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8 La “ricetta del movimento”, cioè quel- l’insieme di ingredienti che stanno alla base della composizione del movimento corretto (Fig. 1) è quindi costituita da: BAMBINI in MOVIMENTO La “ricetta del movimento” Talento 5% Condizione 20% Ripetizione 25% Know how 50% Fig. 1 1. Know-how 2. Ripetizione della conoscenza acquisita 3. Condizione 4. Talento 1. Know-how: è il saper “come fare”, cioè quello che il bambino apprende sia spontaneamente e sia tramite l’inse- gnamento. Se il primo aspetto, cioè quello della spontaneità, non viene af- fiancato dagli strumenti che permettono lo sviluppo dell’apprendimento in tutte le sue potenzialità, il bambino si troverà ad avere un deficit di apprendimento e cercherà di correggerlo utilizzando in misura non corretta altri componenti della ”ricetta del movimento”. 2. Ripetizione della conoscenza acqui- sita: fa parte delle fasi di gioco che il bambino ripete perché si diverte e co- struisce relazioni sia con se stesso sia con i compagni; questa seconda com- ponente è produttiva solo se risulta es- sere strettamente collegata alla prima.

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Dalla postura al gioco attraverso la coordinazione e le progressioni dinamiche. di: M.Bernardi, C.Bertolucci, V.Canali, R.Conte, C.Mainardi, A.Tasco, E.Volta, M.Zoni Calzetti & Mariucci editore

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La “ricetta del movimento”, cioè quel-l’insieme di ingredienti che stanno alla

base della composizione del movimentocorretto (Fig. 1) è quindi costituita da:

BAMBINI in MOVIMENTO

La “ricetta del movimento”Talento

5%

Condizione 20%

Ripetizione25%

Know how50%

Fig. 1

1. Know-how2. Ripetizione della conoscenza acquisita

3. Condizione4. Talento

1. Know-how: è il saper “come fare”,cioè quello che il bambino apprende siaspontaneamente e sia tramite l’inse-gnamento. Se il primo aspetto, cioèquello della spontaneità, non viene af-fiancato dagli strumenti che permettonolo sviluppo dell’apprendimento in tuttele sue potenzialità, il bambino si troveràad avere un deficit di apprendimento ecercherà di correggerlo utilizzando inmisura non corretta altri componentidella ”ricetta del movimento”.

2. Ripetizione della conoscenza acqui-sita: fa parte delle fasi di gioco che ilbambino ripete perché si diverte e co-struisce relazioni sia con se stesso siacon i compagni; questa seconda com-ponente è produttiva solo se risulta es-sere strettamente collegata alla prima.

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Gli anni della scuola primaria rappre-sentano il periodo più favorevole perl’apprendimento.I problemi di mobilità articolare, di co-ordinazione, di destrezza, di lateralità etutto ciò che entra nella ricetta motorianella prima fase di know-how dovreb-bero essere studiati e risolti in granparte durante questo importante pe-riodo.

Nell’esecuzione dei gesti motori tradi-zionali il bambino trova diversi ostacolied impedimenti dovuti a mobilità arti-colare ridotta nelle varie articolazioni in-teragenti nelle catene cinetiche.Recenti studi hanno evidenziato che learticolazioni più soggette a deforma-zioni strutturali per loro natura, come lelordosi (colonna vertebrale), le iper-estensioni (ginocchia e gomiti) assu-

mono una funzione compensativa infase statica, ma soprattutto in fase di-namica, sostituendosi a quei tratti dellacatena cinetica in azioni che non sonoin grado di conferire la necessaria mo-bilità al gesto tecnico.Di conseguenza, anche le sinergie mu-scolari si compensano e non risultanoin sintonia con i baricentri tecnici, cioècon quelle masse muscolari che do-vrebbero agire come dominanti in certesituazioni e come coadiuvanti in altre.

Le sinergie muscolari si realizzano inrapporto ai decubiti, alle stazioni utiliz-zate per il gesto tecnico ed anche inbase alla direzione delle azioni determi-nate dalle contrazioni muscolari.Se un soggetto impara un know-howsbagliato - cioè si avvale di strutture piùpotenti, ma non sinergiche al gesto pro-posto - ne consegue che altre strutturepiù deboli non sono più salvaguardatedal “ritmo muscolare”.Le masse muscolari più deboli vengonoad essere sovrastate da quelle più forti,che da silenti in determinate situazioni,diventano dominanti per assenza diequilibrio, trascinando le articolazioniprincipali (starter) in posizioni non ido-nee sia per la realizzazione tecnica eco-nomica del gesto sia per la prevenzionedei traumi da carico iterativo.Da qui nasce il primo concept che pre-vede di rendere le articolazioni suffi-cientemente mobili per poter innescareadeguate sinergie, a seconda delle ri-chieste dettate dal gesto tecnico e dallestazioni o decubiti utilizzati.

