Avvisi mena' villa d'adige 22-28.08.2016

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Dal Vangelo secondo Luca

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In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».

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Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”.

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Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”.

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Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

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Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

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Parola del Signore

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LAVORO 1. : * DMZ VILLA BARTOLOMEA carpenteria pesante - maschi - età…. 8 ore * CRAMARO TS COLOGNA VENETA COPERTURE DA CAMION m. e f. dai 20/30* BFB POLATI NICOLA CONFEZIONI MAGLIERIA ALTA MODA zona zuccherificio badia polesine f.* ELETTRICISTA PAOLO BRENDAGLIA cerca ragazzo 20enne scuola elett. Lavoro fuori * FIAT 1 tipo vecchio KM.38.000

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LAVORO 2. : * LARMEC Bevilacqua – condizionatori aria dai 18 in su – scuola enzo bari o enaip * ERRE BI tecology Badia Polesine – metalmeccanica – scuola enzo bari dai 18…..* Ditta BOSCO STEFANO dai 30 anni…...* ANTARES SISTEM via capitello Villa Bartolomea - zona industriale – scuola enzo bari – dai 18 in su – orario 8-12 /13.30- 17.30 * A. SPEDO E FIGLI carpenteria metalmeccanica – attrezzi in campagna – scuola enzo bari

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Agosto 2016

“Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti

fratelli” (Mt 23, 8)

PAROLA DI VITA

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«You have one teacher and you are all students»

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« Vous n’avez qu’un seul Maître et vous êtes tous

frères »

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Nur einer ist euer Meister, ihr alle aber seid Brüder.

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«Uno solo es el maestro y todos ustedes son

hermanos»

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معلما لكم واحدا إن    إ;خوة جميعا وأنتم

متى

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「你們的師傅只有一位,你們 眾人都是兄弟。」

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“Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti

fratelli” (Mt 23, 8)

PAROLA DI VITA

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Siamo attorniati da tante proposte di vita, da tanti

maestri di pensiero, alcuni aberranti, che inducono

addirittura alla violenza; altri invece sono retti e illuminati.

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Eppure le parole di Gesù possiedono una profondità e una capacità di coinvolgerci

che altre parole, siano esse di filosofi, di politici, di poeti,

non hanno.

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Sono “parole di vita”, si possono vivere e danno la

pienezza della vita, comunicano la vita stessa

di Dio.

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Agosto 2016

“Uno solo è il vostro

Maestro e voi siete tutti fratelli”

(Mt 23, 8)

PAROLA

DI

VITA

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Ogni mese ne prendiamo una in rilievo, così,

lentamente il Vangelo penetra nel nostro animo, ci

trasforma, ci fa acquistare il pensiero stesso di Gesù,

rendendoci capaci di rispondere alle situazioni più

diverse. Gesù si fa nostro Maestro.

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A volte possiamo leggerla insieme. Vorremmo che fosse Gesù stesso, il Risorto, vivo in mezzo a quanti sono riuniti nel

suo nome, a spiegarcela, attualizzarla, suggerirci come

metterla in pratica.

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Agosto 2016

“Uno solo è il vostro

Maestro e voi siete tutti fratelli”

(Mt 23, 8)

