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Autoritratti dellio multiplo

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Autoritratti dell’io multiplo

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In pratica. Ci si appropria, ci si impossessa (anima e corpo) di un artista o designer esistente. Nella scelta già si capisce che ci possono essere delle affinità…Se ne studia il percorso, la vita, i segni, le opere…lentamente si diventa lui…e un attimo dopo se ne continua il “suo” lavoro. Vedere se stessi può provocare immediatamente un senso di doppia presenza e di divina percezione.

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E' terribile espropriazione Usando gli stessi segni dell’altro, le stesse modalità, gli stessi stilemi si ottengono gli stessi strumenti per (osare) fare il passo successivo.

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L’uni-verso diventa di-verso. L’uno diventa l’altro. Si dice che tutti si abbia un se stesso rovesciato rispetto alla nostra natura e che sia sperduto in qualche angolo del pianeta...

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Nel lento procedere delle due entità ci potranno essere similitudini o diseguaglianze ma solo più tardi, il tempo utopico potrà dare senso a queste scelte. Quale sarà la sua evoluzione? Uguale all’originale? Diversa? Ci sarà sicuramente il progetto plurimo che sostituisce alla unicità d’un io pensante una molteplicità di soggetti, di voci, di sguardi sul mondo. Ci sarà l’opera che nell’ansia di contenere tutto il possibile non riesce a darsi una forma e a disegnarsi dei contorni. Ci saranno progetti che corrispondono in filosofia al pensiero non sistematico, che procede per aforismi, per lampeggiamenti puntiformi e discontinui. E ancora altri costruiti con molte storie che si intersecano, perdendosi… Alla fine, questa idea complessiva di infiniti “universi” contemporanei in cui tutte le possibilità vengono realizzate in tutte le combinazioni possibili sarà il vero risultato.

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Sarà un ritratto ma anche un autoritratto… Oggi il progetto vero vive solo se si pone degli obiettivi smisurati anche al di là d’ogni possibilità di realizzazione.

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Absalon Alain Bourbonnais Alessandro Guerriero Andrè Bloc Atelier Van Lieshout Bodan Lithianski Bow-wow Carsten HÖller Chapuisat Brothers Charles Stagg Danielle Jacqui Do Ho Suh Edward James Ernesto Neto Ferdinand Cheval Filippo Bentivegna Fort Thunder Frederick Kiesler Gelitin Gemelli Starn Gianni Colombo Gregory Blackstock

Hans Hemmert Howard Finster Hundertwasser Jaroslaw Kozlowski Jean Dubuffet Jean Linard Karl Junker Kruikantoor Kurt Schwitters Kusama Leonard Knight Los Carpinteros Lucien Favreau Marjan Teeuwen Marjetica Potrc Martin Ramirez Matali Crasset Matta Clark Michael Beutler Monchatre Nathan Carter Noah Purifoy

Olafur Eliasson Pascal-Désir Maisonneuve Pet Architecture Rachel Whiteread Richard Greaves Richard Tracy Robert Tatin Robert Vasseur Roland Dutel Rural Studio Seoungwon Won Simon Rodia Tobias Putrih Tom O. Every Tommaso Buzzi Tsui Design Tyree Guyton Urs Hartmann Vollis Simpson Yves Klein

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Certi oggetti che stanno dentro le case hanno una particolare sensibilità, un modo di essere che può essere definito anima.Certi oggetti di design sembrano fatti proprio apposta per avere un'anima. La sequenza di questi oggetti è indicativa di tale attitudine: dimenticata del tutto la funzione, questi oggetti accettano e assumono per intero la caratteristica di vari personaggi. Noi siamo in casa e loro ci fanno compagnia: ci guardano, ci ascoltano, ci parlano, si muovono, hanno una loro storia segreta che noi soli catturiamo. Loro hanno un groviglio, un accumulo, una foresta di avventure e di passioni...... Con loro stabilisci un rapporto a volte incerto, caduco e un po' sognatore. Loro sono un pretesto, un'occasione, un'esperienza di un progetto indefinito che vaga al di fuori delle dimensioni del progetto stesso: un po' architettonico, un po' antropomorfo, un po' grottesco, un po' delicato, un po' umano, un po' ideale, un po' eroe e vittima insieme, un po' cinico ed estetico. Loro sono degli abitanti come noi.

SPIRITELLI

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Non sembra essere una stanza conosciuta: non sembra un ufficio, né una camera da letto, né un soggiorno ma una specie di accumulo di oggetti semplicemente allineati su un'asse che tende all'infinito. E' una specie di magazzino, forse abitabile, indifferente al presente ma attento ad un'epoca che si annuncia complessa in cui i modi di vivere subiranno profonde trasformazioni. Gli oggetti (ma dovrebbero esserlo anche le pareti, i pavimenti, i quadri) sono tutti monocromi e tutti lucidi come usciti da un'unica fabbrica ipotetica, fredda, lontana. La finitura lucida renderà visibile solo la funzione e la tecnologia oppure ne rappresenterà la sua assenza. Gli oggetti sono quindi astratti, neutri, semplici, senza prospettiva, senza rapporti con i movimenti contemporanei, al di fuori del tempo ciclico, alla fine del tempo progettato, in un'ipotesi di un tempo utopico.

OGGETTI PER L’ETERNITA’

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Nell'eclettico teatro della natura artificiale contemporanea, l'infinito pulviscolo degli oggetti di uso comune - ma anche delle opere d'arte - si presenta come una enigmatica e policentrica galassia, come un universo di segnali misteriosi in stato di turbolenza. Etica, scienza, estetica, psicologia, elettronica, moda, antropologia, industria, miniaturizzazione e comunicazione istantanea sono i fluidi dilatati, il sistema combinatorio coagulante di ogni oggetto che viene alla luce. Ogni nuovo oggetto - a seconda del suo modo di reagire a quei fluidi - ne è singola e originale sintesi, rappresentazione e testimonianza. I processi progettuali, didattici, professionali e produttivi sono in fase di totale reinvenzione. Il sofisticato e disincantato uomo postmoderno degli anni 80 cercò nel progetto risposte ambigue e scenografiche. La più arcaica e apocalittica persona postumana di oggi, pressata da un arrivo violento del 2000, vuole poesia, certezze, introspezione e amore. La sfida degli oggetti del nuovo millennio è parlare di questi feticci futuri, delle tecniche e delle teorie della moltiplicazione di questi nuovi talismani.

NUOVI TALISMANI

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Lavoro in carcere perché è un luogo dove costruire e costruirsi. Qui c'è una specie di ricchezza che consiste nel lasciare ad ognuno il proprio tempo e il proprio spazio di lavoro, anche di lavoro astratto e di lavoro utopico: ognuno scopre di sé ciò che non sa e può meravigliarsi e vivere emozioni contrastanti. Qui si può diventare esattamente ciò che si è, esprimendo così la grande indeterminatezza del presente. Questo luogo è un crocevia di idee lontane, un miscuglio di esperienze biografiche, affettive ed estetiche, diverse, le cui qualità non anticipano progressi perché il progetto è un ciclo: tutto quanto avverrà è già avvenuto. Questo è un labirinto di idee. E' una stanza delle meraviglie. E' un luogo non meglio precisato dove gli oggetti e l'esperienza nascono sotto il segno dello stupore. Qui il pensiero dell'uomo, il progetto sull'uomo, il lavoro sull'uomo hanno senso quando è possibile trattare simultaneamente tutte le arti insieme, solo così si possono amare di più gli uomini che le discipline. Qui, in questo luogo privilegiato, ci troviamo insieme con quelle persone che vogliono condurre un gioco poetico che è il massimo dell'utopia.