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Fig. 1 Esempio di blocco del cingoloscapolo-omerale e compensazione lombare

Fig. 1

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3.1 Le capacità coordinative e il senso del ritmo (obiettivo 2)

Le capacità coordinative speciali secondo la classificazione di D. Blume, sono:

• capacità di combinazione dei movimenti;

• capacità di differenziazione;

• capacità di equilibrio;

• capacità di orientamento;

• capacità di ritmo;

• capacità di reazione;

• capacità di trasformazione.

Come premessa allo sviluppo di queste capacità saranno indispensabili esercita-zioni per l’acquisizione dello schema corporeo e la lateralizzazione, nonché fami-liarizzare e sensibilizzare la presa di contatto con terreno e compagni.

Acquisizione schema corporeo

Esercizi proposti

Fascia 5-6-7 anni

- Passare sotto il bambino che sta a gambe divaricate;

- passare sotto ad ostacoli di altezza diversa;

- da seduti, far rotolare una palla con una mano, senza perderla, attorno al corpoe provare ad allontanarla il più possibile sia da un lato che dall’altro.

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Questo punto verrà espresso attraverso percorsi ginnici a solo titolo esemplifica-tivo, in quanto non sono elementi chiusi, ma aperti alla fantasia motoria dell’i-struttore.

Questi percorsi rappresentano delle tracce di lavoro con variazioni del grado di dif-ficoltà da applicare alla classe a seconda del livello di capacità raggiunto.

Saranno illustrati di seguito cinque percorsi specifici, due circuiti specifici e un cir-cuito generale sulle capacità coordinative, cercando di puntare in ognuno allo svi-luppo di una loro caratteristica.

Il percorso viene proposto con esercitazioni a coppie in ogni stazioneLivello base

1) Lanci della palla a diverse altezze individuali.

2) Lanci della palla contro il muro adiverse altezze.

3) A coppie, di fronte: palleggi conun pallone usando due mani con-temporaneamente.

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4.1 Combinazione di movimenti

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Un bambino gioca da solo, gioca con co-etanei, gioca con una guida oppuregioca inventando sul momento. Unbambino gioca e quando gioca provapiacere.

Il gioco può aiutare il bambino a cre-scere, a socializzare, ad affrontare e su-perare difficoltà e paure, a migliorare lequalità fisiche, a rispettare regole ed av-versari, l’importante è che generi pia-cere.

Con l’aiuto dell’adulto è possibile “dareun senso” al gioco, con l’aiuto di piccolie semplici attrezzi è possibile renderepiù facile il raggiungimento di obiettivispecifici, ma mai deve venire meno ildesiderio di contribuire alla crescita psi-comotoria del bambino con piacere edentusiasmo.

Come e quando utilizzare i giochi

Qualsiasi momento della lezione puòessere utilizzato per effettuare un gioco.

Naturalmente, dovendo scegliere un cri-terio, può essere interessante inserireun gioco nella prima parte di una le-zione (fase di attivazione) e nella parteconclusiva della lezione (fase di verifica)così come può rivelarsi importante neldissipare energie “negative”.

Altra indicazione utile può essere quelladi inserire un gioco nel momento in cuila concentrazione, l’attenzione e l’entu-siasmo dei bambini dovessero scemare:potrebbe rivelarsi una mossa vincente,capace di rinvigorire la partecipazionedei soggetti.

Come si propone un gioco

Sembrerà banale, ma le modalità di pro-porre un gioco possono determinare ilrisultato finale.

Se l’insegnante riesce a trasmettere en-tusiasmo e curiosità nella descrizione diun gioco, se il tutto risulta accattivante,c’è la certezza che il gioco verrà vissutoin modo completo, altrimenti ci sarà lanecessità di intervenire per ravvivarlo,rispiegarlo, modificarlo.

Risulterà fondamentale l’utilizzo di ter-mini semplici, comprensibili a tutti, saràspesso indispensabile “mostrare” ilgesto richiesto.

Quanto deve durare

A questo quesito, la risposta più correttadovrebbe essere: “fino a quando i bam-bini si divertono”, ma trattandosi di unalezione, è giusto che anche il giocoabbia un tempo ben definito; è comun-que importante che il gioco abbia un fi-nale, pertanto la durata dello stessodovrà essere condizionata da regoleche consentano di completare il gioco.

