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QUALE Psicologia, 2010, 36 49 LA MISURAZIONE DEL PARENTING: IL PARENTS PREFERENCE TEST Roberto Baiocco, Fiorenzo Laghi, Azzurra Rabbia, Maria Laura Di Giamberardino, Barbara Marasco, Maria D’Alessio * Riassunto. Il presente articolo ha due scopi principali: a) discutere ed analizzare le diverse metodologie utilizzate per valutare il comportamento di parenting, le competetnze genitoriali e il funzionamento familiare; b) presentare un nuovo strumento per la misurazione del parenting: il Parents Preference Test (PPT) o Test sulle Preferenze Genitoriali. Il PPT è un test grafico a scelta multipla che utilizza 24 vignette per rappresentare scene di vita familiare. Ognuno dei 24 item del PPT è composto da 5 figure: una figura più grande che funge da stimolo di presentazione e 4 immagini o vignette più piccole che rappresentano le possibili alternative di scelta in riferimento alla situazione presentata precedentemente. Il PPT misura quattro dimensioni, che si presume siano universali, che descrivono il comportamento genitoriale nell'interazione con il bambino: la focalizzazione dell’attenzione, la modalità esperenziale, la regolazione del comportamento e il livello di Energia. L'articolo fornisce dati in riferimento all'attendibilità, la validità convergente e di costrutto del PPT. 1.1 Definizione di parenting e modelli teorici Nell’ambito dello studio sullo sviluppo infantile e sui fattori che lo influenzano, è stato attribuito un peso sempre maggiore al ruolo dei genitori e alle modalità con cui essi si prendono cura dei figli, interagendo con loro. Con il termine parenting che deriva dal sostantivo “parent, genitore, colui che si prende cura di” si intende un insieme di comportamenti specifici, che operano da soli o in sincronia nella definizione dello sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo dei figli. In generale il parenting viene considerato come un processo che include aspetti biologici, sociali e relazionali (Tobach e Scnheirla, 1968) legati al prendersi cura (caring), al nutrire (nurturing) e al proteggere (protecting). Sottolineare esclusivamente il ruolo di uno di questi fattori determinerebbe secondo Lerner la costituzione di una visione strettamente ambientalista e contestualista o radicalmente genetista ed ereditaria (Lerner, Rothbaum, Boulos e Castellino, 2002). In un caso si perderebbe la plasticità evolutiva degli scambi con l’esterno, del nurturing, a favore di un determinismo meccanicistico. Nell’altro caso, una virtuale assenza di limiti nella plasticità evolutiva, porterebbe alla formazione di programmi standardizzati, appiattendo le differenze individuali e le potenzialità di sviluppo dei singoli individui. L’area di ricerca maggiormente studiata è la relazione tra comportamenti di accudimento ed esiti di sviluppo. In particolare un parenting centrato sul bambino, caratterizzato da alta affettività e sensibilità risulta spesso associato a un attaccamento sicuro nel bambino (De Wolff e Van IJzendoorn, 1997), competenze sociali e relazionali (Hart, DeWolf, Wozniak e Burts, 1992), buoni livelli di autoregolazione (Coleman et al., 2006) e bassa incidenza di comportamenti esternalizzanti (NICHD Early Child Care Research Network, 2006), interesse e adattamento scolastico (Dubow e Luster, 1990; NICHD Early Child Care Research Network, 2004), adeguato sviluppo cognitivo (Tamis-LeMonda, Shannon, Cabrera e Lamb, 2004) e linguistico (Morisset et al., 1990; Olson, Bates e Kaskie, 1992). Numerosi autori (Baumrind, 1997; Hoffman, 1988, Robinson, Mandleco, Olsen e Hart, 1995) si sono interessati allo studio e alla definizione degli stili educativi genitoriali come modalità tipiche di risposta alle situazioni di educazione e accudimento del bambino. In particolare l’attenzione dei primi studi era diretta ad individuare una sorta di stile ideale, la tipologia del “buon genitore” in grado di favorire uno sviluppo sano e adeguato delle competenze infantili, spesso giungendo a delineare un continuum che oscilla tra modalità idonee e non idonee (Belsky, 1984; Maccoby, 2000; Patterson, Bank e Stoolmiller, 1990). In tale posizione era possibile individuare nei genitori alcuni comportamenti stabili nelle diverse circostanze e in grado di caratterizzare specifici stili educativi. La classificazione degli stili educativi più conosciuta e utilizzata nel panorama della letteratura scientifica è quella proposta da Diane Baumrind (1991) che a partire dagli anni settanta ha descritto due dimensioni fondamentali: la richiestività, cioè la capacità di porre dei limiti al comportamento del bambino, e la responsività, definita come la capacità del genitore di rispondere ai bisogni del figlio. In funzione del peso di queste due variabili l’autrice ha individuato tre tipologie di parenting: autorevole, autoritario e permissivo. Sugli stessi presupposti teorici della Baumrind risultano le successive classificazioni fornite da Maccoby e Martin (1983). I due autori introducono un quarto stile genitoriale definito come permissivo negligente, cioè * Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione. Facoltà di Psicologia , Sapienza Università di Roma.

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QUALE Psicologia, 2010, 36 49

LA MISURAZIONE DEL PARENTING: IL PARENTS PREFERENCE TEST

Roberto Baiocco, Fiorenzo Laghi, Azzurra Rabbia, Maria Laura Di Giamberardino, Barbara Marasco, Maria D’Alessio*

Riassunto. Il presente articolo ha due scopi principali: a) discutere ed analizzare le diverse metodologie utilizzate per valutare il comportamento di parenting, le competetnze genitoriali e il funzionamento familiare; b) presentare un nuovo strumento per la misurazione del parenting: il Parents Preference Test (PPT) o Test sulle Preferenze Genitoriali. Il PPT è un test grafico a scelta multipla che utilizza 24 vignette per rappresentare scene di vita familiare. Ognuno dei 24 item del PPT è composto da 5 figure: una figura più grande che funge da stimolo di presentazione e 4 immagini o vignette più piccole che rappresentano le possibili alternative di scelta in riferimento alla situazione presentata precedentemente. Il PPT misura quattro dimensioni, che si presume siano universali, che descrivono il comportamento genitoriale nell'interazione con il bambino: la focalizzazione dell’attenzione, la modalità esperenziale, la regolazione del comportamento e il livello di Energia. L'articolo fornisce dati in riferimento all'attendibilità, la validità convergente e di costrutto del PPT. 1.1 Definizione di parenting e modelli teorici Nell’ambito dello studio sullo sviluppo infantile e sui fattori che lo influenzano, è stato attribuito un peso sempre maggiore al ruolo dei genitori e alle modalità con cui essi si prendono cura dei figli, interagendo con loro. Con il termine parenting che deriva dal sostantivo “parent, genitore, colui che si prende cura di” si intende un insieme di comportamenti specifici, che operano da soli o in sincronia nella definizione dello sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo dei figli. In generale il parenting viene considerato come un processo che include aspetti biologici, sociali e relazionali (Tobach e Scnheirla, 1968) legati al prendersi cura (caring), al nutrire (nurturing) e al proteggere (protecting). Sottolineare esclusivamente il ruolo di uno di questi fattori determinerebbe secondo Lerner la costituzione di una visione strettamente ambientalista e contestualista o radicalmente genetista ed ereditaria (Lerner, Rothbaum, Boulos e Castellino, 2002). In un caso si perderebbe la plasticità evolutiva degli scambi con l’esterno, del nurturing, a favore di un determinismo meccanicistico. Nell’altro caso, una virtuale assenza di limiti nella plasticità evolutiva, porterebbe alla formazione di programmi standardizzati, appiattendo le differenze individuali e le potenzialità di sviluppo dei singoli individui. L’area di ricerca maggiormente studiata è la relazione tra comportamenti di accudimento ed esiti di sviluppo. In particolare un parenting centrato sul bambino, caratterizzato da alta affettività e sensibilità risulta spesso associato a un attaccamento sicuro nel bambino (De Wolff e Van IJzendoorn, 1997), competenze sociali e relazionali (Hart, DeWolf, Wozniak e Burts, 1992), buoni livelli di autoregolazione (Coleman et al., 2006) e bassa incidenza di comportamenti esternalizzanti (NICHD Early Child Care Research Network, 2006), interesse e adattamento scolastico (Dubow e Luster, 1990; NICHD Early Child Care Research Network, 2004), adeguato sviluppo cognitivo (Tamis-LeMonda, Shannon, Cabrera e Lamb, 2004) e linguistico (Morisset et al., 1990; Olson, Bates e Kaskie, 1992). Numerosi autori (Baumrind, 1997; Hoffman, 1988, Robinson, Mandleco, Olsen e Hart, 1995) si sono interessati allo studio e alla definizione degli stili educativi genitoriali come modalità tipiche di risposta alle situazioni di educazione e accudimento del bambino. In particolare l’attenzione dei primi studi era diretta ad individuare una sorta di stile ideale, la tipologia del “buon genitore” in grado di favorire uno sviluppo sano e adeguato delle competenze infantili, spesso giungendo a delineare un continuum che oscilla tra modalità idonee e non idonee (Belsky, 1984; Maccoby, 2000; Patterson, Bank e Stoolmiller, 1990). In tale posizione era possibile individuare nei genitori alcuni comportamenti stabili nelle diverse circostanze e in grado di caratterizzare specifici stili educativi. La classificazione degli stili educativi più conosciuta e utilizzata nel panorama della letteratura scientifica è quella proposta da Diane Baumrind (1991) che a partire dagli anni settanta ha descritto due dimensioni fondamentali: la richiestività, cioè la capacità di porre dei limiti al comportamento del bambino, e la responsività, definita come la capacità del genitore di rispondere ai bisogni del figlio. In funzione del peso di queste due variabili l’autrice ha individuato tre tipologie di parenting: autorevole, autoritario e permissivo. Sugli stessi presupposti teorici della Baumrind risultano le successive classificazioni fornite da Maccoby e Martin (1983). I due autori introducono un quarto stile genitoriale definito come permissivo negligente, cioè

* Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione. Facoltà di Psicologia , Sapienza Università di Roma.

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caratterizzato da una condotta disimpegnata da parte dei genitori sia nella dimensione del calore affettivo che della richiestività. In una prospettiva parzialmente diversa, centrata sulla dimensione emotiva, si muove Hoffman (1988) il quale descrive le diverse modalità di costrizione (fisica o psicologica) e di persuasione (razionale o emotiva) che i genitori utilizzano nell’interazione con i figli. L’autore descrive quindi quattro tipologie di stile genitoriale: costrittivo basato sul potere fisico, costrittivo basato sulla sottrazione dell’affetto, induttivo ed empatico-emotivo. A seguito di queste teorizzazioni lo studio della genitorialità non è stato più indagato esclusivamente in chiave predittiva rispetto all’adattamento del bambino ma è divenuto un campo di ricerca autonomo (Sponchiado, 2000). Sono state quindi indagate le componenti cognitive, affettive, di personalità e rappresentazionali dei genitori (Baiocco, Laghi e Paola, 2009; Tambelli, Odorisio, Trentini e Ammaniti, 2008; Velotti, Castellano, Messina e Zavattini, 2008). Le caratteristiche di personalità dei genitori influenzano, ad esempio, le pratiche di accudimento, le credenze e le aspettative nei riguardi della genitorialità e alcune tra le dimensioni più significative del parenting come la responsività e l’intrusività. Secondo Belsky (1984), un parenting “ottimale” favorisce un adeguato adattamento del bambino e risulta costituito da tre determinanti principali: la personalità e il funzionamento genitoriale, il temperamento e le caratteristiche del bambino, le fonti di stress e di supporto nel contesto di vita. Questi tre elementi influiscono sul parenting in maniera diversa e con varia intensità, direttamente e indirettamente determinando esiti differenti sulle condotte di parenting (Bonichini e Axia, 2007). Anche secondo Bornstein (2003) negli ultimi decenni si è assistito al passaggio da una concezione dimensionale e monolitica del parenting, in cui il genitore veniva visto come l’unico responsabile dello sviluppo del bambino, seguendo una visione “tutto-o-nulla”, ad una prospettiva più ampia, situazionale e onnicomprensiva. Il comportamento parentale è il prodotto comune di numerose caratteristiche del genitore e del bambino che si determinano in una storia di interazioni e trasformazioni reciproche che hanno luogo nel corso del tempo: “Le modalità di cura sono spesso soggette ad adattamenti, essendo il risultato di processi transazionali multipli tra genitore bambino e contesto” (Bornstein, 2003, pp. 43). 1.2 La misurazione del parenting Come abbiamo precedentemente discusso esistono diverse classificazioni di parenting, ognuna delle quali tenta di delineare un continuum che oscilla tra modalità di accudimento idonee e modalità non idonee (Belsky, 1984; Patterson, 1982). A partire da queste classificazioni sono stati costruiti diversi strumenti di misura e procedure standardizzate per la valutazione delle modalità di cura dei figli messe in atto dai genitori. In linea generale è possibile individuare tre metodi principali per la valutazione del parenting: gli strumenti self-report, l’osservazione e il colloquio. 1.2.1 Metodi self-report I questionari ed i test sono strumenti self-report che prevedono una serie di domande standardizzate che permettono di raccogliere informazioni inerenti alla sua soggettività. Gli strumenti più importanti in ambito internazionale riguardano sia la valutazione del funzionamento familiare che più strettamente competenze genitoriali. Per quanto riguarda il funzionamento familiare è ampiamente utilizzato il Family Assessment Device (FAD, Epstein, Baldwn e Bishop, 1983) basato sul modello Mc Master del funzionamento familiare. Il modello descrive le proprietà strutturali e funzionali dell’intero gruppo familiare e i pattern transazionali tra i suoi membri. Il Family Environment Scale (FES, Moos e Moos, 1984) ideato da Moos e Moos descrive e misura le relazioni interpersonali tra i membri familiari, le tendenze di crescita personale e la struttura organizzativa di base della famiglia. Il Family Adaptability and Cohesion Evaluation Scale (FACES) è un questionario elaborato da Olson, Portner e Lavee (1985) per valutare due dimensioni fondamentali del funzionamento familiare, la Coesione e l'Adattabilità, sulla base del Modello Circonflesso del funzionamento familiare di Olson. Lo strumento denominato FACES-IV rappresenta le versione più aggiornata dei diversi questionari FACES (Olson, Gorall e Tiesel, 2005; adattamento italiano di Baiocco, Cacioppo, Laghi e Tafà, 2010) e misura la coesione, definita come vincolo emozionale che ciascun membro della famiglia prova nei confronti dell’altro, l’adattabilità, cioè la qualità e l’espressione di leadership e di organizzazione, ruoli e regole di relazione e negoziazione, la comunicazione cioè l’insieme di quelle abilità comunicative positive utilizzate all’interno della coppia o del sistema familiare. Tra gli strumenti che valutano più direttamente il comportamento di parenting o lo stile di parenting abbiamo Il Parental Authority Questionnaire (PAQ; Reitman, Rhode, Hupp e Altobello, 2002) è un questionario self report che misura l’autorità genitoriale e le pratiche disciplinari nei confronti del bambino (di qualsiasi età). Il questionario è stato costruito sulla base delle tre tipologie di parenting identificate dal modello della Baumrind (1971): permissivo, autoritario e autorevole. L’Alabama Parenting Questionnaire (APQ, Shelton, Frick e Wootton, 1996) che misura quanto le pratiche genitoriali sono collegate ai comportamenti disturbati nel bambino o quanto le influenze esterne su diverse problematiche infantili vengono mediate dalle cure genitoriali. Lo strumento valuta cinque dimensioni del comportamento di parenting: parenting positivo, scarso monitoraggio, discipline insensate, coinvolgimento e punizioni corporali. Il test risulta utile in ambito