IO E IL CARCERE

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Il corpo non ha più i confini tra vero e falso, persone e cose sono oggi come il souvenir di se stesse, non per nulla trionfa la plastica, materiale così privo di identità da averne all'opposto infinite. Il corpo oggi finalmente considerato come un oggetto fra gli altri oggetti: naturale, piacevole, ricco di possibilità. Progettiamo nuovi corpi. Il nuovo corpo, indeterminabile fisicamente, aperto, fluido, galattico, realizzato per groviglio di mosse minime. I nuovi corpi saranno artistici, intense affermazioni intellettuali: se si crede che esistano delle presenze spirituali ed estetiche. Il corpo è il luogo dove si vive il progetto del futuro come utopia visiva, come vertigine stilistica, come sogno, come un paradosso della verità. Il corpo è il luogo dove si individua la mediazione degli opposti del progetto stesso: complessità e semplicità, tecnologia informatica e primitivismo simbolico, funzione e eclettismo. Il corpo sente tutto in tutte le maniere, vive tutto da tutte le parti, è la stessa cosa in tutti i modi possibili allo stesso tempo, perché ognuno di noi è più d'uno, è molti, è una prolissità di se stesso. Il corpo crea varie personalità, crea personalità costantemente. Il corpo delle meraviglie è un corpo dipinto secondo una coerenza stilistica, anzi secondo una coerenza ossessiva di stile. Il corpo pensato e dipinto sotto la dettatura dei caratteri stilistici e degli alfabeti dell’immagine, diviene enigmatico, intensamente psichico e antropologico.

IO E IL CORPO 1

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Il corpo è l'abitacolo delle sensazioni oggettuali e virtuali, è il luogo dove l’accumulo dell’esperienza e dei suoi segni si organizza sotto il segno della meraviglia. Il corpo neo-moderno è diverso dal corpo dell'epoca moderna: il suo disegno vive le caratteristiche della modernità in maniera critica e distaccata; alla ideologia politica del progresso ha sostituito l'attitudine ad un comportamento estetico e meditativo. Un corpo oggi è vero se sembra finto ed è finto se sembra vero. Così come un oggetto è di design se sembra oggetto d'arte e viceversa. La decorazione sul corpo è una struttura visiva che deriva da una esigenza di descrizione e di racconto. Corrisponde ad una esigenza psicologica forse legata a una simbologia molto arcaica, pre-razionale e collettiva che fin dall'inizio assume delle caratteristiche precise: l'antropomorfismo, il naturalismo, la geometria. Il corpo rappresenta anche dei generi. Il genere illustrativo; in passato corrispondeva al bisogno di raccontare ed era iconografico e narrativo. Poi concettuale: tende all'astrazione, alla trasformazione della pittura in concetti molto sintetici, mentali, astratti. Penso che il problema della decorazione sul corpo non sia necessariamente legato alla parola "bello" quanto piuttosto alla parola "comunicativo". Un corpo è "decorativo" quando la sua immagine, anche se individualistica e fantastica, restituisce un sistema di informazioni legate all'intenzione di stabilire un rapporto con l'interlocutore. La decorazione rende il rapporto fra un oggetto e una persona più intimo. L'idea stessa di decorazione del corpo è archetipa perché è stata una delle prime cose coscienti che ha memorizzato l'uomo e quindi è una cosa assolutamente implicita nella testa delle persone, pertanto facile da acquisire e con un alto grado di comunicabilità.

IO E IL CORPO 2

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Il corpo non ha mai cessato di pensare al tempo e di descriversi secondo il tempo, di pensare ad una antichità o a una modernità o ad una post-modernità. Certamente una trasformazione fondamentale è avvenuta con l’introduzione del Post-moderno, che significa un cambiamento profondo di mentalità verso la tecnologia, la cultura, la scienza o la politica, dove è stato messo in crisi il concetto di progresso e lo si è sostituito con un senso di circolarità dei sistemi della vita. Dico circolarità come progetto ciclico sul corpo, nel senso che nulla può accadere che non sia già accaduto e nulla può avvenire se non conformandosi al già avvenuto. Nel tempo ciclico non c’è futuro che non sia la semplice ripetizione del passato e non c’è nulla da attendere se non ciò che deve ritornare (vedi Nihilismo). Rispetto al tempo ciclico, che è il tempo della natura in ordine agli individui, si presenta il tempo progettuale che è il tempo dell’individuo che progetta un nuovo corpo in ordine alle sue nuove intenzioni. Ma se l'interrogazione non riguarda il domani ma l’ultimo giorno, se lo scopo si dispone lontano fino ai confini, allora la progettualità sul corpo si dissolve a favore di un’altra temporalità che è fuori della nostra portata. E’ il tempo dell’utopia. E i progetti utopici sul corpo nascono quando si dilata smisuratamente il campo tra presente e futuro. Altro è infatti abitare la salvezza, altro la speranza, altro il progresso, altro l’utopia. Quest’ultimo è il luogo dei progetti con problematiche vaste, estese, lontane. Questo è il luogo dove il progetto solitario, possessivo, unitario, controllato, si mescola al progetto superficiale, indifferente, ambiguo nell’ipotesi che l’uomo oggi è una somma di individualità in accordo ma anche in contrapposizione tra loro.

IO E IL CORPO 3

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Il corpo è il luogo dove si ri-disegna continuamente l’immagine del mondo, dove gli opposti naturale e artificiale si scambiano ruoli e valori per far rivivere la nostra vocazione poetica. Il corpo è il luogo della vertigine progettuale, dei nuovi feticci, degli scenari psicologici, di nuovi alfabeti decorativi, di nuove emittenti visive, di nuovi giocattoli religiosi, della nuova estetica per una possibile terremotazione degli oggetti. In ogni gesto pittorico sul corpo c'è dunque la mia relazione col mondo, il mio modo di vederlo, di sentirlo, la mia eredità, la mia educazione, il mio ambiente, la mia costituzione psicologica. Nella violenza del mio gesto pittorico o nella sua delicatezza, nella sua tonalità decisa o incerta c'è tutta la mia biografia, la qualità del mio rapporto col mondo, il mio modo di offrirmi. La raggiunta libertà di scegliere e decidere da soli le qualità della decorazione sul corpo non coincide con l’anarchia, con l'arbitro o con la concessione al kitsch: è il mezzo messo a disposizione di ognuno per manifestare le sue attitudini creative, per contribuire a una visione estetica globale del mondo. Il corpo decorato si insinua attraverso l'ambiente informatico, la de-funzionalizzazione degli spazi abitativi, le metodologie arbitrarie, la ricerca industriale, il nuovo artigianato, la progettazione dei non-progettisti, la città scenografica, i materiali artificiali, una nuova storia del progetto, i nuovi oggetti animati….. Il corpo è una riserva infinita di segni entro cui i vari saperi scelgono quelli più conformi al loro impianto categoriale. Nasce così quella metamorfosi del corpo che di volta in volta diventa organismo da sanare per la medicina, forza lavoro da impiegare per l'economia, carne da redimere per la religione, inconscio da liberare per la psicologia e supporto di segni da trasmettere per la semiologia.

IO E IL CORPO 4

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Ogni tanto ci piace ragionare sul corpo, che sembra essere una parola in grado ancora di rigenerare i nostri progetti: quelli che ogni giorno gettiamo nel mondo che amiamo. Ma ancora di più ci piace quando le ipotesi progettuali che facciamo sono rivolte su di noi…quando parliamo non dell’abito in genere ma del nostro abito, dell’abito che abbiamo sempre pensato o sognato…anzi, più precisamente quando diciamo: questo è l’abito fatto solo per me. Perché è solo questo abito che diventa un vero e proprio autoritratto, come oggetto che contiene la possibile sommatoria infinita delle allucinazioni, degli incanti e degli abissi presenti nella nostra mente. La sfida è quindi quella di riuscire a dire ancora una volta “io” mentre là fuori – nel mondo – etica, scienza, estetica, psicologia, moda stanno diventando i nuovi fluidi dilatati, i nuovo sistemi coagulanti di ogni cosa che viene alla luce proprio per le persone di oggi che vogliono poesia, certezze, introspezione e amore. Mi sembra che quello che stai facendo sia un progetto fondamentalmente antropologico perché pone l’essere umano ancora una volta (ma spero sempre) al centro della nostra attenzione: solo partendo dal corpo possiamo intuire l’abito ma anche come sarà la sua stanza, il suo arredo e la sua città in una ipotesi di continuità dal paesaggio del corpo a quello del territorio.

