente

Di giorno le truppe restavano ammassate in trincee nella sabbia infestate da moscerini

I carri armati italiani della divisione Ariete, del tutto inadeguati a

fronteggiare gli Sherman e i Grant delle forze corazzate inglesi.

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In queste immagini, truppe inglesi in azione durante la battaglia di El Alamein, alla fine di ottobre del 1942.Nella prima foto a sinistra, un’immagine del massiccio bombardamento inglese che, la sera del 23 ottobre, diede il via alla più grande battaglia combattuta nel deserto.

63Aprile 2012 BBC History Italia

70 anni fa El Alamein

26 giugnoA Sidi el Barrani Rommel riunisce i suoi ufficiali e promette: “Se oggi riusciamo a rompere la posizione nemica, il 30 saremo ad Alessandria d’Egitto o al Cairo”.

29 giugnoMussolini arriva all’aeroporto di Derna, convinto che la resa dell’Egitto sia imminente. Non vuole perdere l’appuntamento con la storia. Per questo si è portato dietro il suo cavallo

arabo e la spada dell’Islam per fare, come annota Badoglio, “un ingresso trionfale ad Alessandria d’Egitto”.

30 giugnoNella sua marcia inarrestabile, Rommel raggiunge El Alamein, a un centinaio di chilometri da Alessandria. Ma qui è costretto a fermarsi: i carri ancora funzionanti sono pochi e le basi da cui devono giungere i rifornimenti sono lontane. Per di più gli inglesi hanno fatto affluire tutti i mezzi e gli uomini che hanno a disposizione.

20 luglio

Dopo 22 giorni di inutile attesa, un Mussolini umiliato e infuriato rientra a Roma dalla Libia. Ce l’ha con tutti, ma soprattutto con Rommel, che resta fermo a El Alamein e che, in quelle tre settimane, non ha trovato il tempo di andargli a fare visita.

23 ottobreCon un violento cannoneggiamento inglese alle ore 21,40, comincia la battaglia decisiva di El Alamein. Le forze dell’Asse, guidate da Rommel e dall’italiano Bastico, riescono a tenere testa per una decina di giorni all’8° Armata inglese comandata dal generale Bernard Law Montgomery.

4 novembreLe truppe italo-tedesche cominciano la ritirata, che non si arresterà più fino alla fine della campagna. Nel giro di tre mesi, gli inglesi recuperano la Cirenaica e la Tripolitania. Abbandonata anche Tripoli, il 3 febbraio 1943 le ultime forze dell’Asse passano il confine con la Tunisia, dove si arrenderanno agli anglo-americani.

linea di sabbia a meno di un centinaio di chilometri dalla agognata alessandria, fu colpito da una forma di dissenteria e di epatite virale che lo costrinse a tornare in europa per curarsi. Cosicché, la notte in cui cominciò l’attacco di Montgomery, si trovava in austria, dove fu svegliato dal quartier generale di Berlino. Salì allora sul suo Fieseler-Storch e tornò precipitosamente in africa. allo scalo di roma, ricevette due notizie una peggiore dell’altra: primo, le scorte di benzina a disposizione dei suoi carri armati garantivano ad ogni mezzo una mobilità di non più di 300 chilometri; secondo, il suo vice Stumme era morto per una crisi cardiaca proprio il primo giorno di combattimenti, mentre si recava a ispezionare le linee avanzate.

Chiave inglese contro i tankse gli italiani? Come si è detto, schieravano 55.000 uomini, più o meno la metà delle truppe agli ordini di rommel. a rinforzare i loro

effettivi erano da poco arrivati i paracadutisti della Folgore, che avevano già mostrato il proprio valore alla fine di settembre, opponendosi all’attacco di una brigata di fanteria inglese. del resto gli stessi nemici dovettero ammettere che l’accusa di inefficienza, o addirittura di codardia, spesso rivolta ai nostri ufficiali e soldati era profondamente ingiusta. al contrario, se si tiene conto della assoluta inadeguatezza dei mezzi con cui combattevano, gli italiani dimostrarono “un coraggio spettacolare”, specie gli equipaggi dei carri costretti a battersi contro nemici infinitamente meglio attrezzati. anche unità speciali come la Folgore erano spesso male equipaggiate: un ufficiale per protesta si legò al collo una grossa chiave inglese dicendo: “Userò questa per distruggere i loro tanks”.

il piano di Montgomery era molto semplice: un finto attacco al sud e un deciso assalto frontale portato dalla fanteria a nord, per aprire una strada ai suoi mezzi corazzati nei campi minati tedeschi. L’attacco ebbe inizio alle 21,40 del 23 ottobre, una sera fredda e luminosa che precedeva la notte del plenilunio. a quell’ora, 1.200 cannoni aprirono il fuoco su tutta la lunghezza del fronte. alla luce della luna che illuminava il campo di battaglia, Montgomery restò a lungo ad osservare il più massiccio sbarramento di fuoco che l’esercito inglese avesse messo in atto dal 1918. Poi, saggiamente, se ne andò a dormire nel suo caravan, che era appartenuto al generale italiano Bergonzoli, dicendo che era sua intenzione “riposare quanto

possibile, finché era possibile”.nonostante l’incessante

martellamento dell’artiglieria inglese, le sei divisioni di fanteria italiane e le due tedesche non mollarono, mentre le divisioni corazzate, tre tedesche e tre italiane, contrattaccavano senza sosta, andando però ad infrangersi contro una difesa anticarro inglese che risulterà insuperabile. dopo due giorni di battaglia, la 15° divisione

Bersaglieri italiani disinnescano

le mine anticarro inglesi nella zona

di El Alamein.

Così Mussolini sognava di entrare ad

Alessandria d’Egitto.

Page 60: BBC History Aprile 2012

BBC History Italia Aprile 201264

Marcello Riccardi è giornalista e autore di libri di storia.

corazzata tedesca poteva contare solo su 31 carri, dei 119 che aveva all’inizio. rommel avrebbe voluto sganciarsi, affidarsi alla guerra mobile nella quale eccelleva e che gli avrebbe permesso di compensare l’inferiorità numerica con la qualità della manovra. Ma da Berlino gli fecero sapere che Hitler non voleva sentir parlare di ritiro, e poi la mancanza di benzina gli avrebbe comunque impedito di manovrare a suo piacimento. dunque rimase sulle sue posizioni, e fu costretto ad accettare la battaglia di usura impostagli dall’avversario.

In marcia con le cornamuseMontgomery aveva previsto che la battaglia sarebbe durata almeno 12 giorni e che sarebbe stata uno scontro crudele e senza quartiere. non si era sbagliato. ai soldati della 51° divisione delle Highlands scozzesi, che procedevano accompagnati dalla musica delle loro cornamuse, era stato ordinato di non fermarsi a soccorrere i feriti. e quelli procedevano impassibili nonostante le innumerevoli perdite, suscitando la riprovazione dei carristi che non riuscivano ad accettare quella vera e propria decimazione. Quando furono a contatto col nemico, un ufficiale si infuriò davanti ad una trincea di italiani, che si erano arresi, perché una granata azzoppò il suo sergente. egli scaricò la sua pistola sui prigionieri, poi raccolse una carabina con la baionetta e ne ferì mortalmente altri quattro, prima di andare a recuperare il suo bastone di

contro il settore nord. L’ora zero era all’una di notte. Prima avanzò la fanteria, ancora una volta accompagnata dai suonatori di cornamusa. Seguiva una brigata di carri con il compito di occupare una

posizione elevata dalla quale dovevano passare le divisioni corazzate. il comandante comunicò a Montgomery che prevedeva di perdere il 50% delle sue forze. il generale gli rispose che era pronto ad accettare il 100% di perdite. Comunque la manovra riuscì. nei due giorni successivi le forze di rommel vennero decimate. L’afrika Korps si era ridotto ad avere in tutto 12 carri. gli italiani avevano ceduto di schianto. La divisione corazzata “ariete” si era difesa eroicamente, ma i suoi carri L e M nulla potevano contro gli Sherman e i grant degli inglesi e furono distrutti fino all’ultimo. La “Littorio” fu annientata, come la divisione motorizzata “trieste”: chi aveva un veicolo si diede alla fuga, tutti gli altri, senza acqua e senza viveri, si arresero. il corpo di spedizione italiano non esisteva più come forza militare costituita. La mattina del 4 novembre, contravvenendo all’ordine di Hitler di resistere fino all’ultimo uomo, rommel comandò ai suoi di ritirarsi. “Finirò davanti alla corte marziale”, disse, “ma nelle presenti circostanze ho il dovere di disubbidire”. Le forze dell’asse lasciarono sul campo 20 mila uomini tra morti e feriti, oltre a 30 mila prigionieri. Le perdite inglesi arrivarono a 13.500 tra morti, feriti e dispersi.

Churchill, finalmente sollevato, poté guardare con rinnovato ottimismo al futuro della guerra. Qualche anno più tardi gli capitò di commentare: “Prima di el alamein non avevamo mai vinto. dopo, non abbiamo più perso”. era vero solo in parte, ma lui più di tutti aveva capito quanto fosse stata decisiva quella vittoria nel deserto africano.

frassino. episodi di ordinaria ferocia in una guerra che doveva essere di movimento e che per lunghi, terribili giorni si trasformò in guerra di trincea, come nel primo conflitto mondiale. Montgomery cambiò più volte i suoi piani, premendo da una parte e dall’altra dello schieramento nemico, in cerca dei punti deboli di rommel e nel tentativo di individuare il reparto contro il quale concentrare più efficacemente l’attacco dei suoi carri. nell’incertezza tattica in cui si dibatteva dopo i primi, inutili tentativi di sfondamento, la mattina del 27 ottobre decise di far retrocedere le divisioni avanzate per riorganizzarle in vista di un nuovo, più decisivo attacco. La manovra aveva tutta l’apparenza di una ritirata. a Londra, un Churchill fuori dei gangheri sbottò con il capo di stato maggiore Brooke: “È mai possibile che non riusciamo a trovare un generale capace di vincere una battaglia?”. e spedì un cablogramma ad alexander con cui chiedeva la destituzione di Montgomery. Brooke riuscì con fatica a ottenere un rinvio di qualche giorno del provvedimento.

il nuovo attacco inglese scattò il 2 novembre, nella parte centrale del fronte e non, come si aspettava rommel,

Al termine della battaglia, l’Afrika Korps di Rommel era rimasto con solo 12 carri

libriE “La seconda guerra mondiale”, di Raymond Cartier, Mondadori.E “Storia della seconda guerra mondiale”, di Henri Michel, Mursia.E “Gli italiani in Libia”, di Angelo Del Boca, Mondadori.E “Alamein - War without Hate” (Guerra senza odio), di Colin Smith e John Bierman, Viking.

pEr sApErnE di più

Hitler negò fino all’ultimo a Rommel il permesso di ritirarsi. A sinistra,

prigionieri italiani catturati dagli inglesi.

70 anni fa El Alamein

Page 61: BBC History Aprile 2012

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Page 62: BBC History Aprile 2012

Nelle acque di Malta è stato individuato lo scafo di un sommergibile britannico affondato l’8 maggio del 1942, quando più violento era lo scontro fra gli alleati italo-tedeschi e gli inglesi per il controllo dell’isola. Michele Stefanile prende spunto dal ritrovamento per ricordare i protagonisti e i drammi della guerra nel Mediterraneo

Quel relitto che racconta la guerra sotto i mari

Poco prima dell’alba dell’8 maggio 1942, l’“H.m.S. olympus”, un sommergibile britannico lungo quasi 90 metri e armato con siluri e mitragliatrici, scivola silenzioso nelle acque del porto di la

Valletta, malta. l’isola, di fondamentale importanza strategica tanto per le forze dell’asse quanto per gli avversari, è ormai stretta in una morsa, per via del

blocco navale posto in atto da italiani e tedeschi, ed è ridotta allo stremo dai continui bombardamenti. per i 98 uomini imbarcati sull’olympus, la speranza è di forzare il blocco e puntare su Gibilterra, ma il loro destino si infrange contro una mina tedesca, sette miglia al largo dell’isola. il sottomarino sventrato dall’esplosione si posa sul fondo; soltanto in nove riescono a scampare al naufragio e a trarsi in salvo.

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Nel fotomontaggio qui sotto, l’“Olympus” in navigazione nelle acque del Mediterraneo.

Quel relitto che racconta la guerra sotto i mari

Sessantanove anni più tardi un roV, un piccolo robot filoguidato dotato di fari subacquei e telecamere, esplora a oltre cento metri di profondità le acque maltesi, poche miglia al largo del Grand Harbour. dall’altro lato dell’ombelicale - il cavo che trasmette dati e immagini agli operatori su un’imbarcazione da ricerca - gli esperti della fondazione americana aurora Trust osservano sui monitor le immagini. alla luce dei riflettori prendono vita le forme di un sottomarino della seconda guerra mondiale. compaiono pannelli metallici, il timone, le eliche, la torretta, un cannoncino, e poi un vistoso squarcio, il segno di un’esplosione, la causa del naufragio. le ipotesi dei ricercatori trovano conferma, l’idea diviene certezza: sul fondo delle acque maltesi, a poca distanza dal grande porto militare che l’ospitava, giace il relitto dell’“H.m.S. olympus”.

I sommergibili della “Odin class”per il team di aurora Trust, guidato da craig mullen e ian Koblick, la scoperta è solo l’ultimo di una lunga serie di ritrovamenti nelle acque del mediterraneo, da capri alle eolie, a Ventotene, alla Spagna. Grazie a una serie di accurate strumentazioni, tra cui un side scan sonar, che ancor prima delle riprese effettuate dal roV aveva mostrato la sagoma del sottomarino, è stato possibile localizzare il relitto a grande profondità, in un tratto di mare ampio e senza precisi riferimenti sul luogo del naufragio. Già tre anni prima del rinvenimento ufficiale, il 7 maggio 2008, un gruppo di subacquei tecnici, abituati a immersioni profonde e guidati dall’inglese mark powell, aveva raggiunto l’”olympus”, ma le condizioni di scarsa visibilità sotto gli 80 metri avevano limitato pesantemente la possibilità di documentare la scoperta. Grazie ai mezzi e alle professionalità di aurora Trust, invece, è ora possibile conoscere con precisione le

coordinate del sito, e mostrare al pubblico con foto e riprese video lo straordinario stato di conservazione del relitto: a dispetto del tempo trascorso in acqua e a parte i danni causati dall’esplosione, il sottomarino è infatti molto ben conservato, e si trova ancora in assetto, come appena posato sul fondale.

al tempo del naufragio, l’olympus solcava gli oceani da oltre un decennio: impostato e realizzato nei cantieri scozzesi della William beardmore and company di clydebank, era stato varato l’11 dicembre del 1928. insieme con altre cinque unità gemelle, l’olympus formava la “odin class”, allestita in parte per sostituire l’ormai obsoleta flottiglia di sottomarini utilizzati durante il primo conflitto mondiale, e per permettere compiti di pattugliamento a largo raggio nel pacifico. lungo 86,5 metri, con un dislocamento in immersione di oltre 2.000 tonnellate, l’olympus era un sottomarino dotato di grande autonomia (più di 14.000 miglia marine). poteva raggiungere una velocità di 8 nodi in immersione e di oltre 17 sulla superficie, ed era armato con sei tubi lanciasiluri in prua e due in poppa, più un cannoncino da 4 pollici e due mitragliatrici leggere.

destinato inizialmente a operare in estremo oriente, nel 1939 fu trasferito a ceylon (oggi Sri lanka), e poi, con lo scoppio della guerra, fu richiamato in europa con gli altri sottomarini classe odin.

dopo aver dimostrato ampiamente il suo valore nella prima guerra mondiale, durante la seconda l’arma sommergibile diventò in breve uno degli strumenti militari più efficaci a disposizione delle nazioni belligeranti, per la capacità di sorprendere e attaccare i convogli carichi di armi e rifornimenti, e per la possibilità di coprire grandi distanze indisturbato nei nuovi scenari di guerra globale.

l’ammiraglio Karl dönitz, comandante della flotta sottomarina tedesca, e dal 1943 comandante in capo

della marina militare al posto di erich raeder e infine effimero successore di Hitler alla guida del reich, già agli inizi del conflitto, prima degli esaltanti successi degli U-boote nell’epica battaglia dell’atlantico, aveva dichiarato: “dimostrerò che il sommergibile può vincere da solo questa guerra”. pur non raggiungendo i successi dei ‘branchi di lupi’ tedeschi, che, prima del tracollo finale erano riusciti ad affondare 14.000.000 di tonnellate di naviglio nemico (oltre 6.000.000 nel solo 1942), i sommergibili inglesi ebbero un ruolo chiave nella guerra navale, in particolare nel mediterraneo, dove per lungo tempo le unità ospitate nei porti di Gibilterra, malta e alessandria regalarono importanti successi alle forze britanniche.

le fonti raccontano che l’olympus riuscì a compiere numerose volte la traversata tra malta e Gibilterra, e che svolse missioni operative anche nel resto del mediterraneo: nel 1941, ad esempio, affondò nelle acque sarde il mercantile italiano ”monteponi” e silurò nel Golfo di Genova il piroscafo “mauro croce”, che riuscì fortunosamente a scampare alla minaccia nemica. Un anno prima lo stesso olympus era stato

A dispetto del tempo trascorso sott’acqua, il sottomarino è ben conservato, come se si fosse appena posato sul fondale

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La sagoma dell’ “Olympus” restituita dal sonar.

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Archeologia subacquea

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bombardato e seriamente danneggiato nel porto di malta da una squadriglia di Savoia marchetti S.m.79.

Malta, “una spada fiammeggiante”il bacino del Grand Harbour, sulla costa nord-orientale di malta, tra la penisola dove sorgono la Valletta e le città di cospicua, Senglea e Vittoriosa, separate da strette insenature su cui si affacciavano i cantieri navali e le maggiori infrastrutture militari, costituiva sin dallo scoppio della guerra uno dei principali centri strategici della royal Navy nel mediterraneo, a metà strada fra le basi navali della mediterranean Fleet dell’ammiraglio andrew cunningham, ad alessandria d’egitto, e della Forza H del vice-ammiraglio James Somerville, a Gibilterra. con la sua posizione, il Grand Harbour offriva un riparo ai convogli britannici che attraversavano il mediterraneo e un ottimo punto di partenza per attaccare i convogli italiani tra la penisola e la libia. Nonostante ciò, considerando che per la

L’ “Olympus” fotografato

davanti a Malta poco prima di

Natale del 1941.

Nel giugno del 1940 la forza difensiva di Malta era limitatissima e l’invasione italo-tedesca sembrava imminente

vicinanza all’italia e la lontananza dalle altre basi e dalla madrepatria malta, era estremamente difficile da proteggere, e ritenendo naturalmente prioritaria la difesa dell’inghilterra, all’indomani dell’entrata in guerra di mussolini solo poche postazioni antiaeree, alcuni mezzi navali e pochissimi aeroplani furono lasciati a guardia dell’isola. la tradizione vuole che la forza aerea nelle basi maltesi fosse ridotta ad appena tre vecchi biplani, soprannominati “Faith”, “Hope” e “charity” (Fede, Speranza e carità), l’unico superstite

dei quali - “Faith” - è esposto al museo militare di la Valletta: in realtà fonti più aggiornate hanno mostrato che alla difesa dell’isola concorsero anche altri biplani e, dopo poco, i più recenti Hawker Hurricane della raF. in ogni caso, la forza difensiva di malta, a giugno del 1940, era limitatissima, e tanto gli inglesi quanto i comandi militari dell’asse, consideravano imminente l’occupazione dell’isola da parte del duce.

come è noto, invece, la prima mossa dell’italia in armi fu l’attacco alla Francia e, nonostante i ripetuti raids aerei sulla base inglese, dopo alcune settimane si capì che malta poteva essere validamente difesa. mentre scemavano per l’italia le possibilità di un’occupazione, iniziarono così ad arrivare massicci rinforzi che fecero di malta, come scrisse churchill “una spada fiammeggiante nelle carni della forza navale italiana”, e in particolare dei convogli verso l’africa Settentrionale, le cui perdite, nel 1941, arrivarono a sfiorare l’80%.

Un Savoia Marchetti viene preparato per una missione su Malta.

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Nel maggio del 1942, al tempo del naufragio dell’“olympus”, le sorti della guerra erano cambiate nuovamente, e malta si trovava un’altra volta sul punto di capitolare: i piani dell’operazione Herkules per l’invasione dell’isola con truppe aviotrasportate italo-tedesche erano pronti (come è noto, però, non furono mai messi in pratica perché le pressioni e gli iniziali successi di rommel in africa spinsero Hitler a dare la precedenza all’afrika Korps), gli stormi di aerei italiani e tedeschi avevano rovesciato sugli obiettivi maltesi un quantitativo spaventoso di bombe e le forze navali erano riuscite a tagliare quasi del tutto i rifornimenti. con la popolazione affamata e i depositi semivuoti, malta, a detta di churchill “era ridotta al lumicino” e solo poche unità, perlopiù sottomarini, si avventuravano all’esterno del porto tentando di forzare il blocco, mentre molte, danneggiate dai bombardamenti, restavano in bacino.

