Autostrade di carta

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Autostrade di carta- un giro in moto sui guardrail della vita

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Prefazione

Eccomi qua, Ma sto scrivendo davvero una prefazione ? Ma veramente sto pubblicando questi pensieri a

ruota libera ? Pare proprio di sì.

E a te che ti sei imbattuto in questa raccolta prima che possa iniziare a leggere un solo verso lascia che ti

spieghi di che si tratta.

“Autostrade di carta” è un’opera disomogenea stile diario-poesia che raccoglie tutto ciò che di decente ed

ispirato mi sia passato per la mente negli ultimi sette anni a partire dal lontano 2008 fino ad oggi (2015).

Quello di congelare in versi o in piccoli estratti di prosa (con un certo stile noir) sensazioni, emozioni,

stratagemmi, esperienze, amori, sfide, amicizie era ed è ancora per me tutt’oggi l’unico modo per congelare

gli istanti senza lasciarseli sfuggire e farne memoria per quando ne avremo bisogno.

Non c’è mai stata alcuna pretenziosità nella mia scrittura e nei miei versi. Ho certamente avuto forte

ispirazione da Blake, Keats, D’Annunzio, Baudelarie, Verlaine, Rimbaud, Leopardi, Gibran, Montale, Calvino

e molti altri ma di base non c’è mai stato alcun esercizio intellettuale o tecnico nella forma o nel contenuto

dei miei componimenti. La poesia infatti nasce di getto e vive dell’ispirazione che l’ha generata. Sono sicuro

che molti miei componimenti saranno, per coloro che leggono, piuttosto evocativi, altri piuttosto oscuri,

altri molto vivaci, alcuni bellissimi, altri osceni. Il punto è che ogni volta che le parole passano da un

orecchio all’altro si riempiono di significati nuovi ed iniziano una nuova e sempre rinnovata vita. Le parole

riecheggiano dunque nelle vite dei singoli lettori acquisendo di volta in volta abiti nuovi e del tutto

inaspettati che certamente l’autore non ha voluto né saputo rivestire in origine, quando il verso è stato

partorito.

La poesia è infatti è proprio questo: un parto, un travaglio, un distacco da sé di un pensiero fluido o

fluidificato che resta una traccia del mondo e che muta, e che cresce e talvolta muore, per poi rinascere, in

un ciclo infinito.

Perché chiamare questa raccolta “Autostrade di carta- un giro in moto sui guardrail della vita?”

In primis mi piaceva molto l’idea dell’autostrada. Chi infatti non è mai stato in autostrada ? l’autostrada è

un ponte tra vite, un lungo tragitto che unisce punti molto distanti tra di loro e su cui si viaggia ad alta

velocità. L’autostrada è un rischio, un luogo di ispirazione, una giungla di veicoli e di conducenti dove

ognuno corre per raggiungere un posto diverso, persone diverse, per realizzare sogni diversi. L’autostrada è

anche un luogo di poca luce quando di notte restano solo i lampioni ed i fari della macchina ad illuminare la

carreggiata. Ed è anche un luogo di incontri quando qualcuno va in panne e si ferma sulla piazzola di sosta e

ci si accosta per dare una mano.

Ho scelto quindi l’autostrada perché è esattamente quello che questi versi rappresentano: il grande viaggio

di ognuno di noi nel mondo.

Perché “di carta” ? Beh per questo devo pubblicamente ammettere di aver preso ispirazione da John Green

con il suo meraviglioso romanzo “Paper Town”. John nel suo romanzo spiega che una città di carta è una

città inesistente, quella città inventata piazzata lì dai cartografi per personalizzare le mappe e scoprire così

chi eventualmente possa averle copiate. La città di carta è quindi un luogo inesistente ma che può essere

reso reale proprio dall’ispirazione che essa genera. Basti pensare alla città di Agloe nello stato di New York

negli USA, una perfetta papertown resa celebre a tal punto che qualche decade dopo qualcuno realmente

ha fondato Agloe, proprio lì dove i cartografi l’avevano piazzata.

Un’autostrada di carta è dunque il percorso di vita che prende forma dall’immaginazione, il sogno che

diventa realtà, la pietra che diventa casa, il bambino che diventa uomo, il viaggiatore che diviene viaggio.

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Ed ognuno, da buon cartografo, mi auguro che piazzerà sulle proprie mappe le proprie “paperhighways”

per ricordarsi, nel caso in cui lo dimenticasse, che i desideri possono raccontare molte verità di noi stessi,

talune così nascoste da averne completamente ignorato l’esistenza.

Questi versi, in un modo o nell’altro, vi raccontano il lungo giro in moto sui guardrail della mia vita, sulle

“autostrade di carta” dei miei viaggi

INDICE

1 CAPITOLO 1: (2009-10) IL CASELLO

2 CAPITOLO 2: (2011-2012) CORSIA DI SORPASSO

3 CAPITOLO 3: (2013- 2014-2015) GAS A MANETTA

Avendo scritto molto in questi anni ho dovuto fare una cernita su cosa pubblicare e

cosa non pubblicare. Pertanto alla fine ho deciso di inserire in questa raccolta le

poesie più importanti e significative che io abbia mai scritto. Ho deciso di ordinarle

per anno di composizione. Per qualcuna di esse ci sarà una dedica o una nota

comprensiva a lato. Buona lettura !

CAPITOLO 1 (avevo 16-17 anni e si vede :P)

Eccoci qui, il viaggio ha inizio. Siamo al casello. Queste poche poesie di questi due

anni sono proprio il mio abito adolescenziale: ribelle, incavolato, anticonformista,

energico, riflessivo. E’ stato un periodo molto duro e di grandi e rapidissimi

cambiamenti. In tutta onestà avevo imboccato il casello della mia “autostrada di

carta” ma ignoravo completamente dove stessi andando o cosa stessi cercando.

Ma ogni cosa ha un perché. L’avrei capito più tardi …

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IL MESSAGGERO DEL VENTO

BRUCIA

Brucia ,brucia la ferita su questa piaga dolente

Arde, arde la fiamma e salta il fosso

Scioglie , scioglie la neve e tutto si tinge di azzurro…

Non mi rimane che attendere, non posso far altro che ansimare.

E intanto tutto ruota, tutto avanza e muta: io rimango lì, inerte , impassibi le

Quale una foglia stanca che cade dallo spoglio ramo d’autunno,

il candido giglio che accarezza la prima pioggia primaverile segno d’una

pazienza senza fine.

Voglio agire, voglio poter esserci. Lo voglio e lo bramo. Lo desidero e lo cerco.

Il tempo delle attese, gioca l’arzillo infante sulla sponda del tristo pelago,

gioca e può finalmente al cielo urlare “ci sono, lo voglio, ce la posso fare!”…

CADE

Cade, cade stanca questa pioggia

Cade, e uno strano profumo nell’aere si spande

Mille colori e mille sensazioni si mescolano

Tutto diviene indistinto ma pur sempre percepibile.

Il bello non è altro che un piacere senza scopo e disinteressato

La pioggia, una doccia tiepida nel freddo dell’inverno…

IL FANTASMA CHE NON VOLA

Tutto intorno a me un silenzio rintronante.

Omertà, ipocrisia ed egoismo regnano sovrani:

il mondo ha bisogno di eroi...

Giorno dopo giorno mi addentro in un castello dalle terse mura ,

quale il cappello del pirata grullo gettato da un vascello.

Più m'addentro in questa landa senza dimora, più odo il canto di un fantasma che non vola…

HANNIBAL (dedicata ad Hannibal Lecter)

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Sguardo penetrante , occhi di falco, sorriso beffardo : sadico.

Un infanzia difficile, ricordi terrificanti d’una famiglia scomparsa tra la neve sotto le bombe

D’una guerra tremenda,

d’una sorella divorata dalla fame degli insaziabili.

Brillante , geniale , acuto e ingegnoso, reca in sé la perfezione d’un “deus ex macchina” .

Un medico matto, che cura le menti portandole alla follia e nutrendosi della loro agonia.

Personifica il male, dicotomia del Bene assoluto.

Per antonomasia il simbolo della ragione che si rovescia nell’orrore:

la follia è sinonimo di artistico,

essa non è altro che l’elevazione del potere dell’immaginazione al di là e al di sopra

della mediocre e comune insania della banalità….

LA PIETRA SOLITARIA

Se qualcuno mi chiedesse:”che ne pensi dell’unità??”

io risponderei:”pragmatica ,viziosa: inconsciamente è volta solo all’adempimento di un utile”

Se un tale mi dicesse:”che ne pensi della compartecipazione??” io replicherei:”in potenza la madre di tutte le fratellanze e del progresso civile, in atto la badessa

dell’incivilimento” Se qualcuno mi prendesse per mano e mi domandasse:” vuoi far parte della comunità??”

Io ribadirei: “Io sono umanità.

Voglio conoscere il mondo, addentrami nelle sue viscere. Voglio poter essere libero , librarmi nell’aria, stare per ore di notte seduto su uno scoglio. Voglio essere, essere una pietra solitaria, non un fetido rimasuglio…” PENSIERO A RUOTA LIBERA

La gente non desidera altro che essere protagonista, al centro dell'attenzione: come i leoni allorché fiutata

la loro preda cominciano la corsa, allo stesso modo costoro accorrono in massa appena percepito il

mellifluo profumo della futile fama...Vuoi la loro stima?? Alimentar la loro fame insaziabile e vedrai in che

misura susciterai la loro curiosità.Ma ti dirò. Se al contrario incontrerai un lupo solitario che si aggira di

notte tra le tenebre su di un dirupo, in una selva appena baciata dai raggi caldi della Luna , esso

rassomiglierà a un semplice eremita che vive fuori dal branco, dal gruppo, che pensa a modo suo, che vive

seguendo le sue regole cercando pochi contatti e seguendo la propria strada, un ente smarrito ed impaurito

che della vita ha colto solo l’aspetto più crudo e nudo, solo la disperazione dell’angoscia, solo la

colpevolezza del sentirsi estraniato. E’ giusto dunque dubitare, certamente, allorché al di là delle

apparenze, il dubbio non è affatto il contrario della verità, tutt’altro, esso è piuttosto l’ardente fiamma che

illumina la coscienza sopita e sedata e che rischiara quindi il sentiero del veritiero. Ma se ci si ferma più

affondo , e si guarda non con gli occhi velati ( di Maya) dalla trama ingannevole del “solito e comune” ma

con lo sguardo interno proprio dello Spirito ci si renderà conto che ad essere insano non è il lupo ma è il

leone, ad essere coraggioso non è la fiera assetata ma l’essere consapevole e solitario che sceglie la

possibilità più dura, che decide la via più spinosa , se non già perché in lui si è certificato il noumeno

cosmico: la voglia di vivere , ma rimanendo “ sostanzialmente ”se stessi ( sebbene ciò sia la cagione del suo

dolore)

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CAPITOLO 2

Questo è stato il periodo delle grandi crisi sulle grandi domande, il periodo medio

tardo adolescenziale, quello delle prime grandi sfide e delle prime vere paure.

Onestamente uno dei periodi più strani di sempre che però sarebbe servito per il

proseguo. E’ qui che si prende coraggio. Mettiamo la quarta e sorpassiamo !

SGOCCIOLA IN UN ANGOLO

Quanto tempo è trascorso ,

quanta acqua è passata sotto i ponti .