IO E IL CORPO 5

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patric tuttofuoco

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nox

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pablo echaurren

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andrea branzi

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johannsson bardi

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Nella tensione troviamo vitalità, dal paradosso traiamo insegnamenti, camminando sul filo dell'ambivalenza acquistiamo in saggezza e, nel dare fiducia alla confusione che sempre la molteplicità ingenera, acquistiamo confidenza in noi stessi. Segno di una vita infusa di anima sono la ricchezza della trama e la complessità. I complessi dell'anima, dunque, non vanno stirati come fossero pieghe,perché, anzi, sono la stoffa dell'umana complessità."

PENSIERI

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Antonio Riello Laura Kikauka Esther Lee Marcello Maloberti Alberto Biagetti Paola Anziché Luigi Presicce Rodrigo Almeida

INTERVISTE

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ARREDI DEL CORPO [email protected]

MICRO INTERVISTA CON ANTONIO RIELLO

036 037 | ARREDI DEL CORPO | 03.2008

by Alessandro Guerriero

Abiti

reali

zzat

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Ant

onio

Rie

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1.- Usi spesso materiali degradabili.Per le mie “formal dress” del progetto “BESQUARE!” uso solo i materiali sartoriali più

classici e tradizionali… La qualità è sempre“ecologically correct”

2.- Come disegni il “tuo” mondo?Mi interessa il “lato invisibile” dei musei d’artecontemporanea: le persone che vi lavorano. In

pratica invento e realizzo delle “uniformi” per glistaff museali. Con questo progetto, distillo e celebrol’identità di un gruppo di persone accomunate da un

obiettivo culturale condiviso.

3.- E’ tutto disegnabile?Credo di no. Certe soluzioni nascono non dal“progetto” ma dagli “errori del progetto”. Mi

spiego: piccoli problemi (o anche sbagli)diventano il punto di partenza di soluzioni nuove edecisamente interessanti .Professo con trasporto

il culto dell’errore.

4.- Lavori sul tuo di corpo o è un corpo astratto?Lavoro sulle misure da sarto di decine di personecontemporaneamente ma finisco quasi sempre a

provare ed indossare i capi prova, così capiscosubito se si tratta di quello che voglio o se no. Sono

un artista e non uno stilista e quindi posso ignorare ivari trend della moda e seguire solo le mie idee.

5.- Le tue opere sono sempre “autoritratti”?No, non sono così narcisista. A volte il modello

dell’opera fotografica sono io semplicemente perchémi serve per un opera forografica un “pelato” ed io,

in genere, sono quello più vicino e disponibile.

6.- Qual è la cosa più difficile da farsi accettare? Essere allegramente “uno degli uomini meno

eleganti d’Italia” e avere a che fare con moda,eleganza, stile,gusto etc etc. Pazienza, anche i grandi

chef a casa loro mangiano (lo so per esperienzapersonale) il pollo di rosticceria…..

PROFESSO CON TRASPORTO IL CULTO DELL’ORRORE

036_037 guerriero 31-01-2008 17:17 Pagina 34

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OLA

URAK

IKAU

[email protected]

by Alessandro Guerriero

030-031 made 06_07.2009

Life as a ritual:it could be würst!

Biographcal fiction:it's all true

Them

agicofthe

matter:

them

agicofeveryday

NewNature:

virtualintoxication

Psychological spaces:time

(1) Ph. Lary Seven 2005 Funny FarmWest Disco Room Room Installation & studio by Laura Kikauka (2) Ph. Armino Von Kink 2004 It Could be WurstSculpture/Lamp by Laura Kikauka (3) Ph. Angelo KaunatDream Home Room Installation by Laura Kikauka (4) Ph. Laura Kikauka 2008 Snow Scenes at Funny FarmCanada (5) Ph. by Constance Hanna 1999 Sorry We're Open Room Installation by Laura Kikauka

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Nella foto: Laura Kikauka in Vegetable Mode. Ph. by Gordon Monahan

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ARREDI DEL CORPO [email protected]

MICRO INTERVISTA CON ESTHER LEE

IL NOSTRO É’ UN MONDO OMOLOGATO

032 033 | ARREDI DEL CORPO | 06.2008

by Alessandro Guerriero

Abiti

reali

zzat

I da E

sther

Lee

La persona che disegni sei tu oppure personaggifrutto della tua fantasia?

Potrei essere io o tutti noi. Potrebbe rappresentarequanti vivono nel cyberspazio perchè hanno

paura di affrontare la realtà o coloro che sonocosì occupati da non aver tempo di pensare a

se stessi…E via dicendo

Neituoi lavori seisempre vestita allo

stesso modo. Quello che indossi èuna specie di uniforme?

No, non lo è. E’ solo una maniera efficace diporre in rilievo l’omologazione dominante

nella nostra società.

Inuno dei tuoi disegni ti raffiguri

in cima ad una montagna di “yourselves”.Cosa significa?

E’ la rappresentazione di quanti ritengono cheil successo sia tutto e quindi per ottenerlo sono

disposti a fare ogni cosa.a

Neituoi disegni ti raffiguri

sempre in lotta contro qualcosa. Seiveramente così?

Ciò che disegno si basa sulla mia vita reale. Manon penso di raffigurare solo situazioni

conflittuali. Raffiguro tutto ciò chesiamo.

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ARREDIDEL CORPO

by Alessandro Guerriero

Ph.M

onica

Anto

nelli

QUALSIASIPROGETTO PARTEDALLACONSIDERAZIONESUL CORPO…

I

NELLA VERTIGINE DELLASIGNORA EMILIA*HAI FATTO DUE VERI EPROPRI ABITI…

LE TOVAGLIE A SCACCHI ROSSI EBIANCHI SONO I LUOGHI CHE TI

AVVOLGONO. GLI ABITI SONOESPRESSIONE DI UN LUOGO CHE

RI-ABITIAMO E RE-INVENTIAMO

GUARDO GLI ALTRI…IN LORO CI SONO ANCH’IO

NEGLI ANNI 90 MI SEMBRAVA PIÙINTERESSANTE COINVOLGERE I CORPI

DEGLI ALTRI CON ALTRE IDENTITÀ

È COMESE FOSSEFERMONELL’ISTANTEDI MASSIMAENERGIA. È ILMOVIMENTORAGGELATOPRIMA DELLACADUTA!

NEL TUO LAVORO CHE SICHIAMA ALL’INCIRCA

LA VITA QUAL È IL RUOLODEL CORPO?

(*) CHE SONO LA MADRE E LA NONNA DI MALOBERTI

ALLORA NON METTI IN GIOCO TESTESSO, NONTI INTERESSA

VII

PARTO DAL CORPODELL’ALTRO PER AVERELA DISTANZA GIUSTA…

PER LE SFUMATURE,SONO CURIOSO

M I C R O I N T E R V I S T A C O N M A R C E L L O M A L O B E R T ILa vertigine della signora Emilia

VI

III

VIII IV

Abito creato da Marcello Maloberti

IO

ALLORA USI IL CORPODEGLI ALTRI

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ARREDI DEL [email protected]

M I C R O I N T E R V I S T A C O NA L B E R T O B I A G E T T IIl miraggio e l’oasi cibernetica

038 039 | ARREDI DEL CORPO | 09.2007

byAlessandro Guerriero

Ph.M

onica

Anto

nelli

Abito

prod

otto

da:a

telie

rBiag

etti

Ogni mese progetti un abito completamente metafisico per Yoox… L’abitodi Yoox è un modo per restituire al corpo la sua teatralità che in bilico tra realtà e

finzione può suggerire nuovi comportamenti. L’abito tradizionale vienecontinuamente riprogettato ma deve “subire le regole del nostro corpo”, l’abito

che progettiamo noi ha infinite possibilità ed interpretazioni. Che genere dicorpo pensi? Al corpo che non si relaziona al tempo per costruire un

movimento, ma al corpo come spazio sottratto, come metafora, come rebus,come luogo nel quale si intrecciano diverse storie ed idee... Mi sembra che quil’abito sia più un oggetto di design o d’architettura piuttosto che un abito

vero e proprio.E’ un tentativo per stabilire un rapporto tra il proprio corpo el’universo, una relazione primitiva per la quale non esiste una distinzione tra arte,

design o architettura ma ogni cosa è concepita in maniera super-creativa,possibilmente con importanti significati culturali e sociali...