Fra i 98 uomini a bordo dell’olympus, la notte dell’8 maggio, c’erano anche i marinai del “H.m.S. pandora”, affondato dagli italiani il 1° aprile, e quelli di “H.m.S. p36” e “H.m.S. p39”, gravemente danneggiati da bombe tedesche: in totale 43 uomini che erano in attesa di essere assegnati ad altre unità.

Un vero cimitero di guerraQuando l’H.m.S. olympus colò a picco, 89 uomini persero la vita. Uno dei sopravvissuti, Gordon Selby, già superstite del “p36”, ha raccontato più volte i terribili momenti di quell’alba, la difficoltà di nuotare per sette miglia verso l’isola, l’attimo in cui i suoi occhi si posarono per l’ultima volta sul sottomarino che iniziava ad inabissarsi, mentre il mare inghiottiva gli stivali

disposti ordinatamente sul ponte e le scarpe di cui i marinai si erano disfatti prima di tuffarsi in acqua. Se per l’archeologo navale la scoperta di un relitto è sempre un momento esaltante, il ricordo ancora vivo di una tragedia, il più grande disastro che abbia coinvolto un sottomarino inglese durante la guerra, il fatto che alcuni parenti delle vittime siano ancora in vita e che gli stessi superstiti si siano spenti solo in tempi recentissimi suscitano in coloro che si accostano all’olympus un grande

rispetto e la massima sensibilità. come hanno dichiarato gli stessi archeologi

di aurora Trust, il sito al largo del la Valletta è prima di tutto un vero e proprio cimitero di guerra

marino: per questa ragione, sarà la commonwealth War Graves commission, che preserva la memoria di oltre 1.700.000 caduti nelle due guerre mondiali, a pronunciarsi ora sul suo destino.

Mussolini e Hitler: inutili tutti i tentativi di conquistare Malta.

Michele Stefanile insegna Archeologia subacquea all’Università di Napoli “l’Orientale”.

Gordon Selby, uno dei pochi

superstiti del naufragio

dell’“Olympus”.

Una parte della chiglia fotografata in fondo al mare.

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Archeologia subacquea

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I piani dell’invasione erano già pronti e, contro l’arrendevolezza del consiglio federale, il comandante elvetico Guisan mise a punto una efficace e articolata strategia difensiva. Ma non fu necessario attuarla, perché il Führer capì che non serviva conquistare il paese per controllarne il potere finanziario. Gianluca Lentini ci racconta una pagina poco nota della storia recente

1940: L’orco nazista punta alla Svizzera

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71Aprile 2012 BBC History Italia

Seconda guerra mondiale - 3a

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“Primo agosto 1291, primo agosto 1940: due date, due svolte nella nostra storia che mettono a nudo la malizia dei tempi, oggi come allora. Qualche giorno fa si trovavano

riuniti sul praticello del grütli i comandanti e i corpi di truppa del nostro esercito: di fronte al loro generale, 650 ufficiali di ogni arma, incorporazione, di ogni età e di ogni grado, di religione e di professione e di lingue diverse, ma tutti fratelli, tutti uniti dalla stessa convinzione…”.

Con queste parole Henri guisan, generale comandante in capo dell’esercito svizzero durante la seconda guerra mondiale, si rivolge alle sue truppe alla fine di luglio del 1940 sul prato del grütli, luogo mitico del giuramento dei primi confederati di Uri, schwyz e Unterwalden, nel 1291. La “malizia dei tempi” è la medesima espressione usata nel giuramento di quasi 700 anni prima: allora contro la minaccia asburgica, adesso contro il pericolo nazi-fascista.

guisan dà una sferzata senza precedenti al tremebondo consiglio federale elvetico e sfida apertamente i tedeschi scimmiottando, nel suo tedesco dal forte accento un popolo, ma siamo molti popoli. Noi non siamo un reich, ma siamo molti stati. Noi non abbiamo un Führer, ma abbiamo uomini liberi. ora siamo noi i difensori della libertà in Europa e nel mondo. E non ci arrenderemo mai!”

Un boccone facile facileLa Francia ha capitolato il 25 giugno e la svizzera è ancora sotto shock. Le truppe elvetiche sono mobilitate da maggio, quando ancora si temeva che la germania avrebbe cercato di aggirare la linea maginot da sud, entrando in Francia dalla svizzera. La situazione è ora estremamente delicata: i nazisti hanno trovato a

Il panzergruppe di Guderian è a pochi chilometri dal

confine della confederazione

Digione gli atti, firmati da guisan nel marzo 1940, relativi all’alleanza e alla promessa di assistenza dell’esercito francese a quello svizzero in caso di attacco tedesco alla confederazione. inoltre, il 23 giugno l’esercito federale ha abbattuto 12 aerei tedeschi che avevano invaso lo spazio svizzero: la politica di neutralità elvetica è compromessa e i tedeschi hanno un casus belli più che sufficiente per motivare una ritorsione contro la confederazione. E se il Führer decide di invadere un paese confinante non ha certo bisogno di un pretesto. Hitler, del resto, ha affermato pubblicamente che “la svizzera possiede il popolo più miserabile e il più disgustoso sistema politico; gli svizzeri sono i

nemici mortali della nuova germania”, e sta predisponendo un primo piano di invasione. La dodicesima armata tedesca del generale Wilhelm List, che aveva superato il reno superiore, e il panzergruppe guderian sono stanziati sull’altopiano di Belfort, a

pochi chilometri dal confine occidentale della confederazione. gli uomini del comandante generale Wilhelm ritter von Leeb sarebbero pronti a entrare in svizzera, secondo il piano consegnato all’alto comando tedesco da otto Wilhelm von

menges. Un totale di quindici divisioni sarebbero impegnate nell’attacco. Che probabilità ha la svizzera per opporsi a un attacco? È accerchiata da tutti i lati: il terzo reich, l’italia fascista, la Francia occupata e l’austria annessa alla germania. inoltre, la linea di demarcazione tra la Francia occupata e la Francia di Vichy è volutamente tracciata in modo da coprire buona parte del confine svizzero occidentale, di fatto chiudendo la confederazione in una morsa nazi-fascista. Le maggiori città svizzere non sono difendibili: Zurigo è molto prossima al confine del reich, Basilea è sul confine franco-tedesco, Berna è appena al di là del dolce

massiccio del giura, ginevra è praticamente un’enclave in territorio nazista. La svizzera italofona non ha confini naturali che la proteggano da un’invasione fascista. La svizzera è dunque un boccone appetitoso già servito nel piatto, non c’è che da ingoiarlo. L’ideatore del piano di invasione menges ritiene improbabile una vera resistenza svizzera, aspettandosi al contrario un epilogo all’austriaca, un anschluss relativamente tranquillo al massimo preceduto da qualche

schermaglia simbolica lungo i confini. Berna deve essere conquistata velocemente, “prima che gli

svizzeri si rendano conto di cosa sta succedendo”. È tutto pronto, dunque, tutto pianificato, ma

l’ordine di invadere non arriva, a quanto sembra per divergenze di opinioni tra Hitler e mussolini sulla

spartizione della svizzera occupata.

Interno del Fort Saint Maurice, Canton Vallese, uno dei

complessi fortificati del Ridotto Nazionale.

Il Generale Henri Guisan, artefice

del piano di difesa nazionale svizzero.

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72 BBC History Italia Aprile 2012

l’abbandono delle principali città e della gran parte della popolazione all’occupante nazifascista, per affidarsi a una tattica di guerriglia alpina, sabotaggio e logoramento dell’invasore.

sui contrafforti alpini nasce il “ridotto nazionale”, che consiste in una serie di forti e gallerie sotterranee dove sarà stanziata buona parte dell’esercito federale, e dove verranno raccolte il massimo possibile delle munizioni e delle provviste. si calcola che entro la metà di agosto di quel 1940 il 56% delle armi (e il 76% di tutte le armi pesanti) fossero già state portate all’interno del ridotto. in base a questo piano di difesa, da ovest ad est, dal Vallese al cantone di san gallo, e nello spazio di un solo anno, la svizzera viene attrezzata con un sistema di oltre 70 fortificazioni che hanno come punti nevralgici Fort saint-maurice, il forte del gottardo e il forte di sargans, ognuno dei quali può ospitare oltre mille uomini. Le fortificazioni e i tunnel sotterranei, per un totale di oltre diecimila tra piccoli avamposti, posti di osservazione e vere e proprie cittadelle, rappresentano la speranza di poter arginare l’imminente avanzata nazista.

La preda ambita: le banche svizzereguisan istituisce anche un sistema serrato di turni nell’esercito confederale, annullando la smobilitazione del consiglio federale. Questo gli permette di disporre in ogni momento di 120 mila uomini sotto le armi. oltre duemila ponti, dighe, gallerie ferroviarie e luoghi strategici d’interesse militare lungo lo spartiacque alpino vengono minati, pronti ad essere fatti saltare per rendere ardua la conquista dei luoghi di transito tra la germania e l’italia, il gottardo e il sempione innanzitutto. Le industrie, centrate tra Basilea e soletta e dunque prossime al confine tedesco, lavorano a pieno ritmo all’ammodernamento dell’artiglieria.

La strategia di Guisan prevede una esigua avanguardia ai confini e truppe stanziate sui contrafforti delle Alpi

Il piano originale dell’attacco, messo a punto dal capitano Otto Wilhelm von Menges, il 26 giugno 1940. In blu, la posizione della Limmat prevista da Guisan (da S. Halbrook “Target Switzerland”, 1998).

La politica della rassegnazioneil consiglio federale, l’organo che funge da governo e capo di stato collegiale della confederazione, sembra dare ragione all’ottimismo di menges e si trova nell’impasse più assoluta: spera nella cessazione dei combattimenti dopo la resa della Francia e vuole mostrare il massimo della disponibilità verso l’asse dopo averne provocato la collera con l’abbattimento di 12 aerei. Perciò ordina una parziale smobilitazione dell’esercito e si rivolge al popolo con un discorso radiofonico del consigliere marcel Pilet-golaz che mostra un atteggiamento di rassegnazione e di arrendovolezza: “gli svizzeri presto dovranno abbandonare il loro antico ruolo in Europa, e abbracciarne uno nuovo… Non tutte le decisioni del consiglio federale potranno essere spiegate e giustificate al popolo svizzero: gli avvenimenti marciano veloci, e bisogna agire di conseguenza… il momento non è più quello di guardare malinconicamente al passato, alle vecchie routine ossificate, ma di guardare con risolutezza in avanti per contribuire con tutte le nostre forze, con modestia e utilitarismo, allo stabilirsi di un nuovo mondo”.

Vi è nel discorso una chiara allusione all’erosione della democrazia diretta e all’arrivo di scelte impopolari. sono sentimenti così estranei allo spirito elvetico che alcuni giovani ufficiali arrivano a concepire l’idea di un colpo di stato. in questo contesto s’inquadra la sferzata di guisan e del discorso del grütli. Un mese dopo la parziale smobilitazione, guisan riunisce le truppe nel luogo simbolo della confederazione e le

chiama a riscoprire il senso più autentico della loro storia, proponendo un piano di difesa del paese. La strategia è quella della cosiddetta “posizione della Limmat”, dal nome del fiume che attraversa Zurigo: avanguardia dell’esercito lungo i confini, battaglia nel massiccio del giura e sull’altopiano, finalizzata a guadagnare tempo, mentre si raccolgono provviste e munizioni sui contrafforti alpini, dove verrà stanziata la gran parte delle truppe confederali. Nelle parole di guisan, il disegno strategico è di “mantenere la mobilizzazione dell’intero esercito e assicurarci il possesso di tutti i passi alpini in ogni circostanza; quindi tenere l’altopiano svizzero e tutte le sue risorse il più a lungo possibile e proteggere la finalizzazione della preparazione delle nostre truppe nelle Prealpi il più a lungo possibile”. in ogni caso, la strategia prevede

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Seconda guerra mondiale - 3

Luglio 1940: la Posizione della

Limmat (a Nord, in azzurro),

la Posizione Avanzata

(in giallo) e il Ridotto Nazionale

(Area Centrale, in verde):

evidenziati dai rettangoli bianchi

i tre forti principali del Ridotto,

Saint Maurice nel Vallese, il Gottardo

e Sargans (da S. Halbrook “Target

Switzerland”, 1998).

alla fine del 1941 il ridotto nazionale è completato e guisan considera sufficiente la quantità di provviste e munizioni accumulate: viene così diminuito il numero di effettivi al confine, abbandonata la posizione della Limmat e aumentato il numero di soldati ammesso nel ridotto. Questa strategia difensiva diventa un potente dissuasore per l’eventuale invasione, e contribuirà in modo significativo al cambiamento di strategia del terzo reich nei confronti della confederazione.

il comando tedesco, e menges in particolare, reagiscono rapidamente all’ardito piano strategico di guisan. Progettono prima l’operazione “Caso Verde” (agosto 1940), che prevede un attacco a tenaglia su Berna e Fort saint-maurice, oltre ad una contemporanea avanzata da est verso il forte di sargans, con un totale di 21 divisioni. Poi mettono a punto l’operazione tannenbaum (“albero di Natale”, ottobre 1940), che vede il numero di divisioni ridursi a 11.

il fatto è che, nella mente di Hitler, si fa sempre più chiara la consapevolezza di poter sfruttare il sistema bancario, economico e industriale della svizzera senza necessità di invadere un paese che si presenta di difficile conquista, ben preparato militarmente e strategicamente non indispensabile. si può ottenere il massimo della collaborazione dalla svizzera, ragiona il Führer, senza impiegare risorse militari preziose per il fronte occidentale, non ancora pacificato secondo i piani nazisti, e per la successiva “operazione Barbarossa” di attacco all’Unione sovietica.

L’alto comando tedesco e il ministero degli Esteri del Gianluca Lentini è ricercatore universitario ed esperto di storia svizzera.

reich, nelle parole di Ernst von Weizsaecker, cominciano a definire “indigeribile” l’istrice svizzero incuneato nel territorio dell’asse e a smentire le ipotesi di menges. intanto le energie della germania si rivolgono a un’altra possibile operazione, lo sbarco in gran Bretagna previsto per il settembre 1940 e destinato anche questo ad abortire. Henri guisan, l’anima della progettata resistenza, diventa per gli svizzeri una sorta di eroe popolare per aver contribuito a sventare i piani d’invasione. ma il suo coraggio non impedisce che ancora oggi la realpolitik della confederazione, dall’acquiescenza del consiglio federale alla neutralità armata dopo il 1941, sia oggetto di una analisi critica da parte degli storici. E che contro di essa si esercitino azioni legali, come le “class action” intentate contro le banche svizzere dal Congresso Ebraico mondiale negli anni Novanta.

Operazione Tannenbaum, ottobre 1940: piano d’attacco da cinque direttrici principali (lettere da A ad E), incentrato su Berna e Sargans (da S. Halbrook “Target Switzerland”, 1998).

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Illustrazione ad acquarello

dei monaci Ospitalieri, i futuri Cavalieri di Malta,

nel XIV secolo.

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in dai primi secoli dell’era cristiana, la terrasanta è meta di pellegrini, soprattutto dopo che l’imperatore costantino (280-337) vi ha fatto edificare la prima chiesa del santo sepolcro.

con il passare dei secoli, si pone il problema di dare un ricovero e un’assistenza a tutti gli “animati dalla fede”, che si mettono in viaggio per Gerusalemme, specie dopo che la città è stata conquistata dagli arabi musulmani (637) e, nella seconda metà dell’Xi secolo, diventa preda dei turchi selgiuchidi. nasce così, nel 1048, la chiesa di santa maria latina, con annesso monastero, che svolge anche funzioni di Hospitale. Quando, nel 1099, Gerusalemme è conquistata dai crociati, la congregazione che anima il monastero-ospedale assume il nome di “ordine dei cavalieri ospitalieri di san Giovanni”.

Ordine monastico e cavallerescoil nuovo ordine conserva e rafforza il suo carattere di congregazione monastica, i cui membri sono soggetti ai voti di castità, povertà e obbedienza. ma, date le difficili condizioni legate alla guerra con i musulmani in cui è costretto ad operare, assume anche la funzione di un corpo militare, con un quarto voto che prevede lo “stare in armi”. la cura che “cavalieri” dedicano ai feriti e ai malati è scrupolosa e caritatevolmente cristiana: dopo la

Fconfessione e la comunione, ogni paziente viene messo a letto “come fosse un signore… e nutrito caritatevolmente secondo le possibilità”.

Gli ospitalieri vantano, oltretutto, approfondite conoscenze nella medicina, nella farmacopea e nell’alchimia, apprese sia dagli arabi che dai bizantini,

cognizioni al momento del tutto sconosciute in occidente. il 15 febbraio 1113, con la bolla “piae postulatio”, papa pasquale ii approva lo statuto dell’ordine. nel 1120, con l’avallo del papa calisto ii, al fondatore, il beato Gerardo sasso, succede fra’ raymond du puy, il primo Gran maestro. i suoi cavalieri indossano una veste nera con la

croce a otto punte cucita sul petto e con una cintura sormontata da una clamide nera, caricata sull’omero sinistro di un’eguale croce bianca. per adattare lo statuto alle necessità dei crescenti impegni militari, si introducono delle modifiche che dividono i monaci in tre distinte categorie: i cavalieri veri e propri, combattenti di terra e di mare (l’ordine si è infatti dotato di una flotta), rigorosamente scelti tra le file della nobiltà e chiamati fratelli (i bastardi non sono ammessi, con eccezione dei figli di sovrani e principi di sangue); i cappellani conventuali (membri del clero che si occupano delle attività religiose); serventi d’armi (la bassa forza di origine non nobile). per tutti rimane l’imperativo primario di assicurare il servizio di assistenza e cura ai malati. in seguito saranno

Gli Ospitalieri conoscevano a fondo

la medicina, la farmacopea

e l’alchimia

Sono gli eredi degli antichi Ospitalieri, nati per assistere i pellegrini in Terrasanta e combattere l’Islam. In quasi un millennio, hanno

cambiato più volte sede e nome, fino a trasformarsi in una organizzazione influente e potentissima. Mario Bussoni ci racconta l’affascinante storia di questo Ordine, che ha dignità di stato sovrano rappresentato all’Onu

Monaci senza saio,

cavalieri senza cavallo

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Il Sovrano Ordine di Malta

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con il permesso di lasciare l’isola insieme con i suoi monaci e ad oltre 4.000 abitanti che hanno scelto di seguirlo. dopo un penoso peregrinare fra candia, messina e Baia (napoli), la flotta di profughi ottiene da papa clemente Vii il permesso di gettare l’ancora a civitavecchia. l’ordine approda così a roma (e in seguito installerà la propria sede a Viterbo). Finalmente, nel 1530, l’imperatore carlo V, su richiesta del pontefice, concede ai monaci dell’ospedale l’isola di malta, insieme con Gozo e al feudo di tripoli.

da questo momento, l’ordine prenderà il nome di sovrano ordine militare di malta (smom) e per i suoi affiliati ha inizio una nuova storia. nell’isola, arida, sassosa, pressoché priva di vegetazione, i monaci si danno un gran daffare per trasformarla in un luogo al tempo stesso accogliente e munito contro gli attacchi di turchi e corsari. tra il 18 maggio e l’8 settembre del 1565, il Gran maestro Jean parisot de la Vallette riesce a mettere in fuga le navi saracene e in suo onore sarà edificata la città che prenderà il suo nome, la Valletta. la flotta dei cavalieri ospedalieri avrà un ruolo importante anche nella storica battaglia navale di lepanto, nel 1571.

dopo quasi tre secoli di imprese gloriose, e talvolta eroiche, l’ordine si arrende senza combattere a napoleone Bonaparte, che il 12 giugno 1798 occupa l’isola. nel 1802, il trattato di amiens tra Francia ed inghilterra, che pone fine alla ii coalizione, decide per malta il ritorno alla situazione precedente e sancisce la “perpetua neutralità, indipendenza e sovranità” dell’ordine sull’isola. pur ratificato e mai revocato, l’accordo non trova applicazione. Uscito di scena napoleone, il trattato di parigi (1814) assegna l’isola alla Gran Bretagna, e vane saranno le proteste di monaci e abitanti. nel 1834 l’ordine torna a roma, dove stabilirà la sua nuova e definitiva sede. da qui, tenendo fede all’impegno e allo spirito filantropico originari, organizzerà attività umanitarie in tutto il mondo. attualmente, l’incarico di Gran maestro è tenuto da matthew Festing, nominato nel 2008.

Uno stato senza territoriocome si è visto, nel corso di quasi mille anni di storia l’ordine ha cambiato più volte il nome. oggi, quello ufficiale e legale è “sovrano militare ordine ospedaliero di san Giovanni di Gerusalemme, di rodi e di malta”.

ammessi nell’ordine “per devozione” anche laici onorari, che però non prenderanno i voti. nel 1291, san Giovanni d’acri, ultimo possedimento cristiano in terra d’oriente, viene espugnata dal califfo mamelucco melee serap. i cavalieri dell’ospedale, che hanno partecipato alla difesa della città, riparano a cipro, feudo del principe enrico ii di lusignano, installando il proprio comando a limisso. tale sistemazione non è confacente ai compiti di assistenza dell’ordine e così viene individuato un nuovo obiettivo: rodi. a guidare nel 1310 l’operazione di sbarco nell’isola, che appartiene all’imperatore di costantinopoli andronico ii paleologo, è il Gran maestro fra’ Foulques de Villaret.