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clinico per rilevare l’eziologia e procedere al trattamento di problemi esternalizzanti nei bambini. Il Parental Bonding Inventory (PBI, Parker, Tupling, Brown, 1979) è uno strumento che misura due distinte dimensioni riferibili al costrutto dell'attaccamento: l'accudimento e l'iperprotettività in persone che abbiano compiuto almeno il sedicesimo anno di età. Tale strumento è sotto forma di questionario autosomministrato dove l'adolescente deve ricordare la relazione con i propri genitori, concentrandosi in particolare su tale relazione fino al compimento del sedicesimo anno di età. Gli autori, sulla base della distinzione tra alto e basso accudimento e alta e bassa iperprotettività classificano sia le madri che i padri in quattro distinte tipologie: vincolo affettuoso: genitori con alti punteggi sia per la scala "accudimento" che "iperprotettività"; genitori ottimali: genitori con un alto punteggio nella scala "accudimento" e basso punteggio nella scala "iperprotettività"; controllanti senza affetto: genitori con basso punteggio di "accudimento" e alto di "iperprotettività"; genitori negligenti: genitori con bassi punteggi su entrambe le scale. Il Parenting Scale (Arnold et al. 1993) è questionario self-report composto da soli 30 item costituito da tre scale: lassismo, che valuta la disciplina permissiva e incoerente usata dai genitori quando il bambino si comporta male; iperattività, che misura i comportamenti di rabbia, frustrazione irritabilità dei genitori associati ad uno stile di comportamento autoritario; prolissità, che valuta atteggiamenti quale il brontolare ed il lagnarsi, l’ammonire in continuazione e il fare prediche. Questa ultima scala può essere usata per identificare i genitori più a rischio per lo sviluppo di modalità disfunzionali di disciplina prima dell’insorgenza di conseguenti problemi nel comportamento dei bambini. Il questionario Ghent Parental Behaviour Scale (GPBS; Van Leeuwen e Vermulst, 2004; Laghi, Baiocco e D’Alessio, 2007) valuta gli stili educativi e le relazioni con le figure genitoriali. La versione del GPBS somministrata è composta da 45 item con la quale i genitori valutano la loro relazione e il loro comportamento con il figlio. Le dimensioni indagate dallo strumento sono le seguenti: parenting positivo: programmare del tempo con il figlio, mostrare interesse; monitoring: sorvegliare le attività del figlio; trasmissione di regole: insegnare il comportamento più adatto al figlio; punizioni: punire il figlio quando si comporta male; punizioni incoerenti: punire in modo incoerente il figlio; punizioni fisiche: punizioni fisiche e rimprovero verbale; indifferenza: trascurare il comportamento non desiderato; Ricompense materiali: ricompensare il buon comportamento del figlio; autonomia: incentivare il comportamento autonomo del figlio. La versione italiana dello strumento gode di buoni livelli di attendibilità e una validità convergente e di costrutto adeguata (Laghi et al., 2007). Il Child-Rearing Practice Report Q-sort (C-RPR, Block, 1981; adattamento italiano di Lo Coco, Zappulla e Di Maggio, 2003) è uno strumento self-report che permette di raccogliere informazioni relative a sei dimensioni del parenting: Accettazione, Rifiuto, Incoraggiamento al successo, Incoraggiamento all’indipendenza, Orientamento alla punizione e Protezione. Come abbiamo evidenziato precedentemente, le informazioni ottenute con le misure self-report, sebbene siano solitamente completate da un singolo membro della famiglia, possono valutare diversi ambiti: individuale, diadico (genitore-bambino), relativamente alla coppia genitoriale oppure in riferimento al funzionamento e al clima familiare. Tali strumenti vengono impiegati sia nella clinica che nella ricerca, soprattutto in virtù della loro economicità e facilità d’uso. Tuttavia non sono esenti da critiche, in particolare in relazione alla presunta incapacità dei membri della famiglia di riportare informazioni accurate e obiettive sulle loro interazioni. 1.2.2 I Metodi osservativi Negli ultimi vent’anni, anche a seguito delle critiche mosse ai metodi self-report, si è assistito ad un crescente interesse per i metodi osservativi. I metodi basati sull’osservazione dell’interazione genitore-bambino sono considerati utili per raccogliere informazioni obiettive e precise sul comportamento genitoriale sebbene vengano utilizzati in misura inferiore rispetto ad altre metodiche di raccolta dati (Sponchiado, 2000). Uno dei motivi principali è legato al costo in termini di tempi e risorse: gli osservatori devo essere adeguatamente addestrati e preparati, sono necessarie apparecchiature e tecniche di rilevazione, i tempi di raccolta dei dati sono dilatati come anche quelli di codifica. I metodi observer-report comprendono due possibili strategie di raccolta dei dati: gli schemi di codifica e le rating scale. Entrambe le procedure presuppongono osservazioni condotte da persone esterne alla famiglia in contesti più o meno strutturati, ma differiscono tra toro in relazione al livello di analisi che considerano: infatti gli schemi di codifica si pongono ad un livello molecolare di analisi (microanalisi) e sono maggiormente adatti a cogliere momento per momento le particolari sequenze del comportamento dei membri della famiglia l'uno verso l'altro. Le rating scale, invece, analizzano il comportamento a livelli molari (macroanalisi) e sono così maggiormente utilizzate per la descrizione di pattern relazionali stabili o dimensioni più complesse del sistema familiare. Tutti i metodi osservativi basano la loro capacità di rilevazione delle variabili sul giudizio che una persona addestrata ad hoc fornisce in rapporto ad un fenomeno osservato, tuttavia differiscono tra di loro in base al tipo di giudizio che viene espresso. L'osservatore che utilizza gli schemi di codifica è teso a ricondurre ogni porzione del comportamento individuale ad una categoria ben definita, semplice e circoscritta nel suo contenuto, invece l'osservatore che si avvale delle rating scale esprime un giudizio complessivo mirato a collocare l'individuo, la diade o la famiglia lungo alcune dimensioni psicologiche più complesse. Il fine