Anche il suo progetto è più di design…si fa uno schizzo, un altro lo ridisegna, si corregge, un altrogli mette i materiali e i colori…Il progetto può essere un dialogo continuo e a volte inafferrabile traastrazione e realtà che sfiora i luoghi comuni delle discipline cercando però di restituire la dimensioneastratta dei sogni dove ogni cosa ha un significato complesso ricco di espressività. Solo partendodal corpo possiamo intuire l’abito ma anche come sarà la sua stanza, il suo arredo e la suacittà in una ipotesi di continuità dal paesaggio del corpo a quello del territorio… L’abito dellacontemporaneità è una spettacolare “variante sul corpo” perché nella sua moltitudine di stili ha comeprerogativa la differenza, una diversità ereditata dall’anima e dal corpo stesso che a loro modocercano una tensione attraverso l’ambiente circostante... un vero e proprio paesaggio...

Insieme abbiamo anche indagato sul corpo con una serie di pitturepolicrome...credi che sia un’operazione chiusa in se stessa? In questo caso

è difficile distinguere il passato dal futuro, perché l’attesa è la dimensione piùvitale per immaginare nuovi corpi ricchi di protesi decorative e disfunzioni

dimensionali tese al progressivo distacco dalla natura.. che ne dici ? Adessovedo delle ossa policrome…il corpo non c’è più… Il corpo non c’è più e

nessuno vorrebbe mai vederne le ossa…. vorrei che le mie fossero così,“sarebbe come avere una sorpresa conservata per gli altri, alla fine...”

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ARREDI DEL CORPO

[email protected]

MICRO INTERVISTA CONPAOLA ANZICHÉ

OGNI CORPO NARRA UNA STORIA

034 035 | ARREDI DEL CORPO | 11.2007

by Alessandro Guerriero

Nel

lafo

to:?

????

????

?

Lavori sul (tuo) corpo come fosse di un°¶altraPersona…

Si tratta proprio un°¶altra persona. Il corpo nelmio lavoro ha un°¶importanza pari alla creta

per un ceramista: le performance sono unprocesso che porta a un lavoro di scultura.

In Lavori sul (tuo) corpo come somma diindividualità…

Penso a una forma complessiva ma il processoattraverso cui realizzarla è qualcosa di aperto

alle sollecitazioni dei miei interpreti.

Lavori sul (tuo) corpo perché è unasequenza di avvenimenti estetici…

Cerco di neutralizzare tutto quello che èaccessorio e non è essenziale ai i miei

fini. In alcuni progetti mi concentro sulleforme, lavorando attraverso un processodi progressiva eliminazione di tutto ciò

che non può che disturbare, manell°¶ultimo progetto (Roto balla) ha

preso più spazio la percezionesensoriale.

Lavori sul (tuo) corpo come fossi un oggettoda arredare di continuo…

‘In un progetto come The Functional fakeobjects, la presenza corporea arreda lospazio tenendo conto dell°¶elasticità e

della tensione del corpo nel contesto di unospazio definito, mettendo in relazione il

corpo dinamico con lo spazio costruito. Glioggetti devono essere la prova dei nostri

simili non sono entità isolate rispetto a noi,gli oggetti devono dimostrare che le

persone sono o non sono insieme con noi.

Lavori sul (tuo) corpo come luogo discritture Differenti…

Il lavoro si sta avvicinando a unascrittura nello spazio basata sullo

scambio fra mie istruzioni,l°¶interpretazione data dai corpi e lo

spazio espositivo, che si traduce in unascrittura coreografica.

Ph.?

????

???

Lavori sul tuo corpo come un racconto cheriflette molte storie...

Quel che cerco sono espressioni corporee chesono legate alla storia di ogni corpo.Scelgo le

persone che hanno una propria capacitàespressiva e tecnica legata dalla loro

esperienza appartenente al loro corpo. Ognicorpo narra una storia, nelle sue caratteristiche

comportamentale. Ogni corpo parla e ha unasua storia che non è detta esplicitamente, ma

viene comunicata da ogni gesto rapportatonello spazio.

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ARREDI DEL [email protected]

M I C R O I N T E R V I S T A C O NL U I G I P R E S I C C Exxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

.

018 | ARREDI DEL CORPO | 07.2007

byAlessandro Guerriero

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ARREDI DEL [email protected]

M I C R O I N T E R V I S T A C O NR O D R I G O A L M E I D ASono come un indigeno cannibale che vuole divorare l’Occidente

038 039 | ARREDI DEL CORPO | 10.2007

by Alessandro Guerriero

Ph.R

odrig

oAl

mei

da

Abito

Baiac

uD

esig

n:Ro

drig

oAl

mei

da

Non vedo materiali comuninei tuoi lavori… vedo oggetti

diversi e strani.Sono come un indigeno

cannibale che vuoledivorare l’Occidente,l’oggetto che mangia

l’oggetto, la materia comeoggetto…

Quando pensi al corpo umanolo immagini come se fossecomposto da vari pezzi e

resti di oggetti di plastica edi cose che trovi per terra?E una bella metafora. In

effetti trovo che tutti siamopezzi di qualche cosa.

Il tuo, sarebbe un abito per ognioccasione?

Per me la fantasia è un oggettodi design. L’abito, ha altre

caratteristiche. L’oggetto non èsolo un rivestimento, ha anche

una struttura. La fantasiapossiede quelle caratteristiche

perché ha un corpo reale eimmaginario che va al di là del

rivestimento.

Quando lavori con oggettitrovati, il risultato finale è

esattamente quello che aveviimmaginato?

Si, comincio spessodall’oggetto abbandonato o dal

suo opposto, l’oggetto comeicona, li scompongo, liraggruppo, li isolo, li

rimpicciolisco o ingrandisco.

Chi è la persona che usa isuoi oggetti?

Persone che mantengonodentro di sé la curiosità deibambini. Guardare è comeassimilare, come odorare,

come mordere, comesucchiare…

Questo genere di abitosarebbe per una unica

persona o per tutti?Non pensoche la mia

fantasia si addica a tutti,ma tutti possono

comunque guardare,toccare, odorare, mordere e

succhiare, un carnevaleinsomma…

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il mio corpo è proibito il mio corpo è estraneo il mio corpo celeste il mio corpo è ri-produttivo il mio corpo è simulato il mio corpo è replicato il mio corpo è al tramonto il mio corpo è di passaggio il mio corpo è mistico il mio corpo è annoiato il mio corpo è dimenticato il mio corpo è sospeso il mio corpo è natura morta il mio corpo è amputato il mio corpo è in moto perpetuo il mio corpo è di poeta il mio corpo è innamorato il mio corpo è senza nome il mio corpo è ribelle e impunito il mio corpo è in-ballo

IL MIO CORPO 1

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il mio corpo è attraversato il mio corpo è vestito di colori il mio corpo è usurato il mio corpo è nascosto il mio corpo è avvolto il mio corpo è sopraffatto dal dolore il mio corpo è artificiale il mio corpo è in attesa il mio corpo non è del tutto umano il mio corpo è di dubbia identità il mio corpo è primitivo il mio corpo è animale il mio corpo è gonfio di lacrime il mio corpo è caldo il mio corpo è contenitore il mio corpo è oppresso dallo spazio il mio corpo è prigioniero della memoria il mio corpo è elastico il mio corpo è oggetto il mio corpo è crisalide il mio corpo è solo una faccia