L’approdo a Maltanel 1312, dopo il brutale scioglimento dei templari, con la bolla “ad providam”, papa clemente V rende i cavalieri di rodi beneficiari di gran parte dei beni sequestrati agli antichi “rivali” in terrasanta. nel

frattempo, l’ordine si trasforma in un vero e proprio stato indipendente,

batte moneta e mantiene relazioni diplomatiche con numerosi paesi. aumenta anche la propria forza militare, dotandosi di una flotta rispettata e temuta persino dai corsari barbareschi.

nel 1453, costantinopoli cade sotto i colpi degli ottomani e si conclude drammaticamente la fine

dell’impero bizantino. rodi si ritrova ad essere una sorta di avamposto isolato nell’impero turco. tuttavia resisterà ancora per quasi 70 anni agli assedi e ai tentativi di conquista

portati dai nuovi padroni del mediterraneo orientale. capitolerà solo nel 1522 quando l’attacco viene condotto da solimano il magnifico. il 18 dicembre, dopo sei mesi di un assedio forsennato, le truppe di

solimano riescono ad occupare rodi. il Gran maestro philippe de Villiers de

l’isle-adam è costretto alla resa, che gli viene concessa con l’onore delle armi e

Il beato fra’ Gerardo Sasso, fondatore dell’ordine nel 1099.

Come funzionava un ospedale dei cavalieri di Malta lo si può vedere in questa ricostruzione della casa di curacostruita a La Valletta nel 1574, che poteva ospitare fino a 600 pazienti.

Ai Cavalieri di Rodi andarono i beni sequestrati al soppresso ordine cavalleresco dei Templari

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tuttavia, si usano anche le denominazioni semplificate di “sovrano militare ordine di malta” (smom), “sovrano ordine di malta” e “ordine di malta”. a loro volta, i cavalieri nascono con il nome di cavalieri ospitalieri (o ospedalieri). ma sono anche chiamati cavalieri di san Giovanni (con riferimento a san Giovanni Battista), Giovanniti o Gerosolimitani. in seguito ricevono il nome di cavalieri di rodi (dal 1310) e di cavalieri di malta (dopo il 1530), denominazione quest’ultima che oggi è la più frequentemente adoperata. secondo la carta costituzionale, il sovrano militare ordine di malta si divide in tre ceti. al primo ceto appartengono i cavalieri di giustizia (professi) e i cappellani conventuali professi, ai quali sono richiesti i voti di povertà, castità e obbedienza. sono ritenuti religiosi a tutti gli effetti, secondo i dettati del diritto canonico, ma non sono obbligati alla vita in comune.

il secondo ceto raccoglie i cavalieri che si impegnano a vivere secondo i precetti cristiani e nel rispetto delle regole riferite allo spirito dell’ordine. Questo ceto raccoglie a sua volta tre categorie: cavalieri e dame di onore e devozione in obbedienza; cavalieri e dame di grazia e devozione in obbedienza; cavalieri e dame di grazia magistrale in obbedienza. il terzo ceto è costituito da laici, che non sono sottoposti a voti né alla promessa, ma vivono secondo i princìpi della chiesa cattolica e dell’ordine. Quest’ultimo ceto è suddiviso in sei categorie: cavalieri e dame di onore e devozione; cappellani conventuali ad honorem; cavalieri e dame di grazia e devozione; cappellani magistrali; cavalieri e dame di grazia magistrale; e donati e donate di devozione. i cavalieri e dame dell’ordine di malta, che raggiungono oggi il numero di 13.500, devono mantenere una condotta esemplare sia nella vita privata che pubblica e contribuire a rendere operante la

Elezione del gran maestro fra’ Matthew Festing, avvenuta l’11 marzo 2008. Nella foto sotto, Villa Magistrale, sull’Aventino a Roma, una delle due sedi ufficiali dell’Ordine.

tradizione dell’ordine. il “sovrano militare ordine di malta” è considerato uno stato a tutti gli effetti. sebbene non possieda territori (a parte le due residenze romane), è riconosciuto come tale dagli altri stati, dall’onu e da varie organizzazioni internazionali. oggi, il Gran maestro governa l’ordine come sovrano

e superiore religioso. È eletto a vita dai cavalieri con voti perpetui. da lui dipende il sovrano consiglio, formato da Gran commendatore, Gran cancelliere, ospedaliere e ricevitore del comun tesoro e da altri sei consiglieri, tutti eletti dal capitolo generale con un mandato di cinque anni. il consiglio del Governo e la camera dei conti, i membri dei quali sono eletti dal capitolo generale, assistono il Gran maestro e il sovrano consiglio.

L’Ordine com’è oggil’ordine di malta ha sede ufficiale a palazzo magistrale, a roma in via condotti 68. inoltre, possiede Villa magistrale, in piazza cavalieri di malta, sull’aventino, sempre a roma. entrambi i luoghi godono delle prerogative dell’extraterritorialità. l’ordine ha un governo e una magistratura propri. in quanto stato sovrano, intrattiene rapporti diplomatici a livello di ambasciata con 104 paesi, anche non cattolici. ovunque mantiene una posizione di assoluta neutralità, imparziale e apolitica. inoltre conta rappresentanze in vari paesi europei, osservatori permanenti e rappresentanze ufficiali presso le nazioni Unite (onu), l’Unione europea e in numerose organizzazioni internazionali. l’attività operativa dell’ordine è ripartita in sei Grandi priorati, sei sottopriorati e 47 associazioni nazionali. l’ordine rilascia passaporti, emette francobolli, batte moneta e dà vita a organismi dotati di personalità giuridica autonoma. il Gran maestro, riconosciuto come capo di stato al quale spettano onori sovrani, mantiene il titolo di eminenza e di altezza, o di altezza eminentissima, con poteri sia religiosi che civili. oggi l’ordine gestisce ospedali, centri medici specialistici e strutture assistenziali in tutto il mondo.

Mario Bussoni è giornalista e autore di volumi di storia contemporanea.

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Il Sovrano Ordine di Malta

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Erano occasionali ladri di bestiame, diventarono gli eroi dello scontro feroce tra piccoli proprietari terrieri e grandi allevatori. Come ci racconta Julie Peakman,

combattevano contro i soprusi della classe dominante rapinando le banche e assaltando i treni, inseguiti da sceriffi e vigilantes ma osannati

dal popolo dei pionieri e dei cowboys

Butch Cassidy fu la vera mente dei colpi del “Mucchio Selvaggio”.Sundance Kid fu uno dei più abili pistoleri del West.

Butch Cassidy e Sundance Kid

leggendaCosìnacque la loro

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La grande epopea del West

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La mattina del 24 giugno 1884, quattro uomini a cavallo entrarono in una cittadina chiamata telluride, in Colorado. Due di loro smontarono ed entrarono nella San miguel Valley Bank, con i volti coperti dal fazzoletto; gli altri rimasero

fuori a tenere i cavalli. Uno dei due tirò fuori una pistola e la piantò sotto il naso del cassiere, poi chiamò i complici: “avanti, ragazzi, potete entrare”. Gli altri due entrarono nella banca, raccolsero tutto il denaro che riuscirono a trovare e si diressero verso la porta. Balzarono a cavallo e, lanciandosi al galoppo, lasciarono la città, sparando in aria per spaventare chiunque fosse stato tanto pazzo da inseguirli. Lo sceriffo locale riuscì a mettere insieme una schiera di volontari per dare la caccia ai rapinatori, ma dopo due ore di ricerche infruttuose decisero tutti di tornarsene a casa. i giornali riferirono che i quattro fuorilegge erano fuggiti con un bottino di 21 mila dollari. Quella che abbiamo raccontato fu una delle prime rapine compiute da Butch Cassidy e Sundance Kid. La loro variegata carriera nel “mucchio Selvaggio”, una delle più celebri gang di fuorilegge della storia americana, è stata raccontata in centinaia di film, libri e documentari. ancora ci si chiede, tuttavia, che cosa spinse Butch e Sundance a diventare protagonisti della scena criminale dell’epoca. E soprattutto perché ottennero la protezione dei cowboys e furono acclamati come eroi? nuove ricerche e documenti negli archivi dello stato del Wyoming testimoniano come Butch e Sundance si adattarono perfettamente alla mentalità e alla cultura di quei pionieri e ladri di bestiame che andavano insediandosi nelle vaste praterie del West, intervenendo direttamente nelle lotte feroci tra grandi proprietari terrieri e piccoli coltivatori.

Pionieri e ladri di bestiamea quel tempo il West era visto come una terra dalle grandi opportunità per chi vi giungeva dall’Est. numerosi cowboys vennero a cercarvi una nuova vita. tra loro vi erano anche il giovane Robert LeRoy e Harry a. Longabaugh (che presto divennero Butch e Sundance). Butch aveva lasciato la sua casa nello Utah a 18 anni, aveva lavorato nei ranch e si era infine spostato verso telluride. Era un giovane avventuriero, desideroso di costruirsi una nuova vita. Sundance aveva lasciato la Pennsylvania quando aveva solo 15 anni: si era aggregato al cugino George, che era partito con moglie e figlio per raggiungere Durango, in Colorado.

Un provvedimento di legge del 1862 permetteva a tutti i componenti di una famiglia che avessero più di 21 anni di richiedere 160 acri di terreno dove stabilirsi, a condizione che costruissero una casa e mantenessero la residenza per almeno cinque anni. inoltre, il Desert Land act del 1877 dispose che chiunque poteva comprare fino a 640 acri di terra abbandonata a 25 cents all’acro. Queste norme ebbero forti ripercussioni negative sui proprietari dei grandi ranch, che videro il terreno pubblico, su cui lasciavano pascolare il

bestiame, diventare proprietà degli ultimi arrivati.La famiglia Longabaugh si trasferì in una fattoria a

Cortez, in Colorado, intorno al 1884. Poco dopo, Sundance trovò lavoro come mandriano in un ranch, mentre il fratello minore di Butch, Dan Parker, fu assunto in un ranch vicino, a monticello, nello Utah. Fu

così, probabilmente, che i due ebbero occasione di conoscersi. Certo è che restarono amici fino alla morte. Butch era un ragazzo allegro, accomodante e burlone, benvoluto dai vicini e sempre pronto a dare una mano. Sundance, invece, era più distaccato, probabilmente a causa della sua timidezza, il che non gli impedì di diventare presto uno dei più bravi tiratori del West. Era alto e di bell’aspetto, un vero damerino, ma aveva le gambe storte e soffrì di tosse catarrosa per tutta la vita. al tempo in cui Butch e Sundance si incontrarono, entrambi avevano già avuto a che fare con la legge.

i grandi proprietari mal sopportavano i contadini e i cowboys, che avevano unito le forze per costruirsi dei piccoli ranch. Subivano anche ingenti perdite di bestiame, a causa dei capi che venivano continuamente rubati. Era abbastanza comune per gente come

Sundance era alto e di bell’aspetto, quel che si diceva un vero damerino

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1. Il vero nome di Sundance Kid era Harry Alonzo Longabaugh. Era l’ultimo di cinque figli di una famiglia battista proveniente da Phoenixville, in Pennsylvania.

2. Will Carver nacque nel 1868 a wilson Country, in Texas, ultimo di due figli. Fu ucciso il 2 aprile del 1901.

3. Benjamin Arnold Kilpatrick. Conosciuto come il “texano alto” per la sua altezza di 183 cm, fu ucciso mentre rapinava il Southern Pacific Train in Texas.

4. Harvey “Kid Curry” Logan nacque nel 1867, forse a richmond, nello Iowa. Si diceva fosse un assassino senza pietà.

5. Butch Cassidy, il cui vero nome era robert Leroy Park, nacque a Beaver nello Utah nel 1866. Progettò la maggior parte dei colpi messi a segno dal “mucchio Selvaggio”.

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Il “Mucchio Selvaggio”

I principali colpi della bandaE rapina alla banca di Belle Fourche: il 28 giugno del 1897 alle 10 del mattino sei cowboy – Sundance Kid, i cugini Harvey e Lonnie Logan, george Currie, Tom o’Day e walt Putney - rapinarono la Butte Bank nella State street, a Belle Fourche. Bottino: solo 97 dollari .

E Assalto al wilcox Train della Union Pacific: alle 2 del mattino del 2 giugno 1899 in quattro assaltarono un treno della Union Pacific. Poiché l’impiegato Charles E. woodcock si rifiutava di aprire la porta del vagone, la fecero saltare con la dinamite. La banda se ne andò portando via circa 34.000 dollari tra banconote e gioielli.

E rapina alla banca nazionale di winnemucca: il 19 settembre del 1900, a mezzogiorno, tre fuorilegge – si pensa fossero Sundance, Carver e Logan - entrarono nella banca e la svaligiarono, portando via 32.640 dollari.

La banda in posa per il fotografo. I numeri corrispondono ai nomi dei banditi, che si trovano nell’elenco a sinistra.

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Butch e Sundance rubare o comunque appropriarsi dei bovini che si allontanavano dalle grandi mandrie e ottenere così un marginale profitto mentre lavoravano come aiutanti nei ranch. Gli uomini di legge e i grandi proprietari cominciarono a darsi man forte per tutelare i loro interessi contro il nemico comune: i nuovi arrivati. i ricchi allevatori di bestiame e i grandi rancher, insieme con potenti speculatori, avevano costituito e la “Wyoming Stock Growers association” negli anni ’70 per proteggere i loro affari. Presto ingaggiarono dei detective per cacciare, imprigionare o uccidere qualsiasi cowboy che non sottostava alle loro regole. Gli occasionali furti di bestiame furono presto sanzionati con l’introduzione della maverick Law nel 1884, che vietava a chiunque di avere vitelli senza marchio, tranne la “Wyoming Stock Growers association”. il risultato fu che tutti i mandriani sorpresi con bovini senza marchio furono accusati di furto di bestiame. Questo fu uno dei motivi per cui il ventenne Sundance finì nei guai nel 1887; aveva trovato lavoro come aiuto mandriano presso il VVV Ranch sul fiume Belle Fourche, nel Wyoming. Quando se ne andò venne accusato del furto di un cavallo bigio, di un revolver e di una sella, spariti dal momento in cui se ne era andato. John Clay, che gestiva il VVV Ranch e stava per divenire il presidente della “Wyoming Stock Growers association”, spinse lo sceriffo di Crook County, James Ryan, a inseguire Sundance e a riportarlo indietro. il 3 agosto del 1887 il nostro fu condannato a 18 mesi di lavori forzati. ma si vendicò ben presto, il 28 giugno 1897, rapinando la Butte Bank a Belle Fourche, nel South Dakota, banca di cui Clay era tra i maggiori azionisti.

Cominciano i linciaggiPer cacciare i piccoli proprietari, i grandi allevatori si avvalevano di banditi mercenari assoldati per l’occasione. Fu così che, nel 1889, “Cattle Kate” e il suo compagno James averill furono assassinati con un colpo di pistola e appesi a un palo fuori dal loro ranch. La “Wyoming Stock Grower association” li aveva accusati di essere ladri di bestiame, benché non avesse alcuna prova. Questa esecuzione fu la scintilla che scatenò una furibonda rivolta da parte dei contadini. il responsabile del linciaggio, George Henderson, non era solo il capoccia dei ranch di John Clay ma era anche stato assoldato per dare la caccia ai ladri di bestiame. Quando Clay ricevette un telegramma che lo informava

dell’avvenuto linciaggio, avvertì immediatamente la “Wyoming Stock Growers association”, che si preoccupò di fornire una adeguata protezione ai responsabili di quella l’esecuzione senza processo di un uomo e una donna probabilmente innocenti.

tutta la storia venne alla luce appena un mese dopo che Butch e Sundance avevano compiuto la rapina a telluride. Con il denaro che finiva nelle casse delle banche grazie ai contributi dei membri della “Wyoming Stock Growers association” e degli azionisti della società ferroviaria “Union Pacific Railroad”, rapinare quella banca deve essere parsa una giusta vendetta per i due, tanto più che gli adirati pionieri erano pronti a proteggere chiunque intendesse colpire gli interessi dei loro nemici. Con Sundance in prigione per quella storia del furto del cavallo, Butch si procurò una fattoria con un altro cowboy, al Heiner, a Horse Creek nel Wyoming, probabilmente utilizzando i soldi della rapina di telluride. i due passarono il natale del 1889 insieme. nel 1890 Butch si trasferì nella Johnson County, una contea del Wyoming, e poi a Blue Creek. ma presto vendette la proprietà e se ne andò, molto probabilmente con qualche sceriffo alle calcagna. a sua volta Sundance, uscito di prigione, si diresse verso il montana e il Canada, arrangiandosi con qualche lavoretto. Entrambi sapevano ormai di essere nel mirino dalla giustizia.

Butch aveva 26 anni e Sundance era di un anno più giovane quando a Powder River County vi fu l’eccidio della Johnson County. i membri della “Wyoming Stock Growers association”, infuriati dalle continue ruberie dei piccoli proprietari e dei ladri di bestiame, avevano organizzato una spedizione punitiva. il 5 aprile del 1892 un treno di sei vagoni partì da Cheyenne per raggiungere Casper, nel Wyoming: a bordo c’erano 25 uomini armati provenienti dal texas, con cavalli, carri e scorte di ogni genere, tutti assunti da Frank Wolcott, grande rancher e membro del “Wyoming Stock Growers association”. Frank m. Canton, sceriffo della Johnson County, noto per aver ucciso a sangue freddo w

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La spedizione punitiva organizzata per inseguire il “Mucchio Selvaggio”, dopo la lunga serie di assalti alle banche.

Paul Newman (a sinistra) e Robert Redford nella ricostruzione cinematografica della sparatoria in Bolivia che costò la vita ai due banditi. È l’ultima inquadratura del film “Butch Cassidy e Sundance Kid” del 1969.

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un gran numero di uomini, fu pagato 5 dollari al giorno per guidare i mercenari nella spedizione contro i ladri di bestiame, con un bonus di 50 dollari per ogni ladro ucciso. La spedizione, a cui si aggregarono anche 25 vigilantes locali, era sostenuta dalla Union Pacific. Gli “invaders”, invasori, come erano chiamati i membri della spedizione, avevano una lista nera con i nomi di alcuni noti ladri di bestiame da eliminare. Un piccolo rancher, nate Champion, fu il primo: assediato nella sua casa, scaricò inutilmente contro gli assalitori i sei colpi della sua pistola prima di essere abbattuto. i suoi uccisori gli attaccarono sul petto un biglietto su cui era scritto: “Ladri di bestiame, attenti a voi”.

Abusi ed eccidi rimasero impunitiQuando Butch seppe di quella spedizione contro i ladri di bestiame, disse ai suoi amici Warner e mcCarty che voleva partecipare anche lui. Dalla parte dei ladri, naturalmente. Warner ricordò: “non ebbe bisogno di convincerci. afferrammo subito i nostri Winchester e saltammo a cavallo”. intanto un piccolo rancher, Jack Flagg, aveva dato l’allarme e una schiera di 200 uomini partì il 10 aprile, con l’intenzione di saccheggiare le case degli “invaders”. Butch decise di approfittare dell’occasione che gli si presentava e, con Warner e mcCarty, decise di rubare quanto più bestiame fosse possibile. Furono sorpresi da una banda di vigilantes e costretti a fuggire. Di ritorno alla base, la schiera dei piccoli proprietari riuscì ad accerchiare gli “invaders” e a ucciderne tre. Uno dei mercenari della “Wyoming Stock Growers association”, riuscì a scappare e informò il suo amico amos W. Barber, governatore del Wyoming, chiedendo urgenti rinforzi. Barber spedì subito un telegramma al presidente degli Stati Uniti Benjamin Harrison, sollecitandolo a inviare l’esercito. i soldati del sesto cavalleria accorsero immediatamente in

Sundance Kid con la sua fidanzata (e forse moglie) Etta Place,

nel gennaio del 1901.

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•Il “mucchio Selvaggio” frequentava spesso Hole-in-the-wall. Sia george Currie che Harvey Logan e will Carver facevano parte della banda.

•L’impiegato che custodiva la cassaforte del treno della Union Pacific era proprio Charles woodcock. E gli assalitori fecero davvero saltare la cassaforte con la dinamite.

•Il deputato degli Stati Uniti Joe LeFors fu implicato nella caccia a Butch e Sundance.

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•non ci sono prove che Butch Cassidy e Sundance Kid siano saltati da un precipizio per sfuggire all’arresto.

•Butch, Sundance e la sua fidanzata Etta non andarono in Bolivia, come si racconta nel film, ma in Argentina.

•Butch e Sundance non furono uccisi dalle raffiche dei soldati boliviani. Per non essere catturati, Butch sparò a Sundance prima di uccidere se stesso.

aiuto della spedizione voluta dalla “Wyoming Stock Growers association”. ma quando controllarono gli “invaders” scoprirono che lo sceriffo Canton aveva con sé quella lista di 70 ladri di bestiame da eliminare. La cosa finì sul “new York times” che scrisse: “Vi sono le prove per incriminare almeno 20 importanti allevatori di Cheyenne, i cui nomi fino ad ora non sono stati resi noti, nonché altrettanti provenienti da Omaha, e un gran numero di uomini che ricoprono alte cariche nello Stato del Wyoming. Saranno tutti accusati di correità con la spedizione punitiva, e per molti di loro sarà emesso un mandato di arresto”. tuttavia nessuno dei sospettati fu mai portato dinanzi a un tribunale; i mercenari, rilasciati su cauzione, fecero ritorno in texas e le accuse contro i grandi allevatori della “Wyoming Stock Growers association” furono insabbiate. i loro omicidi rimasero impuniti.