Le stagioni continuano ad alternarsi , le stelle continuano a compiere il loro giro

I pianeti continuano a inseguirsi a vicenda prendendosi per la coda

Intanto il tempo passa, vola , si erge sopra la caducità del creato , più forte della natura ,

più cinico dell’uomo .

E intanto il tempo gioca , mormora ,

si beffa degli affanni umani , della loro inconciliabile inettitudine,

della loro frenetico corrodere, mordere , bruciare , consumare , sprecare la vita

E intanto il tempo scorre lento , inesorabile , come le acque ghiacciate di un torrente di inverno che torna a

riprendere vita durante la primavera , quando sbocciano i primi ciliegi ,

quando tornano i prima augelli , quando sussurrano i primi caldi venti della stagione ,

quando si torna ad amare scaldati dal tepore dei raggi del Sole

E intanto il tempo vive , squassa l’angosciante monotonia ,

scuote le sopite coscienze , sgocciola in un angolo ,

asciuga le lacrime del dolore ,

conforta dalle atroci sofferenze ,

aiuta a liberarsi delle paure e a conoscere meglio se stessi

E intanto il tempo muore , muore sorridendo al vecchio sdentato ,

muore piangendo la triste tomba di un reietto ,

muore cantando le storie dell’passato ,

muore danzando sotto la pioggia,

muore saltando nell’abisso delle certezze ,

muore contemplando la bellezza della semplicità ,

muore testimoniando la letizie della vita ,

muore comprendendo l’immensità della follia ,

muore scomparendo nella fitta nebbia all’orizzonte

come in un sogno lontano dove paura e felicità

si mescolano in un curioso gioco di forme e di colori …

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GIOCO D’ESTATE

Gioco d’estate , augelli selvaggi

Il Sole scalda la gelida radura , ebbra , muta

Sgocciolando in un angolo perduto il mio battito

Nel tramonto del mattino fuggono viai giorni

Restando attoniti la terra annuncia la nascita

SEPTEMBER

"In quel giorno di Settembre Andy si chiese se ne valesse la pena . Sul quel marmo bianco al cimitero fuori

città si rese conto che l’imbrunire non cadeva lento sugli ombrelli dei presenti ma cadeva lesto su un’unica

testa , la sua . E si ritrovò in breve sotto un albero di cipresso , circondato dalle foglie caduche di un

autunno stanco , solo , con il suo unico quaderno , quello su cui aveva scritto la sua storia. Era il suo

confidente storico , l’amante dimenticato , l’unico che sorbiva i suoi rimbrotti , pianti , paure , emozioni ,

nel silenzio di uno scrivere materiale sotteso ai liquidi pensieri . Tutt’attorno a lui il mondo pareva sparire .

La luce invisibile , il silenzio malato . L’aria che respirava pareva un infuso ninfeo , onirico , plutonico . Era

diventato un sordomuto . Sordo perché incapace di ascoltare , muto perché incapace di fiatare un lamento ,

per quanto languido , per quanto breve . Un cieco , si disse , un angelo decaduto in una grigia ricorrenza di

un laconico giorno d’Agosto. Le nuvole all’orizzonte preannunciavano un nuovo inizio attraverso il

battesimo della pioggia. E fu battezzato Andy , quel giorno di Settembre che pareva metà Novembre . Era lì

, immobile , una pietra salata , un giglio nero . Laggiù , lontano dal mondo , aspettava l’auto sull’asfalto

consumato in attesa del corteo , il suo funerale , prima della rinascita"

CADE

"Cade, cade stanca questa pioggia

come le lacrime di un aquila assopita

china ad alta quota , su una roccia sconosciuta

Cade, e uno strano profumo nell’aere si spande

Colori e sensazioni di muschio , come una tavolozza

un artista spoglio armato del suo cavalletto, emigrante d’anime

Tutto è indistinto ma sempre percepibile.

Il bello non è altro che un piacere senza scopo ,

caleidoscopico udire melanconico

La pioggia, una doccia tiepida nel freddo dell’inverno… "

ANCORA PENSIERI A RUOTA LIBERA

Delle citazioni di un libro mastro non me ne è mai importato nulla francamente . Molte persone vivono la

loro vita all’oscuro di ciò che sono , di ciò che mangiano , toccano , vedono , sentono , perfino dei loro

pensieri di cui spesso e volentieri non ne sono i padroni . Diciamocela tutta . I debitori e i creditori non

hanno mai interessato nessuno , se non agli avvocati del diavolo che dall’inferno si ammazzano di risate a

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vedere come i burattini del mondo di superficie si scannino per cose da niente . Il punto della questione è

che di ignavia il mondo ne è pieno , fin sopra i capelli.. Ma non da oggi , da sempre . Una volta aveva il volto

di un passante testimone di un delitto in una strada di campagna ma che poi tace ogni cosa , anche se

opportunamente interrogato . Poi dopo la fase del diniego si passa alla fase del diniego , una seconda volta

, poi a quella del diniego , una terza volta . infine ci si commiata verso una soluzione conveniente per tutti ,

quella del silenzio assenso che nulla vieta agli scettici di sospettare il fattaccio . Ma alla fine si sa , l’impunità

è giustizia degli uomini . E vi domanderete , oggi invece ? Lo stesso

SOL

Altri posti, altre strade , altre vite. E intanto il tempo

Scorre via, inesorabile tra le nuvole, leggero come il vapore

Pesante come la nebbia.

E i giorni calano all’orizzonte, si depositano i sogni dietro colline sinuose a dai seni prorompenti

Dagli alberi sontuosi, dall’erba baciata dal tocco della rugiada e dai venti spensierati

Figli di quella madre natura che l’uomo non ha mai conosciuto o di cui ha inesorabilmente dimenticato il

tocco

MY WORLD AT WAR

E' ufficialmente iniziata la caccia alle streghe . Anzi , agli stregoni . Anzi no , ai fattucchieri furfanti . Ancora ,

ai furfanti fedifraghi . Ancora , ai clown che spaventano anzichè divertire , ai governanti che

shiavizzanoanzichè governare , ai moralisti bigotti persi nell'ipocrisia . Ho deciso di dichiarare guerra a

Dante che mal governò il suo aldilà , ho deciso di spezzare Goethe che narrò i versi sbagliati , di ignorare

Newton che non approfondì poi troppo l'alchimia . Oggi ho deciso di dichiarare guerra alla civiltà

LA LAGUNA

Cuore languido

sputa veleno dal mio petto ,

intravedo un sussurro in lontanaza , ne odo la profondità

una finestra aperta su uno squarcio di luna

un nuvolare assorto tra i pensieri leggeri

come piume candide scese dallo scrigno del cielo

contornato da uno schizzo di mare ,

nella fresca rugiada di un pallido mattino

O mente imperversa ,

non cercare altre rive su questa terra ,

abbi la saggezza di approdare ,

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per oggi , per domani , sul sempre

forse l’unico vero , forse l’unico giusto.

Amare senza scelta , odiare senza scelta

vivere senza scelta ,

scegliere di vivere , in questa laguna salmastra ,

che tanto ardore diede al mio petto ,

su di un letto che del dolore non seppe pietà

consumati a pianger sotto una cortina di stelle ,

belle come gemme , pure come acque

sorgenti di luce , buchi di eterno

E intanto il tempo muore , muore sorridendo al vecchio sdentato ,

muore piangendo la triste tomba di un reietto ,

muore cantando le storie dell’passato ,

muore danzando sotto la pioggia,

muore saltando nell’abisso delle certezze ,

muore contemplando la bellezza della semplicità ,

muore testimoniando la letizie della vita ,

muore comprendendo l’immensità della follia ,

muore scomparendo nella fitta nebbia all’orizzonte

come in un sogno lontano dove paura e felicità

calcano i passi di una stessa impronta

POLVERI DI SILENZI

Epifania. Quell’attimo che ti porta via, lontano.

E’ sempre l’ultimo giorno di Autunno e io sono rimasto fuori,

chiuso all’esterno di una prigione che non conosce spazi.

E mi affaccio dentro di me, e scorgo più universi in una barattolo di sogni.

Mi affaccio ed ammiro la pioggia cadere, lenta, sulla terra fertile di un campo di grano ,

sul sottobosco del mio ego.

E cresceranno fiori dimenticati sulle pietre azzurre,

i lapislazzuli delle miei preghiere.

E passerò sulle lapidi bagnate fradice aspettando

l’arrivo di una folata di vento che mi porti in altro, altrove , sulle montagne,

attraversando le colline che sormontano le vallate ai piedi del mio petto.

E dopo tanto errare alla fine a casa io tornerò.

E rimarranno solo polveri di silenzi nel mio ricordare

DEUS MEUS

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Deus meus

nobilita anima mea

domine divine amoris

aliquisfacies surrexit

filiustuus

vita nobilismihidonavisti,

iudicanti homines peccata

IL RAMO DI ACACIA

Si asperse nella notte

un ramo di acacia

su di una foglia gemette

e si impresse il mio nome

evocato da' richiami de angeli bianchi

qual visione celestiale pel mio core

cosparsi di mantelli che parean rose.

Scosso dagli effluvi

di un iracondo vento

affondai le radici nella mia essenza

oscurata da una tenebra lasciva

poscia ch’io dimandai al core mio de li oscuri mali

e da lì dell’infinito Amore

che la gioia di una vita etterna

danzò nello mio petto

anelando de’ candide rive

che me movon no so qual

dolce languore

ESODO

Semplicemente chi sei ?

Non afferro ancora nulla dalle tue mani.

Leggiadre e candide , come coppe d’argento

Le tue labbra tumide suggeriscono della saliva viva :

un giorno forse quella bocca avrà da toccare de un mortale.

Ma allora, mi domando. Chi sei

o donna del mistero? Sei venuta qui per caso

o sei dal caos venuta ?

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Chi sei ? O diva mia, io chino il capo e ti sussurro

che nient’altro anelo che conoscere il tuo animo nascosto,

sotto mille pagine, racchiuso, dietro spenti colori

Non posso essere né mai sarò lo scassinatore del tuo cuore

ma se mai potrò avvicinarmi al tesoro che serbi nell’animo

tuo gelosamente , con altrettanta umiltà mi avvicinerò

in punta di piedi alle note de’ tuoi battiti

E tu o morte, regina del mondo nascosto dalle palpebre cucite,

giudice incontrastato e giudicante del vivente,

consolatrice de’ tormentati e livella di ogni cosa.

E tu, o Pluto, re degli dei, padre e padrone della

terra dei sette fiumi.

Non potreste voi fare eccezione per una tale creatura ?

Non potresti, o morte, levare la tua timorosa falce su di altri capi

per il resto dell’eterna notte ? Non potresti ispessire

il filo della vita della di lei anima sicché le Parche non

possano compiere il taglio ?

Perché mi chiedo qual peccato sarebbe spezzare un fiore tanto raro ?

Che sciagura per questo mondo de’ vivi

cui poco resterebbe in quanto a bellezza,

dopo il Sole e le stelle e l’acqua ed il fuoco

E’ come spegnere l’eterna brace , è come bere il mare,

come spazzare il cielo.

Forse m’illudo che non sia poi mortale ma figlia dell’olimpo.

O mietitrice , o voi tutti immortali, accogliereste

la supplica di un uomo che baratterebbe i suoi pigri anni con una

sol’ora di meraviglia ed incanto ?