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dell'osservazione in questo secondo caso è cogliere una gestalt complessiva dell’interazione, le sue proprietà generali e non piccole porzioni di essa. Un secondo elemento di criticità dei metodi osservativi è la minore presenza di ricerche sperimentali che testimonino le qualità psicometriche delle tecniche d'indagine utilizzate.. Solitamente vengono codificate delle sessioni di interazione madre bambino che prevedono, ad esempio, gioco libero; può essere effettuata un’analisi dei comportamenti quali la facilitazione (comportamenti di incoraggiamento fisico o verbale), la sensibilità (capacità di decodificare i segnali che invia il bambino e rispondervi adeguatamente e prontamente), il tono dell’umore (postura, espressioni facciali, tono di voce); il focus dell’attenzione sul bambino e un analisi del tono dell’umore del bambino (Nicol-Arper, Harvey, Stein, 2007). Complessivamente dunque i metodi basati sull'osservazione vengono utilizzati in misura minore nella valutazione del funzionamento familiare e genitoriale rispetto ai metodi self-report. L’osservazione del comportamento di parenting può essere considerato come un metodo da utilizzare quale integrazione della valutazione effettuata tramite altri strumenti, come quelli self report, in quanto poter disporre di una registrazione del comportamento genitoriale permette di superare, con un analisi oggettiva, il limite delle possibili interpretazioni personali date, ad esempio, agli item di un questionario carta e matita. 1.2.3 Il colloquio Il colloquio o intervista clinica, si propone come obiettivo generale l’aumento della conoscenza in relazione a problemi, situazioni o difficoltà per le quali è necessario prendere una decisione: in esso l'acquisizione di informazioni avviene prevalentemente, anche se non esclusivamente, attraverso la comunicazione verbale. Il colloquio è probabilmente la metodologia usata più di frequente quando si tratta di valutare il funzionamento generale di una famiglia e, in particolare, le capacità genitoriali; tuttavia ad un uso considerevole del colloquio per la valutazione del parenting non corrisponde un altrettanto elevato numero di studi tesi ad un'adeguata verifica di questo strumento. Il colloquio può assumere diverse forme a seconda degli intendimenti dell'esaminatore e della peculiarità del caso in esame: il colloquio, per esempio può venire condotto in modo più o meno direttivo oppure può risultare estremamente strutturato oppure non esserlo affatto. Anche le tematiche affrontate nel colloquio possono variare a seconda dei casi, tuttavia ve ne sono alcune che, data la loro rilevanza, ricorrono molto frequentemente. Il processo di valutazione delle capacità genitoriali che utilizza il colloquio può essere programmato dettagliatamente dall'operatore o può assumere una modalità più libera e discorsiva. Nei casi in cui sia prevista una strutturazione più alta, che coincidono generalmente con il mandato diagnostico, vengono impiegati anche strumenti di valutazione standardizzate che consentono di effettuare misurazioni specifiche del funzionamento familiare. La scelta di una conduzione libera o più rigidamente strutturata del colloquio comporta inevitabili conseguenze nelle modalità di partecipazione della famiglia stessa che può essere particolarmente motivata ad aderire alle richieste effettuate per mostrarsi compiacente nel tentativo di ridurre la negatività della valutazione percepita o, viceversa, può ancorarsi a strategie difensive che riducono ogni possibile partecipazione attiva alla situazione proposta. E' necessario sottolineare che gli approcci meno strutturati rischiano di indurre una situazione ben nota ai servizi sociali caratterizzata dal racconto all'intervistatore, da parte del genitore/i, di quello che pensa lui/lei voglia sentirsi dire. In generale, un atteggiamento poco giudicante da parte di chi conduce il colloquio, assieme ad una esplicita e chiara dichiarazione degli obiettivi perseguiti riscuote maggiori probabilità di successo. Un esempio di griglia tematica per la costruzione del colloquio è quella suggerita da Axia e Bonichini (2007) in accordo con il modello teorico di Reder e Lucey (1995). Gli autori individuano cinque aree fondamentali del parenting che dovrebbero essere indagate in uno o più colloqui con un professionista: 1. L’adattamento al ruolo di genitore. A seconda dell’età del figlio è necessario poter valutare, nel corso

del colloquio, se il genitore provvede adeguatamente alle cure fisiche essenziali alla sopravvivenza e al benessere del proprio figlio;

2. La relazione con i figli. Il colloquio con il genitore deve consentire al professionista di potersi esprimere in merito alla prevalenza dei sentimenti provati verso i propri figli. E' inoltre necessario accertarsi se egli è capace di provare empatia, se riesce quindi a mettersi nei loro panni per comprenderne disagi, bisogni, emozioni, richieste di aiuto, di affetto e di protezione.

3. Le influenze della famiglia. L'ambiente familiare agisce direttamente come fonte di supporto alla diade genitore/figlio o viceversa come fonte di disagio e di incremento delle difficoltà relazionali in atto.

4. L'interazione con il mondo esterno. La valutazione del funzionamento familiare non può prescindere da un'accurata disamina delle opportunità di sostegno offerte dall'ambiente allargato in termini di risorse formali (servizi per il bambino e la famiglia) o informali (vicinato, volontari, famiglia allargata..) rese disponibili dalle reti sociali di sostegno.

5. Potenzialità di cambiamento. Infine vanno valutate le potenzialità di cambiamento che consentono al professionista di comprendere quali probabilità vi sono che un aiuto psicologico possa risultare utile per il superamento della inadeguatezza attuale.

Valutare l'idoneità dell'ambiente di vita familiare non vuol dire giudicare le caratteristiche genitoriali secondo schemi e modelli precostituiti ma tentare di comprendere quali sono le modalità ricorrenti di interazione di

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quel sistema familiare in modo da capire il significato e gli effetti pragmatici della crisi attualmente attraversata e proporre momenti di riflessione che permettano il cambiamento. 1.3 Il Parents Preference Test La valutazione del parenting pone problemi teorici e metodologici sia in riferimento alla costruzione di strumenti di misura sia alla loro corretta applicazione. Per quanto riguarda la costruzione degli strumenti, le difficoltà sono simili a quelle presenti in tutti gli altri campi di indagine della psicologia. Lo strumento deve possedere determinate qualità psicometriche; deve essere valido ed affidabile e le risposte al test non dovrebbero risentire della tendenza dei soggetti a rispondere in funzione di variabili quali la desiderabilità sociale. Il Parents Preference Test cerca di risolvere alcune degli elementi di criticità fin qui evidenziati ponendosi in un qualche modo a metà tra gli strumenti self-report e il colloquio psicologico. 1.3.1 Descrizione del PPT Il Parents Preference Test (PPT) o Test sulle Preferenze Genitoriali è un test grafico a scelta multipla che utilizza 24 vignette per rappresentare scene di vita familiare e valutare lo stile di parenting. Lo strumento può essere somministrato a uno oppure entrambi i genitori al fine di poter valutare il parenting familiare potendo godere di più fonti d’informazione. Il Test costruito in Danimarca dal Centro di Studi e Terapia della Famiglia di Copenaghen (PPT, Westh, 2003; adattamento italiano di Baiocco et al., 2008; Baiocco, D’ Alessio e Laghi, in press) riprende ed integra il modello proposto da Tizard e Hughes (1984) relativamente al funzionamento familiare. Gli autori (Baiocco et al., 2008) ritengono che la famiglia sia l’ambiente privilegiato per la crescita e l’apprendimento da parte del piccolo di tutti gli aspetti della vita ed identificano quattro variabili fondamentali per la definizione del parenting: la focalizzazione dell’attenzione, la modalità esperenziale, la regolazione del comportamento e il livello di Energia. I soggetti nel rispondere al test sono tenuti a indicare il loro modus operandi come genitori, il modo in cui si comportano e descrivono la loro interazione con il bambino all’interno della famiglia. Ognuno dei 24 item del PPT è composto da 5 figure: una figura più grande che funge da stimolo di presentazione e 4 immagini o vignette più piccole che rappresentano le possibili scelte in riferimento alla situazione presentata precedentemente. All’inizio viene mostrata la figura più grande che rappresenta una scena normale di vita familiare e in seguito l’attenzione del genitore viene orientata alle 4 figure che rappresentano i diversi possibili comportamenti da attuare quando si interagisce con il bambino. Le 24 tavole vengono presentate una per volta. Dopo la tavola di presentazione il genitore deve indicare tra le 4 alternative di risposta quale vignetta rappresenti meglio il suo comportamento come genitore in una situazione simile. Rispondendo agli stimoli proposti, il soggetto è in grado di posizionare se stesso come genitore in relazione al figlio. Dopo aver scelto una delle vignette tra le alternative proposte, il soggetto è incoraggiato a spiegare le ragioni della sua scelta. L’esperienza maturata con il PPT ha mostrato che attraverso la spiegazione delle proprie motivazioni il soggetto verbalizza la sua prospettiva e il ruolo che tende ad assumere come genitore. 1.3.2 Le dimensioni valutate dal PPT Gli autori del PPT ritengono che la famiglia sia l’ambiente privilegiato per la crescita e l’apprendimento da parte del bambino di tutti gli aspetti della vita ed identificano quattro variabili fondamentali per la definizione del parenting: la focalizzazione dell’attenzione, la modalità esperenziale, la regolazione del comportamento e il livello di Energia. Scala Focalizzazione attentiva • focalizzazione su di sé: il genitore partecipa all’interazione e risponde se necessario ma risulta

prevalentemente occupato dai propri pensieri, dalle attività che sta svolgendo o pone attenzione ad aspetti che non sono connessi all’interazione con il bambino.