Quello stesso mese i signori del bestiame ebbero la loro piccola rivincita. al Heiner e Butch Cassidy furono arrestati e accusati di furto di cavalli. istigato dalla “Wyoming Stock Growers association”, il vice sceriffo Bob Calverly si era messo sulle tracce di Butch e, raccontò in seguito, “ci vollero un proiettile e una mascella rotta con il calcio della mia sei colpi prima di riuscire a bloccarlo”. Butch fu condannato a due anni di prigione ma ottenne il condono dopo 18 mesi di prigione.

intanto Sundance aveva investito i suoi risparmi in un saloon a Calgary, in Canada, ma anche lui non era fatto per la vita tranquilla. i disordini della Johnson County gli suggerirono l’idea di attaccare le ferrovie, i cui azionisti erano tra i sostenitori degli “invaders”. il 29 novembre del 1892 Sundance e altri due compari assaltarono il vagone della posta del Great northern train, ma si astennero dal derubare i passeggeri.

Questi furono i primi passi di una carriera criminale che continuò per un’altra quindicina di anni. in questo lungo periodo Butch Cassidy e Sundance Kid operarono insieme, si difesero dai padroni delle

ferrovie e dai grandi allevatori e seppero ribattere colpo su colpo, rubando il loro bestiame, rapinando le loro banche, facendo saltare in aria i loro treni. Fino alla sparatoria di San Vicente, in Bolivia, l’8 novembre del 1908, raccontata (con discutibile aderenza alla realtà storica) dal film “Butch Cassidy e Sundance Kid” del 1969. L’ultima impresa che mise fine per sempre alla loro epopea. il salto che avevano compiuto, da piccoli ladri di bestiame a fuorilegge leggendari, era evidente a tutti. ma non impedì che agli occhi dei maltrattati coloni del Far West quei due banditi apparissero degli eroi.

Il vero e il falso nel film

“Butch Cassidy e Sundance Kid” (1969), interpretato da Paul Newman nei panni di Butch Cassidy, Robert Redford in quelli di Sundance Kid e Katharine Ross nel ruolo di Etta Place, è il film che ha rilanciato la leggenda dei due banditi. Ma non tutto quello che vi si racconta corrisponde alla realtà dei fatti.

I soldati del sesto cavalleria accorsero in difesa dei grandi proprietari terrieri

Julie Peakman è autrice del libro “Butch, Etta and the Kid”

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Al lupo, al lupo!

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gni anno a Pretoro (Chieti), sul versante nord-est del parco nazionale della

Maiella, la prima domenica di maggio si svolge la rappresentazione de Lu lope, in ricordo di un miracolo attribuito a san Domenico. il santo, noto in abruzzo anche per il suo patronato sui serpenti celebrato il primo giovedì di maggio a Cocullo (L’aquila), secondo la leggenda avrebbe costretto un lupo a riportare indietro un infante rapito dalla culla con le sue fauci. Più precisamente, scriveva Febonio nel 1678 nelle sue Storie dei Marsi, Domenico “comandò in nome di Dio alla belva feroce che il pargoletto tosto lasciasse”. rappresentante eroico della cultura contadina che ha la meglio sulla natura selvaggia, san Domenico ricorda annualmente ai pretoresi e ai fedeli che il male si può vincere in tutte le sue mutevoli forme, che variano di secolo in secolo, di luogo in luogo: lupo, serpente, diavolo, malattia, emigrazione forzata, disoccupazione, terremoto.

Quando i bambini li amavano il rapimento di infanti e bambini da parte del lupo pare sia stato un fenomeno abbastanza diffuso non solo nel Seicento abruzzese, ma anche in altre zone d’europa, nei secoli che vanno dal medioevo all’ottocento inoltrato. Uno dei casi più famosi è certamente quello della cosiddetta Bête du gevaudan, in Francia, che ha ispirato molti studi e film come La Bestia (1975) di Walerian Borowczyk o il patto dei lupi (2001) di Christophe gans.

anche l’italia, in particolare quella settentrionale, non difettava di “belve feroci” che assalivano

giovanissimi pastorelli perfino dentro le porte delle città. alla prefettura del Serio, a Bergamo, nel 1806 viene denunciato il rapimento di un bambino dalla culla da parte di un lupo, e pochi anni prima altri lupi rapiscono e uccidono bambini

fin nel cuore di Milano: alle 8 di mattina di una calda giornata d’agosto, nei pressi dell’attuale corso Vercelli, regina Mosca, di anni 12, viene azzannata alla gola da un lupo e uccisa. Casi del genere non furono rari né isolati, come documenta il volume di Mario Comincini L’uomo e la “bestia antropofaga”.

Spostiamoci più a nord, nel cuore di Londra, dove possiamo ancora oggi osservare non un lupo, ma una sua maschera conservata nelle sale del British Museum. Questa maschera di lupo in cedro rosso, raccolta dalla spedizione di James Cook del 1778 tra gli abitanti dell’isola di Vancouver in Canada, ci ricorda che negli stessi anni i rapimenti da parte dei lupi non terrorizzavano i bambini, anzi venivano da loro ricercati. Durante la cerimonia invernale chiamata “Danza del lupo”, alcuni ragazzini venivano rapiti nelle loro case da

oLa statua di San

Domenico coperta di serpenti.

Al Santo si attribuisce

il miracolo di aver costretto un lupo

a restituire un bambino rapito.

uomini-lupi e portati nella foresta, da dove giungevano di notte le loro grida inframmezzate da ululati. i giovani, detti nella lingua locale meiat, “coloro che sono stati morsi” dal lupo, dovevano isolarsi dagli altri abitanti del villaggio e si riteneva vivessero con i lupi, comportandosi come loro. Per questo, al ritorno nel villaggio, dovevano essere “addomesticati” per ridiventare veri uomini. abbiamo riferito due situazioni diverse - rapimenti e uccisioni “reali” di bambini in italia e in Francia, rapimenti simbolici all’interno di più complessi cerimoniali a Vancouver - ma queste differenze dipendono da fattori variabili che riguardano sia il rapporto che l’uomo e il lupo hanno con il loro ambiente, sia la percezione che l’uomo ha del lupo e viceversa. Percezioni entrambe soggette a mutamenti.

È interessante osservare, per grandi linee, la storia di questi cambiamenti. Probabilmente, nelle epoche preistoriche il lupo e l’uomo non dovettero essere troppo interessati l’uno all’altro: l’uno

Ancora all’inizio dell’800 i lupi aggredivano i bimbi a Milano

La bestia feroce delle favole che terrorizza i bambini è frutto del Medioevo. Fu in quell’epoca che tra l’uomo e l’animale si scatenò una competizione violenta per procacciarsi lo scarso cibo. Prima, ci spiega Claudio Corvino, il lupo suscitava

in noi più ammirazione che ostilità. Oggi siamo impegnati a proteggerlo

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Antropologia

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non mangiava la carne dell’animale e questi stava ben attento a non scontrarsi con un essere che aveva armi taglienti e una memoria prodigiosa. a giudicare dagli emblemi degli antichi clan guerrieri dell’europa primitiva e dalle loro mitologie, doveva anzi esserci da parte dell’uomo una sorta di ammirazione verso il lupo, per la sua complessa struttura sociale, il rigoroso rispetto delle gerarchie, l’allevamento comunitario dei cuccioli, l’apprendimento delle tecniche di caccia e di difesa dei territori. Questa ipotetica ammirazione divenne frizione nel momento in cui le comunità umane passarono da un’economia di caccia a quella agricolo-pastorale: quando le prede animali disponibili su di un territorio furono decimate, il lupo si trovò costretto a dirigere la sua famelica attenzione verso l’uomo. ecco allora che divenne il nemico pubblico numero uno, il varka, “predone”, dei pastori indoeuropei, la cui radice resterà nei vari termini per “lupo”: il vlk ceco, il lykos greco, lupus latino, wolf germanico, bleis gallico. La grecia antica doveva essere ricca di lupi, come vediamo anche dalla sua mitologia, in cui

romano, seguì il disfacimento delle strutture organizzative delle campagne, il sistema delle villae romane. La grave crisi demografica, inoltre, rese l’uomo più fragile rispetto alla natura che lo circondava. L’inizio del medioevo conobbe un rapporto con gli animali selvatici, compreso il lupo, diverso da quello che l’aveva preceduto. nei diminuiti gruppi umani che occupavano l’europa, l’agricoltura aveva perso terreno in favore della caccia e dell’allevamento. La raccolta della legna e dei sottoprodotti dei boschi (bacche, erbe, frutti), come anche l’uso di farvi pascolare maiali in cerca di ghiande, misero sempre di più gli uomini a stretto contatto con i lupi. L’aumentato utilizzo di carne ricavata dagli animali domestici mise gli uomini in concorrenza alimentare con gli altri predatori, tra cui spicca in primo luogo il nostro lupo. insomma l’ostilità nei confronti di quest’animale è anche frutto di

un’aumentata ostilità tra due “consumatori” le cui nicchie ecologiche si sovrapposero.

nel periodo medievale i documenti ci parlano di un lupo diverso, di una “belva feroce” che assale e divora tutto. già Prudenzio, vescovo di troyes, nell’anno 846 scriveva di una strana invasione di lupi nella zona meridionale della Francia. in aquitania gli annales de Saint-Bertin parlano di lupi riuniti in branchi di trecento animali, pericolosi e aggressivi. notizie di tal genere, improbabili secondo una reale etologia lupina, dimostrano l’alone leggendario che permaneva attorno all’animale.

L’estinzione in Inghilterrail pericolo sembrava essere particolarmente vivo in italia. nella zona dell’emilia, nel 1247, durante la drammatica contrapposizione tra l’imperatore Federico ii e i Comuni,

Nella letteratura greca e romana il lupo è visto come nemico, ma per gli animali

In questa illustrazione di Gustave Doré, Dante e Virgilio incontrano la lupa, nel primo canto della “Divina Commedia”.

appaiono personaggi come Likaone (lupo), re dell’arcadia. Secondo il racconto che ne fa ovidio nelle sue “Metamorfosi”, il re servì a Zeus un pasto di carne umana e fu punito con la trasformazione in lupo.

Predatore, ma non di uominianalizzando le fonti letterarie greche vediamo come il lupo sia sempre inteso come un potenziale nemico per gli animali, soprattutto cervi e agnelli, ma non per l’uomo. Lo stesso vale per gli autori latini come orazio, tibullo e ancora ovidio, il quale nei suoi “Fasti” fa riferimento a una delle tante virtù magiche che si attribuivano all’animale: “Fermò spesso col canto il lupo che l’agno inseguiva; s’arrestò l’agna che fuggìa l’ingordo lupo”. Lo stesso Virgilio ce ne parla come pericoloso per le stalle (“funesto il lupo alle stalle”) e per le greggi (“la feroce leonessa insegue il lupo, il lupo la capra”). Una sola volta l’animale è definito come potenziale uccisore di uomini nell’ “eneide”, dove arrunte, ferita a morte la vergine Camilla, fugge come un lupo che, ucciso un pastore corre a nascondersi tra le selve. Sempre Virgilio riporta una credenza

popolare secondo la quale se è il lupo ad avvistare per primo l’uomo, questi perde la parola. Credenza che ancora si riscontra tra i pastori dell’italia centro-meridionale e che inconsapevolmente viene citata quando diciamo “lupus in fabula”. Con questa locuzione intendiamo

qualcosa di simile a “parli del diavolo e spuntano le corna”, ma in realtà in origine il suo significato indicava quando il

sopraggiungere di una persona troncava improvvisamente il

discorso: fabula quindi inteso come “favella”, non “favola”. La stessa apparizione del lupo nelle città del mondo classico veniva considerata come qualcosa di eccezionale, un evento che richiedeva purificazioni ed espiazioni. Forse più che altrove, a roma il lupo era visto in luce positiva: non fu forse una lupa che allattò i futuri fondatori della città?

Con la caduta dell’impero

Nel disegno di Agostino de’ Musi, Licaone, il personaggio mitologico trasformato in lupo per avere offeso Zeus.

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la paura si impadronì della gente anche a causa del moltiplicarsi di lupi che, riuniti in branchi, si aggiravano affamati intorno alle città. nella notte, racconta Salimbene de adam nella sua “Cronica”, lupi affamati penetravano nelle città e divoravano gli uomini addormentati sotto i portici o nei carri, le donne e i bambini. talvolta, addirittura, riferisce di animali che riuscivano a penetrare nelle case sfondandone le pareti. a Vicenza, gli statuti cittadini del trecento prevedevano la costruzione di un muro attorno alla città non per eventuali nemici, ma per impedire l’accesso ai lupi. era cominciata in tutta europa la grande caccia al lupo. numerosi principi e

libriE enrico comba, Cannibali e uomini-lupo, torino, il segnalibro, 1992.E gherardo ortalli, Lupi genti culture, torino, einaudi, 1997.E mario comincini, L’uomo e la “Bestia antropofaga”, milano, Unicopli, 2002.

per sAperne di più

Claudio Corvino insegna antropologia all’università la sapienza di roma

amministratori cittadini indicevano battute di caccia contro i lupi e mettevano taglie sulle loro teste. esemplare è il caso dell’inghilterra, dove fin dal X secolo i re avevano l’abitudine di mutare la condanna a morte e l’esilio nell’obbligo di uccidere un certo numero di questi animali. analogamente, anche i nobili potevano pagare in teste di lupo il tributo annuale dovuto al re.

nella seconda metà del X secolo re edgardo il Pacifico obbligò il suo vassallo re del galles a versare annualmente come tributo trecento teste di lupo. L’impegno fu mantenuto per tre anni, ma già al quarto il re gallese lamentava di non trovare più gli animali nelle sue terre. Con il mare che li teneva separati dal grande serbatoio eurasiatico, i lupi in inghilterra scomparvero già sotto enrico Vii, alla fine del Quattrocento.

a partire dal medioevo, in ogni caso, muta l’opinione che l’europa ha del lupo. Certamente qualcosa è cambiato: l’aggressione all’uomo da fatto eccezionale è diventato del tutto normale e previsto. Di certo processi di demonizzazione dell’animale hanno portato a un peggioramento della sua immagine, ma anche i fattori ecologici sopra accennati devono essere tenuti in considerazione. ritornando all’isola di Vancouver, forse ora riusciamo a capire meglio perché il lupo abbia caratteristiche “positive” e la “trasformazione” in lupo sia

Lupi affamati divorano una preda. Fu la lotta per il cibo a mettere in competizione gli uomini e i lupi, che prima convivevano con reciproca tolleranza.

ricercata dai giovani iniziati. Sull’isola, ancor oggi il lupo viene ammirato più che temuto poiché, in una società basata sulla caccia alla balena, i lupi non sono affatto dei “competitori”, né alimentari né simbolici. Ma dell’ammirazione per il lupo, a dire il vero, troviamo traccia anche in un filone secondario delle credenze europee: ancor oggi un dente di lupo si crede preservi dal malocchio e i lupi mannari medievali proteggevano i campi dalle incursioni degli spiriti maligni. tratti positivi che sono filtrati, magari inconsciamente, nel mondo dei racconti a fumetti: quando Walt Disney ha creato ezechiele, il lupo che attenta alla vita dei tre porcellini, gli ha affiancato Lupetto, il nipotino buono che non è altro che il suo alter ego positivo. Positivo è un altro protagonista dei fumetti: il Lupo alberto di Silver, innamorato della gallina Marta, i cui incontri vanno a monte a causa del cane Mosé, che lo bastona ogni volta che gli capita a tiro.

La statua in bronzo della lupa custodita nei Musei capitolini, a Roma. Ricorda l’animale che allattò i gemelli Romolo e Remo.

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Antropologia

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È Il 31 maggIo 1911. Il titanic, la seconda di tre navi di classe olympic progettate e costruite dai cantieri Harland and Wolff di Belfast tra il 1908 e il 1914, sta per essere varato. al momento del suo completamento, la nave era il più grande oggetto in movimento mai costruito dall’uomo, pesante 46.328 tonnellate e in grado di ospitare a bordo 3.547 persone, tra passeggeri ed equipaggio. gli operai visibili nella parte bassa della fotografia permettono di cogliere al meglio le ragguardevoli dimensioni del transatlantico. non fu organizzata alcuna cerimonia ufficiale per il varo del titanic, ma ciononostante oltre 100.000 persone si assembrarono sulle banchine, applaudendo e lanciando petardi. un’ora dopo il varo, il titanic fu rimorchiato in acque più profonde, in attesa di ricevere ulteriori interventi di completamento prima del suo viaggio inaugurale, fissato per l’aprile del 1912.

Fermo immagineIl battesimo del Titanic

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TitanicUn tragico mito che non affonda

Cento anni fa si consumava nelle acque gelide del nord Atlantico il più grave naufragio della moderna marineria, frutto non solo di fatalità, ma anche di

inesplicabili errori. La rievocazione di Bruno Cianci mette in luce aspetti poco noti e sconvolgenti di quell’evento, che provocò la morte di 1.517 passeggeri

L’affondamento del Titanic, avvenuto

il 14 aprile del 1912 nelle acque gelide del nord Atlantico,

in una illustrazione dell’epoca.

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Tragedie del mare

naffondabile”: con questa definizione un transatlantico dalle linee snelle e seducenti guadagnò il mare presso i cantieri Harland & Wolff di belfast il 30 marzo 1911. le sovrastrutture e lo

scafo in acciaio, lungo 269 metri e largo 28, erano già stati completati, ma ancora mancava l’allestimento degli interni, un’operazione che avrebbe richiesto un anno intero lavorando a pieno regime. nei piani della società armatrice, la britannica White star line, era previsto che il titanic, come fu chiamata la nave, fosse la massima espressione della tecnologia del tempo, oltre che il più lussuoso e confortevole transatlantico che mai avesse solcato i mari. quest’ultimo aveva un gemello, l’olympic, impostato poco prima, ma alcune piccole differenze e migliorie avrebbero fatto del titanic la punta di diamante della flotta. in virtù del servizio postale che la nave avrebbe espletato per conto del governo di sua Maestà, accanto a quello di trasporto passeggeri, fu aggiunto un prefisso al nome: RMs, sigla di “Royal Mail ship”.

Lusso ed errori di progettazionel’allestimento di bordo, da completarsi entro il 31 marzo 1912, prevedeva per la prima classe alcune suite “presidenziali” e “reali” dotate di tre camere da letto ciascuna, oltre a 34 appartamenti composti da zona giorno, sala lettura e sala fumo. Per la prima volta una piscina coperta trovava spazio su un transatlantico, congiuntamente a ben quattro ascensori, una palestra e un bagno turco. numerosi i ristoranti, tra cui uno “à la carte” in prima classe; le cucine andavano da parte a parte, sviluppandosi per tutta la larghezza di questo gigante in acciaio. le opere d’ebanisteria e il raffinato disegno degli interni costituivano uno dei tratti distintivi del titanic. l’orientamento architettonico in voga a quel tempo prevedeva un eclettismo diffuso: per questa ragione stili francesi di varie epoche furono mescolati sapientemente a quelli georgiano e Regina anna inglesi, non tralasciando quello rinascimentale italiano e a quelli olandesi, moderno e antico.

dal punto di vista tecnico, il titanic presentava alcune “anomalie” progettuali che fino al tragico incidente del 14 aprile 1912 non furono mai viste come tali, un po’ per ottusità, un po’ per eccesso di confidenza. innanzitutto la pala del timone era sottodimensionata e comparabile, a livello di superficie,

La nave presentava alcune anomalie progettuali che fino al tragico incidente non furono mai viste come tali

L’eleganza nei saloni del Titanic. Qui accanto, la sala da pranzo per la prima classe: sotto, il menù. Nell’altra foto a sinistra, uno dei bar caffè.

a quello di navi ben più piccole. inoltre quest’appendice mobile si trovava a poppavia di un’elica quadripala azionata da una turbina a vapore di tipo Parson che, in caso d’emergenza, non si sarebbe potuta invertire, ma solo bloccare, riducendo così notevolmente l’efficacia del timone stesso. le altre due eliche del titanic erano invece tripala e invertibili, in quanto azionate da giganteschi motori a vapore quadricilindrici a triplice espansione, alti ciascuno come palazzine di quattro piani. il tutto aveva nelle 29 caldaie di bordo, che bruciavano oltre 700 tonnellate di carbone al giorno, il cuore pulsante del bastimento.

un’altra anomalia costruttiva del titanic, quella che può essere vista come la causa principale del suo affondamento, stava nei 16 compartimenti stagni in cui era suddiviso il mastodontico scafo. non essendo chiusi superiormente, ma semplicemente divisi gli uni dagli altri da paratie verticali, l’allagamento di uno di questi avrebbe potuto tracimare, estendendosi al compartimento adiacente nel caso in cui l’inclinazione del titanic avesse oltrepassato un certo livello di guardia. questo scenario si sarebbe potuto presentare nel caso in cui si fossero allagati più di quattro compartimenti della sezione prodiera.