Ne esulterebbe il creato tutto, e Dio stesso farebbe una gran festa,

A te invece, o Musa. Cosa sei farfalla ?

Un bruco trasformato dagli attimi, un baco dischiuso

un’anima in fuga?

Qualunque cosa tu sia sei leggiadra e maestosa.

Hai tu il privilegio di morir giovane , di non conoscere le

amare pene della senescenza , del divenir opachi, obsoleti, stantii .

Come delle stelle che alla fine del loro viaggio salutano

l’universo e il creato rituffandosi nell’oblio

con un ultimo grido di luce

sol mi auguro che il mio sguardo mai più

possa allora rivederti.

Perché ben so che dalle luci che mai si spengono si fa testimonianza

di quella divina estasi il cui vanto di nobiltà porti,

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ed il chiarore, ed il nome.

E come ultimo barlume del tuo brillare , o creatura,

gli occhi terrò da te lontano sì che potrò non essere tanto egoista

da voler rubare ciò che resta di più

sconvolgente umano splendore

AUTUNNO

Odo spesso l’eco di un mugugno

partorito da note rauche e gole d’avorio

un cantico lento ma maestoso

che atterrisce ma risolleva.

Era l’autunno che arrivava, danzando

sulle ali di una brezza fresca che spira dal mare

e ritorna a riecheggiare sulle montagne per

poi rituffarsi nel mare

L’autunno è un Dio policromo

ma carico di tristezze.

L’autunno prende gli affanni nascosti dell’estate e li

trasforma in poesia ,

prepara il terreno per la fuga dell’inverno,

sotto coperte rigelate

E’ quella sedia vuota attorno al tavolo ,

è il fuoco scoppiettante che riscalda,

è il viandante che scompare nella nebbia,

è la luce strozzata dal buio,

è il desiderio mai nato.

L’autunno è un poeta senza versi

una penna senza inchiostro,

un cuore dissanguato, una gioia inespressa

un odio immaturo, un amore non corrisposto

L’autunno è il mondo che gira caleidoscopico fissato su tela

è una foglia accartocciata e riarsa che non ha più acqua

la ringhiera arrugginita,

l’odore delle noci.

L’autunno è quell’attimo che ritorna, infinito

è la sensazione vivida, che prende una forma elegante

che si veste di scuro, che nasconde e poi disvela

e poi ritorna a nascondere e poi ritorna a svelare.

L’autunno è una vecchia pioggia ,

l’autunno è una tazza di thè, un meriggiare

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una passeggiata nel bosco

E’ un Dio malinconico, sputato dalla terra

e che arriva a consolare e a ridestare

quel pensiero assopito che ritrova energia

e la esprime e non se ne duole

ma persevera , ed inizia ad esistere

per poi ricominciare, e poi morire nuovamente

e poi rinascere

A PASOLINI

Essere cani sulle strade di notte,

il girovagare sotto i lampioni di Novembre,

quei tombini che fumano incenso,

la sensazione di conoscerti da sempre.

E dopo eterne e vane sfide

distratto guardo dalla finestra

seduto nel bar dietro l’angolo ,

scrutandoti da sotto questa maschera.

E solo allora capisco che

io non son più solo

Ultimi attimi

Mi spengo ogni tanto

nel tedio di un respiro

Affogo ma non rapisco

il gesto di un martirio

CAPITOLO 3

La definirei la maturità. Il periodo delle esperienze più importanti e significative, il

periodo più ricco di cose belle e formative ma anche quello con più imprevisti e

colpi di scena. Qui si va a tutto gas, senza più paura di voltarsi e fare scelta anche

molto impegnative ! E la meta, quella diventa piuttosto chiara, anche se

comunque avvolta dalla grande nebbia del dubbio

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LO ZAINO

Quando lo zaino si appesantisce

allora avrai raccolto abbastanza.

Quando la suola è divenuta sottile

e i tuoi piedi dolenti

ti augurerai di esser tornato a casa.

Il tuo viaggio è stato un maestro

ti ha donato quel che non ti aspettavi

ed hai capito quello che non sapevi.

La tua avventura ti ha riempito la borraccia

non già di acqua ma di esperienze.

Le foglie cadono sempre, o viandante

tra le vie della vita

ma ricorda che i fiori non muoiono mai

semplicemente cambiano abito

e che hai ancora molto da raccontare

e che la tua storia è ancora un ramo verde

SERE NERE

Mi sento scavato

sono lo spettro di una vita passata

e l’ombra di quella futura.

Il presente è una fossa profonda

non esiste sollievo dal silenzio di Dio

Non esiste modo di scappare da prigioni

sempre più orripilanti, strette

quasi a starti addosso

il volto pallido segna un malessere antico

incollato nel dannato midollo

che sempre sperai fosse sì forte

ma è più debole del vetro argentato

Sono il capo di un lager non mio

ma in cui mi costringo ad essere

e che spegne a poco a poco tutte le luci dell’estate

L’inverno galoppa ed io continuo ad essere al gelo,

asfittico a dir poco

Le mani fredde, il petto dolente

gli occhi non hanno la forza di parlare

ma solo di soffrire

Questo dolore che stride e scuote

una malinconia severa e affrancante

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che corrode come il mare

Ma si muore in ogni dove nelle paludi

di questa terra

e ‘fino il cielo non ha più colore

Sì che non resta che di scheletri e di ossa

e di ricordi,

i più duri ma anche gentili,

i soli che aprono brecce nelle mura di acciaio

ed il respiro della gioia lascian passare.

Speranza mia sei al patibolo,

ancora buio, e poi la sera

ed il freddo ed il silenzio

Pensieri di un Luglio Come sempre, quasi per ricorrenza in questo mese di ogni anno , necessito di mettere nero su bianco cose

non dette , sottaciute , sgranate , incomprese . Ogni anno ne succedono di tutti i colori . La penna vorrebbe

scorrere rapida e non ho forse abbastanza carta ed energia per imprimere con inchiostro le mille nuvole di

questo cielo cupo . E’ un momento di crescita, i più la chiamano la crisi dei 20 anni , come un argine di un

fiume in piena dopo una lunga stagione delle piogge , un elefante sornione che ha ritrovato la sua rotta. La

mia rotta si è rotta o meglio , si è impigliata in uno scoglio che profuma di cozze all’acqua pazza , mitili

infetti , spuma di mare in un tocco d’arancio . Mi sono sempre chiesto cosa fosse la ragione del mondo . O

meglio , quale fosse , ammesso che ve ne fosse una . Dio , dei , idee , “ eidonei “. Tutto questo è stato

oggetto di pensiero profondo per mesi , giorni , troppo lunghi per essere srotolati , troppo salati per essere

saltati , come il pane , quando di prima mattina la colazione si serve nel fresco dell’alba . Non ho mai

creduto , perlomeno seriamente , nella possibilità di arrivare al cuore del nocciolo , alla mistica chiave di un

Yahweh perduto forse troppo nelle stelle di universi infiniti , paralleli , distorti , sin troppo lontani per

qualcosa che forse è troppo vicino , sotto il naso che cominci a capire quando ne senti l’odore . La prima

volta fui stupito . Intendo la prima volta che pensai seriamente di Dio . Pensai che fosse troppo malato

qualcuno o qualcosa che se ne stesse per fatti suoi in attesa di giudicare il primo di turno , come un Cesare

dagli infiniti poteri ma francamente un po’ strafottente , furbetto e del tutto alienante . La risposta non

trovò fondamento se non nella perspicacia di un sospiro , quello che ti innalza , ti fa toccare i rami di un

albero , poi le grondaie di una casa , poi le tegole di un tetto , poi un cartello a 10 metri , poi poipoi … Poi

pensi di arrivare alle nuvole ed ecco che il sogno è bello e finito . Ripiombi nel tombino fumante da cui ti eri

innalzato , la grata aperta e scoperta di un vapore malsano , i giochi d'acqua di uno scolo scolorito . Manco

ti fossi creduto d’essere Curt Connors uscito dalle fogne di New York per ammirare il cielo dall’Empire , un

Lizard , una lucertola che tanto sola si accompagna ad una mutevole muta nel gelo dell'estate unde rground

. Insomma non per farla lunga, ma se un pulcino esce dall’uovo nell’uovo non può tornare alla stessa

maniera in cui se si è usciti da un Dio lì poi non possiamo più ritornarci altrimenti parrebbe un

esperimento di Pavlov , un misto tra derisione e compianto per un paradosso che francamente bisogna pur

prevedere . Ma non importa poi più di tanto . Ciò che non ti uccide ti rafforza è vero , ma se a non averti

ucciso è un killer seriale travestito da pensiero ontologico che ti fa la corte in un letto di spine allora il

discorso cambia . Ma che poi a chi fa piacere sentire una cosa simile . Sentirsi irrisi da una mente

francamente più complessa del cosmo è uno scherzo del destino . L’ignoranza è davvero beata come il

detto dice . Pensavo prima che fosse una diceria per pararsi le nocche dai lupi affamati che ci sono per le

strade , per giustificare e giustificarsi , ma in realtà è solo uno specchio che comprende come e quanto

Page 16: Autostrade di carta

nulla ci sia aldilà di un ragionato talora insostenibile e continuo , un flusso incessante . Tanto rimembrai ai

miei maestri che tanto raccontarono di loro stessi nei pensieri , che tanto parlarono del mondo . Sino che

poi alla fine nessuno li capì , li irrisero come dei saltimbanchi poco capaci addestrati a non far sfigurare il

circo in vista del numero successivo , quello delle scimmie. Essere avanguardisti nel pensiero è una

minaccia da cui tenersi lontano , anche se la fonte è la propria coscienza sia ben chiaro . Non è possibile

tenere a bada l’inconcretezza pura di un giorno che non ha fine , la voglia stanca di un uomo che logoro

dalla fatica capisce di essere sul precipizio della follia pazza e muta che tanto lo spaventò , una follia che si

chiama incomprensione , nata dalle fiamme di un inferno freddo come l’inverno , sottile come un capello e

puro come una sorgente , in un istante , e che poi forse assomiglia al Paradiso . Ma alla fine è questo il

punto , l’essere-per-la-morte , il vorticoso incedere compulsivo in un pensiero senza senso , senza direzione

, con la sola pulsione del voler prendere fiato , un po’ subito , un po’ mai . Le notti calano , distorte da un

ombra fugace e sinistra , rifugge tra le montagne e i boschi della incoscienza , scappa dal cemento della

vista . Bisogna tornare a casa , si disse , e farlo al la svelta prima che la notte non scenda cupa e di cupo ,

dopo , non resti che lo sguardo del pastore a far la guardia al suo gregge in una notte di tempesta

UNO STRANO HALLOWEEN

NOTA: Racconto dedicato ai miei maestri del noir Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft

Uno strano Halloween

Prologo

Si sa, alla vigilia del giorno di Samhain il mondo rivela alcuni suoi segreti. Dico alcuni, però, perché la mia

saggezza mi proibisce di sbilanciare troppo il mio giudizio ridente da bambino curioso per i veli che i l mondo

toglie agli oscuri misteri. Per molti altri la tenebra resta fitta e Iddio solo sa quanti altri misfatti il buio torna

a coprire già il giorno dopo. Quella notte di Samhain un gruppo di ragazzi furono protagonisti di un fatto

alquanto inquietante ed oscuro che mi lasciò a meditare per molti mesi prima che trovassi sollievo dalle

pene e dalle angosce del mio pensare.