IL MIO CORPO 2

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il mio corpo è suono il mio corpo è perfetto il mio corpo è respiro il mio corpo è sotto la pioggia il mio corpo è amato il mio corpo è d’artista il mio corpo che cammina nella sabbia il mio corpo è sirena il mio corpo è affiorato il mio corpo è aggredito dalla luce il mio corpo è ancestrale il mio corpo è posseduto il mio corpo è espressivo il mio corpo non sta nella (sua) pelle il mio corpo è protetto il mio corpo si riproduce il mio corpo si guarisce il mio corpo è pieno di rabbia

IL MIO CORPO 3

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il mio corpo è sfruttato il mio corpo è chiuso il mio corpo è un monumento il mio corpo è muto il mio corpo è accogliente il mio corpo è disegnato il mio corpo è tatuato il mio corpo è deformato il mio corpo è avvizzito il mio corpo è avvinghiato il mio corpo è quotidiano il mio corpo è parassita il mio corpo si è ritrovato il mio corpo è narrante il mio corpo è sacro il mio corpo è di carne il mio corpo è trafitto il mio corpo è sudato il mio corpo non trova il suo spazio il mio corpo è da restaurare il mio corpo è malato il mio corpo è errante il mio corpo è un distillatore di malinconia

IL MIO CORPO 4

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1 Una delle realtà più importanti che ha fondato, è stata quella dello studio Alchimia. Quale ritiene sia stato l’elemento cardine di questa esperienza? Ogni oggetto che è stato progettato riflette un'iconografia specifica che contiene lo spirito dello studio Alchimia: l’unità stilistica di forme morbide mescolate con elementi aggressivi, oggetti del quotidiano modificati e defunzionalizzati, superfici lisce interrotte dall'inserimento di antenne e bandierine, collages e montaggi di elementi in stili diversi sottolineati da colori vivaci, recupero di tecniche artigianali come l'intarsio e lavori con laminati plastici con la combinazione di metalli preziosi. Si usa inoltre la combinazione di tecnologia avanzata e di elementi naturali e arcaici, l'artificializzazione del legno lavorato come stoffa che ondeggia al vento, il lavoro su pezzi unici o in serie molto limitate. Nasce da questa pratica una poesia intensa di cui ogni oggetto è singolare testimonianza. Questo nuovo metodo è sì stilistico ma anche politico.

PICCOLA INTERVISTA 1

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2 I progetti da lei realizzati spaziano nell’ambito della didattica, della comunicazione, della ricerca e fanno uso di linguaggi diversi, dall’architettura, al design, all’arte. C’è una filosofia comune nell’approccio al lavoro di ideazione e progettazione? Quale? E’ l'approccio dell'avanguardia (o simil avanguardia, direi oggi): essa affronta il progetto in modo apocalittico, distruttivo, acido e nervoso, è programmaticamente antagonista verso tutte le strutture che incontra, propone una utopia totalizzante del mondo. Il progetto d'avanguardia è negativo, di minoranza, si sviluppa secondo un metodo rivoluzionario, drammatico, intimista, violento e polemico contro tutte le prassi canoniche sia del progetto, sia del lavoro, sia delle filosofie del mondo. Dunque l'avanguardia nel design, la nostra avanguardia, esiste nella misura in cui - da quando c'è la società di massa - esiste implicitamente anche una "forma" per il progetto d'opposizione, che si presenta come un aspetto identificabile del più generale fenomeno delle avanguardie politiche e artistiche contemporanee.

PICCOLA INTERVISTA 2

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3 Considerando questo suo incontro ed approccio con varie discipline. Che importanza ha secondo lei oggi la fusione di diversi ambiti creativi? In questi ultimi anni ho lavorato per rimettere in discussione le basi del design razionalista e funzionalista contribuendo al passaggio dell'epoca postmoderna dove dominano la carica simbolica degli oggetti e la moltiplicazione delle pratiche culturali individualizzate. I temi che mi sono cari, il banale, il redesign, la psicologia dell'informatica, l’arredo vestitivo, il design pittorico e l'architettura ermafrodita... mi situano tra coloro che fanno della decorazione il luogo di una riflessione postmoderna sulla "pelle”; riflessione che evidenzia la difficoltà, nell'epoca del "cheap", ad esprimere un'autentica relazione tra forma e funzione: quest'ultima è talmente limitata che solo il simbolo decorativo e formale è in grado di rivelarne il contenuto. Fedele all'epoca di transizione in cui opera, io con Alchimia abbiamo adottato una via più tradizionale per affrontare la cultura del quotidiano: liberare il banale, l'ordinario, dai suoi aspetti "kitsch" per innalzarli ad un livello di "cultura alta”, attitudine questa un po’ ambigua ma che mostra che questo gruppo ha tentato di respingere i limiti della cultura d'élite e borghese per accedere ad un approccio culturale nuovo più accessibile, più popolare, una sorta di posizione intermedia tra "kitsch" e " buon design” contaminandoli entrambi.

PICCOLA INTERVISTA 3

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Le piante e i fiori artificiali si possono paragonare alle statue di cera del museo di Madame Tussaud's: la loro essenza perfetta e rubiconda di plastica permette al produttore, quasi fosse un Dio, di progettare forme che sono addirittura al di là del vero, Eseguite con perizia da falsario o da alchimista, queste essenze iperrealistiche ci offrono una imitazione cinica e perfetta di esseri viventi, impossibile da distinguere dagli originali. Il loro specifico consiste nell’essere una copia identica, il "tale e quale" del vero. Come le statue di cera – destinate a toglierci la morbosa curiosità di vedere da vicino e perfino di toccare la regina Elisabetta, la principessa Diana, Albert Einstein o Liza Minelli – non sono la caricatura né l'interpretazione artistica del soggetto. Sfogliare un catalogo di piante artificiali è come scorrere il catalogo di una serra di lusso: la selezione è botanica, sofisticata, con la nomenclatura esatta delle essenze, e va dalle più ricercate piante da appartamento ai rari alberelli da frutto, ai salici piangenti in versione primaverile o autunnale, alle palme nane o di notevole grandezza, ai papiri, agli aranci, ai cedri, fino al virtuosismo degli innesti surrealisti (o alla Frankenstein), con fiori laccati bianchi, oro o argento, ingigantiti, rimpiccoliti o geometrizzati. È la creazione di una natura oltre le possibilità di immaginazione della natura stessa. È la creazione di una “natura di rappresentanza”. In tutto questo enorme progetto di cose artificiali, viene tacitamente compiuto un generale atto di omertà e di convivenza fra coloro che inventano e coloro che usano queste merci: viene sottintesa nientemeno che la carenza fondamentale: la vita, l'identità dell'essere vivente, che nessuna pur sofisticata materia plastica riesce a trasmettere.

FIORI ARTIFICIALI 1

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Per questo è improprio parlare di fiori artificiali. Bisognerebbe parlare invece di fiori e piante senza vita. Oggetti perfettamente inseriti in quell’ambiente obitoriale in cui il piccolo borghese (tipico fruitore di questa merce) ama immergersi. Perché il problema è proprio qui. L'affermarsi inarrestabile del finto, del falso, della copia e dell' artificiale, coincide infatti con un processo di cadaverizzazione dell'ambiente stesso. Chi aveva in casa un fiore, o un gatto, o una ragazza o un ragazzo vivo, oggi ne cerca la trasformazione raggelata e insensibile, il facsimile teatrale in gomma: basta che non abbia fame, né sete, né respiro, né dolore. Che non si lamenti se deve aspettare, che sia sempre disponibile: perfetto oggetto fac-simile, che non ha bisogno di attenzioni, sentimenti, parole, cure, nutrimento, perdite di tempo, dispendio di energie. Nella sua emancipazione secolare dalla natura, l'uomo si è immerso in una contro-natura concepita come finzione, come situazione voluta e accettata di artifici e illusioni: la parrucca finge i capelli, il latte in polvere quello vero, la pistola giocattolo simula la guerra. La luce, la pioggia e la fecondazione artificiale sostituiscono il sole, le nuvole e il sesso: una gigantesca costruzione logica basata su dati inattendibili, per una vita fintamente vissuta.