PAROLA

DI

VITA

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arlando della misericordia divina, abbiamo più volte evocato la figura del padre di famiglia, che ama i suoi figli, li aiuta, se ne prende cura, li perdona. E come padre, li educa e li corregge quando sbagliano, favorendo la loro crescita nel bene. È così che viene presentato Dio nel primo capitolo del profeta Isaia, in cui il Signore, come padre affettuoso ma anche attento e severo, si rivolge ad Israele accusandolo di infedeltà e corruzione, per riportarlo sulla via della giustizia. Dio, mediante il profeta, parla al popolo con l’amarezza di un padre deluso: ha fatto crescere i suoi figli, ed ora loro si sono ribellati contro di Lui. Persino gli animali sono fedeli al loro padrone e riconoscono la mano che li nutre; il popolo invece non riconosce più Dio, si rifiuta di comprendere. Pur ferito, Dio lascia parlare l’amore, e si appella alla coscienza di questi figli degeneri perché si ravvedano e si lascino di nuovo amare. Questo è quello che fa Dio! Ci viene incontro perché noi ci lasciamo amare da Lui dal nostro Dio. La relazione padre-figlio, a cui spesso i profeti fanno riferimento per parlare del rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo, si è snaturata. La missione educativa dei genitori mira a farli crescere nella libertà, a renderli responsabili, capaci di compiere opere di bene per sé e per gli altri. Invece, a causa del peccato, la libertà diventa pretesa di autonomia, pretesa di orgoglio, e l’orgoglio porta alla contrapposizione e all’illusione di autosufficienza. Ecco allora che Dio richiama il suo popolo: “Avete sbagliato strada”. Affettuosamente e amaramente dice il “mio” popolo. Dio mai rinnega noi; noi siamo il suo popolo, il più cattivo degli uomini, la più cattiva delle donne, i più cattivi dei popoli sono suoi figli. E questo è Dio: mai, mai rinnega noi! Dice sempre: “Figlio, vieni”. E questo è l’amore di nostro Padre; questa la misericordia di Dio. Avere un padre così ci dà speranza, ci dà fiducia. Questa appartenenza dovrebbe essere vissuta nella fiducia e nell’obbedienza, con la consapevolezza che tutto è dono che viene dall’amore del Padre. E invece, ecco la vanità, la stoltezza e l’idolatria. Perciò ora il profeta si rivolge direttamente a questo popolo con parole severe per aiutarlo a capire la gravità della sua colpa: «Guai, gente peccatrice, […] figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro» (v. 4). La conseguenza del peccato è uno stato di sofferenza, di cui subisce le conseguenze anche il paese, devastato e reso come un deserto, al punto che Sion – cioè Gerusalemme - diventa inabitabile. Dove c’è rifiuto di Dio, della sua paternità, non c’è più vita possibile, l’esistenza perde le sue radici, tutto appare pervertito e annientato. Tuttavia, anche questo momento doloroso è in vista della salvezza. La prova è data perché il popolo possa sperimentare l’amarezza di chi abbandona Dio, e quindi confrontarsi con il vuoto desolante di una scelta di morte. La sofferenza, conseguenza inevitabile di una decisione autodistruttiva, deve far riflettere il peccatore per aprirlo alla conversione e al perdono.E questo è il cammino della misericordia divina: Dio non ci tratta secondo le nostre colpe (cfr Sal 103,10). La punizione diventa lo strumento per provocare a riflettere. Si comprende così che Dio perdona il suo popolo, fa grazia e non distrugge tutto, ma lascia aperta sempre la porta alla speranza. La salvezza implica la decisione di ascoltare e lasciarsi convertire, ma rimane sempre dono gratuito. Il Signore, quindi, nella sua misericordia, indica una strada che non è quella dei sacrifici rituali, ma piuttosto della giustizia. Il culto viene criticato non perché inutile in sé stesso, ma perché, invece di esprimere la conversione, pretende di sostituirla; e diventa così ricerca della propria giustizia, creando l’ingannevole convinzione che siano i sacrifici a salvare, non la misericordia divina che perdona il peccato. Per capirla bene: quando uno è ammalato va dal medico; quando uno si sente peccatore va dal Signore. Ma se invece di andare dal medico, va dallo stregone non guarisce. Tante volte non andiamo dal Signore, ma preferiamo andare per strade sbagliate, cercando al di fuori di Lui una giustificazione, una giustizia, una pace. Dio, dice il profeta Isaia, non gradisce il sangue di tori e di agnelli (v. 11), soprattutto se l’offerta è fatta con mani sporche del sangue dei fratelli (v. 15). Ma io penso alcuni benefattori della Chiesa che vengono con l’offerta - “Prenda per la Chiesa questa offerta”- è frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata con il lavoro malpagato! Io dirò a questa gente: “Per favore, portati indietro il tuo assegno, brucialo”. Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio. È necessario avvicinarsi a Dio con mani purificate, evitando il male e praticando il bene e la giustizia. Che bello come finisce il profeta: «Cessate di fare il male imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (vv. 16-17).Pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare. Allora, dice il Signore, i peccati, anche se fossero scarlatti, diventeranno bianchi come la neve, e candidi come la lana, e il popolo potrà nutrirsi dei beni della terra e vivere nella pace (v. 19).È questo il miracolo del perdono che Dio; il perdono che Dio come Padre, vuole donare al suo popolo. La misericordia di Dio è offerta a tutti, e queste parole del profeta valgono anche oggi per tutti noi, chiamati a vivere come figli di Dio.