Come scegliere il gioco più valido

Non esiste un gioco più valido di altri,esiste il gioco più adeguato ai bambiniche si hanno di fronte.

Se il gioco entusiasma è un gioco va-lido, così come se consente di raggiun-gere gli obiettivi che ci si è posti.

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Quando si parla di sviluppo del bambinonon si può non prendere in considera-zione la componente psicologica. Unbambino, infatti, si sviluppa e trasformail suo aspetto fisico di pari passo con ilsuo cervello, che diventa mano a manosempre più abile nell’assorbire infor-mazioni, fare scelte, programmare mo-vimenti, azioni e comportamenti.

Il cervello, si sa, è direttamente respon-sabile delle funzioni cognitive (appren-dimento, linguaggio, pensiero, memoria) eindirettamente di quelle affettive (emo-zioni, sentimenti) e delle capacità rela-zionali e sociali. È necessario, pertanto,conoscere i gradi di sviluppo delle fun-zioni psicologiche per potersi rapportarenel migliore dei modi con i bambini chesi hanno di fronte.

A seconda delle età e delle differenzeindividuali, è importante capire checosa e in quel determinato periodo disviluppo il bambino sia in grado di com-prendere e di ripetere, come riesca a ra-gionare e, alla fine, che cosa ci si possaaspettare da lui.

Le teorie sullo sviluppo psicologico sononumerose e complesse e interessanonumerose aree. Molte di esse fanno ri-ferimento soprattutto alla prima infan-zia (0-6 anni), periodo in cui il bambinoevolve da uno stato di assoluta indiffe-renziazione e dipendenza fisica dallamadre (alla nascita) ad una posizione incui può cominciare a socializzare conbuoni risultati con altre figure significa-tive, come gli insegnanti della scuola;proprio per questo motivo, tale mo-mento (l’ingresso nella scuola) vienechiamato periodo della socializzazione

secondaria. Gli schemi principali delproprio modello di socializzazione, ap-presi e fatti propri, nel periodo dagli 0 ai6 anni (detto periodo della socializza-zione primaria), vengono qui messi inatto con altre figure importanti e di rife-rimento.

Pur non trattando l’età prescolare, saràcomunque importante considerare bre-vemente il contributo di alcune teorie, alfine di orientare meglio il lavoro e com-prendere, per quanto possibile, i com-portamenti dei bambini.

La prima riguarda lo sviluppo dei legamiaffettivi ed è la teoria dell’attaccamentodi J. Bowlby; la seconda riguarda lo svi-luppo delle capacità cognitive del bam-bino, ed è la teoria degli stadi disviluppo dell’intelligenza di J. Piaget.

TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

Tale teoria ci fornisce una cornice evo-lutiva all’interno della quale è possibilecomprendere meglio alcune dinamichee comportamenti dei bambini, maanche degli adulti. Infatti le modalitàcon cui instauriamo rapporti di naturasocio-affettiva, come quello tra bambinoe insegnante, riflettono le nostre prima-rie esperienze di attaccamento.

Il termine “attaccamento” può essereinterpretato in 3 diversi modi:

- comportamento di attaccamento;- sistema comportamentale di

attaccamento;- legame d’affetto.

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Durante la pratica sportiva, ormai sem-pre più diffusa, sia in fase di allena-mento sia in fase di gara, è frequenteimbattersi in situazioni derivanti dascontri di gioco o da cause comunquediverse ed a volte del tutto accidentali,che scaturiscono in eventi dannosi a ca-rico degli atleti e/o terzi con conse-guente responsabilità a carico dell’istruttoresportivo.

La responsabilità viene definita comequella “situazione per la quale un sog-getto può essere chiamato a risponderedella violazione colposa o dolosa di unobbligo”.

La responsabilità giuridica in capo aivari soggetti della sfera sportiva (istrut-tore sportivo; ma anche atleta, organiz-zatore di un evento sportivo, gestore diun impianto sportivo, medico sportivo,ecc.) può essere di vario tipo:

- responsabilità penale (ex artt. 42 e 43c.p.).

- Responsabilità civile (ex artt. 2043 e2049 c.c.).

- Responsabilità sportiva.

In base al dettato di cui all’art. 2043 delcodice civile, “qualunque fatto doloso ocolposo, che cagiona ad altri un dannoingiusto, obbliga colui che ha com-messo il fatto a risarcire il danno”.

Il fatto illecito è così costituito da ele-menti oggettivi (fatto; danno ingiusto;nesso di causalità) e soggettivi (dolo ocolpa per imprudenza, negligenza, im-perizia).