• focalizzazione sul bambino: il genitore è responsivo e pronto ad “essere con” il bambino nell’interazione. Egli è attento alle iniziative, alle intenzioni ed ai punti di vista del bambino.

Il soggetto può raggiungere un punteggio che varia da un minimo di 0 ed un massimo di 8 lungo un continuum tra i poli Focalizzazione su di Sé (da 0 a 3) e Focalizzazione sul Bambino (da 5 a 8). Ad esempio se un genitore riporta un punteggio compreso tra 5 – 8 punti sarà classificato prevalentemente come concentrato sul bambino durante l’interazione. I punteggi medi sono compresi tra 3 e 6 mentre un punteggio compreso tra 1 e 2 oppure 7-8 è classificato come molto basso/alto, in relazione al lato del quadrante cui fa riferimento. La Figura 1 è un esempio di item relativo alla dimensione Focalizzazione attentiva.

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Figura 1. Focalizzazione attentiva: item e alternative di risposta

Scala Modalità esperenziale La dimensione Modalità esperenziale (Figura 2) descrive il modo in cui, nell’esperienza con il bambino, i soggetti si concentrano maggiormente sugli aspetti emotivi o razionali della relazione.

Figura 2. Modalità esperenziale: item e alternative di risposta

I due poli della dimensione sono: • Orientamento emotivo: il soggetto sperimenta la prospettiva, le intenzioni e le iniziative del bambino da

un punto di vista principalmente emotivo. • Orientamento razionale: il genitore sperimenta la prospettiva, le intenzioni/ iniziative del bambino da un

punto di vista principalmente razionale. Il punteggio varia da un minimo di 0 ad un massimo di 8 punti distribuiti lungo i poli razionale/emotivo. Un punteggio compreso tra 5 e 8 indica un orientamento razionale mentre tra 1 e 3 un orientamento emotivo. Scala Regolazione del comportamento La dimensione Regolazione del comportamento (Figura 3) descrive il modo in cui il genitore regola il comportamento del bambino durante l’interazione.

Figura 3. Regolazione del comportamento: item e alternative di risposta

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I due poli descrivono una regolazione basata sul contesto/situazione oppure una valutazione influenzata principalmente da regole e precetti normativi aprioristici: • Contesto/situazione: il genitore valuta e regola il comportamento e i bisogni del bambino in relazione

alle caratteristiche del contesto oppure in risposta a un particolare evento o specificità che caratterizza la situazione che si sta vivendo.

• regole: il genitore valuta e regola il comportamento e i bisogni del bambino, in relazione a ciò che per lui è giusto o sbagliato oppure in base a regole e norme di comportamento già acquisite in precedenza.

Anche per questa dimensione il punteggio varia da un minimo di 0 ad un massimo di 8 lungo i poli orientamento verso la situazione/verso le regole. Un punteggio compreso tra 1 e 3 descrive un genitore orientato al contesto mentre un punteggio tra 5-8 un soggetto orientato verso le regole. I punteggi medi sono compresi tra 3 e 6; mentre un punteggio compreso 1 e 2 oppure tra 7-8 è classificato come molto basso/alto in riferimento al polo preso in considerazione. Energia Il livello di Energia è presente in tutte le 24 tavole del test sebbene sia ritenuto sufficiente l’utilizzo di 15 immagini per attribuire il punteggio relativamente a questa dimensione. La scala si distribuisce su un continuum tra attivo e passivo: • Attivo: descrive un genitore attivo che prende l’iniziativa ed è recettivo nell’interazione con il bambino. • Passivo: il genitore tende ad essere maggiormente passivo nell’interazione con il bambino, è più esitante

nella partecipazione e lascia più spesso l’iniziativa al bambino. In questa dimensione il soggetto può raggiungere un punteggio che va da un minimo di 0 ad un massimo di 15. I punteggi medi sono compresi tra 5 e 11. Punteggi tra 1 e 4 descrivono genitori passivi nell’interazione mentre punteggi tra 12 e 15 descrivono il profilo di un genitore tendenzialmente attivo. Il punteggio finale determina il profilo sullo stile di parenting in riferimento alle quattro dimensioni misurate dal test: Energia, Focalizzazione attentiva, Modalità esperenziale e Regolazione del comportamento. 1.3.3 L’attendibilità e validità del PPT La validazione italiana del PPT è stata effettuata in due fasi principali: nella prima si è posta attenzione alla validità di facciata, alla comprensibilità delle immagini e alla verifica dell’attendibilità, nella seconda alla validità convergente e di costrutto inserendo il PPT in una batteria più ampia di strumenti e somministrando il test a gruppi diversi di soggetti. Per quanto riguarda la validità di contenuto si è verificata la concordanza tra contenuto veicolato dalle immagini e scala di appartenenza della figura stimolo. A giudici indipendenti, tutti psicologici e docenti in psicologia dello sviluppo†, sono state fornite le descrizioni relative alle tre scale principali misurate dallo strumento. Si è quindi chiesto di osservare le 24 tavole stimolo e di stabilire per ognuna la propria scala d’appartenenza. Ad esempio: se una vignetta è stata progettata per rappresentare la focalizzazione attentiva del genitore, l’esperto deve ricondurre l’immagine a quella dimensione e non alle altre due. Due giudici hanno commesso un errore ciascuno in riferimento all’immagine 5 (dimensione Regolazione del comportamento) e 11 (dimensione Empatia). Il terzo giudice non ha commesso errori di attribuzione. Questo dato, vista anche l’elevata competenza scientifica e professionale dei giudici, può essere considerato un indice della buona validità di contenuto delle immagini proposte, della relativa indipendenza delle dimensioni misurate dal test e della comprensibilità delle definizioni operative proposte per descrivere le dimensioni costitutive del parenting utilizzate dal PPT. Il campione per la validazione italiana è costituito da 525 genitori (376 madri e 149 padri), tra i 20 e i 42 anni, con figli con un’età compresa tra i 2 e gli 11 anni. Al genitore cui è stato somministrato il PPT è stato richiesto di: a) fornire informazioni sulla famiglia, sulle sue caratteristiche socio demografiche e su quelle del coniuge/convivente; b) rispondere ad una batteria di strumenti che valutano il funzionamento familiare e di coppia, l’adattamento del bambino, lo stile di parenting e la tendenza del soggetto a rispondere in modo socialmente desiderabile. Sono stati esclusi tutti i soggetti che non hanno completato interamente il PPT oppure i cui questionari contenevano un numero di risposte omesse superiori al 5%. L’attendibilità del PPT, misurata attraverso il metodo test-retest, è stata effettuata su oltre 150 genitori i quali hanno risposto al test a distanza di tre mesi. Generalmente coefficienti superiori a 0.80 vengono considerati accettabili: le dimensioni del PPT mostrano valori compresi tra r = 0.80 per la dimensione Regolazione del comportamento a r = 0,84 per la Focalizzazione attentiva ed Energia. Le dimensioni del PPT sono statisticamente correlate tra loro anche se in modo non particolarmente elevato. Questo dato indica, in accordo con l’impostazione teorica dello strumento, che le scale misurate sono correlate ma non sovrapponibili. Le correlazioni più elevate sono tra la dimensione Regolazione del comportamento basata su regole e la scala Focalizzazione attentiva sul bambino (r = 0.32) ed Energia (r = 0.30). I genitori che tendono a regolare il comportamento del bambino in base a norme di comportamento già

† Si ringraziano: la prof.ssa Maria D’Alessio (Preside della Facoltà di Psicologia 1 della Sapienza Università di Roma); il prof. Fiorenzo Laghi e la prof.ssa Francesca Federico.