FIORI ARTIFICIALI 2

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Il grande numero e la grande serie contengono e implicano il concetto di "banale". La moltiplicazione del capolavoro è una utopia intellettuale. La Gioconda di Leonardo non è kitsch, lo sono invece le sue infinite riproduzioni vendute dal cartolaio. Così dicasi per le a schiera di Gropius o per i mobili in serie: la quantità non sfugge al banale. Parlare di banale vuol dire parlare di kitsch, cioè attribuire un significato al cattivo gusto. Quando nell'Ottocento la parola kitsch apparve a Monaco di Baviera, essa significava "la vendita di qualcos'altro al posto di ciò che era esattamente richiesto" (Moles). Ovvero, il primo sintomo cosciente che può esistere di diritto una teoria dell' "autenticamente falso". Da allora, specie nella Mitteleuropa, il kitsch ha indicato sempre più esplicitamente quel tipo di produzione pseudoartistica detta dell' "orrido", si tratti di pittura, scultura, architettura, design, letteratura, musica, cinema od altro. Vorrei qui formulare l'ipotesi di un passaggio dell'esperienza kitsch dal terreno "sociologico" a quello "progettuale" dell'architettura e del design, dal kitsch come mezzo di analisi sociale al kitsch come metodo di lavoro per coloro che realizzano oggetti: una presa di coscienza progettuale del kitsch. Se infatti si considera il kitsch come un'ottica quanto mai vasta e aggiornata per interpretare la cultura materiale che ci circonda, allora può essere breve il passo verso una "metodologia di progettazione kitsch", cioè verso un neo-kitsch culturalmente noto a se stesso. Una possibile cinica sconvolgente carta da giocare nel momento in cui tutti i metodi di progettazione segnano il passo, funzionalismo, tendenza, radicali compresi.

ELOGIO DEL KITSCH 1

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L'esplosione del kitsch moderno è a catena: perché non sfruttare il rapporto naturale, intimo e mitico che s’instaura fra l'uomo e l'oggetto cosiddetto "brutto" in qualsiasi società di massa? Ad uomo kitsch, oggetti e case kitsch: esaltazione paradossale delle convenzioni, trionfo dell'autentico mancato, ribaltamento del buon gusto, disponibilità ad una finzione estetica corrispondente alla finzione della vita quotidiana: non impegnativa, non drammatica, accattivante, rilassante. Orologi a Cucù, cognac non francesi, piante grasse presso il divano, villette dei geometri, vedute del Vesuvio in plastica fosforescente: queste le idee usuali del kitsch, di carattere kitsch esse stesse. Ma la fenomenologia del kitsch è ben più vasta e complessa, non si riduce alle Eiffel divenute bottigliette da profumo, né alle Madonne di Lourdes stampigliate su costumi da bagno. "Il buon gusto non è poi una gran cosa: è solo una delle forme del cattivo gusto" (Moles). Allora del kitsch esiste pure un'altra faccia! kitsch, per esempio, significa anche la presa di coscienza del quotidiano, è il rapporto esistenziale dell'uomo con l'estetica spicciola, è una sorta di immagine speculare dell'arte. Il kitsch è un fatto politico direttamente legato alla forza della classe media, è il cavallo di Troia delle masse popolari per riappropriarsi delle arti. Il kitsch piace all'uomo di massa perché è fatto da lui stesso, perché è un fenomeno di quantità per definizione. Se ha problemi con l'avanguardia e le novità, certo ha il merito di rifiutare l'isolata intelligenza del capolavoro. Ma proprio perché capace di instaurare le relazioni "vere", ora per ora, dell'uomo con gli oggetti che usa e che lo circondano, il kitsch rivela di essere quella "certa" estetica, quella reale capacità creativa, quel modello formale che si stabilisce davvero nel maggior numero di individui. Kitsch è arte applicata e adattata alla vita di "tutti" e di "tutti i giorni". Il kitsch dunque è una presenza fortissima, ineliminabile, geograficamente estesissima e vincente: tanto vale trarne vantaggio. Ben vengano nelle scuole d’architettura e di design dei corsi speciali sul banale, delle grosse discussioni sul kitsch.

ELOGIO DEL KITSCH 2

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L’utile è morale, l’inutile è amorale. E’ utile fare una cosa con obiettivi certi e precisi per ottenere uno scopo produttivo. E’ inutile fare una cosa superflua con obiettivi indeterminati o errati o senza obiettivi. E’ utile il pensiero positivo perché serve. E’ inutile il pensiero negativo perché innocuo o addirittura dannoso. E’ utile lavorare. E’ inutile girare a vuoto. E’ utile avere coscienza che ci sono scale di valori. E’ inutile guardare sui muri le lucertole che si scaldano al sole. E’ utile progettare le cose che la società considera rispondenti ai bisogni dell’utenza. E’ inutile far scorrere libera la matita senza pensieri per la testa. E’ utile stendere organigrammi per analisi oggettive delle realtà

UTILITA’ DELL’INUTILE 1

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E’ inutile passare giorni interin al museo a guardare gli occhi ritratti dai pittori fiamminghi. E’ utile cercare che la forma corrisponda alla funzione. E’ inutile andare a Cadaques a trovare Salvador Dalì. E’ utile progettare per la committenza pubblica. E’ inutile tenere canarini in gabbia. E’ utile andare ogni sera a discutere di politica. E’inutile accostare le mani alle orecchie per sentire il ronzio di se stessi. E’ utile rifare il letto ogni mattina. E’ inutile comperare un barometro da appendere in corridoio. E’ utile viaggiare portando la carta geografica. E’ inutile girare senza senso nella periferia di una città sconosciuta. E’ utile leggere i giornali giusti. E’ inutile proporre il caos invece della regola.

UTILITA’ DELL’INUTILE 2

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E’ utile voler colpire nel segno. E’ inutile confondersi la testa entrando nelle chiese. E’ utile insegnare dentro l’Accademia. E’ inutile cercare progettisti dove non c’è speranza di trovarne. E’ utile prendere decisioni sulla propria vita. E’ inutile fabbricare collanine. E’ utile costruire con i fatti la propria immagine. E’ inutile attendere la catastrofe. …. …. …. E’ utile pensare all’inutilità dell’utile!

UTILITA’ DELL’INUTILE 3

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La decorazione mimetica militare è dettata dal bisogno che hanno i soldati e gli oggetti bellici di nascondersi, di scomparire nella natura, per aggredire e un po’ per fuggire. Così l’esercito di ogni paese ha il proprio sistema decorativo mimetico, il cui aspetto è dettato dalle caratteristiche più tipiche dei paesaggi più belli: colori dei prati e delle foreste, foglie di alberi, canneti, calore di deserti o azzurro di fiumi e laghi. Abiti, habitat, immagini e scelte estetiche, progettati per la violenza. Ma in ogni uomo di oggi esiste il bisogno fortissimo di immedesimarsi, di diventare una cosa sola con la natura perduta, di mimetizzarsi in essa al di là e all’opposto della guerra. Tutti desideriamo che la nostra casa cittadina e borghese, che i nostri oggetti, gli abiti eleganti siano disegnati in modo da renderci vicini, intimi, omogenei alla terra, ai laghi, ai cespugli, all’erba di cui non disponiamo. Spetta al designer di rovesciare il senso crudele del mimetismo militare, di trasferirlo sotto forma ecologica e gentile sul terreno della nostra vita, sulla porcellana, sulla seta, su mobili, tappeti, poltrone e laminati.Presi in sé, resi positivi e liberati della loro funzione bellica, i tradizionali decori mimetici dei soldati sono delle bellissime pitture, dei costumi astratto-naturalistici adatti a questo scopo, riferibili alle varie maniere pittoriche, dall’art Brut al Déco, dall’Informale al Liberty. Scivolare fuori dal mondo tecnologico per sfumare dentro al mistero della natura, del non progettato, dell’antico, del primitivo: questa è la strada poetica perseguita dall’”eco-mimetismo”, inteso come omologazione dell’uomo coll’energia del creato. Un progetto di pace che si oppone a un progetto di guerra usando lo stesso mezzo visivo.