Mi chiamo HideNevarc. Sono un commissario di polizia della città di Point Unpleasant , Nella Virginia

occidentale. Questa che sto per raccontarvi è una storia particolare che ha come protagonisti 3 giovani

ragazzi che furono testimoni del peggior caso in cui mi sia imbattuto nei miei lunghi anni di servizio in

polizia. Anch’io non credetti potesse essere tutto vero quello che mi raccontarono, ma oggi, a distanza di 10

anni, ho trovato il coraggio di raccontare questa vicenda per la prima volta e pubblicare i fascicoli Top

secret tenuti negli archivi del commissariato.

Tutto ebbe inizio la sera del 31 Ottobre dell’anno 1987 . La comitiva di cui la vicenda narra non ha in

apparenza nulla di speciale. 2 ragazzi ed una ragazza .Si chiamavano Ares, Micheal ed Aryel , amici di

vecchia data e ragazzi dai caratteri diversi ma complementari legati da un profondo legame di affetto. Il

giorno di Samhain di quell’anno , come ricorrenza, si sarebbero diretti nel bosco per una prova di coraggio.

In realtà non era un evento vissuto allo stesso modo per tutti. Michael vedeva in quell’occasione un motivo

per risollevare la propria autostima ,dopo l’ennesima giornata passata a pulire i cessi di un locale, magari

con una qualche bischerata delle sue ai colleghi o addirittura ai clienti, con tanto di effetti piroclastici . Ares

Page 17: Autostrade di carta

, tetro come sempre, aveva sempre con sé un registratore vocale digitale nella speranza disperata di

catturare l’EPV della vita che dimostrasse a lui ,prima che al mondo, che il “para-normale” è più reale del

“normale”. Aryel invece faceva sempre un po’ da sponda. Si immergeva in quella realtà onirica che era il

buio assoluto con un certo imbarazzo che poi si tramutava nella sicurezza regale di una sacerdotessa e che

poi diveniva nutrimento e fonte ed ispirazione per una follia giusta che parava religiosa . Quel 31 Ottobre

quindi i tre ragazzi si avviarono come di consueto sul limine del bosco. Come sempre un certo nodo alla

gola per tutti ma l’adrenalina , si sa ,scioglie anche i bitorzi più duri .

Con un certo timore ma al contempo con il vezzo spavaldo di chi non teme le tenebre , alle ore 11.11 di

quella sera i tre si avviarono nel bosco. In cielo brillava una luna scintillante e il bosco pareva avvolto da una

coltre di spuma d’argento arricchita dal canto di qualche simpatico insetto ed accompagnata da un

pungente e gelido vento.

Erano le undici esatte quando varcarono la “soglia del bush “, così come la battezzarono anni addietro. Un

piccolo cespuglio, uno strano arbusto scuro , che era nato e cresciuto all’ingresso del bosco e di cui

pensavano di conoscere praticamente tutti i segreti. I tre la consideravano alla stregua di un custode che

tutto vede e nulla lascia al caso e che appunta una ad una le impronte di coloro che lasciano il passo per i

sentieri in terra battuta che si stagliavano da lì innanzi. Un controllore puntiglioso e severo che non

perdonava chi veniva solo a curiosare. Si aveva sempre una strana sensazione ogni qual volta varca la

“soglia del bush” . Si ritrovarono quindi a camminare in tre : tre torce, uno zaino con alcuni attrezzi di

emergenza, il pacchetto di sigarette di Michael, il ciondolo di Aryel , un vecchio lettore Mp3 di Michael e il

digitalrecorder di Ares. Questa era l’ attrezzatura. L’aria del bosco era penetrante come sempre. Da un pino

si intravedevano due occhi gialli grandi come palline di ping-pong ,un gufo vedetta che ammoniva agli

invasori umani di stare alla larga dal reame che custodiva; da dietro un fusto robusto si percepivano i passi

svelti di un qualche animale che fuggiva via una volta percepita la loro presenza ; più in là , dove la torcia

non poteva illuminare, pareva di scorgere due scoiattoli graziosi che sbirciavano dalla loro tana posta al

centro di un grosso incavo tra la corteccia di un vecchio abete. Immerso nei suoi pensieri dopo un po’ Ares

venne scosso da una mano di Aryel. Agitando il braccio indicò una strana forma al di fuori del percorso

sterrato tra una macchia di arbusti secchi che stonava , per un riflesso inusuale, dal nero cupo tutt’attorno.

Incuriosito Ares prese per mano la ragazza e si allontanò dalla strada. Frattanto Michael , non accortosi di

nulla, continuava per la sua strada con l’MP3 sparato a palla nelle orecchie probabilmente avvolto dal

dubbio di quale sciocchezza vandalica potesse fare quella notte.

A due metri dalla strada poco più in là dal punto indicato da Aryel c’era in effetti una strana macchia color

rosso vivo che i più chiamerebbero una pozza e che continuava in una strana scia che si inoltrava nel cuore

nero e buio di quel bosco. Ad Aryel balenò in mente la terribile idea che si trattasse di sangue fresco.

Avvicinatisi a dovere a quella strana pozza Ares non poté che confermare gli orrendi sospetti della ragazza

pur mantenendo una certa calma apparente , e cercando di dissimulare.

D’altronde il suo era un tentativo di non voler spaventare Aryel cercando in qualche modo di tranquillizzarla

ipotizzando le più bizzarre teorie per giustificare quella inattesa scoperta.

Ad ogni modo quello era un posto pericoloso, lo sapevano tutti, e per questo venivano ad Halloween , per

mettersi alla prova, sebbene non ci facessero caso più di tanto. Bisognava in qualche modo convincersi che

era una cosa a cui non dare peso. Più in là , poco vicino alla pozza, parve di scorgere una seconda forma

bizzarra. Ares fece segno ad Aryel e i due si avvicinarono facendo luce con le torce. Quella visione scosse i

volti ancora distesi ma perplessi dei due ragazzi che restarono in silenzio per diversi minuti fintanto che uno

dei due riprese balbettando qualche parola. Era un braccio umano staccato con violenza dal resto del

corpo. Un braccio bianco , magro, pieno di escoriazioni cutanee e di ferite da taglio con una testa

Page 18: Autostrade di carta

dell’omero sbriciolata e i tendini spezzati in vari punti . All’orrore di quella visione Aryel sbiancò di colpo e

quasi si udirono i suoi battiti cardiaci accelerare come un cavallo al galoppo. Con grande lucidità Ares

coperse la mano con un fazzoletto trovato nel taschino del pantalone e l’aprì poiché era chiusa a pugno.

Dentro con grande sorpresa vi trovò un oggetto : un piccolo pentacolo , un minuscolo ciondolo, l’ultima

cosa che la vittima aveva tenuto in mano . Sì, vittima. Perché in quell’istante razionalizzarono che quello lì

non era uno scherzo di cattivo gusto di Michael , non era una presa in giro di Halloween. Era un cadavere

nel bel mezzo del bosco , ancora tiepido ( il sangue nella pozza non ancora rappreso) e i tre erano capitati

per una beffa del destino nel posto sbagliato al momento sbagliato , incolpevoli ma testimoni.

Dopo dieci secondi Ares fu strattonato da Aryel che già stava correndo come una lepre e lui insieme a lei.

Corsero per decine di metri, ansimando come delle zebre al giogo di un branco di leoni. Corsero a più non

posso e dimenticarono tutto il resto. Dimenticarono Michael di cui oramai avevano perso le tracce, dei lupi,

gufi , scoiattoli e tutte le altre creature del bosco; del sentiero principale , e del buio nella più fitta

vegetazione. Quando rinsavirono ci si resero conto di tutto ma faticarono a capacitarsene. Forse Aryel in

quel momento fu più lucida quando , per la prima volta da oltre 10 minuti, iniziò a parlare con grande

affanno.

I due farfugliarono qualcosa ma la lingua si bloccava a metà della frase per la gran paura. Non erano pronti

per un’evenienza del genere. Non potevano far altro che tentare una via di fuga. Indicando un grosso

masso come riferimento quindi si incamminarono in quella direzione.

Nel mentre i due si resero conto che non potevano lasciar da solo nel bosco Michael, non dopo quella

scoperta , non dopo aver capito che quel posto era diventato un serio pericolo. Mentre pensa fittamente

Ares fu attratto da un luccichio proveniente dalla fodera interna del giubbotto di pelle nera. Era il

digitalrecorder . Stava iniziando a registrare . Strano. Non l’aveva ancora acceso da quando era entrato nel

bosco. Come era possibile che si fosse acceso da solo ?

Dopo neanche 3 secondi da dietro un pendio scosceso si fece strada e si avvicinò un tizio . Era molto alto,

almeno 200 cm con un grosso mantello nero con cappuccio che gli copriva il volto. Inoltre notai che

indossava degli strani anelli alla mano che parevano essere incisi con un materiale dorato a comporre degli

strani segni che non seppi lì per lì interpretare. Si avvicinò e senza neanche dare il tempo di fiatare parlò

con un tono di voce roco e severo di chi è abituato a dare ordini ed intimò severamente ai due sventurati di

svignarsela e a gambe levate.

Dopo un patetico tentativo di giustificazione Ares dovette arrendersi alle sue paure. Un tizio del genere che

sbuca dal nulla era troppo per i suoi nervi.

A questo punto due erano le possibilità. O scappare o combattere.

IL caleidoscopio di emozioni di quella serata era diventato un uragano in tempesta. Gli occhi gialli del gufo

ora erano occhi di drago, gli scoiattoli erano gnomi malefici , gli animali in fuga dei mannari … Cominciò ad

avere una crisi nervosa. Non ne poteva più , e come lui la ragazza… Ormai il cervello era congelato e l’unica

alternativa era correre… Correre e ancora correre… Rami schiacciati, vermi in fila scaraventati in aria dagli

scarponi, lumache distrutte, humus rampicante che sale su per il naso, alberi stregoni che ti incatenano in

un incantesimo, cespugli trappola senza uscita, radici malefiche che ti avvolgevano stritolandoti. Stavano

vivendo un incubo . Il bosco stava avvolgendoli. Era una simbiosi di orrore e sgomento e iniziarono a temere

il peggio. Quel posto era divenuto più che mai ostile e già il solo fiatare pareva disturbare gli alberi.

Poi la vista in lontananza di una casa li rassicurò. Non ci pensarono un attimo e si fiondarono

Page 19: Autostrade di carta

immediatamente sull’uscio bussando fragorosamente. Per la prima volta i due tornarono a guardarsi negli

occhi e scopersero riflessa la propria paura. Non c’era più tempo. Bisognava trovare aiuto. Bussarono

fragorosamente più volte ma niente . La casa era abbandonata. Tanta era la paura che la sorpresa per aver

scoperto un’abitazione in un luogo così desolato passò in secondo piano.

Aryel intanto si era allontanata dirigendosi sul lato destro della casa e notò che la botola dello scantinato

era aperta. Le parve anche di avere udito un lamento. Quindi entrambi si precipitarono nella botola ed

entrarono nello scantinato. Subito un terribile olezzo di decomposizione trasalì da quegli spazi freddi e bui e

nel giro di pochissimo furono immersi nel peggiore degli incubi. Facendo luce con le torce venne alla luce

una macelleria umana.