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acquisite in precedenza sono anche naturalmente portati focalizzarsi su di lui nell’interazione, ad essere attivi e a prendere l’iniziativa nell’interazione con il bambino. Le basse correlazioni tra il PPT e la versione ridotta della Marlowe - Crowe Social Desirability Scale (Scala di Desiderabilità Sociale Marlowe – Crowe; MCSDS; Crowne e Marlowe, 1960; Manganelli Rattazzi, Canova e Marcorin, 2000) indicano sostanzialmente che il PPT, a differenza della maggior parte degli strumenti carta e matita, poco si presta a fornire un’ immagine favorevole di sé e a rappresentarsi come un genitore competente e pronto a rispondere ai bisogni del figlio. La correlazione più elevata anche se di modesta intensità (r = 0.10) è tra la dimensione Controllo del comportamento basato su regole e desiderabilità sociale. La scarsa correlazione con la desiderabilità sociale è un indice positivo in riferimento alla validità ed utilità pratica dello strumento ed incoraggia l’utilizzo del PPT in quei contesti, come ad esempio nel lavoro di valutazione/sostegno alla genitorialità oppure nelle perizie in ambito giudiziario, in cui potrebbe esserci la tendenza consapevole del soggetto a fornire una rappresentazione eccessivamente positiva di sé come genitore. La validità convergente è stata verificata somministrando il PPT insieme ad una batteria di strumenti che valutano lo stile di parenting, il funzionamento familiare e l’adattamento del bambino ad un campione di oltre 200 genitori. Tra questi possiamo citare il questionario Ghent Parental Behaviour Scale (GPBS; Van Leeuwen e Vermulst, 2004; Laghi et al., 2007) che valuta gli stili educativi e le relazioni con le figure genitoriali, il Parenting Stress Index – short form (PSI; Abidin, 1995; adattamento italiano di Guarino et al., 2008) utilizzato per la misurazione dello stress associato al ruolo genitoriale, il Family Assessment Device (FAD; Epstein, Baldwin e Bishop, 1983) per la misurazione del funzionamento familiare. Tutte le dimensioni del PPT risultano essere correlate a quelle del GPBS. Alti livelli di Focalizzazione attentiva sul bambino, Regolazione del comportamento basato su regole ed Energia sono correlati a un parenting positivo e un buon livello di monitoring nei confronti del bambino (correlazioni comprese tra r = 0.14 e r = 0.25). Un genitore in grado di concentrarsi sul bambino durante l’interazione, in grado di regolare il comportamento utilizzando regole e particolarmente attivo è probabilmente portato a trascorrere il tempo con il figlio, a mostrare interesse (scala parenting positivo del GPBS) e a sorvegliare le sue attività (scala monitoring del GPBS). Le correlazioni tra il PPT e il PSI evidenziano come la dimensione del Parents Stress Index maggiormente correlata al PPT è Interazione disfunzionale tra il genitore e il bambino. Quando il genitore percepisce una serie di difficoltà nelle relazioni è facilmente portato non solo ad utilizzare le regole (r = 0.24) ma anche a focalizzarsi maggiormente sul sé durante l’interazione (r = - 0.18). Le correlazioni tra il PPT e il FAD evidenziano come la Focalizzazione attentiva sul bambino si associ a un buon livello di comunicazione in famiglia (r = 0.30) e ad una articolata suddivisione dei ruoli e delle responsabilità (r = 0.16). Com’è ipotizzabile, la dimensione Modalità esperenziale emotiva del PPT correla positivamente con il coinvolgimento affettivo (r = 0.33) e responsività affettiva del FAD (r = 0.23). La dimensione Regolazione del comportamento basata su regole è correlata invece con le dimensioni del FAD ruoli (r = 0.28), comunicazione (r = 0.17), controllo del comportamento (r = 0.17) e problem solving (r = 0.16). I dati sembrano indicare che la tendenza dei genitori ad utilizzare le regole nella relazione con il bambino favorisca non solo la comunicazione e il controllo comportamentale dei bambini ma anche la possibilità di risolvere i problemi quotidiani grazie probabilmente ad un’ organizzazione familiare più strutturata e ad un clima maggiormente collaborativo dove ognuno è sollecitato a contribuire al benessere familiare in funzione del ruolo e delle possibilità. In sintesi questi dati forniscono importanti contributi alla validità convergente del PPT e permettono di comprendere meglio il significato da attribuire alle dimensioni valutate dallo strumento. La validità del PPT è stata anche verificata attraverso il metodo dei gruppi contrapposti. Nello specifico sono state confrontate famiglie del campione normativo con famiglie che stanno seguendo un percorso di terapia familiare, famiglie con bambini con disturbi del linguaggio oppure con comportamento internalizzante. Il PPT è stato somministrato a famiglie in terapia familiare presso il “Centro per la famiglia” un servizio pubblico del X Municipio di Roma‡. Il centro si occupa principalmente di accoglienza e ascolto delle problematiche familiari, consulenza e sostegno alla genitorialità, mediazione familiare. Le famiglie del gruppo clinico mostrano durante l’interazione un maggior livello di focalizzazione attentiva sul bambino ma allo stesso tempo una più bassa emotività e un minor ricorso alle regole (Tafà e Baiocco, 2009). Una maggiore focalizzazione attentiva sul bambino potrebbe essere in relazione con i problemi psicologici e di adattamento che hanno motivato le famiglie alla terapia: alcuni di questi bambini hanno infatti problemi comportamentali (ad esempio iperattività o comunque comportamenti di natura esternalizzante) che probabilmente assorbono gran parte delle energie e dell’attenzione dei genitori (Baiocco et al., 2008). L’orientamento emotivo e l’utilizzo di regole si riferiscono rispettivamente a due dimensioni fondamentali del funzionamento familiare secondo il modello di Olson: la coesione e l’adattabilità. Le

‡ Il Centro per la Famiglia nasce da un progetto del Comune di Roma realizzato con il finanziamento del Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza ex L. 285/97. Il progetto in convenzione con il Municipio X è affidato alla Cooperativa Diversamente e supervisionato scientificamente da docenti della Facoltà di Psicologia 1 della Sapienza Università di Roma.