LA DECORAZIONE MIMETICA

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Forse la bugia è decisamente più utile alla vita di quanto non lo sia la verità. E in ogni caso non c'è dubbio che chi sa mentire ha capacità cognitive decisamente più ampie di chi sa dire solo la verità. Senza possibilità di mentire infine l'umanità non avrebbe mai conosciuto ciò di cui si vanta: la cultura, che è una forma di non rassegnazione al reale, e quindi un'ideazione di mondi non veri perché non reali, anche se poi sono i soli capaci di incidere e modificare la realtà. Me ne sono convinto leggendo due libri: uno di Andrea Tagliapietre, Filosofia della bugia. Figure della menzogna nella storia del pensiero occidentale (Bruno Mondadori, pagg. 464, lire 48.000), un capolavoro destinato a diventare un classico sull'argomento. L'altro di Maria Bettetini, Breve storia della bugia. Da Ulisse a Pinocchio (Raffaello Cortina, pagg. 160, lire 22.000), dove i giochi tra verità e menzogna appaiono, come peraltro sono, indiscernibili. Per prima cosa occorre dire che la bugia non è una prerogativa esclusiva degli uomini. Anche gli animali mentono, e mentono ogni volta che, nella lotta per la vita, invece di attaccare, si nascondono. Il fatto di nascondersi è forse la sorgente e il modello di ogni menzogna, perché priva l'avversario delle informazioni necessarie per orientare la sua condotta. Quando il predatore, infatti, non percepisce più la sua vittima, diventa incapace di inseguirla. E questo vale sia per gli animali sia per i più sofisticati 007 che, invece di affrontare l'avversario, si sottraggono alla sua vista e attendono che questi, deluso, se ne vada. Se la vita animale è un gioco di attacco e difesa, quando non si hanno abbastanza forze per sopravvivere o per vincere non resta che il ricorso alla menzogna che, modificando lo stato di informazione dell'avversario, mette fuori gioco la sua forza rendendola semplicemente inutile.

LA BUGIA 1

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L'inganno appartiene quindi alla logica del vivente ed è rintracciabile sia nel mondo vegetale, dove ad esempio l'orchidea africana imita l'aspetto di fiori ricchi di nettare per attirare insetti e farfalle, sia nel mondo animale, dove infiniti sono gli stratagemmi mimetici, sia nel mondo umano dove, per raggiungere un obiettivo, si preferisce all'uso della forza quello della menzogna. L'Iliade, il primo grande romanzo dell'Occidente, è la descrizione di questo passaggio che porta dall'uso brutale della forza all'uso sofisticato dell'intelligenza la cui prima espressione è l'inganno. Nietzsche, grande ammiratore della grecità, coglie immediatamente questo passaggio, e senza esitazione dice: "L'intelletto, come mezzo per conservare l'individuo, spiega le sue forze principali nella finzione". Ma come si fa a dire che l'inganno è la forma più sofisticata di intelligenza? Perché, come dice anche quell'insospettabile moralista che è Platone: "Mentire coscientemente e volutamente ha più valore che dire involontariamente la verità"? Perché chi dice la verità conosce solo quella, mentre chi mente conosce la verità e la sua alterazione. E alterare la verità non è cosa facile. Occorre mettersi nei panni dell'altro, interpretare rapidamente le sue attese, studiare i suoi comportamenti ed evitare nel contempo di fare apparire troppo trasparenti i propri. Se questo non è un gioco di intelligenza? E infatti non c'è pedagogista che non indichi nel gioco dei bambini l'esercizio più idoneo per lo sviluppo dell'intelligenza.

LA BUGIA 2

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Quel che i pedagogisti non dicono è che il gioco, ogni gioco, da quello dei cuccioli a quello dei bambini, non è altro che una serie di mosse per ingannare l'avversario, è un "far finta che" o, come si dice nel gioco del calcio, è un "fare la finta", accennare una condotta per poi intraprenderne un'altra. Non a caso la parola latina che sta per "giocare" (ludere) è la stessa di "il-ludere" e "in-lusio" significa letteralmente "entrare in gioco", in pratica: dire bugie. Senza bugie molte specie, e soprattutto quella umana, che è la meno fornita di istinti e di difese naturali, difficilmente avrebbero potuto sopravvivere, al punto che gli etologi concordano, ma anche gli antropologi ne potrebbero convenire, che i "falsi segnali" sono sempre stati più vantaggiosi di quelli veridici per la conservazione e la selezione della specie. L'inganno dunque appartiene alla logica del vivente, anzi molto spesso è la condizione della sua vita. Ma siccome per ingannare bisogna essere almeno in due, la bugia non è solo il primo segnale dell'intelligenza, ma anche il primo veicolo della socializzazione. Chi dice il vero, infatti, è esonerato dall'entrare nella mente dell'altro, mentre chi mente non può esonerarsi da questo lavoro di intima penetrazione su cui si fonda ogni relazione sociale. Inoltre chi mente deve conoscere le aspettative di chi ascolta per poter anticipare ciò che l'altro vorrebbe sentirsi dire o per lo meno ciò che è già disposto a credere. Tutto ciò esige una rappresentazione della mente dell'altro oltre che un piano per manipolarla. I leader hanno questa virtù e per questo si differenziano dai gregari. Le informazioni che diffondono con i mezzi a loro disposizione non hanno lo scopo di istruire gli altri, ma di istruire se stessi sulle intenzioni degli altri per potere, al momento giusto, sottrarre loro ogni autonomia e ogni libertà di movimento. I sondaggi di opinione non hanno lo scopo di sondare l'opinione della gente per poi venire incontro alle loro richieste, ma hanno lo scopo di sondare l'efficacia delle persuasioni che si è riusciti a diffondere con i mezzi di informazione. E qui siamo arrivati alla televisione con le sue fiction (le sue "finzioni") così tanto seguite dal pubblico.

LA BUGIA 3

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Ma dalla televisione possiamo passare a Internet dove, come ci ricorda Maria Bettetini, il reale sconfina nel virtuale, che non riproduce esattamente il reale, come ben sa chi cerca l'amore in rete. Accanto a loro e prima di loro c'è il cinema, il teatro, l'arte, la letteratura il cui scopo, come scrive Oscar Wilde, è di "narrare delle cose non vere", perché è proprio della cultura inventare la realtà e non sottomettersi, come invece vorrebbero i sostenitori del "sano realismo", a cui manca qualsiasi forma di immaginazione per ipotizzare che la realtà potrebbe anche essere diversa da quella che è. Ma per immaginare, per mentire, per ideare scenari diversi da quelli esistenti occorre uno sdoppiamento della coscienza capace di far convivere, come in una scena di teatro, la condizione mentale dell'ingannatore e dell'ingannato. Queste condizioni mentali possono anche riunificarsi come nel caso dell'autoinganno che Cartesio, ben prima della psicoanalisi, aveva descritto ne Le passioni dell'anima, dove l'idraulica degli impulsi, degli stimoli e delle passioni poteva far credere alla mente che le cose sono come l'ordine pulsionale desidera che siano. Tirata all'osso, la psicoanalisi non è altro che lo svelamento dell'autoinganno, quindi l'apertura della coscienza che si rende conto, come diceva Freud, di "non esser padrona in casa propria", perché la gran quantità dei pensieri che elabora sono razionalizzazione di desideri inconsci. Lo stesso diceva Marx a proposito dell'ideologia: "Le idee dominanti sono le idee della classe dominante". E lo stesso diceva Nietzsche quando, nella Genealogia della morale, indicava i vizi sottesi alle virtù e mascherati dalle virtù. Il fatto che Marx, Freud e Nietzsche siano stati bollati da Giovanni Paolo II come "filosofi del sospetto" significa solo che la cultura religiosa preferisce le coscienze opache, appollaiate nella "verità" che giunge dall'alto, e non le coscienze articolate che vivono la drammaticità di ospitare ad un tempo la "verità" e la consapevolezza del suo essere "finzione".