Il viaggio inauguralequando il 10 aprile 1912 la nave lasciò southampton alla volta di new York, le anomalie progettuali e costruttive del titanic non dovevano essere affatto una preoccupazione per la White star line né, men che meno, per i 2.223 passeggeri e membri dell’equipaggio. alla società armatrice premeva piuttosto di stipare la nave di viaggiatori in ciascuna delle tre classi, rispettare i tempi previsti di viaggio e, se possibile, battere prima o poi il record d’attraversata dell’atlantico detenuto dal Mauretania (1907), armato dalla società rivale cunard. dopo due brevi tappe a cherbourg (francia) e a queenstown (presso cork, in irlanda), il titanic si lasciò a dritta il celebre scoglio del fastnet, che gli

“I

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emigranti chiamavano “lacrima d’irlanda”, trattandosi dell’ultimo lembo d’europa avvistabile prima della solitudine dell’atlantico.

la navigazione trascorse in modo normale fino al 14 aprile, quando i marconisti di bordo trascrissero un avviso giunto dal vapore baltic che segnalava la presenza di ghiaccio lungo la rotta del transatlantico. nelle ore successive giunsero altri messaggi del medesimo tenore da parte di altre navi, ma furono tenuti in scarsa considerazione: si reputò sufficiente spostare la rotta di qualche miglio. l’avvertimento più importante di tutti, trasmesso dal californian, fu non soltanto snobbato dall’equipaggio del titanic, ma provocò addirittura il biasimo nei confronti dei premurosi marconisti poiché ostacolavano le trasmissioni di messaggi telegrafici privati dei passeggeri del titanic. evidentemente la White star line non intendeva rinunciare a intascare i due

dollari richiesti per ogni dieci parole trasmesse sul continente. eppure la situazione del californian era drammatica. il vapore era letteralmente assediato dai ghiacci e impossibilitato ad avanzare in qualsiasi direzione; quando calarono le tenebre, si trovava a poche decine di miglia a nord ovest del titanic, che viaggiava alla media di 22,5 nodi (pari a 41,67 km/h), praticamente alla velocità massima. una precauzione presa dal capitano edward J. smith consistette nel mandare due vedette in coffa, peraltro sprovviste di binocoli, per avvistare eventuali iceberg e segnalarli alla plancia di comando. Ma in una notte di novilunio, dove la sola luce era quella delle stelle e il vento eccezionalmente freddo e pungente, il compito doveva rivelarsi arduo.

alle 23,40 locali il primo ufficiale William McMaster Murdoch, cui spettava il comando in assenza del comandante smith, ebbe un sussulto quando riconobbe il suono della campana situata nella coffa. in quel momento il transatlantico si trovava a meno di 500 miglia nautiche da terranova. stabilito un contatto telefonico con le vedette, Murdoch dispose immediatamente “timone a sinistra” e “macchine indietro tutta”, una procedura, come abbiamo anticipato, che neutralizzava la portanza del timone stesso a causa del bloccaggio

Fu disposto che donne e bambini fossero collocati sulle scialuppe prima degli uomini, anche se il disordine regnava sovrano

dell’elica centrale. l’impatto con il fatidico iceberg, alto svariate decine di metri, avvenne in corrispondenza del mascone di dritta per poi trascinarsi lungo la stessa fiancata per una novantina di metri. le ricostruzioni dell’incidente suggeriscono che il transatlantico riuscì a rallentare di appena due nodi prima dell’impatto, a testimonianza di quanto fosse complicato contrastare l’inerzia di un simile mostro lanciato in velocità. la dinamica dell’incidente fece sì che la rivettatura (cioè i punti di congiunzione) dello scafo cedesse in sei punti sotto la linea di galleggiamento, come se fosse stato impiegato un gigantesco apriscatole. dopo una rapida ispezione da parte del capo progettista, thomas andrews, si appurò che lo squarcio aveva interessato cinque compartimenti prodieri. le pompe di sentina, lavorando a pieno regime, avrebbero potuto drenare e rallentare l’allagamento, ma il titanic era stato progettato per galleggiare con solo quattro compartimenti prodieri allagati. fu subito chiaro che la nave sarebbe affondata in una manciata di ore. il peggiore degli incubi stava prendendo forma.

Si salvi chi puòal capitano smith, che forse aveva già maturato la scelta di morire nella plancia di comando, non restò che ordinare l’abbandono della nave. fu disposto che le donne e i bambini fossero collocati sulle scialuppe prima degli uomini adulti, anche se il disordine regnava sovrano. i passeggeri di prima e seconda classe godettero certamente di privilegi, nel senso che ebbero

Una delle scialuppe di salvataggio del Titanic carica di naufraghi.

Il Mauretania deteneva il record della traversata atlantica, che il Titanic voleva conquistare a sua volta.

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Tragedie del mare

Il grande iceberg che provocò il naufragio. Sotto, il comandante Edward J. Smith, che sottovalutò il pericolo dei ghiacci.

oggettivi che la navigazione civile comportava. la tragicità del viaggio inaugurale del titanic ha salvato indirettamente un numero elevatissimo, anche se non quantificabile, di vite umane. il Radio act che entrò in vigore nel corso di quello stesso anno, il 1912, imponeva l’impiego a bordo di ogni nave di un operatore marconista operativo 24 ore su 24. il 12 novembre 1913 fu convocata la prima convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (solas), durante la quale fu decisa l’installazione di un numero di scialuppe sufficiente per tutti i passeggeri. fu anche codificato l’uso di razzi rossi per la richiesta di soccorso. il governo degli stati

uniti chiese inoltre che il servizio di pattugliamento dei ghiacci (iiP) da loro avviato

all’indomani della sciagura fosse finanziato da tutte le nazioni interessate alla navigazione nell’alto atlantico. il servizio viene ancora espletato dalla us navy e dalla Guardia costiera americana, ma sono 13 le nazioni che oggi vi contribuiscono a livello finanziario.

il ritrovamento del relitto da parte di Robert ballard e Jean-louis Michel (nel 1985),

a 2.787 metri di profondità, con i due tronconi principali separati da mezzo chilometro e gli altri

frammenti sparsi in un’area vastissima, è stato il preludio al recupero di circa 5.500 oggetti e componenti della nave. un tribunale americano ha attribuito la proprietà di questi oggetti, oltre al possesso del relitto stesso, alla RMs titanic inc. di atlanta. i ripetuti recuperi e le escursioni dei batiscafi (anche a beneficio di turisti facoltosi) hanno comportato un inevitabile degrado del relitto. una serie di contenziosi ha fatto molto discutere negli ultimi tempi, sia per i saccheggi sia per l’opportunità di violare un sito che sulla carta dovrebbe essere un santuario dedicato alle vittime. nel centenario della più immane sciagura della storia marittima civile molti degli oggetti recuperati, peraltro già esposti in passato, torneranno a fare bella mostra di sé in questo 2012. se la gran parte del titanic giace ancora nelle profondità degli abissi, la sua leggenda, pur ricca di lati controversi, non vuol saperne di affondare.

un accesso prioritario ai battelli di salvataggio. tuttavia la percentuale di vittime registrata tra i passeggeri di terza classe (i due terzi del totale), è in linea con le vittime complessive del transatlantico che, stando a stime americane, furono 1.517 su 2.223 passeggeri: circa il 68%. le scialuppe furono caricate male, tant’è che le prime due furono calate con appena 12 e 28 naufraghi, contro i 60 e più che poteva ospitarne. a tutto questo si deve aggiungere che il numero di barche non era sufficiente a dare asilo a tutti i passeggeri. in ottemperanza a una legge vetusta (1894), tutte le navi eccedenti le 10.000 tonnellate di dislocamento dovevano avere un minimo di 16 scialuppe; il titanic rientrava decisamente in questa categoria e disponeva di 20 scialuppe, ma dislocava quasi 60.000 tonnellate. le scialuppe del transatlantico avrebbero potuto portare in salvo al massimo il 55% dei passeggeri imbarcati. fu questa un’altra grande anomalia della vicenda nella progettazione della nave.È stato stimato che un’ora dopo la collisione il titanic aveva imbarcato circa 25 milioni di litri d’acqua, più o meno il 40% del quantitativo necessario a farlo affondare. a questo punto l’appruamento della nave doveva essere già spaventoso e presago di una sciagura immane quanto ineluttabile. il resto del naufragio è storia. il titanic affondò in 2 ore e 40 minuti, inabissandosi dopo essersi spezzato in due tronconi. nel frattempo i marconisti si erano dati da fare per chiedere soccorso lanciando freneticamente nell’etere i segnali di sos e cqd. Risposero numerosi bastimenti nella zona, ma soltanto il carpathia, distante una cinquantina di miglia nautiche, era nelle condizioni d’intervenire in tempi ragionevoli: cinque ore. ne conseguiva che soltanto chi si fosse trovato su una scialuppa avrebbe potuto sperare di salvarsi: la temperatura, di poco sopra lo zero, avrebbe ucciso per ipotermia i naufraghi caduti in acqua in 10 o 15 minuti. alle prime luci del giorno il carpathia raccolse oltre 700 superstiti e li condusse in salvo a new York il 18 aprile.

L’eredità del Titanicil disastro ebbe un’enorme risonanza mediatica e contribuì in modo decisivo a spalancare gli occhi alle compagnie armatrici e d’assicurazione sui rischi

Il Carpathia, che distava 50 miglia marine dal Titanic, riuscì a raccogliere 700 superstiti. Bruno Cianci è giornalista ed esperto di storia della marineria.

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Claudio Bisio, con gli occhiali, e Alessandro

Siani in una scena di “Benvenuti al Nord”.

1 Hysteria Gran Bretagna/Francia/Germania 2011Regia: Tanya Wexler. Con: Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce, Rupert Everett, Ashley Jensen. Commedia. (Durata: 100’)

La storia

al cinema

Il bIzzarro dottor Joseph MortIMer GranvIlle si aggira nella londra di fine ottocento per ospedali e cliniche gestite da amici di vecchia data con l’intento di divulgare nuove scoperte scientifiche. Ma non tutto va per il verso giusto. Così, costretto a cercare un lavoro più solido e redditizio, finisce nello studio del collega dalrymple noto per la cura “manuale” dell’isteria femminile. tuttavia, sarà l’incontro con un amico appassionato di congegni elettrici a fargli scattare la scintilla per

realizzare la vera invenzione del secolo.

Accuratezza storica Il dottore e inventore inglese Joseph Mortimer Granville (1833-1900) passa alla storia per aver concepito il vibratore elettrico. lo strumento è considerato, dallo stesso ideatore, utile ad alleviare i dolori muscolari più lievi e non a soddisfare esigenze di tipo sessuale. prodotto per scopi terapeutici, ben presto si converte in un oggetto di uso comune e popolare.

Il racconto di una invenzione che ha cambiato il modo di fare sesso.

La condizione della donna in Cina. L’immigrazione clandestina

e la mattanza di Castelvolturno. Questi i film del mese suggeriti

da Giuseppe Colangelo

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PER APPROFONDIRE IL TEMA: IL TITANIc

I film sul grande schermo

2 Là-bas - Educazione criminale Italia 2011Regia: Guido Lombardi. Con: Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha, Billy Serigne Faye, Alassane Doulougou. Drammatico. (Durata: 100’)

• Atlantic (1929) Regia: Ewald André Dupont. Con: Franklin Dyall, Madeleine Carroll, John Stuart, Ellaline Terriss, Monty Banks, Donald Calthrop, John Longden, Arthur Hardy, Helen Haye, . Drammatico. (Durata: 90’) Ispirato alla tragedia del titanic e all’adattamento teatrale della stessa ad opera di ernest raymond, il film esce in cinque differenti versioni destinate singolarmente al mercato statunitense, britannico, francese, tedesco e danese.

• La tragedia del Titanic (1943) Regia: Herbert Selpin e Werner Kleinger. Con: Sybille Schmitz, Ernest F. Furbringer, Monika Burg. Drammatico. (Durata: 170’)realizzato a scopo propagandistico dall’apparato culturale nazista, il film introduce nella drammatica vicenda del titanic la figura sconosciuta agli storici di un brillante primo ufficiale tedesco di Marina, impegnato ad elargire consigli inascoltati agli sprovveduti quanto irresponsabili dirigenti della White star line. Colossal poi bocciato da Goebbels perché ritenuto non sufficientemente antibritannico, costato a herbert selpin, uno dei due registi, l’arresto e la morte in carcere, secondo la versione ufficiale, per suicidio.

• Titanic (1953) Regia: Jean Negulesco. Con: Barbara Stanwyck, Robert Wagner, Thelma Ritter, Clifton Webbcontinua», Richard Basehart, Brian Aherne, Audrey Dalton, Drammatico. (Durata: 98’) Melodrammatica rievocazione del viaggio inaugurale del titanic da southampton a new York, conclusosi con il tragico affondamento nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912.

• Titanic, latitudine 41 Nord (1958) Regia: Roy Ward Baker. Con: Kenneth More, David McCallum, Ronald Allen, Laurence Naismith, Sean Connery Il film ripercorre con rigore cronachistico i momenti cruciali che hanno causato il più grande disastro della navigazione civile, lasciando volutamente sullo sfondo storie personali e vicende dal carattere romanzesco.

• Andrea Doria - 74 (1970) Regia: Bruno Vailati. Con: Stefano Carletti, Mimì Dies, Al Giodings, Arnaldo Mattei, Bruno Vailati.

Documentario. (Durata 82’)racconto della spedizione guidata da vailati per raggiungere il relitto dell’andrea doria, affondata nell’atlantico tra il 25 e il 26 luglio 1956, con l’idea di valutare le possibilità di un eventuale recupero del bastimento.

• S.O.S. Titanic (1979) Regia: William Hale. Con David Janssen, David Warner, Susan Saint James, Cloris Leachman. Drammatico. (Durata: 105’) versione girata per la televisione e incentrata sui personaggi e le tante storie che caratterizzano le ore prima della tragedia.

• Titanic (1997) Regia: James Cameron. Con: Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Billy Zane, Gloria Stuart, Kathy Bates. Drammatico. (Durata: 194’) Mentre il leggendario titanic solca imponente la vastità dell’oceano atlantico per dirigersi verso il suo tragico destino, a bordo sboccia l’amore tra un giovane squattrinato (diCaprio) e un’incantevole quanto anticonformista ragazza aristocratica (Kate Winslet). Ma nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 un iceberg squarcia la fiancata del transatlantico che in 2 ore e 40 minuti cola a picco trascinando sul fondo i sogni e le speranze di molti passeggeri. dramma storico e sentimentale che sbanca il box office con numeri da capogiro: 200 milioni di dollari il costo e, in termini assoluti, l’incasso fino ad allora più alto nella storia del cinema. 11 premi oscar nel 1998 per il miglior film, regia, fotografia, scene, costumi, montaggio, musiche, suono, effetti sonori, effetti speciali visivi e canzone (My heart Will Go on, cantata da Céline dion).

• Titanic, mille e una storia (2000) Regia: Camillo Teti. Animazione. (Durata: 90’) riproposizione animata dell’affondamento del transatlantico britannico in cui a farla da protagonisti non sono solo gli umani ma gli animali. Il naufragio dell’andrea doria - la verità tradita (2007) regia: Fabio tonelli. documentario. (durata: 76’) Il tutto accade la notte tra il 25 e il 26 luglio 1956. per le 9 della mattina seguente a new York è previsto l’attracco dell’andrea doria. Ma a causa della collisione con la nave stockholm, della swedish america line, non arriverà mai in porto.

3 A Simple Life Hong Kong 2011 Regia: Ann Hui. Con: Andy Lau, Deanie Ip, Wang Fuli, Qin Hailu, Paul Chiang, Leung Tin, Wendy Yu, Eman Lam, Elena Kong, Jason Chan, Hui So Ying, Anthony Wong, Chapman To, Lam Ka Tung. Genere: Drammatico. (Durata: 117’)

rIMasta orFana dI padre durante l’invasione giapponese della Cina, una fanciulla è mandata a servizio presso la ricca famiglia leung. la giovane ah tao sarà destinata a trascorrere tutta la vita con i suoi padroni assistendo, tra lutti ed emigrazioni, alla loro lenta disgregazione. l’unico a rimanere è roger, un attore cinematografico, con il quale nel tempo instaura un delicato

rapporto quasi materno, che si esplica del tutto durante la malattia della donna.

Accuratezza storica Ispirato a personaggi e avvenimenti realmente accaduti, il film rievoca, attraverso le vicende di una famiglia benestante e della loro serva, uno spaccato della Cina, dagli anni dell’occupazione nipponica fino a giorni più recenti.

Un GIovane artIsta aFrICano giunto clandestinamente a napoli, non trovando lavoro, finisce con il rivolgersi a uno zio, un boss del mercato degli stupefacenti, il quale in un primo tempo gli trova un’occupazione presso un autolavaggio e in seguito lo coinvolge nello spaccio di droga. Come ha affermato lo

stesso regista, “non c’è un lavoro vero per i clandestini, l’unica alternativa è tra lo sfruttamento e il crimine. È di queste persone e di questa scelta che parla il mio film».

Accuratezza storicaIl plot si rifà alla realtà clandestina che esplode nella sanguinosa strage di Castelvolturno, in provincia di Caserta, avvenuta la sera di giovedì 18 settembre 2008. a causarla è un gruppo criminale in rotta con il clan dei casalesi. lo scontro provoca la morte di un pregiudicato e fa sei vittime innocenti fra gli immigrati africani.

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Qui sopra, una monumentale scena di “Intolerance” e, a destra, un’altra inquadratura del film.

BBC History Italia Aprile 201296

influenzare il linguaggio visivo delle pellicole realizzate da allora in poi. Tuttavia, se con il controverso “Nascita di una nazione” (1915) in una sola notte, come si legge su “Tv Guide”, Griffith“ ha costretto i custodi del sacro Graal della cultura a confrontarsi con il cinema”, nell’anno successivo, con “Intolerance” sbaraglia qualsiasi dubbio sulla forza espressiva dell’arte cinematografica.

Il film, pervaso dal tema dell’intolleranza che corrode la società, è composto da quattro storie relative a momenti cruciali dell’umanità, riconducibili a periodi diversi che si snodano in contemporanea fino alla conclusione. In un arco temporale di circa 2.500 anni, le scene spaziano da Babilonia alla crocifissione di

MeTaBolIzzaTo lo stupore davanti alle immagini spettacolari dei primi colossal italiani, come

“Quo Vadis” (1912) di enrico Guazzoni e “Cabiria” (1914) di Giovanni Pastrone, il geniale David Wark Griffith (la Grange, 22 gennaio 1875 - los angeles, 23 luglio 1948) mette definitivamente in atto la sua idea di cinema. Il regista americano, coniugando e perfezionando tutte le conoscenze nel campo della settima arte, ha la capacità di

Intolerance: la rivoluzione del cinemaSull’esempio dei primi colossal italiani, il regista David Wark Griffith realizza alcuni grandi film che, per linguaggio e messa in scena, esprimono la potenza produttiva della nascente Hollywood. Fra questi, il capolavoro del muto destinato, come osserva Giuseppe Colangelo, a segnare il futuro

La diva del muto che fece i maggiori incassia Far reGIstrare per circa un decennio i maggiori incassi al box office americano nell’epoca del muto è la sofisticata norma talmadge (niagara Falls, new York, 26 maggio 1893 - las vegas, nevada, 24 dicembre 1957). Fotomodella, attrice e produttrice cinematografica, esordisce nella piccola parte di una graziosa fanciulla in “the household pest” (1910), uno short prodotto dalla vitagraph, marchio con il quale ottiene anche il primo successo da protagonista nel dickensiano “Un racconto di due città” (1911) diretto da William humphrey. nel 1916 sposa il facoltoso J. M. schenck e inizia a inanellare

una serie di trionfi, fra cui ”panthe” (1917) di allan dawn, “secret” (1924) e “lady, una vera signor” (1925) di Frank borzage, “la signora delle camelie” (1927) di Fred niblo e “la donna contesa” (1928) di henry King. bruna e affascinante, la talmadge incarna l’immagine della donna borghese tormentata dalla passione ma sorretta da una straordinaria forza d’animo. Qualità che però non le fu sufficiente per sopravvivere all’avvento del sonoro. l’attrice, infatti, abbandona il grande schermo dopo aver interpretato l’ultimo suo ruolo in “Madame dubarry” (1930) del regista sam taylor.

Gesù, dalla strage degli Ugonotti fino a uno sciopero americano del 1914. opera grandiosa dai numeri altrettanto strabilianti: 1.000.000 di metri di pellicola girata, 70 metri l’altezza delle torri babilonesi, circa 5.000 comparse, scene di battaglia con migliaia di uomini ripresi da un pallone aerostatico, 197’ minuti di durata e un finale mozzafiato dal rivoluzionario ‘montaggio parallelo’ in cui convergono le quattro vicende narrate. “le ruote dei carri persiani si alternano con quelle delle automobili o delle locomotive”, scrive Georges Sadoul nella sua ‘Storia del cinema’, “il sangue degli ugonotti sembra mischiarsi con quello dei babilonesi, e la polvere delle strade moderne ai nembi sollevati dalle parole di Cristo… la potenza espressiva di Griffith è tale che questo guazzabuglio di immagini, lungi dall’eccitare il riso, travolge in una sbalordita ammirazione”.