Il soggetto che subisce un evento dan-noso deve dimostrare il danno ingiusto(cioè la lesione di un proprio interessemeritevole di tutela da parte dell’ordi-namento); il fatto (cioè il comporta-mento commissivo od omissivo di chi haprodotto il danno); il rapporto di causa-lità tra il fatto ed il danno (il primo ha ca-gionato il secondo); il dolo (l’intenzionedi provocare l’evento dannoso) ovvero lacolpa (cioè la mancanza di diligenza, diprudenza, di perizia proprie del “buonpadre di famiglia”).

La responsabilità civile di un istruttoresportivo può essere diretta o indiretta:il primo caso si ha quando egli stessoprovoca il danno ovvero quando non im-pedisce col proprio comportamento cheun’altra persona provochi il danno; il se-condo caso risponde per un fatto com-piuto da un’altra persona o cosa di cuine risponde giuridicamente.

Gli istruttori sportivi sono equiparati, intema di responsabilità, a quanti “inse-gnano un mestiere o un’arte” (ex art.2048 c.c.): rispondono, quindi, deldanno cagionato dai loro allievi neltempo in cui sono sotto la loro vigilanza– culpa in vigilando.

L’istruttore perciò, nell’espletare le pro-prie funzioni, deve vigilare affinché lepersone in suo affidamento non rechinodanni a se stessi o a terzi.

La legge però prevede la possibilità diescludere la responsabilità nel caso incui l’istruttore, sottoposto a presunzionedi colpa, dimostri di aver adottato tuttequelle misure organizzative e discipli-nari sufficienti ad evitare il danno, con-

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Il progetto di queste lezioni nasce dall’e-sigenza di valorizzare le capacità deibambini diversamente abili per favorirel’integrazione all’interno delle classi,viene portato avanti da istruttori (inmaggior parte laureati in scienze moto-rie) con brevetti negli sport paraolimpici,che abbiano fatto un corso come edu-catore scolastico (CIP).

Nelle classi del comune di Parma (Pro-getto Giocampus) dove ciascuna svolgedue ore di lezione alla settimana, i mo-duli di intervento di questo progettosono di 9 ore, la prima di conoscenza ele altre 8 di lezione.Nelle classi della provincia di Parma(Progetto Giocosport-“Diamoci unamossa”) dove ci sono pacchetti di 10-20e 25 ore e comunque una volta alla set-timana, l’intervento dovrà essere con-cordato con la maestra della classe el’eventuale insegnate di sostegno.

Nelle classi ove sia presente un bam-bino diversamente abile non è possibilea priori stabilire un programma di la-voro. É fondamentale informarsi con l'in-segnante titolare e l'insegnante disostegno (laddove sia possibile una col-laborazione fattiva) sul tipo di disabilitàe sulle peculiarità del ragazzino.Bisogna fare alcune distinzioni. È im-portante sapere se ci si trova di frontead un handicap sopravvenuto dopo lanascita (per incidente o malattia) e, nelcaso, sapere quanto tempo è passatodalla sua insorgenza, perchè questo in-cide tantissimo sul comportamento delbambino, sull'eventuale accettazionedel suo handicap e sulla sua disponibi-lità alla collaborazione all'interno delgruppo.

Con queste informazioni l’istruttorepotrà organizzare il ciclo di lezioni perraggiungere l’obiettivo.Nella maggior parte dei casi si tratta dibambini che convivono dalla nascitacon una disabilità, che tradizionalmentesi suddivide in tre tipi:

− disabilità psichica (più diffusa),− disabilità motoria,− disabilità sensoriale (ciechi. ipo-ve-

denti, sordi, ipo-acusici), anche se tal-volta i diversi tipi di problemi sisommano tra di loro.

Con questo progetto si è cercato di sfrut-tare la grande potenzialità di aggrega-zione che ha lo sport per ottenerediversi obiettivi:

− migliorare l'autostima del bambino.− Integrarlo maggiormente nel gruppo-

classe, considerando che talvolta esi-ste anche la mancanza diaccettazione da parte dei compagni,che semplicemente non conoscono ilproblema e non sanno come affron-tarlo.

− Arrivare a un lavoro dove il ragazzinopossa fare attività con i compagni,laddove è possibile, anche autono-mamente.

Quello che è un gioco può diventare al-tamente formativo per tutti i bambini,che imparano a vedere il loro compagnocome parte attiva di un percorso da fareinsieme.L'istruttore che si trova a organizzare unlavoro in queste classi, deve fare una va-lutazione obiettiva di quello che tutti ibambini possono arrivare a fare; avereall'interno qualcuno con abilità diverse

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