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famiglie del gruppo clinico esprimono un più basso livello di emotività e un minor ricorso a regole per orientare il comportamento del bambino (Laghi et al., 2009a; Laghi et al., 2009b). La ricerca storica sui disturbi del linguaggio/apprendimento si è primariamente interessata allo studio dei fattori sociali, economici e culturali che caratterizzano l’ambiente familiare oppure allo studio delle variabili cognitive e personologiche del bambino descritte principalmente come fattori di rischio. Negli ultimi anni, invece, un numero crescente di studi ha individuato una relazione significativa tra disturbi specifici del linguaggio/apprendimento e condotte parentali. Per queste ragioni abbiamo voluto indagare la presenza di eventuali differenze nello stile di parenting in famiglie con un bambino con disturbi del linguaggio/apprendimento. Il gruppo sperimentale è composto da genitori con figli in trattamento presso il reparto di Neuropsichiatria Infantile§ dell’Università di Tor Vergata di Roma. I genitori del campione clinico riferiscono una minore focalizzazione attentiva sul bambino e un minor livello d’attività durante l’interazione, una modalità esperenziale di tipo emotiva e una regolazione del comportamento basata su regole. I risultati sono in accordo con diverse ricerche internazionali sullo stile di parenting e il funzionamento familiare dei bambini con disturbo del linguaggio e dell’apprendimento. Minuchin (1974) già negli anni 70 avevano dimostrato come le famiglie di bambini con disturbi del linguaggio e dell’apprendimento evidenziavano uno stile di controllo genitoriale incoerente. In queste famiglie esistevano un elevato numero di regole ma la loro applicazione era spesso incoerente e le misure disciplinari applicate in funzione dell’umore dei genitori: queste famiglie apparivano molto meno organizzate, sconnesse e caotiche in termini di struttura (Drei e Carugati, 2003). Il livello di emotività era spesso alto e veicolato da una comunicazione disfunzionale caratterizzata da un basso livello di logica, bruschi cambiamenti di argomento e un elevato volume di voce. Ricerche successive hanno confermato un’associazione significativa tra i disturbi del linguaggio/apprendimento e una comunicazione disfunzionale tra genitori e bambino (Tamis-LeMonda et al., 2004). Per quanto riguarda la relazione tra parenting e comportamento internalizzanti del bambino un numero crescente di ricerche ha evidenziato la presenza di una relazione significativa tra queste due variabili (Baiocco, Laghi, Imbellone, D’Alessio, 2009; McLeod, Weisz e Wood, 2007a; McLeod, Wood e Weisz, 2007b; NICHD Early Child Care Research Network, 2006). Le macro variabili del parenting maggiormente indagate sono il rifiuto versus accettazione e il controllo versus autonomia. La prima che connota il clima emotivo della relazione e include variabili quali l’affettività, la sensibilità, la responsività genitoriale sarebbe particolarmente rilevante nel predire le capacità del bambino di comprendere e auto-regolare i propri stati emotivi. Il controllo include invece dimensioni che riguardano l’eccessivo coinvolgimento del genitore nel regolare i comportamenti del bambino, nel dirigere le sue attività quotidiane, nell’imporre al bambino cosa provare e come comportarsi. Nel nostro studio per individuare i bambini con comportamenti a rischio di natura internalizzante è stata somministrata la Child Behavior Checklist (CBCL; Achenbach e Rescorla, 2001). La CBCL (versione da zero a 5 anni e mezzo) è una delle scale di valutazione del comportamento infantile più diffuse e utilizzate a livello internazionale in ambito sia clinico sia di ricerca. Il campione clinico è composto da 30 bambini (16 femmine e 14 maschi) con un’età compresa tra i 4 e i 6 anni e da madri con un’età tra i 28 e 40 anni. Il gruppo di controllo è composto da 85 nuclei familiari con madri e figli della stessa età. I risultati evidenziano che le madri del campione clinico riferiscono al PPT una maggiore focalizzazione attentiva sul bambino, un più alto orientamento emotivo e un parenting maggiormente focalizzato sulle regole. Questi dati sono in accordo con gli studi che hanno evidenziato come nelle famiglie con un bambino con comportamenti internalizzanti vi sia spesso una eccessiva focalizzazione sul bambino durante l’interazione e la tendenza a controllare il comportamento del figlio in modo estremamente direttivo (Baiocco et al., 2009). Se è vero che lo stile di parenting influenzi l’adattamento del bambino è altrettanto vero che bambini con un comportamento internalizzante inevitabilmente spingono i genitori a modificare il proprio stile di parenting per rispondere alle richieste/abilità del bambino e cercare di favorire l’attuazione di comportamenti adattivi (McLeod et al., 2007a). Un bambino timido e introverso ad esempio può richiamare l’attenzione dei genitori su di sé durante l’interazione (dimensione del PPT focalizzazione attentiva sul bambino) e coinvolgerlo eccessivamente da un punto di vista emotivo (dimensione del PPT orientamento emotivo). Le famiglie del gruppo clinico riferiscono un maggior livello di controllo del comportamento del bambino (dimensione del PPT controllo del comportamento basato su regole). Spesso tale controllo include dimensioni che riguardano l’eccessivo coinvolgimento del genitore nel dirigere le sue attività quotidiane, l’utilizzo del tempo libero e nell’imporre al bambino norme adeguate di comportamento. In sintesi, in questo paragrafo sono stati presentati diversi contributi di ricerca per verificare la validità di costrutto del PPT attraverso il metodo dei gruppi contrapposti un metodo ampiamente utilizzato in letteratura per dimostrare la validità di uno strumento di misura. Nello specifico è stato confrontato lo stile di parenting di famiglie “normative” con quello di famiglie in difficoltà o caratterizzate da strutture familiari potenzialmente a rischio. I principali risultati ottenuti sono stati confrontati con la letteratura di riferimento e interpretati alla luce di considerazioni teoriche e cliniche. I dati forniscono importanti contributi alla validità

§ Si ringraziano in particolare il Prof. Curatolo, dott.ssa Terribili e la dott.ssa Occhipinti per la loro professionalità e per aver partecipato attivamente alla realizzazione della presente ricerca.

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del PPT e dimostrano l’utilità dello strumento non solo in ambito di ricerca ma anche nella valutazione del funzionamento familiare e nelle successive fasi del trattamento. 1.4 Considerazioni conclusive Il presente contributo intendeva da un lato approfondire il tema della valutazione e misurazione del parenting e dall’altro descrivere un nuovo strumento di misurazione del parenting. In riferimento al primo punto possiamo concludere che, anche all’interno del contesto italiano, ci sia un’ampia varietà di strumenti e tecniche d’indagine utilizzabili per la diagnosi, la ricerca e la clinica. Per quanto riguarda in particolare gli strumenti self-report ci sembra che possano essere condivisibili una serie di raccomandazioni nella scelta dello strumento, rispetto al suo utilizzo e alle ricadute pratiche di tale scelte: 1. Gli strumenti devono avere una comprovata attendibilità e validità verificata su campioni di soggetti

simili a coloro cui stiamo somministrando il test. Per quanto riguarda l’applicazione degli strumenti, risulta necessario avere a disposizione delle norme di standardizzazione con cui poter confrontare le informazioni raccolte e poter decidere se i dati ottenuti siano normali o se rappresentino segnali di difficoltà. Ulteriori problemi derivano dall’adattamento di questionari pensati e costruiti in riferimento a contesti culturali differenti. Recenti studi cross-culturali hanno mostrato come esistano profonde differenze nel modo in cui genitori in paesi differenti percepiscono il loro ruolo parentale e svolgono il loro compito educativo: è emerso, per esempio, che i genitori italiani si propongono di essere emotivamente vicini ai propri figli in misura maggiore rispetto ai genitori statunitensi, i quali sono più preoccupati di crescere dei figli indipendenti ed autonomi. Dunque, il problema della validità normativa degli studi sul parenting si coniuga con la necessità di più approfonditi studi cross-culturali che mettano in luce le differenti ottiche con cui il ruolo genitoriale viene visto in diverse culture.

2. Ogni strumento self-report, valuta solo alcuni aspetti del parenting e ciò implica una accurata selezione degli aspetti salienti da misurare, con la consapevolezza che gli elementi tralasciati vengono solo ipoteticamente ritenuti irrilevanti. È molto difficile parlare di normalità quando si parla di famiglia. Ad esempio ci si può chiedere se effettivamente esistano delle “norme”specifiche ed esattamente definite cui fare riferimento per valutare il “buon genitore”: dobbiamo tenere conto, infatti, che le influenze culturali e sociali giocano un ruolo decisivo nel determinare quali condotte siano accettate ed anzi, ritenute auspicabili in uno specifico contesto (Sponchiado, 2000).

3. Prediligere quegli strumenti che permettano una somministrazione ai diversi membri della famiglia così da poter avere una convergenza nella descrizione della famiglia e delle relazioni tra i suoi membri.

4. Un ulteriore problema nella valutazione del parenting riguarda la misura in cui il comportamento del genitore viene influenzato dalla consapevolezza di venire “valutato” se si tratta di strumenti self-report oppure “osservato” nel caso di situazioni quali colloquio o procedure sperimentali: un elemento da tenere in considerazione è quindi il fenomeno della desiderabilità sociale.

5. Sarebbe inoltre auspicabile poter utilizzare insieme a strumenti self-report anche metodi diretti, quali l’osservazione, per un corretto e completo assessment del parenting.