Ma come spesso accade a molti uomini di talento, il riconoscimento più alto della Mecca del cinema gli viene attribuito solo il 5 marzo del 1936 quando, al Biltmore Hotel di los angeles, riceve il meritato oscar alla carriera.

Cinema story

Norma Talmadge in una foto degli anni Venti.

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LibriAprile 2012

il libro di Mush - l’alba dei libri - Alessandro Magno: la storia, il viaggio dell’ultimo eroe - polonia 1939: sfida al Terzo reich - le origini della prima guerra mondiale - Federico ii e la Sicilia

Il Libro di Mushdi Antonia ArslanSkira, pag. 136, euro 15

Trent’anni prima della Shoah, che sterminò sei milioni di ebrei durante la

seconda guerra mondiale, c’era stato un altro genocidio, troppo a lungo dimenticato: quello del popolo armeno per mano dei turchi. ad essere precisi, i massacri furono due, a distanza di vent’anni l’uno dall’altro: tra il 1894 e il 1896, i turchi spalleggiati da milizie

Vittime del genocidio

armeno.

la tragedia degli armeni massacrati dai turchi nel 1915 torna nel nuovo romanzo della Arslan, che già aveva fatto centro con “la masseria delle allodole”

L’antico codice e il genocidio

irregolari curde uccisero non meno di 50 mila armeni, dopo che questi si erano ribellati all’aumento delle tasse imposto dall’impero ottomano. nel 1915, in piena guerra mondiale, alcuni battaglioni di armeni inquadrati nell’esercito russo presero a reclutare compatrioti che avevano militato nell’esercito turco. Fu il pretesto scelto dal governo di istanbul per liquidare una volta per tutte la “questione armena”. nella notte tra il 23 e il 24 aprile avvennero i primi arresti nella capitale; l’operazione proseguì nei giorni seguenti. in un

solo mese, più di mille intellettuali armeni, giornalisti, scrittori, delegati al parlamento, furono avviati verso l’interno dell’anatolia e massacrati lungo la strada. nelle marce della morte, che coinvolsero ben presto 1.200.000 persone, si contarono centinaia di migliaia di morti, per fame, malattia, sfinimento. le marce erano organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco, in collegamento con i turchi per l’alleanza tra Germania e impero ottomano. di fatto furono una prova generale delle deportazioni di ebrei durante la

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Libri Aprile 2012

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seconda guerra mondiale. altre centinaia di migliaia di armeni furono massacrati dalla milizia curda. il governo turco ancora oggi rifiuta di ammettere il genocidio degli armeni ed è questa una delle cause di tensione con l’Unione europea, che l’ha ufficialmente riconosciuto nel 1987. Se una recente legge francese punisce con il carcere la negazione di quel genocidio, la magistratura turca sanziona con la reclusione fino a tre anni, per attività antipatriottica, chi ne parla in pubblico. ma le denunce e le testimonianze di quanto avvenne nel 1915 non mancano. Una delle voci più incisive è quella di antonia arslan, scrittrice e saggista di origine armena, che ha insegnato per molti anni letteratura italiana moderna e contemporanea all’università di padova. la arslan ha già pubblicato un romanzo di successo sulla tragedia del suo popolo, “la masseria delle allodole” (portato sullo schermo dai fratelli taviani nel

Quando Venezia era la libreria d’Europal’industria editoriale si sviluppò nelle botteghe della città lagunare nei primi decenni del Cinquecento. Un gustoso volume rievoca la meravigliosa stagione in cui ogni libro diventava un bestseller

L’alba dei libridi Alessandro Marzo MagnoGarzanti, pag. 210, euro 22

Chi aveSSe percorSo le mercerie, la strada dei negozi che a venezia unisce rialto a

San marco, nei primi decenni del cinquecento, sarebbe rimasto sorpreso dalla quantità di vetrine che esponevano libri: decine e decine di botteghe che si alternavano con quelle di tessuti pregiati, oggetti di cuoio, armi, spezie, vale a dire quanto di più prezioso si potesse trovare nel ricco mercato lagunare. erano gli anni in cui la regina dell’adriatico dominava il commercio mondiale

2007). ora torna in libreria, per le edizioni Skira, con un nuovo lavoro, “il libro di mush”. più che un romanzo, una fiaba letteraria, secondo la definizione dell’autrice, che narra un episodio realmente accaduto nell’aprile del 1915. due donne, sopravvissute allo sterminio del loro villaggio, con l’unico bambino rimasto e una coppia di amici greci, salgono all’antico

monastero di Surp arakelots, uno dei più importanti centri della cultura armena dato alle fiamme nella valle di mush, nell’anatolia interna, per cercare altri superstiti. vi ritroveranno invece, miracolosamente scampato al fuoco e al saccheggio, il libro di mush, un prezioso e pesantissimo codice del 1202, con meravigliose miniature, che gli armeni venerano come una reliquia e a cui attribuiscono poteri taumaturgici. la decisione di

In breve

Federico II e la Siciliadi Francesco RendaRubbettino, pag. 220, euro 15

Senza la Sicilia, Federico ii non sarebbe mai diventato lo “stupor mundi”, come fu chiamato. e senza Federico ii la Sicilia non sarebbe mai diventata, nella prima metà del Xiii secolo, quel faro di

civiltà che illuminò l’italia e l’intera europa. l’intenso e fruttuoso legame dello Svevo con la terra di sua madre costanza d’altavilla è il nucleo della nuova, avvincente biografia che Francesco Renda, uno dei più insigni storici della Sicilia, dedica all’imperatore tedesco. Per aver voluto unire i suoi possedimenti italiani ai territori dell’impero, Federico si scontrò con il papato in una lotta dalla quale doveva uscire sconfitto. Ma con lui fu sconfitta la Sicilia tutta, che precipitò in una condizione di decadimento da cui non si sarebbe più ripresa.

portarlo con sé, nella fuga verso il confine con la russia, renderà più faticosa la loro marcia ma si rivelerà anche una vera benedizione. in poco più di cento pagine, l’autrice riesce a trasmettere il senso lancinante della sofferenza patita dalla sua gente in quell’aprile del 1915, quando fu spazzata via dalla sua terra, massacrata e impedita di rimettere piede in patria. ma, come scrive, “il popolo armeno ha imparato a chinare la testa quando viene la persecuzione, a chiudersi in un silenzio opaco, a cancellare anche i pensieri; e poi a risollevarsi piano piano, come gli steli del grano dopo la tempesta che li ha schiacciati ma non spezzati, e il giorno dopo già dondolano nella brezza”. ed è proprio un messaggio di speranza che antonia arslan vuole lanciare con la sua fiaba, anche se il lieto fine del codice salvato non riesce a cancellare il sapore amaro della tragedia disumana che si è consumata.

Andrea Bedetti

- prima che le recenti scoperte geografiche spostassero i traffici più lucrosi dal mediterraneo all’atlantico - e toccava il suo massimo splendore. ebbene, in quel periodo la metà dei volumi che si pubblicavano in tutta europa veniva stampata a venezia. è qui, come ricostruisce in “l’alba dei libri” l’autore alessandro marzo magno (i nostri lettori ricordano forse di averlo già incontrato sulle pagine di “BBc history”), che nasce e si afferma rapidamente l’industria editoriale. per due buone ragioni: la prima è che i veneziani avevano i capitali necessari a produrre i costosissimi volumi di allora; la seconda è che non avevano paura di incorrere nei rigori della

L’autrice trasmette il senso della sofferenza della sua gente

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Alessandro Magno. La storia, il viaggio dell’ultimo eroedi Antonio MontesantiGinevra Bentivoglio EditoriA, euro 16,50

Molti e celeBri Storici si sono cimentati in saggi sulla

figura di alessandro magno, ma era ormai qualche anno che non usciva una nuova biografia completa e bibliograficamente aggiornata del grande conquistatore macedone. ci hanno pensato ora antonio montesanti, romano ma ricercatore all’Università di exeter in Gran

Dall’ultima biografia del grande macedone emerge la figura del viaggiatore instancabile più che dell’insaziabile conquistatore

Con Alessandro ai confini del mondoBretagna, e la Ginevra Bentivoglio editoria, casa editrice piccola ma ricca di pubblicazioni di pregio in ambiti tra i quali la storia spicca per quantità e originalità dei titoli.

l’alessandro magno che emerge da queste pagine – e dalle fonti storiche, prima fra tutte l’anabasi di arriano – è soprattutto un instancabile viaggiatore spinto dalla convinzione di essere un eroe incontrastato, destinato a incarnare il nuovo eracle e il nuovo achille. dalla nativa macedonia, resa militarmente all’avanguardia e culturalmente vicina alla Grecia delle poleis dal padre Filippo, alessandro viaggiò, e ne conquistò i territori, attraverso tutto l’impero persiano, dall’asia minore all’egitto, e si spinse fino agli odierni pakistan, afghanistan, india, praticamente i confini del mondo allora conosciuto. e la sua storia, compresa la morte quand’era all’apice del successo, a

trentatré anni, si legge come una grande epopea al limite della leggenda, del mito che alessandro stesso mirò a raggiungere. ad aiutare il lettore nel seguire la lunga marcia del condottiero macedone fino a zone dai nomi che ci sono noti proprio grazie alla sua storia - la Battriana, la Sogdiana - il saggio di montesanti è accompagnato da dieci mappe geografiche poste in appendice, essenziali nella grafica ma utili alla consultazione.

merita poi una segnalazione l’ultimo capitolo del saggio, intitolato “l’essere alessandro” in cui l’autore esce dalla pura narrazione per andare alla ricerca dell’uomo e della sua eredità: una sorta di postfazione che avrebbe forse dato maggior lustro al volume se fosse stata posta all’inizio, come porta d’accesso alla grande figura dell’ultimo eroe.

Chiara Ujka

censura ecclesiastica, frenata dall’autorità della repubblica. l’esatto contrario di quello che succedeva in Germania, dove pure la stampa a caratteri mobili era nata grazie a Gutenberg, ma dove non si era imposta proprio perché mancavano i soldi e i controlli dell’autorità religiosa erano asfissianti.

Solo a venezia poteva dunque imporsi un “michelangelo dell’editoria” - così lo definisce l’autore - come aldo manuzio, che trasforma l’approssimativo artigianato dello stampatore in una vera attività industriale, pubblica i classici greci e latini, si inventa il carattere corsivo (“capace di assicurare alle stampe l’eleganza e la bellezza del manoscritto umanistico”), introduce i segni di punteggiatura che usiamo ancora oggi. e non è un caso che a venezia si stampi il primo corano in lingua araba, cosa vietatissima nei paesi musulmani, dove si rischiava la pena di morte. di quel libro quasi leggendario, l’“alcoranus arabicus”, si sapeva che era stato pubblicato prima del 1538, ma poi se ne erano

perse le tracce, tanto che ormai lo si considerava il frutto di fantasticherie da bibliofili del tutto impossibili da verificare. invece ecco che qualche decina di anni fa una giovane studiosa caparbia e fortunata, angela nuovo, lo scova in un convento semiabbandonato dell’isola di San michele, che ora ospita il cimitero di venezia. il romanzesco racconto di come avvenne il ritrovamento, in un canicolare pomeriggio di luglio del

1987, occupa un intero capitolo ed è forse la parte più gustosa della grande storia della fioritura libraria a venezia raccontata da marzio magno. che, come spesso succede, ha una malinconica conclusione. Superata la metà del secolo, venezia perde gradualmente il predomino commerciale e, con esso, l’influenza politica, proprio mentre la chiesa porta a termine il concilio di trento e serra i ranghi contro la diffusione delle idee protestanti, anche l’orgogliosa repubblica veneta deve piegare la testa davanti ad una censura che si fa più occhiuta e rigorosa. non è più il tempo di pubblicare il talmud per gli ebrei o il corano per i musulmani. le laboriose botteghe che avevano editato perfino “i sonetti lussuriosi” di pietro aretino, devono ora ripiegare sui libri di devozione popolare se vogliono sopravvivere. e alla libera stampa non resta che trasferirsi nei paesi del nord europa, dove la diffusione del libro e della cultura è appoggiata, anziché ostacolata, dalle nuove dottrine religiose.

Gianni Bragato

Aldo Manuzio, celebre

stampatore veneziano.

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Libri Aprile 2012

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Varsavia prima della tempesta

Polonia 1939. Sfida al Terzo Reichdi Sandra CavallucciRubbettino, pag. 450, euro 28

Sandra cavallUcci è docente di Storia dell’europa orientale all’Università di

Firenze, è esperta in Storia delle relazioni internazionali ed è, fatto non irrilevante e non comune nel nostro paese, conoscitrice della lingua polacca. come giustamente afferma ennio di nolfo nella prefazione al suo saggio, questa è una “felice combinazione” che offre agli storici un “contributo fondamentale e difficilmente superabile” su un tema sul quale molto è stato scritto ma mai dall’ottica e con il livello di approfondimento raggiunto dalla studiosa. il volume della cavallucci infatti si occupa della storia europea nel periodo 1938-1939 assumendo il punto di vista della polonia, il paese la cui invasione da parte di hitler scatenò la seconda guerra mondiale. l’autrice, che per la felice combinazione di cui sopra ha avuto accesso a fonti documentarie locali inedite fino ad ora, analizza le

la vigilia della ii guerra mondiale vista con gli occhi dei governanti polacchi e raccontata da una studiosa italiana con l’aiuto di documenti inediti

In breve

Geografia e storia nella Grecia anticadi Francesco PronteraLeo S. Olschki Editore, euro 28

che StoRia e geogRaFia debbano andare di pari passo, per una conoscenza più completa delle vicende umane, pare non averlo capito solo la scuola italiana, che con le ultime riforme ha cancellato la geografia dai

programmi di insegnamento. Fin dall’antichità le due discipline marciavano insieme, come ben documenta questa raccolta di saggi sulla grecia classica, “accomunati dal proposito di collocare in una prospettiva unitaria problemi che toccano sia il campo della storia e della storiografia antica, sia il campo della geografia”. Una lettura istruttiva, anche se per i cultori della materia, da raccomandare ai responsabili scolastici.

relazioni della polonia con, da un lato, la Germania e l’Unione Sovietica e, dall’altro, la Francia e la Gran Bretagna. l’ottica è sempre quello di varsavia, delle reazioni alle prese di posizione delle grandi potenze europee, in mezzo alle quali la polonia si trovava stretta a causa della sua posizione geografica e dello statuto internazionale dato alla città di danzica, posta entro i suoi confini ma sotto il controllo della Società delle nazioni. personaggio chiave del periodo, e protagonista di molte pagine, è Józef Beck, ministro degli esteri polacco dal 1932, alla vigilia dell’ascesa al potere di hitler, fino all’invasione da parte dell’esercito tedesco nel settembre 1939. Beck fu inizialmente un temporeggiatore, che cercò attraverso patti di non aggressione di mantenere rapporti amichevoli sia con la Germania sia con l’Unione Sovietica, le due grandi potenze che premevano sui confini della polonia. alla vigilia della guerra, quando gli avvenimenti iniziarono a precipitare, il ministro cercò il sostegno di Francia e Gran Bretagna e, confidando in un intervento a difesa della libera città di danzica, oppose un netto rifiuto alle richieste di hitler. di tale rifiuto la polonia - e il mondo intero - di lì a poco subirono le conseguenze. Soprattutto nell’esposizione di questa complessa situazione diplomatica l’autrice rivela la sua competenza, evidenziando con chiarezza e ricchezza di fonti quelle “illusioni, inganni e complicità” che, come recita il sottotitolo del libro, costarono alla polonia il suo futuro nel ventesimo secolo.

Chiara Ujka

La protezione del patrimonio artistico italiano... di Andrea CarlesiGreco&Greco, pagg, 299, euro 13

Da chi e coMe furono salvati i capolavori dell’arte italiana nella seconda guerra mondiale? andrea carlesi sostiene, con abbondanza di documenti anche inediti, che questa benemerita attività fu

svolta dalle autorità delle Repubblica Sociale, con l’indispensabile collaborazione dell’esercito tedesco, che aveva messo in piedi un apposito organo operativo, il “Kuntschutz”. e le accuse di razzie tante volte mosse agli occupanti nazisti? niente di niente. “Dai documenti da me visionati traspare chiaramente la sincera preoccupazione di queste persone (ufficiali tedeschi e funzionari delle Sovrintendenze, ndR) per le sorti del nostro patrimonio artistico”, scrive cortesi. la presentazione è firmata da arturo conti. “Presidente Fondazione RSi”.

Hitler entra a Varsavia, occupata

dai nazisti.

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Aprile 2012 BBC History Italia 101

Radici di un conflitto globaleUn saggio appassionante e complesso, che mette in discussione l’interpretazione classica delle origini della Grande Guerra

Le origini della prima guerra mondiale

di William MulliganSalerno Editrice, pag. 354, euro 19

I rapporti di caUSa-eFFetto determinano con ferrea linearità tutti gli eventi

che ci circondano, con buona pace di chi sostiene che il caso governi nel bene e nel male le umane vicende. lo stesso può dirsi delle guerre, massima espressione della conflittualità dell’uomo, eventi che non possono mai essere analizzati come fenomeni a se stanti. il saggio di William mulligan, edito da Salerno editrice, scandaglia in profondità le origini della Grande Guerra, il primo conflitto realmente globale della storia, ne collega le dinamiche al sostrato storico e sociale dell’epoca e propone nuove chiavi interpretative, figlie di un’analisi inedita. il volume parte da alcuni interrogativi ben precisi: è possibile che i militari abbiano avuto un ruolo decisivo nello scoppio della guerra? e ancora, il conflitto che ha cambiato la storia del XX secolo poteva essere evitato? per decenni la storiografia ha visto nella Grande Guerra l’inevitabile e drammatico

epilogo dei rapporti politici internazionali che si erano venuti a creare nei primi anni del novecento. per mulligan, ci furono anche potenti forze politiche schierate per il mantenimento della pace. Forze che, evidentemente, uscirono sconfitte. Superando semplificazioni interpretative ormai cristallizzate, mulligan fa suo l’approccio allo studio della politica internazionale emerso con la fine della guerra fredda e l’inizio dell’era globalizzata. da ciò deriva un’analisi a tutto tondo, che spazia dai rapporti geopolitici del periodo 1870-1914, al ruolo delle forze armate, al peso dell’opinione pubblica, della finanza e dell’industria, fino al “casus belli” del luglio 1914, con l’ultimatum austroungarico alla Serbia.

il testo di mulligan, pur complesso, scorre piacevolmente e offre al lettore una panoramica assolutamente esauriente su uno dei momenti più determinanti della storia contemporanea, mettendo in discussione l’interpretazione tradizionale della diplomazia, della cultura politica e della storia economica nel periodo che va dalla fine dell’ottocento all’inizio della Grande Guerra.

D.R.

Joseph Schmidt - The pocket Caruso, Un tenore in fugadi Vincenzo Ramón Bisogni Zecchini Editore, 226 pag., 20,00 euro

il nome di Joseph Schmidt, che fu un grande tenore dei primi decenni del novecento, è oggi ricordato quasi esclusivamente dai cultori di musica operistica. in realtà, di questo artista austro-ungarico di origine ebraica, merita di essere raccontata anche la breve, tormentata esistenza, segnata dalla necessità di lasciare la germania quando hitler prese il potere. Schmidt morì a soli 38 anni, nel 1942, per gravi scompensi cardiaci, subito dopo essere stato rilasciato da un campo d’internamento svizzero. Bene ha fatto dunque Vincenzo Ramón Bisogni a scrivere una dettagliata biografia del tenore, che fu soprannominato “Pocket caruso” per via del suo fisico minuscolo, oltre che per la sua indubbia bravura.

In breve

Cuori rossi contro cuori neridi Paolo Sidoni e Paolo ZanetovNewton Cmpton, pagg. 576, euro 9,90

il rapimento e l’uccisione di aldo Moro. le stragi di piazza Fontana e della stazione di Bologna. Sono forse questi i momenti più drammatici della storia della democrazia italiana. azioni cruente di destra e di sinistra, pagine scritte con il sangue da uomini e donne che la passione politica ha trasformato in fuorilegge, aguzzini, assassini. la contrapposizione tra destra e sinistra, neofascisti e comunisti, rivoluzionari dell’una e dell’altra posizione, è stata a lungo condizionata dal ricorso a una violenza spietata, sorretta da teorie farneticanti e deliranti comunicati. Una scia di sangue che arriva fino ai giorni nostri, che gli autori ripercorrono con rigore e dovizia di particolari.

La cattura di Gavrilo Princip,

assassino di Francesco Ferdinando d’Asburgo, a Sarajevo.

Page 96: BBC History Aprile 2012

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TV&RadioIl volto crudele della psicologiaUn’inedita serie getta un po’ di luce sulle pratiche meno ortodosse della psicologia, dagli inizi del XX secolo ai giorni nostri

Serie del mese

Storia dell’universo (sesta stagione)

Da mercoledì 18 aprileHistory Channel, ore 22,00

Prima visione

Torna con 14 nuovi episodi “Storia dell’universo”, la fortunata serie che osserva da un punto di vista inedito il rapporto tra uomo e spazio. Fin dalla preistoria, l’uomo volge lo sguardo al cielo in cerca di risposte ai suoi più intimi quesiti. È passato più di mezzo secolo da quando per la prima volta l’uomo si è avventurato nel cosmo, ma soltanto oggi l’universo ha cominciato a rivelare i suoi segreti. La conoscenza delle antiche civiltà viene affiancata dalle scoperte rese possibili dalla tecnologia, dai potenti telescopi alle sonde spaziali che giungono ai confini dell’universo conosciuto, ai robot che sperimentano la vita dell’uomo su altri pianeti.