Teste mozzate appese al soffitto con del filo spinato, braccia e gambe disposte su di un tavolo di marmo su

cui erano appoggiati coltelli e maceti … Interiora ovunque : fegati tagliati, polmoni in secchi d’acqua, cuori

sul pavimento , ossa sparse in ogni dove , occhi conservati in dei barattoli contenente una strana soluzione

viscosa, puzza di rancido e cervelli spappolati. Era la tana delle tenebre. Con grande sorpresa mantennero

una certa lucidità mentre il pallore in viso di Aryel era ormai al limite con un mancamento. Su una sedia ,

legato mani e piedi , con il volto insanguinato e lacerato da parte a parte , sedeva un uomo barbuto e quasi

pelato, agonizzante e con il torace completamente aperto e privato di cuore e polmoni. Era ancora vivo

quando entrarono nella cantina ed ancora emetteva di tanto in tanto dei deboli gemiti. Poi il sangue di Ares

si raggelò nelle vene. Ai piedi della sedia cui era legato il ragazzo notò l’inconfondibile MP3,forse caduto

poco prima dalla tasca dei pantaloni. Il terrore divenne insostenibile quando capì che quel poveraccio era

Michael . Ebbene sì, il povero Michael era stato barbaramente ammazzato quella notte di Halloween

stregata che ancora oggi mette terrore il solo racconto .Gli si avvicinò quindi per parlargli, per strappargli

una parola. Ma era ormai morto. Non potevano fare più nulla. Quando anche Aryel tornò a razionalizzare a

mente lucida e focalizzò l’identità della persona legata scoppiò in un pianto fragoroso. Che scempio. E

sarebbero morti anche loro se per ironia della sorte non avessero vista quell’orribile pozza di sangue in

mezzo ai roveti. Uscirono di corsa da quella macelleria tornando all’aperto sotto la luce della luna . Lo

sgomento e la sfiducia avevano preso il posto del terrore. Era come se iniziassero a rendersi conto della

fine.

Ma non era ancora finita, non restava altro che uscire da lì , da quel bosco dannato. Dovevano solo tornare

a casa, al più presto, e denunciare tutto alla polizia . Poi Ares guardò per un istante l’orologio. Era

mezzanotte in punto. La vigilia di ognissanti era finita . Ora iniziava il giorno . In quell’istante un terribile

urlo di disperazione si levò alto dal fondo del bosco, oltre le cime dei pini . Istintivamente sarebbero dovut i

scappare dalla parte opposta ma confusi e disorientati decisero di dirigersi verso la sorgente . Presero

quindi un piccolo sentiero che andava dalla cantina della casa abbandonata fino a perdersi nella selva.

Dopo poco ,a destra e a sinistra della strada, si illuminavano delle strane luci . Erano candele accese che

marcavano tutto il percorso . Accatastata ad un albero c’era anche una piccola carriola, tutta sporca di

sangue, ancora contenente alcuni pezzi umani , quelli che parvero essere un paio di dita di una mano ed un

occhio , probabilmente rimasugli di un carico trasportato poco prima. Oramai però il terrore era tale che

furono più capaci di avvertirne il ribrezzo. Dopo circa 5 minuti di marcia arrivarono alla fine del percorso

durante tutto il quale si continuavano ad udire degli orribili gridi disperati.

Arrivati alla fine del percorso c’erano due grandi alberi ai cui fusti erano segnati col sangue degli strani

simboli che Ares , cultore di esoterismo, interpretò come Enochaino, la lingua occulta . A quel punto

decisero di nasconderci per non essere scoperti . Da dietro l’aiuola si scorgeva uno spiazzo circolare al cui

interno era stato dipinto un gigantesco pentacolo nero . Una trafila di circa 50 persone vestite di sai neri

Page 20: Autostrade di carta

erano inginocchiati a destra e a sinistra di quello che parve essere un altare sacrificale dietro cui si ergeva

una grossa pira di fuoco da cui esalava del fumo nero . Al centro del cerchio vi erano due uomini vestiti di

un saio rosso che brandivano un libro ed un curioso bastone argentato pronunciando in coro delle strane

formule . Al centro dell’altare sedeva un uomo. Altissimo , gigantesco, con gli occhi color fuoco e i capelli

bianchi . Aveva degli strani e caratteristici anelli alla mano.

Sì, non c’erano dubbi. Era lo stesso tizio che poco prima li aveva intimati di andar via dal bosco. Non

appena tutto fu pronto il tizio al centro diede l’ordine di portare i sacrifici. Due giovani donne ed un uomo

erano furono portati in catene e seminudi dinanzi alla pira per essere ammazzati. A quel punto si fece un

gran fragore e il Gran maestro scoperse il capo…

Aryel fu colta da un grande spasimo quindi mi strattonò violentemente facendomi notare che il tizio al

centro, il sacerdote, era nient’altro che il sig. Manson, il proprietario di un locale in città detto Dark Secret e

per il quale Micheal lavorava da tempo. Era un tipo curioso che già aveva avuto precedenti con la giustizia

ed io stesso, in quanto capo del dipartimento di polizia, ebbi da risolvere una accusa a lui rivolta per traffico

di organi al mercato nero. Era colpevole, c’erano le prove. Ma non era un tizio qualunque e la fece franca.

Frattanto, mentre a grandi passi i due si allontanarono da quel posto sotto gli occhi vigili di un paio di rapaci

curiosi , il rito continuò imperterrito ed un urlo ridondante si levò : CRAVEN, CRAVEN, CRAVEN !!!!!!!

Chi era Craven ? Lì per lì Ares lo ricordò. Dopo alcuni giorni, ripensando alla terribile avventura , mise a

fuoco. Tempo addietro comprò un libro polveroso di magia nera trovato in una fiera esoterica . Lesse di

demoni ed entità oscure e ricordò di un tale Craven ,re dei demoni ,a cui molti satanisti devoti si rifacevano

sacrificando a lui delle vittime ìin cambio di fama e ricchezza come ricompensa. Quale occasione più ghiotta

di questa ,nel momento più propizio dell’anno.

Dopo mezz’ora di cammino il bosco iniziò ad aprirsi da parte a parte e un gran sollievo li accompagnò

consolati di uscirvi. Uscirono lì dove erano entrati, proprio dall’”ingresso del bush “. Che coinci denza . Per

un’ultima volta nella vita Ares volse lo sguardo verso il cespuglio guardiano con sguardo amaro tipico delle

storie che finiscono , tipico di quelli che hanno scoperto scuri e terribili segreti e che , nello spiacere o nel

piacere masochistico, cambiano l’esistenza per sempre e resettano la tua anima su un'altra frequenza. Sì

perché luied Aryel cambiarono parecchio dopo quella esperienza di cui ancora oggi ne portano le cicatrici.

Fecero quindi ritorno a casa. Dopo la notte insonne peggiore di sempre l’indomani, con grande sollievo,

Ares trovò il coraggio di andare al comitato di Polizia con Aryel per denunciare nei minimi particolari tutti i

dettagli di quella notte di Halloween….

Oggi è il 1997 e sono passati circa 10 anni da allora. Dopo la denuncia dei due giovani subito partì

un’inchiesta della procura, da me condotta, che poco dopo portò all’arresto del sig. Manson e di circa 40

persone affiliate alla setta. Ciò che inchiodò Manson furono le foto ed i feticci che morbosamente il

proprietario del Dark secret conservava nel suo studio ed esponeva con orgoglio cialtronando, alle

domande dei curiosi, che erano reperti provenienti da alcune tribù del Sud-America e che aveva comprato

al mercato nero. La procura non accertò mai il numero di vittime totale della setta di Manson ma ad occhio

furono ritrovati sepolti per il bosco e nelle cantine della casa abbandonata nel bosco circa un centinaio di

corpi, tutti appartenenti a persone che si erano trovate a passare per la città e che erano venute in contatto

con Manson. Insomma quella notte di Halloween per lo scherzo del destino venne fuori un antico segreto,

custodito gelosamente dai roveri di quel vecchio bosco. Dopo la denuncia Aryel ed Ares abbandonarono la

città . Divennero entrambi dei medici legali . Lavorarono allungo assieme riuscendo a risolvere complicati

casi giudiziari che li consacrarono ben presto a celebrità nel settore della polizia investigativa. Ancora oggi

dopo anni i due ragazzi conservano il ricordo di quella notte orribile che portò via loro l’adolescenza, un

Page 21: Autostrade di carta

amico e la serenità .

A proposito . Ricordate l’attivazione misteriosa del digitalrecorder di Ares ? Niente paura, penso sia stato

solo un caso . Dopo la vicenda narrata Ares non si interessò più di queste cose e ben presto decise di

disfarsi di tutta l’attrezzatura e del materiale accumulato in anni di ricerca sul paranormale. A pensarci bene

però un anno fa un vecchio amatore di cianfrusaglie inutili mi disse di aver acquistato al mercato un vecchio

registratore digitale ancora funzionante e con su una registrazione. Mi disse che la sbobinò con dovizia e

sentì solo poche parole sibilate :

“ Profanatori, profanatori, morte”

Un mese fa una notizia del Tg segnalava la morte misteriosa di due persone morte nell’incendio di un

appartamento nel centro di una grande città. Il comando di polizia afferma che è impossibile risalire alle

cause del dolo e al riconoscimento dei due corpi carbonizzati. Sarà certamente una coincidenza ma da