Considerazioni invece di natura più generale sul parenting e sulla sua valutazione implicano necessariamente questioni di natura teorica. Anche secondo Bornstein (2003) negli ultimi decenni si è assistito al passaggio da una concezione dimensionale e monolitica del parenting, in cui il genitore veniva visto come l’unico responsabile dello sviluppo del bambino, seguendo una visione “tutto-o-nulla”, ad una prospettiva più ampia, situazionale e onnicomprensiva. Il comportamento parentale è il prodotto comune di numerose caratteristiche del genitore e del bambino che si determinano in una storia di interazioni e trasformazioni reciproche che hanno luogo nel corso del tempo. “Le modalità di cura sono spesso soggette ad adattamenti, essendo il risultato di processi transazionali multipli tra genitore bambino e contesto” (Bornstein, 2003, p. 43). Il parenting è in relazione con le caratteristiche di personalità del genitore ed è dunque vantaggioso utilizzare strumenti di valutazione della personalità per giungere ad una valutazione delle cure genitoriali. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che un genitore, anche se disturbato, può risultare adeguato per molti aspetti nell’accudimento del figlio (Reder e Lucey, 1995): dunque l’esperto può certamente avvalersi di tali strumenti, ma affiancandoli ad altri che si focalizzino specificatamente sulle tematiche parentali. La seconda considerazione riguarda l’importanza di considerare le caratteristiche del bambino. A partire dagli anni settanta iniziò a diffondersi l’idea che fosse necessario considerare il ruolo del comportamento infantile nella diade interattiva genitore-bambino. Le numerose analisi condotte sulle sequenze interattive evidenziarono inizialmente che il comportamento del bambino guidava la relazione con l’adulto in misura maggiore del comportamento genitoriale stesso (Lytton, 1990; Maccoby e Martin, 1983; Patterson, Bank e Stoolmiller, 1990). I risultati di studi cross culturali negli Stati Uniti ed in Australia (Russell, Hart, Robinson e Olsen, 2003), ad esempio, hanno suggerito che sia possibile predire indirettamente il parenting attraverso l’osservazione del temperamento del bambino. Anche il genere del bambino influenza lo stile di parenting; i figli maschi, che mostrano una maggiore propensione ai comportamenti esternalizzanti, sembrano favorire un parenting autoritario e autorevole mentre le femmine (Alink et al., 2006), predispongono i loro genitori ad una maggiore vicinanza emotiva. Nella visione bidirezionale delle interazioni tra genitore e figlio, quindi, il bambino non viene visto come un passivo ricettore degli input parentali, né quantomeno il genitore può

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essere considerato un dispensatore meccanico di insegnamenti e cure. Bambino e genitore risultano strettamente e reciprocamente interconnessi: entrambi saranno in grado di suscitare nell’altro sentimenti e comportamenti cui attribuire significato, in base ai quali adattarsi, modellando sé e l’altro coerentemente con la trama interazionale della loro relazione, di quella con gli altri e del rapporto con gli eventi circostanti. Una terza area di ricerca estremamente interessante è relativa allo studio della relazione tra parenting e funzionamento di coppia e del modo in cui queste variabili influenzino lo sviluppo del bambino (Santona e Zavattini, 2007). Diversi studi hanno dimostrato una relazione significativa tra il disaccordo coniugale o il divorzio, lo stile di parenting, la sensibilità e la sicurezza dell’attaccamento, l’ adattamento del bambino (Baiocco et al., 2009a; Drei e Carugati, 2003). Le ricerche più recenti cercano di interpretare il parenting andando oltre una semplice relazione causa-effetto valutando la presenza di altri elementi che, di volta in volta, possono configurarsi come fattori di rischio oppure di protezione. L’ipotesi dello “spillover” deriva dagli studi che hanno evidenziato come relazioni di coppia soddisfacenti si “riversino” sul bambino assicurando un parenting positivo caratterizzato da sensibilità e responsività (Kachadourian, Eiden e Leonard, 2009). Il conflitto di coppia può invece portare i genitori a ritirarsi dalla relazione con i figli, ad essere meno disponibili a fornire sostegno strumentale, a seguire i bambini nella routine quotidiana e nelle complesse dinamiche relazionali con i coetanei. I bambini conseguentemente possono interpretare queste esperienze come un rifiuto da parte dei genitori (Cox, Paley e Harter, 2001) e rispondere al contesto relazionale in cui sono inseriti adottando comportamenti o di natura esternalizzante oppure internalizzante (Baiocco et al., 2009a; Chan e Yeung, 2009). Rispetto al secondo obiettivo di questo articolo, presentare un nuovo strumento di misurazione del parenting, ci sembra che il PPT possa configurarsi come uno strumento utile e per certi versi unico nel panorama degli strumenti utilizzabili per la valutazione del parenting. Il PPT, rispetto ad altri strumenti che misurano il parenting, presenta numerosi elementi positivi: 1. una buona validità di facciata. Le situazioni e i temi rappresentati nelle vignette rappresentano normali

situazioni che caratterizzano la vita quotidiana di una famiglia: situazioni tipiche che ogni genitore può identificare e riconoscere come familiari. Le scene rappresentate sono rassicuranti, di facile comprensione e riducono l’ansia di prestazione dei genitori;

2. la procedura di somministrazione è rapida e facile; 3. lo strumento favorisce il colloquio sulle competenze genitoriali, permette di condividere con i genitori i

risultati ottenuti al test ed eventualmente di proporre modelli alternativi di comportamento; 4. il test gode di buone qualità psicometriche. Il PPT è stato sviluppato per disporre di uno strumento che misurando lo stile di parenting, possa essere utilizzato come stimolo per tutte quelle attività di counseling con i genitori che mirano a ridurre problemi nell’interazione con i figli. Lo scopo del PPT è motivare e incuriosire i genitori a partecipare ad un processo di riflessione e conoscenza del loro comportamento come genitori e in particolare al modo in cui si relazionano ai figli. Un approccio, quello proposto, che permette ai genitori di descriversi in modo sincero e che favorisce la motivazione a riflettere e lavorare sui diversi aspetti che caratterizzano il proprio stile di parenting. I primi contributi sulla validità del PPT ne incoraggio l'uso per la valutazione del parenting, per la ricerca e la pratica clinica. La “validazione del costrutto” non si verifica comunque attraverso la semplice applicazione di una metodologia ma è piuttosto il risultato di ragionamento rigoroso che confermi la relazione tra assunti teorici, la ricerca pregressa e i dati empirici. Bibliografia Abidin, R. R., 1995, Parenting Stress Index: Professional Manual (3rd ed.). Odessa, FL: Psychological Assessment Resources, Inc. Achenbach, T. M., Rescorla, L., 2001, Manual for the ASEBA school-age forms e profiles: an integrated system of multi-informant assessment, Burlington University of Vermont, Department of Psychiatry. Alink, L. R. A., Mesman, J., Van Zeijl, J., Stolk, M. N., Juffer, F., Koot, H. M., Bakermans-Kranenburg, M. L., Van Jzendoorn, M. H., 2006, “The early childhood aggression curve: Development of physical aggression in 10- to 50-month-old children”, Child Development, 77: 954 – 966. Arnold, D. S., O’Leary, S. G., Wolff, L. S., Acker, M. M., 1993, “The Parenting Scale: A measure of dysfunctional parenting in discipline situations”, Psychological Assessment, 5: 137–144. Axia, G., Bonichini, S., 2001, La valutazione del bambino, Roma, Carocci. Baiocco R., Cacioppo, M., Laghi, F., Tafà, M., 2010, Contributi alla validazione italiana del FACES-IV. Congresso dell’AIP, Sezione di Psicologia Clinico-Dinamica, Torino, 24-26 Settembre. Baiocco R., D'Alessio, M., Laghi, F., in press, Contributi alla validazione italiana del FACES-IV. Congresso dell’AIP, Sezione di Psicologia Clinico-Dinamica, Torino, 24-26 Settembre. Baiocco R., Westh, F., Laghi F., Rosenbergh, C. H., Ferrer, C. A., D’Alessio M., 2008, Psychometric properties and construct validity of the Parents Preference Test (PPT™) in the Italian context. XXIX International Congress of Psychology. Berlin, 20-25 July. Baiocco, R., Laghi, F., Imbellone, A., D’Alessio, M., 2009a, “Parenting, funzionamento di coppia e

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