Gli appuntamenti di questo mese con la grande storia in tv e alla radio

Aprile 2012 BBc History italia 103

F ino a cent’anni fa, le domande sul perché dei nostri

comportamenti, sulla struttura della nostra mente e su ciò che più ci inquieta sono state lasciate a filosofi e teologi. La nascita della psicologia sperimentale, all’alba del XX secolo, ha aperto una nuova finestra sul funzionamento della mente umana.

Questa nuova serie, in onda su History channel da aprile, ripercorre i passi di una giovane ma già fondamentale scienza, ne analizza le metodologie e ne svela i lati più inquietanti.

il telespettatore potrà esplorare i modi creativi, a volte barbari, con cui la psicologia ha controllato e perfino manipolato le persone: dagli esperimenti di John B. Watson sui neonati, ai progetti per il controllo della mente

effettuati dalla cia, fino a una delle tecniche terapeutiche più controverse esistenti, la pratica dell’elettroshock come psicofarmacologia per gravi patologie.

La spasmodica ricerca del controllo della mente ha condotto molti scienziati privi di scrupoli a compiere esperimenti talvolta raccapriccianti, che hanno lasciato dietro di sé molte vittime e hanno sollevato innumerevoli dilemmi etici e morali.

Sotto una coltre di meritata rispettabilità, la psicologia nasconde anche una storia dura e crudele, fatta di persone disposte a oltrepassare ogni limite pur di trovare delle risposte ai quesiti che da sempre assillano l’umanità.

Gli anniversari

8 aprile, PasquaGesù: i 40 giorni dopo la morte

History ChannelDomenica 8 aprile ore 14,15Secondo La BiBBia, dopo la sua morte Gesù vagò sulla terra per 40 giorni prima di ascendere al cielo. Ma il nuovo Testamento dice poco su questo grande miracolo. attraverso i dati storici, la tecnologia e l’analisi dei dogmi della fede, è possibile scoprire i segreti dei vangeli di Tommaso, di Maria Maddalena e altri testi banditi dal canone della Bibbia?

26 aprile 1937Guernica – la morte dal cielo

History ChannelGiovedì 26 aprile ore 14,15Guernica, piccoLa ciTTadina basca del nord della Spagna,

gode di una particolare notorietà nell’ambito della storia delle strategie di guerra. La città fu bombardata e distrutta durante la sanguinosa guerra civile spagnola. in breve tempo Guernica avrebbe raggiunto lo status di icona grazie al quadro di picasso presentato all’esposizione universale di parigi del 1937. insieme ad altri luoghi, come Hiroshima e nagasaki, Guernica è uno dei simboli più potenti degli orrori della guerra moderna.

28 aprile 1945Liberate il Duce – intercettazioni segrete

History ChannelSabato 28 aprile ore 14,15BeniTo MuSSoLini viene ucciso

a Giulino di Mezzegra, in provincia di como da un gruppo di partigiani. Salendo al potere, il duce aveva dichiarato di voler costruire in italia un nuovo impero romano, ma il paese era poi rimasto schiacciato dallo strapotere della Germania nazista, sua partner nell’asse. Le cocenti sconfitte subite in nord africa e in Grecia sgretolarono l’impero di Mussolini. il 28 aprile 1945, con gli alleati e la resistenza impegnati a liberare gli ultimi territori italiani, Mussolini e la sua amante claretta petacci furono uccisi in drammatiche circostanze. il giorno successivo, i cadaveri furono trasportati a Milano ed esposti in piazzale Loreto, impiccati per i piedi.

30 aprile 1945Dov’è Hitler?

History ChannelLunedì 30 aprile ore 14,15adoLF HiTLer Si Suicida. prima di attaccare l’europa, Hitler aveva assicurato che il Terzo reich sarebbe durato per 1000 anni. dodici anni dopo, durante le ultime settimane dell’occupazione alleata, Hitler si rifugiò in un bunker sotto la cancelleria mentre il suo impero crollava. il giorno dopo aver sposato la sua amante eva Braun, il Führer si suicidò con la donna inghiottendo delle pastiglie di cianuro. i soldati dell’armata rossa trovarono nel cratere di una bomba i resti carbonizzati di quelli che si ritengono i loro corpi.

Psicologia: una storia brutale Da lunedì 2 aprile, History Channel, ore 22,00

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Rivivere la storia

104 BBC History Italia Aprile 2012

4Mirò in mostra a Roma

Era da molti anni che Roma non ospitava una rassegna esaustiva dell’opera di Joan Miró. Al Chiostro del Bramante si possono ora ammirare oltre 80 lavori del genio catalano, mai giunti prima nel nostro Paese, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli. E questo grazie alla Fundació Pilar y Joan Miró di Palma di Maiorca, che detiene gran parte del patrimonio dell’artista e che ha concesso in via del tutto straordinaria le sue opere per un’anteprima italiana.

Mirò! Poesia e luce

Roma, Chiostro del Bramante16 marzo - 10 giugno 2012S 06.91.65.08.451

Appuntamenti

Le informazioni di queste pagine sono basate su comunicazioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e degli enti organizzatori. Consigliamo una visita al sito o una telefonata preventiva per conoscere eventuali variazioni dei programmi annunciati.

1Gli Etruschi ad Asti

Trecento oggetti, in molti casi mai presentati, provenienti dai Musei Vaticani e dalle principali raccolte archeologiche italiane, fanno luce sul rapporto storico-culturale fra il Mediterraneo orientale e il mondo etrusco. L’esposizione si apre con il pregiato Elmo crestato villanoviano in bronzo, simbolo

del primo contatto tra gli Etruschi e la comunità della valle del Tanaro, ritrovato a fine Ottocento nelle acque del fiume che bagna Asti.

Etruschi

Asti, Palazzo Mazzetti

17 marzo - 15 luglio 2012S 199.757.517➤ www.palazzomazzetti.it

5Tiziano a Palazzo Reale

Bellini, Giorgione, Veronese, Bassano, Lotto, Tintoretto e soprattutto Tiziano. Cinquanta meravigliosi capolavori per mostrare l’invenzione del paesaggio moderno nella pittura veneta del Cinquecento, destinata a influenzare tutta la produzione pittorica successiva e il modo stesso di percepire l’ambiente. A partire dalla lezione di Bellini e Giorgione e insieme con i maggiori protagonisti della pittura veneta

del Cinquecento, Tiziano ha avuto il merito di elaborare una nuova e rivoluzionaria idea dell’ambiente naturale che, evolvendosi attraverso varie fasi e significati, lo portò a definire nella lingua italiana il termine stesso di “paesaggio” nella sua accezione moderna.

Tiziano e la nascita del paesaggio moderno

Milano, Palazzo Reale16 febbraio 2012 20 maggio 2012S 02.02.02 ➤ www.mostratiziano.it

2I futuristi in Valtellina

A Tirano, nella mostra curata da Paolo Sacchini, il pubblico può ammirare per la prima volta raccolti insieme i libri e i documenti della vasta collezione futurista conservata presso la Biblioteca “Paolo e Paola Maria Arcari”, di Tirano, che fino a oggi non erano mai confluiti in un unico fondo unitario e risultavano reperibili solo attraverso il catalogo a schede cartacee consultabile in biblioteca. A completamento della mostra, i volumi saranno raccolti in una sola collezione accessibile online.

Segno+Ritmo+Scrittura: da Marinetti a Boccioni, da Palazzeschi a Depero. Carte e libri futuristi della Biblioteca “Arcari” di Tirano

Tirano (SO), Palazzo Foppoli5 maggio - 24 giugno 2012S 02324377

3A Cremona l’Italia coloniale

Mostra di carattere didattico, realizzata con materiale inedito proveniente dall’archivio del generale Felice de Chaurand, riguardante la prima campagna di Libia (1911-1912), e con documenti e cimeli dell’esploratore Vittorio Bottego appartenenti all’archivio storico del dottor Manlio Bonati, e materiale fotografico inedito riguardante le spedizioni dell’esploratore cremonese conte Cesare Calciati (1885-1929).

L’Italia coloniale dalla Libia a Vittorio Bottego

Cremona, Biblioteca Statale 21 febbraio 2012 - 7 aprile 2012S 0372.49.56.11➤ www.bibliocremona.it

Page 99: BBC History Aprile 2012

105Aprile 2012 BBC History Italia

9Le donne siciliane e

l’arte a PalermoLa mostra, un omaggio alle artiste siciliane, è concepita come una serie di piccole personali, ognuna dedicata a una singola pittrice, perché attraverso un certo numero di dipinti si possa meglio comprendere l’identità artistica ed umana di ciascuna: un brano importante e ancora quasi del tutto inedito della storia e della cultura artistica siciliana. Quasi 200 le opere esposte,

provenienti da numerose collezioni private e pubbliche. Un’inedita occasione per gettare un po’ di luce sul ruolo della donna artista, una volta tanto non solo soggetto da riprodurre, ma artefice dell’opera stessa.

Arte Donna. Cento anni d’arte femminile in Sicilia 1850 - 1950

Palermo, Reale Albergo delle Povere26 febbraio 2012 - 25 aprile 2012➤ www.studioesseci.net

Le informazioni di queste pagine sono basate su comunicazioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e degli enti organizzatori. Consigliamo una visita al sito o una telefonata preventiva per conoscere eventuali variazioni dei programmi annunciati.

10Manzoni in biblioteca

La mostra, collocata nel prestigioso salone teresiano della Biblioteca Braidense di Milano, è composta non solo da documenti scritti (libri, manoscritti, documenti storici, ecc.), ma anche da testi figurativi esemplari, che raccontano sia il contesto storico e il ruolo di Manzoni, sia in particolare la ricchissima diffusione iconografica delle sue opere. Dipinti e stampe della Braidense e di altri Enti prestatori fanno da corredo a questa mostra di estrema originalità: nessuna mostra ha avuto infatti come tema il pensiero del Manzoni “politico”, dall’analisi delle divisioni degli italiani all’unità nazionale finalmente compiuta.

Immaginare e costruire la nazione. Manzoni tra Napoleone e Garibaldi

Milano, Biblioteca Nazionale Braidense7 febbraio 2012 - 17 maggio 2012S 02.86.46.09.07➤ www.braidense.it

8Mare e archeologia in Sardegna

Le storie del mare sono storie di viaggi, compiuti e incompiuti; per mille approdi, altrettanti tentativi frustrati, derive, naufragi. E ogni viaggio un racconto: il terrore di mostri

fantastici, l’inquietudine dell’incontro con i pirati, le onde altissime che minacciano di rovesciare la nave, le alte rupi immerse nella salsedine. Da queste suggestioni nasce la Mostra “Le stive e gli abissi”, allestita in due sedi, il Ghetto di Cagliari e l’Antiquarium Arborense di Oristano; vi si parla di mare, delle “navi di bronzo” (Oristano) e dei fondali del mare sardo (Cagliari).

Le Stive e gli Abissi. L’archeologia e i mari della Sardegna, dalle navi di bronzo allo scavo subacqueo

Cagliari, Il Ghetto - Oristano, Antiquarium Arborense18 febbraio 2012 - 12 maggio 2012S 0706670190

6 L’arte del vetro a Roma

La Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma presenta una mostra interamente dedicata all’arte del vetro, prevalentemente incentrata sulla produzione di età romana. Alla Curia Iulia, nel Foro romano, sono esposti circa 300 pezzi tra vasellame prezioso, gioielli e mosaici, che raccontano il periodo di massimo fulgore della lavorazione del vetro nel mondo romano, a partire dal II secolo a.C.

Vetri a Roma

Curia Iulia, Foro romano

7Canova a passo di danza

La Gipsoteca Museo Canova di Possagno, in provincia di Treviso, dedica un’originale mostra alle danzatrici del Canova. A quelle creature, bellissime, che lo scultore e pittore creava come antidoto al male di vivere. Tra i capolavori del museo, si conserva il gesso originale della Danzatrice con i cembali, eseguita per l’ambasciatore russo a Vienna Andrei Razumovskij, ora patrimonio inamovibile del Bode Museo di Berlino. Regina della mostra sarà la danzatrice restaurata, affiancata, come in una grande festa da ballo a corte, da un nugolo di 50 meravigliose fanciulle danzanti.

Canova e la danza. La danza nella scultura e nella pittura di Antonio Canova

Possagno (TV), La Gipsoteca Museo Canova

3 marzo 2012 - 30 settembre 2012S 0423.54.43.23 ➤ www.museocanova.it

21 febbraio 2012 - 16 settembre 2012 ➤ http://archeoroma.beniculturali.it

Page 100: BBC History Aprile 2012

106

guide turistiche dal passato

BBC History Italia Aprile 2012

Sotto la guida di Robert Holland andiamo alla scoperta di una splendida isola, dove mezzo secolo di dominazione britannica sta giungendo al termine

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QUANDO ANDAREsubito. lord palmerston, premier inglese, vuole cedere quanto prima questa bellissima isola alla grecia, e il timore che le sue attrattive possano presto sparire è concreto. la primavera è il periodo ideale per godere dei paesaggi tanto decantati da edward lear, residente a corfù e autore di “Views in the seven ionian islands”, appena pubblicato a londra.se vi capita di giungere in aprile, andate alla prima corsa di cavalli della stagione, dove l’élite britannica, i possidenti italiani e i ricchi mercanti greci si danno appuntamento per un bagno di mondanità. potrebbe essere l’ultima volta.

chE cOSA PORTARE se la vostra nave arriva da gibilterra e sulla roccia è in corso un’epidemia di peste o di febbre gialla, aspettatevi una quarantena. se non altro, corfù dispone di uno dei migliori lazzaretti dell’europa meridionale. È

disponibile una sorta di sauna con vapori disinfettanti, una valida alternativa per un soggiorno prolungato. ad ogni buon conto, portate un po’ di chinino come misura preventiva. Va detto, comunque, che non si sono più registrate epidemie di peste a corfù dalla guerra di crimea, dieci anni fa.

cOME ARRIVAREpotete prendere una diligenza attraverso francia e italia, se non vi fidate dei treni. Quindi, salpate da ancona a bordo di una nave a vapore del lloyd austriaco. Viaggiare in italia, dopo l’unificazione ad opera dei piemontesi, è oggi molto meno rischioso rispetto al recente passato.

DENAROdall’inizio del dominio britannico, al termine delle guerre napoleoniche, la moneta corrente è l’obolo ionico, equivalente a un mezzo penny inglese. potete anche trovare la dracma greca e il para turco. siate certi di trasferire il denaro presso l’affidabile Banca ionia, che ha tra i propri clienti il protettorato stesso. l’istituto si trova in un

DOVE ALLOGGIAREl’hotel Konstantinoupolis è nuovo di zecca e dispone di dotazioni decenti. se avete le giuste credenziali, fatevi invitare da qualche aristocratico veneziano in una delle sontuose ville dell’isola. l’ideale sarebbe un invito da parte di spiridion Valaoriti, esponente di spicco di una delle poche famiglie di notabili isolani ancora fedeli alla corona britannica. cOSA MANGIAREMolte dominazioni straniere sono passate da queste parti, da quando i veneziani se ne andarono nel 1797, rendendo la cucina locale una delle più varie d’europa. ci sono piatti di derivazione

elegante palazzo veneziano nel centro cittadino

cOSE DA VEDERE E ATTIVITÀil carnevale, alla fine di febbraio, è vivace quanto quelli italiani. date un’occhiata ai membri della guarnigione che giocano a cricket sulla grande spianata di fronte al palazzo di san Michele e san giorgio. potreste anche ingaggiare un dragomanno che vi accompagni per un tour della turchia europea e della grecia, se non temete viaggi poco confortevoli e il rischio di essere rapiti. in ogni caso, non mancate di noleggiare una piccola barca e visitate le isole vicine.

Viaggi nella storia

I soldati britannici

solitamente si comportano

bene, ma lo stesso non

si può dire dei marinai

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Alex von Tunzelmann è autrice del romanzo “Red Heat: Conspiracy, Murder and the Cold War in the Caribbean”.a

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Aprile 2012 BBC History Italia

italiana, come il pastisado, versione locale del veneziano spezzatino. ci sono piatti greco-russi, uova, verdure e pesce, nati dalla commistione tra la cucina locale e le tradizioni importate dai soldati sudditi dello zar.

BEVANDEgli inglesi hanno lasciato un segno sulle tradizioni locali in fatto di bevande. si può trovare dell’ottima birra di zenzero, ma la birra chiara scarseggia quando la flotta del Mediterraneo è nei paraggi (è noto che i marinai sono sempre assetati).

DIVERTIMENTIc’è solo l’imbarazzo della

scelta. alla sera prendetevi una pausa da liston, locale inaugurato dai francesi nel 1815 (l’architetto è lo stesso che progettò rue de rivoli a parigi). per gli amanti dell’opera francese e italiana c’è il Nobile teatro di san giacomo, mentre le bande musicali dell’armata britannica si esibiscono alla rotonda che prende il nome dall’alto commissario thomas Maitland.

PERIcOLI E INcONVENIENTIle donne rispettabili, locali o straniere, non si avvicinano mai al porto da sole nelle ore notturne. i soldati britannici solitamente si comportano bene, ma lo stesso non si può

dire dei marinai. i turisti provenienti dalla gran Bretagna forse vorranno evitare il quartiere popolato dagli esuli di parga, qui rifugiatisi nel 1819 dopo che lord liverpool cedette la loro città di origine ai turchi. c’è in loro ancora un forte risentimento, nonostante siano passati già diversi anni. Non mettetevi a discutere con gli abitanti, notoriamente turbolenti e dal coltello facile. fare uscire dai gangheri un mercante locale è tra le peggiori esperienze che possiate fare da queste parti.

Corfù oggi

Corfù è anCor oggi un passaggio obbligato lungo l’ultima grande rotta marittima europea, il servizio di traghetti che collega l’italia meridionale a Patrasso e al Peloponneso, anche se la maggior parte dei visitatori giunge qui per altre vie. Milioni di turisti arrivano ogni anno a Corfù con voli dalla gran Bretagna, dalla germania e dalla Scandinavia, diretti ai celebri resort di glyfada, ipsos e Sidari. in pochi alloggiano al glorioso Hotel Konstantinoupolis, che rimane un luogo di soggiorno senza tempo. L’antica città di Corfù è ricca di edifici storici e vestigia che ricordano il tempo in cui l’isola era un avamposto britannico, inclusi la cittadella veneziana e il memoriale di Thomas Maitland. Ci sono inoltre molte aree costiere di grande interesse paesaggistico, da esplorare magari seguendo le tracce di un noto residente dell’isola, il naturalista gerald Durrell. Per godersi al meglio queste visite, basta incamminarsi lungo uno dei tanti sentieri che conducono alle celebri spiagge ghiaiose di Corfù, fare un bagno nelle calde acque del mar ionio e rifocillarsi in una delle caratteristiche taverne che punteggiano l’isola.

Se vi piace questa meta, provate anche...Sulle tracce di omero, merita una visita la vicina isola di itaca, celebre per essere stata la patria del leggendario eroe Ulisse. in alternativa, la grecia continentale, comodamente raggiungibile in traghetto, offre alcuni tra i più ricchi patrimoni archeologici del mondo intero. a voi l’imbarazzo della scelta.

L’antica fortezza di Corfù risale al XV secolo.

Page 102: BBC History Aprile 2012

I luoghi della storia

108 BBC History Italia Aprile 2011

L’itinerario archeologico di questo mese ci porta alla scoperta dei principali siti italiani legati alla memoria dell’imperatore

adriano, soprannominato il “grecuccio” per il suo amore per la cultura greca, che studiò fin da giovane e che lo affascinò tanto da influenzarne profondamente il suo pensiero e la sua azione politica. iniziamo quindi questo percorso, che si snoda fra lazio e campania, da tivoli, a poco più di 30 km da roma, alle pendici dei Monti tiburtini. Qui si trova Villa adriana, uno dei più celebrati siti archeologici del mondo.

PRIMA TAPPA: tivoli, Villa adriana

quanto quella di Pompei, sono visibili i resti degli edifici che l’imperatore volle sul modello di quelli che più lo avevano colpito durante i suoi numerosi viaggi. Si potranno ammirare, per esempio, il Pecile, con al centro la peschiera, che ricorda la Stoà di atene; il canopo, con un’enorme vasca di 119x18 metri e un tempio dedicato a Serapide, chiamato così in onore di una piccola cittadina vicino ad alessandria d’egitto dove appunto si trovava un famoso tempio dedicato alla dea Serapide; e un teatro ricostruito sul modello di quelli greci. ad aumentare lo stupore del visitatore ci sono inoltre mosaici e marmi bellissimi, un complesso sistema di riscaldamento che manteneva sempre calde le stanze e una serie di ponti mobili. Un modo semplice ed efficace per

(tel. 06.3997900; www.villaadriana.com). Villa adriana è inserita dal 1999 nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco perchè considerata “un capolavoro che riunisce le più alte forme di espressione dell’essenza culturale dell’antico Mondo Mediterraneo. lo studio dei monumenti di Villa adriana ha giocato un ruolo cruciale nella riscoperta degli elementi dell’architettura classica per gli umanisti cinquecenteschi. essa ha inoltre profondamente influenzato numerosi architetti e disegnatori del XiX e XX secolo”. Per la sua imponenza e per le soluzioni adottate dall’architetto apollodoro di Damasco, Villa adriana, costruita a partire dal 117 d.c., non può che lasciare stupefatto il visitatore. all’interno della sua area, grande quasi

Un’immagine della Villa Adriana , a Tivoli, che dà l’idea di quanto fosse raffinata e lussuosa la residenza preferita da Adriano.