allora di Aryel ed Ares non ho avuto più notizie

Commissario di Polizia, sig. HideNevarc

SOSPIRA IL VENTO LEGGERO

Sospira lento il vento leggero

Sopra il tetto di un camino compare un aquilone

Che dopo essere stato allungo allacciato da un filo

Può finalmente volare

Una luce si diffonde dalle colline

Verso valle

Ed il verde del prato diventa bronzo

Tinto dall’oro del tramonto

Più in là degli schiamazzi dalla piazza di città

Un gruppo di bambini giocano con la palla

Che schizza sulla pozza di una pioggia estiva

Che lascia tracce di bagnato sulla roccia inaridita

Ma un gabbiano al mare aspetta sulla prua di una nave

Salperà verso l’oceano

Starà lontano da casa per molto tempo

Una storia finisce, un’altra inizia

Ma la nostalgia già incombe

Page 22: Autostrade di carta

E la nave già sente la lontananza dal porto

Ancor prima di salpare

Poi un addio, un arrivederci

E da lì solo i flutti immensi

E il gabbiano si libera alto al varo,

vola fino al cielo azzurro

ed ammira la palla schizzar via

e il bronzo della valle

e l’eco del marinaio

e il padre che abbraccia

e quella visione sembra invecchiarlo

renderlo maturo , consapevole

e finì col piangere una pioggia leggera

che tinse il cielo di un mesto arcobaleno

SOLO STAGIONI

eco vado sperando

in mezzo ai flutti della giovane stagione

quando i fiori profumano l’aria

i venti soffiano freschi e ristorano

e la buona stagione regala frutta e viveri in abbondanza,

allietando le fatiche di chi in Inverno

ha seminato il grano a valle

o ha piantato la vite nell’orto

Quando sale alto il Sole e seco reca calura

nella finezza della stagione dorata

ed i gabbiani volano alti sulle sponde robuste

e le campagne di sera pian piano s’accendono

di cantar di grilli che si perdono nella notte

io vado sicuro e fiero

M

Page 23: Autostrade di carta

Quando le stelle alte iniziano il loro giro

come il danzo antico di un termitaio in tumulto

allora cresce in me il desidio

d’una rinnovata e nuova speme

che non può essere una luce

che viene dal cuore

di giungere sui rivi del divino e dell’Amore

che non conosce effimere gioie

o di sentimenti brevi

ma filtra attraverso la ghiaia del dolore

ma che sofferenza ne è diletto e da’ sapore

Quando i limoni aspri annunziano i colori

ed i colori all’alba annunziano i pescatori

che austeri e veri vivono dei doni del mare

meco io ricevo, e non vano

perché ogni cercar è sempre un dono

Frattanto il tempo scorre

è già domani,

ed io sono rimato a ieri

poiché il mio orologio è fermo alle 11.59

e non scocca più di giorni ma lega i secondi

con la colla, come le resine più resistenti

quelle che non vanno via

Poi prendo fiato riemergendo dal mare

e sento il silenzio dopo il respiro,

sgocciolando in un angolo

perduto il mio battito

quello che ieri era un ruggito

oggi sembra un tic-tac malato

tic-tac, tic-tac

Pensavo fosse polvere arrugginita

e sabbia rappieni i vasi

imprigionato in deserto o clessidra

E senza tempo poco rimane

se non punto da sciami inquieti e grandi

intravedo già il sentiero Ottobrino

quando la bellezza mesta e cauta

dell’arancio avvizzito si combina alle prime

piogge opache come placche d’argento

ma ristoranti e fresche come acqua sorgiva

Page 24: Autostrade di carta

Ed il sapore dell’Estate ormai lontano

scompare all’orizzonte in un tremulo tramonto

mentre il gabbiano volta alto per tornare

e stare

lì dove l’Estate non muore

Ed allora prendo la borsa dei ricordi

e la restituisco al cielo, alla terra

ed al mare,

perché le stagioni son finite ormai.

Prepara il tuo viaggio finché la stagione è mite

Guarda ed osserva

ciò che è compiuto e finito:

Il riso è raccolto

l’uva vendemmiata

il tempo scomparso,

il dolore accartocciato

ed il Sole lontano

Ciao Luna sono qui,

mi presento. Dove andiamo ?

Cosa cerchi? Quando andiamo ?

Come dici, sei pronta?

E già dimentico di me e del resto .

Ciao Sorella, ciao Fratello mio

ciao Madre che consola, ciao padre che Accudisce

e ciao Amore che ama, Toccare che tocca,

Sentire che sente, Vedere che scorge

Vivere che accoglie

Ciao a tutto quel che è stato

ciao a quel che E’ e ciao a quel che Sarà

ciao al Figlio che nasce,

al Fiore che sboccia,

all’Alba ed al Tramonto,

alla Notte ed al Giorno

Ciao a Te,

che vivi d’Estati e Soli

Ciao Primavere verdi

Ciao meravigliosi e languidi Autunni

Luna, se in Plenilunio adesso.

Andata e ritorno

La neve inizia a cadere

e fuori è bianco e freddo

Page 25: Autostrade di carta

Chiudi la porta, accendi il camino

Ciao Inverno

MORTE

Polvere, una polvere

scura e pesante che si accasa

sopra i marmi bianchi

di angeli tristi

e monumenti grigi

Sassi duri

i ciottoli dei lunghi

e scuri viali

senza meta, senza storia

costellati da ogni parte

di tombe e posti

dove il corpo

si consuma e

non vede più luce

Fiori, fiori languidi

recisi, spezzati

piantati sulla terra

che non vive

e che rapidamente

si lasciano morire

come inghiottiti dal

buio che li irride

Lapidi, lapidi nere

con epitafi e nomi

e date, numeri

solo numeri

come una pratica

lasciati lì a ricordo

e rappresentanza di quel che

è stato senza colore

senza gioia né tristezza

una matricola in mezzo

alle tombe

in mezzo ad altri numeri

in mezzo ad altre assenze

siccome la vita

non fosse solo

Page 26: Autostrade di carta

uno strano sogno

senza logica né

ragione

ma riacquista

il senso

che schiude la matematica

di date

Silenzi, i silenzi lunghi

ed immensi

che non lasciano spazio

a sussurri o lamenti

ma scoppiano da feretri

e giacimenti

ma nessuno è lì

ad ascoltare

perché silenzi morti

come morti coloro

che li pronunciano

morti coloro

che li ascoltano

Stagioni, nude e fredde

che non cambiano mai

con piaggia o Sole

lasciando intatta la Terra

di sotto che diventa

custode e Tempio

della sostanza dell’essenza

restando immutabili

sotto lo sguardo

di un vuoto antico

che non reagisce

a nulla, neanche

quando pioggia cade

o vento scuote

o luce inonda

loculi e fossi

ma non disvela

poiché

la Notte lì non

è mai finita

Non c’è caldo

né freddo tra coloro

che furono

Page 27: Autostrade di carta

e nemmeno solitudine

quella no,

perché solitudine non

conosce Morte

e Morte non conosce

il resto

Quando si muore

è da soli

il dopo non

conosce solitudine

SUPERTRAMP

Va’ viaggiatore,

sulle ali di un sogno nuovo,

ad accarezzare i venti che soffiano da est

Va’ a baciare la candida sabbia al tramonto,

ad assaporare il gusto di un canto a piedi nudi ,

sulla nuda roccia,

a ridestare gli antichi fuochi delle terre gelide

Va’ o navigante, ad ascoltare i mari inquieti

e a carpirne i segreti,

per poi custodirli, con gelosia ,

e poi divenire suo ultimo celato messaggero

Va’ ad esplorare grotte, a sfiorare deserti

a ridere con i gitani,

ad ululare con i lupi,

ad accendere fuochi bagnati,

a mangiare bacche selvatiche

e godi di ogni momento.

Come la maglietta sporca di fango

o il freddo di una tenda

o le notti solitarie sotto le stelle ,

o la pioggia battente sul capo,

il vento tra i capelli,

un amore che finisce,

un’avventura senza fine

Page 28: Autostrade di carta

Va’ amico mio, a scalare vette sempre più alte

va’ e non fermarti mai,

va’ perché hai forza,

va’ perché sei un trampoliere sulle strade del mondo

va’ perché il sole tramonta e sorge sempre

e non aspetta altro che i tuoi occhi

languidi, e pieni di vita.

Va’ perché piangerai lacrime dolci

quando penserai d’aver dato tutto

e che i tuoi passi consumati sull’asfalto

non abbiano più nulla da raccontare

ma con sorpresa scoprirai che il tuo lungo viaggio

non è ancora finito

FORESTA

Sponde e radici

tengono le gambe salde alla terra

L’aria invece

spinge l’anima al cielo

Si è trampolieri a mezz’aria nella via

come la spuma che galleggia

come le nuvole azzurre

SABBIA

Mi ritrovo qui

Sulla sabbia della sera

ancora solo con i miei pensieri

ancora te come mia unica

compagna consolatrice

o Luna

ed io ti tengo in serbo

perché sul buio e nella notte

quando ci sei

tu sei la mia unica madre

OCEANO

Page 29: Autostrade di carta

Il dolore più grande

è avere l’oceano nel cuore

ed essere costretti ogni giorno

ad immergere il volto in una bacinella

PER DIRTI CIAO

Dimmi allora;

cosa vedi oltre l’orizzonte ?

Qual venti ora accompagnano

il tuo passo nascosto

e chi sarà tuo compagno ?

Gli alberi alti della selva

segnano il passaggio come guardiani

mentre pigro sbircio da dietro l’aiuola

scampoli di Luna

tra i fuochi della notte

e un po’ lumaca

strascico fonemi scomposti

che rassomigliano a canzoni

Ma già ora sulle strade getto

il mio passo

per recuperare il mio vecchio volo

per scalare senza ali la montagna

pronto a salire ancora per guardare

di nuovo più giù

e ritornare liberi oltre l’oceano

abbracciando sponde nuove

ma con un occhio lento

riallaccio i fili delle segnate orme

per dirti ciao

dipingo spruzzi viola

su nuvole alte

quando le mani nude si

sporcano dei colori del cielo

ed intanto io

passo dopo passo

riporto alla luce

delle sere al fresco

sotto i portici lontani

Page 30: Autostrade di carta

quando il sole scende

sui campi di grano

e si rituffa dietro la collina

ed io distratto

guardo la prima stella all’orizzonte

steso su un prato di coccinelle

il fiato secco non

basta per partorire suoni

mentre sono un trampoliere della

strada con una bottiglia di sogni

ed uno zaino di ricordi

quelli insieme,

quelli forti come il mare,

quelli per parlarti

ancora e ancora,

in mezzo alle nebbie

del mattino

PANTHEISM

Cos’è questo , un battito?

o il sangue che scorre

nelle vene della terra

Cos’è questa, una lacrima?

O la pioggia sottile di primavera

Cos’è questo, un respiro ?

O un alito di vento di maestrale

Cos’è questo, un sorriso ?

O uno stormo di gabbiani sulle nuvole

Cos’è questa, tristezza?

O un lupo solitario tra le rocce

Cos’è questa, carne ?

O la terra scura

Cos’è questo, un sogno ?

O la tristezza di un panda

in una gabbia

Cos’è questa, magia ?

O solo il profumo dell’erba

Cos’è questo, un pianeta ?

Io direi che è una vita

Cos’è questa, una vita ?

Io direi che è un mondo

Page 31: Autostrade di carta

LA CANZONE DELL’ELFO

Come fai a racchiudere oceani nelle mani?

Come fai a non annegare il volto

in infiniti e meravigliosi cieli ?

Quando infatti il vento spira sempre dallo stesso lato?

Quando l’acqua scorre sempre dalla stessa roccia?

Quando il cuore batte sempre con lo stesso tocco?