LA BUGIA 4

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Qui Nietzsche ha scritto pagine essenziali in quel breve saggio giovanile che ha per titolo Verità e menzogna in senso extramorale. Che significa "extramorale"? Che il problema della verità e della menzogna non va confinato e sepolto in ambito etico, ma visualizzato a partire da ciò che torna utile e vantaggioso per la vita. Qui la "verità" cede la sua maschera e mostra il suo vero volto, che non è quello di dire il vero, ma di offrire delle "stabilità" a tutti quegli spiriti gregari che non saprebbero come vivere senza punti fermi. Alla base della verità c'è quindi quella stessa volontà di vita che abbiamo scoperto essere la sorgente di tutte le menzogne. Chi mente ingaggia una guerra con l'altro, vuole avere di più a spese dell'altro. Chi non regge il conflitto si accorda con l'altro e chiama questo accordo, questo patto, questa convenienza reciproca, per esistere in società come gregge, "verità". A questo patto si vincola moralmente, per cui è etico dire la verità (cioè stare ai patti che riducono i conflitti), perché altrimenti non si avrebbe altra forza o capacità per vivere. Come scrive Andrea Tagliapietra nel suo saggio magistrale: "Alla scuola della bugia la tradizione occidentale impara la nozione di volontà". Volontà di avere di più, che è alla base della menzogna; e volontà di avere quel tanto che l'accordo con gli altri concede, che è alla base della verità. Resta allora da concludere che la vera contrapposizione non è tra vero e falso sul registro della "conoscenza", o della "morale", ma tra vantaggioso e svantaggioso sul registro della "volontà", essendo la verità null'altro che l'espressione della volontà dei deboli che non avrebbero risorse sufficienti per vivere se non si accordassero su punti stabili e fermi e non si impegnassero moralmente a tenerli stabili e fermi.

LA BUGIA 5

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Così Nietzsche conclude la parabola dell'Occidente: non capovolgendo i valori come i più credono, ma mostrando che anche "la verità è una forma di inganno", l'inganno condiviso da quanti, non sapendo mentire: "Mentono secondo una salda convenzione, come si conviene a una moltitudine, in uno stile vincolante per tutti". Ma se anche la verità è una forma di inganno, allora cade l'opposizione tra menzogna e verità, allo stesso modo della bestemmia che, se consapevolmente proferita, lungi dal contrapporsi alla devozione, è invocazione e preghiera nei confronti di un Dio più vero e più giusto. Tolta la contrapposizione, ciò che resta in gioco è solo la "volontà di vita" che si serve sia della menzogna, sia della verità per riuscire a vivere. E perciò Nietzsche, togliendo la maschera alla "verità" promossa dalla filosofia dell'Occidente, può dire "Sono ancora in attesa di un filosofo medico, nel senso eccezionale della parola - inteso al problema della salute collettiva di un popolo, di un'epoca, di una razza, dell'umanità -, che abbia in futuro il coraggio di portare al culmine il mio sospetto e di osare questa affermazione: in ogni filosofare non si è trattato per nulla, fino ad oggi, di verità, ma di qualcos'altro, come salute, avvenire, sviluppo, potenza, vita".

LA BUGIA 6

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FINZIONE AUTOBIOGRAFICA

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Per organizzare l’ambiente della persona bisogna partire dalla persona: dal suo corpo e dalla sua mente non dall’architettura e dall’urbanistica, perché noi siamo il centro del mondo. Ognuno di noi è il centro del mondo. Per questo le protesi che si accompagnano al corpo nudo, cominciando dagli abiti, sono progetti importantissimi perché ci toccano, ci accarezzano, ci sfiorano… La stanza non deve essere da meno: è un abito più grande. Pertanto meno è dura più è accogliente, quasi in senso materno.

IL CENTRO DEL MONDO

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IL PROGETTO E IL SUO TEMPO Tipo Livello Forma Formazioni sociali Tempo durevole Ecologico Tempo continuo in cui il

passato si proietta nel presente e nel futuro ; facilmente quantificabile

Formazione di gruppi sulla base della parentela e del luogo (soprattutto società contadine e strutture patriarcali)

Tempo ingannevole Società organizzata Durata lunga e rallentata che nasconde crisi improvvise e impreviste, e rotture fra il passato e il presente

Grandi città e ” pubblici”; società carismatiche e teocratiche

Tempo irregolare Ruoli sociali, atteggiamenti collettivi (moda) e combinazioni tecniche

Incertezza e contingenza; il presente prevale sul passato e sul futuro

“pubblici” non politici (movimenti e seguaci della moda), classi in formazione

Tempo ciclico Unioni mistiche Passato, presente e futuro si proiettano uno nell’altro sottolineando la continuità nel cambiamento; diminuzione della contingenza

Seguaci dell’astrologia; società arcaiche in cui prevalgono credenze mitologiche, mistiche e magiche

Tempo ritardato Simboli sociali Il futuro diventa presente così tardi che passa di moda non appena si cristallizza

Comunità e relativi simboli sociali; corporazioni, professioni e così via; feudalesimo

Tempo alternante Norme, segnali, segni e comportamento collettivo

Il passato e il futuro competono nel presente; discontinuità senza contingenza

Gruppi economici dinamici; epoche di transizione (inizio del capitalismo)

Tempo in anticipo su se stesso (tempo che corre in avanti)

Trasformazione collettiva e innovazione

Discontinuità, contingenza; cambiamenti qualitativi; il futuro diventa presente

Capitalismo competitivo; speculazione

Tempo esplosivo Fermento rivoluzionario e creazione collettiva

Il presente e il passato si dissolvono in un futuro trascendente

Rivoluzioni e trasformazioni radicali delle strutture mondiali

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http://www.vimeo.com/4258371

Ronda antelitteram

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Fra l’idea che c’è dentro la mente di un artista e l’immagine oggettivata, ci sono quei mezzi (quelle materie e quei supporti) che ne permettono la realizzazione concreta. Spesso quei mezzi sono di tipo antico, senza per questo essere sorpassati, come i pennelli, i colori ad olio, le tele, il marmo e tanti altri. Spesso sono di genere nuovo come la grafica computerizzata. Qualsiasi mezzo ha il suo fascino e rientra fra i materiali estetici quando è adatto a portare a giusto compimento fisico l’espressione di un’idea. Ogni autore perfeziona e possiede i suoi mezzi tecnici specifici che ne fanno un virtuoso nel rapporto fra la qualità dell’idea e la forza dell’oggetto realizzato. Meno tecnica si possiede nell’usare un mezzo, meno preciso (e più mediato) sarà il risultato visivo dell’opera. Basandomi su queste considerazioni ho provato a comunicare delle idee che ho in mente molto bene: partendo da alcuni segni visivi di base ho elaborato un catalogo di textures decorative che a loro volta sono state applicate a un catalogo di oggetti comuni, come bicchieri, abiti, mobili, ad ottenere una famiglia di “cose” quotidiane, Un esempio sistematico di quanto chiamo “Cosmesi Universale”, così come altre volte ho fatto con mezzi più rudimentali. Qui la sofisticazione elettronica mi ha aperto delle possibilità che la grafica tradizionale non permette, cioè la quantità pressoché infinita di mosse ripetitive e combinatorie che la complessità di un sistema decorativo comporta. L’ingenua iper-tecnologia del computer porta la mente verso idee inaspettabili rispetto ai mezzi antichi.

NUOVE GEOMETRIE

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Il mio (il nostro) progetto più che dai segni nasce dalle parole, da un’intenzione diagrammatica di uno scenario di parole, sotto forma di poesia visiva.

PAROLE