Page 103: BBC History Aprile 2012

Aprile 2011 BBC History Italia 109

Sulle orme di Adriano

prepararsi alla visita della Villa adriana è di guardare il suo sito web, dove la sezione 3D presenta la ricostruzione tridimensionale del teatro Marittimo e del Vestibolo e la sezione video raccoglie 15 filmati di presentazione dei principali monumenti. Villa adriana è aperta tutta i giorni e la sua visita è gratuita per i minori di 18 anni e i maggiori di 65.

SECONDA TAPPA: roma, Pantheon (tel. 60608; http://www.turismoroma.it). la piazza della rotonda, a roma, è dominata dall’imponente tempio del Pantheon, uno dei più importanti monumenti romani per grandiosità e stato di conservazione. la sua attuale forma fu voluta dall’imperatore adriano che, fra il 118 e il 125 d.c., fece ampliare

Da Villa Adriana a Castel Sant’Angelo, da Ostia Antica al parco archeologico

di Baia, i monumenti e le località che conservano le tracce più significative

del grande imperatore romano del II secolo

Il Pantheon come appariva in una

stampa del 1835.

Page 104: BBC History Aprile 2012

110 BBC History Italia Aprile 2011

la struttura primitiva costruita nel 27 a.c. dal console Marco agrippa, riproducendo sulla nuova facciata l’iscrizione originaria in onore del primo committente: “M.agrippa l:F: cos tertium Fecit” (“lo costruì Marco agrippa, figlio di lucio, console per la terza volta”).

TERZA TAPPA: roma, castel Sant’angelo (tel. .6819111; http://www.castelsantangelo.com/). intorno al 123 d. c. adriano affida all’architetto Demetriano la costruzione dell’hadrianeum, ovvero la tomba per se stesso e per i suoi successori. il mausoleo fu terminato da antonino Pio un anno dopo la morte dell’imperatore e, nonostante i numerosi ampliamenti e cambiamenti successivi, la forma originaria è ancora leggibile. Visitare oggi castel Sant’angelo significa ripercorrere le vicende che si sono susseguite e che ne hanno determinato nel corso dei secoli un uso diverso. castel Sant’angelo è infatti anche un castello fortificato (utilizzato

con questa funzione già a partire dal 271 d. c. dall’imperatore aureliano), una residenza pontificia (il primo papa a servirsene fu niccolò V fra il 1447 e il 1455) e un museo.

QUARTA TAPPA: Parco archeologico di ostia antica (tel. 06.56358099; http://archeoroma.beniculturali.it/siti-archeologici/ostia-antica). l’area archeologica dell’antica colonia marittima di ostia è visitabile tutti i giorni. la città fu fondata, secondo la tradizione dal quarto re di roma, anco Marzio (iV secolo a. c.) e completamente ristrutturata dal punto di vista urbanistico dall’imperatore adriano.

QUINTA TAPPA: Museo Provinciale campano, Santa Maria capua Vetere (ce) (tel. 081.2301614; http://www.incampania.com ). Qui fu costruito il primo anfiteatro romano, secondo per grandezza solo al colosseo. Un’iscrizione, rinvenuta nel 1726, ha permesso di

ricostruire parte della sua storia: fatto costruire da augusto intorno alla fine del i secolo a.c. a spese della città, fu restaurato dall’imperatore adriano, che lo abbellì con colonne e statue, e successivamente ampliato e inaugurato da antonino Pio nel 155 d. c.

SESTA TAPPA: Parco archeologico Baia a Bacoli (na) (tel. 081.4107211); http://www.eptnapoli.info). Per la presenza delle acque termali e per il mite clima, Baia era una delle località preferite dagli imperatori romani per lo svago e la vacanza. anche l’imperatore adriano vi soggiornò più volte e qui morì di edema polmonare a 62 anni. il poeta orazio scrisse: “nessun altro luogo al mondo è più splendente del golfo di Baia” e, visitando i 40 mila mq dell’area archeologica di Baia, non si potrà che concordare con lui.

Giuliana Geronimo, laureata in Scienze Turistiche con Dottorato di Ricerca in Storia e Informatica.

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Una suggestiva immagine di Castel Sant’Angelo.

In origine era il mausoleo dell’imperatore Adriano.

La baia di Bacoli, apprezzata

per il clima mite e la presenza

di acque termali.

Page 105: BBC History Aprile 2012

Aprile 2012 BBC History Italia 111

D&R Domande&RisposteScrivete, se avete domande da porre a questa rubrica, a BBC History Italia, via Torino 51, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI), oppure inviate una email a: [email protected]

R. Nel luglio del 1941 la BBC lanciò “V for Victory”, una campagna propagandistica che incoraggiava le popolazioni dei Paesi occupati dai nazisti a mostrare il proprio supporto agli alleati scrivendo la lettera V

ovunque potessero. “Tracciate una V da una parte all’altra d’europa”, proclamava la sicura voce del colonnello Britton dai microfoni della radio inglese. l’idea era stata ispirata da Victor de laveleye, un belga che

Lo sapevate…?Una principessa inglese viaggiò da Londra a Bath su una portantina. Si tratta della principessa Amelia, secondogenita di Giorgio II, che compì il viaggio, lungo oltre 160 chilometri, nel 1728.

Stando a quanto riportato al tempo dal giornale “The Post Boy”, gli uomini preposti al trasporto della principessa erano suddivisi su quattro turni di lavoro. Mentre due uomini reggevano il regale peso, gli altri sei seguivano la portantina su un carro.

Un calciatore professionista del Leicester sconfisse ai calci di rigore un elefante per 3 a 2.Una delle principali attrazioni del circo Sanger tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento era un elefante-calciatore, capace di calciare un pallone e di giocare in porta.Nel 1899, quando il circo fece tappa a Leicester, fu organizzata una sfida ai rigori tra quattro giocatori della locale squadra del Leicester Fosse F.C. e l’elefante. Con grande imbarazzo dei presenti, l’elefante sconfisse tre calciatori. William Keech, il quarto giocatore, riuscì tuttavia a salvare l’onore della propria squadra. Fintò un tiro sulla destra dell’elefante sul calcio decisivo, ma poi tirò a sinistra, spiazzando il pur talentuoso pachiderma.

Lo sapevate...?lavorava per la BBC, il quale disse ai suoi connazionali di usare la lettera V come simbolo di solidarietà internazionale, in quanto iniziale della parola francese “victoire” e del fiammingo “vrijheid” (libertà), oltre che dell’inglese “victory”. Non molto tempo dopo, douglas Ritchie, il trentaseienne conduttore della BBC che andava in onda con lo pseudonimo di colonnello Britton, si rese conto che le prime quattro note della Quinta Sinfonia di Beethoven, tre note brevi e una lunga, assomigliavano al codice Morse per la lettera V. Ritchie ne fece la sigla della sua trasmissione e gli ascoltatori cominciarono a replicare in ogni modo la musica in segno di resistenza. i ferrovieri, per esempio, cominciarono a riprodurre le quattro note coi fischi dei loro treni. la V e l’incipit della Quinta si diffusero così per tutta l’europa per demoralizzare gli occupanti nazisti, i quali, riprendendo le parole di de laveleye, dovevano sentirsi “circondati, accerchiati da un’immensa folla di cittadini in attesa del loro primo segno di debolezza, pronti a sfruttare il primo passo falso”. una guerra psicologica non decisiva, certo, ma che ben illustra i tanti volti della resistenza al nazismo.

Nelly (nella foto) non è il primo elefante a mostrare grandi doti su un campo da calcio.

D. Chi scoprì che le prime quattro note della Quinta di Beethoven potevano essere usate come “arma psicologica” di propaganda anti-nazista?

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Portantine come questa erano solitamente utilizzate su brevi distanze.

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112 BBC History Italia Aprile 2012

La storia in gioco

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ORIZZONTALI1 Logora... la vita moderna - 5 Extra Sensorial Perception (sigla) - 8 Serve per dar fuoco alle polveri - 13 tra notte e giorno - 16 Il cuore di Giobbe - 17 un salume roseo - 20 Il supplizio a cui fu condannata - 22 Iniziali di Bergman - 24 tacciono pur essendo a conoscenza di reati commessi - 25 La sua missione era quella di estrometterli dalla Francia - 28 una risposta che lascia l’amaro in bocca - 29 La proprietà di un corpo di mantenere inalterata la temperatura - 30 La città in cui morì diciannovenne - 31 urlo in centro - 33 Konrad, pittore svizzero dell’ottocento - 36 Il principe di Kiev - 37 torte di frutta - 39 Lo è il... Pi più famoso - 41 Il monte a sud di ancona - 43 organo che contiene le uova di alcuni invertebrati - 45 non manca all’autorevole - 46 un cappello, un canale e uno stato - 47 Proprio così! - 49 Istituto Superiore di Sanità - 51 Si usano sulle lavagne di ardesia - 53 La ventesima lettera dell’alfabeto greco - 56 quella di porta... non si calcola in geometria - 57 La Klein di no Logo - 58 Società a responsabilità Limitata - 59 drappo per addobbare l’altare - 61 I padri dei padri - 62 Il figlio muto di Creso - 63 Facili da masticare - 64 Così comincia e finisce

l’infatuazione - 65 La oxa cantante (iniziali) - 66 Insegnante (abbr.) - 67 tony, tra i più grandi tennisti degli anni ‘50 - 69 relativo a un lungo periodo del Cenozoico - 72 Le vocali per pochi - 73 antica città della Bitinia - 74 La provincia di Mondovì (sigla) - 75 avanti Cristo - 76 Successe a Lenin.

VERTICALI1 La voce dei Police - 2 Le prime di roma - 3 La dea greca della giovinezza - 4 Spostato con fatica - 5 Fu accusata di esserlo nonostante il suo rispetto per l’autorità pontificia - 6 L’accusa che le procurò la condanna a morte - 7 Lo è diventata della Francia - 8 dodici in un anno - 9 un osso che fa parte dell’anca - 10 Iniziali del regista Lelouch - 11 Il... capitale dell’Egitto - 12 Brillante e acuto nella conversazione - 13 uomini... di polizia - 14 L’articolo prima di angeles e di alamos - 15 antico testamento - 18 Il fiume africano raggiunto dall’esploratore Vittorio Bottego - 19 La località francese della Lorena in cui nacque - 21 un tipo di carta per il salume - 23 La catturarono a Compiègne nel 1430 - 26 ospedale, luogo di cura - 27 Le ali... dell’Inter - 32 Vi è nato Carlo azeglio Ciampi (sigla) - 34 La città francese... di cui

divenne la “pulzella” - 35 Il regista francese che le ha dedicato un film nel 1999 - 38 Il regno di Pirro - 40 I raggi provenienti dagli spazi interstellari - 42 un musicista come Eminem - 44 Lo è il film... spinto - 47 titolo per il sovrano - 48 allegro e gaio - 50 Il bar del cow boy - 52 un terzo di VI - 54 Così fu proclamata nel 1920 - 55 termine di... paragone - 56 La Minerva degli antichi Greci - 58 una bella località sul Brenta - 60 Il no di Vladimir Putin - 61 Isola delle Cicladi - 62 Sull’olimpo era causa di... malumore - 63 diventerà maggiore (abbrev.) - 65 associa molti patentati (sigla) - 68 Le iniziali del grande filosofo e uomo politico di Pescasseroli (1866-1952) - 70 Caso senza pari - 71 In mezzo al Cile.

CRuCIVERbA A TEmA Giovanna d’Arco (1412-1431)

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113Aprile 2012 BBC History Italia

Sudoku storicoRisolvi questo sudoku e, se la soluzione è giusta,

nelle caselle colorate comparirà l’anno in cui Adriano diventò imperatore

Se ancora non conosci il sudoku, devi seguire una sola regola: riempire le caselle vuote con i numeri mancanti, avendo cura che ogni riga, ogni colonna

e ogni riquadro contengano le cifre da 1 a 9 una sola volta: se ti accorgi che ripeti la stessa cifra due volte in una riga

o in una colonna o in un riquadro, fermati e torna indietro (usa una matita, così puoi cancellare i numeri sbagliati). La soluzione è una sola, non ci sono

alternative. Se ti piace il sudoku, chiedi al tuo edicolante “Settimana Sudoku”,

il più diffuso settimanale dedicato a questo gioco. Costa solo 1 euro e ci sono griglie adatte a tutta la famiglia: facili, difficili

e impossibili.

Soluzione “chi e che cosa”: Cleopatra (che amò Cesare, da cui ebbe il figlio Cesarione) e ParacletoSoluzione “i due piloti”: antonio e alberto ascariSoluzione “un conte astuto”: roberto il Guiscardo, detto l’astuto (roberto d’altavilla) (vedi schema)

• Sono stati due piloti automobilistici.

• Il primo (1888 - 1925) vinse il Gran Premio d’Italia a Monza nel 1924 e quello del Belgio a Spa nel 1925. Morì in un incidente di gara mentre era in testa, durante il Gran Premio di Francia sul circuito di Montlhéry, vicino a Parigi.

• Il secondo (1918 - 1955) conquistò due titoli mondiali di Formula 1, rivaleggiando con il grande

campione di quegli anni Juan Manuel Fangio. Morì provando la Ferrari del suo amico pilota Eugenio Castellotti sul circuito di Monza.

• Oltre alla comune passione per i motori, i piloti sono uniti da due particolarità: l’età della morte (avvenuta per entrambi a 37 anni) e il legame di parentela. Erano, infatti, padre e figlio.

Sapete dire chi erano?

I due pIlotI

Fu una grande regina, vissuta prima di Cristo.

Detronizzata, fu rimessa sul trono dal suo potente

amante.Anagrammando il suo

nome si ottiene l’epiteto che nella Chiesa Cristiana

è riservato allo Spirito Santo con il significato

di “consolatore”.

Chi è la regina e quale l’attributo sacro?

Chi e che cosa?

Conte normanno (1015 ca - 1085), detto l’“astuto”, figlio di Tancredi d’Altavilla, scese in Italia nel 1047 ed entrò ben presto in contrasto con il papato. Cacciò i bizantini dall’Italia meridionale e gli arabi dalla Sicilia. Morì durante una spedizione contro i bizantini, assediando

l’isola greca di Cefalonia.

Di chi si tratta?Inserite orizzontalmente nello schema le nove parole elencate sotto aiutandovi con le lettere già inserite: al termine, leggendo le lettere nelle caselle colorate si otterrà il nome del personaggio storico.

bARbAGIA EPISODIO

ESOCARPO FOLKLORE GEOFAuNA GRECISTA LuTERANO OmbELICO PARRuCCA

un conte “astuto”

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BBC History Italia Aprile 2012114

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scacciato da Firenze gli usurai ebrei. Nel centro della città, fuori da Palazzo Vecchio, i

seguaci del frate eressero un grande falò, in cima al quale fu issata un’immagine del demonio. Attorno furono impilati tutti gli oggetti requisiti in giro per la città: libri e dipinti, sculture classiche e volumi di poesia, specchi e monili, tavole da gioco e scacchi, liuti, vestiti e cappelli. Tra questi oggetti c’erano numerosi dipinti dei maestri fiorentini del Rinascimento. Stando ad alcune testimonianze, il pittore Sandro Botticelli gettò di sua volontà nel fuoco alcune sue opere a tema mitologico.

Al segnale di Savonarola, fu appiccato il fuoco alla grande pira. Mentre le fiamme si levavano imponenti verso il cielo, i presenti, esaltati dalla vista di quello che sarebbe passato alla storia come il Falò delle Vanità, cominciarono a intonare inni e salmi.

Non sapremo mai quanti dei presenti al falò effettivamente condividessero le idee di Savonarola. Il cronista Piero Parenti scrisse che, sebbene quasi tutta la città avesse partecipato alla manifestazione, il falò fu da molti considerato una semplice espressione di ostentazione e ipocrisia. Col passare del tempo, l’ascendente di Savonarola sulla popolazione fiorentina cominciò a scemare. Il mercoledì delle ceneri, il frate ordinò un altro sequestro di oggetti peccaminosi, ma il clima stava cambiando. Quando Savonarola pronunciò la sua predica nel giorno dell’Ascensione, tre mesi dopo, per le vie della città si scatenarono violenti disordini. Le taverne riaprirono, e rispuntarono persino i tavoli del gioco d’azzardo. La breve parabola riformatrice di Savonarola era ormai giunta al termine. Quando il frate fu arrestato, nell’aprile del 1498, il suo potere era già in calo da mesi. Scomunicato dal papa per eresia, fu torturato e messo al rogo, insieme a due suoi confratelli, nella piazza antistante Palazzo Vecchio, nello stesso punto, ironia della sorte, in cui era stato eretto il Falò delle Vanità.

ERA MATTINA PRESTo QuEL 7 FEBBRAIo 1497, quando la folla cominciò ad assembrarsi di fronte al severo Palazzo Vecchio, nel centro di Firenze. Per anni il martedì grasso era stato uno dei momenti clou nel calendario cittadino. Come ultimo giorno prima dell’inizio della Quaresima, era un’ottima opportunità per un’abbuffata finale. Per i fiorentini, così come per molti altri italiani, era anche l’occasione per una grande orgia di balli e trasgressioni, nella quale i cittadini, debitamente mascherati, si riversavano nelle strade, facendosi beffe delle convenzioni sociali che imperavano per il resto dell’anno. Stavolta, tuttavia, il martedì grasso sarebbe stato molto diverso dal solito. Tre anni prima, dopo la caduta della dinastia dei Medici, Firenze era finita sotto l’influenza di uno straordinario frate domenicano, Girolamo Savonarola. Dichiarandosi ispirato da Dio e lanciandosi in infuocate prediche, Savonarola fece breccia negli animi dei fiorentini, esausti per le infinite guerre contro i francesi. In breve tempo, il frate si autoproclamò capo di una “repubblica cristiana e religiosa”, nella quale la virtù era al potere e i vizi erano banditi con estrema severità. Savonarola condannò il culto del lusso, respinse le frivolezze dell’arte rinascimentale e pretese che gli artisti si dedicassero ad esaltare unicamente la gloria di Dio. Già nei mesi precedenti, i discepoli di Savonarola avevano setacciato la città alla ricerca di qualsiasi oggetto considerato peccaminoso, cose che glorificavano l’uomo anziché Dio, e che richiamavano pericolosamente il vizio e la decadenza dei costumi. Quella mattina di martedì grasso, tuttavia, la loro missione moralizzatrice assunse toni ancor più estremi. Con indosso vesti bianche, croci rosse e ghirlande in testa, gruppi di giovani uomini

martedì

7Febbraio 1497

Un giornonella storia

bussarono a ogni porta, cercando oggetti da distruggere. Il loro obiettivo, scrisse un cronista dell’epoca, era “estirpare le oltraggiose, perverse abitudini del Carnevale”. Nella loro missione, però, c’era qualcosa di più della semplice distruzione: si chiedeva anche denaro per sfamare i poveri e per istituire un’agenzia di pegni che, secondo Savonarola, avrebbe

Per Dominic Sandbrook il 7 febbraio 1497, la data del Falò delle Vanità che bruciò le frivolezze del Rinascimento, è un giorno da ricordare

Dominic Sandbrook è conduttore radiofonico e autore del libro state of emergency: The Way We Were: Britain, 1970-1974.

Savonarola voleva “estirpare le oltraggiose, perverse abitudini del Carnevale”

Savonarola e il Falò delle Vanità

In un dipinto dell’epoca, Savonarola viene arso vivo su una pira eretta nel centro di Firenze.

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Pio XII e il NazismoDi tanto in tanto si ripropone la tesi di una presunta vicinanza di papa Pio XII al Terzo Reich. Eppure non se ne trova traccia né in documenti dell’Archivio Federale Tedesco né in quelli di altre raccolte inglesi e americane. Dall’analisi degli atti risulta, invece, che i gerarchi nazisti, specie nei messaggi coperti da segreto, esprimevano valutazioni sempre negative su papa Pacelli, già prima della sua elezione a pontefice. Un importante contributo ad uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni.

Prossimamente su

Il prossimo numero sarà in edicola il 17 aprile 2012

Eugenio di Savoia

Il mistero di Cook

Era italiano e fu considerato il più grande comandante

militare del ‘700. Ma combatteva al servizio

degli austriaci.

Molte pagine del diario di bordo del grande navigatore

inglese furono fatte sparire. Che cosa si voleva nascondere?

I luoghi di Giovanna d’Arco

Da Domrémy, dove è nata, a Rouen, dove è stata processata

e bruciata, sulle tracce dell’eroina nazionale francese.

Foto in iV di copertina: un’immagine di Villa adriana a tiVoli

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INTERNATIONAL

bbc history italia n°12 - mensile - anno 2 - 2012 - € 3,90