Perché il Sole sorga ed io mi desti

piango spesso lacrime di rugiada

e siedo sui tappeti di muschio verde

che la Madre terra donò alle terre del Nord

poi che io con un libro in una mano

ed il flauto nell’altra

stuzzico le mie orecchie a punta

in attesa che si desti una fata tra i cespugli

a farmi compagnia

che curiosa mi svolazzi tra i capelli

e tra un pizzico ed una carezza sussurri di miti

e di leggende

Quelle sui laghi e di fiumi, ed i grandi mari,

e le tempeste implacabili, e gli alberi vecchi

e le creature del bosco, degli antichi Re,

storie di marinai e di aquile,

di ombre e di nuvole,

di stagni argentati e di pietre magiche

Fintanto concluso il racconto allora io senza indugio

con un sorriso ed un inchino racconto di rimando

la mia canzone, quella dei

tuoi capelli dai riflessi del fuoco e della Luna

dei tuoi occhi specchiati nell’immenso blu

dei tuoi profumi di salici e pini

della tua dolce e pallida pelle

la canzone del colore come fragole delle tue labbra

la poesia del tocco delle tue mani

Intorpidito, trasformato, menestrello ed elfo

mi rendo testimone dei misteri della Natura,

come se la Madre non avesse avuto altro tempo che pensarti

ed il mondo tutto non fosse altro che

il riflesso d’un’opera piccola ma già

piena, compiuta

Page 32: Autostrade di carta

e per una volta almeno prende vita il miracolo

della parola quando la canzone divenuta carne

si realizza tra fonemi e suoni

e nel rivelare di magie ed amori

felice raccolgo il mio flauto di bambù

ed il mio libro posato

sicché celebrando tra sogno e realtà

con fantastiche creature ed altre insieme

danzo e suono per l’eternità

GEISHA

Guarda lì, più su

ai lati del selciato siepi e aiuole

i ciliegi sono in fiore

spargendo petali e foglie

sul viottolo di pietra

mentre il ruscello più giù

scroscia e batte gli argini stretti

mentre tranquillo giace e sta

il ponte bruno

sotto cui scorre lento e senza

rumore alcuno

Senti ora,

la Primavera è generosa

e regala fragranze di frutti e fiori

Che spargono nell’ere generosi

a beneficio di chi può godere

lasciando tracce ed emozioni

condite dalle gocce di pioggia leggere

donando senza rancori

Più in là, stai attenta

ed ascolta

il sentiero è quasi finito

ed è già mezzo dì

finché sola ed elegante

cammini verso la dimora

dove intrattieni e diletti

con Arte e danza

così come il mondo fa con Natura

Page 33: Autostrade di carta

Fintanto poi tra un passo e l’altro

al mo’ di un lampo rimembri

di quando piccola e confusa

conoscesti nuova dimora e via

e così abbracciasti la vecchia Okiya

Ivi madre ti accolse come figlia

le altre ti divennero sorelle

poi che vestisti il tuo Kimono

ed i cappelli raccolti in Nihagami

e l’one-san ti fece origami

Pronta quindi e maiko

desti prova di esser donna

e la fanciullezza

ormai passata

Ma passata non fu mai la traccia

che lasciasti al tuo primo danzo

sotto stelle luminose

lì dove ceri e incensi

fumano bianchi

in degli spazi racchiusi ad archi

Va’ quindi o Geisha

a pregare sogni nuovi

quelli che con poco sai regalare

con regale splendore

quell’eleganza antica ed assoluta

custodita nella tradizione

e che tu ora vivifichi sussurrando

per ore ed ore

E quale onore fu per il petalo

carezzare il tuo volto bianco

in una dolcezza pari

dell’usignolo il canto

ed un candore che

mai più ho veduto

né tra nuvole o boccioli

Servi il tuo thè Geisha

che il tramonto è già calato

la notte si prepara

e già sei per strada

calpestando il selciato in una leggera

corsa che non è volgar fretta

Page 34: Autostrade di carta

e guardati allo specchio

ora preparando gli indumenti

ora vestendo ornamenti

Ma leggero il vento si alza

smuovendo la tenda della stanza

mentre il mondo curioso sbircia

per un sorriso strappato alla timidezza

e tu ricambiando rifletti,

in uno sguardo di nettari perfetti

nell’alta luna la tua purezza

POESIA

Questa è la mia idea di poesia. La poesia è una folgorazione, un attimo rivelatore, un lampo nella

noia. La poesia è la forma più vitalistica dell'espressività, nasce e vive nello stesso tempo, vivifica e

abbandona in un attimo. La poesia è un impeto trasformante che nulla lascia al caso, è lo stormo

infuocato e la gioia perduta. La poesia è anche respiro vitale cioè necessità, senza poesia non ci

sarebbe spirito

AUTUNNO 2

Sui giri di questo valzer

a volte sono caduto

e più volte bruciato da paglie

e candele nei saloni degli archi e

dei bassi tra bustini e pizzi

bottiglie di vino e di Vita

Quando ormai troppo ubriaco

non reggo più piroette e sguardi

sotto luci e fumi di sudore stropicciato

che somiglia a incenso incensato

per le messe tra sacerdoti in divisa

e servi nani

Nelle platee ottobrine senza più rimorso

forse è tempo che ritorni e riapra

Page 35: Autostrade di carta

le pagine del mio dolore

e impari a chiudere i conti

con quei marchesi danzanti

dalle ossa vecchie e capelli ormai

un po’ bianchi

spegnendo qui e là vecchi fuochi

del mio ardore e già piangendo

i violini di questi e prossimi autunni

MALINCONIA

Le mani doloranti scivolano tranquille

consunte e rallentate ,

dipingono scene senza luce

quadri sbiancati e storie di addii

Il battito è rallentato,

il cuore non aumenta più il suo ritmo

ha perso, o ha vinto

è finito in un pozzo,

ha conosciuto il freddo della pietra

Un tramonto all’orizzonte è uno strano confidente

ti abbraccia e poi ti lascia

in quell’attimo che pareva amore

e che subito dopo è già diventato dolore

Malinconia, un attimo che ti porta via

e ti restituisce al destino, alla vita

spenta e poi riaccesa, come le ceneri di un vecchio fiammifero

come le pagine di un vecchio libro

un dondolare quieto delle onde marine,

una pienezza mai vuota ,

un fiore appassito nell’autunno che arriva,

una serata fioca, lontana, come una stella

un fuoco di speranze accartocciate

Una gioia mai sbocciata, un languore mai dissipato

un abito leggero, che non scivola via

una poesia,

una bambina senza capelli,

una barca senza remi

Già sento gli uccelli lontani,

ed il tramonto scomparso all’orizzonte,

Page 36: Autostrade di carta

la Luna talvolta sorge ed accompagna col suo

spasimo questo tempo di assenza,

una nobile presenza

che scende lenta

ed accarezza occhi stropicciati,

posati sulle radici del mondo

l’orizzonte scivola via ,

e la barca continua il suo danzo

persevera senza spasmo

mentre la nebbia fioca

offusca scorci di un sorriso

quell’energia che non si può scaricare

quella freddezza senza colore

E nel ricordare di questo amare

mi ricongiungo tra il cielo e il mare

FAVOLA

C’era una volta

iniziavan le favole

quando la fantasia

correva veloce

travestita da giullare o lupo

trainando un carretto o schivando

un dirupo

C’era una volta diceva la nonna

sul giaciglio del letto mio

sognante di fate

e sussurrando di parole

piccole ma dolci d’amore

trasformava le coperte

in un campo di viole

C’era una volta la principessa antica

ed il lupo ed il principe bello

che arzillo passeggia tra cortili

e mena scherma per il castello

dal cuore buono e l’animo grande

amava gli ultimi e donava gigli e rose

Page 37: Autostrade di carta

come le spose che presto depose

quando il re fiero e ormai angusto

comandò lui di sceglier con gusto

C’era una volta quella storia di cera

di giovani nobili e un mondo vero

perché mai importò tanto

della principessa rosso il manto,

ma dell’essere bambina e sincera

come una ginestra fiorisce a primavera

C’era una volta anche il brutto lupo

o il vecchio orco di caverne ad uso

che colgono ogni occasione per far torto

e del mondo girare tutto a trambusto

poi che il male sembri sconfitto e risorto

e del piacer altrui render morto

Ma più non s’avesse ad aver orrore per costoro

perché il vero brutto

non è del lupo il frutto

Quanto infatti povero e disgraziato

nulla di male mai fece

se non guidare di secondi felici

il destino al porto

C’era una volta un mondo antico

che nelle mie fantasie viveva ed era

c’era una volta il mondo d’oggi

che non è ancora ieri,

quando il Sole sorto e poi scomparso

torna a vivere nei miei pensieri

CIO’ CHE RESTA

Pezzi di stelle e

pezzi di Luna

Pezzi di cuore sugli altari

Pezzi d’Amore nelle polveri del tempo

Pezzi dei doni che mi sono rimasti

e quasi più non mi bastano per viver

I doni di quell’umanità latente

che nella guerra ho perduto

Page 38: Autostrade di carta

I pezzi che restan di queste bianche candele

che cingevano i campi nel deserto

sotto un cielo guardiano di stelle

con la gloria degli ultimi e nel tormento

di quelli che ho ammazzato con l’indifferenza e l’orgoglio

di quelli che ho ucciso con uno schiaffo

e un imbroglio

E quando ritroverò la forza per pensare

forse ancora vorrò tornare a raccogliere i pezzi del mare

che ho lasciato nei pozzi degli occhi

che ho lasciato nel cuore

Storia di un mondo di ghetti infranti

storia di un mondo con lacci emostatici

per le piaghe rosse e nere

per le piaghe aperte di sale

Genti diverse per farti danzare

Genti diverse per farti scoprire il mare

quando tramonti e gelide acque

sopra i tormenti e la lacrime adatte

Quando l’ombrello già schiuso e riaperto

sotto una lapide spaccata nel petto

sotto una stella che sembra magia

sotto la putrida mia fantasia

Ma quando riappare il cantico lento

sopra la cenere di un fuoco già vecchio

scelgo di spendere quel poco di affetto

con la ragione di un lurido teschio

ora che il mare comincia a cantare

ora che l’onda colpisce l’altare

Non aspettare più navi lontane

non ammazzare un grido d’amore

CIO’ CHE RESTA

Storia di un mondo di ghetti infranti

storia di un mondo con lacci emostatici

per le piaghe rosse e nere

per le piaghe aperte di sale

Page 39: Autostrade di carta

Genti diverse per farti danzare

Genti diverse per farti scoprire il mare

quando tramonti e gelide acque

sopra i tormenti e la lacrime adatte

Quando l’ombrello già schiuso e riaperto

sotto una lapide spaccata nel petto

sotto una stella che sembra magia

sotto la putrida mia fantasia

Ma quando riappare il cantico lento

sopra la cenere di un fuoco già vecchio

scelgo di spendere quel poco di affetto

con la ragione di un lurido teschio

ora che il mare comincia a cantare

ora che l’onda colpisce l’altare

Non aspettare più navi lontane

non ammazzare un grido d’amore

LE SQUAME DI UN PESCE

Quante squame di un pesce

Quante onde nel mare

quante strade e quante gioie

quante storie e splendidi Soli

NEBBIA

Perché scendi lento Oh vecchio sirio

sulle nuvole a segnare i passi ?

Perché odo suoni di campane argentate

suonare all’orizzonte ?

Quante rive separano il mio cuore dalla felicità

e quanti passi mi dividono dal tempo ?

Page 40: Autostrade di carta

Dov’è la casa dello sposo e del nunzio

quando l’alba scende sulle colline ?

STURDUST

Where do I am

what do I feel

when the night overcomes ?

Which are the stars of heaven

and what I will find on my road ?