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Non so se sarà mai possibile stabilire una graduatoria relativa alla “difficoltà” delle diverse opere di misericordia, ma temo che quella che ora prendiamo in considerazione abbia buone opportunità per raggiungere il vertice della classifica. Intanto perché per essere una vera opera di misericordia dovrà navigare tra due scogli ugualmente pericolosi: anzitutto quello di un relativismo indifferente ed individualista che sostanzialmente fa ragionare col “vivi e lascia vivere”, ciascuno pensi ai fatti suoi senza impicciarsi nelle questioni altrui; l’altro che potremmo definire come fariseismo presuntuoso e che ti fa mettere su un piedistallo di superiorità da cui emanare sentenze e giudizi. Eppure, tra questi due scogli è possibile e doveroso trovare una rotta peraltro necessaria al buon vivere, alla edificazione di una socialità che, a prescindere da particolari visioni di fede, va perseguita a partire dal presupposto che siamo un po’ tutti responsabili gli uni degli altri e che non ci sono scelte individuali che non abbiano una valenza collettiva e viceversa.Per chi ha la fortuna di possedere il bene della fede il riferimento a Gesù di Nazaret e la storia della spiritualità cristiana sono “paletti” preziosissimi per addentrarsi in questa difficile arte.Da Gesù impariamo anzitutto uno stile fatto di parole e azioni che, mentre correggono e rimproverano, insieme salvano. Emblematico è l’episodio in cui Gesù stende la mano per salvare Pietro che sta sprofondando nelle acque e nel contempo gli dice: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. Gesù salva rimproverando e rimprovera salvando.Nella vita della Chiesa la correzione fraterna, il rimprovero secondo il vangelo, deve sempre essere un atto che unisce misericordia e verità, compassione e parresia, autorevolezza e dolcezza. Il tutto a partire dalla decisione di rompere con l’indifferenza in cui spesso mi riparo per proteggermi dal faticoso incontro con l’altro. È bello il verbo “ammonire” che dà il titolo a questa opera. Deriva dal latino ad-monere, in cui monere indica il “ricordare”: l’ammonizione è un far ricordare ciò che si è dimenticato, è un riportare alla realtà chi se ne è allontanato. Se il peccato è dimenticanza di Dio e della sua volontà, una volontà che il peccatore conosce ma da cui si allontana, ecco che l’ammonizione dei peccatori si rivolge alla volontà debole di non ha saputo essere all’altezza della legge di Gesù.Già, ma “come”? “Come” esercitare un’opera che addirittura può essere considerata un servizio, un ministero all’interno della comunità cristiana e, lasciatemelo dire, anche della società civile. Un’opera, un servizio, un ministero da cui dipende la qualità umana di una collettività, religiosa o laica che sia.Risponderei allora sottolineando che la correzione è necessaria per non covare rancore nel nostro cuore: parlare alla persona che sbaglia, porre la parola tra me e lei diventa l’antidoto contro il risentimento che può diventare odio. La correzione non serve solo al bene del fratello che la riceve, ma anche al bene di colui che la esercita.Questo però non basta. Chi si immette nella strada della correzione fraterna deve avere imparato a riconoscere il male che è in sé. Solo a questo punto potrà farsi carico del male del fratello. Solo quando avrò imparato a ricevere la correzione potrò dispormi ad esercitarla verso gli altri.Infine, perché la correzione abbia qualche speranza di successo e produca in chi sbaglia la voglia di mettersi in discussione senza chiudersi a riccio nella propria permalosità ferita, è indispensabile che chi corregge affini una grande abilità, una straordinaria “furbizia”: nello scegliere il momento opportuno, nell’evitare che sia l’unica maniera di rapportarsi a quella persona, nel far sì che la stima che il fratello ha di sé non diminuisca ma accresca, nell’esercitarla sulle cose veramente essenziali, ... Quando questo avviene la correzione fraterna potrà procurare frutti di pace e di benedizione. E il nostro vivere sociale guadagnare in qualità.

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Correzione fraterna con amore Non si può correggere una persona senza amore e senza carità. Non si può fare un ♦

intervento chirurgico senza anestesia: non si può, perché l’ammalato morirà di dolore. E la carità è come una anestesia che aiuta a ricevere la cura e accettare la correzione. Prenderlo da parte, con mitezza, con amore e parlagli.

La correzione fraterna è un atto per guarire il corpo della Chiesa.♦C’è un buco, lì, nel tessuto della Chiesa che bisogna ricucire. E come le mamme e le nonne, quando ricuciono, lo fanno con tanta delicatezza, così si deve fare la correzione fraterna.

Se tu non sei capace di farla con amore, con carità, nella verità e con umiltà, tu farai ♦un’offesa, una distruzione al cuore di quella persona, tu farai una chiacchiera in più, che ferisce, e tu diventerai un cieco ipocrita, come dice Gesù. ‘Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio….’. Ipocrita! Riconosci che tu sei più peccatore dell’altro, ma che tu come fratello devi aiutare a correggere l’altro”.

San Paolo dice: ‘Non succeda che dopo avere predicato agli altri, io stesso venga ♦squalificato’.Un cristiano che, in comunità, non fa le cose – anche la correzione fraterna – in carità, in verità e con umiltà, è uno squalificato! Non è riuscito a diventare un cristiano maturo.

Il Signore ci aiuti in questo servizio fraterno, tanto bello e tanto doloroso, di aiutare i ♥fratelli e le sorelle ad essere migliori e ci aiuti a farlo sempre con carità, in verità e con umiltà.

Si può e si deve amare il prossimo anche correggendolo: ma è l’amore che lo corregge, è ♥Dio che lo corregge, non io. Chi ama corregge sempre, perché l’amore è luce ai propri passi e ai passi del fratello.