Sleep now gold shores

sleep and stay with me tonight

falling the day is coming

under a cascade of white stardust

NOSTALGIA

La nostalgia è bussare alla porta del tramonto

e trovare nei seni degli autunni lattescenti inguaribili stelle

e via via inghiottire bocca a bocca fiumi pieni di solitudine

ed altre storie

senza più conoscere di gigli in fiore e suoni di campane,

senza né più aria o spazio per il cuore

SOLO MOMENTI

I giorni passano all’orizzonte

ed io ancora giovane mi affaccio dalla finestra

sulle prime ombre del mattino

Senza destare dal sonno il mondo in coperte di neve

ed assaporando soffio a soffio

il vento fresco che riempie la bocca

come il primo bacio alla vigilia di Natale

come la prima volta al mare

Senza l’ondeggiare lento di specchi infranti

sulle rive della sera

Page 41: Autostrade di carta

senza la voglia di vedere Primavera

Senza allori a ricoprire il capo,

foglie al vento

o il danzo di fauni

Senza la pioggia a bagnare le argille della notte

o la luna nei pozzi dei sogni

Non svegliarti ora, non cadere di sotto

guarda solo in alto le rane e gli stagni

perché l’alba è vicina e la valigia è pronta

i grilli cantano ancora anche se ormai senza voce

mentre di notte le foglie abbandonano alberi di noce

e più di sassi cadendo a terra lasciano un’impronta

Non andare più su dei monti, non calpestare le piogge che cadranno

perché quando bagnerai il capo in rivi di cobalto

scoprirai forse di essere risorto

e non più agnelli o sacrifici

ma libero e leggero

senza più copioni o palcoscenici

IL MIO MONOLOGO DI AMERICAN BEAUTY

Era una di quelle giornate in cui tutto appare indistinto e terribilmente noioso ma che d’un tratto ti

schioppano una fucilata nelle spalle e svegliano la tua vita assopita. Mi ricordo di geth. Tu te lo ricordi ? Il

ragazzo del the, quello della undicesima strada, il negro, quello che tutti chiamavano un autistico di merda

e che evitavano come la peste. Ricordo ancora quando fuori la scuola durante la pausa pranzo lo

massacravano di botte senza ragione, così per noia, perché sapevano che a nessuno importava di lui, a

nessuno interessava di quel malato idiota incapace di pronunciare una frase compiuta o di allacciarsi le

scarpe e il cui unico segno di vita era volteggiare come un demente nel cortile della scuola, sotto la grande

quercia, lontano da tutti, e solo nella sua solitudine. Ma Geth non era un ballerino. Il mondo aveva altri

piani per lui. Geth sembrava destinato ad essere lo zimbello del villaggio, il passatempo di quei bastardi

spacciatori del ghetto che quando lo vedevano passare gli scagliavano addosso pietre e sassi come un

domatore fa con le noccioline ad una scimmia. Ma le scimmie urlano e stridono se le attacchi, Geth restava

immobile, non reagiva, era come pietrificato dalla paura, e con lo sguardo basso, verso il tombino, come a

voler sparire nelle fogne.Sì, se avessi potuto scegliere chi non essere nella vita quello sarebbe stato Geth, è

come se il destino si fosse accanito su di lui e gli avesse dato tutte le sfighe del mondo. Guardandolo

passare dalla finestra di casa mia pensai “Che vita da cane”. Eppure come tale era venuto al mondo,

abbandonato sul sagrato dell’orfanotrofio, e molti, ci scommetto, avrebbero detto che come un cane se ne

sarebbe andato, invisibile, tra i fumi della nebbia del mattino. Oggi c’è la nebbia, spaccata solo dal

lampeggiare delle sirene della polizia e da un’ambulanza. Mi alzai assopito con la solita malavoglia di una

vita stanca e insoddisfacente, pronto come gli altri zombie che vivono nella giungla urbana fatta di ipocrisie

Page 42: Autostrade di carta

e solitudini ad iniziare una nuova guerra fratricida fatta di tradimenti e bugie. E accesi la tv. Ed eccola lì la

fucilata, quando meno te l’aspetti, in una stanca giornata d’autunno. 4 morti e un ferito grave, tutti ragazzi

che conoscevo di vista, tranne uno. Era lì steso, immobile come una pietra, ricoperto di sangue con la

pistola in una mano e il caricatore in un’altra. Stavo già andando via quando mi resi conto che qualcosa non

quadrava, qualcosa mi aveva distratto dalla mia disattenzione. Non potevo crederci, ma era Geth. Rimasi lì

impallidito, e cercai di capire se fosse un sogno. E mentre i paramedici stendevano un velo bianco sul suo

viso allora capii… Capii che la vendetta è una tremenda carta del destino. E come un fulmine in una notte

ricordai i momenti in cui quel ragazzo veniva bastonato e solo allora immaginai cosa avesse potuto provare

in quei momenti. Solo allora capii che Geth viveva, aveva un cuore, ed era una persona. E provai un terribile

ed angosciante senso di vergogna per me stesso, per quelle volte che ero stato a guardare e per come

avevo giudicato con sufficienza quel ragazzo ed avessi permesso al mondo di massacrare un altro

innocente. Quel giorno capii di essere nient’altro che un assassino. Quanto a Geth, per me era come se

fosse nato. Sì ne ero certo, Geth era vivo, ora più che mai, ed ora era finalmente libero, oltre la nebbia,

lontano dal sangue e dai sassi, e lo guardavo volteggiare , come una busta sospinta dal vento, senza più dar

conto a nessuno della sua danza, lontano un abisso infinito dalla solitudine, dall’autismo, dalla morte

TRACCE NELLA NEVE (DEDICATA AD ALESSIO ASCIONE)

Tracce nella neve

Testa, spegniti, perché ormai non smetto più di pensarti. Sono passati nemmeno due giorni da quando t’ho

conosciuto attraverso la tua storia e non t’ho più dimenticato. M’hai scavato come un fiume nella roccia ed

hai lasciato dietro di te detriti di pensieri inutili ed insensati, rinvigorendo invece quelli magri e forti, che

non muoiono mai ma a cui non si da nutrimento, quelli che contano. E’ da allora che non smetto più di

pensarti. E tutto ciò non avrebbe senso se non fosse così duro e puro. La tua storia non è una delle tante,

perchè non ve n’è di tante, nemmeno di storie, ma esistono solo Vite di persone, gente vera, che ti insegna

la vita. E no, non è una sdolcinata o poetica sviolinata alla malinconia, né un elogio alla sofferenza di un

malato di cancro. Perché nel dolore non c’è poesia, ma la poesia nasce da lì. Ed ecco che tu per me non sei

esempio o testimonianza, sei qualcosa di Molto di più di questo. Sei una traccia nella mia neve ed una

traccia nella neve è una salvezza. Una traccia nella neve è la vita che ha calpestato il nostro terreno dandovi

orientamento lì, in quella distesa unica ed univoca di bianco, fatta di routine e disattenzioni nel grande

inverno. Sei più di una storia e la mia traccia nella neve, quella che mi guida e pone come assoluto punto di

riferimento quelli come te nella mia Vita. Non malati di cancro, ma persone che con il cancro hanno saputo

orientare me e le mie abitudini, lasciando segni profondi che non vanno via e che guideranno il mio

sentiero, oggi e domani, sotto questo grande Sole. E grazie mille per le tue orme, per le Vostre orme,

perché ormai non vi conto più ed i vostri passi sono asfaltati nella coltre bianca e niente potrà spazzarli via.

Guidatemi sempre nella mia neve, perché forse Voi, che avete conosciuto la verità, potete concedere grazia

ed indicarmi il passo per il destino

Page 43: Autostrade di carta

RIVOLO SUL VISO

Vero questo rivolo sul viso

Che riga e solca la pelle d’oceano come

Pescatore d’estate getta le reti e rema sulla piatta acqua

Vero quel gesto indifferente d’asciugarti le lacrime

Con un mazzo di fiori di bosco sotto la brezza d’estate

Vero quanto sciocco e puerile hai portato nel mio tempio di foglie

Vero e lucente questo pallido tuo tenero volto

Accolto tra le mie mani tremanti che sanno di sale

che non sanno volare

ma sanno ascoltare

le conchiglie del mare

TAPPETO DI VIOLE

Quando scivolai per primo su

un tappeto di viole giurando fedeltà al nemico

fui graziato dalla benevolenza

dell’odore della libertà

dei fiori calpestati

e quando il nemico si voltò

a guardare il mio volto insanguinato

rimase deluso

ed io rimasi

muto

TOCCA A NOI CERCARE

Tocca a noi cercare

in queste nuvole di sogni

quel che cade dietro

l’arcobaleno

e che scende assieme alla

pioggia

Page 44: Autostrade di carta

GLI UNIVERSI SVEGLI

Gli universi svegli

Dormono sotto le lapidi dei giganti

Aiutami ad aprire versi sordi

E cieli nascosti

ALMOST BLUE- MONOLOGO FINALE

[sirene in lontananza]

Finisce sempre così. Mia mamma me lo diceva sempre quando ero bambino. “Non esiste il per sempre”.

Eravamo soliti andare a passeggiare sulla sponda del fiume nelle domeniche di una primavera che tardava

ad arrivare per poi esplodere in un gioco di colori e di profumi, di sfumature rosa irresistibili, come quelle

dei fiori di ciliegio, richiamando anzi supplicando con dolcezza un perdono per la lunga attesa durata un

anno intero che non le puoi negare. Eravamo lì io e la mamma, e ci tenevamo per mano. Io nella sua, lei

nella mia. Mi accarezzava spesso il viso, con la tenerezza di un petalo. Passavamo interi pomeriggi

passeggiando sulla sponda del fiume tra i palloncini di ragazzini in festa e il profumo delle caramelle degli

ambulanti. Ed ero lì e la mia testa era più leggera dell’elio. E’ quella leggerezza nel cuore che non va via ma

la senti scendere sulle membra per poi entrare dalla bocca come un bagno caldo riempendo i polmoni. E’

quella che io chiamo felicità. Nella mia vita non ho mai conosciuto nulla di più simile a quella sensazione di

pienezza tenera, come il thè caldo d’inverno quando fuori piove. Poi la mamma se ne andò e quei colori si

spensero. Le luci non parevano più le stesse e le domeniche non erano più di festa.

Finisce sempre così, senza il per sempre. E me ne vado dunque gironzolando con la mia valigia di ricordi e il

viso carezzato da una leggera pioggia mentre i tombini fumano e le luci soffuse accompagnano il mio passo

attraverso quella strada dipinta dal rosso ed il verde dei semafori. Ma ancora dopo anni ritorno lì sulla

sponda del fiume. La primavera tarda ancora ad arrivare e i ciliegi sono più pigri a quanto pare, senza i fiori

a ricoprire il selciato come un altare.

Ma la strada, quella la riconosco sempre, adornata dalla variopinta ma sempre allegra fila di volteggianti

palloncini colorati che vanno su, sempre più su. Ed oggi anch’io voglio lanciare il mio. Eccolo, lo lascio ora. E

vola sempre più su, più su, e riesco ad avvertire ancora quella leggerezza del cuore, come una volta, come

quando ero bambino. Forse è felicità questa. Sì, direi che è proprio felicità …

Page 45: Autostrade di carta

EPILOGO

Bene, questo è tutto. Questo viaggio sulle autostrade di carta della nostra vita, della mia vita, è ancora

molto lungo sia ben chiaro. Spero che qualcosa di suggestivo possa essere trasudato dai miei versi e possa

avervi detto qualcosa. Nel caso non fosse così vi ringrazio doppiamente per il tempo che avete speso a

leggere queste righe. Dal casello alla presa di coscienza di aprire il gas a manetta è passata moltissima

acqua sotto i ponti. Tanti incontri, tante belle e brute esperienze, tante delusioni, tante soddisfazioni. Ma

tutto è passeggero, nulla è per sempre. Anche questa fase è una fase, ed inizierà presto un capitolo 4 e poi

un 5 poi un 6 e così via. Il contenuto ? Lo ignoro, chissà

Alla prossima e ricordate sempre che quando si va in moto, anche se percorriamo le “autostrade di carta”…

Bisogna indossare il casco

Un saluto dall’Autore,

Armando de Luca